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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 185 di mercoledì 10 giugno 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,35.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Brancher, Brugger, Bruno, Caparini, Casero, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Cota, Crimi, Crosetto, Donadi, Gelmini, Gibelli, Mantovano, Mazzocchi, Migliavacca, Milanato, Rotondi, Saglia, Soro, Stucchi, Vegas, Vito e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (A.C. 1415-A); e delle abbinate proposte di legge: Jannone; Contento; Tenaglia ed altri; Vietti e Rao; Bernardini ed altri (A.C. 290-406-1510-1555-1977).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica alla disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Jannone; Contento; Tenaglia ed altri; Vietti e Rao; Bernardini ed altri.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi dell'emendamento 1.1000, interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo dei restanti articoli del provvedimento.

(Illustrazione delle proposte emendative - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Si darà ora luogo agli interventi per l'illustrazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge, con le modalità definite dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, riunitasi nella giornata di ieri (per gli articoli e le proposte emendative ad essi presentate vedi l'allegato A della seduta del 9 giugno 2009 - A.C. 1415-A).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

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DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, questa fiducia posta ieri dal Governo è sicuramente un atto di sfiducia nei confronti dell'istituzione parlamentare, del Parlamento. Non è una forzatura leggerla così, anche per i tempi e le modalità con cui è stata annunciata la questione di fiducia. Ricordiamo che prima delle elezioni, quando si doveva discutere e far votare in Parlamento il «pacchetto sicurezza», il Ministro Alfano, a seguito della pressione del Ministro dell'interno con riferimento a quel pacchetto, ottenne già allora dal Consiglio dei Ministri l'autorizzazione preventiva a porre la fiducia sulle intercettazioni.
Si tratta quindi di una «fiducia barattata» - mi passerete il termine - nel momento in cui si parlava di altra fiducia, ed era necessario prima delle elezioni europee ed amministrative portare a casa il risultato delle ronde e degli altri provvedimenti riguardanti l'immigrazione che ancora destano tante angosce e tante perplessità in tutti (sono sicura anche nei parlamentari del centrodestra). Si aveva paura dei voti segreti e in quel contesto, con un do ut des, si è prevista la possibilità di annunciare questo voto di fiducia, in tal modo stroncando il dibattito in Aula e quello svolto in Commissione.
Mi dispiace dirlo perché in Commissione il dibattito c'è stato - sono presenti la relatrice e il rappresentante del Governo - e abbiamo svolto le audizioni, ma le abbiamo svolte su un altro testo, sul primo testo Alfano, non su quello giunto in Aula, varato successivamente dalla Commissione.
L'iter in Commissione è stato lungo, perché questo disegno ha avuto accelerazioni e fermi a seconda degli indirizzi e dei momenti più o meno «felici», anche da parte della stampa e della magistratura con riferimento ad inchieste nei confronti di appartenenti all'ambiente politico. In quel momento, nella fase del confronto tipico in sede di Commissione giustizia, quando abbiamo sentito gli avvocati, i magistrati, le forze dell'ordine e tutti coloro che potevano fornire un contributo, si ragionava sulla vecchia formulazione che aveva tolto di mezzo alcuni reati intercettabili e aveva posto il limite, dai dieci anni in su, per poter intercettare. In quella sede c'è stata la presa d'atto, anche da parte di alcune forze della maggioranza, del fatto che, in pratica, alcuni reati gravi non erano più intercettabili.
In quel primo disegno di legge si era forse dato respiro all'indirizzo, rappresentato anche più volte demagogicamente dal Presidente del Consiglio, secondo il quale dovevano essere intercettati soltanto i reati di mafia: entrerò nel merito di tali reati di mafia e verificheremo poi se tali espressioni siano soltanto vuote di significato, tendenti a colpire l'opinione pubblica, o anche in realtà capaci di produrre un grave arresto nella persecuzione dei reati.
Il mio intervento è teso a lasciare, in un'Aula semivuota, una testimonianza che dovrà servire nel tempo per capire il danno che si sta compiendo nei confronti del Paese, dei cittadini, delle forze di polizia, della magistratura tutta attraverso una compressione del potere di investigazione, che sicuramente l'opposizione non ha voluto.
Questo era un testo che doveva essere completato e articolato in Commissione. L'avevamo detto anche quando è stato votato, perché era un testo che era andato cambiando, come dicevo prima. Ad un certo punto, dopo le audizioni, senza tenerne conto, il primo testo è stato modificato, ne è stata modificata la filosofia. Infatti, come dicevo in precedenza, alcune forze della maggioranza non potevano ritornare nei propri territori e dire che non si perseguivano più certi reati seppure gravi. Nel frattempo, infatti, l'opposizione aveva reso noti all'opinione pubblica i reati che erano fuori del limite dei dieci anni per i quali l'intercettazione non era consentita: come si poteva spiegare alla gente che non era più possibile perseguire una rapina, anche non aggravata, un furto in abitazione, una violenza carnale e quant'altro?
Dunque, il testo in esame che ha una sua filosofia politica e un suo indirizzo politico, come tutti i testi legislativi, per essere perfezionato aveva bisogno di essere Pag. 3meditato, doveva essere raffrontato, anche se poi poteva non essere del tutto condiviso. Prima di entrare in queste aule, durante la mia prima esperienza da magistrato e, ancor prima, da studentessa universitaria di giurisprudenza, mi figuravo il legislatore, e quindi anche l'interpretazione della volontà dello stesso, come un'attività di alto valore istituzionale e rappresentativo. Devo dire - non è uno sfogo ma una testimonianza - che sono veramente preoccupata per quando si dovranno interpretare i lavori parlamentari, si dovrà verificare cosa sia successo nell'ambito della maggioranza, quale sia stato l'indirizzo del Governo, l'indirizzo del Presidente del Consiglio; in realtà, lo spirito è che non si devono più fare le intercettazioni. Questa è la filosofia del provvedimento in esame: non lo contrabbandiamo per una tutela della privacy.
Qui siamo tra persone che sanno leggere le carte, che sanno leggere gli atti e sanno interpretare le norme. Per tutelare la privacy, per tutelare i cittadini onesti dalla diffusione di telefonate e di intercettazioni, anche recitate in televisione e negli spettacoli di informazione, riguardanti terzi o amiche o amici del presunto indagato e comunque persone estranee alle indagini, non vi era bisogno di impedire le indagini, ma soltanto di emanare norme che tutelassero in maniera particolare la riservatezza e la segretezza delle intercettazioni. Erano sufficienti poche norme. Questa è la verità.
Non possiamo camuffarla affermando che questo provvedimento mira a tutelare la riservatezza perché in realtà esso non realizza, se non in parte, quella finalità e vi spiegherò il motivo. Poiché, concluse le intercettazioni, tutte venivano sottoposte ad un filtro immediato di rilevanza e, quindi, al giudice e al deposito e, pertanto, alla conoscenza di occhi estranei (gli uffici sono composti da persone), nella proposta preparata dall'opposizione, che, peraltro, proveniva da un testo condiviso della precedente legislatura, si prevedeva di portare di fronte al giudice soltanto quelle rilevanti, fermo restando (così prevedeva la nostra proposta, condivisa dall'attuale maggioranza nella precedente legislatura) che le altre intercettazioni dovevano essere riservate, chiuse in un archivio segreto, segrete e conoscibili soltanto da parte dei difensori o dall'indagato che poteva andare ad ascoltarle.
In questa proposta, tanto contrabbandata per la tutela della riservatezza e della segretezza, non cambia niente rispetto all'attuale possibilità di conoscere anche da parte di estranei o di personaggi «curiosi», che hanno la disponibilità del fascicolo nel muoversi da un ufficio ad un altro. Non cambia nulla, perché verranno depositate tutte le intercettazioni, quindi anche quelle non rilevanti, anche quelle che riguardano soggetti estranei: tutto cammina verso l'ufficio del giudice per il deposito. E tutto ciò, sapendo quale sia la struttura della nostra organizzazione giudiziaria e che non vi sono gli armadi, che gli uffici non sono nelle stesse sedi, che in alcuni uffici procura e tribunale sono in posti diversi: vogliamo scordarci com'è la situazione reale delle nostre «città giudiziarie»?
Dunque, tutto camminerà e potrà essere conosciuto anche quello che non è rilevante ed è privato. Però il nostro legislatore è stato «avveduto», perché ha tempestato il cammino di tutti (giornalisti, impiegati, pubblico ministero, in qualche modo anche difensori) di una serie di ostacoli e di minacce di reato. Infatti, ho imparato in questa Aula che la filosofia di tutti i provvedimenti che stiamo varando da un anno a questa parte nella materia della giustizia è quella di aumentare le incriminazioni penali, aumentare la minaccia della sanzione penale, aumentare le figure di reato e poi avere la «coscienza» tranquilla.
Non si pensa a realizzare una struttura, l'effettività di un archivio che consenta di dire - questa è la proposta approvata l'altra legislatura in Commissione - che «esce solo quello che è rilevante»; se poi vi è qualche altra cosa che il giudice o il difensore ritiene rilevante lo estrapola dall'archivio, da quell'archivio segreto che sta in un solo luogo, senza spostamenti di sorta, cosicché in quell'archivio vi potranno Pag. 4essere le telefonate riservate, di terzi estranei, di persone che possono fare notizia solo come gossip, ma che non riguardano le indagini.
Per tutto questo bastavano tre o quattro norme, invece si è del tutto soppiantato l'impianto dell'intercettazione telefonica. L'intercettazione telefonica è prevista dalla nostra Costituzione come mezzo invasivo delle comunicazioni, perché ovviamente vi è il diritto e la libertà delle comunicazioni e questa privacy può essere interrotta solo - dice la Costituzione - da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, sulla base dei casi previsti dalla legge. Questa libertà delle comunicazioni è forte quanto la libertà personale.
Faccio un discorso molto semplice: se noi dobbiamo invadere la sfera della privacy della comunicazione delle persone, dobbiamo avere un buon motivo, un motivo eccellente, un motivo di grande rilievo e quindi quel motivo non può che essere la ricerca della prova del reato, la ricerca dell'autore del reato. Ecco perché la legge prevedeva che fossero necessari gravi indizi di reato: è stato commesso un omicidio, sono ignoti gli autori, la polizia brancola nel buio perché non vi sono possibilità di individuare altri elementi di colpevolezza nei confronti degli autori del reato, si fanno le prime indagini, è necessario mettere sotto controllo alcune utenze, vi sono gravi indizi di reato, il giudice valuta e autorizza.
Questo non sarà più possibile, perché sono state scelte tre vie, tre sono i binari, non due. Un binario riguarda i reati contro ignoti, che sostanzialmente sono reati di cui non si conoscono tutti gli autori.
Per quei reati - è sconcertante, se non ridicolo - non è consentita l'intercettazione telefonica, se non su richiesta della persona offesa. La persona offesa da un reato potrà chiedere di mettere sotto controllo la propria utenza o la propria casa, come intercettazione ambientale.
Iniziamo, dunque, a formulare alcune ipotesi. Nel caso di un omicidio, la parte offesa è morta, pertanto la richiesta spetterà ai congiunti prossimi, che potrebbero essere addirittura, in alcuni casi, gli autori del reato. Vi sarà mai la richiesta da parte dell'eventuale autore del reato di mettere sotto controllo la propria utenza? Non vi sarà mai. E anche se vi fosse, potrebbe non essere sufficiente, perché quell'utenza, magari, non sarà utilizzata.
Vi è stata una grande concessione, dopo le battaglie che abbiamo cercato di portare avanti con i nostri piccoli mezzi, visto che lo strumento della comunicazione televisiva, è sostanzialmente monopolizzato. Abbiamo cercato di far capire il problema ed è stato «partorito il topolino». Si è detto, infatti che, in questi casi, al pubblico ministero è stato concesso di richiedere i tabulati telefonici, al solo fine - attenzione, pubblico ministero non ti muovere dal recinto, stai attento, non indagare, lasciamo che la criminalità aumenti - di identificare le persone presenti sul luogo del reato o nelle immediate vicinanze. I tabulati telefonici dovrebbero servire a questo.
Chi ha previsto queste norme non ha mai svolto un giorno di indagini, oppure peggio, se lo ha fatto, sa come impedire le indagini. È una cosa gravissima, che ricadrà nella responsabilità assoluta di chi ha voluto questo testo, di chi ha voluto porre la questione di fiducia, di chi non ha voluto tentare un dialogo, anche con la stessa maggioranza, su specifici punti, che avrebbe potuto anche portare, nel caso di espressione di un voto segreto, ad un voto libero, senza condizionamenti né ordini di scuderia. Questo è uno dei punti cardine su cui si regge anche la sicurezza del nostro Stato. Il primo binario è, dunque, quello dei reati contro ignoti.
In secondo luogo, vi è il binario dei reati cosiddetti comuni. Quando si parla di reati comuni sembra che si parli di piccoli fatti, ma non è così. Fra i reati comuni vi sono reati di rapina, violenza carnale, usura, reati ambientali, omicidio. Sono tutti reati che non rientrano in senso stretto nelle previsioni degli articoli 416-bis e 630 del codice penale (cioè, sequestro a scopo di estorsione, reati di tratta e altri che ruotano attorno a reati di quel genere), ma possono alimentare la mafia. Pag. 5
Tutto il resto, anche il tanto «desiderato», contrabbandato reato di stalking non è inserito tra quelli intercettabili. In questo caso, do pubblicamente atto alla presidente della Commissione, che, a titolo personale (da quanto ho capito), era favorevole all'introduzione della mia proposta emendativa, e, quindi, apprezzo la sua onestà intellettuale ma, purtroppo, devo, altresì, prendere atto della sua impotenza nel far presente alcune esigenze alla sua maggioranza. Pertanto, la Ministra Carfagna che va sbandierando in giro di essere stata lei a volere l'introduzione, finalmente, della tutela delle donne dalle minacce e dalle violenze, che hanno troppo spesso anche preceduto, in casi noti purtroppo, l'omicidio della vittima, deve sapere che se vi fosse stata l'intercettazione, quelle morti si potevano evitare. Attenzione: quando non esisteva quel reato, non si poteva mettere sotto controllo il telefono.
Oggi, che vi era l'opportunità di inserirlo, quel reato non c'è, non è stato evidenziato: quindi il Governo ha fatto uno slogan, un cartellone che serve per andare in giro a mostrarlo, ma poi non offre gli strumenti per reprimere quei gravi fatti. È come quando dicono di proteggere le forze di polizia e non si danno loro le automobili, i soldi per pagare la benzina o gli straordinari, mentre si mandano mille militari in più sulle strade soltanto per far vedere che ci sono militari presso le stazioni, quando costoro non sono formati professionalmente per difendere e prevenire reati. Ognuno ha la sua formazione. Sarebbe come mandare un medico del pronto soccorso in procura della Repubblica. Non saprebbe fare quello che fa un magistrato e viceversa. Ognuno deve fare il suo in un Paese moderno e farlo con professionalità.
Ecco, questo è quindi l'altro binario, quello dei reati comuni che ho elencato. Tra i reati comuni vi sono anche la concussione e la corruzione. Parliamone, abbiamo il coraggio di parlarne, perché è tutto lì il punto: tra quei reati comuni ci sono anche quelli contro la pubblica amministrazione. Per essi, a questo punto, non si vuole più che il magistrato, avuta notizia di un reato che è stato commesso, intercetti, ma si vuole che prima ci siano gli evidenti indizi di colpevolezza e cioè che già sia stato individuato l'autore del reato. Una volta individuato l'autore del reato e che ci sono addirittura indizi evidenti, vuol dire che è stata già raggiunta la prova. Sulla base di quegli indizi evidenti si può emettere un mandato di cattura, un'ordinanza di custodia cautelare, disporre la reclusione in carcere o la detenzione domiciliare, una misura interdittiva, rinviare a giudizio.
A che cosa serve - ecco che torno al punto di partenza - a quel punto, invadere la sfera della libertà delle comunicazioni di una persona? Per una verifica? Ma l'intercettazione è un mezzo eccezionale e invasivo della privacy che deve aiutare a ricercare la prova del reato, non a fare da contorno, a imbellettare le prove di un pubblico ministero.
In realtà, non si tratta di una questione tecnico-giuridica ma politica: non si vuole che i magistrati del pubblico ministero, ancora indipendenti e appartenenti all'unico ordine della magistratura, perseguano certi tipi di reato.
Quindi, si è dovuto, in qualche modo, chiudere un occhio anche di fronte agli altri reati, che forse non interessavano molto e che potevano anche restare. Ma come avrebbe spiegato la maggioranza che soltanto la corruzione e la concussione restavano fuori? Era troppo grossa, non poteva e ha scelto quindi questa strada.
A questo punto, però, il Ministro Maroni mi deve spiegare una dichiarazione abbastanza importante e impegnativa che ha reso prima delle elezioni. Maroni si è esposto, ha detto che la legge sulle intercettazioni, così com'è, rende difficile l'uso di uno strumento - anzi, questo lo ha detto Pietro Grasso, capo della Procura nazionale antimafia - fondamentale per la lotta a certe forme di criminalità organizzata (parleremo anche di questa parte). Maroni aveva dichiarato, prima delle elezioni di aver ricevuto dal procuratore nazionale antimafia una serie di proposte che gli parevano tutte molto ragionevoli e Pag. 6che quindi voleva inserire nel provvedimento. Il punto, ha spiegato ai cronisti, «è che bisogna trovare il giusto equilibrio, è il dovere, da parte nostra, di garantire gli strumenti di indagine delle procure antimafia, che oggi ci sono e sono molto efficaci». In altri termini, rimarca Maroni, facendo proprie le parole di Grasso, le indagini non partono quasi mai con l'attribuzione dell'articolo 416-bis, dell'associazione cioè di tipo mafioso, ma da un reato comune - ricordiamo quei reati comuni per cui non si può più intercettare quando c'è un reato, bisogna invece aspettare che si scoprano gli autori del reato - che alla fine diventa reato mafioso.
Maroni si era impegnato dicendo che, se si fosse convinto ad operare in un certo modo piuttosto che in un altro, questione di fiducia o no, comunque avrebbe deciso di fare in un certo modo e, tuttavia, non lo ha fatto, non ha avuto la forza di farlo.
Peraltro, io non credevo che l'avrebbe fatto perché, dopo avere ottenuto la fiducia su quel pacchetto sicurezza che gridava vendetta al cuore ed alla pancia di tanti esponenti, anche della maggioranza, del PdL, ovviamente in cambio ha dovuto cedere di fronte a qualcosa. Non so come farà la Lega a giustificarlo quando rientra nel «suo» territorio, come farà a giustificare che non si potranno più perseguire certi tipi di reato, reati comuni, la commissione dei quali è molto frequente nel nord Italia.
Parliamo poi di mafia. Vogliamo parlare anche della lotta alla mafia che sta sbandierando ai quattro venti il Ministro Alfano? Si dice che si vuole combattere la mafia e, allora, mentre per i reati cosiddetti comuni è stato previsto un ostacolo, per i reati di stampo mafioso ci si accontenta dei «sufficienti indizi di reato».
A parte la violazione di tutti i principi di uguaglianza e ragionevolezza delle norme, di quel famoso legislatore che tanto li affascinava da giovani, rispetto all'attuale regime si fa un passo indietro perché si prevedono per l'intercettazione sufficienti indizi di reato per i reati di associazione a delinquere ex articolo 416-bis del codice penale ed altri quali, ad esempio, il sequestro a scopo di estorsione di cui all'articolo 630, la tratta, la riduzione in schiavitù e qualche altro reato della stessa area, ma si sopprime l'articolo 13 della legge: mi riferisco al decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. L'articolo 13 prevede che il regime dei sufficienti indizi di reato valga anche per i reati comuni di criminalità organizzata e in quell'ambito possono oggi rientrare, domani non più, reati comuni.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DONATELLA FERRANTI. Concludo, Presidente. Mi riferisco ai reati come l'associazione a delinquere semplice ed altri reati tipici sintomi della criminalità organizzata.
Questa norma è in procinto di essere abrogata; l'articolo 13 è abrogato dal maxiemendamento proposto dal Governo. Ecco perché Grasso l'ha detto in tutte le lingue, è venuto in Commissione, ha depositato documenti, ha fatto dichiarazioni alla stampa: quando si commettono dei reati, a meno che non si tratti di un omicidio «targato» mafia, non c'è un'etichetta, non c'è scritto sulla fronte del reo «sono mafioso», «sono un corollario di un'associazione a delinquere». Si parte spesso da un reato comune di usura, di estorsione, di traffico di stupefacenti o di sfruttamento della prostituzione per arrivare, tramite intercettazioni anche ambientali, al reato principe dell'associazione mafiosa e ad individuarne gli autori.
Questo non sarà più possibile nonostante le parole, sempre le stesse, che il Ministro Alfano ripete da otto mesi, da un anno.
Quindi, nonostante si dica che sono state varate norme contro la mafia, questo non è vero. Esse sono norme di facciata che legano mani e piedi alla polizia e soprattutto all'autorità giudiziaria e al pubblico ministero e non consentono di arrivare a individuare e ad utilizzare questo strumento, così come legano mani e piedi alla stampa.
Infatti, nonostante ci sia stata da ultimo un'apertura da parte della Commissione Pag. 7dopo, anche lì, forti rimostranze da parte dell'opposizione e di tutta la categoria dei giornalisti affinché, nel corso delle indagini, quando un fatto ormai è ostensibile alla difesa ne sia possibile la pubblicazione anche per contenuto (quindi se ne dia notizia per contenuto o riassunto alla pubblica opinione), in realtà permane una serie di ostacoli.
Essa è data dalla serie di incriminazioni previste, dalla cavillosa distinzione tra contenuto e riassunto, dal permanere di una responsabilità pecuniaria onerosissima nei confronti degli editori per il solo fatto che il giornalista abbia contravvenuto (si tratta, infatti, di una contravvenzione) al divieto di pubblicare atti che non doveva.
Si deve, inoltre, considerare che il giornalista dovrà avere il codice di procedura alla mano perché dovrà capire se un atto è stato depositato o meno, se si tratti di un'ordinanza o di una richiesta, e dovrà essere sicuramente un giornalista che abbia sostenuto vari esami di giurisprudenza e magari abbia anche il titolo di avvocato.
Solo in tal caso si muoverà bene, ma a quel punto si tratterà di un giornalista imbavagliato perché gli editori, che rischiano delle pene altissime (superiori a quelle previste per i gravi reati economici, nel senso che non esiste un reato economico, nemmeno il falso in bilancio, per cui è prevista una pena così alta), dovranno esercitare un'influenza e necessariamente avere il controllo sul direttore o sul giornalista; quindi, si avrà un'altra strettoia in cui verranno incanalati la libertà dell'informazione ed il diritto di cronaca.
Ricordo che il diritto di cronaca e la libertà di informazione sono sanciti dalla nostra Costituzione (che ne doveva costituire un baluardo) e che essi dovevano trovare in questa sede un contemperamento. Attendevamo la discussione in Aula (sia pur con tempi contingentati), di questo provvedimento e non ci vengano a dire che gli emendamenti dell'opposizione o le eventuali nostre discussioni avrebbero portato via tempo perché si tratta di una menzogna.
Infatti, i tempi erano contingentati, perché la maggioranza ha fatto discutere questo provvedimento tre mesi fa per l'urgenza, sottraendolo all'esame della Commissione (dove vi sarebbe stato bisogno di una ulteriore discussione) per contingentare i tempi. Quindi, avevamo un tempo ben definito e non ne avremmo portato via dell'altro, né prodotto lungaggini.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DONATELLA FERRANTI. Il provvedimento in esame poteva essere varato con un vaglio attento, ragionando ancora su alcune norme che sono pericolose perché costituiscono una lesione gravissima del diritto di cronaca, del diritto di informazione, del diritto di compiere le indagini, del diritto alla sicurezza ed anche del diritto alla riservatezza, perché la riservatezza non si protegge bendando o incappuciando i giudici e i pubblici ministeri e imbavagliando i giornalisti.
Questo non è un modo della democrazia, ma fa prefigurare ben altro e mi auguro che le forze di maggioranza, quelle attente e sensibili a certe problematiche, siano accorte e difendano anche loro questi valori che credo siano comuni alla gran parte dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signora Presidente, a me e a noi dell'Italia dei Valori non piacciono i ritualismi e le formalità. Quindi, dico subito che non parlerò e non parleremo per i pochi parlamentari presenti in quest'Aula. Parleremo, invece, per tutti coloro che ci ascoltano alla radio, parleremo per la Corte costituzionale, così come ha parlato la questione pregiudiziale di costituzionalità che abbiamo posto. Parleremo anche per le supreme istituzioni garanti del rispetto della Costituzione, le quali sappiamo essere estremamente vigili rispetto a quello che accade nel Parlamento, per il doveroso vaglio di costituzionalità che ad esse spetta. Pag. 8
Parleremo, insomma, per le sedi istituzionali e per l'intera comunità italiana, quella comunità che in questi giorni - con il voto sul Parlamento europeo, al quale esplicitamente questo Governo ed il suo capo hanno attribuito valenza e rilevanza politica - si è espressa in maniera estremamente chiara, cioè riducendo la fiducia al Premier che, invece, l'aveva chiesta a gran voce e in misura traboccante per poter poi imporre alla comunità nazionale ed anche al Parlamento le sue scelte e decisioni. Dunque, questa fiducia è stata ridotta di 2,5 punti percentuali e corrispondentemente è stata accresciuta quella all'Italia dei Valori di 4 punti percentuali, anche in considerazione - ne siamo sicuri - delle limpide battaglie a difesa della Costituzione e della legalità democratica nel nostro Paese.
A questa comunità, dunque, noi parleremo. A questa comunità abbiamo il dovere di svelare che cosa è accaduto in quest'anno di Governo e che cosa sta accadendo in queste ore, con questo provvedimento, con questo disegno di legge degli orrori che il Governo o meglio il capo, il comandante, l'unico interprete della politica dell'Esecutivo, sta imponendo al Parlamento ed al Paese. La sta imponendo perché ha paura che le verità si sappiano, ha paura che le indagini vadano avanti, ha paura che le malefatte siano scoperte.
Egli è ossessionato e terrorizzato dall'ipotesi che ci sia qualcuno che esercita effettivamente, regolarmente e costituzionalmente il controllo di legalità sui comportamenti di tutti i cittadini, secondo il principio di uguaglianza stabilito dall'articolo 3 della Costituzione. Tale principio è già stato clamorosamente violato dal cosiddetto lodo Alfano, con il quale soltanto quattro cittadini in questo Paese vengono sottratti al giudizio costituzionalmente previsto della magistratura e degli organi di controllo di legalità.
Per tali ragioni noi svolgiamo questo intervento e non ci soffermeremo in maniera analitica ad illustrare i nostri emendamenti e neppure il testo radicalmente alternativo a quello del Governo che abbiamo presentato. Non ci piacciono le finzioni. L'Italia dei Valori preferisce andare direttamente e immediatamente alle cose. Noi non illustreremo emendamenti, così come in maniera un po' ipocrita è previsto che avvenga in questa seduta della Camera. Non parleremo di emendamenti che ci è stato impedito di portare al voto di quest'Assemblea e del Parlamento, non illustreremo in maniera fasulla, falsa e ipocrita emendamenti che un voto di fiducia, l'ennesimo posto da questo Governo, ci impedirà di discutere e sui quali avremmo anche chiesto il voto segreto. Lo diciamo con molta franchezza.
Avremmo sollecitato, su alcuni provvedimenti incisivi sui diritti e le libertà delle persone, su tutti quelli sui quali sarebbe stato possibile, insieme agli altri gruppi di opposizione, la richiesta del voto segreto, perché noi sappiamo, che anche in questa maggioranza, ci sono degli «spiriti liberi». Ce ne sono, pochi ma ce ne sono, e sono anche autorevoli e io li ho richiamati in precedenti interventi su questo stesso tema. Ci sono «spiriti liberi» che non si sarebbero prestati ad approvare acriticamente un disegno di legge di questa orribile fattura.
Dunque un Governo, che pur avendo in questa Camera cento parlamentari in più rispetto all'opposizione, pone la questione di fiducia non lo fa certamente per risparmiare ed economizzare due, tre giorni di tempo. Noi saremmo stati disposti a lavorare anche di notte. Noi non avremmo su questo provvedimento fatto ostruzionismo, ma avremmo voluto che la comunità nazionale fosse informata su quello che accade; fosse informata sugli elementi devastanti di questo provvedimento che viene portato all'attenzione dell'Aula e bruscamente interrotto nella sua libera discussione. Ed avremmo voluto che dopo la discussione ci fosse il voto, palese o segreto, su alcune disposizioni più rilevanti.
Questo avremmo voluto e questa dovrebbe essere la prerogativa più importante di questo Parlamento: votare. Votare sui singoli provvedimenti, sulle singole disposizioni, esprimersi, dire con chiarezza come la si pensa. Il voto di fiducia nasconde Pag. 9tutto questo, lo cela esattamente con la stessa finalità che si propone questo disegno di legge: celare, nascondere. Si possono fare porcherie, e probabilmente aumenteranno porcherie di tutti i generi, di ordine morale, di ordine etico, di ordine istituzionale; aumenteranno dopo questo provvedimento di legge perché si vuole che delle porcherie, seppure vengano fatte, e con questo provvedimento vengono certamente incentivate, non se ne sappia niente. Celare, nascondere, perché tutto quello che viene fatto da chi detiene pro tempore il potere non venga a conoscenza né delle istituzioni di controllo di legalità, né dell'opinione pubblica.
Il voto di fiducia dunque non è contro l'opposizione, ma è contro la maggioranza della quale questo stesso Governo non si fida. Su alcuni punti anche i parlamentari della maggioranza si possono esprimere in modo diverso. Non riveliamo niente di nuovo se diciamo che il provvedimento sulle intercettazioni, di cui avevamo preconizzato la discussione con voto segreto un mese fa, rientra in un pacchetto circolare di ricatti e di condizionamenti reciproci all'interno della maggioranza. La Lega doveva portare a casa alcuni obiettivi e alcuni risultati, tra questi c'era quello pseudo disegno di legge sulla sicurezza, che in realtà la sicurezza non garantisce affatto. La Lega prima delle elezioni lo voleva assolutamente mettere nel portafoglio, nella cassaforte, perché da esso sperava di trarre un vantaggio elettorale, e lo ha ritratto a scapito del Popolo della Libertà che ha perso punti mentre la Lega ne ha guadagnati.
Vi era una contropartita della fiducia su quel disegno di legge, su alcune parti del quale cento parlamentari avevano firmato un documento che non è piaciuto e che ha fatto venire l'orticaria al capo del Governo. Su quel provvedimento la Lega ha preteso di incassare un risultato, e si è visto che il risultato è venuto.
Ma come contropartita gli è stato detto: «Bene, tu incassi la fiducia su quel provvedimento, però devi accodarti, devi sottometterti alla questione di fiducia sul provvedimento sulle intercettazioni» sul quale alcuni esponenti della Lega, oltre che altri illustri esponenti della maggioranza, avevano espresso dei dubbi fondati, sinceri e onesti. Dunque, non ci si venga a dire che si vuole rendere più rapida l'approvazione del disegno di legge: la maggioranza ha aspettato tre-quattro settimane, anzi più mesi, per mettere effettivamente in discussione in Aula questo provvedimento che ci avrebbe fatto piacere che fosse posto all'esame dell'Assemblea prima di queste elezioni, ma non l'ha voluto fare perché porre un'ennesima questione di fiducia avrebbe potuto in qualche modo orientare i cittadini nel voto. Siccome noi dell'Italia dei Valori abbiamo denunciato questo fatto riteniamo che anche la nostra azione di ferma e severa denuncia nei confronti del Governo ci abbia portato a raddoppiare i consensi degli italiani. Dunque, si tratta di una fiducia che la maggioranza ha posto contro se stessa.
Parto da questo presupposto per analizzare i punti più devastanti di questo disegno di legge. Innanzitutto, in generale, esso non realizza la sicurezza che è un compito sovrano dello Stato insieme alla giustizia; essa è una delle funzioni sovrane che lo Stato deve esercitare però - guarda caso - si privano gli organi inquirenti e la stessa magistratura degli strumenti più importanti affinché questa funzione sovrana venga esercitata. Per fare un esempio, nella medicina moderna ci sono strumenti diagnostici e di cura molto sofisticati, sempre più sofisticati, che aggrediscono anche mali terribili che assalgono il nostro organismo; ebbene, sarebbe come dire che si ritorna alle cure palliative o allo sciamano, pur disponendo, invece, di strumenti diagnostici come la risonanza magnetica e interventi radioscopi e radioattivi di straordinaria importanza. Quindi, la capacità di indagine, di scoperta e di repressione delle malefatte e degli illeciti viene fatta retrocedere ad un periodo in cui l'occhio clinico era quello che bastava per tutto, senza bisogno di altri strumenti.
Si vuol far retrocedere la nostra comunità e la nostra collettività ad una fase, dunque, Pag. 10in cui tutto deve essere celato, tutto deve essere nascosto e niente deve essere rilevabile e conoscibile dall'opinione pubblica perché chi esercita il potere deve essere assolutamente affrancato da ogni controllo sull'attività che svolge. Basterà considerare alcune delle disposizioni che in effetti rendono impossibile o estremamente più difficoltosa l'indagine, la scoperta e la repressione dei reati. Su questo aspetto apro una parentesi: perché si vuole realizzare una limitazione enorme proprio dello strumento di indagine che, fra i tanti che sono a disposizione e che sono previsti, riguarda le intercettazioni? Non si interviene sugli altri strumenti di indagine perché sono meno efficaci, invece, si interviene su questo perché è uno tra i più efficaci e le notizie sui risultati importanti che sono stati conseguiti, le notizie continue dei successi nella lotta alla criminalità, non solo di tipo mafiosa, che sono stati ottenuti, sono tutti da riportare alle indagini svolte con il sistema delle intercettazioni telefoniche, ambientali e comunque delle intercettazioni di comunicazioni tra malviventi e malfattori.
La volontà di ridurre e di rendere inefficace questo strumento è direttamente proporzionale all'efficacia che questo strumento sta dimostrando e ha dimostrato nella repressione dei più gravi reati. Pensiamo ai reati contro la pubblica amministrazione, di corruzione, di estorsione, per i quali non si potranno fare le intercettazioni se non con queste restrizioni estreme previste da questo disegno di legge.
Proverò ad illustrare quali sono alcune delle disposizioni più pericolose, più nocive e più dannose sotto questo profilo. Comincerò con quella che riguarda il presupposto della possibilità di svolgere le intercettazioni, quella che concerne gli indizi, che prima erano previsti come indizi di reato, poi sono stati previsti come indizi di colpevolezza, infine, da «gravi» sono diventati «evidenti», e mi pare che evidenti sia addirittura peggio che gravi.
Vorrei fare una considerazione: sappiamo che questa modifica è dovuta all'opera del presidente della Commissione, l'onorevole Bongiorno, che ha fatto degli studi scientifici molto approfonditi su questo punto e che si è convinta che su un piano tecnico-scientifico questa sia la soluzione migliore. Vorrei sommessamente dire, con la stima che ella sa che le porto, che siamo in guerra. Non possiamo restare con il fioretto a fare dei ricami: siamo in guerra e se diciamo che per i reati, eccetto quelli di mafia, ci vogliono gli evidenti indizi di colpevolezza, significa sostanzialmente dire che potremo chiedere le intercettazioni soltanto quando in altro modo siamo convinti che vi siano gli estremi per il rinvio a giudizio o per l'emissione di una misura cautelare.
È come dire che disponiamo le indagini diagnostiche soltanto quando siamo sicuri che ormai l'ammalato è in gravi condizioni, quindi quando siamo sicuri della cura o del fatto che dobbiamo accompagnarlo all'esito finale. Consideriamo questa una gravissima limitazione, pur rispettando, ripeto, le opinioni, alla possibilità di disporre di questo strumento.
Parliamo di tutte le altre limitazioni: il fatto che l'autorizzazione possa essere concessa non più dal magistrato decidente, dal giudice delle indagini preliminari o dell'udienza preliminare, ma che debba essere il tribunale del distretto a pronunciarsi, rendendo estremamente difficili le cose; da qui la necessità, magari, di far trasmigrare montagne di documenti da un ufficio giudiziario all'altro, con possibilità di perdite e di un numero crescente di persone che hanno accesso alla cognizione dei provvedimenti.
Parliamo anche del limite estremamente ristretto entro il quale le intercettazioni possono essere svolte: 30 giorni, più 15 in casi straordinari, più 15 nei casi assolutamente eccezionali. Si tratta di un tempo assolutamente ridicolo: è vero che per i reati più gravi di mafia queste limitazioni non valgono, ma pensiamo che vi siano altri reati, oltre quelli di mafia, che sono molto gravi o che sono reati sintomatici per arrivare a capire che vi è un'attività mafiosa, di criminalità organizzata. Pag. 11
D'altra parte avete posto gli inquirenti in una morsa terribile: non si può indagare su reati sintomatici dell'attività di mafia, o si può indagare solo con estrema difficoltà su di essi, e se si indaga però all'inizio su un'attività associativa o di criminalità organizzata, se poi essa non sussiste, tutto quanto è stato scoperto non è più utilizzabile, perché se semplicemente cambia il titolo del reato voi avete disposto l'inutilizzabilità di tutti i risultati delle indagini, anche di intercettazione. Vedete in quale labirinto ci avete cacciato! Vedete in quale difficoltà enorme avete messo l'attività delle indagini, umiliando le forze dell'ordine che devono svolgerla, ed umiliando la magistratura alla quale la Costituzione attribuisce ed assegna il doveroso esercizio del controllo di legalità!
Non parliamo poi di tutti i condizionamenti che avete previsto, di tutte le intimidazioni che avete posto in essere nei confronti dei magistrati inquirenti, e le intimidazioni che avete posto nei confronti della stampa: basterà che vi sia un minimo sospetto che si stiano pubblicando delle cose che non si possono pubblicare, perché vi sia un deferimento obbligatorio, automatico al consiglio dell'ordine, che deve sanzionare con la pena della sospensione fino a tre mesi, e chissà anche oltre, il comportamento dei giornalisti.
Sulle intercettazioni, che sono lo strumento più prezioso di indagine degli inquirenti e della magistratura, voi avete esercitato un controllo, e anzi avete esercitato un'attività di impedimento straordinario. Evidentemente a questa maggioranza non interessa perseguire l'obiettivo della sicurezza e della giustizia: le cose si possono fare, ma non si devono scoprire, non si devono sapere, e soprattutto non si devono reprimere e perseguire.
Noi non riusciamo a capire com'è che, avendo questo Governo e questa maggioranza fatto della sicurezza un proprio cavallo di battaglia, poi nei fatti smentiscano se stessi. Si smentiscono col modello di sicurezza, che è sostanzialmente basato sullo «sceriffismo», da una parte attraverso le polizie locali e attraverso le ronde, da un'altra parte tramite l'intervento di alcuni giovanotti aitanti e prestanti che passeggiano per le strade, essendo militari; depotenziando però contemporaneamente l'unica vera struttura che può correttamente ed efficacemente contrastare l'attività criminosa, cioè le forze dell'ordine, alle quali vengono tolti mezzi, alle quali viene tolto il personale, e vengono umiliate e depotenziate nella loro capacità operativa, che andrebbe invece potenziata, perché tutte le altre forme alternative di sicurezza che voi avete immaginato sono forme che non hanno la capacità effettiva, per la mancanza di coordinamento nazionale, per la mancanza di coordinamento internazionale attraverso l'Interpol, di condurre le grandi indagini. Quindi vedete che anche sotto questo profilo non garantite la sicurezza!
Ma non garantite la sicurezza neanche attraverso lo strumento in esame, il disegno di legge degli orrori che riguarda non le intercettazioni, bensì la limitazione delle norme sulle intercettazioni telefoniche. Voi non garantite né la sicurezza né la giustizia, quindi siete in aperta e palese contraddizione rispetto a quanto voi stessi volete.
La morsa è tuttavia ancora più terribile: sarebbe possibile ai cittadini dopo breve tempo rendersi conto che la loro sicurezza è enormemente ridotta, anche attraverso l'ingente riduzione della possibilità di disporre delle intercettazioni.
Ma i cittadini si possono accorgere di questi aspetti soltanto se vi è un'informazione che funziona e che sia effettivamente libera. Al contrario, non se ne potranno accorgere se c'è e continuerà ad esserci sempre di più un'informazione drogata, che per un certo periodo ha cavalcato l'insicurezza come strumento politico per vincere le elezioni, ma che d'ora in poi cavalcherà una pretesa sicurezza conseguita non fornendo più notizie dei gravi fatti che accadono, al solo scopo - anche qui - di conseguire un risultato politico. Ecco perché noi dell'Italia dei Valori non ci stiamo e opponiamo uno strenua contestazione a questo modello e a questa cultura di Governo, che questa maggioranza sta ponendo in essere.
Siamo fortemente preoccupati. Non ne facciamo una questione di carattere politico Pag. 12o elettorale - le elezioni si sono svolte -, ma siamo estremamente preoccupati che la società italiana dopo il disegno di legge sulla sicurezza, approvato con la fiducia, e dopo questo disegno di legge sulle intercettazioni, sarà sempre meno sicura. Non si potranno effettuare le intercettazioni ambientali se non quando vi sarà la certezza che in certo luogo si stia svolgendo un'attività criminosa. Dunque, non si potranno effettuare intercettazioni ambientali, per esempio, quando due boss si trovano in un certo luogo, o qualcuno va a trovare un boss in carcere per parlargli di come regolare le cose; non si potranno fare intercettazioni ambientali nelle caserme, nelle carceri e nei bar, dove queste persone non vanno a svolgere una attività criminosa, ma a ragionare su un'attività criminosa possibile o già svolta, e dove decidono come spartire il malloppo, dove assicurarlo e come eliminare le prove; non si potranno effettuare intercettazioni ambientali per scoprire tutte queste cose: ma dove volete arrivare? Volete arrivare ad impedire che i reati vengano scoperti! Questa è una vergogna e noi la denunciamo!
La comunità italiana sarà meno sicura e tutto ciò soltanto perché qualcuno ha paura della giustizia ed è ossessionato dalla possibilità che gli strumenti di controllo della legalità possano scoprire quello che ha fatto. Credo che la comunità italiana non meriti tutto questo e spero che si renda conto che potrebbe chiedere di avere, un rappresentante, un leader della maggioranza di Governo più rispettoso delle regole, delle regole formali, e speriamo anche di quelle etiche, e che possa essere un esempio positivo per tutti e non negativo. Per questo fine l'Italia dei Valori combatte (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengono dopo che alcuni colleghi hanno illustrato in maniera molto ampia i motivi della nostra preoccupazione e della nostra profonda contrarietà rispetto a questo provvedimento.
Si vive una specie di ossessione della maggioranza su ogni questione che riguarda la magistratura e sembra che le intercettazioni ossessionino addirittura più delle foto de El Paìs. Credo che questo sia un segnale molto sbagliato da dare al Paese, ai magistrati, alle forze di polizia e a tutti quelli che ogni giorno lottano contro la criminalità comune, organizzata, contro l'immigrazione clandestina, che pure si contrasta quotidianamente con lo strumento delle intercettazioni. Date il segnale che siete più preoccupati dei vostri pochi e mirati fatti personali, che non dell'interesse collettivo e generale di questo Paese.
Siamo quasi preoccupati a dare con troppa enfasi notizia del contenuto di questo provvedimento, perché in molti luoghi già si festeggia. Si festeggia nei luoghi dove, grazie al contrasto con lo strumento delle intercettazioni, le forze dell'ordine e la magistratura in questi anni hanno avuto grandi successi, sia contro la criminalità comune sia contro la comunità organizzata. Anche i piccoli distinguo che sono stati fatti all'interno del provvedimento, in cui si precisa che per la criminalità organizzata una parte di queste norme non vale, sono evidentemente - e chiunque lo può comprendere - assolutamente marginali perché non applicabili nella quotidianità del lavoro delle forze di polizia, nel cui ambito - come ricordavano i miei colleghi in precedenza - molte indagini nei confronti della criminalità organizzata nascono anche dall'utilizzo dello strumento delle intercettazioni contro la criminalità comune.
Vorrei intervenire, in particolare, su un punto specifico, su cui ho avuto anche l'occasione di interloquire direttamente con il Ministro Alfano, che - lo ripeto in questa Aula - considero centrale rispetto ad un percorso istituzionale che abbiamo provato a fare sia nella passata legislatura sia in questa. Esso riguarda la riforma dei servizi segreti, la legge n. 124 del 2007, che nella passata legislatura credo sia stata l'unica legge approvata all'unanimità da questo Parlamento, a proposito della quale la maggioranza e l'opposizione (su un tema Pag. 13che non veniva affrontato con determinazione da oltre trent'anni) hanno trovato un'intesa istituzionale che ha prodotto una modifica dell'assetto organizzativo dei servizi segreti assolutamente più funzionale e aderente alle necessità e che ha costruito un sistema di controllo, sicuramente perfezionabile, ma certamente più efficace di quello precedente.
Invece il Governo, con un colpo di mano assolutamente inaccettabile, ha prodotto un emendamento che modifica l'assetto organizzativo e il rapporto delle intercettazioni rispetto al personale dei servizi segreti. Il Copasir ha espresso la sua contrarietà e le sue perplessità - per dirla con un termine molto pacato - rispetto ad un testo che non risponde assolutamente alle esigenze operative. Il nostro intervento, che è stato pur fatto (ed i colleghi che hanno seguito la materia sanno che è stato esplicitato nella relazione che il Copasir ha trasmesso al Parlamento in seguito al cosiddetto caso Genchi), era molto delimitato, chiaro, preciso e puntuale, e riguardava l'utilizzo dei tabulati telefonici e la segretezza dei dati contenuti.
Qui invece il Governo ha voluto introdurre una norma che parla completamente di tutt'altro. Ha previsto una sorta di automatismo per cui il magistrato, nel momento in cui intercetta un qualsiasi appartenente ai servizi segreti, deve informare il Presidente del Consiglio in corso di indagini. Questo cosa vuol dire? Che l'ultimo commesso dei servizi segreti - l'ultimo commesso, lo ripeto - è più tutelato del Capo della polizia solo per avere avuto un incarico di appartenente ai servizi segreti.
In questa sede non devo descrivere quanti siano, cosa facciano e quali siano le loro attività, perché, pur apparendo notizie quotidianamente o spesso sulla stampa, conservano una sorta di riservatezza, ma il percorso mentale che ha prodotto un simile testo è assolutamente inaccettabile. È inaccettabile nei suoi effetti, perché di fatto blocca qualsiasi indagine che può toccare un appartenente ai servizi segreti; questo è sbagliato, profondamente sbagliato, sia perché la storia ci insegna che nel merito invece le indagini vanno fatte anche in quell'ambiente, sia perché crea una categoria a parte, riservata, di coloro che operano nel campo della giustizia, delle forze di polizia e dell'apparato di sicurezza di questo Paese.
Credo che su questo aspetto bisogna trovare una soluzione per rimediare, perché altrimenti si determina un vulnus rispetto ad un clima istituzionale sempre corretto che si è venuto a creare tra maggioranza e opposizione su questo delicatissimo settore per la sicurezza dello Stato, che evidentemente il Governo non ha apprezzato.
Ritengo che ciò sarebbe profondamente sbagliato. Credo che di questo dovrebbe avere conoscenza il Presidente del Consiglio che, peraltro, non è mai voluto venire al Copasir perché evidentemente non conosce quell'aspetto della legge che lo obbliga a relazionare. Devo dire che, invece, il sottosegretario Letta, con il quale abbiamo intrattenuto ottimi rapporti, conosce il clima di reale e seria collaborazione che si è venuto a creare e che ritengo non possa continuare.
Se vi sono terreni dove è necessario definire una forma di collaborazione, uno di questi è proprio quello in oggetto. Se, al contrario, per il Governo e per la maggioranza non si tratta più di un terreno utile per un rapporto istituzionale serio, dovremo prenderne atto.
Tutto ciò avviene all'interno di un provvedimento che non condividiamo. In più occasioni è stato ricordato quale senso ha avuto porre la questione di fiducia su questo provvedimento: la questione di fiducia serve per tutelare la maggioranza e per blindarla, sicuramente non per limitare il dibattito. Di tempo per parlare, infatti, in questo Parlamento ne abbiamo fin troppo, anche perché di provvedimenti utili al Paese ne arrivano ben pochi in questa sede. Il problema dunque non è il tempo, ma la vostra incapacità di restare coesi su un provvedimento di cui conoscete tutti i limiti.
Uno dei limiti più gravi è sicuramente rappresentato da questo aspetto e mi di Pag. 14spiace che non si è potuto né voluto costruire un dibattito su questo argomento, che è stato presentato con un emendamento del Governo, cosa ancora più grave. La nostra proposta, invece, presentata in un emendamento a prima firma dell'onorevole Ferranti, prevedeva di limitare l'uso dei tabulati telefonici e di sottoporli al regime di riservatezza già previsto dal codice di procedura penale.
Chiedo un impegno al Governo per modificare il testo al Senato. Se ciò non avviene e se si intraprende la strada dello scontro, in particolare su questo terreno, lo scontro non si limita al tema delle intercettazioni. L'opposizione ha garantito all'interno del Comitato di controllo sui servizi il suo supporto per l'approvazione di tutti i regolamenti e di tutti i percorsi assolutamente complicati e importanti per questo Paese, a volte anche sostenendo il Governo su questioni sulle quali il Governo stesso non trovava altre sponde. Mi sembra veramente inaccettabile che si sia arrivati a colpi di maggioranza, con un voto di fiducia, a modificare un assetto istituzionale che era stato definito in maniera concorde dal Parlamento nella precedente legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Si sono così conclusi gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti.
L'esame del provvedimento è quindi rinviato alle ore 14, con lo svolgimento delle dichiarazioni di voto e del voto degli identici emendamenti interamente soppressivi dell'articolo 1.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 14,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Buttiglione, De Biasi e Lusetti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 14,16).

