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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 184 di martedì 9 giugno 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 11.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 maggio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

In morte dell'onorevole Alfredo Bisignani.

PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Alfredo Bisignani, già membro della Camera dei deputati nella VI e VII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Annunzio della costituzione della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti.

PRESIDENTE. Comunico che in data 19 maggio 2009 la Commissione parlamentare di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti ha proceduto alla propria costituzione.
Sono risultati eletti: presidente, l'onorevole Tommaso Foti; vicepresidente, l'onorevole Massimo Bitonci.

Integrazione nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 8 giugno 2009, il presidente del gruppo parlamentare Popolo della Libertà ha reso noto che, in data 27 maggio 2009, la composizione del direttivo è stata integrata con la nomina a tesoriere della deputata Chiara Moroni, a vice tesoriere del deputato Massimo Corsaro e a vicepresidente dei deputati Sabatino Aracu e Pietro Laffranco.

Pag. 2

Discussione della mozione Franceschini n. 1-00185 sull'abrogazione della legge n. 124 del 2008 (cosiddetto «lodo Alfano»), sulle riforme costituzionali e sugli interventi in tema di giustizia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00185 sull'abrogazione della legge n. 124 del 2008 (cosiddetto «lodo Alfano»), sulle riforme costituzionali e sugli interventi in tema di giustizia (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione delle mozioni è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 26 maggio 2009.
Avverto che sono state presentate le mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00186 e Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
Avverto altresì che la mozione Franceschini ed altri n. 1-00185 è stata sottoscritta dall'onorevole Zaccaria.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria, che illustrerà anche la mozione Franceschini ed altri n. 1-00185, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, illustro la mozione a prima firma Franceschini che, come lei ha appena ricordato, reca nell'oggetto l'abrogazione della legge n. 124 del 2008 sulle riforme costituzionali e sugli interventi in tema di giustizia. Devo dire che questa vicenda richiede che si faccia una brevissima cronologia, una cronistoria delle tappe più importanti che riguardano la vicenda collegata al lodo Alfano, che è il primo punto delle tre questioni, e sulle quali verte la mozione.
La storia si intreccia negli ultimi cinque anni della Repubblica, a partire dal lodo Schifani che, come è noto, nel giugno del 2003 aveva per la prima volta, con la legge n. 140 del 2003, affrontato la questione della sospensione dei processi per le alte cariche dello Stato.
A testimonianza del fatto che questa vicenda ha inciso profondamente sui principi del nostro ordinamento, non molti mesi dopo l'approvazione di quella legge del 2003, la Corte costituzionale ha sentito la necessità di intervenire dichiarando la sua incostituzionalità, esprimendo alcuni principi e praticamente fornendo una serie di indicazioni che il Parlamento avrebbe dovuto tenere in considerazione.
Nel luglio 2008, dopo una parentesi di alcuni anni, arriva all'esame della Camera il lodo Alfano con una procedura - lo ricordiamo tutti perché si tratta di tempi recenti - molto accelerata. Rammento, infatti, che l'onorevole Bressa nell'illustrare la pregiudiziale di costituzionalità ebbe modo di soffermarsi molto sulle caratteristiche del procedimento legislativo che è stato estremamente abbreviato e che, quindi, praticamente ha quasi soppresso una delle fasi in Commissione e ha ridotto al minimo quella in Aula, sollevando dei dubbi anche di ordine procedurale sulla possibile incostituzionalità nella forma, cioè nel modo di procedere, di un'elaborazione legislativa di un atto così importante ridotto in tempi parlamentari brevissimi. Subito la stampa disse che quella legge avrebbe potuto applicarsi non ad uno, ma a due processi relativi al Presidente del Consiglio, perché le altre cariche dello Stato erano solo teoricamente investite della questione, ma non praticamente. Il lodo Alfano è stato approvato in tempi rapidissimi, poco più di una settimana tra Camera e Senato e praticamente ha reintrodotto quella possibilità di sospensione dei processi che già il lodo Schifani, in una forma diversa, aveva immaginato nel 2003. Pag. 3
Nel luglio 2008, sempre contemporaneamente, abbiamo avuto una serie di ripetute dichiarazioni, che poi riprenderò, dell'onorevole Berlusconi ed anche di altri soggetti che in qualche modo precisarono che il Presidente non si sarebbe mai avvalso di quella prerogativa concessa dal lodo Alfano. In effetti, nel settembre dello stesso anno, vi è stata l'applicazione ai processi che riguardavano Berlusconi, ma contemporaneamente è stata anche sollevata la questione di costituzionalità dinanzi alla Corte costituzionale da parte del tribunale di Milano. Nel febbraio 2009 abbiamo avuto con riferimento all'imputato Mills una sentenza, su cui mi soffermerò tra poco, le cui motivazioni sono state depositate ed ampiamente diffuse nel maggio 2009. Dunque, siamo di fronte ad una cronologia piuttosto complessa per dimostrare che questa vicenda ha inciso e inciderà ancora in maniera molto rilevante nella storia recente della nostra Repubblica.
Vorrei intanto dire che il lodo Alfano con una norma di carattere generale rappresenta sostanzialmente una forma automatica e generalizzata di sospensione dei processi che si applica dalla data di assunzione fino alla cessazione dalla carica e dalla funzione: questa applicazione generalizzata ed automatica è uno degli elementi sui quali bisogna soffermarsi.
Un altro degli elementi su cui dobbiamo soffermarci è che la norma stabilisce come l'imputato, o il suo difensore munito di procura speciale - lo vorrei sottolineare - può rinunciare in ogni momento alla sospensione. Quest'ultima opera per l'intera durata della carica, della funzione e ciò rappresenta un altro elemento significativo.
Mi pare importante, innanzitutto, ricordare come la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale il lodo Schifani in riferimento prevalentemente all'articolo 3 della Costituzione. Inoltre, la Corte nei profili di incostituzionalità del lodo Schifani aveva censurato l'automatismo generalizzato della sospensione che incide, menomandolo, sul diritto di difesa dell'imputato. A quest'ultimo è posta l'alternativa tra continuare a svolgere l'alto incarico sotto il peso (lo sottolineo) di un'imputazione che in ipotesi può concernere anche gravi reati e particolarmente infamanti; oppure, con riferimento al lodo Schifani che non concedeva possibilità della rinuncia, a dimettersi dalla carica per dimostrare la propria innocenza.
Tuttavia, la Corte fa capire in maniera molto chiara che in primo luogo non funziona il meccanismo generalizzato e automatico di applicazione della norma; in secondo luogo che non tutte le imputazioni sono uguali. Evidentemente se si è imputati per aver commesso un reato in ambito di circolazione stradale è una cosa, ma altra cosa è se si è imputati di un reato che si ascrive alla corruzione o altre cose che riguardano la pubblica amministrazione e i pubblici uffici.
La Corte, dunque, sostanzialmente dice molto chiaramente che è contraria all'automatismo generalizzato della sospensione e, inoltre, che è importante la valutazione dei casi nei quali questa situazione può configurarsi. Naturalmente la Corte non svolge discorsi teorici, bensì discorsi che pesano sulla costituzionalità. Evidentemente ciò vuol dire che se questi istituti non possono essere applicati, la norma diventa un'odiosa discriminazione in dispregio del principio fondamentale scritto nell'articolo 3 della Costituzione. Ciò è quello che sostanzialmente era stato detto.
Mentre in Parlamento noi discutevamo del lodo Alfano, Berlusconi affermava il 24 luglio 2008: «Non mi avvalgo del blocca-processi. Ho già detto che non mi sarei avvalso per i processi anteriori al 2000 della norma che è stata chiamata blocca-processi». In modo ancora più secco era stato detto: «Giustizia, Berlusconi: "Non mi avvarrò del lodo Alfano"». Inoltre, a chi gli chiedeva se si sarebbe avvalso del lodo Alfano, il Presidente del Consiglio sulle agenzie Asca e Ansa, rispondeva: «Avevo già detto inutilmente che non mi sarei avvalso della clausola sospendi-processi, chiamata salva Premier». Naturalmente si sfoga per la persecuzione inaccettabile in democrazia di cui è stato vittima. È interessante che anche l'onorevole Pag. 4Ghedini in un'Ansa «preventiva» del 9 luglio 2008 diceva: «Il lodo Alfano non serve per il caso Mills».
Ho citato Berlusconi e Ghedini non perché voglio fare qui un'applicazione processuale del principio sull'imputato e il suo difensore (mi risulta che l'avvocato Ghedini, oltre che essere collega parlamentare è anche il difensore). In realtà, vi è una dichiarazione molto chiara per cui sia l'imputato (in questo caso il Presidente del Consiglio), sia il suo difensore hanno detto che non si sarebbero voluti avvalere di questo istituto. Troppo facile replicare che qui ci vuole la procura speciale e che questo tipo di manifestazione deve essere fatta in una sede opportuna.
Troppo facile replicare che il Presidente del Consiglio è talmente abituato a fare dichiarazioni non corrispondenti al vero che dovremmo tener conto di questo fatto e non prenderle sul serio.
Devo dire che mi è capitato tra le mani in questi giorni un breve, ma denso articolo di Franco Rositi, scritto su Quaderni di scienza politica, intitolato «La tolleranza della menzogna nella scena pubblica».
Rositi fa varie considerazioni, che per economia di tempo vi risparmio: dopo aver esordito dicendo che tra i sette vizi capitali non vi è la menzogna (quindi, da questo punto di vista, il fatto potrebbe non essere grave), egli afferma, però, che, nella situazione che corrisponde agli ideali di uno Stato democratico, esistono volenterosi che desiderano uscire da questa situazione di tolleranza della menzogna. Si dovrebbe porre maggiore attenzione alla diffusione di atteggiamenti tolleranti verso la menzogna rivelata. Si può dire, a tale riguardo, che la tolleranza della menzogna nasce da una democrazia a grado zero, ma che a sua volta ne è l'incunabolo e una potente conferma.
Il problema è politicamente rilevante quando il Parlamento vota una legge, quando il Presidente del Consiglio, che è l'unico tra i possibili destinatari, dichiara solennemente e pubblicamente di non volersi avvalere di questo istituto, quando le motivazioni che sono collegate alla sentenza sono di estrema gravità.
La mozione n. 1-00185 del Partito Democratico, nella sua premessa, afferma che: «nelle motivazioni della sentenza di condanna emessa dal tribunale di Milano nei confronti di David Mills si legge che lo stesso "ha certamente agito da falso testimone, da un lato, per consentire a Silvio Berlusconi ed al gruppo Fininvest l'impunità dalle accuse o, almeno, il mantenimento degli ingenti profitti realizzati attraverso il compimento delle operazioni societarie e finanziarie illecite compiute sino a quella data; dall'altro, ha contemporaneamente perseguito il proprio ingente vantaggio economico"».
Nella parte che ho riportato queste motivazioni sono sottolineate, ma, leggendo le 500 pagine della motivazione, esse risultano estremamente pesanti non solo nei confronti dell'imputato, ma anche nei confronti del Presidente del Consiglio, che si è sottratto, in virtù del lodo Alfano, al processo, ma non si è sottratto all'ombra del processo, cioè a quello che deriva dalla lettura dei fatti processuali, non applicati a lui per l'impossibilità, ma ipotizzati per lui.
Questo tipo di preoccupazione è ancora più grave perché i giudici di Milano hanno sostanzialmente ipotizzato l'incostituzionalità del lodo Alfano: il lodo Alfano, dicono i giudici di Milano, è incostituzionale; i giudici sospendono il processo, ma rinviano alla Corte costituzionale.
La Corte costituzionale, con ogni probabilità, si pronuncerà nuovamente su questa questione tra la fine dell'anno e l'inizio immediato dell'anno prossimo, quindi fra dicembre e gennaio.
Veniamo alla questione che mi sta più a cuore e che è il punto numero uno, il punto centrale di questa mozione: la facoltà della rinuncia. In fondo, in questa mozione, quello che si chiede, in tesi, in qualche modo come argomento principale, è la possibilità che si possa riconsiderare quella legge fatta in quel momento e in quel contesto di urgenze processuali e si possa eventualmente abrogarla o modificarla.
Ma vi è anche un passaggio, che non è certamente secondario: è necessario - si dice - Pag. 5che il Presidente Berlusconi rinunci alla sospensione dei processi in virtù dell'applicazione del lodo Alfano, in virtù di una facoltà che il lodo Alfano ha espressamente inserito per rispondere ad un'indicazione della Corte costituzionale. Dobbiamo, infatti, dircelo con franchezza: la norma detta una disposizione uguale per ogni tipo di reato, ma vi sono reati di un tipo (più gravi) e vi sono altri reati (meno gravi).
Vi sono reati che, in relazione all'esercizio della funzione pubblica di Presidente del Consiglio, possono essere bagatellari, una perdita di tempo (parlavo prima di una vicenda che non ha niente a che vedere con l'amministrazione della cosa pubblica, con la funzione di Presidente del Consiglio o con le ordinarie funzioni di chi governa un Paese). Non sono convinto che il lodo Alfano fosse correttamente realizzabile nella forma della legge ordinaria: con legge costituzionale, a mio modo di vedere, si poteva, anche per reati privati del Presidente del Consiglio, arrivare ad una deroga dell'articolo 3 della Costituzione.
Tuttavia, domando a me stesso e domando a voi se, di fronte a reati il cui colore, il cui significato, la cui ombra incide sull'amministrazione della cosa pubblica, laddove il Presidente del Consiglio è sospettato, solo sospettato, ma per effetto di carte processuali che sono richiamate in una sentenza dello Stato per una vicenda collegata al reato di corruzione, si possa dire: non c'è tempo da perdere, mettiamola da parte e pensiamo ad altro.
Penso che il fatto di cui si parla sia un reato di assoluta gravità per un uomo pubblico; e il fatto che si getti quest'ombra, che è incancellabile fino a quando non si svolgerà il processo, va a minarne la credibilità interna e internazionale.
È inutile che il Presidente del Consiglio dica: Dio mio, è caduta così in basso la mia credibilità internazionale! Sì, certo, la vicenda Noemi, le mancate risposte ai dieci quesiti posti non soltanto da un giornale, ma posti ormai dalla stampa interna e internazionale che si occupa di questo problema, mineranno in maniera inevitabile tale credibilità.
Ma, allora, la credibilità non è minata anche da un processo sospeso che riguarda fatti di corruzione giudiziaria? Per questo era disposta la rinuncia! Per questo la Corte costituzionale aveva affermato che la rinuncia doveva essere un diritto da esercitare! Noi chiediamo che debba essere un dovere, e non solo un diritto!
Quando alle vicende collegate al «Noemi gate», alle vicende collegate alle risposte non date, alle vicende collegate alla sentenza Mills, si sommano le vicende che affiorano legate ai voli di Stato (ne parleremo in una prossima interrogazione, che mi auguro potremo svolgere), evidentemente, per la concatenazione dei fatti (norma del Governo Prodi, allentamento della norma del Governo Prodi, violazione di queste disposizioni, sia prima che dopo) ci troviamo di fronte a reati ministeriali, perché vi è in discussione il corretto esercizio delle funzioni ministeriali.
Mi domando se gli stessi fatti, collegati al processo Mills, fossero in qualche modo legati a un esercizio delle funzioni del Presidente, anche se riguardanti, nel momento in cui furono commessi, vicende private; penso che l'illuminazione sarebbe diversa: il discorso intorno ai reati ministeriali è molto complesso.
Sui voli di Stato pacificamente vi è comunque di mezzo il reato ministeriale, e sappiamo che l'iter è in corso, e ad un certo punto potrebbe arrivare alla Camera, perché in quei casi è prevista l'autorizzazione della Camera.
Ebbene, si comincia a configurare una concatenazione di fatti non soggettivamente collegabili, ma oggettivamente sul tappeto: la vicenda Mills, la vicenda del «Noemi gate», la vicenda dei voli di Stato.
Voglio fermarmi un momento su questo argomento. Qualche giorno fa mi trovavo negli Stati Uniti e mi domandavo come mai là non si parlasse di queste vicende. Un corrispondente mi ha detto, allora, che l'Italia è una sorta di provincia, della quale si parla raramente e soltanto a seguito di determinati fatti. Bene, il giorno dopo sul The New York TimesPag. 6si parlava a tutta pagina di questo fatto. E questo fatto tornerà: tornerà alla vigilia del G8, e tornerà se - come la stampa annuncia - il Presidente Berlusconi andrà in visita dal Presidente Obama nei prossimi giorni. Questi sono elementi che minano la credibilità, quantomeno internazionale.
Con la nostra mozione facciamo dunque una richiesta precisa: che la norma del lodo Alfano sia rivista e che il Presidente si avvalga della facoltà che la Corte costituzionale ha ritenuto indispensabile in relazione alla natura del reato in discussione. Ma affermiamo anche altre cose che sono collegate agli sfoghi del Presidente del Consiglio (se vogliamo chiamarli così: sinceramente, io non sarei per questo termine di assoluzione).
Dopo le sentenze che formalmente - diceva lui - non lo riguardavano, il Presidente del Consiglio ha attaccato i giudici di Milano e il presidente di quel tribunale in maniera assai peggiore che se esse lo avessero riguardato. Questo ricorda un po' la vicenda delle foto di Villa Certosa, giudicate innocenti e poi sequestrate. Ma delle due l'una: o si tratta davvero di foto innocenti, e allora non devono essere sequestrate; oppure non sono del tutto innocenti per la concatenazione che determinano ed allora il problema va posto su un altro piano.
Ebbene, non possiamo trascurare il problema del rapporto fra il Presidente del Consiglio e i giudici - soprattutto quel giudice che, ricusato due volte e giudicato positivamente dalla Corte di Cassazione, ha legittimamente giudicato sul caso.
Né possiamo accettarne gli attacchi al Parlamento. Lo so che questo è un Parlamento fatto di persone che non sono state elette (e noi vogliamo farne, invece, un Parlamento di eletti!): ma non c'è dubbio che un Parlamento con la «p» normale reagirebbe a simili attacchi, che sono il frutto non di occasioni saltuarie, ma di un disegno preciso. Attacchi che peraltro si sono conclusi con un passaggio che farebbe sorridere, se non facesse preoccupare, e cioè con l'ipotesi da parte del Presidente di una riforma costituzionale operata attraverso una raccolta popolare di firme. Molti hanno fatto notare che la raccolta delle firme per le proposte di iniziativa popolare è un istituto che ha un suo significato, ma è sostanzialmente disapplicato. E invece il Presidente, abusando della credulità delle persone, afferma che vuol raccogliere le firme perché non vuole che a fare la legge siano «i tacchini prima del Natale», come ha detto con un'immagine di cui si può discutere (perché le immagini possono essere più o meno colorite), ma queste sono parole dette da un organo costituzionale nei confronti di un altro organo costituzionale e che pesano come macigni.
Insomma, l'insieme degli interventi del Presidente del Consiglio sulla giustizia, sulla riforma del Parlamento e sulla sua legittimazione sono di una gravità inaudita. Non dico che vi siano estremi di reato, poiché questa non è materia sulla quale ho competenza e verso la quale voglio condurre il mio discorso: dico però certamente che non è questo il modo per affrontare in termini istituzionalmente corretti la riforma costituzionale. E sulla materia noi abbiamo le carte in regola, poiché in quei due brevi anni del Governo Prodi noi la riforma l'abbiamo portata fino all'Aula, con un consenso amplissimo da parte della Camera dei deputati, ed eravamo pronti a votarla.
E lì, in quelle pagine, è scritto ciò che noi vogliamo in tema di riforma costituzionale, ma quello che il Presidente sceglie non è il modo di realizzare una riforma costituzionale in questo Paese.
Concludo ancora con una annotazione che riguarda la giustizia. L'onorevole Tenaglia ha detto più volte quali sono i principi - non sto qui a ripeterli - che abbiamo in mente con riferimento alla riforma della giustizia, da realizzarsi con legge ordinaria (infatti non vi è bisogno di adottare leggi costituzionali, bensì solo leggi che accelerino i processi e che rendano più efficace anche l'opera del Consiglio superiore della magistratura).
Ma a queste serie proposte di riforma ci sentiamo rispondere dal Governo con pericolose scorciatoie sulle intercettazioni Pag. 7e con delle norme sul rapporto tra giustizia, informazione ed intercettazioni che mi sento di giudicare «liberticide».
Questo è un tema di grande valore perché rischiamo, ancora una volta, di dare una risposta non nel merito, bensì simbolica: si sequestrano le foto di Villa Certosa e si impedisce alla stampa di parlare dei processi e delle intercettazioni (sempre, anche quando è caduto il segreto istruttorio).
Se queste sono le risposte, se questa è la strada che si sceglie per affrontare tali delicati problemi, la nostra risposta è negativa; ma non è una risposta negativa, come voi dite nei telegiornali o, qualche volta, nei dibattiti. Le nostre proposte sono scritte, infatti, in proposte di legge: per la riforma costituzionale basta andare a prendere le proposte a prima firma Bressa ed Amici da noi presentate, che dicono chiaramente cosa intendiamo in questo campo, mentre ricordo le proposte in materia di giustizia dei nostri componenti in seno alla Commissione giustizia.
Dunque, credo che la forma più semplice sia quella che ho evocato all'inizio: se non vogliamo, ancora una volta, andare incontro ad un'incostituzionalità probabile del lodo Alfano che - inevitabilmente - fa di tutte le erbe un fascio e prevede per tutti i reati un trattamento uguale, penso che il Governo, al quale ci rivolgiamo, e il Presidente del Consiglio che lo presiede, debbano capire che la scelta migliore sia quella di rinunciare ad una discutibile prerogativa e di affrontare le questioni che lo riguardano e che gettano ombre sulla sua credibilità internazionale nelle aule ove si svolgono i processi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rota, che illustrerà anche la mozione Di Pietro ed altri n. 1-00186, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali: questo è scritto all'articolo 3, punto fermo della nostra Costituzione e caposaldo del nostro ordinamento democratico.
Nei primi mesi di questa legislatura abolire questo articolo è stata la priorità di questo Governo, è stata la priorità del Presidente del Consiglio che, a dire il vero, ci aveva già provato nel 2003 con il tentativo di approvare il lodo Schifani (o di farlo approvare), per poi vederselo cassato dalla Corte costituzionale.
L'Italia dei Valori in questi mesi ha contrastato nelle Aule parlamentari il tentativo, purtroppo concretizzatosi, di rendere diversi alcuni - in effetti uno, il Presidente del Consiglio - rispetto agli altri cittadini.
L'Italia dei Valori non si è limitata ad utilizzare le regole e gli strumenti democratici previsti dal nostro ordinamento per portare avanti i lavori di Camera e Senato: l'Italia dei Valori ha lanciato un appello alla gente onesta, ha chiamato nelle piazze a firmare contro il lodo Alfano per far sentire la propria voce, evidenziando ancor prima del rischio democratico - vivo e, purtroppo, vero - l'immoralità del provvedimento «salva Premier».
Questo è stato un aspetto che va oltre quello tecnico, oltre i tecnicismi e le parole utilizzati da Ministri o avvocati del Premier per sostenere qualcosa che noi riteniamo ancor prima immorale, e che deve essere contrastato in ogni caso.
Abbiamo cercato di evidenziare questa immoralità del provvedimento «salva Premier», un Premier perennemente in conflitto di interessi e che prescrizione dopo prescrizione, scadenza dei termini dopo scadenza dei termini, agisce con approvazioni ad hoc di leggi che via via hanno mutato le regole del gioco democratico (due esempi su tutti: l'aver abolito le rogatorie internazionali e l'aver abolito il falso in bilancio, e questi sono solo due dei tanti provvedimenti approvati con tanta fretta che hanno contraddistinto il Premier nelle sue legislature, sei anni negli ultimi otto). Pag. 8
Questo Premier è sin qui riuscito a farla franca, alla faccia della giustizia, alla faccia dei cittadini, che però si ricordano sempre cosa recita l'articolo 3 della Costituzione!
Allora, in presenza di un Pinocchio ormai senza più controllo alle sue quotidiane bugie, l'Italia dei Valori ha voluto essere la voce dei cittadini, la voce di un grillo parlante che magari è fastidiosa per alcuni, ma per le persone oneste è ancora qualcosa che conta sentire qualcuno che evidenzia determinate vicende, senza paura di dar fastidio, sempre nel rispetto delle regole, sempre nel rispetto dei ruoli, e nel rispetto soprattutto dei cittadini, quei cittadini che ci hanno chiamato ad assolvere al nostro ruolo di opposizione, che è controllo e non accondiscendenza al più forte o al forte di turno.
Dunque, l'Italia dei Valori è diventata un po' un baluardo della democrazia e un baluardo a salvaguardia della Costituzione.
