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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 191 di martedì 23 giugno 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 10,05.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 giugno 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Amici, Balocchi, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Castellani, Cesa, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Incecco, Di Virgilio, Donadi, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Lusetti, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Molgora, Angela Napoli, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Livia Turco, Valducci, Vegas, Vitali, Vito, Volontè e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sostituzione di un membro della Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) il senatore Carlo Pegorer, in sostituzione del senatore Massimo Livi Bacci, dimissionario.

Discussione del disegno di legge: S. 1078-B - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008 (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (A.C. 2320-bis-B) (ore 10,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 18 giugno 2009.

Pag. 2

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2320-bis-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Pini, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANLUCA PINI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo del disegno di legge comunitaria 2008 torna, purtroppo - lo sottolineo - nuovamente all'esame di quest'Aula dopo una modifica minima avvenuta all'articolo 23 che era stato inserito durante la discussione in questo ramo del Parlamento e che mirava in qualche modo a regolamentare in maniera più chiara e meno discriminatoria il sistema di somministrazione delle bevande alcoliche durante le ore notturne in determinati locali pubblici, di intrattenimento e di spettacolo.
Mi preme sottolineare come questo articolo, l'attuale articolo 23, era stato introdotto da questa Assemblea con l'unanimità dei voti, con la sola astensione di parte del gruppo dell'Italia dei Valori. Incredibilmente il Senato, forse per una valutazione poco accorta o forse sotto la spinta di qualche, diciamo così, impasse mediatico che si era creato sul tema, invece ha voluto stralciare il comma 2 e conseguentemente le lettere a e b del testo. Alcuni colleghi, in particolare gli onorevoli Zeller e Brugger, hanno depositato un emendamento volto al ripristino del testo che è stato soppresso dal Senato.
Ritengo che sia doveroso comunque, terminata la discussione sulle linee generali, riconvocare il Comitato dei nove per svolgere una valutazione anche alla luce di numerose segnalazioni che ci sono pervenute dalle associazioni di categoria che chiedono un chiarimento (che speriamo possa essere reso semplicemente con un ordine del giorno e non con un'ulteriore modifica normativa sempre all'articolo 23, comma 2) relativamente alle sanzioni per chi vende o somministra bevande alcoliche al di fuori di pertinenze specifiche dei locali pubblici, e quindi su aree pubbliche, non nelle pertinenze come definite dal TULS.
Presidente, colleghi, non ho altro da aggiungere perché questa è l'unica modifica normativa che, ripeto e sottolineo, purtroppo è stata introdotta dal Senato. Purtroppo, sono nuovamente qui a discutere del disegno di legge comunitaria per l'anno 2008 quando potevamo serenamente aver già incardinato l'esame della legge comunitaria 2009 e procedere, quindi, molto più speditamente nell'adempimento dei nostri obblighi nei confronti dell'Unione europea. Ripeto che la valutazione dovrà essere svolta al termine della discussione sulle linee generali in seno al Comitato dei nove (anche tenendo conto delle varie segnalazioni arrivate dalle associazioni di categoria) e poi in quella fase ci confronteremo anche con il Governo.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, effettivamente siamo di nuovo qui a trattare del disegno di legge comunitaria per l'anno 2008, quando, invece, dovremmo concentrarci sulla legge comunitaria per l'anno 2009.
Il disegno di legge in esame ha avuto una gestazione difficile e continua a darci dei problemi. Credo che il tema è effettivamente molto complesso e il fatto che qui all'unanimità avessimo approvato l'emendamento relativo all'articolo 23, mentre al Senato sia stata di nuovo inserita una soppressione, debba indurci a considerare e a prendere atto della complessità del tema e a proporne una trattazione separata. Pag. 3Credo, infatti, che il tema meriti di essere affrontato non nel provvedimento sulla legge comunitaria, ma in un provvedimento a parte che tenga conto dei vari interessi in gioco, a mio avviso, tutti legittimi.
È evidente che i colleghi del Senato hanno dato molta più importanza ad alcuni aspetti legati alla sicurezza anche stradale (alla luce delle segnalazioni delle varie associazioni) e alla questione dell'educazione all'alcol. È anche vero che sono altrettanto legittimi sia gli interessi commerciali dei vari esercizi, sia quelli dei produttori, quindi occorre optare per una valutazione ponderata dei tanti interessi in gioco.
Effettivamente, le indicazioni e le spiegazioni che a noi tutti in questi giorni sono pervenute dalle varie associazioni di categoria indicano che anche la soluzione che noi stiamo approvando oggi non è equilibrata. Di conseguenza, si tratta di una soluzione che, ripeto, va cercata in un provvedimento separato tenendo conto delle varie problematiche e dei vari interessi in gioco.
Presidente, dato che parliamo di legge comunitaria e di questioni comunitarie e dato che in quest'Aula non sempre ci capita (anzi direi che ci capita troppo poco), vorrei prendere alcuni minuti per ricordare alcuni punti essenziali sui quali le varie forze politiche devono concentrarsi per migliorare la trattazione degli affari comunitari e anche l'influenza del nostro Paese a livello europeo. È evidente che dobbiamo procedere rapidamente all'esame della legge comunitaria per l'anno 2009, ma è altresì evidente - e su ciò credo che anche lo stesso Ministro sia d'accordo - che dobbiamo cercare di accelerare e di anticipare l'esame della legge comunitaria. Ciò deve avvenire all'inizio dell'anno e deve essere accompagnato da un dibattito di fondo sulle grandi questioni europee e sulle grandi opzioni di politica europea del nostro Paese.
Quindi, dobbiamo continuare a insistere e richiedere in questo Parlamento l'organizzazione di una vera sessione comunitaria, in cui accanto agli adempimenti comunitari da sbrigare attraverso la legge comunitaria si possa finalmente avere un dibattito di fondo sui grandi temi di politica europea. Quest'ultima, infatti, ormai incide in maniera profonda su tutte le grandi questioni centrali del nostro Paese: dallo sviluppo economico all'immigrazione, dal cambiamento climatico alle piccole e medie imprese. Dunque, sono qui a nome del mio gruppo a invitare ad accelerare la riorganizzazione dei lavori di questo Parlamento attraverso anche una riforma del Regolamento che già oggi non è adatto a consentire a questa Camera di svolgere pienamente il suo ruolo di soggetto parlamentare democratico nel sistema comunitario e che apparirà particolarmente obsoleto quando - come ritengo che dopo il vertice di Bruxelles si possa dire - il Trattato di Lisbona entrerà in vigore.
Quindi il mio invito, che rivolgo alla stessa Presidenza, è ad accelerare i lavori per la revisione del Regolamento e anche - questo è un invito alle forze politiche - ad adattare la legge n. 11 delle 2005, la cosiddetta legge «Stucchi-Buttiglione», che allora era certamente adeguata per quello stadio dell'integrazione europea, ma che oggi non lo è più e va anch'essa adattata. Abbiamo votato da due settimane per il Parlamento europeo. Questo Parlamento deve, in maniera istituzionale e non solo attraverso i contatti tra i gruppi, organizzare un dialogo e un rapporto molto più stretto tra parlamentari nazionali italiani e parlamentari europei italiani. Questo sarà fondamentale se consideriamo che il ruolo di questo Parlamento crescerà moltissimo in temi che ci vedono impegnati ogni giorno anche su posizioni diverse. Ricordo che con il Trattato di Lisbona i Parlamenti nazionali avranno un ruolo centrale in materia di diritti fondamentali, di immigrazione, di sicurezza e di giustizia. Saranno i Parlamenti nazionali a dover svolgere quell'attività di controllo e molto di più il Parlamento europeo. Quindi credo che siano tutte ragioni che ci debbano indurre ad accelerare anche la revisione della legge n. 11 del 2005. Pag. 4
Un ultimo punto: rivolgendomi direttamente al Governo, al Ministro, anche in queste elezioni europee abbiamo visto quanto poco e quanto male noi politici innanzitutto, ma anche i media, trattiamo le questioni comunitarie, che incidono invece su tutte le grandi questioni. Se spegniamo di nuovo la luce sull'Europa, dato che abbiamo votato due settimane fa, e la riaccendiamo tra cinque anni, ancora meno cittadini si recheranno alle urne. È tempo di avviare un'azione di informazione e di pedagogia preventiva sull'Europa, che potrà poi permettere a noi forze politiche di dibattere di questioni di politica europea. Se noi invece spegniamo la luce e la riaccendiamo tra cinque anni, non potremo mai avviare un vero dibattito sui nodi della politica europea. Basta leggere l'ordine del giorno dell'ultimo Consiglio europeo per capire quanto sia urgente dibattere e aumentare la consapevolezza degli italiani sul carattere fondamentale delle questioni che si discutono nelle istituzioni europee. Quindi, rivolgo un invito al Ministro e al Governo per avviare quest'azione di sensibilizzazione, anche attraverso il sistema televisivo pubblico. Credo che l'entrata in vigore, se il referendum irlandese sarò positivo, del Trattato di Lisbona, potrebbe essere un'ottima occasione per cominciare quest'azione di informazione e di pedagogia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Gozi, mi permetto solo di interloquire per quanto riguarda la sollecitazione alla Presidenza: vi sono proposte già depositate e altre possono essere depositate, ai fini della riforma regolamentare da lei auspicata. I gruppi hanno tutti gli strumenti per incidere sul percorso.
È iscritto a parlare l'onorevole Formichella. Ne ha facoltà.

NICOLA FORMICHELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo del disegno di legge comunitaria giunge di nuovo al nostro esame. Ovviamente non mi soffermo sulle ragione dell'unica modifica, ne ha già parlato abbondantemente sia il relatore sia il collega Gozi, però ritengo importante ribadire che, contrariamente a quanto sostenuto in alcune sedi e anche qui in quest'Aula, il prolungarsi dell'esame del provvedimento è stato il risultato della combinazione di due fattori: la disponibilità del Governo ad un confronto aperto e sistematico con le Camere su tutte le questioni di particolare rilevanza e l'approfondimento operato sia dalla Camera sia dal Senato nelle Commissioni politiche comunitarie e nelle altre Commissioni. Certamente, bisogna dire che un ritardo c'è stato, ma è stato incolpevole, accumulato, secondo me, per l'inadeguatezza sia del quadro legislativo sia del quadro regolamentare in corso, ma il risultato di questo nostro lavoro meticoloso è sotto gli occhi di tutti. I soli allegati A e B del disegno di legge recano complessivamente cinquanta direttive da recepire con decreti legislativi ed in molti casi importanti sono previsti principi e criteri direttivi che tengono conto della realtà economica, sociale e amministrativa del nostro Paese. Sono sicuro che già nelle prossime settimane, subito dopo l'entrata in vigore definitiva della legge, i Ministeri interessati procederanno alla predisposizione e presentazione, ove previsto, alle Camere di decreti legislativi di recepimento delle direttive inserite negli allegati.
Credo che nella prossima legge comunitaria dovremmo tener conto di alcune considerazioni, ed esperienze, fatte durante l'iter di questa legge comunitaria. L'impegno dovrebbe essere quello di tenere conto del metodo seguito quest'anno, volto al confronto e all'approfondimento, con l'obiettivo di una maggiore speditezza necessaria dalla presenza di direttive ed altri obblighi in scadenza. Ritengo, inoltre, che sia utile - chiedo anche la collaborazione al Governo - che tutti gli altri colleghi delle altre Commissioni abbiano un approccio collaborativo - vista le difficoltà che presenta il Regolamento della Camera rispetto a quello del Senato - incentrato sull'approfondimento delle questioni strettamente rispondenti al contenuto del disegno di legge comunitaria. Pag. 5
È utile aggiungere, per riprendere anche l'intervento svolto dal collega del Partito Democratico, che dobbiamo avere ben chiari, nella futura trattazione della prossime leggi comunitarie alcuni punti. Il primo: se si intende mantenere il disegno di legge comunitaria annuale, occorre introdurre una vera e propria sessione comunitaria sul modello di quello di bilancio, con termini perentori per l'esame dell'Aula. Il secondo punto riguarda l'esame in Commissione: l'attuale debole competenza referente della XIV Commissione, che può respingere gli emendamenti delle Commissioni di settore solo per incompatibilità manifesta con l'ordinamento comunitario, ovvero per motivi di coordinamento generale, non favorisce ovviamente né la speditezza del provvedimento, né il rispetto del contenuto proprio del disegno di legge comunitaria. Se riflettiamo bene su questi fattori potremmo raggiungere anche gli obiettivi di sensibilizzazione da parte del Parlamento e del Governo nei confronti dei cittadini che auspicava poco fa il collega Gozi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, ci troviamo a discutere di questa legge comunitaria a breve distanza dalle elezioni europee che si sono recentemente svolte. Come è noto, un problema politico fondamentale posto dalle elezioni europee è stato quello della scarsa partecipazione popolare a livello europeo e anche a livello nazionale (tuttavia, se facciamo un paragone con le successive elezioni amministrative, i ballottaggi e i referendum, potremmo anche dire che il calo delle europee non è stato poi così drammatico). Rimane vero che il dato elettorale ci dice che il popolo italiano mostra una scarsa partecipazione, che non credo sia da mettere in relazione a una scarsa affezione all'ideale europeo, ma vada piuttosto correlata ad una difficoltà di comprensione della materia europea. Il popolo italiano avrebbe grande difficoltà a dire qual è il senso di queste istituzioni europee e come l'Europa incide sulla vita dei cittadini. Per questi motivi vorrei attirare, signor Ministro, la sua attenzione su un compito fondamentale del Ministero che oggi mi sembra un po' sottovalutato: rendere l'Europa vicina ai cittadini, fare in modo che i cittadini capiscano perlomeno quello che accade nel contesto europeo.
La lettura di questo disegno di legge comunitaria, per la verità, non risulta di facile comprensione, non solo per i cittadini italiani, ma anche per i parlamentari. L'articolo 1 delega il Governo al recepimento delle direttive riportate negli allegati A e B; su questo non vi è nulla da obiettare. Tuttavia, mi domando: possiamo immaginare di avere un disegno di legge comunitaria che contenga l'inquadramento delle direttive di cui si propone il recepimento all'interno di quelle grandi matrici di direttive che sono i libri bianchi?
Infatti, l'Unione europea procede più o meno in questo modo: si inizia con un Libro verde che indica una politica e che avvia una consultazione aperta (cioè una consultazione con domande che non contengono indicazioni preliminari) in modo da recepire i pareri dei Governi, dei Parlamenti e di tutti gli interessati; poi si prosegue con un Libro bianco in cui si indicano delle linee direttive; successivamente, si prosegue con delle direttive che sono l'esplicitazione dei contenuti politici contenuti nel Libro bianco. È chiedere troppo se pensiamo ad una legge comunitaria all'interno della quale le direttive vengano inquadrate nei Libri bianchi che sono matrice delle direttive relative, in modo che si possa aprire una valutazione politica sullo stato di avanzamento delle politiche, le quali sono realizzate attraverso quelle direttive? Noi approviamo con questa legge comunitaria - tanto per fare un esempio - quattro provvedimenti GAI (che non sono proprio direttive, che saranno poi equiparati alle direttive quando sarà approvato il Trattato di Lisbona). Come possiamo portare un giudizio adeguato su questi provvedimenti senza un inquadramento nel complessivo sviluppo delle politiche di sicurezza, di contrasto al commercio internazionale di Pag. 6droga e alla criminalità organizzata, che vengono condotte dall'Unione europea?
La presentazione di provvedimenti puntuali non offre al Parlamento elementi di valutazione adeguati per intendere lo stato d'avanzamento di una politica, e questo rende la discussione della legge comunitaria più tecnica di quanto effettivamente non sia. Perché è vero che è una materia molto tecnica, ma - voi sapete - dietro la tecnica vi è sempre la politica; dietro le decisioni tecniche vi sono sempre valutazioni politiche e, molte volte, il tecnicismo è un modo che consente di non affrontare la discussione sui contenuti politici che sono a monte del provvedimento.
Allora, la prima osservazione che mi sentirei di fare è un suggerimento: possiamo ricostruire le modalità di presentazione della legge comunitaria, inquadrando ogni direttiva nel contesto concreto delle politiche di cui quella direttiva è o dovrebbe essere elemento di attuazione? È evidente che questo ci chiede un maggiore coordinamento, direi quasi una compenetrazione tra la relazione che chiamerò sullo stato dell'Unione (con l'augurio che un giorno possa davvero diventare una relazione sullo stato dell'Unione simile a quella che c'è negli Stati Uniti) e la legge comunitaria. Infatti, si potrebbe dire che questi elementi andrebbero contenuti in realtà nella relazione. È possibile un maggior coordinamento tra relazione e legge comunitaria? Sarebbe un grande contributo a rendere comprensibile, quindi popolare, l'Europa fra di noi. Si tratta di una diversa modalità di riscrittura della legge. Da tempo vado sostenendo questa esigenza. Può darsi che occorra incorporarla in un progetto di legge d'integrazione della legge n. 11 del 2005 - come suggerisce il collega Gozi - però io ho l'impressione che potrebbe anche essere un gesto di buona volontà da parte del Ministro, perché in parte non esiste la necessità di una prescrizione legislativa per arrivare a questi risultati.
Non mi soffermo sull'anacronismo della relazione sullo stato dell'Unione europea. Ci troviamo a discutere per dare al Governo suggerimenti e indicazioni per vincolare l'Esecutivo a fare cose che si collocano in un arco temporale che è già trascorso. Sarebbe meglio abolire tale discussione, ma vedo che, in realtà, poi negli interventi nessuno fa riferimento alla relazione, giustamente, perché semmai bisognerebbe presentare una relazione consuntiva di quello che è accaduto, non una relazione. Ma qui non faccio colpa al Governo perché la colpa va equamente divisa tra il Governo e la Camera dei deputati, perché i tempi di discussione della relazione e della legge sono il risultato del combinato disposto delle inadempienze, delle trascuratezze e dell'incomprensione della rilevanza politica dell'Europa da parte anche - devo dirlo con dolore - del nostro Parlamento.
La prima osservazione che vorrei fare su questo disegno di legge comunitaria è la seguente: mi chiedo se sia possibile pensare ad una riforma della struttura delle modalità di scrittura della legge tale da renderne comprensibile il valore politico.
Nell'articolo 2 troviamo principi e criteri direttivi di carattere generale per l'esercizio delle deleghe contenute nell'articolo 1. L'articolo 1 saviamente fa riferimento alle direttive contenute negli allegati A e B. Noto con piacere che in questa legge comunitaria è presente un migliore equilibrio tra l'allegato A e l'allegato B. È bene che noi imponiamo il confronto in Commissione per materie che hanno reale valore e contenuto politico. Il vezzo di imporre il confronto in Commissione su tutto risale ad un periodo in cui la Commissione XIV si sentiva un po' orfana e, quindi, moltiplicando le occasioni di controllo, proprio o delle altre Commissioni, pensava di attribuirsi valore politico. Adesso la Commissione XIV è straordinariamente importante e, quindi, non ha bisogno di cercare attività da svolgere perché ne ha anche troppe, anzi è difficile capire come possa svolgere effettivamente tutti i compiti che la legge le assegna.
L'articolo 2 detta principi e criteri direttivi di carattere generale. Noto con soddisfazione - non so se il Governo abbia tenuto conto dei miei suggerimenti dati in altre occasioni - che non tutte le direttive Pag. 7successive contengono principi e criteri di delega specifici. Per quale motivo? Per due motivi: il primo è dovuto al fatto che le direttive sono già leggi delega e, anzi, esiste una tendenza da parte della Commissione che si prolunga dalla Commissione Delors in poi - oserei dire - con una sempre maggiore accentuazione, a formulare leggi delega piuttosto dettagliate tanto che l'inserimento di ulteriori criteri di delega risulta spesso pretestuoso: non vi è lo spazio per ulteriori criteri di delega. Quindi è bene che, allorquando ulteriori criteri di delega non siano necessari, essi non vengano indicati. Credo che sarebbe bene recepire questa prassi in qualche misura formalizzandola, vale a dire stabilendo un principio in base al quale i principi e criteri direttivi di carattere generale non vengono necessariamente rinnovati in ogni legge comunitaria ma hanno una loro autonomia e permanenza. Per quale motivo? Perché sarebbe bene che il processo di stesura dei decreti legislativi potesse cominciare immediatamente dopo la fine della fase ascendente. Tale procedura sottrae i decreti al controllo del Parlamento? No, perché, con la legge n. 11 del 2005, il controllo del Parlamento si esercita già nella fase ascendente, mentre, in precedenza, si poteva in qualche modo ritenere che, in tutta la fase ascendente, il Governo agisse al di fuori del controllo parlamentare e, quindi, vi fosse un effettivo bisogno di intensificare questo controllo nel momento della stesura del decreto legislativo. Oggi, invece, il controllo parlamentare segue tutta la fase ascendente e, quindi, se riuscissimo a tipizzare i criteri dell'articolo 2, che poi sono copiati direttamente dall'articolo 2 della precedente legge comunitaria, che a sua volta copiava l'articolo 2 della legge comunitaria ancora precedente, daremo grande contributo allo snellimento delle procedure di ricezione nel nostro ordinamento delle direttive comunitarie che sarebbe utilissimo per ridurre il sistematico ritardo di cui noi soffriamo. Perché l'Italia sconta un ritardo così forte rispetto ad altri Paesi nel recepimento delle direttive? Uno dei motivi fondamentali è l'intervallo che si colloca tra la fine della fase ascendente e l'inizio della fase discendente. Aggiungo che, in vista di una possibile riforma della legge n. 11 del 2005, sarebbe opportuno istituire presso ogni Ministero un nucleo di lavoro sui temi comunitari da collegare o da coordinare nel tavolo tecnico del CIACE in modo che le stesse persone che hanno seguito la fase ascendente immediatamente fossero impegnate nella fase discendente.
Questo credo sia l'unico modo di risolvere radicalmente il problema del ritardo della ricezione.
A tal proposito credo che, in una possibile riforma della legge comunitaria, andrebbe anche regolato meglio il tema degli esperti: chi sarà inviato nei nuclei di valutazione comunitaria, nei nuclei di lavoro comunitario? Gli esperti che sono stati a Bruxelles per due anni, più due anni (come sapete, è possibile inviare il nostro personale alla Commissione per un periodo di due anni rinnovabile). Uomini così non dovrebbero essere scelti fra quelli che danno fastidio e di cui ci si vuole liberare, ma andrebbero scelti tra i migliori; dovrebbe essere una condizione di avanzamento successivo l'aver svolto il proprio periodo a Bruxelles e ciò ci consentirebbe di avere personale adeguato ad affrontare tali problemi, ma anche di avere un parco all'interno del quale scegliere per poter presentare i nostri candidati, ogni qualvolta si apre una vacancy, un concorso importante a livello dell'Unione europea.
Voi sapete che siamo molto sottorappresentati all'interno dell'alta burocrazia della Commissione. Questa forte sottorappresentazione dell'Italia si è ulteriormente aggravata, perché, giustamente e comprensibilmente, i Paesi nuovi mettono le mani su tutto ciò che è disponibile. Altri Paesi, per ogni posto disponibile, hanno molti buoni candidati. L'Italia non sempre li ha e anche quando abbiamo buoni candidati è ovvio che a Bruxelles scelgono persone che conoscono già, di cui conoscono il carattere, il temperamento, le modalità di lavoro. Si può presentare un ordinario di grandissimo livello di diritto comunitario, Pag. 8ma ai loro occhi sarà sempre meno buono di uno che conoscono, che sanno che ha già fatto parte di quell'equipe e noi dobbiamo attrezzarci come fanno gli altri grandi Paesi comunitari, come fa la Germania, come fa la Francia, come fa soprattutto il Belgio, che da tale punto di vista è maestro.
Vedrei bene che, proseguendo la direzione timidamente presa da questa legge comunitaria, l'articolo 2 fosse tipizzato, nel senso di essere sancito con provvedimento non di validità annuale, ma generale, quali sono i principi e i criteri direttivi di carattere generale, in modo da poter attivare un processo lavorativo per il quale, appena conclusa la fase ascendente, inizia la fase discendente.
Nulla da dire sull'articolo 3, che delega il Governo ad adottare disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti contenuti in provvedimenti attuativi di direttive comunitarie, di natura regolamentare o amministrativa, e via seguitando. Nulla da eccepire salvo una cosa: fa parte della retorica di questa maggioranza e anche di questa minoranza, fa parte della retorica generale del Paese, fa parte della retorica generale degli addetti ai lavori la convinzione che il diritto penale debba essere l'ultima linea di difesa, che la sanzione penale debba essere l'ultima trincea che protegge i valori della convivenza civile e che prima di questa sanzione ve ne debbano essere altre. Parliamo della necessità di depenalizzare, di prevedere sanzioni di tipo diverso - tendenzialmente di tipo amministrativo - per due ragioni: perché nelle sanzioni di tipo amministrativo non è in genere in questione la libertà della persona e quindi è possibile irrogare tali sanzioni anche in buona misura sulla base di criteri di responsabilità oggettiva. Quando si parcheggia la macchina in un posto in cui ciò è vietato, non si svolge un processo per accertare se vi è dolo, colpa grave o colpa semplice: l'hai fatto e dunque ti irrogo una contravvenzione, senza un processo, in modo rapido e si è anche più liberi nell'erogare le multe. Infatti, penso che ognuno di noi, prima di condannare qualcuno alla galera, prima di irrogare una sanzione penale, ci pensa non una, ma dieci volte, con tutte le garanzie connesse al processo penale. Invece, vedo che non vi è provvedimento al quale non si attacchi una sanzione penale.
Vorrei invitare il Governo a riflettere su ciò, che svaluta l'importanza della sanzione penale e non è più deterrente. Si pensa che se vi è una sanzione penale mostriamo che vogliamo fare sul serio. Non è vero: una sanzione amministrativa che si eroga con facilità e immediatezza ha più capacità deterrente di una sanzione penale, che verrà erogata forse, un giorno e intanto vi sarà la sospensiva.
Pertanto, è praticamente sicuro che in galera non ci si andrà mai. Credo che, con riferimento a questo aspetto, il Governo dovrebbe svolgere una riflessione attenta per ridurre l'uso della sanzione penale e non farne una grida manzoniana, un ruggito che mostra la determinazione, ma dietro il quale, denti per mordere non ve ne sono. Sorvolo sull'articolo 4.
L'articolo 5, molto opportunamente, introduce testi unici o codici di settore. Credo che, da un altro punto di vista, venga un po' incontro alla domanda che ho posto: dateci la possibilità di valutare lo svolgimento di politiche e l'effetto organico. In questo caso, infatti, ci troviamo dalla parte dell'effetto e non della causa, tuttavia, l'intento è sicuramente lodevole.
Vi risparmio l'esame dettagliato degli articoli successivi. Vorrei soltanto svolgere un'osservazione sull'articolo 7.
L'articolo 7 dispone l'abrogazione della norma che impone ai laboratori di analisi, che sottopongono ad un'analisi ufficiale qualsiasi prodotto vinoso, di effettuare la ricerca sistematica dei denaturanti previsti dalla stessa legge. Non si capisce bene cosa c'entri questo articolo con legge comunitaria. Non mi è chiarissimo il quadro comunitario nel quale si inserisce. Non perché non vi possa essere un quadro comunitario, ma mi sembra che non sia indicato e che, comunque, chieda un'azione diversa da quella che ci propone adesso il Governo. Pag. 9
Vorrei fare un esempio. Ho svolto campagna elettorale per le elezioni europee non solo in Italia, ma anche in Germania, in Spagna e in Polonia. Sono stato in Sassonia e sapete cosa mi hanno regalato quando sono andato via? Delle bottiglie di vino! Mi sono posto il problema: da quando la Sassonia produce vino? Non sembra avere la vocazione climatica, non sembra avere i suoli adatti per le viti, eppure produce vino. Non solo la Sassonia: molte altre parti d'Europa, che tradizionalmente non hanno mai prodotto vino, oggi, producono vino.
In parti dell'Europa, che prima producevano vini a bassissima gradazione alcolica (penso agli ottimi vini del Reno), oggi si trovano vini con gradazione elevate (come, appunto, nel caso dei vini del Reno). Come fanno a produrre il vino? Vi siete posti il problema? Signor Ministro - mi rivolgo anche al Ministro per l'agricoltura -, è necessario intervenire su normative comunitarie, che andrebbero irrigidite e che, invece, tollerano, di fatto, che si produca il vino senza l'uva. Tollerano l'uso di additivi, che producono tassi alcolici totalmente sproporzionati rispetto al contenuto effettivo di vite che è possibile riscontrare. È un problema che non riguarda solo il vino, signor Ministro, ma anche il succo d'arancia.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. È risolto!

ROCCO BUTTIGLIONE. Risolto? Bravo! È necessario tenere gli occhi aperti su questo, perché rappresenta una tendenza molto pericolosa per i prodotti tipici italiani. Rispetto a questo, a mio avviso, non è una buona idea ridurre, a livello dell'ordinamento nazionale, la nostra attenzione per l'autenticità del prodotto. Direi che andrebbe, semmai, aumentata e mi sembra che quanto viene proposto nel provvedimento in discussione sia, comunque, in controtendenza rispetto alle esigenze della nostra politica agricola ed europea.
Credo che sia necessario andare avanti sul tema della valutazione dell'impatto della normativa. Credo, altresì, che questo sia un elemento forte anche nel rapporto fra il nostro Parlamento e altri Parlamenti nazionali per l'esercizio di quelle competenze che il Trattato di Lisbona, che, tra poco - speriamo - entrerà in vigore (credo che sia molto probabile), ci attribuisce. Avere un'idea chiara dell'estensione della regolamentazione ed anche dei suoi effetti, è la condizione per legiferare in un modo adeguato.
Un problema che attende ancora un'adeguata definizione è quello del raccordo tra competenze europee, competenze nazionali e competenze regionali (queste ultime, con l'articolo 117, sono costituzionalmente protette). Alcuni anni fa, quando ricoprivo la carica di Ministro per le politiche comunitarie, abbiamo messo un tampone a questo problema, abbiamo inventato l'idea che lo Stato legifera, ma legifera con norme cedevoli e flessibili, con norme che rimangono in vigore soltanto fin quando la regione non abbia esercitato le competenze che le sono proprie. Fu espresso, a quel tempo, qualche dubbio di costituzionalità, ma per fortuna la Corte costituzionale ci ha confortati a proseguire su questo cammino.
Oggi, però, sono preoccupato, perché ho l'impressione che quel tampone abbia funzionato troppo bene, così bene che non ci si è posti più il problema di una riforma organica. Gradirei sapere dal signor Ministro (ma mi pare che il testo non ci fornisca alcuna indicazione su questo): le regioni esercitano le loro competenze? Se le esercitano, lo fanno in modo occasionale o hanno consapevolezza del loro ruolo comunitario e della loro responsabilità comunitaria? Infatti, è una tradizionale rivendicazione delle regioni quella dell'Europa delle regioni; in forma radicale, come soppressione dello Stato nazionale, non credo che abbia molte prospettive, ma in una forma più attenuata si tratta certamente di una giusta rivendicazione del ruolo delle regioni in Europa. Ma le regioni sono consapevoli che questo ruolo - almeno in parte - ce l'hanno? Lo stanno esercitando? In che modo lo esercitano? In che modo il Ministero coordina Pag. 10l'esercizio di queste competenze regionali? Qui qualcosa emerge e mi pare positivo; mi pare, cioè, positivo che si definisca un quadro, insieme con la Conferenza Stato-regioni, per un esercizio congiunto e coordinato delle competenze regionali in materia, e credo anche che il Ministero dovrebbe offrire un supporto tecnico-giuridico alle regioni per aiutarle nell'esercizio di tali competenze.
Occorrerebbe arrivare ad un sistema di leggi comunitarie regionali. Qualche regione ha già approvato la legge comunitaria regionale: a me risulta il Friuli Venezia Giulia, ma sapevo che altre erano in cammino e spero che qualcuna, nel frattempo, abbia realizzato l'obiettivo. Sarebbe auspicabile avere un sistema di leggi comunitarie regionali che consentano anche alle regioni di provvedere in modo organico all'esercizio delle loro competenze.
Il mio sospetto è che, in questo momento, la situazione sia, più o meno, questa: lo Stato esercita la competenza suppletiva e quando, casualmente, le regioni si trovano a legiferare in materia, possono variare la normativa statale esercitando la competenza loro propria. Tutto ciò va bene per una fase, ma non mi pare una soluzione ottimale, pertanto credo che su questo bisognerebbe tornare ad intervenire.
Vorrei fare un'osservazione sul tema, che è stato sollevato, della sessione comunitaria. Per le ragioni che ho illustrato all'inizio del mio intervento, credo che la questione sia assolutamente urgente. C'è una lettera in preparazione, di cui mi è stata gentilmente inviata una bozza da parte del presidente della Commissione XIV, volta a chiedere modifiche regolamentari. Una questione non mi è chiara: a mio avviso, bisognerebbe che la sessione abbracciasse sia la relazione annuale, sia la legge comunitaria, perché, per avere maggiori possibilità di far progredire un'autentica politica europea, occorre che non si svolga una discussione politica separata dalla discussione sui contenuti legislativi proposti all'approvazione, ma che la discussione politica inquadri i contenuti proposti per l'approvazione.
Mi sembra che quello successivo alla fine della sessione di bilancio, alla ripresa dopo le vacanze di Natale, sia il momento vocazionalmente più opportuno per collocare una sessione comunitaria, perché si partirebbe insieme con la prima Presidenza dell'anno e si potrebbe procedere alla valutazione del programma di quella Presidenza. Le Presidenze, infatti, sono raggruppate a grappoli di tre e la discussione su quel programma comprenderebbe anche, almeno tendenzialmente, la discussione sul programma successivo che va a completare l'anno.
Questo permetterebbe al Parlamento di dare indicazioni tempestive, di dire al Governo non quello che avrebbe dovuto fare nell'anno passato ma quello che deve fare nell'anno che viene. Ci si potrebbe così raccordare con i poteri propri delle Commissioni parlamentari le quali, sulla base di un'indicazione politica generale, potrebbero poi meglio esercitare il loro ruolo di sorveglianza sulla fase ascendente, chiamando il Governo a rispondere degli impegni assunti in Assemblea. Oggi il controllo parlamentare e anche la possibilità delle Commissioni di formulare indirizzi sono in qualche modo severamente limitati dal fatto che non esiste una discussione preliminare che definisca un indirizzo all'interno del quale la Commissione possa agire. La Commissione non agisce, cioè, come custode di un indirizzo parlamentare espresso dall'Aula, e quindi tanto più autorevole, ma agisce di propria iniziativa, lodevolmente - anzi credo vada riconosciuto che la XIV Commissione ha lavorato molto bene in questo periodo - ma, appunto, per un'iniziativa propria e non svolgendo un'iniziativa assunta dall'Assemblea parlamentare.

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, la prego di concludere.

ROCCO BUTTIGLIONE. Devo concludere? Come corre il tempo!

Pag. 11

PRESIDENTE. Onorevole, lei ha preso il massimo del tempo previsto dal nostro Regolamento e, ritengo, da tutti i regolamenti del mondo!

ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo scusa se vi ho annoiato. Credo però che su questi punti sarebbe utile fare una riflessione, perché la politica sempre più è politica europea, e finché la politica europea rimane un libro chiuso con sette sigilli, come quello dell'Apocalisse, sarà difficile vincere l'estraneazione dei cittadini verso la politica. Infatti la grande politica, in larga misura, si fa lì e non qui, ma se non capisce come, il cittadino non vi può partecipare e allora sente che quelli di Bruxelles decidono senza di noi e contro di noi. Non è così, ma è compito del Parlamento fare in modo che sia davvero autentica la nostra partecipazione al processo comunitario. Chiedo ancora scusa se vi ho annoiato e vi ringrazio per la pazienza con la quale mi avete ascoltato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, credo che questa legge comunitaria 2008 sia nata male, per cui penso che prima la chiudiamo meglio è. Abbiamo avuto questo tempo aggiuntivo: dedichiamolo a fare qualche riflessione importante e interessante, come quelle che ho ascoltato questa mattina da tutti i colleghi e alle quali quindi mi associo. Non volendo ripetere alcune cose, perché altrimenti mi sembrerebbe assolutamente inutile intervenire, ho pensato di dare un contributo, ancorché breve, in occasione di questo dibattito ulteriore, per svolgere qualche riflessione sullo «stato dell'Unione», sullo stato dell'Unione europea, dopo le elezioni per il Parlamento di Strasburgo svoltesi appena quindici giorni fa. Lo faccio perché le considerazioni che mi vengono in mente non sono particolarmente entusiasmanti, proprio all'inizio di una nuova legislatura che, invece, dovrebbe essere, come ricordava l'onorevole Gozi, alla luce anche del Trattato di Lisbona, molto interessante e molto significativa per il medesimo Parlamento. Lo faccio anche perché, forse come non mai, l'Unione europea ha l'occasione per dimostrare ai suoi cittadini la propria esistenza e il proprio ruolo (lo ricordava opportunamente il presidente Buttiglione): in una parola, essa ha l'occasione per dimostrare la propria importanza.
Infatti, onorevoli colleghi, la crisi economica esige risposte e azioni che non possono essere confinate al solo piano nazionale, e poiché la crisi è forte e non è conclusa, purtroppo, e produce gravi conseguenze sul sociale, ovvero sull'esistenza quotidiana dei cittadini e delle famiglie del nostro continente, sarebbe più facile per il comune cittadino rilevare la capacità di intervento non solo dei singoli Governi nazionali, ma anche dell'Unione.
Il piano per la ripresa economica e le altre misure adottate sinora dall'Unione in risposta alla crisi credo abbiano acuito un paradosso che affligge da alcuni anni il processo di integrazione europea, vale a dire quello che si potrebbe definire il disallineamento tra il ruolo che l'Unione potrebbe e dovrebbe giocare per sostenere la crescita e l'occupazione e l'assenza di adeguate risorse finanziarie e finanche di indispensabili strumenti giuridici.
Non c'è in questa sede il tempo per approfondire, ma di queste tematiche si sarebbe dovuto parlare, queste tematiche si sarebbero dovute approfondire nel corso della campagna elettorale per il Parlamento europeo. Non è stato così, come sappiamo, dunque non ci si meravigli del fatto che poi i cittadini non si interessino alle questioni europee, non ci si meravigli del fatto che i cittadini non vadano a votare perché nessuno, a cominciare dalla classe politica, li aiuta a capire quanto rilevanti stiano diventando nella nostra vita le questioni definite anche a livello europeo.
Infatti, la valutazione comune, che riguarda tutti i Paesi chiamati alle urne, è stata che la campagna elettorale è stata fiacca, l'approfondimento di temi comunitari nullo, il dibattito, quando c'è stato, prevalentemente incentrato sulla dimensione Pag. 12nazionale, e quindi la partecipazione al voto sostanzialmente quasi ovunque è stata inferiore al 50 per cento e in ulteriore diminuzione rispetto al 2004. Non è solo italiana la disaffezione dei cittadini nei confronti delle elezioni per il Parlamento europeo.
La crisi dell'Unione, la possibile crisi dell'Unione, che dobbiamo assolutamente contrastare, rischia di essere misurata drasticamente, perché è vero che il Parlamento avrà più potere, più funzioni e più compiti e quindi più spazio anche per dimostrare ai cittadini la propria importanza, il proprio ruolo e il proprio rilievo, ma è anche vero che un Parlamento, da che mondo è mondo, se votato da meno del 50 per cento dei cittadini è evidentemente un'istituzione che nasce debole e che ha l'onere della prova di dimostrare di poter contare e di poter essere importante. Dico ciò perché mi preoccupa il fatto che se questa istituzione nasce debole rischia di essere destinata a perdere ogni eventuale conflitto con i Governi nazionali, che ancora adesso determinano le decisioni ultime dell'Europa comunitaria.
Bisogna anche riconoscere, peraltro, che il bilancio della legislatura appena conclusa non è propriamente entusiasmante. In questi cinque anni abbiamo avuto la bocciatura della Costituzione europea ad opera dei cittadini di Francia e Irlanda, poi del Trattato di Lisbona da parte di quelli dell'Irlanda. Devo dire onestamente che la Presidenza della Commissione mi è parsa aver badato più a costruire, nell'immobilismo sostanziale, le condizioni per una riconferma piuttosto che a costruire condizioni per un più rapido cammino di integrazione. La stessa crisi economica ha visto nelle decisioni adottate, che pur ci sono state, ma anche in quelle non adottate e che avrebbero potuto invece essere adottate, un'occasione per rafforzare i Governi nazionali a scapito di quelli comunitari.
Accade così che una grande potenza globale debba registrare, purtroppo, la debolezza persistente delle sue istituzioni politiche a causa nell'assenza di un suo governo unitario, e questa mancanza pesa assai, ove si osservi che il peso politico del vecchio continente, un altro elemento che dobbiamo e che dovremmo considerare sempre di più, è significativamente inferiore a quello di altri settori dello scacchiere geopolitico mondiale. Ciò, se consideriamo l'importanza e la rilevanza economica, ma anche quantitativa, dei popoli europei, è assolutamente disdicevole e da superare.
Occorrerebbe dunque lavorare con spirito unitario nell'interesse generale del continente per superare le cause di questa evitabile debolezza, e prima fra tutte voglio citare la segmentazione politica che persistentemente si frappone al lento processo di avanzamento dell'Unione.
Ma proprio queste considerazioni rafforzano l'idea - lo voglio ribadire un'ultima volta - che l'unità politica (obiettivo lontano, ma strategico) darà all'Europa quella forza che potrebbe avere e invece tuttora non possiede.
Quindi, questo è il compito che attende la politica, la grande politica e, se non riusciamo a tornare a parlare di grande politica quando parliamo di Europa, temo che non sarà nelle nostre misere vicende nazionali che riusciremo a farlo, purtroppo, da quello che si vede in questi giorni. Però questa grande politica necessita di una classe dirigente dotata di carisma e di senso della missione, come fu - dobbiamo dircelo - quella straordinaria che, mentre avviava la ricostruzione materiale e morale di terre e popoli devastati da una guerra orribile, progettava, disegnava ed infine avviava un futuro di pace e di prosperità, facendo leva sull'unità culturale delle popolazioni europee, per quello che si poteva nelle condizioni date (che riguardavano solo l'Occidente).
Questo al fondo - lo dico in conclusione - è il problema, confermato dalla considerazione amara che ogni qual volta lo si affronta spesso si rischia di essere tacciati di retorica europeista. Poi tutto finisce lì, ci si riconcentra sulle questioni locali di tutti i giorni, e ciò accade però perché, in effetti, c'è un eccesso retorico che però, più modestamente, si traduce in un eccesso burocratico e in un limite Pag. 13politico - che ho cercato di evidenziare - che l'opinione pubblica non può che giudicare negativamente.
Pertanto, di fronte al nostro dibattito sul disegno di legge comunitaria 2008 e di fronte al nostro dibattito sul nuovo disegno di legge comunitaria 2009 (che finalmente verrà discussa nell'anno giusto, perché è già stata calendarizzata in Commissione, e di questo mi compiaccio con il signor Ministro) vi è la consapevolezza che in un mondo globalizzato, insieme si può fare meglio che da soli e che il sistema del welfare europeo, come si è visto anche in questi mesi di pesante crisi planetaria, può costituire, se opportunamente mantenuto e se corretto per il giusto, un esempio per tutti a livello globale e dovrebbe divenire una ricchezza della politica europea.
Credo che questa sia la via da seguire e voglio sperare che il dibattito che affronteremo nelle prossime settimane sul disegno di legge comunitaria 2009 possa mantenere, anche al di là dello specifico contenuto e degli specifici interventi che ivi saranno previsti, questo tono, che ritengo sia un tono nobile, ma anche utile, nell'interesse non solo del Parlamento europeo e delle istruzioni comunitarie, ma anche nell'interesse del nostro Parlamento, il Parlamento nazionale italiano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2320-bis-B)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, ringrazio i parlamentari, il relatore e gli onorevoli Gozi, Farinone e Buttiglione, che hanno voluto dare un contributo a questo ennesimo passaggio del disegno di legge comunitaria 2008. Intervengo molto brevemente per recepire quanto hanno detto l'onorevole Gozi, l'onorevole Pini, l'onorevole Farinone ed anche il presidente Buttiglione.
Ne abbiamo già discusso in XIV Commissione e abbiamo tutto l'interesse, ma soprattutto la volontà, di introdurre una sessione comunitaria. L'onorevole Gozi ha fatto riferimento anche al nostro lavoro e alle nostre discussioni, e penso che sia il necessario salto di qualità per prevedere per la legge comunitaria non soltanto un appuntamento annuale, che potrebbe anche essere rituale. Infatti, vista la complessità della materia e la sempre maggiore rilevanza anche dal punto di vista strategico e non soltanto a livello politico, ma anche della vita di tutti i giorni e del possibile impatto sulla vita dei cittadini europei, per diminuire il gap e la distanza tra il cittadino europeo e l'Europa, purtroppo rilevati anche da una lettura giusta delle recenti consultazioni elettorali, penso che ci sia la volontà di tutto il Parlamento di realizzare questo nuovo passo di struttura rispetto non soltanto alla legge comunitaria, ma proprio alla sessione comunitaria.
Se ne parla tanto, ci sono molte proposte e molte indicazioni, ma non abbiamo trovato la volontà per poter realizzare un intervento di questo tipo. Come Governo mi impegno, insieme alla Commissione, a realizzare proprio un iter al fine di poter, sin dai prossimi mesi, scrivere veramente una pagina del Parlamento non soltanto sulla legge comunitaria, ma proprio sulle direttive nel loro insieme.
Vi sono numerose direttive: voglio pensare soltanto a quella sui servizi e all'impatto che avrà proprio nella legislazione vigente e nella concezione stessa delle iniziative europee.
Il presidente Buttiglione ha parlato dell'agricoltura, del vino e dell'ambiente. Sono tutte tematiche che non possiamo lasciare, se non approfondire.
Penso che una sessione comunitaria importante possa non soltanto alzare l'attenzione rispetto al tema dell'Europa, ma Pag. 14agevolare i nostri lavori su questa tematica che è sempre più centrale (Applausi).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al proseguo della seduta.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1441-ter-C) (ore 11,09).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato. Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1441-ter-C)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Raisi, ha facoltà di svolgere la relazione.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento giunge in seconda lettura alla Camera ed è stato ampiamente modificato in diverse parti rispetto alla prima lettura, fatta eccezione per la parte più importante di questo provvedimento, ovvero quella concernente il nucleare.
Il provvedimento presenta diversi aspetti importanti, che probabilmente riguardano l'intervento dello sviluppo economico da qui alla fine di questa legislatura. Ci sono interventi che andrò ad analizzare soprattutto per quanto riguarda gli aspetti che ritengo più importanti.
Vorrei sottolineare che vi sono molte deleghe al Governo, quindi è chiaro che si tratta di un provvedimento che inizia un percorso che deve essere verificato dalla Camera nel momento in cui i regolamenti attuativi verranno messi all'ordine del giorno del dibattito parlamentare.
Nei primi articoli ci sono alcuni aspetti molto importanti concernenti la normativa delle reti di impresa. Finalmente si arriva a legiferare su un tema importante come quello delle reti di impresa, dei distretti, cioè di quella che è un po' la struttura del nostro sistema produttivo e con questi articoli si fornisce uno strumento normativo e legislativo per attribuire una valenza giuridica al distretto e, quindi, alle reti di impresa.
Vi sono disposizioni importanti, penso agli articoli 2 e 3. L'articolo 2 riguarda la riforma degli interventi sulla reindustrializzazione, le aree di crisi, con accordi di programma che in qualche modo utilizzeranno le risorse della legge n. 488 del 1992. Forse in questo caso il grosso limite è che troppi interventi rischiano di sminuire il valore degli interventi stessi se non vi sarà un finanziamento ulteriore di quella norma.
A mio parere, c'è un altro passaggio molto importante, quello del riordino del sistema degli incentivi e delle agevolazioni a favore della ricerca. Finalmente si danno delle priorità sugli incentivi, si individuano quelli che possono essere i settori di intervento che il Governo considera prioritari.
Vi sono poi diverse disposizioni, come gli articoli 5, 6 e 7, che riguardano la semplificazione di tutte le norme concernenti il mondo dell'impresa. Si tratta di semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese con un obiettivo ben chiaro, quello di accelerare gli iter burocratici nel sistema autorizzativo e soprattutto arrivare a quella certezza dei tempi che, in sostanza, Pag. 15è un obiettivo che ritengo prioritario rispetto al sistema di competitività delle nostre imprese.
Vi sono, poi, ulteriori interventi che riguardano l'internazionalizzazione delle imprese, anche con un allargamento dell'intervento della SIMEST.
Più avanti, verso la fine, il provvedimento reca anche una delega al Governo per la riorganizzazione della SACE. Vi sono alcuni articoli che tendono a dare maggiori strumenti per la lotta alla contraffazione a tutela dei diritti di proprietà industriale.
La lotta contro la contraffazione è un tema su cui si è dibattuto molto anche all'interno della nostra Commissione: si è cercato di dare ulteriori strumenti alle forze dell'ordine affinché ci sia un sistema di maggior controllo e di repressione verso un fenomeno che, da un lato, inficia purtroppo pesantemente il nostro sistema produttivo, che della proprietà intellettuale e del valore del marchio ha fatto un momento di eccellenza; dall'altro lato, non dimentichiamoci l'aspetto negativo che si produce anche nella raccolta delle imposte rispetto a un mercato parallelo che, essendo illegale, esula da controlli di carattere fiscale.
Sui temi che riguardano la materia della tutela dei consumatori mi si consenta di fare un passaggio un po' critico. All'interno del dibattito c'è stato chi ha sollevato il problema della class action sostenendo sostanzialmente che si è fatto un passo indietro rispetto al passato.
Io ero presente nella scorsa legislatura quando si è votato in modo frettoloso quel provvedimento importante, ma ritengo che esso, se non è calato con i giusti strumenti in un contesto normativo, quale quello italiano, che non è comparabile al diritto anglosassone, può produrre degli effetti controproducenti.
Giudico positiva, quindi, la volontà da parte del Governo e della maggioranza di valutare più attentamente questo tema, che sottolineo è importante, perché costituisce un elemento di novità anche per quanto riguarda la salvaguardia del consumatore; ma ciò deve essere comunque fatto, secondo me, senza accelerazioni che non portano alla condivisione degli obiettivi con tutti i soggetti interessati. Mi ricordo che all'epoca su questo tema ci fu una forte critica da parte di Confindustria, per esempio, perché, obiettivamente parlando, fu un intervento non concertato e con un forte disequilibrio. Ciò non significa naturalmente che bisogna ascoltare solo il mondo delle imprese; bisogna ascoltare tutti i mondi perché poi si rischia di far saltare e di indebolire una rete industriale che oggettivamente già oggi incontra molte difficoltà nel confronto con la competizione globale.
È chiaro che provvedimenti come questi, che sono molto delicati e che inseriscono aspetti di grande novità, se non collegati in un quadro più generale che riguarda la tematica dei consumatori e delle imprese, rischiano di portare ulteriori problemi ad un sistema che è già indebolito per tanti motivi.
Trovo positivo il fatto che sostanzialmente tutta la parte centrale, che riguarda il tema dell'energia nucleare, sia stata mantenuta inalterata. Questo premia il lavoro che avevamo svolto in prima lettura con un risultato che è il frutto di un equilibrio all'interno di maggioranza e opposizione della Commissione che su questo tema ha lavorato in modo positivo e soprattutto costruttivo.
Il nucleare è un tema importante che sappiamo essere al centro del programma del Governo e della maggioranza. L'opposizione ha dato il suo contributo e non dimentichiamoci che è stata istituita l'Agenzia per la sicurezza nucleare e sono state accolte istanze che provenivano dalla stessa minoranza. Pertanto, credo che da questo punto di vista ci sia stato un risultato collettivo, con un apporto da parte di entrambi gli schieramenti.
Vi sono poi diverse disposizioni che riguardano il tema dell'energia, con alcuni aspetti importanti come quelli concernenti l'efficienza energetica e gli investimenti sulla ricerca.
L'articolo 37 ripristina l'ENEA sostanzialmente come ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca ed all'innovazione Pag. 16tecnologica; vi è la predisposizione di promozioni ed investimenti sull'innovazione nel settore energetico, nonché il tema importante degli impianti eolici ubicati in mare, che rappresenta un aspetto di novità rispetto a ciò a cui siamo abituati.
Nell'articolo 43 si elimina un errore che era stato commesso nel provvedimento che riguardava gli incentivi alle imprese poiché, involontariamente, con un emendamento approvato dalla Commissione si era penalizzata la tassa automobilistica dei veicoli alimentati a GPL o a metano. Con quell'emendamento, come ricordano i commissari, erano stati esclusi gli Euro 2, 3, 4, 5, e 6, mentre così la previsione viene in qualche modo reinserita all'interno di una logica che vuole premiare i carburanti meno inquinanti come il GPL e il metano.
Importante è anche l'articolo 50, che reca norme volte a verificare la liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili. Per quanto riguarda la SACE, come ho già detto, vi è una delega al Governo per la sua riorganizzazione, così come si prevede una delega importante per quanto concerne la riforma delle camere di commercio.
Riguardo all'editoria, finalmente, con l'articolo 56 si coprono dal punto di vista delle risorse gli incentivi all'editoria e credo che questo sia un vulnus che il Parlamento ha colmato dopo che vi è stata un'assenza da parte anche del Governo nel trovare le risorse necessarie a mantenere in piedi un settore che, come tutti sanno, sta soffrendo in modo pesante.
Questa è l'introduzione generale al provvedimento che, lo ripeto, è stato ampiamente modificato al Senato, tranne nel corpo centrale dell'energia nucleare; credo, però, che i contributi che sono stati forniti dai nostri colleghi senatori siano stati positivi.
In Commissione il lavoro è stato abbastanza veloce, anche in considerazione dei tempi che ci si è prefissati fin dall'inizio per cercare di arrivare alla votazione finale in tempi congrui perché sono stati introdotti alcuni emendamenti del Governo e, quindi, ci sarà un ultimo passaggio al Senato.
Come relatore devo dire che per ora sono rimasto soddisfatto sia del dibattito in Commissione sia per quanto riguarda il confronto tra maggioranza e opposizione; spero che nel prosieguo del dibattito parlamentare si mantenga lo stesso spirito con il quale abbiamo affrontato, sia in prima sia in seconda lettura in Commissione, il lavoro sin qui svolto.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, interverrò sulle parti di questo provvedimento modificate dal Senato che sono molte e che contengono numerose novità, a mio giudizio, spesso negative perché ci riportano indietro nel tempo e sulle quali, quindi, non possiamo che manifestare un'opposizione assai forte. Sul complesso del provvedimento, invece, interverrà più a lungo il collega Monai successivamente.
Inizio dalla prima novità. Si prevede un bell'intervento al comma 6 dell'articolo 3, che incrementa di 30 milioni di euro la dotazione per il 2009 del Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio: sembra un titolo molto bello, si legge così, ma si chiama «legge mancia».
La settimana scorsa durante l'esame del decreto-legge sul terremoto non abbiamo trovato 30 milioni per favorire un rapido avvio dell'università de L'Aquila, volano importantissimo per l'economia di quella città, ma 30 milioni per buttare dei soldi in una legge che li disperderà in mille rivoli verso provvedimenti e interventi di nessun significato e di nessuna efficacia li troviamo subito, sono facili da trovare.
Ritengo che ciò sia inaccettabile e che si dovrebbero spiegare ai cittadini italiani i motivi per cui provvedimenti, interventi o azioni come queste vengono svolte. Credo, infatti, che la gente avrebbe il diritto di sapere più di quanto non sappia Pag. 17di certi interventi di natura assolutamente clientelare che vengono realizzati di tanto in tanto. Questi si aggiungono ai 70 milioni di euro già trovati nell'agosto dell'anno scorso e così via.
Nell'articolo 21 vi è un intervento che giudico vergognoso e che danneggia i consumatori in modo assolutamente inaccettabile. Abbiamo impiegato venticinque anni per cancellare dai contratti di assicurazione la possibilità di sottoscrivere contratti poliennali che avevano e che hanno soltanto lo scopo di favorire la gente che li fa e che, invece, costringono l'assicurato a restare vincolato ad un contratto, anche quando cambiano le sue condizioni originarie. Noi reintroduciamo in un colpo solo il contratto poliennale, dando solo la possibilità di intervenire quando il contratto supera i cinque anni. Penso che ciò rappresenti un ritorno all'indietro pericolosissimo voluto dalle compagnie di assicurazione che credo non abbiano bisogno di aiuti e che stanno facendo pagare a tariffe più alte del resto d'Europa molti servizi offerti, a partire dalla responsabilità civile automobilistica.
Forse ciò rappresenta un altro regalo alla cosiddetta Robin tax, perché questo rappresenta veramente un gioco delle parti. Tremonti dice: «Io faccio pagare più l'assicuratore». Dopodiché, l'assicuratore non riduce le tariffe quando dovrebbe ridurle come nella responsabilità civile automobilistica, mentre oggi gli facciamo un nuovo e grande regalo con la polizza poliennale. Ciò rappresenta un ritorno all'indietro pericoloso e dannoso per il sistema e per la concorrenza. Anche su questo aspetto mi auguro che i cittadini capiscano presto i comportamenti illiberali che questo Governo sta attuando da quando ha iniziato a governare un anno fa.
Vi è un aspetto molto peggiore di cui parlerò subito, ovvero quello relativo alle società pubbliche degli enti locali (e non solo). Avevamo realizzato un intervento nel senso della liberalizzazione, perché si impediva a queste società di fare una concorrenza spesso sleale ai privati o ad altre società, nel momento in cui gli avevamo imposto esclusivamente di operare con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti. Oggi, con un colpo di spugna togliamo il termine «esclusivamente» e di fatto riapriamo tale possibilità per queste società, che spesso hanno solo lo scopo di avere grandi consigli di amministrazione, di avere a disposizione un po' di posti che la politica attribuisce magari a qualche non eletto (visto che siamo in clima di elezioni) e a qualche trombato a cui dobbiamo dare qualcosa da fare. Invece di eliminare totalmente queste 6 mila società, che hanno solo lo scopo di esprimere in larga parte i costi della politica, noi (perché lo ha voluto la Lega in qualche provvedimento precedente) di fatto rendiamo possibile il mantenimento di situazioni che sono tutto fuorché un sistema di concorrenza.
Oggi interveniamo ancora pesantemente in questo campo, togliendo il termine «esclusivamente» e, non si sa perché, eliminando anche le parole: «aventi sede nel territorio nazionale». Di conseguenza, queste società possono andare ad acquisire partecipazioni all'estero, ma non si capisce bene a quale scopo. Certamente, si tratta di interventi illiberali di un Governo che si voleva chiamare liberale ma che, invece, è contrario ancora una volta ai consumatori che pagheranno maggiori tariffe per i servizi offerti da queste società.
Così come il Governo è contrario ai consumatori e illiberale, come si dimostra con la class action, un'altra vergogna. Dopo l'istituzione, avvenuta ormai da due anni, si è prorogata l'entrata in vigore e oggi si interviene con un testo peggiorativo, che impedisce la retroattività, salvando la Parmalat, la Cirio, gli amici di questo Governo, gli speculatori, le banche, che ne hanno combinate di tutti i colori. Questo è un altro intervento di un Governo che è contro i cittadini, contro i consumatori, ed a favore degli speculatori.
Passiamo all'editoria, un altro bell'esempio. Il collega diceva che si è trovata la copertura. Posso anche capire che ci siano interventi culturali che vanno fatti a favore di determinati giornali, perché è giusto che ci siano interventi di natura culturale, però qui è chiaro: si andrà a Pag. 18vantaggio de il Manifesto, ma anche di Il Corriere Mercantile, La Voce di Mantova, Liberazione, Il Secolo, La Padania, L'Avvenire, che forse hanno bisogno di salvarsi. Altri non avevano bisogno di salvarsi, ma prenderanno lo stesso un sacco di soldi (L'Unità, ma anche Libero, Il Foglio, e così via). E ancora prenderà soldi L'Avanti (esiste ancora?), Il Secolo d'Italia, Il Sole che ride degli ex Verdi, Zukunft in Südtirol della Südtiroler Volkspartei (chissà perché anche questo), Il Campanile di Mastella-UDEUR, Linea dell'ex MSI, il Roma, il Borghese, La Voce Repubblicana, svariati Corrieri, persino quello Canadese, quello Laziale e quello Mercantile, il Dolomiten, il Giornale di Calabria (mai sentito né visto), ma persino il Nuovo Oggi del Molise, Primorski Dnevnic (molto importante, immagino), il Sannio Quotidiano. E ancora altre sigle che vi leggo: Chitarre (che ritengo culturalmente molto importante: io suono la chitarra), Fare Vela, Il Salvagente (forse collegato a Fare Vela: ci vuole anche il salvagente), il Granchio (chissà se collegato anch'esso?), Mare e monti (forse è una pizza?), Luna nuova (forse distribuito di notte?), Il Mucchio Selvaggio (che sia pornografico, oppure ha a che fare con vicende di questi giorni e di questi tempi?), Motocross, Cavalli e corse. Una miriade di giornali parrocchiali, ma poi c'è per fortuna c'è La Verità, che si pappa 1 milione di euro.
Chiedo veramente se hanno un senso interventi fatti in questo modo e soprattutto se ha un senso immaginare di dire che tanto si aumenta la Robin Tax, che, come tutti sanno, pagano e hanno pagato i cittadini, con una benzina che sale indipendentemente dal reale andamento del petrolio, con le commissioni alle banche, pagano le piccole imprese, non la FIAT, perché il tasso di interesse lo decide la stessa FIAT con le banche, gli artigiani, le piccole imprese e i piccoli commercianti. La pagheranno perché si aumenta la Robin Tax (in questo caso si aumenta ai petrolieri e alle aziende energetiche, che vuol dire che la pagheranno ancora i cittadini sulle tariffe energetiche).
Questo poi è un Governo molto ecologista. Si era fatto un intervento, che aveva un senso e un significato, sugli elettrodomestici: si diceva che a partire da una certa data non sarebbe più stata consentita la messa in commercio di elettrodomestici contrari al risparmio energetico. Benissimo, cancelliamo anche questa norma, perché forse dobbiamo fare qualche regalo ad amici produttori, che producono elettrodomestici di basso livello, di bassa qualità, poco ecocompatibili ed energetici. Con tutto il mondo che va verso prodotti ecocompatibili, con Obama che lancia i prodotti verdi, noi invece favoriamo quelle imprese che fanno esattamente il contrario.
Questo è l'intervento del Governo. Si diceva di eliminare le lampadine ad incandescenza che consumano di più, per usare quelle più ecologiche e compatibili; Ma anche questo è stato cancellato. Sono stati cancellati meccanismi che permettono di non tenere accesi i led degli innumerevoli mezzi che utilizziamo (radio, televisioni, decoder, e così via); questo è proprio un Governo che pensa all'ecologia, che pensa in modo ecologico, in modo «verde»!
Avete cercato di riaccentrare e di togliere lo spazio alle regioni su alcuni temi come quello della partecipazione alle decisioni sulle centrali a carbone (certamente oggi si costruiscono centrali a carbone pulito, tuttavia il termine pulito ha sempre un significato molto relativo). Avete varato un provvedimento che doveva valere solo per Porto Tolle, e ora lo estendete a qualunque caso, permettendo addirittura di svolgere delle attività prima ancora che si sia tenuta la conferenza dei servizi. Il Governo consente un'iniziativa di investimento di questo livello, di milioni di euro, senza la conferenza di servizi che dovrebbe decidere proprio su quell'intervento. Ma ci prendiamo in giro? Togliamo, inoltre, alle regioni ogni spazio di intervento per quanto riguarda le perforazioni antistanti le coste dei territori delle regioni stesse.
Vi sono altri aspetti di cui parlerà il collega, ma questi esempi dimostrano già Pag. 19come stiamo tornando indietro su conquiste acquisite dai consumatori, dai cittadini, dai territori, dalle regioni. Il federalismo non è qualcosa che si realizza con una legge, ma con azioni quotidiane. Il Governo dimostra tutta la sua inadeguatezza se con azioni quotidiane porta le decisioni al centro, invece che demandarle alle sedi competenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, interverrò sulle parti di questo provvedimento modificate dal Senato che sono molte e che contengono numerose novità, a mio giudizio, spesso negative perché ci riportano indietro nel tempo e sulle quali, quindi, non possiamo che manifestare un'opposizione assai forte. Sul complesso del provvedimento, invece, interverrà più a lungo il collega Monai successivamente.
Inizio dalla prima novità. Si prevede un bell'intervento al comma 6 dell'articolo 3, che incrementa di 30 milioni di euro la dotazione per il 2009 del Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio: sembra un titolo molto bello, si legge così, ma si chiama «legge mancia».
La settimana scorsa durante l'esame del decreto-legge sul terremoto non abbiamo trovato 30 milioni per favorire un rapido avvio dell'università de L'Aquila, volano importantissimo per l'economia di quella città, ma 30 milioni per buttare dei soldi in una legge che li disperderà in mille rivoli verso provvedimenti e interventi di nessun significato e di nessuna efficacia li troviamo subito, sono facili da trovare.
Ritengo che ciò sia inaccettabile e che si dovrebbero spiegare ai cittadini italiani i motivi per cui provvedimenti, interventi o azioni come queste vengono svolte. Credo, infatti, che la gente avrebbe il diritto di sapere più di quanto non sappia Pag. 17di certi interventi di natura assolutamente clientelare che vengono realizzati di tanto in tanto. Questi si aggiungono ai 70 milioni di euro già trovati nell'agosto dell'anno scorso e così via.
Nell'articolo 21 vi è un intervento che giudico vergognoso e che danneggia i consumatori in modo assolutamente inaccettabile. Abbiamo impiegato venticinque anni per cancellare dai contratti di assicurazione la possibilità di sottoscrivere contratti poliennali che avevano e che hanno soltanto lo scopo di favorire l'agente che li fa e che, invece, costringono l'assicurato a restare vincolato ad un contratto, anche quando cambiano le sue condizioni originarie. Noi reintroduciamo in un colpo solo il contratto poliennale, dando solo la possibilità di intervenire quando il contratto supera i cinque anni. Penso che ciò rappresenti un ritorno all'indietro pericolosissimo voluto dalle compagnie di assicurazione che credo non abbiano bisogno di aiuti e che stanno facendo pagare a tariffe più alte del resto d'Europa molti servizi offerti, a partire dalla responsabilità civile automobilistica.
Forse ciò rappresenta un altro regalo alla cosiddetta Robin tax, perché questo rappresenta veramente un gioco delle parti. Tremonti dice: «Io faccio pagare più l'assicuratore». Dopodiché, l'assicuratore non riduce le tariffe quando dovrebbe ridurle come nella responsabilità civile automobilistica, mentre oggi gli facciamo un nuovo e grande regalo con la polizza poliennale. Ciò rappresenta un ritorno all'indietro pericoloso e dannoso per il sistema e per la concorrenza. Anche su questo aspetto mi auguro che i cittadini capiscano presto i comportamenti illiberali che questo Governo sta attuando da quando ha iniziato a governare un anno fa.
Vi è un aspetto molto peggiore di cui parlerò subito, ovvero quello relativo alle società pubbliche degli enti locali (e non solo). Avevamo realizzato un intervento nel senso della liberalizzazione, perché si impediva a queste società di fare una concorrenza spesso sleale ai privati o ad altre società, nel momento in cui gli avevamo imposto esclusivamente di operare con gli enti costituenti, partecipanti o affidanti. Oggi, con un colpo di spugna togliamo il termine «esclusivamente» e di fatto riapriamo tale possibilità per queste società, che spesso hanno solo lo scopo di avere grandi consigli di amministrazione, di avere a disposizione un po' di posti che la politica attribuisce magari a qualche non eletto (visto che siamo in clima di elezioni) e a qualche trombato a cui dobbiamo dare qualcosa da fare. Invece di eliminare totalmente queste 6 mila società, che hanno solo lo scopo di esprimere in larga parte i costi della politica, noi (perché lo ha voluto la Lega in qualche provvedimento precedente) di fatto rendiamo possibile il mantenimento di situazioni che sono tutto fuorché un sistema di concorrenza.
Oggi interveniamo ancora pesantemente in questo campo, togliendo il termine «esclusivamente» e, non si sa perché, eliminando anche le parole: «aventi sede nel territorio nazionale». Di conseguenza, queste società possono andare ad acquisire partecipazioni all'estero, ma non si capisce bene a quale scopo. Certamente, si tratta di interventi illiberali di un Governo che si voleva chiamare liberale ma che, invece, è contrario ancora una volta ai consumatori che pagheranno maggiori tariffe per i servizi offerti da queste società.
Così come il Governo è contrario ai consumatori e illiberale, come si dimostra con la class action, un'altra vergogna. Dopo l'istituzione, avvenuta ormai da due anni, si è prorogata l'entrata in vigore e oggi si interviene con un testo peggiorativo, che impedisce la retroattività, salvando la Parmalat, la Cirio, gli amici di questo Governo, gli speculatori, le banche, che ne hanno combinate di tutti i colori. Questo è un altro intervento di un Governo che è contro i cittadini, contro i consumatori, ed a favore degli speculatori.
Passiamo all'editoria, un altro bell'esempio. Il collega diceva che si è trovata la copertura. Posso anche capire che ci siano interventi culturali che vanno fatti a favore di determinati giornali, perché è giusto che ci siano interventi di natura culturale, però qui è chiaro: si andrà a Pag. 18vantaggio de il Manifesto, ma anche di Il Corriere Mercantile, La Voce di Mantova, Liberazione, Il Secolo, La Padania, L'Avvenire, che forse hanno bisogno di salvarsi. Altri non avevano bisogno di salvarsi, ma prenderanno lo stesso un sacco di soldi (L'Unità, ma anche Libero, Il Foglio, e così via). E ancora prenderà soldi L'Avanti (esiste ancora?), Il Secolo d'Italia, Il Sole che ride degli ex Verdi, Zukunft in Südtirol della Südtiroler Volkspartei (chissà perché anche questo), Il Campanile di Mastella-UDEUR, Linea dell'ex MSI, il Roma, il Borghese, La Voce Repubblicana, svariati Corrieri, persino quello Canadese, quello Laziale e quello Mercantile, il Dolomiten, il Giornale di Calabria (mai sentito né visto), ma persino il Nuovo Oggi del Molise, Primorski Dnevnic (molto importante, immagino), il Sannio Quotidiano. E ancora altre sigle che vi leggo: Chitarre (che ritengo culturalmente molto importante: io suono la chitarra), Fare Vela, Il Salvagente (forse collegato a Fare Vela: ci vuole anche il salvagente), il Granchio (chissà se collegato anch'esso?), Mare e monti (forse è una pizza?), Luna nuova (forse distribuito di notte?), Il Mucchio Selvaggio (che sia pornografico, oppure ha a che fare con vicende di questi giorni e di questi tempi?), Motocross, Cavalli e corse. Una miriade di giornali parrocchiali, ma poi c'è per fortuna c'è La Verità, che si pappa 1 milione di euro.
Chiedo veramente se hanno un senso interventi fatti in questo modo e soprattutto se ha un senso immaginare di dire che tanto si aumenta la Robin Tax, che, come tutti sanno, pagano e hanno pagato i cittadini, con una benzina che sale indipendentemente dal reale andamento del petrolio, con le commissioni alle banche, pagano le piccole imprese, non la FIAT, perché il tasso di interesse lo decide la stessa FIAT con le banche, gli artigiani, le piccole imprese e i piccoli commercianti. La pagheranno perché si aumenta la Robin Tax (in questo caso si aumenta ai petrolieri e alle aziende energetiche, che vuol dire che la pagheranno ancora i cittadini sulle tariffe energetiche).
Questo poi è un Governo molto ecologista. Si era fatto un intervento, che aveva un senso e un significato, sugli elettrodomestici: si diceva che a partire da una certa data non sarebbe più stata consentita la messa in commercio di elettrodomestici contrari al risparmio energetico. Benissimo, cancelliamo anche questa norma, perché forse dobbiamo fare qualche regalo ad amici produttori, che producono elettrodomestici di basso livello, di bassa qualità, poco ecocompatibili ed energetici. Con tutto il mondo che va verso prodotti ecocompatibili, con Obama che lancia i prodotti verdi, noi invece favoriamo quelle imprese che fanno esattamente il contrario.
Questo è l'intervento del Governo. Si diceva di eliminare le lampadine ad incandescenza che consumano di più, per usare quelle più ecologiche e compatibili; Ma anche questo è stato cancellato. Sono stati cancellati meccanismi che permettono di non tenere accesi i led degli innumerevoli mezzi che utilizziamo (radio, televisioni, decoder, e così via); questo è proprio un Governo che pensa all'ecologia, che pensa in modo ecologico, in modo «verde»!
Avete cercato di riaccentrare e di togliere lo spazio alle regioni su alcuni temi come quello della partecipazione alle decisioni sulle centrali a carbone (certamente oggi si costruiscono centrali a carbone pulito, tuttavia il termine pulito ha sempre un significato molto relativo). Avete varato un provvedimento che doveva valere solo per Porto Tolle, e ora lo estendete a qualunque caso, permettendo addirittura di svolgere delle attività prima ancora che si sia tenuta la conferenza dei servizi. Il Governo consente un'iniziativa di investimento di questo livello, di milioni di euro, senza la conferenza di servizi che dovrebbe decidere proprio su quell'intervento. Ma ci prendiamo in giro? Togliamo, inoltre, alle regioni ogni spazio di intervento per quanto riguarda le perforazioni antistanti le coste dei territori delle regioni stesse.
Vi sono altri aspetti di cui parlerà il collega, ma questi esempi dimostrano già Pag. 19come stiamo tornando indietro su conquiste acquisite dai consumatori, dai cittadini, dai territori, dalle regioni. Il federalismo non è qualcosa che si realizza con una legge, ma con azioni quotidiane. Il Governo dimostra tutta la sua inadeguatezza se con azioni quotidiane porta le decisioni al centro, invece che demandarle alle sedi competenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, ci ritroviamo dopo alcuni mesi a discutere, in terza lettura, questo disegno di legge con dei tempi sicuramente allungati. Il mio sarà un intervento che si focalizzerà principalmente sulla questione energetica perché riteniamo che sia un tema importantissimo rispetto al quale giustamente il Governo in questo anno si è fatto portavoce di uno slogan, che io continuo a definire slogan, visto, rispetto a tutti gli altri slogan, alla rovescia. Noi come Unione di Centro continuiamo a dire che bisogna agire bene e velocemente, perché non basta agire bene, se non si agisce velocemente. Il gap di questo Paese nel campo energetico è notevole. L'intervento precedente ha sottolineato una serie di questioni come quelle dell'efficienza energetica, e delle energie rinnovabili.
Io voglio appellarmi al Governo, al Viceministro Urso che so essere molto attento a questi temi, al relatore Raisi, che ha sempre dimostrato altrettanta attenzione. L'UdC quattro mesi fa in quest'Aula ha sostenuto questo provvedimento dicendo: attenzione che rischiamo di parlare molto e realizzare poco; se si intende fare, noi ci siamo. Non si capisce perché alla fine dell'anno scorso vi è stata tutta questa rapidità - che abbiamo condiviso - nel licenziare il provvedimento in quest'Aula, quando poi lo stesso Governo si è trovato bloccato al Senato per quattro mesi.
Permettetemi di dire che non è stata colpa dell'opposizione. È stata tutta colpa della maggioranza, la quale su un tema così importante, portato avanti dagli esponenti di primo piano della vostra maggioranza, portato avanti come una medaglia dal Ministro Scajola (e noi lo abbiamo condiviso), si è trovata per quattro mesi bloccata al Senato senza che si capisse nemmeno la motivazione.
Oggi ci ritroviamo qui a ridiscutere un provvedimento che sulle linee essenziali ci trova e mi trova ancora sulla stessa posizione. Noi vogliamo che l'Italia si doti di un sistema energetico avanzato. L'Italia non lo ha ancora fatto. Per fare questo bisogna rientrare sicuramente nel nucleare, ma bisogna rivedere completamente il mix energetico di questo Paese. Io ho l'impressione che molte volte invece si accentri lo scontro ideologico solo su una parte dell'intervento necessario e ci si dimentichi di tutto il resto.
Noi vogliamo un nucleare vero, e per fare un nucleare vero bisogna coinvolgere i cittadini, bisogna coinvolgere gli enti locali, e - caro Governo - bisogna coinvolgere le regioni. Noi abbiamo visto un balletto in questi mesi veramente allucinante. Perché? Perché sull'onda di un falso, finto, e truffaldino federalismo qualche anno fa - e nessuno è immune perché il centrosinistra ha realizzato questo atto demenziale - abbiamo attribuito le competenze sull'energia alle regioni, e oggi non avete il coraggio di tornare indietro. Allora cosa vi trovate a fare? Mi riferisco a un presidente di regione come quello della Sardegna (che io rispetto, rispetto anche il voto dei cittadini, considerato che noi dell'UdC lo abbiamo sostenuto) che - lo dico senza timore - è diventato presidente anche per il grande sostegno che il Presidente del Consiglio è andato a dare tutti giorni, e che si è permesso di dire dopo una settimana: noi le centrali qua non ce le prendiamo. Se il presidente della regione Sardegna dice così immaginiamoci i presidenti che ideologicamente sono contrari, o i presidenti delle regioni autonome come quello della Sicilia che dice che faranno un referendum, oppure il presidente della Lombardia che dice di essere favorevole al nucleare, affermando però che la sua regione ha così tanti impianti da essere autosufficiente e quindi non ne Pag. 20ha bisogno. Quindi ci troviamo oggi nella condizione per cui l'unica vera - spero non solo formale - apertura di credito l'abbiamo da una «regione rossa» come l'Emilia Romagna. Quando dicevo che bisogna coinvolgere intendevo dire che bisogna coinvolgere senza che il Governo si trovi con un cappio al collo (per tale ragione noi non voteremo gli emendamenti che vincolano il Governo a condividere i vari passaggi con gli enti locali), anche se ripeto - ciò resti agli atti - doverosamente il Governo dovrà discutere (e lo sa bene perché già lo ha detto) e coinvolgere sia gli enti locali sia le popolazioni che devono sentirsi rassicurate. Questo va fatto andando avanti, senza dare dei poteri di veto che hanno bloccato questo Paese.
Amo citare spesso il fatto che noi raccontiamo che le opere pubbliche in Italia costano più che negli altri Paesi per le lentezze, per il sistema di appalti, per la conformazione del territorio, ma costano di più anche perché tanti amministratori locali, non capendo qual è il loro ruolo (cioè di tutela della salute e della qualità della vita dei propri cittadini), quando per esempio sono interessati dal lavoro della TAV anziché chiedere opere di mitigazione ambientale chiedono opere di compensazione, facendosi realizzare la piazza, il castello, il museo (questo è tutto agli atti), e allora le opere rallentano e costano care. Per quello noi sosterremo il Governo anche su questo passaggio, però continuo a dire, caro Viceministro, signor relatore, che noi abbiamo un timore forte. Abbiamo il timore che se non si rimuovono quei paletti che abbiamo indicato prima noi potremmo trovarci solo una cosa che noi non vogliamo (e lo diciamo forte): che con i soldi del nostro Paese si costruiscano le centrali all'estero. Le centrali, se abbiamo il coraggio come un Paese serio, le facciamo, e le facciamo qui, perché, con tutto il rispetto per tutti gli altri Paesi, l'energia - lo dicevo prima - è una questione strategica. Allora chi può avere la garanzia che un domani Paesi a democrazia non consolidata (anche se gli riconosciamo un certo grado di democrazia) non possano dire a fine costruzione: adesso la centrale è qui, ce la gestiamo noi, se volete comprate l'energia al prezzo che diciamo noi e se abbiamo voglia di vendervela.
Noi continuiamo a mantenere quel timore perché questo provvedimento non ci offre rassicurazioni: vorrei sapere cosa ne dicono gli amici della Lega che sono sempre contrari a certe forme di delocalizzazione. Vogliamo un Paese che entri veramente nel nucleare e noi vi sosterremo ma, purtroppo, con questo provvedimento non entriamo nel nucleare.
Vogliamo un Paese che se da una parte guarda a questa necessità, non dimentica tutte le altre importanti necessità. In questo provvedimento vi sono una serie di disposizioni che noi riteniamo giuste e che illustreremo durante il dibattito sugli emendamenti. Vorremo sottolineare gli aspetti che non condividiamo perché è nostra intenzione migliorarlo: sull'efficienza energetica si fa un passo indietro. Lo abbiamo già detto e vogliamo ribadirlo: non siamo a favore di forme di mediazione. Dobbiamo rimuovere gli articoli che bloccano l'immediato utilizzo di fonti di illuminazione e di elettrodomestici che hanno un'alta efficienza energetica. Dobbiamo spingere velocemente su tutti i fronti, altrimenti questo Paese per davvero rischia di rimanere indietro. In quale modo? Qui permettetemi un inciso: dovrei ringraziare quel funzionario ma, dato che sappiamo come vanno le cose, voglio ringraziare il Ministro Tremonti che ha posto alcuni paletti. Infatti dobbiamo stare attenti anche sulla ripartizione dei costi di queste iniziative. Abbiamo condotto dure battaglie sulle quali il vostro Governo non ci ha voluto seguire come quella sull'utilizzo dei Cip6 perché non si possono far ricadere sempre tutti i ritardi in bolletta. Ripetiamo che dobbiamo difendere il potere di acquisto delle famiglie, che dobbiamo difendere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e alla fine, gira e rigira, carichiamo quasi tutto sempre sulla bolletta: non è possibile. Dunque noi continuiamo ad essere contrari anche su questi aspetti. Abbiamo ringraziato l'intervento di un Ministro o di quel funzionario Pag. 21che si è accollato tutta la responsabilità perché qualcosa è cambiato e qualcosa è anche migliorato.
Mi soffermo ancora su due o tre passaggi, ad esempio sull'articolo 27: vi sono una serie di modifiche al comma 13, 16, e 9 lettera f), dove si continua a dare maggiore sostegno a chi in questo Paese inquina o a chi in questo Paese è più forte. Infatti il sostegno alla domanda dei certificati verdi, i controlli della Robin tax, la riduzione di quantità di energia prodotta dalle rinnovabili sul consumo è ovvio che diventano un sostegno a chi meno contribuisce allo sviluppo intelligente del nostro Paese. È ovvio che si tratta di interventi che servono a mantenere rapporti un po' più di buon vicinato con chi in questo Paese vuole e continua a contare ma non è la maggioranza di questo Paese e non fa parte della maggioranza produttiva di questo Paese. Vogliamo un Paese dove le liberalizzazioni siano vere. Avevamo sfidato la allora opposizione insieme a noi ad andare a vedere quanto prometteva o proponeva il Ministro Lanzillotta cercando di spaccare e facendo passi avanti che non erano sufficienti - l'abbiamo detto allora e lo ripetiamo - ma qui purtroppo stiamo tornando indietro. La gestione delle società in house degli enti locali, «delle società delle società delle società» degli enti locali non è un segnale di trasparenza e non è un segnale di liberalizzazione. È un segnale che siamo ancora deboli e permettiamo a tutti quei vituperati amministratori locali, che molte volte sono bravi ma molte volte sono lì ricollocati perché la qualità non permette di fare scelte di eccellenza, di ricoprire quelle cariche. A questo punto vorrei anche aprire un inciso, caro signor Viceministro, abbiamo necessità di fare scelte nuove. Abbiamo necessità di ridurre queste società.
Abbiamo la necessità di permettere al privato di agire in una situazione di leale e vera concorrenza, perché ciò ci permetterebbe di migliorare anche la qualità amministrativa del pubblico. Infatti, questa miriade di società, con amministratori che almeno sulla carta (poi non voglio guardare le degenerazioni) sono costretti a guadagnare poco - infatti l'aumento di numero ha portato la politica a prendere decisioni scellerate - dovrebbe portarci a fare una marcia indietro: ridurre le società in modo notevole, tenere solo quelle che realmente sono strategiche per la gestione da parte del pubblico e scegliere manager capaci. Infatti, è ovvio che, se sulla carta le indennità sono quelle che vediamo oggi, i manager capaci stanno alla larga o, se si propongono, dobbiamo domandarci come fanno ad arrotondare lo stipendio. Questa è una domanda che dovremmo prima o poi porci. Però, come dicevo, quello che state facendo va in un altro senso. Dunque, avremo occasione durante la discussione sugli emendamenti di entrare un po' più nella questione tecnica, iniziativa per iniziativa, caso per caso.
Noi qui vogliamo dare e darvi un segnale politico: la nostra disponibilità al Governo, ma prima di tutto il rispetto del nostro impegno preso con i nostri elettori. L'impegno preso con il Paese non viene meno. Chiediamo a voi di metterci non un po' più di coraggio, molto più coraggio, perché bisogna fare le cose e farle subito. Se ritenete che il ritorno al nucleare non sia possibile, come purtroppo continuiamo a riscontare con riferimento al provvedimento in esame, dovete avere il coraggio di dire ai cittadini: «Noi non siamo d'accordo, non lo vogliamo fare, facciamo dell'altro». Rischiamo veramente, alla faccia dei cinque anni (vorrei ricordare al Ministro Scajola che dei famosi cinque anni uno è già passato), che alla posa della prima pietra siamo ancora lontani e resteremo lontani, perché ciò che prevedeva il Ministro avremmo dovuto farlo già a dicembre, almeno chiudere l'iter legislativo. Siamo ancora qui, quattro mesi dopo, a discuterne: quattro mesi, quattro mesi, quattro mesi, poi non vorrei che la patata venisse scaricata magari su chi viene dopo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Federico Testa. Ne ha facoltà.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, il provvedimento in esame, come è già Pag. 22stato ricordato dal relatore, ci arriva ampiamente modificato dal Senato; vi sono temi che anche interventi precedenti hanno affrontato e sono di grande portata.
Per quel che mi riguarda concentrerò il mio intervento sulla parte relativa all'energia, lasciando poi ad altri colleghi, il compito di intervenire sugli altri aspetti toccati dall'importante provvedimento in esame. Voglio fare questo mio ragionamento non tanto entrando nel merito dei singoli emendamenti, che poi illustreremo durante la discussione, ma concentrando l'attenzione su alcune questioni che ritengo strategiche per affrontare davvero e non solo in termini propagandistici un tema come quello dell'energia, che è certamente strategico per il nostro Paese.
Innanzitutto, il tema del quadro in cui ci troviamo a compiere alcune scelte: credo che sia assolutamente comprensibile e, per alcuni versi, più che legittima, la scelta politica, da parte del Governo, di rimarcare alcune scelte. Il rientro del nucleare: capisco che su questo il Governo punti e che di questo il Governo, se lo ritiene, possa fare un punto di forza. Voglio dire però che affrontare tale tema senza affrontare il quadro del sistema energetico ci può portare a compiere scelte che non sono completamente coerenti e che, per alcuni versi, possono essere contraddittorie. Chi mi ha preceduto ha già ricordato alcune contraddizioni, così lampanti da potere essere per alcuni versi trascurate.
L'abolizione dell'obbligo delle lampadine a basso consumo e della vendita solo di elettrodomestici a basso consumo, contraddice, nei fatti, tutto ciò che si dice con riferimento all'efficienza e al risparmio energetico.
Al di là di questo aspetto, di per sé gravissimo, vi è un tema più generale ed è il seguente. Negli ultimi anni, come Paese, abbiamo realizzato moltissimi investimenti in una specifica tipologia di impianti, gli impianti a ciclo combinato di cogenerazione. Sono impianti che hanno dato alcuni vantaggi e che hanno alcune caratteristiche. Probabilmente, è stata una scelta che ci ha consentito, in un certo momento, di risolvere alcuni problemi, ma non si tratta necessariamente di una scelta di lungo periodo, perché la produzione di base (il base-load) non si realizza attraverso i cicli combinati. Quindi, è necessario ragionare di altre questioni, di carbone pulito, e, probabilmente, anche di nucleare. È necessario ragionare di energie rinnovabili.
Rispetto a tutto questo, l'articolo 7 della legge n. 133 del 2008 prevedeva una delibera emanata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, che definisse la strategia energetica nazionale, in modo da indicare le priorità di breve e lungo periodo per il nostro Paese. Sono passati cinque mesi dalla scadenza del termine entro cui il citato documento doveva essere presentato. Non si è ancora visto. Oggi siamo qui a ragionare di alcuni temi, senza, però, toccarne altri.
Questo è, comunque, un errore, perché chi investe - e noi abbiamo bisogno di investimenti nel settore - necessita di avere un quadro complessivo delle scelte che si vanno a compiere. Mi spiego. Se gli orientamenti annunciati dal Governo, sia pure informalmente, con riferimento alle quote «25-25-50», saranno quelli che governeranno le nostre scelte nel futuro, cosa faremo dei cicli combinati nei quali abbiamo appena finito di investire? Li smantelleremo, perché non serviranno più, perché l'energia sarà prodotta dal nucleare? Questo dà incertezze agli investitori.
Con riferimento al tema delle energie rinnovabili, in questo momento, disponiamo del sistema incentivante, probabilmente, più favorevole del mondo. È giusto, è necessario investire nelle energie rinnovabili, tuttavia, è necessario evitare che non si sappia cosa accadrà dalla fine del 2010 in poi. Infatti, gli investimenti che si realizzano oggi, non durano fino al 2010. In questo momento, vi è la corsa alla costruzione di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, con una certezza fino al 2010 rispetto al meccanismo di incentivazione, ma con un punto interrogativo enorme su ciò che accadrà dopo. Pertanto, il driver degli investimenti corre Pag. 23il rischio di essere solo quello della rendita finanziaria, con il problema, poi, di lasciare qualcun altro con il cerino in mano, dal 2010 in poi, a capire cosa accadrà e quanto renderanno questi impianti.
Un altro tema, sul quale interverrò molto più velocemente, è quello del mercato. Abbiamo già detto durante la prima lettura che non ha senso che le tipologie degli impianti vengano scelte dalla politica e che non ha senso prevedere la priorità di dispacciamento per gli impianti nucleari. Quest'ultimo aspetto non solo contrasta con la normativa comunitaria, ma non ha neanche senso: gli impianti nucleari, infatti, hanno la priorità di dispacciamento, perché costano meno in termini di costi variabili e, quindi, questa previsione può alterare le regole del mercato.
Personalmente, ho particolari perplessità su protocolli come quello stipulato con la Francia, con cui, di fatto, si assegnano all'ex monopolista italiano ENEL tre siti in cui costruire le centrali, insieme con l'EDF, come se, in Italia, di siti per la costruzione di centrali ce ne fossero tanti. Il rischio che si corre - ammesso che tali centrali si costruiscano e ciò dipenderà da quanto dirò in seguito - è che si torni in una situazione che non fa crescere il mercato, ma che, al contrario, lo «ammazza», scegliendo, inoltre, una tecnologia, quella delle EPR, rispetto alla quale noi italiani siamo più esclusi dal punto di vista della produzione «intelligente». Tutti sappiamo, infatti, che Ansaldo era molto più coinvolta in altre tecnologie, come, ad esempio, l'AP 1000.
Sempre a proposito del mercato, non è ben chiaro l'intendimento del Governo rispetto all'assicurare un'autentica gestione terza delle infrastrutture: penso soprattutto al gas. Infatti, poiché la nostra produzione di energia elettrica proviene al 65 per cento dal gas, la mancata liberalizzazione delle infrastrutture in materia di gas ha delle conseguenze anche sull'energia elettrica. In particolare, non si capisce se l'intendimento sia quello di assicurare davvero una gestione terza, eliminando alcune rendite di monopolio di ex incumbent. A tale riguardo, in tempi non lontani, sono intervenuti efficacemente l'Antitrust e l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, rimarcando come anche il tema dello stoccaggio sia fondamentale al fine di assicurare un mercato vero.
Uscendo dal tema dell'energia, a proposito del mercato si potrebbe anche dire dei passi indietro in termini di concorrenza nel trasporto pubblico locale e delle questioni sulle società pubbliche locali che hanno sottolineato i due colleghi intervenuti prima di me.
C'è un'ultima questione che desidero sottolineare - e con cui vado a terminare - ed è quella del coinvolgimento dei cittadini e delle comunità locali su alcuni tipi di scelte. L'esperienza francese - non solo quella, parlo dell'esperienza francese perché è quella più vicina a noi - , ci dimostra che se si vuole agire in termini di localizzazione di impianti e strutture - certamente ingombranti, ma non solo perché occupano tanto territorio - è importante il coinvolgimento della comunità locale.

PRESIDENTE. Onorevole Testa, la prego di concludere.

FEDERICO TESTA. Concludo, signor Presidente. Da questo punto di vista, si rilevano dei passi indietro soprattutto rispetto ai temi della serietà di approccio al tema. La decisione di smantellare la Sogin, la decisione sul commissariamento dell'ENEA, le battute poco felici di Ministri e di Presidenti del Consiglio che vanno a fare tour elettorali, dichiarando che le centrali non si faranno, senza il consenso della popolazione, mentre, la settimana dopo, affermano che le apriranno con i militari, non aiutano a dare alle popolazioni e alle comunità interessate la convinzione che si stia svolgendo un ragionamento serio che li garantisca sul futuro di questi investimenti. Credo che, senza questo approccio, sarà difficile affrontare in maniera adeguata questo tema e, probabilmente, il nostro Paese perderà un'occasione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

