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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 207 di giovedì 23 luglio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9,10.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Jannone, Mura e Stucchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasferimento a Commissioni in sede legislativa dei progetti di legge nn. 141, 1444, 2357 e 2434 (ore 9,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa dei seguenti progetti di legge, dei quali le sottoindicate Commissioni hanno chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:

alla IV Commissione (Difesa):
ASCIERTO: «Disposizioni per l'ammissione dei soggetti fabici all'impiego nelle Forze armate» (141);
OPPI ed altri: «Disposizioni per l'ammissione dei soggetti fabici all'impiego nelle Forze armate e di polizia» (1444);
SCHIRRU: «Disposizioni per l'ammissione dei soggetti fabici all'impiego nelle Forze armate e nelle Forze di polizia» (2357);
(La Commissione ha elaborato un testo unificato).

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

alla VII Commissione (Cultura):
DISEGNO DI LEGGE DI INIZIATIVA DEL GOVERNO: «Riconoscimento della personalità giuridica alla Scuola per l'Europa di Parma» (2434).
(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Sull'ordine dei lavori (ore 9,13).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, come sa, anche ieri il mio gruppo ha posto alla Presidenza problemi Pag. 2di carattere regolamentare legati alle modalità con le quali si è pervenuti alla formazione del testo che oggi è in discussione relativamente al decreto-legge che reca misure anticrisi e proroga di termini.
Come sa, Presidente, le modalità con le quali si è proceduto al voto sugli emendamenti nelle Commissioni ha provocato elementi distorsivi relativamente all'applicazione del Regolamento e, in particolare, in riferimento all'articolo 79, comma 10, e agli articoli 85 e 87 del Regolamento. Ma ciò, a nostro modo di vedere, ha provocato anche elementi distorsivi rispetto alla prassi consolidata che si è prodotta nel tempo, non solo nella formazione e nella definizione delle norme in relazione ai testi licenziati con voti preventivi relativamente agli emendamenti in Aula, ma anche nelle Commissioni.
Detto ciò, sottolineo anche che le modalità con le quali si è pervenuti al voto sono state tali per cui è stata adottata un'inusuale procedura in base a cui si è proceduto ad un voto in blocco su un insieme di emendamenti che conteneva esclusivamente le proposte emendative sulle quali il relatore e il Governo avevano espresso parere favorevole, con ciò provocando anche una non precisa applicazione, anzi provocando una rottura con il dettato dell'articolo 72 della Costituzione.
Nonostante ciò, signor Presidente, nonostante queste siano state le inusuali modalità con le quali si è pervenuti al testo finale, noi sappiamo che ella si è prodigata per garantire che l'Aula della Camera procedesse al voto sugli articoli e sul testo finale così come licenziati dalle Commissioni parlamentari, nel rispetto del lavoro dei singoli parlamentari, dei gruppi parlamentari e dell'insieme delle Commissioni di merito che avevano avuto, ed hanno, la responsabilità di guidare la nostra discussione nell'Aula, anche con il Comitato dei diciotto.
Oggi leggiamo sulla stampa - non su un solo quotidiano, e dunque abbiamo buona ragione di credere che ciò corrisponda probabilmente a elementi di verità - che il Governo sta preparando un maxiemendamento. Quando il Governo presenta un maxiemendamento si ipotizza almeno la posizione della questione di fiducia da parte del Governo medesimo, e nei giorni scorsi ella stessa ha avuto modo di rammentare al Governo che, ove avesse proceduto ad apporre un voto di fiducia, questo si sarebbe dovuto determinare sul testo licenziato dalle Commissioni.
In base alle notizie di stampa abbiamo ragione di pensare ciò, almeno fino a che non si dimostri il contrario. Il Governo e i relatori, dunque, possono intervenire per garantirci che non sia così. Se, infatti, ciò che sto dicendo non verrà considerato dal Governo e dai relatori, attraverso un intervento chiaro, pura illazione di stampa, abbiamo ragione di credere che le notizie a noi pervenute sono tali da mettere in discussione non solo l'autorevolezza e l'autonomia di questo Parlamento, ma anche ciò che era stato stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo e ciò che era stato da lei garantito nei giorni scorsi.
Da notizie di stampa si dice che si sta procedendo con un maxiemendamento alla modifica persino delle parti del decreto-legge in esame modificate nella discussione intervenuta in sede di Commissioni relativamente ad alcuni punti. Ciò riguarda anche quelle parti modificate dai relatori con degli emendamenti, non solo con quelli proposti dall'opposizione e dal mio gruppo e votati dalla maggioranza delle Commissioni. Si tratta di parti importanti che riguardano il sistema bancario, il ruolo del Ministero dell'ambiente...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Riguardano il rafforzamento dell'autorità nel sistema energetico e il controllo della Corte dei conti.
Signor Presidente, se così fosse, io le chiederei un supplemento di verifica in quest'Aula o nelle sedi che ella ritenga più opportune con il Governo e con i responsabili della maggioranza affinché essi si attengano ai criteri, alle modalità e agli indirizzi adottati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 3

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori ed esprimo da parte del gruppo dell'UdC tutta la preoccupazione per quanto sta avvenendo. Ieri siamo intervenuti sullo stesso argomento stigmatizzando il fatto che nelle Commissioni si fosse passati a votare in un solo blocco una serie di emendamenti.
Come abbiamo detto, se è stato dimostrato che c'era già qualche precedente, questo si era verificato da quando in questo Parlamento erano venute meno le forti ragioni della discussione e dell'approfondimento di tutti gli argomenti; ovvero da quando si è intrapresa quella scorciatoia che di solito non porta mai a niente di buono rispetto alla discussione degli argomenti in quest'Aula.
Avevamo anche detto che purtroppo la prassi non è un'eccezione ma una regola quando si continua a procedere con i decreti-legge, le fiducie e quant'altro. Comunque, alla fine l'auspicio è stato di potere discutere e approfondire fino in fondo in quest'Aula tutte le tematiche e le problematiche portate, ovvero i provvedimenti importanti come questo decreto-legge anticrisi.
Avevamo auspicato che non si arrivasse per l'ennesima volta al voto di fiducia, cosa che invece sta avvenendo e che appare ancora più aggravata dalle notizie di stampa - come ha avuto modo di dire poco fa il collega Quartiani - che prevederebbero addirittura un'ulteriore forzatura rispetto a quello che è stato già un lavoro difficile nelle Commissioni. Si tratta di un'ulteriore forzatura che pare andrebbe oltre ciò che è stato discusso nelle Commissioni e che addirittura eliminerebbe qualche punto approvato in quella sede.
Mi rivolgo a lei, signor Presidente, perché mi ero tranquillizzato leggendo sulla stampa le sue dichiarazioni, che affermavano che difficilmente lei sarebbe rimasto in silenzio, se il Governo avesse presentato un maxiemendamento modificativo del testo licenziato dalle Commissioni. Quindi, continuo ad essere tranquillo, perché fino adesso credo che lei abbia dato dimostrazione di grande equilibrio, responsabilità e senso di questo Parlamento, cosa che da parte del Governo ormai non avviene più da tempo.
Pertanto, mi auguro - ed è questo il senso del mio intervento a nome del gruppo dell'Unione di Centro - che lei tuteli questo Parlamento e faccia in modo che, ancorché si passi al voto di fiducia previsto (al quale noi siamo sempre contrari, perché non ci permette di approfondire e portare quel contributo che sarebbe utile a migliorare qualsiasi tipo di provvedimento), non avvenga anche un fatto di gravità inaudita, ossia che, oltre che porre la questione di fiducia, venga presentato un maxiemendamento che modifichi il testo approvato dalle Commissioni.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, anche io intervengo per chiederle in modo accorato una difesa di questa istituzione, che sarebbe lesa doppiamente dal fatto di cui si parla. Infatti, come più volte ovviamente noi dell'opposizione abbiamo sottolineato, il metodo di questo Governo di lavorare unicamente con decreti-legge, spesso o quasi sempre finiti con un voto di fiducia, di fatto riduce la possibilità del Parlamento di discutere nel merito dei provvedimenti.
Nel caso specifico, però, ci troveremmo di fronte ad una seconda gravissima lesione, come ho detto ieri nel mio intervento nella discussione sulle linee generali, visto che una delle modifiche di cui si parla riguarderebbe, ad esempio, proprio l'articolo 2, sul quale c'è stata un'ampia discussione in Commissione.
Ci sono stati ampi interventi di miglioramento, signor Presidente, e ciò è la Pag. 4dimostrazione che la discussione fatta in modo approfondito non è inutile, che il Parlamento non è inutile.
Negli articoli discussi abbiamo migliorato moltissimo il provvedimento. Certamente, abbiamo discusso per poterlo migliorare e credo che questo sarebbe dovuto avvenire anche per i restanti articoli.
Signor Presidente, immaginare ora che addirittura si intervenga con modifiche a quegli articoli che sono stati oggetto di discussione approfondita nelle Commissioni, a me pare che sia una lesione inaccettabile delle prerogative del Parlamento e sono certo che lei saprà interpretare questo sentimento, che credo sia diffuso tra noi dell'opposizione, ma al quale non credo che siano insensibili anche i colleghi della maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Per quanto attiene alla prima parte degli interventi degli onorevoli Quartiani e Compagnon, vale a dire le procedure attraverso le quali si è giunti nelle Commissioni all'approvazione del testo, richiamo quanto detto nella seduta di ieri da parte del Presidente Bindi. Cito testualmente le sue parole, nelle quali pienamente mi riconosco: non vi è dubbio, dal punto di vista del Regolamento, che spetta ai presidenti di Commissione assicurare che un provvedimento possa arrivare in Aula nei tempi che sono stati previsti e, da questo punto di vista, alla presidenza delle varie Commissioni è anche affidata una sorta di discrezionalità nelle procedure da scegliere.
È evidente che la discrezionalità, proprio perché tale, può essere oggetto di diverse valutazioni da parte di ogni collega dell'Aula.
Per quanto attiene alla seconda parte degli interventi degli onorevoli Quartiani, Compagnon e Borghesi, credo che sia doveroso, ancor prima che saggio, attendere il tempo necessario per verificare se quanto ipotizzato diventerà realtà.
Non ho alcuna difficoltà a ribadire ancora una volta che, qualora l'ipotesi divenga reale, la Presidenza della Camera, secondo quello che è il suo preciso dovere, valuterà con il doveroso ed attento esame l'intero maxiemendamento governativo ed in particolar modo la concordanza o discordanza dell'eventuale maxiemendamento governativo con il testo che è stato approvato dalle Commissioni. Come ho detto, e lo confermo, se la Presidenza della Camera riterrà opportuno rivolgersi ai colleghi per esprimere alcune valutazioni in ordine all'iter legislativo, non mancherà di farlo.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali (A.C. 2561-A) (ore 9,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione sulle linee generali.

(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2561-A)

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Egregio Presidente e onorevoli colleghi, riprendiamo in Aula l'esame del provvedimento di conversione in legge del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi e proroga di termini. Ancora una volta, ci troviamo davanti ad un provvedimento omnibus, varato dal Governo con un'ennesima forzatura, mettendo insieme materie di varia natura e scegliendo ancora una volta la via della decretazione d'urgenza e, come ormai appare certo, della posizione della questione di fiducia. Pag. 5
Questo ripetuto ed ormai consueto ricorso a provvedimenti di carattere emergenziale e di contenuto eterogeneo conferma la volontà di svuotare di peso e significato l'attività di quest'Aula e del Parlamento, ma rivela ancora una volta l'incapacità di affrontare in maniera compiuta e razionale questioni di assoluta rilevanza ed urgenza, a partire da quelle della crisi economica. Accecato dal desiderio di caratterizzare la propria azione nei confronti dell'opinione pubblica per tempestività ed efficienza, il Governo continua a varare provvedimenti che si rivelano in larga misura lacunosi ed inefficaci.
È il caso anche del decreto-legge anticrisi in esame, l'ennesimo provvedimento anticrisi che il Governo annuncia agli italiani, i quali continuano a pagare gli effetti gravi e reali della crisi, non affrontata con la giusta decisione dell'Esecutivo.
Anche il decreto-legge in esame, purtroppo, appare nella sua limitatezza come un provvedimento tardivo ed insufficiente e va a sommarsi a quegli interventi fin qui varati dall'Esecutivo, che hanno portato il Paese ad ottenere risultati economici e finanziari deludenti e certamente inferiori rispetto a quelli raggiunti dai grandi Paesi industrializzati.
È una condizione dovuta certamente alla sottovalutazione o addirittura alla negazione della crisi, per lungo tempo professata dal Ministro dell'economia, ma anche riconducibile alle scelte sbagliate e gravissime, soprattutto con gli occhi di oggi, di sprecare risorse preziose per il salvataggio di Alitalia, nei modi e nei tempi che a tutti sono noti, e per l'abolizione totale dell'ICI sulla prima casa, risorse che invece sarebbero state decisive se investite in un sostegno immediato all'economia reale, come il nostro partito ha chiesto con forza in più occasioni ed anche in quest'Aula.
Oggi, purtroppo, il decreto-legge in esame si inserisce in una fase ancora più negativa: un calo di oltre sei punti del PIL nel primo trimestre, il crollo della produzione industriale di quasi il 15 per cento, un sensibile indebolimento del potere di acquisto delle famiglie e del livello dei salari, dati drammatici sull'occupazione. È una crisi i cui segnali di ripresa, se vi sono, appaiono debolissimi e che è ben lontana dall'aver sfogato i suoi effetti peggiori su famiglie ed imprese.
Come hanno evidenziato in più occasioni i colleghi della Commissione bilancio e finanze, sarebbe stato più opportuno che l'esame del decreto-legge sottoposto alla nostra attenzione avesse seguito una logica di razionalità, cioè a partire da un'analisi seria e completa della situazione dell'economia e dei conti pubblici nel nostro Paese.
Invece, il provvedimento in esame è arrivato alla Camera mentre il disegno di legge relativo al rendiconto e all'esercizio 2008 e quello relativo all'assestamento 2009 sono all'esame al Senato. Il DPEF per gli anni 2010-2013, approvato dal Consiglio dei ministri solo la scorsa settimana e questa settimana oggetto di esame delle Commissioni, sarà discusso e votato dal Parlamento solo successivamente alla conversione del decreto-legge in esame.
È un metodo scorretto ed improduttivo, che è stato peggiorato dai tempi brevissimi di esame concessi alle Commissioni e, fatto ancor più grave, dall'aggiunta all'ultimo momento da parte di relatori e Governo di emendamenti di ampia portata, riferiti a materie pesanti (in particolare quelle sul condono fiscale e la riforma delle pensioni), che hanno snaturato i contenuti di un decreto-legge già così articolato e complesso.
Un tema delicato come quello delle pensioni non può essere certo oggetto di un emendamento presentato all'ultimo minuto: deve essere affrontato in una logica di riforma complessiva e condivisa, aprendo una discussione in Parlamento ed un confronto serio con le parti sociali.
Cosa dire sulla proposta dello scudo fiscale, che ha tutti i caratteri di un condono inserito all'interno di un decreto-legge di urgenza, tanto più se le eventuali risorse derivabili, così come sono, non contribuiscono alla copertura finanziaria delle norme contenute nel decreto-legge in esame? Pag. 6
Il nostro gruppo ha chiesto che entrambe queste materie, per la loro incidenza ed anche per l'approssimazione con cui sono state elaborate le proposte emendative, fossero stralciate dal provvedimento. Non sussiste il carattere di urgenza e, soprattutto, stiamo parlando di questioni che richiedono una discussione di merito più approfondita e, certamente, non compatibile con lo strumento dell'emendamento ad un decreto-legge. Purtroppo, non è stato così.
Allo stesso modo, non sono state accolte le nostre proposte emendative relative, ad esempio, all'articolo 9 del provvedimento in discussione, che riguarda il problema, già più volte trattato dal Parlamento, dei crediti delle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni. A riguardo, la formulazione proposta dal Governo appare assolutamente insoddisfacente ed inefficace. Sarebbe stato necessario consentire l'utilizzo delle disponibilità dei comuni, bloccate dal Patto di stabilità interno, in maniera più decisiva per andare incontro alle esigenze, innanzitutto, dei comuni virtuosi, per consentire il pagamento dei residui passivi e, soprattutto, per rilanciare le spese di piccola e media entità in conto capitale (come, peraltro, lo ricordo, il Governo si era formalmente impegnato a fare, approvando alcuni nostri ordini del giorno su provvedimenti precedenti al riguardo).
È un'altra promessa mancata, che molti deputati qui presenti, compresi quelli della Lega Nord, dovranno andare a spiegare anche ai loro amministratori, strozzati dai vincoli del Patto di stabilità e in crescente difficoltà anche nel gestire l'ordinaria amministrazione.
Il decreto-legge in discussione contiene una serie di misure che hanno un'incidenza notevole anche sul settore ambientale delle opere pubbliche, su cui desidero concentrare la mia attenzione.
L'articolo 4 reca norme di semplificazione per gli interventi di produzione, trasmissione e distribuzione di energia, da realizzare con capitale prevalentemente, o interamente, privato, qualora ricorrano particolari ragioni di urgenza, in relazione allo sviluppo socio-economico, nel caso in cui essi debbano essere effettuati con mezzi e poteri straordinari. Questi interventi sono individuati dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentito il Ministero per la semplificazione normativa, d'intesa con le regioni e le province autonome interessate.
Secondo la formulazione dell'articolo 4, al commissario spetterà l'emanazione di tutti gli atti e provvedimenti, nonché la cura di tutte le attività di competenza dell'amministrazione pubblica occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi. Potrà avvalersi, ove necessario, dei poteri di sostituzione e di deroga, già attribuiti al commissario, di cui all'articolo 20 del decreto-legge n. 185 del 2008.
Si tratta di una norma deleteria per l'ambiente e la salute dei cittadini, che sopprime, di fatto, il ruolo del Ministero dell'ambiente nel delicato iter autorizzativo per la realizzazione di centrali di produzione per le reti di distribuzione di energia, e che esautora ogni ruolo degli enti locali. È un metodo di lavoro che ci sta esasperando: ci tolgono competenze e ci tolgono anche i soldi. Queste parole non sono mie, sono le dichiarazioni rese ieri dal Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, onorevole Prestigiacomo. Ci fa piacere che solo oggi, il Ministro si accorga e dichiari così apertamente queste cose: noi le denunciamo da tempo in Commissione e in quest'Aula.
L'articolo 4 del provvedimento in discussione, che ha aperto un conflitto evidente, tutto interno al Governo, tra i vari Ministeri, toglie ogni competenza al Ministero dell'ambiente rispetto a questioni strategiche, come sono le infrastrutture energetiche, attraverso la figura, ormai mitica, del commissario straordinario, che diventa sempre più ordinario, e toglie autorevolezza e peso alle istituzioni locali in questioni strettamente legate alle condizioni di vita dei territori e delle comunità che esse rappresentano. Pag. 7
Purtroppo, è una tendenza che questo Governo persegue con grande tenacia e convinzione da tempo, in nome di un'esigenza, anche condivisibile di per sé, di certezza e di rapida realizzazione delle infrastrutture, ed anche di semplificazione normativa, ma che mortifica i livelli di governo locali - che, di fatto, esprimono forti preoccupazioni a riguardo - e che, soprattutto, toglie loro il ruolo fondamentale di garanzia circa il rispetto della qualità della salute dei cittadini e dell'ambiente locale.
Tale questione apre anche una riflessione più ampia: l'insofferenza dimostrata da questo Esecutivo verso procedure e regole che devono garantire scelte corrette ed efficaci. Con il commissario straordinario si bypassa tutto, si cancellano competenze tecniche terze, come quelle della Commissione per la valutazione d'impatto ambientale (VIA), che dovrebbero garantire la realizzazione efficace e certa, anche nei confronti dei cittadini, di infrastrutture di questo tipo.
È una situazione che abbiamo sollevato già nell'esame in Commissione e che vogliamo sottolineare con maggior forza anche in questa occasione, chiamando il Governo a risolvere il problema che si è creato.
In materia di proroga termini, il decreto-legge in esame prevede la proroga di una serie di termini - molte volte l'ennesima - relativi, ad esempio, all'iscrizione dei produttori di pile e accumulatori al registro nazionale per l'immissione sul mercato dei prodotti. L'articolo 23, comma 6, interviene sull'articolo 159 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), disponendo la proroga per altri sei mesi, fino al 31 dicembre 2009, del regime transitorio di autorizzazione paesaggistica e del termine assegnato alle regioni per verificare l'adeguatezza delle strutture nei soggetti delegati all'esercizio della funzione autorizzatoria in materia di passaggi.
È indubbio che, allo stato attuale, sussista la necessità di prevedere questa proroga, peraltro - lo ricordo - già contenuta in una risoluzione approvata dalla Commissione e poi in un provvedimento con il quale il Governo aveva prorogato fino al 30 giugno 2009 il regime transitorio. Questa necessità sussiste perché vi è, evidentemente, l'esigenza di consentire agli uffici periferici del Ministero per i beni e le attività culturali, alle regioni e agli enti locali di riorganizzare le proprie strutture. Il rischio, però, è che, in assenza di una verifica effettiva di quanto si sta facendo per adeguare tali strutture e di fronte alla possibilità reale riconosciuta agli enti locali di attivarsi per adeguarsi - qui si torna al tema delle risorse -, un regime transitorio e straordinario si trasformi in ordinario, con l'effetto di annullare i presupposti positivi dell'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che legano la nuova procedura con le previsioni dei piani paesaggistici aggiornati.
Infine, il comma 21 dell'articolo 23 differisce al 31 dicembre 2009 il termine oltre il quale i comuni possono comunque adottare la tariffa integrata ambientale, anche in mancanza dell'emanazione da parte del Ministero dell'ambiente del regolamento previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006. Su questo punto, non possiamo che ribadire le nostre considerazioni critiche già espresse in sede di conversione del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito in legge nel 2009, perché la rapida implementazione della TIA è uno strumento indispensabile, se davvero si vogliono aumentare i livelli attuali di raccolta differenziata dei rifiuti. Già il decreto-legge cosiddetto Ronchi del 1997 prevedeva questa possibilità; noi chiediamo che sia data attuazione ai contenuti del decreto legislativo del Codice dell'ambiente e che la possibilità sia rafforzata, mantenuta e messa a sistema, anche perché le esperienze significative che in questi anni sono state assunte da vari territori nell'assunzione della tariffa integrata ambientale, hanno portato un vantaggio prima di tutto ai cittadini.
Il provvedimento, inoltre, contiene la proroga ulteriore - l'ennesima - del «decreto sfratti». Il comma 1 dell'articolo 23 stabilisce la sospensione per altri sei mesi, fino a fine anno 2009, delle procedure Pag. 8esecutive di rilascio per finita locazione previste dal decreto-legge n. 158 del 2008. In quel decreto-legge venivano precisate le finalità del provvedimento di sospensione, dichiaratamente necessarie per far fronte a una situazione contingente, ma certamente non risolutive di una condizione strutturale di emergenza abitativa. La logica del piano da adottare con la proroga del «decreto sfratti» era quella di adottare una misura tampone in attesa della realizzazione degli interventi previsti dal Piano casa, introdotti dall'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, un piano da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata.
Dopo mesi di stallo e di ricerca faticosa di un'intesa con le regioni, lo scorso 8 maggio è intervenuta la delibera CIPE e proprio nei giorni scorsi il Governo ha varato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nonostante la scadenza dei termini. Voglio ricordare che le difficoltà che erano conseguite al raggiungimento di un'intesa con le regioni sono state in larga misura motivate dalla mancanza di certezza circa le risorse già assegnate dai precedenti provvedimenti sulla casa varati dal Governo Prodi. Il piano per centomila alloggi nei prossimi cinque anni, che è stato annunciato in questi giorni dal Presidente del Consiglio, sicuramente non servirà a dare una risposta adeguata al disagio abitativo che diventa sempre più drammatico nel nostro Paese e si rivelerà per quello che è, un effetto annuncio. Vengono messi in gioco solo una parte dei 550 milioni di euro che erano stati stanziati dal Governo Prodi.
Rimane aperto il tema del trasferimento alle regioni e agli enti locali e soprattutto, in attesa finalmente di questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da parte del Governo, di questa parte molto parziale del Piano casa, registriamo un ritardo notevole di oltre un anno e mezzo rispetto alla realizzazione di dodicimila alloggi di edilizia residenziale pubblica che già erano stati previsti nell'intesa raggiunta con le regioni e con il precedente Governo. Purtroppo, l'impostazione attuale del Piano casa rischia di non dare una risposta adeguata alle caratteristiche della domanda abitativa del nostro Paese.
La maggior parte degli alloggi realizzati sarà destinata all'edilizia privata in vendita mentre si prevede che una minima parte di risorse aggiunte, se ci saranno, a quelle già stanziate dal Governo Prodi, arriverà dall'alienazione di parte del patrimonio di edilizia residenziale pubblica attualmente destinato all'affitto. Il ricavato dovrebbe essere destinato al sistema di fondi immobiliari che provvederebbero al reinvestimento in alloggi senza alcun vincolo di socialità, se non genericamente quello del canone sostenibile. In questo modo si darà forse risposta ad una fascia sociale adiacente a quella del disagio abitativo grave, lasciando però irrisolti i problemi delle oltre 600 mila famiglie inserite utilmente nelle graduatorie di edilizia residenziale pubblica e di quelle svantaggiate a rischio di esclusione dal mercato libero dell'affitto a causa della congiuntura economica negativa.
Un'analisi approfondita delle cause di sfratto nel nostro Paese ha evidenziato che negli ultimi anni si è registrato un sostanziale aumento dei provvedimenti presi per morosità e parallelamente una diminuzione di quelli per finita locazione. Nel corso del 2007, il 77,34 per cento dei provvedimenti emessi sono riconducibili a cause di morosità. Un'indagine recente del Censis ha rilevato come il comparto dell'affitto, oltre a costituire un elemento di debolezza strutturale nel quadro italiano, ha registrato nel tempo una crescente associazione tra soluzione abitativa in locazione e la difficile condizione economica delle famiglie. L'effetto del caro-affitto si traduce in una notevole incidenza dei costi abitativi, al punto da far emergere nuove forme di disagio che riguardano non solo le fasce più povere in condizione di emergenza abitativa, ma anche le famiglie della fascia medio-bassa in affitto nel libero mercato.
L'attuale crisi economica che sta attraversando il Paese rischia di aggravare ulteriormente il processo, già in atto, di Pag. 9allargamento delle aree sociali del disagio della povertà e del rischio abitativo. Per questo, nel corso di questi mesi, abbiamo presentato una serie di proposte sotto diversi punti di vista, per sostenere il mercato della locazione a canone calmierato, sia sul fronte degli inquilini che della proprietà: incentivi, detrazioni fiscali, procedure finalizzate a favorire la regolarità del settore delle locazioni e a stimolare l'offerta di abitazioni accessibili alle fasce più deboli. Tutte le nostre proposte sono state regolarmente respinte, così come la richiesta al Governo di sostenere l'accesso al mercato dell'affitto per famiglie a basso e medio reddito, anche attraverso il potenziamento di misure economiche già previste quali il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso all'abitazione in locazione, di concerto con regioni ed enti locali, che è stato ridotto di oltre il 30 per cento dalla legge finanziaria dell'anno scorso.
In questa sede non possiamo che ribadire le perplessità rispetto ad un intervento quale il Piano casa annunciato in questi giorni che gioca solo sull'effetto annuncio, chiedere invece che vengano messi in campo interventi incisivi a sostegno delle famiglie, prima di tutto quelle dei lavoratori che rischiano di perdere o hanno perso il posto di lavoro e che la crisi ha posto in condizioni di grave difficoltà e richiamare il Governo ad un rapido intervento davvero efficace per affrontare il problema abitativo che nella sua complessità pesa sul Paese.
Questo decreto-legge contiene, inoltre, misure di intervento sulle popolazioni colpite dal terremoto nello scorso aprile in Abruzzo. Ne è stato discusso ampiamente ieri dall'onorevole Lolli. Già in sede di discussione in sede di VIII Commissione (Ambiente) abbiamo espresso un giudizio fortemente critico su queste disposizioni che prevedono il recupero, a partire dal gennaio del prossimo anno, dei versamenti fiscali e contributivi sospesi per il periodo compreso dal 6 aprile al 30 novembre 2009, mediante 24 rate mensili di pari importo. Vorrei chiarire che a noi sta a cuore la ripresa della vita economica e sociale delle popolazioni abruzzesi, ma non possiamo fare a meno di denunciare l'ennesimo tradimento delle promesse fatte che si manifesta con queste iniziative del Governo. Ci dovete spiegare perché, dopo tutte le promesse fatte che già iniziano a rivelare la loro natura inconsistente, prevedete per la famiglie e le imprese abruzzesi così duramente colpite dal terremoto un trattamento tanto discriminante rispetto a quello riservato ad altre realtà del nostro Paese colpite da eventi sismici.
Voglio ricordare, colleghi, che le popolazioni delle Marche e dell'Umbria colpite dal terremoto del 1997, con un decreto-legge votato soltanto qualche mese fa, hanno ottenuto di definire la sospensione e la restituzione dello sgravio fiscale in 120 rate mensili a decorrere dal giugno 2009, stessa disposizione prevista per i territori colpiti dai terremoti del 2002 nelle province di Campobasso e di Foggia.
Il trattamento riservato alle popolazioni abruzzesi rischia di compromettere ulteriormente la ripresa dell'attività economica nelle zone colpite dal sisma e di determinare il definitivo allontanamento da quei territori della parte più attiva e vitale della popolazione. Queste nostre preoccupazioni in sede di Commissione sono state condivise anche dalla maggioranza, al punto che il parere espresso sul provvedimento contiene la condizione che si provveda almeno al differimento al mese di gennaio del termine di recupero dei versamenti fiscali contributivi.
Ci rendiamo conto che, nonostante questa sollecitazione condivisa anche dalla maggioranza, il Governo non ha ritenuto di accogliere questo invito. Il decreto-legge che andiamo a convertire contiene altri interventi che modificano pesantemente le procedure degli appalti pubblici (secondo un emendamento che è stato presentato in corso di discussione e che non è stato esaminato nemmeno dalla Commissione competente) e contiene procedimenti relativi alla tracciabilità dei rifiuti. Si tratta di misure importanti, ma che si caratterizzano Pag. 10per la parzialità ed estemporaneità. Materie come queste non possono essere trattate in questo modo.
Ho tentato, signor Presidente, di mettere in luce in questo intervento i limiti dei contenuti di questo decreto-legge che si rivela del tutto insufficiente ad affrontare la situazione critica del Paese. Tuttavia, come spesso accade, non si può fare a meno di registrare anche una serie di occasioni mancate che provvedimenti di questo tipo si lasciano sfuggire.
Voglio fare riferimento, in particolare, alla mancata stabilizzazione delle agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici e la mancata estensione di tale agevolazione alla messa in sicurezza degli immobili rispetto al rischio sismico, tema tanto attuale e strategico anche per sostenere una ripresa del settore edilizio e dell'economia verde su un terreno che questo Governo ha dichiarato in più occasioni di voler percorrere, purtroppo, solo a parole. Infatti, i dati contenuti nel DPEF, che abbiamo esaminato in questi giorni, dimostrano come le risorse allocate alle poste di bilancio per i prossimi anni siano del tutto insufficienti a raggiungere gli obiettivi assunti formalmente dal Governo in sede europea.
Con le nostre proposte emendative abbiamo chiesto di stabilizzare le agevolazioni fiscali attualmente previste fino al 2010 per la riqualificazione energetica degli edifici e di estenderle per l'appunto alla messa in sicurezza degli immobili rispetto al rischio sismico. La conferma del meccanismo di detrazione al 55 per cento, che in questi anni ha dato ottimi risultati, in costante miglioramento, ed ha stimolato anche una nuova coscienza ambientale diffusa nei cittadini, avrebbe consentito di eliminare elementi di incertezza del quadro normativo rispetto alle misure di incentivo alla riqualificazione energetica, rispondendo a un'esigenza che viene da un'intera filiera produttiva consolidatasi in questi anni.
Anche in ragione dei buoni risultati ottenuti abbiamo poi proposto che la misura venisse estesa alla messa in sicurezza degli edifici dal punto di vista sismico, rispondendo a un'esigenza di sicurezza fortemente avvertita dai cittadini soprattutto dopo la tragedia del terremoto. Purtroppo, fin qui, abbiamo registrato un atteggiamento di chiusura da parte del Governo, nonostante l'osservazione condivisa in sede di Commissione anche dalla maggioranza. Ci rammarichiamo, pertanto, che non ci sia stato un serio ripensamento al riguardo.
Il Paese ha bisogno di interventi decisi ed efficaci per invertire la rotta e intraprendere il prima possibile la strada della ripresa. Chiediamo al Governo di non sprecare questa occasione e di rivedere questo decreto-legge nei suoi punti più critici, stralciando le parti riferite, ad esempio, alle pensioni e al condono fiscale, e di avviare in quest'Aula un confronto serio tra le forze politiche per dare le risposte che il Paese si attende e che la politica ha il dovere di dare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per richiedere alla Presidenza di porre in votazione la chiusura della discussione sulle linee generali, essendosi svolta già una grossa parte della stessa nella giornata di ieri fino alla tarda serata e mancando ancora la metà degli iscritti a parlare. Chiedo, pertanto, alla Presidenza, per accelerare i tempi di esame del provvedimento, di porre in votazione la chiusura della discussione generale.