A pochi mesi dal deposito di oltre un milione di firme raccolte nelle piazze, tra la gente per bene e onesta, bipartisan - quel bipartisan vero però, che fa capire alle persone che è opportuno che il divide et impera non viva più, che non sia più il presupposto della politica per poter poi fare i propri interessi - ecco oggettiva e provata la conferma di quanto l'Italia dei Valori sosteneva: la sentenza Mills è un dato oggettivo, è una sentenza che impone ad un'opposizione seria e ad un partito responsabile di sottoporre a questa Camera una mozione ferma e sostenuta da fatti inequivocabili, una mozione che possa riportare l'attenzione e la decenza, prima che il lodo Alfano possa essere utilizzato anche per altre questioni, che riguardano direttamente il Presidente del Consiglio.
Infatti, potrebbe essere - e, come Italia dei Valori, solleciteremo ciò - che ci saranno risposte da dover dare, non solo alle Camere ma anche ai cittadini, rispetto all'ipotesi di peculato, per il trasporto di amici, parenti, veline, per fare i fatti privati.
Per l'amor del cielo, ci mancherebbe: la libertà personale è sacrosanta e ognuno ha diritto di fare nel proprio privato ciò che ritiene (però, in tal caso, chiaramente noi rimarcheremmo l'ambiguità e l'ipocrisia di sostenere i valori di famiglia ed altro, facendo poi l'esatto contrario), ma nel momento in cui si utilizzano le risorse pubbliche e i voli di Stato per portare queste persone alle proprie feste e ai propri festini, allora vi è un'ipotesi di peculato.
Non vorremmo che con il lodo Alfano, dopo il processo Mills, qualcuno possa trovare anche l'opportunità di sfuggire un'altra volta dall'obbligo di rendere conto del proprio operato ai cittadini, ancor prima che a queste Camere.
Dunque, la mozione a firma di chi vi parla, del presidente Di Pietro e degli altri colleghi dell'Italia dei Valori parte da fatti oggettivi, che purtroppo si sono verificati all'indomani della presentazione di quelle firme che menzionavo prima.
Il 17 febbraio 2009 l'avvocato inglese David Mills è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari. Secondo la sentenza emessa dai giudici della X sezione penale del tribunale di Milano, i seicentomila dollari versati sul suo conto dalla Fininvest sono dunque serviti a corrompere il legale inglese per testimoniare il falso nell'ambito di due processi in cui era imputato Silvio Berlusconi.
Questo è un fatto, una premessa, che sottoponiamo alla Camera, insieme ad un'altra questione. I giudici hanno riconosciuto colpevole Mills, ritenendo valido l'impianto dell'accusa, secondo cui Mills fu corrotto «con almeno 600 mila dollari» da Silvio Berlusconi per testimoniare il falso in due processi al fondatore della Fininvest. In particolare, il tribunale di Milano ha accolto la tesi della pubblica accusa, secondo cui i 600 mila dollari sono stati versati a Mills, attraverso il manager Fininvest Carlo Bernasconi, da parte di Silvio Berlusconi, perché il legale inglese fosse testimone reticente nei processi per i casi «guardia di finanza» e «All Iberian». Pag. 9
Ancora, un altro fatto oggettivo. Il 19 maggio scorso sono state depositate le motivazioni della sentenza (qualcuno non ci sta a prendere per buone le motivazioni della sentenza e ne fa gossip), che hanno accresciuto l'attenzione per il coinvolgimento nella vicenda di Silvio Berlusconi. In particolare, il tribunale di Milano contesta a Mills, in relazione alla deposizione resa il 20 novembre 1997 (Berlusconi non era un cittadino privato, aveva già ricoperto la carica di Presidente del Consiglio e si trattava, comunque, di un esponente delle istituzioni): di avere omesso di dichiarare, pur specificatamente interrogato, che la proprietà delle società offshore del Fininvest b group faceva capo direttamente e personalmente a Silvio Berlusconi; di avere omesso di riferire la circostanza del colloquio telefonico con Silvio Berlusconi nella notte di giovedì 23 novembre 1995 (ci ricordiamo che qualcuno era al Governo), avente quale argomento la società All Iberian e il finanziamento illegale di 10 miliardi di lire erogato da Berlusconi tramite All Iberian a Bettino Craxi; di avere dichiarato circostanze false in ordine al compenso di circa un milione e mezzo di sterline ricevuto una tantum - ma qualcuno ci camperebbe multum - nel 1996, a seguito di accordi con Silvio Berlusconi.
Ancora, tra i fatti oggettivi che ci portano a sottoporre la mozione in oggetto a questa Camera vi è il seguente. In relazione alle deposizioni rese il 12 e 19 gennaio 1998 nel procedimento n. 3510/96 e n. 3511/96 (il cosiddetto caso All Iberian), il tribunale di Milano contesta all'avvocato inglese di aver evitato di rispondere alle domande sulla proprietà delle società offshore; per quanto riguarda Century one ltd e Universal one ltd, società offshore costituite da Mills per conto di Silvio Berlusconi, che avevano ricevuto dal gruppo Fininvest ingenti rimesse di denaro su conti bancari presso la banca di Lugano, somme successivamente prelevate in contanti (per circa 50 milioni di euro) da Paolo Del Bue e altre persone della fiduciaria Arner, di avere omesso di riferire che i beneficiari di dette società, in forza di accordi di trust stipulati dallo stesso Mills, erano Marina e Piersilvio Berlusconi; ancora, di avere omesso di riferire quanto a sua conoscenza in ordine al legame diretto esistente tra Paolo Del Bue, della fiduciaria Arner, e la famiglia Berlusconi.
Vorrei esaminare ulteriori questioni oggettive. Nello stesso processo per concorso in corruzione in atti giudiziari, coimputato dell'avvocato inglese Mills, era proprio l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi. La posizione processuale del Premier è stata, però, stralciata - non è innocente: la sua posizione è stata stralciata - in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sulla legittimità del cosiddetto lodo Alfano, la norma che blocca i processi per le quattro massime cariche dello Stato (per una, le altre tre non ne hanno bisogno).
Grazie al cielo, il diavolo fa le pentole, ma non ancora i coperchi, come si suol dire. Ecco, dunque, un'altra questione oggettiva. La legge n. 124 del 2008, il cosiddetto lodo Alfano, pur avendo determinato l'interruzione del processo nei confronti del coimputato Silvio Berlusconi, non ha tuttavia impedito, per la particolarità del reato di corruzione - che prevede un concorso necessario tra corrotto e corruttore -, che con la condanna del corrotto e con l'accertamento dei fatti corruttivi si sia determinata, pure in mancanza di una corrispondente condanna, anche la sostanziale identificazione di un preciso corruttore, cioè l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi.
Ancora (altro fatto oggettivo), è di tutta evidenza che, pur trattandosi di una sentenza di primo grado e, dunque, restando valido il principio della presunzione di innocenza, il caso ha assunto una valenza politica enorme, coinvolgendo direttamente il Presidente del Consiglio in carica ed essendo le accuse in essa contenute di tale straordinaria gravità da destare eccezionale allarme nell'opinione pubblica.
In queste condizioni, l'interruzione del processo a carico del Presidente del Consiglio appare non solo totalmente inutile, ma addirittura dannosa, nei limiti in cui Pag. 10non consente un preciso accertamento dei fatti e delle responsabilità, che, viceversa, sarebbe assolutamente doveroso, sia nell'interesse dello stesso Presidente del Consiglio, sia nei confronti dell'opinione pubblica, che ha il diritto di essere certa dell'onestà di chi la governa e la rappresenta. Evito di fare l'esempio di illustri rappresentanti istituzionali di altre nazioni europee che si dimettono per fatti che si potrebbero definire marginali rispetto alla gravità del silenzio con cui noi affrontiamo determinate nefandezze; in Italia, invece, si riesce a giustificare tutto e si toglie al cittadino il suo diritto-dovere di indignazione.
Proprio in questa direzione si muoveva la richiesta avanzata dalle opposizioni - in maniera costruttiva e nell'interesse generale del Paese - al Presidente del Consiglio di rinunciare alla sospensione del processo prevista dal lodo Alfano: ne ha facoltà, lo faccia. È fondamentale, nell'interesse generale del Paese, che in Italia il primato della legge e l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla medesima non possano essere messi in discussione e che l'articolo 3 della Costituzione viva, oltre a rimanere scritto; ma qui il tentativo in atto è quello di svuotare la Costituzione, lasciando invariata la scrittura degli articoli che la compongono.
La condanna dell'avvocato Mills e il coinvolgimento del Presidente del Consiglio, così come il suo rifiuto di rinunciare al lodo Alfano, hanno avuto un enorme rilievo internazionale: lì sono attenti, la stampa non è tutta comunista e ogni tanto esiste anche una stampa non comunista che racconta i fatti come stanno. Tutta la stampa si è soffermata sulla vicenda. L'International Herald Tribune ha titolato: «Avvocato condannato per corruzione per aver protetto Berlusconi»; nell'articolo relativo, apparso anche sul New York Times, si evidenza la sorpresa per il fatto che la notizia, «che avrebbe mandato in fibrillazione il sistema politico di diversi Paesi», non abbia, invece, meritato l'apertura dei telegiornali italiani: alla faccia della trasparenza, alla faccia della libertà di informazione, alla faccia del fatto che si sostenga che non esiste un monopolio di informazione. Anche il Guardian ha dedicato alla vicenda diversi servizi, soffermandosi - anche in questo caso - sul lodo Alfano, «considerato una priorità del Governo Berlusconi», grazie al quale il Premier ha, di fatto, ottenuto l'immunità, «e la sentenza di ieri mostra quanto sia stato utile», anche se la Corte costituzionale - rileva sempre il quotidiano britannico - deve pronunciarsi ancora sulla sua legittimità.
In questo contesto, l'immagine e il prestigio internazionale del nostro Paese appaiono gravemente compromessi dal comportamento del Presidente del Consiglio, che pare privilegiare un proprio interesse privato a continuare a gestire una posizione di potere politico, a dispetto dell'interesse nazionale dell'intero Paese.
Nei prossimi mesi in Italia si terranno importanti vertici internazionali, a cominciare dal G8: appare a dir poco inopportuno che a presiedere tali riunioni sia un Presidente del Consiglio che una sentenza di un tribunale italiano - per quanto di primo grado - ha riconosciuto colpevole di corruzione in atti giudiziari, volta a celare fatti di enorme gravità.
Le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio sulla magistratura e sul Parlamento sono tali da screditare l'onorabilità e la credibilità delle specifiche istituzioni e dell'intero ordinamento costituzionale, conformando un conflitto istituzionale senza precedenti nell'intera storia repubblicana.
In tale situazione di conflitto istituzionale, il Presidente del Consiglio appare insofferente nei confronti di qualsiasi potere che si opponga, nell'ambito delle legittime dinamiche democratiche, alla sua determinazione.
Premesso che la concentrazione nella persona del Presidente del Consiglio di enormi poteri politici, economici e mediatici rende particolarmente grave la potenzialità eversiva intrinseca ad ogni conflitto istituzionale e che il conflitto di interessi in capo al Presidente del Consiglio risulta gravemente ostativo ad ogni sereno e proficuo dibattito in ordine alle riforme istituzionali Pag. 11necessarie al Paese e in particolare ad ogni ampia revisione della seconda parte della Costituzione, l'Italia dei Valori chiede un impegno a questo Governo: l'impegno ad attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la legge n. 124 del 2008, nota come «dolo Alfano», sia abrogata, e a valutare quanto l'attuale compagine governativa sia di ostacolo alla credibilità internazionale dell'Italia, alla sua stabilità istituzionale e all'avvio, nel rispetto delle basilari dinamiche democratiche, dei necessari processi di riforma anche istituzionali, ponendo in essere, nell'ambito delle proprie competenze, le iniziative necessarie alla rimozione di tali ostacoli.
Questo chiede l'Italia dei Valori a questa Camera, questo chiede l'Italia dei Valori a nome e per conto dei cittadini, in attesa che la Corte costituzionale possa porre, ultimativamente, la parola fine a questa intollerabile forzatura della nostra Costituzione e del rispetto dell'uguaglianza di tutti nei confronti della legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa, che illustrerà anche la mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, avendo ascoltato gli interventi dell'onorevole Zaccaria e del collega Rota, sembra che si tratti di interventi ancora da campagna elettorale. Auspicavo un dibattito che volasse alto, ma mi pare che sia stato inaugurato da considerazioni rasoterra.
La discussione che ci troviamo oggi ad affrontare ha radici risalenti nel tempo e non può certo essere limitata ad un ragionamento giuridico o politico-giuridico intorno al lodo Alfano, ai suoi profili costituzionali e alle sue implicazioni processuali. Il nodo fondamentale da affrontare è, a nostro giudizio, più complesso e magari affascinante nei suoi aspetti storici e istituzionali. Mi interessava soprattutto il rapporto tra poteri dello Stato, la loro leale coabitazione, la loro funzionalità e gli effetti che degli atti dell'uno derivano sugli atti dell'altro.
Vorrei partire da un dato storico ed oggettivo: dal 1992, i Governi si sono alternati o sono caduti non per volontà popolare ma per effetto di atti giudiziari, sempre non definitivi, quasi sempre dissoltisi nel nulla, molto spesso, paradossalmente, finalizzati a costituire una garanzia per il destinatario degli stessi. Ricordo a me stesso l'evidente discrasia tra il significato giuridico del termine «avviso di garanzia» ed il suo significato politico, volgare: una macchia che ha insozzato storie politiche, esperienze personali, rapporti umani, familiari e di amicizia, che ha costretto persone degnissime ad abbassare lo sguardo per la vergogna, che ha indotto i più fragili a cedere a gesti estremi, una macchia che non è stata minimamente cancellata da atti giudiziari assolutori e riabilitativi e che solo i più tenaci, grintosi e forti sono riusciti a superare. Ebbene, chi avesse modo di soffermarsi su un manuale di procedura penale, si stupirebbe leggendo che si tratta di un atto a tutela di una persona, per consentirle di far valere le sue ragioni e di offrire la sua versione dei fatti, e non di una coltellata tesa a minare la vita, i rapporti, le prospettive e la credibilità, quando venga indirizzato a chi è stato chiamato dai cittadini a responsabilità legislative o amministrative.
La stabilità politica fu garantita, per anni, da una norma che consentiva di consegnare alla magistratura chi realmente fosse responsabile di gravi reati e di salvaguardare, invece, chi potesse essere vittima di fumus persecutionis.
Si trattava di regole finalizzate ad evitare conflitti istituzionali tra poteri dello Stato e tese anche, questo va sottolineato, ad evitare che vi fosse un uso politico della giustizia.
Nei primi anni Novanta, insieme alla frana del sistema dei partiti, invece di intraprendere un percorso che coniugasse etica e politica si pensò di offrire all'opinione pubblica, che era giustamente indignata, un segnale di discontinuità e si dette una lettura, forse un'interpretazione, Pag. 12non certo corretta, di privilegio e di casta di un istituto che aveva una ratio ben solida nel nostro ordinamento.
Oggi ci troviamo a discutere tre mozioni, di cui due sono state presentate dall'opposizione, ed avrei voluto tentare di offrire a queste mozioni una chiave interpretativa non semplicemente elettoralistica. Proprio per questo avrei voluto che questo dibattito si spogliasse da tentazioni di polemiche vivaci per acquistare una prospettiva costruttiva. Ci sarebbe facile, lo ricordo al collega del gruppo dell'Italia dei Valori, ricordare le tante vicende di specchiata onestà relative ai loro esponenti, soprattutto in una parte del territorio nazionale, e lo stesso può valere per i colleghi del Partito Democratico.
Tuttavia noi vogliamo volare alto, vogliamo andare oltre, e per fare questo occorre prendere consapevolezza che nel nostro Paese è improcrastinabile una grande riforma della giustizia che dia e mantenga l'autonomia della magistratura, ma che garantisca anche autonomia alla sovranità del Parlamento. Per svolgere questa attività riformatrice è essenziale la stabilità politica. La giustizia non ha colori politici: è una funzione che qualifica lo Stato quando funziona e ne mina la fiducia quando non funziona, perché al centro c'è sempre un cittadino, un uomo, con le sue emozioni, le sue ansie, i suoi dubbi, che in qualsiasi veste sieda di fronte ad un giudice dovrebbe sentirsi di fronte ad un'istituzione solida, credibile, funzionale. Infatti, un uomo che oggi entra nel vortice del sistema giustizia in Italia viene sballottato, disorientato, lasciato indietro. Ho con me un articolo di giornale su una causa civile che riguarda una semplice servitù: per ottenere una sentenza di primo grado sono passati ventitre anni e questa sentenza non è stata ancora emanata, e nel frattempo sono morti l'attore, l'avvocato, il consulente.
Si pensi ancora che nel nostro Paese negli ultimi anni c'è stata un'esplosione di cause ai sensi della cosiddetta legge Pinto (legge 24 marzo 2001, n. 89) derivanti dall'irragionevole durata del processo: chi è stato leso dall'irragionevole durata del processo può chiedere alla corte d'appello di avere un risarcimento. Le cause in corte d'appello sono lunghissime, per cui si arriva all'irragionevole durata delle cause sull'irragionevole durata, la legge Pinto sulla legge Pinto. Si tratta di un paradosso che va superato e che coinvolge intere famiglie, ne mina la serenità, le prospettive, i programmi, ed è per questo che la politica deve essere responsabile e creare le condizioni per un lavoro sereno.
Il Ministro Alfano ha promosso e stimolato l'approvazione a tempo di record di norme acceleratorie per il processo civile, ha portato all'attenzione del Senato le modifiche al codice di procedura penale, ma vi sono molti punti sui quali è possibile trovare un accordo alto, dalla riforma del CSM - che è diventato un organo troppo influenzato dalle spinte correntizie e dallo spirito di conservazione - alla responsabilità dei giudici, dalla ragionevole durata del processo ai profili relativi all'obbligatorietà dell'azione penale. Vi sono testi già esaminati, in parte, dal Parlamento dai quali è possibile ripartire, ed il cosiddetto lodo Alfano costituisce un primo passo per creare le condizioni di un clima politico più sereno.
È importante notare come la Corte costituzionale ha giudicato questa misura finalizzata - cito la sentenza n. 24 del 2004 - a tutelare il bene dell'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a determinate cariche, «un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale». Si tratta di una pura e semplice sospensione di processi che nulla ha a che fare con il tema delle immunità.
Va aggiunto, per entrare nel merito, che il legislatore del 2008 ha tenuto in piena considerazione le osservazioni della Corte costituzionale in merito al «lodo Schifani». Sotto il profilo soggettivo, ossia delle alte cariche dello Stato, non si tratta di una legge a tutela della persona, ma della carica e dell'istituzione, indipendentemente da chi rivesta il ruolo o dal suo partito. Quindi, rivolgo un invito all'opposizione Pag. 13ad un approccio costituzionale su questo tema, non politico, né partitico o elettoralistico.
Ricordo la non reiterabilità della sospensione, la rinunciabilità della sospensione, l'assunzione di prove non rinviabili, la sospensione della prescrizione, la salvaguardia delle pretese civili, ed è per questo che chi abbia davvero la voglia di cambiare questa giustizia e ne senta la responsabilità deve riconoscere questo provvedimento come un primo passo per creare un clima di maggiore serenità.
Vorrei rivolgermi all'unico esponente presente in Aula del Partito Democratico: la responsabilità di un grande partito è fare scelte politiche non solo contingenti, ma di ampio respiro. Più volte il Presidente del Consiglio ha teso la mano ed ha auspicato che iniziasse un dialogo. Ora le elezioni sono alle spalle: si abbandonino le tentazioni e si passi al momento della responsabilità.
Auspicavo veramente che gli interventi in quest'Aula fossero di prospettiva futura e di profilo costruttivo. Anche un collega che stimo e costituzionalmente preparato, come il collega Zaccaria, ha ceduto a questa tentazione, ma non vogliamo perdere questa speranza, perché gli obiettivi, quelli di riformare il sistema giustizia, non devono interessare la politica, ma i cittadini. Si tratta, infatti, di obiettivi che devono essere finalizzati a garantire che questo Stato venga vissuto e valutato con fiducia e con credibilità quando rende giustizia da parte dei cittadini che hanno le loro emozioni, le loro frustrazioni, le loro sensazioni, le loro liti familiari legate magari ad un processo che dura da anni ed anni.
Anche in tema di riforme costituzionali auspichiamo che lieviti un dialogo tra maggioranza ed opposizione che abbia due stelle polari: la riforma della seconda parte della Costituzione, che conteneva degli elementi molto importanti anche sotto il profilo della maggiore funzionalità delle Camere e che è stata, per effetto di una propaganda negativa posta in essere dall'attuale opposizione, respinta dal corpo elettorale e la cosiddetta bozza Violante. Sono due punti di riferimento dai quali auspichiamo possa nascere un testo condiviso, così come sotto il profilo della giustizia.
Come vedete, l'approccio del Popolo della Libertà a questo tema è costruttivo e si tratta di un approccio di prospettiva. Auspichiamo di potervi convincere su questa strada (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor Ministro Alfano, signor sottosegretario Caliendo, ringrazio il signor Ministro per l'attenzione che riserva sempre ai lavori dell'Aula anche in sedute non affollate. Questa è un'attenzione che vorremmo avere da molti Ministri - come del resto il sottosegretario Caliendo fa per i nostri lavori in Commissione - poiché è sempre un motivo di orgoglio e di interesse per un parlamentare che il Ministro ascolti le discussioni anche sulle mozioni che riguardano il suo Dicastero.
Come in un surreale gioco dell'oca, sembra di essere tornati alla casella di partenza. La legislatura era iniziata sotto il condizionamento dei procedimenti giudiziari riguardanti il Presidente del Consiglio e un anno dopo siamo ancora qui, costretti a discutere e a fare i conti con quello di allora e con altri al vaglio delle autorità inquirenti. Non ci fa piacere, signor Ministro; non abbiamo mai condiviso l'uso politico della giustizia - e in questo rivendichiamo una coerenza rispetto agli anni di nostra militanza parlamentare -, non abbiamo condiviso quello fatto da una certa magistratura militante, né abbiamo mai nascosto che esista una magistratura militante.
Inoltre, non abbiamo condiviso l'uso politico della giustizia fatto dalle parti avverse in Parlamento. L'amministrazione della giustizia è una fondamentale funzione dello Stato di diritto, di cui deve essere garantita l'indipendenza e l'efficienza, nell'esclusivo interesse dei cittadini. La contesa politica ha altri luoghi di Pag. 14confronto, secondo noi, e altre modalità di risoluzione delle controversie. Non sono le aule di tribunale quelle in cui si confrontano le posizioni politiche, né quella loro parodia che viene allestita di quando in quando in qualche studio televisivo o sulle pagine dei giornali. Il confronto politico si fa nelle Aule parlamentari, nelle sedi istituzionali a ciò deputate, specie sul tema complesso e controverso che riguarda la giustizia. Teniamo a precisare che ci riferiamo alla giustizia dei cittadini, quelli uguali di fronte alla legge e non quella dei singoli, dei procedimenti ad personam o ad personas.
Così, quando il confronto non produce risultati condivisibili per una parte politica è solo una nuova espressione della sovranità popolare che può produrne il cambiamento e non certo un giudice che è preposto, invece, alla soluzione di casi specifici e soggettivi, non di questioni politiche e generali. Sulla base di questi basilari principi di una democrazia liberale, quando il Governo ha proposto l'adozione di un provvedimento di legge volto a tutelare le alte cariche dello Stato dalla sottoposizione a procedimenti penali durante lo svolgimento del mandato istituzionale, abbiamo salutato addirittura con favore una soluzione che metteva al riparo la giurisdizione ordinaria dai rischi della norma cosiddetta bloccaprocessi e ci siamo astenuti, lasciando alla maggioranza la responsabilità della sua scelta, ma riconoscendone l'accettabilità sulla base della giurisprudenza costituzionale fino ad allora e fino ad ora maturata.
Speravamo che così quel turbolento avvio di legislatura potesse chiudersi e che potesse darsi spazio al confronto di merito sulle scelte da fare e sulle riforme necessarie all'amministrazione della giustizia, lo ripeto la giustizia di tutti, quella dei processi civili e penali tra i più lenti e complessi del mondo per i quali l'Italia, come sa il Ministro, ha procedure europee in corso. Invece no, il Governo ha perso questo anno negli esercizi propagandistici sulla sicurezza voluti dalla Lega Nord senza predisporre alcun serio progetto di riforma della giustizia, abusando della decretazione d'urgenza e delle richieste di fiducia, così impedendo che nelle Aule parlamentari potesse maturare un'agenda condivisa delle cose da fare e delle soluzioni possibili, nonostante la disponibilità e la competenza dimostrata in specie dai colleghi della Commissione giustizia, in modo trasversale tra maggioranza e opposizione.
