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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 176 di mercoledì 13 maggio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9,35.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bucchino, Cirielli, D'Amico, Di Biagio, Ferrari, Lombardo, Narducci, Scajola, Vietti e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 733 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (2180-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, degli emendamenti 1.1000, 2.1000 e 3.1000 e che si sono svolti gli interventi per l'illustrazione delle proposte emendative riferiti a tutti e tre gli articoli sostituiti integralmente dai menzionati emendamenti (Vedi l'allegato A - Articolo 1 - Articolo 2 - Articolo 3 - A.C. 2180-A).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento 1.1000 del Governo - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia (emendamento 1.1000 del Governo).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà per 6 minuti.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il Movimento per l'Autonomia voterà a favore della questione di fiducia posta dal Governo sul disegno di legge recante norme in materia di sicurezza pubblica. Lo facciamo perché riteniamo di essere ancora parte integrante della coalizione che ha vinto le elezioni e detiene la maggioranza in questo Parlamento e perché abbiamo condiviso e condividiamo l'azione del Governo che, in questi mesi, ha affrontato problemi di dimensioni enormi che il Governo precedente e la precedente maggioranza non hanno saputo affrontare, come la grave emergenza dei rifiuti in Campania, la crescente insicurezza dei cittadini di fronte ad un incalzare della micro e macro criminalità, di fenomeni assai allarmanti come quello dell'immigrazione clandestina, questione che bisogna affrontare senza speculazioni politiche con prudenza, Pag. 2intelligenza, senso della solidarietà, ma anche determinazione a far rispettare la legge.
Inoltre, i provvedimenti assunti per far fronte alla crisi economica, a partire dal potenziamento degli ammortizzatori sociali a quelli per mettere al sicuro i risparmi degli italiani, hanno impedito che nel nostro Paese vi fossero conseguenze drammatiche ed elevati costi sociali come è avvenuto altrove.
Ricordo, inoltre, la tempestiva azione in Abruzzo per affrontare la drammatica emergenza determinata dal terremoto e per gettare le basi di una ricostruzione rapida ed efficace. È stata un'azione di Governo, insomma, che, a parere del Movimento per l'Autonomia, è stata all'altezza delle gravi questioni che lo stesso Governo si è trovato di fronte, perché è andato incontro alle esigenze degli italiani.
Però, la fiducia che noi ci apprestiamo a dare, signor rappresentante del Governo, non è una fiducia senza «se» e senza «ma», ma è una fiducia con qualche «se» e con qualche «ma», perché su altre questioni, che dovrebbero stare particolarmente a cuore non solo al Movimento per l'Autonomia ma a tutti i gruppi parlamentari della maggioranza, non abbiamo registrato da parte del Governo una sufficiente coerenza rispetto agli impegni assunti in campagna elettorale.
La questione meridionale continua ad essere sottovalutata e, rispetto al grave disagio sociale che c'è nel sud, a nostro parere, occorrono misure tempestive ed efficaci, a partire dal pieno e corretto utilizzo dei fondi per le aree svantaggiate a quello che noi abbiamo definito un piano straordinario per l'occupazione giovanile, richiesta e proposta effettuata ben prima della presentazione della mozione sull'occupazione giovanile al sud da parte dell'onorevole Franceschini.
Tra promozioni ed integrazioni della squadra di Governo avremmo, ad esempio, visto con molto favore l'istituzione di un ministero per il sud, inteso come momento di coordinamento e stimolo delle politiche del Governo in direzione delle regioni meridionali.
A nostro avviso, è l'intera politica del Governo che deve essere rivolta verso le regioni meridionali e in grado di superare un divario storico ormai insopportabile. Se il federalismo fiscale - che noi abbiamo sostenuto con convinzione, ritenendoci federalisti a pieno titolo e garanti delle autonomie, dell'autonomia e delle prerogative dei territori - vuole essere realmente uno strumento di novità e di giustizia, deve camminare di pari passo con il superamento dello storico e non più sopportabile squilibrio tra aree forti e svantaggiate del nostro Paese.
Voglio rivolgere un'ultima riflessione ai colleghi della maggioranza. Sono assenti in questo momento i capigruppo e i vicecapigruppo della maggioranza. Mi rivolgo ai colleghi che sono presenti.

PRESIDENTE. Onorevole Iannaccone, la prego di concludere.

ARTURO IANNACCONE. Noi riteniamo che dobbiamo dare più coerenza alla nostra maggioranza. Riteniamo che sia utile ascoltare anche l'opinione del Movimento per le Autonomie. Riteniamo che i tanti vertici che si sono tenuti...

PRESIDENTE. Onorevole Iannaccone, concluda...

ARTURO IANNACCONE. ...debbano vedere presente anche il Movimento per l'Autonomia. Il nostro auspicio è di consolidare questo rapporto nell'interesse dell'Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, lei ieri non era presente e, se me lo permette, le vorrei rivolgere un invito. So che lei è molto attento ai lavori dell'Assemblea, ma ovviamente non potrà seguire tutto. Mi farebbe proprio una cortesia personale, se avesse la compiacenza di rileggere il resoconto stenografico del mio intervento di ieri, soltanto per la prima Pag. 3parte, quella in cui ho riproposto in quest'aula uno stralcio, un estratto della relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti dell'ottobre del 1912, ovvero cento anni fa. Siamo tornati indietro di cento anni con questo provvedimento.
In quel documento, infatti, si affermava: «(...) Le nostre donne li evitano, non solo perché poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche, quando le donne tornano dal lavoro (...)». Il documento proseguiva: «Propongo» - diceva il relatore all'epoca - «che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti, ma disposti più di altri a lavorare: si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell'Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la nostra prima preoccupazione». Stiamo parlando di cento anni fa: la storia eravamo noi, senza offesa per nessuno.
Signor Presidente, questa mattina ho rimesso insieme alcune delle considerazioni che ho provato a svolgere in questi giorni, nella discussione sulle linee generali del provvedimento, ieri illustrando il senso degli emendamenti che avevamo proposto come gruppo dell'Italia dei Valori.
Potrei qui riassumerle, magari farò qualche accenno, ripetendomi necessariamente e doverosamente, perché ormai non riesco più a trovare le parole per definire questa vergogna che si sta per licenziare dall'Aula; posso però farne a meno, perché mi aiutano i giornali di questa mattina, tutti, indistintamente. Cito Il Corriere della sera, che mi sembra quello oggi forse più autorevole, che riporta la posizione dell'ONU sul tema che ci sta di fronte, o almeno su una parte di esso. La quotidianità ci parla infatti dei respingimenti alla frontiera dei clandestini, dei migranti perché oggi, con questo provvedimento, noi mettiamo in campo un'equiparazione, un'equazione diretta: immigrato uguale criminalità.
Quando a denunciare le vicende del nostro Paese magari è Freedom House che dice che non c'è più libertà di stampa in questo Paese, voi della maggioranza - cito l'onorevole Ghedini, intervenuto l'altra sera ad Anno zero - sostenete che Freedom House è soltanto un organismo privato, e quindi privo della necessaria credibilità. Quando il Consiglio d'Europa o le agenzie dell'ONU dicono che in Italia c'è razzismo, in quest'Aula il Ministro Frattini in un question time ha replicato che si tratta soltanto di studi, di dossier, ma non di posizioni ufficiali.
Oggi che a dirlo è Ban Ki-moon, il Segretario generale dell'ONU, che esprime il proprio appoggio agli atti dell'Alto commissariato dell'ONU per i rifugiati, rendendo noto da Ginevra di avere espresso al nostro Governo «grave preoccupazione» per il rinvio in Libia dei migranti e di auspicare che vengano «riammesse quelle persone rinviate dall'Italia ed identificate quali individui che cercano protezione internazionale», cosa direte? Che Ban Ki-moon è un eversivo, che è al soldo dei comunisti, che si piega agli interessi dell'opposizione in Italia?
Ma perché non aprite gli occhi? Lo dico a lei, signor Presidente, che ho avvertito particolarmente sensibile al tema; lo dico agli amici, ai cento colleghi della maggioranza che avevano scritto una lettera indirizzata a lei e al Presidente del Consiglio, scongiurando che venisse posta la questione di fiducia su questo provvedimento che invece avete posto, perché non vi fidate della vostra stessa maggioranza. Non vi fidate della possibilità che qualcuno possa in questa sede esercitare liberamente il diritto di votare e di esprimersi sulle vergogne di questo provvedimento, laddove si preclude la celebrazione di un matrimonio soltanto perché una persona è irregolare, ma voi di irregolarità quante ne avete, dentro e fuori il matrimonio? Pag. 4
Non avete il coraggio di discutere in quest'Aula della preclusione del perfezionamento degli atti di stato civile, tra i quali vi è il matrimonio, appunto, la registrazione della nascita, il riconoscimento di un figlio naturale; persino morire per un irregolare diventa un problema in questo Paese. Vi indignate, dite che a Prato i cinesi muoiono, scompaiono e che non si sa che fine facciano; ebbene, non saranno più soltanto i cinesi a scomparire illegalmente con i loro documenti che passeranno ad altri, perché oggi vi saranno anche altri che seguiranno lo stesso iter.
Introducete il reato di ingresso e di soggiorno illegale e non vi rendete conto del danno (oppure ve ne rendete conto e lo fate appositamente) che arrecherete al nostro già difficile meccanismo di giustizia. Riempirete le nostre carceri, pur sapendo in quali condizioni si vive già oggi nelle stesse. Introducete il contratto di integrazione, il permesso a punti come se fossimo alla Standa, alla COOP o in un altro supermercato; ponete una tassa sul rilascio e sul rinnovo del permesso di soggiorno. Obbligate al certificato dell'idoneità abitativa ai fini dell'alloggio e non vi rendete conto che in Italia, nel nostro Paese, nei centri storici delle grandi e piccole città del sud, ma anche del nord, ci sono italiani che vivono in condizioni di indigenza in abitazioni per cui nessuno potrebbe avere la residenza.
Condizionate il rilascio della carta di soggiorno al superamento di un test di lingua italiana.
Se lo avessero fatto ai nostri nonni, negli Stati Uniti, in Argentina, in Svizzera, in Belgio, in Inghilterra e in Francia, non ve ne sarebbe uno. Altro che diritto degli italiani all'estero, oggi. Condizionate la conversione del permesso dei minori non accompagnati alla maturazione di un soggiorno pregresso triennale e lasciate che la criminalità organizzata prenda i più grandicelli di questi minori per avviarli all'integrazione. Proponete il prolungamento del periodo necessario per l'acquisto della cittadinanza per matrimonio e declassate tale acquisto ad una concessione, e poi andate a fare il family day e a baciare la pantofola del Papa. Prolungate, inoltre, i termini di detenzione nei centri d'identificazione d'immigrazione, sapendo che è una bufala. Lo ha detto il sottosegretario Mantovano ad un'emittente radiofonica, dove ha affermato che sono sufficienti i sessanta giorni per l'identificazione. Ma cosa si fa? Si sposta di tre o quattro settimane, di cinque mesi il termine di mantenimento in questi centri, poi gli immigrati saranno ugualmente lasciati fuori perché il problema non è l'identificazione, bensì la riammissione nei Paesi.
Si fanno i contratti e gli accordi. Oggi in maniera perfino beffarda il Presidente del Consiglio vi ha trattato come lacché, dicendo che Maroni esegue soltanto gli ordini che lui ha dato, in quanto lui ha sottoscritto l'accordo esosissimo con il colonnello Gheddafi. Avete fatto e sottoscritto accordi anche con la Tunisia: le date le motovedette e ogni aiuto, ma la Tunisia cosa vi dice? Che al massimo riammette nel suo territorio soltanto sette clandestini al giorno. È per questo motivo che avete bisogno di aumentare la permanenza nei centri d'identificazione: non per identificare gli immigrati, ma perché la Tunisia ne riammette soltanto sette al giorno. Allora cosa fate? Li tenete in un magazzino, nelle scorte e negli scaffali: sono merci, non sono uomini! Non riconoscete la loro dignità! È una vergogna! Per voi che siete garantisti e per le libertà dell'individuo tenete queste persone (che non hanno commesso alcun reato) dentro, in carcere, per sei mesi e pensate di tenerli fino a diciotto mesi. È una vergogna.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Concludo, signor Presidente. Le chiedo scusa se mi sono accalorato, ma ogni tanto succede di accalorarsi quando si parla di diritto dell'uomo, dei diritti degli uomini. So che si sta commettendo una nefandezza e una vergogna che segnerà l'Italia nel giudizio degli altri partner europei e nel giudizio dei Paesi più civilizzati. Di ciò ci assumiamo oggi tutti una grande responsabilità. Confido, però, in uno scatto d'orgoglio Pag. 5dopo le elezioni europee, perché questa è tutta una partita incardinata sulle elezioni europee per cui la Lega ottiene il voto di fiducia su questo provvedimento, mentre Berlusconi ottiene la fiducia sulle intercettazioni.
Spero, pertanto, che dopo le elezioni europee vi possa essere lo spazio per tornare ad una più serena riflessione su questi temi che sono complessi e a cui non sono permesse risposte semplicistiche (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, prendo la parola con grande preoccupazione e amarezza e desidero esprimere, signor Presidente, all'Aula la preoccupazione e l'amarezza di tutto il gruppo dell'UdC che, peraltro, ieri è stata già manifestata dagli onorevoli Tassone e Mantini che hanno parlato in sede di illustrazione degli emendamenti.
Al principio degli anni Venti in Germania un grande filosofo, Max Scheler, parlava della politica del risentimento. Esiste in ogni società un fondo di frustrazione, di odio, di disagio di gente, che si sente infelice e che trova un lenimento alla propria infelicità nel vedere qualcun altro più sventurato a cui dare la colpa di tutte le sue sofferenze.
Anche in Italia c'è un fondo di risentimento nella nostra società ed è grave che alcune forze politiche che oggi sono al Governo facciano la politica del risentimento e ci propongano provvedimenti di legge e comportamenti del Governo che hanno il compito non di lenire le sofferenze che generano risentimento, ma di incentivare il risentimento e farne la base del proprio successo politico.
Questo è ciò che sta accadendo oggi nel nostro Paese e in quest'Aula ed è ragione di grande e motivata preoccupazione politica. Il Governo in questo provvedimento si mostra insieme maldestro e sfortunato. È maldestro perché il provvedimento che discutiamo, signor Presidente, in molte sue parti non è un cattivo provvedimento. Si vede anche la diligenza, il lavoro e la sapienza giuridica del sottosegretario Mantovano, che credo abbia contribuito alla sua stesura. Noi avremmo voluto discuterlo in quest'Aula, perché su molti punti (per esempio, la lotta alla mafia, l'attribuzione di maggiori poteri alla procura antimafia, il rafforzamento dell'isolamento dei capimafia all'interno del carcere e tanti altri aspetti) saremmo stati favorevoli. Avremmo volentieri votato alcuni articoli, avremmo migliorato il provvedimento con i nostri emendamenti e avremmo cercato di costruire qualcosa di positivo per il Paese. Ovviamente, però, la questione di fiducia impedisce che questa discussione possa avvenire e che il confronto tra maggioranza e opposizione porti ad un provvedimento che in alcune sue parti poteva essere largamente condiviso.
La ragione profonda del dissenso tocca tre punti: sono tre le questioni che il provvedimento pone sulle quali si manifesta, più che un'inconciliabile opposizione, l'incapacità del Governo di fare i conti con la realtà e il tentativo di mascherarla.
La prima questione riguarda il reato di immigrazione clandestina. Non nascondiamoci dietro un dito: il perno della politica dell'immigrazione di questo Governo è l'introduzione del reato di immigrazione clandestina. Io sarei anche favorevole all'introduzione del reato, se in Italia non avessimo 1 milione di persone le quali sono tecnicamente clandestini, ma sostanzialmente sono persone perbene, lavoratori che hanno un posto di lavoro, che fanno il bene loro ed anche il nostro. Se dovessimo rimandarli a casa, il sistema industriale italiano crollerebbe. Lei lo sa, signor Presidente, perché l'ha detto anche lei in più di un'occasione. Come si fa a criminalizzare 1 milione di persone sostanzialmente regolari, anche se tecnicamente irregolari? Il pugno di ferro contro i clandestini, identificati con i criminali, potrebbe andare bene se fosse possibile identificare l'immigrato clandestino. In Italia non è possibile, perché la gran parte Pag. 6dei clandestini sono tecnicamente clandestini, ma nella realtà sono persone perbene che cercano il bene loro e anche il nostro. Come possiamo criminalizzare queste persone? Lei sa qual è la conseguenza di questa criminalizzazione: si crea in Italia una fascia di lavoro schiavo, che non ha diritti, che non può essere tutelato dal sindacato, che non può rivolgersi all'ispettorato del lavoro.
Vogliamo le braccia, ma non vogliamo gli uomini. Abbiamo bisogno delle braccia, facciamo venire queste persone (perché le facciamo venire, le tolleriamo e nessuno realmente pensa di rimandarli a casa), ma adottiamo delle norme che le criminalizzano per tenerle in una condizione priva di diritti e di inferiorità materiale e morale.
Vi rendete conto che stiamo camminando velocemente verso una società in cui si reintroduce la schiavitù, in cui c'è una nuova categoria di non cittadini, ma lavoratori, senza diritti. Poi ci lamentiamo dei criminali: siamo soliti dire che la grande maggioranza è composta da persone perbene e che vi sono alcuni criminali. È vero, ma non è tutta la verità. La verità è che noi spingiamo al crimine larghe fasce di persone perbene, perché, signor Presidente, immagini di vivere in un Paese nel quale, quando vede un carabiniere o un poliziotto, deve avere paura. Invece di andare da lui e vederlo come qualcuno che ti difende, che è lì per difendere i tuoi diritti, lo vedi come uno che, se ti scopre, ti rimanda indietro, ti toglie il lavoro, ti spezza la famiglia.
Immagini che in un Paese così qualcuno faccia violenza a lei o ai suoi cari, cosa fa? Glielo dico, signor Presidente: si compra un coltello e si difende da solo, oppure si affida al capomafia del quartiere ed entra dentro una cultura dell'omertà. Il reato dell'immigrazione clandestina teoricamente in se stesso non è sbagliato. Lo so benissimo anch'io che è previsto in Germania, ma lì il contesto è totalmente diverso.
In Italia, qui, in questo contesto, il reato di immigrazione clandestina, introdotto così, genera cultura della violenza e dell'omertà; regala alla mafia una fascia ampia, la quale non può essere alleata dello Stato, è estranea rispetto allo Stato ed è alienata rispetto allo Stato.
Signor Presidente, questo è il primo fondamentale motivo di scontro e questo è contrario allo spirito della legge che lei ha firmato, perché lo spirito della legge Bossi-Fini - c'ero al Governo allora e ricordo le discussioni che si svolsero - era: dove vi è il lavoro onesto, deve andare il permesso di soggiorno. La gestione che è stata fatta della legge, oltre che alcuni difetti della legge che andrebbero corretti, ha fatto in modo che questo non sia accaduto. Vi è il lavoro, ma non vi è il permesso di soggiorno; se non si è chiari su questo aspetto, ma concretamente, non teoricamente, non può esserci un impianto legislativo sull'immigrazione in Italia che sia confacente ai diritti umani e che crei pace, dialogo e possibilità di integrazione.
Il secondo tema di contrasto inconciliabile riguarda il prolungamento della permanenza nei centri di detenzione temporanea da due a sei mesi. Di nuovo, sappiamo benissimo che la direttiva dell'Unione europea consente la detenzione fino a sei mesi e perfino fino a 18 mesi, in casi, peraltro, straordinari, ma non è quello il punto. Il punto è che si applica questa normativa in questo contesto, dando allo Stato la possibilità di tenere incarcerate per sei mesi persone delle quali tutti sappiamo che sono persone per bene, che sono i badanti che hanno cura di mia zia (anzi, quella di mia zia, per fortuna, è in regola), delle nostre zie o degli anziani nelle nostre famiglie. Possono essere detenuti sei mesi arbitrariamente. Servono questi sei mesi? No, perché non li rimandiamo a casa né dopo due mesi e neanche dopo sei mesi, perché, per rimandarli a casa, ci vuole un accordo con i Paesi di provenienza che non abbiamo; è un accordo, signor Presidente, che io chiesi nel 2004, invocando una conferenza mediterranea dei paesi rivieraschi, la quale consenta il respingimento (verrò dopo al tema del respingimento), ma anche l'espulsione. Ma questi Paesi, per collaborare alle espulsioni, per aiutare nell'identificazione, Pag. 7per riammettere un numero adeguato di loro cittadini illegalmente presenti in Italia, cosa chiedono? Chiederanno la protezione dei loro cittadini, chiederanno che chi ha un lavoro onesto venga riconosciuto e chiederanno canali di immigrazione legale. L'immigrazione illegale si combatte creando canali di immigrazione legale e questo nel provvedimento non c'è.
Un'ultima osservazione, signor Presidente: il respingimento in mare si può fare. Lo ha fatto, purtroppo, anche un Governo precedente di centrosinistra, provocando un terribile incidente in cui morirono un centinaio di persone, che non abbiamo dimenticato.
Si può fare il respingimento, ma solo dopo aver vagliato la posizione di chi è a bordo e aver dato protezione internazionale a chi ha titolo per chiederla. Su quelle barche c'è gente che fugge perché è minacciata di morte per la sua religione. C'è gente che viene dal Sudan, ci sono cristiani del Sudan, c'è gente che viene dal Darfur perché, se rimane nel suo Paese, viene ammazzata. Vi sono perseguitati di tutto il mondo: il 38 per cento delle domande di asilo in Italia viene accolto, il che vuol dire che non sono tutti criminali o impostori.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROCCO BUTTIGLIONE. Stiamo commettendo un reato contro l'umanità. Da questo reato il gruppo dell'UdC si dissocia violentemente (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, devo dire che prendo la parola, a differenza dell'onorevole Buttiglione, né con preoccupazione né con amarezza, ma con grande soddisfazione e con il forte convincimento che finalmente abbiamo iniziato a percorrere la strada giusta, la strada che ci chiede il Paese, la strada che ci chiede la nostra gente.
Con il voto di fiducia sul primo maxiemendamento, voto di fiducia a cui la Lega aderisce, iniziamo a porre alcune regole e alcuni paletti nella lotta all'immigrazione clandestina, che speriamo e ci auguriamo daranno risultati più positivi rispetto a tutto ciò che non è stato fatto in passato.
In passato si è molto chiacchierato, si è molto pontificato, si è molto parlato di integrazione, lasciando arrivare la gente sulle nostre coste, lasciandola entrare e lasciandola poi abbandonata nelle strade, nelle stazioni, nei ghetti, nelle caverne; lasciandola in mano - questo sì, perché abbandonata - alla grande delinquenza.
In tal modo si creano momenti di tensione nelle nostre città, poiché non si dà più sicurezza ai nostri cittadini e non si danno assolutamente risposte positive a questa marea di disperati che sono sempre arrivati nel nostro Paese; in questo senso abbiamo sentito alcuni interventi anche questa mattina in Aula, perché qualcuno forse ha dimenticato che siamo nel Parlamento italiano per difendere i diritti degli italiani: qualcuno pensa forse di essere in un altro Parlamento, per difendere diritti di altri, senza poi in realtà difenderli e lasciando sulle spalle di sindaci, amministratori locali e cittadini tutta questa massa di gente senza arte né parte e senza lavoro.
Dicevo, signor Presidente, che noi voteremo la questione di fiducia con grande convinzione, perché molte ed importanti sono le norme inserite in questo primo maxiemendamento: si tratta di norme che (ne cito alcune, ma sono troppe per poterle citare tutte), ad esempio, vanno a colpire il fenomeno dei cosiddetti matrimoni di comodo contratti da uno straniero con un cittadino italiano, spesso al solo fine di ottenere il permesso di soggiorno ed acquisire successivamente la cittadinanza italiana. Si tratta di una norma, tra l'altro, che ha recepito un suggerimento che è venuto da molti sindaci, non solo della Lega, che si sono spesso trovati disorientati e disarmati di fronte a matrimoni celebrati tra stranieri irregolari e cittadini italiani. Pag. 8
Irregolari: mi sembra che in questo Parlamento, per lo meno per una parte, i diritti in questo Paese dovrebbero averli solo gli irregolari e non dovrebbero invece averli i cittadini italiani. Ho spesso sentito lamentele e attacchi nei riguardi del Ministro Maroni e della Lega perché chiediamo che ogni persona che tocca il nostro suolo presenti un certificato di riconoscimento. Ma come? Quando ho iscritto mio figlio a scuola, ho dovuto portare un certificato di residenza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e ho dovuto spiegare dove abitavo e chi erano il padre e la madre! Quando ho portato mio figlio in ospedale al pronto soccorso, ho dovuto dare le sue generalità e ho dovuto indicare il suo luogo di residenza. In qualsiasi luogo pubblico io vada, la prima cosa che si chiede e che si pretende da un cittadino italiano è di dimostrare chi è; e non capisco e continuo a non capire perché io devo avere dei doveri ed altri non devono avere nessun dovere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Non capisco perché io devo sottostare a delle regole ed altri non devono sottostare a nessuna regola.
Credo che questo sia un Paese ben strano e questo un Parlamento ben strano; abbiamo letto oggi sui giornali - e di questo siamo onorati - che i rappresentanti dei radicali pensano di denunciare il Ministro Maroni perché ha attuato il respingimento dei barconi che volevano entrare illegalmente in questo Paese.
Io dico invece bravo al Ministro Maroni, continua così, perché per la prima volta in questo Paese da due settimane non entrano più illegalmente dei cittadini (Commenti del deputato Evangelisti). Ascoltavo prima l'onorevole Evangelisti che ci spiegava la morale e il senso del dovere, dicendo che stiamo quasi «uccidendo» della povera gente; ed ascoltavo l'onorevole Buttiglione che ci spiegava che, in fin dei conti, tutta questa gente che viene da noi è fatta di persone che vengono a portare lavoro e benessere.
Bene! Noi non siamo contro coloro che vengono regolarmente, non siamo contro coloro che si presentano con i documenti in regola nel nostro Paese, non siamo contro chi viene qui perché ha già un lavoro. Noi siamo contro coloro che vogliono entrare in questo Paese considerandolo il Bengodi dell'Europa, contro coloro che ritengono questo Paese una «gruviera», grazie alle leggi adottate in passato dai Governi Prodi, in modo che questo è sempre stato considerato il Paese dove tutti possono entrare e non rispettarne le regole.
Noi siamo contro un'Europa che pretende che questo Paese sia un porto di mare che riceve tutti e non applica invece - anche lei insieme a noi - le regole del respingimento. Noi siamo favorevoli a che l'Europa prepari in tutti i territori europei dei centri di accoglienza e non capiamo perché dobbiamo tenerli tutti qui e perché gli altri possono protestare e dirci di tenerli tutti, mentre negli altri Paesi nessuno li tiene e nessuno li prende (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Noi siamo contro Paesi come Malta che, appena arrivano le navi nelle loro acque, cercano - loro sì - di respingerle verso le coste italiane, ma intanto intascano i soldi europei, che sono anche soldi italiani: non ci va bene! Noi siamo contro l'ONU che dice «ma cosa fate, caro Paese» e nel contempo non fa niente di reale per aiutare a far nascere un'economia vera in quei Paesi dove ci sono sottosviluppo e povertà, per poter dare un futuro a queste persone.
Noi infine - lo voglio dire - siamo contro anche una parte della Chiesa, quella Chiesa che si riempie la bocca di «vogliamoci bene» e che le uniche porte che apre, a volte, sono quelle di alcune Caritas, che oggi sono diventate vere e proprie agenzie di collocamento di extracomunitari irregolari. Quelli sì che vanno contro la legge, quelli sì che non rispettano le regole!
Allora, signor Presidente, signor sottosegretario Mantovano, noi chiediamo regole e rispetto.