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 44, comma 1, del Regolamento i colleghi sanno che sulla richiesta avanzata dall'onorevole Baldelli, a nome del gruppo del Popolo della Libertà, possono intervenire un oratore contro e uno oratore a favore per non più di cinque minuti.
Quindi, immagino che l'onorevole Quartiani voglia parlare contro.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, immagina bene!

Pag. 11

PRESIDENTE. Sono perspicace!

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare contro.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, occorre chiarire che una richiesta di questo genere si aggiunge alle modalità con le quali si è pensato di imporre al Parlamento, sin dal primo momento, da parte del Governo un decreto-legge che contiene al suo interno materie che dovrebbero essere oggetto di diversi provvedimenti, benché all'interno del testo finale licenziato dalle Commissioni, al di là dei problemi regolamentari che abbiamo già sollevato e di costituzionalità dell'iter e delle procedure adottate per addivenire al testo finale.
Inoltre, nel corso dell'esame nelle Commissioni il testo finale è stato modificato, sono state inserite addirittura riforme intere di sistemi, quali quello pensionistico, e sono intervenute modifiche sostanziali di funzionamento di alcune parti importanti della nostra economia e del nostro sistema economico; tali modifiche riguardano soprattutto le piccole e medie aziende, il sistema bancario, gli interessi e la difesa dei consumatori, lo scudo fiscale e, dunque, le modalità con le quali il Governo e la maggioranza intendono sostanzialmente aprire una nuova fase condonistica, anziché occuparsi delle modalità attraverso cui affrontare una dura crisi economica lungi dall'essersi conclusa, nonostante siano intervenute modalità nuove, non certamente positive, che intervengono sul sistema energetico.
Nonostante siano stati introdotti questi elementi, l'opposizione e il gruppo del Partito Democratico hanno accettato e voluto che all'interno di questo Parlamento e di questa Assemblea si arrivasse ad un confronto e ad un dibattito di contenuto al quale non abbiamo voluto mancare e al quale non vorremmo mancare. Benché ci sia stata quasi preannunciata da tempo la volontà del Governo di porre la questione di fiducia su questo decreto-legge, noi continuiamo a pensare e pensavamo che fosse disponibile almeno un lasso di tempo sufficiente a garantire la parola o il confronto ai colleghi che avevano presentato emendamenti, ordini del giorno e che da tempo seguono i settori oggetto di un intervento radicale, anche di riforma, da parte del Governo e della maggioranza. Invece, sia la parola sia il confronto sono stati conculcati dalla maggioranza, attraverso un atteggiamento protervo che tende a negare i tempi della discussione e del confronto democratico nel Parlamento.
Signor Presidente, nonostante questo, nonostante l'atteggiamento dell'opposizione, noi oggi ci troviamo di fronte ad un responsabile del Popolo della Libertà che chiede a lei, signor Presidente, di procedere ad un voto per tagliare la discussione e - ho sentito bene con le mie orecchie e lo hanno sentito tutti i colleghi - la motivazione è la seguente: si è già proceduto alla discussione e metà dei colleghi sono già intervenuti. Bontà sua!
Credo che questo concetto di democrazia, che è insito nelle modalità e nell'intelligenza - chiamiamola così - politica di un rappresentante del Popolo della Libertà, è lungi dal concetto di una democrazia parlamentare nella quale, come abbiamo dimostrato in questi giorni, il confronto di merito e sui contenuti è il sale fondamentale per garantire gli equilibri costituzionali e istituzionali della nostra democrazia.
Se il Governo pensa di avere all'interno di quest'Aula una sorta di comitato direttivo della sua maggioranza pronto a votare qualsiasi norma, non avrà certamente da parte dell'opposizione un atteggiamento di acquiescenza a che tutto ciò diventi prassi e a che tutto ciò diventi un modo usuale di lavorare del Parlamento e della Camera dei deputati.
Noi pertanto, non solo voteremo contro la richiesta di chiusura della discussione sulle linee generali, ma di fronte a questa ulteriore rottura della prassi regolamentare e delle modalità democratiche di discussione che dovrebbero essere proprie di un Parlamento, di una democrazia Pag. 12moderna e avanzata, signor Presidente, ci riserviamo di adottare tutti gli strumenti regolamentari per garantire che la parola ai deputati dell'opposizione non venga a mancare. Ci rifacciamo alla sua capacità di rappresentare l'insieme dell'Aula in modo tale che ciò sia garantito.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare a favore.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, parlo a favore della proposta del collega Baldelli perché la condivido e la ritengo assolutamente saggia, ragionevole e, a differenza di quanto ravvisa nelle ultime parole l'onorevole Quartiani, assolutamente prevista dal nostro Regolamento e come tale assolutamente legittima.
L'onorevole Quartiani ha fatto due interventi di varia natura questa mattina. Il primo razionale o comunque ragionevole e ragionato, mentre quello di adesso mi è sembrato alquanto populista. Su quello di questa mattina sull'ordine dei lavori ha ottenuto da parte del Presidente della Camera una risposta autorevole di cui mi compiaccio e che condivido assolutamente anche a nome del gruppo della Lega Nord; con grande autorevolezza il Presidente della Camera dei deputati ha ribadito qual è il pensiero in merito, per cui tre quarti delle osservazioni fatte dall'onorevole Quartiani hanno già trovato adeguata risposta in questo autorevole e assolutamente condivisibile intervento.
Ora invece si tratta di dare delle risposte certe in tempi certi. Anche le risposte devono essere certe perché in un momento di crisi non possiamo essere continuamente imprecisi, non possiamo non dire quali sono le risposte che il Governo e il Parlamento intendono dare. Per cui su un argomento di questa natura è assolutamente importante che si arrivi ad una posizione definitiva. Concordo con l'onorevole Baldelli, vi è stato davvero tutto il tempo, vi è stata tutta la disponibilità, vi è stata tutta la tempistica per effettuare gli interventi che erano doverosi e opportuni. Pertanto credo che sia davvero utile che in questo momento si voti la proposta del collega Baldelli e che in questo modo si dia, su un settore delicato che aspetta risposte dal Paese, un voto certo e definitivo di quest'Aula.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10).

PRESIDENTE. Decorre pertanto da questo momento il termine di preavviso di venti minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 10,20.

La seduta, sospesa alle 10, è ripresa alle 10,20.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Prego i colleghi di prendere posto.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di chiusura della discussione sulle linee generali avanzata dall'onorevole Baldelli.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

L'onorevole Latteri ha votato. Onorevole Lo Monte, non funziona? Ha votato. Onorevole Simeoni? I colleghi hanno votato? Onorevole Tremaglia, prego. Onorevole Angeli? Onorevole Calvisi, ha votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 363
Maggioranza 182
Hanno votato 244
Hanno votato no 119
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Pag. 13

Prendo atto che i deputati Abrignani, Fucci, Scandroglio, Giulio Marini, Castiello, Di Biagio e Vincenzo Antonio Fontana hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Rigoni, Ferranti, Delfino, Giovanelli, Mario Pepe (PD) e Zampa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario. Onorevoli colleghi, vi prego di prestare attenzione.
Ricordo che, essendo stata deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali a norma dell'articolo 44, comma 2, del Regolamento, ha facoltà di parlare per non più di trenta minuti un deputato tra gli iscritti non ancora intervenuti nella discussione per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, quanto sta accadendo in queste ore e in questi giorni, in questo Palazzo e in quest'Aula, sta rapidamente superando la decenza istituzionale, ma riprenderemo questo argomento nel corso dell'intervento. La congiuntura economica presenta ancora seri problemi: i segnali di ripresa, che vengono comprensibilmente esaltati, sono troppo fragili per consentire di dichiarare la fine della crisi.
È purtroppo ragionevole aspettarci un autunno difficile sia per la produzione sia per il lavoro. In ogni caso, non è ancora garantito che il nostro Paese, che somma alla crisi globale debolezze proprie di carattere strutturale, possa salire nelle carrozze di prima classe, quando il treno della ripresa internazionale ripartirà.
Dobbiamo affrontare questa situazione con un atteggiamento responsabile, rigettando ogni catastrofismo, ma anche non affidandoci ad un'illusoria superficialità; mi è apparsa, invece, superficiale la dichiarazione che ieri ha fatto il Presidente del Consiglio, quando ha dichiarato che la crisi è sbollita, mentre il CNEL diffondeva dati allarmanti sulla perdita di posti di lavoro.
Il Governatore della Banca d'Italia l'altra sera nella sua audizione al Senato sul DPEF raccomandava un equilibrio serio tra realismo e fiducia.
A proposito di DPEF, i DPEF di assestamento costituiscono il contesto dentro il quale va collocato il decreto-legge in esame: un contesto difficile, di allargamento del buco finanziario che sta vanificando la politica dei tagli tanto sbandierata, sino a rappresentare una nuova emergenza, aggravata dal nostro PIL. Però non abbiamo ancora discusso né dell'uno né dell'altro, mentre stiamo approvando il decreto-legge che ne deriva.
Signor Presidente e cari colleghi, questo esercizio di responsabilità prevale solo se si prende atto della necessità di una collaborazione nazionale di dialogo, oltre l'emergenza. Ho sostenuto in questi giorni in Commissione, purtroppo inutilmente, che il Parlamento non dovrebbe dividersi sul messaggio da dare agli italiani contro la crisi: lo sforzo di ricerca di soluzioni condivise dovrebbe essere massimo, la volontà di convergere esplicita. Non è quello che è accaduto; ma, come stiamo constatando anche in questi minuti, non accadrà finché il Governo continua a pensare che avendo un consenso politico e sociale ampio, il miglior modo per conservarlo sia dimostrare che decide da solo, indipendentemente non solo dalle opposizioni, ma anche dalla propria maggioranza e dall'intero Parlamento.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Baretta. Pregherei i colleghi che non intendono ascoltare l'onorevole Baretta di uscire dall'Aula, di consentire quindi all'oratore e ai colleghi che intendano ascoltarlo di poterlo fare in modo tranquillo.

PIER PAOLO BARETTA. Grazie, signor Presidente. Sono cosciente della fortunata condizione di cui gode il Governo, che gli consente di produrre provvedimenti omnibus e contraddittori, di destinare insufficienti risorse alla crisi, di rovesciare come un calzino regole e governance, di ricominciare coi condoni, di fare il contrario di ciò che dice, senza che ne venga Pag. 14sostanzialmente intaccato il consenso sociale. Però mi chiedo, e mi sono chiesto in questi giorni, come mai la grande stampa, che si attarda sulla cronaca più o meno rosa, non si interroghi in chiave professionale e non polemica sui molti nodi irrisolti del Paese, e non scavi sulle scelte che vengono operate, ma prenda tutto per buono.
In uno dei momenti di pausa del caotico lavoro delle Commissioni ci si rammentava con alcuni colleghi di quell'interessante film che è Oltre il giardino, e nello specifico di quella scena in cui il Presidente americano, preoccupato dalla grave situazione economica, chiede consiglio al protagonista giardiniere, il quale con aria svagata gli dice: dopo l'inverno verrà la primavera. Colpito da questa fulminante verità, il Presidente se ne va totalmente rincuorato e dichiara in televisione che il peggio è passato. Mi chiedo: oltre il giardino dei consensi, sui quali la maggioranza si trastulla, e se fossimo dentro una grande rappresentazione, di cui per comprensibili ragioni politiche si stanno perdendo i contorni? Se la situazione reale del nostro Paese fosse meno tranquilla di come viene descritta? Davvero siamo fuori dalla crisi? Davvero i conti pubblici sono sotto controllo? Davvero le scelte che stiamo compiendo, che state compiendo, sono le migliori? E se così non fosse? Se la complessità della situazione economica, la preoccupazione della gente e gli interessi in campo fossero tali che ci si sta affidando acriticamente alle opinioni del giardiniere? Il quale acquisisce ogni giorno più potere, sino a diventare il solo a decidere per tutto il Governo, indipendentemente dal Parlamento e - fatemelo dire - indipendentemente addirittura dal Presidente del Consiglio; quest'ultimo, non è certo andato un giorno sì e un giorno no in Abruzzo per concludere che si ripristinino le tasse sospese, compresi gli interessi, come invece prevede il decreto-legge cosiddetto Tremonti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non si tratta di una linea, quella del giardiniere, dettata solo dalla prudenza dichiarata: se noi leggiamo in controluce la trama della produzione legislativa di quest'anno, intravediamo il preciso ordito.
Contrariamente a quanto affermato da una cattiva stampa e da una propaganda spicciola che vi attribuisce scarsa produttività, non è vero che non state facendo niente: state facendo troppo, o troppo poco! Il vostro è un approccio a macchia di leopardo, che va dal nucleare al rifiuto di aumentare l'indennità per i precari, dal condono agli evasori alla riforma delle pensioni, dal restringimento per legge dei tempi di valuta alla totale disattenzione per il Mezzogiorno, dai tagli allo spettacolo alla tagliola sulla Corte dei conti. Si tratta solo in apparenza di misure tampone, farraginose, congiunturali ed estemporanee: dietro questo intervento a piccoli passi si stanno infatti operando graduali ma costanti modifiche strutturali sugli assetti normativi e regolamentari della nostra economia.
In sostanza, la crisi sta divenendo l'occasione non per fare le riforme economiche da più parti richieste, ma per operare una modifica dei sistemi e degli assetti di potere. Sia chiaro: anche se non condivido il merito, considero comprensibile e legittimo che chi governa abbia un'idea di Paese e la persegua; ma qual è la vostra idea organica di Paese? Ciò che mi amareggia come cittadino è che, qualunque sia la vostra idea, essa sia perseguita a colpi di decreto-legge e voti di fiducia, senza il coraggio di un confronto parlamentare aperto e di merito, quasi che i vostri numeri non fossero sufficienti.
E può essere che sia così, perché il Paese che il giardiniere sta coltivando non è quello che avete promesso agli elettori, e dal momento che il Governo glissa su questo punto si cominciano a vedere tensioni e fastidi, come dimostrano i seicento emendamenti presentati dalla maggioranza e come dimostra il voto contrario in Commissione di taluni vostri parlamentari. In questo scenario risulta ancora più chiaro - desidero sottolineare questo aspetto - l'utilizzo spregiudicato delle regole. Penso alla forzatura grave con la quale questo decreto è stato gestito, quando la maggioranza, per impedire al Pag. 15proprio Governo di avere le mani libere di fare un maxiemendamento differente, ha votato in blocco un pacchetto di emendamenti, solo quelli con il parere favorevole dei relatori. Mi auguro per voi e per tutti che questo grave precedente, che noi non abbiamo avallato, abbia almeno raggiunto il suo scopo, anche se sembra che non sia così. Se così non fosse, cari colleghi, cadrebbe anche l'ultima foglia di fico di legittimazione del nostro lavoro.
E allora, signor Presidente, mi permetta di rivolgermi a lei direttamente ma anche ai capigruppo della maggioranza, che in talune fasi hanno partecipato ai lavori, e ai Presidenti di Commissione. Sia chiaro che non pretendo e non chiedo risposte oggi in quest'Aula, ma voglio porre un problema per dopo le ferie. Dopo le ferie, infatti, il calendario prevede l'esame di una questione importantissima e delicata: la riforma della sessione di bilancio, necessaria per rendere più agevole la produzione parlamentare su una delle principali leggi dello Stato. Questa discussione accompagnerà l'esame del disegno di legge finanziaria. Ebbene: non vi sembra che sia quella l'occasione per discutere anche del nostro modo di lavorare? Dell'ingorgo politico e procedurale al quale siamo giunti? Pensate davvero - e questa è la domanda chiave - che si possa andare avanti così per quattro anni?
Molti ricordano ancora - i Presidenti Conte e Duilio in particolare - che quando voi eravate all'opposizione, gestivate il vostro ostruzionismo senza alcuna incertezza (e per la verità continuate a farlo ancora oggi, sia pure alla rovescia!). Ma allora vi erano rapporti di forza così esili da fare legittimamente sperare che una prova muscolare o un boicottaggio potessero provocare o favorire un rovesciamento del quadro politico. Ma oggi i numeri vi sorreggono, e l'opposizione - che alla fine è meno ottusa di come la presentate - ha maggiore interesse alla qualità della produzione legislativa che non ai colpi di mano. Se aveste ascoltato il dibattito di ieri - un buon dibattito, sviluppato purtroppo in un'Aula desolatamente vuota - avreste ben compreso il nostro atteggiamento: tutto di merito, rigoroso e senza sconti, ma orientato alla soluzione dei problemi.
Ma allora qual è la logica che presiede a questo ansioso comportamento del Governo, che agisce così blindato, quasi stesse continuamente per andare sotto? Quale logica presiede ormai alla totale pigrizia della maggioranza, che lascia scivolare verso l'immobilismo proprio il luogo, il Parlamento, dal quale gli deriva la possibilità di esercitare il potere che ha?
Non mi sfugge la delicatezza della questione e i risvolti politici. Proprio per questo la pongo, in punta dei piedi ma la pongo, perché di essa bisogna discutere. Ma sono anche preoccupato delle scelte di merito che avete operato. Di fronte a questa crisi servono provvedimenti energici, organici, che dispieghino rilevanti risorse finalizzate a sostenere prima di ogni altra scelta l'impresa e il lavoro. Bisogna consentire agli imprenditori di superare la caduta degli ordini, la crisi di liquidità; bisogna aiutarli a ricominciare ad investire, a modernizzarsi, a crescere in competitività. D'altra parte, occorre offrire ai lavoratori un sistema di protezioni sociali per tutti, di progressiva riqualificazione professionale. A queste misure urgenti va affiancato un intervento di sostegno dei redditi bassi e medi allo scopo di favorire una ripresa dei consumi interni.
È centrale in questa ottica la famiglia e la stiamo, la state sottovalutando. La famiglia in questa crisi è lo snodo della domanda di giovani senza adeguate opportunità occupazionali, di anziani con basse pensioni e crescenti domande di servizi, di donne ancora penalizzate nell'inserimento nei percorsi lavorativi, di percettori di reddito esposti alla cassa integrazione, quando non siano la mobilità e la disoccupazione. Insomma mi riferisco alla famiglia italiana media e normale con i redditi che conosciamo, non quella famiglia astratta che avete dipinto nella norma sulla regolarizzazione delle colf e delle badanti. Per quanto ci riguarda noi in questi mesi abbiamo prodotto proposte e la cosa singolare che è avvenuta è che tutte le volte le avete rifiutate, salvo nei Pag. 16decreti successivi prenderne a pezzi e peggiorarle. Ebbene, è arrivato il momento di chiarire anche questo punto, anche questo modo di procedere. Abbiamo assistito in questi giorni quindi a forzature di merito e di metodo. Sono molti gli argomenti di merito che bisognerebbe affrontare, ma se ne è parlato a lungo e non voglio quindi riprenderli punto per punto. Voglio prenderne a riferimento uno solo. Voglio che vi sia l'attenzione sulla questione dell'Abruzzo, perché è emblematica e singolare dell'approccio con il quale state gestendo l'intera problematica.
La decisione di ripristinare il pagamento delle tasse, compresi gli arretrati, per i cittadini abruzzesi è un provvedimento stucchevole. Toglietelo, fatelo subito! Leggetevi l'intervento serio e responsabile fatto ieri in Aula dall'onorevole Lolli. Meditate e provvedete!
Cari amici della maggioranza, tutti sappiamo le regole del gioco, ma c'è un momento nel quale deve esistere una dialettica interna anche tra maggioranza e Governo. E se non la tragedia dell'Abruzzo, quando avrete l'occasione per aiutare il vostro Governo a non commettere errori così clamorosi che offendono i cittadini che hanno avuto quella tragedia? Ci sono altri temi, come lo scudo fiscale sul quale non abbiamo presentato emendamenti, perché lo consideriamo irricevibile, ma non è che non abbiamo opinioni su questo punto. Voi pensate davvero che i rendimenti ottenuti dai capitali all'estero, fissati al 2 per cento, siano ragionevole? Avete risposto in maniera ambigua alla domanda, se la tassa imposta è dell'1 o del 5 per cento. Il Governo ha parlato del 5 per cento, salvo prova contraria, a dimostrazione che questa ambiguità esiste. E non pensate che forse, quand'anche fosse il 5, si poteva chiedere di più? E così pure sulle pensioni: c'è un errore, un errore tecnico e di merito, e riguarda il fatto che voi avete continuato nella linea dell'innalzamento obbligatorio dell'età. Bisogna porsi il problema di innalzare l'età collegata all'andamento demografico, ma bisogna aprire una banda larga di flessibilità che consenta alle donne e agli uomini, ai cittadini e ai lavoratori, di scegliere. Così anche sulla Tremonti-ter: vi sembra ragionevole non dare alcuna particolare opportunità alle aree svantaggiate? Perché avete detto di «no»? Inoltre, vi sembra possibile escludere dai settori beneficiari i veicoli commerciali e l'informatica? Forse sarebbe stato di buonsenso rimborsare appieno gli obbligazionisti di Alitalia, mentre non è stato di buonsenso riempire di Commissari tutte le scelte di opere pubbliche e fare la sanatoria per la slot machine.
In questo scenario avete operato le forzature che abbiamo detto e questa mattina se ne è consumata un'altra e, signor Presidente, davvero siamo oltre le soglie. Siamo oltre la soglia di una decenza istituzionale e prego caldamente le istituzioni di questo Paese, a cominciare da lei, di riflettere su come possiamo andare avanti.
In definitiva - concludo - chi resta scoperto da questo decreto-legge? Le piccole imprese, i lavoratori in difficoltà, i giovani, i redditi più esposti alle intemperie della crisi. Chi viene esplicitamente danneggiato? I cittadini abruzzesi e le donne. Chi viene premiato? Gli evasori e gli organizzatori del gioco d'azzardo. Per tutti gli altri, se si accontentano, ci sono le cure palliative.
Signor Presidente, così non va e non essendoci le condizioni per cambiare il Governo, facciamo almeno in modo, cari amici e colleghi della maggioranza, che il Governo cambi politica, sarebbe un bene per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, la montagna, ancora una volta, ha partorito il topolino. Preceduto da annunci roboanti ed effetti speciali che si sarebbero materializzati da qui a breve, il decreto-legge anticrisi è, di fatto, ben poca cosa. Anzi, approfondendone l'analisi, sembra un decreto-legge contro quell'Italia che si vuole rialzare, facendo leva Pag. 17sulla sua dignità e sulla sua capacità di stringere i denti quando serve, attingendo fino in fondo alla sua proverbiale abnegazione, alla sua ostinazione, alla sua creatività, alla sua voglia di sfida per uscire finalmente dal tunnel e da questa crisi. Ed invece, pochi soldi e tanto battage pubblicitario.
Mi chiedo e vi chiedo, e con me la gran parte degli italiani, se una manovra di tipo elargitiva, di pochi spiccioli, tante proroghe e nessuna strategia, può fronteggiare una crisi così profonda e dagli esiti altrettanto incerti che sta portando l'Italia verso il crollo del PIL, che secondo la Banca d'Italia si attesta intorno a meno il 5 per cento nel 2009.
Il decreto-legge anticrisi del Governo Berlusconi ammonta approssimativamente a 5 miliardi di euro ed è frammentato in molti provvedimenti che ne limitano fortemente l'impatto di natura macroeconomica. Se si analizzano i provvedimenti adottati dal Governo prima e dopo questo decreto-legge, complessivamente vediamo che il Governo italiano ha destinato un ammontare di risorse pari solo allo 0,3 per cento del PIL prima del decreto e un altro 0,3 per cento del PIL con tale provvedimento.
Concretamente, però, il Governo ha impegnato risorse finanziarie che, per affrontare la crisi, è pari allo 0,6 per cento, ossia risorse assolutamente inadeguate per fronteggiare la crisi e per stare al passo con gli interventi realizzati dagli altri Stati. Faccio qualche esempio per ricordarlo ai colleghi della maggioranza: la Francia ha impegnato lo 0,7 per cento del PIL, l'Inghilterra l'1,5 per cento, la Germania il 3,4 per cento, la Spagna il 4,5 per cento, per non parlare della Cina: il 4,8, e degli Stati Uniti: il 5,9.
Tremonti reintroduce la detassazione degli utili reinvestiti nelle aziende che già il centrosinistra aveva introdotto in forme diverse e che l'attuale Ministro dell'economia si era affrettato a cancellare, salvo poi riprenderla e farla propria, quindi ha fatto una grande retromarcia. Qual è il problema? È semplice e grave nel contempo: è che si è perso troppo, tanto tempo per mettere in pratica le misure.
Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, si ha l'impressione che lo sblocco non sblocchi assolutamente nulla nella sostanza e nella concretezza. Alle altisonanti dichiarazioni del Governo sull'enorme quantità di miliardi che sarebbero stati impegnati negli investimenti infrastrutturali hanno risposto qualche settimana fa l'ANCE (l'Associazione nazionale dei costruttori edili), affermando che tutti i finanziamenti realmente sbloccati non arrivano nemmeno ad un miliardo di euro e l'ANCI (l'Associazione nazionale dei comuni italiani), dicendo che i comuni stessi quest'anno investiranno di meno perché sono senza soldi e da soli costoro rappresentano almeno il 40 per cento degli investimenti possibili.
Tremonti predica bene e razzola male e la verità è che tanto il Ministro dell'economia e delle finanze quanto il Governo navigano a vista. Non si vedono fatti nuovi anche se il Governo si affanna a parlare di delibere CIPE, ma la verità è che, se i finanziamenti per gli investimenti dovessero diventare spesa effettiva, si peggiorerebbero i conti pubblici e, quindi, accadrebbe il contrario di quanto Tremonti stesso afferma.
A questo punto, la politica economica del Governo è ormai chiara e soprattutto semplice da capire. Individuare un responsabile, in questo caso le banche e il settore finanziario particolarmente invisi a tutta l'opinione pubblica per i danni causati, spendere il meno possibile e, soprattutto, aspettare che gli Stati Uniti, la Germania e qualche altro Paese riprendano a crescere, a tirare l'economia mondiale e incollarsi a loro, come già si è tentato nel 2001 con esiti fallimentari. In questo provvedimento invece, cari colleghi, mancano obiettivi a breve, medio e lungo termine perché non si intravedono e non vi è traccia di una politica economica propriamente detta e degna di questo nome.
Per quanto riguarda la parte sociale, non vi sono grandi novità: un po' di più per la social card (tanto siamo almeno al Pag. 1850 per cento della spesa prevista) e qualche incentivo in più per evitare licenziamenti che sono dietro l'angolo. Vi è una distanza cosmica tra queste poche cose e la crisi drammatica che ha investito la parte più debole del mondo del lavoro. Senza gli ammortizzatori sociali già oggi la disoccupazione in Italia sarebbe molto più drammatica ed essa è destinata purtroppo a crescere e la ripresa è ancora molto lontana.
Sono stati molto più determinanti e più pertinenti gli atti e le iniziative messe in campo ad esempio dall'Italia dei Valori. Noi con una mozione abbiamo cercato di impegnare il Governo ad assumersi qualche responsabilità e soprattutto ad assumere le opportune iniziative al fine di estendere tutte le tipologie degli ammortizzatori sociali attuali e futuri a tutti i lavoratori con contratto a tempo determinato e con altre forme di lavoro precario, quando siano superati i trentasei mesi di lavoro comunque realizzati nell'arco degli ultimi cinque anni. La mozione, tuttavia, ci è stata sonoramente bocciata da questo Governo e da questa maggioranza.
Sono stati più pertinenti e più profondi nei loro interventi, ad esempio, la CEI nella convenzione con l'ABI che si è fatta carico di una serie di interventi che il Governo non ha preso assolutamente in considerazione. Devo dire che per fortuna, al di fuori del Governo, c'è chi si è adoperato davvero e concretamente per superare la crisi che affligge il nostro Paese. È noto a tutti, ad esempio, che l'ABI e la CEI hanno stipulato un accordo quadro volto a favorire l'erogazione di finanziamenti in favore delle famiglie numerose, o gravate da malattie o da disabilità che abbiano perso ogni forma di reddito e che abbiano un progetto per il reinserimento lavorativo, o l'avvio delle attività imprenditoriali attraverso la garanzia di un fondo istituito dalla CEI stessa, mettendo in campo 30 milioni di euro che nel moltiplicatore diventano 180 milioni di euro. Essi hanno messo in campo anche la possibilità di una banca dei poveri, raccordandosi a tutto il movimento internazionale mondiale, tant'è che in Italia attualmente vi sono tante istituzioni che si occupano di microcredito e che vanno incontro alle famiglie e ai lavoratori senza reddito. Sarebbe stato importante (non bello), necessario e utile che il Governo avesse previsto almeno una quota parte di risorse da mettere in campo in maniera strategica con interventi sul microcredito. Ritengo che ciò sia stata un'opportunità purtroppo non colta da questo Governo e da questa maggioranza.
Questi argomenti, amici e colleghi della maggioranza e dell'opposizione, ci inducono a ritenere che, per una ripresa effettiva dell'economia, occorrono alcune condizioni: l'aumento dei redditi da lavoro e da pensione perché la loro caduta in questi anni è una delle ragioni della crisi e, quindi, è aperta la grande questione di ridistribuire il reddito tra le classi sociali; destinare le poche risorse pubbliche ad esempio alla riconversione ecologica dell'economia; aumentare gli elementi di coesione sociale; migliorare il welfare per evitare l'abbandono alla disperazione di intere fasce della popolazione più debole.
In soldoni, l'architettura normativa di questa mini manovra fa perno su due interventi: un bonus alle aziende che, invece di licenziare o mettere in cassa integrazione i propri dipendenti in esubero, li trattengono presso di sé in attesa che passi la crisi; la riduzione del 50 per cento della fiscalità sugli utili reinvestiti nei processi produttivi.
Non è facile individuare le misure più adeguate per far fronte ad una crisi dell'entità e della durata di quella attuale, ma l'indicazione principale, che sembra emergere dal dibattito internazionale, è a favore di politiche di sostegno e stimolo alla domanda di consumo o di investimento, in quanto vincolati per motivi di reddito o di liquidità. Sono, invece, assolutamente sconsigliate - e di questo il Governo e il Ministro Tremonti dovevano far tesoro - misure generalizzate di riduzione fiscale, perché destinano risorse anche a soggetti che consumerebbero o investirebbero comunque, a prescindere dall'aiuto ricevuto. Pag. 19
Sulla scorta di queste sintetiche considerazioni, ci sentiamo di esprimere alcune valutazioni su questa manovra, definita da voi anticrisi.
Innanzitutto, manca il sostegno al consumo. Ci si attendeva un adeguamento delle misure a sostegno del reddito dei soggetti più poveri, con maggiore propensione al consumo. Stando agli annunci del Governo, questo intervento dovrebbe essere realizzato con successivi atti amministrativi, volti ad estendere i requisiti per accedere alla social card. Ciò potrebbe aiutare certamente a superare uno dei due limiti che hanno significativamente ridotto l'efficienza dello strumento: l'eccessiva categorialità, dovuta ai requisiti di età, superiore ai sessantacinque e inferiore ai tre anni, che ha comportato l'esclusione di molte famiglie numerose, cioè dei soggetti più esposti al rischio di povertà assoluta e relativa.
Non viene, invece, minimamente scalfito l'altro limite dello strumento: la scarsità delle risorse impegnate. L'ampliamento annunciato avverrà, infatti, solo in relazione alle risorse già stanziate in passato, ma che non sono ancora state erogate, proprio perché i requisiti definiti si sono rivelati troppo stringenti. Ci si attendeva anche l'individuazione di qualche misura di sostegno a favore dei lavoratori dipendenti o parasubordinati, che non hanno diritto a nessun tipo di ammortizzatore sociale, in caso di sospensione o di cessazione del lavoro.
La Banca d'Italia - lo ricordo a me stesso, ma anche a voi - stima che si tratti di circa 1 milione 600 mila lavoratori e ci ricorda, inoltre, che nelle famiglie in cui sono presenti solo lavoratori tipici l'incidenza della povertà è stimata intorno al 47 per cento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 10,50)