Così è stato anche sul delicato tema delle intercettazioni, che di qui a poco ci troveremo ad affrontare. Il Governo era partito lancia in resta con discutibili proposte, capaci di ledere il diritto all'informazione dei cittadini e degli operatori, insieme con la responsabilità istituzionale della magistratura nel perseguimento dei crimini. Poi l'urgenza di punire eventuali violazioni della riservatezza degli indagati è scemata e la discussione è finita in stand by fino a quando un nuovo sussulto della crociata del Premier contro la magistratura non ha riportato il tema in agenda. Già si annuncia il ricorso - purtroppo - al voto di fiducia, anche a fronte di nuove disponibilità al miglioramento e alla condivisione del testo.
Purtroppo, è proprio il caso, signor Ministro, di dire che «il lupo perde il pelo, ma non il vizio». Non è su queste basi che potrà maturare una riforma condivisa tra le parti politiche, con il necessario consenso degli operatori - mi verrebbe da dire, delle parti - nell'esclusivo interesse dei cittadini ad un efficiente amministrazione della giustizia, ma non lo è neanche sulla base della riproposizione di una sterile contrapposizione sulle vicende personali e giudiziarie del Presidente del Consiglio.
Qui mi rivolgo ai colleghi delle altre opposizioni. Che senso ha un anno dopo chiedere al Governo di impegnarsi all'abrogazione di una legge che esso stesso ha voluto non più tardi di un anno fa. I colleghi del Partito Democratico ci avranno fatto sicuramente un pezzetto di campagna elettorale, ma non mi pare che questa abbia fruttato qualche consenso. In Parlamento una simile proposta rischia di essere velleitaria. Mi spiego: se il Partito Democratico ritiene che ci siano le condizioni Pag. 15politiche per l'abrogazione del cosiddetto lodo Alfano, presenti la sua proposta, chieda di iscriverla all'ordine del giorno e ne discuteremo. Se, viceversa, ritiene che queste condizioni non ci siano, evitiamo di discutere ancora di manifesti elettorali. Le elezioni sono finite.
Sono pendenti, infatti, alcuni importanti passaggi istituzionali al riguardo: la decisione della Corte costituzionale in ordine alla sua legittimità, il voto popolare referendario per il prossimo anno. Nel frattempo, però, il Presidente del Consiglio ha, nella sua libera determinazione, la possibilità di non avvalersi delle prerogative della legge per la temporanea immunità delle alte cariche dello Stato, nel caso volesse far valere nelle aule giudiziarie la sua rivendicata estraneità ai fatti che gli sono contestati.
Al di fuori di questi passaggi istituzionali e della libera volontà del Premier non vi sono, secondo l'Unione di Centro, margini per ulteriori divagazioni sul tema che non rispondano ad una ormai inutile propaganda di parte. Altro è invece il proposito e il richiamo al Governo per un'organica proposta di riforma dell'amministrazione della giustizia che non eluda i più aggrovigliati nodi istituzionali, a partire dall'equilibrio tra accusa e difesa nel processo penale, fino alla modalità di composizione e alla funzionalità del Consiglio superiore della magistratura, aspetti che riscontro peraltro nelle mozioni del PD e anche del PdL; ma sempre a partire dalla priorità di riconoscere il soddisfacimento della domanda di giustizia dei cittadini. Di questo è urgente discutere e ci associamo alla sollecitazione giunta al Governo da più parti perché finalmente passi dalle parole ai fatti.
Infine, siamo stati i primi a prendere sul serio la proposta del Presidente del Consiglio per la riduzione del numero dei parlamentari: la porti in Parlamento, gli abbiamo detto, e la voteremo. Figuriamoci se ci sottraiamo a un confronto parlamentare sulle riforme istituzionali necessarie al Paese, come auspicato nella loro mozione dagli onorevoli Franceschini e Soro. Ma se confronto deve essere, qualche puntino sulle «i» andrà pure messo, come sulla questione del referendum, ma non è questa la sede per parlarne. Confronto sì, dunque, riforme vere, ma se si vuole fare insieme la strada lunga e pur necessaria che ci attende sarà bene partire con il piede giusto, che non è sicuramente quello del referendum del prossimo 21 giugno che potrà solo farci cadere in un burrone di demagogia, di populismo e di ingovernabilità.
Per concludere sulle mozioni, mentre la mozione dell'Italia dei Valori presenta aspetti difficilmente condivisibili, sulle altre mozioni vi sono parti condivisibili e addirittura comuni tra PdL e PD. Penso alla parte relativa al superamento del bicameralismo perfetto, a ridurre il numero dei parlamentari, a rafforzare il vertice dell'Esecutivo, a introdurre specifiche garanzie per l'opposizione parlamentare. Per non parlare poi, nella mozione Franceschini e Soro, del modo di affrontare la questione giustizia mettendo al centro i bisogni del cittadino utente: la semplificazione dei riti per i procedimenti civili, interventi nel processo penale che favoriscano l'effettivo equilibrio tra accusa e difesa e l'introduzione di strumenti di deflazione del carico penale. Sono questioni che sappiamo stare a cuore, almeno a parole, anche al Governo.
Queste parti, se si voterà per parti separate, potranno avere anche il nostro consenso, specie nei capoversi che riguardano le riforme della giustizia, quelle per tutti cittadini, i quali meritano l'uguaglianza e i tempi certi che prescrive la Costituzione. Perché la giustizia, signor Ministro, è un bene indispensabile e - mi si consenta la forzatura lessicale e anche giuridica - deve essere, a nostro giudizio, non divisiva e indivisibile.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei sottolineare per la cronaca, perché se ne dia atto nei resoconti, che in Aula siamo otto parlamentari ed è presente il Ministro e il sottosegretario: questo Pag. 16è l'interesse che una certa parte politica ha per questo tipo di problemi. L'unico interesse che si ha è quello di parlare affinché poi si riprendano sui giornali alcune frasi, si facciano dei comunicati stampa e basta. E con questo si impegna il Parlamento.
Ciò detto, prima di iniziare vorrei evidenziare un punto che era stato prima citato in riferimento al falso in bilancio. Il falso in bilancio è partito quando c'è stata la riforma della legge fallimentare che poi alla fine è stata varata da Prodi. Per cui io mi chiedo per quale strano motivo, così come per il conflitto di interessi, si accusi sempre con riferimento a talune cose che potevano agevolmente essere votate dalla sinistra quando era al Governo.
Questa mozione che ci occupa, venendo al merito, è una mozione che va commentata - credo annoiando un po' i pochissimi presenti - punto per punto. Cominciamo con il virgolettato riportato dalla mozione.
La mozione riporta un ampio stralcio di sentenza virgolettato, allora mi chiedo dove sono state prese le parole precise della sentenza perché se uno di noi va in un tribunale e chiede una copia della sentenza deve ricevere l'autorizzazione dal giudice, quindi i casi sono due: o è arrivata per via traversa e ciò si chiama ricettazione o è arrivata in via diretta e il giudice ha dato l'autorizzazione. Ma se il giudice dà l'autorizzazione a coloro che fanno parte di un partito avverso al soggetto nei cui confronti la sentenza è stata pronunciata - ma poi vedremo come - credo che questo soggetto debba avere paura dei giudici che prima emettono la sentenza e poi la divulgano affinché sia portata a conoscenza non come giudizio emesso nell'esercizio della propria attività giurisdizionale, ma come fatto politico, perché tale è diventato.
La seconda questione, signor Presidente, è che in questa mozione ci si duole delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla magistratura e sul Parlamento perché parrebbero porsi in contrasto con i principi fondamentali della nostra Costituzione e, in un modo direi un po' apodittico, la conseguenza è che questo comportamento voluto da parte del Presidente del Consiglio pare, a dire degli scriventi, voler superare il principio della separazione dei poteri a favore di un solo organo, quello esecutivo, il quale assume tutte le funzioni.
Signor Presidente, questa affermazione stride con il mondo perché se si considera il primo capoverso del dispositivo nel quale si chiede al Presidente del Consiglio di attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la legge nota come il lodo Alfano sia abrogata, vuol dire che questi signori che da un lato dicono al Presidente del Consiglio: «signor Presidente, lei vuole assumere in sé tutti i poteri», dall'altro gli chiedono per favore di abrogare una legge. Ma qui dove siamo? Mi pare che siamo nella Camera dei deputati, allora se così è, signor Presidente, chi deve abrogare il lodo Alfano? Il Presidente del Consiglio? Ma da quando in qua il Presidente del Consiglio ha il potere di abrogare una norma?
Ci si lamenta dicendo che il Presente del Consiglio vuole assumere su di sé tutti i poteri dello Stato quando vi è una palese incapacità, dovuta ovviamente ad una mancanza di dialettica tra maggioranza ed opposizione, a volere esercitare qualsiasi tipo di azione parlamentare. Questa mancanza di dialettica tra maggioranza ed opposizione è causata dal fatto che l'opposizione è come i mandarini di una volta, che proibivano ai contadini di adoperare delle armi, che quindi imparavano le arti marziali e usavano delle armi proprie quali, ad esempio, gli strumenti per battere il grano. Qui accade la stessa cosa: ormai questa sinistra formata da intellettuali - gli imprenditori più grossi sono deputati della sinistra - evidentemente è scollata dal popolo che tradizionalmente la votava, e quindi, non avendo più nulla, adopera il battigrano, cioè i magistrati, lo dico una volta per tutti, quelli che appaiono, che sono una minoranza, per cercare, non potendo sconfiggere l'avversario nelle cabine elettorali, di batterlo Pag. 17facendogli causa, con delle pronunce sfavorevoli e invocando proprio il fatto di questo sfavore delle pronunce.
Abbiamo sentito a lungo parlare del caso Noemi di cui non varrebbe la pena parlare se non per dire: ma cosa c'entra?
Se ho bisogno di un chirurgo che mi faccia un'operazione importante, cosa mi importa delle abitudini sessuali di questo chirurgo? Chiudo qui per non citare le abitudini sessuali che abbiamo visto, specie nella scorsa legislatura, presenti in quest'Aula.
Il processo Mills, nel momento in cui si parla del Presidente del Consiglio e come qualsiasi cosa si muova in quest'ambito, è un processo che soggiace al dettato della Costituzione. Se ciò è vero, Berlusconi, che abbiamo sentito in tutte le salse essere stato condannato, da chi è stato difeso? Vi è stato un processo con un difensore di Berlusconi che abbia potuto, non dico produrre le prove, ma dire la sua? No. Allora di cosa stiamo parlando?
Vogliamo parlare del tempus commissi delicti? Ci vogliono spiegare per quali motivi (poi lo vedremo in un'altra parte della loro mozione) si è proceduto a questa sentenza, quando è palese e basta leggere un qualsiasi manuale del secondo anno di giurisprudenza per capire che il tempus commissi delicti non si realizza quando si spendono i soldi rubati, ma quando si ruba? Se è così, evidentemente questo reato è stato portato avanti contro ogni principio giuridico esistente e solo a fini politici.
Il lodo Alfano dà l'immunità a questi quattro soggetti. Allora, perché la sinistra si scandalizza di ciò, quando lascia l'immunità a quindici soggetti, ovvero ai giudici costituzionali? Ma volete spiegarmi perché un giudice costituzionale deve essere immune e il Presidente del Consiglio no? E ciò in una situazione dove è palese l'attacco politico e strumentale della magistratura. Ho l'onore e il piacere di difendere il capo del mio partito: 202 processi penali e 199 assoluzioni. Se il problema è generalizzato e se la legge è uguale per tutti, meglio che cominciamo a rifondare l'organo della magistratura. Non possiamo pensare, infatti, che sia ordinario portare 202 processi per arrivare a 199 assoluzioni.
Cosa dire di questa Camera, signor Presidente, che con un presidente dell'opposizione ha stabilito in riferimento ai casi di insindacabilità un codice di autoregolamentazione molto serio e adeguato a ciò che dice la Corte costituzionale? Quest'ultima su 110 pronunce della Camera ne cassa 100. Cosa dire, inoltre, della Corte costituzionale che molto semplicemente decide di fare interpretatio abrogans in riferimento all'insindacabilità dei consiglieri regionali?
Un'altra questione su questo aspetto è che se si ritiene, come scritto, che vi sia un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato perché il Presidente del Consiglio intende concentrare su di sé tutti e tre i poteri, il problema non è del Presidente del Consiglio. Il problema, infatti, è degli altri poteri (in primo luogo della magistratura) di sollevare il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale. È un problema anche di questa Camera, per cui lo facciano, se sono in grado.
Un altro aspetto è che a un certo punto di questa originale mozione si parla della rinuncia al lodo Alfano.
Qualcuno mi deve spiegare, in base ai principi logici (premessa maggiore, premessa minore e conclusione) o a qualsiasi altro principio, il motivo per cui il Presidente del Consiglio è palesemente - basta guardare il numero dei procedimenti - trattato non in maniera uguale a tutti gli altri, perché, se così fosse, il processo Mills sarebbe stato archiviato, quanto meno in riferimento ai principi emanati dalla circolare Maddalena, che non so per quale motivo logico-giuridico sia stata emessa, ma i cui contenuti sono condivisibili; non capisco per quale motivo, in base a quei principi, questo processo esista.
Siamo tutti uguali davanti alla legge e trattiamo Berlusconi come tutti gli altri cittadini. È evidente che, nel momento in cui egli viene trattato peggio, perché si intende infangarne il nome, perché non vi sono altri spazi politici, perché sono interrotti, con due milioni di voti persi, tutti Pag. 18i canali nei confronti del popolo, l'unica strada è quella e quindi si percorre quella strada.
È il discorso del cappone che faceva prima il collega: «guarda, è Natale, vieni caro cappone». Si pretende che lui vada lì, come se si dicesse al vitello: «vai da solo al mattatoio a farti ammazzare». In ogni caso non vi è una logica per cui viene richiesto il meccanismo successivo.
Dopo di che, dopo tutta questa ragione di premessa, arriviamo alle conclusioni della mozione: in conclusione, la mozione impegna il Governo ad attivarsi nell'ambito delle proprie competenze affinché il lodo Alfano sia abrogato. Vorrei che qualcuno mi spiegasse, perché altrimenti ho perso quattro anni alla facoltà di giurisprudenza, quali siano le competenze del Governo nell'abrogare una legge dello Stato. Spiegatemelo!
È evidente che, ancora una volta, si sta facendo perdere del tempo alla Camera dei deputati per conseguire un unico risultato, che è un risultato politico: domani sui giornali si dirà che il Governo deve abrogare il lodo Alfano e non lo abroga.
A prescindere che sia stato votato da questa maggioranza, forse il Governo deve inchinarsi alla maggioranza del Parlamento. In tutto questo meccanismo, la mozione parla della centralità del Parlamento, ma questa centralità del Parlamento, guarda caso, poi va a scontrarsi con le richieste definitive, perché vi è tutto un insieme di richieste legislative che devono essere e non possono che essere fatte dalla Camera.
Il Ministro della giustizia è il massimo organo amministrativo, come il Governo (si chiama Esecutivo non a caso) è il massimo organo amministrativo dello Stato.
Lo strumento legislativo è la legge e in questa mozione si chiede che il Governo emani la legge; poi ci si lamenta dicendo che il Governo vuole fare tutto lui. Si parla genericamente, e qui è apodittica ogni questione, del problema della riduzione dei parlamentari. Sulla riduzione dei parlamentari siamo tutti d'accordo, a un patto: che si ridia al Parlamento la dignità del Parlamento.
C'è qualcuno oggi, in quest'Aula, che è in grado di dire che i parlamentari non lavorano? Quasi tutti noi entriamo alle nove del mattino in quest'Aula e usciamo alle nove di sera senza fare la pausa per il pranzo. Ma perché? Perché ci occupiamo di tutto un insieme di cose che non sono pertinenti alle nostre competenze.
Questa cosa è sicuramente positiva e non può essere buttata lì perché tanto domani viene ripresa dai giornali. Che dire, ancora, del Senato federale? Ci vuole una certa faccia a voler chiedere al Governo, ancora una volta con una legge, di ripristinare il Senato federale. Noi lo avevamo fatto ed è stato proprio il Governo Prodi che ha sollecitato il referendum, ed è stato proprio il referendum, rivolto ad abrogare sia il Senato federale sia la diminuzione dei parlamentari, che ha avuto successo semplicemente perché non era previsto un quorum; per cui, questa legge è stata abrogata.
È stata abrogata dalla sinistra e oggi la sinistra chiede al Governo: per favore, rifacci una legge; ma la legge la fa la Camera, non la fa il Governo. Questo è un punto fondamentale, tranne poi lamentarsi che il Governo è un Governo pigliatutto.
Viene poi richiesta la semplificazione della procedura civile: tale semplificazione è già stata fatta, e non è cosa da poco! È stata fatta in maniera seria, assennata, ed è importantissima, perché la riforma della procedura civile dà la possibilità alle aziende di poter intraprendere, perché un Paese dove non c'è la possibilità di recuperare un credito non potrà mai fare attività esterna. Ovviamente, a fronte di queste cose, noi diamo i mattoni, la calce e il disegno; i giudici, invece di fare una villa al mare, fanno una fortezza di montagna. Questo è! Vi era un processo del lavoro che doveva durare, secondo la nostra legge, 60 giorni; conosco solo un giudice (e faccio nome e cognome: Edoardo Denaro) che completa i procedimenti nel termine, e gli altri li completano Pag. 19in tre anni: da cui si deduce che è possibile svolgerli in termine, e che non vengono svolti. Saranno i 60 giorni di ferie, saranno altri problemi; però tali processi non vengono svolti!
Altra cosa singolare, è il passaggio in cui si parla della priorità nell'esercizio dell'azione penale. La priorità chi la deve dare? E soprattutto, come si può dire «priorità dell'esercizio nell'azione penale», quando all'interno della stessa frase si dice: l'obbligatorietà dell'azione penale dev'essere però immutata? O ci decidiamo, e siamo in grado di seguire il precetto costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale, oppure se ciò non avviene - e Violante ha detto che non avviene - dobbiamo renderci conto che stabilire delle priorità è un esercizio che bisogna fare (e su questo siamo d'accordo), e bisogna farlo qui in Aula; perché il potere spetta al popolo, e gli eletti del popolo sono in Aula, il potere non spetta a coloro che superano un concorso pubblico, i quali devono essere sottoposti alla legge, legge formata dagli eletti dal popolo.
Ancora, molto importante, è il passaggio in cui si parla di equilibrio fra accusa e difesa; ciò, purché si garantisca la lettera di questo intervento, ci trova perfettamente d'accordo: equilibrio fra accusa e difesa significa che chi rappresenta l'accusa o la difesa non dev'essere collega del giudicante. Il primo equilibrio quindi fra accusa e difesa non può che essere e partire dalla separazione delle carriere. Vedo e prendo atto che questa idea mi pare venga dalla sinistra; spero che poi siano coerenti nella fase successiva, e quindi si arrivi a una determinazione in tal senso.
Svolgo gli ultimi due punti, e concludo. Il primo riguarda il sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, Andreotti, quando ha compiuto 90 anni, è riuscito a dire in due parole quello che i giuristi hanno scritto in libri: il problema è che bisogna togliere la magistratura dalla politica; per togliere la magistratura dalla politica bisogna azzerare le correnti; per azzerare le correnti - e questo in base al precetto generale della Costituzione che tutti i giudici sono eguali davanti alla legge, e differiscono solo per le funzioni - dovremmo provvedere a sorteggiarli. Sorteggiandoli, avremmo giudici che non sono sottoposti a nessun altro se non a se medesimi, e non avremmo giudici di tribunale osannati - vi sono dei presidenti di sezione di Corte d'appello che fanno la fila per parlare con loro - perché in odore di Consiglio superiore della magistratura. In ogni caso, signor Presidente, colleghi, tale posizione andava un pochettino quanto meno spiegata: siamo d'accordo riguardo alla riforma elettorale del CSM, purché vengano distrutte le correnti.
L'ultimo punto è relativo a stabilire con legge ordinaria quali siano i compiti del Consiglio superiore. Si tratta di un punto nodale: dobbiamo capire che il Consiglio superiore la deve finire di irrogare sanzioni disciplinari e trasferimenti in riferimento agli amici, e agli amici degli amici.
Il massimo organo di Governo dei giudici ha emanato una serie di atti che, impugnati al TAR, sono stati riconosciuti avere vizi formali. La morale è che il Consiglio superiore della magistratura favorisce Tizio, e Tizio è contento perché è favorito; quindi Caio, che doveva andare al posto di Tizio, ricorre al TAR, vince la causa, si riempie di soldi ed è dunque contento anche lui; così, il Consiglio superiore della magistratura medesimo chiude imponendo il proprio volere.
Questo è quel che volevo dire con riferimento alla mozione. In conclusione, vorrei fare solo un'ultima affermazione. La giustizia è una cosa seria e nella quale noi crediamo: e crediamo che la magistratura debba essere assolutamente indipendente, internamente ed esternamente. Su questo piano, noi siamo pronti a confrontarci. Certo, però, non possiamo continuare a pensare che la magistratura sia un battigrano nelle mani della sinistra.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi che siete Pag. 20in pochi presenti in quest'Aula, è un dato oggettivo e non più un'opinione di taluni che lo stato della giustizia in Italia ha ormai raggiunto livelli di inefficienza assolutamente intollerabili, sconosciuti ai Paesi democratici e per i quali il nostro Paese versa da anni e in modo permanente in una situazione di illegalità tale da aver generato numerosissime condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo. In un tale contesto di vera e propria bancarotta della giustizia, maggioranza e opposizione, piuttosto che continuare a contrapporsi - come fino ad oggi è avvenuto - su specifici interventi settoriali o su singole norme, spesso muovendo da episodi della cronaca, dovrebbero cominciare immediatamente a dar corso all'apertura di una nuova fase di dibattito sulle riforme: riforme da noi radicali richieste con la risoluzione approvata qualche mese fa in questo ramo del Parlamento.
In quella risoluzione sono indicati taluni provvedimenti per noi irrinunciabili e in grado di garantire un più equilibrato rapporto fra i poteri dello Stato. Poiché in fondo, di che cos'altro si sta parlando, anche con le mozioni che sono state presentate? Noi chiedevamo allora: abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale, che significa togliere ai pubblici ministeri la piena discrezionalità sull'uso dei mezzi di indagine e sull'esercizio dell'azione penale; separazione delle carriere, unica e sola riforma capace di esaltare allo stesso tempo la funzione e il ruolo del giudice salvaguardando l'indipendenza del pubblico ministero e migliorando la qualità del processo accusatorio; riforma del CSM e della magistratura fuori ruolo, per salvaguardare la politica e la magistratura stessa dalle reciproche invasioni di campo, tutelando il principio della separazione dei poteri; riforma in senso garantista del codice di procedura penale, intervenendo sui tempi del processo senza sacrificare le garanzie delle persone indagate e/o imputate; nuovo codice penale, da attuare previa una seria e radicale depenalizzazione e razionalizzazione delle fattispecie di reato; rafforzamento della legge Gozzini, poiché essa rappresenta un baluardo di civiltà giuridica intangibile, in quanto presidio di sicurezza per i cittadini ed efficace strumento di recupero sociale del detenuto in conformità ai valori costituzionali.
Tutti questi temi appartengono alla storia radicale: una storia vissuta nel corso di decenni, la storia dei nostri referendum e delle proposte che facciamo da anni e sulle quali abbiamo cercato e cerchiamo un dialogo con chiunque dimostri la volontà e la voglia di affrontare l'argomento di una riforma organica e non settoriale della giustizia. Purtroppo, non ci sembra che in questo primo scorcio di legislatura si sia andati in questa direzione. Ecco perché ritengo importante che maggioranza ed opposizione tornino a confrontarsi al più presto su questi temi, invece che sulle questioni che riguardano le pendenze giudiziarie del Presidente del Consiglio dei ministri.
Detto questo, però, dobbiamo avere la forza e il coraggio di dire che qualsiasi riforma della giustizia si pensi di fare - anche la migliore e l'ideale - sarà nulla se non si partirà da un azzeramento della situazione esistente: la zavorra degli oltre 3 milioni e 200 mila processi penali pendenti, infatti, non potrà far decollare nessuna riforma, neppure la migliore.
Vi è dunque bisogno di un'amnistia: abbiamo il coraggio di pronunciare questa parola ed era quello che chiedevamo, come radicali, subito dopo l'indulto e di cui c'era bisogno per il Paese. Dell'amnistia hanno bisogno gli stessi magistrati per tornare a lavorare serenamente ed in condizioni umanamente accettabili. Insomma, l'amnistia rappresenta un atto di buongoverno ormai necessario e, dati alla mano, assolutamente improcrastinabile.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, deve concludere.