PRESIDENTE. Onorevole Dal Lago, deve concludere.

Pag. 9

MANUELA DAL LAGO. Noi chiediamo - e concludo - di garantire prima la nostra gente che gli altri, perché per questo siamo stati eletti in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Con il nostro voto infine vogliamo ringraziare il Ministro Maroni, con tutto il cuore e con grande forza, perché lui - e ce lo dicono i sondaggi - sta rappresentando il vero volere dei cittadini italiani: vai avanti così Roberto, che l'Italia ti segue e non badare a coloro che non sanno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni). ..

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Dal Lago, il tempo a sua disposizione è terminato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.

MARCO MINNITI. Signor Presidente, oggi votiamo, in una sequenza che ci impegnerà tutta la giornata, l'ennesima fiducia (sinceramente ho perso il conto). Ma questa non è la solita fiducia. Per la prima volta in quest'Aula vi è esplicitamente una richiesta di fiducia che viene evocata contro la stessa maggioranza. Avevamo all'esame un provvedimento con i tempi contingentati, al quale non sono stati presentati molti emendamenti, sarebbe stato lecito attendersi in Aula una discussione impegnata su temi fondamentali per la vita del Paese; si pone, invece, la fiducia. Si pone la fiducia perché si ha paura che la maggioranza di questo Parlamento possa esprimersi liberamente. Signor Presidente, trovo assai singolare che un partito che si chiama Popolo della Libertà abbia paura della libertà di coscienza dei suoi parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori): è una contraddizione in termini! Avremmo voluto discutere, impegnarci esaminando gli emendamenti.
Vi sono parti di questo disegno legge alle quali abbiamo contribuito e altre che non condividiamo, ma nel momento in cui si pone la fiducia, è chiaro ed evidente che le cose di cui discuteremo sono quelle che non condividiamo. In Italia vi era bisogno, invece, che sul terreno della sicurezza ci fosse stato un tessuto più ampio di convergenza parlamentare, e che questa questione non diventasse il tema di una fazione politica contro un'altra. Mi si consenta di accennare a quello che ritengo fondamentale in questo momento, ovvero al bilancio delle politiche di sicurezza di questo Governo; è passato un anno, e dopo un anno si può fare un bilancio. Era stato detto che non appena fosse arrivata la destra al Governo dell'Italia il problema della sicurezza si sarebbe quasi miracolosamente risolto. L'altro giorno ho partecipato ad una conferenza della Confcommercio nella quale è stato presentato un rapporto di questa organizzazione, che sicuramente non simpatizza per il centrosinistra. In quella sede il presidente ci ha detto che da un sondaggio svolto tra i commercianti e i titolari degli esercizi commerciali emergeva un aumento dell'insicurezza. La bacchetta magica non ce l'avete, non l'avete avuta. Esiste una sequenza di violenze che stanno avvenendo nel nostro Paese. Oggi, per ultima, è avvenuta un'altra rapina in una villa nel cuore di Napoli e non si parla di questi avvenimenti. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se questa discussione si fosse svolta durante il Governo di centrosinistra e fosse avvenuta una rapina in una villa nel cuore di Napoli nella quale veniva assassinato il proprietario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Siamo qui a discutere come se niente fosse. Parliamo sempre degli altri e non parliamo mai del nostro Paese.
Signor Presidente, vi sono stati fatti di violenza diffusi, ma esiste un punto comune: il controllo del territorio. Quando vi è la mancanza del controllo del territorio la risposta principe di un Paese serio dovrebbe essere quella di rafforzare le forze di polizia, mentre il Governo ha tagliato le risorse (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): meno 20 per cento per le missioni, meno 20 per cento per quanto riguarda il funzionamento degli Pag. 10autoveicoli, meno 85 per cento per l'armamento. Ma cosa può fare una forza di polizia a cui si taglia l'85 per cento dell'armamento? Di fronte a tutto ciò la risposta principale della politica di sicurezza è stata quella di dire: facciamo le ronde padane. Queste costituiscono uno strappo alle politiche di sicurezza del nostro Paese e una violazione dei principi della democrazia liberale. Ho appreso oggi dalla stampa che il Ministro Maroni è stato anche, tra gli altri incarichi, capo delle guardie padane. Niente di grave, sono cose del passato. Tuttavia, sinceramente, pensare che a un certo punto il sogno della gioventù politica del Ministro dell'interno possa essere realizzato attraverso una legge dello Stato, e per giunta attraverso la questione di fiducia, a me sinceramente sembra incredibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Con le ronde avremo un'Italia più confusa e meno sicura.
Nel provvedimento però c'è molto di più. C'è una serie di norme, signor Presidente, che sono sbagliate, alcune delle quali sono apertamente incostituzionali, altre sono palesemente e pesantemente odiose. Mi riferisco a ciò di cui ci sarebbe stato bisogno dopo lo scacco della legge Bossi-Fini (la Bossi-Fini non ha funzionato, purtroppo, e non funziona). Ci sarebbe stato bisogno di un disegno sull'immigrazione, di un nuovo progetto organico, e invece abbiamo delle piccole misure che hanno soltanto un'idea di fondo, cioè quella di considerare l'immigrazione come una questione di ordine pubblico, anzi - lo dico apertamente - come una questione criminale. Non ci potrebbe essere peggiore errore in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il reato di immigrazione clandestina, l'impossibilità dei ricongiungimenti familiari, l'impossibilità di riconoscere i figli, la tassa sul permesso di soggiorno: si tratta di un agghiacciante sonno della ragione, signor Presidente, un agghiacciante sonno della ragione di cui dovremmo farci carico in questo Parlamento, sapendo che queste cose non sono un problema per i clandestini criminali, sono un problema per le persone che vogliono integrarsi. Non c'entra nulla la lotta contro la clandestinità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La verità è che questo non è un disegno di legge contro la clandestinità, è un disegno di legge per rendere impossibile qualunque politica di integrazione. Diciamo la verità al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Invece dovremmo fare esattamente l'opposto, e separare quelli che vengono qui per lavorare dai clandestini criminali, dovremmo saper distinguere il legale dall'illegale, e invece così noi li mettiamo sullo stesso piano. Le badanti e le baby sitter che assistono i nostri anziani e i nostri bambini e che, per problemi della legge italiana, non hanno il permesso di soggiorno le mettiamo sullo stesso piano degli stupratori clandestini nel nostro Paese. Non va bene così. Non va bene. Quando dico che questo non va bene non sono né buonista né lassista. Chi mi conosce sa che purtroppo non ho queste doti. Non sono né buonista né lassista, ma richiamo queste questioni perché rientrano nell'ABC delle politiche di sicurezza di un Paese. Una democrazia intelligente distingue i buoni dai cattivi, non spinge i buoni nelle mani dei cattivi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Infine veniamo alle questioni dell'oggi. Vede, un pezzo delle politiche dell'immigrazione sono i rimpatri e i respingimenti (non ho alcun problema a parlarne). Sono un pezzo delle politiche dell'immigrazione. Si sono sempre fatte, si possono e si devono fare. L'unica cosa che non si può fare è farle senza rispettare il diritto internazionale e i diritti umani. Questo non è accettabile per un Paese come l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Si ascoltino le Nazioni Unite. Si ascoltino voci autorevoli della Chiesa, non si facciano sempre spallucce. Ma non lo so, questo Governo è fatto di superuomini? Se parlano le Nazioni Unite è come se parlasse l'usciere della banca (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). È impressionante. Chi sono questi uomini di questo Governo che possono dire «Taccia il Segretario Pag. 11generale delle Nazioni Unite»? Chi sono? Quali titoli hanno? Quali meriti hanno conquistato sul campo? (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il diritto di asilo - lo diciamo in quest'Aula, signor Presidente - è un principio inviolabile della comunità internazionale. Perché dovremmo avere paura di parlarne in quest'Aula? Perché dovrebbe essere qualcosa che ci dev'essere «fatto balenare»? Allora si attivi subito l'Italia, insieme con le Nazioni Unite e con l'Unione europea, garantisca questo diritto, perché c'è un punto delicato, signor Presidente. Se uno solo che poteva avere il diritto di asilo - uno solo, lo ripeto - viene rimandato nel Paese di provenienza, e in quel Paese di provenienza c'è la galera, c'è la tortura, c'è la pena di morte, allora, se succede una cosa di questo tipo, non è un problema di questo o di quello, è una macchia sulla coscienza morale del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e io a questo non ci sto. Allora, signor Presidente - ho concluso - liberiamoci dai totem ideologici. Discutiamo con serenità, non fermiamoci alla propaganda.
Ad un certo punto il Presidente del Consiglio, preso dalla dinamica della propaganda, è arrivato a negare un'evidenza. Ha detto: noi non vogliamo un Paese multietnico. L'Italia è già un Paese multietnico. Lei ha avuto la forza e la capacità di dirlo, signor Presidente, e la ringrazio per questo, ma impiegherò dieci secondi per esprimerle solidarietà. Infatti, ad un certo punto, dopo le sue parole lei è stato ritratto in un fotomontaggio vestito da arabo. Non se ne faccia una cattiva ragione: per così dire, era in tante compagnie. Tuttavia, le esprimo solidarietà e sa perché? Perché a me non piace questa politica. A me non piace la politica per la quale quando qualcuno ha un'opinione diversa debba essere sempre e comunque aggredito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo non va bene: un Parlamento deve sapersi ascoltare...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Minniti.