AUGUSTO DI STANISLAO. Queste considerazioni aiutano a capire l'importanza e l'urgenza dell'intervento di sostegno, di cui invece non vi è traccia. Si è preferito pensare ad altre misure sul fronte degli ammortizzatori sociali già esistenti, senza però attivare, neppure in questo caso, nuove risorse. Sembra, infatti, che le misure decise siano integralmente finanziate con l'utilizzo di quelle assegnate il 6 marzo di quest'anno dal CIPE al Fondo sociale per l'occupazione e alla formazione, a sua volta finanziato con il dirottamento deciso dal primo decreto anticrisi di fondi per le aree sottoutilizzate, somme quindi sottratte al finanziamento di opere pubbliche.
Inoltre, anche per quanto riguarda l'esenzione del 50 per cento dei gravami fiscali sugli utili reinvestiti, l'ammontare delle risorse necessarie è puramente ipotetico, poiché è ipotetico l'ammontare degli utili destinati ad essere reinvestiti. Il provvedimento specifica con apprezzabile chiarezza quali siano gli investimenti che meritano l'esenzione fiscale, ma si tratta di un ventaglio ridotto, di fatto riservato alle imprese medie e grandi, che dispongono di programmi innovativi, sia nel campo dei prodotti sia in quello dei processi di produzione.
Vi è tuttavia un però, che riguarda la tempistica: per dar luogo agli investimenti degli utili occorre che gli utili vi siano - e la scrematura sarà purtroppo vistosa in tempo di crisi - ma è poi necessario che quegli utili siano destinati agli investimenti indicati nel provvedimento. Solo l'esame rigoroso dei bilanci aziendali sarà in grado di dimostrare che l'operazione di reinvestimento è stata effettuata, il che significa che la riduzione del carico tributario avrà luogo al più presto nella primavera del 2010 e non nei primi cento giorni, come si augurava il presidente di Confindustria.
Tremonti, del resto non si smentisce mai: la sua è stata sempre una politica del guadagnare tempo, sperando in tempi migliori. Così ha fatto nella legislatura 2001-2006, quando ha messo in campo la politica dei condoni, l'operazione swap, le cartolarizzazioni di una parte del patrimonio pubblico immobiliare. Il risultato quale fu? La caduta verticale dell'avanzo di bilancio, l'aumento verticale della spesa, la flessione delle entrate tributarie. Pag. 20
Ora le condizioni sono cambiate e la politica di guadagnare tempo, mantenendo il consenso popolare, si poggia su una tecnica molto diversa. Si tratta, infatti, di promettere e addirittura di inserire nella legislazione provvedimenti di sostegno alla produzione, spostandone l'esecutività di un anno da oggi.
A quel punto, se la tempesta passerà, gli stimoli saranno diventati inutili, ma comunque peseranno gravemente sulle casse dello Stato. Oggi che servirebbero per scongiurare il tracollo non si vede alcun tipo di beneficio e tutto resta come prima.
Paradossalmente, cari colleghi, i salvagente per aiutare i naufraghi che rischiano di affogare sono stati gettati ad alcuni chilometri di distanza dal luogo del naufragio. Questo è esattamente il senso del provvedimento approvato dal Governo, perché non vi è altra cosa importante.
Eppure, cari colleghi, un modo per soccorrere i naufraghi vi era ed è stato a più riprese indicato in questi mesi, sia dalle imprese sia dagli economisti, ma anche dall'opposizione e dall'Italia dei Valori: bastava mettere immediatamente in pagamento i debiti dello Stato nei confronti delle imprese e delle amministrazioni locali.
Ricordo che l'ammontare di questo debito è serio: 80 miliardi di euro. I creditori pubblici e privati si sarebbero accontentati anche di una prima tranche di 30 miliardi, con i quali avrebbero rimborsato alle banche i prestiti ricevuti per sopravvivere ed i cospicui interessi nel frattempo maturati. Anche le banche, rientrando da esposizioni già molto protratte, avrebbero acquisito maggiore libertà di manovra per le nuove erogazioni tanto invocate.
Il Governatore Draghi è stato peraltro di una chiarezza oltremodo cristallina, altro che Cassandra! La diagnosi del Governatore è stata questa: la domanda interna ed internazionale è piatta o discendente ed ancor di più lo sarà nei prossimi sei mesi, in parallelo con l'aumento della disoccupazione e con la discesa del monte salari. In tali condizioni le imprese sono restie ad investire e l'economia precipita nella recessione. Il nostro reddito pro capite intanto è il più basso in d'Europa, al tredicesimo posto, siamo seguiti solo dalla Grecia e dalla Slovenia.
La questione, dunque, si gioca interamente sui consumi e sul sostegno dei redditi dei disoccupati e dei cassintegrati. Tutto il resto è puro avanspettacolo teso a mantenere il consenso dietro ad un sipario di chiacchiere. Ecco perché si vuole zittire chi parla di crisi che c'è ed è ancora ben lontana dall'essere superata.
Per questi motivi, che riguardano il metodo ed il merito, l'Italia dei Valori dice «no» al provvedimento in esame, che oltre ad essere iniquo è stato strozzato nel dibattito e nei contenuti, tanto in Commissione quanto in Aula.
Oltre al «no» che dice l'Italia dei Valori ne aggiungo uno mio personale, come deputato dell'Abruzzo, perché ancora una volta l'Abruzzo è stato ingannato con il provvedimento in esame: laddove nell'articolo 25 si chiedeva un intervento di modifica (proprio a quell'articolo sono stati presentati alcuni emendamenti a prima firma di chi vi parla), vi è stata ancora una volta l'assoluta sordità da parte del Governo Berlusconi, il quale ancora una volta ha ingannato e ferito gli abruzzesi.
Bene ha fatto e bene ha detto il collega Lolli, aquilano, che più direttamente sente le cose che succedono sulla propria pelle in Abruzzo e sopratutto a L'Aquila: egli ha detto cose importanti quando ha parlato di scarso senso di realismo da parte del Premier e di schiacciare la dignità degli aquilani, quando non si è sentito, ancora una volta, di mantenere fede agli impegni assunti (così come aveva fatto con le seconde case, quando in termini roboanti aveva detto che avrebbe risolto quel problema, andando anche incontro ai proprietari di seconde case).
Credo che qui siamo di fronte ad una situazione che non ci aiuta a capire in quali mani siamo o forse l'abbiamo capito talmente bene che non ne vogliamo più sapere. Però, è strano il trattamento ed è strano il comportamento, cari colleghi e caro Presidente, perché per altre situazioni Pag. 21legate al sisma (per quanto riguarda le Marche, l'Umbria ed il Molise) sono stati adottati assolutamente altri tipi di provvedimenti.
Oggi, invece, siamo di fronte ad un atto di indecenza che viene messo in campo dal governatore e dal Presidente Berlusconi, il quale non vuole assolutamente sentire di dare ragione ad un contesto, quello aquilano, che si vuole rialzare, ma ha bisogno di respirare ed ha bisogno di sostegno.
In questo modo, con il provvedimento in esame e soprattutto con la falsità e l'indegnità di non portare alla discussione in Commissione l'articolo 25, ha dimostrato la propria codardia rispetto ad alcuni elementi così importanti e così stringenti, perché qui le risposte vanno date immediatamente, senza porre tempo in mezzo.
Credo che, rispetto a questi problemi, sia necessario farci sentire con tutta la nostra forza e con tutta la nostra volontà, perché riteniamo che non si possa più fare il gioco delle tre carte. Vi è un Paese reale che aspetta delle risposte importanti e che non è più disposto a credere a quanto dice Berlusconi.
Oggi, vi è l'occasione di porre riparo almeno a questo, visto che non siete capaci di operare all'interno della manovra che portate avanti, così piccola, così scarna e così totalmente inutile rispetto ai problemi del Paese, come ho detto poc'anzi.
Recuperate, almeno, un limite di dignità tutto interno al Governo e, soprattutto, lo recuperi il Presidente Berlusconi, andando a limare e a modificare, nel maxiemendamento, l'articolo 25, che penalizza fortemente le popolazioni aquilane. Se non farete questo, sarà l'inizio della fine non solo per l'Abruzzo, ma anche per l'Italia, della quale vi siete scordati (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Al Presidente Berlusconi, dico: vergogna! Se si fosse messo in campo quel provvedimento sul microcredito che la CEI ha realizzato attraverso una convenzione con l'ABI, forse, si sarebbe potuto fare qualche intervento in più e molte famiglie italiane ne avrebbero beneficiato.
Queste sono solo alcune delle questioni che ci inducono, come Italia dei Valori, a dire di «no» al provvedimento in discussione, ma vi è qualcosa in più. Oggi più che mai, rispetto a questo Governo e a questo Presidente del Consiglio, cari colleghi della maggioranza, io dico - e noi diciamo - che ribellarsi è giusto: così non si può più andare avanti, perché non è degno di un Paese civile, moderno e democratico (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi ai sensi dell'articolo 44, comma 2, del Regolamento.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2561-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori rinunziano alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, credo sia utile che il Governo replichi, in pochi minuti, ad alcune considerazioni che sono state svolte durante la discussione sulle linee generali, che ritengo di particolare interesse, proprio perché il Governo è stato chiamato più volte a rispondere e ad affrontare alcune questioni che reputiamo di assoluto interesse.
Innanzitutto, vorrei svolgere poche considerazioni, ovviamente nel rispetto dei ruoli per quanto riguarda il Governo, sul metodo e su ciò che hanno prodotto le Commissioni. Francamente, il Governo è un po' stupito del richiamo - lo dico nel massimo rispetto e in punta di piedi - che è stato fatto da più colleghi, in particolar modo dell'opposizione, in relazione all'andamento dei lavori nelle Commissioni. Tale andamento è stato indubbiamente poco agevole, con riferimento sia alla sede che ai tempi che, comunque, rispetto ad altri decreti-legge e ad altri provvedimenti, sono stati significativi. Vorrei sottolinearlo. Pag. 22
È evidente che la portata del testo è significativa ed importante, alla luce di una congiuntura difficile. Il tema è indubbiamente delicato, è il tema del momento, purtroppo, di un momento che si protrae da parecchio tempo e che speriamo possa essere superato in tempi più veloci rispetto alle proiezioni (che non sono formulate dal Governo, ma da altri istituti).
Signor Presidente, vorrei sottolineare che il lavoro svolto dalle Commissioni è complessivamente positivo, perché il testo è stato migliorato. Con riferimento a tale miglioramento, vorrei evidenziare solo un dato, che riguarda anche i numeri. Non intendo riprendere il tema, che è tutto parlamentare e procedurale, relativo alla questione del voto - fra virgolette - finale sugli emendamenti che erano stati istruiti.
Tuttavia - mi rivolgo ai presidenti delle Commissioni, ai relatori e, ovviamente, all'opposizione - il lavoro che è stato svolto ha prodotto circa 90 emendamenti di modifica del testo, che è stato, quindi, modificato in misura significativa su questioni di assoluto rilievo e di interesse per il Paese. Di questi 90 emendamenti, circa un terzo è stato presentato dall'opposizione. I numeri non danno certo giustizia del lavoro, del dibattito e del rilievo delle questioni affrontate, ma è certo che da parte del Governo, quanto meno, non ci si è presentati pregiudizialmente ostili a proposte di modifica che andassero nel senso del miglioramento del testo.
È altrettanto chiaro - non voglio sfuggire a questo aspetto del confronto parlamentare - che il Governo, nel momento in cui si presenta con un decreto-legge che ha alcune caratteristiche di coerenza rispetto alle scelte adottate fino ad oggi, si presenta convinto delle proprie posizioni, accettando di confrontarsi su proposte che ha ritenuto «non stravolgenti» il testo presentato alla Camera.
All'interno di alcune questioni, però, credo che vi sia stato un miglioramento significativo. Ad esempio, uno dei temi che è stato ricorrente negli interventi, soprattutto dell'opposizione, è il tema dell'occupazione, della difficoltà che attraversa oggi la congiuntura economica nazionale e della prospettiva e possibilità che in autunno si possa arrivare ad una percentuale di disoccupazione più alta rispetto a quella attuale, pertanto che si avvii una fase ancora più complessa.
È uno scenario possibile, non lo possiamo dire in questo momento; ci sono anche dati che vanno in controtendenza tra i vari settori della nostra economia. Come è chiaro, tra le proposte avanzate dall'opposizione ne sono state recepite due che non andavano nel senso dello stravolgimento dell'impostazione. Ne abbiamo, invece, rigettate alcune che contenevano elementi di natura politica di visione intorno a questo argomento che oggi rappresentano, oggettivamente, una differenza chiara tra la maggioranza e il Governo e la posizione espressa dall'opposizione.
Ad esempio, una delle questioni più significative è relativa al rifinanziamento immediato di risorse più ingenti per gli ammortizzatori sociali. Il Governo ha compiuto una scelta diversa: ha deciso di attivare strumenti anche innovativi, che speriamo possano fornire delle risposte concrete, strumenti che sono stati ricordati puntualmente in discussione sulle linee generali dall'onorevole Giuliano Cazzola e relativi agli aspetti di coinvolgimento dei lavoratori all'interno della vita dell'impresa. Essi si pongono l'obiettivo di ottenere il minimo impegno possibile, dal punto di vista delle risorse pubbliche, e la maggiore efficacia possibile in termini di tenuta di coesione economico-sociale.
L'opposizione ha contestato tale posizione attraverso una serie di emendamenti abrogativi, ad esempio, di questo intervento. Ovviamente, abbiamo rifiutato questi emendamenti, ritenendo che le relazioni intrattenute fino ad oggi con i datori di lavoro, con le organizzazioni rappresentative delle categorie economiche e con le parti sociali fossero elementi confortanti che andavano nel senso di poter mitigare una congiuntura così complessa che sta dando indubbiamente dei risultati non positivi nel nostro Paese. Si tratta, però, di una valutazione di ordine politico, non è Pag. 23una valutazione di chiusura nel merito dovuta a poca attenzione nei confronti delle ragioni del Parlamento.
È una convinzione forte del Governo quella di andare avanti con degli strumenti che lavorano sostanzialmente in una logica di deroga. Una proposta emendativa dell'opposizione ha dato l'apertura all'utilizzo di questi strumenti anche nei confronti di lavoratori che si trovano in situazione di difficoltà di occupazione per i quali attualmente la norma non prevede copertura, dal punto di vista dell'intervento. Questa è la dimostrazione del fatto che, laddove vi erano proposte emendative coerenti con la situazione congiunturale e con scelte strategiche del Governo - che questo ritiene ancora positive e che comunque stanno determinando effetti positivi, quanto meno dal punto di vista della risposta ai lavoratori in difficoltà - esso le ha accolte.
Ho citato questo caso, perché credo abbia contenuti significativi di ordine politico circa il confronto tra maggioranza, opposizione e Governo e contenuti significativi di ordine tecnico.
Ricordo il tema esposto, in particolare, dall'onorevole Vannucci, che ha rappresentato ieri notte una serie di dati sulla congiuntura e sulla prospettiva citando il DPEF e interpretandone i dati. Le interpretazioni sono più che mai legittime e di estremo interesse e il Governo intende riflettervi e considerarle con grande attenzione. Però, è chiaro che questi strumenti fanno riferimento ad un elemento fondamentale che torna coerentemente in tutte le scelte del Governo: ottenere il maggior risultato possibile impegnando spesa in quantità ridotta e cercando di mantenere una proiezione di tenuta relativamente alla spesa pubblica e relativamente ai due parametri fondamentali che ci mantengono oggi all'interno dell'Europa, vale a dire il rapporto deficit-PIL e il debito pubblico.
Questi due argomenti hanno portato fino ad oggi il Governo a varare strumenti che potessero affrontare la congiuntura, dare respiro per qualche mese in termini di interventi complessivi, ma che nello stesso tempo non facessero esplodere il problema complessivo delle finanze pubbliche. È chiaro che è un'attività difficile e complessa. Ecco che torna allora la questione tecnica: nel momento in cui si propongono soluzioni di rafforzamento attorno a strumenti che prevedano logiche di spesa diverse, dobbiamo andare a vedere il profilo degli interventi di copertura e da lì discendono gli elementi di critica che sono stati posti al Governo relativamente al tema dei giochi, per esempio, e alla questione più generale delle entrate.
Confermiamo che le entrate, rispetto alla congiuntura, stanno sostanzialmente tenendo. Mi permetto di riconfermare quanto ha detto Tremonti in sede di audizioni per il DPEF proprio perché il dato delle entrate rispetto alla congiuntura e all'indebolimento del PIL tiene in misura significativa. Bisogna rafforzare la lotta all'evasione: qualche strumento all'interno di questo provvedimento lo abbiamo aggiunto, ma è chiaro che già il livello di tenuta delle entrate è un dato importante per dimostrare che il Governo non ha smantellato gli strumenti che presidiano comunque le entrate e, quindi, la tenuta del combinato disposto dei due dati che rappresentano oggi l'immagine dell'Italia in Europa.
Anche l'intervento sui giochi è stato funzionale - esattamente come quanto è stato fatto con il decreto sull'Abruzzo - al reperimento delle risorse in un settore che è in fase di crescita e che mi spiace sia stato percepito da parte di taluni sostanzialmente come un'iniziativa da parte del Governo con alcune zone d'ombra, così com'è stato definito, piuttosto che come un settore che ha due caratteristiche: la prima, lo dicevo prima, è che in fase di crescita; la seconda è che si tratta di una scelta volontaria. Il Governo ha lavorato e continua a lavorare per dare maggiore responsabilità in questo settore a colui che decide di intrattenersi con i vari strumenti che offre il palinsesto dei giochi, ma si tratta di una scelta consapevole. È un gettito quindi che viene da una scelta del consumatore che decide di orientare la propria spesa in un modo piuttosto che in Pag. 24un altro e comunque si tratta di un percorso incrementale rispetto a volumi di crescita, che non va a incidere direttamente sulla pressione fiscale, che si alza soprattutto grazie al fatto che c'è oggi un prodotto interno lordo che purtroppo non cresce ma che tende a decrescere. Quindi, in questo quadro, la scelta attorno ai giochi ha caratteristiche, lo ribadiamo, di trasparenza complessiva e coerenza rispetto alla visione che il Governo ha rappresentato.
Relativamente al tema del cosiddetto condono, sulla vicenda Preu, a prescindere dalle scelte che detterà il Governo con il prossimo maxiemendamento, abbiamo oggi formulato una norma che va a coprire un buco che era presente nella legislazione anche - lo dico in punta di piedi - quando al Governo c'era l'attuale opposizione. L'aver colmato tale lacuna va a completare un quadro complessivo e non si tratta di una sanatoria ma sostanzialmente di strumenti di regolarizzazione del gettito in questa materia e in particolar modo del prelievo erariale unico. Ciò nulla, lo ribadisco, toglie alle risorse dello Stato in termini di minori entrate, perché si tratta di pagare esattamente quanto era dovuto con gli strumenti che le norme attualmente prevedono sul ravvedimento operoso e nulla ha a che vedere con la nota vicenda, più volte citata, che riguarda problematiche relative alle concessioni, che nulla hanno a che vedere con il tema del Preu.
Questo lo dico semplicemente per correttezza di rapporti tra Governo e Parlamento e per togliere le cosiddette zone d'ombra attorno ad alcune questioni; dopodiché siamo d'accordo che i testi possano essere più o meno formulati meglio ma in una condizione di difficoltà di lavoro - come è stata quella che oggettivamente abbiamo affrontato nei giorni scorsi - non è sempre semplice adottare le scelte tecniche migliori.
Detto questo, l'intervento che complessivamente il Governo intende portare avanti con questo decreto-legge, lo ribadisco, mantiene una coerenza rispetto ad alcune questioni. È stato citato più volte il tema del credito. Il ricorso al credito - richiamato, mi pare, dal collega Ventura in particolar modo e ripreso anche dal collega Vannucci - ha visto l'accordo tra l'ABI e il Ministero dell'economia e delle finanze per incentivare una riduzione dei costi in materia finanziaria, in particolar modo per le piccole e medie imprese nel rapporto con gli istituti di credito.
Si tratta di un tema serio, ma noi abbiamo fatto una scelta dall'inizio: nel DPEF ci sono i dati che avete citato, ma ve ne sono anche altri, come ad esempio l'impegno, in termini di risorse dirette, per capitalizzare le banche sostenuto da altri Paesi, che viaggiano mediamente tra il 2 e il 3 per cento del debito pubblico.
In Italia, sono stati ottenuti effetti complessivi attraverso gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e gli strumenti attivati per cercare di dare maggiore liquidità alle nostre imprese e determinare l'uscita da questa fase di difficoltà di liquidità di famiglie e di imprese. Questi ultimi hanno la caratteristica che citavo all'inizio del mio intervento, ovvero il fatto di costare relativamente poco rispetto alle aspettative che dovrebbero determinare in termini di liquidità nel nostro sistema economico e, quindi, il fatto che oggi questi interventi pesino per lo 0,8 per cento del nostro debito è un dato significativo. Infatti, ciò vuol dire che la manutenzione che è stata adottata fino ad oggi su questo sistema ha caratteristiche tutte nazionali, legate al nostro sistema, ed è stata portata avanti con accordi, e non con l'imposizione di una norma.
Il tema forse è se questi accordi funzionano oppure no e su questo il Governo ovviamente cercherà e continuerà a svolgere una manutenzione costante. Crediamo che l'intervento e il coinvolgimento dei prefetti sia stata comunque una scelta forte. Se poi le aziende non hanno ritenuto utile questo strumento è un altro discorso. Vengo da un territorio dove c'è un'alta presenza di piccole e medie imprese, eppure su questo territorio non abbiamo oggettivamente toccato con mano quanto lo strumento sia stato apprezzato. Pag. 25
Le informative alle prefetture in merito al tema del credito nei territori del Nord sono state probabilmente inferiori alle cento unità complessivamente. Ciò vuol dire che le imprese non hanno creduto fondamentalmente a questo strumento che è stato accordato nei tavoli che sono stati richiesti proprio in questa sede dall'opposizione. Si è trattato di tavoli di crisi che sono stati attivati dal febbraio scorso presso il Ministero dell'economia con la presenza degli attori del credito, degli attori delle parti sociali e in presenza delle categorie economiche che hanno condiviso tali scelte che sono portate avanti secondo tempi certi.
Anche la questione riguardante ovviamente il credito, che prima citavo, mi auguro che sia uno strumento efficace per avere maggiore fiducia nel rapporto di assunzione di responsabilità da parte degli istituti di credito in questa congiuntura. L'alternativa sarebbe fare interventi di altra natura che avrebbero però un impatto molto forte sul debito e andrebbero a penalizzare ulteriormente le condizioni delle casse dello Stato e la nostra possibilità di agire nel medio termine sulla crisi.
Inoltre, anche gli strumenti attivati relativamente ai crediti nei confronti della pubblica amministrazione sono strumenti importanti. Al di là di quello che abbiamo scritto nel decreto-legge in esame, è stato chiuso dieci giorni fa un accordo presso il Ministero sottoscritto con la SACE e gli istituti di credito in merito ad uno sblocco di risorse dell'ordine di diversi miliardi di euro e che dovrebbe portare un aiuto, insieme ai dati e ai numeri che abbiamo previsto direttamente nell'assestamento, oltre alla velocizzazione che abbiamo inserito in questo decreto-legge. Auspichiamo, nei prossimi giorni, di avere i primi effetti in termini di pagamento da parte della pubblica amministrazione che dovrebbero portare un po' di ristoro alle nostre imprese e, quindi, consentire di guardare al futuro con maggiore serenità.
Certamente non abbiamo l'ambizione di dire che questi provvedimenti siano assolutamente esaustivi. Credo che sarebbe un atto di grande arroganza dire che tutto questo basta, che gli interventi in materia di energia affrontano comunque tutto il tema del costo dell'energia per le nostre piccole imprese. Si tratta di una questione seria che credo non si possa affrontare esclusivamente, seppur con grande rispetto, presentando emendamenti che danno delle quote all'interno di quanto abbiamo stabilito e che dovrebbe determinare effetti complessivi interessanti relativamente alla riduzione dei costi soprattutto per imprese medio-grandi.
È evidente che il tema del costo dell'energia merita un'attenzione molto più forte ma, qui c'è il Viceministro Urso, si tratta di un tema che attiene sostanzialmente al Ministero dello sviluppo economico e su cui si sta facendo un grande lavoro, che è all'attenzione del Governo, ma che non poteva esser affrontato integralmente all'interno di un decreto-legge sostanzialmente di natura fiscale.
Quindi, cercando di chiudere, sono tutti argomenti all'attenzione del Governo. Noi chiediamo una collaborazione, che credo sia stata anche dimostrata operativamente nelle Commissioni, sulle questioni secondo due caratteristiche. Riteniamo che non sia sufficiente affermare che vi sia la necessità di maggiori risorse nei vari settori in difficoltà per la congiuntura economica, che in questo momento ricomprende ormai tutti, dalle famiglie alle imprese a quello che è un tessuto economico e sociale che in questo momento è sotto pressione. Siamo consapevoli di questo. Chiediamo di avere anche proposte emendative che puntino ad una salvaguardia significativa del tema dei costi, il costo della spesa pubblica, al mantenimento degli equilibri in sede europea, alla credibilità del nostro Stato e, quindi, complessivamente dell'apparato della pubblica amministrazione in una congiuntura in cui le valutazioni di carattere internazionale possono essere ancora una volta determinanti sul valore degli interessi che si pagano sul debito e con un rischio ulteriore di riduzione di risorse da mettere a Pag. 26disposizione delle persone, dei soggetti e delle imprese in difficoltà nei prossimi mesi.
Vorrei concludere con un'ultima riflessione: il Governo è pronto ad affrontare questa congiuntura, che probabilmente determinerà ancora alcuni mesi di difficoltà, con disponibilità in particolar modo per i soggetti deboli e per i lavoratori che avranno una situazione di difficoltà nel mantenere l'occupazione. Il Governo ha le risorse per intervenire; c'è la necessità però di utilizzare queste risorse con grande attenzione alla luce dei due parametri cui facevo prima riferimento, quindi con provvedimenti che affronteranno la crisi nella sua complessità con necessità di urgenza e tempestività, con un'attività di manutenzione costante nel tempo, piuttosto che con provvedimenti che intravedono uno scenario lungo un anno e che ha caratteristiche di movimento costante.
Il Governo, quindi, è consapevole di tutti questi argomenti e ritiene che con questo decreto-legge si riesca in buona misura ad affrontare alcuni dei problemi oggi sul tappeto, ed è pronto ad intervenire, se sarà necessario, con ulteriori iniziative. Siamo consapevoli del fatto - lo dico concludendo - che il lavoro svolto nelle Commissioni è comunque un buon lavoro, che ha nobilitato ulteriormente l'attività del Parlamento e che credo, quindi, manifesti ancora una volta una qualità di produzione e di miglioramento del testo che aiuta, anche in questo momento, chi è chiamato a fare delle scelte difficili, ad affrontare questa congiuntura e, insieme ovviamente alla nostra comunità nazionale, a guardare al futuro con maggiore serenità.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2561-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2561-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2561-A).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 2561-A).
Avverto che la Commissione Affari costituzionali ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 2561-A).
Avverto che la Presidenza, ai sensi dell'articolo 96-bis del Regolamento, non ritiene ammissibili una serie di proposte emendative già dichiarate inammissibili nel corso dell'esame in sede referente. Il relativo elenco è in distribuzione e sarà pubblicato in calcea al resoconto stenografico della seduta odierna.
La Presidenza non ritiene altresì ammissibili, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, e dell'articolo 96-bis, comma 7 del Regolamento, in quanto non strettamente attinenti al contenuto del decreto-legge in esame, le seguenti proposte emendative, non previamente presentate nel corso dell'esame in sede referente: Beccalossi 5.0201, De Biasi 16.200, Siragusa 17.201, Lorenzin 17.218, Madia 17.0200, Galletti 17.0201, Abrignani 19.0200, Beltrandi 22-ter.202 e 22-ter.215.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, rinuncio all'intervento e per quanto questo sia un gesto piccolo, quasi insignificante, spero che venga interpretato per quello che è, vale a dire un gesto distensivo nei confronti dell'opposizione.
Mi corre soltanto la volontà di porgere un saluto e un apprezzamento nei confronti dell'opera della Coldiretti che qui fuori sta manifestando per un fine nobile che condividiamo, quello di arrivare alla trasparenza dell'informazione ai consumatori con l'etichettatura obbligatoria dei prodotti. La Lega Nord è sicuramente con loro, ma credo di parlare a nome di tanti colleghi del Parlamento, per non dire di tutti. Saremo sempre a favore di questa battaglia, non solo per i prodotti agricoli e alimentari con il nostro Ministro Zaia, ma anche per tutti gli altri prodotti italiani, ad esempio quelli del tessile. Pertanto agli amici della Coldiretti va la solidarietà di tutto il Pag. 27nostro gruppo e anche credo dei colleghi di tutto il Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, considerato l'andamento dei lavori di questo provvedimento, che ha visto impegnati prima i colleghi delle Commissioni bilancio e finanze e da ieri tutta l'Aula, un andamento contraddittorio anche per quanto riguarda i comportamenti del Governo, mi verrebbe da dire che se non fossimo in un'istituzione ai massimi livelli del nostro Paese, sembrerebbe di essere su Scherzi a parte. In questi giorni e in queste settimane ne abbiamo viste e lette di tutti i colori, provenienti dall'interno del Governo e della coalizione che lo sostiene. Basta richiamare quello che ha dichiarato il Ministro Prestigiacomo con riferimento a quanto è contenuto all'articolo 4 di questo provvedimento, non solo per quello che era previsto nel testo originario ma anche per il testo che è uscito dalla Commissione, ulteriormente penalizzante per quanto riguarda il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali per le scelte in materia di infrastrutture sul piano dell'energia.
Di fronte ad una situazione così difficile voglio ringraziare i nostri due capigruppo nelle Commissioni bilancio e finanze, i colleghi Fluvi e Baretta, e tutti i colleghi che hanno lavorato seriamente, anche perché purtroppo non sono stati messi nelle condizioni di dare un contributo complessivo su tutti i punti che erano presenti inizialmente in questo provvedimento, perché come sapete, ad un certo punto, nelle Commissioni riunite si è chiuso il dibattito e si è passati all'Aula con una decisione che è già stata oggetto di sottolineatura e di critica da parte di diversi colleghi.
Io ritengo che con questo provvedimento non si risolvono i problemi del sistema economico e produttivo del nostro Paese, anche perché - lo dico approfittando del fatto che è presente il Ministro dell'economia - questo nostro Parlamento è dal mese di luglio dell'anno scorso che si trova ad affrontare una finanziaria continua, in contraddizione con quanto affermato dal Ministro dell'economia e delle finanze quando disse l'estate scorsa: adesso mettiamo in sicurezza i conti pubblici.
Egli disse che si trattava di una finanziaria snella, salvo, poi, procedere con tutta una serie di decreti, che si sono succeduti in contraddizione uno con l'altro, con un percorso che non ha sicuramente aiutato la ripresa economica nel nostro Paese.
Anzi, da parte del Governo, da parte della coalizione, non si è ascoltato un consiglio, un suggerimento, una proposta di fondo che, a più riprese, l'opposizione, in particolare il Partito Democratico, ha rivolto al Governo: intervenire subito con un provvedimento forte e massiccio, con un investimento che poteva rappresentare l'incremento di un punto percentuale del rapporto debito-PIL, proprio perché era indispensabile e importante strategicamente intervenire subito; ma è stato risposto di «no», che bisognava tenere sotto controllo i conti pubblici.
Allora si confidava sul fatto che la crisi finanziaria - queste sono dichiarazioni ancora a verbale fatte da rappresentanti del Governo - non avrebbe avuto ricadute sull'economia reale del Paese e via di questo passo.
Oggi ci troviamo contemporaneamente con due risultati pesantemente negativi: non sono a posto i conti pubblici, perché, come hanno ricordato molti colleghi, per ultimo, questa notte, il collega Vannucci (non sono dichiarazioni fatte dall'opposizione per mestare nel torbido, ma sono dati tratti da documenti ufficiali redatti da parte delle istituzioni preposte), non è assolutamente vero che i conti pubblici sono migliorati; accanto a questo, abbiamo una situazione economica, occupazionale e sociale ancora peggiore rispetto all'anno scorso.
Con la politica inadeguata e insufficiente perseguita dal Governo con tutta una serie di decreti, alla fine, abbiamo questi due risultati capolavoro, negativi Pag. 28entrambi: peggioramento dei conti pubblici e situazione economica e sociale molto preoccupante. A questo proposito - lo ha già ricordato il collega Baretta questa mattina - vi è il dato del CNEL, che in documenti ufficiali ha affermato che sono, forse, più di 500 mila i posti di lavoro a rischio nel nostro Paese nei prossimi mesi.
A presiedere il CNEL non vi è sicuramente qualche comunista disfattista, ma un ex Ministro della Casa delle Libertà, del centrodestra. È quindi una fonte, penso, che dovrebbe essere attendibile per la maggioranza: tanto per dire come le cose stanno in maniera esattamente opposta rispetto a quello che viene quotidianamente detto e propagandato dal Governo, a cominciare dal Presidente del Consiglio.
Credo che, rispetto a questa situazione, non possiamo non esprimere forte preoccupazione, soprattutto perché - mi auguro di essere smentito, me lo auguro sinceramente - ritengo che, probabilmente, nei prossimi mesi la situazione economica e sociale in questo Paese sarà destinata a peggiorare ulteriormente; invece, da parte del Governo, si continua con annunci contraddittori e con la propaganda: basterebbe ricordare alcuni punti che abbiamo discusso in Commissione e altri che non abbiamo potuto discutere.
Per esempio, cosa c'è per le piccole imprese, quando vi è un articolo che prevede nuove incombenze e nuovi adempimenti, e quindi nuovi costi, per certificare la possibilità, quando si superano i 10 mila euro annui, di effettuare la compensazione dei crediti fiscali?
Abbiamo fatto una battaglia in Commissione, ma tutto quello che siamo riusciti ad ottenere, grazie alla bontà della mediazione del relatore di maggioranza Fugatti, è stato di far passare da 10 mila a 15 mila euro il tetto oltre il quale scatta questo nuovo obbligo.
Cosa c'e per la famiglia, che è il nucleo fondante della società ed è anche il nucleo che, se non ha un recupero di capacità di spesa e di intervento, non può dare nuovo vigore all'aumento della domanda interna dei consumi?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
ANTONIO LEONE (ore 11,35)