RITA BERNARDINI. Basta pensare che ogni anno 140 mila reati cadono in prescrizione, ed è quindi un'amnistia strisciante quella che si verifica, appunto, ogni anno senza che nessuno se ne assuma la responsabilità. Occorre dunque un'amnistia, Pag. 21soprattutto per i magistrati, ed è per questo che invito quest'Aula e questo Parlamento a tale tipo di riforme (quelle che servono al cittadino, al cittadino indifeso) e chiedo a tutti un atto di responsabilità, di coraggio e di lungimiranza.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
Il Governo ha comunicato che intende intervenire successivamente.
Il seguito della discussione è pertanto rinviato al prosieguo della seduta, che avrà luogo a partire dalle ore 14.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,45).

LAURA FRONER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Froner, dovrei darle la parola questa sera al termine della seduta, ma se il suo intervento è breve, ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, le chiedo scusa ma, nutrendo qualche dubbio sul prosieguo e sulla regolarità dei lavori della giornata, preferisco svolgere adesso il mio intervento, anche se pure io avrei preferito tenerlo alla presenza di un Aula magari piena di colleghi che potessero rinforzare il messaggio che sto lanciando.
In questo mio intervento vorrei ricordare la tragedia occorsa la notte tra il 31 maggio ed il 1o giugno, nella quale è scomparso nell'oceano Atlantico l'Airbus 330 dell'Air-France partito da Rio de Janeiro con destinazione lo scalo De Gaulle di Parigi dove era atteso alle ore 11,10 del 1o giugno.
Ricordo che l'ultimo contatto radio dell'aeromobile si è avuto alle ore 1,33, dopo che l'aereo aveva appena finito di sorvolare le isole Fernando de Noronha al largo della costa brasiliana.
Il decollo si era svolto regolarmente, poi vi è stata questa ultima comunicazione con il pilota che denunciava una forte turbolenza. Solo negli ultimi giorni si è appreso che diversi messaggi erano stati inviati in automatico per indicare un certo numero di guasti a bordo, tra i quali un disfunzionamento del circuito elettrico.
Ricordo che l'aereo aveva a bordo 228 persone, tra cui 10 italiani: a tutte le loro famiglie va espresso naturalmente il nostro cordoglio per la tragica perdita dei loro cari, e penso che noi tutti abbiamo il dovere di stringerci al loro fianco nel sopportare questo tremendo dolore che è stato loro inferto e sul quale ancora non è stata fatta chiarezza.
Ricordo che tre di loro provenivano dalla provincia di Bolzano (Georg Lercher, Alexander Paulitsch e Georg Martiner) e tre dalla provincia di Trento (Giovanni Battista Lenzi, Rino Zandonai e Luigi Zortea).
Conoscevo molto bene queste tre persone, con le quali avevo condiviso buona parte della mia esperienza anche politica ed amministrativa: Giovanni Battista Lenzi, 58 anni, già sindaco di Samone e presidente del comprensorio della Bassa Valsugana e del Tesino, era stato eletto la prima volta in consiglio provinciale regionale nel 2003, è stato poi rieletto ed è entrato a far parte di nuovo del consiglio provinciale regionale nel 2008 (attualmente era presidente della prima commissione del consiglio della provincia autonoma di Trento).
Rino Zandonai, sessant'anni, per vent'anni aveva insegnato ai figli degli emigrati italiani in una scuola superiore in Belgio, e attualmente era direttore dell'Associazione trentini nel mondo; Luigi Zortea, sessantasei anni, sindaco per parecchi anni (tre legislature) di Canal San Bovo, un paese trentino della zona del Primiero.
Queste tre persone, in modo particolare, erano persone straordinarie che nella propria attività avevano impersonificato l'idea di un Trentino fortemente radicato nella rete di solidarietà globale. Infatti, non si erano recati in Brasile per un viaggio di piacere, ma erano in missione di solidarietà internazionale proprio per i progetti voluti dall'Associazione trentini nel mondo. Pag. 22
Ricordo, quindi, che a nove giorni dalla tragedia non vi è ancora chiarezza sulle cause del disastro; diverse sono le ipotesi ancora aperte anche sulla base dei ventiquattro corpi fino ad oggi recuperati e dei numerosi reperti attribuibili al volo Air France 447.
Chiedo al Presidente che si faccia tramite con il Governo affinché intervenga urgentemente ad informarci sullo stato della questione, perché ritengo che sia un dovere nei confronti dei familiari, di tutti i loro conoscenti e di tutta la comunità italiana, fare piena luce su quanto avvenuto, sulle cause e sulle eventuali responsabilità ad ogni livello.

