Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 229 di giovedì 8 ottobre 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9,35.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati D'Amico, Lusetti, Mantini, Mecacci, Migliori e Picchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo solo per pochi secondi. Ieri abbiamo ascoltato il sottosegretario Bertolaso, il quale ci ha presentato una relazione molto dettagliata del disastro di Messina che ha causato decine di vittime.
Poiché nella giornata di domani non si terrà seduta, intervengo oggi per ricordare che domani ricorrono quarantasei anni dal disastro del Vajont, dove morirono 1.917 persone. È un disastro che sembra lontanissimo, ma che nei ricordi è più attuale che mai, anche alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni nel nostro Paese.
Credo sia giusto ricordare quel momento, non solo per commemorare le migliaia di vittime, ma soprattutto per ricordare a noi stessi che, purtroppo, questi disastri si sono di nuovo ripetuti e si ripetono costantemente, certamente non solo per colpa della natura, ma anche per colpa dell'uomo. Io credo che, al di là dell'abusivismo dimostrato, della superficialità e dell'esasperazione del profitto a scapito della sicurezza, si debba tutti quanti ricordare che il nostro impegno deve essere rivolto alla prevenzione. L'importante è che i ricordi non diventino rimpianti e che non ci si ritrovi costantemente a commemorare in quest'Aula le vittime di disastri che l'uomo potrebbe evitare con un comportamento diverso.
Questo è il senso del mio intervento di oggi, perché, al di là del rispetto profondo nei confronti delle vittime e ancorché siano trascorsi quarantasei anni, si possa tutti insieme, ricordando questi fatti, impegnarsi a fare in modo che nel nostro Paese si verifichino il minor numero possibile di disastri come questo.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Pag. 2

(Iniziative del Governo in relazione alla presenza nei fondali marini in prossimità delle coste calabresi di navi con rifiuti tossici - n. 2-00480)

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Moro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00480, concernente iniziative del Governo in relazione alla presenza nei fondali marini in prossimità delle coste calabresi di navi con rifiuti tossici (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DORIS LO MORO. Signor Presidente, il contenuto dell'interpellanza urgente è abbastanza complesso e cercherò di essere sintetica e di semplificarla. Essa riguarda un argomento che è già stato portato all'attenzione del Governo anche in quest'Aula in più occasioni. Mi riferisco innanzitutto a quando il Partito Democratico ha portato questo problema all'attenzione al Governo con un'interrogazione a risposta immediata presentata il 15 settembre a prima firma Realacci e di cui io stessa ero firmataria, illustrata in Aula dal primo firmatario. Il 16 settembre abbiamo avuto una risposta dal Governo che abbiamo ritenuto insoddisfacente.
Perché nasce questa interpellanza che, peraltro, è stata presentata il 22 settembre, vale a dire a pochi giorni di distanza dalla risposta alla prima interrogazione? Viene trattata oggi, 8 ottobre, un po' perché il Governo ha chiesto tempo per istruirla, ma soprattutto perché si è discusso in Aula il provvedimento sullo scudo fiscale ed è saltata la trattazione delle interpellanze. Il lasso di tempo che è trascorso non è irrilevante rispetto al contenuto dall'interpellanza stessa.
Il tema viene riproposto sotto profili abbastanza particolari e specifici. Nell'interrogazione a risposta immediata abbiamo posto il problema delle navi dei rifiuti, problema che, peraltro, è stato largamente denunciato da Legambiente negli anni e che è stato probabilmente sottovalutato, perché si sa che, quando si tratta di denunce, se non ci sono riscontri delle volte è possibile sottovalutare i problemi; in questo caso non sto certamente accusando questo Governo, ma sto parlando, in generale, di una sottovalutazione del fenomeno che sicuramente c'è stata.
Il tema è tornato di grande attualità a seguito del rinvenimento di un relitto il 12 settembre a largo di Cetraro, perché, visto che sono state scattate delle foto, dalle quali emergono le caratteristiche della nave, l'ubicazione e il fatto che è verosimile che all'interno della stessa ci siano dei fusti, si accredita per lo Stato la versione che su questa nave aveva fornito da tempo un pentito di mafia, che peraltro questa mattina sarà interrogato a Catanzaro dalla procura antimafia.
Il pentito Fonti si è autoaccusato da tempo sostenendo di avere egli stesso provveduto, naturalmente con la collaborazione (come fanno gli uomini 'ndrangheta e di mafia) dei capi bastone della 'ndrangheta locale, all'affondamento di tre imbarcazioni, una delle quali sarebbe proprio la Cunsky di cui stiamo parlando questa mattina.
Naturalmente segnalo il problema, anzi lo ribadisco, dal momento che lo hanno già segnalato altri interventi - da ultimo quello del gruppo dell'UDC ieri in quest'Aula- per via dell'allarme che si è creato, per la verità non solo in Calabria, ma anche in Toscana, in Liguria e in tutti i luoghi che sono stati investiti da questa problematica. Infatti, Fonti, come oramai è noto, non parla solo della Calabria, come ultima regione dell'impero, e della Somalia, ma parla più complessivamente di luoghi, anche italiani, che sarebbero stati coinvolti da questa problematica e per questo c'è una giusta attenzione, un giusto allarme, anche in altre regioni d'Italia. Si tratta di un allarme che noi, come gruppo del Partito Democratico, non possiamo trascurare perché, anche se chi vi parla pone il problema calabrese, sappiamo bene che c'è un allarme che va governato in altre regioni d'Italia.
Il problema che viene posto da questa interpellanza è un problema specifico perché (sempre che quella sia la Cunsky e che, quindi, quando avremo un riscontro sull'identità e sul contenuto della nave Pag. 3potremmo affermare che il pentito abbia piena credibilità) allo stato le fonti che abbiamo sono soprattutto giornalistiche. Oltre a queste ultime, ci sono però anche quelle che abbiamo acquisito attraverso il lavoro che hanno svolto i nostri colleghi della Commissione antimafia e della Commissione ambiente e soprattutto della Commissione bicamerale che si sta espressamente dedicando a questa problematica.
Accanto a me c'è il nostro capogruppo nella Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti e che insieme ai capogruppo delle Commissioni antimafia e ambiente ha chiesto proprio ieri il sequestro del relitto, perché il primo dato che ci interessa acquisire è se si tratti proprio della nave Cunsky.
Ribadisco che oggi, 8 ottobre, stiamo parlando di un relitto che è stato rinvenuto il 12 settembre e che ancora non è stato sottoposto neanche a sequestro. Abbiamo chiesto il sequestro, così come abbiamo chiesto, ieri in Aula, un"informativa del Governo su tutta la problematica, ma su questo argomento parlerà in maniera più appropriata in sede di replica il collega del mio gruppo.
La specificità dell'argomento che ho voluto sottolineare è che su questa problematica si sono spesi fiumi di inchiostro, ma solo pochi giornalisti coraggiosi, in prima battuta, e poi anche la stampa regionale hanno parlato del resto. Mi riferisco infatti non solo al rinvenimento della nave, ma anche a ciò che Fonti riferisce sulla tecnica da lui utilizzata per l'affondamento e sul compito, sull'incarico che gli sarebbe stato affidato da agenti dei servizi segreti e che avrebbe visto anche il coinvolgimento della politica nazionale.
Parlo di agenti dei servizi segreti che, soprattutto nelle cronache regionali, in una prima fase, quasi per pudore, vengono definiti «agenti deviati», perché l'opinione pubblica e anche i giornali stentano a credere ad un dato che invece Fonti afferma e che alcuni giornali, soprattutto di tiratura nazionale, anche se oggi è un fenomeno diffuso anche in Calabria, denunciano. Mi riferisco all'affermazione che agenti dei servizi segreti - dei nostri servizi segreti! - si sarebbero occupati di questa problematica.
Davanti a questo, il silenzio non può starci bene, perché l'opinione pubblica è allarmata per le sue condizioni di salute e per la presenza di una 'ndrangheta che, in questo caso, si rivela quella che conosciamo, ossia pericolosa e portatrice di morte sia per le strade che insanguina, sia, adesso, anche per le strade del mare, dove semina fusti e navi che conterrebbero scorie radioattive e che, quindi, in prospettiva (mi auguro) e non nell'immediatezza, potrebbero generare problemi veramente difficili da affrontare.
D'altra parte, un altro riscontro - attenendomi ai fatti relativi alla presenza di queste scorie di sostanze radioattive - lo abbiamo avuto anche sulla terra, perché è noto a tutti - e sicuramente, anche al Governo - che la stessa procura di Paola, che ha indagato sul relitto portando al suo rinvenimento, avvalendosi anche di una serie di consulenze a cui hanno collaborato una molteplicità di soggetti, ha indagato anche sulla presenza di sostanze radioattive a terra, in una zona in cui, secondo l'ipotesi che oggi sembra più accreditata, sarebbero state rilasciate, appunto, sostanze che sono state trasportate da un'altra nave, la Jolly Rosso o Jolly che, questa volta, si sarebbe arenata a largo di Amantea.
Pertanto, come politico calabrese, ma anche a nome del mio gruppo - visto che l'interpellanza porta le autorevolissime firme di persone che, tra l'altro, si occupano di queste materie -, chiedo di sapere cosa ha fatto il Governo, perché ho sentito ieri il Ministro Prestigiacomo (ma lo abbiamo sentito in tante sedi) che rivendica un'attività del Governo che, per la verità, stentiamo a cogliere, perché non sembra che il fatto che stia partendo da Cipro una nave, a distanza di un mese oramai, possa essere colto come un elemento di solerzia o di grande attività.
Inoltre, con l'interpellanza urgente in esame si vuole sapere innanzitutto: se sia vero che nel dossier consegnato dal pentito Francesco Fonti alla Direzione nazionale Pag. 4antimafia nel 2003 - e stiamo parlando nel 2009 - si fa riferimento ad agenti dei servizi di segreti e, in particolare, se siano note al Governo le persone citate dal Fonti, se davvero appartenessero o appartengano tuttora ai servizi di sicurezza o ad altri apparati pubblici; se i numeri di matricola che riporta espressamente Fonti, il quale sostiene che andava a prelevare il denaro che gli veniva accreditato su banche estere con autovetture che venivano messe a disposizione dai servizi segreti delle quali fornisce i numeri di targa (che sono stati pubblicati, che risulterebbero dal dossier e che, nello specifico, sono stati anche pubblicati da L'Espresso, quindi da giornali diffusi su tutto il territorio nazionale), siano riconducibili a macchine in uso ai servizi o ad altri soggetti pubblici. Dunque, vorremmo sapere se sia stata fatta una verifica su questi numeri di matricola.
Ma quello che preme sapere è non solo quello che si sta facendo ora, ma anche quello che si farà in prospettiva, soprattutto sulle tre navi di cui parla Fonti, oltre che su tutto il resto. Credo che, quando le inchieste si cominciano ad allargare a dismisura e si cominciano a dire tante cose, è il momento buono per non arrivare alla conclusione di nulla. Vi è un relitto e vorremmo sapere, per accreditare tutta l'operazione, che relitto è e se esso - come si sostiene - trasportasse sostanze radioattive, perché, a quel punto, avremmo un pentito credibile. Vorremmo anche capire se veramente abbia affondato altre due navi.
Soprattutto, è necessario sapere, visto il silenzio generale sul coinvolgimento dei servizi segreti, su cui non mi pare che nessuno abbia smentito, replicato o detto qualsiasi parola, quale sia la situazione dello smaltimento al momento, perché in Calabria il dubbio può sorgere, visto che la Calabria e il meridione d'Italia sono stati spesso trascurati dal Governo nazionale e diventano terra di conquista per voti di scambio o per traffici illeciti gestiti dalla malavita organizzata, che è senza scrupoli e che - lo ribadisco - semina morte (e anche questo lo sappiamo). Infine, vorremmo sapere anche se vi sia uno Stato attento che contrasta la malavita con tutti gli strumenti legislativi e sorvegliando che i suoi servizi segreti svolgano le funzioni codificate dalle leggi dello Stato e non funzioni che, evidentemente, sarebbero altre e non sarebbero certamente legittime.
Allora vorremmo sapere, al momento attuale, se il pericolo che l'iter di smaltimento, in Calabria come in qualsiasi altra regione, continui ad essere questo, ossia con il coinvolgimento della malavita organizzata interpellata anche da soggetti terzi e magari da soggetti che appartengono all'apparato dello Stato sia possibile e se sia ancora in essere.
Vorremo essere tranquillizzati, visto che in questo caso non c'è una contrapposizione ad alcuno, perché non c'è un Governo interpellato su una sua attività, poiché quello su cui dobbiamo discutere e su cui stiamo discutendo è un fatto storico, rispetto al quale anche la politica oggi ha il compito di togliere qualsiasi alibi anche a possibili deviazioni di funzioni di apparati dello Stato che possono avere ieri svolto in maniera non lineare la propria attività.
Questa è nello specifico la richiesta. A tale richiesta, proprio per come è articolata, vorremmo una risposta che possa essere non dico tranquillizzante, perché non c'è nulla di cui stare tranquilli, ma che dia il senso dell'attenzione del Governo italiano rispetto a quello che sta succedendo in Calabria e nel resto del Paese per la questione delle navi dei veleni, ma anche rispetto alle cose che oramai sono diffuse nell'opinione comune rispetto alle quali il Governo non dice una parola.
Il Governo non dice nulla ed anche quando dice che sta svolgendo una qualche attività per risolvere il primo quesito (che nave sia quella), non dice nulla su tutto il resto, che è altrettanto inquietante ed altrettanto problematico e va affrontato con decisione e anche andando in fondo ai problemi e non facendo finta di non vederli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 5

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, in merito alla notizia, apparsa con grande risalto sugli organi di stampa, del ritrovamento di una delle cosiddette navi dei veleni, la motonave Cunsky, che si sospetta essere stata affondata volontariamente dalla malavita organizzata, la 'ndrangheta calabrese, allo scopo di smaltire illecitamente scorie tossiche o radioattive, risulta che il relitto è stato localizzato al largo delle coste di Cetraro, in provincia di Cosenza, ad una profondità di circa 480 metri, ai limiti delle acque territoriali (12 miglia marine).
Vari elementi porterebbero ad una identificazione del relitto con lo scafo della Cunsky, una delle tre navi che, secondo quanto rivelato al procuratore di Paola, Bruno Giordano, dal pentito della 'ndrangheta Francesco Fonti, sarebbero state fatte affondare con un carico di rifiuti pericolosi. La Cunsky, in particolare, sarebbe stata affondata mediante un'esplosione a prua, con a bordo un carico di 120 fusti di rifiuti radioattivi.
Gli elementi a favore di tale ipotesi sono: la posizione e le dimensioni del relitto; la struttura a lamiere saldate anziché imbullonate, attribuibile a navi costruite dopo la seconda guerra, come la Cunsky; la presenza di una grossa falla a prua, in posizione corrispondente a quanto affermato del pentito e, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la presenza di bidoni parzialmente fuoriusciti dal relitto.
Inoltre, un ulteriore elemento a favore della possibilità che si tratti proprio della nave segnalata dal pentito, è costituito dall'assenza di segnalazioni relative ad affondamenti di navi nell'area.
La questione della nave (la cosiddetta nave dei veleni) si inserisce nell'azione più generale che il Governo porta avanti nel contrasto alla criminalità organizzata nel settore ambientale. Si precisa, infatti, che il Ministero dell'ambiente ha sottoscritto, a nome del Governo, con la direzione nazionale antimafia e con il procuratore Grasso, un protocollo di intesa che accentua la cooperazione e la collaborazione tra i carabinieri dei Nucleo operativo ecologico, il Ministero dell'ambiente stesso e la Direzione nazionale antimafia, al fine di contrastare le organizzazioni mafiose nel traffico illecito dei rifiuti.
Per questa ragione, il suddetto Dicastero ha seguito, sin dalle prime battute, la vicenda della nave dei veleni, mettendosi immediatamente a disposizione della procura di Paola, che prima seguiva l'inchiesta, e poi della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
L'operazione di rilevamento del relitto è stata condotta dalla procura di Paola in collaborazione con l'assessorato all'ambiente della regione Calabria, che ha finanziato l'operazione, e con i tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente in Calabria (Arpacal), utilizzando la nave Coopernaut Franca ed un ROV (Remotely operated underwater vehicles), noleggiato dalla ditta Arena Sub di Messina, del tipo Super Achille, in grado di operare fino a 1.000 metri di profondità.
A seguito di tale rinvenimento, è stata istituita, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un'apposita task force, presieduta dal Capo di Gabinetto e composta dal comandante del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente (CCTA), dal comandante del reparto ambientale marino, dal vicecommissario dell'Istituto superiore per la proiezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e partecipata anche da rappresentanti della Presidenza del Consiglio.
Sono stati, quindi, intrapresi una serie di accertamenti sulla terra ferma, in collaborazione con l'Arpacal e il CCTA, per la verifica di eventuali situazioni di inquinamento ed è stato effettuato un intervento in mare, con l'ausilio della nave Astrea dell'ISPRA e il supporto del Reparto ambientale marino, al fine di operare rilevamenti in profondità su ogni tipo di campione, in grado di fornire informazioni Pag. 6sulle tipologie e la diffusione degli inquinanti contenuti nella stiva del relitto rinvenuto.
Inoltre, il 17 settembre la citata task force si è recata direttamente in Calabria e con il procuratore di Paola ha concordato una strategia di intervento, con la stessa procura. Infatti, la procura ha incaricato il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare di individuare le diverse fonti di inquinamento nelle quattro aree dei comuni di Aiello Calabro e di Serra D'Aiello, di effettuare una serie di interventi urgenti di messa in sicurezza e di fornire valutazioni di eventuali profili di danno ambientale.
Occorre, com'è evidente, in merito agli accertamenti in mare, individuare innanzitutto, qual è la nave che si trova nei fondali e, in particolare, il suo contenuto. Quindi, la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che sta effettuando l'inchiesta per la parte relativa al mare, ha incaricato il Ministero dell'ambiente delle verifiche. È, infatti, partita una nave da Cipro, come ha informato il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare rispondendo, ieri, in questa stessa Aula, in occasione del question time, una nave della SAIPEM, società del gruppo ENI, che si è offerta gratuitamente di effettuare queste verifiche e capire se si tratta del mercantile Cunsky, nave utilizzata per il trasporto di rifiuti radioattivi dalla 'ndrangheta e affondata nel 1992.
Va ricordato che lo smaltimento illecito di rifiuti tossici in prossimità delle coste tirreniche e calabresi è stato ipotizzato già con lo spiaggiamento della Motonave Rosso (ex Jolly Rosso), di bandiera italiana e di proprietà della Società Ignazio Messina & C., contenente, ufficialmente, un carico di 9 container recanti 23,325 tonnellate di nylon, 75,465 tonnellate di tabacco e 70 tonnellate di prodotti per bevande, avvenuto il 14 dicembre 1990 sulla spiaggia di Campora San Giovanni, frazione del comune tirrenico di Amantea, in provincia di Cosenza.
Dopo vari sopralluoghi, ordinanze di divieto della navigazione e di balneazione e denunce di furto di strumenti tecnici a bordo della motonave, fu effettuato un ulteriore sopralluogo dal quale emerse la presenza di sei container, di cui due con sigilli manomessi.
Nel contesto del procedimento penale avviato su tale vicenda, la sezione inquinamento da sostanze radioattive del reparto operativo dell'Arma dei carabinieri è stata delegata, dalla procura di Paola, a svolgere circoscritte indagini relative a due siti, uno in località Grassello del comune di Amantea e l'altro sul territorio di Foresta Aiello del Comune di Serra D'Aiello, ove, all'epoca dei fatti, sarebbe stato interrato del materiale verosimilmente proveniente dalla suddetta motonave.
In relazione al ritrovamento del relitto al largo delle coste calabre, il procuratore della Repubblica di Catanzaro della Direzione distrettuale Antimafia ha riferito che, in data 22 settembre 2009, la procura della Repubblica di Paola ha trasmesso gli atti del fascicolo 1894/05 mod. 21, limitatamente al rinvenimento nella zona di mare antistante la città di Cetraro (CS), di una nave contenente materiale la cui natura è in fase di accertamento.
Detto fascicolo, attualmente in corso di registrazione, è all'attenzione della direzione distrettuale antimafia e pertanto, in fase di indagini preliminari, essendo stati ravvisati delitti riconducibili all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
Il capo dell'ufficio requirente di Reggio Calabria ha poi comunicato che i procedimenti penali instaurati negli anni Novanta dalla locale procura della Repubblica presso la pretura e dalla procura della Repubblica presso il tribunale relativi all'affondamento di alcune navi lungo le coste calabresi, all'illecito smaltimento di rifiuti tossici e/o radioattivi e al traffico di armi in cui sarebbero state coinvolte cosche mafiose della stessa provincia, sono stati tutti archiviati con decreti del GIP.
Ha inoltre chiarito che, a seguito delle recenti notizie di stampa, lo stesso ufficio ha instaurato un fascicolo iscritto al n. 3147/09, modello 45, ed ha richiesto al procuratore della Repubblica di Catanzaro Pag. 7ed al procuratore della Repubblica di Paola ogni informazione utile ai fini delle ulteriori iniziative di competenza.
Con specifico riferimento al dossier pubblicato dal settimanale L'espresso in data 3 giugno 2005, il procuratore nazionale antimafia ha comunicato che il suddetto dossier è stato inviato alla Direzione nazionale antimafia (DNA) in data 1o giugno 2005. Autore del memoriale è Francesco Fonti, originario della provincia di Reggio Calabria, collaboratore di giustizia dal 1994, ma non più beneficiario dello speciale programma di protezione poiché la proposta dell'adozione di un nuovo programma di protezione, formulata dal procuratore distrettuale di Potenza, non risulta accolta dalla competente commissione.
Il memoriale costituisce lo sviluppo del contenuto di due colloqui investigativi effettuati dal Fonti con un magistrato della DNA, nel maggio e nell'ottobre 2003, nonché della documentazione acquisita nel corso dell'ultimo colloquio. I verbali dei colloqui investigativi sono stati trasmessi, unitamente alla trascrizione integrale delle registrazioni degli stessi e alla documentazione ad essi allegata, alle Direzioni distrettuali antimafia di Potenza, Reggio Calabria, Firenze e Trieste, queste ultime interessate ad altre dichiarazioni del collaboratore in materia di criminalità organizzata.
In data 10 giugno 2005, si è svolta, presso la Direzione nazionale antimafia una riunione di coordinamento ritenuta necessaria ai fini della verifica dello stato delle indagini condotte dalle citate procure. Una nota informativa sul memoriale del Fonti fu inviata, il 28 giugno 2005, anche alla procura di Roma. Il procuratore nazionale antimafia ha chiarito che tutte le indagini svolte in passato sono state archiviate per mancanza di riscontri.
Recentemente, il rinvenimento del relitto davanti alla costa di Cetraro, come detto all'inizio della risposta, di cui non sono stati confermati al momento i dati identificativi, con all'interno dei fusti di cui non si conosce il contenuto, hanno fatto tornare di attualità investigativa le dichiarazioni del Fonti. Gli atti dell'indagine principale, che coinvolgerebbe cosche calabresi, sono stati trasmessi per competenza alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Inoltre, il Dipartimento per l'informazione e la sicurezza (DIS) ha reso noto che, in merito alle vicende delle cosiddette «navi dei veleni», gli organismi di informazione per la sicurezza hanno fornito più volte notizie ed informazioni sia alla magistratura, come ricordato dagli stessi interpellanti, sia in sede di sindacato ispettivo parlamentare.
In particolare, per quanto riguarda la magistratura, è stata trasmessa in diverse riprese, in esito a specifica richiesta, documentazione dell'autorità giudiziaria di Reggio Calabria.
Altresì, ai sensi dell'articolo 31, comma 7, della legge n. 124 del 2007, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha recentemente richiesto all'Agenzia interessata, tramite il DIS, ulteriori informazioni sulla vicenda e la relativa documentazione.
Per quanto riguarda, poi, il potenziamento della procura di Paola e degli uffici giudiziari competenti sulla vicenda, si fa presente che le esigenze operative degli uffici giudiziari in questione sono state oggetto di positiva valutazione in occasione degli interventi di ripartizione delle 546 unità di magistrato, aggiunte dalla legge n. 48 del 2001 relativa «all'aumento del ruolo organico e disciplina dell'accesso in magistratura».
Per la procura della Repubblica di Paola è stato, infatti, disposto l'ampliamento della relativa pianta organica, in ragione di un posto di sostituto procuratore (da 5 a 6) mentre per la procura della Repubblica di Reggio Calabria vi è stato l'aumento di un posto di sostituto procuratore (da 23 a 24) e di un posto di procuratore aggiunto (da 2 a 3).
Si evidenzia che, per effetto della legge del 24 dicembre 2007, n. 224 (legge finanziaria per l'anno 2008), il ruolo organico della magistratura è stato ulteriormente ampliato di 42 unità che sono state distribuite tra gli uffici giudiziari secondo i Pag. 8medesimi criteri già seguiti nelle precedenti occasioni improntati a realizzare un riequilibrio dei carichi di lavoro sulla scorta dei valori medi rilevati con riferimento ai procedimenti sopravvenuti per unità di magistrati in organico.
In particolare, si segnala che, attualmente, presso la procura della Repubblica di Paola, risultano vacanti 5 dei 6 posti di sostituto procuratore. Al riguardo si precisa che, per la copertura dei suddetti posti, è stata disposta una delibera del Consiglio superiore della magistratura del 24 luglio 2009.
Relativamente alla situazione logistica degli uffici giudiziari a Reggio Calabria è in corso di costruzione il nuovo Palazzo di giustizia, il cui costo complessivo è previsto in 98.483.762 euro, di cui 81.820.729, con finanziamento della Cassa depositi e prestiti per l'edilizia giudiziaria, ex articolo 19 della legge n. 119 del 1981, e 16.663.032 a carico del comune. In data 14 gennaio 2005 i lavori sono stati consegnati all'impresa aggiudicataria e sono ancora in corso.
Inoltre, per quanto riguarda gli automezzi, si fa presente che la procura generale di Reggio Calabria dispone di 14 veicoli blindati e di 9 vetture ordinarie, che i magistrati protetti sono 8 e gli uffici requirenti nel distretto sono 5.
Per le spese di carburante sono stati assegnati 19.965 euro e non vi sono state richieste di fondi per le manutenzioni straordinarie, mentre per gli arredi e le fotocopiatrici, tutte le richieste sono state soddisfatte.
Riguardo alla costruzione del Palazzo di giustizia di Paola, la stessa venne finanziata dallo Stato e negli anni Novanta il comune di Paola ha beneficiato di diversi finanziamenti statali per l'ampliamento, la sopraelevazione e la manutenzione dell'edificio. Attualmente non sono state segnalate carenze relative all'edilizia giudiziaria.
Infine, la procura della Repubblica di Paola dispone di una vettura blindata e di una vettura ordinaria e l'organico dei magistrati è di sei unità senza soggetti protetti.
Per quanto concerne la procura di Catanzaro, nel 2001 lo Stato ha concesso il finanziamento dei lavori per il secondo lotto del Palazzo di giustizia, per un importo massimo di 9.988.276 euro e tale opera è stata completata. Il progetto ha previsto un terzo lotto che deve essere ancora definito e che dovrebbe costare circa 10 milioni di euro.
La procura generale di Catanzaro dispone di 16 veicoli blindati e di 13 vetture ordinarie. I magistrati protetti sono 5 e gli uffici requirenti nel distretto sono 10. Per le spese di carburante sono stati assegnati 18.250 euro e per le manutenzioni straordinarie 446,11 euro. Per gli arredi e le fotocopiatrici, tutte le richieste al riguardo sono state soddisfatte e, anche per la carta necessaria agli apparecchi di fotoriproduzione, sono stati assegnati 40 mila euro. Nell'anno 2009, per le spese di ufficio, è stata assegnata la somma di 61.500 euro.
Prossimamente, a seguito dell'integrazione dei fondi conseguente all'assestamento di bilancio, sarà attribuito l'ulteriore importo di 37.355 euro per un totale complessivo di 99 mila euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Bratti, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, ci sarebbe da ridere ma credo, invece, che la situazione sia piuttosto complessa e complicata. Siamo un po' sconcertati da questo risposta e non me ne voglia il sottosegretario Pizza, in quanto per un tema del genere ci aspettavamo che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare finalmente si facesse viva.
È vero che in questi ultimi due giorni il Ministro ha manifestato una certa vitalità nel rilasciare dichiarazioni e firmare protocolli su cui poi vorrei dire qualcosa. Tuttavia, credo che per la sua complessità, per tutte le indagini svolte negli anni Novanta, per le relazioni ricordate dall'onorevole Lo Moro molto particolari e complesse tra traffico di materiale radioattivo, servizi segreti, l'omicidio di Ilaria Pag. 9Alpi, l'attività criminale organizzata, l'argomento meritasse una risposta, da un lato, un po' più complessa, ma, dall'altro, anche più esaustiva, puntuale ed incisiva.
Partendo dal protocollo di cui si parla molto, è ammesso per legge che il procuratore Grasso possa firmare questi protocolli anche con organi dell'Esecutivo. Tuttavia, anche in sede di Commissione bicamerale (quindi tra tutte le forze politiche che la compongono) ci è sembrato molto inusuale che, quasi dopo sei mesi dalla nostra richiesta di un incontro con il Ministro per cercare di coniugare la nostra attività con quella dell'Esecutivo riguardo a determinate questioni, soprattutto quelle legate al traffico illecito dei rifiuti e alla malavita organizzata, ieri il Ministro abbia firmato questo accordo, mostrando che non ha un grandissimo rispetto per l'attività parlamentare. Speriamo che venga, ci ha detto che verrà nelle prossime settimane, ma ormai questo refrain va avanti da un po' di tempo.
La situazione è stata assolutamente non considerata perché è vero che il ritrovamento è di settembre e si comincia ad avere questa preoccupazione un mese, un mese e mezzo fa, ma in realtà - lo citava precedentemente lei - il dossier del pentito Fonti è relativo al 2005. Se si guardano le carte, vi è stata una richiesta sia nei confronti del Ministero della giustizia, sia della Marina per cercare di verificare proprio l'affondamento di questa nave, ma le risposte sono state a dir poco elusive. Il procuratore Giordano, infatti, ha dovuto far ricorso all'assessore regionale e alla regione Calabria per poter verificare se quelle dichiarazioni corrispondevano al vero, visto che vi era tutta una serie di segnali molto concreti circa l'esistenza del relitto.
Quindi, le mancanze, le falle e i dubbi su come si sia proceduto e sull'attenzione dedicata da questo Governo ad un tema così importante sono numerosissimi.
In seguito, anche dopo aver accertato che ciò che si trovava sotto Cetraro non era una scogliera ma una nave, è passato più di un mese. Ad oggi, non si comprende quali siano i risultati, nonostante si parli di questa task force che non si capisce bene cosa sia andata a fare perché la nave mandata là non era assolutamente attrezzata per poter svolgere un certo tipo di indagine. Se si vuole dare ad intendere a noi che è stato fatto qualche cosa, allora che ci vengano a dire quali sono i risultati conseguiti. In realtà, non avendo risultati da riportare, perché a domande precise si hanno delle risposte vaghe, questo mese è trascorso in maniera assolutamente inutile.
Non è solo un problema di affidabilità o non affidabilità rispetto alle dichiarazioni del pentito, perché ci sono dei punti oscuri che vanno chiariti. Vi è un indagine sospesa nel 1996, ma non è chiaro il motivo della sospensione.
A un certo momento si verifica che vi è una congruenza tra due fonti parallele, che mai si sono parlate, le indagini precedenti e queste dichiarazioni del pentito, che trovano una corrispondenza in questo relitto, che potenzialmente può essere questa nave Cunsky, e si tergiversa per un po'.
Chiediamo che su queste questioni vi sia la massima trasparenza, perché non si tratta solo di un relitto con materiale radioattivo e materiale chimico pericoloso, che ha tutta una sua importanza, ma, visto tutto ciò che ruota attorno a questa vicenda - lo ricordavo prima - crediamo che vi sia necessità di avere la massima trasparenza. Non ci sta bene che si dica che parte una nave dell'ENI che, a titolo gratuito, viene a fare un'operazione perché - anche questa è un'ammissione di impotenza - noi, come Stato, come Marina militare, non abbiamo un mezzo per scandagliare il fondo a quel livello, mentre il sistema privato ce l'ha. Anche questa mi sembra una cosa molto grave, un'ammissione di impotenza di fronte a tale questione.
Dunque, chiediamo il sequestro che, allo stato dell'arte, nessuno mi ha detto se è stato eseguito da qualche autorità giudiziaria, perché qui si parla di incarichi della procura di Paola piuttosto che della DDA di Catanzaro al Ministero, ma, da quel che mi risulta, il Ministero non è un Pag. 10organismo di polizia giudiziaria. Com'è questa relazione? Si può capire o è segreta anche questa? Non vorremmo che anche queste verifiche, questi prelievi, ripeto, visto tutto ciò che potenzialmente ruota attorno a questa storia, fossero tenuti sotto un velo. Avremmo necessità di capire esattamente che cosa sta succedendo, di quale nave si tratta, perché è chiaro che è dirimente capire se questa nave è la Cunsky o meno, e capire anche qual è il materiale che vi è al suo interno.
L'altra cosa che crea una grande preoccupazione è che, in un certo momento, questa vicenda è stata tenuta sotto silenzio, poi, d'improvviso, pare che se ne stiano occupando tutti, allargando moltissimo lo scenario. Come diceva prima la collega Lo Moro, nel momento in cui si allarga lo scenario e si cominciano a fare dei riferimenti generali, si perde di mira il focus su cui, invece, bisogna stare molto presenti.
Anche per questo motivo abbiamo chiesto un'informativa in Aula: non ci basta la conferenza stampa del Ministro né, devo dire, questa risposta molto burocratese. Tra l'altro, non è che abbiamo chiesto di sapere quante fotocopiatrici ci sono nella procura di Paola: noi, come Commissione bicamerale, stiamo girando, abbiamo girato la Sicilia, abbiamo girato la Campania, andremo in Calabria, tutte le procure ci dicono che hanno dei problemi di personale e hanno problemi per fare attività investigativa. Non vi parlo di organismi come i NOE, faccio l'esempio di Catania, dove, per undici procure, ci sono dieci carabinieri. È evidente che, tra tutte le problematiche, quelle di carattere ambientale rischiano di essere sottovalutate e nemmeno seguite. Questo chiedevamo, non di sapere se sono stati fatti due muri o quante risme di carta sono state prese, questo ci interessa molto relativamente.
Si faceva riferimento anche a problematiche che riguardano non solo le navi. Nel caso di questa nave in Calabria bisogna subito procedere alle verifiche e noi chiediamo, ripeto, massima trasparenza: si parla di altre 30 navi, e si minimizza. Ieri ho letto questa dichiarazione del Ministro che dice: non ci possiamo muovere su dichiarazioni dell'agenzia di assicurazione Lloyd perché sono vaghe, vaghissime. In realtà, questi sono tutti atti ufficiali della procura, sono atti di indagine; quindi, non è che sono invenzioni di qualcuno.
Per cui, il ragionamento che deve per forza essere fatto è di capire subito qual è l'impatto ambientale e sanitario che comporta la presenza di queste navi e di questi relitti. Aggiungo, inoltre, leggendo le carte degli anni Novanta, che vi sono anche altri problemi che abbiamo sollevato nella richiesta di informativa. Vi erano navi che partivano da tanti porti del nord e, a parte gli affondamenti, che hanno una loro specificità, sversavano, poi, inquinanti nel mare.
Che cosa vuol dire questo oggi? Sono previsti degli studi, è previsto un approfondimento? Questo stiamo chiedendo! Non solo per questioni ambientali e sanitarie, ma qui si parla dell'economia di un intero Paese che viene messa seriamente in discussione.
Anche relativamente alla questione delle discariche abusive a terra, l'assessore regionale ha riferito che si stima che solo in Calabria - non vi dico poi la Sicilia, e sulla Campania abbiamo discusso tanto - vi siano oltre 300 discariche abusive. Occorre fare un censimento preciso di che materiale è, perché se è materiale chimico è una cosa, se è materiale radioattivo è un'altra, ma bisogna intervenire pesantemente.
Non è un tema esclusivamente regionale: questa è una grande emergenza di carattere nazionale. Essa è legata al fatto che sul tema della gestione dei rifiuti stiamo ormai andando in emergenza dappertutto; fra un po' ci ritroveremo a parlare della Campania, in Sicilia abbiamo visto quello che sta succedendo. Credo che su tali questioni complessivamente un Ministro, un Esecutivo debbano essere assolutamente presenti, e debbano venirci a dire cosa vogliono fare davvero.