IVANO STRIZZOLO. E cosa è previsto, nel provvedimento in esame, in termini di innovazione, di ricerca, di sistema universitario? Non c'è assolutamente niente, mentre sentiamo il Ministro Gelmini che ogni settimana preannuncia un disegno di legge che dovrebbe rivoluzionare il sistema universitario; ma anche qui ci troviamo in presenza di annunci, di sostanza ve n'è ben poca. Credo che con il provvedimento in discussione, anche con il modo in cui esso è stato affrontato, rischiamo di non contribuire ad un recupero di competitività delle aziende del nostro Paese, non riusciamo ad affrontare in termini seri dal punto di vista degli ammortizzatori sociali quella che sarà una situazione ancora più preoccupante nei prossimi mesi.
Ed è evidente che dal punto di vista dei conti vi è un gioco, come ha ricordato qualche collega prima, delle tre carte: basta richiamare la vicenda del terremoto in Abruzzo, quando al di là delle promesse che erano state fatte vi è un intervento che tutti si augurano possa essere corretto nel maxiemendamento che il Governo si appresta a presentare, vi sia una correzione ad una colossale presa in giro per i terremotati dell'Abruzzo.
Credo che il problema ancora più grave sia un altro: ci troviamo di fronte ad una maggioranza che ha dei numeri amplissimi, una maggioranza così ampia nella storia repubblicana nessun Governo l'ha mai avuta; però a fronte di una forza numerica non corrisponde una forza politica, una coesione politica della maggioranza, perché altrimenti non si spiegherebbero le più di venti richieste di voto di fiducia che sono state poste nel giro di un anno. Do atto della buona fede, dell'onestà intellettuale dell'intervento che pochi minuti fa il sottosegretario Giorgetti ha svolto, cercando in qualche maniera anche di recuperare, giustamente, un dialogo con l'opposizione; peccato però che probabilmente le sue parole, le sue aspirazioni a lavorare anche in prospettiva per migliorare Pag. 29il provvedimento, probabilmente saranno smentite proprio dal contenuto del maxiemendamento che il Governo presenterà. Evidentemente vi è una situazione interna alla maggioranza, che mette in discussione la sua capacità di una coesione, perché credo che se vi fosse stata una forza politica vera, non solo numerica, questo Governo, questa maggioranza avrebbero messo in campo sin dall'anno scorso una robusta manovra per far fronte alla crisi, e avrebbero aperto un tavolo serio di confronto con l'opposizione, come noi più volte abbiamo chiesto e sollecitato per tentare di dare un contributo serio, rigoroso, costruttivo per far fronte ai problemi del Paese. E invece si è scelta un'altra strada, si è respinta questa proposta dell'opposizione, del PD in particolare, si è andati avanti con una serie di provvedimenti che risentono quotidianamente di prese di posizione: è bastato che ieri il presidente dell'ABI in quel di Brescia facesse alcune affermazioni (e ne aveva tutto il diritto, era legittimo da parte sua tutelare il mondo che rappresenta) per far modificare l'orientamento del Governo su un punto importante contenuto nel provvedimento. Vedremo quindi se alla fine, come ha chiesto anche il Presidente Fini, il testo uscito dalle Commissioni, ancorché non soddisfacente per quanto ci riguarda, sarà rispettato dal maxiemendamento del Governo.
Credo che così non si possa andare avanti. La maggioranza ha una sua forza numerica, credo che sia interesse del Paese, e quindi anche nostro, che possa esprimere veramente anche e adeguatamente una forza politica che fino ad oggi non ha dimostrato: altrimenti non si spiegherebbe la necessità di continui provvedimenti! Ho detto prima che siamo in una legge finanziaria continua in questo nostro Paese, diversamente dalle scelte fatte da altri Paesi europei.
Il presidente Berlusconi si è tanto vantato nei mesi scorsi di essere andato in giro in Europa a spiegare agli altri Governi quello che dovevano fare: peccato che poi quello che hanno fatto quei Governi qui in Italia noi non lo abbiamo fatto! Avremmo fatto bene ad assumere iniziative e interventi immediati per affrontare la crisi: invece si è andati avanti alla giornata, senza una visione strategica, senza decidere dal punto di vista della prospettiva e in quali settori questo Paese si deve caratterizzare. Manca in Italia un piano industriale di sostegno alle attività strategiche da parte del Governo: si va avanti sulla spinta di interessi di parte, senza una visione dell'interesse generale del Paese e soprattutto delle categorie sociali più deboli ed emarginate.
Mi avvio alla conclusione svolgendo un paio di considerazioni. La prima attiene all'emendamento soppressivo dell'articolo 4 da noi presentato. In proposito, voglio vedere quale sarà la posizione del Ministro Prestigiacomo, che in questi giorni ha strillato sulle agenzie di stampa e sui giornali contro questo articolo; voglio vedere se avrà il coraggio di venire qui a prendere una posizione. Poiché ne condividiamo le lamentele, ma sono le lamentele che noi facciamo da tempo: peccato che una persona intelligente e capace come il Ministro Prestigiacomo abbia impiegato un anno per arrivare a queste posizioni!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IVANO STRIZZOLO. Concludo con un'ultima considerazione. Noi ci troviamo in una situazione di emergenza istituzionale. Il Parlamento non può essere espropriato delle proprie funzioni come è avvenuto su questo provvedimento ed anche su altri. Dunque, al di là delle considerazioni sul merito e al di là della nostra posizione, rappresentata già in diversi interventi, rivolgo anch'io al Presidente Fini un appello affinché egli difenda il ruolo e le prerogative di quest'Aula parlamentare. Poiché diversamente restiamo una Repubblica parlamentare sulla carta, ma nella sostanza si concretizza uno squilibrio istituzionale che potrebbe avere conseguenze pesantemente negative per il futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, dopo gli interventi degli onorevoli Galletti, Ciccanti, Occhiuto e Delfino, ci permettiamo di svolgere qualche osservazione sul complesso degli emendamenti. Anche se va detto - mi rivolgo al sottosegretario Giorgetti - che appare assai strano discutere del complesso degli emendamenti quando ci troviamo di fronte a un testo neppure ancora conosciuto sul quale viene posta la questione di fiducia.
In realtà, dunque, dovremmo discutere sul complesso degli emendamenti che sono stati presentati in sede di Commissioni riunite e rispetto ai quali lei, signor sottosegretario, ci ha dato una statistica in cui ci ha detto che un terzo degli emendamenti sarebbero delle opposizioni. Mai come nel corso di questa discussione, cui molti di noi hanno assistito all'interno delle due Commissioni riunite, si sia avuta la sensazione che non si trattava di un'operazione condivisa. È anche possibile che siano stati accolti un terzo degli emendamenti presentati, in una sorta di gioco ad intarsio: però, dire che vi sono state un'azione collaboratrice e una condivisione in questo percorso parlamentare significa fare una forzatura.
Faccio un esempio preciso: l'articolo 2, quello che dovrebbe regolare il costo delle commissioni bancarie, è nel pieno di una discussione che rimbalza su tutti i giornali. L'ABI ha usato la mano pesante su questo punto. In realtà, voi vi collocate su una posizione assai ondivaga nei confronti del mondo bancario: andate altalenando di giornata in giornata a seconda di quali sono le pulsioni che vi prendono.
Ieri il Presidente del Consiglio ha detto che bisogna essere onorati del sistema bancario italiano, quindi gli ha fatto eco il presidente dell'ABI richiedendo delle correzioni. Pertanto le correzioni che non sono possibili ai componenti delle Commissioni parlamentari, ai membri dell'opposizione, possono essere eterodirette dall'esterno. L'ABI può dire che vi sono delle cose da cambiare. Questo apre il discorso del rapporto tra Governo e Parlamento. Vedete, quando voi pretendete di deformare la struttura del mercato bancario come se fosse un semplice mercato gestibile attraverso delle procedure amministrative in realtà introducete degli elementi di grave contraddizione. Vi sareste dovuti porre in maniera diversa il rapporto tra Autorità indipendenti, grado di apertura del mercato e controllo sullo stesso. In realtà voi nei confronti delle Autorità indipendenti avete un atteggiamento molto paternalistico (uso una parola leggera per dire come in realtà vorreste riportarle all'interno del controllo del Governo). Questo non capita solo nei confronti dell'Autorità dell'energia elettrica e del gas che pochi giorni fa è venuto nella Sala della lupa a spiegare le sue ragioni, e non sono passate poche ore che attorno alla vicenda del mercato del gas, dove veniva indicata l'esigenza di una più forte liberalizzazione rispetto all'operatore dominante, il Ministro dell'industria ha detto che il presidente di quella Autorità non doveva occuparsi di cose che non lo riguardavano. Lo stesso discorso l'avete fatto nei confronti della Banca d'Italia (della CONSOB di meno perché ha svolto una litania positiva di sostegno, e quindi come tale in questa fase ha superato l'esame). Se le Autorità indipendenti parlano bene del Governo hanno il vostro plauso, se si permettono di criticare in ordine alle loro specifiche competenze allora vi inarcate e prendete degli atteggiamenti talvolta perfino un po' irriguardosi. Questo è il punto politico. Quanto alla sostanza, vedete, noi vorremmo essere armati dell'ottimismo del Presidente Berlusconi, ma purtroppo non ne siamo capaci perché i dati vanno in direzione opposta. È vero che quando qualcuno come l'ISTAT presenta i dati voi subito lo richiamate, e magari arriverete al punto di negargli anche gli stanziamenti di bilancio. Infatti, cosa fanno queste Autorità di raccolta dei dati? Appunto, danno i dati. Ma se poi i dati, essendo conformi alla realtà, sono negativi rispetto alle vostre aspettative voi dite che seminano zizzania nel Paese, e invece di diffondere ottimismo Pag. 31creano preoccupazione. Così avete fatto polemica anche nei confronti di organismi internazionali, del Fondo monetario internazionale, dell'OCSE, della Commissione europea, non solo della Banca d'Italia. Tutti quelli che si permettono di dire che c'è qualche difficoltà vengono bollati come dei disturbatori. Vedete, la messa in sicurezza dei conti ci è già stata sbandierata un anno fa, e col decreto-legge n. 112 del 2008 ci avete fatto una testa così dicendo che l'avevate anticipato perché dovevate mettere in sicurezza i conti pubblici. Orbene, i conti pubblici non sono in sicurezza. È vero che il Ministro dell'economia e delle finanze, presentando il DPEF, ha detto che offriva i dati perché era costretto dalla legge, perché, se avesse potuto (trattandosi di mere congetture), i dati non li avrebbe presentati. Quindi è come se noi facessimo una manovra al buio perché i dati che vengono forniti, in realtà vengono forniti in maniera sofferta. Non sono dati sui quali si dice che il Paese sta andando in questa direzione, ma si afferma che si tratta di dati puramente indicativi. E nei giorni alterni si dice invece che sono dei dati che è meglio non fornire perché diversamente creano ambiguità e sbandamento. Le accuse di catastrofismo sono state rivolte sovente dal Presidente del Consiglio agli uni e agli altri, soprattutto nella direzione delle opposizioni che farebbero un lavoro negativo.
La crisi sarebbe di natura prevalentemente psicologica per cui se si invertisse la tendenza, se il Paese riprendesse a credere, automaticamente la crisi sarebbe risolta. Ora le cose non stanno così: i dati sul saldo primario, sul saldo corrente hanno una tendenza negativa e l'allarme sui conti pubblici non basta ad arginare la caduta del PIL che è ben superiore a quello della media europea.
Si è negato persino il percorso strategico delle riforme. Abbiamo sentito Ministri autorevoli spiegarci che nelle fasi di crisi non si può affrontare il percorso delle riforme strutturali, salvo poi contraddirle, perché in questo testo, ad esempio, viene avviata timidamente una riforma delle pensioni, il che vuol dire che la questione previdenziale c'è, esiste, non è un fuor d'opera. Allora, perché negare l'esigenza di riforme strutturali quando, in realtà, poi si è costretti a riconoscerle? Quando si compie questa operazione si realizza un'azione che, dal punto di vista parlamentare, non solo è negativa, ma semina nel Paese una grande confusione: che vi sia bisogno di riforme strutturali lo capiscono tutti, è ovvio, basta guardare l'andamento della spesa pubblica.
Voi ci avete spiegato che avreste risolto i problemi e li avreste messi in sicurezza con i tagli lineari, ma è documentato che nei Paesi dove si sono utilizzati i tagli lineari non si sono ottenuti dei benefici adeguati di bilancio. Certo, i tagli lineari si possono proclamare, ma poi la loro gestione è molto difficile e soprattutto sono fonte di grande ingiustizia. Infatti, trattare cose diverse alla stessa maniera vuol dire compiere un'ingiustizia perché non tutti i capitoli di bilancio hanno le stesse caratteristiche. Certamente entrare nel merito dei diversi capitoli di bilancio, cioè fare una manutenzione della spesa, vuol dire svolgere un lavoro molto difficoltoso sul piano dell'azione di Governo, ma questo è quello che vi viene richiesto. No, voi questo lavoro non lo fate, non fate un'azione di manutenzione della spesa pubblica.
Voi annunciate i tagli lineari come la risposta puntuale al problema del controllo del bilancio stesso e l'effetto è che i tagli lineari non vi mettono in sicurezza rispetto al procedere della spesa e che l'esito finale è un aumento del deficit pubblico posto in relazione all'andamento del PIL. Questo è il dato sul quale credo che avremmo preferito svolgere una riflessione importante, così come sul tema della formazione e del capitale umano. Il modo con cui affrontate il rapporto con la scuola e l'università è assolutamente sbagliato, dimostrate di non avere fiducia nel futuro e così pure con riferimento all'apertura dei mercati e alla liberalizzazione dei servizi, specie di quelli locali.
Il collega relatore ha avuto la tentazione, forse l'ardire, di presentare un emendamento sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali nel corso della discussione Pag. 32nelle Commissioni, come se il tema delle riforme potesse essere affrontato così, in sede emendativa; voi non avete una cultura riformatrice, anzi utilizzate questo come una sorta di clava, come una minaccia. Non chiamate a raccolta le forze del Paese per discutere sulle sue inefficienze, sulle sue difficoltà e per portarlo al largo; no, fate il contrario, usate la minaccia di piccoli artifizi riformatori, chiamiamoli così, e non avete la visione complessiva di insieme.
Credo che abbiate maturato la convinzione che convenga galleggiare sulla crisi; io ritengo, invece, che avremmo bisogno di presentarci alla ripresa sospirata, quando ci sarà (mi sembra sempre più lontana, adesso voi parlate della seconda metà del 2010), non appesantiti dalla nostra scarsa competitività e che a ciò non pensi un Governo che ha questa grande maggioranza, questa grande forza parlamentare è allarmante. Voi spesso richiamate il fatto che il risultato elettorale vi ha dato forza parlamentare, non si può negare, non c'è dubbio, ma se malgrado questa forza parlamentare non avete un'idea su come cambiare il Paese questo sì è allarmante.
È la sindrome dell'uomo solo al comando che immagina l'Aula parlamentare a sua immagine e somiglianza e che, quindi, si trova poi solo e non è in grado di condurre un processo riformatore profondo e capace di incidere davvero nella sostanza del Paese. Questa è l'ambiguità della quasi elezione diretta sulla quale avete portato l'assetto politico del Paese.
A questo proposito alcune interviste di oggi mi sembrano un po' allarmanti, ma stiamo al tema in quanto credo che questo punto sia essenziale. Una grande maggioranza parlamentare dovrebbe avere la forza di mandare in porto le riforme strutturali, ma diversamente quando dovremmo farle e con chi? Voi non avete la dimensione del futuro e nella vostra riflessione politica e istituzionale il futuro non c'è. Anzi, voi agitate la paura come lo strumento per intercettare qualche voto in più, ma non avete una capacità di vedere il futuro e non avete, quindi, la forza di scommettere sulla speranza.
Per queste ragioni il provvedimento in esame appare in tutta la sua insufficienza. L'idea organica di una riforma degli ammortizzatori sociali non c'è, eppure sarebbe centrale ma ci si limita ad interventi parziali. Penso alle polemiche condotte nei confronti del Governatore della Banca d'Italia su il milione e 600 mila lavoratori e non sto parlando di quelli in nero per i quali bisognerebbe aprire un capitolo a parte e rispetto ai quali l'atteggiamento della regolarizzazione appare in tutta la sua ambiguità. Avete deciso di regolarizzare le badanti dopo le polemiche che si sono aperte: bene, ma ai badanti chi ci pensa? Voi regolarizzate le badanti, ma i badanti? Mi riferisco ai badanti delle attività commerciali o industriali, a quelli che ormai sono integrati all'interno del processo produttivo del Paese. In realtà voi non pensate a ciò (voi che credete di essere furbi) e immaginate che questo sia un invito ad andare ancora di più in nero, ancora più in profondità. Voi non pensate che li dovrete andare a pizzicare e rimandarli nei loro Paesi. Non è questo a cui pensate; voi pensate invece che questo Paese debba continuare a galleggiare nel nero ancora di più perché queste sono le regole e le indicazioni che voi date. Questa sarebbe un'indicazione di speranza? Questa è un'indicazione di paura! Non solo per chi sfrutta il lavoro nero, ma anche per chi è costretto a stare all'interno del lavoro nero. Credo che se un giorno o l'altro aprissimo una discussione su questi punti, sarebbe davvero molto importante.
La misura che prevede la detassazione degli utili reinvestiti in macchinari industriali è in sé positiva, ma si presta alle critiche della fase congiunturale e al rinvio di fatto al 2011. Queste sono le parole del presidente della Confindustria, dove l'apprezzamento al Governo si incrocia con il riconoscimento dei limiti dei provvedimenti concreti. Quindi, è chiaro che al dunque resta ben poco. Il contrasto ai paradisi fiscali e gli interventi antievasione e antielusione trovano la loro sostanza nel cosiddetto scudo fiscale che, in realtà, è un'operazione che tende ad evidenziare un condono sic et simpliciter.

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PRESIDENTE. La prego di concludere.

BRUNO TABACCI. Chiedo scusa, chiudo rapidissimamente. In questi giorni ho ricevuto (come molti di voi) molti sms dagli azionisti e obbligazionisti Alitalia, i quali ovviamente scrivono a tutti quelli che se ne sono occupati e non. Io mi sono permesso di dire loro che vorrei veramente dare una mano, ma a questo Governo era stato spiegato fin dall'inizio che la strada intrapresa avrebbe portato ad umiliare le attese degli obbligazionisti e anche degli azionisti. Aver compiuto quella scelta, negando la cessione ad Air France, ha portato ad una confusione totale che nega lo spazio ad azionisti ed obbligazionisti di Alitalia e questa è una stangata che voi gli avete dato. Sarebbe facile dire: «Chi è causa del suo mal pianga se stesso», ma mi dispiace molto che ciò sia accaduto. Certo, è il risultato plastico della vostra politica: voi in realtà siete moralisti, siete morali a parole, ma siete profondamente immorali nell'azione di governo e nella gestione delle cose concrete (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, i colleghi che mi hanno preceduto hanno avuto il piacere (si fa per dire) di constatare la grande attenzione ai problemi veri, da loro indicati, posta dal superministro dell'economia presente in Aula, ma che non ci sta degnando di un secondo di attenzione.
Questa è l'ennesima conferma dello sfregio che il Governo ha nei confronti del Parlamento. Noi possiamo parlare, ma intanto loro fanno quello che vogliono. Ebbene, signor Ministro, ieri l'altro, al Senato della Repubblica, nelle audizioni che vi sono state, la sua e quella del Governatore Draghi, abbiamo visto sostanzialmente girare due film completamente diversi. Uno era il suo, che è stato evidenziato da un noto giornale internazionale come The Economist, che ha detto che il vero scandalo dell'Italia è quello di non accettare la realtà della crisi economica che la sta attraversando. Avete fatto girare un film in cui sostanzialmente si diceva (parole del Ministro al Senato della Repubblica): con il Documento di programmazione economica e finanziaria dell'anno scorso ci eravamo posti tre obiettivi e li abbiamo raggiunti tutti e tre. Il primo obiettivo era quello del controllo dei conti pubblici, cioè un intervento sulla finanza pubblica che stabilizzasse i conti. Obiettivo raggiunto, dice il Ministro, ma non è vero e, a smentita di quello che ha detto il Ministro, è intervenuto in Senato, sempre ieri l'altro, il Governatore della Banca d'Italia Draghi, il quale ha parlato del grave problema nella determinazione dei conti pubblici. Allora, quale è la verità?
La verità sta nei numeri, se si vogliono leggere ed esaminare. In primo luogo, abbiamo un deficit che viaggia decisamente oltre il 5 per cento; lo stesso Governo dice che si attesta al 5,3 per cento, molto probabilmente arriveremo alla fine dell'anno, superando anche quella soglia. Vi sono poi le entrate tributarie, che hanno avuto una caduta del 3,8 per cento, un debito che viaggia speditamente verso il 116 per cento in questo anno e il 118 per cento circa nel prossimo anno, una produzione industriale in caduta libera, con meno 20 per cento nel primo semestre. In compenso, abbiamo due unici dati con il segno più, ma che in questo caso non è positivo: le spese correnti sono in forte aumento, di circa il 5 per cento, e la pressione fiscale è in aumento, nonostante le promesse vane e fatue del Ministro dell'economia e delle finanze e del suo - ripeto suo - Presidente del Consiglio, il quale diceva che non avrebbero messo le mani in tasca ai cittadini. Invece, le avete messe pesantemente, almeno nei confronti di quei cittadini che le tasse e le imposte le hanno sempre pagate.
Infatti, la pressione fiscale ha toccato l'apice del 43,4 per cento, punta che era stata raggiunta soltanto una volta nella storia di questi ultimi anni, cioè nel 1998, quando il Governo Prodi introdusse la tassa per entrare in Europa, ma che Pag. 34restituì, almeno nella misura del 60 per cento, già dall'anno successivo. Non vi era nel 2008 alcuna necessità di quella natura e il risultato è che le mani nelle tasche dei cittadini le avete messe.
In compenso, c'è un altro dato ancora in forte aumento ed è collegato a tutto questo. Infatti, se per mandare avanti la macchina dello Stato e delle autonomie locali occorrono quattrini e questi sono mancati negli introiti tributari, c'è un perché: da una parte, abbiamo chi paga di più, i lavoratori dipendenti, i pensionati, il lavoro autonomo ligio al proprio dovere, ma abbiamo anche una grande massa di cittadini che continuano ad evadere tasse e le imposte. Voi li avete favoriti con il decreto-legge n. 112 del 2008, abrogando tutta quella serie di norme che il Governo Prodi aveva introdotto e che avevano dato dei risultati altamente positivi, tant'è che l'introito tributario era aumentato nell'anno successivo. Ebbene, avete pensato di fare un regalo agli evasori, abrogando quelle norme e, infatti, l'evasione fiscale ha ripreso a camminare. Per la prima volta, amici, colleghi, Governo, siamo di fronte ad un disavanzo primario. Non era mai successo negli ultimi diciotto anni.
Quando il Governo Prodi andò all'esame europeo di fronte a Kohl (stiamo parlando della primavera del 1998), Kohl disse, guardando in faccia il Primo Ministro italiano, Romano Prodi e il Ministro dell'economia del tempo, Carlo Azeglio Ciampi: di voi mi fido, anche se siete ancora fuori dal controllo del debito e la ragione per la quale mi fido sta tutta nel fatto che avete preso un avanzo primario azzerato e l'avete fatto crescere, perché questo è un segno di buona volontà. Di voi mi fido!
Invece io vi dico: di voi non ci fidiamo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) per una ragione semplice: proprio perché avete sostanzialmente invertito l'ordine dei fattori e cioè non un avanzo primario, ma un disavanzo primario.
Allora, cari colleghi, cosa avete pensato bene di fare? Non sto a ripetere le cose che ho detto ieri nel corso della discussione sulle linee generali (alla scadenza del tempo a mia disposizione ho dovuto ovviamente interrompermi), ma riprendo esattamente laddove mi sono interrotto; voi avete provveduto col decreto-legge in esame, che trasformerete ovviamente in un maxiemendamento sul quale porrete la questione di fiducia, perché vi sono due scandali, due enormi scandali, le due chicche del provvedimento in esame: uno è lo scudo fiscale.
Il Ministro Tremonti, alla vigilia delle elezioni - non era Ministro ovviamente - nel marzo del 2008 disse: italiani state tranquilli, non faremo più condoni perché è immorale. Pensate bene che parole: dopo che ne aveva fatta una lunga sfilza nei cinque anni precedenti, si accorge che è immorale fare condoni. È quasi come il Presidente del Consiglio, che ieri ci ha detto che non è un santo: esatto, è proprio così, da una parte si fa e dall'altra ci si confessa, pubblicamente. Questo ha fatto anche il Ministro Tremonti nel marzo del 2008. Peccato che esattamente pochi mesi dopo faccia l'esatto contrario e cioè un condono, uno scudo fiscale-tombale nei confronti di coloro che hanno esportato clandestinamente - attenzione all'avverbio: clandestinamente - i capitali, i loro risparmi.
Dunque, quando vado in mezzo alla gente comune chiedo quanti sono coloro che hanno esportato clandestinamente: nessuno. Qual è la categoria di persone che invece ha esportato clandestinamente non solo per evadere le tasse e le imposte, ma per nascondere soldi sporchi? Sono coloro che lavorano in nero, sfruttando i lavoratori, sono coloro che sono affiliati alle varie mafie italiane (che si chiamano camorra, ndrangheta, corona unita, mafia siciliana e dintorni), sono coloro che vivono sulla pornografia, sono insomma tutti coloro che dovrebbero stare dentro le patrie galere, per dirla propria tutta. Invece vengono premiati, portano i loro quattrini all'estero e poi li possono riportare in Italia, o meglio li possono «lavare», pagando.
Udite, udite: nei provvedimenti precedenti della XIV legislatura hanno fatto pagare sul primo il 2,5 per cento, sul Pag. 35secondo il 4 per cento e adesso, per confondere un po' più le acque, sapete cosa hanno fatto? Certo che lo sapete, colleghi: hanno pensato bene di dire che prevedono il 5 per cento. Ma di che cosa? Del 2 per cento del rendimento, che calcoliamo essere annuo sugli investimenti fatti all'estero, sui soldi portati all'estero. Peccato che ovviamente con la norma, visto che è fatta per i furbi come loro (e poi sappiamo che il Ministro è un grande esperto di paradisi fiscali: era superconsulente di grandi imprenditori, che ne hanno usufruito alla grande), fanno pagare il 5 per cento o meglio l'1 per cento annuo sul rendimento del 2 per cento. Però c'è la possibilità di dichiarare che quei trasferimenti di capitali sono avvenuti semplicemente nell'ultimo anno, quindi il 5 per cento del 2 per cento, cioè il rendimento di un anno, che vuol dire - è semplice fare il conto - l'1 per cento. In altre parole, abbiamo peggiorato il condono tombale e lo scudo fiscale precedente, facendo pagare a coloro che avevano esportato clandestinamente l'1 per cento.
Cittadini che ci ascoltate, sapete quanto pagate sui titoli che avete in deposito? Il 12,50 per cento annuo. Sapete quanto viene trattenuto direttamente dalle banche dai vostri conti correnti? Il 27 per cento. Loro, grazie a questo Governo, pagheranno, forse, l'1 per cento. Questo è il grande omaggio, il grande regalo che viene fatto a lor signori.
Vi è una seconda «chicca», quella che condona e che, in qualche modo, pone una sanatoria, anche in questo caso tombale, sulle multe maturate, in questi anni, da parte dei concessionari della gestione delle slot machine, che non si erano collegati via modem, come prevede la normativa, con la Sogei, che, quindi, non ha avuto modo di sapere quanto dovessero pagare.
La prima delle dieci concessionarie si chiama Atlantis, il cui legale rappresentante in Italia è un collega parlamentare che, naturalmente, appartiene al Popolo della Libertà. Da sola, rappresenta un'evasione di 31 miliardi di euro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Complessivamente, le dieci società concessionarie hanno evaso e non hanno pagato imposte - il prelievo erariale unico (PREU) - per 90 miliardi di euro. A dirlo è la Guardia di finanza, a cui è stato vietato, nel 2008, di fare la relazione conclusiva di questa indagine.
Si è ricorso alla Corte dei conti, che aveva evidenziato questo stato di cose, invocando la competenza. Questa decisione è nelle mani della Corte di cassazione, la quale si guarda bene dal pronunciarsi, in attesa che qualcuno ci pensi. Guarda caso, quel qualcuno è stato trovato: un altro collega - ci mancherebbe che fosse stato quello citato in precedenza - che ha pensato bene di presentare un emendamento, collega Ventucci, con il quale si dà un colpo di spugna totale a questa clamorosa evasione.
Stiamo parlando di 90 miliardi di euro: 180 mila miliardi di vecchie lire! Quante leggi finanziarie potremmo fare con quella sola voce di cui ho parlato? Avremmo le risorse per finanziare i lavoratori in mobilità, i lavoratori precari e le imprese che faticano, cioè quelle piccole e medie.
Questo è il risultato di questo Governo: dare aiuto a coloro che evadono, dare aiuto alle mafie. Sapete, infatti, che, dietro al gioco clandestino e al gioco delle slot machine (quelle non alla luce del sole, per intenderci), vi sono le mafie. A dirlo è stata una Commissione istituita dall'allora sottosegretario all'economia, Alfiero Grandi, che diceva per l'appunto questo: che il gioco delle slot machine irregolari è controllato dalle mafie. Egli faceva anche un nome e un riferimento preciso: Nitto Santapaola, l'avete già sentito, vero?
Questi sono i destinatari del provvedimento in oggetto, che ricevono da voi questo grande regalo: evasori, evasori e, ancora, evasori. Questa è l'Italia che gli italiani non si meritano (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, in questo momento, fuori dal Parlamento, nella piazza qui a fianco, Pag. 36oltre alla manifestazione degli agricoltori, è in corso l'ennesimo presidio, l'ennesima manifestazione del mondo della cultura e dello spettacolo.
In questi giorni, si sono succedute prese di posizione, movimenti e assemblee di un mondo fortemente penalizzato ed umiliato da questo Governo attraverso i tagli molto pesanti che sono stati inferti, anche quest'anno, al Fondo unico per lo spettacolo: 200 milioni di euro.
Voglio ricordare che, dal decreto-legge n. 112 dello scorso anno, si tratta di un taglio di 200 milioni l'anno per tre anni.
Il Fondo unico per lo spettacolo si contestualizza, in compenso, in una spesa complessiva per la cultura che è scesa - grazie a questo Governo lungimirante - allo 0,1 del prodotto interno lordo. Il Paese che nel mondo ha il più grande patrimonio culturale, ha un Governo che spende - e non investe sulla cultura - lo 0,1 del prodotto interno lordo, cioè una cifra al di sotto del limite di sopportazione per la valorizzazione, la tutela e la crescita del patrimonio culturale, al di sotto della sopportazione per le seimila imprese del mondo dello spettacolo e per i 250 mila lavoratori che oggi rischiano seriamente il posto di lavoro.
Sono argomenti seri di cui questo Governo non ha mai intenzione di parlare. Abbiamo trovato una totale indifferenza, perfino un'ostilità. Devo ringraziare l'autorevolezza del Presidente Napolitano, al quale, come parlamentari di tutti gli schieramenti, abbiamo scritto per lanciare quello che è un vero e proprio allarme: l'allarme cultura.
Devo ringraziare i Presidenti Fini e Schifani, che sono stati molto attenti e sono rimasti anche molto scossi da una situazione che vede il Fondo unico per lo spettacolo tagliato del 40 per cento. Rispetto ai valori dell'anno in cui il Fondo è stato istituito, cioè il 1985, il valore è sceso ulteriormente; per riportarlo ai valori del 1985, oggi con l'euro avremo bisogno di 700 milioni di euro e non certo dei miseri 340 milioni di euro circa che questo Governo ha deciso di riconoscere a una delle più importanti attività culturali ed economiche del nostro Paese.
La gente va a teatro più che alle partite di calcio; forse guarda meno la televisione e forse è quello che dà fastidio, evidentemente, ma va molto di più a teatro. La gente va al cinema; il cinema italiano sta vivendo una stagione molto importante. Con questo taglio non si potranno produrre quei trenta film - trenta, non stiamo parlando di milioni di film - che potranno consentire all'Italia di proiettarsi nel mondo.
Il regista Giuliano Montaldo, nel corso di uno di questi incontri istituzionali, ha raccontato un episodio significativo. Quando uscì «Roma città aperta», il noto capolavoro di Rossellini, fu un insuccesso di botteghino, non fece soldi. Oggi è il film più visto nel mondo e prenderne uno spezzone costa moltissimo. Lo voglio dire a tutti coloro che pensano che il prodotto culturale, il prodotto cinematografico e teatrale e la loro qualità si possano misurare con criteri mercantili. Basta, lo dico anche al Ministro Bondi: basta parlare di mercato! Noi siamo cittadini e non siamo consumatori, siamo persone e non siamo piccioni che vanno dietro al primo messaggio dato dal potente di turno.
Il bilancio del Ministero per i beni e le attività culturali è un fallimento. Si sono realizzate privatizzazioni di musei; si è umiliato il patrimonio culturale di questo Paese; si è azzerata la direzione generale che riguarda la parte importantissima della tutela del paesaggio; si è detto che l'arte contemporanea non ha alcun significato in un contesto di valorizzazione dei beni pubblici. Nel federalismo fiscale non c'è una parola sulla cultura e adesso si tagliano ulteriormente i finanziamenti allo spettacolo.
Ieri il Ministro Bondi, in una lettera a Il Corriere della Sera, ha pensato bene di raccontarci cosa si dovrebbe fare. Scusi, Ministro Bondi, chi è il Ministro per i beni e le attività culturali? È lei e non ha fatto assolutamente nulla di quello che avrebbe potuto fare. Non è stata certo l'opposizione ad impedirglielo, perché, come lei sa, Pag. 37l'opposizione ha convenuto più e più volte in Commissione sulle scelte che devono essere compiute.
La verità è che le indicazioni che lei offre in quella lettera non sono state eseguite per il semplice motivo che il Governo di cui lei fa parte lo ha impedito tagliando in modo oramai insopportabile i finanziamenti alla cultura.
Si parla tanto del rapporto tra pubblico-privato. Dobbiamo sapere che i finanziamenti privati sono molto importanti, ma vorrei anche capire, in una chiave integrativa naturalmente, quali sono gli incentivi e le agevolazioni fiscali che vengono date al mondo dei privati perché possano intervenire nella cultura, altrimenti è evidente che si tratta di mancette o del magnate di turno o di mecenatismo.
Oggi siamo in un'altra condizione, in un'altra società: abbiamo bisogno davvero che ci sia una collaborazione proficua e regole certe, nuove e trasparenti e su questo siamo disponibili. È in discussione una legge di riforma dello spettacolo dal vivo, c'è un comitato ristretto all'interno della Commissione cultura, siamo d'accordo, è un testo condiviso; al Senato è in discussione la riforma del cinema. Perché non procedere velocemente con queste leggi e naturalmente finanziarle (perché, se decidiamo che si devono fare le nozze con i fichi secchi, informo i colleghi e il Governo, se non lo sa ancora, che questo è veramente impossibile)?
Abbiamo presentato emendamenti importanti a questo provvedimento: in esso non si parla minimamente del mondo della cultura, come fosse solo divertimento, tempo libero e svago. Il mondo della cultura è un'impresa, un'impresa culturale che ha peculiarità molto particolari, non è un'azienda, e non è possibile qualificarla e trattarla come un'azienda qualsiasi. È l'impresa culturale che nel mondo vive e cresce, che fa sviluppare il pensiero, l'arte e l'autonomia delle persone, oltre che la qualità e la bellezza di cui il nostro Paese ha tanta abbondanza, di cui ci facciamo vanto, ma di cui evidentemente a questo Governo non interessa nulla, se non nella chiave turistica, giusto per poter vendere qualche statuetta o santino in più.
Abbiamo presentato degli emendamenti, maggioranza ed opposizione, sono stati ritenuti inammissibili per estraneità di materia. È molto discutibile pensare che sia estranea la materia della crisi, quella profonda del mondo della cultura. Lo testimoniano le parole autorevoli delle persone di cui ho parlato prima.
In compenso, avete inserito nell'articolo 11 un codicillo molto carino che riguarda la «porno tax», non esigibile e totalmente virtuale allo stato attuale: circa 6 milioni, se non sbaglio, anche se è impossibile avere la stima ufficiale, una squallida mancetta di cui il mondo della cultura non sa che farsene.
Il problema è strutturale e gravissimo. Chiudono le imprese, vanno a casa lavoratori che non hanno ammortizzatori sociali! Io non vado avanti, perché la scortesia, signor Presidente, di questo Governo ha raggiunto livelli insopportabili. Adesso basta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego. Onorevole Lo Presti, per cortesia.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Non so se è chiaro, io ho il diritto di parlare e il Governo ha il dovere di ascoltarmi. Chiaro?