WALTER VERINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, la ringrazio molto per avermi permesso di prendere la parola. Siamo alla vigilia della visita ufficiale nel nostro Paese del Presidente libico Gheddafi che inizierà tra qualche ora.
Voglio rendere noto che nei giorni scorsi l'Associazione dei familiari delle vittime della strage di Ustica, della quale ricorre tra qualche giorno il ventinovesimo anniversario, ha inviato una lettera al Governo con la quale, considerati anche i rapporti di amicizia, di buon vicinato e di cooperazione tra l'Italia e la Libia, si chiede al Governo di farsi interprete nei confronti del colonnello Gheddafi dei sentimenti e delle aspettative soprattutto dei parenti delle vittime di quella terribile vicenda, ma anche dell'opinione pubblica italiana.
Infatti, come è noto, come si sa, esiste un nesso tra la figura del Presidente Gheddafi e quanto avvenne in quella notte sul cielo di Ustica. Soltanto qualche giorno dopo la strage comparve nei giornali (esattamente il 2 luglio del 1980) un necrologio del consolato generale della Giamahiria araba-libica con il quale si esprimeva profondo cordoglio ai familiari delle vittime.
Il fatto però importante è che in tutti questi anni, il leader libico ha sostenuto di conoscere la verità su quella vicenda; addirittura in una conferenza stampa di un po' di anni fa affermava che quella sera il suo aeroplano era in volo sul Mediterraneo diretto in Europa. Il leader libico, inoltre, affermava testualmente: io sono un testimone perché in quelle ore mi recavo in aereo verso la Jugoslavia; ho visto in mare la sesta flotta americana che manovrava dalle parti di Ustica.
Si tratta di parole sue, non voglio dire che siano vere o meno, dico che in più di un'occasione il Presidente libico ha detto di essere un testimone, un involontario protagonista, di quella terribile vicenda.
Ancora più recentemente, il Presidente libico ha detto di conoscere la responsabilità di quella tragedia.
Signor Presidente, considerati i rapporti ben di amicizia tra i nostri due Paesi (la recente ratifica del Trattato di cooperazione lo ha confermato), l'Associazione dei familiari chiede due cose al Governo.
La prima, di farsi interprete di questi sentimenti per chiedere che il colonnello Gheddafi collabori con la magistratura italiana che sta ancora indagando su quel mistero d'Italia.
La seconda, di trovare il tempo, in questi tre giorni di sua permanenza in Italia, di incontrare i familiari in uno spirito amichevole e di collaborazione, per cercare di contribuire, anche con questo incontro e, comunque, con un'iniziativa seria del nostro Governo, a squarciare le troppe ombre che ancora sono su quella tragedia, che ha colpito e continua a colpire il nostro Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Verini, prendo atto della sua richiesta e la ringrazio per l'intervento.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Sergio Milia (ore 12,53).

PRESIDENTE. Comunico che in data 8 giugno 2009 è pervenuta alla Presidenza Pag. 23la seguente lettera del deputato Sergio Milia:
«Onorevole Presidente, a seguito della mia proclamazione a deputato avvenuta in data 12 maggio 2009, conseguente alle dimissioni dell'onorevole Giorgio Oppi, sussistendo la condizione di incompatibilità con la carica di consigliere regionale da me attualmente ricoperta, rassegno le mie dimissioni dal mandato parlamentare in relazione alla mia volontà di optare per la predetta carica di consigliere regionale.
Nel pregarLa di voler comunicare le mie dimissioni all'Assemblea affinché la stessa possa prenderne atto, ai sensi dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento della Camera, ringrazio e formulo i miei migliori auguri di buon lavoro.
Cordiali saluti,
Firmato Sergio Milia».

Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Milia dal mandato parlamentare.
Sospendo la seduta che riprenderà alle 14.

La seduta, sospesa alle 12,55 è ripresa alle 14,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bocci, Caparini e Conte sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito della presa d'atto, nella odierna seduta, delle dimissioni del deputato Sergio Milia, comunico che, in pari data, la Giunta delle elezioni - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - ha accertato che il candidato che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 18 - Unione di Centro nella medesima XXVI circoscrizione Sardegna, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Antonio Mereu.
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la XXVI circoscrizione Sardegna, Antonio Mereu.
Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Antonio Mereu, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Unione di Centro.

Su un lutto del deputato Maurizio Migliavacca.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Maurizio Migliavacca è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Pag. 24

Seguito della discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00185, Di Pietro ed altri n. 1-00186 e Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187 sull'abrogazione della legge n. 124 del 2008 (cosiddetto «lodo Alfano»), sulle riforme costituzionali e sugli interventi in tema di giustizia (ore 14,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame delle mozioni Franceschini ed altri n. 1-00185, Di Pietro ed altri n. 1-00186 e Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187 sull'abrogazione della legge n. 124 del 2008 (cosiddetto «lodo Alfano»), sulle riforme costituzionali e sugli interventi in tema di giustizia.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con la mozione Franceschini si intende sapere se il Presidente del Consiglio voglia avvalersi della rinuncia alla sospensione di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2008 nei processi in cui è imputato. Nel primo punto della mozione si richiede, inoltre, l'impegno del Governo ad abrogare la medesima legge 23 luglio 2008 n. 124, visti i problemi che la stessa ha creato nella prima applicazione.
Al riguardo, si fa presente quanto segue. L'articolo 1, comma 2 della legge n. 124 del 2008 prevede che l'imputato titolare di una delle quattro più alte cariche dello Stato possa decidere di rinunciare alla sospensione del processo senza doversi dimettere dalla carica ricoperta. La rinuncia costituisce un diritto potestativo che l'imputato esercita personalmente o a mezzo del difensore munito di procura speciale. Essa realizza un equo contemperamento tra i due interessi costituzionali del diritto di difesa nel processo e del diritto di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive richiamati - come è noto - dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 24 del 2004. Tanto la sospensione del processo, quanto la correlativa facoltà di rinuncia assolvono ad una funzione obiettiva, tutelando l'interesse dell'ordinamento al sereno svolgimento delle più alte funzioni pubbliche. Si deve, pertanto, ritenere, sulla base della ratio legis, che la rinuncia alla sospensione è diretta a consentire la prosecuzione del processo nei casi in cui essa risulti in concreto compatibile con il sereno svolgimento del munus publicum che fa capo alle più alte cariche dello Stato.
La sospensione deve operare nei casi in cui la prosecuzione del processo è incompatibile con siffatto interesse. Quest'ultima ipotesi è configurabile, in particolare, quando nel processo si formi il convincimento della non imparzialità dell'organo giudicante, di cui sia anche stata richiesta l'astensione o la ricusazione.
Altre ragioni che impongono una stasi temporanea del processo possono essere determinate dagli impegni istituzionali, di carattere interno o internazionale, dell'alta carica dello Stato, ovvero dall'imminenza di consultazioni elettorali o da necessità determinate da eventi eccezionali che non consentono la partecipazione al processo, dando luogo ad un vero e proprio impedimento assoluto a comparire.
Anche in tali casi la sospensione appare diretta alla protezione della funzione ed in tal senso si è espressa la Corte costituzionale con la sentenza n. 24 del 2004. Né può escludersi che la prosecuzione del processo possa in concreto pregiudicare il sereno svolgimento delle funzioni dell'alta carica dello Stato in concomitanza di iniziative caratterizzate da forti contrapposizioni politiche e ideologiche nei casi in cui il Governo abbia presentato o stia per presentare provvedimenti per la riforma Pag. 25della Costituzione o di organi costituzionali, anche con riferimento ai rapporti tra i poteri dello Stato.
In tutti questi casi la rinuncia alla sospensione potrebbe determinare la mancata tutela di un interesse apprezzabile dell'ordinamento, vale a dire l'interesse al sereno svolgimento dell'alta carica dello Stato che il legislatore ha apprestato in conformità alle indicazioni della Corte costituzionale.
Ciò premesso, con specifico riferimento al primo impegno richiesto al Governo ed indicato nella mozione concernente l'abrogazione della legge n. 124 del 2008, si osserva quanto segue: la legge n. 124 del 2008 ha colmato una lacuna dell'ordinamento giuridico consistente nella non completa tutela del munus pubblico inerente alle più alte cariche dello Stato secondo le indicazioni fornite dalla Corte nella sentenza n. 24 del 2004 citata.
La Corte costituzionale ha riconosciuto l'esistenza di un interesse apprezzabile dell'ordinamento giuridico al sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono alle più alte cariche dello Stato, affermando che tale interesse può essere tutelato dal legislatore in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale.
In particolare, secondo la Corte costituzionale, il legislatore può assicurare tutela a tale interesse anche attraverso il meccanismo della sospensione del processo penale che essendo diretta alla protezione della funzione non è lesivo del principio di uguaglianza secondo il noto corollario per cui esso consiste nel trattare diversamente situazioni diseguali.
Diversamente da quanto ritenuto dai deputati che hanno presentato la mozione in esame non risulta che si siano verificati problemi nell'applicazione pratica dell'articolo 1 della legge n. 124 del 2008, che peraltro è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale sulla base dell'ordinanza del 4 ottobre 2008 emessa dal tribunale penale di Milano nel procedimento 1622/2007.
Quanto al contenuto della legge si rammenta quanto segue: l'articolo 1 ha integrato il regime delle sospensioni processuali che costituiscono una categoria aperta ed eterogenea prevedendo una nuova ipotesi di rinvio dell'azione punitiva dello Stato con conseguente sospensione del processo e dei termini di prescrizione dei reati per assicurare che l'esercizio della giurisdizione sia compatibile con l'interesse al sereno svolgimento delle funzioni delle alte cariche dello Stato.
Alla sospensione consegue una stasi processuale bilanciata da opportuni contrappesi: la sospensione opera esclusivamente nei confronti del Presidente della Repubblica, dei Presidenti delle due Camere e del Presidente del Consiglio dei Ministri; essa è quindi limitata alle cariche più alte dello Stato che sono anche omogenee tra loro con riguardo, sia alla fonte di investitura che promana dalla volontà popolare e dunque dall'articolo 1 della Costituzione sia al munus esercitato che ha natura eminentemente politica.
Inoltre la sospensione è sottoposta ad un termine finale determinato e perentorio: cessa con il venir meno della carica e non è reiterabile.
Nel processo sospeso è fatto salvo il diritto all'acquisizione della prova attraverso la possibilità per il giudice di acquisire le prove ritenute non rinviabili così da escludere una paralisi delle attività processuali. Dalla sospensione del processo consegue la sospensione dei termini di prescrizione e ciò garantisce, unitamente alla previsione di un termine di durata massima della sospensione, l'effettivo esercizio della giurisdizione.
Infine alla parte civile è consentito trasferire l'azione in sede civile in deroga all'articolo 175, comma 3, del codice di procedura penale. In tal caso i termini per comparire, di cui all'articolo 163-bis del codice di procedura civile, sono ridotti alla metà e il giudice fissa l'ordine di trattazione delle cause dando precedenza al processo relativo all'azione trasferita.
Anche questa soluzione traduce puntualmente in norma i principi enunciati dalla Corte costituzionale nella citata sentenza Pag. 26n. 24 del 2004 e consente di evitare che il danneggiato subisca gli effetti della sospensione del processo penale. Pertanto la sospensione non determina alcun tipo di limitazione al potere giurisdizionale, ma configura una modalità di esercizio della giurisdizione comune rivolta a tutelare l'interesse al sereno svolgimento del munus pubblico.
Conclusivamente, il meccanismo di sospensione previsto dalla legge non dà luogo ad una stasi processuale generale ed indeterminata, ma bilancia i principi della effettività della giurisdizione con quelli della regolarità e continuità nello svolgimento delle più alte funzioni istituzionali.
Per tutte le ragioni sin qui illustrate si fa presente che il Governo non ritiene di assumere l'impegno di cui al primo capoverso del dispositivo della mozione e di conseguenza non intende attivarsi, nell'ambito del proprio competenze, affinché la legge, nota come lodo Alfano, sia abrogata. Vorrei anche ricordare quanto ha detto stamattina l'onorevole Brigandì: la materia non rientra nelle competenze del Governo e nel rispetto che lo stesso deve alla funzione parlamentare. Di conseguenza, non ci si può attivare affinché il Parlamento abroghi una norma, bensì lasciare che sia il Parlamento stesso ad assumere una determinata iniziativa.
Con riferimento al secondo capoverso del dispositivo della mozione, si chiede che il Governo assuma l'impegno di sollecitare e favorire un confronto tra maggioranza e opposizione sulle riforme parlamentari. In proposito si ricorda che nella presente legislatura sono state presentate al momento cinque proposte parlamentari riguardanti le riforme istituzionali e, in particolare, sulla riduzione del numero dei parlamentari. Esse sono: l'A.C. 968 dell'onorevole Borghesi, assegnato alla I Commissione, l'A.C. 862 dell'onorevole Pisicchio, e l'A.C. 324 dell'onorevole Stefani assegnati alla I Commissione. Risultano invece ancora da assegnare l'A.C. 2470 dell'onorevole Di Pietro e l'A.C. 2473 dell'onorevole Casini.
Al riguardo, si ritiene opportuno far presente che l'articolo 23 del Regolamento della Camera statuisce che il programma dei lavori dell'Assemblea è deliberato dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi per un periodo di almeno due mesi e non superiore a tre. Nell'ambito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo potrà essere valutata la possibilità di mettere in calendario, d'accordo gli stessi gruppi parlamentari, i disegni di legge riguardanti le riforme menzionate.
La stessa I Commissione della Camera potrà, attraverso l'Ufficio di Presidenza, mettere in calendario le proposte di legge che reputa opportuno discutere in materie alla stessa assegnate. Il Governo, come è noto, è attento alle proposte che provengono in tal senso e non mancherà di dare il proprio contributo in vista di un sempre più efficace ed equilibrato assetto degli organi costituzionali e, più in generale, dell'apparato statale nel suo complesso, tenuto altresì conto della necessità di rispettare le prerogative del Parlamento in materia.
Il Governo, come è stato più volte dichiarato, auspica un confronto tra maggioranza e opposizione nel rispetto dell'autonomia delle Camere su tali problematiche, in particolare in materia di riduzione dei parlamentari. È chiaro che i tempi in cui si articolerà il dibattito potranno consentire di fare emergere le posizioni dei vari gruppi politici in una tematica così importante.
In conclusione, fermo restando quanto espresso, si ritiene che il Governo debba esprimere parere contrario anche in merito a tale punto che risulta strumentale se si tiene conto del programma di governo della maggioranza parlamentare, nonché delle recenti precise indicazioni del Presidente del Consiglio sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Con la mozione presentata dall'onorevole Franceschini, ed altri infine, si chiede che il Governo assuma alcune specifiche iniziative in materia di giustizia. In particolare, nel terzo capoverso del dispositivo della mozione si intende ottenere un impegno del Governo alla semplificazione dei riti nel settore civile e nel processo penale, a perseguire l'effettivo equilibrio tra accusa Pag. 27e difesa e ad introdurre strumenti di deflazione e criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale, nonché la riforma della legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura.
Al riguardo si deve anzitutto sottolineare che nel corso della presente legislatura il Governo si è fatto prontamente carico di risolvere alcune delle problematiche riguardanti gli ambiti di intervento appena menzionati. A titolo esemplificativo, relativamente al settore civile, si deve infatti segnalare che sono stati approvati i seguenti provvedimenti di legge di iniziativa governativa: notifiche telematiche nel processo civile ed altre misure per la razionalizzazione del processo del lavoro e l'accelerazione del processo amministrativo e del contenzioso tributario; interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario e per l'istituzione del fondo unico giustizia; misure per l'accelerazione del processo civile, collegato alla legge finanziaria 2009.
Si segnala, inoltre, l'approvazione delle deleghe legislative al Governo in relazione alla semplificazione dei riti, alla mediazione in ambito civile (che introduce per la prima volta in Italia un generale sistema di composizione stragiudiziale delle controversie) e all'atto notarile informatico. In materia penale, il Governo ha presentato il disegno di legge n. 1440 per la concreta attuazione del principio del giusto processo e per la deflazione del carico degli uffici giudiziari. Esemplificativamente si menzionano le seguenti norme: l'articolo 4, che riformula i primi due commi dell'articolo 190 del codice di procedura penale alla luce del principio costituzionale del giusto processo; l'articolo 6, che modifica in chiave acceleratoria gli articoli 409 e 415-bis del codice di procedura penale; gli articoli 7 e seguenti contenenti nuove disposizioni in materia di indagine e di esercizio dell'azione penale; l'articolo 8 contenente nuove disposizioni in materia di impugnazione e in chiave acceleratoria; l'articolo 9, che prevede una nuova ipotesi di revisione della sentenza nei casi in cui la Corte europea dei diritti dell'uomo abbia condannato lo Stato italiano per violazione del diritto ad un giusto processo; l'articolo 23 che contiene nuove norme in materia di equa riparazione.
Vanno poi rammentate le deleghe legislative per il riordino della disciplina delle comunicazioni e notificazioni, per la sospensione del processo in assenza dell'imputato e per la digitalizzazione dell'amministrazione della giustizia. Quanto ai criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale, essi sono stati già introdotti su iniziativa governativa nel rispetto del principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Con l'articolo 2-bis della legge 24 luglio 2008, n. 125, sono stati previsti i criteri di priorità nella formazione dei ruoli di trattazione dei processi e con l'articolo 2-ter sono state previste le misure per assicurare la rapida definizione di processi relativi a reati a trattazione prioritaria. Infine, si fa presente che il Ministro della giustizia ha già avviato la valutazione della necessaria modifica della legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura, come dichiarato in più occasioni.
Ciò premesso, e dato atto del grande impegno profuso dal Governo per dare adeguata e pronta soluzione alle problematiche esaminate e concernenti il terzo punto indicato dalla mozione, il Governo è costretto ad esprimere parere contrario anche su questo punto, che invece volutamente prescinde dalle iniziative già assunte e già all'esame del Parlamento o addirittura già approvate.
Le ragioni esposte inducono altresì ad esprimere parere favorevole alla mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187 e parere contrario agli impegni richiesti dalla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00186. In merito alla motivazione di tale ultima mozione, l'onorevole Di Pietro ben conosce quanto la difesa incida sulla corretta valutazione di un'ipotesi accusatoria, per cui mi meraviglia che tragga deduzioni e certezze da una sentenza che si fonda su un procedimento sviluppatosi in assenza della difesa del Presidente Berlusconi. Piuttosto, l'attenzione al sistema delle garanzie processuali, alle regole del contraddittorio, alle regole giuridiche, alla Pag. 28stessa logica che pretendono la valutazione unitaria di condotte che, in base all'accusa, caratterizzano alcuni reati, dovrebbero indurre a domandarsi come mai due sezioni dello stesso tribunale hanno ritenuto giustificata una diversa applicazione della legge.
La I sezione penale del tribunale di Milano aveva già sospeso altro procedimento anche nei confronti dei coimputati, mentre la X sezione il giorno successivo ha ritenuto di dover prescindere dalle elementari regole di corretta amministrazione della giustizia che ho appena richiamato. Oggi si pretende di trarre valutazioni anche nei confronti di chi deve ancora difendersi.
Mi auguro, invece, che il confronto tra maggioranza e opposizione, auspicato dalla mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187, cui il Governo, nel pieno rispetto dell'autonomia del Parlamento, offrirà un positivo contributo con le specifiche iniziative, consenta di affrontare e di risolvere con idonee riforme le questioni che la mozione pone.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, faccio riferimento all'articolo 111 del Regolamento: ovviamente lei mi dirà che è difficile trovare il discrimine tra una replica e un parere, però vorrei ricordare a me stesso che il Governo ha la facoltà di replicare e di intervenire in ogni momento della discussione. Quando deve dare un parere sulle mozioni dovrebbe dare un parere, che ha reso soltanto, come lei avrà notato sicuramente, alla fine del suo intervento.
Vorrei altresì aggiungere che abbiamo appreso, e questo non può che farci piacere, che il sottosegretario annuncia che il Governo - in particolare, immagino, il Presidente del Consiglio - ritornando sulle sue riflessioni, intende dare grande valore all'autonomia del Parlamento (lo apprendiamo perché fino a qualche giorno fa c'era sembrato qualcosa di diverso) e addirittura il Governo lascia la libertà e non interviene sul tema, ad esempio, della riduzione dei parlamentari.
Anche in questo senso vorrei sapere se il sottosegretario si è appena dimesso o appartiene ad un altro Governo e se il Presidente del Consiglio è andato all'estero; il sottosegretario, infatti, dovrebbe sapere che il Presidente del Consiglio ci ha informato di ritenere che noi siamo tacchini prima di Natale e che dovremmo ridurre i deputati alla Camera e anche i senatori al Senato. Piccolo particolare: anziché scegliere la via che ci indicava il sottosegretario, ovvero quella dell'autonomia del Parlamento, il Presidente del Consiglio ha ritenuto di informare gli italiani che intende farlo con una legge di iniziativa popolare.
Per carità, è vero che è un parere e non una replica, però almeno nel parere un minimo di coerenza e di decenza non farebbe male (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,25).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, esprimo l'indicazione e l'orientamento di voto del gruppo dell'Unione di Pag. 29Centro su questa mozione con qualche difficoltà, perché non posso nascondere un certo disagio per una ripresa dei lavori parlamentari che ci riporta esattamente a temi polemici di scontro che francamente sembrano piuttosto la prosecuzione della campagna elettorale.
Direi anche che questa mozione è stata scritta e depositata prima delle elezioni e, quindi, comprensibilmente risente del clima preelettorale.
Tuttavia, se volessimo trarre un'indicazione, sia dal voto dei cittadini (in primo luogo dalla forte astensione che si è manifestata in questa tornata elettorale, che naturalmente ci preoccupa) sia dalle indicazioni stesse che dal voto emergono, dovremmo dire che non è così che ci piace riprendere l'attività in Parlamento. Come ha detto qualcuno, sarebbe bene pensare che la ricreazione è finita, la campanella è suonata e dovremmo dedicarci ai nodi e alle riforme utili al Paese mettendo da parte, o perlomeno trattando in modo diverso dal passato, alcuni nodi che indubbiamente questa mozione contiene.
Vengo al primo, che riguarda una richiesta al Governo di agire e di attivarsi affinché possa esserci una abrogazione del cosiddetto lodo Alfano. Quella legge n. 124 del 2008 non ci è piaciuta, non l'abbiamo votata, abbiamo espresso alcune criticità, ma comprendiamo che essa sia all'interno di un ragionamento che, può piacere o meno, viene definito dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 24 del 2004 quale complesso delle garanzie per lo svolgimento sereno delle funzioni istituzionali. Ebbene, quella legge contiene alcune soluzioni che naturalmente possono non piacere e che possono anche essere oggetto di revisione attraverso gli strumenti che l'ordinamento prevede, in particolare il referendum abrogativo e il giudizio della Corte costituzionale, che peraltro è atteso a breve.
Appare, dunque, un po' strumentale la riproposizione, e in particolare attraverso una mozione, al Governo dell'assunzione di un impegno certamente impossibile, molto difficile o quanto meno irrituale da realizzare, di attivarsi per l'abrogazione di una legge - attività che poi è tipicamente parlamentare, e quindi ad iniziativa del Parlamento - che, peraltro, è stata approvata dalle Camere solo pochi mesi fa.
D'altronde, le motivazioni che sostengono questa richiesta sono legate al cosiddetto processo Mills in cui i presentatori della mozione intravedono un anticipo di condanna penale nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Questi sono temi delicati che preoccupano i cittadini, l'opinione pubblica, gli operatori del diritto, tutti noi, perché è ovvio che vorremmo che le istituzioni non fossero mai sfiorate neanche dal sospetto. Tuttavia, esistono dei principi costituzionali e delle regole a cui i parlamentari, le forze politiche, ciascuno di noi non dovrebbe sottrarsi per valutare il valore delle sentenze e l'incidenza di pronunce di primo grado. In questo caso, abbiamo una condanna che allude, implica delle possibili responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri, ma è rivolta ad un soggetto terzo, a una persona diversa, e dunque mi sembra francamente molto forzata la richiesta di decisioni unilaterali e con forte incidenza politica basate su una sentenza nei confronti di un soggetto diverso dal Presidente del Consiglio dei ministri e, peraltro, di primo grado.
Non vorremmo inondare di nuovo le Aule del Parlamento con gli atti giudiziari, di primo grado o meno che siano; vorremmo attenerci al principio della separazione tra politica e giustizia garantendo a ciascuna la giusta sfera di autonomia stabilita dalla Costituzione e che credo, francamente, sia nell'interesse del buon funzionamento del Paese.
Il secondo capoverso del dispositivo della mozione allude, o meglio incita alla riduzione del numero dei parlamentari e alla ripresa delle riforme costituzionali.
Sul primo punto, come è stato testé ricordato anche dal sottosegretario Caliendo a nome del Governo, insistono numerosi progetti di legge di iniziativa parlamentare, dunque la materia è assolutamente all'esame delle Aule. Però, non posso non notare, perché forse sarei eccessivamente candido dinanzi a questa Pag. 30interpretazione, che si insiste, in realtà anche qui con un argomento e una verve di natura prettamente elettoralistica, sul tema in particolare della riduzione del numero dei parlamentari partendo da una battuta assolutamente infelice e condannabile dal nostro punto di vista del Presidente del Consiglio dei ministri, ma che pur sempre è una battuta nell'ambito della campagna elettorale, delle polemiche che ne conseguono.
In effetti, la richiesta o il solo auspicio di ridurre il numero dei parlamentari a cento appare, senza mezzi termini, come una certa aggressione al Parlamento perché nessun Parlamento europeo ha un numero tanto ridotto di parlamentari e, dunque, è evidente in quella battuta, così come nelle polemiche che ne sono conseguite, un'impostazione antiparlamentare.
Questa impostazione antiparlamentare non ci convince, la riteniamo parte dell'antipolitica che fa molto male al nostro Paese e che non ha nulla a che fare con le giuste esigenze di rinnovamento della politica, di serietà e di sobrietà delle istituzioni anche con le riforme necessarie.
Il miglior funzionamento del Parlamento, come è noto, si garantisce attraverso una equilibrata riforma del bicameralismo perfetto e una riforma dei Regolamenti parlamentari al fine di dare più potere, secondo il nostro auspicio, alle Commissioni in sede redigente.
Ciò significa ridurre il lavoro d'Aula ad una vera discussione sugli articoli e sui punti effettivamente oggetto di dibattito politico.
Quindi, sono queste le misure per l'efficienza del Parlamento e non serve sbandierare, o fare la gara a chi vuole ridurre di più e per primo il numero dei parlamentari.
Ci convince fino a un certo punto in una mozione, anche se il contenuto invece è certamente condivisibile, la richiesta di ripresa di un cammino delle riforme costituzionali. Tuttavia, ciò non è tema da affidarsi ad una mozione e non è certo il Governo il padrone di questo processo.
In conclusione, sulla giustizia sono giusti i rilievi fatti in favore della maggiore efficienza, ma dobbiamo tenere presente anche alcune proposte che noi stessi abbiamo presentato per un migliore equilibrio tra i poteri: la responsabilità civile dei magistrati che sbagliano e altre misure volte a garantire imparzialità ed efficienza ad un sol tempo.
Su questa mozione, dunque, per i toni e per il metodo più che per i contenuti il gruppo dell'UdC si asterrà (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, effettivamente le elezioni sono passate e la campagna elettorale è finita. Tuttavia, credo che ci siano dei temi e delle questioni che riguardano nell'intimo i valori su cui si fonda una democrazia, sui quali si qualifica il valore e la pregnanza di una grande democrazia e di un grande Paese e sui quali si misura alla fine la libertà pubblica e quella di ognuno di noi.
Noi dell'Italia dei Valori abbiamo un sogno: vorremmo vivere in un Paese normale nel quale non dovrebbero succedere cose come quelle che stanno avvenendo purtroppo non da oggi, dove vi è un tribunale della Repubblica, il tribunale di Milano, che accerta con una sentenza sicuramente di primo grado, tuttavia, quando ci sono fatti di grande gravità che riguardano un uomo pubblico, anzi l'uomo pubblico per eccellenza, il Presidente del Consiglio, è evidente che anche una sentenza di primo grado in un Paese normale dovrebbe scuotere le coscienze, dovrebbe animare un dibattito, dovrebbe richiedere all'opinione pubblica, ma ancora prima alla politica di farsi carico di dare risposte, di fare chiarezza e di fugare gli spazi d'ombra. Infatti, nell'ombra del dubbio e del sospetto non cresce la democrazia.
Vediamo di fare un passo in dietro, in un Paese dove ormai la libertà di stampa è più che altro un'affermazione di principio e quel poco che ancora ne resta vi state apprestando a spazzarlo via con l'ultimo atto di quella che io ritengo ad Pag. 31dirittura sia violenza politica. Mi riferisco alla legge sulle intercettazioni che mette la museruola alla stampa più addomesticata d'Europa.
Allora, visto che la politica si deve prendere anche una funzione suppletiva, almeno noi vogliamo farlo e rivendicarlo con orgoglio. Mi riferisco a quello che gli italiani purtroppo non sanno perché nessuno glielo ha detto, perché non c'è modo di saperlo, perché su ciò non c'è informazione, quindi diciamo alcune cose.
Esiste una serie di processi che si sono tenuti in questi anni nel nostro Paese, che hanno riguardato l'attuale Presidente del Consiglio e che si sono tutti conclusi con assoluzioni. Sono il processo All Iberian, il processo per il lodo Mondadori, il processo per la corruzione della guardia di finanza.
Tutti questi processi hanno una linea comune, un tratto comune: sono tutti processi nei quali sono stati accertati reati gravissimi di corruzione e di pagamento di tangenti; sono tutti reati nei quali si è accertato definitivamente che di questi reati gravissimi la responsabilità fosse da individuare all'interno di un'azienda, Mediaset; sono tutti reati per i quali il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è stato alla fine assolto per due motivi: uno tecnico-processuale e uno accolto nella sentenza a seguito di quel motivo tecnico-processuale.
Il motivo accolto nella sentenza è stato quello per cui un uomo così ricco, con così tanti beni, con un patrimonio così immenso, che controlla un numero così sterminato di società, non era detto che sapesse e non era detto che fosse lui il regista di questi pagamenti che sono serviti per corrompere, per acquistare magistrati, per corrompere la guardia di finanza, per pagare tangenti.
Sono stati condannati gli esecutori materiali: è stato condannato l'onorevole Previti, sono stati condannati funzionari della Fininvest. Il secondo tratto distintivo di tutti questi processi era la testimonianza di David Mills.
In tutti questi processi David Mills, l'uomo che ha costruito per Silvio Berlusconi una galassia parallela di 64 società off-shore, attraverso la quale sono transitati - anche questo è accertato in sentenze - nel corso degli ultimi 15 anni più di mille miliardi di vecchie lire di fondi neri, ogni volta, interrogato in questi processi, alla domanda a chi facessero riferimento questi fondi che sono serviti per corrompere, per comprare magistrati, per corrompere la guardia di finanza, per pagare tangenti, rispondeva la stessa cosa: non lo so.
Questi «non lo so» sono quelli per i quali David Mills è stato nella sentenza recente del tribunale di Milano....Vorrei che, se non l'Aula, almeno il Presidente di questa Assemblea ascoltasse il mio intervento, Presidente Fini. Non le chiedo l'attenzione dell'Aula, ma almeno la sua, nel disinteresse più totale, l'apprezzerei.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Donadi. La prego di scusarmi. Prego.