Pag. 11

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ALESSANDRO BRATTI. Concludo, signor Presidente. Spero e penso che avremo la possibilità di ritornare su tali e così complesse questioni, e reitero la richiesta di informativa che abbiamo avanzato ieri, che consideriamo fondamentale. Noi non possiamo considerare chiuso l'argomento con delle risposte a delle interrogazioni o ad una interpellanza così vaghe: addirittura il Ministro ha sbagliato la nave, correggendo poi...

PRESIDENTE. Deve concludere, è ormai oltre di un minuto e 27 secondi...

ALESSANDRO BRATTI. Chiedo scusa. Rinnovo la richiesta, signor Presidente, per una sollecitazione nei confronti del Ministro affinché riferisca all'Assemblea su questo problema.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 10,25).

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 7 ottobre 2009, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali):

S. 1773 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 settembre 2009, n. 131, recante ulteriore rinvio delle consultazioni elettorali amministrative nella provincia di L'Aquila» (Approvato dal Senato) (2775) - Parere della V Commissione.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Orientamenti del Governo in materia di modifiche alle disposizioni concernenti il demanio marittimo - n. 2-00500)

PRESIDENTE. L'onorevole Monai ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00500, riguardante orientamenti del Governo in materia di modifiche alle disposizioni concernenti il demanio marittimo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, la nostra preoccupazione è quella di veder dare risposta, anche se ormai tardiva rispetto alla stagione balneare che si è ormai conclusa, al tema delle concessioni demaniali, che riguarda soprattutto la fruibilità del demanio a fini turistico-balneari e ricreativi. Ci preoccupa il fatto che il Governo ormai sia in mora rispetto a tali tematiche anche nei confronti delle direttive comunitarie che, da questo punto di vista, hanno stigmatizzato la previsione ancora vigente nel nostro ordinamento di quel diritto di insistenza che è previsto dal codice della navigazione all'articolo 37, che sostanzialmente favorisce la perpetuazione delle concessioni rispetto al criterio, stabilito dall'articolo 43 del Trattato dell'Unione europea, di libertà di stabilimento.
Dall'altra parte, abbiamo registrato alcuni segnali di superficialità o di poca concludenza da parte del Governo. Vi è stata l'istituzione del tavolo tecnico, che vedeva coinvolte sia le regioni che le categorie interessate dal punto di vista commerciale ed economico. Il 25 novembre 2008 il tavolo ha partorito un protocollo che è stato votato all'unanimità, teso ad individuare una linea di indirizzo per la normativa che riformi questo settore. Ormai siamo all'8 ottobre 2009, è passato quasi un anno: il protocollo è rimasto lettera morta, e nel frattempo dobbiamo Pag. 12registrare anche la nota del 4 agosto 2009 con la quale la Commissione dell'Unione europea ha sottolineato l'inadempienza consistente del Governo italiano, sollecitando la autorità italiane a far conoscere quale sia la programmazione precisa e dettagliata degli interventi da adottare a livello nazionale, in ordine all'approvazione definitiva delle dovute modifiche legislative richieste in sede europea.
Anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva in qualche modo assunto l'impegno, con una nota dell'aprile del 2009, a modificare senz'altro il quadro delle normative interne, in particolare l'articolo 37 del codice della navigazione. Di tutto questo non abbiamo però avuto riscontro, vi sono state solo dichiarazioni nuncupative, quasi degli slogan, mentre in realtà abbiamo visto il Governo interessato molto di più allo scudo fiscale per tutelare gli evasori di capitali all'estero oppure al lodo Alfano, che proprio ieri la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo.
Vorremmo invece che si iniziasse finalmente a guardare all'interesse dei cittadini e delle imprese di questo Paese e contestiamo come anche le proposte dell'opposizione siano state in qualche modo umiliate e disattese. Riguardo al tema che stiamo discutendo, ricordo che in occasione dell'approvazione da parte della Camera dei deputati della legge n. 33 del 2009, che convertiva in legge il decreto-legge n. 5 del 2009 (in materia di rottamazione e di incentivi all'acquisto di autovetture eco-compatibili), nella sede referente presso le Commissioni riunite VI e X avevamo inserito l'articolo 5-bis che ipotizzava l'adozione entro il 30 settembre 2009 di un regolamento teso appunto a dare risposte al settore, prevedendo anche una sorta di moratoria nella riscossione dei contributi demaniali fino al 30 settembre 2009. Eravamo allora in un momento delicato, come del resto ancora oggi, per cui si trattava di fornire risposte immediate alla crisi economica che stava esplodendo, ed avevamo dunque ipotizzato una moratoria anche per gli operatori turistici titolari di concessioni demaniali, che fino al 30 settembre avrebbero visto sospeso il loro onere contributivo.
Si dà il caso che poi il maxiemendamento del Governo abbia espunto l'articolo 5-bis, che pure era stato votato nelle Commissioni, e si è quindi dimenticato di tutto questo comparto che - voglio ricordarlo - registra circa 30 mila aziende in tutta Italia con 250 mila addetti e che costituisce un importante caposaldo delle attività economiche estive di tutta la costa italiana (che è molto estesa, diversificata e per la quale si impongono normative di dettaglio che tengano conto della capacità turistica alta, media o bassa di alcune zone rispetto ad altre, della necessità di ammortizzare gli investimenti da parte degli operatori economici del settore e della distinzione tra attività specificatamente destinata all'uso balneare ed insediamenti di servizio o pertinenziali all'impresa).
Su tale punto il Governo è inadempiente, mentre vorremmo che su questo tema vi fosse una maggiore sensibilità. Ricordo anche come in occasione dell'approvazione della legge n. 33 del 2009 il collega Pezzotta insieme ad altri avesse presentato l'ordine del giorno n. 9/2187-A/77, che il Governo tra l'altro aveva accolto (ma anche in questo caso, siamo rimasti solo alla declinazione verbale, perché di fatti non ne abbiamo visti).
Quell'ordine del giorno impegnava il Governo ad adottare al più presto provvedimenti volti a raggruppare, semplificare e armonizzare le numerose norme che attualmente regolano la materia del demanio marittimo, provvedendo in particolare ad effettuare una verifica sul numero delle concessioni demaniali esistenti sul territorio nazionale e sulla reale consistenza delle rispettive strutture, a tutelare gli attuali rapporti concessori regolati con titoli di godimento in corso di validità, ad evitare disparità di trattamento tra i gestori di attività balneari su immobili acquisiti allo Stato e coloro che gestiscono le stesse attività in strutture amovibili, a definire in maniera precisa le pertinenze commerciali alle quali deve essere applicato Pag. 13il canone, a procedere ad una diversa e più ampia classificazione delle aree demaniali (l'ordine del giorno in parola comprendeva poi una serie di ulteriori desiderata riguardo ai quali la beffa è stata che il Governo ne ha garantito un'immediata e sollecita esecuzione, della quale però non abbiamo ancora visto traccia nello scenario normativo nazionale).
Abbiamo peraltro visto il Governo impugnare la legge regionale dell'Emilia-Romagna n. 8 del 2009 che, appunto, è stata portata davanti alla Corte costituzionale per aver osato prevedere il principio di un rinnovo delle concessioni in scadenza, così come era stato auspicato dalle categorie. Si tratta appunto di evitare che gli investimenti infrastrutturali da parte dei gestori e dei concessionari siano vanificati, penalizzati e disincentivati. La regione Emilia-Romagna aveva individuato nell'ambito delle sue autonomie questo tipo di approccio. Questa volta, puntuale come un orologio svizzero, è arrivato il ricorso del Consiglio dei ministri alla Corte costituzionale, di fatto dando una dimostrazione un po' schizofrenica. Infatti, se da una parte il Governo garantisce una sollecita definizione delle normative e garantisce quello che abbiamo detto (sia rispetto alla Commissione europea, sia rispetto agli ordini del giorno parlamentari), dall'altra l'unico elemento formale e ufficiale è questa impugnazione di una legge regionale dell'Emilia-Romagna che aveva invece cercato di supplire a questa lacuna normativa.
Inoltre, abbiamo registrato come vi sia una difficile interpretazione anche delle normative vigenti a fronte della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) che all'articolo 1, comma 251, ha previsto l'abrogazione di una norma precedente, che prevedeva l'aumento del 300 per cento dei canoni demaniali, stabilendo però un meccanismo moltiplicatore ancora più oneroso, ossia stabilendo la moltiplicazione della superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall'osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento, e moltiplicando poi a propria volta per un indice di 6,5 questo prodotto.
Io vengo dalla regione Friuli-Venezia Giulia, che ha avuto il trasferimento delle aree demaniali marittime in attuazione dello statuto speciale, e da questo punto di vista voglio anche evocare quella che è stata l'iniziativa legislativa che abbiamo adottato (all'epoca ero vicepresidente del consiglio regionale di quella regione e partecipai alla discussione e all'approvazione di quel testo). Abbiamo regolato la materia con la legge regionale 13 novembre 2006, n. 22. Si tratta di una legge snella, che tratta appunto la materia del demanio idrico e del demanio marittimo e che stabilisce dei criteri di trasparenza e di coinvolgimento delle associazioni di categoria nelle decisioni e nella redazione di un piano di utilizzazione del demanio marittimo che tenga conto dell'esigenza di semplificare le procedure e di programmare efficacemente gli investimenti. La legge demanda ai comuni una fase applicativa e amministrativa di questo piano, stabilendo anche i requisiti che devono avere i concessionari demaniali e la modalità, la durata e il contenuto delle concessioni. Un suggerimento può essere quello di guardare anche a ciò che è stato fatto in questa mia regione, che potrebbe essere un elemento di spunto e di stimolo anche per una normativa nazionale.
Rimane il fatto che ci troviamo di fronte ad un settore strategico che ha patito le pene dell'inferno in questa estate stretta dalla crisi economica e che vorrebbe vedere la luce, una luce che il Governo non ha ancora neppure lontanamente segnalato, e che necessita di un immediato e maggiormente responsabile intervento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Giuseppe Maria Reina, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE MARIA REINA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Pag. 14Presidente, per quanto attiene la revisione della disciplina delle concessioni demaniali marittime allo scopo di ridurre l'impatto economico delle attuali misure dei canoni (come definiti dalla legge finanziaria 2007) si fa presente che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha svolto e continua a svolgere un ruolo attivo e propositivo, anche nell'ambito dell'apposito tavolo di lavoro attivato a suo tempo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri proprio al fine di individuare gli elementi di soluzione alla problematica sollevata dagli onorevoli interpellanti.
Le aspettative del settore sono considerate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti senz'altro condivisibili, ma una revisione della normativa in materia, auspicata anche dal Ministero del turismo, richiede necessariamente una rivisitazione delle previsioni di entrata, la cui competenza spetta, senz'altro, al Ministero dell'economia e delle finanze.
Nel contesto dei lavori di studio sulla materia, va evidenziato che, proprio nell'ottica di pervenire, come auspicato dagli onorevoli interpellanti, ad un'equa revisione della questione che tenga conto della diversità delle varie tipologie di concessioni demaniali, sono state elaborate alcune bozze di proposta normativa che, tenendo conto delle varie esigenze in causa, possono costituire un'equilibrata base di lavoro per addivenire alla soluzione del problema evidenziato.
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito del delineato quadro di lavoro, garantisce la propria disponibilità a dare avvio a tutti i necessari ed opportuni incontri con le associazioni di categoria.
In conclusione, va, altresì, ribadito che la disciplina prevista dall'articolo 37 del codice della navigazione, oggetto dell'interpellanza urgente, verrà senz'altro rivista nel senso rispondente ai principi delineati in sede comunitaria, nel contesto della prossima revisione della parte marittima del suddetto codice.

PRESIDENTE. L'onorevole Favia, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, ringrazio il signor sottosegretario che, se non ho colto male il senso delle sue parole, ha risposto esclusivamente alla parte della nostra interpellanza urgente relativa al canone. Siamo lieti che vi sia un tavolo di lavoro e che vi sia l'ipotesi di una rettifica delle previsioni di entrata - proprio perché il canone, come richiesto dalla categoria, dovrebbe essere abbassato - tuttavia, abbiamo formulato tutta un'altra serie di quesiti che non hanno trovato minimamente risposta e che, a nostro modestissimo avviso, rappresentano i quesiti, forse, più importanti.
Forse, non si è compreso che si tratta di un settore che registra circa 30 mila aziende, con 250 mila addetti ufficiali (probabilmente, saranno molti di più) e che costituisce un asse portante, soprattutto d'estate, della nostra economia. Peraltro, non è un settore di nicchia geografica, ma un settore che, stante l'espansione delle nostre coste italiane, è parimenti diffuso in tutta Italia. Il collega Monai è friulano, io sono marchigiano, quindi, abbiamo lo stesso problema che, credo, vi sia in Abruzzo, Puglia, in Calabria, in Liguria ed altrove.
Tanto per essere chiari, la questione è che la Comunità europea ci impone di modificare l'articolo del codice della navigazione che rende automatico il rinnovo della concessione dei bagnini. Questo comporta che, se non verrà predisposta una normativa adeguata, una qualsiasi multinazionale potrà fare scempio delle gare d'appalto per le concessioni. Oltre a mettere sul lastrico decine e decine, centinaia di migliaia di famiglie che vivono di questo, si può immaginare come ciò potrebbe anche ridurre la qualità del servizio, soprattutto - faccio un esempio - dal punto di vista alimentare, se avessimo un'omologazione come quella che esiste nelle autostrade italiane.
Pertanto, poiché vi è una lamentazione da parte dei sindacati di questa categoria, Pag. 15vorremmo sapere se il Governo abbia intenzione anzitutto di aprire un tavolo - oltre che inerente il canone, che è comunque lodevole e importante - su come superare l'articolo 37 del codice della navigazione, sulla base della moratoria avviata dalla Commissione europea nei confronti del Governo; vorremmo inoltre sapere se vi è l'intenzione, se vi è una qualche idea che si possa in qualche modo tutelare questa categoria, ad esempio imponendo o comunque immettendo nel sistema giuridico italiano una normativa antitrust che preveda, ad esempio, che nessuno possa essere destinatario di più di una concessione, con tutela nei confronti di eventuali tentativi di elusione. Qualcuno infatti, ad esempio, potrebbe creare una, due, tre, quattro società balneari, fino a mille, facendo capo ad una stessa holding: sarebbe chiaramente una concessione per soggetto fisico o giuridico, ma, chiaramente, sarebbe un'elusione perché tutto farebbe capo ad un trust. Pertanto, vorremmo sapere se vi è l'intenzione di andare incontro alle esigenze di questa categoria, ovviamente rispettando il dettato europeo e, naturalmente, rispettando anche il dettato rigoroso della legge.
L'ottima idea di cui parlava prima il collega Monai, ossia la normativa applicata in Friuli-Venezia Giulia, è una subordinata che sicuramente, a nostro avviso, andrebbe inserita in una normativa che principalmente, però, tuteli l'esistenza di queste piccole e medie imprese che rischiano veramente di scomparire.
Infatti, un'altra problematica consiste proprio nel fatto che questi piccoli imprenditori rischiano di veder scomparire dall'oggi al domani la propria azienda, un'azienda nella quale magari hanno fatto investimenti notevoli, confidando di poterli ammortizzare negli anni e si vedono deprivati della propria azienda quando, magari, mancano cinque o sei anni al completo ammortamento delle attrezzature. Pertanto, anche questa è un'ipotesi di normativa da tenere presente: cioè, nel caso in cui il subentrante della concessione non fosse il precedente concessionario, il subentrante o lo Stato dovrebbero risarcire l'investimento che, nell'aspettativa dell'imprenditore, si sarebbe potuto ammortizzare nel tempo.
Pertanto, signor sottosegretario, la ringraziamo per la piccolissima parte di risposta tutto sommato positiva che ha dato alla nostra interpellanza urgente, auspicando effettivamente che l'impatto della revisione del canone sia positivo per quanto riguarda i nostri imprenditori. Crediamo che sia interesse del Governo italiano occuparsi concretamente e fattivamente di questa problematica affinché l'adeguamento alla richiesta dell'Unione europea sia giusto, lasciando spazi di speranza a questa importante categoria di poter proseguire nella propria attività senza che arrivi un concessionario unico in spregio all'antitrust e che, in subordine, vi sia una tutela per gli investimenti che questi signori hanno effettuato.
Auguriamoci che lo Stato italiano tuteli questa parte fondamentale della piccola e media impresa italiana che è la colonna portante della nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative per garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione in Veneto, con riferimento alla scuola dell'infanzia - n. 2-00453)

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00453, concernente iniziative per garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione in Veneto, con riferimento alla scuola dell'infanzia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, si tratta di un'interpellanza che avevo presentato alla fine di luglio, poi ripresentata con carattere di urgenza in agosto; nel frattempo, vi sono stati sviluppi ma credo che il tema affrontato rimanga comunque aperto.
Alla fine di luglio, appunto, alla Direzione generale dell'ufficio scolastico per il Veneto risultavano pervenute, con riferimento al corrente anno scolastico, numerose Pag. 16richieste di attivazione di nuove sezioni per la scuola dell'infanzia da parte di dirigenti scolastici, sindaci e genitori, che, tuttavia, a quella data, risultava impossibile soddisfare per mancanza di posti disponibili, in quanto il contingente di posti di insegnamento assegnato ad ogni regione per l'anno scolastico 2009-2010 è stato decurtato, rispetto all'organico di diritto dell'anno scolastico 2008-2009, di 42.100 posti, in applicazione delle misure di contenimento previste dalla manovra dell'estate scorsa.
In particolare, il contingente assegnato alla regione Veneto è stato ridotto di oltre duemila posti, con la conseguente impossibilità di soddisfare le numerose richieste di istituzione di nuove sezioni di scuola dell'infanzia statale, tenuto anche conto del fatto che con molti meno posti a disposizione rispetto all'anno scolastico precedente e con la necessità di accogliere, in questo anno scolastico, circa ottomila alunni in più nelle classi delle scuole di ogni ordine e grado in Veneto, di cui una buona percentuale stranieri, i numeri non tornavano e non tornano in parte neanche oggi.
Per queste ragioni era stato inizialmente confermato l'organico della scuola dell'infanzia relativo all'anno scolastico 2008-2009, che ammontava a 3.688 posti. In particolare, le nuove sezioni per l'infanzia che erano state richieste erano 40, per un numero di bambini in lista di attesa di 885 unità; precisamente era stata richiesta l'attivazione di due sezioni in provincia di Belluno, di tre in provincia di Padova, di nove in provincia di Treviso, di otto in provincia di Venezia, di 11 sezioni in provincia di Verona e di 7 in provincia di Vicenza. Sostanzialmente, 40 nuove sezioni a fronte dei bisogni delle famiglie, con la necessità di avere 80 insegnanti in più, due per ogni sezione.
La richiesta di nuove sezioni da attivare riguarda realtà locali in cui i comuni hanno provveduto già a ristrutturare edifici scolastici o a costruirne di nuovi, proprio per poter accogliere i sempre più numerosi bambini che ogni anno chiedono in Veneto di frequentare la scuola dell'infanzia; si tratta, ancora, di realtà locali in cui molte volte non esiste il servizio, nemmeno comunale o paritario, oppure la scuola paritaria chiude per mancanza di fondi; si tratta di scuole d'infanzia a volte con sezioni già funzionanti, ma che non sono in grado di accogliere altri bambini in quanto già sature.
Signor Presidente, mi permetta sotto questo profilo di rilevare come il Veneto ha una sua specificità. Mentre nel centro-sud la percentuale di scuole dell'infanzia statale supera il 63 per cento del totale dell'offerta scolastica, in Veneto le scuole dell'infanzia statali coprono solo un terzo di questa offerta, trovando la popolazione scolastica dai tre ai sei anni accoglienza per due terzi presso le scuole dell'infanzia paritarie, con i conseguenti maggiori esborsi a carico delle famiglie oggi resi ancora più gravosi sia per effetto della crisi, sia per effetto dei tagli e dei ritardi nell'erogazione delle risorse da parte dello Stato e della regione a queste scuole.
In questa situazione di crisi molti comuni si sono fatti carico di provare ad attivare qualche sezione di scuola materna statale, proprio per andare incontro alle difficoltà delle famiglie che non sono in grado di pagare, per dieci mesi di frequenza alla scuola materna, i 1.400, 1.500 euro che richiedono alle famiglie, le scuole paritarie per offrire un servizio di qualità.
Ancora, vorrei sottolineare che in Veneto, dove la percentuale di frequenza delle scuole materne paritarie è la più elevata d'Italia, si vive una situazione particolare anche sotto un altro profilo, che è quella di un'altissima percentuale di bambini stranieri che frequentano queste scuole. In Veneto, di tutta la popolazione scolastica con cittadinanza non italiana, il 20,5 per cento frequenta la scuola dell'infanzia, che quindi è uno strumento fondamentale di integrazione; vorrei anche ricordare che in Veneto il rapporto nella scuola d'infanzia tra alunni senza cittadinanza italiana e alunni con cittadinanza italiana è molto più elevato che nel resto d'Italia: tale rapporto in Italia è di 6 a cento, in Veneto invece è 10,6, quasi 11 bambini stranieri, ogni cento bambini che frequentano la scuola Pag. 17dell'infanzia. Tutto ciò fa capire la particolare e specifica situazione del Veneto e la necessità di attrezzare le scuole in modo adeguato, perché possano dare risposta anche al problema delle famiglie straniere che si sono inserite nel tessuto sociale ed economico della regione.
Nel mese di luglio mi veniva comunicato dalla dirigente dell'ufficio scolastico regionale che delle 40 nuove sezioni richieste in Veneto non vi era la disponibilità di nessun posto, e quindi di nessuna apertura di nuove sezioni.
Ho quindi presentato l'interrogazione in oggetto, evidenziando come qui siano in gioco - come già la Corte costituzionale ha avuto modo di ricordare in alcune sentenze - i livelli essenziali delle prestazioni in materia di assistenza e di istruzione alle famiglie del Veneto e alla popolazione scolastica dai tre ai sei anni.
Mi auguro quindi che il Ministero abbia ben presente questa situazione e stia operando per trovare soluzione a questo problema che non è un problema localistico, ma di tenuta dell'offerta formativa e del tessuto sociale, nonché delle prospettive future di una nuova società inevitabilmente multietnica che in Veneto viviamo come una necessità molto maggiore rispetto ad altre aree del Paese.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, relativamente all'interpellanza, come riferito in questa stessa sede in altre occasioni, confermo in via preliminare che la consistenza delle dotazioni organiche a livello nazionale è stata definita secondo quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 20 marzo 2009 recante norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha previsto una serie organica di interventi e misure volte ad incrementare gradualmente di un punto, nell'arco di un triennio 2009-2011, il rapporto docenti-alunni, come ci viene richiesto anche dall'Unione europea.
Il decreto interministeriale relativo agli organici dell'anno scolastico 2009/2010 ha previsto che le riduzioni stabilite dalla citata legge n. 133 del 2008 per detto anno avvenissero in parte in organico di diritto (per una quota pari a 37.000 unità) e in parte in organico di fatto (per una quota di 5.000 posti). E ciò al fine di rispondere meglio alle esigenze del territorio e realizzare una migliore stabilità del personale interessato, anche a tutela della continuità didattica.
Gli interventi finalizzati alla elaborazione delle dotazioni di organico hanno richiesto confronti e interazioni con le Regioni e gli enti locali, titolari di specifiche ed importanti attribuzioni in materia di programmazione dell'offerta formativa, di dimensionamento e distribuzione della rete scolastica e dei punti di erogazione del servizio, nonché di fruizione del diritto allo studio.
La ripartizione a livello regionale dell'organico complessivamente definito è stata effettuata sulla base dei dati e degli elementi che concorrono alla definizione delle risorse necessarie per il corretto funzionamento del sistema dell'istruzione nelle sue diverse articolazioni, e tenendo conto delle specifiche esigenze dei comuni montani, delle piccole isole, delle aree geografiche particolarmente esposte a situazioni di disagio e precarietà, comprese quelle edilizie, nonché dei contesti con un rilevante numero di alunni con cittadinanza non italiana.
È stata richiamata l'attenzione degli uffici scolastici territoriali sull'esigenza che le regioni e gli enti locali venissero opportunamente coinvolti nella fase di elaborazione del piano di assegnazione delle risorse alle singole province, anche in un'ottica di una coerenza tra le previsioni del piano regionale di localizzazione delle istituzioni scolastiche, l'offerta formativa e Pag. 18l'attribuzione delle risorse. È stata altresì richiamata la possibilità, come negli anni decorsi, di effettuare compensazioni tra i contingenti di organico relativi a diversi gradi di scolarità.
Relativamente alla scuola dell'infanzia, la cui frequenza, ricordo, non riveste carattere di obbligatorietà e che, pertanto, va garantita nei limiti delle disponibilità finanziarie e di organico annualmente previste dalle vigenti disposizioni e concordate con il Ministero dell'economia e delle finanze, pur in presenza delle ricordate esigenze di contenimento di posti di insegnamento, il decreto interministeriale relativo agli organici dell'anno scolastico 2009-2010 non ha previsto alcuna riduzione. È infatti stato confermato in tutte le realtà regionali il contingente di posti assegnato a tale settore nell'anno scolastico 2008-2009 e ciò, in vista della graduale generalizzazione del servizio e in considerazione della forte valenza educativa e sociale che riveste la scuola dell'infanzia.
Quanto sopra posto, per ciò che riguarda specificamente la situazione della regione Veneto con particolare riferimento ai posti di organico della scuola dell'infanzia, premesso che per il corrente anno scolastico anche in tale realtà territoriale è stato confermato l'organico di diritto assegnato nell'anno scolastico 2008-2009, rappresento che, a chiusura delle funzioni relative all'organico previsionale per l'anno scolastico 2009-2010, era emersa l'impossibilità di far fronte, per mancanza di posti disponibili, alla totalità delle richieste di istituzione di nuove sezioni di scuola dell'infanzia.
In considerazione della problematicità della situazione della regione, che coinvolgeva quasi 900 bambini in lista d'attesa, sottolineata dalle richieste di soluzione avanzate dai dirigenti scolastici, dai sindaci e dai genitori interessati, il direttore dell'ufficio scolastico regionale ha invitato i dirigenti degli uffici scolastici provinciali, in sede di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto, a verificare la possibilità, all'interno dell'organico assegnato e previa riduzione di un corrispondente numero di posti relativi ad altri settori scolastici, di attivare almeno in parte le sezioni richieste.
Le oculate operazioni di gestione dell'organico di fatto delle varie province, effettuate nel periodo giugno-luglio, hanno in effetti consentito, attraverso una rigorosa ed attenta distribuzione delle risorse, di accogliere in gran parte le richieste di attivazione di nuove sezioni, come di seguito indicato. All'interno di ogni provincia sono state attivate le sezioni che presentavano un maggior numero di bambini in lista d'attesa e quelle nelle realtà territoriali prive di tale servizio. A chiusura dell'organico di fatto, nell'ambito del contingente assegnato alla regione per l'anno 2009-2010, sono state autorizzate le sottoindicate nuove sezioni di scuola d'infanzia: Belluno due sezioni; Padova una sezione; Treviso otto sezioni; Venezia quattro sezioni; Verona tre sezioni; Vicenza tre sezioni, più un posto a completamento di una sezione già attivata.
Sono rimaste inevase soltanto le seguenti richieste che, comunque, presentano un ridotto numero di alunni in lista di attesa: Padova due sezioni; Venezia cinque sezioni; Verona tre sezioni; Vicenza due sezioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di replicare.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, non posso intanto non apprezzare lo sforzo della dirigente dell'ufficio scolastico regionale per aver tentato di evadere, con le risorse umane che aveva a disposizione, il maggior numero possibile di sezioni della scuola dell'infanzia, ma non posso non dichiarare l'insoddisfazione totale rispetto alla risposta che è stata data dal Ministero e non me ne voglia il gentile sottosegretario.
Innanzitutto, evidenzio che almeno dodici sezioni sono rimaste inevase a fronte di dichiarazioni dello stesso Governo e di suoi autorevoli esponenti, tra i quali vorrei ricordare i Ministri Sacconi e Carfagna, che, a metà settembre, avevano annunciato un piano per la conciliazione e l'occupazione Pag. 19femminile. Tra le altre cose, il Ministro Sacconi aveva detto: «Daremo un nuovo sviluppo anche ai servizi dedicati della cura dell'infanzia». Se cominciamo così credo che non vi siano grandi speranze. Dobbiamo iniziare a pensare ai bisogni e ai servizi da soddisfare più che ai numeri da far tornare soltanto al Ministero dell'economia e delle finanze.
La seconda questione che rilevo e per la quale sono insoddisfatta è che le sezioni sono state aperte a spese di altre tipologie di scuole. Comunque, il contingente assegnato al Veneto è stato ridotto di 2 mila posti e, comunque, gli insegnanti reperiti per l'apertura di queste nuove sezioni di scuola dell'infanzia sono stati tolti alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado, che - ricordo solo un particolare - in Veneto sta soffrendo, in modo credo molto rilevante, la situazione di questi tagli. Mi limito a far presene che in questo momento nelle scuole medie del Veneto una classe il cui insegnante è ammalato viene spezzettata in gruppi di 5-6 ragazzi, che sono portati in giro per le altre classi oppure rimangono con la bidella che li sorveglia. Ciò avviene perché non vi sono neppure le risorse per fare fronte alle richieste di supplenza.
Ma quello che è ancora più grave è che, nonostante che la risposta del Ministero proclami la necessità di dare risposte alle esigenze del territorio, non tiene in alcun conto a parte i numeri della realtà della popolazione scolastica del Veneto. La penisola è lunga e ha anche realtà differenti.
Vorrei far presente al rappresentante del Governo quali sono i numeri della popolazione scolastica nel Veneto.
Infatti, la risposta all'interrogazione arriva dopo che l'anno scolastico è iniziato - senza alcuna colpa, per carità, del Ministero, avendola presentata io ad agosto poiché ho avuto i dati alla fine di luglio -, ma vorrei che questa riflessione fosse utile almeno in vista del prossimo anno scolastico.
La Fondazione Nord Est ha presentato il rapporto 2009, sul punto estremamente illuminante, perché le cifre non si possono discutere sull'andamento della popolazione scolastica del Veneto dal 1999 al 2009.
Vorrei qui portare a conoscenza del Ministero quali sono questi numeri. Le curve di crescita della popolazione scolastica relativa alle regioni del nord-est sono ampiamente superiori al resto d'Italia. Nell'arco di un decennio nelle regioni del nord-est il numero degli iscritti alle scuole primarie e secondarie di primo grado è aumentato del 13 per cento.
In tutto il Paese, soltanto nell'anno scolastico 2008-2009 il contingente di scolari delle primarie ha raggiunto i livelli del 1999-2000, mentre nelle scuole secondarie di primo grado ancora oggi in Italia il numero degli iscritti risulta inferiore a dieci anni fa.
Elenco i numeri nudi e crudi: nel nord-est nell'anno scolastico 1999-2000 le primarie contavano un numero di iscritti di 281.594 bambini. Nell'ultimo anno scolastico 2008-2009 il numero degli iscritti è pari a 318.467 (più 36.873 bambini iscritti alla scuola primaria). Nelle secondarie di primo grado (le medie, per capirci) nell'anno scolastico 1999-2000 gli iscritti erano 169.159; nell'ultimo anno scolastico di cui abbiamo i dati (2008-2009) sono 191.711 (più 22.552 iscritti).
In Italia, invece, il trend è diverso. In Italia nell'anno scolastico 1999-2000 dai 2.623.382 iscritti alla scuola primaria si passa nel 2008-2009 a 2.618.942 iscritti (meno 4.440 iscrizioni) e nelle secondarie di primo grado nell'anno scolastico 1999-2000 contavamo 1.711.734 ragazzi iscritti, che sono scesi di 37.383 unità nell'anno scolastico 2008-2009, che conta 1.674.351 iscrizioni.
Questa è la realtà del confronto tra Italia e nord-est. In particolare, poi, in Veneto gli iscritti alle primarie sono aumentati del 14 per cento in questi dieci anni e alle secondarie di primo grado sono aumentati del 13 per cento. Come si può dire che si tiene conto delle esigenze dei territori quando si diminuisce di 2.000 posti il contingente assegnato in una realtà che cresce con questi numeri a differenza del contesto italiano? Pag. 20
Quindi, adottare le stesse misure per realtà diverse sappiamo che significa commettere delle ingiustizie sacrosante, tra l'altro da parte di un Governo che inneggia al federalismo (spero anche istituzionale, oltre che fiscale).
Oltre a questi numeri c'è una specificità ulteriore che ho tentato di rappresentare prima: la presenza di alunni con cittadinanza non italiana, che comportano delle problematiche particolari. In Veneto negli ultimi dieci anni il numero di bambini stranieri è aumentato nella popolazione scolastica dalle 7.944 unità dell'anno scolastico 1999-2000 alle 70.466 unità nell'ultimo anno scolastico 2008-2009 (più 787 per cento), con una percentuale di 12 bambini stranieri ogni 100 nella scuola primaria in Veneto e, come ho detto prima, di quasi 11 bambini stranieri ogni 100 nella scuola dell'infanzia.
Sono numeri positivi, che però non nascondono le debolezze di un sistema scolastico in affanno, inadatto a gestire con responsabilità ed efficacia non solo un servizio alle famiglie italiane - quello che annunciano i Ministri Sacconi e Carfagna, ma che non vediamo nei fatti - ma anche con responsabilità ed efficacia la multietnicità.
Anche da questo punto di vista, dalle non risposte che sono arrivate dal Ministero - perché c'è stato solo il tentativo, in parte riuscito, di fare le nozze con i fichi secchi da parte dell'ufficio scolastico regionale, che ha tolto insegnanti da una parte e li ha applicati dall'altra - mentre zero insegnanti in più sono stati assegnati dal Ministero a fronte di 40 richieste di nuove sezioni di scuola materna - il ritorno al maestro unico risulta francamente un'operazione, non lo dico io, ma cito il rapporto della Fondazione Nord Est - che non appare avere motivazioni pedagogiche o didattiche, ma di puro contenimento della spesa.
Detto ciò, mi auguro che, in vista del prossimo anno scolastico e anche di quello che accadrà quest'anno sui territori, ovvero dalle risposte che le famiglie vedranno arrivare o meno dal sistema scolastico, ci siano un ripensamento (lo dico senza alcuna polemica, perché quello che interessa è che i servizi essenziali di questo Paese funzionino) e l'autorevolezza da parte del Ministro dell'istruzione di guardare con lenti (non vorrei dire «non ideologiche») non limitate alle questioni finanziarie ai reali bisogni delle famiglie sui territori, all'importanza che la scuola dell'infanzia ha nella formazione dei ragazzi in percorsi di integrazione e di costruzione di una società, specialmente in Veneto e nel nord-est, destinata ad essere sempre più multietnica e che la scuola possa fare la sua parte nel sostenere le famiglie, le comunità locali e anche il mondo economico.
Non sono un'esperta di questioni pedagogiche, ma tutti ci dicono che la formazione dei bambini fino ai 5-6 anni è fondamentale per l'investimento che una società e un Paese fanno sul proprio futuro. I numeri positivi del Veneto che ho richiamato, di crescita della popolazione scolastica e anche dei bambini di popolazione non italiana, vanno tradotti in una opportunità e non in un problema scaricato sui territori, sulle famiglie e sui dirigenti scolastici.
Quindi, mi auguro che questi numeri vengano letti dal Ministro e imposti anche alla ragionevolezza del Ministro dell'economia per la tutela di bisogni costituzionali essenziali e mi auguro che ciò si cominci a vedere già dalla prossima manovra economica e finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Problematiche relative all'avvio dell'anno scolastico - n. 2-00467)