PRESIDENTE. La prego, onorevole De Biasi. Vada avanti.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. No, signor Presidente, non vado avanti se non vanno via. Mi piazzo qua. Mi spiace tanto.

PRESIDENTE. Onorevoli Calderisi, la prego.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. La ringrazio, Signor Presidente. Stavo parlando della squallida mancetta della porno tax. Fra l'altro, l'assassinio è il maggiordomo, muore il tranviere, non sappiamo come va Pag. 38a finire. Si susseguono le voci: forse la porno tax non c'è più, sarebbe perfino una cosa meritoria, finalmente un atto di lucidità da questo Governo; forse ci saranno 40 o 60 milioni, messi chissà dove, certamente non nel provvedimento del Parlamento.
Mi auguro che possa esserci nel maxiemendamento, ma non ho molta fiducia perché il livello di disprezzo per la cultura che questo Governo trasuda in ogni suo poro è davvero troppo forte.
In questi giorni - voi non ve ne rendete conto - ci sono migliaia di attori, di persone giovani che non hanno davanti a sé un futuro, l'intero mondo del teatro italiano che è noto nel mondo. Attualmente il Piccolo Teatro di Milano è a New York, dove i manifesti dicono che c'è Tony Servillo in persona e ci sono cinque repliche.
La cultura italiana e lo spettacolo italiano nel mondo sono un biglietto da visita incommensurabile che porta un grandissimo indotto economico e, almeno su questo, dovreste sentirci. Si tratta di soldi, cioè l'unica cosa vi interessa. Almeno sui soldi potreste avere un pochino di calore, se non volete averlo sul valore della cultura come identità nazionale, della cultura come patrimonio collettivo e della cultura come stimolo alla crescita umana delle persone?
Almeno state attenti ai soldi: se questo mondo finisce di produrre porta a questo Paese un danno economico enorme, di cui mi pare di capire, però, non vi rendete assolutamente conto perché è molto più interessante evidentemente decidere che è giusto tagliare perché questo mondo spreca.
E veniamo agli sprechi. Siamo disponibili, fin dal primo momento a verificare tutti gli sprechi, a trovare nuove regole, ma ciò che non si può fare è dire che la cultura - come è apparso su alcuni giornali in questi mesi - è qualcosa che riguarda le persone ricche o i vecchi con il pannolone, è chiaro? Questo è stato detto da autorevoli esponenti di questo Governo. Allora, quando si arriva a questo punto, mi vengono in mente altri periodi, come quello in cui questa era un'Aula sorda e grigia e la cultura era ciarpame culturale.
Considero che forse il Governo dovrebbe essere un po' più attento e guardarsi attorno, e sapere che l'intero sistema degli enti locali attende con ansia questi finanziamenti e che l'intero sistema delle autonomie chiede che la cultura sia riconosciuta come valore fondante e come infrastruttura centrale di questo Paese. Migliaia e migliaia di operatori stanno aspettando una voce dal Parlamento.
Non sia sordo questo Parlamento anche questa volta.
Non sia sordo il Governo ad un richiamo che, guardate, non è di destra, né di sinistra, ma è il richiamo di chi ama l'autonomia dell'arte e di chi ama la cultura; forse, se in questo Governo ci fosse un pochino più di amore per il nostro Paese, le cose andrebbero diversamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, innanzitutto intendiamo, come gruppo Unione di Centro, esprimere insieme al presidente Casini la nostra solidarietà al Ministro Prestigiacomo per aver difeso non solo le prerogative del proprio Ministero sull'articolo 4, ma soprattutto per aver posto la questione della tutela ambientale che è anche tutela della salute.
È una questione politica rilevante soprattutto per la credibilità del Presidente Berlusconi come Presidente del G8 e del G14 che, insieme al Presidente Obama, ha rivendicato il merito di aver definito le regole globali per limitare le emissioni di CO2 che pregiudicano lo lotta ai cambiamenti climatici.
Stando sullo specifico, come si può prevedere il concerto tra il Ministero per le infrastrutture, sentito quello per la semplificazione normativa, per gli interventi con capitale privato per la produzione Pag. 39di energia elettrica, ed ignorare qualunque parere del Ministero dell'ambiente?
Come si può cancellare con il voto delle Commissioni - mi riferisco all'emendamento Corsaro 4.27 - l'intesa con le regioni che hanno competenze specifiche in materia di tutela del territorio? Si sta facendo piazza pulita non soltanto di coloro che pensano diversamente e che non rientrano nel cosiddetto pensiero unico del sultano, ma anche di competenze costituzionalmente previste.
Esprimiamo solidarietà, condivisione e sostegno anche ai colleghi del Movimento per le Autonomie per la comune opposizione a questo decreto-legge, laddove discrimina e saccheggia i FAS (Fondi per le aree sottoutilizzate) destinati al Mezzogiorno per finanziare gli ammortizzatori sociali la cui destinazione prevalente è prevista, oggi, con questo decreto-legge per il nord.
Il paradosso dell'utilizzo del Fondo per l'occupazione e la formazione di cui all'articolo 1 è che su 5 miliardi di euro degli 8 stanziati da Stato e regioni per la cassa integrazione, anche in deroga, 4 miliardi sono stati presi dal Fondo per le aree sottoutilizzate, per cui vige la regola secondo la quale l'85 per cento di detto Fondo deve essere destinato al sud e il 15 per cento al nord. Ci saremmo aspettati, pertanto, che anche l'85 per cento del Fondo per l'occupazione e la formazione fosse impegnato per il Mezzogiorno in egual misura. Invece, no, succede esattamente l'opposto: l'80 per cento, ossia 3 miliardi su 4, sono destinati al nord.
Spero che i deputati del Movimento per le Autonomie votino contro la fiducia come farà l'Unione di Centro. Solo così si potrà difendere non solo il Mezzogiorno per le legittime rivendicazioni e difese di stanziamenti già definiti, paradossalmente dal Governo Prodi. In quella occasione, il centrodestra (allora all'opposizione) ritenne addirittura che il Fondo per le aree sottoutilizzate non fosse sufficiente, che avrebbe dovuto essere più consistente, ma vi è di mezzo oggi anche la credibilità politica delle istituzioni, a cominciare dal Parlamento. Infatti, furono le Camere a definire il rapporto (85 per cento al Mezzogiorno e 15 per cento al nord).
Vogliamo anche esprimere solidarietà, amicizia ed affetto alle popolazioni terremotate dell'Abruzzo. Come ceto politico, come parlamentari, ci sentiamo in difficoltà ed in imbarazzo per come sono percepite le istituzioni da chi vive in uno stato di bisogno e difficoltà come i nostri amici de L'Aquila. Come ho ricordato in sede di discussione sulle linee generali e meglio di me ha sottolineato l'onorevole Lolli, chi approva questo decreto-legge, approva anche l'articolo 25, con i commi 2 e 3 (lo ricordo ai parlamentari dell'Abruzzo), con i quali si stabilisce che le popolazioni terremotate a partire da gennaio 2010 debbano restituire in 24 mesi il 100 per cento dei tributi e contributi sospesi.
Le popolazioni di Marche ed Umbria (ed io sono marchigiano) li hanno restituiti in 10 anni e per il 40 per cento dell'importo, anche se c'è stato chi - l'ho denunciato in più occasioni - ha restituito solo il 10 per cento in altre parti dell'Italia. Ma davvero Tremonti pensa che la crisi finanziaria e dei conti pubblici si risolva e si risani in termini di cassa, prelevando 513 milioni dagli abruzzesi? Sono già contabilizzati in conto competenza e, pertanto, possono essere considerati residui attivi. È soltanto, quindi, un problema di cassa.
Spero che il Governo assuma formale impegno a rivedere questa norma. Non so se verrà fatto fra qualche ora presentando il maxiemendamento. Abbiamo le dichiarazioni del Presidente Fini, il quale ha detto che non intende certamente rimanere silente di fronte ad una manipolazione del lavoro svolto (anche se da noi dell'opposizione contestato) dalle Commissioni riunite V e VI. Tuttavia, certamente se ci fosse soltanto questa norma inserita, credo che nessuno dall'opposizione potrebbe dire alcunché.
Sicuramente ci aspettiamo (da settembre, dalla ripresa in poi ed entro il 31 dicembre, magari con la legge finanziaria) Pag. 40che questa norma sia in qualche modo cancellata e si possa avere un trattamento più equo per gli amici dell'Abruzzo.
Vorrei qui sottolineare il paradosso della vicenda dell'Abruzzo: il paradosso è dato dal fatto che i relatori e il Governo hanno approvato l'emendamento Ceroni che sposta da giugno a settembre la restituzione dei tributi e contributi di Marche e Umbria e la stessa maggioranza nelle Commissioni V e VI hanno negato ogni apertura politica per discutere invece su un eventuale rinvio delle restituzioni dei tributi e contributi per l'Abruzzo. Questo è il paradosso. Si tratta di quell'Abruzzo, come è stato ricordato, forte e paziente che ha eletto il governatore Chiodi e ha dato il governo regionale alla destra e che ha consentito a Berlusconi di svolgere il G8 a L'Aquila dando un'immagine di grande dignità civica rispetto a tutto il mondo.
Ma davvero, Ministro Tremonti, questo decreto può essere coperto con i tributi e i contributi restituiti dagli abruzzesi? Mettete un euro sul lato delle entrate per il rientro dei capitali con lo scudo fiscale e oltre 500 milioni provenienti dalle tasse sul lavoro dei terremotati! Basterebbe questo paragone tra la carota che date agli evasori e le bastonate fiscali che date agli abruzzesi per definire il profilo etico dell'azione di Governo di questo decreto.
Un'altra questione da modificare su cui insistiamo come Unione di Centro è la modifica della normativa sulla regolarizzazione delle colf e delle badanti; lo avevamo già detto come Unione di Centro quando abbiamo discusso il provvedimento sulla sicurezza, ma siamo stati inascoltati, sono prevalse altre logiche di natura elettoralistica, ma avete dovuto fare i conti con la realtà e oggi venite qui in Aula correndo ai ripari. Ebbene, come ha ricordato bene il collega Tabacci poc'anzi e come ho sottolineato anch'io nell'intervento in sede di discussione sulle linee generali ieri sera, questo è un provvedimento profondamente ingiusto perché ci troviamo di fronte di nuovo a quelle furbizie che nascondono l'immondizia sotto il tappeto. Infatti, ci sarà una prolificazione di contratti simulati per colf e collaboratori domestici che in realtà svolgono altri mestieri.
Ha ricordato qui il collega Galletti che essendoci il vincolo per i lavoratori domestici dei 20 mila euro per il datore di lavoro, succederà che laddove si dovrà esprimere quella solidarietà familiare a cui è stato fatto cenno, saranno i figli, i parenti di quegli anziani che non hanno, in quanto pensionati, un reddito annuale pari a 20 mila euro o superiore, che si dovranno far carico di queste assunzioni e di questi contratti per destinarli in realtà, aggirando così la norma, alla tutela dei bisogni dei propri cari e degli anziani con queste collaboratrici domestiche. Infatti le colf saranno assunte, anziché dai genitori anziani, dai figli, dai nipoti, dai parenti che in qualche modo vogliono aiutare questi anziani che non hanno il limite di reddito previsto.
Ma non solo, avremo anche i pizzaioli che saranno assunti come collaboratori domestici per poter regolarizzare la propria posizione in Italia, mentre poi lavoreranno in pizzeria o in altri servizi e in altre attività commerciali. Ci dovrà comunque essere quella necessaria astuzia per regolarizzare la presenza di extracomunitari nel nostro Paese, perché avete voluto fare una norma propagandistica soltanto per fini elettorali.
Ma come si può pensare di regolarizzare secondo i mestieri? Questo è un assurdo giuridico e costituzionale, prima che un assurdo sul piano del buon senso. Avremo contratti simulati, avremo, comunque, sicuramente una pronuncia da parte della Corte costituzionale e dovrete, ancora una volta, venire qui in Aula a correggere i vostri errori.
Ma siamo rimasti delusi, signor Presidente - la questione è stata posta al Presidente Fini - anche di come si è comportata la maggioranza in seno alle Commissioni riunite V e VI. Non ci siamo solo lamentati perché sono state introdotte norme che non avevano niente a che vedere con il decreto anticrisi, così com'era stato presentato dal Governo: è stata qui sottolineata l'assurdità dell'eterogeneità Pag. 41delle norme, ma ormai ci siamo abituati a questi decreti omnibus. Non mi dilungo sui rilievi critici che lo stesso Comitato per la legislazione ha fatto su questo come su altri decreti precedenti, tanto voi risolvete tutto con la fiducia e con la forza dei numeri, non volendovi più confrontare né sul merito né sulle regole che disciplinano la nostra convivenza parlamentare.
Ebbene, siamo rimasti delusi dal comportamento della maggioranza non soltanto per come ha inteso la gestione delle Commissioni, ma soprattutto perché, con l'introduzione di norme e di corpi normativi che non avevano niente a che vedere con il decreto, si è negato alle Commissioni di merito di poter approfondire alcune tematiche di grande importanza e significato, come la riforma previdenziale, sia per la parte che ha riguardato l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia per l'equiparazione di donne e uomini, per quanto riguarda il pubblico impiego sulla pensione di vecchiaia, sia per l'introduzione della norma riguardante...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AMEDEO CICCANTI. ...i parametri di rivalutazione. Signor Presidente, riteniamo che bisogna cambiare pagina.
Concludo ricordando che per l'UdC le questioni istituzionali sono prioritarie su tutte le altre questioni politiche, perché con buone regole si fa anche una buona politica (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è evidente che stiamo trattando di un decreto importante e strategico: lo chiamiamo, di fatto, decreto anticrisi. È un decreto che dovrebbe contenere provvedimenti che guardano verso quelli che stanno effettivamente subendo la crisi e che hanno bisogno di ripartire subito, immediatamente, per poter dire che stiamo superando la crisi, e che sono le famiglie, sono i lavoratori, in primis quelli già disoccupati, poi quelli che sono sull'orlo e vedono di fronte la disoccupazione: i cassaintegrati, i precari, i lavoratori con contratto a termine, che sanno che rischiano di essere estromessi, in questo momento, dal ciclo del lavoro.
Questi numeri sono confermati da autorevoli società, che verificano l'andamento dell'economia nei suoi aspetti più importanti, anche se il Presidente del Consiglio li ha chiamati «astrologi» o in qualche altro modo, come «corvacci». Li ha definiti in tutti i modi: sto usando termini buoni, ma ne ha usati di peggiori, tranne quando, magari, su dieci segnalazioni di rischio, ce n'è una che dà qualche segnale positivo; allora, questi diventano i più bravi e sono subito da mettere in prima pagina.
Purtroppo la scienza deve rimanere il nostro strumento di valutazione e, quindi, anche in questo caso, con essa credo che sia necessario capire, attraverso gli sforzi che facciamo, quali obiettivi vogliamo raggiungere. Invece, stiamo rilevando da mesi che vengono utilizzati decreti-legge omnibus, decreti-legge che trasportano settimana per settimana dei piccoli interventi a seconda delle singole lobby, piccole lobby a volte, neanche sufficientemente sostenute da studi, e quindi da proiezioni certe, lobby esclusivamente di speculazione e di interessi. Cosa vuol dire annunciare come grande provvedimento l'approvazione di una legge sul federalismo fiscale, dove finalmente è previsto il concetto della responsabilità della spesa, il concetto della sussidiarietà su di essa? In realtà lo annunciamo e poi in tutti questi decreti-legge, compreso il decreto-legge anticrisi, troviamo piccoli interventi negli emendamenti - perché di questo stiamo discutendo, del complesso degli emendamenti - che invece fanno esattamente il contrario.
Vorrei parlare per esempio delle proposte emendative all'articolo 4, dove di fatto vengono, in materia di energia elettrica, quindi realizzazione di linee elettriche e di centrali elettriche (di tutti i tipi naturalmente, dopo aver già subito la Pag. 42questione del nucleare), estromessi gli enti locali, a partire dalle regioni, dalle province, dai comuni, e non solo, ma viene estromesso anche un Ministero come quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che aveva provveduto prontamente ad effettuare lo spoil system sulle commissioni di valutazione ambientale, e quindi aveva nominato 50 o 60 esperti di propria fiducia, e quindi di fiducia di questo Governo, per seguire tali procedure. Abbiamo bisogno che nelle procedure di garanzia vi siano tempi certi, non che vi sia l'esclusione da esse dei cittadini e delle comunità!
Giusto ieri in Commissione ambiente abbiamo discusso di un'interrogazione da parte di alcuni parlamentari della Lega Nord, dove si chiedeva al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con riferimento alla conversione di una centrale elettrica nella bergamasca, se non fosse opportuno, siccome era cambiato di due chilometri il tracciato del gasdotto, rivedere la valutazione di impatto ambientale. Naturalmente la risposta del Ministro è stata franca: non è necessario rivedere tutta la valutazione di impatto ambientale, quando si tratta solo di uno spostamento limitato del gasdotto che porta il gas a questa centrale. Sono queste le risposte che dobbiamo dare, e non invece sostituire il Ministero con dei commissari, e quindi scavalcare le regioni che si sono assunte in questi anni l'onere di predisporre i piani energetici, e le strategie che devono andare incontro anche a tali esigenze.
Questo è un esempio, ma vorrei parlare di tante altre assunzioni di responsabilità. Abbiamo visto un emendamento che prende in considerazione un miliardo e 300 milioni di euro, che si spostano sul FAS per la grande opera del ponte sullo stretto di Messina. Ma se la settimana prossima abbiamo il DPEF (qualcuno ha detto che sarà l'ultimo) con l'allegato delle opere strategiche infrastrutturali, lì credo che dovrebbe essere previsto il ponte sullo stretto di Messina, lì mettete i fondi, se ci sono, per realizzare il ponte. Che «cavolo» c'entra prevederlo oggi, cioè una settimana o dieci giorni prima, per risolvere il problema della crisi, per andare incontro alle famiglie e ai lavoratori? Cosa pensate di risolvere con provvedimenti di questo tipo? No, dobbiamo rispondere alle pressioni di potere di alcuni parlamentari della nostra Assemblea. In realtà non è questo che la gente vuole: la gente vuole risposte certe, ma che abbiano un futuro, che abbiano una continuità sul proprio lavoro di tutti i giorni.
Che dire della questione del Patto di stabilità? Una piccola briciola nei confronti di quegli enti locali virtuosi, cioè che hanno soldi, risorse, che hanno appaltato lavori, hanno fatto gare infrastrutturali, quindi con investimenti in conto capitale cui non sono in grado di far fronte.
E noi per una questione di cassa continuiamo a comprimerle e annunciamo come un provvedimento anticrisi lo sblocco di pochissime risorse (il 30 per cento di quanto era previsto, che già era poco: si tratta dunque di qualche decina di milioni di euro). Non sono queste le opere già cantierabili che, se si continuasse nella loro costruzione, potrebbero avere davvero un impatto concreto sull'economia: opere che invece noi teniamo bloccate.
Così come teniamo bloccati i pagamenti da parte dell'amministrazione pubblica. Facciamo infatti un provvedimento che sblocca solo 30 miliardi degli 80 miliardi di debito che l'amministrazione pubblica aveva. Peraltro, il Governo aveva già preso l'impegno di sbloccare questi pagamenti.
Si sono fatti alcuni piccoli interventi che possono anche sembrare significativi. Per esempio, si fa una riduzione delle tasse per coloro che fanno aumenti di capitale. Ma il Governo si è reso conto che in questo momento il 50 per cento delle piccole e piccolissime imprese sta intervenendo con capitale proprio per non portare i registri in tribunale, dal momento che vi sono norme che prevedono che quando il capitale sociale è inferiore al debito, le società devono essere messe in liquidazione? È questo quello che sta accadendo! Non è semplicemente sollevando del 3 per cento l'eventuale aumento di capitale che risolviamo i problemi di Pag. 43queste imprese! Dobbiamo dare loro la certezza di un futuro in termini di appalti, di lavori, di risorse e di liquidità da parte del mondo bancario.
Proprio quel mondo bancario che veniva denunciato come il cattivo, come quello che di fatto ci ha portato a questa situazione, ragion per cui con i provvedimenti precedenti si sono introdotte tasse straordinarie su di esso. Eppure, non provvediamo ad intervenire in modo rapido sugli strumenti con i quali il sistema bancario si autotutela e si difende. Abbiamo eliminato il massimo scoperto, e però sono stati inventati balzelli che valgono il doppio del massimo scoperto: non possiamo continuare a far finta di non vedere quello che succede! O facciamo provvedimenti seri, che magari impiegano venti giorni in più ad essere approvati, ma che chiudono con un certo modo di operare da parte delle imprese bancarie e assicurative, o altrimenti tutto questo non serve a nulla. Tant'è vero che pochi giorni fa abbiamo ripristinato per il mondo assicurativo i contratti pluriennali.
Restando ai piccoli interventi infilati in questo decreto, pensiamo al provvedimento di sanatoria per le badanti. Intanto, già vari colleghi prima di me hanno evidenziato che si tratta solo di una parte delle badanti. Dopo che abbiamo discusso un provvedimento che annunciava di dare sicurezza e certezza all'Italia, anche con questo provvedimento prendiamo in giro gli italiani. Cosa vuol dire infatti prevedere una sanatoria per i dipendenti di italiani? Anche oggi, con le leggi attuali, costoro devono solo dichiarare di avere una colf o un collaboratore familiare e la situazione è sistemata: non c'è bisogno di inventare un provvedimento anticrisi per questi lavoratori! In realtà, attraverso questa sanatoria noi chiediamo a coloro che già hanno creduto nello Stato due anni fa e hanno proceduto a fare domanda di assunzione dei propri lavoratori a rinunciare a quelle istanze. Come si fa a chiedere ai cittadini che hanno creduto allo Stato di rinunciare ai propri diritti in funzione di una possibile eventuale sanatoria (peraltro, contenuta nei numeri e che quindi ci vedrà rincorrere successivamente le vere risposte)?
Fra l'altro, lo Stato ci dovrebbe dire come pensa di riuscire a risolvere con gli uffici delle proprie strutture periferiche le risposte a queste istanze. Abbiamo infatti sconquassato gli uffici dello Stato, dalle prefetture ai tribunali e le questure: non abbiamo personale. Ma come faremo allora a rispondere a queste istanze?
Quindi non prendiamoci in giro, non creiamo delle sanatorie del limbo, perché mettiamo questi poveri Cristi in una condizione tale per cui nessuno gli risponde, e per altri due o tre anni non sapranno se saranno considerati clandestini o se potranno effettivamente stabilirsi qui. Queste sono le proposte che ci darebbero certezza per superare la crisi, ahimè. Ce ne sono altre, c'è la questione delle sanatorie, e qui ogni volta si dice che non se ne faranno più. Il Ministro dell'economia e delle finanze afferma di voler fare rientrare i capitali dall'estero perché all'estero ci sono i capitali, dopodiché s'intende chiudere la porta. Questo si era già sentito qualche anno fa, e invece dovremmo approvare dei provvedimenti che fanno sì rientrare i capitali all'estero, ma che li fanno rientrare perché non avrebbero alternativa, e perché altrimenti le pene dovrebbero diventare severe.
Noi in questa sede abbiamo inasprito una serie di pene per alcuni tipi di reati, ma io credo che in questo momento dobbiamo pensare ai milioni di lavoratori che rischiano di essere senza lavoro o ai drammi che ci sono in queste famiglie con risoluzioni che a volte non hanno più ritorno e al fatto che a loro così non diamo risposte. Forse se decidessimo di dare a questi signori dieci anni o quindici anni (o provvedimenti esemplari come negli Stati Uniti, di 150 anni) di galera, poi ci penserebbero bene a portare il loro prodotto netto fatto in nero, e in concorrenza allo Stato, all'estero per poi trovare delle sanatorie gratuite che fanno rientrare i soldi, se non gli diciamo che quantomeno devono essere investiti, magari su quel fondo per la prima casa Pag. 44che ieri con il DPCM è stato approvato per la casa. Con 150 milioni di euro da parte della Cassa depositi e prestiti ci venite a dire che partiranno come minimo quattro o cinque miliardi di investimenti. Chi ce li mette questi soldi se non gli garantiamo le giuste rendite? Bene, cominciamo a bloccare queste risorse dall'estero, cominciamo a mettere in un circuito positivo questi soldi, quindi non solo a garantirgli un'impunità attraverso il versamento di un piccolo obolo, che sa tanto di obolo di San Pietro: uno si mette a posto la propria anima ma si mantiene il diritto ad esercitare le proprie prerogative su quanto ha rubato e portato via agli italiani.
Mi riferisco alla stessa questione sulla sanatoria - così dobbiamo chiamarla - effettuata attraverso una maggiore organizzazione del sistema dei giochi. In questo momento ci accorgiamo del fatto che le entrate tirano. Lo dimostrano i numeri del superenalotto perché tutti sognano di poter vincere questi 100 milioni di euro, però in realtà noi non siamo in grado di rispondere con certezze, e c'è chi ha evaso utilizzando quelle macchine rovina famiglia, per le quali siamo dovuti intervenire obbligando a utilizzare il gettone e a non spendere troppi soldi. A tal proposito abbiamo creato delle strutture sanitarie ad hoc per parlare a queste persone che si sono rovinate e si sono ammalate di queste macchinette. Queste macchine sono utilizzate da alcuni saccheggiatori, anche presenti in quest'Aula, attraverso lo svuotamento del cassetto sera per sera, senza rendicontare allo Stato, senza rendicontare a chi deve controllare il giusto esercizio di queste macchinette. Quindi non solo non vi è stato un controllo dal punto di vista telematico, ma - ripeto - vi è stato anche un abuso nella forma e nella quantità di soldi giocati, con famiglie che si rovinavano con queste macchine. Ma noi continuiamo in questo sporco trattare con chi sta rovinando l'Italia. Noi stiamo facendo stampare questi tagliandini in America da società concessionarie, ma non siamo in grado di inviare là nessuno dei nostri ispettori per verificare come stampano questi tagliandi tali società americane e se le stese rispettano le regole italiane.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Stiamo attenti perché questo non è un provvedimento anticrisi, è un provvedimento che accompagna i ladri a rientrare in Italia e a rubare ancora di più (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, il decreto di cui stiamo discutendo è il settimo decreto-legge in materia economico finanziaria, includendo anche quello in materia di banche, ed è il quarto cosiddetto anticrisi. È molto singolare che un decreto anticrisi ritenuto dal Governo e dalla maggioranza così importante per affrontare la difficile situazione in cui si trova il nostro Paese non sia stato legato al DPEF e all'assestamento del bilancio che è in discussione questi giorni.
Forse non si voleva evidenziare come il Governo, nonostante sia in corso la crisi peggiore dal dopoguerra ad oggi, ancora non abbia preso decisioni rilevanti di finanza pubblica, in quanto oltre alla quasi mancanza di misure significative per contrastare la recessione non ha voluto dare alcuna impronta riformatrice e, in aggiunta a tutto ciò, assistiamo ad un peggioramento ulteriore dei conti pubblici, come rilevato anche da Draghi in questi giorni.
Se diamo un'occhiata al DPEF e osserviamo lo scostamento dell'indebitamento programmatico rispetto a quello tendenziale, la manovra prevista per il 2010 lascia tutto uguale rispetto al tendenziale, appunto, con uno scostamento uguale a zero. Questo DPEF certifica, quindi, che non ci sarà alcuna manovra per rilanciare l'economia o per migliorare i conti pubblici nel 2010. Una volta di più questo Pag. 45Governo sceglie di non scegliere, ma cosa ha fatto finora per contrastare la recessione?
Ci risulta che l'Italia è l'unico Paese del G20 a non aver varato sin qui alcuna manovra anticiclica. Le misure discrezionali a sostegno dell'economia sono state con saldo zero nel 2008 e sino ad aprile di quest'anno avevano mobilitato, a sostegno dell'economia, solo circa 3 miliardi. La manovra d'estate non avrà alcun impatto netto sui saldi di finanza pubblica in quanto alle maggiori spese o minori entrate corrispondono altre misure per maggiori entrate o minori spese e nonostante la manovra sia a saldo zero i conti vanno male: è questo il vero paradosso della finanza pubblica. I conti vanno mano perché in Italia quando il PIL diminuisce le entrate cedono immediatamente il passo mentre la spesa pubblica segue un'inesorabile tendenza alla crescita, indipendentemente dal ciclo.
Nonostante questo sia comunemente noto non vediamo alcuna azione correttiva, alcuno sforzo innovativo per superare una distorsione strutturale non sostenibile in via normale e aggravata dalla crisi. Un Governo responsabile non può solo prendere atto che le cose vanno male, deve trovare soluzioni e sulla qualità di tali soluzioni non solo le opposizioni, ma l'intero Paese devono potersi misurare. Un Governo responsabile non si limita a riproporre ricette che tutti sanno essere insufficienti e inidonee per i nodi che dobbiamo sciogliere.
Tra il 2008 e il 2009 l'indebitamento nella pubblica amministrazione peggiora di 40 miliardi dovuti a 30 miliardi di incremento di spese e a 10 miliardi di minori entrate. Contabilmente il vero problema della nostra finanza pubblica è dal lato della spesa, e da qualunque parte si guardi al problema, la necessità di controllarne la crescita insieme ad un'intensificazione dei controlli dal lato delle entrate, dovrebbero essere la vera priorità.
Il Ministro Brunetta è stato certamente capace di intercettare l'interesse dei mass media e in parte anche del nostro Paese, ma si ha l'impressione che al di là degli annunci ad effetto (pensiamo, ad esempio, alla riduzione dei giorni di malattia) non seguano modifiche strutturali che ci facciano intravedere una pubblica amministrazione che si rinnova, che punta all'efficienza e all'efficacia, che sa risparmiare senza perdere di vista la propria funzione e l'attenzione per i cittadini utenti. Questa è un'esigenza a cui si potrà dare risposta solo passando da riforme apparenti o incomplete, quali quelle introdotte magari attraverso emendamenti ad un decreto-legge, come in questo caso, ad un'azione riformatrice coraggiosa, reale e seria, come viene richiesto sempre più frequentemente da tutti i soggetti che hanno a cuore il nostro Paese e sulla quale potremmo dare il nostro contributo.
Ma torniamo al decreto-legge in discussione. Vorrei evidenziare il nostro imbarazzo nell'affrontare un testo la cui ultima versione è molto diversa da quella che in origine il Consiglio dei ministri ha approvato e il Presidente della Repubblica ha autorizzato. Siamo in piena crisi finanziaria ed economica, quindi alcuni passaggi normativi avrebbero potuto essere veramente importanti per aiutare i cittadini e le imprese a fronteggiare la grave situazione in cui ci dibattiamo da quasi un anno, ma le misure contenute in questo decreto risultano molto in ritardo, oltre che ancora insufficienti.
Perché, se questi provvedimenti sono ritenuti così utili anche dalla maggioranza, non sono stati adottati prima, quando i soggetti coinvolti non erano ancora stati fiaccati da dodici mesi di crisi, e quindi erano in grado di rialzarsi con minori difficoltà? È probabilmente superfluo ricordare che già a proposito del decreto-legge n. 185 del 2008, l'anno scorso, il nostro Partito sosteneva che le misure contenute non avevano il respiro e la dimensione strategica necessari per fronteggiare la situazione in quanto contenevano provvedimenti inadeguati alla natura e alla portata dei problemi che il nostro Paese si trovava ad affrontare.
Inoltre, dobbiamo notare come si approfitti ancora una volta dell'occasione del decreto-legge per infilare scelte non pertinenti, Pag. 46se non addirittura distraenti e incoerenti rispetto agli obbiettivi dichiarati e che mancano del requisito fondamentale dell'urgenza. Ci sono questioni spinose che avrebbero necessitato di una discussione più approfondita e di aggiustamenti importanti. Questioni come lo scudo fiscale, le pensioni, le misure riguardanti le piccole e medie imprese che non sono state discusse nelle Commissioni di merito costrette ad esprimere un parere su un testo a geometria variabile. Questo è il segno che non c'è la capacità o la disponibilità ad entrare nel vivo delle questioni cruciali, preferendo azioni di depistaggio o semplificazioni che non colgono la vera portata dei problemi.
Si potrebbero fare tanti esempi come la regolarizzazione delle badanti e delle colf che, oltre a risultare particolarmente complicata, è un'occasione persa da parte del Ministro per la semplificazione legislativa Calderoli di applicare le proprie deleghe per facilitare la vita degli italiani. Tale regolarizzazione, invece, è fatte apposta per complicare la vita delle persone, introducendo in modo abbastanza ambiguo un requisito di reddito che rischia di tagliare fuori moltissimi anziani e persone non autosufficienti. La regolarizzazione di per sé opera una pesante discriminazione rispetto a tutti gli altri lavoratori che hanno altrettanto bisogno di essere regolarizzati e risultano altrettanto importanti negli ambiti del turismo, del commercio e dell'impresa.
Altri argomenti potrebbero riguardare le pensioni e a tal proposito ricordo solo che il Governo è stato particolarmente veloce a rispondere ad una sentenza della Corte di giustizia europea. Tuttavia, il Governo non è stato sicuramente altrettanto veloce nel provvedere a garantire alle donne pari opportunità di accesso al mondo del lavoro, parità nella retribuzione e nella progressione di carriera. Mi chiedo se invece di introdurre un obbligo che non tiene conto delle singole situazioni, non era meglio forse tornare alla flessibilità della riforma Dini che prevedeva un ampio spazio temporale all'interno del quale uomini e donne potevano scegliere volontariamente quando andare in pensione. Tanti altri sarebbero gli argomenti in questo decreto-legge di cui discutere e sui quali evidenziare le nostre proposte migliorative che non sono state tenute in considerazione.
Mi limito ad un'ultima osservazione che riguarda i provvedimenti a vantaggio della piccola e media impresa. Ci sono misure introdotte per favorire la patrimonializzazione, quindi c'è la possibilità di prevedere agevolazioni per i costi finanziari in favore delle piccole e medie imprese così come richiesto a gran voce dagli interessati (tra l'altro anche dagli imprenditori che resistono incontrati l'altro giorno alla Camera). Tuttavia, queste misure risultano più una dichiarazione di intenti che un provvedimento concreto, in quanto in parte si rimanda ad una delega al Ministro dell'economia e delle finanze autorizzato a stipulare una convenzione con l'ABI per favorire l'adesione degli istituti di credito a pratiche finalizzate all'attenuazione degli oneri finanziari anche in relazione ai tempi di pagamento degli importi dovuti, tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti coinvolti (sottolineo che si parla di delega).
Vorrei rilevare, invece, il mancato recepimento di una misura già suggerita fin dall'anno scorso da parte nostra sulla costituzione di un fondo interbancario per aiutare le piccole e medie imprese a superare i problemi legati al credito. Mi riferisco ad un fondo presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti di 4 miliardi di euro per il 2009-2010, destinato alla prestazione di garanzie alle banche su finanziamenti a medio e lungo termine, anche garantiti dai confidi concedibili dalle banche alle piccole e medie imprese per favorire le operazioni di consolidamento a medio termine dei debiti a breve e la sospensione dei pagamenti per i prestiti già concessi. Particolarmente grave risulta l'introduzione dello scudo fiscale perché proprio mentre il numero dei reati fiscali registra un notevole incremento, il Governo promuove un condono gravissimo che aiuta i più grandi evasori dimostrando ancora una volta di usare Pag. 47due pesi e due misure, soprattutto premiando i furbi e prendendo in giro chi si è comportato correttamente con il fisco. Di dubbi ne restano (e tanti) anche in questo caso sulle modalità del rimpatrio: quali attività far rientrare; se fuori o dentro l'Unione europea; sul rapporto tra regolarizzazione e rientri.
Termino, parlando del provvedimento che riguarda gli enti locali. Sicuramente è stato fatto un passo avanti: si è passati da 1 miliardo e mezzo a 2 miliardi, pari al 4 per cento dei residui passivi che vengono messi a disposizione per i pagamenti degli enti locali più virtuosi, ammorbidendo, anche se molto parzialmente, le norme sul Patto di stabilità interno per gli enti locali. Meglio però sarebbe stato arrivare ad una disponibilità maggiore, come abbiamo proposto, di 5 miliardi, che potevano essere utilmente impiegati per la pronta realizzazione di opere pubbliche, dando lavoro alle nostre imprese in un momento particolarmente critico. Devo rilevare, a questo proposito, in senso negativo, come un articolo aggiuntivo all'articolo 9 dei relatori presenti aspetti di dubbia costituzionalità, come è stato puntualmente rilevato anche da una collega ieri sera nell'ultimo intervento, in quanto si va a ledere l'autonomia degli enti locali, in particolare delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Grazie per il tempo che mi è stato dedicato, tanti sarebbero gli argomenti su cui intervenire ancora (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, nell'illustrare il complesso degli emendamenti, voglio subito ricordare l'articolo 13-bis, ovvero quello riferito allo scudo fiscale. Lo abbiamo visto in questi giorni che siamo stati a Palermo per ricordare e commemorare Paolo Borsellino: stanno uscendo fuori, con il papello di Ciancimino junior, di Riina e di tanti pentiti, le trattative che una parte dello Stato voleva avviare con la mafia ed è questo, forse, il motivo vero per cui sono stati ammazzati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, perché non volevano che vi fossero mai contatti o trattative tra lo Stato, con la «S» maiuscola, e qualsiasi tipo di mafia. Invece, oggi dobbiamo purtroppo rilevare che, ancora una volta, questo Governo sta ammazzando Paolo Borsellino e Giovanni Falcone (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Una volta le trattative almeno erano segrete e non si conoscevano, invece oggi questo Governo, con lo scudo fiscale, non fa altro che dare una possibilità a quanti in modo clandestino hanno portato soldi all'estero.
Immagino che i soldi all'estero in modo clandestino non li portino i contribuenti onesti, le imprese oneste e le persone perbene, ma quelli che li hanno prodotti illecitamente o evadendo il fisco o ricavando denaro con attività mafiose, con la camorra, con la 'ndrangheta. Infatti, ormai, dagli accertamenti che sta facendo la magistratura registriamo sempre di più che la criminalità organizzata non opera più nei suoi territori di origine, ma su tutto il territorio nazionale e soprattutto all'estero.
Pensate che in Italia la quarta regione nella quale sono confiscati beni alle mafie è la Lombardia e che la 'ndrangheta investe tantissimo in Germania. Persino nei Paesi scandinavi la criminalità organizzata ha rilevato strutture sanitarie e cliniche, per non parlare della Spagna, dove ha investito il clan dei casalesi, dove ha investito la camorra nella Costa del Sol, come in Venezuela o in Brasile. Dunque, in questo modo si sta facendo una cortesia a tutti questi mafiosi e a tutti questi criminali che hanno portato capitali e patrimoni all'estero.
Ecco che lo Stato sta diventando una lavatrice, perché si sta facendo riciclaggio. Lo Stato ovvero il Governo Berlusconi sta sostituendo e facendo concorrenza alla mafia, perché consente ai criminali di riportare in Italia, con un modesto 5 per cento, i capitali provenienti da attività criminali della camorra, della mafia, della 'ndrangheta, della sacra corona unita. Pag. 48
È questo il motivo più grave per cui con quei giovani, con i quali sabato e domenica commemoravamo Paolo Borsellino, urlavamo: «Fuori la mafia dalle istituzioni! Paolo vive ancora! Giovanni Falcone vive ancora!». Noi vogliamo dirlo ancora qui in Parlamento, perché vogliamo continuare a rappresentare quegli italiani onesti, quegli italiani per bene, quei contribuenti per bene, quei cittadini che vogliono fare solo il loro lavoro e che non vogliono questo tipo di Italia berlusconiana, dove addirittura troviamo un'intesa con la mafia per far portare i capitali esteri qui in Italia. Infatti, questo è lo scudo fiscale: lo scudo fiscale non solo è un'operazione di condono mascherato, non solo è un'operazione con la quale si premiano come al solito i furbetti, i disonesti, gli imbroglioni, ma addirittura si fanno ritornare in Italia quelli che hanno portato clandestinamente i soldi anche della criminalità organizzata.
Allora, se sono stati confiscati al clan dei casalesi 139 milioni di euro in un anno e 50 milioni la settimana scorsa, ebbene i casalesi non avranno più necessità di nascondere il denaro, anzi da ora in avanti per le attività che hanno all'estero possono avvalersi tranquillamente dello scudo fiscale che questo Governo filomafioso sta mettendo in campo e che consentirà ai casalesi e a tutti i criminali e mafiosi di riportare il denaro in Italia, con il pagamento di un modesto 5 per cento (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ecco la ragione per la quale probabilmente il Premier «papi» si è recato il 26 aprile a Casoria, perché la magistratura stava dando colpi molto forti al clan dei casalesi, aveva decapitato il clan dei casalesi, arrestando il capo detto Sandokan, poi arrestando Bidognetti, poi nel settembre 2008 arrestando il gruppo di fuoco, nel quale vi era un certo Giovanni Letizia. Poi, dopo questa decapitazione, il clan dei casalesi è stato affidato, ha avuto la reggenza di un certo Armando Letizia, che, per fortuna, poi il 29 maggio del 2009 è stato pure arrestato con il figlio Franco Letizia. Ecco perché ci turba il Premier «papi»: magari fosse solo un Premier «papi», ma a Casoria è stato per mezz'ora chiuso nella stanza insieme a Benedetto Letizia. Poi, dopo aver avuto questo contatto a quattro occhi con Benedetto Letizia, è uscito, ha fatto il brindisi con Noemi e con la famiglia, come documentano i giornali e i fotografi, ed è andato via. Quindi aveva più interesse a parlare con Letizia, quindi questo Premier è interessato...