MASSIMO DONADI. La ringrazio.
Dicevo che è proprio per questi silenzi, che il tribunale di Milano ritiene altrettante menzogne, che David Mills è stato condannato per falsa testimonianza e per questa falsa testimonianza è stato individuato un corruttore, che si chiama Silvio Berlusconi (Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà), che è l'attuale Presidente del Consiglio e che, nell'ipotesi del tribunale di Milano, avrebbe comprato questa falsa testimonianza non per uno sghiribizzo di una mattina in cui non sapeva cosa fare e come spendere i suoi tanti soldi, se non per corrompere un testimone, ma per acquistarsi l'impunità in un'altra serie di gravissime imputazioni penali alle quali ho appena fatto riferimento.
È evidente che, se questa prospettazione, pur di primo grado, del tribunale di Milano fosse vera, moralmente, non certo giuridicamente, perché ormai quei processi sono definiti, sarebbe da rivalutare e riscrivere l'intera storia delle azioni giudiziarie che negli ultimi 15 anni hanno visto coinvolti Mediaset e il Presidente del Consiglio. Pag. 32
Dicevamo che avremmo un sogno: vivere in un Paese normale. Non voglio invocare qui le blasonate e grandi democrazie del mondo; mi limito, più modestamente, a richiamare comunque un Paese dal quale, evidentemente, abbiamo molto da invidiare in termini di democrazia.
Parlo di Israele e del Presidente Olmert, che, semplicemente accusato di un'imputazione di corruzione, si dichiarò orgoglioso di vivere in un Paese dove anche il Presidente del Consiglio aveva il dovere di rendere ragione davanti a un tribunale delle proprie azioni e riteneva doveroso farlo non da Presidente del Consiglio, capace, in quanto tale, solo per il suo ruolo e per la sua autorevolezza, di essere di ostacolo per un pieno e compiuto accertamento della verità, ma di farlo da semplice cittadino, e si dimise.
Non chiediamo certo questo a chi è abituato a mentire, perché anche solo in queste settimane abbiamo potuto riscontrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che su una pluralità di vicende, che riguardano non la vita privata del Presidente del Consiglio, ma fatti pubblici del Paese, il Presidente del Consiglio ha mentito, ha mentito ripetutamente, ha mentito su quasi tutto quello che ha raccontato in queste ultime settimane.
Allora un Presidente del Consiglio che mente, un Presidente del Consiglio che non ha rispetto del suo Paese, non ha rispetto dei cittadini italiani, che credibilità può avere? Non solo all'estero, dove ormai purtroppo questi comportamenti, queste azioni, queste scelte del Presidente del Consiglio, supportate dall'intero Governo, hanno completamente disperso quel poco di credibilità di cui ancora le nostre istruzioni godevano, che credibilità può avere un uomo abituato a mentire quando va davanti agli italiani e dice loro che la crisi non c'è, che la crisi sta passando, quando dice che sta lavorando per loro? Questo Governo ha perso ogni credibilità, quando anche mai l'avesse avuta!
Lo so, è poco più di un esercizio di stile, è poco più che retorica parlamentare, ma noi davvero, continuando questo sogno, vorremmo che in un sussulto di dignità questa maggioranza si impegnasse, impegnasse il Governo, a cancellare una legge che non solo è incostituzionale, ma è purtroppo uno sfregio etico, uno sfregio morale alla civiltà giuridica di questo Paese, e si impegnasse ad abrogare il lodo Alfano.
Vorremo anche - ma anche questo purtroppo è un sogno, e la mia soltanto retorica parlamentare - che questa maggioranza si impegnasse a tenere d'ora in avanti comportamenti che impediscano al nostro Paese di essere ancora di più, ancora in modo più grave, completamente dileggiato dall'opinione pubblica mondiale, ridotto ad un Governo che lavora, più che per risolvere i problemi del Paese, per portare in giro su voli di Stato ballerine e cantanti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti del campo scuola di Paganica, che sono in visita di istruzione alla Camera e stanno seguendo i nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le due mozioni presentate dall'opposizione sembrano, soprattutto la mozione Franceschini ed altri n. 1-00185, dei documenti di indirizzo per il Governo, ma entrambe - sia la mozione Franceschini ed altri n. 1-00185 che quella Di Pietro ed altri n. 1-00186 - sono costruite soprattutto per impegnare il Governo ad abrogare una legge dello Stato, il famoso lodo Alfano, che riguarda le sospensioni processuali per le alte cariche dello Stato, che peraltro sono perfettamente in linea con quanto previsto in altri Paesi occidentali.
A parte la singolarità della richiesta - chiedere infatti che il Governo si impegni ad abrogare una legge è già quanto meno una richiesta confusa, perché è il Parlamento che approva le leggi ed eventualmente Pag. 33sarà il Parlamento ad abrogarle - c'è il solito attacco nei confronti di chi governa, l'attuale maggioranza. E si giustifica quello che ormai la maggior parte dei cittadini italiani dà per scontato: l'utilizzo politico di parte della magistratura deviata, che ha cominciato a minare la credibilità dell'attuale Primo Ministro già nel 1994 a Napoli con un avviso di garanzia in diretta TV, in una riunione con i vertici internazionali, che odorava molto di tentativo di colpo di Stato; prova ne è che poi l'infondatezza del tutto ha fatto fare brutta figura a chi ha attivato questo strumento illegittimo, ma, purtroppo, sono andati impuniti come al solito.
Hanno riprovato quando l'attuale Presidente del Consiglio si mise di traverso, insieme alle cooperative rosse emiliane, nel tentativo di Prodi di svendere le industrie agroalimentari al suo amico De Benedetti, e vinsero: lo Stato, la magistratura, in quel caso riuscì ad impedire questa regalia, lo Stato riuscì a vendere ad altri soggetti incassando tre volte di più, ma va da sé che la solita magistratura, al posto di ringraziare l'onorevole Berlusconi per aver fatto incassare tre volte tanto allo Stato da quelle vendite, cercò di denunciarlo, perché quella sentenza, che impedì la svendita tra amici, fu secondo loro soggetta a condizionamenti di tangenti, ed è andato tutto a monte. Questi continui attacchi stancano: stancano l'elettorato, stancano i cittadini.
Ed è da chiedersi - questa è una domanda che lancio e cui qualcuno cercherà di rispondere - per quale ragione in questi anni, anziché fare cinquecento verifiche sull'attività dell'attuale Premier, non si sia andati neppure una volta con la Guardia di finanza e la magistratura di parte a mettere il naso nei conti del padrone di Parmalat, che è riuscito a fregare 30 mila miliardi di lire alle famiglie italiane. Queste sono incongruenze che è giusto denunciare, poiché altrimenti gli spot continui diffondono confusione fra i nostri cittadini: occorre un minimo di legittimità nell'operato dell'attuale maggioranza e del suo Premier, continuamente minati da simili tentativi da parte della magistratura. Dunque, è giusto denunciarli ricordandoli.
La nostra mozione non entra nel merito della giustizia: chiede solo che la giustizia si occupi di fare giustizia. Con essa rivolgiamo dunque indirizzi operativi al Governo per fare in modo che la giustizia ritorni ad essere un ordine alle dipendenze dello Stato e dei cittadini e non si inventi, giorno per giorno, di essere un potere: perché il potere lo esercita chi rappresenta la volontà popolare, e cioè il Parlamento, non i magistrati, che sono persone come le altre, a busta paga. In particolare, va detto che sono uniche al mondo le tutele che il Consiglio superiore della magistratura attua corporativamente all'interno di chi opera nella giustizia. Fra loro fanno i concorsi, fra loro si assumono, fra loro fanno i trasferimenti e si premiano: e se un Ministro della giustizia chiede un intervento disciplinare, non si castigano mai fra loro. Bisogna dunque riuscire a smembrare le bande che imperversano all'interno del Consiglio superiore della magistratura e riportarle in un alveo di democraticità, poiché di bande parliamo.
A nome della Lega Nord chiedo anche che si entri anche nel merito della separazione delle carriere, poiché questo è l'unico Paese in Europa dove giudici e pubblici ministeri svolgono funzioni identiche: ciò non avviene in alcun altro Paese dell'Unione europea. In più, in tutti i Paesi occidentali, e soprattutto negli Stati Uniti d'America, i pubblici ministeri dipendono da indirizzi che partono dall'Esecutivo e dal Governo: non fanno quello che vogliono. In quattro quinti dei Paesi occidentali e democratici, essi sono di nomina diretta del Governo, perché i PM devono essere l'accusa dello Stato, mentre i giudici devono fare qualcos'altro.
Non mi sembra che si stiano proponendo cose deleterie contro la democrazia. In realtà si tratta di cose che esistono da sempre negli altri Paesi occidentali: è solo chi difende la casta della magistratura e fa politica nella sinistra che grida sempre allo scandalo. Qualche volta costoro riescono Pag. 34ad imbrogliare gli elettori; ma quando li portano all'esasperazione, essi abbandonano chi continua a proporre cose che sono antidemocratiche.
Ancora, la nostra mozione dà indirizzi operativi al Governo affinché esso si impegni ad emanare al più presto i decreti attuativi per il federalismo fiscale, che è già stato approvato: soprattutto in una crisi economica come quella che sta imperversando nei nostri territori e che vede la chiusura sistematica di tante attività, abbiamo la necessità che lo Stato cambi. Ora come ora, infatti, sappiamo che esso assorbe metà del prodotto interno lordo, fornendo servizi che non hanno nulla a che fare con le aspettative della nostra gente. Occorre partire subito.
Ancora, a seguito del federalismo fiscale, la nostra mozione indirizza il Governo - ma lo faremo anche noi come gruppo - ad avviare le modifiche costituzionali per introdurre questo benedetto Senato federale delle regioni e, assieme a questo, per operare anche le riduzione dei parlamentari. Nelle altre due mozioni, soprattutto in quella a firma Franceschini, si dà lo stesso indirizzo, ma è giusto ricordare che nel 2006 queste cose erano già state fatte con la riforma costituzionale dell'allora maggioranza PDL-Lega Nord. Appena fu approvata quella riforma, che prevedeva il Senato federale, la riduzione del numero dei parlamentari e via dicendo, fu proprio la sinistra che attivò un referendum abrogativo, che interessò poca gente.
Ricordiamo che per quel tipo di referendum non è previsto il quorum: andò a votare un italiano su otto e fu sufficiente imbrogliare i cittadini del centro-sud dicendo che con il federalismo della Lega gli avremmo chiuso gli ospedali (ciò era assolutamente falso, ma come spot pagò), con la conseguenza che ad oggi non abbiamo né il Senato federale, né la riduzione dei parlamentari, cose queste che gli scienziati della politica, che arrivano sempre con qualche anno di ritardo, stanno proponendo oggi (ma, guarda caso, sono gli stessi che hanno operato per attivare quel referendum).
Nel complesso, quindi, gli indirizzi della mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187 rispecchiano pienamente quanto avevamo proposto nel programma elettorale del 2008. Ovviamente voteremo a favore di questa mozione, mentre sulle altre due mozioni esprimeremo un voto contrario, ricordando sempre la strumentalità che è alla base della loro presentazione, che non ha un aspetto politico o di indirizzo politico, ma sottende il continuo attacco personale rivolto nei confronti del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, è passato un anno dall'insediamento del Governo Berlusconi ed un giorno dal voto per le elezioni europee, un anno ed un giorno che segnano una linea di confine per l'Italia: l'incantesimo si è rotto, l'invincibilità di Berlusconi è andata in pezzi per volontà del popolo elettore.
Ma quel che più conta, è che un ciclo si sta chiudendo. Il tentativo populista della coscienza politica del Paese, la voglia di plebiscito permanente sollecitando l'antico vizio della cultura reazionaria nazionale, l'antiparlamentarismo, tutto questo si è scontrato contro una realtà dura ma ineludibile: la verità della crisi, la verità dei fatti della vita quotidiana e la conseguente necessaria verità delle risposte.
La nostra mozione ha questo scopo: impegnare la Camera in una discussione sulla verità politica delle risposte del Presidente Berlusconi, del suo Governo e della sua maggioranza, delle vostre risposte su due questioni cruciali per la qualità della vita democratica, la giustizia e le riforme istituzionali. Per questo - e lo dico al candido Mantini - non c'è nessun imbarazzo a discutere qui oggi di queste cose, perché questo è il contenuto della politica e questa è la sede per fare politica in questo Paese.
La crisi che attraversa l'Italia si può riassumere drammaticamente con pochi dati: nel primo trimestre del 2009 il prodotto Pag. 35interno lordo registra un meno 5,9 per cento, nei primi quattro mesi del 2009 le esportazioni crollano del 21 per cento, vi è la previsione per il 2010 di 2 milioni 300 mila disoccupati, il Governatore della Banca d'Italia, Draghi, parla di 3 milioni di precari, quattro quinti dei quali sono a rischio di rinnovo del contratto tra un anno.
Ma di fronte a questa crisi - che significa per milioni di persone drammi quotidiani - qual è la risposta del Presidente Berlusconi, del suo Governo e della sua maggioranza? Cito due dichiarazioni del Presidente Berlusconi fatte il 21 maggio davanti all'assemblea della Confindustria. Il Presidente del Consiglio non ha nessun potere - dice Berlusconi - perché la Costituzione è stata scritta dopo il ventennio fascista e tutto il potere è stato dato al Parlamento, che è pletorico: sono 630 deputati, ne basterebbero cento. Continua il Presidente Berlusconi: avete un Governo che per la prima volta è retto da un imprenditore e da una squadra di Ministri che sembrano membri di un consiglio di amministrazione per la loro efficienza.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bressa, pregherei i colleghi che non sono interessati ad uscire dall'Aula e consentire agli oratori di poter svolgere i loro interventi. Prego, onorevole Bressa.