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00467, concernente problematiche relative all'avvio dell'anno scolastico (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, meno male che oggi finalmente siamo con la scuola. Pag. 21
Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la nostra interpellanza manifesta la necessità di conoscere la verità, per ritrovare il giusto senso delle conseguenze circa le scelte operate per comprendere dove e come agire al fine di evitare - perché ancora potrebbe essere possibile farlo se si intervenisse - lo sfascio del nostro sistema di istruzione. Per questo, perché abbiamo a cuore la scuola, patrimonio comune del nostro Paese, perché non possiamo accettare di vederla depauperata di risorse, deprivata di esperienze, di qualità e di talenti professionali, abbiamo presentato tale interpellanza urgente, affinché, attraverso la plastica rappresentazione e consapevolezza delle conseguenze di ciò che è stato ad oggi operato - e valutiamo che abbiamo davanti altri due anni di drastici tagli già decisi dal Governo nel decreto-legge n. 112 del 2008 - il Ministro, ma anche tutte le famiglie ed ogni singolo cittadino, possano finalmente dire «basta» all'assassinio del nostro futuro.
Per questo è indispensabile, vista la gravità della situazione, che il Governo riferisca con precisione in Parlamento e, di conseguenza, renda conto ai cittadini del reale ammontare dei tagli effettuati alla scuola, alla qualità dell'istruzione nel nostro Paese e, di fatto, al nostro futuro a seguito dell'attuazione del decreto-legge n. 112 del 2008, al decreto-legge n. 137 del 2008, della legge finanziaria del 2008 e della legge di assestamento di bilancio per il 2009 e, quindi, delle relative cifre in ordine alle diverse voce colpite dalle riduzioni, oltreché delle conseguenze che siffatte e dissennate scelte di diminuzione degli investimenti nella scuola comporteranno per la formazione e l'istruzione dei nostri ragazzi, per la loro sicurezza, per l'intero sistema sociale nel nostro Paese, per la ricerca innovativa (che consentirebbe di rispondere con ulteriori prospettive alla crisi e di creare di conseguenza anche nuova occupazione, così come in questi giorni ci ricorda l'OCSE, e di ingenerare un benefico impatto sul nostro patrimonio comune).
Sono 8 i miliardi di euro tagliati in tre anni alla scuola pubblica dal Governo e 132 mila i posti di lavoro in meno. In quest'anno scolastico sono oltre 7 milioni e 825 mila gli studenti, di cui 700 mila stranieri, circa settantamila in più dello scorso anno, in classi che possono arrivare fino a 30-33 alunni, con una situazione di drastici tagli al personale: oltre 58 mila unità in meno, di cui oltre 42 mila insegnanti e oltre 16 mila addetti del personale ausiliario, tecnico ed amministrativo.
Il piano Tremonti-Gelmini, infatti, è al primo anno di applicazione e sono già 36 mila i precari licenziati, 16 mila insegnanti e 8 mila addetti al personale ATA. È aumentato il numero di alunni per classe, impedendo così l'apertura di numerose classi della scuola primaria e secondaria, di primo e secondo grado. Di conseguenza non vengono più rispettate le norme di sicurezza nelle aule scolastiche, senza parlare della qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento in classi piene come uova e con alunni che a volte presentano difficoltà di apprendimento o relazionali.
Non c'è più nessuno nelle scuole che possa sostituire i colleghi assenti: studentesse e studenti rimarranno soli o saranno distribuiti nelle altre classi, con un evidente profondo impoverimento della qualità dell'istruzione. Numerosissime classi di scuola dell'infanzia non sono state attivate per mancanza di organico a causa dei tagli governativi, lasciando a casa decine di migliaia di bambine e di bambini e impedendo loro una utile socializzazione in un'età così particolare e bloccando di fatto la possibilità di lavoro a centinaia di donne.
Inoltre, non solo non sono aumentate le sezioni primavera, efficace e lungimirante sperimentazione avviata dal Ministro Fioroni durante il Governo Prodi, che consentivano di coprire il segmento dai 18 ai 36 mesi di età dei bambini e delle bambine, con strutture specializzate per quella fascia di età e che permettevano un reale inserimento delle donne nel mondo lavoro, ma le stesse sezioni primavera sono a Pag. 22rischio di chiusura, perché il Governo ha ridotto i finanziamenti e ancora non vi è nessuna certezza di erogazione.
Il tempo pieno, quale sistema metodologico di didattica di qualità, è stato snaturato a causa della soppressione delle ore di compresenza. Il maestro unico è stato bocciato dalle famiglie italiane. Il Ministro Gelmini cerca di imbrogliare l'opinione pubblica e di non dire la verità manipolando i dati: ha affermato che il 69,6 per cento delle famiglie ha preferito il maestro unico. In realtà, solo il 2 per cento ha scelto il maestro unico con l'orario a 24 ore settimanale, il 9 per cento ha scelto l'orario a 27 ore, il 58,6 per cento l'orario a 30 ore e il resto le 40 ore.
A causa della riduzione dell'organico dei docenti, in numerose scuole primarie si inizia l'anno scolastico con classi a tempo normale, cui non corrisponde più la struttura precedente dei team, ma una configurazione quanto meno dall'efficacia improbabile: ad esempio, 9 ore ad un insegnante, 4 ad un altro, 7 ad un altro, 2 ad un altro ancora, di cui gli ultimi tre intervengono in una o due altre classi non parallele o contigue, solo in relazione ad una logica puramente ragionieristica di completamento dell'orario di permanenza presso la scuola. In tali classi non è previsto un solo minuto di compresenza o di contemporaneità, né per laboratorio o recuperi, né per arricchimenti formativi, né per supporto ad alunni disabili, con sempre meno ore di sostegno, nonostante il numero crescente di ragazze e ragazzi diversamente abili, né per attività alternative o l'insegnamento dell'italiano agli stranieri, né per la supplenza dei colleghi assenti.
Altro che maestro unico! Ci sarà una moltiplicazione di insegnanti che si incontreranno, se va bene, sulla porta e non potranno concordare un programma, un progetto didattico, sostenere con programmi mirati i più deboli, garantire le attività previste per le uscite didattiche fuori dalla scuola, per le quali - come lei sa bene, signor sottosegretario - è necessario almeno un insegnante ogni 14 bambini. Insomma non è vero che è stato potenziato il tempo pieno, ma è stato riportato in vita il doposcuola.
Nella scuola primaria sono stati anche drasticamente ridotti gli insegnanti specialisti di lingua inglese, infatti sono stati aboliti tutti i 12 mila posti di insegnanti specializzati, 4 mila solo quest'anno. Gli insegnanti unici di riferimento dovranno insegnare anche l'inglese e dopo solo 150 ore di formazione. Altro che inglese potenziato! Necessariamente sono stati assegnati ambiti di insegnamento a docenti che in precedenza non li avevano mai affrontati o che non li gestivano da molti anni.
Il Ministro Gelmini pervicacemente e tenacemente non ne ha tenuto alcun conto, in spregio ai bambini e alle bambine ed ai loro diritti e bisogni formativi, oltre che alla qualità e alla modernità richieste dall'Europa per una scuola d'eccellenza.
Sono state pesantemente ridotte le ore di insegnamento di lettere e di tecnologia nella scuola secondaria di primo grado ed è stato tagliato anche il tempo prolungato nonostante gli spot pubblicitari del Governo che ne avevano garantito la concessione. Sono inesistenti le ore di attività alternativa all'insegnamento della religione cattolica. Inoltre, il ritorno ai voti ha stravolto il clima relazionale e la didattica nelle scuole.
Molte classi delle scuole di comuni di montagna e delle piccole isole non sono state riaperte o sono state accorpate a quelle dei comuni più vicini, obbligando così i ragazzi e le ragazze a percorrere ogni giorno numerosi chilometri spesso in situazioni estremamente disagiate. È di questi ultimi giorni un esauriente articolo di la Repubblica su questo tema che esordisce dicendo: «La montagna è in rivolta contro i tagli della riforma scolastica. Non è una proposta che nasce dall'ideologia, ma dalla necessità: "Non toglieteci la scuola", sta scritto sulle magliette dei bambini. Senza le scuole - aggiungono i sindaci - chiudono i paesi».
Anche nella scuola secondaria di secondo grado è stato drasticamente ridotto Pag. 23il personale; in particolare, sono stati tagliati 12 mila docenti, nonostante i regolamenti debbano ancora essere approvati a causa dell'obbligo di costituire tutte le cattedre di insegnamento a diciotto ore. Ciò va ad incidere sulla qualità della didattica e sull'offerta formativa anche con negative ripercussioni sull'organizzazione della composizione delle cattedre interne alla scuola, a detrimento della qualità dell'insegnamento.
Le nostre scuole sono oberate di debiti e la gran parte non riesce più a garantire un servizio di qualità. Dall'ottobre 2008 non hanno più ricevuto fondi per il proprio funzionamento, per le supplenze, per l'offerta formativa, per il supporto all'autonomia, per l'implementazione di una feconda ricerca/azione che genera crescita culturale di istruzione e di innovazione. In tali condizioni quest'anno accadrà ancora più spesso quello che è avvenuto lo scorso anno: gli studenti, quando i docenti saranno assenti, verranno sparpagliati in altre classi per la mancanza di personale insegnante, mancheranno i soldi per le fotocopie e i sussidi didattici. Lo scorso anno le scuole superiori hanno avuto solo pochi spiccioli per i corsi di recupero obbligatori che hanno potuto funzionare solo con orari ridotti ed accorpati per più ambiti disciplinari. Le previsioni di quest'anno, se possibile, sono ancora peggiori.
È stata effettuata la prima tranche di tagli lineari al personale ausiliario tecnico ed amministrativo, a causa di ciò i ragazzi e le ragazze rimarranno nei plessi scolastici senza alcuna sorveglianza, numerose scuole avranno difficoltà persino nell'apertura e nella chiusura dello stabile e nel mantenimento di una dignitosa pulizia dello stesso. Le segreterie dovranno effettuare orari ridotti a causa della mancanza di personale e i laboratori delle scuole spesso modelli di tecnologia per i notevoli investimenti ivi effettuati rimarranno chiusi a causa della mancanza di assistenti tecnici.
I corsi per gli adulti oltre che l'istruzione permanente e la formazione per l'età adulta hanno subito un drastico taglio nonostante la continua crescita di richieste di istruzione da parte di uomini e donne, soprattutto di nazionalità non italiana, e inoltre sono stati ridotti i fondi stanziati dal precedente Governo per la formazione del personale docente. Altro che tanto sbandierata qualità della nostra scuola: né quantità né qualità!
Non sono stati ripristinati i 250 milioni per l'edilizia scolastica che il Governo Prodi aveva stanziato al fine di attivare un lungimirante piano pluriennale cofinanziato di concerto con le regioni per la messa a norma e la modernizzazione dei nostri plessi scolastici e non stati ancora assegnati quelli previsti nello scorso mese di marzo nelle delibere del CIPE che hanno riprogrammato i FAS. In conseguenza di decine di indicazioni ministeriali quasi sempre in contrasto tra loro e che si sono susseguite una dopo l'altra nel corso degli ultimi mesi sugli argomenti più vari, le nostre scuole brancolano nel caos più totale.
Infine, ecco la voce del personale, vorrei concludere con ciò che ha scritto un insegnante, la professoressa Giulia Alberico nel suo saggio Cuanta pasion!: «L'insegnante ha un mandato educativo, se vogliamo che gli studenti imparino non possiamo prescindere dal loro essere persone. Questa scuola dell'esclusione che rifiuta gli immigrati e i più deboli aumenterà soltanto il disagio sociale» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, sulle tematiche oggetto dell'interpellanza il Governo ha già riferito in Aula alla Camera il 23 settembre scorso in sede di esame delle mozioni degli onorevoli Ghizzoni, Leoluca Orlando, Centemero, Capitanio Santolini e Lo Monte, concernenti misure a sostegno del personale scolastico precario.
A conferma di quanto comunicato nella suddetta occasione, va ribadito che diversamente Pag. 24da quanto affermato nell'interpellanza la responsabilità della situazione rappresentata, e in particolare la responsabilità della situazione di disagio del personale scolastico precario, non è da attribuire ai provvedimenti varati con il decreto-legge n. 112 del 2008. Le cause della descritta situazione hanno origini remote e sono da ricondurre a provvedimenti di precedenti gestioni che hanno ingenerato aspettative non fondate sulla reale capacità di assorbimento del sistema scolastico.
Questo Governo ha assunto l'impegno di mettere in ordine i conti pubblici e di restituire qualità, efficacia ed efficienza al sistema scolastico italiano per allinearlo agli standard europei ed internazionali. D'altra parte, l'esigenza di razionalizzazione era già stata prevista dalla legge finanziaria per l'anno 2007. Al comma 605 della stessa legge si sosteneva allora, tra l'altro, che con uno o più decreti del Ministro della pubblica istruzione dovevano essere adottati interventi concernenti la revisione, a decorrere dall'anno scolastico 2007-2008, dei criteri e dei parametri per la formazione delle classi al fine di valorizzare la responsabilità dell'amministrazione e delle istituzioni scolastiche, individuando obiettivi da attribuire ai dirigenti responsabili articolati per i diversi organi e gradi di scuole e le diverse realtà territoriali, in modo da incrementare il valore medio nazionale del rapporto alunni-classe dello 0,4 per cento.
Si sarebbe dovuto poi procedere alla revisione dei criteri e dei parametri di riferimento ai fini della riduzione della dotazione organica del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.
Gli obiettivi fissati dalla predetta legge finanziaria sono stati conseguiti, come è noto, solo in parte con la conseguente applicazione della clausola di salvaguardia che ha comportato, da un lato, una rimodulazione negli anni successivi dei tagli previsti e non operati, dall'altro, un taglio lineare degli stanziamenti del Ministero dell'istruzione per spese di funzionamento e di supplenze di circa 500 milioni di euro.
Si tratta di un taglio che è alla base dell'attuale grave sofferenza delle scuole, nonostante il parziale reintegro operato da questo Governo dei finanziamenti necessari. A tal proposito, questo Dicastero si è già attivato presso il Ministero dell'economia e delle finanze chiedendo una consistente integrazione delle disponibilità al fine di azzerare il deficit annuo ed evitare l'accumularsi di ulteriori debiti pregressi.
Nella prospettiva di razionalizzazione del sistema si collocano, dunque, le disposizioni introdotte dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 in materia di organizzazione scolastica, il cui impianto complessivo è stato riconosciuto costituzionalmente legittimo con sentenza n. 200 del 24 giugno del 2009 della Corte costituzionale, che ha ritenuto non fondate le questioni di illegittimità sollevate sui commi 3 e 4, lettere da a) a f).
Le misure e i provvedimenti ivi contenuti, inserendosi nel più ampio contesto del globale contenimento della spesa pubblica in relazione alla difficile congiuntura finanziaria ed economica internazionale, hanno inteso salvaguardare quanto più possibile il sistema scolastico.
Contrariamente a quanto avvenuto in passato, gli interventi previsti rientrano nell'ambito del processo di riqualificazione del sistema scolastico italiano e mirano a realizzare il riordino complessivo del sistema attraverso la valorizzazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, il pieno coinvolgimento delle regioni e delle autonomie locali, una nuova governance territoriale dell'istruzione-formazione ed un più appropriato ed efficace utilizzo delle risorse.
Pur in presenza dell'anzidetto complessivo piano di interventi, per l'anno scolastico 2009-2010, al fine di garantire continuità didattica agli studenti, assicurare la stabilità necessaria al personale della scuola e la continuità organizzativa a tutte le istituzioni scolastiche, sono state autorizzate 16.647 assunzioni e precisamente: 647 dirigenti scolastici, 8 mila docenti e 8 mila amministrativi, tecnici ed ausiliari. La Pag. 25riorganizzazione della scuola ha riguardato, per l'anno scolastico 2009-2010, 42.100 unità di personale docente.
Tuttavia, tenuto conto del consistente numero di insegnanti che al termine dell'anno scolastico 2008-2009 è stato collocato a riposo, il numero dei docenti con contratto a tempo determinato a cui non può essere riconfermato il contratto nell'anno scolastico 2009-2010 si è notevolmente ridotto.
Altrettanto può dirsi per il personale ATA della scuola, considerato che la riduzione di organico, circa 15 mila unità, è in gran parte compensata dai pensionamenti avvenuti al termine dell'anno scolastico 2008-2009. Secondo le stime del turnover nel sistema scuola, si ha peraltro motivo di ritenere che nell'anno scolastico 2010-2011 si determineranno le condizioni per un sostanziale riassorbimento delle attuali posizioni di contratto a tempo determinato.
Per ciò che concerne la consistenza complessiva delle dotazioni organiche del personale ATA, va ricordato che la sua riduzione rispetto a quella determinata per l'anno scolastico 2007-2008 era stata già prevista dalla legge finanziaria del 2008.
L'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha poi disposto la revisione dei criteri e dei parametri per la determinazione della consistenza complessiva dei vari profili professionali di detto personale alla luce delle misure contenute nello stesso articolo 64, quali il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, nonché alla luce della revisione dell'orario degli assistenti tecnici e delle previsioni contenute nell'articolo 40, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che consentono alle istituzioni scolastiche, consorziate tra loro, di affidare in appalto i servizi di pulizia dei locali scolastici e delle loro pertinenze a condizione che si apporti una riduzione della dotazione organica di istituto in misura tale da consentire la compensazione dei costi contrattuali.
A tale proposito, va evidenziato che il decreto del Presidente della Repubblica n. 119 del 22 giugno 2009 salvaguarda nella misura massima possibile le figure amministrative necessarie allo sviluppo dell'autonomia scolastica.
Circa la ripartizione della consistenza numerica nazionale delle dotazioni organiche a livello regionale, si è tenuto conto delle specificità degli ambiti territoriali interessati, con riferimento, in particolare, alle peculiarità strutturali, organizzative e operative delle istituzioni scolastiche e alle diversità conseguenti alle situazioni ambientali e socio economiche, e si è inoltre tenuto conto delle funzioni e dei compiti previsti per i profili professionali del personale.
Ulteriore rilevanza è stata riservata ai diversi contesti territoriali interessati ai fenomeni migratori, alle distanze e ai collegamenti tra le istituzioni scolastiche situate nei comuni montani e nelle piccole isole.
Spetta, poi, alla direzione scolastica regionale assegnare le risorse di personale alle province di competenza in modo da assicurare condizioni di sicurezza per gli alunni e per tutto il personale della scuola, in riferimento sia alla dimensione e complessità sia al numero degli edifici utilizzati e in modo da garantire la necessaria efficacia ed efficienza del servizio.
Relativamente alla scuola dell'infanzia, la cui frequenza non è obbligatoria e va quindi garantita nei limiti delle disponibilità finanziarie e di organico annualmente previste dalle vigenti disposizioni e concordate con il Ministero dell'economia e delle finanze, va detto che, pur in presenza delle ricordate esigenze di contenimento di posti di insegnamento, il decreto interministeriale sugli organici dell'anno scolastico 2009-2010 ha confermato in tutte le realtà regionali il contingente di posti assegnato a tale settore per il precedente anno scolastico 2008-2009, che complessivamente ammonta a 80.157 unità.
Per quel che riguarda, in particolare, le sezioni primavera, destinate ai bambini di età compresa tra i due e i tre anni, si auspica che su tale tematica si riapra al più presto un costruttivo dialogo con le Pag. 26regioni, considerato che sono stati approntati i finanziamenti e uno schema di accordo.
Quanto al tempo pieno nella scuola primaria, va rilevato che l'aumento del tempo pieno che si è avuto negli ultimi dieci anni è stato mediamente di mezzo punto percentuale. Ebbene, quest'anno si registra un incremento di due punti percentuali rispetto all'anno scolastico 2008-2009, risultando del 27 per cento la quota di classi attivate con il tempo pieno.
Ovviamente, l'incremento del tempo pieno risulta prevalentemente nelle classi del primo anno di corso, mentre rimangono confermati i quadri orari per le classi successive.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 11,35)