PRESIDENTE. Collega Barbato, non può continuare su questo tono, anche con le parole dette prima. Si contenga, altrimenti le tolgo la parola (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

FRANCESCO BARBATO. Sto parlando della criminalità organizzata che viene aiutata dal Governo Berlusconi. Sto parlando dell'attività alla luce del sole che per la verità questo Governo, in modo molto coerente, non solo dimostra all'esterno con atteggiamenti del Premier «papi» e di tutti i suoi uomini, ma anche con atti istituzionali, parlamentari e governativi. Infatti, lo scudo fiscale è un modo per favorire le mafie, per aiutare la criminalità organizzata, per riportare in Italia i capitali che provengono da attività illecite e criminali.
Forse vi dispiace sentirlo, ma purtroppo, è la verità. È questo il ruolo che noi dell'opposizione dobbiamo svolgere, perché dobbiamo controllarvi, evitando, soprattutto, che continuiate ad ammazzare ogni giorno Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, ad alimentare e a tenere la mafia nelle istituzioni. Infatti, le mafie si aiutano con questi provvedimenti, ormai, alla luce del sole (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Allo stesso modo, accade con l'articolo 24 del provvedimento in discussione, con il quale prorogate l'attività di controllo del territorio delle Forze armate. Se si vuole davvero distruggere la criminalità organizzata, non è necessario smantellare le forze di polizia, come avete fatto con i vostri precedenti provvedimenti; non è necessario togliere 3 miliardi di euro alle forze di Pag. 49polizia, ai carabinieri e alla Guardia di finanza (ad oggi, per effetto dei vostri tagli, nell'organico delle forze di polizia già vi sono 40 mila unità in meno); e, soprattutto, non serve finanziare le ronde per contrastare la criminalità organizzata, perché questa è solo una buffonata. Con le ronde, infatti, non si risolve la lotta alla camorra, alla mafia, alla 'ndrangheta. Sono necessarie, invece, iniziative serie, ve lo stanno dicendo tutti, anche in Commissione finanze.
In sede di Commissione finanze, ho rivolto una domanda precisa alla presidente di Confindustria: se si sentiva tranquilla, soprattutto, per le imprese che investono al sud e nel Mezzogiorno, se si sentiva tranquillizzata dalla politica di questo Governo sulla sicurezza, sull'ordine pubblico e sulla tutela dell'attività imprenditoriale. Ebbene, la presidente di Confindustria, Marcegaglia, quindici giorni fa, ci ha risposto: assolutamente «no».
Vi è uno studio di Confindustria del mese scorso, che dice che il sud non attrae capitali esteri e che, addirittura, per ogni milione di abitanti, vi sono due investimenti, mentre la media nazionale è di 23,6 investimenti per ogni milione di abitanti. La ragione è molto semplice. La stretta connessione tra il libero mercato e la legalità è fondamentale perché, altrimenti, le imprese non trovano un territorio dove è possibile fare concorrenza e dove vi sia la possibilità di avere un libero mercato. Nel Mezzogiorno d'Italia, la criminalità organizzata è quella che decide - tra virgolette - la concorrenza tra le imprese, che ti obbliga ad acquistare i materiali in un luogo piuttosto che in un altro, a determinati importi: insomma, nega il libero mercato e la concorrenza. Pertanto, è ovvio che, in queste condizioni, non vi saranno imprese che verranno ad investire i loro capitali nel Mezzogiorno d'Italia. Se non vi sono imprese che investono e se non vi è sviluppo, non vi è occupazione e il Mezzogiorno d'Italia muore sempre di più.
Questo è il motivo fondamentale del tradimento del cosiddetto decreto anticrisi. È un decreto-legge, soprattutto, antimeridionalista, perché la questione meridionale non è un problema solo degli uomini e delle donne del sud. La questione meridionale riguarda il nostro Paese, perché se non si rialza il Mezzogiorno d'Italia, non può ripartire e non può riprendersi dalla crisi economica questo Paese, nel suo complesso.
Il Mezzogiorno d'Italia è stato tradito, soprattutto, sotto due profili. Innanzitutto, è stato tradito sotto il profilo della sicurezza, che non è stata garantita. Infatti, non vi è la volontà di contrastare le mafie e la criminalità organizzata, perché se ne sono usciti con la barzelletta delle ronde. Questo è il metodo più efficace per tutelare i cittadini del sud?
In secondo luogo, è stato tradito con i fondi FAS. Siamo stati depredati di tutti quei fondi che servivano per far recuperare alle regioni del sud quel gap che li divide dalle regioni del nord.
Ogni volta sembra che i fondi FAS siano diventati un Bancomat dove questo Governo va attingere per favorire soprattutto il Settentrione. Pare che la problematica di questo Governo, il primo argomento all'ordine del giorno sia la questione settentrionale e non, invece, la questione del Mezzogiorno d'Italia, dove i fondi FAS servono soprattutto per realizzare infrastrutture, per realizzare le opere di cui il Mezzogiorno d'Italia è carente, per aiutare le piccole e medie imprese e per consentire la formazione dei giovani del Mezzogiorno d'Italia.
È questa la vera ragione per la quale ben 277 mila giovani sono andati via dal Mezzogiorno e sono emigrati al nord. Questa è l'amara realtà che lo Svimez ci ha illustrato nei giorni scorso, cioè che i giovani del sud stanno andando via per trovare un futuro e un lavoro e lo stanno facendo andando al nord, perché solo al nord riescono a trovare occupazione e lavoro e riescono a costruirsi un futuro. In questo modo, si stanno dividendo le famiglie, si stanno spaccando le famiglie: i figli che devono lasciare i propri genitori, i genitori che non possono vivere più con i loro figli. È questo il grande tradimento, Pag. 50ma è un tradimento che registriamo soprattutto in questo decreto-legge anticrisi.
Abbiamo visto stamattina la Coldiretti che manifestava qui fuori. Lunedì mattina li ho seguiti a Napoli sotto la sede della regione Campania: i coltivatori diretti chiedevano semplicemente la tracciabilità del prodotto, perché vogliono che sulle nostre tavole non arrivino i prodotti contraffatti o trattati con medicinali che in Italia sono banditi ormai da decenni, ma che sono prodotti in Africa e ci sono venduti come prodotti italiani. Questa sarebbe stata la vera politica da adottare con il decreto-legge anticrisi. Essa avrebbe dovuto muovere soprattutto le due leve fondamentali in grado di aiutare davvero il Mezzogiorno d'Italia: l'agricoltura e il turismo. In agricoltura non vogliamo misure protezionistiche...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, la prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. Concludo signor Presidente. Non vogliamo più aiuti per il sud, vogliamo semplicemente qualità. Riguardo al turismo, non c'è bisogno di costruire industrie o capannoni, poiché esistono già le bellezze paesaggistiche ed architettoniche.
Concludo, caro Presidente, ringraziando il Governo, che ha ammazzato ancora una volta Paolo Borsellino e Giovanni Falcone (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi permetta di dire che l'intervento con il quale ha invitato l'onorevole Barbato a smetterla di procedere nel modo in cui stava procedendo, a me pare che non sia rispettoso del tempio della libertà che dovrebbe essere il Parlamento, dove i ragionamenti politici vanno assolutamente permessi e sono totalmente leciti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Mi permetta di dire che se con un provvedimento si permette di riportare in Italia capitali che dichiaratamente...

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, lei sta entrando nel merito del provvedimento.

ANTONIO BORGHESI. ...si trovano all'estero in quanto illegali, affermare che il Governo favorisce coloro che ve li ha portati illegalmente è qualcosa di assolutamente lecito e rientra nei ragionamenti politici di un deputato.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, io sono rispettoso del Regolamento e di nient'altro, e il Regolamento mi permetteva di dire quello che ho detto.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Calvisi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, sono convinto che lei si sia attenuto alle disposizioni regolamentari che impongono al Presidente di disciplinare la seduta e fare in modo che si svolga in maniera serena, senza che i deputati utilizzino espressioni sconvenienti.
Al netto, signor Presidente, della contrapposizione politica, quanto detto dall'onorevole Barbato ritengo sia particolarmente grave. Vado a memoria: mi pare di capire che l'onorevole Barbato, in un intervento sul complesso degli emendamenti e in una legittima contrapposizione di schieramenti e di vedute, sia arrivato addirittura Pag. 51a dire che questo decreto-legge uccide un'altra volta Falcone e Borsellino.
Credo che Falcone e Borsellino siano stati due eroi, due servitori dello Stato, due figure cui, onorevole Barbato, si deve portare grande rispetto. Ritengo che quest'Aula possa farlo non coinvolgendoli in discussioni di questo genere. Credo che si debba evitare di trascinarne la memoria in un dibattito che è legittimo e può avere contrapposizioni anche forti, ma che raggiunge un picco di gravità se viene utilizzato nella maniera in cui ha fatto l'onorevole Barbato. Evidentemente, questo dà la cifra e lo stile di chi pronuncia certe affermazioni.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, prima che lei sospenda la seduta per riprenderla quando lo riterrà opportuno, vorrei fosse chiaro a tutti che, dopo una discussione nella quale sono state presentate al Governo e alla maggioranza una serie di istanze e sono state richieste alla Presidenza della Camera delucidazioni (che fino a questo momento non sono giunte) relative anche alle modalità, all'iter ed eventualmente al contenuto del maxiemendamento - quando se ne darà contezza ed eventualmente il Governo vorrà annunciare che lo sta predisponendo o lo ha predisposto - per fare in modo che si avvii la fase del vaglio di ammissibilità (e, quindi, se il Governo lo deciderà, ci annuncerà anche che intende porre la questione di fiducia), per quanto ci riguarda riteniamo conclusa, in relazione a tutti gli interventi previsti dal gruppo del Partito Democratico, la fase della discussione sul complesso degli emendamenti.
Ci interessa passare alla discussione più specifica e alle votazioni degli emendamenti medesimi. Pertanto, a questo punto le annuncio, signor Presidente, che i colleghi del Partito Democratico rinunciano a tutti gli interventi previsti, che possono quindi essere cancellati.

PRESIDENTE. Sta bene. %Sospendo la seduta che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 13,30 è ripresa alle 15,15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Casero, Casini, Cicchitto, Cossiga, Cota, Donadi, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lo Monte, Martini, Milanato, Pescante, Romani, Saglia, Soro, Stefani, Stucchi e Urso sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, giovedì 23 luglio 2009, le Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa) hanno approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge: Cirielli e Stefani «Proroga della partecipazione italiana a missione internazionali» (2602).

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sul complesso delle proposte emendative. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barbareschi. Ne ha facoltà.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Signor Presidente, volevo intervenire nel merito del provvedimento sul problema del taglio del FUS, un problema che sta gravando sul tutto il mondo dello spettacolo. Pag. 52Credo che vi sia un'emergenza enorme che anche la mia parte politica sta, purtroppo, sottovalutando.
L'altro ieri con una delegazione (ANICA, AGIS, APT e i teatri stabili pubblici e privati) sono stato dal dottor Gianni Letta segnalando un problema gravissimo: quest'inverno rischiamo di chiudere una delle attività più interessanti che fanno parte del patrimonio culturale italiano.
Ho scelto di venire in Parlamento con una responsabilità morale ed etica verso il mio lavoro e verso quello che ho fatto per 35 anni della mia vita e sono costretto a difendere anche gli interessi - assolutamente al di fuori di quelle che sono poi le parti politiche - della tradizione di questo Paese che vedo umiliata e assolutamente abbandonata.
Possiamo essere d'accordo su alcuni tagli al FUS, ma non possiamo trovarci dopo un anno a non aver fatto né un rinnovamento dal punto di vista legislativo, né un cambiamento del FUS. Ci troviamo a metà del guado: da un lato non diamo un aiuto e soldi al FUS e, dall'altro, non abbiamo fatto una legge che sia degna di questo nome e continuiamo a non approvare, dopo più di venti o trent'anni, una legge che permetta allo spettacolo e alla cultura italiana di crescere e di avere una virtuosità nel modello economico italiano.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 15,20)

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Voglio ricordare che questo gruppo di associazioni che ho portato a palazzo Chigi nei giorni scorsi rappresenta duemila milioni di euro di fatturato. Duemila milioni di euro di fatturato sono 400 milioni di IVA versati allo Stato (più ENPALS e altro), quindi questa è una massa critica importante.
Se non rispettiamo anche il lato economico della cultura vuol dire che continuiamo a pensare che la cultura italiana sia ancora quella del fumo che esce dai camini dell'industria pesante, quando in tutto il mondo l'industria dell'intrattenimento, dell'entertainment, dell'infotainment, dell'e-government e della telemedicina è quanto ha reso virtuosi gli Stati.
Vediamo (uno fra tutti) il Giappone che è riuscito a far sì che cento milioni di abitanti siano ad un livello altissimo di informatizzazione. Quella che sto vedendo è una mortificazione di categorie composte non solo dagli attori, dai registi e dai creativi, ma da tutte le manovalanze dello spettacolo. Si tratta di centinaia di migliaia di persone: 250 mila persone che lavorano in questo Paese.
Allora non capisco perché, quando invitiamo nel nostro Paese i presidenti del G8 e continuiamo a parlare e a vendere i nostri prodotti culturali come un fiore all'occhiello. Quei fiori culturali che teniamo all'occhiello si riferiscono a duemila anni fa. Non sono l'innovazione culturale.
L'innovazione culturale va fatta con contemporaneità. Quando La Scala faceva contemporaneità di prodotti, vendeva Rossini, Puccini, Bellini, Donizetti nel mondo, ma non era gestita o frenata dalla politica. C'era un'imprenditoria dove forse per fortuna ancora ci si poteva muovere senza lacci e lacciuoli. Noi oggi abbiamo una politica che crea lacci e lacciuoli, ma non fornisce alternative da un punto di vista economico e imprenditoriale per l'innovazione.
Non possiamo far venire qui il presidente del Giappone, fargli vedere il Colosseo e dirgli che questo è il nostro futuro, perché quella è cultura museale. Dobbiamo avere il coraggio di avere prodotti che siano innovativi per il futuro. Il ministro dell'interno tedesco anni fa disse che i paesi che hanno un teatro evoluto e musica sono paesi che hanno meno violenza e meno criminalità. Noi dobbiamo avere la forza di rinnovare ovviamente enti lirici che hanno dei deficit straordinari, ovviamente ridare virtuosità alle aziende che sono le migliori. Sono d'accordo che devono essere mandate a casa o chiuse le aziende che hanno fatto dei deficit, però dobbiamo prendere la parte più virtuosa e farla crescere, perché ci sono centinaia di migliaia di persone che lavorano in questo settore e meritano Pag. 53qualcosa di più. Noi abbiamo conquistato eccellenze in tutto il mondo grazie al singolo sforzo dell'artista, ma il Paese non ha mai fatto sistema.
Quando parlo dell'opera lirica, mi riferisco ad essa e al teatro, ma parlo anche della Rai. Signori, noi non possiamo lasciar morire la più grande risorsa che c'è in questo Paese, l'ente pubblico che abbiamo. La politica deve dare l'esempio mettendo nei posti chiave della Rai delle persone di responsabilità e di trasparenza morale ed etica. Non possiamo rischiare di trovare delle persone dentro una azienda pubblica finanziata con i soldi dello Stato, che non hanno una fedina penale pulita. Lo dico perché, dai segnali che vedo, mi vergogno di appartenere a questa coalizione (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Quindi, signori, è importante: noi stiamo buttando via una risorsa straordinaria di questo Paese. Noi abbiamo conquistato il mondo con l'arte, la musica, il design. A differenza di molti, io ho avuto la fortuna di vivere negli Stati Uniti. In questi paesi ci sono italiani in tutti i campi d'eccellenza, nel settore dei cartoni animati, del design, nella ricerca scientifica. Non è possibile che in Italia mortifichiamo la meritocrazia mettendo sempre le persone sbagliate nel posto dove dovrebbero fare qualcosa di utile.
Questo lo dico perché non posso sopportare di vedere mortificata in questi anni una risorsa di questo Paese. Non è più un problema di destra o sinistra, ma di qualità, di intelligenza, di pensare che davanti ai nostri figli noi abbiamo dei diritti e il dovere di comportarci in una certa maniera e dobbiamo far sì che i loro diritti siano rispettati. Questo non lo vedo. Noto orchestre umiliate in tutto il Paese, il teatro Massimo a Catania con gli orchestrali per strada che non possono più suonare perché due coalizioni politiche non si mettono d'accordo da mesi. Ma questa neanche Fellini in «Prova d'orchestra» avrebbe previsto - nella peggiore sceneggiatura - una buffonata di questo genere! Quindi, come possiamo pretendere che i ragazzi non si buttino nella mafia, nella droga, se non gli diamo la certezza che può esistere un mondo virtuoso dove aver studiato in un conservatorio 7-8 anni serva?

PRESIDENTE. Onorevole Barbareschi, la prego di concludere.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Ho concluso, signor Presidente. Voglio solo dire che la responsabilità della morte della cultura italiana è dentro quest'Aula (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, rinuncio al mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sul complesso degli emendamenti.

ROBERTO SIMONETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Sul complesso degli emendamenti... (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Simonetti, sa che ho testé detto che sono conclusi gli interventi sul complesso degli emendamenti. Quindi se lei chiede di parlare mi dica a quale titolo.

ROBERTO SIMONETTI. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Signor Presidente, oggi abbiamo sentito in quest'Aula più volte che il lavoro legato al provvedimento in oggetto non ha avuto un dibattito Pag. 54sufficiente, costante e pertinente. Io ricordo a quest'Aula invece che il lavoro delle Commissioni riunite bilancio e finanze è andato anche oltre gli orari tipici (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori). Abbiamo lavorato molto...

LUDOVICO VICO. Non è sull'ordine dei lavori!

ROBERTO COTA. Lasciatelo parlare!

ROBERTO SIMONETTI. Scusi Presidente, capisco che la situazione porti a dedicare del tempo, però sarebbe anche interessante che lei chiedesse un silenzio più approfondito a quest'Aula (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Prosegua onorevole.