MARCO MINNITI. L'Italia è un paese multietnico: lo è già. Nelle settimane scorse ho partecipato ad una bella cerimonia per la concessione della cittadinanza italiana ad alcuni immigrati che erano divenuti figli di italiani. Ad un certo punto, cari colleghi, ha parlato una ragazza che aveva gli occhi a mandorla, era cinese ed era rappresentante dell'Italia all'interno di uno dei programmi più importanti di ricerca scientifica alla Sorbona di Parigi. Aveva gli occhi a mandorla, ma era italiana. Ieri due nigeriani clandestini, scappati da Lampedusa, hanno, in una stazione a Palermo, bloccato un pazzo che aveva ridotto in fin di vita due anziani mentre gli italiani guardavano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Concluda, la prego, onorevole Minniti.

MARCO MINNITI. Sto concludendo, un attimo solo in più, signor Presidente. Questo non è un punto di debolezza dell'Italia, ma un punto di forza. So bene che in alcuni momenti si ha la sensazione di nuotare controcorrente, ma anche quando si nuota controcorrente bisogna avere una barra forte e questa barra forte sono i diritti umani, la Costituzione e la sicurezza del nostro Paese. Per questo noi non voteremo la fiducia a questo Governo (Prolungati applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sbai. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, cari colleghi, caro onorevole Minniti, mi sembra che si sia dimenticato che soltanto un anno fa era nel Governo Prodi e che nel Governo Prodi per gli immigrati non si è fatto niente. Nel Governo Prodi degli immigrati nemmeno si parlava. Nel Governo Prodi le donne che chiedevano il permesso di soggiorno e che si sono trovate in momenti di difficoltà, quando bussavano Pag. 12alle porte dell'onorevole Minniti, questi non aveva nessun interesse ad aiutare gli immigrati.
La sua è soltanto demagogia. Il provvedimento in esame contiene una serie articolata di riforme su fronti diversi. Si caratterizzano per la comune finalità volta a garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica. Il Governo ha voluto agire sull'immigrazione, la sicurezza urbana, sulla tutela di soggetti deboli e, più in generale, sulla sicurezza pubblica intesa come controllo al territorio attraverso la legislazione antimafia. Si tratta di interventi che toccano il cuore dei cittadini perché sono volti a mettere in atto le misure idonee con appropriati mezzi di ostacolo alla criminalità o all'immigrazione clandestina, ma al tempo stesso a garantire i soggetti più deboli. Da qualche tempo tutto il Paese chiedeva norme che mettessero in grado le istituzioni di porre un freno al fenomeno incontrollato dell'immigrazione clandestina (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
In merito ai flussi di immigrati irregolari che ogni anno a migliaia si riversano nel nostro Paese, molti dimenticano il racket della mafia che si alimenta dietro questo fenomeno, così come non pensano ai danni che tale situazione ha arrecato in tutti questi anni a tanti immigrati onesti, che sono entrati in Italia rispettando la legge e che vorrebbero viverci continuando a rispettarla. Sono oltre 6.000 gli irregolari sbarcati in Italia solo quest'anno. In Italia nessuno ha sparato loro, in altri Paesi hanno sparato e nessuno li ha accolti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
È il doppio dello stesso periodo dell'anno precedente: raddoppiano gli arrivi sulle coste e raddoppia il numero dei minori non accompagnati. Tali minori non accompagnati si trovavano purtroppo, come abbiamo visto, davanti ai semafori e il Governo Prodi chiudeva gli occhi su tale questione, sui nomadi che giravano per i semafori, sui bambini esposti al sole e alla pioggia.

MASSIMO VANNUCCI. Dove sono adesso?

SOUAD SBAI. È quella che si chiama xenofobia, quella è xenofobia: non vedere l'altro e non vedere il diverso. I viaggi della speranza non rallentano più neppure d'inverno, quando le condizioni atmosferiche rendono ancora più pericolose le traversate. La mancanza di regole incisive ha spinto quindi i mercanti di esseri umani ad aumentare il loro business, mandando a morire i clandestini, imbarcandoli a qualsiasi condizione.
Da donna italiana di origine marocchina, mi sento di dire che è giunta l'ora che chi aspira ad una vita migliore qui da noi debba giungere legalmente in Italia, per concorrere al suo sviluppo economico, sociale e istituzionale senza cadere vittima della criminalità organizzata. È pericoloso far entrare clandestini che vanno ad ingrossare le sacche di marginalità sociale, in un contesto di crisi come quello che stiamo vivendo. È ancor più pericoloso quel multiculturalismo di stampo buonista che, convinto di agire nel nome del rispetto delle differenze e di usi e costumi, è pronto a comprendere e a giustificare qualsiasi cosa.
Vorrei ricordare che quest'anno è stato registrato un aumento di casi di violenza sulle donne che vede protagoniste anche coppie di immigrati (Commenti del deputato Bellanova). Chi vive in Italia non può vivere seguendo tradizioni incompatibili con l'ordinamento italiano: deve conoscere e rispettare le leggi di questo Paese, studiando la lingua e la Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Non è tollerabile continuare a subire ingressi ad oltranza, considerato anche il rischio di terrorismo internazionale: spesso insieme ai clandestini entrano appartenenti a gruppi estremisti purtroppo islamici, che mirano ad imporre la propria ideologia fondamentalista estremista all'interno delle comunità straniere immigrate. Il rischio c'è, lo dimostra uno degli ultimi fatti: proprio ieri la Digos di Bari ha sgominato una cellula di Al Qaeda che Pag. 13usava l'Italia come punto di appoggio per portare i clandestini in Europa e che aveva anche pianificato un attentato in Francia, all'aeroporto Charles De Gaulle.
Sempre ieri, la stampa francese denunciava il pericolo di reclutamento di immigrati per l'esecuzione di attacchi di kamikaze da parte delle cellule nordafricane di Al Qaeda. Nei mesi scorsi, la stampa algerina aveva lanciato il grido d'allarme - continua a lanciarlo tutto il Paese del nord Africa e lo denunciamo noi tutti i giorni - sul fatto che terroristi islamici, estremisti di matrice quaedista, stessero già chiedendo ai clandestini in partenza verso l'Italia e la Spagna di eseguire attentati.
Il provvedimento che votiamo oggi farà in modo che vi sia meno delinquenza per le strade e più sicurezza, meno criminalità e più controllo. Esso farà in modo che venga garantito il diritto dei cittadini di sentirsi detentori e possessori delle proprie città, nella misura in cui lo spazio pubblico appartiene ad ogni singolo cittadino che contribuisce alla sua crescita e al suo sviluppo.
Il matrimonio non diventi uno svilente pretesto per acquisire la cittadinanza italiana. Che gli immigrati regolari in Italia possano vivere decorosamente nel pieno rispetto dei propri diritti. Il Governo ha il dovere di garantire questi diritti per coloro che vivono nel territorio della Repubblica italiana, dando a tutti pari opportunità per il pieno sviluppo della propria personalità.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SOUAD SBAI. Allo stesso tempo - concludo, signor Presidente - il Governo ha il compito di far sì che ai propri cittadini e a coloro che soggiornano entro i nostri confini siano garantiti i necessari mezzi di sussistenza per vivere dignitosamente. Credo che sia un'ingiustizia accogliere tutti senza avere pane a sufficienza per nessuno.

PRESIDENTE. Deve concludere.

SOUAD SBAI. Diventa, allora, necessario mettere gli stranieri nella condizione di restare proficuamente nel proprio Paese per aiutarlo a prosperare, senza svuotarlo delle sue migliori energie vitali. A nessuno piace dover lasciare la propria terra d'origine e giungere in Italia in condizioni illegali.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Sbai.

SOUAD SBAI. Concludo, signor Presidente. Vorrei dire a quella sinistra buonista di non chiudere gli occhi: per gli immigrati non hanno mai fatto niente, perché degli immigrati io ne ho fatto parte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Sbai, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(Votazione della questione di fiducia - Emendamento 1.1000 del Governo - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indìco la votazione per appello nominale sull'emendamento 1.1000 del Governo, sulla cui approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati, nonché ulteriori richieste avanzate da membri del Governo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Buttiglione. Pag. 14
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 10,45)

(Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,30)

(Segue la chiama)

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'emendamento 1.1000 del Governo, sulla cui approvazione senza subemendamenti e articoli aggiuntivi il Governo ha posto la questione di fiducia.
Presenti e votanti 574
Maggioranza 288
Hanno risposto 316
Hanno risposto no 258
(La Camera approva - Vedi votazione).

Si intendono conseguentemente precluse tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 1 e agli articoli soppressi dalla parte consequenziale dell'emendamento 1.1000 del Governo.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Angelucci Antonio
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena Pag. 15
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Cota Roberto
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Granata Benedetto Fabio
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo Pag. 16
Lo Monte Carmelo
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Maccanti Elena
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Martino Antonio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara Francesco
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (Pdl)
Perina Flavia
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rondini Marco
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Russo Paolo
Saltamartini Barbara
Salvini Matteo
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad Pag. 17
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scelli Maurizio
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Soglia Gerardo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Taddei Vincenzo
Taglialatela Marcello
Terranova Giacomo
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Traversa Michele
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vegas Giuseppe
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco
Zorzato Marino

Hanno risposto no:

Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Berretta Giuseppe
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Brugger Siegfried
Bucchino Gino
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calearo Ciman Massimo
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo Pag. 18
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
Delfino Teresio
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Giuseppe Anita
Dionisi Armando
Di Pietro Antonio
Di Stanislao Augusto
Donadi Massimo
Drago Giuseppe
Duilio Lino
Esposito Stefano
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Franceschini Dario
Froner Laura
Gaglione Antonio
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Guzzanti Paolo
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melandri Giovanna
Melis Guido
Merlo Giorgio
Merlo Ricardo Antonio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo Pag. 19
Morassut Roberto
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Orlando Leoluca
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Pd)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Quartiani Erminio Angelo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Romano Francesco Saverio
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossomando Anna
Rota Ivan
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Tanoni Italo
Tassone Mario
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Maurizio
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vico Ludovico
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Zaccaria Roberto
Zamparutti Elisabetta
Zeller Karl
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Sono in missione:

Balocchi Maurizio
Berlusconi Silvio
Crimi Rocco
Frattini Franco
Lombardo Angelo Salvatore
Melchiorre Daniela Pag. 20
Miccichè Gianfranco
Prestigiacomo Stefania
Roccella Eugenia Maria
Scajola Claudio
Tremonti Giulio
Urso Adolfo
Vietti Michele Giuseppe

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento 2.1000 del Governo - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia (emendamento 2.1000 del Governo).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che in ogni democrazia avanzata dell'intero pianeta, quando il Parlamento pone in essere un provvedimento legislativo, debba avviare preliminarmente un serio studio sull'impatto che la norma provoca sul sistema, per conoscere preventivamente gli effetti che il provvedimento stesso determina sulla società. Invece, in Italia, da un anno circa, stiamo vivendo un fenomeno abbastanza abnorme: in questo Parlamento, e per esso la maggioranza che lo governa, vi è un'emissione a ripetizione di provvedimenti legislativi; ossia vi sono provvedimenti a mitraglia sempre sullo stesso tema. Sta accadendo in ordine al sistema finanziario, per il quale, ogni due o tre mesi, vi è una sorta di finanziaria e sta avvenendo anche in tema di sicurezza, con riferimento alla quale, da giugno 2008, sono stati adottati molti provvedimenti. Quanti pacchetti sicurezza sono stati varati da questo Parlamento? Sembra quasi di trovarsi di fronte agli editti manzoniani. Ricordate cosa succedeva nei Promessi Sposi? Si emettevano editti a ripetizione: quello successivo annullava e sostituiva il precedente. Questo perché? Quante più norme vi sono, meno efficacia hanno. Ciò significa che non c'è una strategia complessiva di questa maggioranza e che si sta marciando a tentativi. Questo nella migliore delle ipotesi, perché, nella peggiore delle ipotesi, ciò significa che si fanno provvedimenti legislativi solo per propaganda, solo perché ci sono le elezioni, come sta avvenendo adesso per l'immigrazione clandestina, per la quale bastava molto poco. Bastava, infatti, semplicemente che venissero applicate e recepite le convenzioni ed i trattati internazionali, come la Convenzione dell'ONU, che fu firmata anche a Palermo nel dicembre del 2000, addirittura presso il palazzo di giustizia per darle maggiore importanza, perché prevedeva l'assoluto divieto di sanzioni penali per le vittime di tratta di esseri umani o di favoreggiamento di immigrazione clandestina. Ed è il caso degli immigrati, perché per la verità non ho mai visto un immigrato clandestino recarsi in Italia motu proprio: non li ho mai visti prendere una nave da crociera Costa o venire qui con qualche sorta di traghetto. I traghetti Tirrenia non effettuano ancora la linea Tunisi-Lampedusa.
Dunque, questi poveri disgraziati sono vittime e voi ve la prendete proprio con la parte più debole. Invece, bastava semplicemente applicare la decisione dell'Unione europea del maggio 2000, con la quale si applicava l'assistenza giudiziaria penale, nonché la decisione dell'Unione europea del giugno 2002, con la quale venivano introdotti i cosiddetti SIC, cioè le Squadre investigative comuni.
Erano squadre composte dalle forze di polizia e da magistrati di tutti gli Stati, che potevano operare autonomamente in tutti gli Stati senza dover richiedere autorizzazioni, rogatorie e quant'altro per poter andare in modo spedito e cercare di contrastare seriamente l'illegalità.
Ebbene, tutto questo non è avvenuto, perché l'Italia è l'ultimo Paese nell'applicazione e nel recepimento delle convenzioni e dei trattati. Siamo indietro rispetto alla Moldavia, alla Macedonia, addirittura all'Albania, con la quale pure, nel 2007, abbiamo stipulato un trattato che prevedeva per l'Albania l'estradizione di cittadini condannati.
L'Albania ha recepito quel trattato, modificando addirittura la Costituzione, mentre Pag. 21l'Italia, a tutt'oggi, ancora non lo ha recepito. È davvero ridicolo ciò che si sta verificandosi oggi con il disegno di legge sulla sicurezza, perché con le ronde, altro paragrafo veramente aberrante e inutile, viene subappaltata dallo Stato la materia della sicurezza pubblica. Vi è una sorta di capitolato che avete violentato, perché prevedete, addirittura, che la sicurezza pubblica venga subappaltata a terzi cittadini.
Ciò, in linea di principio, significa che lo Stato ha fallito nel garantire la sicurezza pubblica; in linea di principio, significa offendere seriamente le forze di polizia, i carabinieri e la guardia di finanza, che sono abilitati proprio a questo compito, perché con questo Governo è venuta meno la difesa dei cittadini e della sicurezza.
È questa ragione di principio che è gravissima, ma immaginate per un attimo, in via operativa, come potrebbero muoversi le ronde nel Mezzogiorno d'Italia. Leggendo Il Mattino di ieri, addirittura c'è stato un raid nel rione Sanità, dove veniva ammazzato un concorrente di un altro clan tra giostre e bambini.
Cosa sarebbe successo se vi fosse stata anche una ronda di passaggio? Probabilmente, senza armi, senza auto blindate, sarebbero stati solo degli scomodi testimoni. Questo è quello che potrebbero essere le ronde; quindi, sarebbero state delle altre persone da ammazzare.
Cosa significherà mandare le ronde in quartieri come Scampia o Secondigliano, che sono il più grande supermercato della droga in Europa? C'è un sondaggio che dice che il 61 per cento dei napoletani non si reca in quei quartieri, anche se invitato da un amico per una visita o per una qualsiasi altra ragione, perché ha paura, perché neanche le forze di polizia possono operare in quei territori senza timore, perché, se arrestano qualcuno, vengono accerchiati dalla gente.
In quella giungla vi pare mai possibile che possano operare questi simpatici vecchietti che mettiamo a fare le ronde? A che servirebbero laggiù? Servirebbero invece, leggendo l'altro lato della medaglia, sapete a che cosa? In provincia di Napoli, non so se lo sapete, 51 comuni sono stati già sciolti per infiltrazioni camorristiche ed altri 16 sono sub iudice, perché assoggettati alla commissioni di accesso. Questo su un totale di 92 comuni.
Sapete che significa? Significa che c'è un fortissimo condizionamento della camorra e della criminalità organizzata sulla politica. La domanda che rivolgo agli amici e ai colleghi parlamentari è la seguente: immaginate dei sindaci e degli assessori che devono nominare e proporre delle ronde, dei sindaci e assessori in odore di camorra? Ciò significa che voi, cari amici, state ope legis affidando il controllo del territorio alla camorra; state facendo questo lavoro veramente incredibile. Questo è quello che state facendo laggiù con l'applicazione di questo veramente inutile e stupido provvedimento, che non serve proprio a nulla, perché il vero nodo è che la camorra è nella politica, che la camorra è la politica.
Poiché non volete incidere davvero su questo segmento, non volete spezzare il rapporto tra i clan e la politica, venite qui a portarci questo provvedimento-beffa, con il quale ci state vendendo l'acqua di mare per champagne, perché queste ronde nel Mezzogiorno d'Italia sono davvero una cosa inutile.
Immaginate lì, nel quartiere di Torre Annunziata, Fortapasc, quello del famoso film, dove sono stato il mese scorso per la proiezione: cosa significa mandare le ronde in quel «quadrilatero delle carceri», così come viene chiamato? Significa fare uscire quella gente a pezzettini da lì dentro, se non sono camorristi. Se sono camorristi, sono loro che addirittura affronteranno e governeranno il nostro territorio.
Ecco allora l'inutilità di questo pacchetto sicurezza, perché la ragione vera è che qui per la seconda volta si sta tradendo la questione del Mezzogiorno d'Italia. Questa è la vera questione, la questione meridionale! Per cui da adesso deve nascere in Parlamento un vero partito dei meridionali, il partito del Mezzogiorno d'Italia: questo è ciò che dobbiamo far nascere in Parlamento!