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, vorrei rappresentare a lei ma anche all'Aula...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

ANTONELLO SORO. ...un fatto che contiene profili di eccezionalità, pur nel consueto disordine nel quale vive l'esperienza del rapporto tra il Governo e il Parlamento e all'interno della stessa maggioranza.

PRESIDENTE. Chiedo scusa: colleghi! Prego, onorevole.

ANTONELLO SORO. In data 5 giugno è pervenuto alla Camera dei deputati, indirizzato alla Commissione bilancio della Camera e per conoscenza alla Commissione attività produttive, un documento a firma del responsabile dell'ufficio legislativo del Ministero dell'economia, una lettera che, dal 5 giugno, è rimasta inspiegabilmente nella disponibilità esclusiva del presidente della Commissione bilancio e, immagino, del presidente della Commissione attività produttive e che configura già per questo motivo un elemento di formale anomalia, rispetto al quale chiedo, signor Presidente, che la Presidenza si attivi per comprendere quali siano le ragioni che hanno determinato tale mancanza di comunicazione Pag. 15ai componenti delle Commissioni bilancio e attività produttive.
La natura del documento, che per la forma e per la stessa procedura è un documento firmato non dal responsabile del Governo e del Ministero dell'economia, ma dal dirigente dell'ufficio legislativo, dispone una serie di affermazioni sulle quali richiamerei l'attenzione anche dei colleghi della maggioranza. Infatti, con riferimento alla legge «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», il responsabile dell'ufficio legislativo del Ministero dell'economia afferma che le misure approvate dal Senato, che sono all'esame di questo ramo del Parlamento, contengono norme che presentano gravi profili di illegittimità sotto l'aspetto contabile, pregiudicando l'equilibrio economico e finanziario dell'intero provvedimento che, lo ricordo ai distratti, è un collegato alla manovra finanziaria dell'anno passato e che, allo stato attuale, è evidentemente in contrasto con l'articolo 81 della Costituzione.
Non è sufficiente questo: il documento si accompagna ad una serie di emendamenti soppressivi a firma «il Governo». Chiedo al Presidente della Camera di farsi interprete di una curiosità - e forse più di una curiosità - che riguarda, credo, tutti i parlamentari: si tratta di un documento a titolo personale di un funzionario dello Stato che scrive alle Commissioni parlamentari o di un documento che esprime le intenzioni del Ministro dell'economia e delle finanze e che, come tale, significa che il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministro dell'economia e delle finanze in modo sistematico - vi è un documento molto lungo che vi risparmio - demoliscono il provvedimento all'esame di questo ramo del Parlamento, che ricordo, Presidente Leone, è calendarizzato per il 21 giugno?
La domanda è lecita, credo: il Governo intende davvero conservare all'ordine del giorno questo provvedimento, che viaggia da un anno da un ramo all'altro del Parlamento con lunghe pause? Il Ministro dell'economia esprime anche l'opinione del Ministro per lo sviluppo economico, che, oggi, ha ribadito la volontà di approvare in modo «blindato» il testo del Senato?
In secondo luogo le chiedo, signor Presidente: il Governo e i vari Ministri non avevano contezza di questi elementi e di questi profili di illegittimità, nel momento in cui il provvedimento veniva esaminato al Senato?
Cosa è accaduto dal giorno in cui è stato approvato al Senato? Vi è un difetto di comunicazione tra il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico? È possibile che i due Ministri più importanti di questo Governo possano comunicare, anche in via diretta, nel Consiglio dei ministri? Oppure, esiste all'interno del Governo, su questi temi, una divergenza profonda di cui il Parlamento dovrebbe essere informato?
Credo che siano domande legittime e che il Parlamento abbia il diritto di sapere quali sono le risposte del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Presidente Soro, la ringrazio. È chiaro che una risposta più compiuta le sarà data dopo aver fatto uno screening sulla vicenda cui lei ha giustamente fatto riferimento. Al momento, posso dirle che, se si tratta solo di una lettera indirizzata al presidente della Commissione bilancio (Commenti del deputato Soro)... Onorevole Soro, le sarà data sicuramente una risposta più compiuta.

Si riprende la discussione (ore 14,22).

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si sono conclusi gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti.

(Esame degli identici emendamenti Ferranti 1.1 e Di Pietro 1.2 - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, all'esame degli identici emendamenti interamente Pag. 16soppressivi Ferranti 1.1 e Di Pietro 1.2 (vedi l'Allegato A della seduta del 9 giugno 2009 - A.C. 1415-A).
Invito la relatrice ad esprimere il parere sulle predette proposte emendative.

GIULIA BONGIORNO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Ferranti 1.1 e Di Pietro 1.2.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, alle dichiarazioni di voto.
Per dare ordine ai nostri lavori, informo l'Assemblea che risultano iscritti quattro deputati a nome dei rispettivi gruppi e ventidue deputati in dissenso.
Con riferimento a tali ultimi interventi, avverto che la Presidenza, accogliendo una richiesta dei gruppi di opposizione, a fronte di tale limitato numero di richieste di intervento, ha consentito, in via eccezionale e senza che ciò possa costituire precedente, a che le dichiarazioni di voto in dissenso possano avere ciascuna una durata superiore a quella normalmente prevista, fermo restando che dovranno essere comunque rispettati i tempi massimi complessivamente previsti per tali interventi, in relazione alla consistenza di ciascun gruppo, secondo le modalità ordinarie di svolgimento dei medesimi.
Secondo la prassi costantemente applicata, il numero dei deputati che intervengono a titolo personale deve essere inferiore alla metà del numero degli appartenenti al gruppo. Diversamente, infatti, la posizione espressa dal gruppo sarebbe una posizione minoritaria. Ove gli interventi a titolo personale avessero la durata complessiva di un minuto, i tempi a disposizione sarebbero di 107 minuti per il Partito Democratico, 17 minuti per l'Unione di Centro e 13 minuti per l'Italia dei Valori.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anticipo sin da subito che il gruppo della Lega Nord voterà contro i due emendamenti soppressivi, Ferranti 1.1 e Di Pietro 1.2, formulati dall'opposizione.
L'articolo 1 del provvedimento in esame è stato abbondantemente oggetto di confronto e di discussione in sede di Commissione. Già, in quella sede, per opera del sottosegretario Caliendo, abbiamo avuto modo e occasione di verificare che la ratio di questo articolo - che si innesta perfettamente in un impianto normativo, quello delle intercettazioni telefoniche, da noi condiviso durante tutto il percorso in Commissione - è di evitare una situazione di obiettiva incompatibilità che verrebbe a porsi tra il magistrato che rilascia dichiarazioni inerenti al procedimento penale ed il procedimento penale stesso, con il rischio, quindi, di violare quel principio di imparzialità che, sicuramente, rappresenta uno dei principi fondamentali del processo penale.
L'articolo 1 si innesta all'interno di un impianto che abbiamo pienamente condiviso. La Lega Nord ha condiviso durante tutta l'attività parlamentare in Commissione il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche. Riteniamo che questo testo di legge sia equilibrato e ne abbiamo condiviso la ratio complessiva. Soprattutto, tale testo di legge è stato il frutto di un'ampia discussione parlamentare non solo all'interno della stessa maggioranza, ma anche con l'opposizione.
Grazie soprattutto al buon lavoro svolto sul testo dal presidente - nonché relatore - Bongiorno, abbiamo accolto una serie di indicazioni e suggerimenti, nonché una serie di emendamenti formulati dall'opposizione stessa.
In questi giorni si afferma spesso che il testo approvato è il frutto di un compromesso politico a cui la Lega ha dovuto cedere per poter ottenere, ad esempio, i provvedimenti in tema di sicurezza. Mi Pag. 17piace ricordare in questa sede che questo provvedimento in tema di intercettazioni telefoniche non è stato frutto di alcun compromesso politico, né è stato espressione del principio del do ut des per il quale io do qualcosa e tu prendi qualcos'altro in cambio. Esso rappresenta, piuttosto, un'esigenza reale e obiettiva che si è avvertita nel Paese, tanto che non solo questa maggioranza discute ormai da un anno di intercettazioni telefoniche, ma esse sono state oggetto di ampio dibattito anche nel corso della legislatura precedente da parte del centrosinistra, anch'esso consapevole della necessità di porvi mano.
Non mi riferisco tanto all'uso delle intercettazioni telefoniche, a cui la Lega non vuole assolutamente mettere un bavaglio: le consideriamo, infatti, uno strumento di indagine importante, anzi uno strumento assolutamente fondamentale per la ricerca della prova (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Quello che abbiamo più volte contestato e messo in discussione, quindi, non è tanto l'uso delle intercettazioni telefoniche, bensì l'abuso che se ne è fatto in questi anni e gli eccessi di cui sono state oggetto. Non vi è stato, quindi, alcun compromesso politico e alcuno scambio politico; la Lega è consapevole della bontà di questo strumento, uno strumento che va ad agire su vari livelli, su varie connotazioni e su vari presupposti.
Desidero dichiarare, altresì, che abbiamo apprezzato i miglioramenti apportati al testo. Il testo giunto davanti alla Commissione un anno fa non era questo, ma era piuttosto una piattaforma condivisa. Per questo motivo, esprimendo massimo apprezzamento e massima stima per il lavoro del Ministro Alfano, devo aggiungere che il lavoro svolto dalla Commissione giustizia in questo anno è stato importante per portare all'attenzione dell'Aula un testo che, con l'emendamento che voteremo successivamente e sul quale la Lega, ovviamente, esprimerà la propria fiducia convinta e leale, è assolutamente migliore rispetto a quello su cui abbiamo lavorato.
Anche i miglioramenti apportati ultimamente - con la salvaguardia del diritto di cronaca, con la possibilità di abbassare i limiti di pena, il cosiddetto carcere per i giornalisti, prevedendo una pena da sei mesi a tre anni e la possibilità di commutare la pena in una sanzione amministrativa, andando quindi incontro alle istanze e alle richieste che tanti soggetti, editori e giornalisti, hanno avanzato - sono la dimostrazione di quanto questa maggioranza e anche la Lega ritengano opportuno mettere mano allo strumento delle intercettazioni telefoniche, senza, però, limitarlo, poiché - lo ripeto - esso rappresenta un mezzo importante i cui presupposti vanno assolutamente rispettati.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Molteni.