ROBERTO SIMONETTI. Proseguo volentieri indicando che di fatto una sessantina di emendamenti, se non di più, sono stati trattati su tutti gli argomenti, su molti articoli e sono stati approvati nel dibattito nelle competenti Commissioni anche degli emendamenti prodotti dagli onorevoli di minoranza. Quindi è stato un dibattito intenso, diffuso che ha prodotto una modifica del testo anche su argomenti importanti, quali il patto di stabilità, il discorso delle banche, una parte di trasporto pubblico.
Ci sono state quindi delle iniziative parlamentari prodotte da onorevoli di maggioranza e di minoranza che sono state recepite nel testo in esame oggi (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

ANDREA LULLI. Non è sull'ordine dei lavori!

GIACOMO STUCCHI. Ma lasciatelo parlare!

ROBERTO SIMONETTI. Ricordo numerosi interventi e modifiche, per esempio quella riguardante lo spostamento da 10 a 15 mila dell'ammontare del credito IVA, proposta addirittura dal capogruppo del Partito Democratico Baretta che è stato accolta dai relatori e dal Governo. Ecco quindi che molto del dibattito che è emerso si può anche ritenere pretestuoso e legato quindi a delle posizioni politiche piuttosto che di merito.

BRUNO TABACCI. Il Governo non c'è!

ROBERTO SIMONETTI. Lo stesso tempo dedicato ai lavori di Commissione molte volte porta ad un dibattito che va oltre il merito, ed esclusivamente sul metodo, dedicando molti minuti, molte mezz'ore, molte ore non al contenuto ma allo svolgimento delle Commissioni. Pertanto sono convinto che il lavoro delle Commissioni sia stato esauriente, esaustivo, competente e di merito (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, avendo il Governo preannunciato la volontà di presentare un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge e avendo preannunciato l'intenzione di porre la questione di fiducia, ritengo necessario sospendere la seduta per 15 minuti...

ANDREA LULLI. E no! Questo è uno strappo!

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le chiedo scusa però la prego di darmi la possibilità di intervenire perché è bene che noi cerchiamo tutti insieme, maggioranza e opposizione, ovviamente sotto la sua attenta sorveglianza dei lavori Pag. 55della nostra Assemblea, di agire nel minimo rispetto delle regole di questo Parlamento.
Non so se il preannuncio della questione di fiducia, oltre ad essere stato fatto sulle agenzie di stampa, è stato comunicato a lei personalmente in qualche stanza del Palazzo, ma ciò non ha alcun valore formale dentro quest'Aula, il Governo in quest'Aula non ha mai annunciato di voler porre la questione di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori). Io mi rivolgo a lei, signor Presidente, perché penso che lei sappia bene quanto sia importante soprattutto per l'opposizione. Devo dire in questo momento che a me fa tenerezza il collega Simonetti che interviene e dice quello che ha detto, tenerezza e un po' anche rabbia, perché noi siamo stati umiliati ripetutamente nelle Commissioni e in quest'Aula e adesso abbiamo il diritto, se il Governo non è pronto, di passare all'esame degli articoli e al voto sugli emendamenti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).
Signor Presidente, la prego, se lei autonomamente ritiene di voler sospendere i lavori dell'Aula, lei ha il dovere, se non altro morale, nei confronti di noi che stiamo qui in maggioranza in quest'Aula, di mettere ai voti questa sua decisione. È inaccettabile ciò che si sta realizzando in quest'Aula in assenza di qualunque formalizzazione. Da parte del Governo non è stata espressa nemmeno l'intenzione, espressa in una sede formale, di porre la questione di fiducia; tra l'altro, non c'è neanche un Ministro titolato a farlo! Io la prego di procedere secondo quello che prevede il Regolamento, cioè con l'esame degli articoli, concluso il dibattito sul complesso degli emendamenti; altrimenti c'è un'alternativa, signor Presidente: che si torni nelle Commissioni.
Il Governo e la maggioranza abbiano il coraggio di dire che non sono in grado di arrivare ad alcuna intesa, neanche tra di loro, e si torni nelle Commissioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori). Questo è quello che le consente e ci consente il Regolamento; quello che avviene fuori da quest'Aula, sulle agenzie di stampa, o nelle stanze private non credo che possa avere alcun tipo di riverbero all'interno di questo emiciclo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

FRANCO CECCUZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, mi appello a lei perché ha più volte affermato che avrebbe garantito quest'Aula rispetto al testo del decreto-legge che era uscito dall'esame delle Commissioni. Siccome il presidente dell'ABI ha già annunciato vittoria rispetto all'articolo 2 che è tornato al testo originario, mi appello a lei perché si tratta di un'offesa vergognosa al Parlamento: noi abbiamo lavorato per diversi giorni e un soggetto esterno al Parlamento già parla di vittoria e dice che è stato cancellato il testo delle Commissioni. Quindi, mi appello a lei affinché il maxiemendamento, se ci sarà, sia rispettoso del lavoro delle Commissioni.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, noi comprendiamo lo sforzo che lei sta compiendo di fronte ad una situazione imbarazzante, anche un po' kafkiana. Abbiamo accolto l'intervento dell'onorevole Simonetti con un clima goliardico che, per la verità, era alquanto improprio rispetto alla delicatezza della situazione che stiamo vivendo. Stiamo discutendo un provvedimento di grande rilievo per il Paese, un tentativo di fronteggiare una crisi drammatica per le famiglie e per le imprese e ci troviamo in un'impassePag. 56in cui mi pare che i margini di manovra siano molto limitati, anzi, per la verità, che non ci siano.
Noi abbiamo concluso un accordo nella Conferenza dei presidenti di gruppo, di cui lei, Presidente, si è fatto garante secondo cui il Governo se avesse posto la fiducia l'avrebbe fatto sul testo delle Commissioni. Ora, in questo momento in Aula non c'è alcun rappresentante del Governo, anzi, vediamo che il Ministro dell'economia...

MAURIZIO BERNARDO. C'è il sottosegretario!

PRESIDENTE. Proceda onorevole Vietti, proceda.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, ma io vorrei parlare o a lei o al Ministro dell'economia, non a voi due che parlate tra voi, con tutto il rispetto (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Vietti, ha perfettamente ragione, ma credo che il suo intendimento sia analogo a quello del Presidente della Camera: garantire il rispetto di quest'Aula da parte del Governo, quindi la prego di scusarmi se non la posso ascoltare, ma di proseguire il suo intervento.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. La ringrazio, Presidente, ma la prego di ascoltarmi perché altrimenti, piuttosto, aspetto io che lei conferisca con il Ministro dell'economia e che poi ci comunichi cosa intenda fare.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ringrazio tutti coloro che mi hanno invitato al rispettoso adempimento delle prerogative della Presidenza. Credo con altrettanta sincerità di non avere necessità di essere richiamato a fare quello che è il dovere del Presidente della Camera (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
È altrettanto evidente che per ragioni politiche si è determinata una situazione che merita il massimo dell'attenzione e del rispetto del Presidente della Camera e di tutti i colleghi. Ho fin qui operato per garantire che quello che avevo auspicato - vale a dire che vi fosse da parte dell'Esecutivo il rispetto per l'azione fin qui svolta dalle Commissioni - si traducesse in realtà, ferma restando la libertà che il Governo ha sempre di intervenire con gli strumenti che la legislazione gli consente.
Sono in grado di comunicare che il Governo con lettera ha presentato un emendamento interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78, preannunziando l'intenzione di porvi la questione di fiducia.
È evidente, altresì, come sanno i colleghi, che, al fine di valutare l'ammissibilità dell'emendamento, la seduta va sospesa e sarà ripresa in un brevissimo arco di tempo sufficiente alla Presidenza per riferire sull'ammissibilità del medesimo. Fin d'ora invito il Ministro dell'economia e delle finanze a presenziare dopo che il Presidente avrà dato conto all'Aula delle valutazioni che il Presidente farà in ordine all'emendamento interamente sostitutivo. Ciò con l'auspicio - non posso fare altro - che il Ministro dell'economia e delle finanze spieghi all'Aula per quali ragioni il Governo è addivenuto ad alcune valutazioni che, nella generale valutazione della Presidenza, saranno relative alla conformità o meno dell'emendamento interamente sostitutivo con il testo approvato dalle Commissioni.
Sospendo la seduta che riprenderà tra 15 minuti.

La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 16.

PRESIDENTE. Come annunciato prima della sospensione della seduta, il Governo ha presentato un emendamento interamente sostitutivo. La Presidenza ha valutato il medesimo per verificarne l'ammissibilità.
L'emendamento del Governo riproduce il testo approvato dalle Commissioni in sede referente con alcune modifiche, che Pag. 57consistono, anzitutto, nella soppressione di un limitato numero di disposizioni e in alcune correzioni, integrazioni o precisazioni di carattere tecnico, nonché nell'inserimento di due emendamenti già presentati in Commissione. Si tratta della proroga del termine di pubblicazione degli studi di settore e dell'articolo aggiuntivo recante disposizioni in tema di reti ed energia elettrica.
A fronte di un provvedimento così complesso e delle caratteristiche che ne hanno seguito l'iter, la Presidenza ha assicurato il suo impegno perché venisse garantita la maggiore aderenza possibile dell'emendamento al testo licenziato in Commissione e a tale criterio si è conformata la valutazione di ammissibilità.
Pertanto, pur rendendomi conto delle ragioni che hanno indotto il Governo a proporne l'inserimento, comunico che devono intendersi espunte dall'emendamento le disposizioni aggiunte che non erano state oggetto di approvazione in sede referente, cioè quelle in materia di reti ed energia elettrica e di studi di settore, che potranno di conseguenza trovare, qualora il Governo ne ravvisi la necessità, più congrua collocazione in altra iniziativa legislativa.
In particolare, le norme in tema di energia, corrispondenti all'articolo aggiuntivo Bernardo 4.06, presentato in Commissione, non hanno costituito oggetto di dibattito nelle Commissioni, essendo state inizialmente giudicate inammissibili dalla presidenza delle Commissioni stesse, giudizio modificato solo al termine dei lavori in sede referente e a seguito del quale il Governo si è dichiarato favorevole.
Le suddette disposizioni presentano, inoltre, delicati profili di problematicità in termini di successione delle norme nel tempo, in quanto intervengono sulla stessa materia disciplinata dall'articolo 32 del disegno di legge collegato in tema di energia, approvato di recente dalle Camere, ma non ancora entrato in vigore.
Per queste ragioni, la sede dell'attuale disegno di legge di conversione non appare idonea a contenere la disciplina in questione. Lo stesso vale per l'altra disposizione aggiuntiva, relativa agli studi di settore, avente carattere sostanziale e non di precisazione tecnica.
Per quanto riguarda le parti che il Governo propone di sopprimere rispetto al testo licenziato in sede referente, si tratta di scelte riconducibili, evidentemente, alla responsabilità dell'Esecutivo. Tali scelte possono senz'altro essere oggetto di diverse valutazioni da un punto di vista politico, ma non sollevano problemi di carattere regolamentare, posto che l'Assemblea non si trova di fronte a temi nuovi rispetto alle materie trattate.
Rilevo, semmai, come possa essere fonte di imbarazzo sul piano del rapporto tra Governo e Commissioni il fatto che si proponga oggi la soppressione di disposizioni su cui, solo pochi giorni fa, il rappresentante dell'Esecutivo si era espresso favorevolmente in Commissione.
Ad ogni modo, il Governo è presente in Aula nella persona del Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Tremonti, che potrà spiegare, se lo vorrà, le ragioni che hanno indotto l'Esecutivo a tali decisioni; come ho detto poc'anzi, auspico che il Governo intenda avvalersi di questa facoltà.
Conclusivamente, l'emendamento è da considerarsi ammissibile con esclusione delle parti sopra citate, corrispondenti all'articolo 4-octies, e al comma 8-undevicies dell'articolo 15. In tal modo, l'emendamento del Governo risulta sostanzialmente aderente al testo approvato dalle Commissioni, il cui lavoro istruttorio è stato dunque salvaguardato, così come l'impegno profuso dai deputati che vi hanno partecipato.
La scelta di presentare un emendamento interamente sostitutivo sembra quindi assumere, nel caso di specie e dopo il vaglio di ammissibilità della Presidenza, una valenza più che altro procedurale, quale strumento ritenuto necessario dal Governo per apportare le suddette limitate correzioni al testo licenziato in sede referente, senza che ne risultino alterati struttura e contenuti.
La Presidenza deve peraltro rilevare come, in relazione alle circostanze che Pag. 58hanno caratterizzato l'iter del decreto-legge in esame, tale modo di procedere non sia comunque esente da rilievi per i suoi riflessi sull'ordinato svolgimento del procedimento legislativo. Per un verso, infatti, non posso non sottolineare (ma questo vale anche per il testo licenziato dalle Commissioni, che l'emendamento del Governo riproduce) la circostanza che anche in questo caso, rispetto all'originario contenuto del decreto-legge, si è determinato un consistente ampiamento dell'intervento normativo, come dimostra il fatto che le Commissioni hanno aggiunto al testo numerosi articoli e commi rispetto a quelli originari. Si tratta di un aspetto in relazione al quale ricordo i recenti significativi richiami del Capo dello Stato, che proprio pochi giorni fa ha rilevato come provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione sfuggano alla comprensione dell'opinione pubblica, e rendano sempre più difficile il rapporto tra i cittadini e la produzione legislativa. Per altro verso, e più in generale, devo osservare come l'uso reiterato del binomio maxiemendamento-fiducia accentui gli elementi di difficoltà del procedimento legislativo e del rapporto tra Governo e Parlamento, nonché tra maggioranza e opposizione, non consentendo il pieno dispiegarsi delle facoltà procedurali riconosciute ai deputati nel dibattito in Assemblea e alimentando tensioni nell'ambito della complessa dinamica costituzionale. Proprio per questo, del resto, la Presidenza della Camera si è adoperata perché l'eventuale posizione della questione di fiducia avesse ad oggetto il testo licenziato dalle Commissioni.
Prendo comunque atto positivamente che, se anche ciò non si è verificato totalmente da un punto di vista formale, quanto meno sul piano sostanziale, dopo il vaglio di ammissibilità condotto dalla Presidenza, il lavoro istruttorio svolto in Commissione non è stato vanificato dalla posizione della questione di fiducia. Ritengo peraltro che per il futuro non potremo sottrarci ad una riflessione di carattere generale, da avviare quanto prima, sulle prassi da tempo instauratesi nel nostro ordinamento in tema di procedimento di conversione dei decreti-legge, con riferimento ai vari aspetti concernenti l'emendabilità e la presentazione di emendamenti interamente sostitutivi, su cui viene posta successivamente la questione di fiducia. L'obiettivo credo che debba essere quello di pervenire quanto prima ad una regolamentazione della materia, che assicuri il corretto svolgimento del rapporto Governo-Parlamento nel corso dell'iter legislativo.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo su cui prende avvio adesso la discussione è il testo base che viene dalle Commissioni, nella sostanza. Le varianti sono nove di carattere formale, lessicale e sono relative agli articoli 4-septies, 9-bis, 14, 15-ter, 17, comma 24, 17, comma 34-bis, 17, comma 35-quinquies, 17, comma 35-octies e 25. Le varianti sostanziali sono per riduzione e per esclusione, e relative all'articolo 2, in materia di tipologie contrattuali nei rapporti con istituzioni finanziarie, testi che il Governo ritiene opportuno ridurre, togliere perché in contrasto con gli standard internazionali, con la normativa europea, fermo che dal punto di vista politico l'intento espresso dai colleghi parlamentari su quella linea è assorbito dalla scelta di operare nella logica di un avviso comune per una forte moratoria nel sistema bancario, nei rapporti finanziari; all'articolo 21, comma 9 il ravvedimento operoso in tema di versamento del prelievo erariale unico nel settore giochi; all'articolo 17, comma 31, in materia di disposizioni ordinamentali relative alla Corte dei conti.
Per il resto, è il testo sostanziale delle Commissioni. Prendiamo atto di quanto è stato detto nella forma e nella sostanza dalla Presidenza in materia di energia e studi di settore. Ne condividiamo perfettamente Pag. 59le ragioni. A questo punto, ringrazio tutti parlamentari, e in particolare i membri delle Commissioni, e, per il loro lavoro straordinario, ringrazio i relatori. Ringrazio la Presidenza e gli uffici.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ministro. La Presidenza dovrà ora trasmettere l'emendamento alle Commissioni Bilancio e Finanze affinché possano prenderne conoscenza. Prima di sospendere la seduta, darò la parola al presidente Soro e al presidente Vietti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, nelle ore che hanno preceduto la comparsa in Aula del Ministro Tremonti e la sua sobria comunicazione, vi è stata una palese e brutale dissociazione fra il dibattito che si è svolto in quest'Aula intorno a un testo prodotto - comunque prodotto - dalle Commissioni, e l'oggetto del voto sul quale il Governo intende porre la questione di fiducia. Noi avremo tempo - credo tutto il tempo necessario - in sede di Commissioni riunite per valutare la natura e la forma attraverso la quale il Governo ha ritenuto di intervenire con un emendamento interamente sostitutivo, non emendabile in quanto oggetto di questione di fiducia. Tuttavia, l'opacità attuale non verrà interamente rimossa neanche dall'esame tardivo delle Commissioni, poiché interviene il voto di fiducia. E interviene per la ventitreesima volta, credo, nel corso della legislatura, superando largamente ogni primato.
Così come ogni primato viene superato dalla settima manovra, anche se non so se chiamarla in questo modo poiché la manovra presuppone che vi sia un manovratore e un timoniere, che in questo caso è lasciato molto alla nostra fantasia. Sette manovre in dodici mesi, signor Presidente, attraverso meccanismi progressivamente distorsivi delle procedure, in un clima di totale anarchia ordinamentale.
Signor Presidente, non possiamo non prendere atto delle sue considerazioni. Ma devo dire che non è la prima volta che ascoltiamo le sue considerazioni intorno alle procedure con le quali il Governo in questa legislatura sta progressivamente modificando di fatto l'ordinamento vigente. E dal momento che non è la prima volta, non ci sentiamo assolutamente tranquillizzati e rassicurati dal fatto che oggi lei le abbia volute ribadire. Ci sentiamo anzi assai preoccupati dalla procedura con cui nelle Commissioni si è intervenuti sul testo di questo gigantesco decreto-legge all'interno del quale, come spesso è accaduto, sono state immesse norme assolutamente prive dei requisiti di necessità ed urgenza, con una consuetudine alla quale molti hanno ritenuto di potersi adattare in modo sereno e cui noi invece non ci adattiamo affatto. Ci pare infatti che le parole del Presidente della Repubblica scivolino sulla maschera un po' cinica dell'indifferenza di questo Governo e di chi lo rappresenta in questa sede, poiché quelle parole toccano il cuore dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale che disciplina i rapporti fra i poteri della Repubblica. Rapporti che vengono pesantemente manomessi tutti i giorni.
Noi non pensiamo che sia stato un bene affidare ai relatori il compito di essere semplicemente i tramiti di decisioni volute dal Governo, con una serie di norme che costituiscono interi pezzi di riforme fatti con decreto-legge e portati con un emendamento del relatore all'ultima ora, poco prima di chiedere un voto all'ingrosso su tutti gli emendamenti presentati. Non è questo il modo per rispettare la responsabilità dei parlamentari. Questo voto di fiducia, ancora una volta, non è un voto di fiducia per arginare i tempi ostruzionistici dell'opposizione. Non solo questo è un voto che esprime chiaramente la debolezza di un Governo che vive da qualche tempo momenti di confusione che stanno logorando progressivamente la vita stessa della sua coalizione: questo ci importa poco.
Questo è anche un modo dichiarato per mettere il bavaglio alle persone libere della maggioranza che vorrebbero segnare qualche distinzione rispetto alla volontà del Governo, è il modo per mettere sotto Pag. 60schiaffo il Parlamento. Ma noi non ci stiamo, signor Presidente; non pensiamo che sia più sufficiente che lei in quest'Aula ribadisca che così non va bene: così non va bene e così non si deve procedere! Non è possibile che vengano modificate in modo brutale delle norme che le Commissioni hanno votato - e sappiamo come le hanno votate - nei giorni scorsi. Il Governo ritiene di doverle modificare e di chiedere il voto di fiducia: che senso ha che questo Parlamento assuma la responsabilità delle leggi che vara? La responsabilità non è più di questo Parlamento: la responsabilità delle leggi che noi produciamo è del Governo, ma questo non è scritto nella Costituzione e la Costituzione non può essere modificata con un atto di forza e di arroganza!
La Costituzione è il terreno sul quale esiste la garanzia reciproca, quella di chi è maggioranza e di chi è opposizione, ma anche di chi è chiamato a garantire che questi poteri vengano esercitati in modo ordinato.

PRESIDENTE. Onorevole Soro, la invito a concludere.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente - concludo -, penso che così non vada bene e penso che lei non possa acconsentire a questo. In Italia c'è l'abitudine, per effetto di un sistema di comunicazione che ormai è di regime, di pensare che tutto va bene e vi è forse l'assuefazione dell'opinione pubblica, ma non possiamo permettere che si adatti a questo regime anche chi ha la responsabilità - e lei, Presidente, ha questa responsabilità - di garantire che la nostra Costituzione non venga deformata.
Per questa ragione utilizzeremo tutto il tempo che serve affinché nelle Commissioni venga discusso il maxiemendamento: cerchiamo di avere un pizzico di dignità reciproca per consentire a quella parte del Parlamento che vuole sapere cosa sta votando di farlo non sulla base dei tre minuti dedicati dal Ministro Tremonti a questo provvedimento, ma conoscendo a fondo cosa è stato modificato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, questa vicenda, che è cominciata in modo anomalo ed è proseguita con una somma di anomalie, si conclude con un'anomalia aggiuntiva, quella di una manovra finanziaria fuori da una sessione di bilancio, e dunque non assistita né dalle garanzie di tempo, né dalle garanzie di forma adeguate, che passa attraverso un decreto-legge di proroga termini e di defiscalizzazione e si allarga, attraverso gli emendamenti, a riforme cruciali (le pensioni, le sanatorie, lo scudo fiscale, il Patto di stabilità).
Tutto questo avviene contemporaneamente alla comunicazione del Presidente della Repubblica che metteva in guardia Governo e Presidenze delle Camere sull'andazzo di legiferare attraverso strumenti d'urgenza in modo eterogeneo.
Ebbene, mentre riceviamo la lettera del Presidente della Repubblica che ci mette in guardia e ci avvisa che ha promulgato una legge dando una sorta di ultimo avviso, nonostante l'eterogeneità dei contenuti, passiamo ad approvare un decreto-legge che più eterogeneo non potrebbe essere. Tutto ciò elude il vaglio di responsabilità del Presidente della Repubblica sulla sussistenza dei requisiti di necessità e di urgenza, che dunque entra nel testo legislativo, come decreto-legge, senza essere passato dalla Presidenza della Repubblica.
Si anticipa che verrà posta la questione di fiducia e dunque si sa che l'Aula non avrà facoltà di discutere questa enorme massa di provvedimenti legislativi.
Sulla fiducia del Presidente della Camera - lo dobbiamo dire perché così è stato e lei lo sa, signor Presidente - le opposizioni accettano che la discussione avvenga nelle Commissioni, sul presupposto che la questione di fiducia verrà posta sul testo delle Commissioni. Pag. 61
Dunque, l'anomalia iniziale e procedurale viene in qualche modo subita - non accettata, ma subita - perché vi è l'autorevole avallo del Presidente della Camera.
I colleghi presenti nelle due Commissioni riunite hanno lavorato duramente, intensamente, seriamente, con generosità e disponibilità, anche in sedute notturne, per trovare un testo che alla fine potesse rappresentare l'oggetto del maxiemendamento e della questione di fiducia.
Oggi il Governo viene a dirci che il testo del maxiemendamento non è più il testo delle Commissioni. Certo, c'è un sottile distinguo, per cui non ci sarebbero state delle aggiunte, ma solo delle sottrazioni. Signor Presidente, lei conosce, come noi, i termini di quell'accordo. Qui, contrariamente al brocardo, non solo quod abundat vitiat, ma anche quod deficit vitiat: non soltanto ciò che si è aggiunto vizia, ma anche ciò che si toglie vizia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)! E vizia, signor Presidente, non soltanto, e non tanto, la forma, ma anche la sostanza, perché la sostanza era l'accettazione di un percorso, di una procedura anomala, basata sull'assicurazione reciproca, sul fair play reciproco, che la fiducia avrebbe avuto per oggetto quel testo.
Ci sottrarremo alla discussione, superflua, se ciò che è stato tolto è più rilevante o meno rilevante; è stato tolto, il testo non è più quello. Sarebbe bastato approvare il testo delle Commissioni e poi, eventualmente, se vi fossero state da fare delle modifiche, si sarebbero potute fare al Senato. Evidentemente, il Governo e la maggioranza non si fidano della presenza estiva dei propri senatori e deputati nelle due Camere e, dunque, preferiscono una forzatura che fa venir meno la parola data, piuttosto che fare la modifica al Senato, come era perfettamente possibile (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).
Signor Presidente, la ringrazio e prendo atto che ha voluto riprendere nel suo intervento il termine «imbarazzo» che avevo usato nel mio intervento precedente e ha voluto parlare di rilievi che incidono sull'ordinato svolgimento del processo legislativo. Sono parole pesanti come pietre che, tra l'altro, riecheggiano quelle Presidente della Repubblica.
Però, signor Presidente, non nascondiamoci dietro un dito: in questo caso il dito è la distinzione tra modifiche sostanziali e formali. Le modifiche non dovevano esserci e basta. In questa Camera la sostanza è forma, la forma è sostanza, la parola data è la parola data. Credo, signor Presidente, che lei debba prendere atto che il Governo e la maggioranza che l'ha eletta non hanno mantenuto la parola data (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intanto mi permetto di osservare che in quest'Aula non ho ancora sentito pronunciare da parte del Governo la posizione della questione di fiducia. Non so se la lettera sia un atto sufficiente, ma credo che il Governo abbia il dovere di dichiarare la posizione della questione di fiducia direttamente in quest'Aula. Siccome qui innoviamo le prassi continuamente: va bene così ed allora...

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, onorevole Borghesi, ma lei parla di prassi dando per scontato di conoscerla. La prassi vuole che la fiducia venga posta dopo che le Commissioni hanno avuto modo di verificare il testo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), che, in questo caso, non è stato ancora inviato alle medesime. Prego, onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI. Tornando alla questione principale, lei, signor Presidente, ha fatto un lungo intervento per accettare in qualche modo il risultato finale di un maxiemendamento che - a quanto si dice - non contiene alcune parti del testo delle Commissioni. Dovrei stracciarmi le vesti per questo ennesimo affronto che viene Pag. 62fatto al Parlamento con la questione di fiducia? Siccome sarebbe la ventitreesima volta, forse poi dovrei andare troppo spesso ad acquistare nuovi abiti e non lo faccio. Tuttavia non posso non rilevare come progressivamente si aggiunga ogni volta a questo affronto alla Costituzione e al Parlamento qualcosa di più.
Oggi assistiamo ad uno oltraggio alla stessa idea che ci possano essere tra Governo, maggioranza e opposizione delle forme di consenso sulle procedure con cui mandare avanti il processo legislativo.
È stata oggi minata nel profondo la credibilità di ciò che noi abbiamo concordato in questi giorni e che ci ha indotto, nonostante tutto e nonostante i tempi, a procedere all'analisi e alla discussione degli articoli di questo provvedimento. Infatti, all'inizio di questa analisi nelle Commissioni l'argomento che ci è sempre stato posto è che ciò che avremmo discusso, definito ed approvato sarebbe rimasto integralmente presente al termine del procedimento legislativo, quindi anche nel caso dell'eventuale posizione della questione di fiducia.
Oggi questa credibilità è venuta meno e noi ne dovremo tener conto e credo sia inimmaginabile rispetto ai richiami al dialogo che vengono continuamente fatti, quando il dialogo viene in questo modo minato nella sua credibilità da parte proprio di coloro che ritengono ad ogni piè sospinto di richiederlo.
Oggi lei ha citato l'intervento del Presidente della Repubblica e, se avrà la bontà di leggere il mio intervento di ieri, vedrà che anch'io l'ho citato ripetutamente. Certamente non vorrei avere, al termine di questo procedimento, l'imbarazzo del Presidente della Repubblica, che potrebbe essere costretto a rimangiarsi ciò che soltanto una settimana fa ha detto.
Sul piano del merito voglio ricordare che, tra le norme che vengono espunte ora, vi sono norme che andavano a vantaggio dei cittadini, a vantaggio dei piccoli imprenditori, a vantaggio degli artigiani, a vantaggio dei commercianti nei loro rapporti con le banche! Un nostro emendamento, ancora più chiaro in termini di trasparenza delle banche e che limitava l'asimmetria dei clienti, era stato dapprima accolto dal Governo e dopo una notte respinto dal Governo stesso. Questa è la dimostrazione che questo Governo e questo Ministro sono in realtà fedeli servitori delle lobby economiche e delle banche, alle quali il Ministro muove tutti giorni dei rilievi, ma evidentemente con le quali poi di notte va a braccetto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, stracciarsi le vesti da parte dell'opposizione perché si è di fronte ad un maxiemendamento presentato dal Governo è fuori luogo in questa sede, non soltanto perché la Presidenza ha giustamente e doverosamente provveduto al vaglio di ammissibilità del testo, procedendo quindi a un controllo tecnico in ordine al contenuto dell'emendamento, ma proprio perché la Presidenza stessa nel suo intervento ha sottolineato la sostanziale aderenza e la salvaguardia del testo e del lavoro svolto nelle Commissioni (così come la Presidenza aveva auspicato nel corso della Conferenza dei presidenti di gruppo che aveva indicativamente pianificato il corso dei nostri lavori).
È fuori luogo lo stracciarsi le vesti, a maggior ragione, se si ricorda il fatto che in passato abbiamo assistito (non mi riferisco a questa legislatura, caratterizzata da buone prassi sia da parte della Presidenza della Camera, sia da parte del Governo) alla presentazione di maxiemendamenti con norme contraddittorie, nuove, spesso comprensive di provvedimenti in corso, o di decreti varati e che magari - nel momento in cui il maxiemendamento veniva presentato - erano in vigore e inseriti in altri provvedimenti. Quindi abbiamo assistito ad una congestione e ad una irrazionalità della normazione che è stata prassi per tanti anni.
Se in questa legislatura oggi è possibile un dibattito del genere è perché la Presidenza, Pag. 63da un lato, e il Governo, dall'altro, hanno istituito la buona prassi di salvaguardare il lavoro delle Commissioni.
Per quanto riguarda il richiamo della Presidenza con il quale si auspicava una revisione dei meccanismi che vanno a congestionare il meccanismo della decretazione d'urgenza e della sovrapposizione ad esso della questione di fiducia e della presentazione dei maxiemendamenti, è bene ricordare in questa Assemblea che il Popolo della Libertà ha depositato in questo senso una proposta di riforma del Regolamento che prevede misure alternative ai maxiemendamenti e tante altre riflessioni che mi auguro si possano fare insieme in questa Assemblea e nella Giunta per il Regolamento.
Ritengo che da questo punto di vista l'opposizione debba avere il coraggio e l'onestà intellettuale di affrontare una discussione di merito nella Giunta, perché altrimenti ne parliamo esclusivamente in occasioni come questa, dove evidentemente il dibattito viene assorbito da altre dinamiche e non da quelle di riforma del Regolamento, su cui una riflessione comune va fatta (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, intervengo brevemente. Ho ascoltato le argomentazioni dei colleghi dell'opposizione ed è normale che all'interno del Parlamento si faccia opposizione e, quindi, è prevedibile che vi sia una loro contrarietà sui provvedimenti e che si cerchi di sfruttare tutte le occasioni per poter dimostrare la differenza rispetto al Governo.
Tuttavia vorrei dire che, in ordine alla questione della posizione della fiducia, il Governo, da un lato, ma anche la maggioranza, dall'altro, hanno il dovere di dare risposte all'esterno, risposte concrete al sistema delle piccole e medie imprese, che sta affrontando un momento di difficoltà e ha l'esigenza di avere strumenti nuovi per potersi rilanciare. Dunque, la necessità di dare risposte implica anche che vi siano tempi certi nel darle e non si può prendersela se viene posta la questione di fiducia quando in Commissione vengono presentati moltissimi emendamenti, tanti da rendere non certa la discussione a livello parlamentare e non certi i tempi per approvare il provvedimento.
La seconda considerazione è la seguente: si dice che non è rispettato il ruolo del Parlamento. Al contrario, il ruolo del Parlamento è stato rispettato. Abbiamo visto che anche il Presidente Fini lo ha fatto rispettare. Lo ringrazio di questo e condivido il fatto che il Presidente della Camera eserciti anche un ruolo nei confronti del Governo per far sì che venga rispettato il lavoro svolto dalle Commissioni, che è stato un lavoro di approfondimento, di analisi e anche di modifica rispetto al testo originario. Infatti, non ci si può lamentare del fatto che il testo presentato dal Governo è stato modificato in molte parti e poi dire che il Parlamento non ha esercitato il suo ruolo. Se il testo è stato modificato nelle Commissioni, vuol dire che il Parlamento ha esercitato un ruolo attivo rispetto al testo originario del Governo.
Circa gli emendamenti presentati dal Governo, è chiaro che rispettiamo le decisioni del Governo, tuttavia rimarchiamo il fatto che un certo lavoro svolto dai relatori all'interno delle Commissioni rispecchia un'esigenza obiettiva del Paese e che proviene soprattutto da parte del sistema delle piccole e medie imprese. L'esigenza è quella di sottrarsi ad una vera e propria morsa creditizia che proviene dal sistema delle banche. È un'esigenza comune che va affrontata, che porremo in tutti i provvedimenti e che cogliamo essere stata affrontata anche nel provvedimento in esame, e di questo ringraziamo il Governo. Infatti, nel testo esiste una norma che noi abbiamo portato avanti e che affronta la questione di introdurre una moratoria per i pagamenti delle imprese che sono in difficoltà e prevede l'istituzione di un tavolo per affrontare concretamente il problema delle imprese che non riescono a pagare le rate dei mutui e che hanno bisogno di un segnale concreto di attenzione per attenuare una vera e propria Pag. 64morsa. Siamo soddisfatti che la battaglia che la Lega ha portato avanti sia andata a segno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Pregherei i presidenti Giorgetti e Conte di comunicare all'Aula, tramite la Presidenza, quanto tempo ritengono serva per svolgere l'esame del maxiemendamento nelle Commissioni. Onorevole Giorgetti, prego.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, prima ancora di dirle di quanto tempo hanno bisogno le Commissioni per valutare il maxiemendamento le faccio presente che vi è una richiesta da parte delle opposizioni di un congruo tempo per leggere lo stesso.
Credo che lei abbia indicato le parti modificate e quindi questo tempo può essere ragionevolmente ristretto, ed eventualmente ampliato quello di verifica delle Commissioni. In ogni caso mi sembra di capire che la richiesta da parte dei gruppi dell'opposizione è di un'ora per leggere il maxiemendamento e credo che in un'altra ora si possa concludere la valutazione in ordine al maxiemendamento nelle Commissioni, dico ciò sentiti i rappresentanti dei gruppi. Ritengo, quindi, che si possa tornare in aula non prima di due ore da adesso.