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PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO BARBATO. Concludo, signor Presidente. Ci avete tradito sullo sviluppo, perché avete «fregato» al Mezzogiorno d'Italia 17 miliardi dai fondi FAS, ed ora con la sicurezza ci avete fregati ancora una volta.
Ma noi del Mezzogiorno d'Italia ci siamo fatti il nostro piccolo decreto-legge sulla sicurezza per aiutare davvero i cittadini e abbiamo fondato l'osservatorio «voto pulito» a Napoli ed in Campania, dove fino alle elezioni diamo la nostra disponibilità e saremo un punto di riferimento per tutti quelli che vogliono segnalarci il voto di scambio, la compravendita, le pressioni e le infiltrazioni della camorra sull'inquinamento del voto; siamo a disposizione e dalla parte di tutti i cittadini, perché vogliamo davvero cittadini liberi nel Mezzogiorno d'Italia: raccoglieremo anche denunce anonime, perché poi successivamente andremo noi dall'autorità giudiziaria a segnalare tali anomalie.
Questo è il modo concreto con cui ci sostituiamo e diventiamo noi il 113 dei cittadini del Mezzogiorno d'Italia e diventiamo il loro punto di riferimento, aiutando ed accompagnando in modo serio tutti i meridionali, per questo Meridione che ha bisogno di noi e che noi vogliamo continuare ad accompagnare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo su questo argomento, che mi pare di grande interesse per l'Aula, rilevando come sarebbe stato necessario affrontare il tema dell'immigrazione in un quadro di grande realismo e porsi la dimensione delle caratteristiche della popolazione, ossia di come i 60 milioni di italiani sono dislocati, della loro base demografica e dell'invecchiamento della popolazione.
Bisogna considerare il fatto che dal 1985 ad oggi ci sono in Italia già circa 4 milioni di immigrati regolari e che nelle scuole elementari di molte province dal 10 al 15 per cento di bambini è frutto della presenza di famiglie immigrate, perché com'è noto l'invecchiamento della popolazione incide anche sulla natalità; non c'è dubbio che siamo invecchiati e che abbiamo un ritmo di procreazione molto più ridotto rispetto alle caratteristiche molto più giovani delle popolazioni immigrate.
Inoltre, bisognerebbe dare uno sguardo all'economia. L'economia italiana vive oggi con il sostegno di quasi 3 milioni di lavoratori irregolari: una cosa molto grave, su cui dovremmo richiamare l'attenzione del Paese, perché è evidente che se in un Paese come l'Italia vi è la percezione di un basso livello di legalità e vi è anche la percezione della possibilità di svolgere un lavoro su base irregolare, la spinta a venire in un Paese con tali caratteristiche è molto forte.
Noi avremmo potuto immaginare un rigore più forte e più responsabile, se all'interno dei confini del nostro Paese avessimo fatto una battaglia molto puntuale e precisa nei confronti del lavoro irregolare. Di questi 4 milioni di lavoratori, circa due terzi sono irregolari, malgrado la regolarizzazione che fu adottata ai tempi della legge Fini-Bossi: circa 750 mila furono regolarizzati a seguito di un'azione parlamentare condotta da alcuni di noi, che costrinse anche in quel caso i colleghi della Lega a ragionare.
E poi bisogna pensare alla pressione africana, il dato di una realtà come quella del continente che sta sotto il Mediterraneo, che registra una situazione di povertà molto forte, e noi dovremmo ragionare in Europa sulle caratteristiche del modello del bilancio europeo.
Forse dedichiamo troppa poca importanza al tema del riequilibrio dello sviluppo a livello mondiale e, dedicandovi poca importanza, siamo molto in difficoltà nell'affrontare non solo le ragioni dell'integrazione, ma anche quelle di uno sviluppo ordinato.
Orbene, si dice che questo Paese ha bisogno di 300 mila immigrati per garantire l'assetto demografico e quello produttivo: Pag. 23questo è un fatto rispetto al quale la discussione che qui si vuol fare è invece di altra natura. Il messaggio della Lega è infatti tutto impostato sulla paura e con le decisioni di questi giorni la Lega sta facendo campagna elettorale.
Il manifesto di Salvini, che voleva i vagoni separati a Milano, è un grande spot per le elezioni. È vero che è stato in parte sconfessato, ma quello è già diventato un manifesto. E così, i respingimenti del Ministro dell'interno si collocano nella stessa ottica: si cerca di dare un valore emblematico ad un fatto che si è consumato nel Mediterraneo per dimostrare che siamo capaci di rinchiuderci in casa nostra, e non di darci più sicurezza (tant'è che ha costretto il Cavaliere, il Presidente del Consiglio, a rincorrere precisando che Maroni applica i suoi accordi internazionali, quelli che lui ha raggiunto con Gheddafi). Si tratta quindi di una partita elettorale molto evidente, che ha come sbocco il risultato delle elezioni del 6 e 7 giugno, quelle europee - da cui ognuno tenterà di trarre delle valutazioni importanti - e quelle amministrative.
Berlusconi ci ha poi dato una chicca nei giorni scorsi, affermando che il Governo è contrario ad un'Italia multietnica. Sarebbe come dire che è contro la capacità variopinta del Creatore di pensare agli esseri umani in maniera articolata: li vuole tutti di un colore, ma questa è una cosa che non esiste, è una cosa che è stata buttata lì tanto per tentare di colpire la fantasia.
La retorica «cattivista» contrapposta ad una presunta deriva «buonista» è la chiave interpretativa sul terreno politico. Parlo di una retorica cattivista perché il Ministro dell'interno nei mesi scorsi ebbe modo di dire, in maniera molto puntuale, che lui era cattivo e che bisognava essere cattivi, come se questa fosse una categoria della politica (in realtà è una categoria della propaganda, non della politica e neppure del buongoverno).
Questa retorica cattivista ha quindi come scopo quello di ridurre la sicurezza ad un tema che certo sta a cuore ai cittadini italiani, ma che da questo Governo viene affrontato come se fosse uno spot. Si negano i fondi ai carabinieri e ai poliziotti, ma si finanziano le ronde, perché è chiaro che il meccanismo che viene previsto con quel finanziamento di 100 milioni ha lo scopo di finanziare le ronde, magari le ronde di partito, consentendo in questo modo di rimpinguare le casse di questi finti partiti che caratterizzano la seconda Repubblica.
Si sarebbe dovuta chiamare l'Europa ad una collaborazione piena, ma come fanno gli euroscettici ad essere protagonisti dell'Europa? Di certo essi hanno delle difficoltà, ma un tema come questo andrebbe affrontato nella dimensione europea, non certo in una dimensione nazionale.
Inoltre, si sarebbe dovuta coinvolgere l'opposizione parlamentare dentro un disegno organico nel quale si riconosce che questo è un tema di tutti e non di una parte; ma se invece si vuole esaltare il patriottismo politico su una porzione di questo argomento, vuol dire che in realtà si vuole investire nella scommessa sulla paura, che diventa in questo modo il vero mercato politico.
Il mercato politico di cui si parla in questo momento è la scommessa sulla paura, solo che la scommessa sulla paura è molto delicata. La sicurezza non si assicura chiudendoci in casa: è la stessa vicenda di quando gli stessi governanti di oggi pretendevano di introdurre i dazi per difendere i produttori nazionali, come se l'economia italiana - che è aperta all'esterno - potesse essere chiusa dentro i confini di un'economia nazionale! Lo stesso meccanismo lo ritroviamo qui in materia di sicurezza, si usa lo stesso schema.
Avete posto la questione di fiducia su un testo che ha corretto la possibilità per i medici e per i presidi delle scuole di denunciare i clandestini; so che la Lega lo ha considerato un punto di cedimento. In realtà, quindi, questa fiducia intende chiudere la partita.
I sondaggi dicono che gli italiani sono preoccupati di tali questioni e hanno ragione, ma le cose dipendono sempre dal Pag. 24modo nel quale vengono presentate. Se questo tema viene vissuto invece che come un'opportunità come una disgrazia, è ovvio che diamo ai nostri concittadini degli elementi che sono insufficienti ed inadeguati a renderci una ragione dell'interesse generale.
È già accaduto anche in passato che abbiamo affidato al giudizio degli italiani la questione del nucleare, come se un referendum votato da cittadini che hanno delle informazioni del tutto inadeguate a farsi una ragione precisa e puntuale, potesse sostituire le responsabilità del Governo.
Voi fate oggi la stessa cosa sul terreno della sicurezza. In realtà, non avete garantito più sicurezza, non sono diminuiti i reati, non vi è una percezione puntuale della pena e della sua oggettività, ma voi vendete sul terreno della paura la possibilità del vostro spazio politico. Voi, in realtà, seminate paura e non raccoglierete sicurezza, ma ancora più paura, perché avete innescato un circolo vizioso e attraverso la forzatura delle parole d'ordine pensate di rincorrere la vittoria elettorale. Questa è una cattiva politica, che invece di garantire sicurezza agli italiani, esalta la loro insicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevoli colleghi della maggioranza, dell'opposizione, deputati dell'Italia dei Valori, preannuncio che consegnerò il mio intervento che avevo preparato diligentemente per iscritto, perché non posso non rispondere ad alcune questioni che sono emerse nella discussione.
La prima riguarda il discorso anacoluto che abbiamo ascoltato sulle ronde, che non c'entra nulla con questo maxiemendamento. È stato detto che sono gli assessori che istituiscono le ronde - una dichiarazione che è al di fuori dalla grazia di Dio - e che le ronde andranno nei luoghi dove non entra neanche la polizia, capovolgendo l'impostazione sempre condivisa da tutti, ovvero che il territorio deve essere presidiato dalle forze di polizia. Ci si dice che dove non va la polizia non possono andare neanche le ronde. La realtà dei fatti è che questo provvedimento non istituisce le ronde. Le ronde ci sono sempre state - io le ho fatte qualche anno fa - e consistono in una passeggiata, magari nei punti dove si svolge lo spaccio di droga o dove vi sono delle situazioni complicate, durante la quale ci si limita da buoni cittadini, armati di telefonino, a chiamare la polizia; né più, né meno, né niente di diverso. Questo provvedimento quindi non istituisce le ronde, ma provvede a una loro normazione, garantendo che siano completamente disarmate, e così via.
La seconda questione alle quale intendo controbattere, prima di entrare nel merito del provvedimento, riguarda questa brutta accusa rivolta alla maggioranza e, in particolare, il movimento a cui ho l'onore di appartenere, di provocare la paura nella popolazione. Sfiderei chiunque di voi a venire a Torino stasera, verso le ore 23,30, per fare due passi nei campi nomadi e poi mi si racconti. Lo dico con tranquillità: venite, state tranquilli, non vi succederà assolutamente nulla, ma vi renderete conto se vi è bisogno o meno di interventi in tema di sicurezza e che rassicurino la gente. Non siamo noi ad impaurire la gente, ma è la gente impaurita che chiede a questo movimento una risposta in tema di sicurezza e noi puntualmente rispondiamo, qui e adesso, a queste esigenze (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Il meccanismo è esattamente opposto, e il tutto ovviamente è aggravato dal fatto che questo Parlamento è come una persona che produca mattoni, calce e strumenti di costruzione, e poi li affidi. In altre parole noi produciamo delle leggi e le affidiamo a chi deve applicarle. Il risultato è - è quanto ho letto su un blog interno alla magistratura - che un giudice piemontese afferma: io non voglio mettere in Pag. 25galera queste persone, c'è qualcuno che sa dirmi come «smontare» la Bossi-Fini? Questo è il problema: noi diamo dei mattoni per costruire una villa al mare, e queste persone prendono i mattoni e ci costruiscono una fortezza in montagna (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Su questo noi stiamo lavorando e abbiamo lavorato apportando delle precisazioni normative proprio perché la magistratura segue delle interpretazioni che - a mio parere, ma non solo a mio parere - sono un pochino scorrette, e poi queste interpretazioni ovviamente diventano legge. Faccio un esempio per tutti. C'è una recentissima sentenza della Corte di cassazione che si riferisce ad un extracomunitario che aveva dichiarato una quarantina di nomi e cognomi diversi. Non è una cosa da poco, perché se io vengo condannato una prima volta mi si concedono i benefici di legge, la condizionale e altro; se vengo condannato una seconda volta - se non ho esaurito i tempi della prima - posso ancora ottenere la condizionale; la terza volta vado in carcere. Ma se io di volta in volta cambio nome usufruirò duecento volte dei benefici di cui gli italiani usufruiscono una volta o due. Allora, il nostro punto di vista è: parità di diritti con gli extracomunitari; noi vogliamo che loro abbiano i nostri diritti e i nostri doveri. Questo è il punto su cui noi ci stiamo battendo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Dicevo che la Cassazione, rispetto a un soggetto che ha dato per quaranta volte quaranta nomi diversi (ed era stato condannato in primo grado e in appello), ha detto: chi ce lo dice che l'ultimo nome non sia vero? Morale: lo assolviamo. Quindi ne consegue che se ciascuno di noi, uscendo, viene fermato dalla polizia e viene identificato, dopo cinque minuti si sa se possiede beni immobili, se ha la patente, dove abita e altre informazioni. Nell'altro caso questo non è possibile. Quindi, è necessario un intervento in tema di sicurezza perché il nostro Paese ha dei problemi sul fronte delle coste certamente, sul fronte degli altri varchi, ma anche sul fronte di coloro che dovrebbero essere sottoposti alla legge e che invece ritengono di essere sovrapposti alla legge e di poter fare la politica, che è una funzione che a loro non spetta. Ricordo a tutti e ricordo a me stesso che la magistratura deve essere sottoposta alla legge proprio perché la legge è prodotta dal Parlamento e proprio perché il Parlamento è votato dal popolo. Questo si traduce in che cosa? Si traduce nel fatto che così si ha il primato della legge. Se invece la magistratura intende esercitare un potere e non un dovere di sottoposizione alla legge che cosa si avrà? Che la magistratura esercita un potere ed è sovrapposta alla legge. E, fino a prova contraria, un certo Montesquieu - se non ricordo male - diceva che il potere deriva dal popolo. Quindi se vogliono fare come gli pare si facciano eleggere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Venendo al merito - tanto, Presidente, intendo consegnare il testo integrale del mio intervento non appena mi avvertirà che ho esaurito il mio tempo - vale la pena di fare alcune considerazioni. La prima considerazione, per la quale devo dire che ho avuto lunghe discussioni anche in seno alla maggioranza, si riferisce all'obbligo dell'imprenditore di denunciare i casi di concussione o di estorsione. A tal proposito voglio fare due osservazioni. In primo luogo che questo obbligo è temperato dai motivi di esclusione.
Vale a dire che colui che ha commesso il fatto nell'adempimento di un dovere, nell'esercizio di una facoltà legittima, in uno stato di necessità o per legittima difesa non è considerato omertoso. Anzitutto spieghiamo un po' cosa vuol dire: colui che intende fare omertà, cioè coprire i mafiosi che lo stanno taglieggiando, quanto meno non partecipa ad appalti pubblici: di questo stiamo parlando. Tuttavia, signori, capisco le perplessità ma vorrei dire che Libero Grassi non è stato ucciso dal piombo della mafia. Libero Grassi è stato ucciso quando un anno dopo gli hanno fatto fallire l'azienda (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Infatti tutti gli imprenditori siciliani sanno che questo Stato non dà difesa contro la mafia: su questo punto Pag. 26dobbiamo impegnarci. Noi non dobbiamo dare i soldi ai popoli del sud, ma li dobbiamo rendere uguali a quelli del nord affinché abbiano una società tranquilla, pacifica, libera di poter permettere alla gente di esercitare validi commerci e valide imprese: questo è il punto. Il vicino di Libero Grassi capisce bene che o paga il pizzo oppure gli fallisce l'azienda, che è più grave della sua perdita. Per quale motivo? Perché ad un certo punto uno può fare l'eroe, come è stato fatto.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Brigandì.