NICOLA MOLTENI. Concludo, signor Presidente. Se oggi mettiamo mano a questo strumento è perché alcuni tra i presupposti previsti dal codice di procedura penale, in particolare dagli articoli 266 e 267, e, ancora in modo particolare, l'assoluta indispensabilità delle intercettazioni per la prosecuzione delle indagini, probabilmente non sono stati rispettati, anzi alcuni magistrati ne hanno fatto un uso distorto e, a volte, eccessivo.
Nel ribadire il voto contrario della Lega ai due emendamenti soppressivi riferiti all'articolo 1, confermo anche che il voto della Lega sarà un voto di massima lealtà, correttezza e condivisione sul provvedimento, sul testo e sul maxiemendamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, sono molte le ragioni che motivano la presentazione di questo emendamento soppressivo dell'articolo 1 da parte del Partito democratico: proverò ad argomentarle, ancorché sinteticamente. Pag. 18
C'è anzitutto una questione di sistematica giuridica relativa all'assoluta incongruità dell'articolo in questione rispetto al tema affrontato del disegno di legge. Infatti, per quanti sforzi interpretativi si facciano, da qualunque angolazione si guardi a queste disposizioni, non si capisce quale sia il nesso che le lega ad un provvedimento imperniato su una nuova disciplina delle intercettazioni telefoniche.
L'impressione è che queste norme fossero da tempo nella penna di qualche autorevole esponente di maggioranza e che le si sia imbarcate al volo sul primo autobus in transito. Ma al di là delle ragioni estrinseche esistono motivazioni ben più corpose di merito.
Signor Presidente, se fosse possibile...

PRESIDENTE. Onorevole Ciriello, lei ha ragione. Colleghi, vi invito a fare meno brusio.

PASQUALE CIRIELLO. Al di là delle ragioni estrinseche, esistono motivazioni ben più corpose di merito. È in ballo, in primo luogo, il rispetto dell'articolo 25 della Costituzione, che reca il principio del giudice naturale, e dell'articolo 107, ultimo comma, relativo alle garanzie che assistono il pubblico ministero. L'orientamento consolidato di giurisprudenza e dottrina è che queste norme dispieghino una doppia valenza garantistica, l'una, come è chiaro, nei confronti delle parti processuali, l'altra rispetto allo stesso magistrato procedente. Quest'ultima garanzia in particolare risulterebbe del tutto svuotata dall'approvazione dell'articolo in oggetto.
D'altronde, che queste osservazioni non siano meramente oziose ed astratte è comprovato da un rilievo che può leggersi nel parere reso in proposito dalla Commissione I (Affari costituzionali), con il quale si invita la Commissione di merito a valutare l'opportunità di subordinare l'ipotesi di sostituzione del magistrato ivi disposta ad una valutazione in ordine alla rilevanza, serietà e gravità dei fatti. Se non che, sulla base di un imperscrutabile balletto, questa previsione è stata prima accolta e inserita, per poi nuovamente scomparire dal testo all'attenzione dell'Aula.
Ma andiamo più al cuore della questione. Aggiungere una nuova ipotesi di sostituzione del pubblico ministero, legandola alla circostanza che questi risulti iscritto nel registro degli indagati per il reato di cui all'articolo 379-bis del codice penale ovvero la rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale, significa introdurre nel nostro ordinamento un meccanismo di scelta del pubblico ministero che, in sede di discussione sulle linee generali, mi sono permesso di definire come impostato in modalità self-service. Infatti, essendo a tutti noto come tale iscrizione sia obbligatoria in presenza di una qualsivoglia denuncia, non può sfuggire il rischio di strumentalizzazione cui la norma stessa presta il fianco: attraverso la presentazione di denunce pretestuose, sia ad opera delle parti private che di terzi estranei al procedimento, le possibili ricadute negative in caso di indagini affidate a pool specializzati - penso ai pool specializzati anticamorra e antimafia e così via - e gli effetti a valere sulla consumazione dei termini di prescrizione sono anch'essi di palmare evidenza e ciascuno può giudicarne ed assumersene la responsabilità.
D'altronde - e concludo - una qualsiasi panoramica sulle modalità seguite in altri Paesi per la costituzione e la disciplina dell'ufficio del pubblico ministero, dimostrerebbe come queste siano le più varie e diversificate: una norma, però, che affidi la scelta del pubblico ministero allo stesso soggetto indagato, francamente non risulta.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PASQUALE CIRIELLO. L'idea in sé è sicuramente originale, peccato che abbia poco a che vedere con la serietà e l'efficienza del funzionamento del sistema giustizia. Signor Presidente, nessuno nega che occorra porre mano a riforme anche incisive del settore, ma farlo attraverso l'introduzione disordinata e asistematica di norme che, con il pretesto di perseguire un male inteso garantismo, renderanno lo svolgimento dei processi ulteriormente Pag. 19complesso e problematico, significa lavorare per aggravare e non per risolvere le difficoltà del pianeta giustizia e Dio solo sa se questo è ciò di cui il Paese ha bisogno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, l'ennesimo ricorso al voto di fiducia, voto di cui ormai si abusa in quest'Aula, aggiunge un altro tassello, probabilmente il più grave e significativo, alle aspettative del Presidente del Consiglio con particolare riferimento all'auspicata narcotizzazione dell'informazione, anche attraverso il bavaglio alle intercettazioni e alla libertà di stampa.
Sembra quasi che, anche se ampiamente preannunciata, questa fulminea e reiterata fiducia serva più a compensare quella che gli italiani, in un sussulto di rinsavimento, appena tre giorni fa gli hanno negato.
Sto parlando di una sconfitta politica (lasciamo perdere le elezioni amministrative), sto parlando del fatto che il Premier aveva chiesto una delega agli elettori, sto parlando del fatto che il refrain elettorale di Berlusconi era stato: fatemi vincere, cambierò l'Italia! Fatemi superare il 40 per cento dei consensi! Datemi il 50 per cento! Concedetemi di essere il vostro conducator!
Come spesso è successo nella storia del Paese gli italiani hanno più volte dimostrato di avere memoria, ricordano di aver già dato in passato deleghe che hanno portato ad esiti plebiscitari e di non essere più disposti a concederne.
Era già successo quando a comandare era una forte Democrazia Cristiana sconfitta, però, sulla «legge truffa» ed è successo qualche anno fa con il «no» degli italiani sul referendum che prevedeva lo stravolgimento della Costituzione sotto dettatura leghista.
La lezione politica conseguente al risultato elettorale è stata, invece, negata e rimossa immediatamente. Infatti, alla ripresa dei lavori parlamentari, la protervia ha subito preso il posto e soppiantato la ragionevolezza.
Oggi dovremmo essere impegnati a risolvere i problemi di un'economia che rotola sempre più in basso, i problemi di uno dei meccanismi giudiziari più lenti e farraginosi ed allo sfascio a livello mondiale; invece, siamo qui ad occuparci, ancora una volta, di come rendere più agevole la cura degli interessi personali del Presidente del Consiglio ed il ricorso alla corruzione.
Oggi, quindi, siamo qui, o meglio avremmo dovuto essere qui, per confrontarci su un provvedimento importante, un provvedimento che riguarda da vicino la vita dei cittadini, la possibilità di garantire, nel nostro Paese, adeguati livelli di sicurezza e la capacità dello Stato di combattere il crimine, anche quello organizzato.
La nostra, su questo punto, sarà un'opposizione dura, durissima, perché non accetteremo mai che si comprimano nel Paese gli spazi di libertà e di confronto democratico, non accetteremo mai che il Parlamento diventi una succursale di Arcore, che il Presidente della Repubblica possa essere considerato come un impedimento, che i Presidenti di Camera e Senato siano trattati come maggiordomi del principe.
Se per questa maggioranza le riforme coincidono con la volontà di eliminare il confronto parlamentare e democratico si sappia che noi non siamo disponibili, non lo eravamo ieri, non lo siamo oggi e non lo saremo domani con queste logiche!
In questo quadro, tuttavia, voglio esprimere un apprezzamento nei confronti della Presidenza della Camera che per serietà, equilibrio e rispetto sta mostrando attenzione nei confronti del ruolo della Camera e del Parlamento, per aver precisato, come è accaduto ieri, che non è lecito ad un gruppo di maggioranza chiedere al Presidente della Camera di sospendere i lavori per approfondire non si sa bene cosa.
Un Paese civile riesce ad essere tale se fra i suoi cittadini è diffusa la consapevolezza che il reato non può restare impunito, che il rispetto della legge è un Pag. 20riferimento certo per tutti e che la legge è effettivamente eguale per tutti e, non come si è fatto con il lodo Alfano, ricordando il famoso detto che non tutti sono uguali davanti alla legge.
Una consapevole cultura garantista poggia, infatti, sulla certezza della pena. Con la sua azione, invece, questa maggioranza non solo sta mettendo in discussione questa certezza, ma sta aggredendo la definizione stessa di reato, sta procedendo su più fronti ad una costante depenalizzazione dei comportamenti illegali, sta diffondendo una demoralizzazione del Paese attraverso l'affermazione di una cultura dell'impunità. Non solo: sta rendendo impossibile anche perseguire i reati proprio come avviene con questo provvedimento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Avrei ancora qualche secondo, signor Presidente, ma capisco che bisogna non soltanto tagliare le risorse, i mezzi, la benzina, i pezzi di ricambio e gli straordinari alle forze dell'ordine, ma bisogna tagliare anche i tempi ai parlamentari.
Allora, questi sono i motivi più che sufficienti per dire «no» a questo vostro provvedimento. Infatti, se tutto ciò che abbiamo detto nel merito del provvedimento non bastasse, esso trova anche il modo di colpire la stampa e la libera informazione. Evidentemente, a chi guida questa maggioranza non basta più controllare i sei grandi canali televisivi e la maggioranza dei giornali; ciò non è più sufficiente, ma bisogna colpire anche chi è rimasto fuori controllo.
Per questo abbiamo presentato e siamo favorevoli all'emendamento soppressivo dell'articolo 1, coerentemente al nostro atteggiamento di assoluta contrarietà all'intero provvedimento. Il nostro «no», lo ripeto, è fermo e irremovibile.
Crediamo sia finalmente giunto il momento che tutte le opposizioni prendano coscienza della gravità della situazione e avviino un processo di costituzione di un'alternativa democratica a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, il provvedimento in questione incide sulla delicata materia delle intercettazioni telefoniche ed ambientali al fine di contemperare in maniera più adeguata rispetto all'attuale disciplina le necessità investigative e la libertà dei cittadini di essere informati in ordine a vicende giudiziarie di pubblico interesse, nonché il diritto degli stessi cittadini a vedere tutelata la propria riservatezza.
Il rispetto della vita privata e familiare, nonché la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee, costituiscono infatti valori tutelati oltre che dalla Carta costituzionale anche dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
L'enormità del numero delle intercettazioni (143.514 è il totale chiesto alla Telecom Italia negli anni 2007 e 2008 per le utenze fisse e mobili da tutte le procure), l'indebita pubblicazione sui giornali e su Internet dei testi delle stesse, l'enormità ed incontrollabilità del numero affidato alla valutazione del magistrato e dei relativi costi (che da soli superano ampiamente l'intero ammontare delle spese del funzionamento della giustizia) hanno reso indispensabile un urgente intervento.
Le degenerazioni venute alla luce con il caso Genchi hanno poi evidenziato le notevoli risorse investite per i tecnici. Sarebbe ragionevole che le procure scegliessero come consulenti le forze dell'ordine, che hanno la professionalità giusta per offrire gli stessi servizi.
Condividendo la necessità di ricondurre l'utilizzo dello strumento delle intercettazioni nell'alveo della ragionevolezza e dell'uso corretto al fine di impedire gli abusi, senza però cadere nell'eccesso opposto di ostacolare il corso delle indagini e la condanna dei colpevoli, l'Unione di Centro Pag. 21non ha fatto mancare il proprio contributo costruttivo e senza pregiudizi.
Le modifiche più importanti accolte in Commissione, finalizzate ad una corretta e buona amministrazione della giustizia, hanno riguardato infatti il ripristino dei reati finanziari tra quelli intercettabili, la necessità dell'assenso scritto del procuratore della Repubblica (ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati) ai fini della richiesta di autorizzazione a disporre le intercettazioni da parte del pubblico ministero al tribunale, l'obbligo del segreto sui verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell'archivio riservato, nonché sulla documentazione ad essi inerente, la competenza di indagare di altro ufficio giudiziario determinato ex lege diverso da quello compreso nel distretto di corte d'appello in cui avviene la fuga di notizie, la previsione di un budget di spesa per le intercettazioni da assegnare a ciascuna corte d'appello responsabilizzando così il procuratore generale.
Non mancano, però, nodi ulteriori da sciogliere, a partire dalla questione dei presupposti per l'adozione di provvedimenti di intercettazioni e del bilanciamento tra il diritto alla privacy e il diritto all'informazione.
Il maxiemendamento del Governo ci torna su, ma senza far venir meno le ragioni di un motivato dissenso da parte nostra. Prevedere che solo evidenti indizi di colpevolezza possano giustificare il ricorso all'intercettazione telefonica non supera le obiezioni da più parti sollevate.
Infatti, nella trasformazione dei requisiti da oggettivi in soggettivi il rischio è che le intercettazioni siano utilizzate solo per corroborare acquisizioni già maturate lasciando sguarnito il campo vasto che intercorre tra la notizia di un reato, l'individuazione dei soggetti solo parzialmente responsabili e la specificazione di una o più responsabilità penali personali suffragate da indizi di colpevolezza gravi o evidenti che siano.
Quanto alla previsione della reclusione fino a tre anni per chi pubblica intercettazioni destinate alla distruzione o comunque non rilevanti, essa appare eccessiva in quanto potenzialmente lesiva della libertà di stampa garantita dalla Costituzione. Tutt'altro che condivisibili sono anche gli inasprimenti pecuniari in danno agli editori.

PRESIDENTE. Onorevole Compagnon, deve concludere.

ANGELO COMPAGNON. Concludo, signor Presidente. Come è del tutto evidente, la responsabilità di una divulgazione di verbali di intercettazioni non può certo essere imputata a chi per mestiere ha quello di informare i cittadini dei fatti di rilevanza.
Termino il mio intervento dicendo che gli abusi e le distorsioni vanno giustamente perseguitati e certamente sarebbe necessaria anche una maggiore attenzione alle regole deontologiche, ma queste giuste preoccupazioni non possono mettere a rischio il diritto-dovere di informazione dei giornalisti così come quello dei cittadini ad essere informati.
Signor Presidente, il rammarico, infine, è per non aver potuto, per colpa dell'ennesima fiducia, contribuire seriamente a migliorare un testo che, come ho detto all'inizio, trovava da parte nostra molta condivisione: questa è la preoccupazione più grande che rimane e che purtroppo continua in quest'Aula da parte dell'UdC (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,47).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Pag. 22

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli identici emendamenti Ferranti 1.1 e Di Pietro 1.2 - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, in queste ore in cui noi stiamo discutendo della questione di fiducia centinaia di cittadini marchigiani chiedono conto di una proroga dei termini per il versamento dei contributi dopo il terremoto del 1997.
Il Parlamento, che di questo e di altre questioni attinenti alla crisi economica dovrebbe essenzialmente occuparsi, si occupa invece con solerzia degna di miglior causa di questioni che riguardano le intercettazioni ambientali e telefoniche e che avrebbero avuto assai migliore esito se fossero state trattate attraverso quel lavoro tecnico che si può svolgere solo attraverso il dialogo parlamentare nell'Aula e nelle Commissioni.
Il provvedimento denota, come sempre, un'aura di sfiducia verso la magistratura nella sua enunciazione, addirittura con affermazioni che daranno vita ad un contenzioso, come già è stato ricordato da qualche collega. Mi permetto di segnalare che il semplice rilasciare dichiarazioni pubbliche che potrebbero essere benissimo anche di semplice astensione da ogni dichiarazione di merito rischierebbe comunque di rendere incompatibile e di obbligare all'astensione il magistrato.
La verità è che questo provvedimento tende, in un errato bilanciamento di interessi tra il diritto alla privatezza e il diritto dei cittadini alla sicurezza e alle buone indagini, a favorire la privatezza rispetto all'uso di mezzi telefonici, ambientali e telematici nel processo penale e, soprattutto, trasmuta in maniera grave l'intercettazione da mezzo di ricerca della prova a vero e proprio mezzo di prova o suffragio di prova già assunta anche con una violazione dei diritti difensivi perché quando la prova sarà stata ammessa, certamente essa equivarrà ad una dichiarazione preventiva di colpevolezza.
Poiché, inoltre, si restringono gravemente i reati, non solo a quelli bagatellari, ma anche a quelli di grave allarme sociale, ciò provocherà o la cecità della legge di fronte alla criminalità, (proprio quella che spesso inquieta di più i cittadini) o anche qui, con un'errata impostazione antidifensiva, un aumento smisurato delle imputazioni al solo scopo di consentire l'uso di un mezzo di indagine che talvolta è l'unico praticabile. Infatti, negli ambienti della criminalità organizzata e, in generale, in quelli dove il crimine viene praticato con sistematica professionalità nessun altro mezzo di intromissione è facile quanto quello delle intercettazioni, soprattutto di quelle ambientali.
L'opacità delle norme, infine, in materia di comunicazione agli appartenenti ai servizi di sicurezza dà l'ulteriore prova che si tratta di un provvedimento raffazzonato che, in realtà, serve anche a mettere un freno ulteriore al diritto della cronaca e della stampa, non attraverso la legittima punizione di coloro che violassero i diritti dei cittadini, ma attraverso una sorta di minaccia all'editore che viene condizionato anche attraverso delle sanzioni.
Nessun serio provvedimento, infine, viene assunto proprio su un altro dei temi che venivano segnalati come essenziali, ovvero quello di una buona organizzazione che viene vista sempre come qualcosa di ancillare e di inutile rispetto all'esercizio delle funzioni giurisdizionali e di indagine e che, invece, è uno dei veri punti cardine del malfunzionamento del sistema giustizia nel nostro Paese.
In conclusione, si tratta di un'ennesima errata impostazione, di un'ennesima occasione mancata e di un ennesimo danno al Paese e alla sicurezza dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

Pag. 23

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quale che possa essere l'opinione di ognuno sull'utilità delle intercettazioni, occorrerà chiarire quali valori costituzionali esse chiamano in causa. Il primo è legato all'autonomia del magistrato e al suo dovere di condurre l'indagine con mezzi congrui e proporzionati alla complessità dei reati. Ciò significa poter utilizzare lo strumento delle intercettazioni nei gravi casi tassativamente definiti dalla legge.
Il secondo diritto che entra in ballo e che è stato appena ricordato è quello della privacy, tutelato dall'articolo 15 della Costituzione. La libertà e la segretezza di ogni forma di comunicazione privata è parte fondamentale della personalità di ogni individuo e va salvaguardata sempre.
Il terzo valore costituzionale è quello sancito dall'articolo 21 e riguarda il diritto all'informazione. Si è spesso gridato contro l'azione della stampa quasi che fosse in preda ad una sorta di delirio voyeuristico. In realtà, non si considera che il dovere di ogni giornalista è uno solo: quello di portare in pagina la verità di cui è venuto a conoscenza. Si tratta di un problema di etica professionale al più e che va affrontato con una buona legge di riforma degli organi di disciplina della professione giornalistica e non con la legge sulle intercettazioni.
Una buona legge sulle intercettazioni, dunque, non può che essere il punto di equilibrio tra i tre valori costituzionali senza vulnerarne alcuno. Intorno a questa piattaforma lavorò la Commissione giustizia nella passata legislatura, giungendo a formulare una proposta di riforma che riuscì a raggiungere, nel gennaio 2007, quasi l'unanimità dei consensi in quest'Aula e fu fermata solo dalla fine anticipata della legislatura.
Il disegno di legge alla nostra attenzione, invece, peggiora l'impianto che aveva ispirato il lavoro della precedente legislatura restringendo il campo dell'applicabilità delle intercettazioni, lasciando fuori reati particolarmente odiosi e colpendo in modo scriteriato il giornalista che viene disincentivato a dare la notizia di cui entra in possesso.
Occorrerà, dunque, riconoscere che l'impianto complessivo della legge che la maggioranza si appresta ad approvare rappresenta un pericoloso arretramento rispetto al disegno di legge che avevamo approvato nel 2007.
Resta, infine, Presidente, la grave anomalia di un Parlamento che si vede infliggere in poco più di un anno di legislatura il quindicesimo voto di fiducia. Continuiamo a parlare di riforme istituzionali senza tener conto del fatto che questo Governo ha già fatto la sua riforma che assegna al Parlamento solo un ruolo ancillare e di ratifica. Un fastidio necessario, ma di cui è opportuno sbarazzarsi senza perdere troppo tempo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, non tornerò a sottolineare quanto questo disegno di legge respinga in maniera preoccupante e molto forte la possibilità di impiego investigativo delle intercettazioni, di fatto in questo modo sottraendo agli organi inquirenti un prezioso strumento d'indagine per l'accertamento dei reati.
Non sottolineerò, cosa che è stata già fatta più volte, quanto ci si ponga così vistosamente in controtendenza rispetto ai tanto sbandierati propositi di lotta alla criminalità. Mi soffermerò, piuttosto, nel sottolineare come le esigenze investigative delineate nella forma del disegno di legge contrastino con il diritto di informare e di essere informati, diritto che la nostra Costituzione sancisce all'articolo 21.
Per far questo, credo che sia opportuno allargare lo sguardo al complesso del disegno di legge e concentrarsi in modo particolare su un punto, che può sembrare non centrale, ma è in realtà un elemento costitutivo. Mi riferisco all'articolo 14 e all'introduzione della responsabilità amministrativa Pag. 24dell'impresa editrice con riferimento al reato di pubblicazione arbitraria, e in particolar modo alle sue conseguenze in termini di sanzioni penali.
Nell'ipotesi di indebita pubblicazione degli atti di un procedimento penale, infatti, sulla base del disegno di legge che stiamo discutendo, viene chiamato a rispondere anche l'editore a titolo di responsabilità amministrativa della persona giuridica con una sanzione pecuniaria autonoma rispetto a quelle comminate al direttore e al giornalista. È una sanzione pecuniaria, vorrei ricordare, che, ancorché prevista variare in relazione alle condizioni economiche e patrimoniali dell'azienda, può arrivare ad un massimo che sfiora i 500 mila euro. Si tratta di una cifra talmente forte da determinare un impatto rilevante sull'organizzazione interna delle aziende editoriali e sul rapporto tra editore e direttore responsabile.
Le imprese editrici, infatti, per evitare di incorrere in così pesanti penalità, dovranno premunirsi contro eventuali pubblicazioni di materiale vietato, prevedendo appositi modelli organizzativi idonei, e cito...,

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RICARDO FRANCO LEVI. ...a garantire l'attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. Si rischia così di stravolgere la distinzione tra editore e direttore responsabile che è dal 1948 un pilastro della struttura delle imprese editoriali ed è uno dei capisaldi della difesa della libertà dell'informazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, una prima evidenza va fatta rispetto al numero delle fiducie che questo Governo ci ha sottoposto dall'inizio della legislatura: ad un anno dall'inizio della legislatura siamo davanti al voto della diciannovesima fiducia.
Credo che i componenti della maggioranza che siedono in questo Parlamento debbano dare una sola lettura. Se non lo fanno, la diamo noi per loro: questo Governo ha un'enorme sfiducia nei confronti dei parlamentari che dovrebbero sostenerlo, considerato che, per 19 volte, pone la fiducia su provvedimenti, come in questo caso, straordinariamente importanti, sottraendoli al dibattito d'Aula.
Significa non avere fiducia nei propri parlamentari o, viceversa, che i propri parlamentari non hanno fiducia nel Governo e quindi si impone un controllo del voto per evitare che qualcuno possa permettersi il lusso di pensare liberamente.
D'altronde, la legge sulle intercettazioni non è altro che una legge per impedire che si possa pensare, che si possa conoscere. È una legge contro il diritto di informazione, diritto, si badi bene, garantito costituzionalmente e che questo Governo mette totalmente in disuso.
Le indagini giornalistiche, voglio ricordare, sono servite spesso in questo Paese ad anticipare delle importanti indagini giudiziarie. Senza i servizi e le indagini giornalistiche non si sarebbe pervenuti anche a delle soluzioni di straordinaria importanza per la democrazia nel nostro Paese.
E cosa fa questo Governo, sottoponendolo alla fiducia del Parlamento? Punisce l'editore per omesso controllo, imponendo una sanzione da un minimo di 64 mila a un massimo di 465 mila euro (si badi bene) per tenere la bocca chiusa: l'editore, che col suo giornale pubblica delle notizie, portandole a conoscenza, rispettando un diritto costituzionalmente garantito all'informazione, rischia 465 mila euro per tutelare la privacy. Ma la privacy di chi? La privacy di chi delinque, la privacy di chi governa; certamente non la nostra privacy: chi non ha nulla da nascondere non ha problemi ad essere intercettato, chi ha qualcosa da nascondere evidentemente sì.
Il provvedimento consente che siano puniti i giornalisti: una pena detentiva da sei mesi a tre anni, per quei giornalisti che decidano di informare. Certo, anche noi riteniamo che non si possa abusare delle Pag. 25pubblicazioni, ma non abusare non significa sottrarre al Paese e all'opinione pubblica le informazioni corrette: abbiamo l'esigenza di sapere se il nostro vicino di casa è un noto delinquente e dobbiamo diffidare di lui; abbiamo l'esigenza di sapere che chi ci governa è soggetto di specchiata moralità, ovvero al contrario non lo è.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

IGNAZIO MESSINA. Si tratta di informazioni che questo Paese deve avere, che non possono essere sottratte.
Vengo poi all'intervento sulla questione relativa agli indizi rilevanti: si può pubblicare solo e intercettare solo quando vi sono gli indizi rilevanti; sostanzialmente quando il PM può emettere l'ordine di cattura. Ma a quel punto non si mette una microspia: si mandano i carabinieri!
Concludo soltanto con una citazione: «La legge, così com'è, rende difficile l'uso di uno strumento fondamentale per la lotta a certe forme di criminalità organizzata». Lo dice Pietro Grasso. La risposta dell'onorevole Ghedini è la seguente, interpellato sull'argomento: «Grasso? No, no, niente Grasso». Questa è l'attenzione del Governo, e questo è (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

PIERANGELO FERRARI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire a titolo personale per sottolineare una questione che non mi pare sufficientemente emersa nel corso della discussione sulle linee generali: insieme alle contestazioni politiche al provvedimento, alle modalità con cui si decide di approvarlo - ancora una volta con una forzatura contro il Parlamento - c'è bisogno di sottolineare, a mio avviso, l'interesse personale del capo del Governo nel provvedimento in esame.
Non soltanto infatti il provvedimento contiene norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini, poiché in nome di una falsa tutela della privacy si indebolisce uno strumento essenziale ed insostituibile per la ricerca della prova, lo strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo: con l'approvazione del provvedimento in esame - e, quindi, ciò che sostanzialmente interessa al capo del Governo - non sarà più pienamente garantito il diritto-dovere degli organi di stampa di informare i cittadini, anche sulle ordinanze di custodia cautelare emesse per gravi reati. Si rischia in questo modo un sostanziale blackout informativo molto lontano dall'auspicata soluzione di equilibrio tra diritto alla privacy e diritto all'informazione.
Un provvedimento, dunque, che presenta evidenti aspetti di incostituzionalità, perché comprime i valori dell'articolo 21 della Costituzione, che dice chiaramente che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o a censure; che tutti i cittadini hanno il diritto ad informare e ad essere informati. Ed è questo l'aspetto che mi premeva sottolineare, perché è qui che nasce l'ossessione del capo del Governo contro una stampa libera, che esercita la propria funzione liberale di informazione e di controllo.
Nello stesso tempo, vorrei ricordare ciò che ha già ricordato ieri l'onorevole Sereni: che il provvedimento in esame non ha alcun carattere di urgenza.
Avreste potuto chiederci tempi rapidi - magari anche ricorrendo a una questione di fiducia che avremmo contestato, ma che sarebbe stata più giustificata del caso in questione - per approvare rapidamente quel collegato sulle piccole e medie imprese e sulla competitività che si attende dai tempi della finanziaria; avreste potuto accelerare l'esame del decreto-legge sul terremoto. Invece no: come ha ricordato l'onorevole Sereni, avete scelto di portare in quest'Aula, con modalità che noi critichiamo aspramente, un provvedimento che non ha carattere di necessità ed urgenza, che colpisce significativamente la libertà della stampa e che abbassa la soglia di Pag. 26sicurezza che noi dobbiamo garantire ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, intervengo a titolo personale per esprimere una forte preoccupazione su questo provvedimento, sul quale il Governo ha ritenuto di porre la questione di fiducia prima di discutere del terremoto in Abruzzo e prima di dare risposte alle migliaia di imprese, piccole, grandi o medie, che chiudono, oppure alle famiglie che non riescono a rispondere, con le loro poche risorse, alle necessità del mese.
Questo provvedimento presenta un suo vizio originario: il fatto che viene portato all'esame del Parlamento con l'intento di soffocare la libertà di stampa, di imbavagliare il giornalismo e di consentire alla casta - ai potenti - di evitare il controllo che l'opinione pubblica può svolgere sulle loro eventuali malefatte. Questa è la cartina di tornasole di qual è l'approccio che il Governo vuole dare alla sua azione: quello cioè di tutelare sfere sempre più ampie di opacità, di capacità di farla franca, concedendo garanzie che invece il normale cittadino spesso non ha. Ma il normale cittadino non le ha perché non ha bisogno di averle: se infatti il «signor Cipputi» dovesse subire un'intercettazione telefonica per reati anche gravi ma che non riguardano l'interesse pubblico, probabilmente le sue telefonate non arriveranno mai sulla stampa. Cosa che invece può non avvenire a quando fare telefonate di questa natura illecita siano i potenti di turno.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARLO MONAI. Questa normativa cerca di imbavagliare la stampa punendo gli editori, punendo i giornalisti, inasprendo sanzioni che potevano invece essere affidate alla sfera della deontologia professionale (i codici deontologici delle professioni giornalistiche si sono dotati di misure sufficientemente garantiste dal punto di vista della privacy delle persone inquisite).
Resta il fatto che con questo provvedimento si vogliono evitare quelle notizie che danno la possibilità al lettore di essere consapevole della gravità delle accuse. Poiché se è vero che riportare un'intercettazione telefonica sulla stampa può essere fastidioso per chi quella telefonata ha fatto, altrettanto vero è che con questo sistema si mette in grado il lettore e l'opinione pubblica di capire se l'accusa sia o meno fondata e fino a che punto lo sia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARLO MONAI. Ma aggiungo che questa norma fa anche spregio della Convenzione dei diritti dell'uomo - in particolare l'articolo 10 - che è già stato fondamento di una sentenza della Corte di Strasburgo che ha condannato la Francia per aver punito un giornalista che aveva...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Monai. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, in un'intervista comparsa sul Corriere della sera di oggi, la relatrice cerca di dimostrare come questo provvedimento, dopo il lavoro da lei svolto, sia divenuto un po' meno pericoloso.
Credo che basterebbe già questo per dare un giudizio sulla forzatura grave partorita all'interno del Governo dal Ministro della giustizia e dal Presidente del Consiglio nell'affrontare un tema così delicato come quello delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, andando ad introdurre elementi di grave pericolosità sia nella strategia di lotta alla criminalità, sia nel senso di colpire un diritto costituzionale garantito come quello della libertà di informazione. Pag. 27
Non ci basta dire, onorevole Bongiorno, che questo provvedimento è stato sostanzialmente edulcorato e che sono state introdotte nuove fattispecie di reato per le quali è possibile utilizzare le intercettazioni; non ci basta, perché da quelle fattispecie di reato rimangono ancora esclusi reati odiosi che spesso vanno ad incidere proprio sul tema sul quale avete costruito la vostra campagna elettorale, le vostre proposte demagogiche ed i vostri spot in materia di sicurezza urbana.
Vorrei dire agli amici della Lega: quando sarà più difficile combattere i reati di violenza sessuale ed i reati di sfruttamento sui minori, cosa farete (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Gli manderete le ronde? Sarà questo lo strumento che userete per garantire la sicurezza delle città, dopo che su questo tema avete costruito gran parte della vostra immagine e del vostro consenso?
Credo che ci troviamo di fronte ad una forzatura grave che certo muove da una situazione che andava corretta, ma qui passiamo dalla padella alla brace. Per non parlare poi della questione del diritto di cronaca garantito dalla Costituzione: sarà pure un caso, ma dovreste anche riflettere sul fatto che i giornalisti di qualsiasi orientamento politico e di qualsiasi posizione vi stanno dicendo che state imbavagliando il diritto di cronaca e la possibilità di informare i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intanto vorrei rilevare che siamo davanti alla diciannovesima questione di fiducia che questo Governo infligge al Parlamento; un numero veramente straordinario ed eccessivo che significa, da una parte, disprezzo per questa Camera e per il Parlamento e, dall'altra, un'allarmante paura verso la propria maggioranza ed un'allarmante diffidenza verso la maggioranza parlamentare che dovrebbe sorreggere questo Governo. Un Governo che, probabilmente, ha paura che lasciando libero il dibattito i cervelli potrebbero essere un po' meno all'ammasso e che quindi potrebbe affacciarsi un sussulto di rispetto della Costituzione e della democrazia.
Mi chiedo anche - e chiedo a voi - se il disegno di legge che viene ora portato all'esame della Camera sia più urgente del decreto-legge sul terremoto o, ad esempio, dell'ulteriore differimento dei pagamenti dei contributi nelle zone terremotate; mi chiedo se sia più urgente del dibattere provvedimenti seri contro la crisi che sta attanagliando le nostre famiglie ed i ceti meno abbienti della nostra società.
Mi allarma anche il fatto che questo provvedimento arrivi così di corsa all'indomani di un patto di rinuncia da parte del Capo del Governo al sostegno del referendum che è stato preso a cena (come spesso avviene ed è avvenuto); guarda caso subito dopo, da parte di un pezzo rilevante di questa maggioranza come la Lega, arriva il via libera ad un «sì» così scellerato; scellerato perché si imbavaglia e si punisce la stampa nelle persone dei giornalisti ed in quelle degli editori, dal momento che si mette in campo un provvedimento che ritengo assolutamente allarmante sia perché restano fuori dal campo delle intercettazioni reati odiosi, sia perché è presente tutta una serie di misure veramente assurde.
È previsto l'obbligo di astensione del pubblico ministero che viene denunciato per violazione del segreto istruttorio. Questo significa che chiunque abbia un'indagine a carico potrebbe denunciare il pubblico ministero e costui, iscritto nel registro degli indagati, deve astenersi dall'effettuare intercettazioni; tutto ciò può andare avanti infinitamente finché non si arrivi alla prescrizione.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, deve concludere.