GIANCLAUDIO BRESSA. Grazie, signor Presidente. Dobbiamo però fare i conti - prosegue Berlusconi - con una legislazione da ammodernare perché il Premier non ha praticamente nessun potere, e dovremmo arrivare ad un disegno di legge d'iniziativa popolare perché non si può chiedere ai capponi e ai tacchini di anticipare il Natale.
Non commento l'eleganza istituzionale e formale delle parole del Presidente del Consiglio, mi limito a registrare una mostruosità costituzionale che non può passare sotto silenzio: per la prima volta nella storia repubblicana, il Capo del Governo sfiducia il Parlamento delegittimando in radice la sua funzione.
Ma, onorevole Berlusconi, si rassegni, non è così: fino a quando la nostra Costituzione sarà quella deliberata dall'Assemblea costituente il 22 dicembre 1947, è il Parlamento che dà, e continuerà a dare, la fiducia al Governo, e non il contrario. Sarebbe un errore derubricare queste parole ad un episodio legato ad un'infelice battuta, perché con queste dichiarazioni il Presidente del Consiglio sembra voler superare il principio della separazione dei poteri anche del punto di vista istituzionale e organizzativo: non più solo confusione e concentrazione in un solo soggetto del potere politico, del potere economico e del potere culturale dei mezzi di comunicazione, ma anche confusione e concentrazione in un solo organo, quello esecutivo, di quasi tutte le funzioni dello Stato.
Dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio traspare una concezione del proprio ruolo quale legislatore costituzionale, sintesi ed unica espressione della sovranità popolare. Il modello è quello dell'uomo solo al comando, ma, Presidente Berlusconi, purtroppo per lei, la sua maglia non è di colore bianco o celeste, e soprattutto il suo nome è Silvio, e non Fausto, quindi appare poco credibile questa sua autorappresentazione di un uomo solo al comando, come del resto sabato e domenica è stato evidenziato da parte di molti elettori che non l'hanno votata.
Il problema di un Governo più efficiente, più capace di fornire risposte adeguate alla complessità economica e culturale del momento, ai tempi e ai ritmi della società dell'informazione, è un problema vero, ma la risposta non può essere quella di un potere assoluto e illimitato che si pone in contrasto con i più elementari principi dello Stato di diritto e con la tradizione del costituzionalismo. La risposta vera sta nella riforma della Costituzione che vada in direzione di un Governo parlamentare razionalizzato, così come è previsto nella proposta della cosiddetta «bozza Violante» (votata senza opposizioni nella I Commissione, nella XV legislatura, e da noi ripresentata il giorno di insediamento della nuova Camera dei deputati, il 29 aprile 2008) che dimezza gli Pag. 36eletti, ma non si limita a questo: è una proposta di riforma costituzionale, non è demagogia allo stato puro. Se volete un confronto serio, questa è la strada, il resto è solo propagandata d'accatto. Noi siamo convinti della necessità di una riforma, ma siamo più convinti ancora che debba costituirsi entro i confini di quella che Leopoldo Elia chiamava la politica della Costituzione.
Allora, colleghi della maggioranza, siete disposti ad assumervi l'impegno politico, piuttosto elementare, ma irrinunciabile, che la riforma costituzionale non può far venire meno i presupposti elementari dello Stato il diritto, che sono il regno impersonale della legge, la garanzia dei diritti dei cittadini, la separazione dei poteri? Si tratta di una richiesta elementare, ma impegnativa per voi, visti gli scivoloni costituzionali, legislativi e politici di cui vi siete resi protagonisti in questo primo anno di Governo, per non parlare del passato.
Emblematica da questo punto di vista è proprio la vicenda connessa all'approvazione del cosiddetto lodo Alfano. Stato di diritto uguale regno impersonale della legge, siete disponibili ad affermare questo principio? Con il lodo Alfano si è costituita la legge più ad personam che la storia giuridica nazionale ricordi, a tal punto che per confondere le acque, e allargare la platea dei beneficiati, avete elevato al rango di organi costituzionali i Presidenti di Camera e Senato. Si è costruito questo abominio della sospensione del giudizio per le alte cariche dello Stato perché lo svolgimento del processo può interferire sul sereno svolgimento della carica. A parte la volatilità del concetto di sereno svolgimento delle funzioni, il paradosso è dato dal fatto che siccome il processo è sospeso per Berlusconi, ma non per gli altri imputati, la condanna di David Mills, reo confesso per iscritto a un magistrato inglese, diventa elemento di turbativa, per cui, per evitare anche questo attentato alla serenità, non si è pensato niente di meglio che mettere in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, riconducendo - pare di capire - anche in questo caso al Presidente del Consiglio il giudizio in ultima istanza sulla bontà delle decisioni dei magistrati.
Stato di diritto uguale separazione di poteri; vi dice niente questo principio, colleghi della maggioranza? Non sarebbe più semplice rinunciare alla sospensione del processo, per poi abrogare il lodo Alfano, colpevole di aver creato al Premier l'imbarazzo di non potersi difendere e dichiararsi innocente davanti al giudice naturale, quale suo insopprimibile diritto garantito dalla Costituzione, che voi con una legge abominevole avete cancellato? Sarebbe più semplice se non fossimo tornati alla cultura della Statuto albertino, per cui la persona del re era sacra e inviolabile, che è espressione, prima ancora di una mentalità autocratica, di una mentalità cortigiana ed elogiativa.
Il senso della nostra mozione è questo, cari colleghi della maggioranza: un confronto politico vero in Parlamento. E sapete qual è l'esito di questo confronto apparentemente rituale nel gioco delle parti tra maggioranza e opposizione? L'esito è che vinciamo noi anche se la mozione verrà respinta. Vinciamo noi perché abbiamo il coraggio di guardare in faccia la realtà, la durezza dei fatti, compresi i milioni di voti che abbiamo perso per strada. Ma voi avete il coraggio di guardare in faccia la durezza di una sentenza che condanna il Premier per corruzione di magistrato? Avete la capacità e il coraggio della verità di una riforma costituzionale che non contempli un uomo solo al comando, ma che contempli un ruolo fondamentale del Governo in Parlamento e di un potere di controllo del Parlamento sul Governo? Vinciamo noi perché noi abbiamo il coraggio di questo confronto e di questa verità. Per noi la verità - concludo, Presidente - è importante perché i fatti interrogano la coscienza morale, suscitano sentimenti e intuizioni. Questa è la politica, è il potere delle idee, e noi siamo un'opposizione politica, un'opposizione che costruisce un indirizzo politico alternativo a quello del Governo. Voi rischiate di essere solo dei cortigiani impossibilitati alla verità perché Pag. 37scomoda per il re. Questa è la differenza tra noi e voi, questa è la ragione per cui oggi noi possiamo ripartire per vincere. Non sottovalutateci, siate preoccupati, perché questi quattro anni che mancano alle prossime elezioni politiche saranno più lunghi per voi che per noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, anzitutto comincio col dire che condivido una parte dell'intervento del collega Bressa, la parte di commento sulle elezioni di sabato e di domenica, quando lui ha affermato che un ciclo si sta chiudendo. Caro collega Bressa, è vero che un ciclo si sta chiudendo, ma non come voi avevate auspicato e come lei ha cercato di dire senza suffragare la sua tesi con i numeri di queste elezioni europee e amministrative. E se un ciclo si sta chiudendo è quello del Partito Democratico e della sinistra italiana che non è in condizioni di porsi come alternativa di Governo in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Guardi i numeri. Abbiamo votato per il rinnovo del Parlamento europeo. Noi abbiamo quattro deputati in più a Strasburgo, voi ne avete tre in meno. Ciò significa che avete perso le elezioni europee. Per le amministrative non vogliamo infierire, perché pensare che 17 vostri presidenti delle province e alcune decine e decine di assessori stanno preparando gli scatoloni per aver perso le elezioni, nonostante fossero uscenti, ci fa comprendere in quale difficoltà politica e numerica siete in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Veniamo al sodo di queste mozioni, della vostra mozione sul cosiddetto lodo Alfano e sulle riforme istituzionali, e della nostra mozione sul cosiddetto lodo Alfano e sulle riforme. Anzitutto perché questo Paese ha bisogno di una norma come il cosiddetto lodo Alfano? Per una ragione semplicissima, perché in un Paese normale - cari amici e colleghi della sinistra - non ci sarebbe bisogno di questa norma. Ce n'è bisogno in Italia perché negli ultimi anni vi è stato un uso politico della giustizia che è innegabile ed è documentato da quello che è accaduto nel nostro Paese.
Quando l'esponente del Partito Democratico ci chiede se siamo d'accordo sulla separazione dei poteri noi rispondiamo con convinzione che siamo profondamente convinti che in Italia debba esserci la separazione dei poteri, ma diciamo con altrettanta convinzione che negli ultimi anni abbiamo registrato l'invasione di potere, che vi è stata l'invasione di potere da parte della magistratura, che ha cercato di prendere gli spazi del potere politico violando le regole fondamentali della nostra Costituzione e le regole basilari della democrazia secondo la quale governare spetta a chi ha preso più voti da parte dei cittadini italiani. D'altronde, questo provvedimento, che è stato portato avanti dal Ministro Alfano con grande attenzione e con grande rispetto della precedente sentenza della Corte costituzionale sul cosiddetto lodo Maccanico-Schifani, tiene conto delle esigenze che erano state avanzate dalla Consulta.
La stessa Consulta aveva chiarito che tale norma aveva una ratio e che andava resa compatibile con il nostro ordinamento: lo abbiamo fatto con il cosiddetto lodo Alfano.
Noi siamo per l'autonomia e l'indipendenza dei pubblici ministeri: è un grande valore, ma ricordatevi che è anche una grande anomalia. Non esiste Paese al mondo dove il pubblico ministero è libero, autonomo e indipendente come in Italia. Noi non vogliamo limitare questa autonomia, questa libertà e questa indipendenza, ma vogliamo determinare dei contrappesi a cui aveva già pensato il costituente. Non a caso nell'articolo 68, con l'immunità parlamentare che poi modificammo all'inizio degli anni Novanta, il costituente aveva previsto un contrappeso all'indipendenza e all'autonomia del pubblico ministero. Siamo convinti della bontà di questa norma e della sua utilità nell'interesse della democrazia italiana. È per questo Pag. 38che voteremo contro la vostra mozione e, invece, a favore della nostra, che rivendica l'utilità di quel provvedimento.
Ma veniamo alle riforme istituzionali: su questo tema sfondate una porta aperta. Nella XIV legislatura abbiamo approvato le riforme istituzionali che, tra l'altro, prevedevano la riduzione del numero dei parlamentari sulla quale eravate d'accordo e che poi avete bocciato nel referendum; il superamento del bicameralismo perfetto sul quale vi dite d'accordo ma che poi avete bocciato nelle urne referendarie; il rafforzamento del Governo con tutte le garanzie per l'opposizione. Avevamo già approvato le riforme ma voi, con un referendum che non richiede il quorum e, quindi, con una limitatissima partecipazione degli italiani alle urne, con una campagna referendaria avete demagogicamente bocciato quella riforma.
Siamo quindi passati alla legislatura successiva e alla cosiddetta bozza Violante. Voi eravate maggioranza, io ero uno dei relatori della Commissione affari costituzionali insieme con la collega Amici. Durante la scorsa legislatura abbiamo approvato, senza voti contrari e, ad esempio, con il mio voto favorevole, la cosiddetta bozza Violante che prevedeva la riduzione del numero dei parlamentari, il superamento del bicameralismo perfetto e il rafforzamento, a nostro avviso troppo timido, dei poteri del Premier. Ebbene, noi eravamo d'accordo sia nella XIV legislatura, sia nella XV legislatura, quando abbiamo votato la cosiddetta bozza Violante, e siamo d'accordo anche in questa legislatura a varare le riforme. Ripartiamo dalla cosiddetta bozza Violante e dai titoli in essa contenuti; riduciamo il numero dei parlamentari nei modi e nei tempi giusti; superiamo il bicameralismo perfetto trovando un sistema di procedimento legislativo che sia più veloce e più efficiente e soprattutto rafforziamo i poteri del Governo.
Collega Bressa, noi non vogliamo rafforzare i poteri del Governo per avere un solo uomo al comando. Vogliamo rafforzare i poteri del Governo per evitare che il nostro capo del Governo vada ad un incontro internazionale e si lasci concordando con i colleghi europei di approvare l'indomani in tutti i Paesi un provvedimento contro la crisi: mentre gli altri Paesi d'Europa lo possono fare in una settimana, noi abbiamo bisogno di sette mesi anziché di sette giorni per emanare lo stesso provvedimento. È questo il problema dell'Italia: la lunghezza dei tempi delle decisioni scelta da un costituente che viveva in un momento storico completamente diverso da quello attuale. Vogliamo fare le riforme e ci appelliamo a voi dell'opposizione per farle assieme. Sappiamo bene che le riforme migliori sono quelle elaborate insieme, quelle approvate almeno da due terzi del Parlamento in modo che non possono essere sottoposte a referendum e, quindi, non possono essere oggetto di campagne elettorali e di campagne demagogiche. Vogliamo partire dalla cosiddetta bozza Violante, tenendo conto ovviamente che è cambiata la maggioranza e, quindi, con l'introduzione di correttivi da parte nostra, ad esempio per rafforzare maggiormente i poteri del Presidente del Consiglio e del Governo, riconoscendo il massimo delle garanzie alle opposizioni.
Anch'io, all'inizio della legislatura, ho ripresentato la cosiddetta bozza Violante e insieme ad altri colleghi ho presentato anche una proposta di riforma regolamentare che prevede uno statuto dell'opposizione e addirittura l'introduzione nel Regolamento della Camera del cosiddetto Governo ombra. Quindi, come vedete, siamo molto avanti nel dialogo, ma abbiamo l'impressione che sia un dialogo tra sordi, che vi sia qualcuno che non vuole ascoltare ma vuole esclusivamente accusarci e attaccarci.
Noi vi garantiamo che non abbiamo alcuna intenzione di intaccare lo Stato di diritto, ma vogliamo difendere la bontà del «lodo Alfano» e la tutela che le alte cariche delle istituzioni devono avere per garantire serenità e stabilità al loro lavoro nell'Esecutivo del Paese e nelle cariche istituzionali. Vogliamo fare le riforme, possibilmente le vogliamo fare condivise, Pag. 39ma non potete credere che la condivisione indispensabile delle riforme possa essere un potere di veto.
Noi partiamo dalla vostra proposta della scorsa legislatura con alcuni ritocchi, ve la sottoponiamo e ci auguriamo che voi sarete d'accordo, ma se non sarete d'accordo noi abbiamo il dovere di svolgere la funzione che una maggioranza deve svolgere: abbiamo il dovere di andare avanti e di rispondere ai nostri elettori senza riconoscervi alcun diritto di veto. Noi le riforme le vogliamo fare davvero in questa legislatura e ci auguriamo che voi vogliate farle insieme con noi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere la votazione per parti separate della mozione Franceschini ed altri, per quanto riguarda il solo dispositivo.

PRESIDENTE. La mozione Franceschini ed altri n. 1-00185 ha tre paragrafi nel dispositivo: che cosa intende per parti separate?

MASSIMO DONADI. Chiedo se sia possibile votare i paragrafi singolarmente, uno per uno.

PRESIDENTE. Votiamo ovviamente prima la premessa e poi si possono votare, se lei lo richiede, i tre paragrafi del dispositivo con tre distinte votazioni.