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GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, mi trovo in difficoltà ad intervenire dopo i colleghi dell'opposizione, i quali hanno ridotto la portata di questo provvedimento all'articolazione di due sole questioni. Fino ad ora, si è sentito parlare di tematiche che attengono agli articoli del provvedimento, compresi tra il 58 e il 61, quelle dei trasporti pubblici locali e del nucleare.
Credo, invece, che la forza di questo provvedimento risieda proprio nella sua natura di provvedimento estremamente composito, nell'ambito del quale vengono affrontate una serie di problematiche e di questioni che attengono ad una visione di strategia che, necessariamente, si è modificata in questo periodo rispetto alle cose che si devono fare per risolvere problemi che sono annosi nel nostro Paese.
È chiaro che da quando abbiamo iniziato la discussione di questo stralcio dell'A.C. 1441 ad oggi sono passati molti mesi, durante i quali sono accadute tante cose importanti a livello internazionale che hanno sostanzialmente modificato l'approccio stesso che il Governo e il Parlamento hanno avuto nei confronti di quella che da tutti, oggi, viene considerata una crisi mondiale senza precedenti. Ciò non toglie che l'evoluzione del dibattito politico anche internazionale di questi ultimi mesi conferma, anziché indebolire, semmai, quelle che erano le previsioni e le intuizioni che erano contenute nel provvedimento del quale stiamo discutendo.
Non dimentichiamoci che questo provvedimento si è occupato in modo innovativo di quelle che vengono definite da più parti le reti di impresa, i distretti. Oggi quei distretti sono considerati una via d'uscita grazie alla capacità di intervenire direttamente sul sistema dall'interno del medesimo, partendo dalla riorganizzazione delle attività che sono presenti in modo massiccio ed organizzato sul territorio. Il provvedimento disciplina le forme di intervento volte alla reindustrializzazione. Si cerca di uscire, con questo provvedimento, dalla pura logica meramente territoriale che, in modo asettico, destina risorse in percentuali e si introduce un meccanismo di premialità rispetto ai territori e ai distretti industriali. Si interviene in materia di semplificazione e, ritengo, in modo soddisfacente su molte - non tutte ovviamente - criticità del sistema.
Ebbene, ci troviamo nell'ambito di questa discussione a confrontarci con i colleghi dell'opposizione con i quali ci siamo confrontati in Commissione - devo dire in un clima assolutamente disteso e rilassato - la scorsa settimana, su queste due grandi questioni, quasi dando per scontato che tutto il resto va bene. Si tratta di un dato positivo e ciò vuol dire che nel provvedimento - come onestamente ha ammesso qualche collega che mi ha preceduto, in particolare faccio riferimento all'intervento dell'onorevole Libè - vi sono molte cose buone e altre che l'opposizione sostiene di non condividere.
Vorrei allora affrontare le cose più difficili in termini di condivisione e partirei dal tema energetico. L'analisi fatta dal collega Testa è per buona parte condivisibile nelle premesse, lo è un pochino meno nelle conclusioni. È vero che il passaggio che stiamo affrontando dal sistema attuale - che è decisamente carente e che dà il senso della precarietà - ad un sistema che, in modo organico e strutturale, risolva il problema dell'autosufficienza e dell'autonomia energetica del Paese, non è una cosa di poco conto: è, credo, il problema del sistema industriale, ma non solo. Sappiamo bene quale implicazione abbia il punto di vista energetico nei confronti di qualsiasi tipo di programmazione e di previsione anche della vita quotidiana dei cittadini comuni i quali, tutti i giorni, accendono e spengono un interruttore e si trovano a dover affrontare indirettamente situazioni emergenziali.
Molto spesso i cittadini non se ne rendono conto semplicemente facendo quel gesto ma, avere garantito loro, in questi anni, la continuità nel medesimo gesto ha avuto dei costi notevoli che poi sono gli stessi che essi pagano attraverso il sistema della tariffazione delle bollette.
Ci siamo posti, il Governo e la maggioranza si sono posti, il problema di affrontare una volta per tutte la questione Pag. 25e di affrontarla in modo strutturale, dando una definizione di quelle che dovrebbero essere le prospettive di medio e lungo periodo.
È ovvio che il sistema attuale prevede un mix energetico molto sbilanciato rispetto alle fonti tradizionali e in particolare rispetto ai combustibili fossili, un sistema molto sbilanciato che ha fatto sì che nell'ambito della stessa politica internazionale italiana degli ultimi anni si sia risentito del fatto che esistono dei partner internazionali che sono in grado di alzare la voce e di condizionare la nostra vita quotidiana. Quindi siamo assolutamente convinti del fatto che un'emancipazione dal punto di vista energetico coincide con un'emancipazione da un punto di vista socio-politico, e questa sarebbe una grande conquista della politica, tuttavia per far ciò bisogna operare alcune scelte.
Con questo provvedimento si è operata una scelta netta e difficile come quella del nucleare, stando il fatto che da una trentina d'anni a questa parte tale opzione nel nostro Paese era stata scartata a favore di scelte diverse che, però, hanno prodotto l'attuale sistema. Qualcuno ha obiettato che è passato troppo tempo e siamo in ritardo. Ho sentito stamattina commentare in modo negativo l'accordo italo-francese, tutte affermazioni assolutamente interessanti dal punto di vista del dibattito, ma poco pertinenti dal punto di vista dell'argomento della giornata. Oggi, infatti, stiamo discutendo di un provvedimento che prescinde dall'accordo italo-francese, con tutta l'importanza che lo stesso riveste, ma in questo momento stiamo dando corpo e struttura ad un'idea che getta le basi, le fondamenta per un'operatività che sarà garantita con i successivi decreti legislativi che verranno emanati in virtù della delega che ci accingiamo a fornire al Governo.
Il tema del mix energetico appassiona e sicuramente riempie le sale dei dibattiti, ma da qualche parte dovrebbe cominciare ad essere risolto in modo concreto, e credo che in questo modo si possa partire veramente verso la soluzione con questo schema del «50 più 25 più 25», che prescinde dalle scelte fatte in passato, che abbiamo avuto modo di giudicare non positive. L'eccessivo ricorso ai cicli combinati e al turbogas ha paradossalmente accentuato una tendenza che ci ha portato alla situazione di squilibrio attuale, e quindi perché non bisogna ripensare a questo sistema? Nessuno ha detto che si chiuderanno quegli impianti, si sta dicendo che in ogni caso quegli impianti avranno una vita molto lunga da qui a quando sarà completato il piano.
Dal momento che è stato citato soprattutto l'accordo italo-francese dovremmo anche ricordarci quella che sarà la tempistica contenuta nell'accordo, che sostanzialmente spazia dal 2012 al 2020. Stiamo quindi parlando di tempi medio-lunghi e non credo che in un periodo così lungo nessuno di questi impianti costruiti, anche in tempi ormai lontani a onor del vero, abbia la necessità di essere sostituito, rimpiazzato o «revampato», come si dice tecnicamente. Credo che fisiologicamente alcuni di questi impianti usciranno di scena per lasciare spazio ad impianti diversi. Noi sosteniamo che in una logica di mix energetico si deve trattare di impianti che prevedano la realizzazione da un lato di centrali termonucleari e dall'altro di impianti di recupero energetico da fonti rinnovabili.
Il recupero da fonti rinnovabili ci vede sicuramente ancora lontani dagli obiettivi, in un contesto che il collega Testa prima giustamente ci ha ricordato essere un contesto anomalo, perché è indubbio che dal punto di vista della concessione degli incentivi l'Italia sia il Paese europeo con la maggior premialità. Gli incentivi cioè sono molto elevati rispetto ai risultati finali che sono in realtà molto contenuti, perché dal punto di vista della produzione energetica globale siamo ancora lontani anche dai minimi obiettivi fissati dall'Unione europea. Ciò non toglie che qualche cosa si stia facendo: piccole centraline crescono qua e là, e siamo peraltro convinti del fatto che si debba ulteriormente intervenire anche su sistemi incentivanti.
La Lega Nord è assolutamente favorevole a che si incentivino le fonti rinnovabili Pag. 26in modo sostanzioso e sostanziale, però ritiene che, ad esempio, il tema della filiera corta rispetto alla filiera lunga sia un tema rilevante. Riteniamo, cioè, che questo sistema di recupero energetico, piuttosto che di produzione di energia, debba inserirsi in un meccanismo che diventi sistema e, per far sì che questo diventi sistema e che i danni ambientali possano essere contenuti in un quadro di insieme che dà valore positivo alle iniziative, la filiera corta è la strada da seguire. Dobbiamo garantire il fatto che sui sistemi di produzione energetica da fonti rinnovabili l'incentivazione possa essere o gradualizzata dal punto di vista del rispetto di questi requisiti o, in alternativa, si possa prevedere addirittura che questi possano essere premiati ed incentivati ed altri sistemi no. Pensare di sostituire qualche olio vegetale nostrano con oli vegetali che provengono dall'Australia, piuttosto che dalla Nigeria o da altre parti, non capiamo bene fino a che punto possa dare in effetti un beneficio sia dal punto di vista ambientale, sia da quello dell'indotto.
Infatti, sostanzialmente abbiamo la necessità di cercare di spingere sull'acceleratore - parlo in questo momento delle rinnovabili in agricoltura - in modo che buona parte di quei terreni che oggi sono destinati al cosiddetto no-food, cioè che vengono destinati ad utilizzi non direttamente collegati alla filiera agroalimentare, possano essere reimpiegati e riutilizzati in questo modo. Quindi, crediamo che tutto sia migliorabile e che si possano fare sforzi da questo punto di vista, e ci auguriamo che il Governo possa prendere in considerazione, insieme al relatore, la possibilità di migliorare, anche partendo da questo provvedimento.
Un altro tema, lo ripeto, che ci ha visto abbastanza concordi - abbiamo presentato un emendamento al riguardo, il famoso 61.1 - è quello relativo alla liberalizzazione delle concessioni sul trasporto pubblico locale e sostanzialmente il ritorno all'impossibilità, per quei soggetti che beneficiano dei contratti in house, di poter andare ad operare su territori differenti da quelli nell'ambito dei quali sono deputati a un servizio diretto in assenza di gare trasparenti. Credo sia un altro elemento di valutazione che, in modo assolutamente non polemico, poniamo all'attenzione del Governo e del relatore - che in questo momento non c'è, ma glielo diciamo dopo - come uno di quegli elementi che devono essere maggiormente approfonditi. Mi sembra di ricordare che in Commissione gli emendamenti siano stati rinviati all'Aula e quindi, a maggior ragione, credo che questa sia la sede nell'ambito della quale questo tema possa essere sviluppato. Per noi si tratta di una questione importante, soprattutto per quello che riguarda le ricadute in termini non solo di trasporto ferroviario, ma di trasporto pubblico locale in genere, e ci sentiamo di cogliere la sollecitazione dei gruppi di opposizione in modo positivo.
Mi piacerebbe che ciò si facesse senza particolari strumentalizzazioni, perché non è possibile accettare un'equazione per la quale un articolo introdotto in una legge in fase di approvazione sia il frutto di un qualche tipo di estorsione, piuttosto che di ricatto, da parte della Lega nei confronti della maggioranza, perché così non è. Qualcuno questa mattina ha detto che sostanzialmente qualcuno della Lega aveva bisogno di sistemare qualche politico «trombato» in qualche consiglio d'amministrazione, e quindi perseguiva la strategia di tutelare ad ogni costo una forma di assoluta scarsa trasparenza e disponibilità da parte di queste società pubbliche, ma non me la sento di condividere questo tipo di analisi. È un'analisi molto superficiale.
Paradossalmente, se qualcuno andasse a leggere gli atti, vedrebbe che la Lega è il gruppo che ha presentato un emendamento che va esattamente nella direzione opposta, per quanto riguarda il tema di cui stiamo parlando. Quindi, credo che gli spazi per poter dibattere con serenità sul provvedimento in oggetto siano abbastanza ampi.
Se alla fine in un provvedimento di oltre 60 articoli riduciamo la discussione a un paio, forse tre, vuol dire che tutto il resto sostanzialmente può essere condiviso. Mi auguro che nel corso del dibattito Pag. 27parlamentare, soprattutto nel lavoro in Commissione che svolgeremo nell'ambito del Comitato dei nove, ci sia la volontà e la disponibilità di partire dal presupposto che su questo provvedimento forse si è perso troppo tempo.
Il Paese ha bisogno di risposte, che vanno date. Più tempo passa e più diventa difficile per noi articolare delle risposte convincenti nei confronti dei cittadini che tutti i giorni ci chiedono che cosa stiamo facendo. I tempi del Senato evidentemente non sono i nostri, dovremo dimostrare di essere anche questa volta un po' più veloci per fare in modo che questo provvedimento veda la luce quanto meno, mi auguro, prima della fine dell'estate.
Sarebbe utile che ci fosse un concorso da parte di tutti per migliorare il testo. Sono convinto che la disponibilità fino ad ora è stata data (il testo non è arrivato all'Aula blindato). Mi auguro che ci sia la voglia di proseguire in questa direzione e di chiudere quanto prima il provvedimento con i toni utilizzati fino a questo momento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mereu, al quale do il benvenuto. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, la ringrazio per il benvenuto. Il nostro gruppo, l'Unione di Centro, ha da sempre mostrato grande attenzione al contenuto di questo provvedimento, assumendo una posizione attiva e sollecitando una fattiva collaborazione con il Governo. Quindi, nel riconfermare quanto sostenuto dal collega Libè nel suo intervento, voglio comunque soffermarmi su due punti in particolare, evidenziandone l'importanza. Essi riguardano l'articolo 30, commi 9 e 10, e l'articolo 38, comma 2: il primo è relativo all'ampliamento dell'offerta di energia in Sardegna mediante l'acquisizione e la cessazione di capacità produttive virtuali che consentano l'abbattimento dei costi energetici alle imprese oggi in difficoltà; il secondo, invece, riguarda l'assegnazione di una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica con la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica. Voglio qui ricordare che la Camera ha affrontato questi problemi fin dal 2004, prima con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 febbraio 2004, che stabiliva l'allargamento delle tariffe elettriche agevolate anche alle industrie produttrici di piombo e zinco, poi con la legge 23 agosto 2004, n. 239, che all'articolo 1, comma 3, lettera m) sancisce tra gli altri obiettivi generali di politica energetica del nostro Paese la salvaguardia delle attività produttive a grande consumo energetico.
In ultimo, è stato approvato il decreto-legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito poi, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. Tutto questo percorso parlamentare mirava e mira ad ottenere tariffe elettriche agevolate per quelle industrie site nel nostro territorio del Sulcis e dell'Iglesiente oggi fortemente in crisi per l'alto costo energetico cui sono sottoposte. Tale crisi, peraltro, ha già determinato la fermata di alcune imprese, mentre di altre, come la Portovesme, se ne prevede la fermata a fine mese.
Nonostante tutto questo lavoro parlamentare e del Governo di centrodestra di allora, che ha emanato i citati provvedimenti, siamo ancora qui a discuterne. Debbo dire anche con onestà che, sulla legge n. 80 del 2005 in particolare, anche il Governo di centrosinistra ne aveva confermato l'interesse e la validità. Nonostante tutto questo, non siamo riusciti ad attuare le norme contenute nei vari provvedimenti per l'opposizione dell'Unione europea. Tali norme prevedono la riduzione dei costi energetici con l'applicazione di tariffe stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, che sono indispensabili alle aziende per restare competitive nel mercato internazionale.
Perché ho detto tutto questo? Perché gli articoli di questo provvedimento citati in premessa sono un ulteriore tentativo per raggiungere i risultati e gli obiettivi che tutto il territorio - forze politiche, sindacati, lavoratori e cittadini - essere necessari per sperare nel futuro e superare Pag. 28questa crisi senza precedenti che ha messo in ginocchio un'intera provincia, quella di Carbonia-Iglesias. Questa provincia attende da troppo tempo che la politica assuma le proprie responsabilità e la capacità per risolvere il problema.
Quando parliamo di aziende in crisi parliamo di colossi a livello mondiale, produttori di alluminio, di allumina, di piombo, di zinco, per parlare delle principali come Alcoa, Eurallumina, e di quelle più piccole, come Otefal. Oggi la loro collocazione in Sardegna rappresenta sicuramente una penalizzazione, che tra l'altro è stata riconosciuta anche da una missiva del direttore generale della Commissione, Hubert Drabbe, indirizzata al Ministero dello sviluppo economico in data 22 gennaio 2007. In quell'occasione si diede atto dell'eccezionalità della Sardegna in materia di energia.
Concludo con il dire che è evidente, non basta legiferare, ma occorre anche che i provvedimenti presi siano supportati con forza nei confronti di questa Europa, che spesso non si dimostra amica dell'Italia, alla quale invece deve moltissimo. Ci auguriamo quindi che l'approvazione alla Camera di questo provvedimento e la successiva approvazione Senato possano rappresentare l'inizio della ripresa nel territorio sulcitano.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO MEREU. Qui abbiamo infatti le imprese che da anni aspettano che la nostra politica risolva i problemi. Dobbiamo praticamente sostenere ancora una volta con questo disegno di legge nei confronti dell'Europa questi provvedimenti stessi; diversamente, ci troveremo tra un po' di tempo ad affrontare le stesse questioni con altri provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, intervengo a nome dell'Italia dei Valori per alcune considerazioni un po' critiche, ma puntuali, su questo provvedimento, che a nostro giudizio avrebbe, almeno nelle intenzioni, dovuto dare un significativo rilancio alla nostra economia, disponendo, quale collegato alla manovra finanziaria, norme attuative per lo sviluppo e l'internalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia. Invece, dobbiamo constatare che l'approccio con il quale il Governo ha dato attuazione a questo importante provvedimento è poco concludente, poco operativo.
Basti l'enumerazione quasi asfittica di quei poteri di delega che questa legge attribuisce ai vari Dicasteri per una congerie di materie, la cui attuazione non è immediatamente operativa, ma viene demandata a successivi decreti legislativi da adottare entro diciotto mesi (così l'articolo 12), in dodici mesi (così l'articolo 3) o in sei mesi (così l'articolo 25), e così via. Se dovessi enumerare gli articoli che contengono delle deleghe al Governo per le disposizioni attuative impiegherei qualche decina di minuti. Ciò è significativo di un atteggiamento poco propulsivo, poco conseguente a quell'emergenza economica di cui siamo tutti consapevoli, ma che il Governo sembra voler dilatare oltremisura con questo sistema di proliferazione dei decreti delegati.
Altro elemento critico che noi vogliamo denunciare anche in questa sede è il dubbio, quanto meno, di una carenza di copertura finanziaria ad una serie di norme che sono contenute in questa legge.
Questo grido di allarme, questa segnalazione non è tanto e non è solo dell'opposizione se è vero, come è vero, che il 5 giugno di quest'anno una nota, forse riservata, del capo ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, indirizzata al presidente della V Commissione e della Commissione attività produttive di cui faccio parte, rimarcava con puntuale precisione questo problema dell'assenza di una copertura finanziaria di una serie di norme.
Vi è stato anche un certo imbarazzo, devo dire, in sede di X Commissione con alcuni rinvii e approfondimenti, la richiesta Pag. 29di relazioni tecniche, l'acquisizione della documentazione offerta al Senato alla Commissione competente per cercare di capire quale fosse la via di uscita da un provvedimento che sembra declamare tante buone intenzioni ma, di fatto, rischia di non avere poi le risorse affinché queste disposizioni possano essere applicate. Abbiamo assistito anche alla presentazione di alcuni emendamenti del Governo, magari tardivi, che hanno cercato di giustificare e di superare questa impasse.
Le questioni sono piuttosto tecniche, non sta a me, umile deputato, avvocato nella professione, non certo contabile o mago della finanza, ricostruire se questi emendamenti possono aver risolto il problema, ma certo vi è una preoccupazione e un subbuglio riguardo a questa nota, se vogliamo irrituale, ma certamente giustificata e allarmante, che ha lasciato e lascia un'ombra lunga sull'efficacia del provvedimento in discussione.
Di per sé, comunque, vi sono delle incongruenze che saltano agli occhi, ne enumero alcune. C'è una sorta di valzer delle risorse: è come se il Governo volesse giocare con le tre carte e ingannare, ipnotizzare il suo elettorato rispetto al modo in cui le stesse vengono utilizzate. Ad esempio, l'articolo 2, citato dal collega Raisi, che è una norma che ridisegna il meccanismo delle reti di impresa, dei contratti che presidiano a questo istituto (che, se vogliamo, intende essere una rivisitazione dei distretti industriali) stabilisce che quei Fondi, riguardanti gli incentivi alle zone depresse ex legge n. 488 del 1992, che non fossero stati utilizzati, o fossero successivi alle revoche di tali contributi, il cui ammontare è stato stimato in 785 milioni di euro con l'aggiunta di circa altri 200 milioni, come evidenziato in una nota del Ministero per i primi mesi del 2009, siano utilizzati per finanziare questi accordi di programma.
Nelle situazioni di crisi, ahimè sempre più dilagante, il dato del crollo della produzione sotto il 20 per cento, che è proprio di ieri, testimonia come il Ministero dello sviluppo economico doveva concludere tanti accordi di programma per cercare di supplire a questa crisi, a questa recessione. L'articolo 2 evoca questi Fondi da recupero della legge n. 488 del 1992 come la copertura finanziaria per provvedere a sostenere questi accordi di programma per le situazioni di crisi aziendale nei vari distretti.
Ebbene, si dà il caso che questa destinazione dei fondi sia assai opinabile perché, considerando il provvedimento con cui negli ultimi tempi si è provveduto alla destinazione di tali risorse, ci accorgiamo come il Governo abbia più volte invocato questi stessi milioni di euro per stabilire dei programmi di inserimento dei giovani laureati, per i poli di innovazione e di utilizzo delle aree industriali del Mezzogiorno (così aveva previsto la legge finanziaria per il 2008 che, investiva appunto l'85 per cento di questi Fondi a favore del Mezzogiorno per le iniziative che ho citato) e poi nel novembre 2008 vi è stato il decreto-legge n. 185 del 2008 convertito nella legge n. 2 del 2009.
Questi fondi sono stati ricollocati sul Fondo di garanzia istituito dalla legge n. 266 del 2007 e 450 milioni di euro avrebbero dovuto nelle intenzioni del Governo - e da questo punto di vista non potevamo che essere ben lieti di questa iniziativa - garantire un maggiore accesso al credito delle imprese artigiane. Agli organi di stampa si è venduta questa iniziativa come un segnale tangibile di come il Governo fosse sensibile alle istanze della ristrettezza del credito dell'importante settore delle imprese artigiane.
In realtà, questo Fondo non è stato poi rimpinguato, come si diceva, con i 450 milioni di euro a causa del decreto-legge n. 5 del 2009 che ha attribuito l'incentivo alle rottamazioni dei veicoli a favore di una mobilità ecocompatibile e anche a supplenza di una crisi del mercato dell'auto e della metalmeccanica a tutti noto. Ebbene, questi soldi sono stati tutti ricollocati a parziale copertura degli oneri derivanti da queste rottamazioni. Non solo quei 785 milioni di euro, ma anche i circa 200 milioni di euro che con la nota del Ministero dell'economia e delle finanze del 17 marzo del 2009 andavano ad integrare, Pag. 30in questa cifra, altre revoche che sarebbero avvenute all'inizio di quest'anno.
Noi denunciamo che tutti questi interventi legati all'articolo 2, agli accordi di programma e al loro finanziamento dovrebbero trovare copertura con soldi che in realtà sono stati già spesi e già destinati alle rottamazioni. L'incompatibilità di questa copertura finanziaria è ancora più amplificata perché anche questo stesso provvedimento, all'articolo 54, prevede una diversa finalità a favore dell'Istituto del commercio estero affinché venga implementata la sua azione. Anche qui si citano, guarda caso, gli stessi fondi che sono stati già più volte citati, investiti, disinvestiti, reinvestiti, ma senza che a questo punto il gioco delle tre carte possa ingannare qualcuno.
Vi è il rischio, quindi, che questa enunciazione di buona volontà che vede il Governo impegnato negli accordi di programma sia più scritta sulla carta che non sostenuta dalla carta moneta.
In ordine ad altre criticità presenti in questo provvedimento, è significativo che si inaspriscano le sanzioni a tutela del diritto industriale, dei brevetti, delle opere d'ingegno e di autore. È bene che vi siano stati questo inasprimento e questa maggiore severità anche con l'istituzione della confisca e della confisca alternativa. Tuttavia, il punto è che, se da una parte il Governo recepisce una direttiva europea che voleva andare in questa direzione, dall'altra il Senato ha introdotto un elemento assai discutibile in quell'inciso che vuole la punizione dei colpevoli a patto che possano conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale. Così cita il novellato articolo 473 del codice penale, nonché l'articolo 517-ter del codice penale, ovvero i due pilastri su cui si fonda questa novella.
Allora, voi capite che nel momento in cui si introduce con legge la necessità di conoscenza e di conoscibilità da parte dell'autore del crimine circa la titolarità della proprietà industriale altrui, si introduce un elemento assai rigoroso e difficile (una specie di probatio diabolica in capo al pubblico ministero) affinché la contraffazione e il crimine ad essa collegato possano effettivamente essere puniti e accertati. Quindi, si tratta di una tutela dei brevetti di carta più che di una tutela dei brevetti sostanziale e in linea con le direttive europee.
Inoltre, come ha affermato prima il collega Borghesi, con questo provvedimento avete voluto assicurare gli assicuratori. Ricordo che il cosiddetto decreto-legge Bersani n. 7 del 2007 aveva finalmente dato un colpo di spugna alla lobby delle assicurazioni protette in qualche modo con una o due con due firme. L'articolo 1341 del codice civile, infatti, richiede la specifica approvazione di alcune condizioni per iscritto che molte volte non è altro che una seconda firma frettolosamente apposta su moduli stampati con caratteri talmente inintelligibili che alla fine rappresenta ben poca garanzia.
Ebbene, il decreto-legge Bersani, ribattezzato secondo pacchetto, aveva introdotto il vincolo della recedibilità annuale per tutte le assicurazioni, escluse quelle sulla vita, e adesso, anziché il pacchetto Bersani, abbiamo il «pacco» di Scajola, cioè le assicurazioni alla fine trovano in questo Governo una riapertura a sei anni. Infatti, dopo i cinque anni si può dare la disdetta, ma la disdetta opera nel corso di validità dell'anno in cui è data. Se questa non può essere fatta, se non dopo il decorso di cinque anni, vuol dire che il termine di cui le assicurazioni potranno beneficiare per i loro contratti capestro non sarà più di un anno, ma diventa di sei.
Da questo punto di vista, noi riteniamo che il Governo abbia in qualche modo fatto tanti passi indietro rispetto alla tutela del consumatore e dell'utente, che troviamo poi frustrata anche nell'articolo 49 di questo provvedimento, quello che finalmente dà il lancio alla class action, a quest'azione collettiva, dopo due proroghe rispetto alla legge finanziaria varata dal Presidente del Consiglio Prodi, che aveva finalmente dato i natali a questo istituto importante, che ci mette in linea con la legislazione europea, che dà una tutela diffusa ad interessi diffusi. Pag. 31
Ebbene, con la class action rimodulata in questo modo, di fatto, vengono spossessate le associazioni di consumatori, per affidare l'azione al singolo cittadino, che dovrebbe trovarsi poi in mille difficoltà dal punto di vista della pubblicità della stessa e del foro dove la causa debba essere poi intentata, rendendo di carta anche questa tutela.
Avrei dovuto parlare poi del nucleare, ma su questo, essendoci poi la possibilità di intervenire nell'ambito della discussione sugli emendamenti, mi riservo in quella sede di ritornare sull'argomento e di denunciare anche qui una campagna di informazione e di contenuti assolutamente contraria all'orientamento dell'Unione europea su questi temi e agli interessi dei nostri cittadini e dei nostri utenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, vorrei subito entrare nel merito del provvedimento svolgendo una brevissima considerazione di metodo, esaminando poi alcuni aspetti dei contenuti.
Nel metodo, la cosa che un po' ci irrita è che in prima lettura abbiamo presentato diversi emendamenti che sono stati respinti nel corso della discussione, molti dei quali sono stati poi reintrodotti al Senato. Questo anche a dimostrazione che le osservazioni che avevamo fatto erano assolutamente pertinenti e non strumentali.
Nel merito, questo provvedimento è assolutamente complesso e in qualche caso anche un po' raffazzonato, dal mio punto di vista, perché tocca diverse materie che tra loro hanno anche poco a che fare. Non v'è dubbio che il tema del rientro del nostro Paese nel nucleare è l'elemento fondamentale che troviamo all'interno di questo provvedimento.
A questo proposito, visto che un po' di tempo è passato e che le situazioni cambiano, tutte le perplessità che avevamo manifestato nella discussione precedente rimangono, ma vengono anche rafforzate da recenti studi di autorevoli istituti scientifici, che indicano come l'opzione nucleare presenti numerosi rischi soprattutto di carattere economico e di sicurezza.
Faccio riferimento ad un documento del Massachusetts Institute of Technology, che aggiorna un report dal 2003 al 2009 e sottolinea che, nonostante l'attenzione sul tema sia notevolmente cresciuta e nuove politiche di rilancio siano state annunciate in molti Paesi, lo sviluppo del nucleare è in calo a livello globale. Ad eccezione di Asia, in particolare di Cina, India e Corea, esistono infatti pochissimi progetti concreti. Stiamo parlando di quarantaquattro impianti attualmente in costruzione, di cui solo quattro nei Paesi dell'Unione europea, che sono ventisette, dei quali ne troviamo due in Bulgaria.
Negli Stati Uniti non vi è attualmente alcun cantiere aperto ed il lento sviluppo del nucleare rispetto agli annunci ed alle previsioni rende meno probabile lo scenario di espansione ipotizzato nel 2003 (si parlava di 1000 gigawatt elettrici nel 2050, di cui 300 negli Stati Uniti).
Viene inoltre ribadito il concetto-chiave che, in un'economia di mercato, il nucleare non è ad oggi competitivo rispetto al gas o al carbone: i costi del capitale ed i costi finanziari delle centrali nucleari continuano ad essere infatti significativamente incerti. Dal 2003 i costi di costruzione delle centrali nucleari sono aumentati drasticamente, con una media del 15 per cento all'anno in più (come dimostrano le esperienze in Giappone e in Corea).
Nel 2007, sempre secondo i dati che vengono citati in questo studio, realizzare una centrale nucleare costa 4000 dollari per chilowattora contro i 2000 di quattro anni prima: si tratta di un aumento di costo molto più consistente di quanto è accaduto nel campo del carbone e del gas, attualmente stimato rispettivamente a 2300 e a 850 dollari a chilowattora contro i 1.300 e i 500 del 2003.
Tale crescita si ripercuote inevitabilmente anche sui costi finali dell'energia: rispetto ai 6,7 centesimi a chilowattora stimati nel 2003, il nucleare è passato oggi ad 8,4 centesimi a chilowattora. Pag. 32
In buona sostanza quindi - ed in questo studio ciò viene ribadito - perché il nucleare oggi sia competitivo, deve essere fortemente incentivato.
Credo sia giusto ricavare alcune considerazioni anche dai vari documenti che ci propone la Commissione europea, la quale afferma che le prospettive di investimento nel nucleare in Europa sono più interessanti se si pone l'attenzione alla sostituzione o all'estensione della durata di vita delle centrali nucleari che raggiungeranno il termine della loro vita utile originariamente al 2020, piuttosto che costruire nuovi impianti.
Secondo le previsioni attuali - che tengono conto anche delle probabili famose quattro centrali nucleari che dovremmo realizzare in Italia - la capacità nucleare dell'Unione europea potrebbe diminuire di circa 33 gigawatt elettrici.
Riguardo poi al grado di accettabilità che questa tecnologia ha presso le popolazioni si ribadisce - anche da indagini compiute da Eurobarometro - che detta accettabilità è fortemente legata alla disponibilità di soluzioni sicure e permanenti per quanto riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi (una questione che, ad oggi, non è stata risolta da nessuna parte).
Particolare attenzione viene poi data al fatto che gli impianti nucleari devono essere attentamente protetti sia contro i tentativi di sabotaggio, sia contro gli eventuali attacchi terroristici e l'eventuale furto di materiale nucleare.
Rispetto poi alla sicurezza - ed anche su questo punto il provvedimento in esame presenta, come abbiamo sottolineato più volte, numerose lacune - la proposta di direttiva EURATOM definisce in maniera precisa le caratteristiche dell'Autorità di regolamentazione raccomandandone la competenza e l'indipendenza.
All'articolo 9 si sottolinea la necessità di avere a disposizione esperti nella materia, ricordando che nei decenni passati non è stato fornito un numero sufficiente di specialisti e che, quindi, in questo settore sussiste anche il problema dell'invecchiamento del personale e degli ispettori.
Si ricordi, inoltre, che l'obbligo di garantire la disponibilità di sufficiente personale qualificato è riconosciuto anche dall'articolo 11 della Convenzione sulla sicurezza nucleare.
Da ultimo non va dimenticato - ne abbiamo discusso varie volte in questo contesto - l'articolo 5, che ribadisce la trasparenza volta a garantire ai cittadini la partecipazione ad un processo decisionale trasparente (queste sono le indicazioni delle direttive europee).
Ho voluto riportare parzialmente il contenuto di questi documenti proprio per evidenziare come la proposta del Governo - al di là del fatto di essere d'accordo o meno sul nucleare in sé, che mi sembra anche una discussione sterile - non consideri però gran parte di queste indicazioni europee e, soprattutto, proponga un percorso assolutamente inadeguato.
Se consideriamo, ad esempio, la proposta relativa all'Agenzia per la sicurezza nucleare - che, devo dire, è migliorata rispetto alla prima lettura - rimangono due nodi irrisolti fondamentali, che rendono il provvedimento non congruo con le indicazioni europee.
Il primo è quello relativo al finanziamento, poiché in realtà nella fase iniziale si costituisce l'Agenzia prendendo una parte dei finanziamenti, che sarebbero comunque insufficienti, dall'Agenzia nazionale ambientale (l'ISPRA) indebolendo, quindi, ulteriormente un istituto che si trova in una fase caotica da diversi mesi, in quanto a tutt'oggi commissariato.
Inoltre gran parte di questo personale che dovrebbe confluire nell'Agenzia dovrebbe provenire sia dall'ISPRA sia dall'ENEA. È personale precario (lo sono molti di questi), oppure - come veniva ricordato prima - vicino al pensionamento. Sarebbe quindi necessario nuovo personale o comunque prevedere un serio programma di qualificazione data la delicatezza della materia. Invece è spuntato un emendamento del Governo, presentato in sede di Commissione attività produttive, che mira addirittura a cancellare un articolo Pag. 33dove si fa questo richiamo alla qualificazione del personale e alla specializzazione.
Ricordo molto brevemente altre questioni che non riguardano in questo caso il nucleare. Pur apprezzando alcune proposte che sono nell'articolo 27 (quello sulle misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico), non condividiamo - come è già stato ricordato - la soppressione che è stata posta per il divieto di commercializzazione sia per quanto riguarda le lampadine ad incandescenza, sia per quello che riguarda gli elettrodomestici inferiori alla classe A. Ci sembrava un bel segnale, e questa soppressione ci vede totalmente in disaccordo. Così come non capiamo - anche qui lo avevamo segnalato più volte - per quale motivo non vengano previsti incentivi anche per quelle tecnologie, quali il fotovoltaico a concentrazione, molto più efficienti di quelle tradizionali per le quali tra l'altro l'Italia vanta un primato sulla ricerca e lo sviluppo tecnologico. Quindi anche in questo caso, nonostante i nostri solleciti non ci pervengono le risposte. Poi vi sono anche alcuni errori abbastanza marchiani. Mi riferisco ad esempio all'articolo 27, comma 25, dove si parla di carbon fossile di nuova generazione. Non mi risulta che esista un carbone di nuova generazione. Penso che il tema «nuova generazione» debba riferirsi agli impianti di produzione che utilizzano il carbone. Ritengo inoltre che, seppur non vi siano dubbi sul fatto che le aree industriali dismesse debbano essere soggette ad un processo di riconversione produttiva, non sia opportuno che a tal fine siano previste deroghe alle normative regionali in tema di tutela ambientale e programmazione del territorio. Tra l'altro va anche ricordato che per quanto riguarda questo spesso enunciato tema del sequestro di carbonio - è quanto dice questo lavoro del MIT - si tratta di una tecnologia che avanza molto lentamente rispetto a quello che si pensava, e quindi anche tutta la questione del carbone «pulito» oggi ha subito uno stop interessante. Ricordo sul tema della geotermia - concludo - come rispetto alla possibilità di sfruttamento di pozzi geotermici rimanga un canale preferenziale per ENEL ed ENI. Allora ci sembra che questo articolato e in particolare questo diritto di prelazione oggi non siano più coerenti con la liberalizzazione dei mercati del settore energetico. Ricordiamo inoltre che abbiamo presentato anche una richiesta di provvedimento per normare l'emissione dei campi geotermici.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ALESSANDRO BRATTI. Non mi soffermo - concludo, signor Presidente - sul tema dell'ENEA perché non è vero, come ricordava il relatore, che vi è un passaggio che qualifica l'ente; lo penalizza fortemente in quanto non si capisce poi dove andranno a finire i 400 ricercatori che si occupano dell'ambiente. In buona conclusione per questi motivi e per queste ragioni esprimiamo un giudizio abbastanza negativo in generale, ma soprattutto per le parti che riguardano il tema energia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bellotti. Ne ha facoltà.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, credo che oggi stiamo discutendo un provvedimento assolutamente importante per il nostro Paese; un provvedimento atteso da anni che traccia un futuro nel settore dell'energia, un futuro che prima non c'era, che prima era ostacolato dai Governi di centrosinistra, che prima ha paralizzato per così dire le possibilità della produzione di energia in un contesto nazionale. Mi riferirò soltanto alla parte del provvedimento che riguarda l'energia. Come tutti sapranno l'energia è una questione strategica assolutamente importante.
Quando parliamo di energia, insieme agli organismi geneticamente modificati e all'acqua, parliamo del futuro, parliamo delle aree strategiche più delicate. Molti conflitti nascono per il controllo di queste Pag. 34tre fonti. Quando parliamo di energia parliamo veramente di una questione che riguarda la sicurezza nel nostro Paese. Non è un caso che, ad esempio, nel 1865, negli Stati Uniti l'abolizione della schiavitù sia coincisa con il primo sfruttamento del petrolio. Non è un caso che spesso parliamo di energia ma non ci rendiamo conto di cosa stiamo parlando anche in termini concreti. Quando spingiamo un pulsante, accendiamo una lampadina o facciamo il pieno della nostra benzina (ad esempio un litro di benzina - spesso la nostra civiltà se lo dimentica - corrisponde al lavoro di cinquanta persone nel traino di un auto) compiamo attività banali in termini di modernità, sulle quali ovviamente non si sofferma il nostro pensiero, ma che ci danno l'idea di quanto l'energia abbia cambiato nei secoli il nostro futuro e anche il nostro destino. Pensiamo a quest'Aula: se dovesse mancare l'energia, non funzionerebbero i nostri cellulari, la corrente elettrica, il condizionamento. Senza energia la nostra società farebbe un forte passo indietro. Forse mancherebbe o vi sarebbe una limitata libertà sociale. L'energia, dunque, appartiene ad un'area assolutamente importante.
Purtroppo se guardiamo agli ultimi cinquant'anni nel nostro Paese, nel 1960 eravamo i terzi produttori di energia nucleare. Nel 1960 noi avevamo un record: eravamo i terzi produttori mondiali. Avevamo una produzione assolutamente importante che poneva il nostro Paese all'avanguardia anche nel settore della produzione dell'energia nucleare con tre impianti che all'epoca funzionavano e producevano quantitativi importanti di energia. Poi nel 1987, sulla spinta della paura e di quanto accadde a Chernobyl, chiudemmo le centrali nucleari per poi, sulla scorta delle nostre necessità, andare ad acquistare l'energia nel resto d'Europa.
Attualmente la acquistiamo in Francia e credo che sia giusto anche sapere che oltre l'80 per cento del nostro fabbisogno energetico non appartiene alle produzioni nazionali ma viene prodotto al di fuori del nostro Paese. Ritengo dunque che sia assolutamente lecito e legittimo anche chiederci quanto ci costa l'energia. Ebbene se dovessimo fare la media di quanto costa l'energia ad una famiglia italiana risulterebbe che costa il 30, il 40, a volte anche il 50 per cento in più rispetto a quanto costa mediamente l'energia nel resto delle famiglie europee.
La stessa questione si ripropone anche in campo produttivo verso le nostre imprese: quando parliamo di competizione non possiamo non tener conto che la competizione e il costo dell'energia è assolutamente importante e spesso è discriminante tra un prodotto rispetto ad un altro. Quindi quando vogliamo competere, l'energia è assolutamente importante. Pertanto il fatto di aver inserito in questo provvedimento la possibilità finalmente di poter guardare avanti nel nostro Paese e pensare che abbiamo raggiunto o possiamo raggiungere gli standard qualitativi e produttivi anche in termini di differenziazione delle fonti dell'energia rispetto ad altri Paesi, credo che sia un fatto assolutamente importante. Per anni abbiamo vissuto in una sorta di paura: paura del nucleare, paura che è stata alimentata in moltissimi casi da una politica ottusa del centrosinistra, una paura che non ha assolutamente alcuna ragione di essere. Ci sono circa cinquecento unità che producono energia nucleare nel mondo e tra esse ve ne sono centosessanta all'interno della nostra Comunità europea. Ai confini del nostro Paese vi sono decine di centrali nucleari che producono energia nucleare e, quindi, il nostro Paese, in una specie di malasorte, avrebbe soltanto svantaggi rispetto a quelle che potrebbero essere le opportunità, anche in termini di sicurezza, perché spesso viene presentato il problema del nucleare come un pericolo per i Paesi, per i cittadini e per le popolazioni.
Anche in questo caso purtroppo abbiamo i dati che smentiscono e la ragione che ci viene a supporto di quella che può essere una scelta assolutamente importante del nostro Paese e che ci dice che per numero delle centrali nucleari e per ore di funzionamento, oggi questa tecnologia supera gli 11 milioni di ore; pertanto Pag. 35è una tecnologia assolutamente sicura, garantita, è una tecnologia che mette in qualche maniera in sicurezza anche l'opinione pubblica, anche i punti dove viene prodotta e le varie conseguenze applicative. Quindi, riteniamo che quando parliamo di questo settore dobbiamo sgombrare il campo da pregiudizi, da dubbi, da quelle che sono state politiche assolutamente limitanti, che hanno portato fuori rotta il nostro Paese in questo settore assolutamente strategico.
Basta un dato: a cento chilometri da Chernobyl oggi si registra un livello di radiazioni (pur essendo stata Chernobyl un dramma per quanto riguarda la produzione del nucleare, ma è stato un dramma annunciato ahimè e che vede responsabilità assolutamente chiare e precise in capo a chi all'epoca gestiva l'impianto), pari alla metà delle radiazioni della stessa città di Roma. Quindi, semmai il problema della sicurezza non dovrà essere un problema nazionale, ma dovrà essere un problema europeo. Ciò però ci porterebbe lontano nel dibattito e nella discussione.
Quindi, le norme che sono state introdotte dal provvedimento in esame riallineano il nostro Paese con le migliori espressioni europee ed internazionali e credo che sia una misura assolutamente attesa dal mondo dell'imprenditoria, da tutti coloro che guardano al nostro Paese, che guardano al futuro e che guardano all'energia come ad una soluzione assolutamente irrinunciabile.
Altra questione introdotta dal provvedimento in esame è quella dei biocombustibili. Questa norma credo che sia assolutamente importante, attesa dal mondo agricolo e dal mondo industriale. Ricordiamo che è stato un impegno anche del Ministro Zaia, contenuto in un ordine del giorno approvato prima di Natale e contenuto nell'articolo 42 del decreto-legge sullo sviluppo del sistema agroalimentare e che pone il nostro Paese alla pari con altri Paesi europei. Abbiamo sempre detto che l'agricoltore non deve essere solo ciò che produce, vale a dire beni che riguardano agroalimentare: l'agricoltura italiana, al pari delle migliori agricolture internazionali, non deve essere solo produttrice di beni, ma deve essere anche produttore di energia. Quindi, in questa direzione credo che il Governo abbia compiuto un atto assolutamente straordinario, che si riallaccia all'inizio della prima proposta eseguita dal Governo Berlusconi, con l'allora Ministro Alemanno e questa è la giusta chiusura ed il giusto riallineamento della nostra agricoltura italiana per la produzione di energia.
Quindi, credo che anche gli agricoltori potranno stare tranquilli, anche se mi auguro che con i decreti successivi possiamo tentare di allineare maggiormente le incentivazioni verso il mondo agricolo rispetto a quello industriale. Ma questi sono provvedimenti che potremo studiare strada facendo, l'importante è che oggi chi produce energia partendo dall'agricoltura ha in questo Governo una garanzia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI. Onorevole Presidente, signor Viceministro e onorevoli colleghi, anch'io entrerò nella discussione sul provvedimento modificato, così come ci è ritornato dal Senato, e mi limiterò - per questioni di tempo, non per questioni di materia - a soli due argomenti di trattazione. Parlerò anch'io delle tematiche di energia, con specifico riferimento al nucleare e farò alcune riflessioni su quanto è stato introdotto in termini di processi di liberalizzazione e difesa della concorrenza.
Vorrei iniziare dal tema dell'energia, che stamani è già stato evocato molte volte. Il problema energetico per noi è riassumibile in tre semplici aspetti: la natura e la provenienza delle fonti energetiche primarie, la situazione del mercato e della concorrenza di settore e lo stato della rete di distribuzione. Molti colleghi hanno già fatto notare che l'Italia, rispetto al resto dei grandi Paesi europei, mostra una forte dipendenza dal gas e dal petrolio, un ruolo del carbone ridotto, un peso limitato delle fonti energetiche rinnovabili e l'assenza di nucleare. Pag. 36
Questo quadro non nasce oggi, ma si è venuto formando nel tempo, nei vent'anni successivi alla decisione di uscire dal nucleare e di puntare sul gas quale fonte energetica preferenziale. Il nostro Paese, sicuramente, necessita oggi di una strategia energetica seria e di lungo periodo, capace di ridefinire con coerenza il sistema di produzione nazionale, con il fine principale di limitare la dipendenza del nostro Paese dall'estero e garantire energia, a prezzi convenienti, alle aziende e alle famiglie italiane.
Per questo motivo - lo dico onestamente e con molta chiarezza - giudicavamo corretto l'approccio del Governo nel definire prioritaria a tutto, la scrittura di una strategia energetica nazionale, così come indicato all'articolo 7 della legge n. 133 del 2008. Questo per non ripetere, oggi in maniera aggravata, gli errori del passato.
Come si può, infatti, nel definire gli scenari futuri, prescindere dal fatto che, a fronte di circa 55 gigawatt di potenza, che giornalmente sono necessari al nostro Paese, ne abbiamo installati e disponibili circa 90, fra impianti nuovi e meno nuovi? E che negli ultimi anni sono stati costruiti, o rinnovati, impianti per alcune decine di gigawatt, principalmente a gas? Potremmo noi non considerare, per il futuro, la direzione della politica energetica europea, che si pone l'obiettivo di un 20 per cento di energia da fonti rinnovabili e di un 20 per cento di risparmio energetico entro il 2020? Cosa significherebbe, in concreto, in quali tempi e con quali modi, e per quali tecnologie dovrebbe avvenire il ritorno del nucleare nel nostro Paese? E che dire della realizzazione di quattro, o otto, nuove centrali, che varie ed autorevoli fonti, nell'incertezza di piani ufficiali, indicano come necessarie per il nostro Paese? Cosa vuol dire questo per i cittadini utenti, chiamati a pagare in ultimo questi investimenti? E come tutto questo si inserisce nel sistema esistente?
Queste sono le domande a cui occorre dare risposta. In questo senso, spiace che ad oggi, pur essendo prevista ad inizio del 2009, non sia stata ancora definita quella strategia energetica nazionale, che avrebbe dovuto fare chiarezza su questi punti, definendo uno scenario realistico per uno sviluppo corretto del nostro sistema energetico.
Per quanto riguarda il presente disegno di legge, ed il nucleare in specifico, a questo punto, rimangono valide le perplessità espresse in sede di prima lettura. Alcuni miglioramenti sono stati introdotti al Senato, ma sui passaggi fondamentali permane un approccio che genera perplessità e contrarietà di metodo. È sicuramente positivo che all'articolo 29, che riguarda l'Agenzia siano stati meglio disciplinati il potere e la natura delle sanzioni che l'Agenzia medesima può comminare; che all'articolo 25, oltre alle popolazioni, siano stati ricompresi anche gli enti locali, nelle misure compensative da adottare per la presenza di siti nucleari sul territorio, come il Partito Democratico aveva chiesto in sede di prima lettura.
Tutto ciò non può far dimenticare che il disegno di legge contiene una delega troppo ampia al Governo per la localizzazione sul territorio nazionale degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare e che, addirittura, si continuano a considerare le tipologie degli impianti ammissibili in Italia, come definite con delibera CIPE.
Nell'ambito della delega, inoltre, permane la previsione della possibilità di dichiarare i siti nucleari «aree di interesse strategico-nazionale», soggette a speciali forme di vigilanza e protezione, così come permane la determinazione della modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con i diversi enti locali coinvolti.
Le perplessità sono accresciute dal fatto che, per delega, dopo l'esame del Senato, viene ora disposta anche l'identificazione dei siti per i sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato, nonché per il deposito definitivo dei materiali e dei rifiuti radioattivi.
Cari colleghi, con i presupposti di esautorazione delle comunità locali, si possono oggi comprendere i timori e stanno nascendo in tutto il Paese. Pag. 37
Temo che Scanzano non ci abbia insegnato molto in questo senso. Personalmente, ritengo che scelte importanti, come quelle finanziariamente onerose e con effetti visibili in un arco temporale di decine di anni che si vogliono compiere, non possono che basarsi su un consenso reale e su un'effettiva condivisione del Paese e nel Paese - come insegna l'esperienza di nazioni quali la Francia - e che, quindi, l'impostazione del disegno di legge in questo campo sia profondamente errata. Temo che l'attuale struttura del disegno di legge potrà dar luogo a firma di contratti per la fornitura di centrali nucleari, ma sono molto dubbioso circa il fatto che queste centrali riescano effettivamente ad essere realizzate.
Passando al secondo punto del mio intervento, richiamo il problema delle liberalizzazioni e della concorrenza. Su questi temi è indubbio che il disegno di legge, così come restituito dal Senato, segni una battuta d'arresto, se non un arretramento nel settore. Un passo indietro si ha certamente per quanto riguarda la tutela del consumatore e del cittadino, passo indietro che avviene non soltanto rispetto ai livelli di competitività già esistenti o alle indicazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ma persino, in alcuni casi, rispetto a misure già adottate da questo Governo. Tutto ciò in un momento congiunturale in cui - come bene ha rappresentato l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel suo rapporto annuale - assetti meno restrittivi potrebbero generare enormi benefici per i cittadini e per il Paese in termini di reddito, di occupazione e di mobilità sociale e noi tutti sappiamo quanto di questo ci sarebbe oggi bisogno.
Appaiono, quindi, inopportune alcune misure introdotte al Senato che vanno a deprimere l'intero quadro delle dinamiche di concorrenza nel Paese; si pensi all'articolo 49. Il giudizio del nostro gruppo, rispetto alle osservazioni del relatore, è profondamente differente, perché le modifiche apportate con la sostituzione integrale dell'articolo 140-bis costituiscono nei fatti - a nostro avviso - un indebolimento sostanziale della capacità di tutela dei consumatori. La soluzione che si sta profilando è di segno contrario a quella da noi fortemente auspicata e sostenuta, ovvero quella di un ruolo sempre più incisivo dell'istituto della class action in Italia. Notiamo in questo, con rammarico, che per la resistenza di pochi tale istituto stenta a trovare giusta considerazione nel panorama giuridico ed economico italiano. Su questo punto la nostra opposizione non potrà che essere ferma e decisa.
Allo stesso modo, siamo contrari alle modifiche previste per il settore assicurativo, dove si profila l'abrogazione della facoltà di recesso annuale nei contratti di durata, fatto che porterà sicuramente ad un ulteriore blocco in un mercato in cui la dinamica competitiva è già notoriamente insoddisfacente.
Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, l'articolo 61 introduce la possibilità per le autorità competenti di aggiudicare contratti di servizio anche in deroga alla disciplina di settore, avvalendosi del regolamento CE 1370/2007. Questo, onorevole Presidente, ha come semplice risultato quello di un più facile ricorso alle procedure di affidamento con modalità dirette (il cosiddetto in house), la possibilità per chi gode di affidamenti diretti in ambito territoriale di partecipare a gare in altre realtà (con possibilità, quindi, di concorrenza sleale). La durata del periodo di regime transitorio entro cui andare ad affidamento del servizio mediante pubblica evidenza, in questo caso, arriverà fino al 2019, diversamente dai servizi pubblici locali a rilevanza economica, per i quali è prevista una durata sino al 2010.
In aggiunta, sorge una logica domanda riguardo alla coerenza stessa dell'azione del Governo, che, nella legge n. 133 del 2008, all'articolo 23-bis, per i servizi pubblici locali ha imboccato una direzione chiaramente opposta a quanto previsto nell'articolo 61. Sulla base di quell'articolo, infatti, i servizi pubblici locali hanno molta più difficoltà a ricorrere ad una procedura di affidamento diretto in house e questo ricorso richiede valutazioni tecniche Pag. 38ed economiche di convenienza preventive e il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato; come ricordavo poco fa, infatti, il regime transitorio terminerà nel 2010. Una così evidente difformità nell'operato del Governo su due temi assai simili è incomprensibile se non vista in una logica di tutela di privilegi e posizioni di rendita, ancorché di aziende a controllo pubblico, però in sfregio e a danno dei cittadini utenti.
C'è da augurarsi in merito a questo, ovvero al disassamento delle regole operative per i servizi pubblici locali e il trasporto pubblico locale, che il Governo e la maggioranza, nell'iter parlamentare, vogliano riconsiderare tutta la materia.
Mi avvio alla conclusione rinnovando l'osservazione sul fatto che il percorso al Senato sul nucleare ha lasciato irrisolti i nodi base che suscitavano le nostre perplessità nel testo originario licenziato dalla Camera, mentre nel settore della concorrenza e delle liberalizzazioni le modifiche apportate indicano un chiaro segnale di arresto e di regressione rispetto alle posizioni precedenti.
La scelta del Partito Democratico di limitare il numero dei propri emendamenti focalizzandoli su alcuni temi prioritari è la dimostrazione dell'importanza che attribuiamo a questo provvedimento e della nostra volontà di pervenire, mediante un confronto di merito, a modifiche positive nell'ambito del presente dibattito. Si tratta di modifiche che oggi possono essere serenamente affrontate e discusse, considerando che il provvedimento dovrà comunque essere ulteriormente vagliato al Senato, a causa delle modifiche apportate in sede di Commissione. Quindi c'è tempo e modo per migliorare il provvedimento sui temi che ho prima citato. Mi auguro pertanto che vi sia la possibilità di concreti interventi nel merito, allo scopo di porre rimedio alle questioni che abbiamo sollevato su questi argomenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, il provvedimento sull'energia, in discussione da questa mattina qui in Aula, arriva alla Camera in terza lettura. Lo abbiamo affrontato già nel mese di novembre, è stato lunghi mesi al Senato, dove sono state apportate effettivamente alcune leggere modifiche che lo hanno migliorato, ma esso permane - come ha appena detto il collega Benamati - denso di criticità.
I miglioramenti introdotti al Senato hanno riguardato anche emendamenti identici a quelli sui quali, proposti alla Camera, era stato espresso parere contrario da parte del Governo e del relatore e che invece sono stati poi, nello stesso testo e nella stessa formulazione, approvati al Senato. Mi riferisco, ad esempio, all'articolo 25, comma 2, lettera h), dove, opportunamente, è stata introdotta, esplicitandola, l'obbligatorietà della procedura VAS e VIA in relazione all'autorizzazione degli impianti nucleari. Alla Camera, la medesima proposta emendativa, formulata negli stessi termini, ebbe meno fortuna, ma tant'è.
Il testo, modificato in sede di Commissione, dovrà tornare nuovamente al Senato e, visto che ogni volta che va al Senato c'è un miglioramento, dovremmo essere quasi contenti che vi sia una quarta lettura. Questa volta, però, vorremmo parteciparvi anche noi, considerato - come ancora bene ha detto il collega Benamati - che la Commissione ha già apportato delle modifiche al testo che ritornerà al Senato. Credo sia diritto dell'opposizione chiedere che anche i propri emendamenti, ridotti nel numero, siano esaminati con la medesima attenzione, in modo da poter essere accolti ove ne ricorrano i termini.
Si tratta di emendamenti tutti animati, come sempre, da spirito costruttivo e non ostruzionistico e dalla sola volontà di migliorare il disegno di legge. I colleghi della X Commissione, Testa e Benamati, hanno evidenziato una serie di aspetti critici. La stessa cosa ha fatto il collega Bratti, illustrando una serie di emendamenti che, in sede di VIII Commissione, il gruppo del Pag. 39Partito Democratico aveva formulato. A mia volta, mi soffermerò su emendamenti che, insieme ai colleghi dell'VIII Commissione ambiente abbiamo formulato.
Prima di entrare, però, nello specifico mi permetto di elencare i motivi di carattere più generale che ci lasciano insoddisfatti in relazione al ritorno dell'Italia al nucleare di terza generazione, perché esso presenta ancora tre importanti controindicazioni: la sicurezza e soprattutto i costi e la complessità del problema dello smaltimento delle scorie radioattive.
Per quanto riguarda i costi è stato ben detto in precedenza che molti Paesi hanno abbandonato i progetti in corso di realizzazione nonostante fossero stati avviati.
Per quanto riguarda poi il tema dello smaltimento delle scorie, l'Italia è un Paese che ancora non ha risolto, e per certi versi non ha neanche affrontato, il tema del decommissioning dei vecchi impianti, quelli per intenderci ante referendum. L'unico tentativo grossolano fu quello, poco fa ricordato, di Scanzano Jonico, che da lucano ben ricordo, ma dopo di allora non si è fatto nulla.
Abbiamo ancora il problema dello smaltimento delle scorie sin qui prodotte; immaginiamo in che termini potremo mai essere capaci di affrontare il problema delle nuove scorie, di quelle che eventuali impianti di terza generazione realizzati inevitabilmente determineranno in gran quantità.
Al di là del merito, è assolutamente folle, oltre che errato, pensare che, in questa materia, si possa procedere con un'impostazione centralista, un'impostazione che decida a Roma le azioni da intraprendere sui territori.
Se tale impostazione è sempre fallace e sempre inefficace, quando si parla di impianti nucleari, con l'ipersensibilità che rispetto al tema hanno le popolazioni, pensare di risolvere i problemi mediante commissari ad acta che scavalchino compiti, ruoli e funzioni degli enti locali è un'idea paradossale, peregrina e persino un po' ingenua.
Altro aspetto su cui sono fortemente critico è quello relativo alle autorizzazioni all'esplorazioni, alle coltivazioni e alle concessioni petrolifere.
Fino ad oggi era necessaria la concertazione tra regioni interessate e concessionarie petrolifere, concertazione che si traduceva anche in progetti di sviluppo a favore dei territori interessati e che in questo momento verrebbe interamente cancellata dalla norma in esame. Quest'ultima prevede infatti sostanzialmente un accordo a due tra Governo centrale e concessionarie petrolifere, scavalcando ed esautorando totalmente gli enti, le regioni e i comuni, che avrebbero invece, come hanno, diritto di tutelare il proprio territorio, di governarlo e di decidere sul proprio territorio e sulle proprie risorse.
Concludo, soffermandomi di più su un altro articolo, l'articolo 45, che prevede uno sconto sulla benzina alla pompa per i cittadini residenti nelle regioni interessate da estrazioni di idrocarburi.
È una battaglia che anche il centrodestra lucano, ad onor del vero, ha combattuto a favore delle popolazioni e condivisa anche dal Partito Democratico. Naturalmente era stata combattuta con promesse mirabolanti: del dimezzamento del costo della benzina si parlava durante la campagna elettorale, c'è invece, in questo articolo 45, la possibilità di realizzare un piccolo sconto sulla benzina e sui carburanti in genere.
L'aspetto paradossale, però, dell'articolo così come approvato dal Senato, è che tale sconto viene praticato, attingendo ad un fondo che si ottiene incrementando le royalties sulle estrazioni petrolifere dal 7 al 10 per cento. Fin qui tutto bene, a tale fondo, però, in virtù di un emendamento inopinatamente introdotto al Senato, non solo attingono le regioni interessate dall'estrazione di idrocarburi, ma anche quelle (sarebbe una sola: il Veneto), interessate dalla presenza di rigassificatori.
Ora si capisce bene che anche in quelle regioni si possono pensare misure di compensazione ambientale; quello che assolutamente non si capisce, ed è assolutamente inaccettabile, è che tali compensazioni Pag. 40vengano pagate dalle royalties che si ottengono dalle estrazioni petrolifere in altre regioni.
Se la legge rimane così come è, e purtroppo in Commissione non abbiamo trovato apertura da parte del relatore e del Governo, si arriva all'assurdo che, con i soldi delle royalties ottenute per lo sfruttamento del territorio della piccola Basilicata, vi sarà il medesimo sconto sulla benzina anche per i cittadini del ricco Veneto: un classico caso di Robin Hood al contrario.
Tutto mi sarei aspettato, salvo che produzioni della Basilicata dovessero servire per determinare sconti sulla benzina al Veneto. Capita anche questo con questa maggioranza di Governo, ma mi auguro che si tratti solo di una svista. Ho fatto un appello in Commissione, unitamente al collega Vico che ha firmato con me questo emendamento, affinché il Governo lo accantonasse per un ulteriore approfondimento. Fino ad ora abbiamo avuto solo chiusura, ma mi auguro che, nel corso della discussione, ci possa essere una miglior sorte per un tema francamente sacrosanto, cui è difficile opporre argomenti forti e convincenti.
Per tutte queste ragioni, e per le altre espresse dai colleghi, anche la mia opinione è di forte critica, di forte distanza e di forte necessità di ulteriori riflessioni sul provvedimento. Ci auguriamo che in queste giornate di lavoro parlamentare esso possa essere migliorato, producendo così anche un atteggiamento differente da parte del gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, il disegno di legge in esame può definirsi il figlio legittimo del bicameralismo imperfetto, la cui paternità «certa» è da assegnare al Governo in carica che è stato capace di portare a 64 articoli il disegno di legge collegato (47 in più rispetto al testo originario che era partito in prima lettura da questa Aula).
Il Governo ha introdotto nuovi e inopportuni argomenti come le norme che disciplinano la class action, le disposizioni sul trasporto ferroviario dei passeggeri, sul trasporto pubblico locale, sulla rivalutazione contabile dei titoli. Insomma, questo disegno di legge è divenuto un provvedimento omnibus dal profilo molto sommario, talvolta negligente e in alcuni articoli da manifesto elettorale.
Richiamerò, solo per dovizia, che il 5 giugno scorso il Ministero dell'economia e delle finanze su questo provvedimento ha avuto modo di dire che era opportuno procedere alla soppressione o alla modifica dell'articolo 1, dell'articolo 4, dell'articolo 5, dell'articolo 6, comma 3, dell'articolo 10, dell'articolo 19, dell'articolo 26, dell'articolo 27, dell'articolo 28, dell'articolo 29, dell'articolo 30, dell'articolo 31, dell'articolo 32, dell'articolo 36, dell'articolo 38, dell'articolo 42, dell'articolo 51 e dell'articolo 56. Questo è scritto nel documento del 5 giugno del Ministero dell'economia e delle finanze.
Ora, nella discussione generale odierna, concentrerò il mio intervento solo su tre articoli del provvedimento ovvero sugli articoli 1, 2 e 3 concernenti reti di imprese e distretti, riforma degli interventi di reindustrializzazione e riordino del sistema degli incentivi, ovviamente riservandomi, nella discussione che si svolgerà in Aula, ulteriori interventi soprattutto sull'articolo 25 e sull'articolo 26 e particolarmente sul decommissioning.
Avevamo creduto fortemente che in questo disegno di legge fossero urgenti ed utile per il Paese, oggi continuiamo solo a pensarlo. Però vi sono delle cose che non ci convincono quando vediamo meglio gli atti e le procedure che si succedono. Una di queste perplessità è data dalle reti di impresa, ovvero l'articolo 1.
Le reti di impresa rappresentano forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, particolarmente destinate alle piccole e medie imprese che intendano aumentare la loro massa critica per avere maggiore forza sul mercato senza doversi fondere o unire sotto il controllo di un unico soggetto. Pag. 41
Siamo partiti in un certo modo in prima lettura e siamo arrivati alle modifiche della seconda lettura.
Al riguardo avevamo molto insistito nelle sedi referenti per il programma Industria 2015, che prevedeva e prevede che il Governo possa adottare decreti per definire le forme di coordinamento stabile di natura contrattuale tra le imprese idonee per costituire una rete in forma di gruppo paritetico e gerarchico. Purtroppo, prendiamo atto di quella che ho già annunciato con un appellativo: la confusione. Il Governo in carica, purtroppo, disarticola le norme originarie - mi sia consentito - come un dilettante scacchista quando muove il cavallo. Quindi, sulle reti d'impresa solo un mese fa in sede di conversione con voto di fiducia del decreto-legge n. 5 del 2009, più noto come il «decreto sulla rottamazione», all'articolo 3, commi 4-ter e 4-quater, si è disposto - penso non molto efficacemente - il cosiddetto contratto di rete di due o più imprese.
Il 21 aprile scorso, sempre il Governo in carica, ha espresso parere positivo sulla risoluzione al Parlamento europeo approvata in X Commissione, Small business act, atto sulle piccole imprese, che recita nel parere finale: «si impegna all'adozione dei decreti previsti dal programma Industria 2015 al fine di definire le forme di coordinamento stabile per la costituzione di una rete delle imprese». Oggi, in seconda lettura, siamo nuovamente all'impostazione che annunzia atti che sono avvenuti. Mi piace segnalare che il Ministro dell'economia, sempre nel famoso documento del 5 giugno, abbia persino richiamato la necessità di apportare modifiche all'articolo 1, comma 1, lettera a), sopprimendo i numeri 2 e 5, e sopprimendo le lettere b) e c) e il comma 2.
Ora passiamo all'articolo 2 che riguarda la riforma degli interventi di reindustrializzazione. Prenderò in esame un comma modificato al Senato: il comma 12 dell'articolo 2. Tale comma prevede l'assegnazione di risorse finanziarie attraverso le revoche della legge n. 488 del 1992. Ciò solleva un problema, che ho appena richiamato in Commissione bilancio.
Onorevoli colleghi, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, Viceministro Urso, le economie derivanti da rinunce e revoche di iniziative agevolate ai sensi della legge n. 488 del 1992 sono state accertate dal Ministro dello sviluppo economico con il decreto n. 64 del febbraio 2008. Tali risorse, però, non sono state iscritte in bilancio sull'apposito fondo, poiché a novembre 2008 è intervenuto il decreto-legge n. 185, che all'articolo 11 ha stabilito che le suddette risorse fossero invece destinate al rifinanziamento del fondo di garanzia. Infatti, quando è intervenuto il decreto-legge n. 5 del 2009 (più noto come «decreto sulla rottamazione»), ha stabilito all'articolo 8 che le risorse in questione - sempre le stesse - venissero poste a copertura di una parte degli oneri derivanti dal decreto medesimo. Infatti, nella nota tecnica alla Commissione bilancio del 17 marzo ultimo scorso il Ministro dell'economia e delle finanze ha precisato che la copertura è basata esclusivamente sulle stesse risorse che sono impegnate per la copertura degli interventi di reindustrializzazione.
Allora, facendo ricorso ad un sentimento di assoluta benevolenza come componente dell'opposizione, è da presumere che le disponibilità finanziarie previste al comma 12 in esame siano ulteriori rispetto a quelle finora impegnate. Sorge quindi la domanda: quali sono le disponibilità finanziarie nel provvedimento? Le disponibilità sono quelle che al 30 ottobre si verificheranno, come è accaduto per i conti dormienti e con lo scudo fiscale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUDOVICO VICO. Allora, al netto della benevolenza di cui parlavo, la copertura non c'è. E se la copertura non c'è, c'è un'altra cosa: forse il Ministero dello sviluppo economico è stato sussunto dal Ministero dell'economia e delle finanze?
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