DAVID FAVIA. Ci devono essere evidenti indizi di colpevolezza per chiedere l'intercettazione, ma sono gli stessi indizi Pag. 28che possono consentire al pubblico ministero di ottenere l'ordinanza di custodia cautelare.
Non si possono intercettare i servizi segreti perché entro cinque giorni la richiesta va comunicata al Capo del Governo, che può opporre il segreto di Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, deve concludere.

DAVID FAVIA. Un altro esempio incredibile è rinvenibile nelle procedure contro ignoti, dove le intercettazioni si possono effettuare solo su richiesta dalla parte lesa. Pensate ai reati di estorsione, dove la parte lesa è intimorita e non fa questa richiesta: su questi reati non si potrà mai indagare.
Ripeto che questo provvedimento è allarmante, è ai limiti dell'eversione e merita di essere bloccato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, ieri il Governo ha posto l'ennesima questione di fiducia di questa legislatura e lo ha fatto per blindare il testo sulle intercettazioni telefoniche di fronte ai pesanti «mal di pancia» dei parlamentari del Popolo della Libertà e della maggioranza. Il Governo ha posto la fiducia su questo provvedimento perché aveva il timore che alcune norme che sono previste potessero non passare anche per via del voto contrario di molti parlamentari della maggioranza.
Trovo assurdo e vergognoso che su un provvedimento di questo genere il Governo abbia scelto di impedire al Parlamento di discutere e di approfondire il tema. Trovo ancora più vergognoso che, a distanza di due giorni dal voto, il Governo abbia scelto come priorità una legge che impedirà agli inquirenti di utilizzare le intercettazioni come strumento di indagine per combattere la criminalità organizzata e le malversazioni di molti che sono al potere.
Avremmo voluto che fossero altre le priorità all'ordine del giorno della Camera dei deputati in questa settimana. Invece, il Governo e la maggioranza hanno scelto, per l'ennesima volta, di anteporre gli interessi personali del Presidente del Consiglio agli interessi generali del nostro Paese. Questa, infatti, è un'altra legge che interessa il Presidente del Consiglio e che, se fosse esistita già qualche mese fa, avrebbe ad esempio impedito che potessero essere pubblicati i testi delle intercettazioni nelle quali il Presidente del Consiglio cercava di favorire attrici e veline, sponsorizzandole ai vertici della RAI.
Con questa legge - questo è il fatto ancora più grave - si introducono norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini, che mettono a serio rischio il diritto di cronaca. Se passa questa legge, infatti, le intercettazioni saranno consentite soltanto per particolari reati legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, invece, saranno limitate, in modo assolutamente sconsiderato, nei confronti degli altri reati, i cosiddetti reati comuni, che per la verità affliggono la vita quotidiana dei cittadini e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini stessi.
Se passa questa legge, le intercettazioni per reati come l'omicidio, le rapine, le truffe, lo sfruttamento dei minori, la violenza sessuale, lo spaccio di droga, la pedofilia e le frodi bancarie potranno essere autorizzate solo in presenza di evidenti indizi di colpevolezza, ovvero solo dopo che è stato individuato il colpevole del reato.

PRESIDENTE. Onorevole Bordo, deve concludere.

MICHELE BORDO. Mi dite a cosa servono le intercettazioni se il colpevole è stato già individuato? In realtà - concludo, Presidente - questa legge dà un colpo durissimo alla sicurezza dei cittadini. È questa una legge sbagliata, nei confronti della quale il Partito Democratico farà un'opposizione durissima sia nel Parlamento sia nel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Concia. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, con questo intervento voglio soffermarmi su un aspetto del provvedimento in esame: la tipologia dei reati che verrebbero stralciati dalla possibilità dell'utilizzo delle intercettazioni.
L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli, che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo, che negli anni - come è noto - ha consentito di risolvere importanti casi.
Ne elenco alcuni, come faceva il mio collega: violenza sessuale, stalking, spaccio di droga, minacce, prostituzione, riduzione in schiavitù, pedofilia, maltrattamenti. Con il testo approvato, per questi reati si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di evidenti indizi di colpevolezza. Ciò vuol dire che si potrà richiedere l'autorizzazione all'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato il colpevole. Si tratta di una contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole, e infatti noi ci chiediamo perché si dovrebbe avviare un'intercettazione quando si conosce già il colpevole e quest'ultimo può essere già assicurato alla giustizia. Vi faccio un unico esempio eclatante, quello dello stalking. Poco tempo fa abbiamo approvato la legge che introduce il reato di stalking anche nel nostro Paese, le molestie insistenti di cui sono principalmente vittime le donne, un reato subdolo e pericoloso che troppe volte non solo ha distrutto la vita delle vittime, ma purtroppo ne ha causato la morte. Lo stalker è colui o colei che molesta insistentemente e in modo minaccioso la vittima attraverso telefonate, sms, e-mail, appostamenti, che sempre stravolgono la vita di chi ne è vittima. Lo abbiamo approvato anche perché molto, troppo spesso le molestie insistenti sfociano nella violenza sessuale o, peggio, nell'omicidio. Per prevenire queste conseguenze terribili è necessario poter indagare sul reo dello stalking, altrimenti è inutile. Ma come si fa ad indagare su una persona che usa sopratutto il telefono se non può essere intercettata? Mi pare ridicolo.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Concia.

ANNA PAOLA CONCIA. Le intercettazioni si utilizzano soltanto quando siamo in presenza di evidenti indizi di colpevolezza? Quando la persona è stata già ammazzata o violentata? Grazie tanto! Le donne italiane vi ringrazieranno di questa ridicola e pericolosa decisione. Per questo tipo di reato le intercettazioni sono fondamentali. Introdurre un reato e non avere gli strumenti per poterlo perseguire è fantastico. Ma che giustizia è questa? Possibile che per seguire un vostro disegno dovete passare sopra i più elementari principi di giustizia?
Allora, noi vi chiediamo di introdurre il reato di stalking tra i reati per i quali sono consentite le intercettazioni come strumento di ricerca della prova anche in presenza di sufficienti indizi di reato. Ve ne saranno grate tutte le donne italiane che oggi sono vittime di violenza, altrimenti - come sempre - le avrete prese in giro un'altra volta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, mi limiterò ad affrontare un solo punto: il divieto di pubblicazione e di diffusione di nomi e immagini di magistrati relativamente ai procedimenti loro affidati.
Mi si permetta di osservare anzitutto come questa disposizione confligga in modo patente con la realtà della società dell'informazione nella quale tutti siamo Pag. 30immersi. Viviamo nell'epoca della comunicazione globale, caratterizzata dall'immediatezza della trasmissione delle immagini e l'idea stessa di poter impedire la circolazione delle informazioni è francamente in questo contesto semplicemente vana, come quando ci si illude di poter censurare le foto di Villa Certosa ma poi El Pais le pubblica lo stesso, inondando Internet.
Capisco le motivazioni nobili - dirò poi le meno nobili - che ispirano questa norma e si dice che è necessario ostacolare il protagonismo eccessivo dei giudici. Capisco e condivido un'istanza che, del resto, ancora ieri è stata espressa dal Presidente della Repubblica. Il protagonismo dei giudici ha rappresentato, negli anni scorsi, il sintomo di un malessere della giustizia, sebbene debba qui subito aggiungere che quel protagonismo trova la sua radice storica nella diserzione e nei silenzi della politica e dell'amministrazione. Infatti, onorevoli colleghi, quando venne alla luce negli anni Novanta l'articolato sistema corruttivo svelato da «mani pulite» sarebbe toccato alla politica, ad una buona politica consapevole delle sue responsabilità morali, far piazza pulita dei corrotti, instaurare nuove regole di autocontrollo, riformare la legislazione nei punti critici.
Allo stesso modo sarebbe toccato all'amministrazione, ad una buona amministrazione, ritornare a quella prassi virtuosa dei controlli ispettivi e delle inchieste interne, dell'autocensura preventiva che aveva caratterizzato a lungo la sua storia secolare. Né l'una né l'altra tuttavia hanno saputo fare allora la loro parte preferendo pilatescamente lasciar fare al magistrato penale.
Si dice che il magistrato non deve apparire. È giusto, ma vi sono circostanze e momenti nei quali l'opinione pubblica pretende giustamente di sapere e di sapere subito e i media hanno il dovere di riferire.
Come sempre voi affrontate problemi complessi, che richiederebbero risposte complesse, facendo ricorso alla scure del diritto penale. Emanate divieti e scrivete in leggi intimazioni, minacciate sanzioni: insomma, mostrate i muscoli. Questa che stiamo discutendo, invece, è materia tipica da codici deontologici, da autogoverno responsabile delle categorie - magistrati e giornalisti in questo caso - da prassi virtuose e condivise, capaci di isolare i comportamenti sbagliati ed eccedenti. Questo è necessario fare.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 15,30)

GUIDO MELIS. Il rischio che denunciamo in questo vostro provvedimento è che, con la scusa di contrastare il protagonismo dei giudici, voi mettete a repentaglio il ruolo democratico dell'informazione garantito dalla Costituzione...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Melis.

GUIDO MELIS. ...costruendo in questo come in altri articoli di questa brutta legge una macchina repressiva il cui unico intento, alla fin fine, è minacciare e condizionare i media: quelli ancora indipendenti naturalmente...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Melis.

GUIDO MELIS. Concludo, signor Presidente. Infatti, vi ricordo un recentissimo rapporto di un autorevole ente internazionale, la Freedom House, che ci colloca tra i 195 Paesi censiti nella sciagurata categoria di quelli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Melis.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, nel mio intervento chiedo in particolare l'attenzione del relatore e del Governo, ma anche quella dei colleghi della Lega Nord Padania, molti dei quali sono sindaci che hanno fatto giustamente Pag. 31della sicurezza una delle priorità dei loro cittadini, anche attraverso mezzi di sicurezza passiva quali le telecamere. Quante ne avete installate davanti ai supermercati, davanti alle banche, nei parcheggi per impedire la prostituzione e lo spaccio? Ebbene, in Commissione abbiamo svolto una discussione di ore perché il provvedimento del Governo consentiva l'equiparazione delle riprese delle telecamere alle intercettazioni. Ciò comportava che, se una telecamera davanti a una banca avesse ripreso una rapina, la ripresa non avrebbe potuto essere utilizzata in giudizio. Avete detto all'opposizione e a noi del Partito Democratico che avevamo ragione. Le riprese televisive devono essere equiparate alle intercettazioni solo se captano conversazioni tra presenti. Così l'emendamento 4.300 della Commissione; onorevole Brigandì, mi rivolgo a lei che era presente in Commissione, e onorevole Lussana, ve lo ricordate? L'avete votato. Quell'emendamento conteneva questa esclusione.
Nel maxiemendamento del Governo questo emendamento non è compreso. Questo è uno sbaglio oppure vi è la volontà di escludere queste riprese dalla possibilità di utilizzo come mezzo di prova? Voglio sapere se è un errore o se è una scelta politica.
Avete posto la questione di fiducia su un testo diverso da quello che la Commissione aveva votato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo è gravissimo! È gravissimo per voi, colleghi della Lega, che di questo punto avete fatto una bandiera!
Io voglio una risposta dal Governo e dal relatore, perché è una questione gravissima e importantissima: se è un errore, siete dei dilettanti; se è doloso, siete pericolosi per la nazione, per la giustizia e per la sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, questo Governo e la maggioranza parlamentare ricorrono con abitualità e costanza a strumenti penalistici: in tal senso mi limito a ricordare i provvedimenti di pochi giorni fa che avete approvato in quest'Aula, ovvero il «pacchetto sicurezza», con il quale avete introdotto nuove fattispecie di reato tra cui quella - odiosissima - che colpisce gli immigrati irregolari.
A questo volto punitivo e duro se ne affianca un altro, mosso da una sorta di controcultura della giustizia, dove diviene lecito introdurre una norma che sottrae il Presidente del Consiglio ai processi in corso, con un lodo che porta il nome del Ministro della giustizia Alfano, dove diventa urgente modificare la disciplina sulle intercettazioni telefoniche, di fatto ridimensionando questo preziosissimo strumento di indagine. È da qui che occorre partire per comprendere appieno la gravità del provvedimento in esame, sul quale il Governo ha addirittura posto la questione di fiducia.
La vostra proposta non tende a rafforzare né le inderogabili esigenze di indagine e di ricerca delle prove, né il diritto alla riservatezza delle persone. Rispetto alle esigenze investigative è sufficiente prendere in considerazione alcune norme della vostra proposta, per comprendere che l'unico obiettivo è quello di depotenziare lo strumento delle intercettazioni telefoniche e contestualmente ridimensionare la funzionalità di questo mezzo di ricerca della prova nelle attività di indagine del magistrato e del pubblico ministero.
Mi limito a sottolineare le modifiche che apportate all'articolo 267 del codice di procedura penale: la disciplina dei presupposti su cui si fonda l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni viene stravolta e, in particolare, si pone quale fattore legittimante l'uso delle intercettazioni non più i gravi indizi di reato, ma evidenti indizi di colpevolezza. In altre parole, le intercettazioni saranno utilizzabili quando ormai sarà chiara l'identità della colpevole.
Sempre con riferimento all'articolo 267 del codice di procedura penale, viene attribuito Pag. 32il potere di autorizzare le intercettazioni telefoniche non più al giudice per le indagini in preliminari, giudice monocratico, ma al tribunale, pertanto ad un giudice collegiale, rappresentando di fatto un'anticipazione del giudizio.
Concludo, signor Presidente, dicendo che con la questione di fiducia che avete posto sul provvedimento in esame viene alla luce tutta l'ipocrisia e le pessime intenzioni che vi hanno spinto a proporre una tale modifica della disciplina delle intercettazioni telefoniche.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Touadi.

JEAN LEONARD TOUADI. Con un unico provvedimento riuscirete - e concludo, signor Presidente - a colpire nel profondo la credibilità delle istituzioni e l'efficacia dell'azione giudiziaria. Questa è la vostra idea di giustizia, di sicurezza e di legalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, il Governo ha deciso di porre l'ennesima questione di fiducia umiliando di nuovo il Parlamento. Eppure sul provvedimento in esame vi è stato in questi mesi un lavoro molto attento ed approfondito in Commissione, con audizioni di tutte le categorie interessate e con la ricerca sincera, da parte nostra, di un confronto sul merito con la maggioranza e con il Governo.
Abbiamo presentato la nostra proposta di legge sul tema delle intercettazioni, perché riteniamo che tale questione debba essere affrontata con rigore e con equilibrio. Se è vero, infatti, che da un lato, in questi anni, si sono verificati degli eccessi e degli abusi nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni, dall'altro lato, la nuova disciplina - che è necessaria - non può essere condizionata dall'ossessione di impedire, soprattutto, che i problemi giudiziari del Presidente del Consiglio siano oggetto di indagini o di pubblicazione di notizie sui giornali e, dunque, di informazione dell'opinione pubblica.
La nostra proposta di legge, invece, si pone l'obiettivo fondamentale di individuare soluzioni equilibrate ed efficaci tra il diritto alla riservatezza individuale e la tutela del segreto processuale, tra le esigenze investigative e il diritto ad informare e ad essere informati.
Il Governo, ancora una volta, con la posizione della questione fiducia, impedisce il confronto libero sul provvedimento. È del tutto evidente, infatti, che si vuole troncare il confronto e la discussione in Aula, anche per non fare emergere, nel voto libero dell'Assemblea, le tante perplessità e le differenti opinioni che sono presenti in modo consistente nella stessa maggioranza. Il testo di legge che si vuole imporre al Parlamento prevede la limitazione sconsiderata di uno strumento di indagine fondamentale quale è quello dell'intercettazione, che si vuole falsamente giustificare con la tutela della privacy. Si tratta di norme che, in realtà, produrranno degli effetti molto dannosi per la sicurezza dei cittadini.
Con queste norme, infatti, l'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. In questo modo, si producono conseguenze drammatiche e reati, che, purtroppo, pesano sulla vita quotidiana dei cittadini (come omicidi, rapine, truffe, violenza sessuale, sfruttamento dei minori, e così via), non potranno essere perseguiti. Con il testo di legge di cui stiamo discutendo, infatti, si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza», cioè solo se si individua già un colpevole. Che senso ha chiedere l'autorizzazione alle intercettazioni, quando già si conosce il colpevole che può essere assicurato alla giustizia? Con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento dell'intercettazione nelle indagini contro tutti i reati in cui sono Pag. 33ignoti i responsabili. Si pensi ai casi di violenza sessuale, di cui, purtroppo, si continua a leggere quotidianamente nelle cronache dei giornali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA COSCIA. Abbiamo sentito tanta propaganda, ma poi quando si passa ai fatti - concludo, signor Presidente - vi sono proposte contraddittorie ed inefficaci. Allo stesso modo, si vuole imbavagliare l'informazione.
Per tutti questi motivi, continueremo ad opporci e voteremo contro la fiducia e contro il provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Coscia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, vorrei manifestare le mie perplessità sull'ennesimo ricorso alla fiducia. Credo che si continui su una strada pericolosa e deleteria, che impedisce la ricerca delle possibilità di mediazione e di confronto e che tende indirettamente a svuotare il ruolo di questo Parlamento. Credo che sia una strada che non aiuta nessuno. Credo altresì che sia, comunque, un atto di sfiducia anche nei confronti della maggioranza di questo Governo. Il Governo non si fida dei suoi e gli impone una camicia di forza. Ritengo che i deputati della maggioranza dovrebbero avere la dignità e il coraggio, una volta tanto, di ribellarsi ad un atteggiamento di questo tipo.
Inoltre, non capisco perché questo provvedimento abbia assunto una posizione di priorità, quando vi sono altri problemi, forse più impellenti, più necessari, più urgenti. Mi riferisco ai provvedimenti sul terremoto in Abruzzo, alle misure a sostegno dell'occupazione (che non è più una questione psicologica, ma una questione che morde veramente le famiglie, i lavoratori e le persone), al sostegno alle piccole imprese (che fanno fatica ad affrontare la situazione attuale), al sostegno, che sempre continuiamo a rivendicare, al reddito familiare. Credo che tali questioni vengano prima di qualsiasi provvedimento sulle intercettazioni o su argomenti del genere.
Quando, però, le questioni toccano la sensibilità del Presidente del Consiglio cambiano le priorità, anche nel nostro dibattito: credo che questo sia sbagliato, non vada bene e debba essere cambiato. In questi mesi si è discusso molto di sicurezza; si è parlato di tolleranza zero, ma la tolleranza zero vale sempre per i poveri cristi, per le persone deboli, per le persone che, magari, sono alla ricerca di una possibilità di vita, mentre per coloro che stanno bene e sono forti la tolleranza è totale sui problemi che li riguardano. Credo che anche questo trasmetta al Paese un segnale estremamente negativo.
Certo, probabilmente nella gestione delle intercettazioni sono stati commessi alcuni errori, ma di questo avremmo dovuto discutere, non avremmo dovuto cambiare l'articolazione, la formazione degli strumenti che occorrono per investigare, per capire, per prevenire il crimine e per intervenire sulla dimensione della criminalità organizzata. Da oggi saremo più deboli, e proprio per queste ragioni ritengo che il voto di fiducia su questo provvedimento vada respinto con determinazione e con chiarezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Pasquale. Ne ha facoltà.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, permettetemi di iniziare con le parole che Alessandro Manzoni, nel capitolo XIX de I promessi sposi, mette in bocca al conte zio: «Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo... si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest'urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti... A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent'altri imbrogli. Sopire, troncare, Pag. 34padre molto reverendo: troncare, sopire». E questo è il Manzoni.
Tenere nascoste verità, modificare verità, negare verità, vivere a due teste: una, quella vera, che si nutre di notte, di buio, di nebbia e di eventi non pubblicabili, e l'altra di giorno, tutta sorrisi e positività; una che detiene i maggiori organi di informazione e l'altra che taglia il diritto di cronaca per la ricerca della verità; una che condanna i giudici come faziosi e l'altra che toglie loro gli strumenti per poter effettivamente porre un freno alla criminalità e alla ricerca del vero colpevole. Si tratta di due facce che sono una sola: l'una apparenza da esibire e l'altra sostanza da non nominare, e insieme un unico disegno che rende i cittadini meno liberi e più assoggettati.
Saremo meno liberi, perché attraverso il duro attacco al diritto di cronaca si configura un vero e proprio bavaglio all'informazione, si pone in essere un sostanziale black out informativo molto lontano dall'auspicata soluzione di equilibrio fra diritto alla privacy e diritto all'informazione. Voteremo, infatti, una norma che presenta evidenti aspetti di incostituzionalità e che comprime i valori dell'articolo 21 della nostra Costituzione, il quale recita: «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.» Tutti i cittadini hanno diritto ad informare e ad essere informati. Con l'approvazione di questa legge, infatti, non sarà pienamente garantito il diritto-dovere degli organi di stampa di informare i cittadini, anche sulle ordinanze di custodia cautelare emesse per gravi reati. Saremo più assoggettati: l'ignoranza e la profonda superficialità rendono succubi e il semplice ragionamento diviene così una fine scelta.
Ma, carissimi colleghi, è così difficile comprendere come nel testo che voteremo si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di evidenti indizi di colpevolezza e che questo vuol dire che si potrà richiedere l'autorizzazione all'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole? Allora, colleghi, chissà quante volte avrete letto le parole del Manzoni e quante volte avrete, dentro di voi, condannato il comportamento ottuso del conte zio!

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole De Pasquale.

ROSA DE PASQUALE. Concludo, Signor Presidente. Non rischiamo oggi di legittimare tale comportamento, addirittura codificandolo in un articolato di legge. Vi propongo, di contro, un altro modo di agire, mi permetta, signor Presidente: preferisco la verità dannosa all'errore utile. Una verità dannosa è utile, perché può essere dannosa solo a momenti e poi conduce ad altre verità, che devono diventare più utili. Viceversa, un errore utile è dannoso, poiché può essere utile solo per un momento e induce in altri errori, che diventano sempre più dannosi...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, in questi giorni spesso veniamo interrogati su come si dovrebbe fare l'opposizione e su come facciamo l'opposizione. Vorrei, invece, a mia volta chiedere alla maggioranza come intenda essere tale, esercitare questo ruolo, ovvero quale sia questo suo progetto. Quale è il progetto sotteso a queste grandi riforme che ci vengono continuamente preannunciate, in particolar modo un'organica riforma del sistema giustizia, del servizio giustizia? Io non vedo un progetto né un programma, vedo un'ideologia che non è assolutamente utile e che, anzi, confonde molto le idee su questioni estremamente delicate come quella di cui stiamo discutendo oggi, ovvero un provvedimento che riguarda un difficile equilibrio tra difesa della sicurezza dei cittadini e tutela delle garanzie del singolo.
Su questo delicato equilibrio si era molto ragionato nella passata legislatura, ed infatti i progetti di legge che provenivano sia dalla maggioranza che dall'allora opposizione erano tutti incentrati sulla questione Pag. 35della pubblicazione del contenuto di comunicazioni che non riguardavano il fatto reato o tra persone terze e sulla questione dei presupposti cui vincolare la possibilità di disporre le intercettazioni.
La questione, invece, si è di molto spostata e non è più quella relativa al se e come tutelare la sicurezza dei cittadini bensì - e ciò sembra essere un'ossessione per l'attuale maggioranza - come limitare il controllo di legalità. Quindi, c'è un rovesciamento della discussione, dei presupposti e di quel tanto invocato garantismo al quale, spesso, sembra ci vogliate richiamare e dal quale siete così assolutamente lontani. Sbagliate continuamente bersaglio quando ci fate votare provvedimenti quali quelli sull'immigrazione o sulla sicurezza. Continuiamo a votare provvedimenti che non hanno alcuna efficacia su questi importantissimi temi, e sbagliate ancora bersaglio quando ci chiamate a votare provvedimenti che dite essere di libertà e che niente hanno a che vedere con la libertà. Mi chiedo quali sono i vostri riferimenti in tema di libertà - termine di cui abusate e addirittura intitolate ad essa anche un partito, chiamandolo la Casa delle Libertà, il Popolo della Libertà - e qual è il pensiero cui fate riferimento. Quando parliamo di sicurezza, a quale sicurezza fate riferimento, quando c'è la possibilità...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA ROSSOMANDO. ...di cambiare pubblico ministero semplicemente a seguito di una denuncia, quando non c'è nessuna possibilità di perseguire reati, sulla base della questione dei gravi indizi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Torre. Ne ha facoltà.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, molti interventi che mi hanno preceduto hanno evidenziato, in modo esaustivo, contraddizioni e danni che la modifica delle norme sulle intercettazioni arrecherà al Paese riguardo alla sua sicurezza, alla lotta a gravi fatti di criminalità, al diritto al processo giusto e al diritto di informazione.
Non mi soffermo, quindi, ulteriormente su queste gravi ricadute che, peraltro, si commentano da sé. Mi pongo, invece, tre domande di fondo: è giusto che uno Stato produca leggi che peggiorano la situazione del Paese, che, come in questo caso, ne aggravano l'insicurezza e ledono diritti costituzionali dei cittadini? Qual è la motivazione che spinge il Governo Berlusconi a produrre il presente disegno di legge, ritenuto così determinante da dover porre la diciannovesima questione di fiducia? E se la motivazione è quella della tutela del diritto alla privacy dei decisori politici, esiste realmente questo spazio di privacy che giustifichi i danni citati al Paese?
Parto dalla terza domanda: quando una persona è chiamata a servire il bene pubblico, diventa essa stessa una persona pubblica, qualcuno, cioè, che per un periodo della propria vita, dà se stessa alla propria gente e lo fa, lo deve fare, con il consenso della propria famiglia.
Infatti in questo periodo non può avere due vite, una per sé assolutamente avulsa dai propri doveri pubblici ed una in cui esercita il potere per la collettività, peggio ancora se per i propri interessi. Una persona pubblica è tale se il suo progetto di vita, i fondamenti del suo pensiero, le modalità della sua azione, i mezzi che utilizza per esercitare il suo potere sono pubblici, sono cioè parte del bene comune a cui si deve dedicare. Detto in altre parole, egli dovrebbe cominciare con l'essere, poi col fare e solo dopo con il parlare del bene collettivo.
Inoltre, in democrazia, in cui la sovranità spetta al popolo, il politico deve rendere conto del suo operato ed è dunque essenziale la veridicità delle sue affermazioni. Nasce qui il valore imprescindibile della trasparenza, quando si opera nel palazzo pubblico immaginarlo di vetro e quando si è nella propria casa continuare Pag. 36ad essere rappresentante e custode dei valori del proprio popolo e della propria città.
Le norme sulle intercettazioni, quindi, non possono essere pensate a tutela della privacy della persona pubblica: è ovvio che deve essere tutelata la libertà di azione politica, la riservatezza dei dati dei cittadini, i limiti alla vita di relazione scelti con la propria famiglia. È ovvio che devono essere date nei modi e nei tempi giusti notizie di Stato o quelle sulle varie trattative sull'agenda, ma al di là di queste ed altre cose ovvie non vi possono essere spazi di ombra in cui e con cui il politico esercita il potere.
Nello stesso modo e con le stessa ovvietà la persona pubblica deve porsi davanti al potere giudiziario, con l'umiltà, le fatiche e talvolta anche le umiliazioni che sono parte della vita di un politico...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA LETIZIA DE TORRE. ...e come nessun'altra cosa lo possono rendere vicino alle sofferenze del proprio popolo.
Questa logica pubblica, invece, è quotidianamente ribaltata: non esiste uno spazio privato politico del politico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Torre.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, il disegno di legge al oggi al nostro esame è l'ennesimo esempio di un intervento parziale che non riesce ad intervenire su un sistema giudiziario, sia civile che penale, che purtroppo nel nostro Paese è allo sfascio. Si tratta di un provvedimento che, come altri presentati in questa legislatura, corrisponde a degli interessi parziali che spesso sono in contraddizione tra loro. Abbiamo avuto, ad esempio, da un lato delle norme di stampo ipergarantista come quelle relative al lodo Alfano, e dall'altro, invece, norme che sono state inserite nei vari provvedimenti sulla sicurezza che riflettono un'impostazione autoritaria e securitaria. L'unica costante di questi provvedimenti che la maggioranza ha proposto all'Aula in questa legislatura è quindi quella di non affrontare il nodo delle riforme strutturali della giustizia per garantire ai cittadini il diritto ad una giustizia giusta.
A ciò hanno contribuito, da un lato, sicuramente la debolezza della classe politica, ma dall'altro anche le resistenze della corporazione dei giudici. Avevamo avuto, in questo Paese, delle riforme per la giustizia giusta per i cittadini; c'è stato un referendum approvato dalla stragrande maggioranza dei cittadini e che questo Parlamento ha tradito nel suo esito con una legge che non rispecchiava quella che era la volontà dei cittadini. Ci sono, però, state anche altre proposte dei radicali che hanno portato alla volontà di riformare il sistema giudiziario nei suoi fondamenti, dal sistema elettorale del CSM alla questione degli incarichi extragiudiziari, ad altre ipotesi di riforme. Tali riforme non sono state possibili, da un lato per l'intervento della Corte costituzionale, che in modo anticostituzionale ha impedito ai cittadini di pronunciarsi, e dall'altro a causa di campagne per il non ottenimento del quorum a dei referendum proprio da parte di chi, come il Presidente Berlusconi, si faceva portatore della bandiera della riforma della giustizia e poi al momento del voto ha preferito consigliare agli italiani di andare al mare.
Continueremo questa battaglia come abbiamo fatto in Parlamento, con questo Parlamento che ha approvato delle mozioni che impegnavano il Governo ad una riforma strutturale della giustizia. A questo ancora non siamo arrivati, per un combinato disposto di interessi delle forze politiche e di una corporazione di magistrati che interpreta il proprio ruolo non come tutela dell'indipendenza della magistratura, ma come un potere chiuso, per cui deve essere ininfluente anche la possibilità per i cittadini di controllare l'operato dei giudici.