MASSIMO DONADI. Esattamente, signor Presidente, grazie.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla parte motiva della mozione Franceschini ed altri n. 1-00185, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Onorevole Scilipoti, ha votato? Onorevole Milanese? Onorevole Laratta? Onorevole Latteri, non riesce? Ecco, adesso è riuscito. Hanno votato tutti.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 489
Votanti 460
Astenuti 29
Maggioranza 231
Hanno votato 203
Hanno votato no 257
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Cimadoro, D'Incecco e Martella hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che il deputato Pagano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul primo capoverso del dispositivo della mozione Franceschini ed altri n. 1-00185, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Latteri? Hanno votato tutti? Onorevole Giorgetti, ha votato? Onorevole Pagano?
Dichiaro chiusa la votazione.
Pag. 40
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 465
Astenuti 29
Maggioranza 233
Hanno votato
205
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che la deputata D'Incecco ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul secondo capoverso del dispositivo della mozione Franceschini ed altri n. 1-00185, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Lattieri, abbiamo capito! Ha visto che è riuscito a votare? Onorevole Buttiglione? È a posto. Onorevole Mario Pepe? Ha votato.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 492
Votanti 462
Astenuti 30
Maggioranza 232
Hanno votato
203
Hanno votato
no 259).

Prendo atto che la deputata D'Incecco ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul terzo capoverso del dispositivo della mozione Franceschini ed altri n.1-00185, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Hanno votato tutti? Onorevole Farina? Onorevole Tenaglia?

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 494
Votanti 465
Astenuti 29
Maggioranza 233
Hanno votato
205
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che la deputata D'Incecco ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Di Pietro ed altri n. 1-00186, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Luciano Rossi? Onorevole Barani?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 473
Astenuti 16
Maggioranza 237
Hanno votato
188
Hanno votato
no 285).

Prendo atto che i deputati Vico, D'Incecco e Coscia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00187, accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Latteri? Onorevole Nizzi? Onorevole Pisicchio?
Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 41
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 468
Astenuti 25
Maggioranza 235
Hanno votato
259
Hanno votato
no 209).

Prendo atto che la deputata D'Incecco ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.

Seguito della discussione del disegno di legge: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (A.C. 1415-A); e delle abbinate proposte di legge: Jannone; Contento; Tenaglia ed altri; Vietti e Rao; Bernardini ed altri (A.C. 290-406-1510-1555-1977) (ore 15,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica alla disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Jannone; Contento; Tenaglia ed altri; Vietti e Rao; Bernardini ed altri.
Ricordo che nella seduta del 23 febbraio 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche dei relatori di minoranza e del Governo, mentre la relatrice per la maggioranza vi ha rinunciato.
Ricordo inoltre che nella seduta dell'11 marzo 2009 sono state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità Di Pietro ed altri n. 1, Ferranti ed altri n. 2 e la questione pregiudiziale di merito Di Pietro ed altri n. 1.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Su che cosa, onorevole Baldelli?

SIMONE BALDELLI. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente vorrei chiedere la possibilità di sospendere per dieci minuti la seduta per un approfondimento.

PRESIDENTE. Per approfondire cosa, onorevole Baldelli? Mi sembra che ha avuto già tutto il tempo necessario per farlo! Oppure lei è a conoscenza di qualcosa di cui la Presidenza non è a conoscenza (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro)?

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo sostiene la proposta dell'onorevole Baldelli riguardo ad una breve sospensione prima di entrare nel merito del punto all'ordine del giorno anche per poter assumere definitivamente delle decisioni circa l'iter del provvedimento.

PRESIDENTE. Quindi, il Governo chiede che la seduta venga sospesa per 15 minuti?

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Sì, signor Presidente.

Pag. 42

PRESIDENTE. Sta bene. Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,20, è ripresa alle 15,55.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

(Esame degli articoli - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione, e degli emendamenti ad essi presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-A).
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-A), che sono distribuiti in fotocopia.
Avverto che il Governo, con lettera in data odierna, ha presentato l'emendamento 1.1000 (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-A), interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo dei restanti articoli del provvedimento, preannunciando l'intenzione di porvi la questione di fiducia.
La seduta sarà dunque sospesa per consentire alla Presidenza di effettuare il vaglio di ammissibilità, all'esito del quale l'emendamento 1.1000 del Governo sarà direttamente trasmesso alla Commissione giustizia e alla Commissione bilancio per i profili di competenza.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi creda non è curiosità morbosa, ma atteso che la seduta è stata sospesa per un quarto d'ora, che è «durato» poi circa quaranta minuti, sarebbe interessante e utile sapere in questo tempo cosa sarebbe dovuto succedere e che cosa è successo. Ci troviamo qui e sembra che siamo allo stesso «film». È possibile sapere perché è stata sospesa per quaranta minuti la seduta,?

PRESIDENTE. Lo ha chiesto il Governo e al termine di quei quaranta minuti è stato depositato l'emendamento 1.1000, interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo della restante parte del provvedimento.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, sia pure in modo irrituale mi pare che sia come se il Governo abbia chiesto la fiducia, anche se formalmente non si è ancora alzato il Ministro a chiederla. Il primo sentimento che io provo è un sentimento di costernazione poiché voglio ricordare che sono passati solo tre giorni dalle elezioni per le quali il Presidente del Consiglio ha chiesto al popolo italiano la fiducia, chiedendo di votare, perlomeno per il 40 per cento, a suo favore; invece il popolo italiano ha detto di no, perché gli ha dato molto meno.
Allora questa ennesima fiducia è un pugno in faccia agli italiani. Il Presidente non è il padrone dell'Italia come vorrebbe, gli italiani hanno detto «no» tre giorni fa a quella sua richiesta di plebiscito, ma ancora una volta, nonostante questo, continuiamo a vilipendere il Parlamento che su una questione delicata come quella delle intercettazioni viene ancora una volta messo nell'impossibilità di discutere. Trovo che tutto questo sia vergognoso nei confronti del popolo che ha votato, solo tre giorni fa, in un certo modo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ai fini degli adempimenti richiamati poc'anzi, la seduta è sospesa e riprenderà alle ore 17.

La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 17,05. Pag. 43

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Testo sostituito con errata corrige volante PRESIDENTE. Avverto che la Presidenza ha giudicato ammissibile l'emendamento 1.1000 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo dei restanti articoli, su cui il Governo ha preannunziato la posizione della questione di fiducia.
L'emendamento riproduce il testo del provvedimento, come licenziato dalla Commissione giustizia, integrato dal contenuto di tre proposte emendative del Governo e di quattro della Commissione, con alcune riformulazioni, già presentate per l'Aula e giudicate ammissibili, nonché degli emendamenti 20.5 della Commissione bilancio e Contento 5.113. Essa reca inoltre una modifica di coordinamento del comma 1-bis dell'articolo 267 del codice di procedura penale, nonché una correzione formale relativa ad un riferimento normativo al comma 32, lettera b).
Avverto altresì che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-A) che è in distribuzione.
PRESIDENTE. Avverto che la Presidenza ha giudicato ammissibile l'emendamento 1.1000 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo dei restanti articoli, su cui il Governo ha preannunziato la posizione della questione di fiducia.
L'emendamento riproduce il testo del provvedimento, come licenziato dalla Commissione giustizia, integrato dal contenuto di tre proposte emendative del Governo e di quattro della Commissione, con alcune riformulazioni, già presentate per l'Aula e giudicate ammissibili, nonché degli emendamenti 20.5 della Commissione bilancio e Contento 5.113. Essa reca inoltre una modifica di coordinamento del comma 1-bis dell'articolo 267 del codice di procedura penale, nonché una correzione formale relativa ad un riferimento normativo al comma 33, lettera b).
Avverto altresì che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1415-A) che è in distribuzione.

(Posizione della questione di fiducia - Emendamento 1.1000 del Governo - A.C. 1415-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, intervengo innanzitutto per precisare che per un mero errore materiale all'emendamento 1.1000 al quale lei ha fatto riferimento, a pagina 9 è stato stampato erroneamente «n. 27» laddove deve intendersi «n. 271», riferito al decreto legislativo 28 luglio 1989.
Precisato ciò, Presidente, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi dell'emendamento 1.1000 del Governo interamente sostitutivo dell'articolo 1 del disegno di legge recante norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. La ringrazio.

MARINA SERENI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, pochi minuti fa abbiamo ascoltato l'onorevole Bocchino rispondere al collega Bressa sulla volontà di questa maggioranza di affrontare le riforme politiche e istituzionali; nel suo intervento il collega Bocchino ha fatto riferimento, ovviamente, anche al ruolo di questo Parlamento. Poco più di mezz'ora dopo, ci fate assistere alla richiesta del quindicesimo voto di fiducia in questo ramo del Parlamento dall'inizio di una ancora breve legislatura. Quali sono le ragioni di questa vostra protervia?
È già discutibile che dopo la pausa per lo svolgimento delle elezioni abbiate scelto di proporre il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni come priorità; se andassimo a spiegare ai cittadini italiani che in questo momento il più importante provvedimento in discussione in Parlamento è il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni telefoniche, credo che molti italiani si domanderebbero davvero cosa pensate voi del Parlamento. Avreste potuto chiederci di affrontare rapidamente il collegato sulla piccola e media impresa e sulla competitività, che attende dai tempi della finanziaria; avremmo potuto accelerare l'esame del decreto-legge sul terremoto che, com'è evidente, è un'urgenza non solo dal punto di vista formale, ma anche sostanziale.
Invece no, per la maggioranza e per il Governo la priorità è introdurre una norma sulle intercettazioni telefoniche che produce almeno due effetti. Il primo è quello di rendere questo strumento più complicato, più difficile nell'ambito delle indagini. Quando si dice che le intercettazioni si possono usare di fronte a gravi indizi di colpevolezza, quando si limita la Pag. 44durata dell'uso di questo strumento non c'è dubbio che si cerca di limitare la possibilità di indagine e di lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura. Inoltre, si introducono delle norme che pongono un bavaglio alla libertà di informazione dei cittadini, come ancora oggi molti giornalisti, molti cronisti della Federazione nazionale della stampa italiana ci hanno ricordato qui davanti.
Questo provvedimento, come è noto, contiene molte norme, prevalenti nel suo ambito, che riguardano le libertà personali.
In quest'Aula avrebbero avuto luogo molti voti segreti e probabilmente avrebbe avuto luogo una discussione di merito utile per far sì che una giusta regolamentazione dell'uso delle intercettazioni telefoniche non si traducesse né in una limitazione del potere di indagine della magistratura, né in una limitazione grave della libertà di informazione e di stampa. Questo non ve lo potete permettere, perché, nonostante i patti ed i ricatti, voi non siete nelle condizioni di affrontare un dibattito parlamentare su una materia complessa e delicata come quella delle intercettazioni. Quindi, ci proponete per l'ennesima volta un voto di fiducia e noi ne prendiamo atto.
Il collega Bressa diceva che la vostra protervia è un segno della vostra debolezza e non della vostra forza. Gli italiani hanno cominciato ad accorgersene e noi non faremo mancare di sentire la nostra voce, questo sconcerto e questo scandalo fuori dall'Aula parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi richiamo all'intervento svolto prima della sospensione e ribadisco che questa richiesta di fiducia è un pugno in faccia agli italiani che sabato e domenica hanno detto «no» alla richiesta di fiducia che il Presidente del Consiglio Berlusconi ha avanzato quando pretendeva di ottenere il 40 o il 45 per cento dei voti a suo favore.
Gli italiani hanno detto «no», perché hanno capito che è in atto un disegno autoritario ed ora, a tre giorni di distanza, ci chiedete la fiducia proprio per continuare, come se nulla fosse, a portare avanti questo disegno autoritario. Blindate un provvedimento sul quale, in sede di discussione, avremmo potuto dimostrare che non è così che si affrontano i problemi dell'Italia che, a mio avviso, sono ben diversi e non sono quelli delle intercettazioni. Inoltre, non è mettendo il bavaglio alla stampa e ritardando i processi che si risolvono i problemi del Paese.
Siamo di fronte ad un annunciato neo ministero della cultura popolare che forse tra un po' impedirà agli italiani persino di fare fotografie e di comunicare. La comunicazione, infatti, è libertà e gli italiani hanno dimostrato con questo voto di non voler accedere ad un disegno di stampo autoritario. Ora chiedete una fiducia blindata, con vilipendio al Parlamento che viene trasformato per l'ennesima (la quindicesima) volta in una specie di notaio, obbligato a dire «sì» ad un provvedimento del Governo che è contro l'informazione e contro la libertà (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, Ministro della giustizia, lei sa che l'UdC aveva tenuto su questo provvedimento un atteggiamento di disponibilità, anzi di collaborazione. Eravamo e siamo consapevoli degli eccessi (talora anche degli abusi) a cui la normativa attuale ha dato vita.
Tuttavia, le modalità con cui arriveremo a votare questo provvedimento purtroppo mettono in imbarazzo anche le migliori buone volontà e le migliori disponibilità. Certamente, è inopportuno il momento in cui affrontiamo questo tema, Pag. 45perché il Paese è afflitto da una crisi molto grave che meriterebbe ben altre priorità tali da occupare il Parlamento ed il potere legislativo.
È inopportuno il metodo perché francamente non si vede quale sarebbe l'urgenza di una forzatura che strozzi il dibattito parlamentare, quando siamo rimasti per tre mesi in attesa che il provvedimento giungesse in Aula per il suo esame. Ciò è accaduto certamente non per volontà dell'opposizione, perché siamo stati noi stessi più volte a sollecitare che si ripescasse un testo che sembrava definitivamente sprofondato nelle pieghe della Commissione giustizia.
Ebbene, non c'è bisogno di uno sforzo di malizia per pensare che la scelta del voto di fiducia è una scelta di blindatura della maggioranza, per imporre una disciplina alla maggioranza perché, certamente, il numero degli emendamenti presentati non giustifica questa via. È un modo di ridurre al silenzio gli eventuali dissensi che, forse anche all'esito del risultato elettorale, sarebbero potuti venire da qualche partito della maggioranza, ma, così facendo, si costringe al silenzio anche chi aveva la buona volontà di dare un contributo al miglioramento del testo.
Nella fattispecie, così come risulta dal maxiemendamento, il testo parla di «evidenti indizi di colpevolezza», quasi peggiorando la versione precedente sui «gravi indizi di colpevolezza», che già metteva sullo stesso piano intercettazioni e requisiti dei provvedimenti cautelari, rischiando di creare un corto circuito pericoloso per tutto il sistema giudiziario; e, comunque, il testo mantiene aspetti fortemente penalizzanti per il sistema dell'informazione.
Perciò, anche noi non possiamo non manifestare il nostro dispiacere per la scelta che il Governo ha adottato, una scelta che, purtroppo, fa venire meno anche la disponibilità collaborativa e l'atteggiamento non pregiudizialmente ostile che l'UdC fin qui ha manifestato.

ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, rispondiamo ai colleghi dell'opposizione con grande serenità.
Lo strumento della posizione della questione di fiducia fa parte delle regole del gioco, fa parte del Regolamento di questa Assemblea ed è previsto quando il Governo ritiene che un provvedimento sia importante perché è parte integrante del suo programma elettorale e del rapporto che si è creato tra l'elettorato e la maggioranza nel momento in cui è stato chiesto il voto ai cittadini.
È questo il motivo per cui poniamo la questione di fiducia. Non capisco lo scandalo: quando siete stati al Governo, nella scorsa legislatura, avete posto più questioni di fiducia nel tempo intercorso in questa prima fase di legislatura rispetto a quelle che abbiamo posto noi.
Riteniamo la questione delle intercettazioni importante nel nostro programma, nel quale abbiamo scritto che la legge su questo strumento investigativo andava riformata: non vogliamo spuntare quest'arma della magistratura, ma vogliamo solo ordinarla.
In Italia vi è una «anomalia intercettazioni»: siamo quelli che spendono di più nel mondo e che ne fanno di più al mondo dal punto di vista numerico, con risultati, anche dal punto di vista degli esiti giudiziari, veramente non soddisfacenti.
Vogliamo fare in modo che la magistratura abbia questo strumento investigativo a disposizione senza, però, ledere la riservatezza dei cittadini. Essendo per noi importante un tale intervento (abbiamo detto agli elettori in campagna elettorale che lo avremmo fatto) e ritenendo importante questo provvedimento, il Governo pone la questione di fiducia, che è solo l'utilizzo di un normale strumento regolamentare tecnico-parlamentare per sottolineare l'importanza di questo argomento per la maggioranza.
Quanto al merito - e concludo -, qui non si stravolgono le regole democratiche del nostro Paese. Chi vi parla fa parte di quell'area della maggioranza che ha espresso molti dubbi su alcune parti del provvedimento e che ha spinto affinché vi Pag. 46fossero in Commissione numerose modifiche che rendono questo provvedimento perfettamente aderente alla situazione italiana, alle esigenze del nostro Paese e alla nostra normativa.
È per questa ragione che non c'è da scandalizzarsi, ma c'è solo ed esclusivamente da prendere atto che, in base all'impegno preso dinanzi agli elettori in campagna elettorale, il Governo ritiene questo provvedimento essenziale per il proprio lavoro politico e, pertanto, pone la questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Per organizzare il seguito del dibattito, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente. Sospendo la seduta, che riprenderà subito dopo la conclusione della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 17,20, è ripresa alle 18,10.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei presidenti di gruppo si è testé riunita per definire l'organizzazione del dibattito conseguente alla posizione della questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'emendamento 1.1000 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo dei restanti articoli del disegno di legge n. 1415 e abbinate - Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Domani, mercoledì 10 giugno, a partire dalle ore 9,30, avranno luogo gli interventi per l'illustrazione degli emendamenti riferiti al disegno di legge, con le modalità definite nella Conferenza dei presidenti di gruppo. A partire dalle ore 14 avranno luogo le dichiarazioni di voto e il voto degli emendamenti interamente soppressivi dell'articolo 1.
La votazione per appello nominale sulla fiducia avrà luogo domani, mercoledì 10 giugno, alle ore 17,10, previe dichiarazioni di voto.
Successivamente, nella stessa giornata di domani, dopo il voto di fiducia, con eventuale prosecuzione notturna, e nelle giornate di giovedì 11 e venerdì 12 giugno avrà luogo il seguito dell'esame del disegno di legge.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 13 di domani.
Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) previsto per domani, dalle ore 15, non avrà luogo. La Presidenza si riserva di verificare la possibilità che il medesimo abbia luogo giovedì 11 giugno.
Domani, dopo le votazioni relative al disegno di legge n. 1415 e abbinate, avrà luogo la deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 147 del 2009.

Integrazione nella costituzione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare Popolo della Libertà ha reso noto che i deputati Gioacchino Alfano e Gianfranco Conte sono stati nominati membri del comitato direttivo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Pag. 47

Mercoledì 10 giugno 2009, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (1415-A).
e delle abbinate proposte di legge: JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ed altri; VIETTI e RAO; BERNARDINI ed altri (290-406-1510-1555-1977).
- Relatori: Bongiorno, per la maggioranza; Palomba e Ferranti, di minoranza.

(al termine delle votazioni sul disegno di legge n. 1415-A)

2. - Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 147 del 2009.

La seduta termina alle 18,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 6)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Franceschini e a. 1-185, I p. 489 460 29 231 203 257 42 Resp.
2 Nom. Moz. Franceschini e a. 1-185,II p. 494 465 29 233 205 260 41 Resp.
3 Nom. Moz. Franceschini e a. 1-185,IIIp. 492 462 30 232 203 259 41 Resp.
4 Nom. Moz. Franceschini e a. 1-185,IVp. 494 465 29 233 205 260 41 Resp.
5 Nom. Moz. Di Pietro e a. n. 1-186 489 473 16 237 188 285 41 Resp.
6 Nom. Moz. Cicchitto e a. n. 1-187 493 468 25 235 259 209 41 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.