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Complessivamente, nel corrente anno scolastico, le classi a tempo pieno sono 36.507.
Più in dettaglio, da un'indagine campionaria condotta dal Ministero relativa al 26 per cento dei circoli didattici per rilevare la tipologia del tempo scuola attivato nelle classi prime, si registra la seguente distribuzione dell'orario scolastico, secondo le tipologie previste dal decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 2009: l'11 per cento delle famiglie ha chiesto le tipologie di 24 e 27 ore; il 58,6 per cento ha scelto la tipologia fino a 30 ore; infine, il 30,4 ha scelto la tipologia di 40 ore con due insegnanti. Al riguardo, dal confronto sulle stesse scuole con l'anno precedente emerge un aumento di 7 punti percentuali. Le stesse percentuali si rilevano anche a livello nazionale confrontando i dati comunicati per gli anni scolastici 2008-2009 e 2009-2010, da cui risulta un aumento di 1504 classi.
Passando alla scuola secondaria di primo grado, l'orario scolastico di quest'anno è di 30 ore settimanali, consentendo una distribuzione razionale delle lezioni, eliminando insegnamenti facoltativi e opzionali che avevano allungato l'orario senza però garantire alle famiglie il rispetto delle scelte formative. Il tempo prolungato, dopo anni di sprechi di risorse e in mancanza di una reale richiesta delle famiglie di questo modello orario, viene autorizzato solo in presenza di requisiti strutturali e di servizio che rispondano alle aspettative delle famiglie e può essere di 36 ore elevabili, se richiesto dalla maggioranza delle famiglie, a 40 ore.
Per quanto riguarda l'insegnamento della lingua inglese, data la sua obbligatorietà, sono stati nominati tutti gli insegnanti specifici necessari.
A livello nazionale il numero complessivo degli alunni è aumentato di 12 mila unità; le classi sono circa 2 mila in meno, ma il rapporto alunni/classe è tuttora inferiore a quello previsto dalla normativa vigente e agli standard europei.
Sono state mantenute tutte le scuole di montagna e delle piccole isole, per effetto della deroga ai limiti minimo e massimo per la costituzione di classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi contenuta nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, recante norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola.
Per ciò che riguarda l'educazione degli adulti, alla quale si fa specifico riferimento nell'interpellanza, la circolare ministeriale n. 63 del 6 luglio 2009 ha disposto che le dotazioni organiche dei Centri territoriali permanenti per l'anno scolastico 2009-2010 sono confermate nelle attuali consistenze e non possono superare in ciascuna realtà regionale le dotazioni dell'organico di diritto dell'anno scolastico 2008-2009.
Quanto alle misure programmate per lo sviluppo degli interventi a sostegno dell'istruzione degli adulti, specifiche risorse da destinare a tale scopo sono state previste nello schema di direttiva per l'anno 2009, concernente gli interventi prioritari ed i criteri generali per la ripartizione delle somme ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 440 del 18 dicembre 1997, attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari per il prescritto parere. Pag. 27
Per quel che concerne l'edilizia scolastica, va preliminarmente ricordato che, in materia, titolari della competenza programmatoria sono le regioni, mentre tutto ciò che attiene alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici pubblici statali, compresi l'adeguamento e la messa in sicurezza degli stessi, rientra nelle dirette ed esclusive competenze degli enti locali.
In questa legislatura, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici siamo intervenuti con l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 137 del 1o settembre 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 169 del 2008, che ha previsto un finanziamento strutturale, e quindi stabile negli anni, del Piano straordinario di messa in sicurezza delle scuole.
Siamo inoltre intervenuti con il decreto-legge n. 185 del 29 novembre 2008, e con la delibera del CIPE del 6 marzo 2009 è stato assegnato 1 miliardo di euro al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la messa in sicurezza delle scuole. Ciò nella considerazione che la sicurezza delle scuole costituisce una delle priorità nazionali, con conseguente impegno all'assunzione di ogni possibile iniziativa per favorirne il miglioramento. Al momento, previo accertamento del fabbisogno sul territorio, sono in corso interlocuzioni con i soggetti istituzionali interessati per il concreto utilizzo delle risorse stanziate.
Oltre a quelli sopra esposti, dati più analitici e puntuali circa le varie domande poste nell'interpellanza potranno essere comunicati appena sarà concluso il previsto monitoraggio correlato alle operazioni di avvio dell'anno scolastico.
Tornando al tema del disagio del personale scolastico precario, va detto che nell'immediato, pur a fronte della attuale difficile congiuntura economica, il Governo, per venire incontro alle esigenze del personale cui non può essere rinnovato l'incarico a tempo determinato per il corrente anno scolastico, ha predisposto un pacchetto di misure strettamente collegate tra di loro.
Nel quadro delle misure predisposte, in vista dell'emanazione di specifico provvedimento normativo, sono già stati stipulati accordi con alcune regioni, quali la Campania, la Lombardia, la Puglia, il Molise, il Veneto, la Sardegna e la Sicilia, per dare sostegno ai precari che non avranno riconfermato l'incarico annuale.
Tali accordi prevedono, appunto, la realizzazione di progetti per il rafforzamento dell'offerta formativa con particolare riguardo alle diverse realtà territoriali. In questi progetti è esplicitamente previsto il coinvolgimento prioritario dei precari che non avranno riconfermata la supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche.
Al fine di espandere il più possibile la platea di insegnanti e personale ATA, gli accordi già sottoscritti saranno adattati, ove necessario, alle sopraggiunte disposizioni contenute nel decreto-legge n. 134 del 2009, recante disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno scolastico 2009-2010. Questo provvedimento normativo prevede, in particolare, che l'amministrazione scolastica possa promuovere, in collaborazione con le regioni, progetti della durata di tre mesi, prorogabili a otto, per attività di carattere straordinario, da realizzarsi prioritariamente mediante l'utilizzo degli anzidetti lavoratori precari della scuola, percettori dell'indennità di disoccupazione, cui può essere corrisposta un'indennità di partecipazione a carico delle risorse messe a disposizione delle regioni medesime.
Il suddetto decreto-legge n. 134 prevede, inoltre, che il personale precario interessato all'applicazione delle nuove disposizioni normative ha titolo alla valutazione dell'intero anno di servizio nelle graduatorie in cui risulta inserito e non è soggetto, quindi, all'alea nel conferimento delle supplenze. Si evitano in tal modo tensioni sociali legate all'attuale crisi occupazionale, garantendo un clima più sereno nel sistema scolastico.
Le misure adottate si pongono in coerenza con gli indirizzi del Governo di trasformare politiche passive di carattere Pag. 28assistenziale in politiche attive di lavoro. Il personale interessato, infatti, in caso di mancato conferimento di un nuovo contratto di supplenza annuale o fino al termine dell'anno didattico, ha titolo comunque ad un'indennità di disoccupazione a carico dell'INPS.
Con il coinvolgimento prioritario nelle occasioni di supplenze brevi e nei progetti speciali, anche previsti con le convenzioni con le regioni, l'indennità di disoccupazione, senza cambiamento di status giuridico, diventerà una sorta di indennità di disponibilità, con integrazione del reddito per gli eventuali periodi non lavorativi che dovessero presentarsi. Secondo questo sistema, a fronte di un'eventuale discontinuità lavorativa sarà comunque garantita una continuità di reddito.
Proprio per rendere efficiente il sistema intermittente di attivazione e cessazione dell'accesso all'indennità di disoccupazione, a queste misure si affianca la convenzione stipulata con l'INPS, in base alla quale il personale in argomento potrà fruire della corresponsione dell'indennità di disoccupazione prevista dal decreto legge n. 185 del 2008, per tutti i periodi in cui spetti, attraverso una gestione automatizzata degli adempimenti burocratici tramite una piattaforma informatica che collegherà tutte le amministrazioni scolastiche con l'INPS medesimo.
La particolare tutela di tali categorie di personale trova fondamento nella circostanza che, come già detto, secondo le stime del turn over nel sistema scuola, nell'anno scolastico 2010-2011 si determineranno le condizioni per un sostanziale riassorbimento delle attuali posizioni di contratto a tempo determinato.

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di replicare.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, signor sottosegretario, occorre davvero denunciare, in questo caso a voce alta, lo stato di negazione che viene pervicacemente perseguito da questo Governo, in particolare dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. È possibile continuare ad accettare il costante diniego che consiste nel negare, nelle forme più svariate ed ipocrite, l'esistenza di ciò che esiste e per giunta si conosce ed oggi si sperimenta tangibilmente? Quale meccanismo induce il Ministro a negare, come se non sapesse quello che in realtà conosce molto bene? Non c'è, in questo mancato riconoscimento che diventa diniego, la prima radice dell'immoralità collettiva?
La nostra interpellanza urgente poneva una serie di interrogativi sul reale stato delle scuole all'inizio dell'anno scolastico, ma a quelle domande il Ministro non ha saputo o voluto rispondere e - in assenza di dati concreti, così dice - ha rinviato la risposta più precisa alla conclusione del monitoraggio attualmente in corso.
Pertanto dovremo ripresentare la nostra interpellanza nei prossimi giorni, chiedendo al Governo di rispondere quando sarà in possesso di dati certi. Le risposte lette ora in Aula dal sottosegretario Pizza da un lato si rifanno, almeno parzialmente, ad alcuni spot propagandistici diffusi in questi giorni dal Ministro dell'istruzione, dall'altro omettono di confermare situazioni e dati ancora presumibilmente non in possesso degli uffici. In particolare, nessuna risposta è stata data sulla consistenza dei tagli così come si sono ulteriormente configurati in conseguenza delle ulteriori riduzioni apportate dall'assestamento di bilancio 2009.
Infatti, con l'assestamento 2009 i capitoli regionali per la spesa riguardante gli incarichi a tempo determinato si riducono complessivamente di 577.064.995 euro. Con tale riduzione, che risulta aggiuntiva rispetto alla riduzione di 456 milioni operata nella legge di previsione in attuazione dell'articolo 64, non solo si colpiscono le spese per i precari che vengono licenziati a settembre, ma di fatto sarà impossibile garantire per i primi quattro mesi del nuovo anno scolastico la regolare retribuzione di quanti comunque riceveranno un incarico annuale. Le medie nazionali delle riduzioni di spesa per gli incarichi annuali avranno effetti devastanti: nell'infanzia Pag. 29meno 38,61 per cento; nella secondaria di primo e secondo grado rispettivamente meno 3 e meno 29,7 per cento.
Signor sottosegretario, lei ha detto nella sua risposta che questo è in continuità rispetto a quanto aveva già previsto il Governo Prodi. Vorrei dire che il Governo Prodi aveva previsto dei tagli nettamente inferiori, e in ogni caso erano tagli i cui risparmi andavano ad essere reinvestiti all'interno della scuola stessa. Infatti era stato previsto che la graduatoria permanente diventasse ad esaurimento, e quelle risorse dovevano essere reinvestite per l'assunzione dei docenti a tempo determinato, al fine di eliminare la piaga del precariato e di dare veramente qualità alla scuola.
Nessuna valutazione viene fornita dal Ministro sulle conseguenze derivanti dal funzionamento delle scuole in seguito alla riduzione delle risorse. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ignora il numero dei licenziati, non è in grado neppure di confermare la cifra dei 31.983 pensionamenti di docenti annunciati dal Ministro, che a fronte dei 42.104 posti tagliati avrebbe secondo le sue valutazioni fatto attestare i licenziamenti intorno alle 10.121 unità. Neppure di fronte al taglio dei 15 mila posti per gli ATA si è in grado di indicare il numero dei licenziamenti e quello dei pensionamenti. Tale clamorosa omissione forse vuole coprire la possibilità che il numero dei pensionamenti denunciato per i docenti comprenda anche quello degli ATA. Il Ministro ha il coraggio di assicurare che per il prossimo anno scolastico 2010- 2011 con la riduzione di altri 25.560 posti di docente e 15.167 di ATA (cui faranno seguito, nell'anno scolastico 2011-2012, 19.676 posti di docente e 14.167 di ATA) si determineranno le condizioni per un riassorbimento di tutte le attuali posizioni di contratto a tempo determinato, cioè non vi saranno più licenziamenti. Poi nessuna indicazione viene fornita sullo stato delle nomine e sulla copertura dei posti vacanti, e quindi sul ritardo che si verifica in diverse realtà locali per la piena ripresa della normale attività didattica.
Nessuna indicazione sulla concreta situazione determinata dall'aumento degli alunni-studenti per classe, che di fatto è dell'8 per cento (è un aumento dell'8 per cento, e non la percentuale che ha indicato il sottosegretario). Analogo silenzio per gli effetti che tale aumento provoca nelle condizioni di sicurezza delle aule scolastiche delle nostra scuole. Non risulta complessivamente valutata l'effettiva riduzione delle ore di insegnamento, Neppure quella riferita alla scuola primaria e secondaria di primo grado viene indicata. Al riguardo si parla solo genericamente di eliminazione di sprechi.
Anche sulla riduzione delle ore di insegnamento di lettere e di tecnologia nella scuola secondaria di primo grado, o sulla soppressione delle ore a disposizione per i laboratori, i recuperi, gli arricchimenti dell'offerta formativa, l'attività alternativa all'insegnamento della religione cattolica (che sta causando gravissimi problemi e che non rispetta il dettato costituzionale), le supplenze, l'insegnamento dell'italiano agli stranieri, o sull'esiguità delle ore di sostegno per supporto ad alunni disabili, il Ministro non fornisce previsioni.
Anzi, a questo proposito, signor sottosegretario, vorrei chiedere dove sono stati assegnati i cinquemila posti in più di organico di sostegno che il signor Ministro, in una delle tante conferenze stampa a cui ha partecipato (oltre che ieri presso la VII Commissione alla Camera), ha asserito di avere autorizzato. Infatti, in diverse regioni da noi interpellate, come ad esempio in Toscana, non sono arrivati i posti aggiuntivi di sostegno; anzi, il direttore generale di quella regione non ha potuto autorizzare neanche un posto in deroga in più, nonostante vi fossero 500 alunni disabili in più rispetto all'anno precedente. Ciò ha comportato un calo drastico delle ore di sostegno per gli alunni in classi di oltre 27 componenti, contro la norma che ne prevede 20 in caso di presenza di alunni con handicap.
Sul tempo pieno della scuola primaria si forniscono i dati poco credibili riportati in un comunicato del Ministero. Infatti, fino a quando non saranno resi noti i dati Pag. 30riguardanti la fine che ha fatto quel 19,9 per cento di classi funzionanti nei team modulari dell'anno 2008-2009, con un orario fra le 31 e le 39 ore settimanali, non si potrà sapere quante di queste, con o senza mensa, sono state spacciate per tempo pieno.
Ancora all'inizio di ottobre molte scuole non sanno neppure se sia stato riconfermato il servizio di mensa funzionante lo scorso anno, figuriamoci per le sbandierate nuove istituzioni di tempo pieno! In realtà, dai primi riscontri, risulta che molte classi a tempo pieno, specie nelle zone più disagiate e di montagna, sono state soppresse, e che nel conteggio delle classi a 40 ore sono state considerate classi già funzionanti nei team modulari con orario tra 21 e 39 ore.
La risposta alla nostra interpellanza urgente riferisce i presunti aumenti del tempo pieno nelle scuole primarie (8 per cento, in realtà il dato ministeriale sarebbe del 6,3 per cento!). Nessun dato viene singolarmente riferito sul tempo prolungato nella scuola secondaria di primo grado. Non vengono neppure presi in considerazione gli effetti sull'organizzazione dell'attività didattica causati dall'eliminazione delle compresenze, né viene indicata la loro effettiva dimensione quantitativa.
Viene ignorata la dimensione del fenomeno dei respingimenti delle richieste di frequenza alla scuola dell'infanzia, nonostante l'aumento delle iscrizioni accolte abbia portato il numero dei frequentanti a 1.007.381, rispetto ai precedenti 978.302. Si segnalano decine di migliaia di respingimenti e classi con un numero di bambini troppo elevato. Si sostiene che sono stati nominati tutti gli insegnanti specializzati necessari per l'insegnamento della lingua inglese.
Rispetto agli 11.200 posti da tagliare nel triennio, per l'anno in corso ne sono stati tagliati duemila, nonostante - lo ribadisco - l'aumento del numero degli alunni. Non viene reso noto quanti di questi posti sono stati coperti da personale precario con incarichi annuali. I posti ridotti per il personale ATA sono stati 15.167.
Di fronte alle gravi conseguenze derivanti dai suddetti tagli, specie per la funzione di assistenza al tempo pieno e di apertura dei corsi, si sostiene che sono state salvaguardate le figure necessarie allo sviluppo dell'autonomia scolastica. Si sostiene anche che le istituzioni scolastiche consorziate fra loro possano affidare in appalto i servizi di pulizia dei locali scolastici. Si tratta di un'autentica visione non vera della realtà, in quanto, in base alla legge richiamata, ciò può avvenire solo in presenza di posti in organico e non in relazione a quelli non più esistenti in conseguenza dei tagli.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, potrei andare avanti analizzando, una ad una, tutte le varie situazioni di non verità contenute nella risposta, ma il mio tempo è esaurito.
Per tutto quanto sopra illustrato, concludo invitando nuovamente il Ministro ed il Governo a ritornare ad essere all'altezza dei tempi in cui viviamo. Altrimenti, valori come la responsabilità, la sensibilità morale, la compassione, il senso civico, il coraggio, l'altruismo e il sentimento della comunità verranno sostituiti dall'indifferenza, dall'ottundimento, dalla desensibilizzazione, dalla freddezza, dall'alienazione, dall'apatia e dall'anomia. Ricordatevi, ricordiamoci tutti insieme, come afferma Cohen: il diniego è un modo per mantenere segreta a noi stessi la verità che non abbiamo il coraggio di affrontare.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,50).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, ho chiesto la parola sull'ordine dei lavori per manifestare il mio grande sconcerto per gli apprezzamenti di cui è stata ieri oggetto la Vicepresidente della Camera, Pag. 31l'onorevole Rosy Bindi - a cui va, ovviamente, la mia solidarietà - nel corso di una trasmissione televisiva, assai seguita dal pubblico.
Ritengo che la Camera non possa non esprimere solidarietà al suo Vicepresidente. Espressioni come quelle rivolte all'onorevole Bindi non possono essere consentite ad alcuno, ma in particolare non possono essere consentite, a prescindere da qualunque contesto, a chi è parte importante della classe dirigente del Paese.
Vorrei aggiungere, signor Presidente, che l'Italia avrebbe, anzi ha bisogno assoluto, specialmente in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando, di comportamenti consoni ed esemplari da parte di tutti, ma in particolare da parte di chi è investito di pubbliche funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, devo dire che l'episodio mi è sfuggito, ma è stato molto opportuno il suo intervento e mi unisco alla solidarietà al Vicepresidente e alla donna.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Orientamenti del Governo in materia di docenza universitaria e di requisiti quantitativi e qualitativi necessari per l'attivazione dei corsi di laurea - n. 2-00496)

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00496, concernente orientamenti del Governo in materia di docenza universitaria e di requisiti quantitativi e qualitativi necessari per l'attivazione dei corsi di laurea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, vorrei brevemente illustrare la mia interpellanza urgente anche in assenza del sottosegretario competente per materia.
Signor Presidente, l'articolo 33 della Costituzione prevede che «l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento» e che «le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato», concretizzati in autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile.
A partire dalla legge n. 168 del 1989, con la quale veniva istituito il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, le riforme successive hanno cercato di valorizzare la responsabilità dei singoli atenei per garantire la qualità dell'offerta formativa, con l'obiettivo di adeguarla alla domanda di competenze richiesta dallo sviluppo della cultura e dall'evoluzione del mercato delle professioni.
Al termine del decennio di applicazione delle riforme previste dal decreto ministeriale n. 509 del 1999, recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, risulta evidente il mancato raggiungimento degli obiettivi indicati ed il verificarsi di gravi distorsioni del sistema universitario, provocate, soprattutto, dalla frantumazione dei curricula accademici irresponsabilmente operata dal cosiddetto «3+2».
Si tratta di un vero e proprio fallimento che, tra l'altro, è una delle cause principali del dissesto del nostro sistema universitario e anche del sistema complessivo, in quanto decine di migliaia di giovani stanno frequentando corsi universitari non finalizzati ad un reale inserimento nel mondo del lavoro e conseguendo una serie di titoli di nessuna utilità. Tali corsi, infatti, li sottraggono dalle reali esigenze del mondo del lavoro e, addirittura, forniscono titoli accademici che non vengono nemmeno riconosciuti dalle pubbliche amministrazioni, ai fini anche dei concorsi pubblici.
La constatazione del fallimento del decreto ministeriale n. 509 del 1999 avrebbe dovuto produrre una decisa azione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per sanarne le distorsioni, proprio a partire dal superamento del dannoso - anzi disastroso - modello «3+2», primo responsabile della moltiplicazione Pag. 32del fabbisogno di docenti destinati a sostenere la struttura delle migliaia di inutili corsi di laurea creati con l'applicazione del suddetto decreto ministeriale. Si è verificata, dunque, una sorta di moltiplicazione, direi quasi un miracolo, dei pani e dei pesci, che è servita essenzialmente alla proliferazione all'infinito di cattedre e di docenze sulle quali è meglio stendere un velo pietoso.
Per rimediare a questa incontrollata proliferazione di corsi e, quindi, al crescente fabbisogno di docenti, ci si è in gran parte affidati ai discussi concorsi universitari e, solo in minima parte, a contratti annuali di docenza, ai sensi dell'articolo 1, comma 10, della legge n. 230 del 2005.
Ora il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anziché intervenire con decisione dettando parametri di compatibilità basati sulla domanda e ristabilire la continuità curriculare con la prescrizione di corsi unitari di quattro o cinque anni, intende ricorrere al principio generalizzato dell'incardinamento in ruolo, che già allo stato attuale incide gravemente sulle esauste casse dello Stato.
A tale scopo si intende procedere, aggravando le norme relative alle risorse di docenza, fissate per l'attivazione dei corsi di laurea, secondo procedure affidate ad astruse tabelle di ambiti, settori e crediti elaborate sulla base di parametri che nulla hanno a che fare con la programmazione delle competenze necessarie per una moderna formazione degli operatori professionali, mentre, ad avviso degli interpellanti, rispecchiano degli articolati interessi di corporazione accademica. Tra l'altro, signor Presidente, tutto questo contraddice il moderno criterio della flessibilità che oggi tendiamo sempre più ad applicare in tutti i moduli e in tutti gli schemi che riguardano l'organizzazione del lavoro, ma anche l'organizzazione della formazione che proprio al lavoro e proprio all'esatto bilanciamento tra domanda e offerta deve guardare in maniera particolare.
Del resto l'obiettivo di pervenire a una composizione del corpo docente affidata alla sola qualifica di professore di ruolo è decisamente impensabile sotto il profilo economico, dati i costi relativi agli adeguamenti stipendiali, ma è anche pericolosamente evocativo, secondo gli interpellanti, di una concezione cupamente statalista da democrazia popolare, intesa a privilegiare un'idea di funzionario docente del tutto privo di autonomia e di potere amministrativo.
Vi è anche un corollario di tale principio, di cui si riconosce facilmente la natura ideologica, tra l'altro, in netta contraddizione con la nostra appartenenza, l'appartenenza della nostra maggioranza che dovrebbe essere fondamentalmente radicata nei principi delle democrazie liberali; tutto ciò comunque determina, sostanzialmente, la possibilità e il pericolo reale che l'università si trasformi in una sorta di ufficio di collocamento assolutamente autoreferenziale, chiuso in se stesso e del tutto isolato dai processi di innovazione che costituiscono il seme e anche il fermento delle dinamiche sociali moderne e di quel necessario cambiamento di cui oggi la società ha bisogno.
A nostro avviso, è necessario che il Ministro interessato, il Ministro interpellato, assuma contezza di tali fatti e di tali questioni e assuma la responsabilità politica - che, peraltro, le compete e che le è stata concessa dal Capo del Governo con l'importante delega di cui, appunto, il Ministro Gelmini è titolare - per avviare una precisa inversione di rotta e di tendenza rispetto a processi che oggi, invece, corrono il rischio che l'università italiana continui ad essere ciò che è stata fino ad ora, cioè una pletorica fabbrica di disservizi e di inefficienze, caratterizzata dal proliferare all'infinito di baronie ingessate che oggi sono al di fuori della storia e, soprattutto, sono al di fuori del contesto moderno di cui l'università italiana dovrebbe far parte proprio per consentire al nostro sistema Paese di essere moderno e competitivo, al pari delle altre grandi democrazie europee e occidentali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Eugenia Roccella, ha facoltà di rispondere. Pag. 33
Onorevole Marinello, il Governo è rappresentato da quel rappresentante che decide di inviare a rispondere alle interpellanze. Certo, sarebbe desiderabile che fossero presenti i Ministri o, almeno, i sottosegretari competenti; talvolta, è accaduto, altre volte, invece, non accade, ma credo sia giusto che la Camera ribadisca questa legittima domanda, non dimenticando che comunque il Governo è pienamente legittimato e colgo l'occasione per dare il benvenuto al sottosegretario Roccella.

EUGENIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, il sottosegretario Pizza è stato presente fino ad ora, ma i tempi della Camera non sempre sono prevedibili, per cui si sono incrociati i suoi impegni con la risposta alla presente interpellanza.
Il Ministro, con la nota n. 160 del 4 settembre 2009, ha illustrato a tutti i rettori i principi ed i contenuti generali degli interventi che intende attuare per l'ulteriore razionalizzazione e qualificazione dell'offerta formativa universitaria mediante l'adozione di un nuovo decreto ministeriale di modifica del vigente decreto ministeriale n. 544 del 2007, in attuazione dell'articolo 9 del decreto ministeriale n. 270 del 2004 (regolamento sull'autonomia didattica degli atenei), prevedendo fra l'altro la definizione di più elevati requisiti di risorse necessari per l'attivazione dei corsi di studio; la previsione di non attivazione dei corsi di studio con basso numero di studenti; la limitazione alla proliferazione degli insegnamenti, attraverso l'individuazione del potenziale di attività formative erogabili da ciascun ateneo e la limitazione alla frammentazione degli insegnamenti attraverso la definizione del numero minimo di crediti per esame.
I predetti interventi non hanno, come riferito dall'interrogante, l'obiettivo di pervenire a una composizione del corpo docente affidata alla sola qualifica di professore di ruolo, ma di garantire che l'offerta formativa universitaria sia effettivamente sostenibile. Ciò, in quanto venga assicurata, nell'interesse pubblico (e degli studenti in particolare), la disponibilità per ciascun corso di studio di un livello adeguato di risorse di docenza stabile e qualificata, al fine di consentire il corretto funzionamento dei corsi di studio e vengano corrette le tendenze negative registrate negli anni passati, correlate alla proliferazione ed alla frammentazione dell'offerta formativa, attraverso la disattivazione dei percorsi formativi non essenziali. Ciò, in relazione anche alla sensibile contrazione delle risorse disponibili per il sistema universitario statale che è stata disposta dall'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133, sempre del 2008. È, pertanto, evidente che l'Università non può in alcun modo assumere la connotazione di «ufficio di collocamento», con il conseguente svilimento per la professione docente.

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, ovviamente il Governo è rappresentato e ringrazio il sottosegretario Roccella per la cortesia, per la presenza e per la risposta, ma devo dire, e lo devo dire pienamente convinto di quel che dico, che non sono assolutamente persuaso delle argomentazioni che sono assolutamente tecniche e burocratiche e che, nella loro sterilità, di fatto eludono le domande che nell'interpellanza io e gli altri firmatari avevamo posto.
Eludono le domande sostanzialmente perché la questione, signor sottosegretario, è prettamente politica. La nostra visione dell'università è assolutamente diversa da quella invece che traspare nell'atto adottato dal Ministro Gelmini. Siamo profondamente convinti che c'è qualcosa che non funziona, che c'è una distonia tra quella che è la visione politica, non solo dei parlamentari, ma anche di questa maggioranza rispetto all'atto adottato.
Siamo convinti che la libera circolazione dei docenti tra un ateneo e l'altro, evitando pastoie che irreggimentino e Pag. 34blocchino questi fenomeni e regolamenti assolutamente rigidi, non possa che determinare una moderna formazione. Tutto questo non può assolutamente determinare che un'apertura, una possibilità di crescita e una possibilità di sviluppo e migliorativa per i nostri atenei universitari e quindi per i giovani che frequentano gli atenei.
Invece, riteniamo che la visione del Ministero, espressa proprio da quell'atto firmato dal Ministro Gelmini, vada in una direzione completamente opposta. Si tratta di una decisione assolutamente statalista che non ci appartiene per cultura né per concezione politica.
Tra l'altro, devo segnalare che, a partire dal decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, gravato dal decreto ministeriale n. 509 del 1999, l'università ha subito un inarrestabile mutamento genetico che ne ha letteralmente distrutto l'autonomia didattica e scientifica. Quest'ultima è stata sottoposta sempre più ad un cieco controllo delegato dallo Stato ad una serie di lobby accademiche autoreferenziali e tendenti solo ed esclusivamente ad un interesse che non è quello di una formazione che possa essere utile ad un sistema formativo moderno o ad una ricerca scientifica che serva e che può diventare oggi addirittura il lievito necessario per la crescita e lo sviluppo del Paese.
Essa, invece, tende essenzialmente a far lievitare il numero delle cattedre e quello dei docenti, evidentemente reclutati con un sistema a tutti ben noto che nel passato, ma anche nel presente, ha destato molto spesso scandalo e scalpore.
Tra l'altro, una delle manchevolezze dello Stato e del Ministero è il disinteresse totale nei confronti del sistema universitario, soprattutto per quanto riguarda il sistema di controllo finanziario e contabile. Pertanto, di fatto abbiamo un sistema fortemente alimentato da risorse pubbliche che viene affidato a questi atenei universitari, i quali lo usano - o, meglio, talvolta lo abusano - nei modi a tutti noti e lo Stato che, invece, avrebbe il dovere di esercitare una funzione contabile e di controllo su tutti questi processi evidentemente ha completamente abdicato, delegando questo sistema ad altri.
La fine dell'autonomia didattica ha significato la progressiva mortificazione dello scambio vitale tra il sistema universitario e quello produttivo. Tutto questo oggi sembra confermato dalle linee di indirizzo del 4 settembre 2009 che annunziano l'aggravamento dei cosiddetti requisiti minimi e la sostanziale abolizione, quindi, della presenza negli atenei dell'apporto di esperti di diversi settori di attività. Così l'università diventa, ancora di più, autoreferenziale e completamente isolata dalla società che la circonda e tutto questo, evidentemente, non può far altro che allontanare l'università dai processi di innovazione e di cambiamento che caratterizzano ogni società aperta al futuro e che deve, quindi, garantire lo sviluppo di un Paese e di un sistema Paese.
Siamo fortemente preoccupati di questo. Evidentemente, come ho detto all'inizio del mio intervento, non siamo assolutamente convinti e, dunque, non siamo contenti della risposta da lei fornita. Continueremo la nostra azione politica qui in Parlamento e, iniziando da questa interpellanza urgente e dall'insoddisfacente risposta che oggi ci è stata fornita, avvieremo una serie di contatti assolutamente cordiali e cortesi, ma fermi nella determinazione, con il Ministro Gelmini proprio per cercare di capire quali siano gli indirizzi politici che hanno determinato provvedimenti di questo genere.

(Orientamenti del Governo in materia di difesa della maternità e della vita - n. 2-00439)

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00439, concernente orientamenti del Governo in materia di difesa della maternità e della vita (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, sarò breve. Questa interpellanza urgente Pag. 35per varie vicende e responsabilità, anche del sottoscritto, era stata depositata alla fine di luglio ma ne discutiamo solo oggi. Certamente il Governo ne è a conoscenza. Il merito dell'interpellanza urgente è stato accennato quando, signor Presidente, si è passati al suo esame.
Certamente il nostro interesse e quello cui l'interpellanza in esame mira è di sapere quali sono le misure che il Governo ha adottato e quali intende adottare per applicare puntualmente e in tutte le sue parti la legge n. 194 del 1978. Ricordo che nella sua prima parte questa legge, tra le altre cose, richiede un sostegno economico - ma anche di natura sociale - nei confronti della maternità. A fronte di questo ricordo anche le parole che erano state spese, tra gli applausi generali, dal Presidente del Consiglio nella sua dichiarazione di inizio mandato in cui aveva annunziato, con grande chiarezza, l'intenzione del Governo di varare un piano di sostegno alla natalità e misure a favore della vita.
Mi sembra che questi due argomenti, contenuti nella stessa interpellanza urgente, siano di grande attualità non solo perché il nostro Parlamento, qualche mese fa, ha approvato una mozione per promuovere la difesa della vita, contro l'aborto selettivo, a livello internazionale, ma proprio perché, nei prossimi anni e decenni, l'Europa, così come il nostro Paese, subiranno, senza la predisposizione di misure adeguate, un depauperamento demografico.
Molti Paesi europei si stanno muovendo in questa direzione per opporsi a ciò e stanno sostenendo fortemente la maternità. Ci sarebbe da prendere esempio dalla Francia, dalla Germania dalla stessa Danimarca, Paesi che erano lontani da noi sul piano culturale in queste iniziative e che ci stanno in qualche modo superando.
Quindi, è nostro interesse, senza alcuna polemica, sostenere quelle misure - che oggi certamente il sottosegretario Roccella ci anticiperà - che il Governo ha adottato o ha intenzione di intraprendere in questo importante elemento di sviluppo del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Eugenia Roccella, ha facoltà di rispondere.

EUGENIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, come ha ricordato l'onorevole Volontè, la legge n. 194 del 22 maggio 1978 riguarda non solo l'interruzione volontaria di gravidanza, ma anche la tutela sociale della maternità, che è addirittura nel titolo della legge, e la promozione dello sviluppo dei servizi socio-sanitari, nonché le altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato a fini di controllo delle nascite.
Innanzitutto, ricordiamo che la situazione italiana, per quanto riguarda l'interruzione volontaria di gravidanza, differisce rispetto a quella di Paesi europei con analoghe situazioni socio-sanitarie. Gli aborti in Italia sono continuamente diminuiti rispetto al picco massimo raggiunto nel 1982.
In particolare, il tasso di abortività (cioè il numero delle IVG per mille donne in età feconda fra i 15 e i 49 anni), che è l'indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza al ricorso all'IVG, nel 2008 è risultato pari ad 8,7 per mille, con un decremento del 49,4 per cento rispetto al 1982.
Ma tutti gli indici sono concordi nel valutare la diminuzione delle IVG in Italia. Dal 1983 i tassi di abortività sono scesi in tutti i gruppi di età, più marcatamente in quelli centrali. Per quanto riguarda le minorenni il tasso di abortività nel 2007 è risultato pari a 4,8 per mille e a 4,9 per mille nel 2006, con valori più elevati nell'Italia settentrionale e centrale.
Come negli anni precedenti si conferma il minore ricorso all'aborto fra le giovani italiane rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell'Europa occidentale. Il rapporto di abortività (il numero delle IVG per mille nati vivi) è risultato pari al 213,3 per mille, con un decremento del 43,9 per cento rispetto 1982.
Come è stato sottolineato nella relazione del Ministro della salute, del lavoro Pag. 36e delle politiche sociali, sulla legge n. 194 del 1978 presentata il 29 luglio scorso, si configura in questo ambito una specifica situazione italiana: il panorama dei comportamenti relativi alla procreazione responsabile e alla IVG in Italia presenta sensibili differenze da quelle di altri Paesi occidentali e, in particolare, europei nei quali l'aborto è stato legalizzato.
Siamo in un Paese a bassa natalità, ma anche a basso ricorso all'IVG, dunque l'aborto non è utilizzato come metodo contraccettivo ed insieme un Paese con limitata diffusione della contraccezione chimica. Altri Paesi come Francia, Gran Bretagna e Svezia, per esempio, hanno tassi di abortività molto più elevati a fronte di una contraccezione chimica più diffusa.
In generale, il tasso di abortività sembra collegarsi non soltanto ai classici fattori di prevenzione (educazione sessuale, educazione alla procreazione responsabile, diffusione dei metodi anticoncezionali), ma anche a fattori culturali più ampi, in parte da indagare e che bisognerà meglio mettere a fuoco.
A fronte della continua riduzione del ricorso all'aborto fra le donne italiane - riduzione più lenta nelle condizioni di svantaggio sociale - il costante aumento degli aborti effettuati da donne straniere, dovuto anche al costante aumento della loro presenza nel Paese, rappresenta una criticità importante.
Ad esempio, le IVG effettuate da cittadine straniere nel 2007 sono state 40.224, di cui 21.717 da donne provenienti dai Paesi dell'Europa dell'est, ossia circa la metà, Paesi in cui il ricorso all'aborto è molto elevato e quindi l'abitudine al ricorso all'aborto, anche dal punto di vista culturale, è molto diverso da quello italiano e 6.825 effettuate da donne residenti all'estero.
Nello stesso anno anche le IVG delle donne italiane sono state 86.014.
Il tasso di abortività delle straniere risulta 3-4 volte maggiore di quello delle italiane. Il sostegno alle maternità difficili, operato da una sinergia tra strutture pubbliche ed associazioni no profit di volontariato, sarà alla base delle prossime linee di indirizzo per una piena applicazione della legge n. 194 del 1978, che auspichiamo si formalizzeranno in un accordo della Conferenza Stato-regioni per garantire un'applicazione omogenea della legge sul territorio; a tale proposito, abbiamo previsto l'istituzione di un tavolo tecnico di lavoro, in collaborazione con le regioni, che terrà necessariamente conto dei risultati dell'indagine parlamentare attualmente in corso alla Commissione igiene e sanità del Senato e delle indicazioni dell'AIFA per la regolazione dell'immissione in commercio della specialità Mifegyne, (mifepristone principio attivo della RU486, la pillola abortiva).
Nell'ottica di un'organizzazione regionale sanitaria potranno assumere un ruolo più mirato i consultori, integrati nella rete dei servizi sanitari a livello del distretto sanitario, che costituiscono la sede di coordinamento delle attività territoriali delle aziende sanitarie locali, nell'ambito dell'organizzazione dei dipartimenti dell'area materno-infantile. I consultori rappresentano, quindi, le strutture più competenti nell'attivazione di reti di sostegno per la maternità e nella prevenzione dell'aborto, tramite l'attività di informazione e di consulenza per l'assistenza alla donna in gravidanza e per la conoscenza degli interventi idonei a rimuovere le cause che possono indurre la donna all'interruzione di gravidanza.
Nel corso del 2008, in seno al tavolo materno-infantile presente presso il coordinamento regionale della Commissione salute della Conferenza Stato-regioni, con la diretta partecipazione delle regioni e dell'Istituto superiore di sanità, è stato predisposto un questionario ad hoc per una rilevazione specifica sui consultori familiari. Si è da poco completata la raccolta dei dati ed è in corso la verifica qualitativa dei dati pervenuti. Sulla base dei risultati raggiunti e dei dati che avremo a disposizione, sarà, quindi, predisposto, da parte del competente ufficio del Ministero un rapporto nazionale in cui saranno rappresentati gli aspetti organizzativi regionali, l'evoluzione della normativa Pag. 37regionale in materia, gli aspetti strutturali ed organizzativi dei consultori, le progettualità in corso e le varie attività svolte.
La presentazione di tale rapporto sarà un momento fondamentale di verifica della situazione della rete consultoriale; a tale scopo sarà potenziata e promossa la possibilità, già prevista dalla normativa vigente, di avvalersi della collaborazione volontaria di figure professionali, adeguatamente formate, di associazioni di volontariato, che possano sostenere la maternità difficile anche dopo la nascita del bambino, per implementare l'organizzazione di una rete di supporto alla maternità sul territorio, quanto più capillare e quanto meno medicalizzata possibile.
Il Ministero sta ponendo particolare attenzione alla situazione delle interruzioni volontarie di gravidanza delle donne straniere: esistono, infatti, come abbiamo accennato, situazioni differenziate tra le straniere che ricorrono alle IVG, dovute soprattutto alle diversità culturali delle etnie di origine e alla regolazione ed organizzazione delle IVG nei Paesi di origine.
A tale proposito, il Ministero sta attivando una progettualità specifica in collaborazione soprattutto con le regioni, per progetti pilota che permettano di individuare le strategie preventive efficaci in questo particolare ambito.
Fra le iniziative di sostegno diretto ed indiretto alla maternità, soprattutto quelle più difficili, già messe in atto, segnaliamo le principali.
In primo luogo, vi è il progetto per la promozione dell'accesso della popolazione immigrata ai servizi socio-sanitari e lo sviluppo delle attività di informazione ed orientamento socio-sanitario nelle ASL italiane, realizzato dall'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, finanziato dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, della durata di 18 mesi. L'obiettivo principale delle campagne di informazione ed educazione sanitaria è rivolto a contrastare le più rilevanti problematiche di salute di tali popolazioni, ponendo in primo piano la promozione dell'attività di contrasto al fenomeno dell'alto numero di interruzioni volontarie di gravidanza delle donne immigrate.
In secondo luogo, vi è la circolare con cui è stato chiarito agli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome che la legge che prevede il pagamento della quota di partecipazione per gli esami diagnostici effettuati qualora non si completi la procedura di ricovero con intervento, non può essere applicata all'interruzione volontaria di gravidanza, in quanto in contrasto con la legge n. 194 del 1978.
In terzo luogo, vi è la campagna di informazione sulla prevenzione dei fenomeni della sterilità e dell'infertilità, realizzata nel 2008 per la prima volta, in convenzione con l'Istituto superiore di sanità, con l'obiettivo di fornire una corretta informazione sulle cause che possono provocare l'infertilità e la sterilità e sensibilizzare la prevenzione attraverso la promozione di stili di vita salutari e l'incoraggiamento a controlli periodici preventivi.
In quarto luogo, vi è l'insediamento in data 6 aprile 2009 del Comitato nazionale multisettoriali per l'allattamento materno, con funzioni di proposta e orientamento allo scopo di facilitare il buon funzionamento di una rete nazionale di protezione, promozione e sostegno dell'allattamento materno, incentivare e promuovere, presso le regioni e le province autonome, percorsi formativi di aggiornamento degli operatori sanitari e sociali; indicare le modalità omogenee di raccolta e di elaborazione dei dati sulla prevalenza dell'allattamento al seno e vigilare sulla corretta applicazione del codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, nonché delle norme nazionali.
Nella primavera 2009 è previsto un evento pubblico in cui saranno presentati i risultati del primo anno di lavoro del Comitato.
È fondamentale inoltre ricordare l'accordo del 25 marzo 2009, sancito dal Governo e dalle regioni per definire gli Pag. 38obiettivi del Piano sanitario nazionale 2009, in cui si promuove l'appropriatezza del percorso nascita favorendo il parto naturale, con la garanzia per ogni parto dei livelli essenziali ed appropriati di assistenza ostetrica e pediatrica neonatologica e della massima corrispondenza tra necessità assistenziali della singola persona, appropriatezza ed efficacia delle cure erogate e l'offerta dei servizi ostetrici e pediatrici neonatologici nella rete regionale.
In tema di risorse economiche, segnalo che, in sede di ripartizione a livello locale delle risorse che lo Stato destina annualmente al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, ciascuna regione provvede a riservare, a valere sulla quota per il livello dell'assistenza distrettuale, gli stanziamenti ritenuti idonei per i seguenti interventi: assistenza sanitaria e sociosanitaria alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie; educazione alla maternità responsabile; tutela della salute della donna e del nascituro; assistenza ai minori in stato di abbandono o in situazione di disagio; adempimenti per affidamenti e le adozioni.
La tutela della maternità è stata anche oggetto di un tavolo tecnico interministeriale coordinato dal Dipartimento per le politiche della famiglia, con l'obiettivo di approfondire le tematiche relative all'armonizzazione dei tempi di cura della famiglia con il tempo destinato all'attività lavorativa. Dai lavori del tavolo tecnico è emersa la necessità di novellare l'articolo 9 della legge 8 marzo 2000, n. 53, al fine di rendere le misure a sostegno della flessibilità d'orario più rispondenti alle esigenze dell'utenza.
La novella è stata approvata con l'articolo 38 della legge 18 giugno 2009, n. 69. Tale articolo prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sia individuata una quota a valere sul Fondo per le politiche per la famiglia per l'erogazione dei contributi a favore dei datori di lavoro che attuino accordi contrattuali per particolari tipologie di azioni positive. Il decreto con il quale devono essere definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi previsti, che per l'anno in corso ammontano a 15 milioni di euro, è attualmente alla verifica delle amministrazioni competenti.
Sempre in tema di risorse, il Ministero delle pari opportunità ha stanziato 40 milioni per il pacchetto conciliazione, che prevede una serie di misure per favorire appunto la compatibilità per le donne tra lavoro e maternità, fra cui buoni per servizi e soprattutto il progetto per l'istituzione delle cosiddette tagesmutter, «le mamme di giorno», offrendo l'opportunità di disporre di asili condominiali, con la possibilità di usufruire di orari flessibili, più adeguati ai bisogni delle madri e dei bambini.

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, devo dire che sono parzialmente soddisfatto. Nella risposta del sottosegretario emerge tutta la competenza dell'onorevole Roccella sui temi della vita e l'interesse che sta mettendo, anche a nome del Governo, per una migliore applicazione della legge n. 194 del 1978. Emerge però anche purtroppo - evidentemente non è responsabilità del sottosegretario alla salute Roccella - una parziale prospettiva soprattutto sulle questioni economiche che riguardano il tema del sostegno alla vita e alla maternità. Evidentemente non c'è una riflessione complessiva del Consiglio dei Ministri, presumibilmente ancor meno c'è una disponibilità da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, per valorizzare il capitale umano e la prima rete di capitale umano, quello della relazione primaria, ovvero il capitale familiare, come elemento di ricchezza e di sviluppo del nostro Paese.
Devo dire in generale che questa è una grande occasione mancata. Ho ricordato prima che molti Paesi, distanti anni luce dall'idea di valorizzare il capitale sociale, personale e familiare, in Europa e tra le nazioni più vicine all'Europa, stanno invece facendo una politica di forti investimenti in questa direzione. Pag. 39
Tali Paesi hanno compreso non già una contraddizione con i vecchi modelli, in qualche modo non solo di welfare, ma culturali, impostati sui miti del Sessantotto, ma piuttosto si sono resi conto che investire sulla famiglia e sul capitale sociale personale significa disporre di due elementi straordinari di educazione civile dei futuri cittadini, da un lato, e di tenuta sociale dell'intero contesto, dall'altro, nonché di responsabilità e, forse soprattutto per alcune di queste nazioni, anche di risparmio economico di welfare. Potrei citare molti casi: gli oltre quattrocento nuclei di supporto (come vengono chiamati in Francia e in Danimarca) all'unità delle famiglie, ma anche di sostegno alle madri e ai loro figli o i molti altri esempi che nel contesto europeo stanno diventando, e diventeranno nei prossimi tre anni, dati di fatto.
Francamente, pur comprendendo tutti i dati di natura macroeconomica e il vanto che ci facciamo di non aver intaccato il nostro debito pubblico e il nostro deficit, non riesco a capire come si possa arrivare, sul piano strettamente economico, ad un investimento appena sufficiente su questi due elementi formidabili di sviluppo del nostro Paese.
Forse si confida ancora una volta sulla tenuta della famiglia italiana, ma anche su questo bisognerebbe che il Ministero dell'economia guardasse i dati così come vengono presentati negli ultimi anni: per una coppia di giovani avere un figlio e accoglierlo è un atto di eroismo; tutti sappiamo che il primo e il secondo figlio, soprattutto, impattano sul bilancio familiare in maniera drammatica e noi non stiamo facendo nulla da questo punto di vista.
Anche le cifre che ci ha fornito il sottosegretario Roccella - lo ripeto: non per responsabilità propria - denunciano degli investimenti, delle buona volontà, ma tra gli investimenti che questo Paese realizza nei confronti, come diceva il Capo del Governo, delle misure per la vita, e quelli degli altri Paesi che hanno culture completamente diverse dalla nostra, c'è una differenza, uno iato di tanti zeri, non di qualche zero (lo ripeto: di tanti zeri).
Perché gli altri Paesi stanno facendo questi investimenti nel momento più drammatico della crisi economica, cioè da un anno a questa parte? Non solo per ragioni di welfare futuro, non solo per rafforzare e rinvigorire una società che certamente è più disfatta della nostra, ma anche perché ritengono che, proprio sul piano economico, quello dei consumi interni e quello del risparmio di welfare nel medio periodo, questo possa e debba essere l'unico investimento possibile per le loro società e per i loro Governi.
Confermo la mia stima nei confronti del sottosegretario Roccella e di quello che, insieme al Ministero del lavoro e della salute, sta realizzando per dare una migliore applicazione alla legge n. 194 del 1978 e mi felicito del fatto che siamo a ridosso delle linee guida, come le chiamo io e come le ha chiamate l'onorevole Roccella, ossia delle linee di indirizzo sulla corretta applicazione della legge n. 194, che sono un elemento importante. Tuttavia, auspicherei che il nostro Governo cominciasse, almeno su questo elemento - non pretendo che si guardi all'Europa su tutto, ma almeno su questo aspetto -, a guardare ai molti Paesi europei che si stanno indirizzando nella direzione giusta, compiendo investimenti che sono, appunto, non dei costi, ma degli investimenti per il futuro, proprio nei confronti del tema della vita e dell'accompagnamento della maternità e della natalità.
Questo auspicio mi ha fatto dire all'inizio del mio intervento di essere parzialmente soddisfatto e confermare la soddisfazione per le parti dell'interpellanza su cui dal sottosegretario Roccella sono venute risposte puntuali; però mi rammarico, evidentemente non con il sottosegretario Roccella e neanche con il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali dell'assoluta superficialità con cui il Ministero dell'economia si pone nei confronti di questo argomento che, lo ripeto, può essere, ed è, certamente un argomento a cui noi dell'UdC siamo appassionati da decenni. Pag. 40
Tuttavia, voglio ricordarlo affinché rimanga agli atti che tale argomento è stato uno dei passaggi, forse l'unico, assolutamente condiviso da tutta l'Aula nell'intervento del Capo dell'Esecutivo il giorno in cui presentò il suo programma di Governo. Non trovare questa distorsione, questa mancata applicazione, questa miopia come miopia grave, mi sembrerebbe sbagliato.
In conclusione, voglio sottolineare che urge in tutta Europa un investimento sul sostegno alla vita e alla maternità. Altri Paesi si sono avviati in quella direzione a lunghi passi e noi stiamo giustamente apprezzando e discutendo se porre nel bilancio, in accordo con le regioni, 30, 40, 50, o qualche decina di migliaia di euro, mentre gli altri spendono miliardi di euro per recuperare il tempo perso e investire in prospettiva.
Ringrazio lei, onorevole Presidente, i colleghi rimasti in Aula e, soprattutto, il sottosegretario Roccella per la competenza riservataci, che è da apprezzare anche stavolta. Le chiediamo di farsi portavoce di queste, che non sono lamentele, ma preoccupazioni nei confronti degli altri Ministeri che, invece, dimostrano assoluta cecità nei confronti dei temi, detti precedentemente, assolutamente e straordinariamente fondamentali anche per il nostro Paese.

(Dati e modalità di ricorso all'aborto farmacologico attraverso la procedura di importazione del farmaco prevista dal decreto ministeriale 11 febbraio 1997 - n. 2-00488)

PRESIDENTE. L'onorevole Polledri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00488, concernente dati e modalità di ricorso all'aborto farmacologico attraverso la procedura di importazione del farmaco prevista dal decreto ministeriale 11 febbraio 1997 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi: «Me l'hanno dipinta come una pillola magica, come per non lasciarmi alternative, così l'ho presa. Dopo cinque minuti mi hanno mandato a casa e lì è iniziato il calvario». Mara ha abortito utilizzando la pillola RU486 due anni fa, Mara è una mia concittadina di Piacenza. Presidente, c'è un bel servizio, che magari dopo citerò, uscito sul settimanale Tempi del 3 settembre.
Stiamo parlando del farmaco incubo (kill bill in America) che è un bel nome importante. Chi l'ha definito così? Sicuramente sarà stato il servizio farmacologico del Vaticano, o qualche altro retrivo. Invece no, «farmaco incubo» l'ha definito il sistema sanitario cinese: la Cina ha espulso il farmaco RU486 perché pericoloso per le donne. La Cina, che sicuramente immagino non essere all'avanguardia nella salute o nel controllo ambientale, ha preso una decisione sicuramente non dettata da posizioni retrive e probabilmente non dettata da interessi economici. Stiamo parlando di questo farmaco approvato dall'AIFA il 30 luglio 2009 e per il quale sono in fase di definizione le linee di applicazione.
In qualche modo dobbiamo vedere se la legge n. 194 del 1978 è compatibile con la sperimentazione, ma in Italia si è sperimentato molto. Nel 2005 si è cominciato al Sant'Anna di Torino, ma la procura ha indagato e ha fermato questa sperimentazione. Le donne prendevano il farmaco e andavano a casa tranquillamente, poi è diventato una nuova forma di pseudo-femminismo. Utilizzo il termine «pseudo» perché le vittime, a nostro giudizio, sono le donne, cioè non si tratta di un servizio che facciamo alle donne, come poi avrò modo di ricordare con la lettura di alcune di queste esperienze.
La sperimentazione si ferma a Torino e partono, ovviamente, la Liguria, la Toscana, l'Emilia Romagna e la Puglia. Leggeremo poi, magari, in dettaglio. L'Agenzia italiana per il farmaco decide, in qualche modo, il 30 luglio, di riprendere la sperimentazione, contro, a nostro giudizio, anche il criterio di precauzione.
Ma, riguardo alla sperimentazione, vi è l'articolo 2 del decreto ministeriale dell'11 Pag. 41febbraio 1997 che prevede sicuramente la possibilità per i medici di importare un medicinale non commercializzato in Italia, ma prevede anche una documentazione specifica e dettagliata, che dovrebbe riportare i dati del medico, il tipo di medicinale, l'uso terapeutico e altro.
Ricordiamo che non è che le leggi non si possono applicare in Italia; le leggi ci sono per essere applicate. Lo hanno ricordato prima il sottosegretario Roccella e il collega Volontè: la legge n. 194, a detta della Corte costituzionale, non pone l'aborto come un diritto, ma, coerentemente, come una risposta di emergenza a una situazione di pericolo di salute per la donna, e come tale deve comportare una serie di misure, previste dagli articoli 4 e 5 della legge n. 194 - ne abbiamo già discusso lungamente in quest'Aula, è stato oggetto, anche nella scorsa legislatura, di un'indagine conoscitiva - che vengono proposte per poter venire incontro alla donna e a questo tipo di problemi.
Ora noi abbiamo tutta una serie di avvenimenti che ci dicono che ciò non è accaduto: è bastato che una giornalista telefonasse e, ripeto, a Piacenza, nella mia città, questo non è successo.
Mara è stata mandata a casa tranquillamente e cosa le è successo? Mara lo ripete, molto concretamente dice: «Se non avessi avuto il mio compagno, che era con me! Sono svenuta per le scale, sono stata male quattro giorni», mentre invece la legge n. 194, all'articolo 8, prevede che vi sia un'assistenza ospedaliera. Se vi è una percentuale di sepsi e una percentuale di morti importante, ci chiediamo perché la sperimentazione non abbia seguito le linee previste.
Poi, ripeto, una giornalista ha telefonato all'ospedale Santa Maria di Borgotaro. Domanda: «Volevo sapere come funziona la Ru486: se abortisco a casa, violo la legge n. 194?» Risposta: «Sa cosa deve dire alle amiche (e qui una risposta scurrile che non ripeto)? Lasci perdere i consigli, venga qui che ci penso io».
Agli Ospedali Riuniti di Ancona la giornalista chiede al telefono: «Devo rimanere in ospedale?» Risposta: «Sì, in teoria, ma firma la cartella». Domanda: «È doloroso?». Risposta: «Un pochettino, poi le spiegheranno».
Nessuno dice che almeno una donna su dieci deve poi ricorrere all'aborto vero e proprio, quello chirurgico. Azienda Usl di Pontedera: «Posso tornare a casa dopo aver preso la pillola?» Risposta: «In teoria deve venire in ospedale». Domanda: «Si corrono pericoli?» Risposta: «Ma no, signora, cosa vuole che sia, è come prendere un'aspirina». Mal di testa, aspirina, pillola per risolvere il problema.
Mara sostiene, come sostiene il British journal, che il 65 per cento delle donne vedono l'espulsione del feto, quindi riconoscono il feto, nel bagno di casa. Questa è l'assistenza che viene data da questa sperimentazione da due anni, con le donne da sole! Questo è un favore ai medici: i medici non hanno alcun problema, vanno a casa, non devono fare nient'altro e la donna, da sola, riconosce il feto nel bagno di casa. Poi il 15 per cento delle donne se lo ricordano, perché hanno incubi e quant'altro.
Vado avanti con l'elenco. Azienda ospedaliera di Reggio Emilia: «Lei ha un accento lombardo, dove abita?» «Vicino a Milano». La giornalista chiede: «Devo rimanere ricoverata nel nostro ospedale?» L'Azienda ospedaliera di Reggio Emilia critica ovviamente la regione Lombardia, dicendo: «So che il vostro presidente della regione ha fatto sì che vi siano ricoveri di tre giorni, ma questo è assolutamente demenziale. L'aborto avviene spontaneamente a casa». «È doloroso?» «Mah, sì, un pochettino, non più di tanto».
ASL di Carpi: «Devo rimanere in ospedale?». «No, perché non viene ricoverato nessuno. Non è mica un alloggio, l'ospedale. Vada a casa sua».
Azienda ospedaliera di Modena, idem. Si chiede: «Posso tornare a casa?». «Sì». «Così non violo la legge n. 194?». «Assolutamente no, la legge non dice così». Stiamo parlando di sperimentazioni che avvengono in ospedali: ci sono le direzioni ospedaliere, ma la legge non vale da nessuna Pag. 42parte in questo Paese? Soprattutto se stiamo parlando della salute delle donne, prima di tutto.
Presso l'Ospedale Maggiore di Bologna, non si resta in ospedale.
Azienda ospedaliera di Sant'Anna: «Quando vengo in ospedale?». «Quando prende la prima pillola. Magari poi deve prendere anche la seconda». Sappiamo che questo calvario - perché è un calvario - può durare 10-15 giorni: dalla prima o dalla seconda pastiglia all'espulsione possono passare 15 giorni; e la donna va a casa.
Presso il Consultorio di Ravenna, idem.
All'Ospedale di Guastalla, si dice, sempre al telefono: «Non è necessario il ricovero. Mi scusi, il senso della Ru486 è questo: prendere la pillola per abortire a casa».
Presso l'Ospedale Delta di Ferrara si afferma: «È tutto legale rispetto ai protocolli», mentre alla USL di Lugo si dichiara: «Comunque le donne entrano ed escono, questa è la nostra procedura approvata». Ma da chi? Mah.
Ospedale Santa Chiara di Trento: alla domanda «Non c'è pericolo che abortisca a casa?», si risponde «Ma no, non si preoccupi».
La USL di Fiorenzuola, invece, sempre nel comune vicino, in provincia di Piacenza, sostiene che la direttiva è stata sospesa in attesa delle linee guida. A Piacenza dicono che si può fare, a Fiorenzuola dicono di no. Stessa telefonata a Piacenza, non ci sono problemi; qui probabilmente bisognerebbe anche vedere le linee della direzione sanitaria.
Signor Presidente, brevemente, noi vorremmo sapere (l'interpellanza è stata sottoscritta da parecchi colleghi, non solo della Lega e del PdL, ma anche da una collega dell'UdC) se il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali abbia ricevuto qualche dato, se qualcuno fa sperimentazione in questo Paese ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale dell'11 febbraio 1997, se abbia poi riferito al Ministero gli esiti di questa sperimentazione, se questi dati siano poi stati riportati nella relazione annuale sull'attuazione della legge, e quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di verificare che la legge n. 194 sia rispettata anche in questo caso (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Eugenia Roccella, ha facoltà di rispondere.

EUGENIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, non esistono attualmente rilevazioni sistematiche sulla pratica e le procedure di aborto farmacologico mediante Mifegyne, il farmaco abortivo noto come Ru486, perché al momento non è ancora commercializzato in Italia.
Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali quest'anno ha quindi chiesto direttamente alle regioni, le cui strutture/aziende sanitarie avevano chiesto l'importazione diretta del Mifegyne, il numero di interventi effettuati con tale metodica e le modalità d'uso: i dati resi disponibili riguardano solamente il numero di IVG effettuate secondo tale metodo. I dati sono forniti su base volontaria, cioè non c'era alcun obbligo a fornirli, e quindi sono parziali, non tutte le regioni hanno risposto.
Al fine di rendere sistematico il rilevamento di tale dato abbiamo previsto di introdurre dal 2010, nella scheda ISTAT D12 allegata alla Relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, che è la scheda di rilevazione dei dati, la variabile riferita alla rilevazione del metodo farmacologico. Tale dato, incrociato poi con il dato «complicanze», potrà darci notizie sulle eventuali complicanze riconducibili alle differenti metodiche adottate.
Le informazioni attualmente a disposizione sono riferite nella relazione annuale del Ministro sulla legge n. 194 del 1978 presentata lo scorso 29 luglio 2009, nella quale è riportato quanto segue.
Dal 2005 in alcune regioni è stato proposto l'approccio farmacologico per Pag. 43l'interruzione di gravidanza attraverso l'importazione diretta, cioè per singoli pazienti, utilizzando la cosiddetta legge Di Bella (non si tratta quindi di sperimentazioni ufficiali, per le quali invece sarebbe previsto un protocollo firmato con il Ministero competente).
Da quanto riferito dalle regioni, nel 2005 il mifepristone per l'aborto medico è stato utilizzato in due regioni (Piemonte e Toscana), per un totale di 132 casi; nel 2006 in quattro regioni ed una provincia autonoma (Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Trento), per un totale di 1.151 casi (pari allo 0,9 per cento delle IVG effettuate); nel 2007 in quattro regioni ed una provincia autonoma (Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Puglia e Trento), per un totale di 1.010 casi (lo 0,8 per cento di tutte le IVG).
I dati forniti da alcune regioni in cui è stato applicato il metodo farmacologico indicano, per lo più, una prassi di ricovero in day hospital: in Emila-Romagna, per esempio, il profilo di assistenza per le IVG con metodo farmacologico che l'assessorato politiche per la salute della regione ha trasmesso alle aziende sanitarie regionali prevede due accessi in day hospital a distanza di due giorni per la somministrazione dei due farmaci, oltre ad una visita ambulatoriale di controllo nella quattordicesima giornata.
Relativamente al 2007, su 563 IVG effettuate con metodo farmacologico solo per una si è verificato un ricovero di due giorni: le altre 562 sono state effettuate in regime di ricovero in day hospital, come previsto appunto dall'assessorato regionale. In 37 casi (pari al 6,6 per cento), alla procedura farmacologica ha fatto seguito una revisione di cavità causa mancato o incompleto aborto.
Anche in provincia di Trento la modalità di applicazione del metodo farmacologico è il day hospital: in prima giornata la donna rimane quattro ore; il terzo giorno - che corrisponde al secondo day hospital - la donna rimane sette ore; il terzo day hospital viene effettuato a distanza di quindici giorni dal secondo accesso e la donna rimane un'ora (nel 2007 le IVG con questo metodo sono state 153).
È evidente la discrepanza fra l'uso, segnalato, che si fa di prassi di questa procedura abortiva e quello consigliato da due diversi pareri del Consiglio superiore di sanità.
In particolare, secondo il parere del 18 marzo 2004 «i rischi connessi all'interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti alla interruzione chirurgica solo se l'interruzione di gravidanza avviene in ambito ospedaliero». Tra le motivazioni addotte vi è «la non prevedibilità del momento in cui avviene l'aborto» e «il rispetto della legislazione vigente che prevede che l'aborto avvenga in ambito ospedaliero».
Secondo il successivo parere del 20 dicembre 2005, ancora più esplicito, «l'associazione di mifepristone e misoprostolo deve essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla predetta legge e la donna deve essere ivi trattenuta fino ad aborto avvenuto».
Per quanto concerne poi l'adeguatezza della prassi clinica seguita nelle strutture ospedaliere, attualmente non è ancora completata la procedura di immissione in commercio del mifegyne in Italia: in data 19 ottobre prossimo venturo il consiglio di amministrazione dell'Aifa si riunirà per dare mandato al direttore Guido Rasi di formulare la determina tecnica con la quale saranno stabilite le modalità specifiche di utilizzo del farmaco abortivo (non vi è quindi ancora un protocollo di uso del farmaco previsto dall'Aifa a livello nazionale).
Già in data 30 luglio 2009, comunque, il consiglio di amministrazione dell'Aifa, dopo aver deliberato l'approvazione per l'autorizzazione all'immissione in commercio del farmaco RU486, ha precisato - attraverso un comunicato stampa - che, a garanzia e a tutela della salute della donna, l'utilizzo del farmaco è subordinato al rigoroso rispetto della legge per l'interruzione volontaria della gravidanza, con particolare riguardo al ricovero in struttura sanitaria e alla stretta sorveglianza del personale sanitario. Pag. 44
Come è noto, è in corso un'indagine conoscitiva presso la Commissione sanità al Senato sulla procedura di aborto farmacologico mediante mifepristone e prostaglandine - percorso genericamente indicato come pillola abortiva RU 486 - e valutazione della coerenza delle procedure proposte con la legislazione vigente, organizzazione dei percorsi clinici e valutazione dei dati epidemiologici anche in relazione agli studi internazionali sul rapporto rischio/benefici (questo è il titolo e lo scopo dell'indagine), volta a chiarire la congruità del metodo abortivo farmacologico con la normativa vigente sulla IVG, e con i pareri espressi a riguardo dagli organismi competenti.
Audito nell'ambito di tale indagine, il Ministro Sacconi ha già dichiarato che, nel rispetto di quanto previsto dalla legge n. 194 del 1978 e dei sopra citati pareri del Consiglio superiore di sanità in materia, l'impiego del farmaco deve quindi avvenire esclusivamente in ambito ospedaliero (o in altra struttura prevista dalla predetta legge) in regime di ricovero ordinario.
Il Ministero, d'intesa con la Conferenza Stato - regioni e sulla base delle indicazioni che verranno dalla determina dell'Aifa, definirà quindi una modalità di attuazione della procedura abortiva farmacologica, in coerenza con la legge n. 194 del 1978, e potrà ipotizzare modalità di monitoraggio, in stretta collaborazione con le regioni, nel rispetto dell'autonomia organizzativa e gestionale delle stesse, che consentano di verificare il grado di effettività del rispetto della legge stessa. Qualora questa effettività non si realizzasse si porrebbe la necessità di idonei interventi finalizzati al concreto rispetto della summenzionata legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Polledri ha facoltà di replicare.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario della risposta interessante e motivata e apprendo elementi per incrementare la mia preoccupazione.
Intanto, mi riferisco ai due pareri del Consiglio superiore della sanità, ma prima di tutto al fatto che il sottosegretario afferma che tale vicenda non rientrava nelle sperimentazioni ma addirittura nella cosiddetta «legge Di Bella». Ora io ricordo la battaglia contro questo farmaco Di Bella operata dall'allora Ministro Bindi. Contro il farmaco Di Bella si è scatenato di tutto. Tra l'altro, si tratta di un farmaco che, per esperienza personale, si usa quando ormai è finita. Di solito una persona inizia la cura Di Bella e con tale cura campa cinque o dieci giorni, senza probabilmente campa una settimana. Va bene per chi ci crede.
Allora si fece un dibattito e il Ministero si impuntò: Di Bella venne quasi messo fuori legge, poi si trovò questa situazione. Ma in questo caso siamo in una situazione molto peggiore. Con la cura Di Bella si sperava di poter curare delle persone in fase disperata: di fronte alla disperazione si intendeva dare un'opportunità. Qui, invece, diciamo che siamo andati avanti per cinque anni (dal 2005 al 2009) senza che venisse fornito un dato sperimentale per poter capire cosa stavano facendo alle nostre donne. Nessuno diceva cosa si stava facendo. Certo si trattava di un giocattolo ideologico, bellissimo: per principio questo è un farmaco che risponde ad un'urgenza ideologica di qualcuno. Benissimo, dopo di che c'è la salute delle donne, in primis, e non ricordo ancora i cinesi perché li abbiamo già citati.
Quindi, siamo andati avanti per degli anni. E sulla sperimentazione nessun dato. Questi sono andati avanti belli tranquilli. Vi è un parere del Consiglio superiore della sanità che afferma che, senza ricovero, si espongono delle persone ad un rischio concreto.
Io non so - sicuramente il collega Brigandì potrebbe argomentarlo molto meglio del sottoscritto - se, dopo, la procura di Torino o qualcun altro abbia aperto un «fascicolino». Una qualche notizia è emersa: ad esempio, La Repubblica di Firenze (28 febbraio 2008) dava notizia di una donna che aveva avuto problemi Pag. 45seri, importanti. Ne abbiamo dato notizia in Parlamento, l'abbiamo denunciato in Parlamento.
Mi auguro che qualche magistrato apra un fascicolo. Lesioni colpose? Niente, non interessa a qualcuno? Ci manca poco. Mara sviene, è caduta, è stata male. Vorrei vedere se, da medico, da domani mi mettessi a sperimentare su cinquanta donne un farmaco di cui ho letto da qualche parte, e cominciassi a somministrarlo nel mio ambulatorio.
Voglio vedere se nessuno viene a prendermi. Certo che vengono a prendermi! In questo caso, invece, vi è un preciso uso ideologico del farmaco in oggetto, che corrisponde ad una precisa posizione. Vorrei sapere se l'ideologia è più importante dell'uomo concreto. Evidentemente sì. Il Novecento ce lo insegna - non voglio sicuramente allargarmi - ma, in questo caso, la persona viene dopo.
Vi è l'idea che questo sia un atto normale e, che, come diceva il collega Volontè, il feto possa essere un'ernia o qualcosa del genere, per cui si prende una pastiglietta. Ma non è così, visto dal versante della salute della donna. Non vi è stata precauzione. Consegno politicamente la mia protesta. Mi auguro che qualche giudice, prima o poi, possa aprire un fascicolo.
Concludo, ricordando alcune dichiarazioni del mio partito, non del sottoscritto (che già nella scorsa legislatura, insieme al presidente Castelli, aveva presentato alcuni atti di sindacato ispettivo) ma sulla posizione nostra. Ricordo Francesca Martini: «La pillola non dà garanzia (...). Non è uno scherzo, non è un gioco»; ricordo il Ministro Calderoli, il 24 maggio 2006, su l'Unità: «Ci opporremo in tutti i modi alla sperimentazione (...). Con la pillola non si elimina un grumo di sangue, ma un bambino»; ricordo Bossi, il 5 settembre 2009, forse la parte più politica di questo grande uomo: «La Lega è favorevole che nascano i bambini, per tanti anni, troppi bimbi non sono nati e abbiamo rischiato di far finire la società. Non siamo molto favorevoli a far passare la legge sulla pillola RU486» (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta, in attesa che arrivi il Viceministro Vegas.

La seduta, sospesa alle 13, è ripresa alle 13,05.

(Iniziative normative per una sospensione delle sanzioni previste per il mancato rispetto del patto di stabilità interno da parte dei comuni che intendono adottare misure a sostegno delle imprese - n. 2-00482)

PRESIDENTE. L'onorevole Misiani ha facoltà di illustrare l'interpellanza Fontanelli n. 2-00482, concernente iniziative normative per una sospensione delle sanzioni previste per il mancato rispetto del patto di stabilità interno da parte dei comuni che intendono adottare misure a sostegno delle imprese (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, onorevole Viceministro, con questa interpellanza urgente vogliamo porre ancora una volta l'attenzione sulle condizioni della finanza locale, anche in relazione alla situazione di grave crisi economica in cui versa il Paese.
Il comparto degli 8.101 comuni italiani tra il 2004 e il 2008 ha dato un contributo molto importante al riequilibrio dei conti pubblici di questo Paese: nel 2004 i comuni complessivamente presentavano un disavanzo di 3 miliardi 689 milioni di euro; in quattro anni questo saldo si è ridotto del 70 per cento, scendendo a un miliardo 119 milioni di euro nel 2008; il disavanzo dei comuni si è ridotto del 70 per cento e, in quello stesso lasso di tempo, il disavanzo complessivo delle pubbliche amministrazioni è, al contrario, diminuito in misura marginale (poco più dell'11 per cento). Pag. 46
I comuni hanno fatto il loro dovere, lo stesso non può dirsi di altri importanti comparti delle amministrazioni pubbliche: nel complesso delle amministrazioni pubbliche, i comuni - questi sono i dati del 2008, gli ultimi disponibili - pesano per il 7,3 per cento della spesa primaria corrente, l'8,5 per cento della spesa totale, il 2,6 per cento dell'indebitamento netto e il 2,7 per cento dello stock di debito. Questi numeri ci dicono che il comparto dei comuni è virtuoso in rapporto al resto delle amministrazioni pubbliche.
Nonostante questi numeri, la manovra triennale 2009-2011 (che abbiamo discusso e votato poco più di un anno fa) ha imposto uno sforzo molto importante alle amministrazioni comunali: nel triennio complessivamente parliamo di 4 miliardi 145 milioni di euro. In altre parole, ai comuni - i quali, ricordo, valgono poco più del 7 per cento della spesa primaria, l'8,5 per cento della spesa totale, il 2,6 per cento dell'indebitamento, e via dicendo - voi avete imposto il 13,4 per cento della manovra complessiva. Noi riteniamo, lo abbiamo detto tante volte e lo ribadiamo in questa sede, che questo è uno sforzo eccessivo e sproporzionato, in relazione al peso e all'incidenza del comparto dei comuni sul totale delle amministrazioni pubbliche.
A ciò si aggiunge anche la delicata questione dei trasferimenti, in quanto l'abolizione dell'ICI per la prima casa non è stata adeguatamente compensata: il totale delle certificazioni presentate dai comuni vale 3 miliardi 350 milioni di euro nel 2008; voi a bilancio avete messo nel 2009, e lo riconfermate nel 2010, trasferimenti per soli 2 miliardi 604 milioni di euro; mancano 750 milioni di euro e, oltre a questo ammanco, leggendo le tabelle del bilancio di previsione per il 2010, registriamo una riduzione dei trasferimenti erariali agli enti locali di oltre un miliardo e mezzo di euro tra l'assestato 2009 e il bilancio di previsione 2010. Pertanto, c'è una manovra e c'è un taglio delle entrate derivanti dai trasferimenti molto significativi.
Qual è il rischio di tutte queste scelte? È che l'aggiustamento si scarichi sulla spesa discrezionale, visto che i comuni non possono utilizzare la leva delle entrate (vi è stato il blocco dell'autonomia impositiva che continuerà anche per il 2010). La prima forma di spesa discrezionale che verrà compressa sono gli investimenti, i quali rischiano di ridursi del 30 per cento, da qui al 2011, e i comuni fanno il 43 per cento del totale degli investimenti della pubblica amministrazione.
Dunque, di cosa stiamo parlando, signor Viceministro? Se la ripresa deve passare attraverso un nuovo ciclo di investimenti pubblici - e questo è ciò che sta accadendo negli altri Paesi europei - la prima scommessa va fatta sugli investimenti dei comuni, sulle piccole opere che possono essere rapidamente progettate, cantierate, pagate. In Europa abbiamo Germania, Francia, Spagna, che hanno stanziato miliardi di euro per accelerare la realizzazione delle piccole opere da parte delle amministrazioni comunali. Noi abbiamo dei vincoli sul debito pubblico importanti, è vero, ma da noi siamo andati in una direzione opposta: il Patto interno di stabilità, per come è stato disegnato e per come è stato gestito nel corso di questi mesi, ha messo i bastoni tra le ruote ai comuni, i quali, in molti casi, non hanno potuto pagare le imprese e, comunque, si sono trovati di fronte ad un'alternativa: bloccare i pagamenti di lavori già fatti, per rispettare il Patto di stabilità, oppure ottemperare agli obblighi contrattuali, pagare opere che erano già state realizzate e uscire fuori dai vincoli del Patto di stabilità, cosa che hanno fatto tanti comuni, in particolare nel centro-nord di questo Paese, a prescindere dal loro colore politico.
C'è stata una presa di coscienza da parte del Governo dopo le ripetute sollecitazioni nostre, del Partito Democratico, e delle associazioni delle autonomie, e con il decreto-legge n. 78 del 2009 avete previsto un parziale sblocco dei residui passivi in conto capitale, pari al 4 per cento dello stock complessivo, vale a dire 1,7 miliardi Pag. 47di euro sbloccati per il comparto dei comuni. In quello stesso provvedimento, però, in modo contraddittorio, mentre sbloccavate almeno una parte dei residui passivi, all'articolo 9, comma 1, lettera a), avete imposto ai responsabili finanziari un accertamento preventivo della compatibilità dei pagamenti con il Patto di stabilità e con il quadro finanziario dei comuni, specificando che tali responsabili finanziari sono passibili di responsabilità disciplinare e amministrativa se non ottemperano a questi obblighi. Quindi, mentre si sbloccava per il 2009 una parte limitata dei residui passivi, si legavano le mani ai funzionari responsabili finanziari degli enti locali per il futuro.
Si faccia attenzione, perché questa norma, che ricade su enti che sono già soggetti al Patto di stabilità interno, avrà come unico effetto quello di rallentare ulteriormente ciò che dovrebbe essere invece velocizzato, cioè il pagamento degli investimenti, l'immissione nel nostro sistema economico di ossigeno prezioso per tante piccole e medie imprese e per tanti lavoratori il cui futuro dipende in modo decisivo dagli investimenti che vengono fatti dagli enti locali.
L'Associazione nazionale dei comuni italiani, con un documento del 10 luglio, e anche in questi giorni, nel corso dell'assemblea nazionale dell'ANCI con gli interventi del nuovo presidente Chiamparino, ma anche di amministratori di centrodestra come il sindaco di Roma Alemanno, sta sostenendo la necessità di cambiare rotta, di superare le sanzioni per quanto riguarda il Patto di stabilità interno in una fase eccezionale dal punto di vista della congiuntura economica come quella attuale, nonché di rivedere per il futuro le regole del Patto.
La Lega delle autonomie locali, pochi giorni fa, durante il convegno di Viareggio sulla finanza locale ha chiesto la moratoria del Patto di stabilità per il 2009 e il 2010, gli anni peggiori della crisi economica, in cui c'è bisogno degli investimenti dei comuni per fare ripartire l'economia. Anche la Lega delle autonomie ha chiesto di ripensare i meccanismi del Patto, che così male hanno funzionato nel corso del 2009.
Voi avete una situazione molto difficile da gestire e le domande che vi poniamo partono innanzitutto da questo dato di fatto: come intendete gestire una condizione complessa e contraddittoria, che vede dei comuni con miliardi di euro in cassa che non possono essere spesi in virtù dei vincoli del Patto di stabilità? Noi chiediamo risposte concrete da parte del Governo, risposte che non abbiamo visto nel disegno di legge finanziaria per il 2010.
Chiediamo al Governo e a lei, signor Viceministro, se non ritenete opportuno sospendere le sanzioni previste dal Patto di stabilità per il 2009, che è un anno di grave crisi economica, in cui i comuni si sono fatti in quattro per dare una mano alle famiglie e alle imprese, nonostante i ristrettissimi vincoli di bilancio a cui dovevano sottostare.
Infine, terza e ultima domanda, chiediamo al Governo se non ritenete opportuno cancellare, per gli enti che sono già soggetti al Patto di stabilità interno, la previsione dell'articolo 9, comma 1, lettera a), n. 2, del decreto-legge n. 78 del 2009, cioè la responsabilità disciplinare e amministrativa in relazione ai pagamenti e al loro impatto sugli equilibri di bilancio degli enti locali.
Sono sollecitazioni su cui chiediamo l'attenzione e una presa di posizione chiara da parte del Governo, perché, lo ripetiamo, il comparto dei comuni può essere decisivo per far ripartire l'economia, per far ripartire un nuovo ciclo di investimenti pubblici e per dare una mano a tante famiglie e a tante imprese che in questi mesi stanno soffrendo pesantemente le conseguenze della crisi economica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Giuseppe Vegas, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE VEGAS, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, Pag. 48approfitto dell'occasione per formulare, anche a nome del Ministero dell'economia e delle finanze, gli auguri al nuovo presidente dell'ANCI, nella certezza che la collaborazione, che già è di buon livello, tra l'associazione dei comuni, il Governo e il Parlamento possa ulteriormente crescere per cercare di ovviare alle difficoltà che riguardano questo comparto, come tutti i comparti della finanza pubblica italiana.
Non dimentichiamoci, infatti, che se esiste un Patto di stabilità questo è la diretta gemmazione del Patto di stabilità europeo, non sono vessazioni che il Governo impone sugli enti locali, ma sono l'elemento della partecipazione di tutti a quell'unicum che è il rispetto del Patto di stabilità europeo diretto alla salvaguardia della finanza pubblica e al perseguimento degli obiettivi che vedono l'unirsi delle realtà europee per perseguire un unico fine che si basa sulla stabilità delle finanze pubbliche.
Il Patto di stabilità interno, lo dico molto francamente, anche se non interamente condiviso dall'attuale Governo, è stato mutuato nella struttura fondamentale dal Patto stipulato dal precedente Governo, e ciò per un semplice motivo: per evitare lo stress che sarebbe derivato agli enti locali da un cambiamento delle regole troppo frequente. A mio sommesso avviso è più ragionevole l'ultimo Patto di stabilità sottoscritto dal Governo ancora precedente, ma successivamente venne cambiato, e a questo ci siamo attenuti proprio per evitare ulteriori stress. Ciò anche se questo Patto, utilizzando da una parte il meccanismo della competenza mista e dall'altro facendo riferimento solo a un esercizio precedente, ha delle difficoltà di funzionamento e può penalizzare in modo arbitrario alcuni enti locali. Ad ogni modo questo Patto, d'accordo con l'associazione degli enti locali, è stato conservato. Si può ampiamente rivedere, ma è ovvio che una revisione più ampia potrà arrivare a conclusione del processo di avvio del federalismo fiscale. In questa fase intermedia esistono alcune criticità di cui in qualche modo ci si può fare carico, ma sempre con estrema attenzione alla salvaguardia dei saldi complessivi, perché è vero che il 2009 è stato un anno eccezionale, però tutto sommato ciò non autorizza ad andare oltre il livello di deficit a cui siamo arrivati e soprattutto impone di arrivare a un recupero negli anni successivi a partire dal 2011.
Non ripeterò alcune osservazioni contenute nella risposta e mi limito semplicemente a ricordare che il comparto degli enti locali, rispetto al resto del comparto pubblica amministrazione, per quanto riguarda la spesa di investimento, ha avuto quella che si può definire un'agevolazione da parte del Governo, perché con leggi approvate nel corso dell'anno è stato consentito di ampliare notevolmente la spesa per investimento.
Il legislatore è intervenuto con diverse disposizioni, basti ricordare l'articolo 7-quater del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, che ha previsto che gli enti virtuosi, cioè gli enti che hanno rispettato il Patto di stabilità interno 2007, che presentano un rapporto dipendenti-abitanti inferiore alla media nazionale per classe demografica e che hanno registrato nel 2008 impegni per spesa corrente non superiore a quella media del triennio 2005-2007, possono escludere dal saldo del Patto di stabilità, nel limite degli importi autorizzati dalla regione di appartenenza, i pagamenti in conto residui concernenti spese per investimenti effettuate nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti, nonché pagamenti per spese in conto capitale per impegni già assunti finanziati con minor onere per interessi conseguente alla riduzione dei tassi di interesse sui mutui o alla rinegoziazione dei mutui stessi, se non già conteggiati nel bilancio di previsione.
Ciò tra l'altro inseriva un meccanismo nuovo e innovativo, cioè quello di una sorta di compensazione su base regionale che consentiva di attivare tutta la cassa disponibile. So che solo alcune regioni hanno utilizzato questo strumento, ma è uno strumento contenuto anche nella legge sul federalismo, perché in qualche modo una sorta di camera di compensazione a Pag. 49livello regionale tra i comuni che hanno maggiore o minore necessità di spendere potrebbe essere ragionevolmente considerata, tenendo conto che le regioni sono una realtà istituzionale più vicina di quanto non sia lo Stato alle realtà comunali.
Tra l'altro la stessa norma di legge autorizza, nel limite di spesa complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2009, l'esclusione dal saldo dei pagamenti per la spese relative agli investimenti degli enti locali per la tutela della sicurezza pubblica, nonché gli interventi temporanei straordinari di carattere sociale immediatamente diretti ad alleviare gli effetti negativi della straordinaria congiuntura economica sfavorevole destinati a favore di lavoratori e imprese ovvero i pagamenti di debiti pregressi per prestazioni rese nei confronti di questi enti.
L'articolo 9-bis della legge n. 102 del 2009 ha riconosciuto alle province e ai comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti la possibilità di escludere i pagamenti in conto capitale effettuati entro il 31 dicembre di quest'anno per un importo non superiore al 4 per cento dell'ammontare dei residui passivi in conto capitale risultanti al 31 dicembre 2007, cosa che ho già ricordato.
La misura dei pagamenti consentiti in deroga ammonta a un importo complessivo pari a 2.250 milioni di euro (quindi, si tratta di una cifra non assolutamente banale). Gli enti interessati dalla disposizione sono quelli che hanno rispettato il Patto per il 2008, ovvero che si trovano nelle condizioni di cui al comma 21-bis dell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008. Questi enti costituiscono circa il 95 per cento degli enti assoggettati al Patto. Quindi, si tratta di risorse finanziarie attivabili che costituiscono una massa non trascurabile. Teniamo conto, per inciso, che qualunque aumento di spesa di qualunque settore che fa parte della pubblica amministrazione o è compensato in qualche modo per poter stare nell'ambito dei tetti del Patto europeo oppure comporta una necessità di accrescere le emissioni di titoli di debito o, in qualche modo, di aumentare la pressione fiscale. Pertanto, qualunque vaso comunicante che si compie tra diversi enti del settore pubblico significa, mediamente, la rinuncia alla spesa da parte di altri. Il fatto che si siano potute attivare risorse per 2 miliardi e 250 milioni significa che - e questa è la stessa finalità sollevata dall'onorevole Misiani - vi sono denari che vanno al pagamento delle imprese delle realtà locali e, quindi, un circuito in funzione anticiclica non da poco, tenendo conto delle ristrettezze della finanza pubblica in generale.
Circa la questione della moratoria nell'applicazione delle sanzioni, che non sto a ricordare perché è nota, nei confronti degli enti locali che non rispettino il Patto per il 2009, si fa presente che le risorse finanziarie derivanti dalle sanzioni sono finalizzate al finanziamento del sistema premiale a favore degli enti virtuosi, previsto nell'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008. Questo sistema premiale ha avuto attuazione, con riferimento all'anno 2008, con lo schema di decreto interministeriale tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'interno che ha ricevuto il parere favorevole della Conferenza Stato-città il 24 settembre scorso e che ha distribuito ulteriori spazi finanziari per poco più di 173 milioni a favore di enti locali che hanno rispettato il patto di stabilità del 2008 e le cui virtuosità è determinata, valutando la posizione di ciascuno di essi rispetto a due indicatori economico-strutturali finalizzati a misurare, in primo luogo, il grado di rigidità strutturale dei bilanci, ottenuto rapportando la somma delle spese per il personale e del rimborso prestiti al totale delle entrate correnti e, in secondo luogo, il loro grado di autonomia finanziaria, ottenuto rapportando la somma delle entrate tributarie ed extratributarie al totale delle entrate correnti.
Pertanto, l'accoglimento della richiesta di moratoria del sistema sanzionatorio non può essere condivisa perché farebbe venire meno gli elementi incentivanti ai comportamenti virtuosi che sono stati fortemente Pag. 50voluti non solo dal legislatore ma anche dagli enti del settore. Tra l'altro, la richiesta di una moratoria nell'applicazione delle sanzioni è incongrua alla luce delle disposizioni contenute nell'articolo 9-bis, primo e secondo comma, della legge n. 102 del 1999.
Infatti, l'esclusione dal saldo del 2009 dei pagamenti in conto capitale nel limite del 4 per cento dei residui passivi risultanti al 31 dicembre 2007 costituisce un forte alleggerimento, per il 2009, degli adempimenti per il Patto di stabilità interno a carico degli enti locali, ove si consideri che, a fronte di una manovra programmata per l'anno 2009 in 1.650 milioni di euro, l'articolo 9-bis della legge n. 102 del 2009 consente, come già detto, di peggiorare, anziché migliorare, l'indebitamento netto per un importo complessivo di 2.250 milioni (vi sono circa tre miliardi e 900 milioni di variazione rispetto al titolo originario).
Infine, circa la richiesta di escludere la responsabilità disciplinare e amministrativa del responsabile finanziario, faccio presente che questa responsabilità è stata introdotta proprio allo scopo di avvicinare la competenza di bilancio alla cassa e garantire la tempestività - proprio come chiedeva l'onorevole interpellante - dei pagamenti della pubblica amministrazione, nonché evitare la formazione di debiti pregressi. L'attuale quadro normativo sul Patto, basato sul limite ai saldi, consente all'ente locale, attraverso un'attenta programmazione dell'attività gestionale e delle priorità degli interventi, di rimodulare, anche temporalmente, le varie poste di entrate e di spesa.
Circa poi la decisione di alcuni enti di non rispettare le regole del Patto di stabilità interno si tratterebbe di un'inadempienza, ai sensi degli articoli 166 e seguenti della legge n. 266 del 2005, verificabile dalla competente sezione regionale della Corte dei conti, cui è demandato l'accertamento di eventuali responsabilità.
Faccio infine presente che sono in corso approfondimenti con i rappresentanti degli enti locali volti a concordare analisi e proposte migliorative del vigente quadro normativo disciplinante il Patto di stabilità interno per gli anni 2010 e successivi, ovviamente purché queste proposte siano compatibili con la prioritaria esigenza di salvaguardare gli equilibri dei saldi di finanza pubblica.

PRESIDENTE. L'onorevole Misiani ha facoltà di replicare.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, con tutta la stima che posso provare nei confronti del signor Viceministro devo dire che sono completamente insoddisfatto della risposta. Siamo di fronte ad un muro di gomma che troppe volte abbiamo visto nei rapporti tra lo Stato centrale e il sistema delle autonomie.
Devo alcune risposte sul merito delle affermazioni fatte dal signor Viceministro. Qui nessuno vuole mettere in discussione l'opportunità e la necessità di regole di disciplina finanziaria anche all'interno del nostro sistema delle pubbliche amministrazioni in relazione ai comuni e alle province.
Di un Patto di stabilità interno c'è bisogno in virtù degli impegni che abbiamo assunto in seno all'Unione monetaria europea, ma il punto è che da noi non funziona. In altri Paesi europei «sì». Chiederemo e solleciteremo che l'Italia impari dalle migliori esperienze degli altri Paesi europei, a partire da due elementi che peraltro voi avete già scritto.
Il primo è contenuto nella legge delega sul federalismo fiscale e l'altro nel progetto di legge di riforma della contabilità e finanza pubblica. Essi sono: la flessibilità geografica all'interno di ciascuna regione, la regionalizzazione del Patto di stabilità interno e l'attivazione di un meccanismo di compensazione che dia flessibilità tra enti appartenenti alla stessa regione.
Lo so anch'io che lo avete scritto, ma è rimasto sulla carta, perché sostanzialmente non è stato attivato il meccanismo previsto dall'articolo 7-quater del decreto-legge n. 5 del 2009 e va invece reso effettivo se vogliamo un primo elemento di flessibilità nel Patto di stabilità. Bisogna iniziare a ragionare di flessibilità temporale del Patto di stabilità. Pag. 51
Negli altri Paesi il Patto di stabilità interno funziona con una logica pluriennale. Noi dobbiamo ragionare nel nostro Paese in una logica almeno triennale di articolazione degli obiettivi di riequilibrio di finanza pubblica per quanto riguarda il Patto di stabilità. Lo diciamo noi, ma lo avete scritto anche voi nel progetto di legge di riforma della contabilità che è stato varato dal Senato e che attualmente è in discussione presso la Commissione bilancio della Camera dei deputati.
Siccome quelle norme però sono di là da venire, sarebbe interessante che almeno una parte di esse venisse stralciata ed inserita nella manovra finanziaria per iniziare a rendere flessibile un Patto di stabilità interno che oggi è una camicia di forza per situazioni completamente diverse, perché coinvolge più di duemila enti diversissimi per demografia, ampiezza, per volume economico e finanziario e per tutte le variabili che sono interessate dai vincoli del Patto interno di stabilità.
Inoltre, la previsione dell'articolo 9-bis per quanto riguarda il tema dello sblocco parziale dei residui vale per il 2009. Dal 2010 tutti questi problemi si ripropongono, se non vengono cambiati i meccanismi del Patto interno di stabilità. Da questo punto di vista, la chiusura pressoché totale che ho colto nelle parole del Viceministro non è di buon auspicio per quanto riguarda un rapporto cooperativo che è indispensabile tra lo Stato centrale e il sistema delle autonomie, se vogliamo che, dopo la bufera economica, si riavvii quel necessario processo di riequilibrio dei conti pubblici in un Paese in cui quest'anno il debito arriverà oltre il 115 per cento del PIL e il deficit si attesta ai livelli che conosciamo.
Affronto due ultime questioni. Sulla questione delle sanzioni prendo atto della chiusura da parte del Governo per quanto riguarda l'eventuale moratoria delle sanzioni. Ne prendo atto perché riteniamo che sarebbe stato molto più trasparente annunciare qui ed ora l'eliminazione delle sanzioni in via eccezionale per il solo 2009 in relazione alla crisi economica.
Avete detto che non lo fate, ne prendiamo atto, ma fate attenzione: se venissero cancellate più avanti, sarebbe molto negativo, perché ciò premierebbe quegli enti locali che hanno deciso di andare oltre i limiti del Patto di stabilità e penalizzerebbe, invece, chi in questa fase si sta attenendo strettamente ai limiti del Patto e quindi sta comprimendo gli investimenti, le spese discrezionali e quant'altro.
Se non vogliamo che questa discriminazione diventi un fatto grave, ritengo che vi sia la necessità di certezze dal punto di vista delle sanzioni. Ho ascoltato le parole del Governo e a questo punto verificheremo che cosa accadrà nei prossimi mesi.
Svolgo un'ultima considerazione e poi ho veramente concluso, signor Viceministro. Lei ha parlato della necessità di mantenere le sanzioni anche per finanziare il premio per gli enti virtuosi. Tutti noi siamo per una rigorosa distinzione tra enti virtuosi, che gestiscono bene i soldi dei contribuenti, e non virtuosi, che debbono essere giustamente sanzionati. È importante che il Governo abbia destinato 173 milioni di euro per ampliare gli spazi finanziari degli enti che hanno rispettato il patto nel 2008, però forse c'è qualcosa da cambiare nei criteri che avete stabilito per decidere chi è virtuoso e deve essere premiato e chi non è virtuoso, perché, in quell'elenco, vi sono i comuni di Catania e Palermo che vengono considerati virtuosi e premiati, nello schema di decreto interministeriale a cui lei fa riferimento.
Quindi, mi dovete spiegare perché al comune di Catania avete dato 140 milioni di euro con la complicità della Lega Nord (che qui razzola in un modo e nel nord predica in un altro) e al comune di Palermo avete destinato 150 milioni di euro con una delle ultime delibere del CIPE. A proposito di quello stesso comune di Palermo leggo su Il Sole 24 Ore di ieri: «Una voragine nel bilancio di Palermo». Lì c'è la voragine, ma nel vostro decreto interministeriale l'amministrazione di Palermo, quella di Catania e, probabilmente, tante altre vengono considerate virtuose e addirittura premiate. Pag. 52
Pertanto, c'è qualcosa che non va e che va rivisto nei meccanismi introdotti dal decreto-legge n. 112 del 2008 per stabilire chi è virtuoso e chi non lo è, chi va premiato e chi va sanzionato. Altrimenti, ancora una volta, molti enti locali del nord, del centro e del sud, che rispettano le regole e gestiscono bene le loro finanze pubbliche, potrebbero sentirsi beffati da scelte dello Stato centrale che vanno nella direzione opposta rispetto ai principi scritti nella legge delega sul federalismo fiscale e che sono stati condivisi anche dalle forze di opposizione di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative di competenza volte a chiarire l'effettiva portata applicativa della disciplina relativa al reato di immigrazione clandestina - n. 2-00474)

PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00474, concernente iniziative di competenza volte a chiarire l'effettiva portata applicativa della disciplina relativa al reato di immigrazione clandestina (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con l'interpellanza in discussione l'onorevole Brigandì chiede chiarezza sulla potenziale conflittualità sollevata dal procuratore Caselli nelle dichiarazioni a mezzo stampa tra il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato di cui all'articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione introdotto con legge n. 94 del 2009 e la circostanza aggravante comune già prevista dall'articolo 61, n, 11-bis, del codice penale in caso di presenze illegale del reo sul territorio.
Il fine che sottende ai dubbi sollevati dall'onorevole interpellante è chiaramente quello della corretta applicazione della legge e, in quanto tale, è un fine che accomuna l'intero Parlamento e, con esso, tutti gli operatori del diritto. Faccio presente comunque che le affermazioni del procuratore Caselli sul nuovo reato di clandestinità si riconnettono al cosiddetto fenomeno del concorso apparente di norme e al principio di specialità previsto dall'articolo 15 del codice penale.
Si tratta invero di un fenomeno di particolare complessità su cui dottrina e giurisprudenza nemmeno in passato hanno assunto posizioni univoche, ritenendosi da alcuni che unico criterio per chiarire i casi di concorso apparente tra norme sia il principio di specialità, mentre da altri che la specialità tra norme sia il principio guida da integrare con parametri ulteriori.
In tal senso, rammento che anche la Corte di Cassazione ha assunto orientamenti diversi sui criteri di selezione cui ricorrere per risolvere i casi di concorso apparente tra norme e se talvolta si è pronunciata nel senso della non ammissibilità di criteri diversi da quello di specialità in senso stretto (vedi Sezioni Unite del 20 dicembre 2005, n. 41164), altre volte ha riconosciuto la legittimità del ricorso al criterio di consunzione, quale criterio ulteriore per risolvere il conflitto di norme, rinvenendone il fondamento giuridico nello stesso articolo 15 del codice penale o nel principio generale del cosiddetto ne bis in idem sostanziale (vedi Sezioni Unite del 9 marzo 2001, n. 22902, e sezione I, 2 marzo 2006, n. 7629).
È di tutta evidenza, quindi, che alla complessità della materia dell'immigrazione clandestina si aggiunge la questione meramente interpretativa sottesa all'apparente concorso tra norme in materia di immigrazione. Tuttavia, per quanto articolata e complessa sia la materia dell'immigrazione clandestina e per quanto dirompenti possano dimostrarsi i riflessi di Pag. 53una politica migratoria inadeguata e inefficace se non rispettosa delle prescrizioni normative dello Stato, non ci si vuole esimere dal rimeditare sulle riflessioni o incertezze interpretative connesse alla concreta applicazione di una statuizione normativa, purché le stesse siano di stimolo ad un dibattito costruttivo e condiviso sul tema.
Non è certo la prima volta, infatti, e non sarà nemmeno l'ultima, che si discute sulla portata applicativa di una norma, ovvero sulla sua legittimità, ma il contraddittorio che ne scaturisce tra le parti assume spessore e conseguenze diverse a seconda dei settori in cui esso si svolge. Dico ciò perché l'Autorità giudiziaria ha il dovere istituzionale di applicare la legge ed i margini interpretativi entro i quali le è consentito muoversi non possono forzare il dato testuale di una norma sino a vanificarlo, ma soprattutto non possono sopravalicare la volontà del legislatore che all'articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione ha chiaramente introdotto un reato contravvenzionale e non una semplice circostanza aggravante.
In estrema sintesi, intendo ribadire quanto già dichiarato dal Ministro Guardasigilli in punto di diritto: la volontà sanzionatoria del legislatore nel caso del reato di immigrazione clandestina è stata chiara ed inequivoca e non lascia spazio a dubbi interpretativi sulla qualificazione giuridica da dare alla clandestinità. L'Autorità giudiziaria ha il dovere e anche il diritto di interpretare la legge, ma il principio di stretta legalità vigente nel nostro ordinamento penale, al pari del principio di obbligatorietà dell'azione penale, impediscono che l'attività di interpretazione si concreti in una disapplicazione della norma. «Sì», dunque, al confronto dottrinario e giurisprudenziale sull'interpretazione del reato previsto e punito dall'articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione, ma un deciso «no» all'elusione di una legge dello Stato.
Passando, poi, alla notizia diffusa dagli organi di informazione circa la presentazione di alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione al nuovo reato di cui al predetto articolo 10-bis del Testo unico sull'immigrazione, segnalo che al momento nessuna comunicazione formale risulta pervenuta ai competenti uffici di questo Ministero. Ad ogni modo intendo rappresentare agli astanti la più totale attenzione dell'onorevole Guardasigilli al divenire degli eventi e rassicurarli sin d'ora che, ove da problemi interpretativi sull'applicazione di una norma dello Stato, si passi ad un potenziale rischio di preordinata elusione della nuova previsione in materia di immigrazione clandestina, si provvederà ad attivare ogni utile iniziativa di competenza ministeriale per ricondurre nell'alveo del diritto eventuali comportamenti o dichiarazioni illegittime.

PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, la senatrice Alberti Casellati, della risposta che è stata molto chiara, alla quale, però, mancano delle conseguenze non di carattere giuridico, ma di carattere politico.
Questa interpellanza urgente, nella data di oggi, sembra quasi un giochino da ragazzi: il caso ha voluto che arrivasse in un momento storico in cui il problema sollevato in questa interpellanza è «un'unghia incarnita» rispetto all'infarto che ci ha provocato ieri la Corte costituzionale. Massimo rispetto alla sentenza della Corte costituzionale, come massimo rispetto a tutte le decisioni di tutti i magistrati, però massimo rispetto non significa abbassare le orecchie e prendere batoste, e parlo non dal punto di vista sanzionatorio delle sentenze, ma dal punto di vista politico.
Oggi, onorevoli colleghi, illustre Presidente, senatore sottosegretario, l'opposizione alla maggioranza non è quella che siede nei banchi alla mia destra e alla sua sinistra, Presidente, è quella che siede nei tribunali. Mi spiego: purtroppo c'è un assetto costituzionale in questo Paese che è diventato insopportabile e non, si badi - me lo consenta il senatore sottosegretario -, esclusivamente per colpa della sinistra, Pag. 54ma forse anche per colpa nostra, in quanto nel momento in cui abbiamo ritenuto di privilegiare il criterio della governabilità, a tale criterio abbiamo sacrificato l'assetto costituzionale di questo Paese, che era a garanzia di tutti.
La tripartizione dei poteri dello Stato, che ci è derivata dalla rivoluzione francese, ha fatto sì che in questo Stato, fino a prova contraria, la sovranità, cioè la rappresentanza diretta popolare, sia in questa Camera e nel Senato. Ciò significa che, gioco forza, essendo qui la rappresentanza popolare, gli altri organi costituzionali e gli assetti degli altri poteri non possono che essere subordinati, lo dice la Costituzione.
Non vuole essere una critica alla Presidenza, ma il criterio di scegliere (è stato così da sempre, fino ad un certo momento) il Presidente della Camera nella persona di un deputato dell'opposizione era sacrosanto per un motivo estremamente semplice. Infatti, non si può pensare - lei, Presidente Buttiglione, ovviamente è fuori dal discorso, facendo parte dell'opposizione - che un Presidente della Camera appartenga ad una coalizione identica a quella della maggioranza, perché è chiaro che in tal modo non c'è più una supremazia della Camera, ma diventa una supremazia del Governo nei confronti degli altri poteri. Se poi consideriamo che abbiamo introdotto il malvezzo di nominare nel Governo i capi dei partiti, lei capisce che si crea un pasticcio che non finisce più.
Con questo criterio vige il principio per cui tra i due litiganti il terzo gode. È evidente, infatti, che la magistratura si trova in una situazione in cui, in primo luogo, fa politica e mi pare che nessuno possa discutere questo aspetto. Ci sono dei rappresentanti delle correnti e c'è la lottizzazione dei posti di dirigente all'interno delle correnti.
Mi spiego: se il procuratore della Repubblica è di Magistratura democratica e viene a mancare, per quel posto il concorso sarà ristretto ad un altro appartenente a Magistratura democratica. Oggi siamo in pochi, ma ho fatto questa domanda quando l'Aula era piena e oggi abbiamo un esponente del Ministero della giustizia; quindi chiedo a lei, senatrice e sottosegretario, se è in grado di indicarmi un posto di dirigenza significativa in questo Stato all'interno della magistratura che non sia stato lottizzato e che sia stato assegnato a qualcuno non iscritto alle correnti. La risposta è no. Quindi lì abbiamo la politica, che mi pare stia diventando pressante.
Onorevole Presidente, senatrice e sottosegretario, ho il massimo rispetto per le sentenze della Corte costituzionale, ma secondo la Costituzione la Corte Costituzionale ha l'incarico di dire chi deve fare cosa (ovvero dirimere i conflitti di attribuzione) e un dovere di dire se una legge è o meno costituzionale. Poi, i giudici della Corte hanno iniziato a fare le sentenze interpretative di rigetto. Senatore sottosegretario, ma l'interpretazione della legge è compito della Corte costituzionale o in questo Stato è una prerogativa della suprema Corte di cassazione? Lo dice la parola stessa: sentenza interpretativa di rigetto significa che si svolge un'interpretazione della norma, ovvero un'invasione del potere giudiziario. La Corte costituzionale non è più contenta di dire se una legge è costituzionale o meno, ma dice quello che la Cassazione deve decidere. Basta che ciascuno di noi prenda un codice penale e trova le sentenze riportate in fondo che sostanzialmente hanno valore di legge.
Ultimamente è arrivata un'altra moda: oltre alle sentenze interpretative di rigetto, ci sono le sentenze additive. La Corte Costituzionale, non contenta di dire: «La norma A si deve leggere nel modo A con X e non può essere letta in altro modo» (così invadendo il potere giudiziario), aggiunge: «La norma A quando dice A intendeva A più B», introducendo una seconda proposizione normativa. Questo che cos'è se non l'invasione del potere legislativo?
Questo è il problema e in questi termini credo che questo Parlamento, prima del Governo - ma ormai non si fa nulla se non su sollecitazione del Governo - deve Pag. 55dare risposta. Questo è un discorso serio, altrimenti dobbiamo (e dovremmo farlo) istituire la Corte costituzionale della Corte costituzionale, ovvero una Corte costituzionale che verifichi se le norme varate in un modo che non riesco a capire come in riferimento al collegamento con volontà popolare, siano o meno corrispondenti al meccanismo della Costituzione. Altro che vigilare sulla Costituzione o «Io sto dalla parte della Costituzione». Ho il massimo rispetto per il Capo dello Stato, però bisogna che tutti gli organi costituzionali di questa Repubblica capiscano che tutti quanti stanno esondando.
Il Parlamento è diventato il massimo organo amministrativo e abbiamo sentito poc'anzi le interpellanze, nelle quali tutti ci preoccupiamo di organizzare dei provvedimenti amministrativi che portino a casa risorse per far vedere nel territorio che si ha un risultato economico. Il Governo è molto più comodo che faccia le leggi, quindi (non faccio i nomi dei Ministri) quasi tutti i provvedimenti che passano da qui hanno il nome del Ministro e non con quello dei colleghi che hanno presentato analoghi progetti di legge. Noi stiamo diventando coloro che fanno i notai - usando un'espressione rispettosa e lusinghiera - del palazzo accanto. La Presidenza non è in grado di dire che su tre provvedimenti uno deve essere della Camera e due del Governo. Questa è la situazione.
In questa situazione possiamo dire che la magistratura non si pone con un meccanismo politico, con un meccanismo di opposizione politica? Basta fare l'analisi per capire perché si pone con meccanismo di opposizione politica: negli anni Sessanta la magistratura aveva - basta guardare gli indici di gradimento - il massimo del gradimento, perché la magistratura era fatta da organi e da persone che avevano combattuto il fascismo ed è stato l'unico organo dello Stato che non è stato piegato dal fascismo.
Hanno dovuto istituire i tribunali speciali per avere le sentenze che volevano loro, i fascisti, e quindi la prima norma della Carta costituzionale è stata quella di abolire i tribunali speciali. Per questo il massimo del rispetto è andato a questo organismo, che non è un potere. Il massimo del rispetto è andato alla magistratura al punto che la magistratura è diventata sostanzialmente il soggetto che indaga e i magistrati sono diventati sostanzialmente soggetti che vanno avanti in carriera fino a morire senza alcun vaglio, perché sono persone perbene.
Per cui, la politica si occupava di questioni economiche e la politica residuale, che non aveva le mani in pasta nelle questioni economiche, si occupava di quello che funzionava già in maniera splendida per moto proprio: magistratura e università.
Da qui la colorazione, è di tutta evidenza! O abbiamo il coraggio di dire che questa colorazione c'è e adoperiamo la sovranità di quest'Aula per poter dare una risposta in termini politici, oppure diciamo che non c'è e che viviamo in una dittatura, perché un potere senza controllo è definito tale, su questo direi che non ci piove.
Signor Presidente, lei è professore di filosofia e queste cose ce le insegna.
Torniamo, se mi si consente - tanto credo di avere ancora tempo - al punto che ci occupa. Senatore sottosegretario, lei ha fatto una disamina interessantissima, dalla quale ho appreso, e ha detto delle cose sacrosante nell'ultima parte del suo intervento, che sono condivisibili, però bisogna che vi siano delle conseguenze, perché, innanzitutto, fino a prova contraria, la magistratura parla con sentenze, ordinanze e decreti.
Le conferenze stampa, i congressi e tutte queste cose non appartengono alla giurisdizione. Questo mi pare che sia un discorso chiaro, ma lei, senatore sottosegretario, ha un problema a casa sua: è il fatto che vi è qualche decina, se non centinaia di magistrati che lavorano per lei. Cosa significa? Che, essendoci questa gente all'interno del Ministero della giustizia, quando vanno a rispondere, rispondono, per usare un termine di moda, con un criterio di conflitto di interessi.
Cosa possiamo dire quando quest'Aula e il Senato hanno affermato che la gente Pag. 56non può continuare a restare al proprio posto di comando perché influisce sulla società? Vi è, infatti, una norma scritta che prevede che una persona non possa stare al comando in una situazione direttiva superiore oltre un certo periodo di tempo. Invece, abbiamo questo signore che, da procuratore generale, si scambia il posto con il procuratore della Repubblica in una città come Torino, dove, fra la procura generale e la procura della Repubblica, essendo Torino il 50 per cento del Piemonte, il risultato è qualche magistrato.
Ma voi mi potete dire, con serena coscienza, che questo non sia un meccanismo che, se fosse stato adoperato in materia fiscale, non avrebbe mandato il malcapitato in galera per elusione di legge? Vi è qualcuno che ha il coraggio di dirmi che questo scambio non è stato fatto con un'elusione di legge? Ebbene, in un'altra interpellanza, senatore sottosegretario, evidentemente qualcuno dei suoi ha detto che era del tutto legittimo.
Voi mi volete dire che vi sembra una cosa normale che si scriva che partecipare al dibattito politico sia una funzione del magistrato? Questo è stato scritto! Vuol dire che se, invece di emanare 20 sentenze, partecipa a 10 dibattiti politici, deve essere pagato lo stesso? Questo è il punto serio; da questo punto serio evidentemente non conseguono delle considerazioni che sicuramente se portate davanti al Consiglio superiore della magistratura porterebbero ad una assoluzione, ma che altrettanto sicuramente, quanto meno, sarebbero sottoposte all'attenzione della gente e del popolo, perché, fino a prova contraria, in questo Paese governa il popolo e, per citare Magni, quando si va contro il popolo ci si sbatte il «grugno».
A prescindere, quindi, dall'elegante considerazione che lei, senatore sottosegretario, ha svolto, questo signore (prima o poi un'interrogazione la presento per sapere, a parte i flash dei due processi che ha istruito, quanti processi gestisce, quindi la quantità di lavoro che svolge e per il quale è pagato) ritiene sia proprio dovere dire: stiamo valutando un'alternativa, contestando la clandestinità come aggravante di altro reato e non come reato a sé.
Che cos'è questa cosa? Se fossi giudice, lo imputerei per attentato alla Costituzione; ma siccome non sono giudice, posso lamentarmi in Aula, sperando che non arrivi l'ennesima querela, l'ennesima condanna e che la Corte costituzionale non dichiari sindacabile anche quello che dico in Aula, cosa che ritengo seriamente possibile che accada.
Cosa vuol dire: stiamo valutando un'alternativa? Chi? Sarà il sito dell'Associazione nazionale magistrati, dove si legge: non vorrei arrestare gli extracomunitari, qualcuno di voi mi sa dire come posso uscire da questa impasse giuridica? Siamo diventati questo, cioè una visualizzazione collegiale e politica delle pronunce dei magistrati? Altro che indipendenza della magistratura! L'indipendenza della magistratura nei confronti del Premier c'è e l'abbiamo vista ieri; ma l'indipendenza della magistratura nei confronti della politica della magistratura dov'è? Il problema non è loro, di quelli che fanno politica: il problema è nostro, che abbiamo il potere e il dovere di tagliar loro le mani appena le allungano sulla politica! Questo è! «Stiamo vagliando un'alternativa». Stiamo? Un'alternativa? Tutti noi qui abbiamo perso tempo ad approvare una legge! Un'alternativa? E la vaglia la magistratura?
Senatore sottosegretario - concludo poiché la fame mi attanaglia e, secondo me la malizia del nostro attuale Presidente ha fatto sì che venissi preso per fame, perché questo è uno dei miei deboli - codesto Ministero pensi seriamente ad attuare, quanto meno a promuove un'azione di cui è titolare nei confronti di persone che palesemente, contro ogni criterio, occupano dei pezzi di Stato dei quali non sono titolari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

Pag. 57

La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla presunta presenza nei fondali al largo delle coste liguri di navi con carichi di rifiuti tossici - nn. 2-00486 e 2-00487)

PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze urgenti Andrea Orlando n. 2-00486 e Scandroglio n. 2-00487 concernenti iniziative di competenza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla presunta presenza nei fondali al largo delle coste liguri di navi con carichi di rifiuti tossici (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente. L'onorevole Andrea Orlando ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00486.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, la mia interpellanza si ricollega ad un'altra interpellanza cui è già stata data risposta - o meglio, non è stata data risposta - questa mattina. La questione verte sulle dichiarazioni dell'ex collaboratore di giustizia Fonti, che ha ipotizzato, o meglio richiamato, la possibilità che alcune navi con il suo intervento personale siano state affondate al largo delle coste liguri.
Sul settimanale L'espresso questa vicenda richiamava la possibilità che una nave fosse stata affondata al largo di La Spezia; successivamente in altre dichiarazioni, o meglio indiscrezioni, emerse e pubblicate dal quotidiano La Nazione si richiamava la possibilità che invece questa vicenda fosse avvenuta al largo delle coste del Tigullio, in particolar modo della località di Chiavari; inoltre veniva ipotizzata, o meglio richiamata, la possibilità di ulteriori due affondamenti in una imprecisata area al largo della città di Genova.
La mia interpellanza non mira a ricostruire le modalità attraverso le quali tali eventuali affondamenti sono avvenuti; piuttosto essa vuole soprattutto porre una questione: come si fa chiarezza in questa vicenda non attendendo la verità giudiziaria, ma rassicurando le popolazioni e gli operatori commerciali e turistici, che in qualche modo pagano immediatamente un danno dalla semplice pubblicazione di una notizia o di notizie di questo genere?
Questa mattina rispondendo ad un'interpellanza urgente presentata dal mio gruppo che era finalizzata invece ad un altro obiettivo, quello cioè di ricostruire anche le dinamiche ed il coinvolgimento, vero o presunto, dei servizi segreti, il sottosegretario Pizza parlava, almeno così mi pare, di un imprecisato incarico che sarebbe stato dato dalla procura di Paola al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per effettuare delle non meglio precisate verifiche.
La procedura è del tutto irrituale e mi pare che a questo punto la questione fondamentale sia quella di un primo vaglio della fondatezza delle dichiarazioni di questo pentito collaboratore di giustizia (primo vaglio che, in qualche modo, è già stato fatto nel momento in cui si è riscontrato il fatto che una delle navi è stata ritrovata), e quindi dell'attivazione di un'attività di ricerca nelle aree che sono state richiamate, a meno che il Governo non sia appunto nelle condizioni di dire Pag. 58che ci si trova di fronte a dichiarazioni totalmente e assolutamente infondate.
Ho fatto questa precisazione perché il silenzio di per sé costituisce un fatto economico, nel senso che da un mese e mezzo, se non due, ormai sentiamo parlare di questa vicenda senza che vi sia stato il pronunciamento di un organo dell'Esecutivo che dica se questa vicenda ha o meno dei riscontri.
In questo quadro le amministrazioni locali e gli operatori economici di quelle aree sono stati sottoposti anche ad un elemento di pressione da parte dell'opinione pubblica e dei cittadini che chiedono chiarezza.
Stiamo parlando infatti di aree nelle quali insistono uno dei comprensori turistici più importanti del nostro Paese e due tra le più importanti realtà portuali dell'Europa, nonché un comprensorio di valore inestimabile dal punto di vista strettamente paesaggistico e naturale.
Stiamo parlando di un'area nella quale insiste una delle due più importanti piazzeforti militari del nostro Paese (mi riferisco in particolar modo alla base navale di La Spezia). Stiamo parlando, insomma, non di un qualsiasi tratto di costa, ma di un tratto dove si intrecciano una serie di funzioni e di attività assolutamente necessarie, sia per la vita economica, sia per la sicurezza del nostro Paese, che non possono essere sottoposte anche al solo e semplice sospetto della presenza di elementi che possono indebolire l'esercizio di queste funzioni.
Mi auguro che il Viceministro, che mi pare non abbia una competenza diretta sull'argomento, non ripeta le ricostruzioni fatte con le fotocopiatrici delle procure di competenza (La Spezia, Livorno, e Genova), così come è avvenuto oggi con il sottosegretario Pizza. Non ci dica cosa in generale faccia il Governo per far sì che si compiano delle verifiche di carattere giudiziario, ma ci dica, piuttosto, che cosa intenda fare il Governo, nelle more del procedimento giudiziario, per dare una parola di rassicurazione alle popolazioni rivierasche, in particolar modo, agli operatori economici. Ricordo che una semplice indiscrezione di questo tipo produce di per sé un danno economico, al di là della sua veridicità o meno (come avviene con la semplice notizia dell'inquinamento nel settore dell'agricoltura). Non è necessario che quel dato sia effettivamente riscontrato, è sufficiente il sospetto per generare un danno di carattere economico.
Questo è il taglio dell'interpellanza che non ha la volontà di richiedere una ricostruzione dietrologica o, comunque, procedurale delle vicende che hanno portato all'eventuale affondamento. Vogliamo soltanto sapere come il Governo intenda fare chiarezza rispetto al sospetto che si è oggettivamente generato con le dichiarazioni pubblicate dalla stampa che rischiano di avere un'ulteriore eco, alla vigilia proprio della stagione balneare perché, se i tempi con i quali il Governo ha preso in considerazione la vicenda sono questi, immagino che provvedimenti concreti rischiano di intervenire molto più avanti, in una fase nella quale - ahimè - i danni, anche di immagine, potranno essere più incisivi e, in alcuni casi, irreparabili per l'economia locale che ha già molti problemi legati alla crisi.

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Foti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Scandroglio n. 2-00487, che ha testé sottoscritto.

ANTONINO FOTI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, in considerazione della specifica richiesta dell'onorevole Andrea Orlando salterò la parte relativa alla ricostruzione dell'evento, che comunque lascerò agli atti, e passerò subito a quelle che sono state le azioni del Governo riguardo a tale vicenda. Pag. 59
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in relazione ai noti fatti ha costituito una task force - composta da capo e vicecapo di gabinetto del Ministero, comandante del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, comandante del reparto ambientale marino della Guardia Costiera, vicecommissario dell'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale e dai tre direttori generali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare competenti per materia (Direzione salvaguardia ambientale, Direzione qualità della vita, Direzione protezione natura) e da due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri) - che tempestivamente ha pianificato gli interventi da attivare per la rilevazione e gestione del rischio ambientale derivante dai fatti in oggetto: a) una nuova e stringente serie di accertamenti sulla terraferma; b) un intervento in mare al fine di operare rilevamenti in profondità su ogni tipo di campione in grado di fornire informazioni sulle tipologie e sulla diffusione degli inquinanti contenuti nella stiva del relitto, in modo da accertare la presenza ed il livello di rischio per la salute e l'incolumità umana, e di formulare apposite proposte per la rapida messa in sicurezza del relitto; c) una campagna di monitoraggio destinata alla più puntuale identificazione di eventuali altri relitti nelle acque della regione in cui la magistratura abbia notizia sufficientemente certa in termini di identificazione del punto di affondamento.
Il 17 settembre una delegazione della task force si è recata direttamente in Calabria, dove si è svolto un vertice con il procuratore di Paola e si è concordata una comune strategia di intervento.
Per quanto attiene gli accertamenti sulla terraferma, la procura ha incaricato il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di: 1) individuare le diverse fonti di inquinamento nelle quattro aree ricadenti nei comuni di Aiello Calabro e di Serra Aiello; 2) effettuare le attività di caratterizzazione necessarie alla completa conoscenza della situazione ambientale delle aree citate, nonché dei sedimenti del torrente Oliva; 3) programmare ed effettuare gli interventi urgenti di messa in sicurezza necessari; 4) fornire una valutazione preliminare di eventuali profili di danno ambientale. Per lo svolgimento di tale incarico, è stata predisposta un'apposita Convenzione tra il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'ISPRA.
Per quanto riguarda gli accertamenti a mare, la procura di Paola ha trasmesso il fascicolo alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro la quale, prontamente, in data 2 ottobre ha richiesto al Ministero di svolgere le attività di supporto tecnico. La Direzione generale per la protezione della natura ha avviato le procedure per l'individuazione del soggetto, pubblico e/o privato, cui affidare le attività di investigazione sottomarine del relitto ed il recupero dei fusti ai fini dell'accertamento del loro contenuto. Anche una nave della Saipem, società del gruppo ENI, che si è offerta gratuitamente per effettuare delle verifiche, è impegnata nelle operazioni, soprattutto per capire se si tratta del mercantile Cunsky. Intanto si sta procedendo da parte della magistratura alla verifica della presenza di ulteriori relitti in altre zone in cui si sospetti un carico nocivo per la salute e l'ambiente. Sono certe le notizie inerenti l'affondamento di una nave carica di rifiuti tossico-farmaceutici ad opera della 'ndrangheta al largo delle coste livornesi e la Guardia costiera, in stretto coordinamento con l'autorità giudiziaria, ha già impostato un programma per la sua ricerca che probabilmente dalla settimana prossima sarà operativo. Per tale operazione sarà impiegata la nave scuola CP 406 Scialoja dotata, tra l'altro, di apparecchiature per il tracciamento dei fondali a scopo scientifico e di un radar in grado di rilevare qualsiasi massa ferrosa fino ad una profondità di 300 metri.
Gli accertamenti sugli accadimenti citati relativi all'affondamento di siffatte navi nel nostro mare evidenziano l'esigenza di una lotta sempre più serrata verso le ecomafie, oltre che la necessità di procedere a costanti operazioni di monitoraggio Pag. 60sui siti dei naufragi, con le coste e le aree limitrofe, al fine di provvedere tempestivamente a porre in essere gli interventi di messa in sicurezza e bonifica che si rendessero necessari. Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare assume il proprio impegno all'interno della complessiva azione di Governo ad operare in tal senso a tutela dell'ecosistema marino e terrestre.

PRESIDENTE. L'onorevole Andrea Orlando ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00486.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, devo dire che non posso neanche dichiararmi insoddisfatto perché ritengo, dal punto di vista della produzione artistica, questa risposta abbastanza interessante perché ci inseriamo nel dadaismo. Infatti, io ho chiesto che cosa è successo nel Mar Ligure e mi è stato risposto che la procura di Paola sta indagando su quello che è successo in Calabria. La vicenda si complica perché questa mattina il sottosegretario Pizza ha spiegato che le verifiche che si stavano facendo ad opera del Ministero erano state effettuate sulla base di un non precisato incarico che era stato dato dalla magistratura al Ministero stesso. Nella sua risposta all'interpellanza, Viceministro Fazio, lei mi spiega invece che le operazioni di verifica nelle aree che non sono quelle nelle quali ci si è già recati sulla base della vicenda calabrese riguardano appunto zone sulle quali sta indagando la magistratura, e mi pare che sulla base del lavoro della magistratura vi sia questo fatto nuovo della nave affondata al largo di Livorno.
In pratica, tuttavia ciò che emerge complessivamente è che il Governo non ha predisposto un piano per verificare autonomamente, prima del procedere o comunque prima dei tempi del procedimento giudiziario, la fondatezza di quelle dichiarazioni che non hanno soltanto una rilevanza - come ho cercato di spiegare - dal punto di vista strettamente giudiziario ma anche dal punto di vista economico. Infatti se non si dice una parola chiara su quelle vicende prima che si approssimino una serie di passaggi rilevanti anche dal punto di vista economico - penso soltanto alla stagione balneare - ci troveremo di fronte al rischio che si produca un danno di fatto.
Naturalmente mi scuso con il Viceministro per il tono e capisco che non è sua responsabilità, ma ciò che emerge è una sostanziale latitanza del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare in ordine a questo tema. Non si è presa in considerazione la possibilità che Fonti dica la verità e non ci si è presi neppure la responsabilità di dire che lo stesso dica il falso. Ci si trova semplicemente di fronte ad una sostanziale inerzia. Ciò che mi attendo in questo senso, e mi auguro che alle mie parole si uniscano anche quelle dei colleghi della maggioranza che hanno sottoscritto un'interpellanza urgente con un testo sostanzialmente identico, è che si debba tutti quanti lavorare per stimolare uno sforzo effettivo: infatti quello che noi stiamo attendendo e che manca è un elemento di certezza e un riferimento per l'insieme delle comunità e per gli operatori turistici, per le tratte mercantili e per le popolazioni che vivono affacciate su quelle acque. Penso a quale danno possa produrre la mancata chiarezza al settore della pesca. Penso a quali implicazioni può avere in un'area che, come ricordavo, ha una grande rilevanza strategica per quanto riguarda la sicurezza nazionale.
Pertanto o se ne occupa la magistratura e, allora, ritengo che si debbano attendere tutti i tempi e in sostanza ciò significa dire alla popolazione di arrangiarsi, oppure il Governo assume un'iniziativa su questo terreno e, allora, ci dica qual è il piano di monitoraggio che intende mettere in campo utilizzando anche strutture che hanno un know-how in proposito. Mi riferisco in particolar modo alla Guardia costiera.
Ritengo che queste mancate risposte non possono che aumentare ulteriormente l'inquietudine che già in qualche modo si è prodotta con la pubblicazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia e Pag. 61mi auguro che, in qualche modo, il Governo nelle prossime settimane trovi il modo di dare un segno di attenzione e di iniziativa su questo problema.