Pag. 37

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MATTEO MECACCI. Infatti il CSM, oltre a divenire il principale sostenitore di leggi e poteri speciali che sono più che discutibili...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Mecacci.

MATTEO MECACCI. ...durante e dopo Tangentopoli è diventato anche uno strumento di consulenza per il Governo e per il Parlamento. Noi crediamo che a questo si debba davvero porre fine ed arrivare ad una riforma strutturale del sistema giudiziario civile e penale (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Farina Coscioni. Ne ha facoltà.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, le cause della più grande emergenza del Paese, che è anche una grande questione sociale e che ci attira il record di condanne dalla Corte europea per i diritti umani, si riconducono alla giustizia all'italiana come quella di uno Stato delinquente abituale, e vanno dal codice Rocco alle leggi speciali, dal processo 7 aprile 1979 al caso Tortora, dalle riforme negate all'impunità sistematica.
In qualsiasi democrazia la giustizia è il momento nevralgico di uno Stato di diritto; il mantenimento dei codici fascisti, la lentezza nell'entrata in funzione di importanti istituzioni costituzionali, la mancanza e il continuo rinvio di qualsiasi riforma da parte del Parlamento, ne ha da subito inficiato il carattere democratico. Il parziale e lento adeguamento di alcune norme del codice Rocco alla Costituzione da parte della Corte costituzionale non ne modifica l'impostazione di fondo, alla quale si sommano strutturali inadeguatezze organizzative.
Fino agli inizi degli anni Settanta ci si poteva illudere che si trattasse delle conseguenze di una troppo lenta transizione dal regime fascista al sistema democratico e costituzionale dovuta anche alle inevitabili resistenze conservatrici dei corpi dello Stato. Durante gli anni Settanta la crisi della giustizia italiana acquisisce, invece, progressivamente, una connotazione che ne aggrava strutturalmente le caratteristiche illiberali in nome della necessità di un'efficace lotta al terrorismo politico e alla grande criminalità organizzata. Anziché rafforzare le strutture ordinarie della giustizia, riformare i codici e l'ordinamento, le maggioranze parlamentari di unità nazionale procedono di volta in volta con leggi di emergenza, concentrando poteri speciali intorno alla figura del pubblico ministero e ad alcuni strumenti straordinari di coordinamento dell'azione penale.
Nel 1978, ad esempio, il processo di Torino ai capi storici delle Brigate Rosse può ancora svolgersi in un contesto di amministrazione ordinaria malgrado la contemporaneità con i drammatici giorni del sequestro e assassinio di Aldo Moro. Dopo il rifiuto di 135 cittadini chiamati a far parte della giuria, è sorteggiata come giurato polare il segretario del Partito radicale, Adelaide Aglietta, la prima donna segretario di partito nella storia della Repubblica.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Nonostante le minacce di morte, con la sua accettazione Aglietta consente la formazione della giuria e la successiva tenuta di un processo equo e regolare. Viceversa, il processo 7 aprile e il processo Tortora sono emblematici della logica emergenziale: con il primo, nel pieno dell'azione terroristica delle Brigate Rosse, un pubblico ministero di Padova...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Farina Coscioni.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. ...criminalizza l'intero gruppo dirigente di un movimento extraparlamentare, Autonomia Operaia, con l'imputazione di un'insurrezione armata e l'accusa di essere la vera direzione strategica delle Brigate Rosse.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, noi crediamo che questo Paese senza giustizia, con nove milioni di processi pendenti fra civili e penali e con il 90-95 per cento di reati che restano impuniti per incapacità di individuarne gli autori, sia un Paese che si condanna a vivere nell'illegalità.
L'Italia, come è stato ricordato, è sempre fra gli Stati più condannati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo per violazione della Convenzione europea sui diritti umani e, in particolare, dell'articolo 6, che impone agli Stati di garantire una durata ragionevole dei processi. Il 37 per cento di tutte le sentenze di condanna da parte della Corte, dovute certamente all'inefficienza della giustizia, è a carico dell'Italia.
L'Italia, inoltre, è lo Stato con il maggior numero di sentenze di condanna perché non abbiamo eseguito le sentenze della Corte sul piano interno. Quasi tutte sono sentenze di casi pendenti dinanzi al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa. Il numero dei procedimenti contro l'Italia sarebbe ancora più alto se il 18 aprile 2001 non fosse entrata in vigore la legge n. 89 detta legge Pinto che impone di richiedere un indennizzo per l'eccessiva durata dei processi attraverso il ricorso alla Corte d'appello italiana invece che alla Corte europea. Paradossalmente, anche i tempi di questi ricorsi sono però solitamente più lunghi di quelli previsti dalla legge e gli indennizzi sono a volte incongrui, fornendo così nuove ragioni per ricorrere a Strasburgo.
Ancora nel marzo di quest'anno il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha richiamato l'Italia perché risolvesse il problema strutturale dell'eccessiva durata delle procedure giudiziali nei processi civili, penali e amministrativi. L'eccessiva durata, a detta del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, mette a rischio lo Stato di diritto nel nostro Paese. Nel solo 2008 gli indennizzi ai cittadini per la lentezza dei processi in base alla legge Pinto sono costati allo Stato oltre 32 milioni di euro.
Comprendiamo che vi sia la necessità e l'urgenza di dare una risposta concreta, ma la risposta non passa attraverso meno inchieste, meno informazione, meno sentenze e più prescrizioni. La risposta non possa nemmeno attraverso il riconoscimento di maggiori garanzie per gli imputati.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURIZIO TURCO. Maggiori garanzie per gli imputati non vuol dire più impunità, bensì ripristinare quel minimo di legalità negata in questo Paese. Noi diciamo...

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Turco. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, ci troviamo ancora una volta in quest'Aula a parlare di provvedimenti settoriali e io direi emergenziali nel campo della giustizia. In questo primo scorcio di legislatura certo non possiamo dire che questo Governo abbia minimamente tentato una riforma strutturale ed organica della giustizia. Si tratta di una riforma strutturale di cui c'è assoluto bisogno in questo nostro Paese, perché il problema della giustizia è la più grande emergenza che dobbiamo affrontare. Certamente ciò non si fa con provvedimenti di questo tipo, che addirittura danneggiano la persecuzione di alcuni gravi reati. Non lo si fa, inoltre, con provvedimenti emergenziali come quello sulla sicurezza, perché non si può parlare certo di sicurezza quando abbiamo uno Stato dove ci sono 3 milioni e 200 mila processi penali arretrati, con 140 mila prescrizioni ogni anno. In questo modo, infatti, si lasciano in libertà i delinquenti e i colpevoli.
Allora, richiamo il Governo alla mozione approvata nel mese di gennaio. Se queste riforme strutturali e organiche Pag. 39della giustizia le vuole fare, le deve fare nel più breve tempo possibile e deve avere il coraggio di farle di fronte al popolo italiano, che chiede giustizia e sicurezza. Se è vero che la civiltà di un Paese si misura da come sono tenuti i detenuti nelle carceri, dobbiamo oggi dire che questo è un Paese illegale e incivile, se andate a vedere come sono tenuti oggi i 64.500 detenuti che dovrebbero stare in posti a loro riservati e che sono 42 mila ufficiali.
Questa è una vergogna! Vuol dire che la giustizia non funziona, vuol dire che le vostre leggi ad personam non funzionano, vuol dire che vi dovete mettere in testa che la riforma non è più rimandabile (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi per dichiarazione di voto a titolo personale sugli emendamenti soppressivi dell'articolo 1.
Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti soppressivi Ferranti 1.1 e Di Pietro 1.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo. Prego i colleghi di prendere posto rapidamente.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Ministro Fitto, ha votato? Ministro Carfagna? L'onorevole Lehner ha votato. Onorevole Latteri, è riuscito? Onorevoli Verdini, Latteri, Sposetti?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 498
Votanti 495
Astenuti 3
Maggioranza 248
Hanno votato 209
Hanno votato no 286
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Ruvolo, Pes, Paladini, Ferranti, Zaccaria, Castagnetti, Gianni Farina, Monai e Damiano hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che i deputati Granata, Fucci Landolfi, Cosentino, Jannone e Rampelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,05).

PRESIDENTE. Prima di procedere con le dichiarazioni di voto, sulla questione che è stata posta all'inizio della seduta da parte del presidente Soro, relativa ad una lettera trasmessa dagli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze alla Commissione bilancio, ha chiesto di intervenire il presidente della Commissione bilancio, onorevole Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, in data 5 giugno 2009 è pervenuta via fax alla Commissione bilancio copia di una lettera a firma del capo dell'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, indirizzata inoltre alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per i rapporti con il Parlamento e, per conoscenza, alla Commissione attività produttive, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi e al Ministero dello sviluppo economico-ufficio legislativo.
L'indicata lettera ha ad oggetto il disegno di legge atto Camera n. 1441-ter-B, «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», e reca alcune proposte emendative soppressive o modificative di parti del predetto provvedimento corredate di relazione illustrativa, ritenute necessarie al fine di ristabilire condizioni di imprescindibile compatibilità tra il disegno di legge in oggetto e le prioritarie esigenze di tutela del bilancio dello Stato, nonché di contenimento e qualificazione della spesa pubblica. Pag. 40
Nella lettera in questione viene specificato che le proposte emendative sono presentate ai fini della loro autorizzazione e pertanto si deve intendere che la lettera medesima sia prioritariamente destinata alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per i rapporti con il Parlamento, l'organismo competente a rilasciare, nell'ambito dell'Esecutivo, la predetta autorizzazione.
In considerazione del carattere irrituale della lettera e considerato che il disegno di legge in questione non era stato neanche inserito nel programma dei lavori della Commissione bilancio, non ho ritenuto sino ad ora di dare diffusione della lettera stessa.
Tuttavia, in considerazione delle richieste avanzate in tal senso dall'opposizione e del fatto che i contenuti della lettera sono stati resi pubblici da alcuni organi di stampa, mi riservo di mettere a disposizione di tutti i componenti la Commissione il documento in occasione della prima seduta utile della Commissione bilancio, convocata per domani, giovedì 11 giugno.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Giancarlo Giorgetti per i chiarimenti che ha voluto fornire.

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, naturalmente cogliamo il senso della precisazione fornita dal presidente della Commissione bilancio e, al di là del giudizio sulla procedura seguita, ci importa di più rappresentare la necessità di un chiarimento sostanziale su quel documento, la cui natura è ancora incerta. Quest'Aula ha bisogno di sapere qual è esattamente la natura di quel documento.
Si tratta di un documento che porta la firma di un funzionario dello Stato, responsabile dell'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, che di fatto demolisce un provvedimento che porta la firma del Ministro dello sviluppo economico, che è stato esaminato dal Senato, vigente la responsabilità dello stesso Governo, che oggi presenta a questa Camera quel provvedimento. Vogliamo sapere se un provvedimento che è iscritto nel calendario dei lavori per la settimana del 22 giugno, e cioè fra dieci giorni, possa essere ancora mantenuto nel calendario o rimandato alla Commissione, o rimandato invece ad un chiarimento tra i Ministri.
Il problema politico è: questo Governo quale responsabilità ha di quel provvedimento? Perché esiste un Ministro dell'economia e delle finanze che lo demolisce, ed esiste un Ministro dello sviluppo economico che oggi ha riaffermato la volontà di approvarlo così come è stato licenziato dal Senato. Essendo un provvedimento collegato alla legge finanziaria dello Stato dell'anno passato, voi comprendete, colleghi, che non possiamo, nell'incertezza di giudizio nel quale dobbiamo lavorare in Commissione e poi in Aula, andare avanti: rimane quindi ferma la richiesta di un chiarimento da parte del Governo, preliminare all'esame del provvedimento in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Presidente Soro, il suo intervento dimostra chiaramente che si tratta di questioni di carattere politico che attengono unicamente all'azione del Governo; e quindi l'auspicio che ella ha formulato, rivolgendosi al Governo, di fornire quanto prima alle Commissioni e alla Conferenza dei presidenti di gruppo gli elementi necessari per poter valutare se si sia in condizioni di procedere o meno, è un auspicio che la Presidenza non può che sottoscrivere.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento 1.1000 del Governo - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Passiamo quindi alle dichiarazioni di voto sull'emendamento 1.1000 (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-A), su cui il Governo Pag. 41ha posto la questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baccini. Ne ha facoltà.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, il provvedimento proposto dal Governo a mio parere cerca di armonizzare tra i poteri dello Stato una politica al servizio dei cittadini. Non vi può essere convivenza civile, a mio parere, se prima non vi è democrazia, e vi è la tutela della democrazia dei cittadini e della propria libertà.
Le necessità sono quelle di preservare la libertà d'informazione da un lato, e rispettare la privacy dei cittadini dall'altro. Le intercettazioni possono e devono essere uno strumento a disposizione della magistratura, ma non devono diventare un mezzo vincolante e deterrente. L'abuso fattone in questi ultimi anni ha contribuito a svilire il ruolo del Parlamento e della democrazia, creando sfiducia nei cittadini; ma soprattutto dando una pessima immagine del nostro Paese all'estero. Il giusto richiamo del Presidente della Repubblica a non operare strappi negli equilibri istituzionali non può esser utilizzato dall'opposizione come mezzo d'ostacolo e di rivalsa: il rispetto dovuto e necessario al Presidente della Repubblica, che è espressione di garanzia per tutti gli italiani, non può essere, a nostro parere, strumentalizzato.
Il ricorso al voto di fiducia, sebbene a volte possa non essere condivisibile, può essere funzionale all'operatività. Il cantiere delle riforme è ormai aperto da 15 anni: è tempo di chiuderlo. Se vogliamo restituire credibilità e centralità al Parlamento bisogna ragionare in termini diversi: bisogna accelerare le riforme, ed entrare in un nuovo sistema di rappresentanza che rispetti maggiormente la voce degli elettori. Tutte le iniziative che vanno in questo senso vanno quindi sostenute: in gioco c'è libertà dei cittadini, e per questa ragione il nostro voto sarà un voto favorevole alla fiducia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ho l'onore di illustrare le ragioni per le quali l'Italia dei valori esprimerà un voto severamente negativo su questa ennesima questione di fiducia che il Governo ha posto. Questa fiducia che avete chiesto al Parlamento è abnorme. Non cercate di convincere noi ed i cittadini sul fatto che l'avete posta per paura dell'opposizione: avete 100 parlamentari in più e, purtroppo per l'Italia, potete fare quello che volete. Inoltre, non cercate di travisare le cose, dicendo che l'avete chiesta per risparmiare tempo: ne avevate in abbondanza nelle nove settimane e mezzo precedenti che avete adoperato per danzare. Avete previsto l'esame del suddetto provvedimento solo dopo le elezioni europee perché avevate paura: una paura folle delle ricadute negative che questo metodo avrebbe portato sul voto. Ricadute negative che non sarebbero mancate.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 16,15)

FEDERICO PALOMBA. In realtà, questa è una fiducia che chiedete contro il Parlamento e contro voi stessi. Contro il Parlamento, perché avevate paura di una discussione pubblica su un tema devastante, che avrebbe dimostrato l'enormità degli effetti di queste disposizioni. Ma anche contro voi stessi, perché avevate una paura folle che alcuni spiriti liberi, pochi ma che pure vi sono nella maggioranza, avrebbero potuto votare contro le peggiori disposizioni che già al suo interno avevano trovato forti obiezioni.
Ed è una blindatura su un testo che è il frutto di patti ignobili intercorsi fra diverse parti della maggioranza. La Lega aveva preteso di blindare il testo del cosiddetto disegno di legge sulla sicurezza: lo aveva preteso perché vi erano parti fra voi che giustamente non erano d'accordo perché quello era un testo che scardinava il modello ordinario di sicurezza basato sul potenziamento delle forze di polizia e dei mezzi di indagine. Concedendo alla Lega questo vantaggio, che le Pag. 42ha fatto guadagnare qualche punto in più alle elezioni, le avete chiesto in cambio l'approvazione al buio di questo provvedimento, che definirei un museo degli orrori.
Si tratta di un patto ignobile che passa sopra la testa dei cittadini, poiché dall'approvazione di questi due scellerati disegni di legge la comunità italiana uscirà più insicura. La comunità italiana uscirà meno consapevole delle malefatte che vi sono, soprattutto di quelle del potere. Era questo che volevate. Ma ciò contrasta chiaramente e clamorosamente con i vostri tanti e sbandierati programmi di sicurezza per il nostro Paese. Invece, il nostro Paese uscirà più insicuro perché non saranno certo le ronde o lo sceriffismo, con tre o quattro giovanotti che passeggiano per le città, a portare maggiore sicurezza, poiché sono le forze di polizia che hanno il potere di coordinare le indagini più difficili, eventualmente raggiungendo i collegamenti internazionali con Interpol.
Ne uscirà sopratutto più insicuro, perché, con questo disegno di legge, avete privato e priverete le forze di polizia inquirenti - e la magistratura - di uno strumento essenziale per le indagini (sarebbe come se faceste retrocedere le scoperte della medicina al periodo o alla fase degli sciamani e della cura con le erbe, quando disponiamo oggi di strumenti sofisticati e preziosi di indagine e di terapia).
Priverete le indagini degli inquirenti di uno strumento essenziale, quello che in queste ultime indagini sempre più si rivela come uno strumento prezioso, anzi insostituibile, di scoperta della verità. Ma la realtà è che a voi non interessa la scoperta della verità, a voi interessa tutt'altro. A voi interessa che le malefatte, che sapete esserci, restino sconosciute, perché impedite, minacciate ed intimorite la libera stampa; a voi interessa che restino sconosciute a chi deve indagare e a chi, per Costituzione, ha il compito di esercitare il controllo di legalità.
A voi non interessa questo, anzi vi interessa esattamente il contrario: a voi interessa che i crimini non vengano conosciuti e, soprattutto, che i crimini non vengano scoperti e repressi. Questo è l'unico obiettivo ragionevole che possiamo attribuire a questo vostro comportamento, perché, altrimenti, sarebbe da considerare come estremamente pericoloso il comportamento di un Governo che pone a serio rischio due funzioni sovrane che la Costituzione attribuisce alla Repubblica in tutte le sue articolazioni: la funzione della sicurezza e la funzione della giustizia.
Ponendo la fiducia su questo disegno di legge chiedete al Parlamento di avallare disposizioni assolutamente inaccettabili. Mi riferisco a quelle disposizioni che riguardano l'intimorimento ed il bavaglio che mettete alla stampa e a quelle che riguardano l'esercizio della funzione di indagine da parte dei pubblici ministeri che, a seconda della volontà degli indagati, possono essere costretti a lasciare il processo. Mi riferisco anche a quelle disposizioni che prevedono la necessità di evidenti indizi di colpevolezza: in pratica, autorizzate le intercettazioni soltanto quando sono già state svolte indagini sufficienti per dire che un reato è stato commesso e per sapere chi lo ha commesso, ma allora, evidentemente, non è più necessario disporre le intercettazioni.
Sono casi nei quali si tratta di strumenti essenziali per la scoperta della verità, ma voi fissate un tempo assolutamente inadeguato (un mese più quindici giorni, più quindici giorni) per la scoperta, il perseguimento e la repressione di gravi fatti di criminalità.
Avete reso più difficile le intercettazioni ambientali, limitandole soltanto alle ipotesi in cui sia fondato il sospetto che si stia svolgendo un'attività criminosa, come se non fosse altrettanto essenziale sapere che, ad esempio, due criminali si stanno accordando dopo che il reato è stato commesso per spartirsi il bottino o che si stanno organizzando per commettere un altro reato o che stanno comunque parlando di un reato già commesso o da commettere: in quei casi non si sta svolgendo alcuna attività criminosa, ma si potrebbero acquisire informazioni essenziali per la scoperta della verità!

Pag. 43

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, colleghi, se votate la fiducia su questo provvedimento compite un gesto inaccettabile che i cittadini - speriamo - vi faranno pagare.
L'Italia dei Valori ha raddoppiato i consensi espressi dai cittadini sulla base della intransigente difesa della legalità e della proposizione di strumenti veramente essenziali per la sicurezza. È importantissimo, inoltre, che, proprio nella stessa competizione elettorale, alla crescita dei consensi dell'Italia di Valori si sia accompagnata correlativamente una forte riduzione dei consensi nei confronti del Capo di questo Governo e di questa maggioranza, che dice una cosa e ne fa un'altra. Ecco perché l'Italia dei Valori non vi concederà la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, già un anno fa avevate raccolto un sacco di critiche su questo provvedimento in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, anche se l'iniziativa legislativa era motivata...

PRESIDENTE. Colleghi per favore!