MATTEO BRIGANDÌ. Concludo, signor Presidente. Però sa che i propri figli andranno avanti: in questo caso neanche questi.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento. La ringrazio per la pazienza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sereni. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rivolgendomi al rappresentante del Governo, vorrei anzitutto dire che state costringendo il Parlamento a vivere un altro passaggio umiliante. State scrivendo una pagina davvero brutta della vita delle nostre istituzioni. Porre per tre volte il voto di fiducia su un provvedimento così ampio e complesso, impedendo qualsiasi discussione sul merito delle norme all'ordine del giorno, tradisce una concezione rinsecchita e burocratica delle regole democratiche, un fastidio verso quello che è e resta il sale della democrazia, il confronto, il dialogo, l'ascolto delle diverse opinioni, la ricerca della soluzione più ampiamente condivisa ed efficace ad un determinato problema.
Lo sappiamo bene che l'opinione pubblica chiede alla politica di saper decidere, ma i cittadini chiedono alla politica e alle istituzioni anche di saper rappresentare la pluralità delle domande e dei punti di vista presenti in una società articolata e complessa, di decidere bene e di cercare risposte efficaci.
La verità è che questa maggioranza non ha le idee chiare; non è affatto unita e non è in grado di reggere il confronto in Parlamento, nonostante i numeri. In questa Camera avete 347 deputati, ben 66 in più di quelli dell'opposizione. Il provvedimento aveva tempi contingentati e in poche ore sarebbe comunque stato approvato. Ma sapevate di non essere sufficientemente presenti e compatti da riuscire a superare la prova di alcuni voti segreti, di non avere una linea abbastanza convincente sul tema dell'immigrazione tanto da poter rispondere alle nostre fondate e sacrosante obiezioni e ai nostri emendamenti. Così tra qualche ora reintrodurrete con un voto di fiducia norme odiose ed inutili come quella sulle ronde e, ancora di più, quella sul prolungamento della permanenza nei centri di identificazione ed espulsione che soltanto alcune settimane fa quest'Aula, sulla base di un confronto libero e democratico e di un voto, aveva eliminato. Ponendo il voto di fiducia costringete l'opposizione e il Partito Democratico a votare «no», anche su misure come quelle riguardanti la lotta alla mafia, il contrasto alla criminalità nelle nostre città, il regime del carcere duro previsto dall'articolo 41-bis, la protezione dei minori italiani, la sicurezza stradale che anche come centrosinistra abbiamo proposto e che avrebbero potuto essere condivise dall'intero Parlamento.
In realtà questo disegno di legge è l'ennesimo tentativo da parte vostra di occultare il più grande dei vostri fallimenti. La vostra incapacità di contrastare l'immigrazione illegale e di governare il fenomeno migratorio. Avete usato in queste settimane parole e toni sempre più estremi. Il Presidente del Consiglio, spaventato di lasciare la bandiera della paura Pag. 27e della xenofobia alla Lega, ha addirittura affermato di non volere una società multietnica.
Ma dove vive il Presidente Berlusconi? Lui che si vanta di essere un Presidente che sta in mezzo al popolo, non si è ancora accorto che il nostro Paese è già un Paese multietnico e che nelle nostre fabbriche, nelle nostre case e nelle nostre scuole vi sono già tante persone di nazionalità, cultura e religione diversa, che lavorano, pagano le tasse, studiano, intraprendono, contribuiscono alla crescita dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Guardate: l'immigrazione è una realtà, un fenomeno complesso che ha già cambiato la società italiana e che è destinato a crescere. È innegabile che esso produca anche tensioni, problemi nuovi, paure, ma un Governo serio e che si rispetti affronta tali problemi con equilibrio e razionalità. Il rapporto del Ministero dell'interno sulla criminalità in Italia del giugno 2007 ci consegnava un'analisi molto chiara: tra gli immigrati irregolari è molto alta la percentuale di chi commette reati che suscitano grave allarme sociale; tra gli immigrati regolari le percentuali di chi commette reati sono esattamente le stesse che si rintracciano tra gli italiani. Come rispondiamo a questo dato? Vi è un solo modo per rassicurare i nostri cittadini: restringere l'area dell'irregolarità, integrare, riconoscere diritti e far rispettare doveri, costruire politiche di Governo nazionali e locali dell'immigrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Col disegno di legge in esame fate esattamente l'operazione opposta: introducendo il reato di immigrazione clandestina, impedendo i ricongiungimenti familiari, creando ostacoli nell'iscrizione all'anagrafe dei minori allargate a dismisura l'area dell'irregolarità, spingete nell'illegalità quegli immigrati che lavorano, hanno una famiglia, pagano un affitto o magari vivono a casa di un nostro anziano e che però non hanno avuto la fortuna di vincere la lotteria del rinnovo del permesso di soggiorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Anche le polemiche sui respingimenti e sul diritto di asilo di cui ha già parlato il collega Minniti, dicendo cose che condivido, sono fuorvianti se non si dice la verità su un punto: in questo momento non esiste alcun canale di ingresso regolare nel nostro Paese. La vostra politica dei flussi e la legge Bossi-Fini hanno fallito miseramente su questo nodo essenziale ed è questo che crea irregolarità ed illegalità.
Un'ultima considerazione sui rapporti con la comunità internazionale: le vicende di queste settimane e le vostre proposte sull'immigrazione stanno producendo l'isolamento internazionale del nostro Paese. Vi sembra normale? Vi sembra positivo? È giusto chiedere all'insieme degli organismi e della comunità internazionale di aiutare a gestire il fenomeno migratorio e a contrastare le bande criminali che lucrano sulla disperazione e sull'immigrazione clandestina, ma per ottenere tale collaborazione bisogna saper rispettare le sedi e i luoghi delle decisioni sovranazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), bisogna essere credibili, bisogna essere considerati partner affidabili.
Al Ministro Frattini, che ancora ieri lamentava il fatto che l'Italia sarebbe stata lasciata sola, vorrei chiedere di ripensare ai comportamenti e agli atteggiamenti del suo Presidente del Consiglio e di diversi suoi colleghi Ministri nei consessi e negli appuntamenti internazionali e di domandarsi se il ruolo dell'Italia nel mondo e soprattutto in Europa non sia diminuito proprio a causa di una tiepida adesione alla dimensione europea e alle tante barzellette del Premier. Fare le corna o «cucù» in occasione dei vertici internazionali può forse risultare simpatico al bar dello sport, ma non sempre produce risultati quando dobbiamo conquistare l'attenzione e la collaborazione dei nostri partner europei.
Lo sapete anche voi che è così, semplicemente non ve ne importa nulla. La preoccupazione che vi muove non è quella Pag. 28di garantire davvero la sicurezza dei cittadini né tanto meno quella di distinguere tra immigrati onesti e delinquenti: la preoccupazione che vi muove è quella di fare la faccia feroce, di cavalcare l'inquietudine per nascondere i risultati veri di questo Governo, non solo sul tema dell'immigrazione, ma anche contro la crisi economica e sociale, anche sul tema così delicato del terremoto de L'Aquila. Insomma, state strumentalizzando il tema dell'immigrazione per alzare vergognosamente una cortina fumogena sulle inadempienze e gli insuccessi del vostro Governo.
Scriveva Diamanti, domenica scorsa: «Difficile sconfiggere la paura e fabbricare sicurezza. Perché la sicurezza è un bene durevole, che richiede un impegno di lungo periodo e di lunga durata. L'insicurezza, la paura no. Sono beni ad alta deperibilità. Più li consumi, più cresce la domanda. (...) Per costruire la sicurezza occorrerebbe agire con una visione lunga. Disporre di valori forti. Servirebbero attori politici e sociali disposti a lavorare insieme. In nome del «bene comune». (...) Mentre ora, domina il marketing. Trionfa il mercato della paura. Dove non esiste domani. È sempre oggi. È sempre campagna elettorale».
È proprio così, ma non ci rassegniamo e lavoreremo perché gli italiani si risveglino dall'incubo in cui li volete trascinare e scelgano la serietà, la misura e la sicurezza vera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Ippolito Vitale. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, concentrerò la mia analisi sul maxiemendamento 2.1000 del Governo, che ci accingiamo a votare.
Il maxiemendamento in esame reca disposizioni in materia di contrasto alla criminalità mafiosa. Si tratta di norme di fondamentale importanza, la cui approvazione rappresenta per il Governo e per la maggioranza che lo sostiene un'esigenza indefettibile.
La scelta del Ministro Maroni, una volta concluso l'esame in sede referente, di porre la questione di fiducia nasce proprio dalla volontà di evitare qualsiasi rischio di soppressione e modifica, nel corso dell'esame in Assemblea, di una delle tante disposizioni che, all'interno del disegno di legge, formano un corpo unico diretto alla lotta contro la criminalità organizzata e, in particolare, contro la mafia.
Sostanzialmente identico nei contenuti al provvedimento trasmesso dal Senato e approvato dalle Commissioni riunite alla Camera, il maxiemendamento in esame, novellato in pochi e qualificanti punti, rappresenta, invero, un miglioramento del testo approvato in sede referente e recepisce preziose indicazioni, come quelle del Procuratore nazionale antimafia, emerse nell'ambito delle audizioni presso le Commissioni.
Vengono, infatti, raccolte le forti perplessità espresse dal Procuratore Grasso circa la riduzione dei poteri di iniziativa della Procura nazionale antimafia - con la modifica introdotta dal disegno di legge dal Senato, poi, confermata alla Camera in sede referente - e sulla drastica riduzione del potere di controllo ed impulso dell'Antimafia, determinata dalla subordinazione della possibilità di esercizio delle funzioni del Procuratore in relazione a tutti i procedimenti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, alla proposta avanzata dai procuratori distrettuali. Cioè solo quando - cito testualmente dalle dichiarazioni di Grasso - «la cosa è già arrivata in tribunale».
I poteri di impulso e coordinamento concessi con l'altro decreto-legge concernente la sicurezza, sempre con riferimento alle indagini preliminari, di fatto eliminati da quell'emendamento approvato in Senato, sono ripristinati opportunamente nel nostro testo.
Significative le modifiche in materia di appalti e destinazione dei beni confiscati, che recependo suggerimenti di associazioni ed istituzioni, non ultimo il Procuratore Pag. 29nazionale antimafia, assicurano uno strumento agile e di immediata applicazione, non scevro da un'equilibrata dimensione garantista. Si mantiene la sanzione connessa all'inadempimento dell'obbligo di denuncia per gli imprenditori, ma, prevedendo lo stato di necessità come discriminante, si introduce, altresì, un utile e nuovo protagonismo dei prefetti di provincia relativamente alla destinazione dei beni confiscati alla mafia, ferma restando, però, la competenza gestionale dell'Agenzia del demanio. Confermando la linea di aggressione ai patrimoni mafiosi, il testo adotta misure più incisive contro la criminalità organizzata attraverso l'aggressione ai patrimoni illeciti, consentendo di avviare indagini patrimoniali finalizzate all'applicazione delle misure di prevenzione e, soprattutto, di proporre la confisca dei beni sequestrati anche nei casi in cui venga giustificata la legittima provenienza.
Al fine di garantire, poi, piena idoneità e trasparenza nella gestione del patrimonio, si prevede che il tribunale nomini l'amministratore dei beni sequestrati e confiscati, unicamente nell'ambito dei professionisti iscritti all'albo delle amministrazioni giudiziarie. Tanto ad evitare il rischio di amministrazioni di beni affidate a soggetti la cui adeguatezza e correttezza non risulti preventivamente acclarata.
Da ultimo, ma non ultime, le modifiche in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso: oltre a meglio specificare i presupposti dello scioglimento, viene esteso l'ambito applicativo della normativa facendovi rientrare le infiltrazioni non solo della mafia, ma anche di organizzazioni similari. Ciò allo scopo di ricomprendervi anche quelle non connotate dai requisiti previsti all'articolo 416-bis del codice penale ma con caratteristiche simili, come quelle straniere e transnazionali.
Altresì si prevedono rimedi sanzionatori anche a carico di segretari comunali e provinciali, direttori generali, dirigenti e dipendenti dell'ente locale, con evidente tratto innovativo.
Il maxiemendamento al nostro esame scandisce, dunque, nel suo stringente articolato, obiettivi ed insieme azioni strategiche dirette ad affermare, senza ambiguità e con forza, la volontà, peraltro già emersa in altri importanti provvedimenti già divenuti legge (cito, da ultimo, il decreto legge 23 febbraio 2009 n. 11) di rendere più efficace il contrasto alla criminalità diffusa e organizzata con un sistema di riforme, tutte accomunate dalla finalità di garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica.
Il contrasto al racket (attraverso l'esclusione dagli appalti pubblici per l'imprenditore che ometta di denunciare, a meno che ricorra lo stato di necessità), le misure dirette a colpire la mafia nei suoi interessi economici, a restituire i beni confiscati alla collettività e a garantire la produttività delle imprese sequestrate (attraverso, sia il potenziamento dei poteri dell'autorità - prefetti, Procuratore nazionale antimafia, procure distrettuali e DIA - sia la messa in atto di controlli più penetranti e maggiore rigore nell'applicazione delle disposizioni antimafia) esaltano la filosofia del provvedimento, che finalmente dà concretezza e cornice normativa anche ai tanti contributi che la Commissione antimafia, in questa come nella precedente legislatura, non ha mancato di fornire con un serio lavoro di approfondimento dei punti di criticità, di ascolto dei tanti protagonisti istituzionali coinvolti in sede nazionale come nei singoli territori, di analisi e di proposta.
L'istituzione dell'albo nazionale delle amministrazioni giudiziarie (articolato in una sezione ordinaria ed una di esperti in gestione aziendale per l'amministrazione delle aziende sequestrate alla mafia), la modifica della disciplina in materia di custodia di beni mobili registrati (con la possibilità, ad esempio, di affidamento alle forze di polizia delle auto sequestrate alla mafia), la nuova e puntuale disciplina del sequestro preventivo e la possibilità di applicare misure preventive patrimoniali indipendentemente dall'attualità e dalla pericolosità del soggetto al momento della proposta, come l'introduzione di una Pag. 30nuova fattispecie di reato per chi agevola la comunicazione all'esterno di soggetti sottoposti al 41-bis - punita con la reclusione da uno a quattro anni, aumentata a cinque se il colpevole è un pubblico ufficiale o un avvocato - rappresentano significativi passi in avanti nella lotta alla criminalità organizzata ed una seria risposta alle aspettative di chi, con fatica e coraggio incommensurabili, ogni giorno, rischia fino alla vita in aree ad alta densità criminale.
Cito, fra le altre, Napoli e Caserta, di recente oggetto di visita della Commissione antimafia e rappresentative, purtroppo, nell'autorevole sintesi delle istituzioni locali, di una criminalità spietata, invasiva, ricca, arrogante, capace di corrompere e di comandare anche dietro le sbarre cui appunto si impone anzitutto di «togliere la voce» e la possibilità di contatti e comunicazioni esterne.
Le modifiche all'ordinamento penale, l'inasprimento dell'apparato sanzionatorio per i reati di violenza sessuale, furto, rapina, truffa, sequestro di persona in danno dei minori, porto illegale di armi; l'ampliamento dei poteri delle forze dell'ordine e delle autorità di pubblica sicurezza per un più diffuso controllo e monitoraggio del territorio, oltre che per una più efficace repressione dei fenomeni criminali; la più stringente normativa in materia di confisca dei beni delle organizzazioni criminali; gli strumenti di prevenzione del terrorismo; il rafforzamento del regime carcerario speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario; le modifiche alla legislazione antimafia fino a quelle in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per condizionamenti di tipo mafioso, con l'introduzione dell'incandidabilità temporanea dei responsabili dello scioglimento e di alcune misure sanzionatorie nei confronti dei dirigenti e dei dipendenti degli enti locali dirette a contrastarne il collegamento reale o potenziale con la criminalità, danno il senso e la dimensione dell'importanza di questo provvedimento e della centralità che la battaglia per la legalità riveste per questo Governo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Riforme attese finalmente realizzate, paletti ed argini di sicurezza fissati più avanti per affermare l'attualità di valori e principi fondativi di una democrazia compiuta e di una società ordinata, come sicurezza, ordine pubblico, serenità del vivere civile, ma anche e soprattutto a fronte di una sicurezza insidiata o violata, volontà e capacità di risposta efficace in difesa di chi non può e non deve mai arrendersi.
Un vivace dibattito ha accompagnato l'iter del provvedimento e inevitabilmente la scelta del Governo di porre la fiducia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Mi accingo a concludere, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha già ampiamente superato il tempo.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Una conclusione me la consente?