Pag. 42

PRESIDENTE. Onorevole Vico, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia ovviamente legittima la critica puntuale ai provvedimenti, però vorrei anche che non andasse perduta in questo caso la grande positività di quello in esame. Per questo motivo cercherò di sottolinearne il valore, perché credo che questo provvedimento, sia per l'ampiezza, sia per l'importanza delle materie che tratta, sia strategico per la competitività del nostro sistema economico.
Vorrei intervenire velocemente soprattutto su tre grandi aree, quelle toccate prevalentemente da questo disegno di legge: le imprese, l'energia e la semplificazione. Peraltro in premessa vorrei dare atto al Governo della grande disponibilità al contributo dei due rami del Parlamento, come abbiamo visto in questa Camera in prima lettura e come si è visto poi anche al Senato.
Innanzitutto, sulle reti di impresa possono essere anche condivisibili alcune osservazioni fatte dai colleghi che sono intervenuti, però io credo che questo sia un provvedimento comunque importante, senza il quale difficilmente riusciremmo a fare dei passi avanti da questo punto di vista. Pensare, come si dice spesso, che le nostre imprese per crescere debbano fondersi è utopistico e irrealistico, mentre invece la rete di imprese favorisce una cultura collaborativa che è tipica del sistema produttivo italiano, in particolare dei nostri distretti.
Ci sono anche alcune parti che riguardano proprio in senso stretto la competitività delle nostre imprese. Mi riferisco soprattutto al riordino degli incentivi per la ricerca e lo sviluppo e anche al riordino di tutta la materia dell'internazionalizzazione. In questo provvedimento, per la prima volta, e questo grazie al lavoro fatto alla Camera, è stata inserita una quota di riserva per le piccole e medie imprese; questa è la prima volta che accade, e non solo con una quota riservata ma anche attraverso forme semplificate di accesso. Questa è una modalità concreta di attuazione in anticipo, per primi, proprio del dettato della comunicazione dell'Unione europea nota come Small business act.
Sull'internazionalizzazione, questo disegno di legge poi interviene innanzitutto su un aspetto fondamentale, da tutto il sistema economico lamentato, finalmente dando una delega al Governo per dare risposte efficaci riguardo innanzitutto al coordinamento delle politiche per l'internazionalizzazione, che oggi sono frammentate. Oramai siamo al livello che addirittura i comuni pensano di fare attività di internazionalizzazione: senza una regia complessiva credo che non si faccia un grande servizio al nostro sistema economico. Oltre al fatto che, sempre sull'internazionalizzazione, questo disegno di legge prevede il riordino degli incentivi, ma anche il riassetto normativo complessivo e la flessibilizzazione degli strumenti per l'internazionalizzazione.
C'è poi una parte molto importante, che è stata sottolineata in apertura anche dal relatore Raisi, che riguarda l'aspetto della lotta alla contraffazione. Questa è importante, perché un altro dei temi che le nostre imprese e il nostro sistema economico si aspettano è proprio la tutela del made in Italy.
C'è anche una parte, credo importante, sulla difesa della proprietà intellettuale industriale, per poter difendere adeguatamente dal punto di vista civile questi diritti.
Tralascio il discorso sulla riforma della disciplina delle camere di commercio, che interviene anch'essa proprio con l'intento di abbreviare i tempi di un sistema che, delegato alle regioni, è diventato estremamente farraginoso: ci vogliono tre anni per sostituire un membro di una camera di commercio che decade per qualunque motivo; evidentemente, questo porta al blocco del sistema.
Il secondo grande tema è l'energia. È già stato detto giustamente, anche da alcuni colleghi della minoranza, che dobbiamo Pag. 43necessariamente ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese, perché se vogliamo continuare ad essere quello che siamo, cioè un Paese industriale e manifatturiero, non possiamo non intervenire in questo senso. Ricordo anche, comunque, che il nucleare resta una delle forme più pulite di energia. Tuttavia, questo provvedimento non affronta solo il nucleare. Esso prevede, infatti, un riordino degli incentivi per le fonti rinnovabili, che è un altro tema importante, perché mette ordine in una selva che rende difficile oggi agli operatori avere certezza ed orientarsi, e che quindi diventa un fattore di blocco per gli investimenti. Del pari, c'è una parte importante del provvedimento che riguarda il risparmio energetico, tanto più che in questo momento, fra l'altro, rilanciare investimenti nelle infrastrutture per l'energia diventa un elemento importante anche per una ripresa dell'economia in un momento di difficoltà.
Il terzo aspetto, che vorrei sottolineare e che riguarda trasversalmente tutti i temi, è la forte semplificazione su vari settori che questo disegno di legge introduce. Mi riferisco al grande tema delle imprese e dell'internazionalizzazione, che ho affrontato prima, ma anche a tutto ciò che riguarda i permessi che concernono i piccoli impianti, i rigassificatori, ma anche i grandi impianti.
Prima di concludere, vorrei svolgere solo una breve notazione anche sulla questione dei consumatori, che è stata evocata da diversi colleghi dell'opposizione. Credo che per introdurre una normativa equilibrata su questa materia, penso in particolare alla class action, occorra veramente riflettere bene, per evitare distorsioni. Un modello che funziona in un altro sistema giuridico non è detto che funzioni da noi allo stesso modo. Fra l'altro, negli stessi Stati Uniti, che sono la patria di questa azione, ci sono forti ripensamenti proprio per le distorsioni del mercato che un certo modo di intendere la class action sta di fatto comportando. Peraltro, ricordo che il nostro sistema giuridico ed anche giudiziario è profondamente diverso, e quindi credo che una riflessione attenta, adeguata, che porti ad una soluzione equilibrata, sia la migliore.
Faccio anche presente, sempre riguardo ai consumatori, che - nessuno l'ha sottolineato - grazie ad un emendamento della maggioranza viene introdotta una legge annuale per il mercato e la concorrenza: credo che questo sia un grande passo avanti, proprio per tutelare adeguatamente il mercato, e quindi le imprese, ed evidentemente anche i consumatori.
Concludo dicendo che si tratta di un provvedimento importante, come dicevo all'inizio, con tanti elementi attesi fortemente, soprattutto dalle nostre imprese; mi auguro una sua rapida approvazione e una celere attuazione delle deleghe, non per un risultato della maggioranza o del Governo, ma per il bene delle nostre imprese e delle famiglie di questo Paese.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1441-ter-C)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Raisi.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto del dibattito, che rispecchia più o meno quello che è stato anche il confronto in Commissione.
Mi permetto di fare una precisazione al collega Borghesi, che non c'è, e mi dispiace. Riguardo alla legge sull'editoria il collega ha fatto un elenco di giornali che in passato hanno ricevuto il contributo, però forse non sa che nel frattempo, alcuni mesi or sono, è stato varato il nuovo regolamento sull'editoria, che taglia molti di quei giornali che lui ha indicato, perché prevede dei criteri molto più rigidi.
Quindi, mi dispiace, signor Presidente, però anche rispetto all'altra volta, quando il collega ha svolto un analogo intervento, è subentrato questo nuovo regolamento della Presidenza del Consiglio che restringe Pag. 44molto i criteri di incentivi all'editoria, per cui buona parte di quei giornali indicati non rientrano più nei criteri oggi vigenti.
Come avevo già detto, sul tema della legge n. 488, al di là dei fondi che possono e devono essere integrati, vi sono già dei segnali in questo senso. Tuttavia, ritengo che sia un argomento che il Governo debba affrontare anche con il contributo di tutti, e credo che da parte di tutti quanti noi vi sia la massima disponibilità.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ADOLFO URSO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, innanzitutto intervengo per evidenziare la qualità del dibattito che anche oggi si è svolto in quest'Aula, a dimostrazione dello spirito di confronto e di dialogo che si è realizzato su questo provvedimento in Parlamento. Ringrazio il relatore, il presidente della Commissione e i commissari, per come hanno saputo implementare in questi mesi e in questo iter parlamentare il provvedimento con un analogo e significativo dibattito e confronto nelle Commissioni.
Inoltre, voglio rispondere ad alcuni colleghi parlamentari intervenuti, soprattutto a coloro che hanno evidenziato come il provvedimento è all'attenzione del Parlamento ormai da quasi un anno. Ritengo che un anno sia un tempo congruo, e lo è stato per approfondire quello che sicuramente è un provvedimento complesso perché organico, strutturale e direi strategico. Come hanno sostenuto sia i parlamentari di maggioranza, sia quelli delle minoranze e delle opposizioni, il provvedimento via via è stato migliorato con il contributo di tutti, così che molti degli articoli che prima l'onorevole Vico citava sono stati introdotti su iniziativa del Parlamento e molte delle modifiche evidenziate, ad esempio quelle nel campo delle liberalizzazioni (come prima l'onorevole Vignali citava), o nel campo dei consumatori (come qualcun altro denunciava), sono state introdotte dalle iniziative parlamentari che hanno via via arricchito il provvedimento in un confronto congruo. Ciò è avvenuto perché il provvedimento, come dicevo, è strategico e affronta l'intero campo delle potenzialità dello sviluppo: quelli dell'internazionalizzazione dell'energia, dei distretti, della lotta alla contraffazione, del diritto della proprietà intellettuale; quindi, affronta le diverse tematiche e sfaccettature della politica industriale del Paese. Ciò è avvenuto anche perché il Governo si è posto - sin dall'inizio il Ministro Scajola lo ha sottolineato ed evidenziato nei suoi interventi in Commissione - con un atteggiamento di apertura nei confronti delle proposte che venivano da qualunque parte del Parlamento, perché si riteneva e si ritiene che la politica industriale sia strategicamente importante e il contributo teso a migliorarla è sicuramente un elemento che il Governo deve porre in particolare attenzione.
L'arco temporale di un anno significa anche che è stato esaminato a lungo: il provvedimento è stato prima migliorato e implementato qui in Commissione; quindi al Senato, dove è stato migliorato e implementato in Commissione e in Aula; alla fine, nuovamente, in terza lettura qui alla Camera, e noi ci auguriamo tra breve al Senato, per completare quest'iter e per passare alla fase esecutiva. Qualcuno ha detto che vi sono state e vi sono molte deleghe. Certo, il provvedimento affronta molti aspetti e, peraltro, come si può evincere dal dibattito al Senato, anche alcuni esponenti delle opposizioni hanno presentato la richiesta di inserire alcune deleghe al Governo, in uno spirito costruttivo. Il Governo ha accettato l'inserimento di quelle deleghe, ma la proposta è venuta dall'opposizione, o da esponenti delle opposizioni che hanno ritenuto di porre nel provvedimento altri argomenti di rilievo attraverso lo strumento della delega al Governo. Ciò per dire che molto spesso lo strumento è stato utilizzato anche da coloro che oggi ne criticano l'eccessivo uso.
Come si evidenzia dal dibattito di oggi, il provvedimento affronta argomenti di diversa natura. Soprattutto, oggi, da diversi Pag. 45oratori, è stato evidenziato l'aspetto che riguarda il carattere della politica energetica del Governo. C'è chi ha affermato - ricordo l'onorevole Testa - che mancherebbe un quadro complessivo. In realtà, il Ministro Scajola ha detto, sin dall'inizio della legislatura, che, dopo questo provvedimento, avremmo indetto la Conferenza nazionale sull'energia, dopo tanti decenni, proprio per realizzare un quadro completo, alla luce delle modifiche che il Parlamento avrà nel frattempo realizzato con questo provvedimento, per utilizzare tutte le fonti energetiche, al fine di realizzare quel mix energetico che veda l'Italia finalmente all'avanguardia nel rispetto dell'ambiente, un mix energetico che dovrà quindi comprendere un 25 per cento di energia rinnovabile e un 25 per cento di energia nucleare. Questo è ciò che stanno facendo tutti i Paesi.
Porto in pochi secondi alcune esperienze delle mie ultime missioni internazionali. Recentemente in Malesia, in Cina, in Romania, ovunque vada, gli argomenti di politica industriale ed economica sono soprattutto incentrati sulla politica energetica delle rinnovabili e del nucleare. Anche i Paesi che ho citato prima, che non ne fanno uso, per esempio la Malesia, puntano con determinazione sull'energia rinnovabile e sull'energia nucleare.
Si è detto che negli Stati Uniti questa politica è stata accantonata, ma proprio poche ore fa il Presidente Obama ha varato un piano per la produzione di altra energia nucleare e approvato le proposte presentate da alcune imprese che volevano realizzare energia nucleare nel proprio territorio. Non è un caso se il Presidente degli Stati Uniti, che ha caratterizzato i suoi primi mesi presidenziali con una politica atta a tutelare l'ambiente e a sviluppare una politica sostenibile nel campo industriale, oggi concentri la sua attenzione proprio su una ripresa della produzione e degli impianti ad energia nucleare.
Credo che, quindi, l'Italia, con questo provvedimento, si ponga in linea con quanto sta accadendo negli altri Paesi, in qualche misura anche all'avanguardia rispetto a quello che deve accadere in altri Paesi. Noi speriamo che anche in queste ore, attraverso il dibattito parlamentare, il provvedimento possa essere ulteriormente migliorato e implementato, ma, nel contempo, ci auguriamo che la quarta lettura al Senato sia davvero quella conclusiva e ci consenta di realizzare quanto di importante è contenuto in questo provvedimento, nei vari aspetti che voi stessi avete evidenziato.
Per questo all'opposizione - e concludo - faccio rilevare che, nel contempo, mentre da una parte si sottolinea come il provvedimento si sia via via implementato di articoli e di modifiche, anche con il contributo dell'opposizione, e quindi sia continuamente migliorato, dall'altra parte, aumentano le critiche al provvedimento e le perplessità.
Se abbiamo migliorato insieme il provvedimento, mi auguro che, nel contempo, le perplessità si riducano, altrimenti non si capisce come bisogna operare per ridurre le perplessità. Con questa ultima annotazione, concludo questa discussione e mi auguro che nelle prossime ore si possano fare ulteriori passi in avanti.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
Considerata l'ora, l'ulteriore discussione generale all'ordine del giorno, quella sulla mozione concernente iniziative per l'affermazione dei diritti delle donne e per la parità di genere in vista del prossimo vertice del G8, avrà luogo al termine delle votazioni previste alla ripresa pomeridiana della seduta.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle 14 con il seguito della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge relativo agli eventi sismici nella regione Abruzzo.

La seduta, sospesa alle 13,50, è ripresa alle 14,05.

Pag. 46

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Antonione, Briguglio, Caparini, Cicchitto, Cota, Fiano, Milanato, Rosato e Urso sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1534 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile (Approvato dal Senato) (A.C. 2468).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile.
Ricordo che nella seduta del 17 giugno 2009 si è conclusa l'illustrazione degli ordini del giorno ed è stato espresso il parere sugli stessi da parte del rappresentante del Governo.

Sull'ordine dei lavori.

ALESSANDRO MARAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, da ormai dieci giorni assistiamo con preoccupazione e angoscia alla drammatica situazione che si è venuta a creare in Iran a seguito delle contestate elezioni presidenziali del 12 giugno scorso.
Le manifestazioni popolari che denunciano brogli sono state represse con violenza da parte delle autorità iraniane. Il Governo iraniano ha dichiarato illegali tutte le manifestazioni e ha imposto a tutti i giornalisti stranieri di uscire dal Paese.
Tutti abbiamo sotto gli occhi le immagini degli scontri tra manifestanti e forze di polizia e delle intollerabili violenze contro cittadini inermi che hanno portato alla morte di decine, forse di centinaia di persone.
Nei mesi scorsi il Governo italiano, in particolare il Ministro degli affari esteri, Frattini, ha dovuto cancellare per ben due volte un incontro in Iran con il Presidente della Repubblica islamica iraniana Ahmadinejad, dopo che le date erano già state fissate.
Lunedì 15 giugno l'Unione europea ha espresso la sua preoccupazione per le violenze in corso in Iran e ha chiesto la verifica scrupolosa del rispetto delle leggi elettorali.
In considerazione del fatto che all'Italia è attribuita la Presidenza del G8, cioè del gruppo dei Paesi democratici più sviluppati e industrializzati, mi permetto di sollecitare un'informativa urgente del Governo Pag. 47sulla situazione in corso, anche in ordine al prosieguo delle relazioni bilaterali e alla luce dell'invito, a suo tempo rivolto per il vertice del G8 di Trieste, e dei mancati incontri cui ho fatto cenno.

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 14,30.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 2468)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2468).
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Razzi n. 9/2468/1, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Catanoso, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/2468/2, se acceda all'invito al ritiro formulato dal Governo. L'onorevole Catanoso non è in Aula.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Cazzola n. 9/2468/3, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/2468/4, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/2468/4, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 243
Votanti 242
Astenuti 1
Maggioranza 122
Hanno votato
98
Hanno votato
no 144

Sono in missione 85 deputati).

Prendo atto che i deputati Ruggeri, Sbrollini, Vico, Boffa, Monai, Causi, Pes, Tassone, Mario Pepe (PD), Schirru, Porcino, Argentin, De Pasquale, Mazzarella, Ria, Di Stanislao, Ferranti e Samperi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che i deputati Allasia, Pagano, Toccafondi, Biasotti, La Loggia, Calderisi, Reguzzoni, Vignali, Giammanco, Antonino Foti, Taddei, Di Caterina, Dima, Testoni, Caldoro e Formichella hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Chiedo all'onorevole De Angelis, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/2468/5, se acceda all'invito al ritiro formulato dal Governo. L'onorevole De Angelis non c'è: s'intende abbia rinunciato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pelino n. 9/2468/6, accettato dal Governo.
Chiedo all'onorevole Caparini se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/7, accettato dal Governo. L'onorevole Caparini non è in Aula.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Cicu n. 9/2468/8, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Aracu n. 9/2468/9, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Tommaso Foti n. 9/2468/10 accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo. Pag. 48
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/2468/11, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Angeli n. 9/2468/12, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Madia n. 9/2468/13 (Nuova formulazione), accettato dal Governo, purché riformulato.
Onorevole Aprea, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/14, accettato dal Governo, purché riformulato?

VALENTINA APREA. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Lupi n. 9/2468/15, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno De Camillis n. 9/2468/16 accede all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gibiino n. 9/2468/17, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/2468/19, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pili n. 9/2468/20, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Toto n. 9/2468/21, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Guido Dussin n. 9/2468/22 (Nuova formulazione), accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Rainieri n. 9/2468/23 accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo.
Ricordo che l'ordine del giorno De Girolamo n. 9/2468/24 è stato ritirato.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mario Pepe (PdL) n. 9/2468/25, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Luciano Dussin n. 9/2468/26 e Lanzarin n. 9/2468/27, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Togni n. 9/2468/28, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Caldoro n. 9/2468/29, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Barani n. 9/2468/30, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Castellani n. 9/2468/31, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Vanalli n. 9/2468/32, Zamparutti n. 9/2468/33 e Maurizio Turco n. 9/2468/34, accolti dal Governo come raccomandazione, purché riformulati.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Bernardini n. 9/2468/35 e Laffranco n. 9/2468/36, accolti dal Governo come raccomandazione. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Scelli n. 9/2468/37, accettato dal Governo, purché riformulato. Pag. 49
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Girlanda n. 9/2468/38, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Paolo Russo n. 9/2468/39, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Farina Coscioni n. 9/2468/40, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Farina Coscioni n. 9/2468/40, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico... onorevole Mondello... onorevole Frassinetti... onorevole Delfino.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 388
Votanti 381
Astenuti 7
Maggioranza 191
Hanno votato
182
Hanno votato
no 199).

Prendo atto che le deputate Pes ed Argentin hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole e che il deputato Taddei ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Laura Molteni n. 9/2468/41, accettato dal Governo, purché riformulato. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Beltrandi n. 9/2468/42, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Beltrandi n. 9/2468/42, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 393
Votanti 390
Astenuti 3
Maggioranza 196
Hanno votato
191
Hanno votato
no 199).

Prendo atto che i deputati Argentin e Portas hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Compagnon n. 9/2468/43, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/2468/44, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/2468/44, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Latteri... onorevole Moroni, onorevole Valducci.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 400
Votanti 397
Astenuti 3
Maggioranza 199
Hanno votato
194
Hanno votato
no 203).

Prendo atto che il deputato Portas ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/2468/45 Pag. 50non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/2468/45, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Foti ha votato? Onorevole Moroni... onorevole Latteri... onorevole Mondello, non riesce proprio a votare?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 405
Votanti 403
Astenuti 2
Maggioranza 202
Hanno votato
198
Hanno votato
no 205).

Prendo atto che i deputati Portas ed Esposito hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Lunardi e Giacomoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Paladini n. 9/2468/46, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Messina n. 9/2468/47, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato.
Onorevole Piffari, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/48, accolto dal Governo come raccomandazione?

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del Governo perché quello in esame non è un ordine del giorno di poco conto. Si parla di agire sulla prevenzione. I terremoti che purtroppo ciclicamente colpiscono la nostra terra lasciano segnali anche per il futuro.
Dover predisporre un piano per interventi quanto meno programmatori sull'Appennino, su questo territorio che sa di vivere su una terra che si muoverà, come è già successo anche questa notte, credo che sia assolutamente necessario. Poiché non si tratta di un impegno che si traduce in termini immediati in capitoli di spesa chiedo al Governo se può accettare l'ordine del giorno n. 9/2268/48 da me presentato.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, il Governo potrebbe accettare l'ordine del giorno Piffari n. 9/2468/48 purché sia riformulato nella parte dispositiva sostituendo alle parole: «a impostare» le seguenti: «a valutare l'opportunità di impostare». Quindi, il Governo accetta l'ordine del giorno n. 9/2468/48 purché sia riformulato come detto.

PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Piffari n. 9/2468/48, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Palomba n. 9/2468/49, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Scilipoti n. 9/2468/50, non accettato dal Governo.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia Pag. 51firma all'ordine del giorno Scilipoti n. 9/2468/50 e per spiegare anche le ragioni di un Governo che, come stiamo vedendo anche in questa triste occasione, sta fallendo il suo compito. È questa la ragione per la quale ritengo che non bisogna parlare del Presidente Berlusconi in ordine a «puttanizzi», a scandali di altro genere, a gossip o a scosse, perché se pensiamo alle scosse, se pensassimo solo al terremoto che potrebbe capitare al Presidente Berlusconi! Dico ciò perché all'estero non ci sono magistrati comunisti. Eppure a L'Aja, alla procura europea, ad Eurojust, chissà se quelle indagini che probabilmente riguardano il capo del Governo, che stanno lì a nicchiare da un po' di tempo.
Chissà se lì il bravo magistrato anticomunista, Cesare Martellino, l'ex procuratore di Terni, l'amico dell'ex Ministro Previti... Chissà cosa succederebbe se da Eurojust, dalla procura europea, dalle indagini internazionali...

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, mi scusi: lei ha chiesto la parola per annunciare la sua volontà di aggiungere la firma all'ordine del giorno in esame. Immagino che lei conosca il tenore dell'ordine del giorno e la prego quindi di spiegare perché aggiunge la sua firma, se lo ritiene, all'ordine del giorno, che ha un argomento ben definito. La prego di stare sul tema.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, la sto prendendo un po' più da lontano per cercare di argomentare il fallimento del Governo di centrodestra, del Governo Berlusconi.

PRESIDENTE. Prego, proceda.

FRANCESCO BARBATO. Il Governo Berlusconi anche sull'Abruzzo ha tradito ed ha fallito. Anche in un momento di disgrazia, il Presidente Berlusconi immagina di potersene uscire con una dentiera ad una vecchietta. Quella dentiera gliela restituiremo tra qualche giorno, perché l'orgoglio e la dignità degli abruzzesi non valgono una dentiera (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Dovrebbe fare invece qualcosa di più serio. Non possiamo tenere i terremotati dell'Abruzzo sotto le tende: neanche in Afghanistan è successo, quando vi è stato il terremoto da quelle parti. Pure lì vi è maggiore rispetto per i terremotati (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Allora, il problema è che, forse, non si cerca di risolvere il problema dell'Abruzzo. Probabilmente, con Bertolaso, non si cerca di aiutare la Protezione civile ed i cittadini, ma si cerca di favorire gli amici, gli amici degli amici, le imprese che devono fare quei lavori, come è successo già in Sardegna, a La Maddalena, dove ci sono alcune imprese, le mogli dei presidenti dei consigli superiori dei lavori pubblici che si aggiudicano gli appalti. Forse pensano di fare la stessa cosa anche per l'Abruzzo. Insomma, l'Abruzzo deve tradursi in un grande affare per le imprese, per gli amici e per gli amici degli amici: questo è ciò che deve succedere in Abruzzo, invece se ne fregano dei terremotati, del disagio e della sofferenza della gente abruzzese (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Perciò è fallito il Governo Berlusconi e su questo dobbiamo incalzarlo, perché abbiamo visto già come è finito il mito di Berlusconi e come il centrosinistra... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, intervengo per contestare correttamente quanto diceva l'onorevole Barbato. La Commissione affari sociali stamani si è recata in Abruzzo a visitare l'ospedale San Salvatore e i terremotati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Vada a vedere cosa è stato fatto da questo Governo, non le fandonie che racconta a voi che non avete visto Pag. 52niente. Lei si deve vergognare, onorevole Barbato, a dire queste cose (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Onorevole Di Virgilio!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Scilipoti n. 9/2468/50, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moroni... Onorevole Coscia... Onorevole Mondello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 426
Votanti 420
Astenuti 6
Maggioranza 211
Hanno votato
187
Hanno votato
no 233).

Prendo atto che i deputati De Micheli e Ciccanti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Lunardi e Giacomoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Misiti n. 9/2468/51 ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Misiti n. 9/2468/51, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moroni... Onorevole Leo... Onorevole Berardi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 429
Votanti 426
Astenuti 3
Maggioranza 214
Hanno votato
209
Hanno votato
no 217).

Prendo atto che il deputato Ciccanti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati Giacomoni, Lunardi, Berruti e Rampelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che l'onorevole Borghesi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/52, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che l'onorevole Evangelisti insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/53, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/2468/53, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mondello... onorevole Moroni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 434
Votanti 432
Astenuti 2
Maggioranza 217
Hanno votato
212
Hanno votato
no 220).

Prendo atto che il deputato Porcino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Rampelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione rispettivamente degli ordini del giorno Pag. 53Aniello Formisano n. 9/2468/54 e Monai n. 9/2468/55, accettati dal Governo, purché riformulati.
Prendo atto che l'onorevole Zazzera insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/56, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zazzera n. 9/2468/56, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Consolo... onorevole Leo... onorevole Sardelli... onorevole Cirielli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 435
Votanti 431
Astenuti 4
Maggioranza 216
Hanno votato
210
Hanno votato
no 221).

Prendo atto che il deputato Rampelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che la deputata D'Antona ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Tortoli n. 9/2468/57, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Conte n. 9/2468/58, accettato dal Governo, purché riformulato.

PIERLUIGI MANTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, mi scuso, forse sono stato intempestivo, ma con riferimento all'ordine del giorno Tortoli n. 9/2468/57, vorrei porre, con richiamo al Regolamento, una questione...

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, mi scusi, ma non può più farlo, perché siamo già passati all'ordine del giorno successivo.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, allora vorrei intervenire con riferimento all'attuale ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, poiché il parere espresso dal Governo è stato fornito nella scorsa seduta e al termine di un esame che ha visto la presenza solo dei colleghi direttamente interessati, anche le proposte di riformulazione sono state fornite in un'Aula vuota.
Vorrei solo ricordare, ma probabilmente è ultroneo, che le riformulazioni possono essere anche richieste, o precisate, al Governo, in questa sede. Ad esempio, l'ordine del giorno su cui ci siamo espressi poc'anzi, che riguarda l'equiparazione delle vittime del terremoto alle vittime civili, è riformulato, ma in quale modo? Credo che sfugga all'Assemblea, perché quando sono stati resi i pareri, nessun collega era presente.

PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Conte n. 9/2468/58, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che l'onorevole Leo non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/59, accolto dal Governo come raccomandazione.

GIOVANNI LOLLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Sull'ordine del giorno Leo n. 9/2468/59?

GIOVANNI LOLLI. Sì, signor Presidente, chiedo di apporre la mia firma all'ordine del giorno Leo n. 9/2468/59.

Pag. 54

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno De Girolamo n. 9/2468/60, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Narducci n. 9/2468/61, accolto dal Governo come raccomandazione.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, non capisco la logica: gli ordini del giorno Di Biagio n. 9/2468/11 e Angeli n. 9/2468/12, che recano praticamente lo stesso obiettivo, sono stati accettati, mentre l'ordine del giorno a mia prima firma è stato solo accolto come raccomandazione. Era solo per avere chiarezza.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/61, anche se il Governo non ritiene di rispondere?

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, se il Governo non ritiene di rispondere, non insisto per la votazione, però, francamente, ciò è incomprensibile.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettano la riformulazione dell'ordine del giorno Mantini n. 9/2468/62 accettato dal Governo, purché riformulato.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, ho avuto il privilegio e l'accortezza di ascoltare la riformulazione, pur nell'Aula vuota, da parte del Governo. Per quanto riguarda la riformulazione di questo ordine del giorno, che riguarda il rispetto dell'impegno assunto dal Presidente del Consiglio dei ministri circa gli indennizzi per le seconde case e per le case dei non residenti del centro storico, nella proposta del Governo, ci si riferisce ai soli immobili vincolati o dichiarati di interesse storico, artistico o paesistico dai comuni e dalle sovrintendenze. È uno dei punti centrali dell'intero nostro dibattito e anche dei diritti che i cittadini colpiti dal terremoto chiedono che siano riconosciuti.
La riformulazione proposta dal sottosegretario Menia è molto distante da questo ordine del giorno. Infatti, in esso faccio riferimento - e il testo è di poche parole proprio per essere preciso - agli indennizzi per le case anche dei non residenti e per le seconde case comprese nel centro storico. La riformulazione, invece, propone un criterio, quello del pregio storico-artistico e degli indennizzi solo agli immobili vincolati o dichiarati di pregio storico-artistico, che è molto distante dal testo di questo ordine del giorno e dalla realtà del centro storico dell'Aquila.
Dunque, non posso accogliere la riformulazione e chiedo che il suddetto ordine del giorno sia posto in votazione. Naturalmente, se il Governo volesse fornire ulteriori precisazioni, sulla base delle mie parole, magari per smentire la mia interpretazione, gliene sarei grato.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Onorevole Mantini, posso risponderle e anche precisare il senso di quanto ho affermato. In realtà, mi pare che la riformulazione che le proponevo non facesse altro che riprendere quanto lei affermava in premessa. A proposito delle cosiddette seconde case, si trattava di individuare il quadro delle stesse.
Nel testo normativo che andiamo ad approvare - voglio far presente - la seconda casa, o cosiddetta seconda casa, è prevista in due diversi articoli. Il primo è l'articolo 3, che riguarda le ricostruzioni, che, al primo comma, lettera e), prevede «la concessione di contributi, anche con le modalità del credito d'imposta, per la ricostruzione o riparazione di immobili diversi da quelli adibiti ad abitazione principale, nonché di immobili ad uso non abitativo distrutti o danneggiati.»
Sull'altra ipotesi di «seconda casa», quella che riguarda i non residenti, vi è un impegno, confermato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con nota più volte evocata nel corso di questo dibattito, che riguarda tutti gli edifici che vengono individuati Pag. 55dalla sovrintendenza e dai sindaci come edifici di interesse artistico, storico, architettonico, paesaggistico e via discorrendo.
Quindi, mi limito a chiedere all'onorevole Mantini di modificare il dispositivo del suo ordine del giorno, specificando che le cosiddette seconde case (per ciò che riguarda la seconda accezione, perché per quanto riguarda la prima, quella riferita ai residenti, essa è già compresa nel testo normativo) sono quelle riconosciute come immobili «di valore storico e artistico, nonché gli immobili che, a giudizio dei sindaci e della sovrintendenza, hanno rilievo ambientale e paesaggistico». Questa è la riformulazione che proponevo e che vi chiedo di approvare; se così non fosse, ci rimetteremo al voto dell'Assemblea, ma, in questo caso, daremo un'indicazione negativa.

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, accoglie le riformulazione?

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, purtroppo, come avevo già anticipato, essa è stellarmente e sostanzialmente diversa da questo ordine del giorno - il che sarebbe poca cosa -, ma lo è anche dalle richieste e dai sacrosanti diritti dei cittadini dell'Aquila. Quindi, chiedo che si vada al voto.

PRESIDENTE. Sta bene.

TOMMASO GINOBLE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOMMASO GINOBLE. Signor Presidente, chiedo di apporre la mia firma all'ordine del giorno Mantini n. 9/2468/62.

PRESIDENTE. Prendo atto che anche l'onorevole Di Stanislao ha chiesto di apporre la firma all'ordine del giorno Mantini n. 9/2468/62.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mantini n. 9/2468/62, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moroni... l'onorevole Mazzuca ha votato? Onorevole Vico? Onorevole Coscia? Onorevole Sposetti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
220
Hanno votato
no 227).

Prendo atto che le deputate D'Antona e Anna Teresa Formisano hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole e che il deputato Berruti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Libè n. 9/2468/63, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Polledri n. 9/2468/64, Marsilio n. 9/2468/65 e Realacci n. 9/2468/66, accettati dal Governo, purché riformulati.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lo Monte n. 9/2468/67, accolto dal Governo come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Mecacci n. 9/2468/68, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Fedi n. 9/2468/69, accolto dal Governo come raccomandazione. Pag. 56
Prendo atto che l'onorevole Tenaglia non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/70 (Nuova formulazione), accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Ginoble n. 9/2468/71, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Ginoble n. 9/2468/71, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moroni... onorevole Conte... onorevole Coscia... onorevole Murer... onorevole Vico... onorevole Barbato...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 450
Votanti 449
Astenuti 1
Maggioranza 225
Hanno votato
222
Hanno votato
no 227).

Prendo atto che il deputato Berruti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Chiedo all'onorevole Duilio se accetti la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/72, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato.

LINO DUILIO. Signor Presidente, intervengo semplicemente per ringraziare il sottosegretario dell'attenzione che ha portato ad una riformulazione che peraltro accetto volentieri, chiedendogli tuttavia di modificare il parere e di accettare l'ordine del giorno in quanto tale e non accogliendolo come raccomandazione perché credo che nella sostanza, con la modifica apportata, anche il sottosegretario - almeno lo spero - possa dare parere favorevole.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, di fatto vi è un'informale intesa su questo. Per me va bene, possiamo anche accettarlo pienamente, modificando però la seconda parte del dispositivo, relativa all'impegno a presentare al Parlamento una relazione (a parte il fatto che già nel testo normativo che andiamo approvando è prevista una relazione anche se di carattere generale al Parlamento); a questo punto lo accetto con la seguente riformulazione del dispositivo che probabilmente ho già presentato nel corso dell'ultima seduta: dopo le parole: «a effettuare un accurato monitoraggio dell'impatto e degli effetti delle pratiche di gioco sulla popolazione», aggiungere le seguenti: «assicurando adeguata conoscenza e pubblicità dei risultati». In questo senso il Governo accetta l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che l'onorevole Duilio accetta la riformulazione e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2468/72, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Margiotta n. 9/2468/73, accolto dal Governo come raccomandazione.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Lolli n. 9/2468/74, non accettato dal Governo.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, francamente sono un po' perplesso, perché siamo al punto di cui abbiamo tanto discusso durante l'esame degli emendamenti relativo ai non residenti. Avete affermato che si sarebbe intervenuti successivamente con altre iniziative, o un'ordinanza Pag. 57o una legge. Con questo ordine del giorno si impegna semplicemente il Governo ad assicurare, nell'ambito della propria iniziativa legislativa - quindi decide lui - le risorse necessarie a garantire la ricostruzione nei centri storici anche ai non residenti. Dunque, bocciare questo ordine del giorno senza neanche chiedere una riformulazione vuol dire davvero che per i non residenti non si prevede nulla e quindi tutta la discussione che abbiamo svolto mi lascia a questo punto un po' perplesso. Forse ho capito male, magari se il sottosegretario è così gentile da spiegarmelo lo ringrazio.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Onorevole Lolli, glielo spiego volentieri. Possiamo anche discutere di un'eventuale riformulazione, ma è evidente che tutte le premesse sono riportate al negativo: «desta preoccupazione l'indeterminata e generica», «nel decreto-legge c'è un'assoluta mancanza di chiarezza»; sarebbe illogico da parte mia affermare che tali premesse vadano bene.
Potremmo, quindi, espungere la premessa e accordarci sulla riformulazione del dispositivo che suoni, ad esempio, come quella che ho proposto poco fa e che riguardava le seconde case, quindi circoscrive l'ambito all'interno del quale vi è l'impegno del Governo sulle seconde case a quelle che vengono individuate dai sindaci e dai sovrintendenti come edifici di interesse artistico, architettonico, paesaggistico e ambientale. Sotto questo profilo va bene.

GIOVANNI LOLLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, qui stiamo parlando dei non residenti e non delle seconde case, è un concetto un po' diverso, abbia pazienza. Ho capito, sulle seconde case ha risposto, ma in questo caso si vuole o no prevedere, gradualmente o come volete voi, qualche misura anche per i non residenti? Capisco che la prima parte può essere...

PRESIDENTE. Sta bene, è chiaro.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei rivolgermi al sottosegretario Menia. Signor sottosegretario, durante la discussione sulle linee generali e l'esame degli emendamenti dentro quest'Aula, di fronte alla mancanza di un impegno legislativo, transitava un comunicato stampa di palazzo Chigi, che faceva anche seguito a delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, in funzione del quale ci avete assicurato che non era necessario produrre cambiamenti attraverso emendamenti a questo provvedimento, perché lì chiaramente si dava già una risposta positiva alle preoccupazioni che ha appena sollevato il collega Lolli.
La pregherei pertanto, signor sottosegretario, di valutare il fatto che stiamo parlando di un ordine del giorno. Capisco che lei chieda la caducazione delle premesse, che sono critiche rispetto al Governo, ma l'impegno mette in evidenza un aspetto che era chiarissimo a tutti, a noi dell'opposizione e a voi della maggioranza, al Presidente del Consiglio quando si è recato in Abruzzo e anche a chi ha stilato il comunicato della Presidenza del Consiglio. Mettere in discussione adesso il senso di tutto quello che ci avete spiegato fino a ieri di fronte a un ordine del giorno del quale siamo disposti ad espungere la premessa mi sembra un po' ridicolo.

ROBERTO TORTOLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 58

ROBERTO TORTOLI, Relatore. Onorevole Giachetti, quando abbiamo discusso di questo argomento in quest'Aula i suoi colleghi e lei stesso avete più volte insistito chiedendo di mettere nel decreto-legge quello che appariva in maniera chiara nel comunicato stampa di palazzo Chigi (ed erano anche le parole espresse in conferenza stampa dal Presidente Berlusconi).
Il sottosegretario Menia sta suggerendo proprio questo, la posizione diversa dell'onorevole Menia rispetto ai colleghi del Comitato dei nove è proprio questa. Se il problema è quello di inserire un impegno esattamente quale quello del comunicato stampa di palazzo Chigi non c'è problema neanche da parte del sottosegretario Menia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Lolli n. 9/2468/74, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Moroni... onorevole Coscia... onorevole Vico... onorevole Coscia... l'onorevole Moroni ha votato... onorevole Mazzuca... onorevole Mura... onorevole Latteri?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 460
Votanti 459
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato
228
Hanno votato
no 231).

Prendo atto che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'ordine del giorno Amici n. 9/2468/75. L'onorevole Amici non è presente.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei successivi ordini del giorno Bressa n. 9/2486/76, Fontanelli n. 9/2486/77 e Motta n. 9/2486/78, accettati dal Governo, purché riformulati.
Passiamo all'ordine del giorno Lulli n. 9/2486/79, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato. Constato l'assenza dell'onorevole Lulli.
Passiamo all'ordine del giorno Coscia n. 9/2486/80, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei farle osservare che l'ordine del giorno Lulli n. 9/2486/79 non era firmato solo dall'onorevole Lulli, ma che c'erano altri sottoscrittori presenti in Aula, tra cui anche l'onorevole Lolli, per cui deve essere posto in votazione.

PRESIDENTE. Se l'onorevole Lolli lo avesse chiesto; se l'onorevole Lolli non chiede nulla si prosegue. In ogni caso siamo già all'ordine del giorno Coscia n. 9/2486/80.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Coscia n. 9/2486/80, accolto dal Governo come raccomandazione, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno De Pasquale n. 9/2486/81, accettato dal Governo, purché riformulato.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, so che dovrei conoscerla, ma potrebbe essere così gentile da rileggere la riformulazione?

PRESIDENTE. Onorevole Menia, vuole dare lettura della riformulazione proposta?

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, la riformulazione Pag. 59è semplicissima, perché di fatto non riformula nulla nell'impegno. È evidente che il Governo non può accettare in premessa che le misure presenti nel provvedimento siano largamente insufficienti a dare risposte esaustive. Quindi la riformulazione consiste nel cassare questa parte della premessa, mentre sull'impegno siamo d'accordo.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno De Pasquale n. 9/2486/81, accettato dal Governo, purché riformulato.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno De Torre n. 9/2486/82, accettato dal Governo, purché riformulato.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, immagino che la riformulazione sia analoga, quindi la accetto e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Ghizzoni n. 9/2486/83, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Siragusa n. 9/2486/84, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Sereni n. 9/2486/85 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Sereni n. 9/2486/85, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mondello, onorevole Moroni, onorevole Bocchino, onorevole Delfino... hanno votato tutti? Onorevole Cesaro... onorevole Cesaro, voti. L'onorevole Vico non ha votato? Onorevole Grassi, non riesce?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 463
Votanti 461
Astenuti 2
Maggioranza 231
Hanno votato
228
Hanno votato
no 233).

Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Vannucci n. 9/2486/86 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Vannucci n. 9/2486/86, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Angeli, onorevole Pollastrini, onorevole Ciriello...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ) (Commenti).

(Presenti 460
Votanti 458
Astenuti 2
Maggioranza 230
Hanno votato
229
Hanno votato
no 229).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Livia Turco n. 9/2468/87, accolto come raccomandazione dal Governo.
Chiedo all'onorevole Calvisi se insiste per la votazione del suo ordine del giorno Pag. 60n. 9/2468/88, accolto dal Governo come raccomandazione, se riformulato.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Menia per aver accolto come raccomandazione l'ordine del giorno. Il fatto è che noi già troviamo insufficiente che delle questioni importanti per la Sardegna che attengono ad opere pubbliche e ad un migliore trattamento per le imprese impegnate nei lavori del G8 siano considerate in un ordine del giorno, perché volevamo degli impegni vincolanti nelle norme del provvedimento che abbiamo discusso la scorsa settimana. Quindi, un accoglimento come raccomandazione ci sembra davvero poca cosa. Dunque, insisto per la votazione, ringraziando comunque il sottosegretario Menia per lo sforzo fatto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Calvisi n. 9/2468/88, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti... onorevole Moroni... onorevole Mondello... onorevole Coscia... onorevole Corsini... onorevole Latteri...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 466
Votanti 464
Astenuti 2
Maggioranza 233
Hanno votato
228
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bocci n. 9/2468/89, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Braga n. 9/2468/90, accettato dal Governo se riformulato.
Prendo che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Mastromauro n. 9/2468/91 e Mariani n. 9/2468/92, accolti come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Costa n. 9/2468/93, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Massimo Parisi n. 9/2468/94, Toccafondi n. 9/2468/95 e Palmieri n. 9/2468/96, accolti come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Picchi n. 9/2468/97, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Minardo n. 9/2468/98, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Mazzoni n. 9/2468/99, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Versace n. 9/2468/100, accettato dal Governo se riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Catone n. 9/2468/101 e Servodio n. 9/2468/102, accolti come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Palumbo n. 9/2468/103, accettato dal Governo se riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Antonino Foti n. 9/2468/104, accettato dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

Pag. 61

In morte dell'onorevole Pietro Armani (ore 15,20).