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, vedo che il signor Ministro è molto impegnato, ma lo capisco: anche lui ha cose più importanti da fare.
Come dicevo, avevate raccolto un sacco di critiche perché, se la ragione di fondo che muove questo provvedimento è quella della necessità di rimuovere gli abusi, a noi è apparsa da subito come un'iniziativa molto particolare a tutela degli interessi più forti. Non è una questione che viene percepita come insidiosa dalle persone semplici, ma appare capace di tutelare interessi particolarmente robusti. Mi ricordo l'estate dei «furbetti del quartiere» nel 2005: se non vi fossero state le intercettazioni, probabilmente, anche la storia della finanza italiana sarebbe cambiata. Questo testo rappresenta il tentativo di limitare l'uso di questo importante strumento investigativo a poche categorie di reati, con la previsione di più stringenti e contraddittori requisiti per le relative autorizzazioni, tali da indebolire il contrasto ai reati pericolosi, e la limitazione alla libertà di stampa e al diritto di informazione.
Il problema della limitazione della libertà di stampa, tra l'altro, si pone in un Paese in cui la concentrazione dei mezzi di informazione toglie trasparenza al quarto potere. Ad esempio, dovreste svolgere una riflessione complessiva sulla condizione dell'informazione televisiva e su quella legata alla carta stampata e su quanto incide la torta pubblicitaria rispetto alla stessa libertà di informazione. Si interviene, in questo caso, con misure del tutto sproporzionate nei confronti dei giornalisti, mentre bisognerebbe rilevare che la loro autonomia è già fortemente colpita dalla struttura imprenditoriale che è attorno al sistema di informazione nel nostro Paese.
Vorrei ricordare che le famiglie italiane pagano il canone non per difendere il diritto che deriva dall'esercizio di un servizio pubblico, ma per garantire che la torta pubblicitaria si espliciti in maniera chiaramente favorevole alle aziende Mediaset perché esiste il tetto pubblicitario a carico della RAI; questo è il prezzo del canone che altrimenti non avrebbe altra ragione. Spiegare questo concetto estremamente semplice è impossibile perché è chiaro che una voce di questo tipo non ha alcuna possibilità di avere esito.
Vi erano state incoraggianti critiche che erano state espresse da vari esponenti della maggioranza, tanto che questo disegno di legge ha avuto un percorso abbastanza accidentato. Anche noi abbiamo ipotizzato che il testo potesse essere migliorato, e i miei colleghi Vietti e Rao hanno lavorato in questo senso, convincendo anche me che vi erano degli spazi Pag. 44per migliorarlo. Invece, il testo appare decisamente peggiorato. La fretta con cui siete arrivati qui dimostra che siete galvanizzati dall'esito elettorale; mi compiaccio per il vostro successo, ma vedo molto male le prospettive complessive del nostro Paese.
La previsione dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato appare in tutta la sua irragionevolezza: è lo stesso livello di prova che viene richiesto al pubblico ministero per richiedere l'arresto.
Ma che bisogno vi sarebbe allora, a questo punto, di richiedere l'intercettazione per l'indagato se le prove a carico sono già sufficienti per arrestarlo? È chiaro che è un tentativo esplicito di bloccare lo strumento in sé. Non si vuole più utilizzare questo strumento, fatto che ovviamente si pone a difesa dei colletti privilegiati, non certo a tutela del popolo più umile, perché il popolo più umile non teme le intercettazioni. Vi è una riduzione della durata dell'intercettazione da tre a due mesi anche per i reati contestabili alle organizzazioni criminali, come se l'arco temporale potesse meglio definire la manifestazione del reato. E poi vi è la previsione di un budget per le spese delle procure, e qui siamo all'esilarante. È la solita storia dei tagli lineari. Sono una somma ingiustizia: trattano alla stessa maniera situazioni diverse. È un caso di economia domestica. Se alla massaia, che ha le chiavi del bilancio familiare, viene richiesto di decidere se fare un viaggio di piacere o l'acquisto di libri per la scuola del figlio, che fa? Fa un taglio lineare: acquista un po' di libri per il figlio e fa il viaggio di piacere, ma, se deve fare mille chilometri, si ferma a cinquecento. Così sono i tagli lineari legati alle intercettazioni. O sono uno strumento utile o non lo sono, ma se è utile - come fingete di riconoscere - non potete immaginare che il taglio lineare del budget sia uno strumento con cui controllate la spesa pubblica. È un modo strumentale con cui in realtà non cogliete l'aspetto fondamentale.
E poi vi è la ciliegia del Governo. I procuratori devono avvisare il Presidente del Consiglio entro cinque giorni in ordine a quanto accade nei confronti di appartenenti ai servizi di informazione: è chiaro che saprà benissimo che cosa fare di fronte all'informazione ricevuta; non c'è dubbio che tutelerà l'interesse generale, ma non può non sovvenire una sorta di tremore di fronte al fatto che c'è una persona che è in grado di disporre di tutte le informazioni, anche di quelle che dovrebbero essere riservate alla difesa dell'interesse della nazione, dell'interesse specifico, e sappiamo che avere un'articolazione in questo campo è meglio che mettere tutto nelle mani di una sola persona.
Oggi il Governo ha posto la questione di fiducia, e la Lega che ha vinto le elezioni propone uno scambio sul pacchetto sicurezza nella sua parte residuale. Qui viene fuori la disinvoltura della Lega. Si vuole azzerare lo strumento più efficace per scoprire reati odiosi ai danni dei cittadini. Ma non c'era la sicurezza al centro delle vostre attenzioni? Ma già, forse ci penseranno le ronde. Credo che, con quello strumento, noi potremmo anche superare la questione delle intercettazioni. A che cosa volete che servano le intercettazioni se abbiamo le ronde? Dove non arrivano le nuove tecnologie, potremo far arrivare squadre di cittadini con magliette variopinte, e non c'è dubbio che quello è uno strumento di efficacia rara, perché il delinquente, più o meno abituale, alla vista di queste magliette si spaventerà in maniera irrimediabile e certo ritroverà la strada giusta. Ecco, vedete, questa è la situazione nella quale noi siamo. La giustizia era mal messa. Per inseguire il Presidente del Consiglio la state letteralmente annientando. Noi su questo terreno non vi possiamo seguire (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, eccellenza Guardasigilli, onorevoli colleghi, deputati dell'Italia dei Valori, innanzitutto Pag. 45pregherei le opposizioni, quando si rivolgono alla Lega, di evitare l'appellativo «amici». Noi non siamo amici dell'opposizione, siamo qui all'unico fine di perseguire gli interessi dei popoli del nord, punto e basta; quindi l'amicizia tenetevela per voi.
Una seconda questione che deve essere chiarita immediatamente è che la Lega, almeno da quando ne faccio parte, e almeno da quando sono parlamentare, è un partito che, in tema di giustizia, è garantista: garantista convinto e non pentito. Ciò significa che noi non intendiamo promuovere processi sommari e mandare in galera la gente solo perché sono degli avversari di partito.
Intendiamo delineare un processo che offra tutte le garanzie di prova all'imputato. Tuttavia, una volta accertata la sua colpevolezza, vogliamo che venga adeguatamente punito con una pena seria e certa. Ciò detto, il principio del disegno di legge che approveremo e del voto di fiducia scaturisce dall'articolo 15 della Costituzione che - ricordo a me stesso - recita: «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Questo è il punto: la regola generale è che le intercettazioni non si devono fare. Dovranno servire in via eccezionale e semplicemente per scoprire dei reati. In seguito vedremo come e in che termini. Mi spiego: l'intercettazione non può che essere considerata come un mezzo di prova. Una volta avuta la notitia criminis, l'ufficiale di polizia giudiziaria la trasmette - voglio sperare che sia così e non che la trasmetta motu proprio nella ricerca dell'avversario politico - al procuratore della Repubblica, il quale, avuti indizi di colpevolezza così come qualificati nel disegno di legge, procederà ad una intercettazione. Non possiamo pensare che le intercettazioni invece di essere un mezzo di prova diventino un mezzo di ricerca del reato, ciò che viene comunemente chiamato il sistema della «pesca a strascico». Decido che il mio avversario politico ha commesso corruzione, pongo sotto intercettazione tutti i suoi telefoni e in realtà, alla fine, scopro che ha fatto una magagna ben inferiore: pazienza, chiedo la assoluzione per corruzione e lo condanno. Questo è al di fuori di ogni civiltà giuridica. Non possiamo pensare alle intercettazioni come mezzo per scoprire quali reati si stanno commettendo. Quella roba non spetta ai giudici. Ai giudici spetta esclusivamente di applicare la legge.
Quindi se consentissimo un libero uso e, quindi, un abuso delle intercettazioni, per le quali la regola principale stabilita dalla Costituzione - ripeto - è l'essere vietate e, di converso, essere consentite nel nostro sistema come elemento eccezionale e non ordinario, evidentemente potremmo affermare che delle intercettazioni si fa un uso persecutorio.
Di più e di peggio, signor Presidente, eccellenza Guardasigilli: le intercettazioni sono divenute un meccanismo che serve a fare carriera. Come dire che se noi abbiamo intercettazioni riguardanti gli spacciatori albanesi, nessuno ha interesse di comprarcele, nessuno ha interesse a pubblicarle sui giornali. Ciò che ci interessa sono le intercettazioni che magari vengono stralciate dagli atti dal processo penale perché sono irrilevanti ma hanno una certa rilevanza all'interno del gossip. Quindi, evidentemente, si creano dei crediti nei confronti dei giornali e i giornali corrispondono a dei crediti nei confronti dei magistrati e, infine, un magistrato che non ha mai attaccato un manifesto elettorale, che mai ha svolto un'attività politica va a ricoprire la carica di Ministro dei lavori pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Un'altra questione che non è da poco, signor Presidente, sono i costi delle intercettazioni. Se i politici si comportassero come i magistrati andrebbero in galera immediatamente senza passare dal via. Alcune procure affidano le intercettazioni ai propri cugini, senza alcun criterio previsto per gli appalti, altri bandiscono appalti: Pag. 46il risultato è che il costo dell'ora di intercettazione in Italia arriva da 3 a 26 euro per lo stesso servizio reso.
Questo è un meccanismo che i magistrati dovrebbero avere bene in testa, perché quando fanno queste cose i politici li arrestano.
Vi è un piccolo problema: l'amministrazione della giustizia - non mi riferisco allo juris dicere, ma proprio al lato amministrativo - a norma della Costituzione è devoluta al Ministro della giustizia. L'unica volta che la Costituzione cita un Ministro è il Ministro della giustizia, che è titolare di questa potestà e voi la andate a contestare. Nel momento in cui il Ministro dice «Attenzione, mettiamoci d'accordo quanto meno per usare un unico programma in tutte le procure della Repubblica» gli si risponde «Stai minando l'indipendenza della magistratura».
Vi sono altre questioni che devono essere affrontate e sono affrontate nel provvedimento in esame. La prima è la seguente: i reati importanti sono ad intercettazione libera (mi riferisco ovviamente ai reati di terrorismo e di associazione mafiosa). Mi chiedo: l'uso disinvolto è possibile ed ipotizzabile in un sistema civile? Possiamo seriamente pensare che i mascalzoni devono essere arrestati facendo mascalzonate? Questo è il punto su cui dobbiamo confrontarci.
Noi siamo garantisti e lo siamo sempre stati, garantisti non pentiti, e quindi riteniamo che le intercettazioni vadano individuate ed adoperate nell'ambito previsto dall'articolo 15 della Costituzione, perché questo è l'assetto che i vari costituenti hanno voluto per questa Repubblica e non vanno certamente usate in maniera distorta, utilizzando ad esempio un meccanismo di divulgazione a fine diverso da quello che è il fine istituzionale.
Pertanto vietiamo certamente la pubblicazione di quelle intercettazioni che siano dichiarate distruggibili. Limitiamo anche per questioni di costi i reati, perché non è pensabile che per un reato stupido si spendano milioni quando - si badi bene - l'intercettazione non è null'altro che un mezzo di prova, non un mezzo per andare a ricercare i reati. Questo è il punto. Totò Riina non l'abbiamo preso con le intercettazioni (Commenti del deputato Bossa). Significa che le intercettazioni funzionano?
A proposito di chi si domanda come fare ad individuare un corrotto o un corruttore nella pubblica amministrazione, non credo che l'autorità avesse a disposizione mezzi per poter intercettare Verre - qualcuno può negare il dato storico? - eppure Verre, qualche migliaio di anni fa, fu ucciso proprio perché accertarono, contestarono e lo condannarono.
Signor Presidente, ho tempo o concludo? Per favore mi avverta con qualche secondo di anticipo quando ho esaurito il mio tempo.

PRESIDENTE. Ha ancora qualche secondo.

MATTEO BRIGANDÌ. Se ho ancora qualche secondo voglio dire ancora due cose. La prima è che non possiamo pensare che vi sia una violazione sistematica del segreto istruttorio e che vi sia una violazione sistematica del segreto istruttorio tramite l'intercettazione del reato, dal quale i magistrati sono immuni: non me ne risulta condannato uno. Condanniamo tutti, meno che per questi tipi di reati, che sono sotto gli occhi di tutti.
Un'ultima cosa, signor Presidente: noi intendiamo con molta serietà accogliere l'invito formulato nella mozione di ieri da parte del Partito Democratico. Noi accogliamo questo invito nella misura della riforma del Consiglio superiore della magistratura, purché questa riforma, come è stato detto dai colleghi radicali, sia seria, cioè sia una riforma che preveda un sorteggio e che quindi vada a distruggere ogni politicizzazione all'interno del CSM (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà-Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.

Pag. 47

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente e signor Ministro, il Partito Democratico voterà in maniera convinta contro il provvedimento in esame e contro la fiducia posta da questo Governo. Meno di 48 ore fa il presidente della Confindustria Marcegaglia invitava la maggioranza ed il Governo ad occuparsi finalmente delle cose che servono al Paese, finita la ricreazione elettorale: di crisi, di bisogni delle famiglie, di bisogni delle imprese.
E voi, dopo 48 ore, dimostrate quali sono le vostre priorità: le intercettazioni telefoniche, limitare lo strumento di indagine, uccidere la libertà di stampa, importarsene della privacy dei cittadini e mettere nel nulla la loro sicurezza. E fate questo anche a costo di perpetrare un furto di prerogative costituzionali.
Con questa ennesima questione di fiducia avete ridotto il Parlamento, neanche a notaio delle vostre decisioni, signor Ministro, ma a scriba. Il Parlamento non può neanche ratificarle, deve subirle e le subisce, per la prima volta, su una materia che riguarda il codice di procedura penale, la riforma di un intero capo della procedura penale. Non è mai accaduto che in una materia tecnica, che riguarda diritti fondamentali dei cittadini, si vada avanti attraverso la fiducia. Avete detto che questa è legittima difesa nei confronti dell'ostruzionismo dell'opposizione. Ma quale ostruzionismo? Abbiamo presentato solo emendamenti su punti qualificanti del provvedimento.
Avete detto che abbiamo discusso questo testo in Commissione per mesi. È falso. Il testo che è stato discusso in Commissione, e che voi in quella sede avete votato, era un testo finto, in attesa del vero testo partorito dall'unico legislatore in materia di giustizia di questa legislatura, di questa materia, di questo Parlamento, di questa maggioranza: l'onorevole Ghedini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Presidente Buongiorno, ho letto la sua intervista al Corriere della sera di oggi: non ne condivido né il contenuto né il messaggio. Non faccia l'ammuina, non prenda in giro gli italiani: lei non ha migliorato nulla. Questo è il peggior testo possibile in materia di intercettazioni, è liberticida ed ostile alle esigenze difensive che lei, quale avvocato, dovrebbe curare, se ne frega della privacy dei cittadini ed è pericoloso per la sicurezza.
Il vostro è un agire in stato di necessità, perché sapete benissimo che, senza la fiducia, su questo testo non avete la maggioranza in quest'Aula, come non l'avevate sul cosiddetto decreto-legge sicurezza. Nei tanti voti segreti possibili avreste registrato molte e molte sconfitte. Questa fiducia non è contro l'opposizione: è contro i deputati della maggioranza, è contro la loro libertà di scelta, è contro il mandato che hanno ricevuto dagli elettori.
Nel merito, state perpetrando un omicidio di diritti costituzionali. Onorevole Ministro, lei ne ha già perpetrato un altro in quest'Aula con il cosiddetto lodo Alfano, uccidendo il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Vorrei ricordare gli altri delitti che commettete oggi. Mi riferisco all'articolo 24, concernente il principio di effettività dell'azione penale. Non ci venite a raccontare che gli indizi di colpevolezza, non li aggettivizzo, perché chiunque sia alfabetizzato in materia di diritto, sa che l'aggettivazione, grave o evidente, non serve a nulla. Era solo uno specchietto per le vostre allodole per dire che avevate migliorato qualcosa. In realtà, la sostanza non cambia: vi è la soggettivizzazione del presupposto. Con questo presupposto, gravi delitti non verranno mai scoperti. Lo stupro della Caffarella non sarebbe stato scoperto, perché era un delitto contro ignoti e non si aveva contezza, neanche casuale, di un possibile colpevole. Sfido chiunque a provare il contrario.
Sempre su questo punto, in materia di videoriprese, cari compagni della Lega - spero sia possibile chiamarvi così - non ho avuto risposte. State distruggendo la sicurezza dei cittadini. Le telecamere fisse non serviranno più a nulla, l'avete fatto scientemente.
Sui servizi segreti avete stabilito una prerogativa ancora peggiore dell'articolo 68 della Costituzione; avete creato dei Pag. 48cittadini più uguali degli altri, ma non casualmente: un semplice agente dei servizi segreti non potrà più essere intercettato. Potremo intercettare il procuratore nazionale antimafia, potremo intercettare il capo della polizia, ma non un semplice agente. Perché? Si vuole forse che il Presidente del Consiglio conosca tutti segreti di indagine di questa Nazione? Credo sia questa la ragione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non parlo, poi, della privacy: avete sbandierato la necessità di tutelarla, ma non la tutelate. Dov'è lo stralcio delle notizie irrilevanti o che riguardano persone estranee? Non c'è, non c'è. C'è, invece, nel nostro disegno di legge alternativo, che andava ripreso, come avevamo fatto unanimemente nella scorsa legislatura.
Oggi, con questo voto di fiducia, si consuma un giorno triste per la giustizia, per le istituzioni e per la sicurezza, ma credo che uno spiraglio si sia aperto, perché la vostra «sbornia» di consenso è finita.

PAOLA GOISIS. Vedrai la prossima!

LANFRANCO TENAGLIA. È finita nel sud Italia, non perché i cittadini sono «schifati», o non solo perché sono «schifati» dalle vostre liti continue, ma perché hanno capito che non garantite la legalità, non garantite la lotta alla criminalità, non garantite la sicurezza e non vi importa nulla di tutto questo. Fa male sentirselo dire ma è così. Vi importa solo una cosa: vi importa dei fatti vostri, anzi, dei fatti loro, dei fatti del Premier e dei suoi sodali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), in nome dei quali state ancora una volta distruggendo la giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, spero di poter opporre alle argomentazioni polemiche delle argomentazioni che riescano a motivare il nostro diverso punto di vista. Prima di tutto, però, ho il dovere di richiamare all'attenzione dei colleghi un disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche che, nel corso della precedente legislatura, in data 14 settembre 2006, fu presentato dal Governo precedente.
La relazione, affidata ai presentatori Mastella, Amato e Padoa Schioppa, metteva in evidenza come fosse necessario contemperare le esigenze investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza. Essa sollevava, inoltre, una serie di questioni sulla disciplina, tuttora vigente, delle intercettazioni, proponendo dei rimedi. Alcuni di questi - direi la maggior parte - sono esattamente i rimedi che il disegno di legge del Governo attualmente in carica, rappresentato dal Ministro Alfano, ha inserito nel testo che in questo momento è all'esame della Camera. Ne cito alcuni, perché la memoria è corta. Per fare un esempio, una questione era relativa al termine eccessivo di durata delle intercettazioni; si proponeva, in quel disegno, un termine di durata di tre mesi, prorogabile solo in casi eccezionali, ma non si distinguevano le intercettazioni relative alla grande criminalità organizzata. Cosa oppone il testo che la maggioranza si appresta a votare? Oppone intanto un'assoluta mancanza di limitazioni a tutte le intercettazioni riferite a reati di criminalità organizzata e terrorismo; non vi è, quindi, alcuna limitazione per i gravi reati di cui state discutendo e di cui ci imputate la insensibilità, anche perché a dirlo era l'ex ministro della giustizia nella sua relazione, allorché scriveva che la maggior parte delle intercettazioni viene disposta nell'ambito di indagini di competenza delle direzioni distrettuali antimafia.
Su cento intercettazioni compiute, ottanta sono relative a reati mafiosi e potrei aggiungere quelli di terrorismo. Quindi la vostra accusa nei nostri confronti è del tutto infondata. Rimane un venti per cento di intercettazioni. A che cosa si riferiscono? Pag. 49L'accusa che ci è rivolta è la seguente: voi impedite ai magistrati di effettuare le indagini attraverso intercettazioni per questi reati. Sembrerebbe, quindi, che il nostro provvedimento abbia modificato i reati per cui sono ammissibili le intercettazioni. Ricordo, ad esempio, l'intervento della collega Concia che ci si accusava di non aver previsto lo stalking tra i reati per i quali siano ammissibili le intercettazioni telefoniche. Vorrei ricordare che, in seguito alle modifiche apportate già in sede di Commissione, la griglia dei reati per i quali si può procedere a intercettazione è la stessa attualmente vigente, che parla di reati con pene sostanzialmente applicate dai cinque anni in su, dunque esattamente la medesima. Poiché lo stalking non rientra tra queste, non era sostanzialmente oggetto di intercettazioni prima e non lo è in base alla disciplina attuale. Quindi, anche sotto questo profilo, la vostra accusa è infondata. Ci avete inoltre accusato di aver trasformato sostanzialmente l'intervento per quanto concerne le intercettazioni, prevedendo che, invece di gravi indizi di reato si debba disporre di sufficienti o meglio evidenti indizi di colpevolezza. Secondo voi, le intercettazioni, sino ad oggi, nel caso in cui non ci sia alcun elemento di responsabilità, possono essere disposte nei confronti di un Paese intero se esiste un reato o non ci vogliono piuttosto elementi che riconducano l'attività di indagine, quanto meno sotto il profilo di sufficienti, evidenti interventi, per quanto riguarda la responsabilità e la colpevolezza? Ma come fate a opporre ragionamenti che sono apertamente in contrasto con la Costituzione, con tutti gli elementi relativi al processo penale, con le questioni che puntualmente vengono affrontate dalla giurisprudenza? Che cosa vuol dire evidenti? È vero, non vuole dire gravi, dal momento che abbiamo voluto togliere di mezzo un equivoco che riguardava una questione delicata ovvero quella della libertà personale dei cittadini. Per questo abbiamo scritto «evidenti» e il Governo ha accettato, in questo caso, il suggerimento. Altro che testo su cui non si è potuto discutere, che è venuto dalle Commissioni.
Così come, onorevole Tenaglia, intendo risponderle personalmente sulla questione che lei ha sollevato, visto che, giustamente, ha lamentato di non aver ricevuto risposte. Lei si è soffermato sull'ultima parte del testo che il Governo ha presentato e sul quale ha posto la fiducia. Peccato, e dovrebbe saperlo, perché l'iter è iniziato, come lei ricorderà, nel luglio 2008 (altro che discussione che è stata limitata) e si è concluso in quest'Assemblea, per quanto concerne la discussione, nel febbraio del 2009 (altro che accelerazione per interessi non sa di chi! Ancora un po' ci mettiamo un anno soltanto per approvare il testo di un provvedimento in una delle due Aule del Parlamento), che lei abbia dimenticato una questione. Le do i riferimenti precisi perché si tratta di documenti ufficiali: in base all'intervento richiesto, sulla scorta (mi permetta di citarmi) di un mio emendamento che riguardava la questione da lei sollevata, quella cioè delle intercettazioni anche tramite captazione di immagini, il rappresentante del Governo è intervenuto (si può trovare l'intervento a pagina 59 del resoconto della seduta della II Commissione di martedì 10 febbraio 2009), per quanto attiene all'invito al ritiro degli emendamenti volti a sottrarre dalla disciplina delle intercettazioni le riprese visive che non siano a contenuto captativo, argomentando la contrarietà a tali emendamenti in base all'interpretazione che la giurisprudenza dà delle riprese visive. A tale proposito, ha osservato che, secondo la giurisprudenza, rientrano nell'ambito della disciplina delle intercettazioni tutte le riprese visive che abbiano contenuto captativo di conversazioni. Le altre riprese visive possono, quindi, essere effettuate senza le autorizzazioni di cui all'articolo 267 del codice di procedura penale. Quella questione la sollevammo noi, onorevole Tenaglia, perché volevamo che il Governo formalmente assumesse la responsabilità di quest'interpretazione, in modo che, quando nelle aule giudiziarie qualcuno penserà di sollevare tale vicenda nei nostri Pag. 50confronti, troverà esattamente, in base all'iter del lavoro svolto in Commissione, una risposta.
Quindi, onorevole Tenaglia, se lei sta richiamando sostanzialmente questo testo, avrebbe dovuto anche ricordarlo nel corso del suo intervento. Lei è come i giornalisti, mi permetta, quelli che si occupano, purtroppo, dei verbali delle intercettazioni che riescono a sottrarre, molto spesso indebitamente: pubblicano le parti che non hanno alcuna attinenza con il processo perché a loro non interessa nulla, in molti casi, della questione processuale di cui si discute, interessa molto di più altra vicenda, magari per mettere alla pubblica attenzione, spesso al pubblico ludibrio, la persona delle cui intercettazioni si tratta.
Ho ancora una risposta: lei chiede dove abbiamo messo lo stralcio; onorevole Tenaglia, lo stralcio c'è! Nel preciso istante in cui la norma statuisce che in sede di udienza si tolgono esclusivamente le intercettazioni che non sono manifestamente irrilevanti per il processo penale e si coprono col segreto tutte le altre si risponde esattamente a quell'esigenza di equilibrio, perché si dice: quello che serve al processo penale entra nel fascicolo, ma quello che non serve al processo penale rimane coperto dal diritto che ogni cittadino ha di veder tutelata la propria riservatezza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Vai a scuola, Tenaglia!

MANLIO CONTENTO. Sono le risposte sotto il profilo tecnico-giuridico, non quelle politiche. Potrei tenerla qui leggendo la relazione al testo presentato dal Governo e di cui, come ricorderà, lei è relatore. Ricorda, onorevole Tenaglia, quando come relatore ci disse che non si poteva far passare l'emendamento dei tre giudici perché il Governo non era d'accordo? Non è esattamente quello che avviene oggi a parti invertite, o pensate davvero che anche essendo in minoranza in questo Paese dovete dettarci le norme di legge su cui conveniamo come partiti di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)?
E quando affrontiamo il tema della responsabilità dei giornalisti e della responsabilità della magistratura, come facciamo in questo provvedimento, in cui diamo la responsabilità ai capi degli uffici giudiziari e delle procure, non restituiamo la dignità che è dovuta a questo Parlamento di fronte ad una situazione paradossale in cui tutto dovrebbe essere segreto e lo leggiamo sui giornali prima che si celebrino i processi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)? Non abbiamo il dovere, come Parlamento, di intervenire lungo questa direttrice?
Onorevoli colleghi, signor Presidente, con una parte dei motivi che sostengono le mie argomentazioni credo di aver dato degli argomenti, spero sufficienti, per consentire al gruppo Popolo della Libertà di votare con serenità a favore di questa riforma e di questa fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei soltanto ringraziare l'onorevole Brigandì che nell'incipit del suo intervento ha salutato lei, signor Presidente, l'onorevole Ministro Guardasigilli, gli onorevoli colleghi e i deputati dell'Italia dei Valori. Noi teniamo molto a questa distinzione che ha voluto introdurre, e per questo lo volevo ringraziare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Essendo previsto l'inizio della votazione sulla questione di fiducia alle ore 17,10 sospendo la seduta fino a tale ora.

Pag. 51

La seduta, sospesa alle 17,05, è ripresa alle 17,10.

(Votazione della questione di fiducia - Emendamento 1.1000 del Governo - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indìco la votazione per appello nominale sull'emendamento 1.1000 del Governo, sulla cui approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati, nonché ulteriori richieste avanzate da membri del Governo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Belcastro.
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,20)

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'emendamento 1.1000 del Governo, sulla cui approvazione senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti 573
Votanti 571
Astenuti 2
Maggioranza 286
Hanno risposto 325
Hanno risposto no 246

(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Si intendono conseguentemente precluse o assorbite tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 1 e agli articoli soppressi dalla parte conseguenziale dell'emendamento 1.1000 del Governo.

Hanno risposto sì:
Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Baldelli Simone
Balocchi Maurizio
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brancher Aldo Pag. 52
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Chiappori Giacomo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Cota Roberto
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria Pag. 53
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Granata Benedetto Fabio
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Latteri Ferdinando
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Monte Carmelo
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Martino Antonio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara Francesco
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (Pdl)
Perina Flavia
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pionati Francesco
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo Pag. 54
Porcu Carmelo
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Russo Paolo
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Salvini Matteo
Sammarco Gianfranco
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scelli Maurizio
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Soglia Gerardo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Taddei Vincenzo
Taglialatela Marcello
Terranova Giacomo
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Traversa Michele
Tremonti Giulio
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco
Zorzato Marino

Hanno risposto no:
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Amici Sesa
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bindi Rosy
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro Pag. 55
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Bucchino Gino
Burtone Giovanni Mario Salvino
Calearo Ciman Massimo
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Cenni Susanna
Cera Angelo
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciocchetti Luciano
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Giuseppe Anita
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
Di Stanislao Augusto
Donadi Massimo
Drago Giuseppe
Duilio Lino
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Formisano Anna Teresa
Franceschini Dario
Froner Laura
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Grassi Gero
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lenzi Donata
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lolli Giovanni
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Madia Maria Anna
Mannino Calogero
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele Pag. 56
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melandri Giovanna
Melis Guido
Merlo Giorgio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo
Morassut Roberto
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Nannicini Rolando
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Orlando Andrea
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Pd)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Porta Fabio
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Romano Francesco Saverio
Rosato Ettore
Rossomando Anna
Rota Ivan
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Sereni Marina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Touadi Jean Leonard
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter Pag. 57
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Vietti Michele Giuseppe
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Si sono astenuti:
Brugger Siegfried
Zeller Karl

Sono in missione:
Berlusconi Silvio
Brambilla Michela Vittoria
Buttiglione Rocco
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
De Biasi Emilia Grazia
Lusetti Renzo
Melchiorre Daniela
Miccichè Gianfranco
Molgora Daniele
Orlando Leoluca
Rigoni Andrea
Ronchi Andrea
Vegas Giuseppe
Volontè Luca

PRESIDENTE. Per dare ordine ai nostri lavori, faccio presente che, secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame del provvedimento proseguirà, nella seduta odierna, con l'illustrazione degli ordini del giorno e l'espressione del parere sui medesimi da parte del rappresentante del Governo.
L'esame del provvedimento proseguirà, quindi, nella seduta di domani, a partire dalle ore 10, con la votazione degli ordini del giorno e, a partire dalle ore 15, con lo svolgimento, con ripresa televisiva diretta, delle dichiarazioni di voto finali dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, cui seguirà il voto finale.
Sempre nella seduta di domani, al termine delle votazioni, avrà luogo lo svolgimento di interpellanze urgenti.
Dobbiamo a questo punto procedere, secondo quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, alla deliberazione di un conflitto di attribuzione nei confronti del tribunale di Milano.

Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 147 del 2009 (ore 18,40).

PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 9 giugno 2009, preso atto dell'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni, ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano dichiarato ammissibile dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 147 del 2009, in relazione alla deliberazione della Camera del 5 agosto 2008, con la quale è stata dichiarata, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, l'insindacabilità delle opinioni espresse dal senatore Maurizio Gasparri, deputato all'epoca dei fatti, nei confronti del dott. Henry John Woodcock, magistrato.
Se non vi sono obiezioni, tale deliberazione si intende adottata dall'Assemblea.
(Così rimane stabilito).

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 1415-A.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-A). Pag. 58
L'onorevole Favia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/75.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, il disegno di legge in oggetto che voteremo domani, e sul quale ora è stata votata la fiducia, introduce delle innovazioni in merito alla competenza ad autorizzare delle intercettazioni. Tale competenza viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, per di più in composizione collegiale. Sappiamo che le intercettazioni sono uno strumento d'indagine fondamentale (specialmente per reati importanti quali il terrorismo, il sequestro di persona, e l'omicidio) che richiede di essere utilizzato con rapidità per ottenere, con immediatezza, delle informazioni.
Vi era l'indicazione ministeriale di avviare, da parte delle procure, delle ricerche di mercato per selezionare quelle aziende che fossero in grado di fornire il servizio, e dove queste attività sono state svolte, sono state ottenute economie superiori al 50 per cento, il che ha consentito anche un incremento della qualità dei servizi. Poiché non in tutte le sedi sono state eseguite queste ricerche di mercato si è riscontrata una notevole disomogeneità nel prezzo applicato nelle varie procure italiane.
È chiaro che, anche per la sofferenza economica del bilancio della giustizia, sarebbe opportuno estendere questo metodo di indagine in tutte le sedi. Inoltre, il disegno di legge prevede che la registrazione avvenga presso le ventisei sedi di Corte d'appello, mentre l'ascolto può essere autorizzato presso le singole procure o addirittura presso le sedi operative della polizia giudiziaria. Quindi, questo impianto normativo comporterà assolutamente maggiori costi, in quanto sarà necessario infrastrutturare di più la rete e collegare le sedi periferiche. Pertanto, lamentiamo il fatto che questo disegno di legge della maggioranza rende sicuramente più oneroso e più complicato l'utilizzo del mezzo delle intercettazioni. Poiché la tariffa attualmente si attesta intorno ai 20 euro per bersaglio/giorno ed oltre, mentre si potrebbe ottenere una tariffa addirittura ridotta fino al 50 per cento (come minimo un 25-30 per cento), credo che sarebbe opportuno che il Governo valuti la possibilità che venga emessa una circolare del Mistero della giustizia che disponga, con effetto immediato, che tutte le procure della Repubblica effettuino queste ricerche di mercato affinché si possa arrivare ad un'applicazione di tariffa da 10 a 14 euro per bersaglio/giorno, per ottenere un risparmio e un innalzamento della qualità che può consentire di utilizzare questo fondamentale mezzo di indagine al meglio, anche tenuti presenti i tagli di bilancio che il settore ha subito (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/11.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, vorrei, nell'ordine del giorno da me presentato, illustrare in particolare un tema, quello della difesa del diritto di cronaca. Questo è un punto che è stato oggetto di grande dibattito in Commissione giustizia, sul quale sono state audite, con esiti molto significativi a mio avviso, tutte le componenti del mondo dell'informazione e tutte unanimemente si sono espresse con preoccupazione contro il provvedimento.
Il punto che vorrei affrontare in particolare è l'improvvida modifica del comma 2 dell'articolo 114 del codice di procedura penale. Questo articolo già oggi risponderebbe - così com'è - alle finalità repressive cui dice di mirare la modifica. Semmai il problema a mio avviso sarebbe, come sempre, non quello di inasprirlo ma quello di farlo rispettare, il che però naturalmente esula dai compiti del legislatore. Ma con la nuova norma introdotta e ora accolta nel maxiemendamento il vigente divieto di pubblicazione, totale o parziale, degli atti dell'indagine preliminare, già oggi previsto fino alla sua conclusione o sino al termine dell'udienza preliminare, viene confermato, consentendo Pag. 59la pubblicazione solo per riassunto dei soli atti non più coperti dal segreto, mentre nel divieto comunque della pubblicazione dell'intercettazione (divieto su cui siamo, come Partito Democratico, d'accordo) si consente, con riferimento alla richiesta di ordinanza cautelare, la possibilità di pubblicare solo il contenuto dell'ordinanza stessa dopo che l'indagato ne abbia preso conoscenza.
Meccanismo complesso, anche solo a leggerlo, della norma - se ne converrà - e direi meglio meccanismo contorto. Personalmente capisco poco, ad esempio, quale sia la distinzione tra il riassunto e il contenuto, e quale sia la necessità di normare diversamente le due cose. Sono seriamente preoccupato per chi finirà nelle maglie di questa legge, per coloro che, essendo operatori dell'informazione, dovranno di volta in volta regolarsi rispetto a questo genere di problematiche.
In questo modo - a me sembra - si pone il giornalista di fronte ad un diritto incerto, in qualche modo criptico, nel quale prevale l'interpretazione del volta per volta, con effetti deleteri sulla certezza del diritto di informazione e del suo esercizio. Infatti, colleghi, voglio essere chiaro su questo punto: il diritto di informazione è messo seriamente a repentaglio. Queste norme sia per la situazione critica in cui pongono il giornalista, sia per l'accresciuta responsabilità dell'editore (ritornerò subito sul tema), sia per gli effetti nei rapporti tra il direttore del giornale e l'editore rischiano di esercitare pesanti condizionamenti di fatto sulle libertà degli operatori dell'informazione. Più che la lettera di queste norme ciò che mi preoccupa è l'applicazione e gli effetti intimidatori che tali norme potranno esercitare sul complesso dell'informazione italiana che già, com'è noto, non gode di buona salute. Quanto all'editore, vorrei ricordare che nell'ipotesi di indebita pubblicazione viene chiamato a risponderne con sanzioni pecuniarie molto elevate che vanno da 25.800 euro a 465.000 euro. Per questo chiediamo perlomeno un attento monitoraggio di queste norme nella speranza che, perlomeno in futuro, si possa correggerle.