PRESIDENTE. Trenta secondi...

IDA D'IPPOLITO VITALE. Dicevo appunto che rispetto a questa scelta non accetto la linea interpretativa dell'opposizione (tantomeno quella della paura) e che due questioni comunque devono essere ricordate e rilevate: la prima, che nel corso dell'esame molte sono le modifiche parlamentari recepite in questo specifico comparto, a conferma di un percorso basato su un positivo confronto ed un'utile collaborazione tra maggioranza e opposizione; la seconda, che le modifiche introdotte nel provvedimento rappresentano una forte ed incisiva assunzione di responsabilità nella lotta alla criminalità organizzata attraverso i nuovi - e sicuramente più incisivi - strumenti che questo provvedimento assicura (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Pag. 31

(Votazione della questione di fiducia - Emendamento 2.1000 del Governo - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indìco la votazione per appello nominale sull'emendamento 2.1000 del Governo, sulla cui approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati, nonché ulteriori richieste avanzate da membri del Governo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Garavini.
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Avverto che, dopo la votazione sulla questione di fiducia relativa all'emendamento 2.1000, la seduta sarà sospesa e riprenderà alle 15.
Invito il deputato segretario a proseguire la chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 14,15)

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 14,16)

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'emendamento 2.1000 del Governo, sulla cui approvazione senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti e votanti 562
Maggioranza 282
Hanno risposto 315
Hanno risposto no 247
(La Camera approva - Vedi votazione).

Si intendono conseguentemente precluse tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 2 e agli articoli soppressi dalla parte consequenziale dell'emendamento 2.1000 del Governo.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Angelucci Antonio
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro Pag. 32
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Cota Roberto
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino Pag. 33
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Granata Benedetto Fabio
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Maccanti Elena
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Martino Antonio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (Pdl)
Perina Flavia
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca Pag. 34
Pionati Francesco
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rondini Marco
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Salvini Matteo
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scelli Maurizio
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Soglia Gerardo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Taddei Vincenzo
Taglialatela Marcello
Terranova Giacomo
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Traversa Michele
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vegas Giuseppe
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco
Zorzato Marino

Hanno risposto no:

Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Berretta Giuseppe
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara Pag. 35
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Brugger Siegfried
Bucchino Gino
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calearo Ciman Massimo
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
Delfino Teresio
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Giuseppe Anita
Dionisi Armando
Di Stanislao Augusto
Drago Giuseppe
Duilio Lino
Esposito Stefano
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Franceschini Dario
Froner Laura
Gaglione Antonio
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Guzzanti Paolo
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mantini Pierluigi Pag. 36
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melandri Giovanna
Melchiorre Daniela
Melis Guido
Merlo Giorgio
Merlo Ricardo Antonio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo
Morassut Roberto
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Pd)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Quartiani Erminio Angelo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Romano Francesco Saverio
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossomando Anna
Rota Ivan
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tanoni Italo
Tassone Mario
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Maurizio Pag. 37
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Zamparutti Elisabetta
Zeller Karl
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Sono in missione:

Balocchi Maurizio
Berlusconi Silvio
Crimi Rocco
Frattini Franco
Gelmini Mariastella
Lombardo Angelo Salvatore
Miccichè Gianfranco
Prestigiacomo Stefania
Scajola Claudio
Tremonti Giulio
Vietti Michele Giuseppe

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 per la votazione della questione di fiducia posta sull'emendamento 3.1000 del Governo, previo svolgimento delle relative dichiarazioni di voto.
La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 14,25, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Bucchino, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crosetto, D'Amico, Di Biagio, Donadi, Ferrari, Fitto, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Migliavacca, Molgora, Mura, Narducci, Leoluca Orlando, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stefani, Urso, Vegas, Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione (ore 15,07).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Se l'intervento è inerente allo svolgimento dei nostri lavori (ed alla votazione naturalmente), ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Assolutamente, signor Presidente. La prego di aiutarmi, perché le voglio riferire un episodio che mi è occorso questa mattina nel piazzale antistante il Palazzo di Montecitorio (in piazza Montecitorio, appunto), e poi le vorrei rivolgere una richiesta specifica attinente all'ordine dei nostri lavori.
Intanto le espongo i fatti per come si sono svolti. Uscendo di qui verso mezzogiorno, all'ingresso del portone sono stato avvicinato da un esponente del Popolo della Libertà che si è qualificato quale capogruppo del comune di Bolzano, chiedendomi un aiuto contro le provocazioni anti-italiane dell'Alto Adige, e che mi ha dato un volantino con tanto di sigla 'Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente' dicendo che, appunto, lassù si stanno verificando episodi gravissimi di emarginazione dei...

Pag. 38

PRESIDENTE. Onorevole...

FABIO EVANGELISTI. Le sto raccontando i fatti, se non le interessano mi fermo subito però.

PRESIDENTE. Non so, le avevo chiesto: l'intervento è attinente allo svolgimento dei lavori?

FABIO EVANGELISTI. Assolutamente sì.

PRESIDENTE. Alla fine lo capirò, forse.

FABIO EVANGELISTI. Lei valuterà poi la risposta che ho dato.

PRESIDENTE. No, debbo poterlo valutare prima, per la verità, e non dopo, quando ormai ha svolto l'intervento.

FABIO EVANGELISTI. È difficile valutare le conseguenze di un fatto, se prima il fatto non è spiegato.

PRESIDENTE. Prego.

FABIO EVANGELISTI. In questo volantino, che poi avrò cura di farle avere, si parla dell'autodeterminazione ora e subito che pretenderebbero gli altoatesini o sudtirolesi e del fatto che a Bolzano riparte la campagna anti-italiana contro i monumenti e contro ogni segno di presenza di italiani, soprattutto perché c'è stato un pronunciamento della provincia di Bolzano nel quale i terroristi sono stati dichiarati non più tali, ma combattenti per la libertà del Südtirol.
Ora costui ha chiesto aiuto a me, rappresentante della Camera (ma ovviamente l'invito è esteso a tutti noi), perché dovete considerare - mi ha detto - che le nostre famiglie sono lì da più di cento anni. Ho provato a dirgli che noi stiamo lavorando anche per noi e che il provvedimento sul quale oggi stiamo votando la fiducia ha proprio la stessa logica degli Schützen, quella logica quindi - che non è proprio la mia, ma che si va manifestando in quest'Aula e che verrà sancita oggi con il voto di fiducia - per cui ognuno è padrone a casa propria, e che quindi hanno ragione gli Schützen a prendere a calci nel sedere gli italiani e a scrivere, magari in un dialetto proto-padano: Italian fuor di ball.
Le scorse settimane avete brindato in quest'Aula per la secessione del Montefeltro, vedremo se brinderete per la secessione del Südtirol; avete esultato per le navi dei disperati respinte, vedremo se esulterete quando respingeranno i pullman di lavoratori italiani dalla Svizzera.
Come apprendisti stregoni, state evocando i peggiori rigurgiti di nazionalismo e localismo: per questi motivi, signor Presidente, le chiedo, come ultima istanza e come ultima possibilità, di intervenire sul Governo perché ci permetta, almeno per questa ultima fase, ritardando la questione di fiducia, di votare nel merito l'emendamento, lasciando libertà di coscienza a ciascuno di noi. Grazie, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, non faccio commenti.

FABIO EVANGELISTI. L'ho lasciata senza parole?

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, non ritengo che il suo intervento sia stato inerente allo svolgimento dei nostri lavori, in quanto la questione di fiducia è legata al provvedimento in esame.
Ricordo che, prima della sospensione della seduta, è stata, da ultimo, approvata la questione di fiducia posta sull'emendamento 2.1000.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento 3.1000 del Governo - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia (emendamento 3.1000 del Governo). Pag. 39
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, si avvia mestamente alla conclusione la terza scena di un dramma in due atti. Il primo atto si consuma tra oggi e domani; il secondo si consumerà nella prossima settimana. Dico che è un dramma in due atti perché le tre fiducie che il Governo, e la maggioranza, oggi hanno voluto porre sul provvedimento sulla cosiddetta sicurezza sono strettamente collegate alla fiducia che avete preannunciato, e che porrete, sul provvedimento che ammanetta i giudici, impedendogli di muoversi con le intercettazioni, e imbavaglia la stampa, con le sanzioni e le minacce previste nel disegno di legge sulle intercettazioni.
Noi, come Italia dei Valori, non ci stiamo, e scusate se tentiamo di guastare la festa. Per dire la verità, non mi sembra che vi sia un clima molto di festa: mi riferisco a quegli esponenti della maggioranza che avrebbero votato contro numerose disposizioni di questo disegno di legge sulla cosiddetta sicurezza, soprattutto contro quelle misure che violano il principio della pietas e per le quali la Chiesa, e numerose associazioni laiche e religiose, si sono rivoltate contro di voi, denunciandone l'inumanità. Queste non sono mie invenzioni. Ricordo che è di qualche settimana fa il documento detto dei 101, dove 101 deputati del Popolo della Libertà avevano affermato che avrebbero votato contro alcune disposizioni di questo provvedimento, in particolare quelle che tendono a negare il valore originario della persona umana, quelle che per intenderci, ad esempio, subordinano la facoltà di accesso alle iscrizione anagrafiche al fatto che si sia acquisito il certificato di regolare soggiorno sul territorio nazionale. Ricordiamo benissimo tutto ciò, e ne avete avuto sentore anche in emendamenti presentati dalla stessa maggioranza nelle Commissioni; ne avete avuto sentore anche quando una disposizione di un precedente provvedimento, votata a scrutino segreto, è stata bocciata.
Avevate una paura boia: la paura, cioè, che alcuni spiriti liberi che ci sono nella maggioranza potessero votare contro, a voto segreto che non avrebbe potuto essere rifiutato. Non siamo noi inoltre che inventiamo questo fatto: è il Ministro Maroni che ha detto che pone la questione di fiducia perché non vuole scherzi. Da chi gli scherzi, signor Presidente? Da noi dell'opposizione, che non abbiamo i numeri per potervi contrastare o gli scherzi dalla vostra stessa maggioranza, di quelli che avrebbero potuto votare contro tante disposizioni inique di questo disegno di legge sulla cosiddetta sicurezza? È chiaro che voi ponete e state ponendo una questione di fiducia contro voi stessi. Il Governo sta ponendo una questione di fiducia contro altre parti della maggioranza pur presenti nel Governo, delle quali non si fida: delle quali non si fida! Questo è un tributo che state pagando al ricatto della Lega, la quale ne trarrà benefici anche in rapporto alle prossime elezioni europee. Le altre parti della maggioranza ne trarranno uno svantaggio. Voi pensate di equilibrare questo svantaggio politico con la votazione uguale e contraria e con una fiducia uguale sul provvedimento in materia intercettazioni sul quale diversi esponenti della Lega erano stati contrari ed anche altri illustri esponenti della maggioranza erano stati contrari, a cominciare dalla presidente Giulia Bongiorno, da Gaetano Pecorella, dalla stimata collega Angela Napoli, ma tanti si sono espressi contro. Dunque, voi state blindando voi stessi. Voi state umiliando la libertà di tanti della stessa maggioranza costringendoli a passare lì, di fronte a quel banco, e a pronunciare a labbra strette un «sì» che altrimenti in coscienza non avrebbero pronunciato. Questo è il vostro modo di fare politica. Questo è il vostro modo di trovare compromessi alti sulle soluzioni che riguardano gravi problemi come quelli della giustizia e della sicurezza, che sono funzioni sovrane dello Stato.
Noi dell'Italia dei Valori denunciamo questo atteggiamento e lo denunciamo a chi ci ascolta, lo abbiamo denunciato nelle piazze e continueremo a denunciarlo nelle Pag. 40piazze. Una contraddizione intrinseca nella quale voi stessi vi trovate ma non per ragioni nobili ma per ragioni di potere, per ragioni di equilibri tra di voi. È noto che a molti di voi può far ombra il fatto della crescita della Lega, come può fare ombra ad altri. Alla Lega può fare ombra il fatto che il Presidente del Consiglio si sia pronunciato a favore del referendum perché se il referendum passa, la Lega è morta. Queste sono le questione nobili che voi trattate nel Consiglio dei Ministri e a Palazzo Grazioli: in questo modo le trattate, con questa nobiltà e con questa altezza. Questioni che riguardano tutti i cittadini, voi le trattate come una questione di bottega, come una questione che riguarda i vostri equilibri interni. Noi lo denunciamo. Noi dell'Italia dei Valori lo denunciamo perché state espropriando non soltanto il Parlamento ma anche i cittadini, che hanno la sovranità secondo l'articolo 1 della Costituzione. Voi state gestendo questioni rilevanti e delicate che attengono a funzioni sovrane dello Stato come questioni di bottega che riguardano soltanto voi stessi. Questa è la realtà drammatica. Voi oggi state facendo credere che approvate un provvedimento sulla sicurezza, mentre se c'è un provvedimento che la sicurezza non la garantisce è proprio questo. Inoltre, voi fate finta di voler approvare un disegno di legge sulla cosiddetta sicurezza: la stessa sicurezza che voi smentirete la prossima settimana ponendo la questione di fiducia sul provvedimento che riguarda le intercettazioni.
Quindi, da una parte dite che volete la sicurezza mentre dall'altra parte toglierete ai giudici e agli inquirenti la facoltà e la possibilità di indagare sui fatti più gravi sui quali oggi dite di voler intervenire. Voi toglierete la facoltà di indagine alle forze dell'ordine e la toglierete anche alla magistratura. I cittadini lo devono sapere questo, perché non devono essere presi in giro e noi non vogliamo che siano presi in giro: la nostra funzione è questa, cioè esattamente quella di impedire che ciò avvenga.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FEDERICO PALOMBA. Un'ultima considerazione: per entrare nel merito del provvedimento in esame, vi è qualche disposizione che avremmo votato, ci dispiace che non ce ne diate la possibilità, perché se fossimo arrivati al voto degli emendamenti e degli articoli qualcosa ve lo avremmo approvato. In questo modo si costringete a votarvi contro.
In modo particolare, nel terzo maxiemendamento in esame vi è la questione delle ronde, signor Presidente. La questione delle ronde è una questione seria, perché con essa voi dimostrate o mostrate di voler mettere in crisi il modello di sicurezza che è il modello previsto dalla Costituzione, quello che si basa sulle strutture dello Stato.
La sicurezza è una funzione sovrana, che deve essere garantita dalle strutture ordinarie dello Stato, cioè dalle forze di polizia. Voi state deprimendo e umiliando la professionalità delle forze di polizia: avete tolto loro i mezzi, il personale e adesso state dicendo che la sicurezza deve essere garantita da 3.000 giovanotti a passeggio per le strade, che vengono dall'esercito o dallo sceriffismo delle polizie locali o delle ronde. State perpetrando una colossale umiliazione dello Stato e dei servitori dello Stato, che sono rappresentati dalle forze dell'ordine. Ma credo che voi non la darete a bere ai cittadini, perché noi dell'Italia dei Valori ve lo diremo sempre.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, deve concludere.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, penso di aver detto quello che dovevo dire e la ringrazio anche di qualche secondo in più che mi ha concesso (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, quest'Aula si trova per la tredicesima Pag. 41volta in un anno a votare sulla questione di fiducia al Governo, un metodo questo che, insieme allo straordinario ricorso alla decretazione d'urgenza, testimonia una cosa sola: questa maggioranza, che pure è numericamente la più ampia della storia repubblicana, non si fida della libertà dei suoi parlamentari. Non è un caso che in diversi voti a scrutinio segreto, quindi nell'unica possibilità di libera espressione del voto di quest'Aula, sia stata battuta. Il Governo ha paura non tanto dell'ostruzionismo delle opposizioni, che su questo tema non vi è mai stato (basti guardare tutti gli emendamenti presentati dall'UdC e dagli altri gruppi), ma della sua maggioranza.
Poi c'è il problema della propaganda in campagna elettorale: è sotto gli occhi di tutti questa rincorsa alla propaganda tra la Lega, che pure rivendica la paternità di un'impostazione ideologicamente contraria al fenomeno dell'immigrazione e il Premier Berlusconi, che sembra farsi dettare la linea dalla stessa Lega, ma in realtà rincorre, come sempre, gli umori degli italiani che i sondaggi gli riportano. Così assistiamo ad una gara a chi è più inflessibile, come direbbe il Ministro Maroni più cattivo verso i clandestini, a prescindere da chi può chiedere asilo, da chi viene per delinquere, da chi invece affronta un viaggio a rischio della vita solo per disperazione o alla ricerca di un lavoro, magari con figli piccoli o in grembo. A poco servono le smentite a mezza bocca del portavoce di turno; ricordo oggi Salvini che propone i vagoni per i milanesi o ieri Borghezio che spruzzava di disinfettante le clandestine: sempre sui treni la Lega fa la sua propaganda. Ma quando questa rumorosa propaganda finirà, i problemi resteranno sul tappeto: dai centri di raccolta libici che già scoppiano - e non sono certo come quelli di Lampedusa, che peraltro sono già sotto la soglia della vivibilità - agli accordi internazionali ancora non firmati con molti Paesi di origine dei clandestini. È inutile trattenerli nei centri di identificazione e di espulsione per mesi o per anni, perché senza accordi questa è solo una detenzione illegale e non risolutiva e tale problema resterà sul campo, tra l'indifferenza anche dell'Unione europea, nonostante la forza diplomatica che il nostro Governo vanta in campo internazionale.
Resteranno, quindi, irrisolti i tanti nodi giuridici legati al rispetto dei diritti umani, che non possono certo essere risolti con una battuta fuori dalla realtà e fuori dalla storia. Come dire: siamo contro quello che l'Italia è già. Così facendo, si perde un'altra occasione per affrontare il problema vero della sicurezza e delle politiche necessarie a tutelare i cittadini dai rischi di diventare vittime di reati più o meno gravi, ma sempre e comunque odiosi. La maggioranza su questo appare vittima di contraddizioni interne e di grande confusione.
Colleghi, siamo al terzo provvedimento governativo in tema di sicurezza nel solo primo anno di legislatura e non è escluso che possa seguirne un quarto nel quale inserire quelle norme sui medici-spia e sui presidi-spia, che solo l'impegno delle opposizioni ha impedito che potessero essere approvate in questo testo. Sono norme odiose ed inaccettabili, che tradiscono un sentimento di ostilità nei confronti degli stranieri e rischiano di causare danni assai più gravi di quelli che vorrebbero limitare, spingendo nella clandestinità la gravidanza, la maternità, l'infanzia o, addirittura, la malattia. In tal modo, verrebbero violati i diritti umani indisponibili, che rappresentano la base della nostra Costituzione, dei nostri valori e della nostra convivenza civile, perché la salute è un bene indispensabile, ma anche indivisibile.
Signor Presidente, un disegno di legge ordinario sul tema della sicurezza pubblica presentato dal Governo all'inizio della legislatura avrebbe potuto e dovuto essere una straordinaria occasione di discussione e di confronto parlamentare su scelte di fondo e interventi normativi destinati a durare, su indirizzi non contingenti e su scelte condivisibili dalla maggioranza e dalle opposizioni sui temi che non hanno ragioni di parte. Invece no, le contraddizioni interne alla maggioranza - fiducia, voti segreti e il potere di condizionamento di cui gode la Lega Nord in Pag. 42questo Governo - ci costringono a discutere di un provvedimento confuso in cui rientra tutto e il suo contrario, come in una porta girevole, e che in diverse parti ci avrebbe visto favorevoli proprio perché non abbiamo pregiudizi.
Il gruppo dell'Unione di Centro, come anche i colleghi degli altri gruppi di opposizione - devo riconoscerlo - hanno cercato ostinatamente un confronto su questa materia. È così che interpretiamo il nostro ruolo di partito di responsabilità nazionale, che vota «sì» o «no» senza pregiudizi, ma solo se ritiene una legge utile o meno agli italiani. La sicurezza dei cittadini sta a cuore a chi abbia una responsabilità pubblica e, dunque, sul merito dovremo confrontarci, con serenità e con obiettività.
È miope una politica che si accontenti di rispondere alla richiesta di sicurezza assecondando la paura degli italiani, come hanno detto questa mattina il Presidente Buttiglione e il collega Tabacci nei loro interventi. Estremizzare il risentimento e farne base del proprio consenso elettorale significa proporre risposte tanto facili quanto sbagliate, buone oggi a rassicurare gli animi, ma incapaci domani di rimuovere i problemi.
Non gettiamo fumo negli occhi: i problemi della criminalità sono quelli delle nuove norme che si dispiegano attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, come Internet, su cui, per paura di non essere capaci o per un complesso di inferiorità della politica verso questo strumento di innovazione, si è rinunciato ad intervenire.
E ancora: quelli della violenza sulle donne, quelli che hanno avuto come vittime soggetti deboli e indifesi, a partire dai bambini e dai minori. Abbiamo già condiviso, anzi tutte le opposizioni hanno attivamente concorso alla definizione di un testo condiviso in materia di stalking e di violenza sulle donne. Per questo abbiamo proposto emendamenti finalizzati a restituire i poteri di coordinamento che devono essere propri del procuratore nazionale antimafia e per questo abbiamo proposto una più compiuta regolazione dell'utilizzazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.
Come vedete, nulla di pretestuoso e nessuna volontà di sottrarsi al confronto, all'individuazione di soluzioni tecniche più efficaci, alla prevenzione e alla repressione del crimine, come il nostro emendamento sulle armi da taglio, trasversalmente riconosciute pericolose, perché usate dai nostri ragazzi per le strade, in discoteca e, perfino, a scuola.
Abbiamo letto interviste - dal sindaco Alemanno fino ai Ministri Alfano e Maroni - in cui tutti hanno sostenuto che queste armi sono pericolose. Questo è un provvedimento sulla sicurezza, in quale altro provvedimento sarebbe dovuta entrare una norma come quella proposta dall'Unione di Centro, che tendeva all'inasprimento delle pene per i detentori di queste armi, ad un controllo più severo della vendita - che spesso avviene nei mercatini e persino nei fascicoli alle edicole - e ad un controllo più severo nelle scuole che chiamasse alle proprie responsabilità chiunque operi negli edifici scolastici, dai professori ai bidelli? La maggioranza lo ha respinto.
Questo disegno di legge rischia, perciò, di passare alla storia come l'occasione mancata per dare una risposta ad un fenomeno gravissimo che sempre più riempie le cronache dei giornali, ed è invece infarcito di misure demagogiche e censurabili, come l'istituzione delle ronde e la pericolosissima caccia alle streghe messa in atto contro gli immigrati privi di permesso di soggiorno.
Lo stesso vale per la previsione del reato di immigrazione clandestina, una fattispecie che non facilita le espulsioni, ma incide negativamente sulla loro efficacia poiché inserisce il clandestino nel circuito della giustizia penale italiana, di cui tutti conoscono il triste e negativo primato di lungaggine; finirà solo per ritardare le espulsioni, aggravare le procedure e aumentare i costi per lo Stato. Questa fattispecie incriminatrice avrà conseguenze pesanti non solo sull'attività degli uffici giudiziari, ma pure sulle forze di polizia, Pag. 43senza contare che l'introduzione di questo reato determinerà nel nostro Paese il nascere di un nuovo schiavismo, quello di centinaia di migliaia di persone che, per timore di essere perseguite, saranno sempre più ricattate dalla criminalità, verso la quale, invece, il nostro Stato dovrebbe essere inflessibile, se non vogliamo correre il rischio di fare la faccia cattiva e dura con i deboli e di essere deboli con i forti.