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, comunico all'Assemblea che è venuto a mancare nei giorni scorsi l'onorevole professor Pietro Armani, economista, professore universitario, già membro della Camera dei deputati nella XIII, XIV e XV legislatura. Chi ha avuto modo di conoscerlo, credo lo ricordi come un collega il cui tatto umano e il cui garbo lo facevano considerare da tutti non soltanto, per quel che certamente era, un economista di vaglia e un uomo che aveva grande senso delle istituzioni, ma anche come un collega da cui si poteva apprendere, al di là delle diverse valutazioni politiche, molto in ambito di politiche economiche e, più in generale, nell'ambito di quello che deve essere il rapporto che intercorre tra lo Stato e l'economia.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 15,25).

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2468)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Constato l'assenza dell'onorevole Iannaccone, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, con questo intervento vi ricordo quali sono le questioni ancora irrisolte e qual è la posizione dell'Italia dei Valori. Nella prima fase dell'emergenza è stato svolto un lavoro straordinario, nel quale il servizio di Protezione civile ha fornito un esempio di buona organizzazione ed efficienza della macchina operativa inerente ai primi soccorsi. Ora che i riflettori tendono a spegnersi sull'emergenza Abruzzo e si vedono più ombre che luci, occorre ragionare su come affrontare la seconda fase, quella della ricostruzione, quella vera.
In tal senso risulta molto importante rimettere in moto il processo produttivo dell'economia aquilana e di quella abruzzese, così come è stato fatto in occasione del terremoto in Umbria e nelle Marche, attraverso un sostegno forte e deciso teso ad una concreta ed effettiva ripresa delle attività produttive, turistiche, commerciali ed artigianali, introducendo norme indirizzate a risarcire gli imprenditori non solo dei danni subiti ma anche dei mancati guadagni sofferti a causa del sisma, nonché a fornire una sistemazione alle persone prive di alloggio.
Occorre quindi avviare un processo di normalizzazione della realtà che comporti anche la ripresa delle attività scolastiche e universitarie, onde evitare che solo chi non ha opportunità diverse si fermi in quei territori colpiti dal sisma del 6 aprile. Occorre dunque garantire e assicurare che a settembre possa ripartire con regolarità l'anno scolastico.
Esiste poi un problema di governance. In tal senso le istituzioni locali devono svolgere un ruolo primario nella ricostruzione di quei territori, avendo la possibilità di poter contare non solo su strutture e locali dove poter operare, ma anche su entrate finanziare che al momento sono venute a mancare. Occorre inoltre essere consapevoli che se veramente si vuole far rivivere i centri storici delle città e dei paesi danneggiati dal terremoto occorre prendere in considerazione anche le seconde case, individuando meccanismi che coinvolgano quei soggetti che non avendo la residenza in quei luoghi non possono beneficiare dei contributi. Rimane, infine, aperto il problema di come assicurare che tutti gli edifici vengano messi in sicurezza rispetto al rischio sismico. Importante è Pag. 62altresì che gli indennizzi per gli espropri dei terreni siano rapportati al valore del bene attuale e non a quello antecedente all'evento sismico.
Il Parlamento, caro Presidente e colleghi, avrebbe dovuto contribuire a dare certezze sul piano normativo, sia per quanto riguarda i tempi, sia per quanto riguarda le risorse messe a disposizione della ricostruzione. Ma non gli è stato possibile, anzi gli è stato impedito, perché il Governo, e in particolare il suo Ministro dell'economia, hanno ritenuto di blindare letteralmente il provvedimento: tutto è rimandato a futuri ulteriori provvedimenti per affrontare alcune questioni oggi niente affatto definite.
Tutto ciò è sbagliato, assolutamente sbagliato. Questo sarebbe stato, infatti, il momento, qui ed ora, in questo ramo del Parlamento, in cui era non solo opportuno, ma assolutamente necessario definire un provvedimento organico, capace di dare una risposta completa alle popolazioni abruzzesi e di scongiurare il rischio grave di una ricostruzione insufficiente gestita dal Governo centrale attraverso lo strumento delle ordinanze e quasi senza alcuna possibilità di controllo e di potere decisionale, da un lato, del Parlamento, umiliato, esautorato ed espropriato di ruolo e di funzioni e, dall'altro, delle amministrazioni locali che dovrebbero essere, invece, le vere protagoniste della ricostruzione dei propri territori.
Bisogna, invece, caro Presidente e colleghi, abbassare il baricentro decisionale a livello delle istituzioni locali, onde evitare errori nelle scelte e nella declinazione del futuro degli aquilani.
Invece, per tutta risposta il problema della governance lo avete risolto nel senso di una chiusura di fronte ad una richiesta di maggior coinvolgimento dei comuni e delle autonomie territoriali, mantenendo così invariato l'assetto pesantemente centralista del provvedimento che, se giustificabile e comprensibile nella prima fase emergenziale, rischia invece ora di divenire foriero di problemi istituzionali ove applicato ad una fase ricostruttiva che prevede interventi fino al 2033 ed anche oltre.
Andate avanti per tentativi e per errori, il che vi condurrà, da qui a breve, ad approvare un provvedimento che non è in grado di dare vere risposte e certezze per la ricostruzione. Badate bene, questo decreto-legge non piace ai 70 mila sfollati tant'è che il Premier, nella sua visita in Abruzzo dell'altro giorno, si è ben guardato dall'incontrare le popolazioni, ma ha preferito sorvolare i territori colpiti con l'elicottero. Il provvedimento non piace tanto meno agli amministratori locali, a cominciare dai quarantanove sindaci dell'area del cratere le cui richieste legittime, anche minime, sono state del tutto disattese.
Si era arrivati a chiedere da parte dell'Italia dei Valori e non solo, ma inutilmente, anche solo pochi punti irrinunciabili. Il primo: una maggiore copertura finanziaria per la zona franca urbana; il secondo: più fondi e norme specifiche per la ricostruzione dell'importante patrimonio artistico e architettonico ora compromesso; il terzo: compensazioni per mancati introiti fiscali degli enti locali; il quarto ed ultimo: il rimborso totale per la ricostruzione di tutte le abitazioni comprese le seconde case ore escluse nonostante alcune iniziali aperture del Governo.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto è indispensabile ricordare che il fenomeno dei non residenti è molto esteso, in quanto essi sono particolarmente numerosi nei borghi danneggiati dal sisma e riguarda numerosissime abitazioni comprese quelle acquistate per finalità turistiche.
Vale la pena di ricordare che a L'Aquila i non residenti sono circa il 40 per cento, mentre nei borghi superano spesso il 60 per cento. Parliamo, quindi, di una fetta grandissima di possessori di case che in questo momento non hanno alcuna certezza né in ordine al come e al quando, né soprattutto in che misura sarà loro garantita la ricostruzione. Pag. 63
A tutto questo il Governo è stato sordo e qui alla Camera, sostenuto da tutta la sua obbediente maggioranza, non ha voluto cambiare neanche una sola virgola, seppure aveva convenuto, in più occasioni, sulla necessità di modificare in diversi punti il decreto-legge.
Da parte sua l'opposizione, con l'Italia dei Valori in testa, ha voluto dimostrare tutta la sua disponibilità e tutta la sua responsabilità ritirando la gran parte degli emendamenti presentati in Commissione proprio con la speranza di aprire un confronto significativo con la maggioranza e con il Governo su questo decreto-legge teso a non a ricalcare schemi logori di contrapposizione ideologica assolutamente lontani dalle aspettative della gente.
Tutto quello che si doveva fare andava fatto subito qui, già in questi giorni e con questo decreto-legge; invece no, non avete voluto dare risposte sul come e sul quando della ricostruzione, non avete dato certezze, ma avete dispensato solamente proclami e promesse. Alle richieste delle popolazioni locali e dell'opposizione il Governo, in pratica, ha risposto: state tranquilli che interverremo, faremo, ma non adesso, non con questo decreto; non vi preoccupate che ci pensiamo noi, lasciateci lavorare, vedrete tutto nei provvedimenti che verranno emanati dalla Protezione civile e dal Governo.
Ciò detto, caro Presidente e cari colleghi, chiacchiere a parte, resta comunque accertato che gli oltre 8 miliardi di euro da spendere nei primi tre anni, tanto vantati dal Presidente del Consiglio all'esito della riunione del Consiglio dei Ministri de L'Aquila del 23 aprile scorso, sono in realtà poco più di 1 miliardo 700 milioni per i primi due anni e, nel complesso, alla ricostruzione sono stati dedicati solo 3 miliardi 165 milioni i quali, però, saranno disponibili solo dal 2010 e fino al 2033 ed oltre.
Per quanto riguarda le attività produttive, mancano molti elementi basilari sulle modalità attuative, gli importi e i tempi sui quali ciascuna singola impresa potrà contare per la ripresa delle attività, la platea effettiva dei beneficiari, lasciando così i cittadini e le imprese in una situazione di notevole incertezza. È evidente che, fino a quando gli imprenditori locali non avranno certezze in questo senso, non faranno ripartire, o meglio non riusciranno a far ripartire le loro attività e, quindi, l'economia locale.
A ben vedere, il quadro entro cui l'alchimista, il Presidente del Consiglio, reitera e si ostina nella pratica dell'illusionismo e delle scatole cinesi è drammaticamente desolante.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AUGUSTO DI STANISLAO. Bisognava organizzare la speranza e non creare false illusioni. Oggi, ritardi e pressappochismi stanno prefigurando un nuovo e diverso modello di sviluppo socioeconomico in Abruzzo, cioè proprio quello che temevano gli abruzzesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Di Stanislao, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 15,30)

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il gruppo dell'UdC ha seguito ovviamente con l'intero Paese, sin dal primo momento, con apprensione e crescente commozione il dramma del terremoto in Abruzzo. Abbiamo apprezzato sin dai primi atti l'efficacia dei soccorsi, il lavoro strenuo della Protezione civile e via via di tutti i corpi volontari, dei vigili del fuoco e di tutti i volontari impegnati in Abruzzo sotto il coordinamento del Governo.
Quest'ultimo ha assunto le prime misure con efficacia e dando vita anche ad un contesto arricchito da una straordinaria Pag. 64solidarietà nazionale e internazionale. Questa solidarietà è e resta un bene prezioso che non intendiamo disperdere. È una solidarietà anche tra le forze politiche e tra le istituzioni, perché la sciagura e i drammi del terremoto in Abruzzo potranno essere leniti ed affrontati solo attraverso un'azione coesa, consapevole, difficile e duratura nel tempo.
Dunque, è con un certo disagio politico e anche umano che abbiamo annunciato, con le stesse parole del presidente Casini nel corso dell'esame, una nostra posizione ferma anche nell'indicazione di voto su questo decreto-legge, con stretto riferimento agli impegni formalmente e solennemente assunti dal Premier dinanzi agli abruzzesi.
Vogliamo trascurare qui alcune parole «dal sen fuggite» probabilmente, che pur hanno accompagnato le molte visite di uomini di Governo sui territori abruzzesi: l'invito a stare tranquilli perché si sarebbe stati ospiti in villa; gli inviti a stare tranquilli perché ci sarebbero state crociere per i terremotati; gli inviti ad essere sereni perché comunque a settembre tutti avrebbero avuto un tetto sulla testa e, quindi, la casa costruita. Dinanzi a questi fatti non abbiamo voglia di polemiche, tuttavia sono tutte affermazioni di una certa gravità e assai distanti dai fatti.
Ciò che abbiamo chiesto con insistenza nel corso dell'esame di questo provvedimento non è proprio la luna nel pozzo, non è avere più soldi, tanti soldi e tutti da spendere magari in pochi giorni. Questo livello di ragionamento è davvero inaccettabile. Siamo tutti responsabilmente convinti che ci vorrà, come già detto, un'azione coesa e duratura nel tempo. Avremmo, però, voluto il riconoscimento nella legge di quegli impegni solennemente assunti, in modo particolare per le cosiddette case dei non residenti. Ne abbiamo parlato a lungo: oltre il 50 per cento del solo centro storico de L'Aquila è fatto da case di famiglia e da case di soggetti che le hanno ristrutturate e magari non le vivono stabilmente come prima residenza.
Ricostruire L'Aquila, seppure in modo diverso, vuol dire ricostruire e dare indennizzi satisfattivi per questo tipo di abitazioni. Questo era l'impegno assunto nelle parole dal Presidente del Consiglio dei ministri ed affidato, per il vero, ad una nota di Palazzo Chigi, ad un comunicato stampa.
Avremmo voluto vedere questo principio dell'indennizzo - non la sua attuazione, ma almeno il principio - scritto nella legge, perché crediamo nella legge non solo da legislatori (che sembrerebbe essere argomento d'ufficio), ma perché vogliamo credere nelle istituzioni, nella dignità dei cittadini, nella democrazia e negli impegni che nella legge si assumono.
Avete negato finora - non sappiamo ancora perché, probabilmente senza cattive intenzioni, perché non vi era bisogno di tutte le coperture, ma per una diversa idea del Governo e del governare, che somiglia più a elargizioni e regali che non ad un rapporto civile assunto con i cittadini attraverso la legge - anche gli indennizzi agli immobili produttivi.
Oggi chi ha una casa di prima abitazione crollata deve scegliere tra l'indennizzo per la casa di prima abitazione, per la residenza, e il capannone industriale, il negozio o lo studio. Perché? È così che si vuole rilanciare il tessuto produttivo della città e riparare i danni?
Abbiamo chiesto una maggiore copertura per la cosiddetta zona franca, un regime agevolato che consentisse un po' di appeal nei confronti degli investimenti e dell'attrazione di capitale, anche in funziona anticiclica, perché il Paese è attraversato e scosso non solo dal terremoto - che è una grande questione nazionale, non solo degli aquilani - ma anche da una grave crisi economica. Anche su questo punto non ci sono le coperture e gli impegni nella legge.
Insomma, noi vogliamo francamente credere - come abbiamo dimostrato attraverso ordini del giorno ed emendamenti ragionevoli a costo zero sull'indennità per il lavoro aggiuntivo che stanno facendo, con scarsità di mezzi, in modo straordinario, i vigili del fuoco, sulla scuola e sull'università - in un'azione più organica, che non affidi solo alla Protezione civile la Pag. 65ricostruzione de L'Aquila, che è un grande tema e una grande sfida urbanistica, che deve chiamare le migliori energie ed intelligenze del Paese e non solo.
Non vogliamo adattarci neanche a un'idea paradossale per cui, a settembre, a ottobre, a novembre, quando inizierà l'inverno, non vi saranno le casette e i moduli abitativi pronti; il rischio è anche che nel futuro vi saranno solo casette e moduli abitativi e non è questo il futuro della città che vogliamo.
Dunque, su questi temi, con emendamenti a costo zero, abbiamo proposto idee e correzioni, ma tutto ciò è stato negato. Mi auguro, ne ho fiducia, che si possa riprendere questo percorso con i prossimi atti e provvedimenti, con l'annunciato provvedimento Tremonti-ter, con uno scudo fiscale dedicato nel rientro ad una motivazione etica molto forte, quale la ricostruzione dell'Abruzzo, ed anche con misure adeguate presso il CIPE.
Però, il punto è proprio questo: la fiducia. Voi ci chiedete ancora una volta fiducia nella fiducia ed è anche un po' paradossale sul piano politico, perché il G8 che si terrà a L'Aquila, con un'iniziativa brillante e ardimentosa, proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, è un G8 sulle nuove regole o legal standard nei confronti della finanza mondiale, che ci ha portato guasti e danni, per certi versi, non in vite umane, assai superiori a quelli del terremoto.
Quello sarà l'oggetto del G8 che si terrà a L'Aquila: uscire dallo schema «fiducia nella fiducia» e ritornare ad alcuni principi e regole che valgano anche per la finanza internazionale e per il libero scambio.
Eppure, smentendo il tema stesso del G8, ci riproponete per i cittadini disgraziati del terremoto la fiducia nella fiducia; è un po' poco, è troppo poco!
Continueremo a pensare a quel che è scritto sulle magliette dei comitati dei cittadini aquilani: «lasciamo il pessimismo per tempi migliori»; ma, con il nostro carico di pessimismo e di impegni, vogliamo auspicare che questi tempi migliori verranno e vi sfideremo, naturalmente, in tutte le sedi sul rispetto degli impegni assunti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzarin. Ne ha facoltà.

MANUELA LANZARIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mai come in questa occasione il decreto-legge è stato un provvedimento urgente e necessario, con il quale il Governo ha affrontato in modo appropriato e tempestivo l'emergenza post-terremoto dell'Abruzzo; una decretazione d'urgenza che, mai come in questo momento, si è resa necessaria.
Gli eventi sismici che hanno colpito la regione dell'Abruzzo con una serie di scosse consecutive a partire dal 6 aprile scorso rappresentano senz'altro un'enorme calamità dalle dimensioni umane e ambientali disastrose, cui il Governo ha fatto fronte immediatamente con una serie di ordinanze della protezione civile e con il decreto-legge in esame; ha stanziato i finanziamenti necessari per uscire dall'emergenza e per iniziare la prima fase della ricostruzione, destinando circa 8,5 miliardi di euro.
L'esame è stato veloce perché è prevalso in tutti, sia nella maggioranza sia nell'opposizione, il gran senso di responsabilità verso le persone che sono ancora nelle tendopoli e verso le persone che nella notte del 6 aprile hanno perso tutto: la propria casa, i propri beni e, cosa più drammatica, i propri figli e i propri cari. A queste persone in particolare vogliamo essere vicini, far sentire che lo Stato è presente, soprattutto in questi inconsolabili momenti di dolore.
Di fronte a queste tragedie i palazzi della politica devono dare un messaggio chiaro e forte di speranza e operatività alle persone colpite e non perdere tempo in aride polemiche e strumentalizzazioni politiche.
Questa è la linea che ha sempre seguito la Lega Nord, da sempre al fianco delle persone più deboli e, mai come in questo momento, vicina a un popolo dignitoso e orgoglioso della propria terra. Pag. 66
Dobbiamo dare atto che molte delle criticità evidenziate nel testo del decreto-legge sono state corrette al Senato attraverso un laborioso ed impegnativo esame, con un confronto costruttivo tra opposizione e maggioranza.
Mi riferisco soprattutto al chiarimento della concessione dei contributi a fondo perduto, all'inclusione nei benefici anche degli immobili danneggiati e non solo di quelli distrutti, alla previsione di coprire integralmente le spese almeno per la prima casa, alla concessione di contributi anche per la riparazione dei danni di lieve entità.
Il Senato, con il comma 5-bis dell'articolo 14, ha affidato un ruolo fondamentale agli enti locali, ed ai sindaci in particolare, affidando loro l'intervento determinante nei piani di ricostruzione dei centri storici e prevedendo l'istituzione di zone franche urbane nella provincia de L'Aquila appositamente finanziate dal CIPE.
Durante l'esame alla Camera sono emerse soprattutto due questioni che necessitano di un ulteriore intervento specifico: la prima è quella del finanziamento fino al 100 per cento della spesa per la ricostruzione della seconda casa per i non residenti. Infatti, l'articolo 3 non prevede l'integrale copertura della spesa per gli immobili diversi da quelli adibiti ad abitazione principale.
La seconda riguarda la compensazione delle minori entrate agli enti locali conseguentemente agli eventi sismici.
Il gruppo della Lega Nord ritiene che il Parlamento debba dare un segnale forte agli abitanti dell'Abruzzo e per questo, superando le criticità rilevate, voterà favorevolmente per permettere la conversione del decreto-legge nei termini di legge, evitando i rischi che deriverebbero dalla necessità di un ulteriore passaggio al Senato.
Va rilevato che il Governo ha recepito le proposte fatte ed è pronto ad accoglierle, come risulta dalle note e dai comunicati stampa diffusi da Palazzo Chigi. Si è impegnato a intervenire anche per le seconde case dei non residenti, ponendo come parametro di contribuzione il reddito familiare, e per i comuni a stanziare trasferimenti per le somme che non hanno potuto incassare a causa della sospensione del pagamento dei tributi da parte della popolazione.
La struttura flessibile del decreto-legge, che rimanda l'attuazione ad ordinanze della protezione civile, lascia al Governo ampi margini di manovra per un successivo intervento, considerando soprattutto il continuo evolversi della situazione e la necessità di intervenire puntualmente e con la massima celerità.
Il nostro compito sarà quello di vigilare attentamente affinché vengano mantenute le promesse e si proceda nella strada della ricostruzione, assicurando la dignità a una popolazione e ad un territorio che ha dimostrato grande senso di civiltà e compostezza.
Il Governo, come riconosciuto da tutte le parti politiche, ha gestito con tempestività, competenza e professionalità la prima fase dell'emergenza. Ciò grazie all'egregio lavoro della Protezione civile, e in primis del sottosegretario Bertolaso, a cui va il nostro ringraziamento e plauso per il lavoro fin qui svolto; senza dimenticare però i tanti volontari arrivati da tutto il Paese, che ancora una volta hanno dimostrato grande spirito di solidarietà e altruismo. Il Parlamento ha permesso la prosecuzione degli interventi di ricostruzione, avallando la decretazione d'urgenza appena due mesi dopo il disastro; e questo credo sia un dato molto importante, se pensiamo alle tempistiche di altri eventi sismici accaduti nel nostro Paese nel passato.
Fra gli ordini del giorno presentati dal mio gruppo che il Governo ha accolto, vorrei soffermarmi sull'impegno preso ai fini del reperimento di ulteriori risorse per le esigenze del Dipartimento della protezione civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; inoltre, l'impegno di stabilire con decreto le modalità dell'individuazione delle imprese non soggette a rischio di inquinamento mafioso, da iscrivere in appositi elenchi previsti presso la prefettura; la raccomandazione per un sollecito rimborso Pag. 67alle imprese degli emolumenti anticipati ai propri dipendenti, che sono stati impegnati come volontari in attività della Protezione civile in occasione del terremoto in Abruzzo.
Esprimo inoltre la mia soddisfazione al Governo per aver accettato un ordine del giorno presentato dalla Lega Nord, che impegna il Governo stesso ad adoperarsi per assicurare i finanziamenti necessari per far fronte ai danni e alle emergenze creati dagli avvenimenti atmosferici che hanno duramente colpito i territori del Trevigiano e del Vicentino il 6 giugno scorso, in particolare la zona di Riese Pio X.
Per le considerazioni sopra esposte, annuncio il voto favorevole del gruppo Lega Nord alla conversione in legge del decreto-legge in esame, con lo spirito di dare risposte concrete a questi territori e alle popolazioni colpite, proseguendo con la politica del fare e nella gara di solidarietà che ha già intrapreso il popolo padano a favore dei fratelli terremotati dell'Abruzzo, in nome di quella cultura federalista solidale che da sempre vive nel cuore dei nostri popoli. L'augurio è che la ricostruzione sia l'occasione per ridisegnare i centri storici in tutti i loro elementi originali, in modo che rimanga testimonianza della storia politica ed economica, e ancora prima umana delle comunità che vi hanno vissuto e che vi vivono (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lolli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, a nome dei miei concittadini mi permetta prima di tutto di esprimere un senso di profonda riconoscenza per quanto il popolo italiano ha manifestato nei nostri confronti in termini di solidarietà. Permettetemi di ringraziare in particolare la Protezione civile: quello che ha fatto la Protezione civile a L'Aquila deve riempire tutti gli italiani di un orgoglio veramente sentito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Permettetemi di ringraziare il sottosegretario Guido Bertolaso: capita di avere opinioni diverse, ma niente può offuscare la riconoscenza per quanto lei e i suoi collaboratori hanno fatto in quella terra in questi giorni.
Da questi ringraziamenti, caro Presidente, vorrei però trarre una considerazione politica sul ruolo dello Stato: a L'Aquila lo Stato è stato presente. È stato presente con la Protezione civile, è stato presente anche con le numerose visite che tanti esponenti lì hanno fatto; anche con le numerose visite fatte dal Presidente del Consiglio. Vi è stato chi ha ironizzato su queste visite, definendole passerelle: io non l'ho mai fatto. Ho riconosciuto che Berlusconi ha fatto bene a venire, e ho riconosciuto che lì egli ha pronunciato parole impegnative e si è assunto impegni importanti.
Tuttavia, cari colleghi, le parole sono importanti, ma lo Stato, il Governo, il Parlamento si esprimono con atti amministrativi, parlano con le leggi; e tra quelle parole, quegli impegni che lì sono stati pronunciati e la legge in esame purtroppo vi è una grande distanza. E ciò sta determinando un cambiamento di clima in quella città: incomincia a circolare una sfiducia, perfino il senso di un tradimento. Dico queste cose - credetemi - con rammarico: niente è più lontano da noi, niente è più lontano da me, di fronte a questa tragedia, che peraltro ha colpito anche la mia famiglia, quanto l'idea di mettersi a fare miseri calcoli di convenienza politica; e credo dobbiate dare atto all'opposizione che in tutta questa vicenda, fin dall'inizio, essa si è mossa senza pregiudizi politici.
Noi ad esempio avremmo scelto una via diversa - ve lo abbiamo detto - la via che si scelse in Umbria, quella cioè di continuare con le ordinanze e di arrivare alla legge solo dopo aver fatto un approfondito studio e aver acquisito una conoscenza concreta della specificità del sisma, cosa che a L'Aquila sarebbe stata quanto mai necessaria. Voi avete proposto una strada diversa: un decreto più generico e poi le Pag. 68ordinanze interpretative. Noi siamo stati dentro alla vostra scelta per cercare di migliorarla...

PRESIDENTE. Colleghi al banco del Governo, per cortesia.

GIOVANNI LOLLI. In modo particolare, siccome avete detto che nel decreto dovevano essere espressi con chiarezza diritti e principi, abbiamo cercato di fare in modo che questi diritti e questi principi fossero scritti chiaramente, non fossero omessi o addirittura - come in qualche succede - non fossero negati o contrastati. Ci siamo basati, per fare le nostre proposte concrete e ragionevoli, sulle proposte che hanno fatto unitariamente tutti i 49 sindaci del cratere, quelli di sinistra e quelli di destra. Queste proposte ragionevoli sono entrate nella discussione al Senato, e un paio di queste proposte, molto importanti, al Senato sono state accettate e noi abbiamo sottolineato questo come un successo di tutti quanti, come un successo significativo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 15,50)

GIOVANNI LOLLI. Altri punti però altrettanto importanti dovevano entrare qui nella discussione alla Camera. Ve li abbiamo indicati. Quello più importante di tutti, cari colleghi, è relativo alla specificità dell'Abruzzo interno, che dal punto di vista demografico ha funzionato un po' come una fisarmonica: per molti anni si è svuotato, colpito come è stato da uno dei flussi emigratori percentualmente più forti in Italia, e poi si è riempito di nuovo grazie al fatto che tanti di questi emigrati hanno, con le loro risorse e i loro guadagni, ricostruito la casa di famiglia e soprattutto perché sono venuti da noi tanti altri cittadini attirati dalle bellezze naturali, attirati dal prestigio della nostra università, dei nostri centri di ricerca, cittadini per noi importantissimi. Alla fine insomma è scaturito un assetto dei centri storici in cui i residenti proprietari di casa sono poco più del 50 per cento. D'altra parte, siccome parliamo di centri storici in cui le abitazioni sono una attaccata all'altra e tutte legate tra di loro, se non si remunerano un 50 per cento dei proprietari che sono i non residenti non si può rifare il centro storico. Vi abbiamo parlato anche dei comuni, non solo per il loro ruolo, ma almeno per la loro funzionalità, e del fatto di dargli quanto gli è venuto meno per il mancato ingresso delle risorse relative ai tributi. Vi abbiamo parlato - e ho sentito che lo faceva anche la collega della Lega prima, e salutato il fatto come un successo - certamente della zona franca. Ma - cara collega - quella zona franca è finanziata con 45 milioni di euro per quattro anni: sono 10 milioni di euro l'anno. È una beffa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Inoltre vi è tutto il comparto scuola sul quale non dico nulla, rimando alla lettura della proposte fatte unitariamente dalla Commissione, che vanno benissimo. Infine vi è il grande tema dei beni culturali, monumentali e artistici, lì così tanto diffusi, per i quali ci vuole un intervento specifico. Infine vi è il grande tema della prevenzione che si doveva fare in accordo, e in maniera più pregnante questo accordo doveva funzionare con il sistema delle regioni e degli enti locali. Ecco, questi emendamenti, queste idee, ragionevoli, ci sembrava che alla Camera dovessero entrare, ed eravamo fiduciosi. Sapete perché? Perché vi erano stati degli atti politici molto importanti. Il primo atto politico è il fatto che il Presidente del Consiglio è andato a L'Aquila, ha tenuto una conferenza stampa insieme al presidente della regione, al presidente della provincia e al sindaco de L'Aquila. In quella conferenza stampa ha testualmente detto che il decreto sarebbe stato cambiato nei punti che vi ho prima illustrato. Poi voi ci avete chiamato ad una riunione, ad un incontro a Pescara con il relatore Tortoli - che ringrazio ancora una volta - e in quest'incontro abbiamo trovato un accordo sui punti in cui il decreto doveva cambiare. Infine vi è la discussione in Commissione, dove vi è stata una convergenza. Pag. 69Insomma quando siamo arrivati tutti ad essere d'accordo a scrivere nella legge questi cambiamenti ci avete detto che gli stessi non venivano scritti nella legge, ma da un'altra parte, in un comunicato della Presidenza del Consiglio. Ora, cari colleghi, per quanti sforzi si vogliano fare, per quante parole si vogliono usare è impossibile spiegare a un cittadino che una cosa giusta e condivisa, che addirittura viene scritta in un solenne documento della Presidenza del Consiglio, non possa essere scritta in una legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). L'unica spiegazione, quella che balza all'occhio, è che evidentemente, siccome sono misure che costano, non vi sono le coperture per poterle finanziare. Qui arriviamo al punto - concludo - delle coperture. Guardate, vi prego, non facciamo polemiche inutili.
Nessuno vi ha chiesto di imputare tutte queste coperture sul bilancio di questo anno. Lo sappiamo bene che sarebbe inutile. Noi vi abbiamo chiesto di spalmare queste coperture sugli anni successivi esattamente com'è lo spirito e la lettera di questo vostro decreto-legge che indica coperture, sino al 2033, solo che queste coperture sono insufficienti. È per questo che ci portate e ci costringete a votare contro. L'ultima proposta che ci avete fatto è un po' bizzarra. Ci avete detto di stare tranquilli perché le misure che non sono entrate nella legge, saranno realizzate con le ordinanze. Fatemi capire bene e fateci capire bene: infatti in questo caso siamo di fronte ad una vera innovazione. Sappiamo tutti che una legge dello Stato non può spendere denaro pubblico per il quale non siano indicate coperture. Voi ci dite che, invece, un'ordinanza lo può fare. Benissimo, noi riteniamo che non sia così. Vi sia tuttavia chiaro che da domani mattina saremo di fronte a Silvio Berlusconi, al Ministro dell'economia e delle finanze, al sottosegretario Bertolaso, cioè ai signori che devono firmare tali ordinanze, per chiedere con coerenza che queste ordinanze sui non residenti e sulle seconde case vengano scritte e firmate. Permettetecelo: saremo un po' insistenti. Sapete per quale motivo? Perché tra le tante disgrazie capitate in quella nostra città, è capitata una cosa bella: tanti cittadini, soprattutto tanti giovani, si stanno attivando, si stanno organizzando e, badate, sono giovani che non vengono da nessuna esperienza politica, spesso da nessun impegno sociale. Ritengo che il privilegio di rivedere quella città com'era prima non toccherà a quelli come me ma a quelli come loro: tanto più io sento e noi sentiamo il dovere di impegnarci e di non mollare. Non molleremo, caro Presidente, perché, se anche decidessimo di mollare, quei ragazzi non ce lo permetterebbero (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Un saluto al Vice Ministro della difesa della Repubblica Ellenica, onorevole Ioannis Plakiotakis, che assiste ai lavori.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, c'è una terra ferita e lacerata nel nostro Paese, una terra che ha nel cuore il dolore e la speranza, l'inquietudine per quanto avvenuto, l'attesa per quanto deve essere ancora fatto. Oggi noi da quest'Aula dobbiamo inviare un messaggio alto e forte attraverso provvedimenti che restituiscano serenità e sicurezza, per quanto possibile, agli abitanti di quella terra. Di fronte alla tragedia dell'Abruzzo non debbono esserci - ritengo - maggioranza e opposizione ma un Parlamento unito e coeso che pur composto da rappresentanti con diverse sensibilità politiche avverta come prioritario il compito che gli hanno assegnato i cittadini: lavorare al meglio per il Paese. È quanto abbiamo fatto tutti sinora. Ed è quello che tutti noi, senza distinzioni, abbiamo nel cuore e nella mente. Per tale motivo avverto un forte sentimento di gratitudine nei confronti di quanti in un frangente tanto complesso e difficile hanno operato all'interno di questa istituzione: sulla scorta di tali considerazioni sento il dovere di ringraziare il relatore, l'onorevole Tortoli, Pag. 70i colleghi che hanno contribuito nel corso del lavoro parlamentare, senza distinzione di ruoli o di appartenenza, a migliorare il provvedimento con il solo scopo di renderlo più utile e adeguato al fine principale che si propone di raggiungere: porre le basi per la ricostruzione e la rinascita di una terra drammaticamente colpita da un evento sismico di inusitate dimensioni. Un ringraziamento sentito - credetemi - che si basa anche su un importante e significativo elemento di condivisione: il consenso che tutti senza distinzione abbiamo espresso per l'impegno e le azioni del Governo sin dalla tragica notte tra il 5 il 6 aprile scorso. In quella circostanza il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e la Protezione civile con il sottosegretario Guido Bertolaso hanno manifestato da subito, ognuno per la sua parte, quanto di meglio un Paese forte, coeso, moderno avesse potuto sperare: efficienza, umanità, impegno al limite del sacrificio personale.
L'apprezzamento della gente colpita dal sisma ed il riconoscimento stesso della comunità internazionale hanno sottolineato il valore delle azioni poste in essere dalle istituzioni di un grande Paese e ne hanno confortato e consolidato il rispetto che merita.
L'Abruzzo, nella circostanza, è assurto ad elemento simbolico del valore di una società salda e moderna, che affronta con coraggio e consapevolezza le sfide più difficili ed il Parlamento, in tutto ciò, ha iniziato a fare la sua parte. In questo contesto oggi ci troviamo ad affrontare un decreto-legge che costituisce il primo atto legislativo sulla strada della ricostruzione e della rinascita di un territorio devastato, un elemento fondamentale per intraprendere la ricostruzione della regione. Certo tale l'atto non è esaustivo degli interventi necessari per affrontare le problematiche create dal tragico avvenimento, ne costituisce comunque l'avvio della soluzione.
Le azioni che esso propone (l'apprestamento di misure urgenti per la ricostruzione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo, gli indennizzi a favore delle imprese, la ricostruzione della funzionalità degli edifici e dei servizi pubblici, la sospensione dei processi civili, penali e amministrativi, il rinvio delle udienze, la sospensione dei termini delle comunicazioni e notifiche di atti, la sospensione e dilazione dei termini di legge e delle scadenze, la deroga al patto di stabilità interno, le provvidenze a favore delle famiglie dei lavoratori e delle imprese, le agevolazioni per lo sviluppo economico e sociale, la previsione del riconoscimento di una zona franca, la costituzione del fondo per la prevenzione del rischio sismico, l'anticipazione della data di entrata in vigore della normativa antisismica sulle costruzioni, la proroga dell'indennità di disoccupazione, la previsione di indennizzi ai lavoratori, ai collaboratori coordinati e continuativi, ai lavoratori autonomi, compresi i titolari di imprese professionali, ai titolari di rapporti di agenzia) costituiscono peraltro una prima iniziale azione che è alla base della nostra missione.
Vi è poi un altro fatto simbolico fondamentale, che testimonia la volontà del Governo e del Presidente Berlusconi in particolare di fare il meglio per il futuro di questa terra: il trasferimento a L'Aquila del G8, definito dal procuratore Grasso «un'idea geniale» e da un importante esponente del PD, l'onorevole D'Alema, «un'idea brillante» e approvato e sostenuto da altri rappresentanti dell'opposizione, che hanno manifestato con parole scritte il loro assenso. Certo una tale intuizione e l'atto concreto del trasferimento hanno significato anche un grande risparmio di risorse, che potranno essere destinate al territorio, ma - ed è l'elemento più significativo - come ha dichiarato il Presidente Berlusconi questo sarebbe motivo di speranza per le popolazioni colpite dal sisma e si porterebbe l'Abruzzo al centro dell'attenzione mondiale. Immediatamente Sarkozy, Obama, Brown, Merkel e Putin hanno approvato senza riserve tale decisione, assicurando il loro sostegno e i principali organi di stampa internazionale ne hanno sottolineato l'alto valore simbolico. Pag. 71
Di sicuro saranno necessari altri interventi, di sicuro altri atti si dovranno porre in essere, ma di una cosa siamo certi: il Governo, fortemente impegnato sin dal primo momento, pur in presenza di una devastante crisi economica internazionale, ha fatto il massimo e farà il massimo per restituire all'Abruzzo un futuro più sicuro e sereno. Gli sforzi del Governo, della protezione civile, dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine, delle forze armate, di tutti i volontari e delle istituzioni locali hanno costituito le basi idonee per fronteggiare l'emergenza e porre le fondamenta per la rinascita dell'intero territorio. Sono stati posti in essere interventi di grande impegno, sono state spese enormi energie.
Non possiamo permettere, a questo punto, che giudizi, indicazioni, azioni che non si basino su dati e necessità reali intralcino il cammino della ricostruzione. In questo senso, il Governo e la maggioranza hanno accolto, e accoglieranno, suggerimenti e consigli utili a tale scopo, ma respingeranno, con forza e determinazione, qualsiasi azione che rivesta carattere di pura speculazione politica. Il Governo e questa maggioranza sono aperti al confronto, anche il più duro e il più aspro, pur di pervenire a risultati completamente positivi.
Tuttavia, non possono trovare legittimazione le critiche che vengono mosse al presente decreto-legge per i suggerimenti e i consigli che oggi non possano essere accolti. Tutto ciò per il semplice motivo che, come per la rapidità dell'intervento immediato dello Stato nei primi giorni del sisma, anche questo atto costituisce un primo, determinato e significativo provvedimento legislativo, senza il quale la ricostruzione e la rinascita dell'Abruzzo non potrebbero avvenire.
Il tempo per il confronto e per accogliere suggerimenti lo abbiamo davanti a noi. Vi sono ancora tanti atti normativi da porre in essere, tanti problemi da affrontare, ma lo si potrà fare solo dopo una partenza rapida ed incisiva, che consenta alle braccia dello Stato di muoversi, di operare e di iniziare un cammino che - credo, ne siamo tutti convinti - si presenta lungo, complesso e difficile.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLA PELINO. Nel momento in cui esprimo la volontà del mio gruppo parlamentare di sostenere ed approvare il provvedimento in discussione, non posso, però, trascurare un elemento di passione non solo politica, ma umana. Affido alla vostra sensibilità e alla vostra benevolenza tale mia modesta riflessione.

PRESIDENTE. Onorevole Pelino, concluda.

PAOLA PELINO. Sono molto grata al presidente e ai colleghi del Popolo della Libertà, che mi hanno consentito di intervenire in un momento così importante per la vita politica e sociale del nostro Paese, proprio perché, figlia d'Abruzzo, potessi parlare - ho quasi terminato - per bocca di quanti hanno subito la devastazione e il lutto del sisma.

PRESIDENTE. Deve concludere.

PAOLA PELINO. È una cosa che faccio con grande orgoglio, consapevolezza e forti emozioni. In questi giorni, ho molto riflettuto su molti elementi. Mi hanno colpito diverse questioni, ma una cosa mi ha colpito (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pelino.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Pelino, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Pag. 72
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, la delegazione radicale nel Partito Democratico voterà contro la conversione in legge del decreto-legge in oggetto, che contiene sia la parte relativa alla gestione dell'emergenza, sia quella relativa alla ricostruzione. Se sulla prima parte esprimiamo un giudizio sostanzialmente positivo, della seconda non condividiamo l'impostazione centralista, perché, da federalisti, riteniamo che nel decentramento vi sia il modello che può assicurare le soluzioni migliori in tutte le circostanze. Né riteniamo che l'impostazione commissariale, che si è poi voluta scegliere, sia sufficientemente bilanciata da misure di trasparenza dei processi decisionali e gestionali.
Ringrazio il Governo per aver accolto come raccomandazione parte dei nostri ordini del giorno, ma è mancata l'assunzione di un chiaro impegno per assicurare il massimo di trasparenza, a partire dall'istituzione di un'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati, fatto che avrebbe potuto dare ai cittadini forme di conoscenza di ciò che riguarda i loro destini - e il loro benessere dipende anche da questo - oltre che assicurare il massimo di efficienza nella gestione del denaro, a partire dalla gestione della Protezione civile.
Tutto questo ci porta a votare contro la conversione in legge del presente decreto-legge e ad impegnarci per l'istituzione di un osservatorio sulla ricostruzione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo in dissenso rispetto alla decisione del mio gruppo di votare contro la conversione in legge del decreto-legge in oggetto. Non sono in dissenso con le ragioni che sono state esposte dal collega Lolli e che sono state il frutto della battaglia che il Partito Democratico, insieme alle altre opposizioni, ha svolto in quest'Aula per cercare di migliorare il decreto-legge.
Viviamo in un Paese strano, signor Presidente, viviamo in un Paese che se fosse normale porterebbe un partito dell'opposizione a votare quasi automaticamente a favore di un decreto-legge che stanzia dei fondi a favore dell'emergenza per una calamità naturale e che individua delle risorse per cercare di portare beneficio a delle popolazioni che ancora oggi - visto quanto è successo ancora ieri sera - vivono nel panico e, in alcuni casi, nella disperazione. Ma non viviamo in un Paese normale, signor Presidente. Non voglio citare Il deserto dei tartari o alcune sue affermazioni che mi convincono, ma, comunque, non viviamo in un Paese normale. Se ciò è vero, lo è anche perché abbiamo assistito in quest'Aula a qualcosa di davvero singolare. Il Governo e la maggioranza hanno ripetutamente affermato non solo che le considerazioni che venivano svolte dall'opposizione erano sagge e veritiere, ma che, probabilmente, era anche opportuno apportare dei cambiamenti e dei miglioramenti al provvedimento. Contemporaneamente, però, vi è stata l'indisponibilità a produrre qualunque modifica. Signor Presidente, non si trattava di modifiche che avrebbero comportato aumenti di spesa, per cui il rifiuto si potesse giustificare con un veto del Ministro Tremonti; si trattava anche di tante altre modifiche che non avrebbero generato alcun provvedimento di spesa e che, magari, avrebbero potuto trasmettere un segnale di recepimento di quei tanti argomenti che nel corso del dibattito in Commissione e in Aula, prima al Senato e poi alla Camera, gli stessi rappresentanti del Governo avevano giudicato positivi.
Il problema è che, come accade ormai da un anno, il Governo e la maggioranza, probabilmente, intendono la condivisione dei provvedimenti come un prendere o lasciare, del genere: questo è quanto vi proponiamo, se volete condividere, prendete il pacchetto così com'è, ma qualunque Pag. 73considerazione verrà fatta dall'altra parte, anche in un contesto e con una predisposizione così chiaramente positivi da parte dell'opposizione, non verrà da noi raccolta.
Il punto è semplice. In un Paese normale l'opposizione avrebbe dovuto automaticamente votare a favore di questo provvedimento. Se fossero state accolte le proposte, che ho condiviso, di modifica al provvedimento, probabilmente avremmo dovuto votare a favore.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, la prego di concludere.

ROBERTO GIACHETTI. Concludo, signor Presidente. Non essendo stato accolte tali proposte, un provvedimento che si occupa anche dell'emergenza e che deve dare un segnale a quelle popolazioni, a mio avviso, merita un atteggiamento conseguente con il voto che abbiamo espresso al Senato, un atteggiamento di astensione. Non riesco ad immaginare come si possa votare contro un decreto-legge che, comunque, stanzia dei fondi per il terremoto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anch'io intervengo per motivare il voto in dissenso dal mio gruppo, pur sottolineando e condividendo quanto affermato dal collega Mantini.
In questo dibattito abbiamo tentato di portare un contributo e io stesso ho cercato, anche alla luce delle esperienze passate in Friuli, di portare il Governo verso l'accoglimento di alcune proposte che sono state seriamente e costruttivamente presentate. Nonostante questo, però, il Governo ha mantenuto un atteggiamento di totale chiusura e le dichiarazioni dell'onorevole Mantini, lo ripeto, sono condivisibili.
La mia esperienza personale, vissuta nel periodo del terremoto in Friuli, mi porta a guardare attualmente all'Abruzzo e a cercare di capire in quale modo, nell'immediato dopo-decreto, si possa veramente incidere positivamente. Per questo motivo, anche le piccole cose buone che sempre ci sono nei provvedimenti e anche in questo, mi portano, a titolo personale, ad astenermi dal voto, un'astensione che vuole anche essere uno sprone al Governo stesso e a questa maggioranza a rivedere immediatamente dopo le sue rigide posizioni. Tutto questo con la convinzione di fare gli interessi, soprattutto e prima di tutto, dei terremotati dell'Abruzzo.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2468)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 2468, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Onorevole Coscia? Onorevole Mondello? L'onorevole Napoli ha votato. L'onorevole Murer non riesce? Ha votato. Onorevole Lussana? Ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1534. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi Pag. 74urgenti di protezione civile» (Approvato dal Senato) (2468):

Presenti 496
Votanti 487
Astenuti 9
Maggioranza 244
Hanno votato 261
Hanno votato no 226
(La Camera approva - Vedi votazionia ) (Applausi)

Prendo atto che i deputati Vernetti, Ronchi e Nirenstein hanno segnalato che non siano riusciti ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,20).

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, onorevoli, mentre parliamo del dramma subito dai cittadini d'Abruzzo, ancora una volta desidero richiamare la vostra attenzione su un altro drammatico argomento, vale a dire i drammatici scontri in corso in Iran. Le notizie di arresti ed esecuzioni spietate fanno il giro del mondo: più 1.200 civili arrestati, studenti e donne vittime di una pioggia di pallottole, migliaia di giovani colpevoli solo di essere diretti verso la piazza Rezaii al grido di «morte alla dittatura».

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 16,22)

SOUAD SBAI. Il simbolo, l'emblema di questa rivolta ha un solo nome, Neda Soltani, la studentessa di filosofia uccisa, come è noto, da un cecchino durante una manifestazione antigovernativa. La rabbia di un popolo represso e oppresso da tre decenni sta scuotendo il regime dei Mullah. Dico questo perché mi hanno contattata dei giovani iraniani residenti in Italia che domandano solo aiuto al nostro Parlamento, affinché si intervenga ponendo fine a questa ondata di repressione a danno dei moderati iraniani.
Concludo chiedendovi, supplicandovi, colleghi, perché favoriate l'istituzione di una Commissione internazionale d'inchiesta per far luce sui gravi crimini che si stanno commettendo in Iran. Colleghi, concludo veramente, sottolineando oltre al danno la beffa di un deficit di informazioni delle televisioni sulla questione iraniana, una questione che merita da parte di noi tutti, maggioranza e opposizione, una maggiore informazione (Applausi).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, mentre quest'Aula in modo distratto, probabilmente non ha nemmeno ascoltato le parole della collega Sbai, si battono in piazza, a Teheran e in molte altre città - e l'unico strumento che ce ne dà notizia è, parzialmente, Internet - donne e uomini iraniani, in nome di principi molto elementari, che sono quelli della libertà e della democrazia (Applausi).
Si levano voci autorevoli, onorevoli colleghi, di personalità che sono state ospiti in questo Parlamento. Penso all'ex Presidente della Repubblica Khatami, che più volte ho avuto anch'io ospite come Presidente della Camera; personalità come quelle di Rafsanjani, uno degli ex Presidenti della Repubblica più autorevoli in Iran, e come Karroubi, ex Presidente dell'Assemblea nazionale iraniana, si sono trovate a sfidare le autorità iraniane.
La solidarietà è senz'altro condivisa ma direi che serve qualcosa di più. Chiedo al Governo, al Ministro per i rapporti con il Parlamento che in questa settimana, durante una seduta del Parlamento, il Ministro degli affari esteri, Frattini presenti una relazione. Dovremmo, infatti, chiedere al Ministro degli affari esteri cosa concretamente fa o ha in animo di fare il Governo italiano affinché tale questione Pag. 75venga portata all'attenzione delle autorità internazionali in modo che tra i Governi non prevalga la congiura del silenzio. Penso che sia un modo di onorare tanti milioni di persone che in questo momento soffrono in nome di principi a noi carissimi, come la libertà e la democrazia (Applausi).

ALESSANDRO MARAN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, mi sia consentito osservare che rilevo una singolare procedura. Sono intervenuto in apertura della ripresa pomeridiana della seduta, alle ore 14, per sollecitare appunto l'opportunità che il Governo riferisca sulla questione, proprio perché hanno destato sconcerto e preoccupazione agli occhi di tutti gli italiani le immagini delle violenze ripetute e gratuite sui manifestanti inermi, in particolar modo sulle donne, messe in atto dalle forze di sicurezza iraniane. Concordiamo sulla preoccupazione, ma il punto è un altro, signor Presidente: è il Governo che ci deve dire che cosa sta succedendo. È il Governo che, sollecitato da stamattina, venendo in Aula ci deve dire cosa intenda fare e quali siano le sue valutazioni anche in relazione ai rapporti bilaterali.
Osservo che l'invito di partecipazione alla Conferenza a Trieste esteso al Governo iraniano potrebbe essere riconsiderato o comunque essere oggetto di una valutazione da parte del Governo in carica (Applausi).

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, non è meno sentita la partecipazione del nostro gruppo a quanto affermato dal Presidente Casini e dagli altri colleghi. Anche noi vogliamo associarci alla richiesta che il Governo venga a riferire, ma credo che in questa fase valga di più la solidarietà di tutto Parlamento che, la prego, signor Presidente, di raccogliere e di esprimere a nome di tutti noi.
Anche se si tratta di un argomento più leggero, ci piace vedere tanti colleghi con il fazzoletto verde, un colore che ci piace molto. Oggi il nostro lo portiamo anche per gli amici iraniani che combattono per la libertà (Applausi).

CARLO CICCIOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccioli, su questo argomento è già intervenuta una rappresentante del suo gruppo (Commenti dal deputato Ciccioli).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sabato pomeriggio ho partecipato a Parigi ad una manifestazione di tutti gli esuli iraniani, oltre 100 mila persone, provenienti da quasi tutta Europa, organizzata dal Consiglio nazionale della resistenza iraniana.
Questi iraniani che sono esuli, molti addirittura da vent'anni, altri da un periodo più breve, si aspettano un segnale forte dall'Occidente. Hanno preso la parola, in quella circostanza, i rappresentanti di otto Parlamenti europei. Era presente un rappresentante del Parlamento tedesco, uno del Parlamento danese, uno della Camera dei Lord inglese, il vicepresidente del Parlamento europeo, uno spagnolo, ed altri parlamentari, tra i quali l'ex capo del Governo algerino. Tutti questi esuli si aspettano da questo momento, che è topico nell'equilibrio interno iraniano, un pronunciamento forte da parte dei Governi e dei Parlamenti occidentali. Faccio appello a questa Assemblea per alzare forte la voce: è il momento, dopo non ci sarà più tempo (Applausi).