PRESIDENTE. L'onorevole Garavini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/30.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, a parole questo provvedimento non prevede restrizioni nella realizzazione di intercettazioni per reati di mafia e terrorismo. Di fatto, però, non è così. Tanti reati di allarme sociale, i cosiddetti reati satelliti, sono esclusi da queste agevolazioni. Ciò significa che per tutta una serie di reati che non rientrano direttamente nell'articolo 416-bis e per i quali sono previsti meno di cinque anni di reclusione ma che contemporaneamente sono da ritenersi legati alla criminalità organizzata, non sarà possibile ricorrere agevolmente alle intercettazioni.
Per tale motivo questo provvedimento compromette lo strumento delle intercettazioni, le svilisce, toglie ad esse significato, le rende addirittura inutili. Indebolisce radicalmente la capacità di indagine di magistratura e forze dell'ordine e compromette la possibilità di individuare tutta una serie di reati anche legati alla criminalità organizzata.
Queste non sono considerazioni soltanto del nostro gruppo, non è una rivendicazione squisitamente politica: vi è tutta una serie di autorevoli personalità impegnate quotidianamente nella lotta alla criminalità e in particolare nella lotta alla criminalità organizzata che hanno già preso posizione e si sono già espresse ripetutamente contro tale provvedimento. Per citarne solo alcuni, ricordo il procuratore nazionale antimafia, il Consiglio superiore della magistratura, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, diversi esponenti delle forze dell'ordine anche ai vertici. Per tale motivo la proposta del Governo è preoccupante e lo dico anche e soprattutto in veste di capogruppo del Partito Democratico in Commissione antimafia. Formalmente i reati di mafia sono esclusi dalle restrizioni che il Governo vuole introdurre ma di fatto la riforma impedisce intercettazioni per tutta una serie di reati come, ad esempio, il reato di estorsione, di usura, di traffico di Pag. 60rifiuti, di truffa aggravata, di concussione, di traffico o spaccio di sostanze stupefacenti. Pertanto in sostanza con il provvedimento in oggetto si impediscono le intercettazioni per tutta una serie di reati cosiddetti satelliti che sono proprio quelli che servono alle mafie per rafforzare il loro potere sul territorio ed il proprio raggio di azione. Per individuare tali reati la magistratura potrà autorizzare le intercettazioni, come hanno già detto tanti colleghi prima di me, soltanto nel caso in cui si dimostri che vi sono stati evidenti indizi di colpevolezza. Invece molto spesso è proprio grazie alle intercettazioni sui reati satelliti, cioè su reati comuni, che gli inquirenti riescono a mettere le mani su organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Se vogliamo seguire l'insegnamento di Giovanni Falcone, le indagini di mafia non partono dall'attacco diretto all'associazione mafiosa ma da una costruzione certosina degli indizi sull'attività criminale spesso legata ai cosiddetti reati comuni.
Tradotto in realtà, il provvedimento in esame obbliga gli inquirenti ad intercettare solo dopo aver acquisito le prove della colpevolezza, con il rischio di poter ricorrere alle intercettazioni in ritardo, troppo in ritardo, quando ormai il loro uso diventa praticamente superfluo.
Ecco perché chiedo e sensibilizzo la maggioranza a sostenere l'ordine del giorno in esame, sul quale chiediamo al Governo di tenere aperta la possibilità di inserire questi reati e di considerarli non in base agli evidenti indizi di colpevolezza, bensì in base ai semplici indizi di reato.

PRESIDENTE. L'onorevole Monai ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/76.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e membri del Governo, ho presentato l'ordine del giorno in esame sulla scorta di una riflessione che non è solo mia, ma è stata anche avanzata dai tecnici e dai giudici che, all'interno delle CSM, hanno esplicitato la loro opinione in merito al disegno di legge in esame, che sta per diventare legge.
È vero che le intercettazioni sono uno strumento fondamentale e formidabile per riuscire ad intercettare i crimini, a perseguire i loro colpevoli, ad identificarli. È vero anche che il Popolo della Libertà e la Lega Nord hanno fatto della sicurezza il vessillo della loro campagna elettorale e continuano ad imbonire il loro elettorato sui temi della sicurezza, che essi avrebbero come obiettivo prioritario della loro azione politica. Va da sé che il provvedimento in esame indebolisce questa ipotesi di lavoro e sconfessa le linee di indirizzo del Governo sulla sicurezza, perché dà in mano ai criminali un grimaldello efficace per garantirsi l'impunità. Infatti, è notorio che, con le intercettazioni telefoniche, si siano assicurati alla giustizia criminali patentati e fermati grossi crimini che, anche attraverso le cronache giudiziarie, hanno avuto una drammatica eco sull'opinione pubblica.
Ebbene, da domani tali possibilità investigative verranno azzerate o fortemente ridimensionate e di ciò non dovete temere perché ve lo dice un deputato dell'Italia dei Valori: dovreste avere maggiore sensibilità perché ve lo dice il CSM, che è l'organo di autogoverno della magistratura, cioè l'organo che presiede e organizza l'attività giudiziaria e che forse meglio di altri potrebbe darvi indicazioni operative su quale sarebbe la migliore politica giudiziaria.
Il CSM vi ha avvertito che, con il provvedimento in esame, non solo verranno garantite ampie fasce di impunità legate alle restrizioni delle intercettazioni telefoniche che voi avete attuato, ma dice anche che, con l'affidamento della competenza al tribunale distrettuale, si andrà presto ad una crisi del sistema giudiziario, a causa del meccanismo delle incompatibilità che colpisce i magistrati che in un ambito giudiziario abbiano già avuto modo di interessarsi del caso e di esprimere un giudizio sullo stesso: il fatto che, soprattutto nelle piccole sedi giudiziarie, vi sia questa competenza collegiale che deve decidere sulle intercettazioni e anche sulle loro proroghe, determinerà livelli di saturazione che comporteranno la paralisi del processo. Pag. 61
Se questo ve lo dicono i magistrati del CSM che, nel plenum, con il loro parere hanno lanciato questo grido d'allarme - che oggi diventa quasi un sinistro ammonimento che non viene raccolto dal Governo - noi chiediamo che almeno vi sia quella cautela di dotare le strutture giudiziarie e soprattutto le piccole sedi giudiziarie di quei supporti organizzativi (ampliamento di organici piuttosto che iniziative atte a far fronte al rilevante carico che si andrà a sedimentare), affinché questa riforma non imploda nel momento stesso in cui viene varata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Bachelet ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/19.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Signor Presidente, il provvedimento in esame limita in modo sconsiderato la possibilità di utilizzare le intercettazioni nel corso delle indagini, limitandola ai reati legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati cosiddetti comuni le nuove norme introducono ostacoli tali da impedire l'efficace l'utilizzo di uno strumento investigativo che ha permesso di risolvere, anche in recenti anni, casi importanti per la vita e la salute dei cittadini.
Come dimenticare le incredibili intercettazioni che portarono alla luce la colossale truffa delle operazioni e terapie sbagliate della clinica «Santa Rita» di Milano? E come dimenticare quelle di un fornitore della cooperativa «La cascina», la stessa della mensa delle elementari dell'ultimo mio figlio, che erroneamente sgridavo quando diceva che a scuola «il pranzo faceva schifo»? Ebbene, in questa intercettazione, nel descrivere la carne destinata ad un ospedale di Bari, egli diceva: «questa carne non se la magnano nemmeno i leoni dello zoo».
La nuova normativa ci impedirà di scoprire questi fatti. Essa non solo prevede che tale strumento sia autorizzabile solo in presenza di evidenti indizi di colpevolezza (norma palesemente irragionevole, che non necessita commenti. Nessuna meraviglia, signor Presidente che per ottenerne l'approvazione sia stata necessaria la sedicesima fiducia). La nuova normativa prevede anche che, nei rari casi in cui le intercettazioni siano autorizzate, gli investigatori possano utilizzarle solo per un periodo massimo di 60 giorni, un periodo davvero brevissimo rispetto ad un'indagine che, per legge, può durare fino a un anno e mezzo.
Il mio ordine del giorno impegna in particolare il Governo, entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti legati al reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
A quale reato si riferisce l'articolo 319-ter del codice penale? A uno dei più odiosi: la corruzione in atti giudiziari. Un giudice che, per un pugno di euro, assolve un colpevole che ha l'unico pregio di essere ricco, potente e spregiudicato; oppure, un testimone che, per un pugno di euro, giura il falso per salvare un colpevole che ha l'unico pregio di essere ricco, potente e spregiudicato.
Vorrei portare alcuni esempi. Con quasi vent'anni di ritardo, è stato accertato, con sentenza definitiva, che la casa editrice Mondadori fu sottratta al controllo di Cir mediante la corruzione di un giudice, della quale Fininvest è stata la mandante. Il giudice, riconosciuto colpevole in via definitiva, è stato condannato a due anni e otto mesi e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non è stato destituito solo perché si era dimesso da solo prima.
Un altro esempio. Un avvocato inglese è stato recentemente condannato con sentenza di primo grado a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari. Il processo per la sua corruzione da parte di Silvio Berlusconi si era aperto con il rinvio a giudizio di entrambi nel 2006 per i reati Pag. 62previsti dagli articoli 110, 319, 319-ter (quello a cui si riferisce il mio ordine del giorno) e 321 del codice penale. La posizione di Berlusconi era stata, poi, stralciata, in seguito all'entrata in vigore del «lodo Alfano», concernente l'immunità alle cosiddette alte cariche dello Stato.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Ebbene, con l'ordine del giorno in oggetto chiediamo che venga fatto un monitoraggio di questi reati, affinché, almeno con riferimento ai casi in cui l'indagine presenta qualche interesse, si possa, in futuro, correggere questa norma davvero obbrobriosa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Bossa ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Andrea Orlando n. 9/1415-A/22, di cui è cofirmataria.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, senza intercettazioni non saremmo mai riusciti a catturare né Riina, né Provenzano, né Lo Piccolo, né Brusca, insomma tutti i latitanti di spicco della mafia siciliana. I risultati più importanti nella lotta alla mafia si sono conseguiti con le intercettazioni. Sono le parole di Antonio Ingroia, pubblico ministero antimafia di Palermo. Il suo grido di allarme non è isolato. Ha espresso parole di preoccupazione in Commissione antimafia anche Pietro Grasso, procuratore nazionale.
Tutte le principali espressioni della lotta alla mafia del nostro Paese sono allarmate per questa legge. Ci sarà un motivo, o sono tutti attori del solito grande complotto contro Berlusconi e questo Governo? Ormai è chiaro: questa normativa sulle intercettazioni indebolisce la lotta alla mafia.
Se è vero, infatti, che, almeno sulla carta, la legge fa salva la possibilità di compiere intercettazioni per reati di mafia e terrorismo, i magistrati, non potendo disporne dall'inizio, non potranno capire se dietro ad un reato vi sia la mafia o la criminalità comune. È qui il punto, le intercettazioni servono proprio a questo, cioè a capire il tipo di reato. Se stringi le maglie per le intercettazioni relative a reati satellite, più difficilmente arrivi ai reati di mafia. Pensiamo, ad esempio, ai casi di estorsione, di usura, allo sfruttamento della prostituzione, ma anche alla bancarotta fraudolenta. Sono tutte forme di criminalità economica che hanno chiari collegamenti con la mafia. Per tutte queste indagini non sarà possibile disporre le intercettazioni come avveniva prima: esse saranno più difficili e limitate e, di riflesso, ci saranno limiti anche per le indagini sulla mafia. In sostanza, non si potrà più partire da un reato minore e arrivare al reato di mafia.
La scelta del Governo di porre la questione di fiducia su questo provvedimento ci impedisce di provare a correggere alcuni punti della normativa; ci impedisce di tradurre in emendamenti le proposte allarmate che sono giunte dalle associazioni territoriali, dai magistrati impegnati nelle indagini di mafia e dallo stesso procuratore Grasso.
Abbiamo, quindi, indicato in questo ordine del giorno almeno la possibilità di svolgere tutti assieme una verifica, tra sei mesi, sull'andamento di questa legge rispetto ai reati di mafia, in modo che, se dovesse davvero emergere che la normativa crea problemi alle indagini, almeno si possa provare a correggerla. È un tentativo di lasciare aperta una porta sull'attenzione all'antimafia che va tenuta desta e rispetto alla quale la maggioranza di centrodestra ha pericolosamente abbassato la guardia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che l'ordine del giorno Porcino n. 9/1415-A/78 è stato ritirato dal presentatore.
L'onorevole Misiti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/79.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, rinuncio all'illustrazione del mio ordine del giorno.

Pag. 63

PRESIDENTE. Sta bene.
L'onorevole Bernardini ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1415-A/71, di cui è cofirmataria.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, fra i tanti aspetti toccati da questo disegno di legge riguardante le intercettazioni telefoniche, ve ne è anche uno che riguarda la Chiesa cattolica. Si prevede, infatti, un particolare riguardo - così possiamo affermare - nel caso in cui l'azione penale sia esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso (ma parliamo solamente del culto cattolico), prevedendo la garanzia che l'informazione sia inviata all'ordinario della diocesi a cui appartiene l'imputato.
Sappiamo benissimo che il Governo non è responsabile di questo privilegio, di questa anomalia, perché è noto che tutto questo è stabilito anche dal nuovo Concordato del 1985, che prevede un accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede. In particolare, nel protocollo addizionale, punto 2, lettera b), è sancito che «La Repubblica italiana assicura che l'autorità giudiziaria darà comunicazione all'autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici.»
Dobbiamo dire che anche il Governo Prodi aveva previsto la stessa cosa, con la modifica dell'articolo 129 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ribadendo il medesimo principio. Noi della delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico riteniamo che questa normativa sia assolutamente anomala perché fa degli appartenenti al clero cattolico dei cittadini che rispondono prima alle autorità ecclesiastiche e poi a quelle civili italiane. Quindi chiediamo al Governo, ritenendolo incolpevole se non per il fatto di aver voluto introdurre questa specificazione nella normativa sulle intercettazioni, di rivedere la medesima normativa affinché lo Stato, vorremmo ribadirlo, non interferisca nella libera testimonianza della Chiesa e, aggiungiamo, di qualsiasi altra comunità di fede ma, al tempo stesso, garantisca che la Chiesa non sia coinvolta nell'azione di un organo dello Stato quale la magistratura.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Aniello Formisano: s'intende che abbia rinunziato ad illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/73.
L'onorevole De Torre ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/31.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, nell'intervento svolto durante la discussione sulle linee generali e concernente l'inopportunità delle misure contenute in questo disegno di legge, ho accennato in particolare al danno che questa legge arrecherà al Paese, soprattutto riguardo alla sicurezza e alla lotta a fatti gravi di criminalità: dagli omicidi alla pedofilia, dalle truffe alla tratta degli esseri umani. Verrà resa molto più complicata e difficile l'individuazione dei colpevoli e anche riguardo il diritto all'informazione, perché difficilmente l'editore correrà il rischio di sanzioni e farà pressioni sul proprio direttore per limitare al minimo le notizie. Questi due elementi, sicurezza e informazione, hanno particolare rilevanza rispetto al reato di usura, che sta aumentando. Esso colpisce soprattutto le famiglie - che, per il 66 per cento, in base agli ultimi dati, soffrono di difficoltà economiche - e ultimamente, a causa della crisi, anche le piccole imprese italiane. Tutto ciò presumibilmente si aggraverà nei prossimi mesi, con l'aggravarsi della crisi reale e gli improvvisi impoverimenti. Non occorrono lunghe spiegazioni per far comprendere quanto le intercettazioni siano essenziali per cogliere sul fatto gli usurai, dato che essi non agiscono certamente in pubblico o mentre passa una volante o una delle cosiddette «ronde» che questo Governo ha inventato. L'usura agisce al buio e rompe il silenzio forse troppo di rado per riuscire ad intercettarla entro 60 giorni. Nel contempo, le vittime si trovano in una situazione di estrema debolezza economica, psichica e spesso anche di pericolo per la propria Pag. 64famiglia. Occorre, quindi, che lo Stato protegga i cittadini usurati con indagini oggettive, efficaci ed immediate ed è inutile aspettare che vi sia un così evidente indizio di colpevolezza, anche perché in tal modo si rischia di arrivare quando già siano stati riscossi sia l'interesse che il capitale e il reato stesso, in base all'articolo 644-ter, sia caduto in prescrizione.
Veniamo all'informazione, di certo quella fatta in modo corretto: è importante far sapere che vi sono indagini penali a carico di determinate persone per un dubbio di usura, non per gettare sui presunti usurai un giudizio definitivo di colpevolezza ma per mettere in guardia altre possibili vittime e rompere il muro di omertà che è un humus così efficace per questi odiosi atti di sfruttamento delle persone in necessità. Ciò è così evidente che, ancora una volta, ci si chiede come si possano proporre leggi che indeboliscono la lotta alla criminalità e che, dunque, sono a favore dei forti e a danno dei più deboli.
Per questo, con responsabilità, il Partito Democratico chiede che, a un anno dall'approvazione della presente legge, si renda conto al Parlamento, richiedendo i dati a tutte le procure, delle indagini per usura nelle quali siano state interrotte le intercettazioni per effetto del disegno di legge in oggetto, che vieta di procedere oltre i 60 giorni anche quanto ci sono elementi meritevoli di attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Piffari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n.9/1415-A/14.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi mi dispiace di essere qui in Aula in questo momento a discutere di ordini del giorno quando in Commissione stiamo valutando il decreto-legge sull'emergenza in Abruzzo. Credo che queste popolazioni meritino molto di più, specialmente quando si tratta di trovare le risorse idonee per risolvere almeno in parte i guai che si sono ritrovati sulla loro testa, non sicuramente per colpa loro.
Tuttavia ci troviamo a discutere, invece, di un disegno di legge ritirato un anno fa, poi ripresentato e sul quale poco fa è stata votata la questione di fiducia tutta d'urgenza. Comprendiamo che è uno dei campi più delicati quello del contrasto tra le esigenze investigative proprie della giustizia penale e la tutela del diritto alla riservatezza delle intercettazioni sulle comunicazioni che qualcuno, anche della maggioranza, ha richiamato qui in Aula.
Noi tuttavia abbiamo anche un osservatorio privilegiato sui danni che si causano quando questi strumenti di investigazione vengono tolti. Credo che in Commissione ambiente come nella Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, autorevoli rappresentanti dello Stato, carabinieri e forze dell'ordine, ci hanno detto che, ad esempio, il reato sul traffico dei rifiuti sarà tolto da questo provvedimento, non sarà più rintracciabile, sarà uno di quei reati per i quali con difficoltà troveremo soluzione.
Sappiamo quanti danni questo tipo di crimine ha apportato non solo al territorio italiano, ma anche in tutto il mondo eppure non ci siamo preoccupati di controllarlo. Siamo stati qui ed abbiamo convertito tre o quattro decreti-legge volti ad affrontare il problema dell'emergenza rifiuti in Campania, ci troviamo di fronte ad un'altra emergenza rifiuti in Sicilia eppure pensiamo che ciò non sia importante. Lo ripeto: abbiamo già votato diciannove questioni di fiducia e diverse sono state votate anche per risolvere il problema dei rifiuti.
È strano che non riusciamo neanche a dialogare col Governo per cercare di migliorare questo provvedimento in quanto gli emendamenti che avevamo proposto erano in questo senso. Pertanto l'unico strumento che ci rimane è quello dell'ordine del giorno con il quale si impegna il Governo almeno a valutare attentamente gli esiti di questo provvedimento. Se sono state fatte delle intercettazioni che hanno rilevato dei reati qui prevediamo di distruggerle qualora durante il processo e il percorso delle indagini preliminari venga mutato il titolo del reato. Chiediamo Pag. 65che almeno in questi casi venga attentamente valutato, venga accantonato ed utilizzato il risultato delle intercettazioni qualora muti solo il titolo del reato che tuttavia continua a sussistere. Quantomeno vi sia un attento utilizzo di quel poco che si può ancora fare di questo strumento di indagine.
Avremmo voluto che il Parlamento fosse più coinvolto perché avrebbe potuto dare sicuramente risultati maggiori rispetto a questa fretta di risolvere questioni personali ponendo la questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

PRESIDENTE. L'onorevole Farinone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/32. Constato che non è presente in Aula. L'onorevole Fiorio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/33.

MASSIMO FIORIO. Signor Presidente, siamo tutti consapevoli che nell'uso delle intercettazioni telefoniche, nella loro disponibilità attraverso la pubblicazione, si sono sempre con più frequenza verificati fatti sgradevoli che hanno coinvolto e danneggiato il diritto alla riservatezza individuale. Quante volte sono state diffuse anche conversazioni non rilevanti che anziché fornire elementi per i procedimenti giudiziari hanno in realtà incendiato i dibattiti televisivi e giornalistici.
Molto spesso, troppo spesso, si è in qualche modo promossa una sensazione che gli studi televisivi potessero sostituire le aule di tribunale. È indubbio che vi è la necessità di intervenire per controbilanciare ciò e, allo stesso tempo, salvaguardare i valori costituzionalmente garantiti, ma qui si va veramente, decisamente oltre.
Il testo che, ancora una volta, avete sottoposto alla questione di fiducia della Camera (la diciannovesima fiducia al Parlamento) senza che siano stati rilevati i criteri e i requisiti di urgenza, va veramente oltre, molto oltre, e tutto ciò in nome di un principio della riservatezza personale che ha gravissime conseguenze sull'azione investigativa e che, di fatto, anziché tutelare l'individuo, lo indebolisce dal punto di vista della sicurezza e - ciò non è meno importante - produce gravissime conseguenze sul diritto di cronaca.
Vorrei soffermarmi brevemente su questi due aspetti. Dal punto di vista della sicurezza personale la vostra posizione è paradossale: mentre si sollecitano gli animi e le percezioni sulla mancanza di sicurezza e di fatto si costituisce un vero e proprio consenso sulla paura, dall'insediamento del Governo Berlusconi abbiamo assistito man mano al depotenziamento delle forze deputate al controllo del territorio con il taglio dei fondi alle forze dell'ordine. Mentre si susseguono decreti-legge pseudo-sicurezza si continuano a ridurre le risorse per il funzionamento della giustizia. A ciò si aggiunge oggi la limitazione oggettiva delle possibilità di indagine e di contrasto al crimine. Proprio mentre oggi cresce la sensibilità e la richiesta di protezione, allo stesso tempo il Governo risponde limitando la forza e la capacità di reazione, di legittima difesa e di contrasto a chi delinque.
In secondo luogo, il diritto all'informazione viene mortificato con l'estensione del divieto di pubblicazione anche dei contenuti di atti non più coperti dal segreto; la conseguenza è che l'opinione pubblica, a causa di questo oscuramento, si farà pian piano convincere che non esiste più un'azione pubblica efficace, una risposta pubblica e collettiva efficace ai problemi individuali. Questo fa il paio con quel depotenziamento delle istituzioni di controllo che avete già avviato con l'istituzione delle cosiddette ronde, che non fa che incrementare l'idea e la possibilità di una giustizia fai da te, che è la cosa più distante da quello che è il fondamento delle società e delle comunità liberali e democratiche.
Il testo del disegno di legge che avete sottoposto alla fiducia dell'Aula, lo ripetiamo, introduce norme assolutamente dannose per la sicurezza dei cittadini, perché limita in modo sconsiderato uno strumento che ha portato sempre più alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al Pag. 66terrorismo. Questa nuova legge, lo ribadiamo con forza, limita la possibilità di utilizzazione delle intercettazioni nel corso delle indagini.
Con questo ordine del giorno chiediamo che il Governo si impegni, entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica, in quanti procedimenti si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Di Giuseppe ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/51.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, questo ordine del giorno che l'Italia dei Valori propone è rivolto ad assicurare modalità investigative forti ed efficaci nelle procedure relative ai reati commessi attraverso il telefono e le reti informatiche a danno dei minori.
Sappiamo che c'è chi utilizza le reti informatiche per incontrare i giovani e questo ci fa riflettere proprio sulla pericolosità di Internet per i nostri ragazzi. C'è da dire che anche il cellulare è uno degli strumenti tecnologici più diffusi in Europa e sempre più bambini ne fanno uso. In Italia, ad esempio, secondo i dati del 9o Rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza di Telefono azzurro, pubblicato alla fine del 2008, dall'indagine che è stata realizzata su un campione di seimila bambini e ragazzi fra i sette i diciannove anni è risultato che fra i bambini il 57,5 per cento possiede un cellulare, mentre fra gli adolescenti - pensate - addirittura il 95,9 per cento.
Quindi, accanto all'aumento dei minori che utilizzano il telefonino è aumentato anche il numero delle funzioni che questo telefonino ha. Esso, infatti, consente di collegarsi ad Internet, di scaricare o ricevere foto e video e i contenuti non sono sempre adatti ai minori stessi. In questo quadro e in questo scenario la Commissione europea ha sollecitato gli operatori ad aumentare le tutele nei confronti dei bambini che usano i cellulari.
Quindi, è evidente, Presidente, che gli sviluppi tecnologici in atto nel campo della telefonia mobile accrescono le opportunità comunicative per i nostri ragazzi. Gli sviluppi tecnologici, inoltre, ripresentano proprio in termini nuovi la questione della tutela dei nostri minori e per questo motivo dobbiamo avere la consapevolezza e l'attenzione di chi è chiamato a garantire soprattutto i diritti di questi ragazzi.
È necessario tutelare i minori anche nel campo della comunicazione, perché abbiamo il dovere di pensare al loro livello di evoluzione e di formazione e specialmente alla loro fragilità psicologica. Per questo motivo sono deleteri per i nostri ragazzi sia il telefonino, sia le reti Internet utilizzati in un modo sbagliato. È anche indubbio che lo strumento intercettivo sia un mezzo di supporto fondamentale perché più di ogni altra cosa facilita l'ottenimento di informazioni indispensabili alle indagini e facilita, quindi, anche il compito di chi svolge queste indagini.
Il disegno di legge che è all'attenzione dell'Aula prevede che le intercettazioni siano consentite nei procedimenti relativi a qualsiasi reato ritenuto di allarme sociale, con particolare riguardo a quelli commessi contro donne e minori. Per i motivi che ho esposto, il gruppo dell'Italia dei Valori desidera impegnare il Governo affinché valuti l'opportunità di conciliare il testo del provvedimento in esame con modalità investigative sempre più efficaci e sempre più decise nei procedimenti che riguardino soprattutto i reati commessi a mezzo del telefono o delle reti informatiche a danno dei minori. Questo chiediamo, Presidente: è prioritario, secondo noi, tutelare adeguatamente i nostri minori (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Touadi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/52.