PRESIDENTE. Va bene, credo che sia un tempo congruo. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 18,35.

La seduta, sospesa alle 16,35 è ripresa alle 18,40.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge n. 2561-A.

(Posizione della questione di fiducia - Emendamento Dis. 1.1. del Governo - A.C. 2561-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, pongo, a nome del Governo, la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 del Governo (Vedi l'allegato A - A.C. 2561-A), nel testo dichiarato ammissibile dalla Presidenza, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009.

PRESIDENTE. A seguito della decisione del Governo...

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa?

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Su questa richiesta (Commenti del deputato Quartiani)... sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole D'Antoni, segua il consiglio del collega. Essendo stata posta la questione di fiducia lei non ha diritto di parlare, se non sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, volevo sottolineare che, alla luce di quanto ci è stato comunicato, prima da lei, con la spiegazione che ha dato, poi con le brevi dichiarazioni del Ministro Tremonti e con il dibattito svoltosi nelle Commissioni bilancio e finanze, sono venute fuori alcune questioni delicatissime non solo di ordine istituzionale - come ha già sottolineato il presidente del mio gruppo - ma anche alcune questioni di ordine politico molto pesanti.
Ne cito soltanto due. La prima attiene al fatto che le Commissioni hanno lavorato in maniera seria, per giorni e giorni, nel tentativo di trovare su alcuni punti delle sintesi - tentativo difficilissimo, reso ancora più complicato da un atteggiamento complessivo della maggioranza - e poi su uno di questi, l'articolo 2, quando finalmente si è trovato un punto di sintesi adeguato, questo è stato cancellato perché Pag. 65le banche hanno protestato. Penso che questo sia un elemento molto serio di riflessione. Per anni il Ministro Tremonti ha detto in tutte le sedi di dibattito e televisive che le banche erano di centrosinistra. Ora è bastata una protesta formale, fatta ieri dal presidente dell'ABI, per cancellare, in una sola giornata, su un testo su cui il Governo si era già pronunciato favorevolmente, quell'articolo.
Si tratta di un punto significativo, che riguarda la difesa del cittadino, che deposita i soldi in banca ed usa gli strumenti cartacei (assegni e bonifici), e la speculazione che le banche fanno in termini di valute. È una cosa veramente insopportabile. Si trattava di un elemento di grande serietà sul quale tutti insieme, maggioranza e opposizione, col consenso del Governo, avevamo convenuto e che ora è stato cancellato.
Quindi, le banche saranno di centrosinistra, ma ieri abbiamo scoperto che basta che parli il presidente dell'ABI e il Ministro Tremonti viene qui e cancella il lavoro dell'intero Parlamento. Penso che questo sia assolutamente intollerabile.
La seconda questione che andrebbe valutata, signor Presidente, è che su uno dei punti più significativi di questo decreto-legge, quello che riguarda gli investimenti (l'articolo 5 del decreto-legge, la famosa Tremonti-ter, così come viene chiamata) è stato impedito alle Commissioni di discuterne, perché si voleva apportare all'articolo 5 un paio di modifiche. La prima riguardava l'allargamento dei macchinari anche all'informatica, l'altra la differenziazione territoriale.
Si tratta di un provvedimento, per come è fatto il nostro Paese, che produrrà un effetto di allargamento delle differenze, perché dei due miliardi stanziati per quell'articolo 5, 1 miliardo 800 milioni andranno alle zone forti del Paese, dove ci sono le imprese e gli investimenti, e solo 200 milioni andranno alle zone deboli. Con questo provvedimento si allungheranno le distanze.
Abbiamo insistito perché si discutesse, ma è stata impedita la discussione, speravamo in un ravvedimento operoso del Governo e in un cambiamento dell'articolo 5. Questo non è avvenuto. Ieri il Presidente del Consiglio ha dichiarato che sulle aree deboli e sul Mezzogiorno non ha potuto svolgere la sua azione e che c'è stato un difetto di comunicazione. Ha detto questo. È vero che c'è stato un difetto di comunicazione, perché non aveva nulla da comunicare, perché se avesse comunicato doveva dire tutto quello che è stato tagliato e tolto alle zone deboli del Paese, da cui bisogna ripartire se si vuole risolvere la crisi questo Paese.

PRESIDENTE. Onorevole D'Antoni, la prego di concludere.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Ho concluso, signor Presidente. Ma c'è di più: siccome ieri il Presidente del Consiglio oltre a parlare di un difetto di comunicazione - lui che è il più grande comunicatore d'Italia - ha anche detto che bisogna guardare alla qualità della spesa e che la qualità si fa con le grandi opere, vedi il ponte sullo Stretto...

PRESIDENTE. Onorevole D'Antoni, concluda.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Veda, signor Presidente, sono sempre stato perplesso sul ponte sullo Stretto. Sono diventato un sostenitore perché questa sera ho scoperto che il Governo fa poche modifiche al decreto-legge, ma ne ha fatta una: vincola il ponte sullo Stretto ai vincoli di finanza pubblica. Altro che qualità della spesa, togliete perfino quello che avete sbandierato per anni come l'infrastruttura decisiva per questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Antoni...

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, mi fa concludere con una frase?

PRESIDENTE. Onorevole D'Antoni, il suo tempo è terminato.

Pag. 66

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Glielo dirò la prossima volta.

PRESIDENTE. Va bene la prossima volta!

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, prima dell'interruzione lei ha chiesto al presidente della Commissione bilancio, a nome anche del presidente della Commissione finanze, quanto fosse il tempo necessario per il Comitato dei diciotto o per le Commissioni per esaminare e pronunciarsi sugli emendamenti e le modifiche apportate dal Governo nel maxiemendamento sottoposto al voto di fiducia.
Voglio che rimanga a verbale, signor Presidente della Camera, che i lavori delle Commissioni non erano terminati e che il dibattito è stato strozzato: non è stato più possibile proseguire nell'esame di queste modifiche che sono state apportate dal Governo. Quindi ancora una volta, l'ennesima, si è leso il ruolo delle Commissioni e del Parlamento. Le Commissioni si erano pronunciate e avevano espresso un parere favorevole - a maggioranza alcuni, all'unanimità altri - su emendamenti o articoli, e guarda caso il Governo ha pensato bene di modificarne il testo, prendendo per buone indicazioni che venivano dall'esterno (notizie apparse oggi sui quotidiani). Noi abbiamo un Parlamento che ha autorevolezza zero, prende ordini dall'esterno e noi eseguiamo. O meglio, questo lo fa il Governo e il Parlamento prende atto.
L'unica soddisfazione grande, e chiudo Presidente, è che grazie all'opposizione dell'Italia dei Valori, con il mio intervento di ieri in discussione sulle linee generali e sul complesso degli emendamenti, ci si è accorti che il Governo aveva messo il dito nella marmellata: mi riferisco al comma 9 dell'articolo 21 (la sanatoria per le società concessionarie dei giochi). Il Governo ha accolto questo nostro suggerimento e finalmente ha cancellato questo vergognoso emendamento che avrebbe sottratto alle casse dello Stato 90 miliardi di euro.

PRESIDENTE. Quanto al rilievo testé espresso dall'onorevole Cambursano, ricordo ai colleghi che la prassi consolidata da tempo di inviare il testo dei maxiemendamenti alle Commissioni di merito, dopo che sia stata preannunciata la questione di fiducia e prima che la medesima venga effettivamente posta, è volta a garantire la trasparenza del procedimento e la piena conoscibilità del testo da parte di tutti i gruppi.
L'esame del testo da parte delle Commissioni non può quindi che avere una finalità di conoscenza del medesimo e non dà luogo ad alcuna deliberazione. Questa è la ragione per la quale la Presidenza ha ritenuto congruo il tempo assegnato alle Commissioni, anche perché del tutto conforme ai numerosissimi precedenti.
La Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente al piano Aula. Sospendo la seduta che riprenderà subito dopo la conclusione della stessa.

La seduta, sospesa alle 18,50, è ripresa alle 19,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Sull'ordine del lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge n. 2561 - Conversione in legge del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali (da inviare al Senato - scadenza: 30 agosto 2009). Pag. 67
Poiché la questione di fiducia è stata posta alle ore 18,40 di oggi, la votazione per appello nominale avrà inizio alla stessa ora di domani, venerdì 24 luglio. Le dichiarazioni di voto, a norma dell'articolo 116, comma 3, del Regolamento, avranno inizio domani alle ore 17,30, con ripresa televisiva diretta.
Lunedì 27 luglio (antimeridiana, fino alle ore 16,30) si procederà all'illustrazione degli ordini del giorno e all'espressione del parere da parte del Governo; a partire dalle ore 16,30, con prosecuzione notturna, seguiranno le relative votazioni.
Martedì 28 luglio, intorno alle ore 13, avrà luogo la votazione finale del disegno di legge di conversione, previe dichiarazioni di voto con ripresa televisiva diretta.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è stabilito alle ore 12 di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 24 luglio 2009, alle 17,30:

Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali (2561-A).
- Relatori: Moroni, per la V Commissione; Fugatti, per la VI Commissione.

La seduta termina alle 19,10.

PROPOSTE EMENDATIVE DICHIARATE INAMMISSIBILI

Bossa 1.36, che disciplina gli effetti della perdita del posto di lavoro con riferimento alla perdita del permesso di soggiorno;
Di Biagio 1.014, che reca una delega legislativa al Governo per la modifica dell'IRE secondo i principi del quoziente familiare;
Angeli 3.45, che prevede, genericamente, incentivi fiscali per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato;
Viola 4.20, che reca disposizioni in tema di applicabilità del divieto di prospezione e ricerca di idrocarburi nel Golfo di Venezia;
Di Biagio 4.02 e Bratti 4.04 che recano disposizioni in tema di reti ed energia elettrica;
Realacci 4.03 che istituisce una detrazione di imposta per adeguamento antisismico degli edifici privati;
Vannucci 5.52, che estende l'agevolazione prevista dall'articolo 5 anche ai beni strumentali all'esercizio delle imprese alberghiere e termali;
Viola 5.017, che introduce un credito di imposta relativo alle spese per la frequenza di corsi di formazione postuniversitaria;
Misiani 9.06, volto a modificare la disciplina per la restituzione ai comuni dei minori introiti derivanti dall'ICI;
Paolo Russo 11.02, recante disposizioni in materia di canoni concessori per le attività di pesca e acquacoltura;
Paolo Russo 11.04, relativo al regime fiscale delle aziende e dei lavoratori del settore agricolo che hanno aderito all'accordo di ristrutturazione dei debiti contributivi nei confronti dell'INPS;
Paolo Russo 11.05, relativo alla situazione debitoria delle aziende del settore bieticolo saccarifero;
Quartiani 11.058, di modifica al regime IVA nel settore edile;
Rubinato 15.06, in materia di regolazione del rimborso ai comuni del gettito dell'ICI sulla prima casa; Pag. 68
Di Pietro 15.07, limitatamente all'articolo 15-septies, che reca una delega legislativa in materia di accelerazione dei tempi di realizzazione dell'anagrafe tributaria;
Sereni 16.4, che proroga il contributo per le associazioni combattentistiche previste dalla legge n. 92 del 2006;
Carlucci 16.6 che rifinanzia il fondo unico per lo spettacolo;
Vannucci 17.103, che prevede che le esigenze finanziarie della Corte dei conti siano valutate dalle Commissioni bilancio, e affari costituzionali della Camera e del Senato, riunite in sessione bicamerale;
Vannucci 17.59, il quale prevede che al personale dirigenziale e amministrativo della Corte dei conti si applichi il contratto collettivo nazionale di lavoro previsto per i dipendenti della Presidenza del Consiglio dei ministri;
Siragusa 17.44 recante norme in materia di validità dell'abilitazione degli insegnanti di sostegno;
Di Biagio 20.01, che estende ai lavoratori dipendenti pubblici residenti all'estero la facoltà di adempiere gli obblighi di dichiarazione dei redditi presentando apposita dichiarazione ad un Centro autorizzati di assistenza fiscale;
Zucchi 20.04 e Dal Moro 20.05 e Brandolini 20.06 recanti disposizioni in materia di contenziosi inerenti contributi previdenziali agricoli;
Lo Monte 21.1 e 21.2 relativi all'apertura di case da gioco;
Livia Turco 22.32 e 22.33, che prevedono la creazione di una rete delle cure palliative e di una rete per le terapie del dolore uniforme su tutto il territorio nazionale;
Vannucci 22.25 e 22.26, che prevedono che annualmente una quota del Fondo sanitario nazionale venga riservata al finanziamento delle cure termali;
Mariani 23.30, 23.31, 23.32, 23.33, 23.34, che recano disposizioni di natura ordinamentale in tema di rilascio per finita locazione;
Di Biagio 23.16, recante disposizioni in materia di detrazioni per carichi di famiglia di soggetti non residenti;
De Biasi 23.46, recante un incremento della dotazione del Fondo unico per lo spettacolo;
De Pasquale 23.45, diretto a consentire la prosecuzione dei rapporti di lavoro con contratto di collaborazione del personale di istituzioni scolastiche sino alla costituzione dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica;
Siragusa 23.43, recante un finanziamento per la stabilizzazione dell'occupazione dei soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici;
Quartiani 23.1, recante un contributo a favore dell'Ente Italiano Montagna;
Mariani 23.29, recante disposizioni in materia di rilocalizzazione degli interventi edilizi disposti nell'ambito del programma straordinario di edilizia residenziale;
Di Biagio 23.15, diretto ad estendere l'esenzione ai fini ICI alle abitazioni non locate dei cittadini italiani iscritti all'anagrafe dei cittadini italiani residenti all'estero;
Sereni 25.2, che estende la proroga di un contributo alle associazioni combattentistiche anche alle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GIULIO CALVISI SUL COMPLESSO DELLE PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2561-A

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, non entro nel merito del metodo seguito dalla maggioranza per l'approvazione di questo decreto. Altri colleghi del PD, a partire da quelli della Presidenza del gruppo hanno parlato su questo punto.
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Mi associo al loro giudizio negativo su come il Governo, la maggioranza e, per la prima volta da questa legislatura - lo dico con rammarico per la stima che ho dell'onorevole Giorgetti e dell'onorevole Leone - anche le Presidenze delle Commissioni Bilancio e Finanze hanno mortificato il lavoro delle Commissioni V e VI, di tutti i membri della Commissione, degli esponenti della minoranza, ma anche della stessa maggioranza.
La votazione in blocco degli emendamenti rappresenta un precedente gravissimo, un fatto che ci ha spinto a non partecipare alla votazione finale in Commissione. Ma soprattutto rappresenta un simbolo: un simbolo di come oggi siano alterati i rapporti fra Parlamento e Governo. I Commissari della maggioranza hanno votato emendamenti senza sapere che cosa andavano a votare.
Signor Presidente: è una finzione pensare che effettivamente il testo che alla fine questa Aula licenzierà, con l'ennesimo voto di fiducia, rappresenti un testo licenziato dalle Commissioni con il lavoro di studio e analisi e approfondimento consapevole dei membri della V e VI Commissione.
Vorrei che fosse lei consapevole, signor Presidente, che il Parlamento incide sempre meno nel processo legislativo. Più si va avanti in questa legislatura e più le cose peggiorano. Sempre di più il potere esecutivo assume funzioni da potere legislativo, alterando il sistema istituzionale che poggia sulla nostra Costituzione. Entro nel merito del provvedimento. Anticrisi, è stato definito. Sì, qualche misura anticrisi è contenuta. Ma anche decreto omnibus e mille proroghe, provvedimento dove c'è di tutto. Provvedimento dove si possono trovare norme che con l'anticrisi non c'entrano niente, anche di natura ordinamentale come quella (articolo 9-bis) - introdotta con un blitz dal Governo a discussione iniziata e senza darci il tempo neanche di presentare subemendamenti - che prevede una sostanziale revisione dei meccanismi che regolamentano i rapporti finanziari fra lo Stato e le Regioni a statuto speciale per quanto riguarda il regime delle entrate e il sistema delle compartecipazioni delle Regioni alle entrate erariali dello Stato. Per non parlare delle norme spot e manifesto di cui hanno parlato altri colleghi. Poco spazio invece hanno trovato le nostre proposte: rafforzamento degli ammortizzatori sociali, allargamento della regolarizzazione dei lavoratori stranieri, l'estensione per il Mezzogiorno e per settore delle agevolazioni sugli investimenti previsti dalla Tremonti-ter, la fiscalità di vantaggio per il Sud, l'allargamento delle agevolazioni anche alle piccole imprese e alle famiglie e non solo alle grandi industrie energivore delle misure per la riduzione del prezzo del gas; l'innalzamento del tetto per la compensazione dei crediti Iva fino a 50mila euro, l'aumento della deducibilità dall'Ires degli interessi passivi sugli investimenti, sino alla cancellazione di quella vergogna che prevede la restituzione al fisco delle tasse a partire dal prossimo anno per i terremotati dell'Abruzzo, su cui, con passione si è soffermato ieri il collega Lolli.
Poco spazio hanno quindi trovato le misure che il paese, le famiglie, la piccola e media impresa avvertono come necessarie e urgenti. Avete invece preferito concentrarvi sullo scudo fiscale, sull'ennesimo condono che premia chi evade, chi viola la legge e inganna i cittadini onesti che pagano le tasse e fanno il loro dovere.
E molta attenzione avete dedicato ai giochi, operando anche lì un vero e proprio condono, come ricordava l'onorevole Nannicini. Si sono fatte spallucce poi rispetto alla principale obiezione che abbiamo mosso al Governo quando ha emanato questo provvedimento. Vale a dire , l'assenza di un quadro definito della finanza pubblica nel quale collocare questo provvedimento. Un quadro perlomeno di lettura comune dei conti pubblici nel quale mettere a confronto le diverse proposte del centrodestra e del centrosinistra per fronteggiare la crisi economica. Ma non c'è neanche un quadro di pertinenza della sola maggioranza.
In concreto, signor Presidente, è davvero assurdo che questo provvedimento cada senza avere come riferimento il Documento di programmazione economico-finanziaria Pag. 70e senza approvazione del rendiconto e dell'assestamento. Tutto ciò avviene in un contesto nel quale il quadro dei conti pubblici non solo non è quello del DPEF dello scorso anno, ma con quel documento non si colloca in linea di continuità, a fronte di un quadro di finanza pubblica assolutamente diverso e, per giunta, non chiaro e trasparente.
Non bastano e non ci tranquillizzano le rassicurazioni del Ministro Tremonti. Troppo ottimisticamente e troppo precipitosamente si continua a parlare di segnali di ottimismo e di primi timidi segnali di ripresa, quando invece sarebbe più corretto parlare di primi segnali di attenuazione della morsa della recessione.
Non ci tranquillizzano perché le cifre che ci forniscono la Banca d'Italia, l'ISTAT, le istituzioni mondiali che osservano l'andamento dei nostri conti pubblici - ma anche i dati che lo stesso Ministro Tremonti ci ha detto nell'audizione al Senato e che sono contenuti nel DPEF 2010 - sono fonte di allarme per noi. Crollo del PIL; aumento del debito pubblico, aumento del deficit; avanzo primario ricostruito dal Governo Prodi e che oggi torna ad essere con voi disavanzo primario; meno produzione industriale, aumento della disoccupazione, aumento della pressione fiscale, crollo delle entrate tributarie, aumento dell'evasione fiscale, spesa della PA fuori controllo.
I numeri sono lì a dimostrarlo con impietosa verità. Ne cito solo alcuni.
Meno 5,2 per cento del PIL. Una cifra che messa insieme al meno 1 dello scorso anno ci dice una cosa con estrema chiarezza: fatto 100 il PIL del 2007, oggi l'Italia produce 94, sei punti in meno dell'anno in cui voi dicevate che il Governo Prodi affamava gli italiani. E secondo le previsioni, le vostre previsioni, quelle che avete messo nel DPEF noi torneremo a produrre la stessa ricchezza che producevamo nel 2007 solo nel 2013. Le previsioni sull'occupazione sono lo specchio delle difficoltà della nostra crescita. Il tasso di disoccupazione passa quest'anno dal 6,7 per cento all'8,8 per cento. E l'anno prossimo crescerà ancora, soprattutto al Sud come ci ha ricordato da poco il rapporto Svimez. Nella sola Sardegna, e non è la regione del Sud messa peggio, il tasso di disoccupazione è passato in un anno dal 9,8 per cento al 14,4 per cento. E nel 2010, dalle parti sociali al CNEL, si indica in un numero che oscilla tra 500 mila e il milione i posti di lavoro che si perderanno ancora nel nostro Paese.
Dite sempre che la vostra azione di Governo è limitata dalla pesante eredità di debito pubblico con la quale vi dovete confrontare. Un'eredità che sembra non vi riguardi, anche se avete governato negli ultimi 15 anni per ben nove anni.
Ebbene: il debito sul Pil è destinato a crescere tra il 114,3 per cento ed il 115,8 nel 2009 e tra il 117,1 e 119,6 del 2010. Per la cronaca, il Governo Prodi ve lo aveva lasciato sotto al 105 per cento.
Così come la percentuale di indebitamento netto sul Pil rischia di sforare il 5 per cento già nel corso di quest'anno, ben sopra il limite del 3 per cento che l'UE aveva imposto per entrare nell'area dell'euro.
Un disastro poi sul versante delle entrate fiscali: meno 9 miliardi di euro. Una caduta ben superiore a quella che deriverebbe dalla semplice applicazione ai valori reali dell'economia degli specifici indicatori di evoluzione dei diversi tributi. Una caduta il cui crollo non può essere addebitato alla sola congiuntura. Una caduta che si spiega con una ripresa pesante dell'evasione fiscale.
Ogni anno circa 300 miliardi di euro di imponibile che vengono sottratti all'erario, ricordava il collega Ceccuzzi.
Diminuiscono le entrate fiscali, ma non la pressione fiscale: ormai al 43,4 per cento, record europeo e record degli ultimi sette anni. Bel risultato per chi ha vinto le elezioni sulla promessa della riduzione delle tasse.
Potrei citare anche altre cifre, signor Presidente, ma mi fermo qui.
Entro nel merito di alcuni punti su cui in Commissione ci siamo confrontati con Governo e maggioranza.
Articolo 1: doveva essere l'articolo che allargava gli ammortizzatori sociali ad una platea più vasta di lavoratori. Sarà l'articolo Pag. 71che allargherà gli abusi della cassa integrazione visto che la parte più importante è quella che prevede di far tornare i lavoratori a lavorare pur essendo in cassa integrazione.
Vi abbiamo proposto di allargare i meccanismi di protezione sociale per l'eventuale perdita del posto di lavoro a quella categoria di 3 milioni di lavoratori che svolgono lavori flessibili e che non godono di un sistema di welfare degno di questo nome. Vi abbiamo proposto di non lasciare senza sostegno quei lavoratori e quelle famiglie che hanno accettato un lavoro flessibile. Quel lavoro flessibile di cui voi avete decantato le lodi e preteso addirittura di assumerne la rappresentanza politica, a fronte di una sinistra che, a vostro dire, rimaneva abbarbicata a rappresentare la «cittadella protetta» del lavoro a tempo indeterminato. Nessun intervento invece per questi lavoratori; rimarrà quella barzelletta che avevate inventato nel decreto n. 185 prevedendo una copertura in caso di perdita del posto di lavoro al 20 per cento e mettendo paletti talmente assurdi che alla fine solo 1800 lavoratori hanno potuto usufruirne, rispetto ai circa 400 mila precari che hanno perso il lavoro nel corso del 2008.
Ma non c'è solo questo. Le misure a sostegno dei redditi dei disoccupati, previste all'articolo 1, oltre che del tutto insufficienti vengono prelevate dal Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.
Un'operazione che si ripete. Come ho già avuto modo di dire intervenendo in Commissione. Quel fondo non sono stanziamenti aggiuntivi ma risorse sottratte al sud.
Alla copertura degli oneri derivanti dall'articolo 1 si provvede infatti con la riduzione delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione trasferite al medesimo con delibera CIPE n. 2 del 6 marzo 2009.
Tale Fondo, istituito dal decreto-legge n. 185 del 2008, è alimentato con le risorse del Fondo aree sottoutilizzate (FAS).
In base all'Accordo Governo-Regioni del 12 febbraio 2009 le risorse destinate agli ammortizzatori sociali sono state stabilite in complessivi 5,353 miliardi di euro, di cui 4 miliardi provenienti dal FAS.
Quei 4 miliardi di euro provenienti dal FAS sono stati suddivisi così: 2,950 miliardi al Centro-Nord e 1,050 miliardi al Mezzogiorno.
Secondo la relazione tecnica del Governo, l'articolo 1 non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Ovvero gli oneri sono più compensati dalla congrua dote del Fondo sociale per l'occupazione ricevuta dal FAS (4 miliardi) di cui il 75 per cento è stato assegnato al Nord e il 25 per cento al Sud.
Quando la percentuale di ripartizione dei Fondi FAS dovrebbe essere per 1'85 per cento al sud e per il 15 per cento al centro nord.
All'articolo 1 avete poi introdotto la regolarizzazione per due categorie di lavoratori stranieri: colf e badanti. Si tratta di una regolarizzazione limitata e parziale. Una regolarizzazione che non risolve il problema dell'emersione di larga parte del lavoro straniero in Italia. Vi abbiamo proposto con i nostri emendamenti di comprendere anche i lavoratori stranieri che lavorano nelle imprese artigiane, nell'industria, nella pastorizia, nell'agricoltura e in ogni altro settore della produzione di beni e servizi. Un'operazione che avrebbe portato nelle casse dello Stato nei prossimi tre anni 5 miliardi di euro. Non ci avete ascoltato. Vi abbiamo chiesto di considerare le domande di regolarizzazione (più di 400mila ) previste nel 2007 e mai più assorbite. Domande di persone che hanno già chiesto quasi due anni fa di entrare nella legalità e cui ancora una volta chiudete la porta. Alle nostre proposte avete detto di no. Avete poi previsto questa regolarizzazione limitata a colf e badanti. Ci avete detto che la nozione di badante si adatta solo a persone che svolgono attività di assistenza e aiuto a favore di persone limitate nella loro autosufficienza e che possono dimostrarlo previa certificazione medica. La solitudine, la paura degli anziani da voi non è considerata per riconoscere il lavoro degli immigrati in Italia. L'esigenza delle persone reali e delle famiglie reali da voi non è considerata. Se non volete ascoltare noi, ascoltate Pag. 72le parole che vi diceva ieri l'onorevole Cazzola. «Non deve essere la legge a stabilire quando una persona può assumere una badante». Sottoscrivo: giusto, non può essere la legge a stabilire quando tu hai bisogno d'aiuto, né la legge, né un certificato medico. Per voi invece per assumere una badante ci vuole un certificato medico; la condizione di solitudine e della vecchiaia, il bisogno di cura non dà titolo per chiedere assistenza. O meglio, può dare titolo, ma il titolo vero lo dà il reddito. Se hai il reddito sopra i 25 mila euro puoi farlo. Se hai un reddito quasi doppio a quello della metà dei pensionati italiani che come reddito medio guadagnano poco più di 13 mila euro puoi permetterti di tutto. Altrimenti devi fornire certificato medico o farti fare un certificato medico che attesti la limitazione della tua autosufficienza, anche se non lo sei. E magari vai pure in galera per 6 anni, viste le sanzioni che prevedete per le dichiarazione false.
All'articolo 3, avete messo a disposizione delle imprese caratterizzate da alti consumi per il 2010 5 miliardi di metri cubi di gas metano a prezzi agevolati. Troppo pochi, vi abbiamo detto, e per troppo poco tempo, con il rischio anche che alla fine i costi di questa riduzione vengano pagati dalle famiglie e dalle piccole imprese escluse da tali benefici. Per questo vi abbiamo proposto di prevedere una quota delle agevolazioni suddivisa equamente fra imprese energivore e le altre. Il 40 per cento, per le piccole imprese e le imprese energivore, il 20 per cento alle famiglie. Peraltro mi sembra che le regioni, come la Sardegna, prive di gas metano siano escluse da tale beneficio. Non so, ma un provvedimento giusto, perché è giusto aiutare le imprese energivore di questo paese, è giusto aiutare il nostro sistema industriale anzi, lo fate troppo poco e male - rischia di essere un aiuto di Stato improprio alle imprese fuori dalle regole europee e una violazione della normativa europea sulla concorrenza.
Sull'insufficienza della portata dell'articolo 5, dell'estensione della Tremonti-ter ha già parlato l'onorevole Vannucci e rinvio ai suoi interventi in aula e in Commissione. Sul patto di stabilità sono stati fatti dei miglioramenti, ma il Governo ha infilato con un blitz una possibilità di revisione dei meccanismi che regolamentano i rapporti finanziari fra lo Stato e le Regioni a statuto speciale. In sostanza, basterà un semplice decreto del Presidente del Consiglio per cambiare a proprio piacimento gli Statuti delle regioni e province autonome. La materia delle entrate e della compartecipazione ai tributi erariali dello stato sono disciplinate negli statuti, così le procedure per le modifiche sulla materia.
E gli statuti delle regioni speciali sono leggi costituzionali. E solo il Parlamento o le norme di attuazione, su proposta o in accordo, o di intesa con la Regione, possono modificare il regime delle entrate. Cosa c'entrava una norma ordinamentale in un decreto sulla crisi economica? Meno male che si tratta di una norma palesemente incostituzionale. La Corte costituzionale ve la casserà in 5 minuti. La stessa cosa avevate fatto attribuendo al Commissario del Governo potere assoluto per l'individuazione delle centrali nucleari (anche qui, cosa c'entra con l'anticrisi?) bypassando ogni possibile coinvolgimento delle regioni ed enti locali. Ha messo una pezza parziale il Ministro Calderoli, ma in maniera del tutto insufficiente, come vi ha detto lo stesso Ministro Prestigiacomo.
Potrei continuare, signor Presidente, ma mi fermo qui perché mi rendo conto di aver esaurito il tempo a disposizione. Rinvio pertanto alle osservazioni e critiche fatte dagli altri colleghi del PD e dell'opposizione ad altri punti del provvedimento, in particolare sulle cosiddette pensioni rosa, sullo scudo fiscale, sui giochi, sugli aiuti mancati alle piccole e medie imprese, sullo scandalo della restituzione a partire dal prossimo anno delle tasse per i terremotati dell'Abruzzo.

VOTAZIONI QUALIFICATE
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INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
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1 Nom. Chiusura discus. gen. Ddl 2561-A 363 363 182 244 119 47 Appr.

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