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo per ringraziare le colleghe ed i colleghi che hanno posto la questione. È importante poter discutere, Ministro Ronchi, in Aula proprio perché, per la delicatezza di questa vicenda, è necessario il massimo raccordo tra i Governi europei, come lei sa.
Occorre anche non dare la sensazione, neanche per sbaglio, che valutazioni di altra natura estranee al tema dei diritti umani e di libertà possano far abbassare le voci o possano creare un elemento di distrazione in tutti noi. Sottolineo solo un punto sul quale credo che i Governi potrebbero già operare: lei sa che sono stati accompagnati fuori da quel Paese tutti i corrispondenti stranieri e che sono state in qualche modo accecate tutte le pubbliche opinioni occidentali.
Su questo c'è una grande distrazione. È in corso un'attività del Governo iraniano per oscurare anche le emittenti satellitari e per impedire agli ultimi blogger di comunicare con l'Occidente. È un aspetto non secondario, perché la cancellazione di ogni forma di comunicazione e la cancellazione di quello che sta accadendo rischiano di creare un immenso buco nero. Ecco perché le chiedo su questo un'iniziativa specifica e anche la capacità nostra e di quello che resta dei mezzi di comunicazione in quel Paese di impedire che si creino un regime e un clima di silenzio.
Ministro Ronchi, è una questione di ore, perché credo si possa anche parlare con il Governo iraniano, con il quale erano in corso, come lei sa, contatti e c'era anche un invito a Trieste, quantomeno incominciando... Non è un elemento polemico, sto ponendo un'altra questione: se sia possibile porre, proprio perché è in corso una discussione anche sulla legittimità del voto, la necessità che si consenta anche un rientro di coloro che sono i rappresentanti della conoscenza internazionale (ossia i mezzi di comunicazione) e si impediscano ulteriori attività di boicottaggio persino sulle reti che trasmettono in Italia e in Europa.
Cancellare la possibilità di espressione all'estero significa davvero condannare quel Paese ad ogni tipo di terribile avventura (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1078-B - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008 (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (A.C. 2320-bis-B) (ore 16,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta odierna si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre il relatore vi ha rinunciato.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 2320-bis-B).
Avverto che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato.
Avverto, inoltre, che a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento sarà posto in votazione il solo articolo 23, unica disposizione del provvedimento modificata dal Senato.

(Esame dell'articolo 23 - A.C. 2320-bis-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 23 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 2320-bis-B).Pag. 77
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIANLUCA PINI, Relatore. Signor Presidente, sull'unico emendamento Zeller 23.1 formulo un invito al ritiro motivato dal fatto che vi è già un accordo politico e vi è già la disponibilità del Governo di trattare questo argomento molto delicato in fase di discussione in sede legislativa in Commissione trasporti.
Infatti, vi è una discussione più organica e più ampia sul tema e vi è anche la necessità di approvare in tempi stretti, urgenti ed in maniera definitiva il disegno di legge comunitaria 2008 perché il disegno di legge comunitaria 2009 è già incardinato in Commissione XIV, nonché nelle altre Commissioni di competenza. Quindi invito caldamente i colleghi a ritirare l'emendamento presentato.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Zeller 23.1 formulato dal relatore.

KARL ZELLER. Signor Presidente, accedo l'invito al ritiro in quanto sono soddisfatto delle dichiarazioni del relatore e cercheremo di trovare una soluzione in sede di IX Commissione.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 23.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Presidente Buttiglione... Onorevole Lussana...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 425
Votanti 421
Astenuti 4
Maggioranza 211
Hanno votato
421).

Prendo atto che la deputata Villecco Calipari ha segnalato che non è riuscita a votare e che i deputati De Pasquale, Zamparutti, Zorzato, Samperi e Speciale hanno segnalato che non riusciti a esprimere voto favorevole.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2320-bis-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2320-bis-B).
Nessuno chiedendo di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, il Governo accetta i tre ordini del giorno presentati.

PRESIDENTE. Prendo atto che gli onorevoli Pini, Dal Lago e Reguzzoni non insistono per la votazione dei loro rispettivi ordini del giorno n. 9/2320-bis-B/1, n. 9/2320-bis-B/2 e n. 9/2320-bis-B/3, accettati dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2320-bis-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Constato l'assenza dell'onorevole Aniello Formisano, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto. S'intende che vi abbia rinunziato. Pag. 78
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consiglio. Ne ha facoltà.

NUNZIANTE CONSIGLIO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, il disegno di legge che ci apprestiamo oggi a licenziare reca le disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alla Comunità europea. Il disegno di legge arriva alla fase finale dopo un lungo iter iniziato al Senato il 29 ottobre 2008. La legge comunitaria per il 2008 arriva alla sua approvazione definitiva ampiamente oltre i tempi che sarebbero consoni per far fronte all'adempimento degli obblighi comunitari, in quanto porta in sé - se così li possiamo definire - i segni di un mancato avvio a tempo debito dell'esame a causa dell'interruzione della legislatura.
Questo disegno di legge che inizialmente si componeva di 26 articoli è arrivato a contarne ben 53 e questo la dice lunga sulla mole di disposizioni comunitarie che era necessario recepire per non portare l'ordinamento italiano ad andare incontro a difficoltà per quanto riguarda una piena e corretta attuazione del diritto comunitario. Non si può certo essere concordi sul fatto che gli interventi effettuati con questo disegno di legge non siano importanti per il nostro Paese, che altrimenti sarebbe andato incontro a sanzioni da parte dell'Unione europea.
È indispensabile riflettere sul sistema generale che costringe gli Stati membri a recepire un infinito numero di direttive andando ad opprimere i Governi e soprattutto i cittadini e le imprese. Ci chiediamo, quindi, se lo sforzo che si sta facendo per semplificare la normativa italiana e per tagliare leggi che non servono più non sia vanificato dall'introduzione nel nostro ordinamento di nuove ed ulteriori direttive che ci impongono vincoli sempre più stringenti e contorti.
Secondo il nostro giudizio dovremo riuscire, anche a livello europeo, a semplificare il più possibile tenendo conto e sempre a mente che sono i fruitori finali di queste leggi che scontano i cavilli burocratici. Crediamo infatti che l'obiettivo che dobbiamo raggiungere sia quello di migliorare la vita ai cittadini e alle imprese che, ogni giorno, anche per semplici operazioni debbono imbattersi in una burocrazia elefantiaca.
Il rischio al quale andiamo incontro, a nostro avviso, è proprio quello di allontanare sempre di più i cittadini dalle istituzioni; essi infatti percepiscono l'Europa come un qualcosa di lontano che ci impone solo regole e vincoli. È necessario quindi uno sforzo di tutti per disegnare una nuova concezione di Europa. Sono queste istituzioni europee che definiscono il quadro di norme, di obblighi e di divieti, che condizionano in maniera pesante la vita di ognuno di noi; tante volte il legislatore nazionale si trova a non poter neanche intervenire. L'Unione europea, le sue regole, la sua burocrazia, si sono trasformati in una zavorra per le nostre imprese: anziché essere un incentivo al miglioramento della produzione non fanno altro che rallentarne lo sviluppo e la produzione.
Se da un lato è giusto che a livello europeo si imponga a tutti, anche alle aziende, di contribuire allo sviluppo sostenibile, alla tutela dell'ambiente, alla sicurezza dei consumatori, alle tutele sul luogo di lavoro, dall'altro la mancanza delle stesse regole in altre parti del mondo ingenera una concorrenza sleale. Dobbiamo pretendere il rispetto di tali regole anche dagli altri: questo è importantissimo, altrimenti continueremo a fare dell'autolesionismo economico senza alcun bene per nessuno e tanto meno per il nostro Paese.
Siamo da sempre convinti che l'Europa abbia bisogno di un'anima, di una partecipazione forte, di occuparsi dei grandi problemi, come la sicurezza, il lavoro, l'aiuto ai poveri, secondo un concetto di solidarietà e di sussidiarietà: un'Europa dei popoli, un'Europa che riconosca il coraggio di difendere le sue radici, fiera della sua identità, della sua storia, delle sue tradizioni e delle sue tante lingue. Pag. 79
Entrando ora nel merito del provvedimento in esame, mi vorrei brevemente soffermare su alcuni aspetti di questa legge comunitaria che considero rilevanti. Innanzitutto vorrei sottolineare le modifiche che novellano gli articoli 8 e 11-bis della legge n. 11 del 2005, stabilendo in particolare che alcune informazioni da rendere alle Camere - quali ad esempio i dati sullo stato delle procedure d'infrazione, l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa, l'elenco degli atti normativi regionali attuativi di direttive, eccetera - siano inserite nella relazione governativa allegata al disegno di legge comunitaria, anziché in un'apposita nota aggiuntiva come attualmente è previsto.
Sono stati introdotti, inoltre, due articoli alla legge n. 11 del 2005. Il primo, l'articolo 6-bis, riguarda disposizioni dirette a disciplinare in via generale la nomina dei 24 membri titolari e dei 24 membri supplenti del Comitato delle regioni spettanti all'Italia in base all'articolo 263 del Trattato che istituisce la Comunità europea. In particolare è previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri proponga al Consiglio dell'Unione europea l'elenco dei nomi previa intesa con la Conferenza unificata.
Il secondo articolo, l'articolo 14-bis, contiene un principio finalizzato ad evidenziare la discriminazione a rovescio: in particolare esso prevede che le norme italiane di recepimento di attuazione di norme e principi dalla Comunità europea e dell'Unione europea assicurino la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini di altri Paesi membri dell'Unione europea e non possano in ogni caso comportare un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani. Per quanto riguarda le norme già vigenti si stabilisce che nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione le norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producono effetti discriminatori rispetto alle condizioni e al trattamento previsti per i cittadini comunitari. Questa, a nostro avviso, è una modifica importantissima che porterà finalmente un'omogeneità nell'applicazione di norme e principi.
L'articolo 24, in particolare ai commi dall'11 al 32, interviene sulla materia dei giochi a distanza, quelli on line, e, al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, prevede l'emanazione di regolamenti atti a disciplinare ex novo o ad ampliare la disciplina relativa all'esercizio e alla raccolta a distanza dei giochi. Vengono così previste duecento nuove concessioni della durata di nove anni da assegnare secondo specifici requisiti e condizioni. I nuovi concessionari dovranno operare tramite il sistema centrale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, mentre il giocatore dovrà stipulare con il concessionario un apposito contratto di conto gioco. Sono definite altresì le sanzioni penali e amministrative, nonché i casi di sospensione della concessione.
Parte delle maggiori entrate sono disposte al Fondo carta acquisti; questo articolo prevede, tra l'altro, alcuni obblighi posti a carico dei concessionari per l'assegnazione delle concessioni, come quello che lo svolgimento dell'attività di commercializzazione avvenga esclusivamente tramite il canale prescelto.
Inoltre, in materia di poker sportivo è stato previsto che l'esercizio e la raccolta dei tornei di poker sportivo non a distanza siano consentiti ai soggetti titolari di concessione, nonché ai soggetti che rispettano determinati requisiti, previa l'autorizzazione all'AAMS. Altresì, in materia di distribuzione delle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi è stata innalzata la base d'asta per l'aggiudicazione dei punti di vendita. Queste sono modifiche apprezzabili che faranno sì che chi gioca lo possa fare in estrema sicurezza e con la certezza della regolarità.
L'articolo 41 detta specifici criteri di delega per l'attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi del mercato interno, cosiddetta direttiva servizi. I profili più rilevanti riguardano la promozione della libertà di concorrenza e dell'accessibilità dell'acquisto dei servizi, la semplificazione Pag. 80dei procedimenti amministrativi per l'accesso alle predette attività, la conformità dei regimi di autorizzazione ai principi di trasparenza, proporzionalità e parità di trattamento, la libertà di circolazione dei servizi forniti da prestatori stabiliti in altri Stati membri e l'istituzione di sportelli unici accessibili anche via Internet.
Le novità rilevanti di questo articolo sono state quelle di garantire un'applicazione della normativa legislativa e contrattuale del lavoro nel luogo in cui viene effettuata la prestazione di servizio, fatti salvi i trattamenti più favorevoli al prestatore previsti contrattualmente ovvero assicurati dal Paese di provenienza con onere a carico di questi ultimi. Ciò al fine di evitare effetti discriminatori nonché eventuali danni ai consumatori in termini di sicurezza ed assicurare una effettiva applicazione del principio di parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri Stati membri dell'Unione europea.
Infine, vorrei sottolineare l'introduzione della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 con la quale un cittadino immigrato in un altro Stato dell'Unione europea, se condannato, sconterà la pena definitiva nel suo Paese d'origine, nei casi più gravi anche senza il consenso dell'interessato. Ogni giorno leggiamo notizie di cronaca su stupri, scippi, furti e atti di inaudita violenza, soprattutto da parte di stranieri; a nostro avviso questo strumento può essere considerato un ottimo deterrente per chi viene nel nostro Paese solamente per delinquere contando su un sistema carcerario meno duro rispetto a quello dei Paesi di provenienza. In tal modo ogni Stato dell'Unione potrà far scontare nello Stato di cittadinanza del condannato la pena inflitta dalla propria autorità giudiziaria e per questo potrà infondere un senso di sicurezza e certezza della pena che oggi è messo a dura prova.
In conclusione, Presidente, siamo convinti della bontà del lavoro svolto su questo provvedimento che è di grande rilievo per la partecipazione dell'Italia al processo di integrazione comunitaria: è per tale motivo che il nostro gruppo voterà a favore di questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, l'atmosfera non è la più propizia tanto che mi verrebbe quasi voglia di dire: il mio gruppo voterà a favore di questo provvedimento in quanto la politica europea dovrebbe essere una politica bipartisan ma, proprio per questa ragione, se dicessi soltanto questo contribuirei a ricacciare la politica europea nell'ambito di un tecnicismo di cui sfugge la vera caratura politica. Sfugge, tranne quando occasionalmente ce ne rendiamo conto e allora ci lamentiamo tutti dell'Europa, la quale ci manda degli ukase, delle prescrizioni autoritarie come se noi fossimo province dell'impero, quando all'elaborazione di quei provvedimenti noi abbiamo partecipato, ma distrattamente, svogliatamente, senza renderci conto di quello che stavamo facendo.
Allora vorrei prendere la parola oggi, confermando naturalmente che noi daremo un voto favorevole al disegno di legge comunitaria, ma attirando l'attenzione sulla grave responsabilità di tutte le forze politiche, e in modo particolare del Governo che ha il dovere di proporre all'Aula la possibilità di un dibattito vero sulle questioni europee.
Le grandi decisioni da cui dipende il lavoro della nostra gente non si prendono soltanto all'interno di quest'Aula, ma anche su una base e con una dimensione europea. Vi domando quando mai in quest'Aula noi abbiamo avuto una discussione sulle strategie di uscita dalla crisi, le quali sono necessarie e opportune in questo difficilissimo momento.
Il Ministro Tremonti di recente ha ricordato che uscire dalla crisi è difficile e pericoloso, forse più difficile e più pericoloso che non la situazione nella quale Pag. 81adesso ci troviamo. Per far fronte alla crisi abbiamo creato una massa enorme di liquidità e per fortuna, come si usa dire, il cavallo non beve. Cosa accadrebbe il giorno in cui il cavallo iniziasse a bere, ovvero il giorno in cui gli operatori cominciassero a utilizzare questa massa enorme di liquidità che si è creata? Quali sono i suggerimenti che intendiamo dare e quali le linee che proponiamo al Governo perché in sede europea si possa affermare: «nell'interesse del popolo italiano e in rappresentanza del popolo italiano»? Mi chiedo quali siano le modalità di uscita dalla crisi.
Mi domando, inoltre, se vogliamo uscire dalla crisi ripristinando il sistema mondiale precedente o se abbiamo un'idea di un nuovo sistema mondiale che adesso è tempo di costruire e che può essere più giusto, più umano e più rispondente ai grandi ideali che tutti teoricamente professiamo, ma dei quali molte volte è difficile capire la connessione con l'esperienza politica comune.
Qualche settimana fa mi trovavo nella Pontificia accademia delle scienze, insieme con Hans Tietmeyer e Josep Stiglitz a condurre un seminario. Emergeva una valutazione fortemente preoccupata: stiamo cercando di uscire dalla crisi esattamente con le stesse modalità con le quali ci siamo entrati. Stiamo tentando di ripristinare un sistema che ha mostrato di non funzionare, retto sul sovraconsumo dei Paesi ricchi che stimola la produzione dei Paesi poveri, i quali con i loro risparmi finanziano il sovraconsumo dei Paesi ricchi. Questo è il modello di sviluppo che abbiamo avuto fino a ieri, ma oggi abbiamo un'occasione, se abbiamo la capacità politica di guidare gli eventi e la globalizzazione. Si parla tanto di guidare la globalizzazione, ma cosa significa? Significherebbe oggi proporre un modello in cui si investe sullo sviluppo dei Paesi poveri: non abbiate paura, non dobbiamo pagarlo con i nostri soldi, i soldi ci sono. Se la Cina investisse gli 800 miliardi di euro (che oggi sono investiti nel debito pubblico dei Paesi ricchi) nello sviluppo dei consumi della sua popolazione e se ci fosse una politica a difesa dei diritti umani dei lavoratori cinesi, in modo da fare dello sviluppo del mercato interno cinese (potrei dire indiano, indonesiano e dei Paesi poveri) l'elemento traente di uno sviluppo che attiva anche la nostra economia, con una accresciuta domanda di beni e di servizi, costruiremmo un'economia forse più in linea - a me piace dire - con la dottrina sociale cristiana e con i recenti ammonimenti del Papa Benedetto XVI. Ma chi più laicamente la pensa in altro modo potrà dire: un'economia più in armonia con un rispetto fondamentale della dignità della persona umana.
Mi chiedo quando mai in quest'Aula il Governo ci ha dato l'occasione di parlare di ciò. La relazione sullo stato dell'Unione europea è stata in ritardo di un anno e in quella eravamo invitati a fare valutazioni e a dare indicazioni su quello che era già avvenuto. Nemmeno ci è stato detto di dare un consuntivo o un giudizio a posteriori, ma di esprimere valutazioni su processi già largamente compiuti.
Allora, dove si esercita la sovranità del popolo italiano in ambito europeo? In ambito europeo vi è una sovranità condivisa, ma io mi domando dove condividiamo la sovranità comune del popolo europeo. In questo Parlamento? Molto poco.
Allora, ha molta saggezza (anche se, a mio parere, ancora insufficiente) la spinta che viene dalla XIV Commissione, la quale chiede una profonda riforma, un miglioramento e un complemento della legge n. 11 del 2005, in modo tale da permettere di integrare meglio la relazione con la legge comunitaria e di attivare una sessione comunitaria in cui vi sia un autentico dibattito sulla partecipazione dell'Italia alle istituzioni europee, in cui il popolo italiano, tramite i suoi rappresentanti, possa dare indicazioni al Governo e possa contribuire alla costruzione di una politica europea che tocchi le grandi questioni.
La gente è disaffezionata alla politica, ma perché? In buona misura, perché capisce che la politica che facciamo noi non tocca le grandi questioni della guerra e della pace, non decide dello sviluppo, Pag. 82della lotta contro la povertà e la fame, ma si limita a erogare più o meno modesti sussidi a favore di questa o quella categoria, alterando di poco la bilancia dei vantaggi comparati di diversi settori della popolazione.
Noi possiamo riappassionare la gente alla politica, legandola ai grandi lavori, se siamo capaci di esercitare sovranità. La dimensione europea è la dimensione fondamentale per l'esercizio di sovranità. Questo aspetto in quest'Aula oggi non lo vedo e, per la verità, devo dire che non l'ho visto né ieri né l'altro ieri.
Bisogna intervenire con decisione sui meccanismi costitutivi della nostra politica europea. Ben venga la sessione comunitaria di cui abbiamo parlato in sede di discussione generale, che ci consente di svolgere questa responsabilità.
Ci sarebbero molte cose da dire, ma so che il tempo è avaro. Cercherò, quindi, di concentrarmi su una questione particolare: tra le altre direttive, di cui si dovrebbe decidere oggi, vi è, all'articolo 8, la direttiva relativa alle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi residenti illegalmente nel territorio dell'Unione europea. Mi rivolgo ai colleghi della Lega: questa, per quelli che credono nel motto: «rimandiamoli tutti a casa», è un'eccellente occasione per rimandarli tutti a casa. La direttiva ci autorizza a farlo. Qual è il nodo della questione: ho molta paura che questa direttiva non venga applicata in modo rigoroso, perché applicarla in modo rigoroso significa moltiplicare le ispezione degli ispettorati del lavoro per trovare i lavoratori che effettivamente sono in nero in Italia e poterli rimandare a casa. Temo che non sarà applicata in modo rigoroso, perché non è vero che volete mandarli a casa, perché giustamente sapete che, se li mandassimo tutti a casa, la piccola e media industria, che è il vanto della nostra economia, avrebbe un drammatico tracollo. Allora, vorrei dire a quell'onorevole che adesso è uscito, che li volete tenere in Italia come schiavi: volete un milione di persone in Italia senza diritti.
La direttiva offre l'occasione: andiamo a trovarli; dopo, se volete, li mandiamo tutti a casa, ma, se non volete, introduciamo una disposizione che consenta al datore di lavoro disponibile a dar loro un contratto regolare di farlo, secondo lo spirito della legge Bossi-Fini. Dove c'è un contratto di lavoro e un lavoratore, c'è una persona onesta e perbene e questa deve avere diritti. Perché l'impressione, altrimenti, è che noi vogliamo le braccia, ma non vogliamo gli uomini; vogliamo che vengano a lavorare, ma poi devono andare negli scantinati o nelle fogne, devono scomparire dalla vita della città. Vogliamo il loro contributo, ma non vogliamo riconoscere la loro dignità e i loro diritti. Credo allora che questa direttiva, rispetto alla quale mi auguro che il Governo sappia fare uso dei poteri che adesso gli stiamo delegando (per la verità con criteri molto discutibili), sia una di quelle in cui valeva la pena di fissare chiaramente i criteri, ma non lo abbiamo fatto. Mi auguro, invece, che il Governo faccia luce su questa situazione, permettendo di dare diritti a chi contribuisce al nostro benessere con il suo lavoro.
Mi scuso se ho preso più tempo del dovuto, signor Vicepresidente, ma mi adeguo immediatamente al suo richiamo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, noi confermiamo il voto di astensione del nostro gruppo sul provvedimento, per le ragioni che avevamo già esposto in seconda lettura: riteniamo che la legge comunitaria non sia il contesto adeguato per risolvere le questioni relative alle frequenze televisive e certamente non parlo del modo in cui il Governo lo sta facendo.
Vorrei, però, fare alcune considerazioni sia sulla legge comunitaria sia sul dibattito europeo in corso. La prima è che siamo già alla quarta lettura di questo disegno di legge comunitaria: siamo a metà del 2009 Pag. 83e stiamo ancora discutendo della legge comunitaria per il 2008. Credo che occorra andare indietro di almeno dieci anni per ritrovare nel Parlamento un precedente del genere. Questa responsabilità è innanzitutto del Governo e della maggioranza: vi sono stati dei rallentamenti dovuti in gran parte a divisioni in seno alla maggioranza e a diversità fra le posizioni di maggioranza e Governo. Varie questioni, che peraltro meriterebbero trattazioni separate, sono state aggiunte come dei vagoni, agganciati al treno del disegno di legge comunitaria, e hanno ulteriormente rallentato l'iter.
Riteniamo, quindi, di buonsenso la decisione che è stata presa di affrontare la questione della vendita delle bevande alcoliche in una sede separata, anche perché la soluzione di oggi è squilibrata, non risolve tutte le questioni e non dà una ponderazione adeguata dei vari interessi legittimi in gioco - per questo ho aggiunto la mia firma all'emendamento dell'onorevole Pini al riguardo - mentre è necessario dare risposte alle preoccupate sollecitazioni che ci vengono in questo settore e sono venute in questi giorni da varie associazioni di settore.
Però, signor Presidente, i ritardi di questo disegno di legge comunitaria hanno veramente falsato completamente il dibattito sulla politica europea che, obiettivamente, va preso con molta più serietà in questo Parlamento (su questo, condivido quanto il presidente Buttiglione ha appena detto). In questo Parlamento siamo sempre almeno un passo indietro rispetto alle questioni comunitarie, però oggi il calendario, per una coincidenza fortunata, oppure sfortunata per la maggioranza, coincide con il vertice europeo, perché discutiamo di Europa e di legge comunitaria ad appena tre giorni dalla conclusione del vertice europeo. Possiamo, quindi, forse commentare le decisioni di questo vertice, non certo entusiasmanti né per l'Europa né per l'Italia e di cui il Governo porta gran parte della responsabilità.
Nulla di concreto, ad esempio, è stato deciso per lottare contro la crescente crisi dell'occupazione in Europa. Al Consiglio europeo non è stata disposta alcuna risorsa aggiuntiva, eppure, solo nel 2009, quasi lo 0,30 per cento del bilancio comunitario rimane inutilizzato e potrebbe, invece, essere messo al servizio di un piano veramente europeo, di un piano serio a livello europeo per lottare contro la disoccupazione. Si tratta di proposte che abbiamo fatto al Ministro Frattini prima del vertice e che - il Ministro e il Governo hanno sbagliato - sono state ignorate, come sono stati ignorati i nostri orientamenti in materia di vigilanza bancaria e finanziaria, altro grande tema del vertice, legato anch'esso alla crisi, e che quindi dovrebbe essere al centro del dibattito nazionale.
Le decisioni prese in questa materia dal Consiglio europeo rischiano di rimanere innanzitutto un'occasione perduta per l'Europa. Rischiamo, addirittura, dopo le recenti decisioni dell'amministrazione Obama in materia di vigilanza, di rimanere indietro anche rispetto agli Stati Uniti, anziché rappresentare, come dovremmo e potremmo come europei, il modello di vigilanza integrata più avanzato.
Quella che avete preso assieme agli altri Governi a Bruxelles è una decisione pericolosa, perché tende a dare l'impressione che il problema della vigilanza bancaria e finanziaria in Europa sia stato risolto, quando così non è. Non è affatto risolto: vi sono tantissime questioni che rimangono aperte.
È una decisione pericolosa, anche perché conferma la tendenza crescente alla rinazionalizzazione, una tendenza confermata dal fatto che le cosiddette nuove autorità europee in materia di vigilanza non hanno alcun potere vincolante. Rimaniamo, cioè, con la vostra responsabilità, con il vostro accordo a livello europeo, nella tranquilla gestione ordinaria della crisi, mentre sono necessarie soluzioni straordinarie per superare gli squilibri del sistema finanziario attuale.
E che dire in materia di immigrazione? Avete finalmente preso atto che il patto per l'immigrazione, quello stesso patto che avete esaltato in ottobre, che era esaltato Pag. 84dal Ministro Frattini e dal Ministro Maroni, è del tutto inadeguato rispetto alle esigenze del nostro Paese in materia di immigrazione. È un patto francese, che risponde alle esigenze di politica interna francese e che dice poco o nulla in materia di controlli o di sicurezza.
Finalmente a questo vertice ve ne siete accorti anche voi: vi sono degli aspetti positivi, dei passi avanti sul principio di solidarietà degli altri Paesi nei confronti dei Paesi più esposti nel Mediterraneo, in materia di diritto di asilo, di cui è stata riaffermata la priorità in materia di accordi di ammissione. Però è insufficiente: continua a non dire nulla a livello europeo rispetto alla questione dell'integrazione e neppure rispetto alla questione del mercato del lavoro e delle reali esigenze a livello europeo.
Certo per voi tutto ciò non è importante: tutto doveva e poteva essere coperto, doveva passare inosservato, doveva essere nascosto dal grande successo che avevate promesso in campagna elettorale; l'obiettivo che avevate sbandierato era duplice: saremo la principale delegazione all'interno del Partito popolare europeo, eleggeremo finalmente dopo 30 anni un italiano alla Presidenza del Parlamento europeo. E anche su questo, purtroppo per il nostro Paese, avete clamorosamente fallito.
Il Presidente del Consiglio ha ammesso di fronte alla stampa di essersi mosso troppo tardi. Ciò è sorprendente, perché sono tre mesi che racconta agli italiani che avrebbe ottenuto un italiano alla Presidenza del Parlamento europeo. Forse, più che troppo tardi, si è mosso troppo male, e si è mosso troppo male in Italia, con le conseguenze negative che purtroppo dobbiamo constatare per la credibilità e l'influenza del nostro Paese in Europa, mai state così deboli sulla scena internazionale come lo sono oggi a causa dei problemi del Presidente del Consiglio, talmente deboli che neppure una buona candidatura, come quella di Mario Mauro, molto stimato al Parlamento europeo, riesce ad arrivare alla meta a causa dell'inadeguatezza del Presidente del Consiglio.
Noi non abbiamo alcun motivo di rallegrarci di questa situazione, perché ad essere colpiti sono l'immagine ed il peso del nostro Paese in Europa e nel mondo. L'Italia, il nostro grande Paese, merita di essere rappresentato diversamente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Formichella. Ne ha facoltà.

NICOLA FORMICHELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge comunitaria 2008, che ci apprestiamo ad approvare in via definitiva, costituisce sicuramente un passaggio importante e significativo sotto vari aspetti, sia di merito che di metodo. Ovviamente non voglio soffermarmi su questi dettagli, visto che siamo già intervenuti nel corso della discussione sulle linee generali e della dichiarazione di voto in occasione della seconda lettura; ritengo però necessario ribadire due aspetti importanti, di cui dovremo tenere conto nell'esame del disegno di legge comunitaria 2009 e forse anche nella modifica della disciplina stessa della legge comunitaria di cui alla legge n. 11 del 2005.
In primo luogo, va ribadito l'apprezzamento per il lavoro svolto dal Governo, che ha assicurato un dibattito ampio e approfondito sia alla Camera che al Senato: l'apertura del Governo ad un confronto serio ed articolato con il Parlamento è testimoniato proprio dalle quattro letture cui il provvedimento è stato sottoposto. Ma al tempo stesso non posso nascondere che il ritardo, pur incolpevole, accumulato nell'esame della legge comunitaria, costituisce il sintomo e la conseguenza della inadeguatezza sia del quadro legislativo sia di quello regolamentare in corso. Occorre forse attendere la fine dell'indagine conoscitiva che la Commissione politiche dell'Unione europea sta svolgendo sulla legge n. 11 del 2005 per formulare proposte concrete sulla riforma degli strumenti di attuazione in Italia degli obblighi comunitari. Il gruppo del Popolo Pag. 85della Libertà presenterà a questo scopo proposte sia sulla riforma della legge che del regolamento in materia.
Svolte queste considerazioni, signor Presidente, e ribadito l'apprezzamento per il lavoro svolto dal Governo e dalla Commissione politiche dell'Unione europea, annuncio il voto favorevole del gruppo del PdL (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2320-bis-B)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2320-bis-B, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Coscia... onorevole Moroni... onorevole Bocciardo, onorevole Murer, onorevole Lo Monte... onorevole Vella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1078-B. - « Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008» (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (2320-bis-B):

Presenti 441
Votanti 249
Astenuti 192
Maggioranza 125
Hanno votato 249.
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Vico e Zaccaria hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere il voto, che il deputato Portas ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Porfidia ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Seguito della discussione delle mozioni Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174, Evangelisti ed altri n. 1-00190 e Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice del G8 (ore 17,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le seguito dell'esame delle mozioni Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione), Evangelisti ed altri n. 1-00190 e Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191 concernenti iniziative per il disarmo e la non proliferazione nucleare in vista del prossimo vertice del G8 (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta del 15 giugno 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed è intervenuto il rappresentante del Governo.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente per quanto riguarda la mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione) il Governo esprime parere positivo sul primo paragrafo. La motivazione è da ricercarsi nel fatto che l'Italia è impegnata per la promozione, nel quadro del G8, di tutte le misure di non proliferazione e di disarmo nucleare citate all'interno del paragrafo, che rappresentano altrettante priorità dell'agenda della Presidenza italiana. Va tenuto peraltro presente che il G8 assume le proprie determinazioni sulla base della regola del consenso. Occorre pertanto tenere presente che gli «impegni rilevanti e Pag. 86concreti» elencati nel paragrafo potranno essere inseriti nella dichiarazione finale del summit solo nel caso in cui tutti i partner del G8 concordino in tal senso. Per quanto riguarda il secondo paragrafo il parere è favorevole a condizione che venga riformulato come segue: «a incoraggiare in tutte le sedi internazionali, a partire dal vertice G8 del 2009, ogni sforzo teso a perseguire la riduzione sostanziale, trasparente, verificabile e irreversibile, sia in ambito multilaterale sia nel quadro di accordi bilaterali, degli arsenali nucleari. In particolare, a sostenere ogni sforzo teso alla conclusione positiva dei colloqui già avviati tra USA e Russia per giungere entro il 2009, in vista della scadenza del Trattato Start I, alla firma di un nuovo trattato sulla riduzione delle armi strategiche». Questo perché appare opportuno procedere ad una riformulazione del paragrafo che tenga conto del fatto che la dichiarazione finale del summit privilegia tradizionalmente il tema del disarmo nucleare nonché dei suaccennati progressi in tale settore. Inoltre appare preferibile far riferimento alle concrete azioni per favorire il disarmo nucleare che l'Italia potrà intraprendere in ambito multilaterale e nel quadro di accordi bilaterali piuttosto che alla mera opera di incoraggiamento che si potrà effettuare nei confronti delle potenze nucleari al fine di convincerle a ridimensionare i propri arsenali nucleari. Il Governo esprime parere favorevole sul terzo paragrafo a condizione che venga riformulato come segue: «ad assumere, in occasione della riunione finale del Comitato preparatorio alla Conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione che si terrà a New York nel maggio 2010, un atteggiamento attivo nel sostegno alle iniziative di disarmo nucleare avanzate dall'Unione europea, in particolare al negoziato su un Trattato che metta al bando la produzione di materiale fissile per fini esplosivi, che contenga meccanismi di verifica, nonché all'entrata in vigore del trattato sul bando totale degli esperimenti nucleari».
Il testo della mozione va necessariamente aggiornato, dato che la terza riunione del comitato preparatorio della conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione ha già avuto luogo a New York dal 4 al 15 maggio scorso. Nella circostanza l'Italia si è adoperata d'intesa con i partner dell'Unione europea affinché nel corso dei lavori prevalesse un'atmosfera costruttiva tale da porre le premesse per un esito positivo della conferenza di riesame. È così stato possibile adottare per consenso l'agenda della conferenza sgombrando in questo modo il campo da un potenziale ostacolo procedurale. Inoltre, nel corso del comitato preparatorio, l'Italia si è attivamente impegnata, vincendo le resistenze di alcuni partner, affinché l'Unione europea annunciasse il proprio sostegno all'avvio del negoziato su un trattato che metta al bando la produzione di materiale fissile per fini esplosivi e che preveda al suo interno meccanismi di verifica. L'avvio dei relativi negoziati è stato sancito appena due settimane dopo con la storica adozione da parte della Conferenza del disarmo a Ginevra del proprio programma di lavoro per la sessione 2009. Alla luce di tali novità, si propone di riformulare il paragrafo in modo tale da evidenziare l'importanza che l'Italia assuma un ruolo altrettanto attivo anche in occasione della conferenza di riesame del trattato di non proliferazione del 2010, sostenendo le iniziative di disarmo nucleare avanzate dall'Unione europea e in particolare il negoziato per la conclusione di un FMCT. Sarebbe invece problematico accettare l'impegno, contenuto nella formulazione originaria, ad assumere nel corso della conferenza di riesame un atteggiamento attivo nel sostegno (...) della proposta di convenzione sulle armi nucleari...

PRESIDENTE. Onorevole Craxi, mentre abbiamo compreso che il Governo esprime un parere favorevole sul primo e sul quarto paragrafo del dispositivo, vorremmo che lei ci desse indicazioni precise anche riguardo al secondo e al terzo paragrafo.

Pag. 87

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo esprime parere favorevole anche sul secondo e sul terzo paragrafo del dispositivo a condizione che vengano riformulati.

PRESIDENTE. Pregherei i presentatori della mozione - so che è una richiesta pleonastica - di seguire attentamente ma soprattutto di inviare segnali nel caso in cui non vi sia adeguata comprensione: infatti mi rimetto evidentemente alle loro indicazioni.
Prego, sottosegretario.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri.
Come stavo dicendo il Governo esprime parere favorevole sul terzo paragrafo del dispositivo purché sia riformulato nel modo seguente: «ad assumere in occasione della riunione finale del comitato preparatorio alla conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione, che si terrà a New York nel maggio 2010, un atteggiamento attivo nel sostegno alle iniziative di disarmo nucleare avanzate dall'Unione europea e in particolare al negoziato su un trattato che metta al bando la produzione di materiale fissile per fini esplosivi, che contenga meccanismi di verifica nonché all'entrata in vigore del Trattato sul bando totale degli esperimenti nucleari».
Mentre su questa prima parte il Governo esprime parere favorevole con la riformulazione proposta, chiediamo la soppressione della seconda parte perché sarebbe problematico accettare l'impegno, contenuto nella seconda parte della formulazione, ad assumere nel corso della conferenza di riesame un atteggiamento attivo nel sostegno (...) della proposta di convenzione sulle armi nucleari fatta proprio dal Segretario generale delle Nazioni Unite. Si segnala al riguardo che in occasione dell'ultima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, tutti i Paesi membri dell'Unione europea hanno espresso voto contrario alla risoluzione 63/75 che invita la conferenza del disarmo ad avviare i negoziati che potrebbero portare alla conclusione di una convenzione che proibisca l'uso delle armi nucleari.
Appare quindi preferibile evidenziare l'importanza che l'Italia si impegni per favorire un forte consenso europeo sulle concrete iniziative di disarmo in discussione a cominciare dal Trattato FMCT, ovvero quello che mette al bando la produzione di materiale fissile per fini esplosivi.
Per quanto riguarda il quarto paragrafo del dispositivo il Governo esprime parere favorevole.

PRESIDENTE. Volevo pregarla di precisare: consideriamo favorevole anche il parere sulle premesse?

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sì.

PRESIDENTE. Va bene. Passiamo alla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00190.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Sul primo paragrafo il parere del Governo è favorevole con richiesta di parziale modifica: «In occasione del prossimo G8, a dedicare una specifica sessione alla questione del disarmo nucleare, focalizzando gli interventi concreti da attuare per dissuadere i Paesi che attualmente paiono impegnati a dotarsi di armamenti nucleari, così come quelli che non hanno aderito al trattato di non proliferazione». La motivazione è che è preferibile non entrare nelle disquisizioni su quali siano gli Stati che già sarebbero dotati di armamenti nucleari. La categoria degli Stati che non hanno aderito al trattato di non proliferazione comprende, d'altra parte, quella degli Stati che si ritiene possano essere dotati di arsenali nucleari.
Sul secondo paragrafo il parere del Governo è favorevole con richiesta di parziale riformulazione: «A sostenere in questa ottica l'azione di quei Paesi moderati del mondo islamico che hanno aderito al trattato di non proliferazione e rappresentano, anche per questo, il principale alleato occidentale nell'azione volta a universalizzare detto trattato e a farne rispettare Pag. 88gli obblighi di non proliferazione». La motivazione è che si tratta di un linguaggio più preciso e in linea con il lessico adottato a livello internazionale.
Sul terzo paragrafo il parere del Governo è favorevole.
Sul quarto paragrafo il parere del Governo è favorevole, a condizione che venga riformulato come segue: «A sviluppare gli interventi di cooperazione internazionale, in particolare nei confronti dei Paesi arabi moderati, collegando tali piani di intervento alla condivisione e diffusione in questi Paesi dei principi fondamentali in tema di rispetto dei diritti umani». La motivazione è che il termine «vincolando», utilizzato nella redazione attuale della mozione, introduce una condizionalità troppo stretta.
Sul quinto paragrafo il parere è favorevole, con richiesta di una parziale riformulazione: «A sviluppare una politica europea di collaborazione ed amicizia nei confronti della Russia, rilanciando gli accordi di Pratica di Mare relativi ai rapporti tra NATO e Russia, affinché sia superata la logica dell'alleanza militare a favore di una concezione di alleanza strategica, nel cui ambito la Russia non sia più considerata ancora come elemento esterno, ma sia, invece, coinvolta in un programma di partnership con la NATO, come parte integrante dell'Europa. La motivazione è che il termine «governo comune» potrebbe dare adito ad ambiguità interpretative, in particolare farebbe pensare ad un coinvolgimento diretto della Russia nelle strutture decisionali della NATO.
Sul sesto paragrafo il parere è contrario, perché il paragrafo non ha attinenza diretta con il tema in trattazione. Inoltre, pur comprendendo lo spirito che lo anima, non si può non rilevare che presenta una serie di aspetti fortemente problematici: dall'inopinato coinvolgimento in questo contesto della Turchia (Paese membro della NATO e candidato all'adesione all'Unione europea), alla definizione dei diritti umani, per loro natura universali, come patrimonio delle democrazie occidentali, passando per un tenore complessivo che susciterebbe sicuramente reazioni negative presso i nostri partner, ai quali sembrerebbe inevitabilmente ispirato ad una sorta di «imperialismo culturale».
Sulla mozione Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191 il parere del Governo è favorevole.