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JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, colleghi, con questo provvedimento il Governo rende la vita più facile ai criminali e più difficile, molto più difficile, il lavoro della magistratura. È un provvedimento criminogeno, come giustamente è stato denunciato poche ore fa dall'Associazione nazionale magistrati. Voi della maggioranza, voi del Governo state traghettando quest'Aula verso l'approvazione di una norma che rappresenta un vero e proprio assist alla criminalità diffusa, ma anche e soprattutto un vero e proprio regalo alla criminalità organizzata, come ha drammaticamente denunciato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.
Per comprendere gli effetti pratici della nuova disciplina delle intercettazioni è sufficiente pensare che senza di esse non sarebbe stato possibile risolvere gravi episodi di cronaca come gli stupri di Roma, le violenze nella clinica di Milano o i cosiddetti reati dei colletti bianchi, quali ad esempio quelli relativi alle scalate bancarie dell'Antonveneta e della BNL.
È folle e criminogeno prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo sessanta giorni; così come è folle e criminogena la nuova disciplina per il loro utilizzo che sarà introdotta con il nuovo articolo 267 del codice di procedura penale, su cui si appuntano le maggiori riserve che abbiamo espresso in Aula fino alla posizione della fiducia.
Il segretario dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Cascini, ha affermato che essa limita drasticamente per le forze dell'ordine e la magistratura la possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche come strumento di indagine.
Questo è un gravissimo colpo alle attività di indagine nei confronti di tutte le forme di criminalità, perché, per compiere un'intercettazione su un'usura, su una truffa o sugli altri reati commessi dalle organizzazioni criminali, gli inquirenti dovranno avere a disposizione evidenti indizi di colpevolezza, cioè dovranno già avere le prove, quando le intercettazioni servono per cercare le prove. State dunque costringendo le forze dell'ordine e la magistratura a un esercizio paradossale, quasi circense, mentre sottraete loro uno strumento fondamentale per la lotta contro l'illegalità.
Nel provvedimento in esame, oltre a ridurre l'efficacia di questo mezzo di ricerca della prova, vi curate anche di punire oltre modo coloro i quali, i giornalisti, esercitano la propria attività di informazione verso i cittadini. In tal senso, consentitemi di ricordare l'opinione espressa dal professor Cheli e dal professor Grosso, i quali, nel parere pro veritate consegnato alla Commissione giustizia, hanno denunciato: su questo terreno alcune delle soluzioni adottate dal disegno di legge sembrano confliggere fortemente - vado a concludere, signor Presidente - con i principi da tempo affermati in sede giurisprudenziale e dottrinale sul tema del diritto di cronaca, così da mettere a rischio la costituzionalità delle soluzioni adottate tanto sotto il profilo della loro irragionevolezza quanto sotto il profilo del loro difetto di proporzionalità tra fini perseguiti e mezzi impiegati.
Proprio per questo, signor Presidente, il Partito Democratico, con questo ordine del giorno, chiede un monitoraggio perché il Governo sia costretto a elaborare dati statistici relativi all'applicazione del presente provvedimento, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 644 del codice penale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Codurelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/55.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, nell'illustrare l'ordine del giorno n. 9/1415-A/55 di cui sono prima firmataria volevo far presente come, ancora una volta, stiamo parlando di sicurezza, ma non si capisce per chi.
Questo provvedimento lascerà, come hanno già detto parecchi colleghi, sempre più insicuri; ancora una volta, il Governo ha posto la fiducia su questo provvedimento Pag. 68perché non era sicuro del voto della stessa maggioranza. Questo significa veramente ledere i diritti del Parlamento. All'esterno si continua a proclamare e a fare spot: abbiamo sentito dire in questa campagna elettorale «più sicurezza ai cittadini», ma questa è una grande bugia.
Il provvedimento in esame, in questo modo, è lesivo delle libertà e delle prerogative previste dall'articolo 15 della Costituzione, che prevede la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza, ed esse sono assolutamente necessarie in questo senso.
Non è assolutamente possibile approvare e invocare leggi sempre più pesanti, ma non si capisce poi a favore di chi. Abbiamo approvato e abbiamo condiviso anche il provvedimento sullo stalking, ma in questo caso viene assolutamente meno la garanzia per l'applicazione di quella legge, perché non si potrà più fare nulla.
La nostra preoccupazione in questo senso è veramente grossa, perché si imbrogliano i cittadini. Dietro questo provvedimento si nasconde l'elemento di favorire i forti, i potenti, la camorra, i criminali, a scapito, eventualmente, di quelli che andranno in carcere perché, magari, hanno rubato qualcosa per mangiare. Questo non è assolutamente accettabile.
Ecco perché l'opposizione, compreso il mio partito, il PD, si è appellata al Presidente della Repubblica affinché intervenga verso un provvedimento lesivo della libertà di informazione, lesivo della garanzia dei diritti previsti, come dicevo prima, dalla Costituzione. I colleghi citavano prima il fatto di Santa Rita, ma lo voglio ribadire: tutti ci si meraviglia degli scandali che emergono, e diciamo che bisogna intervenire; se non ci fossero state le intercettazioni quello scandalo non sarebbe emerso, come tanti e tanti altri.
Ecco perché con l'ordine del giorno in esame chiediamo al Governo che si impegni a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione dei dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini connesse ai reati di cui all'articolo 609-bis del codice penale. Chiedo, e mi appello veramente, che il Governo accolga il mio ordine del giorno, dando un segno tangibile di volontà di rivedere, ripensare e di reintrodurre alcune norme, allargando queste maglie rispetto alle intercettazioni, perché è fondamentale per la sicurezza di tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Sarubbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/58.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, in questa legislatura abbiamo visto diverse iniziative, da parte dei deputati, per la lotta alla pedofilia ed alla pornografia minorile. Iniziative da parte dei parlamentari di diversi schieramenti, perché stiamo parlando di temi che non hanno colore politico. Mi limito a qualche esempio: la Giornata nazionale contro la pedofilia, che si è tenuta lo scorso 5 maggio; la Fondazione di Luca Barbareschi, che ha auspicato la legge bipartisan contro pedofilia e pedopornografia; le richieste di Alessandra Mussolini e di Alessandro Pagano - sto ancora nominando deputati del Pdl, per essere al di sopra di ogni sospetto - di pene più severe per chi si macchia di simili reati. «La lotta alla pedofilia - e qui invece cito Anna Serafini, senatrice del Partito Democratico - è una grande questione di civiltà e il Paese deve essere unito». A parole, dunque, siamo tutti d'accordo e questo mio intervento sembrerebbe addirittura pleonastico, inutile. Credo, in realtà, che non sia proprio così, se dalle parole passiamo a guardare i fatti.
Se veramente si vuole sconfiggere la pedofilia, bisogna almeno lavorare su due fronti: quello delle indagini e quello delle pene. Per quanto riguarda le pene, mi limito a ricordare che molte associazioni impegnate nel settore definirono insufficienti le misure antipedofilia contenute nel disegno di legge sulla sicurezza: una definizione che la stessa presidente della Commissione bicamerale per l'infanzia fece propria, auspicando che sul testo non Pag. 69si mettesse la fiducia. Ma poi sappiamo come è andata a finire, e comunque non sono i dissensi interni alla maggioranza il tema del mio ordine del giorno.
L'ordine del giorno in esame, signor Presidente, si concentra invece sulle indagini relative a quei reati di cui all'articolo 600-ter del codice penale, che voglio rileggere in Aula: «Chiunque utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare ad esibizioni pornografiche è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228» (da 50 milioni a mezzo miliardo delle vecchie lire). «Alla stessa pena - prevede il secondo comma - soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma». Ma è il terzo comma quello che fa vedere i limiti del decreto-legge che stiamo - anzi, che state - per approvare. «Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce, divulga o diffonde notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 (cinque milioni di lire) a euro 51.645 (cento milioni di lire)».
Traduco in linguaggio corrente: se su Internet o per posta elettronica distribuisco foto pornografiche di minori, le divulgo, le diffondo o mi limito anche a pubblicizzarle, sono punito con il carcere; lo stesso se diffondo notizie su Internet o per posta elettronica finalizzate ad adescare o sfruttare sessualmente i minori. Tutti noi sappiamo che oggi la pedofilia e la pedopornografia avvengono, nella stragrande maggioranza dei casi, proprio su Internet. È forse il limite più grande della rete, dove purtroppo i pedofili hanno sempre avuto vita abbastanza facile: l'unico strumento per individuarli e contrastarli è appunto quello dell'intercettazione telematica, che sembra una parola difficile ma in realtà - per chi naviga abitualmente su Internet - è una cosa abbastanza semplice.
Cosa fa, normalmente, la polizia postale? Apre un sito civetta per scoprire i pedofili, attirandoli nella trappola. E spesso - spiega l'Unità di analisi del crimine informatico, diretta proprio da uno psicologo della Polizia di Stato - si tratta di «persone cosiddette normali, con un livello sociale e culturale medio-alto, tendenzialmente non violente, che hanno una ridotta percezione del crimine, dei danni che potrebbero causare e della possibilità di essere scoperti e denunciati». Spesso, insomma, non si tratta di soggetti su cui pesano «evidenti indizi di colpevolezza», come invece questo provvedimento richiede.
Di tutta la discussione di queste ore, mi ha colpito la tesi esposta dall'onorevole Brigandì, convinto che non sia lecito utilizzare le intercettazioni per scoprire i reati. Non so se l'onorevole Brigandì abbia mai acceso un computer, ma vorrei aiutarlo a riflettere - se fosse in Aula, e purtroppo non c'è - su come sia possibile, per la polizia postale, prendere un pedofilo su Internet senza sparare nel mucchio, senza l'ausilio di un sito civetta o di tecniche simili, che si rivolgano a tutti gli utenti della rete e non solo a coloro su cui pesano «evidenti indizi di colpevolezza».
Per questo motivo - e concludo - l'ordine del giorno che porta la mia firma chiede che, entro un anno dall'entrata in vigore della legge, vengano diffuse le statistiche sulla sua applicazione, relativamente ai reati di cui all'articolo 600-ter del codice penale: tra un anno, insomma, il Governo dovrà venirci a dire quanti pedofili sono stati indagati negli ultimi 12 mesi e, possibilmente, quanti ne sono stati catturati. Così faremo un bel confronto con quanto avvenuto finora, negli anni in cui questa legge-bavaglio non era ancora in vigore, e ci chiariremo tutti le idee sull'utilità delle intercettazioni e sul loro utilizzo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. L'onorevole Tidei ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1415-A/59.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, francamente facciamo sempre più fatica a comprendere la logica che anima l'azione di governo di questa maggioranza, anche se è ormai abbastanza chiaro l'obiettivo che il Presidente Berlusconi e la sua maggioranza si pongono con pervicace ostinazione: cioè la difesa a oltranza della difesa del potere, non tanto nell'interesse generale ma soprattutto nella tutela di interessi particolari. Il disegno di legge sulle intercettazioni è la più inequivocabile dimostrazione del modo con cui questo Governo fomenta gli animi degli italiani, cavalcando campagne elettorali infarcite di proclami, annunci e promesse, salvo poi legiferare sottobanco l'esatto contrario di quanto proclamato dai palchi dei comizi elettorali.
Vorrei ricordare la tensione sociale che il tema della sicurezza sta producendo nella popolazione del nostro Paese per fatti di cronaca delittuosa che riempiono - purtroppo ogni giorno - le prime pagine dei nostri giornali - a dimostrazione peraltro che nessun cambiamento è avvenuto in tema di sicurezza con questo Governo - e ciò suggerirebbe di affrontare tali problemi con estremo senso di responsabilità: tutto quello che invece manca in questo disegno di legge, che è un vero e proprio attacco a quella sicurezza dei cittadini tanto propagandata dal Governo. Si tratta infatti di norme che ammazzeranno nel vero senso della parola migliaia di indagini, ostacolando e in alcuni casi compromettendo il corso della giustizia: quella giustizia che tanto viene invocata dai banchi del centrodestra.
In sintesi, onorevoli colleghi della maggioranza, voi proponente di limitare sia nell'uso sia nella durata uno dei principali strumenti di lotta alla criminalità. Escludere dal ricorso alle intercettazioni molti reati significa di fatto non accertare la verità e non consegnare alla giustizia persone responsabili di reati gravi e di grande allarme sociale.
La vostra è una maggioranza che urla di voler fare giustizia e poi cancella gli strumenti per ottenerla; che proclama il pugno duro sui palchi ma dietro le quinte affossa gli strumenti della giustizia. Qualcuno è in grado di spiegare agli italiani per quale ragione le indagini su una lunga serie di reati non devono avvalersi delle intercettazioni? Qualcuno è in grado di quantificare quanti criminali resteranno impuniti? È per questo che abbiamo chiesto al Governo di venire a riferire entro un anno con dati statistici precisi, per vedere se è cambiato qualcosa oppure no (e purtroppo qualcosa sarà sicuramente cambiato in peggio).
Va inoltre assolutamente stigmatizzato il limite temporale per l'operatività delle intercettazioni. Su questo punto vi sono poche considerazioni da fare: basta soltanto fare un esempio. Con il limite massimo di due mesi, il boss Provenzano non sarebbe mai stato arrestato, considerato che le intercettazioni sono state il principale strumento di indagine che ne ha consentito la cattura. Ad adiuvandum, poi, vorrei ricordare che su taluni punti specifici del disegno di legge Alfano si è espressa criticamente lo scorso febbraio anche la sesta commissione del Consiglio superiore della magistratura, la quale ha formulato parere negativo rispetto alle proposte di riforma della disciplina delle intercettazioni. La commissione ha fatto garbatamente notare che i troppi limiti previsti dalla nuova norma produrranno un grave pregiudizio per le attività di indagine, anche in settori particolarmente delicati e sensibili - questo lo dice l'organo di autogoverno - e provocheranno una paralisi dell'intero sistema giudiziario.
E anche qui, possiamo dire, alla faccia di quella semplificazione della giustizia che si voleva ottenere: con questo provvedimento, invece, probabilmente si aggraveranno i mali della giustizia!

PRESIDENTE. Onorevole Tidei, deve concludere.

PIETRO TIDEI. Tanto per anticipare le prevedibili critiche della maggioranza Pag. 71sempre tempestive e cordiali, e concludo, signor Presidente, il Partito Democratico - consapevole della necessità di riformare la giustizia e lo stesso ricorso alle intercettazioni - ha da tempo presentato le proprie proposte, riassunte in settanta emendamenti. Oggi purtroppo, però, questo Parlamento rifiuta in maniera chiara ed inequivocabile le proposte del nostro partito e del nostro gruppo, alla faccia di quel dialogo che tanto si chiede ma che poi non si dà.
Infine, la risposta è una sola: l'intero disegno di legge è l'ennesima normativa confezionata su misura del Presidente del Consiglio che, dopo la depenalizzazione del falso in bilancio, le rogatorie internazionali ed il cosiddetto lodo Alfano, oggi pretende da un Parlamento asservito non agli interessi del Paese, ma a quelli suoi personali, di varare una nuova legge che metta al riparo, lui e qualche altro amico, dai problemi giudiziari. Certamente questo disegno di legge non fa onore al Paese, né alla privacy, né alla dignità della magistratura e di tutti gli utenti della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Margiotta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/68.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Ministro, già nella scorsa legislatura si pose il tema di intervenire regolamentando l'uso delle intercettazioni quale strumento di indagine e si pervenne ad un punto di equilibrio, che ritengo positivo, tra tre esigenze altrettanto importanti: la tutela della privacy, le esigenze investigative, il diritto di cronaca.
La Camera approvò un testo che purtroppo non approdò mai al Senato. In questa legislatura, partendo anche dalla giusta considerazione di alcuni eccessi che vi sono stati nell'uso delle intercettazioni e, soprattutto, nella pubblicazione delle stesse anche in casi in cui le intercettazioni nulla avevano a che vedere con le indagini, con una violazione della privacy, partendo - ripeto - da questa esigenza si è giunti però ad un testo che rappresenta un rimedio peggiore del male, soprattutto in quanto limita l'utilizzo di questo strumento per indagini giuste e sacrosante e limita fortemente anche il diritto di cronaca.
Sulle indagini voglio sottolineare, in particolar modo, due punti. Vengono escluse dalla possibilità di utilizzo delle intercettazioni telefoniche ed ambientali tutte le fattispecie di reati legati alle ecomafie e tutti i reati di tipo ambientale (il traffico illecito dei rifiuti ed altre fattispecie che tendono a divenire, in questi anni, sempre più spesso uno degli elementi cardine attorno a cui la malavita organizzata prospera).
La Commissione bicamerale sul traffico illecito dei rifiuti in questi ultimi giorni ha svolto audizioni con magistrati e forze dell'ordine, da cui è venuto un appello costante ed unanime a rimuovere tale esclusione dal disegno di legge. Ne è riprova il fatto che, non solo vi sono emendamenti in tal senso del Partito Democratico, ma emendamenti pressoché identici sono stati presentati dal presidente della medesima Commissione bicamerale, l'onorevole Pecorella, fine giurista, uomo autorevole e notoriamente un garantista. Eppure egli stesso, che fa parte di uno schieramento opposto al nostro e ne è autorevole componente, concorda con noi sulla necessità di reintrodurre la possibilità di effettuare intercettazioni anche in relazione a reati connessi al traffico illecito dei rifiuti.
L'altro aspetto che voglio sottolineare è quello della contraddizione dei termini quando si limita l'utilizzo delle intercettazioni ai soli casi in cui ricorrono evidenti indizi di colpevolezza (la contraddizione è appunto, quella sì, evidente).
Si vuole in questo modo correggere l'utilizzo - altrettanto non positivo, dal mio punto di vista - dello strumento delle intercettazioni che alcune procure fanno, come si dice, «a strascico», oppure si vuole tenere conto che non può essere, quello delle intercettazioni, l'unico strumento per fare indagini: si tratta di esigenze Pag. 72sacrosante, ma non è con questo disegno di legge che a tali esigenze si possa dare risposta.
Con questo disegno di legge si rischia soltanto di indebolire gli strumenti assolutamente necessari a contrastare la malavita, il male, i reati. Ecco perché con questo ordine del giorno si chiede un monitoraggio attento degli effetti di tale provvedimento legislativo, in modo che tra un anno si possa vedere se, come noi temiamo, questo provvedimento di legge inficerà gravemente la possibilità che hanno le forze di polizia e la magistratura di contrastare il crimine (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

PRESIDENTE. L'onorevole Zampa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/69.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, con questo ordine del giorno voglio ricordare che le intercettazioni rappresentano uno strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, e a volte, certamente e indiscutibilmente, indispensabile. In ogni caso, si tratta di uno strumento di grande efficacia che - non siamo noi a negarlo - deve essere attentamente regolato dalla legge in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione. Con questo ordine del giorno voglio ricordare che, invece, il provvedimento in esame introduce, in realtà, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, poiché in nome di una falsa tutela della privacy si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la ricerca della prova. L'hanno già ricordato i miei colleghi, voglio ribadirlo: in questi anni le intercettazioni hanno portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo.
Questo disegno di legge, inoltre, contiene anche un durissimo attacco al diritto di cronaca, una sua esagerata compressione, tanto da arrivare a configurare, come i giornalisti italiani hanno denunciato in tutte le sedi, un vero e proprio bavaglio all'informazione. Con le nuove norme, tutti gli organi di stampa, i giornali, le televisioni, le radio, i siti Internet, non potranno più informare per tutta la durata dell'indagine sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria. È evidente che la lesione del diritto di cronaca e del diritto al sapere dei cittadini è molto grave. La nuova legge limita anche, in modo sconsiderato, la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'utilizzazione delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà, infatti, consentito soltanto per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre le nuove norme, per tutti gli altri reati, i cosiddetti reati comuni, che in realtà sono proprio quelli che affliggono la vita quotidiana dei cittadini e mettono a rischio la loro sicurezza, introducono molti ostacoli che impediranno l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere casi molto importanti.
Con il testo che ci è stato proposto si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di evidenti indizi di colpevolezza. Si potrà, dunque, richiedere l'autorizzazione delle intercettazioni solo dopo evidenti indizi di colpevolezza. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma, quindi, del tutto irragionevole. Anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate - voglio ricordarlo -, gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: 60 giorni al massimo.
Si tratta di un periodo assolutamente inadeguato e incongruo ad una indagine che invece può durare per legge anche un anno e mezzo. Questo ordine del giorno chiede perciò al Governo di garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione con riferimento speciale alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 544 del codice penale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. L'onorevole Calvisi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1415-A/24.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, mi rivolgo al sottosegretario. Il nostro giudizio sul provvedimento è noto. È un provvedimento che abbiamo giudicato in maniera molto negativa, sia nel dibattito nella Commissione di merito, sia nel dibattito in Aula, sia con interventi autorevoli di tutti i dirigenti del nostro partito sulla stampa nazionale. Ed è negativo anche per il modo con il quale voi della maggioranza avete scelto di far passare questo provvedimento, perché a nostro giudizio un dibattito libero del Parlamento avrebbe appurato che non c'è una maggioranza parlamentare per far passare questo provvedimento. Ad ogni modo, ora siamo alla conclusione di questo dibattito con il voto di fiducia di oggi. Voglio ricordare qui che noi del Partito Democratico non siamo pregiudizialmente contrari ad una riforma del regime delle intercettazioni. Noi abbiamo detto che siamo disponibili a discutere di una riforma che metta insieme il diritto alla riservatezza individuale, il segreto processuale, il diritto di cronaca e l'esigenza investigativa. Voi a parole avete detto che nel vostro provvedimento questi quattro punti cardine di un'ipotesi di riforma vengono conservati. La verità è che viene meno la tutela delle esigenze investigative e viene definitivamente cancellato il diritto di cronaca. E anche molti dubbi abbiamo noi su come voi tutelate la riservatezza individuale, su come voi pensate di tutelare il segreto processuale. In nome di una falsa tutela della privacy insomma si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale e insostituibile per la ricerca della prova. La nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini, e - come abbiamo detto in più di un'occasione - l'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo; per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, la sicurezza dei cittadini è in forte pericolo. Ora noi con questo ordine del giorno vi chiediamo una cosa molto semplice. Con questo ordine del giorno chiediamo che il Governo presenti al Parlamento una relazione su un articolo specifico del codice penale, che riguarda i reati di violenza sessuale, ma come è noto - siccome il sottosegretario e il Ministro hanno ascoltato il dibattito sull'esposizione di questo ordine del giorno - noi analogo ordine del giorno l'abbiamo presentato anche su altri reati del codice penale. Allora quello che vi chiediamo, sottosegretario, quello che chiediamo alla maggioranza è di venire incontro a questa esigenza, questa richiesta dell'opposizione di trasparenza, di monitoraggio sull'attuazione di una legge che secondo noi mette a rischio la tutela della sicurezza dei cittadini - secondo voi no - ma non vi è dubbio che alcuni utilizzi che vi possano essere di questa norma che noi andiamo ad approvare possono arrecare grave nocumento alle esigenze investigative. Quindi, signor sottosegretario, siete stati sordi alle richieste di modifica del provvedimento da parte dell'opposizione, ma io mi auguro che non siate sordi e ciechi nel bocciare tutti gli ordini del giorno che l'opposizione vi propone per dare trasparenza sull'attuazione di una legge, che chiede questo Parlamento, chiede questa opposizione, ma soprattutto chiedono i cittadini italiani.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Garagnani n. 9/1415-A/1, in quanto esso impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa di propria competenza, anche di natura normativa, volta a ridurre il rischio dell'abuso dello strumento delle intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, con maggiori controlli ed un inasprimento delle sanzioni: ciò che è stato previsto con il disegno di legge in esame.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Nicola Molteni Pag. 74n. 9/1415-A/2 in quanto in esso si chiede di istituire un capitolo di spesa autonomo dedicato alle intercettazioni telefoniche ma, di fatto, ritengo che non sia possibile in base alle norme sul bilancio dello Stato e, quindi, rispetto al capitolo di spesa 1360. Faremo di tutto per individuare un sistema secondo quanto indicato nell'ordine del giorno in oggetto e, per tale ragione, il Governo lo accoglie come raccomandazione.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Brigandì n. 9/1415-A/3, purché il dispositivo sia riformulato nel senso di impegnare il Governo «a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare le necessarie iniziative al fine di garantire che ogni anno siano liquidati almeno parte dei costi sostenuti dai fornitori dei servizi a supporto delle intercettazioni».
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Realacci n. 9/1415-A/4, dal momento che non c'è una specifica indicazione ma si chiede di vigilare affinché le norme introdotte non indeboliscano il contrasto della lotta alla mafia e della criminalità organizzata anche in relazione ai reati ambientali.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Valducci n. 9/1415-A/5 purché si chiarisca una questione: nell'articolo 28 si parla di siti informatici e non si comprende che viene sanzionato l'autore di scritti con contenuto diffamatorio. Per tale ragione, il Governo accetta l'ordine del giorno Valducci n. 9/1415-A/5 purché il dispositivo sia riformulato nel senso di impegnare il Governo «a vigilare in modo che, in fase di applicazione delle disposizioni, queste siano applicate nel senso di porre l'obbligo di rettifica a carico degli autori dei contenuti diffamatori» peraltro è ciò che già prevede la disposizione in quanto la norma non è altro che una riscrittura in base alla legge sulla stampa.

PRESIDENTE. Onorevole sottosegretario, le siamo molto grati, ma vorrei pregarla di chiarire meglio la riformulazione.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, glielo dicevo per la verbalizzazione.

PRESIDENTE. Troviamo una via di mezzo. Lei ci espone le riformulazioni ma poi si limita a dire «accettato», «non accettato» o «accolto come raccomandazione».

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Il Governo accetta l'ordine del giorno Valducci n. 9/1415-A/5 purché riformulato.

PRESIDENTE. Onorevole sottosegretario, la invito ad enunciare la riformulazione.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, ho già letto la riformulazione.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rao n. 9/1415-A/6, mentre accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Compagnon n. 9/1415-A/7.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Pezzotta n. 9/1415/8, purché il dispositivo sia riformulato nel senso di impegnare il Governo a valutare l'opportunità di iniziative per l'istituzione - non di un ente pubblico - di un centro unico, già previsto dalla legge finanziaria per il 2008. Per il resto l'ordine del giorno non cambia.
Quanto all'ordine del giorno Ferranti n. 9/1415-A/9, il Governo non accoglie la premessa, che è critica nei confronti della legge, ma accetta il dispositivo se così riformulato: «a riferire al Parlamento, entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge, acquisendo i dati dalle procure generali della Repubblica e dei presidenti delle corti d'appello, circa i casi in cui il giudice è stato chiamato ad astenersi e quelli in cui il pubblico ministero è stato sostituito nelle indagini perché indagato per il reato di cui all'articolo 379-bis del codice di procedura penale», sopprimendo la parte successiva.
Il Governo non accetta una serie di ordini del giorno, che ora leggerò, perché Pag. 75si tratta di ordini del giorno che bloccherebbero l'attività giudiziaria. Si chiede una serie di dati statistici e la motivazione del mancato accoglimento è data esclusivamente dal fatto che il Ministro deve riferire al Parlamento ogni anno sull'attività giudiziaria con dati statistici e quindi questi dati potranno essere forniti dal Ministro. Pertanto, il Governo non accetta gli ordini del giorno Tenaglia n. 9/1415-A/10, Melis n. 9/1415-A/11, Ciriello n. 9/1415-A/12 e Concia n. 9/1415-A/13.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Piffari n. 9/1415-A/14 per una ragione diversa, perché si fa l'ipotesi di nuova formulazione e di un nuovo nomen iuris della fattispecie contestata: questa è già coperta dall'attuale legge , così come viene proposta.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Madia n. 9/1415-A/15, Naccarato n. 9/1415-A/16, Gatti n. 9/1415-A/17, Vassallo n. 9/1415-A/18, Bachelet n. 9/1415-A/19, Barbi n. 9/1415-A/20 e Berretta n. 9/1415-A/21.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Andrea Orlando n. 9/1415-A/22 perché i sufficienti indizi di reato già consentono le intercettazioni nelle ipotesi di reati di criminalità organizzata e di mafia.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Boccuzzi n. 9/1415-A/23, Calvisi n. 9/1415-A/24, Cardinale n. 9/1415-A/25, Marco Carra n. 9/1415-A/26, Cuomo n. 9/1415-A/27, De Biasi n. 9/1415-A/28, De Micheli n. 9/1415-A/29, Garavini n. 9/1415-A/30, De Torre n. 9/1415-A/31, Farinone n. 9/1415-A/32, Fiorio n. 9/1415-A/33, Froner n. 9/1415-A/34, Ginefra n. 9/1415-A/35, Gnecchi n. 9/1415-A/36, Graziano n. 9/1415-A/37, Laratta n. 9/1415-A/38, Lenzi n. 9/1415-A/39, Lo Moro n. 9/1415-A/40, Marrocu n. 9/1415-A/41, Piccolo n. 9/1415-A/42, Mastromauro n. 9/1415-A/43, Meta n. 9/1415-A/44, Miglioli n. 9/1415-A/45, Mosca n. 9/1415-A/46, Murer n. 9/1415-A/47, Oliverio n. 9/1415-A/48, Peluffo n. 9/1415-A/49 e Pes n. 9/1415-A/50.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/1415-A/51.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Touadi n. 9/1415-A/52, Cavallaro n. 9/1415-A/53, Mattesini n. 9/1415-A/54, Codurelli n. 9/1415-A/55, Cuperlo n. 9/1415-A/56, Sbrollini n. 9/1415-A/57, Sarubbi 9/1415-A/58, Tidei n. 9/1415-A/59, Rossomando n. 9/1415-A/60, Braga n. 9/1415-A/61, Samperi n. 9/1415-A/62, Vaccaro n. 9/1415-A/63, Tocci n. 9/1415-A/64, Zaccaria n. 9/1415-A/65, Tullo n. 9/1415-A/66, Velo n. 9/1415-A/67, Margiotta n. 9/1415-A/68, Zampa n. 9/1415-A/69, Ghizzoni n. 9/1415-A/70 e Maurizio Turco n. 9/1415-A/71.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Di Biagio n. 9/1415-A/72.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Aniello Formisano n. 9/1415-A/73.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Granata n. 9/1415-A/74.
Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Favia n. 9/1415-A/75, ma con una precisazione: non è corretto quanto si chiede nel dispositivo, in quanto già attualmente molte procure d'Italia (in particolare Roma, Campobasso ed altre) hanno tariffe massime di gran lunga più ridotte rispetto a quelle indicate nell'ordine del giorno in esame. Si accoglie come raccomandazione per il tentativo di realizzare un prezzario nazionale.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Monai n. 9/1415-A/76.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Pisicchio n. 9/1415-A/77.
Ricordo che l'ordine del giorno Porcino n. 9/1415-A/78 è stato ritirato.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Misiti n. 9/1415-A/79.

PRESIDENTE. Come preannunziato, il seguito dell'esame del provvedimento proseguirà nella seduta di domani a partire dalle ore 10.

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Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (ore 20,05).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali il deputato Francesco Proietti Cosimi, in sostituzione del deputato Silvano Moffa, dimissionario.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge.

PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la sottoindicata Commissione, cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
alla VII Commissione (Cultura):
VANNUCCI ed altri: «Istituzione del premio annuale "Arca dell'arte - Premio nazionale Rotondi ai salvatori dell'arte"» (867)

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 11 giugno 2009, alle 10:

1. - Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 867.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (1415-A)
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ed altri; VIETTI e RAO; BERNARDINI ed altri (290-406-1510-1555-1977).
- Relatori: Bongiorno, per la maggioranza; Palomba e Ferranti, di minoranza.

(al termine delle votazioni)

3. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

Alla VII Commissione (Cultura):
VANNUCCI ed altri: «Istituzione del premio annuale 'Arca dell'arte - Premio nazionale Rotondi ai salvatori dell'arte» (867).

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

La seduta termina alle 20,10.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1415-A ed abb. - em. 1.1, 1.2 498 495 3 248 209 286 37 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.