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Foti ha facoltà di replicare per l'interpellanza Scandroglio n. 2-00487.

ANTONINO FOTI. Signor Presidente, ci riteniamo soddisfatti della comprensione dimostrata dall'intervento del Viceministro che mi sembra abbia ritenuto necessaria un'adeguata e celere opera di bonifica in questi tratti. Infatti, la task-force di cui parla, e se ho capito male il Viceministro può smentirmi, è composta dai massimi vertici dei carabinieri e della guardia costiera oltre che dai vertici amministrativi, dal capo di gabinetto e dal direttore generale, ed è preposta proprio a verificare se le fonti giornalistiche siano vere oppure no.
Tuttavia c'è qualcosa di più. Infatti è in corso un'inchiesta della procura della Repubblica di Paola che riguarda tutto il territorio nazionale; un procuratore che, ovviamente, è stato caparbio in quanto si tratta di notizie che risalgono a quindici-sedici anni fa. Proprio la caparbietà di questo procuratore ha fatto sì che le prime verità su questa preoccupante vicenda venissero a galla; le dichiarazioni di Francesco Fonti mi sembra che, nel caso della Calabria, trovino riscontro nel ritrovamento di una nave con circa centoventi fusti di scorie radioattive. Mi riferisco anche alle storie di strani intrecci e collusioni tra alta finanza, politica, criminalità organizzata e di interessi economici che sono tutte questioni naturalmente sottoposte al vaglio degli inquirenti. Non è intenzione nostra naturalmente alimentare un clima di allarmismo su questa vicenda - anche un allarmismo sociale che potrebbe essere pericoloso - ma è giusto che venga al più presto fatta chiarezza sull'argomento.
Infatti, non solo la popolazione ligure, che teme giustamente per gli aspetti connessi al turismo e per l'inquietudine sociale, ha il diritto di sapere, ma anche la popolazione residente in Calabria, visto l'accertato ritrovamento delle cosiddette navi dei veleni - sembra che siano molte di più e che si trovino anche sulla terraferma, secondo un effettivo riscontro tra le dichiarazioni del pentito ed il ritrovamento - ha il diritto di sapere se vi sia un rischio per la propria salute o per quella, addirittura, delle generazioni future. Ciò per evitare lo spettro di un inquinamento radioattivo.
Concludo, chiedendo al Viceministro se sia già in atto un'opera di bonifica per verificare se esistano, e dove, le navi di cui parliamo, non solo in Liguria - che è l'argomento oggetto della nostra interpellanza urgente - ma in tutto il territorio nazionale nei luoghi indicati anche dagli inquirenti.

(Tempi di adozione del regolamento di esecuzione previsto dall'articolo 8 della legge n. 458 del 1967, al fine di riconoscere l'assenza dal lavoro per malattia nel caso di donazione di organi da persona vivente - n. 2-00493)

PRESIDENTE. L'onorevole Pedoto ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00493, concernente i tempi di adozione del regolamento di esecuzione previsto dall'articolo 8 della legge n. 458 del 1967, al fine di riconoscere l'assenza dal lavoro per malattia nel caso di donazione di organi da persona vivente (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, siamo in un Paese pieno di norme, abbiamo una legislazione abbastanza complessa ed articolata, circolari e regolamenti, tuttavia manca un regolamento, che avrebbe dovuto rendere applicabile una legge del 1967 sui trapianti di organi tra viventi.
In realtà, non è vero che questo regolamento non esiste: è stato avvistato, ma forse, si è perso nei meandri di un estenuante iter burocratico o in qualche cassetto. Come dicevo, è stato avvistato recentemente, l'8 aprile scorso, in primavera, Pag. 62quando la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha espresso parere favorevole.
Passiamo alla cronaca. La cronaca ci racconta di due persone, una moglie, Irene Vella, ed un papà, Pier Enrico Re, che, ad certo punto della loro vita, decidono di donare un rene, rispettivamente, Irene a suo marito, e Pier Enrico al suo figlioletto di poco più di cinque anni. Tuttavia, mentre mettono a rischio la propria vita per compiere questo atto di amore, si trovano costretti, di fatto, dalle circostanze, a rinunciare al lavoro. Questa rinuncia è avvenuta in modo forzato - sebbene l'abbiano fatta deliberatamente presentando le dimissioni - proprio perché non hanno avuto una scelta alternativa.
Infatti, poiché il citato regolamento è inapplicato da 42 anni, manca nel nostro Paese una tutela giuridica per chi si sottopone all'espianto di organi. Per colpa di questo regolamento, da 42 anni non esiste una normativa che consenta al lavoratore di assentarsi dal lavoro per effettuare tutti i controlli e gli esami clinici e, a volte, anche i ricoveri - sono tanti e sono anche abbastanza estenuanti - che precedono, qualche volta, accompagnano, ma, soprattutto, sempre seguono l'espianto di organi.
Quindi, a causa dell'inapplicazione di tale regolamento, siamo di fronte ad un paradosso: se mi assento dal lavoro per donare il sangue, ho diritto ad un giorno di permesso, ma se mi assento dal lavoro per donare un rete a mio marito, a mio figlio o a mio fratello, non sono tutelata. Questo perché, a fronte di un'intuizione iniziale della legge n. 458 del 1967, è mancato, poi, il regolamento attuativo. Di fatto, manca l'equiparazione dello stato giuridico del paziente donatore a quello del paziente ricevente e vengono riconosciute le giornate di assenza dal lavoro solo per il periodo strettamente connesso all'intervento chirurgico.
Un giornalista di La Repubblica che nel 2003 seguì uno di questi casi disse che senza questa legge non abbiamo diritto ad un pacchetto di giorni liberi perché la vita torni vita da vivere. Le persone che donano gli organi sono persone che fanno un atto d'amore unico, totale, gratuito, danno una parte di loro stessi a fratelli, mariti o comunque congiunti, persone che non hanno più quasi nessuna possibilità di sopravvivere. Queste persone dopo questo atto di amore vogliono continuare a lavorare, vogliono tornare a lavorare.
Devo dire che comunque la mancata attuazione di questo regolamento, dai dati che ho potuto leggere, non ha portato una limitazione di risposta sanitaria sui trapianti e ciò significa che il sentimento eroico esiste e resiste tra familiari, volontari, operatori e tutta questa rete che si crea intorno ai donatori di organi e ai loro parenti.
Insisto, chi dona una parte di sé è un eroe, lo fa per salvare una vita, lo fa scientemente, paga un prezzo altissimo, conosce i rischi che corre e il calvario che lo attende, è un eroe silenzioso, un eroe mite e vorrei dirgli: sei un eroe, non ti diamo una medaglia di latta, non ti diamo una medaglia alla memoria. Grazie a queste persone tante vite sono ricominciate e tante speranze si sono riaccese. Per il donatore vivente non c'è copertura sul lavoro per tutte le visite preintervento e per tutti i controlli postintervento. Lo status di paziente donatore inizia e finisce con l'espianto-impianto dell'organo.
Per brevità il Presidente mi ha chiesto di consegnare la parte del mio intervento relativa alla precisazione del direttore del centro nazionale trapianti in risposta ad un editoriale de Il Corriere della Sera. Pertanto, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pedoto, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

LUCIANA PEDOTO. Concludo dicendo che nessuno è esente da responsabilità. Sono passati 42 anni, 39 Governi e 12 legislature che si sono alternate nella vita Pag. 63del Paese e nel frattempo la legge n. 458 del 1967 è ancora ferma e aspetta il suo regolamento di esecuzione nonostante la legge stessa prevedesse sei mesi per l'emanazione.
Insisto: nessuno è esente, ma tutti da questo momento possiamo contribuire affinché quel segno di civiltà, quel segno di riconoscimento arrivi adottando ovviamente, nei tempi più brevi possibili, il regolamento.
Mi auguro solamente, signor Presidente, che venga disposto il tetto di copertura finanziaria per rendere fattibile ed effettivo questo regolamento, una copertura finanziaria che possa riconoscere i diritti pregressi ai cittadini che in questi 42 anni hanno subito l'espianto. Mi sembra uno dei casi in cui la retroattività sia dovuta, come nel caso recente di cronaca delle vittime del talidomide, e proprio perché la donazione è un fatto significativo ritengo che il riconoscimento del diritto pregresso sia un atto dovuto.

PRESIDENTE. Il Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, onorevole Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Pedoto informo gli onorevoli interpellanti che lo schema di regolamento previsto dalla legge n. 458 del 1967 è stato predisposto dal Ministero, è passato nella conferenza Stato-regioni l'8 aprile 2009 ed attualmente è all'esame del Consiglio di Stato.
Come è noto infatti, i provvedimenti di natura regolamentare devono acquisire il favorevole parere del Consiglio di Stato ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988. Una volta acquisito il parere si procederà, nei tempi più rapidi possibili, all'emanazione del regolamento in esame.
Per i problemi posti all'attenzione anticipo che il regolamento contiene uno specifico articolo relativi ai permessi a favore del lavoratore.
Concludo precisando che in Italia l'attività di trapianto di reni da donatore a vivente viene effettuata dal 1967 e quella di fegato dal 2001 e mediamente vengono effettuati, ogni anno, 130 trapianti di rene e 30 di fegato. Non si ritiene che vi sia la necessità di avviare ulteriori iniziative necessarie a riconoscere i diritti pregressi. Già in base alla normativa vigente, infatti, il donatore è tutelato come ogni persona che si sottopone ad accertamenti clinici e ad intervento chirurgico presso una struttura pubblica. Inoltre, chi assiste i malati beneficia di disposizione normative che consentono l'assenza dal lavoro e, pertanto, non può essere licenziato.

PRESIDENTE. L'onorevole Gatti, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro. Sono contenta che il regolamento stia seguendo ancora il suo iter. Tuttavia, vorrei precisare un paio di questioni, perché la risposta del Viceministro non mi sembra completamente soddisfacente.
Vi sono tre ordini di problemi. Il primo, in generale, riguarda il fatto che il centro nazionale dei trapianti ci dice che il trapianto di rene, da donatore vivente, rappresenta oggi meno del 10 per cento dei trapianti eseguiti in Italia ogni anno, nonostante numerosi centri italiani siano autorizzati ad effettuare questo trapianto. Afferma, inoltre, che il basso numero di questo tipo di trapianti è dovuto alla scarsità di informazioni disponibili per i pazienti affetti da insufficienza renale cronica e per i medici che li hanno in cura e, infine, che il trapianto di rene da vivente ormai è una valida possibilità terapeutica ed in Italia esiste una rete di trapiantologia che può essere considerata un'eccellenza nazionale. A Pisa funziona uno di questi nodi e ne siamo orgogliosi.
L'onorevole Fontanelli, firmatario insieme a noi dell'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Pedoto, ha avuto contatti diretti con il gruppo di operatori che lavora a Pisa e loro lamentano la necessità del regolamento e pensano che possa rappresentare un'occasione importante Pag. 64per superare una sorta di ostilità e di mancanza di fiducia diffusa, proprio in relazione al trapianto fra viventi. Pertanto, anche da questo punto di vista spero che il regolamento sia stato in qualche modo il frutto - e se non lo è stato chiedo che ciò avvenga - di un confronto con gli operatori del settore e con il mondo scientifico.
Tuttavia, nell'interpellanza urgente in esame abbiamo fatto una richiesta specifica, di tipo giuslavoristico in qualche modo. Chiediamo che a questi donatori vengano garantiti i permessi prima del trapianto, per fare tutte le prove, durante il trapianto (ma già sono garantiti perché vi è il ricovero ospedaliero) e nella fase postoperatoria, perché vi possono insorgere delle conseguenze. Nel caso riportato dall'interpellanza urgente sosteniamo che non si tratta solo di un problema di permessi da riconoscere prima, durante e dopo l'intervento. Il nostro apparato produttivo è caratterizzato da piccole e piccolissime imprese, per cui bisogna capire chi paga questi permessi, se i permessi sono particolarmente lunghi.
Inoltre, la fase successiva può comportare una serie di problemi dal punto di vista del reinserimento lavorativo e, dunque, vi è un problema di conservazione del posto di lavoro e la possibilità di essere trasferiti. Tali questioni, a mio avviso, andrebbero affrontate tenendo conto della specificità della situazione, perché stiamo parlando di persone che hanno donato un organo, che hanno subito un intervento complesso e lungo e che possono sopportare delle conseguenze che durano nel tempo o che si presentano in un periodo abbastanza lungo nel tempo.
Abbiamo avuto tutti un colpevole ritardo. Pensiamo che vadano compiuti dei riconoscimenti precisi e pensavo che, proprio tenendo conto di tutti questi argomenti, forse un'esperienza sia da prendere in considerazione. Si tratta di quella che abbiamo compiuto per affrontare situazioni difficili come, ad esempio, la TBC e altro ancora, con i fondi dell'INPS specifici. Penso che vi dovrebbe essere una soluzione orientata anche a questo tipo di esperienze, proprio per garantire l'effettività di tutto ciò. Non è detto che una situazione di questo tipo sia così semplice da affrontare in un apparato produttivo che, torno a dirlo, è caratterizzato da piccole e piccolissime imprese.
Infine, non sono assolutamente soddisfatta per l'ultima parte della risposta del Viceministro quando dice che il problema non si pone e che, nonostante il ritardo di più di quarant'anni, non c'è un problema di riconoscimento di diritti pregressi per le persone che abbiano effettuato una donazione.

(Intendimenti del Governo in merito all'esclusione della ricerca sulle cellule staminali embrionali umane dal bando del 26 febbraio 2009 riguardante il finanziamento per la ricerca sulle cellule staminali - n. 2-00497)

PRESIDENTE. L'onorevole Mattesini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00497, concernente intendimenti del Governo in merito all'esclusione della ricerca sulle cellule staminali embrionali umane dal bando del 26 febbraio 2009 riguardante il finanziamento per la ricerca sulle cellule staminali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, come lei ha testè ricordato, l'oggetto della nostra interpellanza riguarda il bando prodotto dal Ministero della salute riguardante il finanziamento per la ricerca sulle cellule staminali e licenziato il 26 febbraio scorso. Ricordo che tale bando è stato elaborato da una commissione di esperti appositamente nominata dal Ministero.
Il testo approvato per l'appunto il 26 febbraio scorso esclude la ricerca sulle staminali embrionali umane divergendo in tal modo sul testo invece elaborato dal comitato di esperti. Questa, tra l'altro, è un'affermazione che ha fatto un autorevole componente del comitato stesso. Mi riferisco al dottor Giulio Cossu, biologo del San Raffaele di Milano, che pubblicamente Pag. 65ha affermato che la sua partecipazione, come quella di altri, al comitato per redigere il bando era stata accompagnata dalla assicurazione che il bando non avrebbe contenuto alcuna preclusione per la ricerca.
Risulta che lo stesso Viceministro Fazio abbia affermato che la modifica apportata, che ha escluso il finanziamento per la ricerca sulle cellule staminali embrionali umane, è stata richiesta dalle regioni. Tale affermazione è però stata smentita ripetutamente dall'assessore Rossi, che ha il ruolo di coordinatore degli assessori regionali alla sanità e che ha affermato che in nessuna sede le regioni hanno - almeno collettivamente e quindi nelle sedi ufficiali - richiesto modifiche al bando proposto dal comitato di esperti. Quindi, il primo interrogativo che rivolgiamo al Viceministro Fazio è relativo a chi e perché ha introdotto tale modifica.
L'altro aspetto è relativo e discende dal ricorso prodotto dalle ricercatrici Cattaneo, Cerbai e Garagna rispettivamente delle università di Milano, Firenze e Pavia. Tale ricorso fondava le sue ragioni contro l'esclusione del finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali umane in quanto decisione contraria alla libertà di ricerca sancito dalla Costituzione.
Sappiamo che il TAR del Lazio ha bocciato, con sentenza del 16 luglio, il ricorso con la motivazione che cito testualmente e che dice: tenuto conto del quadro normativo di riferimento desumibile dalla legge n. 40 del 2004, che pone specifici limiti alla sperimentazione sugli embrioni umani, considerato che non appare comprovata la legittimazione attiva delle ricorrenti con riguardo alla impugnazione della clausola interdittiva dell'invito a partecipare, atteso che il ricorso non risulta proposto né dai destinatari istituzionali, né da istituzioni esterne collegate con i primi da specifici accordi, il TAR del Lazio respinge l'istanza di sospensione.
Questa sentenza pone delle domande che rivolgiamo al Ministro e al Viceministro Fazio, poiché, se è dal mio punto di vista quanto meno particolare che una sentenza si basi sulla desumibilità di una legge, è altrettanto ovvio e doveroso da parte del Ministero fare applicare pienamente e correttamente le leggi vigenti.
Dico questo perché sappiamo che la legge n. 40 del 2004 vieta la distruzione di embrioni residui, ma non di fare ricerche in Italia con cellule staminali embrionali umane già esistenti ed ottenibili da laboratori internazionali. Quindi, la seconda richiesta è sapere cosa intenda fare il Ministero per superare la presumibile illegittimità del bando, in quanto il Governo non può introdurre una limitazione che non è giustificata dalla legge in vigore che, insisto, vieta la distruzione di embrioni residui, ma non di fare ricerche sulle cellule staminali embrionali già esistenti ed ottenibili dai laboratori internazionali.
L'altro quesito chiede cosa intenda fare il Governo per tutelare la libertà di ricerca e l'autonomia del ricercatore che, lo ricordo, sono garantite dall'articolo 33 della Costituzione italiana. Sottolineo, infatti, che sia i regolamenti attuativi, sia le procedure conseguenti al decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, attribuiscono ai ricercatori il ruolo di soggetto proponente e responsabile delle ricerche ed all'università e alle strutture in cui operano i ricercatori quello di promotori e coordinatori, ferma restando l'autonomia di ogni singolo docente e ricercatore.
Personalmente ritengo gravi e profondamente sbagliate le affermazioni che il sottosegretario Roccella ha ripetutamente fatto, affermando che va distinta la libertà di ricerca dalle politiche di finanziamento della ricerca stessa. Sono gravi perché così si mette in discussione la libertà di ricerca, subordinandola ad un presunto principio etico.
Quindi, chiedo - insisto - quali iniziative intendano assumere il Governo e il Ministero per tutelare la libertà di ricerca e l'autonomia dei ricercatori, che è garantita in primo luogo dall'articolo 33 della Costituzione italiana.

PRESIDENTE. Il Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

Pag. 66

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, in ordine alle considerazioni espresse nelle premesse della presente interpellanza urgente, rinvio alle proposte formali fornite ad altri parlamentari dedicate alla presente tematica. Nella fattispecie, alla prima domanda è stato risposto in altre interrogazioni parlamentari formali, laddove si è risposto che la decisione è stata presa dalla Conferenza Stato-regioni, come risulta dai verbali della Conferenza stessa, di cui è sufficiente prendere visione.
Nel merito della presente, invece, chiarisco che le iniziative del Governo per l'attuazione della legge n. 40 del 2004, atteso l'ampio ambito di applicazione della medesima, non sono pregiudicate, né risentono della tematica in esame. Sembra improprio, infatti, il riferimento alla legge n. 40 del 2004, in quanto nel caso di specie si parla di fondi destinati alla ricerca sanitaria, previsti nella legge finanziaria per il 2007 e riferiti ai fondi di ricerca finalizzata curata dal Ministero, che non va confusa con la ricerca di base universitaria.
La finalità del bando è comunque promuovere lo sviluppo dell'attività scientifica in materia di cellule staminali e non certo implementare in tutto o in parte la legge n. 40 del 2004. Il Governo ha già adottato iniziative per tutelare la libertà di ricerca e l'autonomia dei ricercatori nel rispetto dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, che riconosce ai ricercatori confermati la possibilità di accedere ai fondi per la ricerca scientifica, sia a livello nazionale che locale, e di adempiere ai relativi compiti su temi di loro scelta, partecipando ai programmi di ricerca delle strutture universitarie in cui sono inseriti.
Queste iniziative, onorevoli interpellanti, non vanno confuse con scelte precise, che vengono fatte riguardo alle linee della ricerca finalizzata e che sono frutto di attività programmatorie del settore sanitario e, come tali, sottoposte al vaglio della Conferenza Stato-regioni e ad eventuali rimodulazioni richieste, come in questo caso, dalla stessa Conferenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Bachelet, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, signor Viceministro, non siamo molto soddisfatti delle risposte ai tre quesiti che avevamo posto. Il primo, come è stato giustamente ricordato, era già stato posto in una interrogazione a risposta scritta dall'onorevole Farina Coscioni, e chiedeva di sapere chi abbia modificato il bando rispetto alla stesura originaria della commissione ministeriale. Con il secondo si chiedeva quali iniziative adotterà il Governo per applicare la legge n. 40 del 2004, mentre il terzo quali iniziative adotterà per tutelare la libertà di ricerca e l'autonomia garantite dall'articolo 33 della Costituzione.
La risposta scritta del Governo, citata dal Viceministro, dello scorso 24 settembre a noi è parsa evasiva, poco responsabile e ispirata al principio dello «scaricabarile». Infatti, sui giornali la sottosegretaria Roccella ha scritto tutt'altra cosa, lo abbiamo citato nella nostra interpellanza. Ha detto che il Governo fa quel che vuole con un atto politico e può modificare un bando scritto dagli scienziati e che non sono loro a comandare. Ciò è comprensibile, ma nella sede politica propria non ha il coraggio di ammettere e, quindi, di motivare questa scelta discrezionale. Dice che sono state le regioni, ma io - forse per mia incapacità - non ho ancora trovato il verbale e l'unico dato che ho è una dichiarazione pubblica...

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Onorevole Bachelet, glielo mando io...

PRESIDENTE. Per cortesia...

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. La ringrazio, Viceministro Fazio, perché sul web non l'ho trovato. L'unica dichiarazione Pag. 67che avevo a disposizione è quella di un assessore di una regione che smentiva che in tale sede vi fosse stata una simile richiesta, ma certamente il verbale sarà decisivo.
Comunque rispetto a questa risposta del 24 settembre, se davvero le cose stanno come dice il Governo, rimane il fatto che un organismo politico, quale che sia (le regioni), ha proposto di escludere dal bando di concorso stilato dall'apposita commissione ministeriale un campo di ricerca consentito dalla legge n. 40 del 2004. E il Governo ha recepito, senza battere ciglio, questa censura che non pare né scientificamente né giuridicamente fondata, senza però assumerne la responsabilità al momento della pubblicazione del bando. E nemmeno dopo, in risposta a queste altre interrogazioni, a quanto pare, intende assumerla: dice che sono state le regioni.
Però nell'altra sede giornalistica, come ricordavo, si proclama invece legibus solutus e richiama, sempre nell'articolo della Roccella su Il Foglio di luglio, del tutto a sproposito il caso Obama. Obama ha rimosso il veto ai finanziamenti pubblici alle stesse linee di ricerca di cui parliamo ora e, contestualmente, ha giustamente stabilito nelle sedi istituzionali proprie linee guida etiche chiare delle quali si è assunto la responsabilità. Invece il Governo italiano, per escludere dal finanziamento un'importante linea di ricerca, pienamente consentita dalle leggi vigenti, ha preferito fare un po' il gioco delle tre carte con la Conferenza Stato-regioni.
Non siamo molto soddisfatti neppure delle risposte agli altri due quesiti che riguardano iniziative atte a sanare il vulnus ai danni della scienza che questo arbitrio politico ha comunque ormai creato, perché il TAR - come ha ricordato la collega Mattesini - non ha concesso la sospensiva del bando che è quindi rimasto com'era e ha escluso certe linee in maniera irreversibile. Ci aspettavamo impegni concreti, per esempio l'impegno del Governo a dedicare risorse aggiuntive ad un nuovo bando, stavolta conforme alla legge n. 40, per le ricerche fondamentali applicative; non è vero che non hanno conseguenze applicative, perché le cellule pluripotenti le hanno scoperte studiando le staminali embrionali dei topi. Oppure ci aspettavamo l'impegno del Governo a stabilire magari con una legge - questa sarebbe davvero una cosa grande - linee guida di standard europei per il bando, l'assegnazione e la valutazione di qualunque finanziamento scientifico pubblico.
Quel che preoccupa, infatti, non è il destino delle ricorrenti: ricoprono tutte e tre una posizione di professori ordinari nell'università e sono scienziate di alto livello, come qualunque indicatore bibliometrico rivela dopo pochi minuti di ricerca al computer. Avranno già trovato altri fondi all'estero o magari vinceranno l'appello al Consiglio di Stato e un giorno avranno il risarcimento, visto che la sentenza del TAR che ha dato loro torto contraddice l'articolo 33 della Costituzione e anche i regolamenti e le procedure esistenti, citate anche dal Viceministro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, che sanciscono l'autonomia di ogni singolo docente e ricercatore. Il problema, signor Viceministro, sono le leggi vigenti, la Costituzione, i ricercatori giovani di questo stesso campo che vedono esclusi dai finanziamenti pubblici la loro disciplina. Quelli davvero potrebbero decidere di andare definitivamente via all'estero e la tanto strombazzata volontà di premiare il merito? Come mai al momento buono conta sempre la politica e mai il merito scientifico e le leggi?
Anch'io sono professore ordinario di fisica, so bene che anche nella mia parte politica c'è molto da imparare su merito e valutazione, ma proprio per questo non riesco a capacitarmi del fatto che un bando nato due anni fa dalle vibrate proteste di colleghi che reclamavano al nostro Governo procedure trasparenti di valutazione (perché così è nato questo bando), sia stato trasformato dal vostro Pag. 68Governo nel suo contrario. Le assicuro poi che non sono mosso da furore ideologico. Io sono uno dei pochi elettori italiani che al referendum sulla legge n. 40 ha votato, ma ha votato diversi «no».
Ritengo delicatissimo il terreno della vita e della sua manipolazione, sono convinto che i nuovi quesiti etici posti dalla tecnologia debbano essere oggetto di dibattito pubblico e di decisioni democratiche; decisioni meditate e non plebiscitarie, discussioni e decisioni di tutti, non di pochi. Non dei manager delle multinazionali, non dei capi religiosi, ma nemmeno della categoria di cui mi onoro di partecipare, quella dei professori universitari: abbiamo, a mio avviso, il grave compito di informare bene tutti sul rischio e sulle opportunità realmente in gioco, non di decidere noi. Dobbiamo consentire decisioni informate e responsabili ai Parlamenti, ai Governi e agli elettori: spiegare la differenza tra ricerca e sviluppo tecnologico, vincere l'oscurantismo e la superficialità.
Per questo ho apprezzato nel dettaglio le recenti aperture e anche le chiusure che il Presidente Obama propone nel campo delle staminali. Come scienziato e come democratico, attento ai problemi della vita, ho anche apprezzato quanto detto a Il Corriere della Sera lo scorso 3 luglio da un vescovo, Monsignor Pagano: il caso Galileo - ha detto - insegna alla scienza a non presumere di far da maestra alla Chiesa in materia di fede e scrittura; ma insegna contemporaneamente alla Chiesa ad accostarsi ai problemi scientifici, fossero anche quelli legati alla più moderna ricerca sulle staminali, per esempio, con molta umiltà e circospezione.
Di fronte a questa autorevole esortazione, che molti democratici di ispirazione cristiana sottoscriverebbero senza esitazione, lo zelo del Governo appare francamente eccessivo, il suo balbettio dopo un colpo di mano inaccettabile, nella forma e nella sostanza, non ci soddisfa. Anche su questo sopruso, come su altri più importanti commessi dall'attuale Governo, toccherà quindi aspettare che si pronuncino gli organi di garanzia costituzionale: il Consiglio di Stato e poi magari anche la Corte. La Costituzione, infatti, è ancora valida.
La coalizione che esprime il suo Governo aveva provato - è vero - a stravolgerla nel 2005, ma nel referendum del 2006 ha preso una solenne batosta dagli elettori. Voi che amate i numeri e vi appellate spesso alla sovranità popolare dovreste forse ricordare che sedici milioni di italiani hanno detto «no» alle vostre riforme costituzionali, solo dieci milioni hanno detto «sì», un margine di 6 milioni di italiani che non ha lasciato alcun dubbio: agli italiani piace questa Costituzione, dovete farvene una ragione, sulle staminali e su tutto il resto.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

In morte dell'onorevole Vito Scalia.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Vito Scalia, già membro della Camera dei deputati nella II, III, IV, V, VII e VIII legislatura. La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,09).

PRESIDENTE. Avverto che, come convenuto dai rappresentanti di tutti i gruppi, a seguito della richiesta avanzata all'unanimità dalla Commissione agricoltura, l'esame del disegno di legge concernente il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare, già previsto nel calendario dei lavori per la prossima settimana, deve intendersi rinviato.

Pag. 69

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 12 ottobre 2009, alle 14,30:

1. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
CONCIA ed altri; DI PIETRO e PALOMBA: Modifica all'articolo 61 del codice penale, concernente l'introduzione della circostanza aggravante relativa all'orientamento o alla discriminazione sessuale (1658-1882-A).
- Relatore: Concia.

2. - Discussione della proposta di legge costituzionale:
DONADI ed altri: Modifiche agli articoli 114, 117, 118, 119, 120, 132 e 133 della Costituzione, in materia di soppressione delle province (1990).

e delle abbinate proposte di legge: CASINI ed altri; PISICCHIO (1989-2264).
- Relatore: Bruno.

La seduta termina alle 16,10.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LUCIANA PEDOTO IN SEDE DI ILLUSTRAZIONE DELLA SUA INTERPELLANZA URGENTE N. 2-00493

LUCIANA PEDOTO. Il direttore del Centro Nazionale Trapianti ha tenuto a precisare qualche giorno fa in una lettera, scritta in risposta a un editoriale di Gian Antonio Stella sul magazine del Corriere della Sera, che «il prelievo di rene da donatore vivente è un intervento programmato che viene realizzato, una volta verificate le condizioni di compatibilità e di idoneità, al termine di una procedura regolata per legge e che si svolge abitualmente nell'arco di alcuni mesi» e che «il donatore d'organo, in questo periodo di tempo, viene sottoposto ad indagini di laboratorio e strumentali per accertare l'idoneità clinica in vista dell'eventuale intervento chirurgico. Queste indagini non richiedono degenze ospedaliere ma vengono di norma effettuate in situazioni ambulatoriali o di day hospital», come se il fatto di tornare a dormire a casa, signor Presidente, giustificasse il vuoto legislativo.
Ha inoltre aggiunto che «per quanto riguarda gli aspetti giuslavoristici, il regolamento che sarà approvato - per differenza di punti di vista mi preme ribadire che si tratta del regolamento che da 42 anni deve essere attuato - prevede che le giornate di assenza legate ai controlli clinici siano retribuite come accade per i donatori di sangue e non saranno considerate invece giornate di malattia. Ma così non si tiene conto del numero di giornate necessarie per gli accertamenti e della modalità specifica delle donazioni di organo».
Irene Vella nel 2003 è stata sottoposta a indagini per un totale di venti giorni e per effettuare la artereografia è stata ricoverata. Quindi, poiché, le assenze da lavoro legate ai controlli clinici pre espianto non sono considerate affatto ad oggi giornate di malattia, arriviamo al paradosso che - è questo l'esempio di civiltà che vogliamo dare? - il donatore vivente dovrebbe certificare falsamente alla propria azienda che si trova a casa con la febbre e invece va a farsi uno dei controlli previsti.