PRESIDENTE. Siccome l'onorevole Mogherini Rebesani e l'onorevole Evangelisti hanno chiesto di intervenire, si esprimeranno anche sulla richiesta di riformulazione.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Adornato. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, il nostro gruppo guarda con favore a tutte le mozioni presentate: virgola più, virgola meno, direi che l'obiettivo che si ripropongono - cioè, di sollevare l'attenzione sul disarmo in preparazione del Vertice del G8 - è un obiettivo che condividiamo. Pertanto, in questa sede, non entreremo nel merito di dettagli, che pure possono distinguerci da questa o da quella mozione. Piuttosto, vorremmo porre al Governo una questione politica di fondo, che è la seguente.
Ottenere ciò che le mozioni in oggetto chiedono e ciò che l'umanità intera vuole, cioè una via sicura verso il disarmo nucleare e la riduzione degli arsenali, è un obiettivo politico e, come tale, richiede strategie tattiche. Siamo passati da una fase della storia del mondo nella quale, sotto la Presidenza Bush, l'obiettivo era l'alleanza delle democrazie contro il cosiddetto asse del male, cioè contro i Paesi che intendono dotarsi di energia nucleare per esercitare funzioni di ricatto sull'equilibrio politico planetario, ad una fase caratterizzata dalla Presidenza Obama, nella quale vengono privilegiati la politica della mano tesa e il dialogo, anche rispetto a Pag. 89quei Paesi che, precedentemente, gli Stati Uniti consideravano come facenti parte del cosiddetto asse del male.
Credo che il ruolo dell'Europa e dell'Italia, con riferimento a questo mutamento di clima, debba essere precisato e non è estranea a questo desiderio di precisione la richiesta che, poco fa, è stata avanzata dal presidente Casini in relazione ad una sessione intorno al tema dell'Iran. Sono giunto, dunque, all'unico punto che volevo sollevare in un brevissimo intervento.
L'Iran è una delle potenze che si trova sotto osservazione mondiale per il suo desiderio di dotarsi di un nucleare che non sia solo civile. Ebbene, quale strategia devono adottare il mondo, l'Europa e l'Italia, per quel che ci riguarda più direttamente, rispetto a questa questione? Crediamo che rispetto a ciò vi sia un «balbettare», anche del nostro Governo, ma non solo del nostro Governo: è una questione che va oltre i confini italiani.
È come se vi fosse una sorta di pregiudizio mentale in molti leader politici, secondo il quale la fermezza e la determinazione contro posizioni di aggressività di questo o di quel Paese e l'amicizia e il dialogo nei confronti di tutti i Paesi della terra, debbano essere per forza in contraddizione. Pertanto, chi vuole usare un atteggiamento di fermezza e di determinazione, usa solo il linguaggio della violenza, della distinzione e dell'alterità; chi, invece, vuole avere una politica di amicizia, dimentica di far valere le proprie ragioni. Credo che in questo cul de sac vinceranno solo i Paesi che non vogliono il disarmo nucleare.
Dovremmo avere la capacità di essere amici, di tendere la mano e di fare nostra la politica della mano tesa che Obama vuole proporre e, nello stesso tempo, di non rinunciare alla fermezza. Vorrei fare un esempio. L'atteggiamento che il Governo italiano, ed anche molti Governi europei (escluso quello francese di Nicolas Sarkozy), hanno tenuto nei confronti degli avvenimenti in Iran di questi giorni, è paradigmatico della schizofrenia di cui sto parlando.
Non è necessario rifiutare la mano tesa o il dialogo con l'Iran per denunciare fermamente ciò che sta avvenendo in questi giorni a Teheran. Non è necessario rinunciare ad una strategia di amicizia nei confronti dei popoli di tutto il mondo per rivendicare il rispetto dei diritti umani, dei diritti dell'uomo e della donna, in ogni circostanza ed anche con voce forte. Era giusto, forse, in omaggio alla politica della mano tesa e del ruolo strategico che l'Iran può avere nella vicenda dell'Afghanistan, invitare il Ministro degli esteri iraniano al G8 di Trieste, ma, forse, non era giusto aspettare due o tre giorni, facendo finta che fosse stato l'Iran a declinare l'invito, per assumere da parte dell'Italia una posizione forte e alzare la voce nei confronti di ciò che avveniva, e sta ancora avvenendo, a Teheran.
Credo che, oltre a scrivere parole che tutti possiamo sottoscrivere sul disarmo, sia necessario ragionare su quale politica l'Italia, ma soprattutto l'Europa, debba avere nei confronti dei Paesi che oggi avanzano delle pretese (la Corea del Nord è più lontana da noi, ma è un pericolo per tutto il mondo, l'Iran è più vicino a noi, e quindi ci coinvolge di più).
Questa è la discussione che sollecitiamo al Governo, non tanto la riformulazione di questo o quel paragrafo, ma riflettere su questo, anche perché, lo ripeto, gli ultimi avvenimenti hanno trovato «balbettante» il nostro Governo.
Vogliamo un'Europa che abbia una posizione ferma e forte di difesa dei diritti civili - si vada dalla Cina, si prosegua per il Tibet e si arrivi in Iran - e, allo stesso tempo, vogliamo un Governo capace di accoppiare, a questa fermezza, il linguaggio dell'amicizia e del dialogo. In buona misura, direi che forse è necessaria una via di mezzo tra quella di Bush e quella di Obama. È necessario lavorare per un'alleanza delle democrazie, per assumere una posizione comune di fronte a questi fenomeni mondiali e, nello stesso tempo, occorre sapere che questa alleanza della democrazia non può essere considerata un Pag. 90organismo ostile ai Paesi non democratici, ma, invece, un organismo di sviluppo e di stimolo delle amicizie e del dialogo.
Non è una posizione sconosciuta all'Europa, non è una posizione a noi ignota; è, più o meno, la stessa posizione che abbiamo assunto per decenni nei confronti dell'Unione Sovietica. Nei decenni del secolo scorso vi è stata, è vero, una discussione se appoggiare il dissenso sovietico o far prevalere una realpolitik nei confronti di Mosca, la ricorderete. Poi si è arrivati, finalmente, alla conclusione che i rapporti commerciali e gli interessi economici possono essere gestiti nello stesso momento in cui non si rinuncia ad esibire i valori della civiltà occidentale e ad appoggiare il dissenso presente allora in quel Paese e presente oggi nei Paesi come l'Iran. Sono due facce della stessa medaglia, non due medaglie diverse. Trovare questo equilibrio, trovare la saggezza di questa posizione, avendo l'eredità che abbiamo di grandi Governi italiani ed europei che su questo hanno esercitato una buona politica, non dovrebbe esserci difficile. La nostra domanda è: perché, invece, abbiamo smarrito questa tradizione? Perché balbettiamo di fronte a quello che succede nel mondo?
Questo è il nostro invito, mentre voteremo a favore di tutte le mozioni, non volendo esasperare la virgola, ma andare al concreto e alla sostanza di quanto vi è scritto. Tuttavia, è questa la domanda che vogliamo rivolgere all'Assemblea, a tutti colleghi, ma soprattutto al Governo. La fermezza nel difendere i valori della civiltà occidentale e nel contrapporsi a ogni brutalità che in queste ore si sta consumando a Teheran non può essere in contraddizione con il fatto di essere amici, con il fatto di tendere la mano, con il fatto di credere nel dialogo come la via principale per arrivare ad un mondo che non abbia più armi nucleari (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti, al quale chiedo, nello svolgimento del suo intervento, di interloquire con i pareri del Governo, dicendoci se accetta la riformulazione.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, partirò proprio da questo punto. Come gruppo dell'Italia dei Valori, prendiamo atto con una certa soddisfazione dell'accoglimento della sostanza della nostra mozione, anche se con alcune piccole riformulazioni. Sostituire «governo comune» con «partnership» non cambia il senso dell'invito che abbiamo rivolto a sviluppare una politica di collaborazione e di amicizia con la Russia; togliere la parola «vincolando» sostituendola con «collegando» «i piani di intervento alla condivisione e alla diffusione nei Paesi arabi moderati dei principi fondamentali in tema di rispetto dei diritti umani» non cambia la sostanza del nostro dire; parlare dei Paesi impegnati a dotarsi di armamenti nucleari senza fare distinzione fra quelli che ne sono già in possesso e quelli che ve ne potrebbero entrare presto, non cambia la sostanza.
Per questi motivi, esprimiamo apprezzamento e soddisfazione, il che ci porta a dichiarare che voteremo a favore non soltanto della nostra mozione, ma anche delle altre, perché sostanzialmente viene condiviso l'obiettivo primario, che è quello di puntare a ridurre le armi nucleari, anche se, ovviamente, l'obiettivo agognato dovrebbe essere quello di eliminarle del tutto
Ci sorprende un tantino la richiesta di riformulazione che comporta la cancellazione dell'ultimo punto del dispositivo che avevamo proposto. Lo rileggo a beneficio dell'Assemblea. La nostra mozione recita: «(...) a sviluppare nei confronti della Libia e della Turchia un'azione di costante coinvolgimento nelle scelte strategiche dell'Europa, in modo da estendere a questi Paesi quei valori fondanti che reggono le democrazie occidentali, a partire dal rispetto dei diritti umani, evitando, al contempo, che proprio questi due Paesi possano correre il rischio di ricadere nell'area di influenza dell'estremismo religioso di matrice islamica.» Pag. 91
È esattamente il concetto che più sopra era stato accettato, con un riferimento specifico a Turchia e Libia. Perché un simile riferimento? Perché la Turchia è membro della NATO, mentre la Libia, nonostante la carnevalata di Gheddafi di una settimana fa a Roma, ha annunciato di rifiutare il programma atomico e questa è una circostanza da non sottovalutare nel momento in cui gli sforzi di tutti noi sono diretti soprattutto a quella realtà del mondo islamico - lo definisco così in senso lato e anche improprio - del quale stiamo discutendo. Che cosa intendo dire? Storicamente il dilemma del disarmo atomico, almeno sino alla fine degli anni Ottanta e all'inizio degli anni Novanta, ha sempre riguardato unicamente gli Stati Uniti da una parte e quella che era l'Unione Sovietica dall'altra. Oggi gli Stati oggetto della nostra attenzione non sono più Russia e Stati Uniti, bensì India e Pakistan, per fare un esempio. Siamo consapevoli della delicatezza della questione soprattutto quando si parla del Pakistan che, tra l'altro, è uno dei principali alleati occidentali nella guerra ai talebani, tuttavia sappiamo quanta influenza abbia al suo interno l'estremismo islamico. Stiamo parlando di un Paese dotato dell'arma atomica. Al tempo stesso dobbiamo fare un riferimento all'Iran, che nega di voler fare ricorso all'arma atomica, mentre tutto quello che sta costruendo in questi anni sono soltanto esperimenti tesi a sviluppare il nucleare civile per giungere un domani, per ragioni di sicurezza interna, a dotarsi di armi atomiche. E allora perché se si fa questo ragionamento, se si guarda con attenzione a questa realtà islamica, non si deve prestare la stessa attenzione e non si deve cercare di coinvolgere invece i Paesi considerati amici, come la Turchia e la Libia? Questo era il senso del nostro ragionamento. Comunque, anche in questo caso, cancellando l'ultimo capoverso, il senso della nostra mozione non cambia.
Concludo con un riferimento che è rimasto un pochino sullo sfondo. Abbiamo parlato di Russia, Stati Uniti, India, Pakistan, Turchia, Libia e potremmo persino parlare della Cina per quanto riguarda l'arma atomica e i diritti umani, ma non c'è dubbio che oggi la questione relativa agli armamenti nucleari riguarda in particolar modo la Corea del Nord. Lo scorso 15 giugno, giorno nel quale abbiamo discusso in quest'Aula delle mozioni in esame, illustrandole, era a Washington il Presidente sudcoreano, allo scopo di incontrare il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, proprio in occasione di un pronunciamento degli Stati Uniti che parlava di un «ombrello antiatomico» su Seul che l'altra parte, ovvero la Corea del Nord, considerava un atto criminale finalizzato ad innescare una guerra nucleare sulla penisola coreana. È da sottolineare e da ricordare che lo scorso 26 maggio la Corea del Nord aveva sfidato nuovamente la comunità internazionale: infatti, subito dopo il test nucleare di quelle ore che aveva già suscitato preoccupazione e condanna in tutto il mondo, il regime di Pyongyang ha lanciato due missili a corto raggio sulla costa orientale del Paese. Come si vede, dunque, non si tratta di una discussione accademica, non stiamo immaginando quello che potrebbe succedere, stiamo discutendo di quello che sta già succedendo, dei rischi per questo nostro mondo. Allora, siccome non bastano gli appelli al buonsenso, la via del disarmo può essere caratterizzata soltanto da compromessi necessari, da piccoli passi e dalla necessità di trovare nuovi alleati. Mi aggancio, pertanto, a quanto diceva poco fa il collega Adornato che, però, è stato fin troppo tenero nei confronti del Governo per quanto riguarda in particolare l'iniziativa diplomatica di Teheran.
Mi è già capitato di ricordarlo più volte e chiedo scusa ai colleghi che mi hanno già ascoltato su questo tema, l'ho detto più volte anche al Ministro degli affari esteri, Frattini: non stiamo balbettando sulla vicenda dell'Iran, abbiamo proprio perduto la bussola.
All'inizio dell'anno arriva Nancy Pelosi e noi annunciamo una visita a Teheran, la settimana dopo arriva in Italia Tzipi Livni, Ministro degli esteri israeliano, e noi annulliamo la visita a Teheran. Poi riprendiamo Pag. 92il discorso, preannunciamo una visita preelettorale a Teheran e la annulliamo di nuovo.
Infine, su indicazione degli Stati Uniti, invitiamo l'Iran al gruppo del G8 a Trieste in occasione della riunione dei Ministri degli esteri per fare il punto sull'Afghanistan che non può non vedere il coinvolgimento di tutti i Paesi dell'area e ieri, di fronte ai gravissimi attentati alla democrazia, di fronte ai gravissimi attentati alla libertà di informazione in Iran si mette, di fatto, un veto alla partecipazione del ministro Mottaki a questa conferenza di Trieste.
Personalmente sarei stato pronto a scendere in piazza a manifestare contro la visita di Mottaki, però un conto è il pensiero di un singolo parlamentare, un conto è il pensiero dei parlamentari che oggi giustamente hanno voluto indossare un nastro verde a testimoniare la loro vicinanza a chi è sceso in piazza, ha lottato e si batte fino alla morte per riaffermare i valori della democrazia, altra cosa è il ruolo di uno Stato che ha la presidenza di turno del G8 e che ha ben altre responsabilità.
Quindi, se invece di balbettare o di perdere la bussola riuscissimo finalmente ad avere una rotta in questa materia, in questo argomento specifico sarebbe quanto mai utile a tutto il Paese, all'Unione europea e al gruppo che fa riferimento al G8. Concludo perché vedo che lei, signor Presidente, sta controllando l'orologio e la ringrazio preannunciando comunque il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori non soltanto sulla mozione a mia firma, ma anche sulle mozioni presentate dai colleghi perché lo sforzo deve essere corale ed unanime in questo senso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Trattato di non proliferazione nucleare in vigore dal 5 marzo 1970 si può annoverare tra gli atti internazionali che hanno avuto più adesioni al mondo: ben 191 Paesi, compresi i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Tre sono i principi fondamentali che il Trattato sancisce. In primo luogo, la quantità di armamenti nucleari nel mondo non deve aumentare, quindi gli Stati che non li possiedono non possono acquisirli e gli Stati che li possiedono non possono fornirli ad altri.
In secondo luogo, occorre promuovere attivamente il disarmo nucleare e, in terzo luogo, l'energia nucleare a fini civili deve essere sviluppata e condotta sotto il controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
È purtroppo evidente che anche tra quanti hanno sottoscritto il Trattato di non proliferazione, questi impegni non sono stati e non sono tuttora rispettati. A dire la verità, ormai da quasi dieci anni, cioè dall'ultima conferenza di riesame del Trattato che abbia avuto un certo impatto, il tema del disarmo nucleare registra una fase di sostanziale stallo.
Le mozioni che stiamo esaminando sono di preoccupante attualità, la paura della distruzione nucleare che ha portato nel 1968 alla firma del Trattato di non proliferazione concepito nel quadro della guerra fredda non è cessata con la fine del divisione del mondo in due blocchi, anzi la minaccia è aumentata poiché più Stati possiedono arsenali nucleari, dichiarati e non, e perché molti di essi non rispondono a logiche strategiche chiare e i meccanismi decisionali interni non sempre sono in mano a Governi affidabili dal punto di vista della sicurezza internazionale.
A ciò si aggiunge il concreto timore che a causa di una scarsa rete di controllo o per corruzione, o per connivenza, o per superficialità, armi nucleari possano finire nelle mani di gruppi terroristici.
Seguiamo in questi giorni con attenzione gli sviluppi della situazione interna in Iran ben sapendo che in nessun caso Teheran dismetterà i propri programmi di arricchimento dell'uranio. È noto che la tecnologia civile e quella militare coincidono nella sostanza e quindi possiamo Pag. 93solo sperare e lavorare perché quel Paese possa avere un Governo affidabile sull'impiego degli strumenti di cui disporrà in un prossimo futuro e soprattutto che sia collaborativo rispetto all'Agenzia internazionale.
Qualsiasi sia la conclusione delle manifestazioni di piazza a Teheran non possiamo che guardare con estrema apprensione ad un Paese che potrebbe precipitare nel caos senza più interlocutori e controllo sugli armamenti.
Ma l'Iran non è l'unico sorvegliato speciale: il 25 maggio scorso la Corea del Nord ha annunciato di avere realizzato un secondo test su armi nucleari, dopo il primo del 6 ottobre 2006 in violazione della moratoria stabilita dal Consiglio di sicurezza ONU sui test nucleari sotterranei, contestualmente a test con impiego di missili a corto raggio e minaccia di proseguire il suo programma di arricchimento dell'uranio e di utilizzare le sue riserve di plutonio a fini militari.
Accanto a questi Paesi troviamo arsenali nucleari anche nelle mani di partner importanti dell'Occidente quali India e Pakistan la cui situazione, tuttavia, non garantisce condizioni di sicurezza durature, proprio a causa della conflittualità tra i due Paesi per la corsa - l'uno sull'altro - nel procurarsi armi ad effetto reciprocamente deterrente e che peraltro non hanno sottoscritto l'Accordo di non proliferazione.
È assolutamente velleitario affrontare il tema del disarmo nucleare a livello mondiale senza un pieno e serio coinvolgimento di questi Paesi, obiettivo certamente non facile e che evidenzia per ciascuno di essi limiti e problemi specifici. Certo è che il tema del disarmo dovrebbe rappresentare una costante di tutti gli incontri e i dialoghi bilaterali e multilaterali con i Paesi che stanno percorrendo o hanno portato a termine programmi nucleari, una condizione imprescindibile per la sottoscrizione di accordi e partnership con loro.
Sappiamo purtroppo che spesso le ragioni dell'interesse economico e della convenienza politica hanno portato a chiudere più di un occhio su questo tema. Non deve essere più così in futuro perché il rischio è davvero troppo alto. Alcuni protagonisti della scena internazionale sono portatori di responsabilità maggiori, è inutile negarlo: Stati Uniti e Russia, Paesi che dispongono dei nove decimi degli arsenali militari del mondo, sono per dimensioni e peso tra i negoziatori più forti e devono essere i più impegnati sostenitori del progetto di disarmo, perché esso abbia delle chance di successo.
Nel dicembre 2009 arriverà a scadenza il Trattato per la riduzione delle armi strategiche Start-1 tra le due maggiori potenze nucleari - USA e Federazione russa - che prevede anche verifiche reciproche e che rappresenta un punto molto avanzato del dialogo tra i due Paesi sul tema nucleare. Le posizioni dei due leader di Mosca e di Washington e le loro più recenti dichiarazioni lasciano ben sperare in questo senso.
In una dichiarazione congiunta con il Presidente russo Dimitri Medvedev rilasciata in occasione del recente incontro di Londra, i due Capi di Stato hanno annunciato che avvieranno negoziati per un accordo sostitutivo del Trattato Start, mirante ad una riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive.
Per tutti questi motivi abbiamo sottoscritto la mozione di maggioranza, perché pensiamo che nessuna occasione debba essere sprecata nell'obiettivo del disarmo nucleare e che per il nostro Governo, Presidente del G8, ne possa essere portavoce e protagonista avviando, a partire dell'incontro dei grandi, un dialogo progressivo all'insegna della concretezza, che proseguirà nel maggio del 2010 in occasione della Conferenza del riesame del Trattato di non proliferazione e in tutte le altre sedi internazionali, in particolare in seno all'Alleanza atlantica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mogherini Rebesani. Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, qui oggi noi non stiamo Pag. 94facendo un atto formale, non stiamo semplicemente esprimendo delle buone intenzioni, perché sono passati ben quarant'anni dall'entrata in vigore del Trattato di non proliferazione nucleare e non credo che sfugga ad alcuno di noi che in questi quarant'anni il volto del mondo è cambiato profondamente.
Dopo la fine della guerra fredda si era aperta la speranza di un nuovo ordine mondiale in cui si sperava che la cooperazione fra gli Stati potesse prendere il posto della tensione e del ricorso alla deterrenza. Così non è stato, e nuovi squilibri hanno sostituito la logica dei blocchi contrapposti, nuovi rischi inquietano le relazioni internazionali e minano la sicurezza dei cittadini di tutto il mondo.
In questi quarant'anni il numero di Stati che hanno aderito al Trattato di non proliferazione nucleare è cresciuto enormemente, eppure scarsi sono stati i progressi concreti sulla via del disarmo e della non proliferazione, tanto che la conferenza del riesame per il Trattato già nel 2000 ha adottato le tredici azioni pratiche da adottare per arrivare all'eliminazione completa degli armamenti nucleari.
E ai ritardi e alle inadempienze dei Paesi aderenti al Trattato si aggiunge il rifiuto di aderire di alcuni importanti Paesi nucleari - molti sono stati citati qui oggi da chi mi ha preceduto - e soprattutto nuove e crescenti minacce di proliferazione ed il rischio che ad armi nucleari possano avere accesso regimi non democratici - anche questi già citati oggi - organizzazioni criminali e reti terroristiche.
Il volto del mondo in quarant'anni è mutato, ma non per questo la sicurezza globale è migliorata. Eppure proprio oggi, in questi ultimi 6-7 mesi si è aperta una nuova finestra di speranza ed opportunità per il disarmo e la non proliferazione nucleare. Innanzitutto, dall'amministrazione americana proprio oggi, dopo anni di strategia del conflitto e dello scontro tra culture, con Obama arriva al mondo un messaggio di inversione di tendenza: le dichiarazioni ufficiali, i gesti simbolici e gli atti concreti della nuova amministrazione americana parlano di un impegno per il disarmo e la non proliferazione nucleare che non ha precedenti nella storia.
Penso alla volontà di concludere entro la fine dell'anno un nuovo trattato vincolante tra gli Stati Uniti e la Federazione russa per la riduzione degli arsenali nucleari. Penso al discorso che Obama ha tenuto a Praga lo scorso aprile ed all'indicazione esplicita e storica dell'obiettivo di un mondo senza armi nucleari. Penso al percorso concreto e dettagliato indicato in quello stesso discorso: riduzione degli arsenali, messa al bando globale dei test nucleari, moratoria della produzione dei materiali fissili utilizzati per la costruzione di armi nucleari, rafforzamento dell'autorità per le ispezioni internazionali e ripensamento della cooperazione nucleare a scopi civili. Sono impegni molto concreti, ambiziosi e, soprattutto, possibili se sostenuti da una forte volontà politica. Sono impegni che in fondo colgono e rilanciano tutti quegli atti istituzionali e politici che negli ultimi anni hanno tentato di indirizzare la comunità internazionale sulla strada del disarmo e della non proliferazione.
Penso alle testimonianze pubbliche e bipartisan che negli Stati Uniti, in Germana, nel Regno Unito e anche in Italia hanno visto impegnarsi importanti personalità politiche ed ex ministri. Penso alla campagna «Zero globale» promossa da Gorbaciov e da autorevoli esponenti della società civile internazionale. Penso alle tante ed importanti esperienze della rete dei sindaci per la pace, nate dall'iniziativa dei sindaci di Hiroshima e Nagasaki e di cui tanti sindaci italiani fanno parte. Penso alla coalizione Abolition now animata da più di duemila associazioni e ONG nel mondo. Penso, infine, alla risoluzione del Parlamento europeo del giugno 2008, che pone l'obiettivo del disarmo nell'ambito della strategia per la non proliferazione e fissa l'obiettivo di un'Europa area denuclearizzata e di una convenzione universale per la messa al bando delle armi nucleari. Penso al documento di revisione della strategia di sicurezza europea approvato dal Consiglio europeo Pag. 95dello scorso dicembre ed al piano in cinque punti presentato lo scorso ottobre dal Segretario generale delle Nazioni Unite per il disarmo nucleare.
Disarmo e non proliferazione sono obiettivi a parole ampiamente condivisi: riguardano la sicurezza, la pace e, in fondo, anche la democrazia di ogni cittadino sul pianeta. Si tratta oggi di dare sostanza alle parole, di non fermarsi ai principi e di far seguire alle buone intenzioni scelte conseguenti e coerenti. L'Italia oggi ha una grande occasione per giocare un ruolo importante, utile, concreto e anche ambizioso. L'Italia può scegliere di caratterizzare la propria Presidenza del G8 su un tema - come quello del disarmo e della non proliferazione - cruciale e strategico.
Innanzitutto sarebbe un'occasione per caratterizzare la Presidenza italiana del G8 in un qualche senso perché ad oggi non è pervenuta alcuna caratterizzazione politica di tale Presidenza. Ma soprattutto segnerebbe un impegno concreto ed ambizioso - lo ripeto - per la sicurezza, la pace e gli equilibri perfino democratici del mondo per come è oggi. È chiaro, infatti, che le iniziative concrete per il disarmo nucleare danno maggiore credibilità e forza a quelle iniziative per la non proliferazione che - è evidente guardando anche allo stesso caso iraniano in questi giorni - danno una spinta notevole a quei movimenti per il rafforzamento della democrazia proprio in quei Paesi che stanno in questi giorni percorrendo strade pericolose e per i propri cittadini e per gli equilibri strategici del mondo.
È una scelta di futuro, sarebbe una scelta di giustizia, di pace, di democrazia, di sicurezza e di convenienza anche per i nostri cittadini e per ognuno di noi. È una scelta che questo Parlamento è oggi chiamato a compiere e ci auguriamo di poterlo fare nell'interesse di tutti con il consenso più ampio che questo tema merita. È per questo che con un certo rammarico, pur tuttavia accogliamo le richieste di riformulazione, anche se - ci tengo a dirlo - sono piuttosto bizzarre soprattutto in due punti: da una parte il Governo ci chiede di cancellare una frase sulla quale non vedo quale sia veramente l'obiezione. La frase che chiedono di cancellare riguarda il fatto che l'Italia non dovrebbe deplorare ogni azione intrapresa dagli stati in possesso di armamenti nucleari per ampliare o rinnovare la propria dotazione di armamento nucleare.
Questo è un obiettivo addirittura minore di quello espresso dai Presidenti statunitense e russo nei loro recenti incontri.
Non vedo per quale motivo un Paese come l'Italia dovrebbe adottare un obiettivo meno ambizioso e molto più ristretto rispetto a quello che invece le grandi potenze nucleari del mondo si stanno ponendo in questo momento. Mi sembra un atto di timidezza veramente incomprensibile.
Ma soprattutto è l'altra richiesta di modifica che non condividiamo: la richiesta di stralciare il riferimento alla proposta di modello di convenzione sulle armi nucleari. Qui si tratta di un documento che è ampiamente sostenuto in sede di Nazioni Unite, un documento fatto proprio dal Segretario generale delle Nazioni Unite e che va esattamente nella linea espressa dall'amministrazione americana, che ricordiamolo è cambiata tra il voto che il Governo ricordava in Assemblea generale delle Nazioni Unite ed oggi. Ma soprattutto è una proposta di modello sostenuto da una risoluzione del Parlamento europeo dello scorso 24 aprile, risoluzione votata in modo assolutamente trasversale e bipartisan. Non vedo quindi per quale motivo il Governo italiano non vi possa fare riferimento.
Se comunque, da quello che capisco, l'indicazione del Governo è rigida, noi accogliamo la riformulazione soprattutto per mettere un punto fermo dal quale questo Parlamento possa ripartire. Crediamo infatti che sia fondamentale oggi in questa Aula dare un segnale forte, univoco ed unitario sull'importanza di mettere il tema del disarmo e della non proliferazione nucleare al centro dei lavori del prossimo G8 e dell'iniziativa di questo Governo e di questo Parlamento. Speriamo Pag. 96che da un voto bipartisan oggi, qui, si possa riprendere nei prossimi mesi, a partire ancora dal G8 del mese prossimo, per un'iniziativa più forte, più coraggiosa, più avanzata e soprattutto molto più coerente del Governo italiano in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che ci sia un momento di riflessione straordinario, importante e voglio richiamare i concetti espressi dall'onorevole Adornato per non concordare assolutamente con lui in ordine alla posizione che il Governo italiano ha assunto, in particolare il Ministro degli affari esteri Frattini, con determinazione e fermezza. Al contrario invece c'è stata una grande opportunità mancata, quella dell'Unione europea che non ha saputo tradurre con un unico linguaggio, con un'unica posizione, la stessa determinazione e la stessa fermezza, anche se bisogna ribadire che nell'evoluzione della situazione occorra anche grande cautela e una verifica appropriata rispetto alle contraddizioni a cui stiamo assistendo.
Il tema specifico di cui parliamo, raccordato con questa riflessione, a nostro giudizio va tradotto immediatamente e concretamente. C'è un'occasione importantissima, straordinaria, c'è un tema inserito nell'agenda del G8 e può essere rappresentato in maniera altrettanto ferma e importante dall'Italia, dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha posto al centro dell'agenda politica questo tema e che ha ribadito che la non proliferazione e il disarmo nucleare sono elementi essenziali per la sicurezza internazionale.
Tutto questo va collegato anche con la posizione occidentale. La posizione del Presidente del Consiglio coincide in maniera precisa con il discorso del Presidente degli Stati Uniti Obama, il quale all'atto del suo insediamento ha dichiarato che tutti i Paesi del mondo hanno diritto all'accesso al nucleare civile, a condizione che abbiano sottoscritto il Trattato internazionale di non proliferazione. L'invito è quello di non perdere tempo, di non dequalificare questa valutazione e questo approfondimento e di ricondurlo ad una storia che sicuramente risale al 1968, al 1970, ma che avrà momenti esplicativi della sua evoluzione e della sua determinazione in termini concreti soprattutto nel 2010.
A quell'appuntamento noi dobbiamo prepararci per essere pronti a ribadire soprattutto il nostro impegno, la nostra garanzia per tutti quei Paesi che hanno necessità, peraltro, di essere incoraggiati. Ecco perché in maniera importante ci troviamo oggi ad assumere degli impegni, il primo dei quali è rivolto, in particolare, alla messa al bando totale dei test nucleari e alla negoziazione di un trattato internazionale per la messa al bando della produzione di materiale fissile per gli armamenti nucleari nonché, soprattutto, alla riaffermazione del principio dell'irreversibilità delle riduzioni degli arsenali militari, dell'innalzamento dell'efficacia delle verifiche e del regime internazionale di ispezione.
Colleghi, credo sia importante anche l'accoglimento della riformulazione che il Governo ha voluto invitare ad adottare affinché ci sia unanimità rispetto ad un tema così importante sul quale - lo ripeto - la posizione del Parlamento italiano, che si abbina a quella del Governo italiano, può essere determinante all'interno di un contesto come quello del G8; quindi, invitiamo a votare favorevolmente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che la mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione), Pag. 97come riformulata su richiesta del Governo, e la mozione Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191 recano dispositivi parzialmente coincidenti. In particolare, gli impegni contenuti nel primo, nel secondo e nel terzo capoverso del dispositivo della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo, sono sostanzialmente coincidenti con gli impegni contenuti nel primo, nel secondo e nel terzo capoverso del dispositivo della mozione Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191.
Avverto, altresì, che al fine di dare chiarezza e ordine alle votazioni, anche in virtù della descritta parziale identità dei dispositivi delle mozioni Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione) nel testo riformulato, e Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191, si procederà alla votazione nel seguente ordine: in primo luogo sarà posta in votazione la parte motiva della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione); successivamente saranno posti congiuntamente in votazione il primo, il secondo e il terzo capoverso del dispositivo della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo, e il primo, il secondo e il terzo capoverso del dispositivo della mozione Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191, sostanzialmente identici.
Di seguito sarà posto in votazione il quarto capoverso del dispositivo della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione); sarà poi posta in votazione la mozione Evangelisti ed altri n. 1-00190, come riformulata su richiesta del Governo; infine, sarà posta in votazione la mozione Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191, ad eccezione del primo, del secondo e del terzo capoverso del dispositivo, per le parti non assorbite.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte motiva della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico, onorevole Murer, onorevole Moroni, onorevole Cesario, onorevole Porfidia, onorevole Mondello, onorevole Oliverio, onorevole Mecacci... I colleghi hanno votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 440
Votanti 438
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato
438).

Prendo atto che il deputato Oliverio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul primo, nonché sul secondo e sul terzo capoverso del dispositivo della mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione), nel testo riformulato, e sul primo, sul secondo e sul terzo capoverso del dispositivo della mozione Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191, sostanzialmente identici, accettati dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Foti, onorevole Murer, onorevole Osvaldo Napoli, onorevole Bocciardi, onorevole Mecacci, onorevole Conte, onorevole Delfino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 444
Votanti 443
Astenuti 1
Maggioranza 222
Hanno votato
443).

Pag. 98

Prendo atto che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mogherini Rebesani ed altri n. 1-00174 (Nuova formulazione), limitatamente al quarto capoverso del dispositivo, accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Murer, onorevole Concia, onorevole Coscia, onorevole Dussin, onorevole Casini, onorevole Mecacci...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato
446).

Prendo atto che la deputata Anna Teresa Formisano ha segnalato che non è riuscita a votare e che il deputato Brigandì ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00190, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti, onorevole Lo Monte, onorevole Mondello, onorevole Murer, onorevole Nannicini, onorevole Mecacci, onorevole Girlanda, onorevole Casini.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 447
Votanti 383
Astenuti 64
Maggioranza 192
Hanno votato
381
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pianetta, Dozzo, Iannaccone ed altri n. 1-00191, ad eccezione del primo, del secondo del terzo capoverso del dispositivo, per le parti non assorbite, accettate dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Mondello, onorevole Murer, onorevole Nannicini, onorevole Girlanda, onorevole Barbato, onorevole Sisto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
447).

Secondo le intese intercorse tra i gruppi, lo svolgimento degli altri argomenti con votazioni previsto all'ordine del giorno, è rinviato alla seduta di domani.

Discussione della mozione Villecco Calipari ed altri n. 1-00182 concernente iniziative per l'affermazione dei diritti delle donne e per la parità di genere in vista del prossimo vertice del G8 (ore 18,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Villecco Calipari ed altri n. 1-00182, concernente iniziative per l'affermazione dei diritti delle donne e per la parità di genere in vista del prossimo vertice del G8 (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione è pubblicato in calce al resoconto della seduta del 18 giugno 2009.
Avverto che in data odierna sono state presentate le mozioni Saltamartini ed altri n. 1-00193, Di Giuseppe ed altri n. 1-00194 e Capitanio Santolini ed altri n. 1-00195 Pag. 99che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritta a parlare l'onorevole Villecco Calipari, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00182. Ne ha facoltà.
Prego i colleghi di uscire dall'Aula in silenzio.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, vengo ad illustrare... Signor Presidente, mi scusi, se richiama l'Aula un attimo, al limite sospendiamo cinque minuti...

PRESIDENTE. Colleghi, come donne siamo spiacenti che non siate interessati a seguire la discussione sulle linee generali su queste importanti mozioni, però quanto meno consentite all'onorevole Villecco Calipari di parlare in una situazione ambientale migliore.
Mi sembra che le cose vadano meglio. Prego, onorevole Villecco Calipari.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, la ringrazio.
Illustro questa mozione sostenuta da molti deputati del Partito Democratico, che ha l'obiettivo di impegnare il Governo italiano, in vista del prossimo vertice del G8, che sarà presieduto dal nostro Paese, a farsi promotore, nella fissazione dell'agenda e delle priorità del summit, di un impegno per l'affermazione dei diritti delle donne e per la parità di genere. È un impegno necessario per concorrere in maniera significativa alla ricerca di soluzioni e di approcci condivisi sui temi della governance mondiale e delle grandi questioni globali.
Mi auguro di trovare, su una problematica centrale per la sicurezza, per la risoluzione dei conflitti e per lo sviluppo di relazioni pacifiche nel mondo, l'appoggio convinto anche degli altri gruppi parlamentari, perché si possano condividere le premesse e le finalità espresse nella nostra mozione, anche in considerazione di un incontro quale il G8, attualmente caratterizzato come forum in prevalenza maschile (solo tre donne, dal 1975 ad oggi, hanno preso parte a suoi lavori), nel quale il tema dei diritti delle donne su scala globale non è mai entrato concretamente nell'agenda.
Ora l'Italia può dare uno slancio nuovo in un momento cruciale per le implicazioni che la crisi economica sta manifestando su scala mondiale e per la necessità di ripensare gli strumenti e le istituzioni della governance globale. Per noi è essenziale, quindi, che il prossimo vertice del G8, nell'affrontare l'analisi dei problemi più urgenti e nel prospettare possibili soluzioni, prenda in considerazione differenze di genere e diritti delle donne, sia quali attrici determinanti il cambiamento, sia quali destinatarie specifiche delle politiche perseguite.
È ormai un dato di fatto che ogni crisi economica moltiplica la violenza maschile sulle donne e irrigidisce le interpretazioni tradizionali o religiose che relegano le donne in posizione di sudditanza e inferiorità. Quando i bisogni di base non sono soddisfatti, i problemi legati ai diritti delle donne nei Paesi più poveri passano in secondo piano.
Ecco perché è necessario stimolare proprio oggi la creazione di indicatori alternativi del welfare che, permettendo di contabilizzare a livello statistico anche il lavoro non retribuito, possano fornire una stima più attendibile di quelle attività, come il lavoro domestico e di cura, che sono tipicamente femminili, che, pur contribuendo a sostenere significativamente il welfare e parte dell'economia mondiale, non figurano tuttora nel calcolo del prodotto interno lordo.
Da decenni si parla in numerosi atti internazionali di parità di genere e di Pag. 100empowerment delle donne, ma sono stati compiuti solo parziali progressi sul terreno dell'eliminazione delle discriminazioni subite dalle donne nella vita pubblica e privata.
Tra i parziali progressi che si sono verificati nell'ultimo decennio a livello di comunità internazionale ricordiamo la risoluzione n. 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha stabilito, proprio in tema di sicurezza e di pace, una serie di obiettivi basati su tre principali direttive (viene richiamata, appunto, il «paradigma delle tre p»): la prevenzione dei conflitti, la protezione specifica e la partecipazione delle donne in tutto il ciclo del conflitto.
L'esperienza del conflitto è vissuta da donne e uomini in maniera completamente diversa. Le donne sono parte consistente del crescente numero di vittime civili - arrivano al 90 per cento - delle guerre odierne; sono da sempre obiettivo privilegiato di abusi e violenze sessuali, divenute oggi vere e proprie strategie di guerra. Così è stato in Bosnia, in Iraq, in Afghanistan, in Sierra Leone: le colpiscono in quanto custodi del futuro di gruppi e di etnie, con conseguenze devastanti in termini ovviamente di salute fisica e mentale e con un forte impatto a livello economico e sociale.
Sono vittime di mine, acidi, armi leggere e violenze domestiche durante lo svolgimento di attività consuete e di quelle che la guerra loro impone, spesso in aumento anche dopo la cessazione dei combattimenti, quando si rivolgono contro di loro le armi già utilizzate durante il conflitto.
Da queste sofferenze molte donne, spesso rimaste sole, sono costrette a fuggire con i loro figli, costituendo l'80 per cento circa dei rifugiati e degli sfollati nel mondo. Ma il ruolo delle donne nei conflitti non è soltanto quello di vittime, non è solo passivo: sono straordinarie portatrici di aiuti, sono spesso promotrici di processi di pace e di conciliazione, esperienze diverse che hanno come denominatore comune la condivisione dei bisogni e la socializzazione della sofferenza. Esse costituiscono prezioso bagaglio di pratiche di pace, capaci di agire strategicamente sui diversi elementi della struttura del conflitto, favorendone la trasformazione costruttiva.
Questo patrimonio di best practice, sperimentato a livello locale e diffuso attraverso reti e campagne internazionali - ricordo quelle lanciate negli ultimi anni da Actionaid, da Save the children, dall'UNICEF e da Amnesty International - non appartiene, però, alle donne in via esclusiva, come dimostra la partecipazione di molti uomini a molte di queste iniziative.
Pur con le loro differenze e prerogative, le donne rappresentano una risorsa essenziale per lo sviluppo di un sistema di risposte ai conflitti efficace, inclusivo e sostenibile, un sistema che, tuttavia, ha tardato ad assumere una visione di genere, escludendole in tutto o in parte dai suoi benefici e rinunciando al pieno impiego delle loro capacità.
Mentre il concetto di genere si è fatto spesso strada nella promozione dei diritti umani e nel sostegno allo sviluppo, nelle situazioni di emergenza l'attenzione specifica alle donne si è a lungo limitata alle garanzie del diritto umanitario e ad alcuni essenziali bisogni immediati di civili internate e combattenti. Rinunciando all'apporto delle donne negli interventi per la gestione delle dinamiche di conflitto - abbiamo richiamato la prevenzione, la mediazione e la riconciliazione - si riducono le possibilità per una loro soluzione tempestiva ed efficace.
Senza il coinvolgimento degli uomini, che l'approccio di genere prevede, possono esserci concreti ostacoli alla realizzazione di interventi di democratizzazione, tutela dei diritti umani e di sviluppo che promuovano l'eguaglianza e comportino l'empowerment delle donne per la realizzazione di una pace giusta e durevole.
Nell'ultimo decennio la comunità internazionale ha assunto la prospettiva di genere come parte integrante delle politiche del settore di pace e sicurezza.
Il nuovo approccio prevede appunto un'attenzione specifica ai bisogni, alla realizzazione e alla valorizzazione di un ruolo Pag. 101attivo delle donne, includendo anche la riforma delle istituzioni. Tuttavia, l'attuazione di un approccio integrato, che garantisca la piena implementazione e l'armonizzazione delle politiche di genere nelle diverse fasi di intervento, nonché la loro coerente collocazione nel quadro delle strategie generali adottate per la promozione della pace e della sicurezza internazionale, appare ancora insufficiente, anche considerando che dal 2005 ad oggi solo una decina di Paesi (vorrei l'attenzione del Ministro, perché penso che sia interessata alla direzione in cui vorrei andasse l'impegno del Governo), in relazione alla risoluzione n. 1325, hanno adottato un piano nazionale; questa è una delle richieste che stiamo facendo al Governo, di implementare appunto un piano nazionale di azione relativo a tale risoluzione.
Passando dalle politiche ai fatti, i risultati sembrano però limitati: una sola donna ricopre l'incarico di rappresentante speciale del Segretariato generale delle Nazioni Unite, in Liberia, mentre si registra una maggiore presenza delle donne tra le file del personale militare di polizia delle missioni internazionali. Tra le presenze dedicate alla questioni di genere nelle missioni ONU, si contano poco più di una decina di gender advisor: una figura introdotta anche nelle missioni dell'Unione europea, ma molto lontano è ancora l'obiettivo di garantire la presenza di tali competenze in tutte le missioni.
Al di là però del dato quantitativo, sembra ancora insufficiente l'attuazione di un approccio integrato che garantisca la piena implementazione e armonizzazione delle politiche di genere nelle diverse fasi di intervento, nonché la loro coerente collocazione nel quadro delle strategie generali adottate per la promozione della pace e della sicurezza internazionali.
La risoluzione n. 1325, pur rappresentando un punto di partenza importante, non definisce una scala di priorità tra i diversi principi che intende promuovere (li ribadisco: prevenzione, partecipazione, protezione e mainstreaming). L'attuazione parziale o selettiva delle sue previsioni, tutt'ora inadeguata, comporta la collocazione delle misure a favore delle donne nell'ambito di strategie complessive di sicurezza non sempre adeguatamente rispondenti a principi di sostenibilità ed inclusività: un limite strutturale che comporta il grave rischio di produrre risultati inadeguati o contraddittori, come nel caso in cui il sostegno alla partecipazione delle donne nei processi elettorali e nelle istituzioni (lo ricordiamo, in Paesi come l'Afghanistan, come la Repubblica democratica del Congo, la Liberia o Haiti) è stato inficiato dalla mancanza di concreti risultati in altri ambiti, mancando l'obiettivo di assicurare un processo di empowerment effettivo e diffuso.
Eclatante è il caso dell'Afghanistan - consentitemelo - dove, nonostante le riforme e le ingenti risorse investite, persiste ancora una forte disparità tra le condizioni di vita e di opportunità delle donne nelle diverse aree del territorio, insieme a una diffusa minaccia per la loro sicurezza. La frammentarietà con cui la dimensione di genere viene ancora applicata è confermata dalla difficoltà con cui essa stenta ad affermarsi come parte integrante e strutturale delle politiche generali in materia di sicurezza e difesa.
Un segnale forte della volontà di rilanciare la piena attuazione delle politiche di genere in questo campo potrebbe venire da una maggiore valorizzazione delle iniziative di pace promosse dalla società civile e da gruppi di donne a livello di base, per dare risposta alle gravi crisi irrisolte del pianeta (dando voce e adeguato sostegno politico e finanziario, ad esempio, alle donne israeliane e palestinesi impegnate nella promozione del dialogo per superare le barriere, fisiche e non, costruite da decenni di sofferenze e atrocità).
Il G8 di luglio rappresenta una sede privilegiata per l'effettiva implementazione delle politiche di genere nel sistema di risposta ai conflitti ed ha inoltre già assunto precisi impegni, lo ricordiamo, proprio in Italia, durante i lavori preparatori del G8 del 2001. Pag. 102
Durante la riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nel giugno del 2008, è stata approvata poi un'altra risoluzione contro lo stupro come arma di guerra, e vorrei ricordare le parole del sottosegretario Vincenzo Scotti a tal proposito: egli ha sottolineato come l'Italia si è impegnata nella piena implementazione della risoluzione n. 1325, ma ha ammesso quanto siano necessarie nuove strategie per attuare il dettato in pratica.
Il Governo italiano, accogliendo - come mi auguro - questa mozione, ha secondo me una grande occasione, appunto quella di confermare e rilanciare attraverso un piano di implementazione della risoluzione n. 1325 quegli obiettivi che sono stati già indicati nel 2001 durante i lavori preparatori, tra i quali vi sono: il coinvolgimento sistematico e l'equa partecipazione delle donne in tutto il ciclo della gestione dei conflitti; la partecipazione della società civile, incluse le organizzazioni di donne e condivisione di best practice; l'applicazione della dimensione di genere alle misure di disarmo e smobilitazione e il reinserimento degli ex combattenti nei programmi di assistenza; la formazione del personale destinato alle missioni di pace; la nomina di donne in ruoli operativi a livello nazionale e internazionale.
L'Italia secondo me può essere il Paese promotore nell'assunzione di nuovi impegni per finalizzare in tempi definiti obiettivi specifici come: lo sviluppo di attività di informazione e di sensibilizzazione sul tema delle donne e conflitti armati; verifica dell'introduzione delle tematiche di genere nei programmi di formazione indirizzati a tutto il personale, civile militare, di polizia e ausiliario che opera in aree di conflitto; analoga formazione per funzionari e dirigenti delle amministrazioni competenti; impegno nella lotta contro la violenza alle donne in aree di conflitto, assicurando le opportune misure per la prevenzione, l'assistenza alle vittime e la persecuzione dei colpevoli; supporto alle organizzazioni di donne della società civile impegnate nell'assistenza, protezione e promozione delle donne in area di conflitto; istituzionalizzazione di meccanismi di consultazione e coordinamento con le istituzioni per l'elaborazione delle politiche, raccolta di best practice, verifica dei risultati raggiunti; introduzione sistematica della prospettiva di genere nell'elaborazione e attuazione delle politiche e iniziative assunte dall'Italia nel settore sicurezza e difesa e loro coerente orientamento verso un concetto ampio e inclusivo di sicurezza umana e pace positiva.
Sono obiettivi forse ambiziosi in vista del G8, ma ambiziosi tanto quanto solo un grande Paese può esserlo. Chiediamo oggi al Governo di impegnarsi a questo punto fattivamente a fare la sua parte (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lorenzin, che illustrerà anche la mozione Saltamartini ed altri n. 1-00193, di cui è cofirmataria.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, il G8 che si terrà a L'Aquila nel prossimo mese di luglio è sicuramente un'occasione straordinaria per affrontare, da parte delle grandi nazioni della terra, i grandi temi e le sfide a cui noi siamo ogni giorno chiamati dalla storia degli ultimi tempi.
Abbiamo affrontato oggi in quest'Aula, forse non casualmente, alcune tematiche importantissime. Abbiamo affrontato le questioni riguardanti l'Europa, relative alle sfide globali in termini di economia e, al termine di questa lunga e faticosa sessione, si parla finalmente delle donne. Dico al termine di una sessione, ma in realtà, senza retorica, forse questo è uno dei punti salienti che pongono all'ordine del giorno dei lavori degli Stati (non soltanto del G8, ma di tutti gli Stati del mondo) il tema dello sviluppo. E non ci può essere sviluppo senza emancipazione femminile; non ci può essere sviluppo economico senza eguaglianza di diritti umani e civili per le donne e le bambine.
Questo è un tema sempre troppo spesso affrontato ai margini della grande conferenze internazionali o anche dei grandi Pag. 103temi dei Paesi del cosiddetto primo mondo, ma in realtà è un tema che riguarda, a partire dall'occidente fino ad arrivare al secondo, terzo mondo e quarto mondo, la capacità di creare democrazia e di creare sviluppo economico attraverso l'accesso al lavoro e ai diritti.
Però le occasioni sono tante e i temi da affrontare sono tanti per quanto riguarda il divario delle discriminazioni di genere. Dobbiamo scegliere e affrontare un tema. Credo che il tema dei temi sia quello della violenza contro le donne, che si esplica sotto tanti aspetti: è una violenza sessuale, una violenza morale, una violenza dentro le mura domestiche, una violenza psicologica, una violenza che si verifica quando viene negato il diritto la salute, una violenza che riguarda l'accesso al mondo del lavoro, una violenza che riguarda la violazione di diritti civili.
Proprio per questo ritengo che questo G8 - lo crediamo tutte noi ma credo che sia condiviso da uomini e donne di questo Parlamento - rappresenti un'occasione per portare nell'agenda internazionale il tema della violenza contro le donne sotto i suoi molteplici aspetti. Il Governo italiano non starà a guardare. Il 9 e il 10 settembre sarà tenuta un'importantissima conferenza internazionale, a cui parteciperanno i maggiori esponenti del mondo della scrittura, del mondo dei diritti civili, avvocati e personalità politiche nonché personalità che provengono dal mondo della solidarietà, che porranno la loro opera a disposizione di un grande momento di analisi e di sintesi da parte di tutte quante noi: per arrivare a che cosa? Arrivare finalmente alla stesura di un documento condiviso che possa divenire e trasformarsi in misure concrete da portare avanti non soltanto a livello della comunità internazionale ma anche dei singoli Stati. Questo è un passaggio importantissimo e credo che la sessione di oggi - ringrazio anche le colleghe sia del Partito Democratico sia dell'Italia dei Valori che hanno presentato mozioni - permette di affrontare tutti quanti insieme questo tema, di dare ancora più vigore alla conferenza che si terrà a settembre nel quadro degli eventi del G8 e di portare specifiche motivazioni come Parlamento italiano.
Dunque ritengo che richiamando anzitutto la storia che ci ha portato a questi giorni - una storia fatta di importanti passi all'interno della comunità internazionale - dobbiamo ripartire dal tema della violenza così com'è stato esplicitato nell'ultima risoluzione del 19 giugno 2008. Siamo proprio nei giorni di un anno di anniversario di questa risoluzione dell'ONU che ha sancito un importantissimo passaggio, vale a dire la violenza come stupro di guerra e come crimine di guerra. Tutti noi abbiamo assistito con sgomento agli eventi verificatisi in Ruanda, in Uganda, ma anche nella stessa Europa, nell'ex Jugoslavia, a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste, in cui lo stupro etnico è stato utilizzato come strumento di umiliazione, di dominio, di pervicace distruzione di un'identità personale delle donne che lo hanno subito ma anche di una comunità. Una violenza perdurata anche alla fine dei conflitti e troppo spesso nonostante gli interventi delle comunità internazionali tali violenze sono continuate nel silenzio globale. Chi ha più parlato delle donne serbe, croate o bosniache? Chi ne ha più parlato? È un silenzio che viene e quasi un muro di silenzio della comunità internazionale: infatti nessuno o pochissimi hanno pagato per questi crimini che sono crimini di guerra. Dunque quando le Nazioni Unite in questa importante risoluzione affermano l'importanza del ruolo delle donne nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti nonché nei processi di pacificazione, sottolineano la necessità della loro piena partecipazione in tutti gli sforzi per il mantenimento e la promozione della pace e della sicurezza e la necessità di aumentare la partecipazione femminile nei processi decisionali sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti. È un impegno che come Governo, presente anche con importanti operazioni di peace keeping, in zone in cui si verificano conflitti, possiamo attuare e promuovere: infatti si sancisce ancora una volta l'importanza della partecipazione Pag. 104delle donne nei processi di pacificazione e nei processi decisionali. Ma la violenza contro le donne che - ricordiamolo riguarda le donne tra i 15 e i 44 anni - colpisce milioni e milioni di persone nel mondo: si presume che una donna su cinque nel mondo almeno una volta abbia subito violenza. È un fatto che ha numeri ancora sconcertanti.
Bisogna sconfiggere questo tipo di azione, che si rivela nella violenza domestica, negli abusi sessuali, nella violenza sulla salute. Pensate a quanti rischi sono sottoposte le donne, che sono sicuramente più esposte al rischio di contagio dell'HIV o all'epatite.
In alcune parti del mondo sulla salute si muore ancora, con numeri veramente preoccupanti per il parto, manca la più elementare assistenza sociosanitaria alle donne, tant'è vero che la morte per parto è uno degli obiettivi da sconfiggere del millennio in moltissimi Paesi, non soltanto purtroppo del terzo o del quarto mondo.
Le donne sono quindi ancora oggi vittime, soggetto debole e non possiamo esimerci dal ricordare in quest'Aula le tragiche sevizie a cui sono sottoposte moltissime bambine e giovani donne nel mondo. Penso soltanto al caso delle mutilazioni genitali, cose che purtroppo non avvengono solo lontano dalle nostre mura e dai nostri confini, ma per le problematiche e per le implicazioni che comportano le sfide dell'immigrazione e dell'integrazione anche noi qui nella nostra Europa, nella civilissima e democratica Europa, assistiamo a casi di questo genere, sempre più frequentemente. Pensiamo alle mutilazioni genitali, ma pensiamo anche alla selezione eugenetica: pensiamo alle bambine che vengono selezionate, ad alcuni Paesi in cui viene effettuata questa pratica della selezione del maschio e quindi dell'eliminazione delle bambine, eugenetica o addirittura con aborti selettivi. Pensiamo a Paesi come il Perù, in cui è stata applicata la sterilizzazione forzata, anche con l'inganno, per migliaia e migliaia di donne.
La donna è ancora, in Paesi a volte anche insospettabili, un soggetto debole, vulnerabile, utilizzato, sfruttato e sempre di più ancora oggi usato. Questa è una grandissima battaglia che i Paesi dell'Occidente non possono permettersi di lasciare indietro. Noi dobbiamo affrontare molte cose ancora, anche nella civilissima Europa. Penso agli obiettivi che ci siamo posti e che si è posto anche il Governo per il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona, quindi penso alla necessità della parità salariale, alle pari opportunità nell'accesso al lavoro, a tutte le tematiche delle pensioni, dei servizi sociali e dei servizi socioassistenziali, che riguardano la vita di milioni di donne in Occidente.
Noi non possiamo, proprio per il livello che abbiamo raggiunto, chiudere gli occhi contro le violenze che vengono perpetrate ogni giorno ai danni di donne e di bambini in tutto il mondo, violenze inaudite, che ci ricordano le peggiori pagine di un medioevo lontanissimo.
Oggi ci siamo tutti accorti in quest'Aula - lo dico in modo anche un po' ironico, perché conosco l'impegno di moltissimi colleghi e colleghe - di quello che sta accadendo in Iran, cioè il caso di Neda, caso tragico. Vorrei ricordare che negli ultimi anni in Iran le donne sono state appese a testa in giù e squarciate, donne gravide squarciate nella pancia e impiccate soltanto per motivi politici, per una dissidenza politica. Quando i regimi si abbattono, si abbattono contro i dissidenti sempre in modo atroce, ma le atrocità più terribili le subiscono per motivi fisiologici, per la nostra stessa natura, le donne. A questo la comunità internazionale non può assistere soltanto con stigmatizzazioni del caso, per così dire di maniera, ma tutti quanti dobbiamo essere più attenti e più vigili su quello che accade.
All'inizio del mio intervento dicevo che il problema dell'emancipazione della donna e della cessazione delle discriminazioni nei confronti delle donne non è soltanto un problema di diritti civili o di raggiungimento di diritti umani, ma è anche una questione di sviluppo economico. Tengo a ribadire ciò, perché deve essere qualcosa che forse aiuta noi come donne a sfondare un muro, spesso laddove troviamo una sorta di silenzio o di omertà Pag. 105compiaciuta o di superficialità. Infatti, una società in cui le donne raggiungono i diritti civili, la parità di istruzione e lavorano è una società che produce benessere diffuso: questo lo dicono le statistiche.
Una società ed un Paese in cui la donna è arretrata, in cui alla donna vengono negati i diritti civili e umani e in cui la donna non lavora, sono penalizzati sul piano economico. Questo, molto probabilmente, sarà il tema anche del prossimo G8. Siamo in una fase di crisi globale, di crisi dell'economia: tutti (dal Consiglio d'Europa, al Dipartimento per le pari opportunità) hanno posto l'accento ed espresso la preoccupazione sul fatto che siano i giovani a pagare questa crisi economica globale, ma, soprattutto, che possano essere le donne a pagarla. Se nei Paesi del primo mondo, questo rischio si può tradurre in un disagio economico, nei Paesi del terzo mondo si può tradurre in violenza sociale e violenza domestica. Si può tradurre in un'arretratezza pericolosa per intere comunità.
Quindi, l'importanza della conferenza - lo dico, approfittando della presenza del rappresentante del Governo - organizzata dal Governo italiano attraverso il Ministro per le pari opportunità è strategica. Le mozioni in discussione sono ragionate e ognuna dà un segnale. Su molte questioni abbiamo scritto, detto e stiamo ribadendo gli stessi principi: questo è un ottimo segnale, perché significa che vi sono delle battaglie e delle questioni condivise da tutte le donne. Con riferimento ad altri aspetti, possiamo assolutamente allargare la piattaforma dei nostri obiettivi. Comunque, ciò significa che in Italia vi è un Parlamento sensibile, pronto e maturo per affrontare le grandi tematiche delle questione di genere, dell'abbattimento delle barriere, delle discriminazioni sessuali e, soprattutto, per affrontare con intelligenza e lungimiranza, da protagoniste, la sfida internazionale.
L'Italia può dire e può fare molto. In questi anni, siamo stati protagonisti nei maggiori fronti di guerra e, laddove siamo presenti, possiamo operare in termini di pacificazione - penso all'Afghanistan, dove siamo responsabili anche del settore della giustizia (cito solo un esempio, perché mi viene in mente) - e sicuramente portare il nostro contributo in modo più forte. Pertanto: istruzione, discriminazioni, abbattimento, diritti civili, diritti umani, ma, soprattutto, in primis, stop allo stupro e alle mani sul corpo delle donne (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Giuseppe, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00194. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signora Presidente, Ministro, onorevoli colleghi, esistono dei valori universali che dovrebbero essere un diritto di tutti i cittadini del mondo. Valori come la pace, il rispetto dei diritti degli altri, della civile convivenza, un sistema politico democratico e la libertà economica dovrebbero essere dei fattori chiave dei momenti che stiamo vivendo. Tra questi valori di fondo, vi è proprio il riconoscimento della parità di diritti e condizioni tra uomini e donne.
Il processo di emancipazione delle donne dal ruolo tradizionale di madri e di mogli, dedite esclusivamente ai lavori domestici, sta investendo anche quelli che sono definiti Paesi emergenti. L'impatto di questa tendenza è ampio e forte, modifica la pianificazione familiare, l'organizzazione del lavoro all'interno della famiglia e i progetti di vita degli uomini e delle donne stesse, tuttavia, favorisce un modello di vita centrato proprio sui valori dell'equilibrio e, soprattutto, dell'uguaglianza.
Ebbene, Ministro, il nostro dovere è proprio quello di raccogliere le istanze che provengono dal mondo femminile e trasformarle in proposte che riguardino i temi della conciliazione tra lavoro e vita familiare, dell'esigenza di una maggiore presenza femminile nei luoghi istituzionali e decisionali e, più in generale, dell'affermazione della dignità delle donne, di noi donne. Il ruolo delle donne è un fattore essenziale e decisivo per la buona convivenza in una società. Pag. 106
Pertanto, raggiungere condizioni di uguaglianza tra soggetti di pari valore - in questo caso, tra uomini e donne - vuol dire salvaguardare anche la differenza di genere. Inoltre, è necessario considerare che l'articolo 3 della nostra Costituzione sancisce che per donne e uomini deve esservi imparzialità del trattamento.
Essere donna, quindi, non può essere considerato di secondaria importanza, perché non può non essere importante allevare la prole, lavorare anche in condizioni difficili e badare al buon andamento domestico. Sì, il buon andamento domestico è il lavoro di cura che, il più delle volte, pesa totalmente sulle spalle proprio di noi donne.
È chiaro che viviamo in un'epoca nella quale non c'è ancora la volontà di riconoscere che la società in cui viviamo pone la donna in una posizione di subordinazione. Non si può certo negare che oggi sono ancora molto poche le donne che occupano una posizione di rilievo nella politica, nell'amministrazione dello Stato, nel mondo della finanza, ma direi proprio nel mondo del lavoro in genere. Noi donne siamo tenute lontane da quelle che sono definite le stanze dei bottoni e la condizione di discriminazione in cui viviamo è ben evidenziata dalle diverse statistiche.
Si parla molto di pari opportunità e le opportunità per le donne sono comunque cresciute in questi ultimi anni. In effetti, dovremmo anche trovarci di fronte ad una piena soddisfazione dei bisogni di pari opportunità del mondo femminile, ma questo processo è lungo, contorto, difficile e trova molta difficoltà ad affinarsi. Non esiste ancora - o perlomeno non riesce ancora ad esistere - una società delle opportunità di genere. Nella nostra società persistono non solo problemi specifici legati al mondo del lavoro o alla politica, ma problemi di scarsa attenzione verso quello che è l'universo femminile, il mondo delle donne. È una necessità che viene segnalata soprattutto dalle donne più giovani, che desiderano vivere, a differenza di quello che hanno fatto le loro madri e le loro nonne, in una società che rispetti i diritti del mondo femminile.
La donna oggi deve rispondere effettivamente, rapidamente e anche concretamente ai compiti che è chiamata a svolgere ed è chiaro il giudizio negativo che poi le donne stesse esprimono, ad esempio, sui servizi pubblici, adatti ad aiutarle nella gestione della famiglia e del lavoro, e sugli strumenti che facilitano la conciliazione della loro vita privata e pubblica. L'ingresso delle donne nel ciclo produttivo non ha avuto come conseguenza, nel corso degli anni, la trasformazione delle strutture di servizio, anzi, ha dimostrato quanto permanga nelle politiche di sostegno alla vita delle donne l'incapacità di rispondere alle esigenze reali di vita del mondo femminile. È evidente, allora, che se in Occidente il principio di parità tra uomo e donna appare come acquisito e tanto conclamato, nella pratica resti poi lettera morta.
In realtà, vi sono ancora differenze e vi è tanta insoddisfazione, sia sulle facilitazioni di ingresso nel mondo del lavoro, sia sulla possibilità di far carriera per le donne. In questo modo, la parità si riscontra soltanto ai blocchi di partenza, ma poi, in realtà, non sussiste la probabilità di crescita, non esiste la possibilità di affermare le proprie competenze, le proprie abilità e le proprie capacità. Insomma, il traguardo per noi donne sembra sempre più lontano, sembra irraggiungibile quando poi, in realtà, noi donne le competenze le abbiamo.
Signor Ministro, a nostro parere occorre una politica che sia fatta di tempi, di spazi, di sostegno e di riconoscimento del lavoro delle donne, che sia fatta di riduzione dei carichi, ma anche di ruolo, di giusto protagonismo femminile. Occorrono proposte di norme specifiche, proprio per dare alle donne lo spazio che meritano nelle carriere, nelle nomine e nelle liste. Partecipazione al lavoro, trasparenza nelle carriere, presenza nelle istituzioni, nuovi strumenti di pari opportunità per tutti significa dare alle donne la giusta considerazione, quella considerazione - lo ripeto - che noi donne meritiamo.
In una società che dovrebbe essere altamente democratica viene spesso messa Pag. 107in discussione la qualità stessa della democrazia quando non si presta la dovuta attenzione al problema delle pari opportunità.
C'è allora bisogno di una forte ed evidente politica di genere. Ecco allora che noi dell'Italia dei Valori ribadiamo il ruolo centrale della scuola, che deve educare al rispetto le nuove generazioni, al rispetto degli altri e soprattutto al rispetto di noi donne. La scuola è il luogo nel quale i nostri giovani si formano, vivono occasioni di crescita, di maturazione, di acquisizione di senso di responsabilità ed è sicuramente il contesto nel quale si realizzano il diritto-dovere di apprendere la crescita culturale e la valorizzazione della diversità, quindi anche quella di genere.
E poi al centro della politica di qualsiasi Governo c'è sempre la famiglia. Nonostante ciò, si evince l'incapacità di rispondere ai bisogni di base del mondo femminile, non si tiene nella giusta considerazione la vita quotidiana delle donne, vita fatta di relazioni svolte all'interno ma anche all'esterno della famiglia, tra casa e lavoro. Nel voler conciliare la famiglia con l'impegno professionale e sociale non dimentichiamo che si va incontro ad un carico che costa molta fatica a noi donne ma che contribuisce a rendere migliore la vita di tutti.
In Europa e in Italia non c'è, perciò, a nostro avviso, l'attenzione costante alla dimensione femminile, nella definizione della propria identità e nelle dinamiche relazionali, elementi che vanno a valorizzare le singole soggettività e che possono sviluppare relazioni utili al riconoscimento del valore femminile. Insomma, quella delle pari opportunità sembra a noi donne un'isola che ancora non c'è.
Vanno ricordati altresì gli obiettivi di Pechino sulla parità che non sono diventati una realtà. Nel 1996, il Presidente del Consiglio Prodi nominò, per la prima volta, un Ministro per le pari opportunità. La decisione arrivò dopo la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, tenutasi proprio a Pechino nel 1995. A tal proposito, signor Ministro, a quindici anni di distanza, sarebbe il caso, forse, di fare un bilancio sul ruolo del Ministero delle pari opportunità, per valutare l'influenza che ha avuto e che ha sui processi politici, economici e sociali che riguardano proprio il mondo femminile. Quella di Pechino, dunque, è da considerarsi una tappa importante nell'evoluzione delle politiche di genere e della visione di donne e sviluppo a livello globale. Per la prima volta si posero al centro dei confronti problemi che marcarono un cambiamento determinante nell'approccio alle politiche di genere e negli strumenti per eliminare le discriminazioni nei confronti delle donne. I lavori della Conferenza riconobbero l'importanza di includere la parità dei sessi in tutte le istituzioni e le politiche degli Stati membri delle Nazioni Unite, per incrementare e rendere più forte la presenza e il ruolo delle donne nei luoghi di rilievo e di potere dei Governi e della società. La Conferenza si concluse con una piattaforma d'azione sulle iniziative che dovevano essere prese dai Governi, nella quale si individuavano dodici aree critiche, tra le quali i meccanismi istituzionali e i processi decisionali. Quelli di Pechino rappresentano obiettivi utili senz'altro all'attribuzione di poteri alle donne e alla loro partecipazione reale ai processi decisionali e agli strumenti di conseguimento di potere, la concreta garanzia anche per accrescere abilità, professionalità e nuove e più avanzate opportunità. La stessa piattaforma di Pechino chiedeva agli Stati membri di proporre candidature femminili negli organismi di direzione dell'ONU e nelle istituzioni specializzate ma, a distanza di quattordici anni, l'obiettivo della parità dei sessi non è ancora stato raggiunto, nonostante i passi avanti che pur sono stati compiuti.
Pertanto, a nostro avviso, è fondamentale agire su due diversi fronti: uno è quello interno all'Occidente, che necessita della difesa degli obiettivi e dei traguardi raggiunti. Come, signor Ministro? Fissando risorse adeguate utili a tradursi in comportamenti quotidiani culturalmente e socialmente condivisi nonché risorse che vadano ad incentivare un insieme di azioni che favoriscano le pari opportunità, in Pag. 108modo tale che le donne diventino non solo le beneficiarie ma anche e soprattutto le protagoniste di programmi che riguardano la società intera.
L'altro fronte è quello esterno all'Occidente perché è necessario che i principi di emancipazione femminile e di vera parità uomo-donna si trasmettano e si diffondano anche in altre culture. C'è un diverso modo di intendere l'universo femminile nei vari Paesi del mondo e questa è una realtà. Le donne vengono trattate in maniera diversa in termini di benessere, di diritto all'educazione e alla cittadinanza. In alcuni paesi dell'Africa vengono addirittura uccise in nome dell'onore e le ragazze sono vittime di stupri che rendono ancora più massiccia la diffusione del virus dell'HIV. Questo tipo di sopruso si diffonde anche perché sono molti i Governi pronti a tacere e a lasciare che la violenza abbia impunemente luogo.
In troppi Paesi le leggi, le politiche e le usanze sono discriminatorie nei confronti delle donne negando loro gli stessi diritti degli uomini e rendendole così più vulnerabili. In molte regioni del mondo le donne sono intrappolate in un circolo vizioso fatto di povertà e la povertà il più delle volte alimenta proprio la violenza. Purtroppo c'è ancora un cammino lungo, signor Ministro, da fare per arrivare alla piena cittadinanza delle donne a cominciare proprio dal riconoscimento dei loro diritti. Quanto più le culture sono arroccate su posizioni razziste e sessiste che pongono la donna al di fuori del contesto sociale, tanto più la donna viene relegata in un ruolo inferiore senza diritti e senza dignità.
È per questi motivi, che ho elencato, che noi del gruppo di Italia dei Valori con la nostra mozione desideriamo impegnare il Governo a sostenere economicamente le iniziative di cooperazione internazionale che hanno come obiettivo la difesa e la promozione dei diritti delle donne imprese esterne al mondo Occidentale. Vogliamo impegnare il Governo a sostenere i Governi laici e moderati dei Paesi arabi che desiderano aprirsi ad una progressiva secolarizzazione della società e delle sue istituzioni ed a promuovere, nel prossimo G8, una specifica azione di confronto che definisca le linee guida di intervento anche in relazione alle missioni internazionali per affermare la pari dignità fra uomini e donne. In effetti, fra gli obiettivi del G8 c'è proprio la promozione della parità dei sessi e dell'autonomia delle donne.
Infine desideriamo impegnare il Governo ad intervenire presso le Nazioni Unite affinché vengano attuate misure di intervento comune in ambito internazionale contro quei Paesi che continuano a discriminare le donne.
Legge e politica possono offrire protezione solo se rispettate e i diritti umani diventano condizione essenziale soltanto se forniscono uguaglianza e protezione reale. È necessario allora impegnarsi fortemente per rendere i diritti umani certezza per tutte le donne.
Allora, signor Presidente, che si realizzino a tutti gli effetti interventi mirati sulla parità dei sessi in tutti i Paesi del mondo, ma con interventi mirati e interventi determinati, con veri interventi volti anche ad un cambiamento culturale della società che non è ancora in grado di rielaborare in un'ottica di uguaglianza la differenza di genere. E che si muovano i passi dovuti per sostenere la promozione dei diritti delle donne nei Paesi non occidentali, che si realizzino dunque degli accordi proprio in vista del G8 per avviare una serie di relazioni internazionali affinché siano le stesse Nazioni Unite ad intervenire su quei Paesi che per motivi di qualsiasi genere continuano a rivendicare un atteggiamento ostile nei confronti di noi donne.
Bisogna agire, signor Ministro, e concludo, in modo tale che la donna possa vivere liberamente la sua essenza, la sua natura e soprattutto possa esprimere quella che è la sua forza interiore perché di forza interiore ne abbiamo, eccome se ne abbiamo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00195. Ne ha facoltà.