PRESIDENTE. Onorevole Compagnon, la prego di concludere.

ANGELO COMPAGNON. Concludo, Signor Presidente. L'impedimento agli irregolari di compiere atti di stato civile, come la registrazione di una nascita o il riconoscimento di un figlio, è un atto grave ed ingiusto, perché potrebbe scoraggiare future madri prive del permesso di soggiorno a portare a termine la gravidanza, con conseguente aumento della scelta di interruzione volontaria.
Concludendo, signor Presidente, segnaliamo l'inutilità di una altra misura spot. Le ronde per risolvere questi problemi vanno censurate. Lo Stato non può rinunciare alle sue funzioni fondamentali; la sicurezza è un compito dello Stato che non può essere devoluto ai privati senza causare infiniti problemi di regolazione e di controllo. Allora finiamola di inseguire la giustizia «fai da te» e diamo finalmente le risorse che servono alle forze di polizia, è questo ciò che abbiamo chiesto e continueremo a chiedere. Si tratta di una richiesta pressante dell'Unione di Centro, perché le forze dell'ordine possano continuare ad operare efficientemente e perché possano coprire le carenze di organico.
Signor Presidente, è questo il punto di partenza di un'efficace politica della sicurezza. Comprendiamo come per fare questo ci sarebbe bisogno di una politica di Governo che parli il linguaggio della serietà e della verità e non quello dei giochi di prestigio, della faccia cattiva e degli slogan a buon mercato. Per questi motivi, per la terza volta - come ho detto ieri, non si capisce se questa terza fiducia sia come il «tre per uno» del supermercato - non voteremo a favore della fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, l'attuale maggioranza si appresta ad approvare un altro disegno di legge in materia di pubblica sicurezza. Abbiamo avuto le idee chiare fin dall'inizio di questa legislatura, ma, d'altronde, eravamo anche guidati da un programma elettorale estremamente preciso a tale riguardo. I cittadini ci hanno concesso la loro fiducia e quindi ci siamo mossi in quella direzione.
Abbiamo ascoltato finora diversi interventi che criticano il nostro operato e che cercano di sminuire i risultati già ottenuti e quelli che otterremo, però devo dire che mi sembrano interventi dissociati dalla realtà e dalla società stessa. Infatti, basta frequentare qualche altro posto che non sia il chiuso di quest'Aula, delle segreterie dei partiti o dei salotti della TV per rendersi conto di quali siano le reali esigenze dei cittadini, e la nostra strada è indirizzata proprio a soddisfare tali esigenze.
Giusto per ricordarlo, abbiamo già approvato un provvedimento che ha prodotto un risultato unico: mai era successo nella storia della Repubblica che, in meno di un anno, si arrivasse a sequestrare oltre quattro miliardi di euro alle cosche mafiose (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Si tratta di oltre 8 mila miliardi di vecchie lire, e di questo dovremmo ringraziare la perseveranza del Ministro Maroni, il Consiglio dei Ministri che ha presentato quel disegno di legge e la coerenza della stessa maggioranza che, approvandolo, ha fatto in modo di ottenere un risultato di tale portata.
Respingiamo, quindi, al mittente tutte le critiche che sono giunte finora: esse nascono e muoiono qua dentro e se si diffondono oltre le aule di questo Parlamento si ripercuotono contro gli stessi che le hanno proferite. Sta di fatto che c'è chi Pag. 44continua a perdere consensi elettorali e chi, invece, continua, rispettoso dei programmi che ha presentato e che sono stati votati, ad acquisire ulteriori consensi da parte dei nostri cittadini.
Dunque, all'interno di questo disegno di legge che sembra - in base alle previsioni dei soliti catastrofisti e dissociati dalla realtà e dalla società - vada a minare chissà quali basi democratiche, prevediamo un aumento delle pene per i reati di maggiore impatto sociale - vale a dire quelli commessi ai danni delle persone deboli, gli anziani, i minori e le donne - nonché aggravanti di pena per chi commette furti, rapine e danneggiamenti. Speriamo che, approvata questa legge, non succeda come è già successo in altre occasioni, ovvero che settori della magistratura cerchino di svicolare dagli indirizzi precisi che questa legge contiene. Su questo avremo modo di intervenire, probabilmente verso l'autunno di quest'anno, dal momento che alcune modifiche, anche su quei comportamenti, dovranno riguardare il nostro lavoro parlamentare.
Per quanto riguarda quanto proponiamo relativamente all'immigrazione - lo ricordavo poco fa - basta leggere i rapporti sulla criminalità diffusi dal Ministero dell'interno, non solo l'ultimo, pubblicato quest'anno, ma anche quelli degli anni precedenti. In essi è riportato chiaramente quello che, qua dentro, il centrosinistra, o meglio la sinistra-centro, non vuol cogliere e non vuol capire: a fronte di una percentuale di immigrati pari al 6 per cento della popolazione complessiva, questi non commettono il 6 per cento dei reati, ma sfiorano il 40 per cento, rendendosi complici di un omicidio su tre, del 70 per cento dei borseggi, del 51 per cento delle rapine in casa, del 40 per cento degli stupri e del 38 per cento dei furti d'auto.
Intervenendo per cercare di frenare questi pericoli che riguardano la nostra società non ci allontaniamo dal sentimento dei nostri cittadini ma, probabilmente, avviene il contrario. I numeri lo confermano, ma se qualcuno vuol continuare a farsi del male continuando a perdere consenso elettorale, lo faccia pure, non abbiamo alcun timore al riguardo. Cerchiamo di modificare alcune norme rispettando il famoso equilibrio che deve esserci tra i diritti e i doveri che chiediamo sia ai nostri cittadini - ricordo i 4 miliardi di euro confiscati alle cosche mafiose - sia a chi entra nel nostro Paese, che lo faccia legalmente o illegalmente. Cerchiamo di combattere il fenomeno della clandestinità perché siamo sicuri che i primi a trarre svantaggio da chi la tollera siano proprio i cittadini extracomunitari regolari.
Mi riferisco a quelli che si mettono in fila per ottenere i permessi, quelli che rispettano le nostre regole e che si mettono in fila per le quote di ingresso e, se sono lavoratori stagionali, quando hanno finito il loro periodo di permanenza vanno via, sperando di essere richiamati.
Se, però, passa il concetto che abbiamo ascoltato finora dall'opposizione, ossia che è giusto che chi primo arriva, primo alloggi, saltano gli equilibri e non ha più senso che uno cerchi di entrare regolarmente nel nostro Paese, e quindi sarà il caos totale. È confusione politica e a noi sta bene che i nostri avversari politici vivano in condizioni di confusione - l'elettorato se ne accorge di ora in ora - tuttavia comunque abbiamo anche il dovere di mettere mano al nostro ordinamento legislativo.
È giusto ricordare che anche nell'Unione europea, a fronte di otto milioni di clandestini, si è cercato, non dieci anni fa, ma l'anno scorso, nel 2008, di mettere delle regole approvando due direttive, e non mi sembra che il Parlamento europeo sia costituito da xenofobi e razzisti. La prima direttiva prevede impronte e fotografie per chi entra nell'Unione europea e impronte anche per i bambini di età superiore ai sei anni, per cercare di salvarli dalla tratta di esseri umani.
La seconda direttiva, guarda caso, introduce la detenzione amministrativa per i clandestini fino a diciotto mesi, che è quanto ci accingiamo ad approvare noi e quanto il centrosinistra, l'Italia dei valori e l'Unione di Centro stanno contestando. Non è altro che una norma approvata in una direttiva europea poche settimane fa. Pag. 45Anche in questo caso, però, se si vuol vivere nella confusione ben venga: noi abbiamo altri indirizzi. È giusto anche ricordare, tra l'altro, che a fronte dei due mesi di permanenza previsti in Italia, che porteremo a sei, già ora la Germania ne prevede diciotto, la Polonia dieci ed il Belgio otto.
In Danimarca, poi, dove non sono né razzisti né xenofobi, così come nel Regno Unito ed in Svezia, il trattenimento è a tempo indeterminato, tuttavia mi sembra che continuiamo ad avere rapporti con quei Paesi e che l'ONU non si scatena né contro la Danimarca, né contro il Regno Unito, né contro la Svezia. Volete la confusione? Ben venga la confusione, se ci dà benzina per continuare nel nostro percorso.
Introduciamo il reato contravvenzionale di clandestinità che, guarda caso, lo ripeto, è indirizzo dell'Unione europea ed è già previsto in Germania, Francia e Regno Unito. Non so se i colleghi dell'opposizione, dell'Unione di Centro, dell'Italia dei Valori e del Partito Democratico siano a conoscenza di queste cose che sono scritte, nero su bianco, e sono attuate da altri Paesi membri dell'Unione europea.
Quando sono state presentate le pregiudiziali di costituzionalità, dicendocene di tutti colori, dicevo che quelle pregiudiziali non avrebbero dovuto essere presentate in questo Parlamento, ma piuttosto nel Parlamento europeo, in quello tedesco, francese, inglese e svedese. Lo ripeto: forse non sono solo dissociati dalla nostra realtà, ma anche da quella del vecchio continente, visto che stridono i rapporti e le differenze di vedute e di comportamento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIANO DUSSIN. Concludo, signor Presidente. Mettiamo delle regole certe che diano risposte anche ai sindaci per quanto riguarda la celebrazione dei matrimoni, la concessione delle residenze e le identificazioni e per tutto quello che ne consegue. Va da sé che questo disegno di legge rispetta un programma elettorale indicato a chiare lettere dai cittadini e che noi intendiamo portare avanti, consapevoli di essere sulla giusta via. (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, siamo arrivati all'ultimo voto di fiducia, atto necessario per la sfiducia che nutrite l'uno per l'altro, su una materia così delicata quale l'immigrazione e la sicurezza.
Ci siamo arrivati dopo una stagione lunga un anno, in cui avete accompagnato uno stillicidio di provvedimenti sull'immigrazione, nascosti sotto un vergognoso ombrello securitario, con un mantra che avete ripetuto fino all'esaurimento: noi non siamo razzisti, quello che facciamo lo facciamo per il bene degli immigrati e per il bene del Paese.
Vediamo lo stillicidio di norme che avete prodotto in quest'anno. Avete cominciato con i tagli nella legge finanziaria riguardanti le politiche per l'integrazione, per l'asilo e per la cittadinanza; avete azzerato il Fondo per le politiche migratorie, avete azzerato il Fondo nazionale per l'inclusione sociale degli immigrati, però voi non siete razzisti.
Con questo provvedimento introducete il reato di clandestinità. Il diritto penale è cultura e voi così esibite la vostra cultura: immigrazione uguale criminalità. Non basta: avevate già introdotto l'aggravante di clandestinità, per cui per la prima volta nel nostro ordinamento una pena viene aumentata non per quello che fai, ma per quello che sei e non finisce qui l'orrore delle cose che avete fatto. Infatti, sempre in questo provvedimento introducete il principio di correità per chi dà alloggio ad un irregolare, per cui si darà il caso che un'anziana o un anziano che dà alloggio alla propria badante potrà essere arrestato dai carabinieri e accusato di favoreggiamento per immigrazione clandestina. Questo è il prodotto del provvedimento che stiamo per votare, una norma altamente Pag. 46criminogena (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ma non finisce qui; andiamo avanti. Ci sono le ronde per la sicurezza e con questo dimostrate una cosa priva di ogni senso comune, perché fate venire meno uno dei presupposti stessi dell'esistenza dello Stato moderno e cioè il monopolio pubblico della forza e del suo uso. Però voi non siete razzisti. Siete riusciti a rendere più complicato, se non impossibile, il ricongiungimento familiare, quando tutti sappiamo che la famiglia è il mattone fondamentale per le politiche di integrazione, però voi non siete razzisti.
Avete preso le impronte digitali ai bimbi rom; alle leggi razziali nel 1938 si arrivò dopo un censimento dei cognomi ebraici, però voi, no, non siete razzisti. Avete inventato le classi ponte che altro non sono che classi differenziate per i bambini stranieri, però è ovvio che voi non siete razzisti. Avete previsto l'aumento di tutte le tariffe: la tassa per la cittadinanza a 200 euro e l'aumento delle tariffe per il rilascio del permesso di soggiorno, quando per avere un passaporto bastano 70 euro e lo si ha in una settimana, mentre per avere un permesso di soggiorno oggi si pagano 70 euro, ma ci vuole più di un anno e quando arriva è già scaduto, però chiaramente voi non siete razzisti.
Vi siete opposti al matrimonio per i clandestini (per gli irregolari, per usare meglio i termini) e avete imposto l'obbligo per i cittadini stranieri che vogliono sposarsi tra di loro, ma anche che vogliono sposare un cittadino italiano, di esibire il permesso di soggiorno perché se non lo esibiscono non possono sposarsi, ma è chiaro che voi non siete razzisti.
Prevedete l'anagrafe per i bambini; l'esibizione del permesso di soggiorno per gli atti di stato civile come la registrazione per la nascita o il riconoscimento dei figli naturali. State per regalarci un mondo di bambini invisibili e, siccome non c'è limite al peggio, speriamo che non sia un mondo di bambini vendibili, altro che lotta contro la tratta dei minori di cui ha parlato l'onorevole Luciano Dussin (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Però voi non siete razzisti!
È sbagliato dire che siete razzisti. Prevedete l'obbligo, per gli sportelli di money transfer, di fotocopiare il permesso di soggiorno dei loro clienti e di segnalare alla polizia quelli che non lo hanno, ma è del tutto evidente che voi non siete razzisti. Il permesso di soggiorno è a punti come la patente: a chi sgarra i punti verranno decurtati fino a perdere completamente il diritto di restare in Italia. È una norma di grande civiltà: è chiaro che voi non siete razzisti.
Per l'accesso all'edilizia pubblica agli immigrati occorrono almeno dieci anni di residenza in Italia e cinque nella regione. È chiaro che siamo tutti uguali e che voi non siete razzisti. Arriviamo alle due perle finali: la permanenza prolungata ai massimi livelli europei a 180 giorni nei centri di identificazione (ex CPT) però è del tutto evidente che applicando il massimo di questa detenzione, che non serve ad identificare ma a detenere le persone, voi non siete razzisti, fino al respingimento di massa alle frontiere, però è del tutto evidente che non siete razzisti.
Accanto a questi provvedimenti nazionali ci sono stati decine e decine di provvedimenti fantasiosi, ignominiosi e sciagurati da parte di vostri sindaci o presidenti di regione. A questo punto c'è da chiedersi: perché fate tutto questo? Perché la somma di questi vostri provvedimenti rende più sicura l'Italia, libera dalla paura i suoi cittadini?
La risposta è «no», perché queste sono norme e provvedimenti che mostrano una faccia feroce ma non incidono realmente sulla sicurezza per i cittadini che vivono in periferia e in centri storici che sono abbandonati a se stessi, per il taglio che voi fate alle forze pubbliche, e non sul confine delle acque territoriali; per cui anche questi vostri respingimenti sono pura propaganda per raccattare qualche voto ma, dal punto di vista della sicurezza, non garantiscono nulla.
La risposta purtroppo è un'altra, tristemente e drammaticamente un'altra: voi Pag. 47volete cambiare la cultura di questo Paese, il modo di essere e di sentire di questa nostra Italia. David Grossman ha riflettuto su uno dei tabù della cultura occidentale, la paura dell'altro, la paura dello straniero, e ha scritto che noi essere umani siamo in un certo senso sulla difensiva, cioè difendiamo noi stessi dal prossimo, chiunque esso sia; ma arriveremo alla consapevolezza che la nostra facoltà di forgiare da soli la realtà in modo tale che sia perfettamente congeniale ai nostri bisogni, e soltanto ad essi, ha un limite, e questo limite è il principio del prossimo il cui significato profondo è il diritto del prossimo all'esistenza e alla storia. Allora, riconosciuto questo elementare ma fondamentale principio, non sarà più possibile fare come se l'altro fosse una non persona. Non potremo più rifuggire, con la solita e ormai banale facilità, dalla sua sofferenza, dalla sua ragione e dalla sua storia.
Ma voi cercate di cancellare la possibilità che questa consapevolezza cresca nel Paese e lo fate nel peggiore dei modi possibili, imbrogliando la gente, facendole credere che si possa rinunciare ai diritti in nome della sicurezza. Ma è un imbroglio, perché se è certo che state calpestando diritti fondamentali, è sotto gli occhi di tutti che non siete capaci di costruire sicurezza.
Per dare ancora più forza a questa vostra ossessione avete detto che non volete un'Italia multiculturale. Ora, a parte il dettaglio non trascurabile che non avete ancora chiarito come maggioranza se vi interessa come nazione l'Italia o la Padania - che non è una cosa da poco - io non pretendo che quando si parla di multiculturalismo voi abbiate, anche solo per sentito dire, la consapevolezza della differenza tra multicomunitarismo, multiculturalismo, intercultura, o che abbiate notizia dell'esistenza di persone come Turan, Bauman, Donati, Benhabib, anche se per parlare di fenomeni così complessi la conoscenza è più utile della propaganda; ma che sappiate, come ha ricordato ieri il senatore Pisanu, che l'Europa che cento anni fa aveva il 17 per cento della popolazione mondiale oggi ha solo il 7 per cento e che nel 2050 sarà al 5 per cento, questo sì si può pretendere che lo sappiate.
Così come si può pretendere che siate a conoscenza, solo per citare l'ultimo, dell'allarme dell'ONU che ha dichiarato che oggi, adesso, in questo momento, sono 19 milioni le persone a rischio di morte per fame in Etiopia, Somalia e Kenya e che quindi la vostra faccia feroce non può nulla rispetto alla forza più elementare, diffusa e capillare: la forza della disperazione, della miseria e dell'istinto di sopravvivenza di chi scappa dalla fame e di chi scappa dalla morte.
Non fare i conti con questi drammi dell'umanità, non fare i conti con la crisi demografica dell'Europa, che significa crisi economica e politica per l'Europa, non capire che non c'è futuro per l'Europa senza immigrati, che non c'è speranza senza politiche vere di integrazione, che sono altra cosa dalle politiche di sicurezza, significa condannare l'Italia all'isolamento, all'insignificanza, ad essere una mera espressione xenofoba, per parafrasare Metternich.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Ma se considerate Pisanu un eretico, o peggio un traditore, vista la vostra esibita vicinanza al pensiero della Chiesa italiana ascoltate sua eminenza il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, quando dice che oggi è in atto un processo di meticciato di civiltà e cultura. Questo mescolamento, questo meticciato, è un processo in atto e non una scelta. Come vedete non ho citato quelli che voi considerate i vostri nemici abituali perché venduti al nemico, cioè il Parlamento europeo, il Consiglio d'Europa, l'Alto commissario per i rifugiati dell'ONU, il Segretario generale dell'ONU, ma persone della vostra stessa parte politica o per le quali avete dimostrato una sincera attenzione.
Questo per dimostrare che non siamo solo noi a combattere questa vostra sciagurata scelta politica, che cerca di trasformare le persone in gruppo, in una massa Pag. 48indistinta, che cerca di annullare l'individualità, il miracolo irripetibile che ogni individuo rappresenta, che calpesta la dignità umana e il principio costituzionale che ci vuole tutti uguali davanti alla legge.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIANCLAUDIO BRESSA. Per noi è arrivato il tempo di riprenderci la responsabilità della nostra cultura per cui nessun essere umano è illegale ed ha invece diritto di avere diritti.
Queste sono le ragioni del nostro no; il nostro no è convinto e forte, il nostro no a questa vostra ignobile ordalia che chiamate legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO PAGLIA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, ho ascoltato con grande interesse gli interventi dei colleghi dell'opposizione sia in quest'Aula sia tramite i media e sinceramente mi sono reso conto che è un vero peccato in quanto ritengo che quando si discute di difesa e di sicurezza bisognerebbe farlo con un'unica voce, con una maggioranza ed un'opposizione unite per sconfiggere la malavita e il terrorismo. Però mi sono reso conto anche che con questa opposizione - mi dispiace dirlo - è davvero difficile dialogare perché non c'è stato un aspetto di questo provvedimento che sia piaciuto all'opposizione. A mio avviso, questo è un modo di far politica sbagliato, in quanto all'interno del vostro schieramento sono molti i colleghi che parlando non in quest'Aula si sono dichiarati favorevoli al disegno di legge in esame, ma non possono dirlo e questo è un errore.