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LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, anche noi come Unione di Centro abbiamo presentato una mozione che riguarda un tema che periodicamente è in calendario qui alla Camera e che, evidentemente, richiede ulteriori sollecitazioni e richiami proprio perché chiaramente ancora è lontana la meta che tutti auspichiamo di pari dignità e di pari riconoscimento dei diritti degli uomini e delle donne.
L'Unione europea ha tracciato una sorta di road map e di strategia per combattere la disparità tra gli uomini e le donne e prevede che ci sia una revisione dell'intera legislazione comunitaria sull'uguaglianza tra i sessi entro il 2010. Essere pessimisti non è una buona cosa, però essere realisti lo è e, quindi, noi abbiamo delle grosse perplessità sul fatto che si riesca a prevedere la revisione dell'intera legislazione comunitaria su questi temi. Questo la dice lunga sulla distanza che ci separa dall'ideale e da quello che anche l'Unione europea vorrebbe e la realtà delle cose e stupisce davvero che negli anni Duemila siamo ancora qui in un'Aula parlamentare, ma non solo qui, in tutti i luoghi che contano dove ci sono dei responsabili su questo fronte, siamo ancora qui a dibattere su temi che dovrebbero essere ormai consegnati alla storia e accettati come scontati nell'ambito del dibattito nazionale ed internazionale.
Invece, dobbiamo registrare che siamo ancora lontani, tanto che i gruppi di quest'Assemblea hanno ritenuto giusto presentare una mozione in vista della riunione del G8. È giusto e buono che sia così e sono certa che il Ministro Carfagna farà la sua parte fino in fondo per cercare di portare quello che è avvenuto in quest'Aula nelle sedi opportune e al momento opportuno. Non è mai successo che nelle riunioni del G8 si parlasse della parità tra uomini e donne e della dignità delle donne. Questo - insisto - la dice lunga sulla lontananza che ci separa da un atteggiamento positivo nei confronti di questo tema.
Nei settori prioritari di questa road map stilata dall'Unione europea si segnalano appunto tra le cose urgenti da fare la pari rappresentanza nel processo decisionale. Non era solamente nel documento dell'Unione europea, ma addirittura nei documenti dell'ONU si evocava questa pari rappresentanza, segno che ancora non esiste. Si mette tra i settori prioritari l'eliminazione degli stereotipi sessisti - anche questi dovrebbero essere superati - e la promozione della parità tra uomini e donne nelle politiche esterne e di sviluppo dell'Unione europea.
Credo che il fatto che sia stato necessario scrivere queste cose e richiamarle all'attenzione degli Stati membri dell'Unione europea dice che siamo ancora lontani non solo in Italia dove noi continuiamo a denunciare questa disparità, ma anche negli altri paesi europei, e questo si richiama ad altri documenti del 2006 del Parlamento europeo e a quello che hanno evocato le colleghe nell'ambito delle Nazioni Unite.
Quindi, dobbiamo renderci conto che resta ancora moltissimo da fare su un fronte che è estremamente delicato e non credo che sarà possibile ottenere dei risultati positivi se non ci sarà uno sforzo comune del Parlamento, del Governo e delle associazioni che si occupano di queste questioni se non cui sarà una sorta di alleanza generale tra tutti coloro che sono interessati a questi problemi e non ci sia veramente un grande movimento di opinione.
Io non do per scontato il fatto che l'opinione pubblica sia così sensibile a questi temi. Lo è se si leggono i giornali, se si guarda la televisione, se si ascoltano alcuni dibattiti, ma in realtà credo che sia ancora un tema sufficientemente dimenticato e non preso nella dovuta considerazione.
Cosa significa un maggior potere delle donne e la loro piena partecipazione su base paritaria in tutti i settori della società? Apparentemente è così, evidentemente non lo è se si sente la necessità di scriverlo. Cosa significa la partecipazione nei processi decisionali? Sarebbe pressoché Pag. 110scontato dal momento che le donne occupano in ampi campi del lavoro e del sapere spazi importanti. Eppure evidentemente la partecipazione nei processi decisionali è ancora una pia illusione, tanto più quando a livello dell'Unione europea e dell'ONU si afferma che queste sono le premesse fondamentali per conseguire eguaglianza, sviluppo e pace. Le donne sono state considerate essenziali nel risolvere problemi, nell'affrontare i conflitti, nell'avviare una strada di pacificazione, di confronto e conseguentemente di sviluppo e di pace laddove ci sono delle situazioni drammatiche e di guerra.
La riunione del prossimo G8 rappresenta chiaramente un'occasione straordinaria e vorremmo davvero che gli obiettivi fissati dalla Conferenza mondiale sui diritti umani del 2005 entrassero a pieno titolo nell'agenda del G8. La preoccupazione che noi abbiamo è che si parli molto dei grandi temi che ovviamente agitano il contesto mondiale, a cominciare dalla crisi economica (sappiamo bene che la crisi economica la farà da padrone), ma anche certamente dei conflitti, della sicurezza, dei rapporti tra le banche mondiali. Temiamo invece che la questione dei diritti umani andrà in secondo piano: questo sarebbe un grave errore e una straordinaria occasione perduta, tanto più da un Governo che, sono sicura, è sensibile a tali questioni.
Nel mondo esistono troppe diversità, troppe situazioni disomogenee, troppe ingiustizie, troppe diseguaglianze, e sono quasi sempre consumate a danno delle donne. Questa non è una posizione ideologica - io non amo le posizioni ideologiche o precostituite -, è un fatto. Come è già stato richiamato, la violenza e le discriminazioni nei confronti delle donne sono all'ordine del giorno praticamente in tutto il mondo. Credo che le nazioni più avanzate come la nostra abbiano il dovere di richiamare continuamente questi temi, di riportarli nell'agenda della politica che conta, di quella importante che si decide ad altissimo livello.
Le nazioni più avanzate hanno il dovere di assicurare dei provvedimenti che aiutino la promozione delle donne. Come si fa? Certamente una strada, non l'unica, è la promozione socioeconomica di quei Paesi che sono ancora così arretrati e che vivono in situazioni basate su tradizioni tribali, su usanze decisamente contestabili, su situazioni che impediscono che avvenga questo sviluppo, questa pace, questa non discriminazione nei loro Paesi. Le condizioni socioeconomiche dei Paesi in via di sviluppo sono assolutamente decisive.
Un'altra questione è certamente quella culturale.
Sappiamo bene, infatti, che anche in Italia si parla (e ne abbiamo discusso in quest'Aula più di una volta) della mutilazione dei genitali femminili, perché sebbene ci troviamo in una nazione che vanta di essere civile ed avanzata, anche qui avvengono ancora queste pratiche che evidentemente è molto difficile fermare. Non penso, infatti, che il Governo non cerchi di adottare tutti i provvedimenti possibili per impedire queste pratiche, però esse avvengono. Accanto alla questione economica, vi è, dunque, un problema sociale e culturale perché si tratta di ridurre il livello di povertà non solo economico, ma anche culturale, di relazioni, di una miseria umana che rende certamente le donne le vittime più segnate e più colpite da questo tipo di cultura.
Allora bisogna migliorare su moltissimi fronti: ad esempio, sarebbe auspicabile, Ministro Carfagna, che quando nell'agenda del G8 si discuteranno tali questioni si provasse a legare determinati provvedimenti a favore dei Paesi in via di sviluppo, a condizionare l'erogazione di aiuti allo sviluppo a standard minimi relativi alle condizioni della donna.
Sappiamo bene che la Banca mondiale, per esempio, lega i propri aiuti ad alcuni Paesi al fatto di adottare dei provvedimenti sulla salute riproduttiva e sessuale delle donne i quali, lo sappiamo bene, in realtà, sono un modo gentile per affermare una pianificazione familiare che si basa anche sull'aborto. È noto, infatti, che esiste una sorta di condizionamento dei Pag. 111Paesi più ricchi nei confronti di quelli più poveri in relazione all'avvio di questo tipo di politiche.
Come è noto, io non sono favorevole a questo tipo di condizionamenti, soprattutto quando riguardano la pianificazione familiare e la necessità di introdurre delle leggi sull'aborto nei Paesi in cui questo non è previsto; ritengo, però, invece, che nel campo della protezione, della tutela e della promozione delle donne questa potrebbe essere una strada percorribile. Se è stata intrapresa su campi così minati e delicati come quello dell'aborto, non vedo perché non si possa percorrerla quando si parla di aiutare e di sostenere le donne nel loro cammino e nel loro riscatto.
Pertanto, bisognerebbe riuscire a rendere concrete le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, la n. 1325 del 2000 e la n. 1820 del 2008, ma non solamente con affermazioni di principio, con auspici. I documenti internazionali sono pieni di affermazioni di principio e di auspici, mentre qui si tratta di sollecitare gli Stati, sia quelli membri dell'Unione europea, sia quelli che fanno parte delle Nazioni unite a fornire assistenza e aiuti ai Paesi terzi che intendono sviluppare delle politiche di promozione delle donne e a condizionarle in qualche modo agli aiuti economici. Non mi pare che sia una proposta così peregrina, non credo neanche che sarà così facile perseguire questo obiettivo perché non ritengo che sia così scontato, però, bisognerebbe assicurare maggiori risorse finanziarie legate anche ad alcune condizioni standard minime. Non si chiede una cosa impossibile.
Inoltre, occorre un monitoraggio delle politiche perché, anche questo è un discorso vecchio come il mondo e se ne parla da tanto tempo, qui si tratta non solo di assumere dei provvedimenti o di varare delle leggi, ma anche di monitorare l'esito degli uni e delle altre sia a livello nazionale che internazionale. Quindi, a maggior ragione a livello internazionale, un monitoraggio sulla effettiva efficacia di questi provvedimenti, di queste leggi e, in generale, di queste iniziative dovrebbe procedere assolutamente di pari passo con i provvedimenti che vengono assunti.
Ho l'impressione che nei grandi consessi internazionali si arrivino a fare delle grandi e positive affermazioni generali e di principio che tutti condividiamo, ma poi tutto rimane lettera morta perché affidato ai Governi locali che non sempre sono così attenti a questi problemi. Allora, bisognerebbe dare una sorta di accelerazione alla tabella di marcia che la Commissione europea ha stabilito.
Ripeto che non mi nascondo le difficoltà e sono piuttosto scettica, però dovremmo riuscire a dire che il Parlamento italiano e il Governo italiano in questa grande occasione hanno fatto davvero il possibile e tutto il possibile perché i Paesi dell'ONU e dell'Unione europea siano all'altezza della sfida che abbiamo davanti. Ignorare il tema delle donne, del contributo delle donne e di quanto le donne possono fare in termini di pacificazione, di sviluppo e di benessere sociale credo che sia un errore di prospettiva e un errore di miopia che non ci possiamo più permettere. Quindi, per il bene di quei Paesi e per il bene di tutto il nostro pianeta sarà opportuno avviare una serie di interventi molto seri.
Ministro Carfagna, la ringrazio di essere qui e le assicuro che seguiremo molto da vicino le vicende del G8 e quello che verrà dibattuto, deciso e che si otterrà. Saremo pronti a darle un pieno riconoscimento nel caso che lei riuscisse ad ottenere un primo passo in questa direzione che ci sembra quanto mai importante e che direbbe che l'Italia, ancora una volta e forse per la prima volta su questo tema, è portabandiera a livello internazionale di un tema che sta a cuore a tutti. Quindi, lei ha un compito non facile, ma credo che con l'aiuto di tutto il Governo e con il sostegno del Parlamento lei potrà portarlo avanti a testa alta e ottenere anche dei risultati (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

Pag. 112

ERICA RIVOLTA. Signor Presidente, svolgo un breve intervento a sostegno di questa grandissima opportunità, ovvero quella di portare all'interno del G8 la centralità di un problema che affligge le nostre società, sia quella europea, sia quella extraeuropea. Ho avuto il piacere e l'onore di partecipare e di affrontare e sviscerare questi temi durante l'interparlamentare a Ginevra lo scorso dicembre, dove mi sono trovata con colleghi di altri Parlamenti a discutere proprio di questi temi. In un primo momento le posizioni dei nostri Paesi europei rispetto a quelle dei Paesi africani mi sembravano così differenti e così distanti da non potere essere comparate. Invece, al centro c'era e c'è sempre purtroppo lo stesso problema: la totale mancanza di rispetto nei confronti di un essere umano. In questo caso è la donna, ma vi sono anche i bambini e tanti altri esseri umani divisi per categorie.
Tornando alla donna, il problema della violenza è terribile e non possiamo non considerare una vera barbarie, come dicevano le colleghe, gli stupri di guerra, le mutilazioni genitali e tutte quelle forme di pressione e di umiliazione che avvengono durante le guerre. Ad un'attenta disamina, possiamo vedere che anche nel nostro Paese, nonostante vi sia molta più attenzione, vi siano assemblee e commissioni sulle pari opportunità e vi sia molta più civiltà, quotidianamente dobbiamo assistere all'umiliazione e alla mancanza di rispetto nei confronti delle donne. Lo vediamo anche molto semplicemente attraverso i giornali, le pubblicità e la televisione perché il modello proposto è sempre quello degli stereotipi e della violenza contro le donne.
Allora, come dicevano giustamente le colleghe, c'è un solo modo per combattere questi pregiudizi, questa strisciante e quotidiana violenza nei confronti delle donne, anche se nel nostro Paese avviene evidentemente in una forma «più accettabile», ed è quello della prevenzione. Questo si può fare esclusivamente attraverso un'educazione - ne parlavo con il Ministro Carfagna - a livello di scuola dell'infanzia e di scuola primaria, perché questi bambini non vengono dalla luna, ma da famiglie nelle quali vivono e respirano violenza. Quindi, sin dall'inizio, bisogna proporre loro modelli alternativi alla violenza, cioè insegnare loro che, anche se il papà e la mamma si comportano in un certo modo, c'è un altro modello. Gli insegnanti, gli educatori, devono proporre un altro modello, per mettere in crisi quello che viene vissuto quotidianamente dai bambini. Questo, a nostro avviso, è uno dei sistemi più efficaci, ovviamente di medio e lungo termine. Nel breve, questo Parlamento ha votato, invece, una legge sullo stalking, che ci vede tra i Paesi dotati di una legge importante e all'avanguardia. Però, mi volevo anche soffermare su un aspetto che ho riscontrato in questi anni di attenzione riguardo a queste tematiche: per esempio - lo diceva la collega che mi ha preceduto - la partecipazione delle donne al momento decisionale. Devo dire che su questo tema sostengo da anni una cosa: non è possibile per le donne rivendicare quote o comunque una presenza maggiore in Parlamento, nei consigli regionali e così via, se non si aumenta la partecipazione delle donne già negli enti locali. Quindi, facciamo candidare e partecipare le donne nei comuni e nelle province in numero superiore, così da creare una massa critica ben differente, ma soprattutto - ed è questo il vero cambiamento culturale, per questo prima mi riferivo al discorso educativo - secondo me bisogna proporre all'interno della nostra società un dibattito che non deve essere solo femminile. Quest'oggi siamo intervenute solo noi parlamentari donne, mentre il problema della parità deve essere portato avanti anche dagli uomini. Vi faccio un esempio: l'asilo nido, che può essere costruito e fatto partire in una fabbrica piuttosto che in un rione, non è un aiuto solo per la donna, ma per la famiglia, perché la donna potrà lavorare e avere più tempo da dedicare alla propria evoluzione e alla cura della famiglia, non solo alla cura del bambino, ma di tutta la famiglia. Quindi, in questo senso, si parla di progresso. Pag. 113
Se si vuole fare, al di là dell'attenzione alla persona e alla psicologia della persona, anche solo un mero calcolo economico, questo progresso di cui stiamo parlando potrebbe portare ad un progresso dell'intera società proprio in termini economici, di crescita del PIL e quant'altro.
Riporto anche questo dato, che era stato veramente impressionante nella riunione - di cui vi dicevo prima - dell'interparlamentare a Ginevra sul tema della violenza contro le donne: è stato calcolato che il costo della violenza contro le donne rappresenta una cifra inimmaginabile, altissima, proprio per le conseguenze fisiche e psicologiche.
Sono dei costi che comunque costituiscono un grosso freno allo sviluppo. In questo senso, penso e spero che domani, quando si continuerà con l'esame, le dichiarazioni di voto e l'approvazione di queste mozioni, ci possa essere anche nella nostra Camera una partecipazione molto convinta non solo da parte delle colleghe parlamentari, ma anche dei colleghi parlamentari, e soprattutto che, proprio in seguito all'approvazione di quanto stiamo discutendo, si possa proporre al G8 la centralità di questo tema, che vi assicuro, e non solo a mio avviso, è assolutamente centrale, perché si sta parlando di equilibrio e penso che sia la più grande sfida di questi anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 24 giugno 2009, alle 9:

(ore 9 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1441-ter-C).
- Relatore: Raisi.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Villecco Calipari ed altri n. 1-00182, Saltamartini ed altri n. 1-00193, Di Giuseppe ed altri n. 1-00194 e Capitanio Santolini ed altri n. 1-00195 concernenti iniziative per l'affermazione dei diritti delle donne e per la parità di genere in vista del prossimo vertice del G8.

(ore 15)

3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 19,20.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LUDOVICO VICO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2320-BIS-B

LUDOVICO VICO. Ora prendo in esame il comma 5 dell'articolo 3 che novella: «il CIPE provvede ad assegnare risorse fino al limite annuale di 50 milioni di euro al Fondo istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2006, n. 296».
Signor Presidente, onorevoli colleghi, on. Viceministro Urso.
Mi corre l'obbligo informare l'aula di una nota del Ministero dell'economia, datata Pag. 11417 giugno 2009, a firma del Ragioniere generale dello Stato (dottor Canzio) inviata all'Ufficio del coordinamento legislativo - Ufficio legislativo economia, avente per oggetto: A.C. 1441-ter-B.
Emendamenti e controdeduzioni MISE (trattasi di un intenso carteggio che è intercorso tra MEF e MISE in ordine alla mancata copertura finanziaria di 20 articoli e 31 commi del provvedimento in esame). Nella nota - arbitrariamente sostitutiva della Relazione tecnica di accompagnamento al collegato come licenziato dal Senato - il Ragioniere generale dello Stato, al quarto capoverso, così recita: «per quanto concerne l'articolo 3, comma 5, del provvedimento in esame, si ribadisce che le disponibilità del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio, su cui, a seguito delle Deliberazioni CIPE del 6 marzo 2009, dovranno gravare gli oneri di cui al presente comma, sono destinate in via prioritaria al decreto legge 28 aprile 2000, n.39 e delle relative ordinanze, alle necessità della Regione Abruzzo».
Pertanto la disposizione va riformulata nei seguenti termini aggiungendo al comma 3 dopo la parola «sottoutilizzate», «anche tenuto conto degli utilizzi di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto legge 28 aprile 2009, n. 39, destina una quota del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale medesimo».
Onorevoli colleghi, desidero segnalare, che in sede referente (X Commissione) l'emendamento, appena citato è stato presentato a firma «Governo», ma è stato altresì ritirato.
Osservo, conclusivamente, che siamo in presenza di una ennesima mancata copertura finanziaria che in questo caso riguarda le Zone Franche Urbane.
Da un anno, il Governo in carica produce provvedimenti privi di copertura finanziaria quando non si ricorre al «bancomat» del Fondo Aree Sottoutilizzate. È così anche in questo collegato, perciò il nostro giudizio è ovviamente negativo.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI AUGUSTO DI STANISLAO E PAOLA PELINO SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2468

AUGUSTO DI STANISLAO. Presidente e colleghi, vi ricordo quali sono le questioni ancora irrisolte e qual è la posizione di Italia dei Valori.
Bene!
Nella prima fase dell'emergenza è stato svolto un lavoro straordinario nel quale il Servizio di protezione civile ha potuto fornire un esempio di buona organizzazione ed efficienza della macchina operativa inerente i primi soccorsi. Ora che i riflettori tendono a spegnersi sull'emergenza Abruzzo, e si vedono più ombre che luci, occorre ragionare su come affrontare la seconda fase, quella della ricostruzione, quella vera.
In tal senso risulta molto importante rimettere in moto il processo produttivo dell'economia aquilana e abruzzese (così come è stato fatto in occasione del terremoto in Umbria e Marche) attraverso un sostegno forte e deciso, teso ad una concreta ed effettiva ripresa delle attività produttive, turistiche, commerciali e artigianali introducendo norme indirizzate a risarcire gli imprenditori non solo dei danni subiti, ma anche dei mancati guadagni sofferti a causa del sisma.
Nonché a fornire una sistemazione alle persone prive di alloggio.
Occorre, quindi, avviare un processo di normalizzazione della realtà, che comporti anche la ripresa delle attività scolastiche ed universitarie, onde evitare che solo chi non ha opportunità diverse si formi in quei territori colpiti dal sisma del 6 aprile. Occorre dunque garantire e assicurare che a settembre possa ripartire con regolarità l'anno scolastico.
Esiste, poi, un problema di governance; in tal senso le istituzioni locali devono svolgere un ruolo primario nella ricostruzione di quei territori, avendo la possibilità di poter contare non solo su strutture e locali dove poter operare ma anche su Pag. 115entrate finanziarie che al momento sono venute a mancare.
Occorre, inoltre, essere consapevoli che, se veramente si vuole far rivivere i centri storici delle città e dei paesi danneggiati dal terremoto, occorre prendere in considerazione anche le seconde case, individuando meccanismi che coinvolgano quei soggetti che, non avendo la residenza in quei luoghi, non possono beneficiare dei contributi.
Rimane, infine, ancora aperto il problema di come assicurare che tutti gli edifici vengano messi in sicurezza rispetto al rischio sismico.
Importante è, altresì, che gli indennizzi per gli espropri dei terreni siano rapportati al valore del bene attuale e non a quello antecedente l'evento sismico.
Il Parlamento avrebbe dovuto contribuire a dare certezze, sul piano normativo, sia per quanto riguarda i tempi che per quanto riguarda le risorse messe a disposizione della ricostruzione. Ma non gli è stato possibile, anzi gli è stato impedito, perché il Governo, e in particolare il suo Ministro dell'economia, hanno ritenuto di voler blindare letteralmente il provvedimento.
Tutto rimandato a futuri ulteriori provvedimenti per affrontare alcune questioni oggi niente affatto definite.
Tutto ciò è sbagliato, assolutamente sbagliato: questo sarebbe stato infatti il momento (qui ed ora) in cui era non solo opportuno, ma assolutamente necessario definire un provvedimento organico, capace di dare una risposta completa alle popolazioni abruzzesi e di scongiurare il rischio grave di una ricostruzione insufficiente, gestita dal Governo centrale attraverso lo strumento delle ordinanze, e senza quasi nessuna possibilità di controllo e di potere decisionale da un lato del Parlamento umiliato, esautorato ed espropriato di ruolo e di funzione e dall'altro delle amministrazioni locali, che dovrebbero essere invece le vere protagoniste della ricostruzione dei propri territori. Bisogna, invece, abbassare il baricentro decisionale a livello delle istituzioni locali, onde evitare errori nelle scelte e nella declinazione del futuro degli aquilani. Invece per tutta risposta, il problema della governance, lo avete risolto nel senso di una chiusura di fronte ad una richiesta di maggior coinvolgimento dei comuni e delle autonomie territoriali, mantenendo così invariato l'assetto pesantemente centralista del provvedimento che, se giustificabile e comprensibile nella prima fase emergenziale, rischia invece di divenire foriero di problemi istituzionali ove applicato ad una fase ricostruttiva che prevede interventi fino al 2033 ed oltre. Andate avanti per tentativi ed errori il che vi condurrà, da qui a breve, ad approvare un provvedimento che non è in grado di dare vere risposte e certezze per la ricostruzione: non piace ai settantamila sfollati (tanto che il Premier nella sua visita in Abruzzo dell'altro giorno si è ben guardato dall'incontrare le popolazioni, ma ha preferito sorvolare i territori colpiti con l'elicottero), né agli amministratori locali - a cominciare dai 49 sindaci dell'area del cratere - le cui richieste legittime, anche minime, sono state tutto disattese.
Si era arrivati a chiedere da Italia dei Valori e non solo, ma inutilmente, anche solo pochi punti irrinunciabili: maggiore copertura finanziaria per la zona franca urbana; più fondi e norme specifiche per la ricostruzione dell'importante patrimonio artistico e architettonico, ora compromesso; compensazione per i mancati introiti fiscali degli enti locali; il rimborso totale per la ricostruzione di tutte le abitazioni, comprese le seconde case, ora escluse, nonostante alcune iniziali aperture del Governo.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, è indispensabile ricordare che il fenomeno dei non residenti è molto esteso, particolarmente nei numerosi borghi danneggiati dal sisma e riguarda numerosissime abitazioni comprese quelle acquistate per finalità turistiche.
Vale la pena di ricordare che a L'Aquila i non residenti sono circa il 40 per cento, nei borghi superano spesso il 60 per cento. Parliamo quindi di una fetta grandissima di case che in questo momento non hanno alcuna certezza nel Pag. 116come, nel quando e soprattutto nel quanto, sarà loro garantita la ricostruzione.
Ma a tutto questo il Governo è stato sordo, e qui alla Camera, sostenuto da tutta la sua obbediente maggioranza, non ha voluto cambiare neanche una sola virgola, eppure aveva convenuto in più occasioni sulla necessità di modificare in diversi punti il decreto legge. Da parte sua l'opposizione, con l'Italia dei Valori in testa, ha voluto dimostrare tutta la sua disponibilità e responsabilità, ritirando la gran parte degli emendamenti presentati in Commissione, proprio con la speranza di aprire un confronto significativo su questo decreto, con la maggioranza e il Governo, teso a non ricalcare schemi logori di contrapposizione ideologica assolutamente lontani dalle aspettative della gente.
Tutto quello che si doveva fare andava fatto subito, già in questi giorni e con questo decreto, invece no, non avete voluto dare risposte sul «come» e sul «quando» della ricostruzione, non avete dato certezze, ma avete dispensato solamente proclami e promesse. Alle richieste delle popolazioni locali e dell'opposizione il Governo ha in pratica risposto con «state tranquilli che interverremo, faremo, ma non adesso, non con questo decreto. Non vi preoccupate che ci pensiamo noi, lasciateci lavorare. Vedrete tutto nei provvedimenti che verranno emanati dalla protezione civile e dal Governo».
Ciò detto e chiacchiere a parte, resta comunque accertato che gli oltre 8 miliardi da spendere nei primi tre anni, tanto vantati dal Presidente del Consiglio all'esito della riunione del Consiglio dei ministri de L'Aquila del 23 aprile scorso, sono, in realtà, poco più di un miliardo e settecento milioni per i primi due anni e che, nel complesso, alla ricostruzione sono dedicati 3,165 milioni, i quali però saranno disponibili solo dal 2010 al 2033.
Per quanto riguarda le attività produttive, mancano molti degli elementi basilari sulle modalità attuative, gli importi e i tempi sui quali ciascuna singola impresa potrà contare per la ripresa dell'attività, la platea effettiva dei beneficiari, lasciando così cittadini ed imprese in una situazione di notevole incertezza. È evidente che fino a quando gli imprenditori locali non avranno delle certezze in questo senso, non faranno ripartire, o meglio, non riusciranno a far ripartire le loro attività e, quindi, l'economia locale.
A ben vedere, il quadro entro cui l'alchimista ( il Presidente del Consiglio) reitera e si ostina nella pratica dell'illusionismo e delle scatole cinesi è drammaticamente desolante!
Bisognava organizzare la speranza non creare false illusioni.
Oggi ritardi e pressappochismi stanno prefigurando un nuovo e diverso modello di sviluppo socio-economico in Abruzzo, cioè proprio quello che temevano gli aquilani e che non vogliono gli abruzzesi.
Atti, fatti e comportamenti testimoniano l'inadeguatezza, l'insensibilità e la superficialità di un Governo e di una maggioranza sempre più espressione di nani e ballerine.
La dignità e il futuro di intere popolazioni affidate al gratta e vinci: vergognai!
Avete impiegato due giorni per approvare il decreto salva-premier e settantasette per il decreto Abruzzo: vergogna!
Avete carpito la buona fede degli aquilani con proclami e annunciazioni (quello sulle seconde case del Premier è grottesco!), Italia dei Valori e le altre opposizioni vi hanno dato fiducia (tanto in Commissione quanto in Parlamento), ma è stata miseramente tradita!
Gli italiani e il mondo intero, ingannati da voi, credono che tutto sia risolto!
Che si è ricostruito, che le famiglie sono rientrate a casa, l'università e le scuole sono pronte, le attività produttive sono riprese e la vita quotidiana è ripartita: falso. Vergogna e ancora vergogna!
La verità, la verità vera, che si materializza ora dopo ora, giorno dopo giorno, è inquietante: la gente tutta (e non un manipolo di comunisti) è sfiduciata, si sente presa in giro, in una parola: è Pag. 117stanca! si è rotto l'incantesimo! E assomigliate sempre più a dei venditori di fumo.
E questa stessa gente si sente molto più vicina e simile al dramma dell'Irpinia piuttosto che alla ricostruzione del Friuli.
La nostra coscienza e il grido di dolore che muove da L'Aquila, ferita dal terremoto e mortificata da voi, ci impongono un atteggiamento di sano realismo, misto ad amarezza profonda e che ci costringe (obtorto collo), vista la vostra perdita di credibilità, a dire «no» ad un provvedimento che è diventato nelle vostre mani, non il decreto Abruzzo, ma il decreto della vergogna!

PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, c'è una terra ferita e lacerata, nel nostro Paese. Una terra che ha nel cuore il dolore e la speranza, l'inquietudine per quanto è avvenuto, l'attesa per quanto deve essere ancora fatto. Ed oggi noi, da quest'aula, dobbiamo inviare un messaggio alto e forte attraverso provvedimenti che restituiscano serenità e sicurezza, per quanto possibile, agli abitanti di quella terra. Di fronte alla tragedia dell'Abruzzo non debbono esserci, io credo, maggioranza ed opposizione ma un Parlamento unito e coeso che, pur composto da rappresentanti con diverse sensibilità politiche, avverta come prioritario il compito che gli hanno assegnato i cittadini: lavorare al meglio per il Paese. Ed è quanto abbiamo fatto tutti sino ad ora. Ed è quello che tutti noi, senza distinzione, abbiamo nel cuore e nella mente. Per tale motivo avverto un forte sentimento di gratitudine nei confronti di quanti, in un frangente tanto complesso e difficile, hanno operato all'interno di questa istituzione.
Sulla scorta di tali considerazioni sento il dovere di ringraziare il relatore onorevole Tortoli, i colleghi che hanno contribuito, nel corso del lavoro parlamentare, senza distinzione di ruoli o di appartenenza, a migliorare il provvedimento con il solo scopo di renderlo più utile ed adeguato al fine principale che si propone di raggiungere: porre le basi per la ricostruzione e la rinascita di una terra drammaticamente colpita da un evento sismico di inusitate dimensioni. Un ringraziamento sentito, credetemi e che si basa anche su un importante, significativo elemento di condivisione: il consenso che tutti, senza distinzione, abbiamo espresso per l'impegno e le azioni del Governo sin dalla tragica notte tra il 5 ed il 6 aprile scorso. In quella circostanza il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e la Protezione civile con il sottosegretario Guido Bertolaso hanno manifestato da subito, ognuno per la sua parte, quanto di meglio un Paese forte, coeso, moderno avesse potuto sperare: efficienza, umanità, impegno al limite del sacrificio personale.
L'apprezzamento della gente colpita dal sisma, il riconoscimento stesso della comunità internazionale, hanno sottolineato il valore delle azioni poste in essere dalle istituzioni di un grande Paese e ne hanno confortato e consolidato il rispetto che merita.
L'Abruzzo, nella circostanza, è assurto ad elemento simbolico del valore di una società salda e moderna che affronta, con coraggio e consapevolezza, le sfide più difficili.
Ed il Parlamento, in tutto ciò, ha iniziato a fare la sua parte.
In questo contesto, oggi, ci troviamo ad affrontare un decreto che costituisce il primo atto legislativo sulla strada della ricostruzione e della rinascita di un territorio devastato; un elemento fondamentale per intraprendere la ricostruzione della regione. Certo, tale atto non è esaustivo degli interventi necessari per affrontare le problematiche create dal tragico avvenimento. Ne costituisce, comunque, l'avvio della soluzione.
Le azioni che esso propone: l'apprestamento di misure urgenti per la ricostruzione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo; gli indennizzi a favore delle imprese; la ricostruzione e la funzionalità degli edifici e dei servizi pubblici; la sospensione dei processi civili, penali e amministrativi; il rinvio delle udienze; la sospensione dei termini, le comunicazioni e notifiche di atti; la sospensione Pag. 118e dilazione dei termini di legge e delle scadenze; la deroga al patto di stabilità interno; le provvidenze a favore delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese; le agevolazioni per lo sviluppo economico e sociale; la previsione del riconoscimento di una zona franca; la costituzione del fondo per la prevenzione del rischio sismico; l'anticipazione della data di entrata in vigore delle normative antisismiche sulle costruzioni; la proroga dell'indennità di disoccupazione, la previsione di indennizzi ai lavoratori, ai collaboratori coordinati e continuativi, ai lavoratori autonomi (compresi titolari di impresa e professionali), ai titolari di rapporti di agenzia; costituiscono, peraltro, una prima, iniziale azione che è alla base della nostra missione.
C'è poi un fatto simbolico e fondamentale che testimonia la volontà del Governo, e del Presidente Berlusconi in particolare, di fare il meglio per il futuro di questa terra: il trasferimento all'Aquila del G8, definito dal Procuratore Grasso «...un'idea geniale», da un importante esponente del Partito Democratico l'onorevole D'Alema «...un'idea brillante», ed approvato, sostenuto da altri rappresentanti dell'opposizione che hanno manifestato con parole e scritti il loro assenso.
E, certo, una tale intuizione e l'atto concreto del trasferimento hanno significato anche un grande risparmio di risorse che potranno essere destinate al territorio. Ma, ed è l'elemento più significativo «... questo - come ha dichiarato il Presidente Berlusconi - sarebbe motivo di speranza per le popolazioni colpite dal sisma e si porterebbe l'Abruzzo al centro dell'attenzione mondiale».
Immediatamente Nicolas Sarkozy, Barack Obama, Gordon Brown, Angela Merkel, Vladimir Putin hanno approvato senza riserve tale decisione, assicurando il loro sostegno ed i principali organi di stampa internazionali ne hanno sottolineato l'alto valore simbolico.
Di sicuro saranno necessari altri interventi, di sicuro altri atti dovranno essere posti in essere. Ma di una cosa siamo certi; che il Governo, fortemente impegnato sin dal primo momento pure in presenza di una devastante crisi economica internazionale, ha fatto il massimo e farà il massimo per restituire all'Abruzzo un futuro più sicuro e sereno.
Gli sforzi del Governo, della protezione civile, dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine, delle Forze armate e di tutti i volontari, delle istituzioni locali hanno costituito le basi idonee per fronteggiare l'emergenza e porre le fondamenta per la rinascita dell'intero territorio. Sono stati posti in essere interventi di grande impegno, sono state spese enormi energie: non possiamo permettere, a questo punto, che giudizi, indicazioni, azioni che non si basino su dati e necessità reali intralcino il cammino della ricostruzione.
In questo senso il Governo e la maggioranza hanno accolto ed accoglieranno suggerimenti e consigli utili a tale scopo: ma respingeranno con forza e determinazione qualsiasi azione che rivesta carattere di pura speculazione politica.
Il Governo, dicevo, e questa maggioranza, sono aperti al confronto, anche il più duro ed il più aspro, pur di pervenire a risultati concretamente positivi. E, però, non possono trovare legittimazione le critiche che vengono mosse al decreto per i suggerimenti, i consigli che oggi non possono essere accolti. Tutto ciò per il semplice motivo che, come per la rapidità dell'intervento immediato dello Stato nei primi giorni del sisma, anche questo atto costituisce un primo, determinato, significativo provvedimento legislativo senza il quale la ricostruzione e la rinascita dell'Abruzzo non potrebbero avvenire.
Il tempo per il confronto, per accogliere i suggerimenti lo abbiamo davanti a noi. Ci sono ancora tanti atti normativi da porre in essere, tanti problemi da affrontare: ma lo si può fare solo dopo una partenza rapida ed incisiva che consenta alle braccia dello Stato di muoversi, di operare, di iniziare un cammino che, credo ne siamo tutti convinti, si presenta lungo, complesso, difficile. Ed è proprio per questa consapevolezza che la rotta tracciata sollecita un cammino sicuro e senza tentennamenti. Pag. 119
Nel momento in cui esprimo la volontà del mio gruppo parlamentare di sostenere ed approvare il provvedimento in discussione, non posso però trascurare un elemento di passione non solo politica ma umana: ed affido alla vostra sensibilità, alla vostra benevolenza tale mia modesta riflessione. Sono molto grata al Presidente ed ai colleghi del Popolo della Libertà che mi hanno consentito di intervenire in un momento così importante per la vita politica e sociale del nostro Paese proprio perché, figlia d'Abruzzo, potessi parlare anche per bocca di quanti hanno subito la devastazione ed il lutto del sisma. È una cosa che faccio con grande orgoglio, consapevolezza e forte emozione. In questi giorni ho molto riflettuto su tanti elementi e sulle diverse sensibilità che attraversano la nostra vita sociale e politica. Tanti particolari, tante grandi e piccole cose mi hanno colpito, hanno catturato la mia attenzione. Ma ciò che mi ha colpito di più è stato il forte senso di solidarietà manifestato dall'Italia intera e da ogni Paese del mondo.
L'Abruzzo è la patria di Benedetto Croce e di Ignazio Silone. L'Abruzzo ha parchi di incommensurabile bellezza. L'Abruzzo è però anche la patria di uomini e donne che hanno da sempre lottato per affrancarsi dalle condizioni di vita più difficili e di giovani che vogliono restarci per lavorare, per dare a se stessi ed alla loro regione il futuro migliore.
È a questa storia, a questa gente: è ai giovani che dobbiamo, insieme al nostro rispetto ed alla nostra considerazione, il sostegno più forte e concreto per realizzare la ricostruzione e la rinascita.
Operiamo insieme perché sia così. Operiamo insieme perché la politica, nel suo senso più alto, sappia essere il faro e la guida di questo arduo ma ineludibile impegno.
Operiamo per onorare tante vite spezzate, tanti sogni incompiuti, perché sapere accettare i colpi della natura significa anche trovare la forza per ricominciare.

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Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2468 - odg 9/2468/4 243 242 1 122 98 144 85 Resp.
2 Nom. odg 9/2468/40 388 381 7 191 182 199 83 Resp.
3 Nom. odg 9/2468/42 393 390 3 196 191 199 82 Resp.
4 Nom. odg 9/2468/44 400 397 3 199 194 203 80 Resp.
5 Nom. odg 9/2468/45 405 403 2 202 198 205 80 Resp.
6 Nom. odg 9/2468/50 426 420 6 211 187 233 78 Resp.
7 Nom. odg 9/2468/51 429 426 3 214 209 217 78 Resp.
8 Nom. odg 9/2468/53 434 432 2 217 212 220 78 Resp.
9 Nom. odg 9/2468/56 435 431 4 216 210 221 78 Resp.
10 Nom. odg 9/2468/62 448 447 1 224 220 227 77 Resp.
11 Nom. odg 9/2468/71 450 449 1 225 222 227 77 Resp.
12 Nom. odg 9/2468/74 460 459 1 230 228 231 76 Resp.
13 Nom. odg 9/2468/85 463 461 2 231 228 233 76 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 23)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. odg 9/2468/86 460 458 2 230 229 229 76 Resp.
15 Nom. odg 9/2468/88 466 464 2 233 228 236 75 Resp.
16 Nom. Ddl 2468 - voto finale 496 487 9 244 261 226 58 Appr.
17 Nom. Ddl 2320-bis-B - articolo 23 425 421 4 211 421 60 Appr.
18 Nom. Ddl 2320-bis-B - voto finale 441 249 192 125 249 59 Appr.
19 Nom. Moz. Mogherini R. e a 1-174 p I 440 438 2 220 438 57 Appr.
20 Nom. Mogherini 1-174, Pianetta 1-191 444 443 1 222 443 57 Appr.
21 Nom. Moz. Mogherini Rebesani 1-174 III 446 446 224 446 57 Appr.
22 Nom. Moz. Evangelisti e a. 1-190 447 383 64 192 381 2 57 Appr.
23 Nom. Moz. Pianetta e a. 1-191 p. II 448 447 1 224 447 57 Appr.