TERESA BELLANOVA. Balle!

GIANFRANCO PAGLIA. È un errore in quanto nella politica, come nella vita, le proprie idee vanno portate avanti sempre e comunque.

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

GIANFRANCO PAGLIA. Tornando al merito del disegno di legge, ne avete dette di tutti i colori sulle ronde accusando questo Governo di volerle regolarizzare; allora vorrei ricordare ai colleghi dell'opposizione che questo è stato già fatto da comuni governati dal centrosinistra (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Voglio anche dire che le ronde fai da te venivano costituite già negli anni Settanta e non nella Padania, come dite voi, ad esse partecipava mio padre a Napoli (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Questo Governo ha deciso, allora, di regolamentare le ronde, che è un'altra cosa; ha posto dei paletti ben precisi, ha chiesto che sia un rappresentante dello Stato, cioè il prefetto, a decidere se le ronde siano necessarie o meno nelle rispettive città e questo è un fatto che va detto a tutti.
Sono convinto che il PdL e gli altri colleghi della maggioranza votando a favore di questo provvedimento potranno uscire da quest'Aula, chi in carrozzina, chi con le proprie gambe, con la consapevolezza di aver fatto il proprio dovere fino in fondo e di essere stati leali con noi stessi e con chi ci ha votato. Questo permetterà ad ognuno di noi di andare in giro a testa alta, guardando negli occhi sempre chi ci sta di fronte e il dispiacere più grande è che voi dell'opposizione votando «no» non potrete fare lo stesso (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(Votazione della questione di fiducia - Emendamento 3.1000 del Governo - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia. Pag. 49
Indìco la votazione per appello nominale sull'emendamento 3.1000 del Governo, sulla cui approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati, nonché ulteriori richieste avanzate da membri del Governo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Bucchino.
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 16,15)

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 16,16)

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'emendamento 3.1000 del Governo, sulla cui approvazione senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti e votanti 552
Maggioranza 277
Hanno risposto 315
Hanno risposto no 237
(La Camera approva - Vedi votazione).

Si intendono conseguentemente precluse tutte le altre proposte emendative riferite all'articolo 3 e agli articoli soppressi dalla parte consequenziale dell'emendamento 3.1000 del Governo.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Berlusconi Silvio
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo Pag. 50
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Cota Roberto
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Granata Benedetto Fabio Pag. 51
Grimoldi Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Maccanti Elena
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Martino Antonio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara Francesco
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (Pdl)
Perina Flavia
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pionati Francesco
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni Pag. 52
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Salvini Matteo
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scelli Maurizio
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Soglia Gerardo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Taddei Vincenzo
Taglialatela Marcello
Terranova Giacomo
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Traversa Michele
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vegas Giuseppe
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco
Zorzato Marino

Hanno risposto no:

Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Brugger Siegfried
Bucchino Gino
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calearo Ciman Massimo
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carra Enzo Pag. 53
Carra Marco
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
Delfino Teresio
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Giuseppe Anita
Di Pietro Antonio
Di Stanislao Augusto
Donadi Massimo
Drago Giuseppe
Duilio Lino
Esposito Stefano
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Franceschini Dario
Froner Laura
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Giovanelli Oriano
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Martella Andrea
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melis Guido
Merlo Giorgio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco Pag. 54
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo
Morassut Roberto
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Narducci Franco
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Pd)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Quartiani Erminio Angelo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Razzi Antonio
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Romano Francesco Saverio
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossomando Anna
Rota Ivan
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Sereni Marina
Siragusa Alessandra
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Tassone Mario
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Tidei Pietro
Tocci Walter
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Maurizio
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Zaccaria Roberto
Zamparutti Elisabetta
Zazzera Pierfelice
Zeller Karl
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Sono in missione:

Balocchi Maurizio
Bindi Rosy
Frattini Franco
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Monte Carmelo
Melchiorre Daniela
Menia Roberto
Miccichè Gianfranco Pag. 55
Orlando Leoluca
Prestigiacomo Stefania
Romani Paolo
Soro Antonello
Tremonti Giulio
Urso Adolfo
Vietti Michele Giuseppe

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 17,30, è ripresa alle 17,40.

Sull'ordine dei lavori.

GIUSEPPE PALUMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, intervengo per dare comunicazione all'Assemblea di un fatto abbastanza importante che è avvenuto e che si collega con una mozione presentata a prima firma dal sottoscritto e sottoscritta da numerosi parlamentari di maggioranza e opposizione. Tale mozione impegnava il Governo a sostenere la partecipazione della Repubblica di Cina (Taiwan) all'Assemblea mondiale della sanità, in qualità non di rappresentante, ma di semplice osservatore.
Già in precedenza, la nostra Camera dei deputati aveva votato, nella XIV legislatura, un'identica mozione pressoché all'unanimità. La mozione, come molti sapranno, è di particolare importanza, soprattutto per la tutela della salute attraverso la prevenzione e il contrasto della diffusione delle malattie dovute ai flussi migratori, che sono molto importanti per il nostro Paese (proprio oggi abbiamo discusso di questo). Soltanto il controllo e il monitoraggio attento possono evitare il diffondersi di epidemie particolarmente pericolose e virulente, come quelle che viviamo in questo periodo.
Taiwan rappresenta una realtà particolarmente importante per il sistema di controllo strategico, per le rotte del Pacifico e per il suo collegamento soprattutto con il continente cinese. Ricordo, infine, che nel marzo 2009, cioè molto recentemente, è stata approvata dalla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti d'America la risoluzione n. 55, che riafferma il ruolo di Taiwan nella tutela e promozione dei diritti umani e della salute pubblica.
Dicevo inizialmente che, nelle more della discussione, la Repubblica di Cina (Taiwan) ha ricevuto l'invito a partecipare alla prossima sessione dell'Assemblea mondiale della sanità (che si svolgerà il 18 prossimo venturo) in qualità di osservatore e con il nome di Chinese Taipei. Dunque, le rinnovate relazioni tra il Governo di Taiwan e la Repubblica cinese, la nostra influenza e la nostra attività politica nei riguardi di Taiwan hanno permesso che questo problema fosse finalmente risolto dopo tanti anni.
Nel dichiarare, quindi, la mia piena soddisfazione e quella dei colleghi che hanno sottoscritto la mozione, annuncio che la mozione verrà ritirata.

Si riprende la discussione (ore 17,42).

PRESIDENTE. Ricordo che, prima della sospensione della seduta, è stata da ultimo approvata la questione di fiducia posta sull'emendamento 3.1000 del Governo.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2180-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2180-A).
Avverto che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno Marchi n. 9/2180-A/56.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, in quanto estraneo rispetto al contenuto del provvedimento in esame, l'ordine del giorno Ciocchetti n. 9/2180-A/30, concernente Pag. 56l'eliminazione della disposizione del Testo unico di pubblica sicurezza che prevede l'avviso al questore per la vendita di audio e video.
L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/45.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, qualche tempo fa (ma diciamo che è il tratto caratterizzante di questa legislatura, almeno sul versante della giustizia), vi è stata una denuncia ricorrente da parte di esponenti della maggioranza e, in particolare, del Ministro Alfano, per sottolineare come «la questione giustizia è diventata, oggi nel nostro Paese, una vera e propria priorità nazionale, un'emergenza che riguarda sia il settore penale che quello civile e che finisce per coinvolgere negativamente anche le possibilità di sviluppo economico del nostro Paese». Questa dichiarazione che ho citato è stata rilasciata dallo stesso Ministro in occasione di un incontro ed è stata riportata da un'agenzia di stampa del 27 gennaio 2009 (quindi, all'inizio di quest'anno).
Vorrei partire da questo passaggio che ho citato per illustrare il mio ordine del giorno, con riferimento al quale mi permetto di richiamare oltre la sua attenzione, anche quella del rappresentante del Governo che, poi, sarà chiamato ad esprimere un parere in proposito. Con il provvedimento sul quale abbiamo appena votato la fiducia e sul quale domani esprimeremo il voto finale, si introduce il reato di ingresso e di soggiorno illegale nel territorio del nostro Paese, dello Stato italiano: con quali effetti devastanti sul sistema giustizia, francamente, non so immaginare.
Quella che già a gennaio era un'emergenza, una vera e propria priorità nazionale... signor Presidente, aspetto un attimo perché vedo che il rappresentante del Governo è impegnato... come dicevo, a gennaio era già un'emergenza, immagino cosa succederà quando davanti ai nostri tribunali - soprattutto davanti al giudice di pace - si riverseranno i casi di migliaia e migliaia di irregolari presenti sul nostro territorio.
Per quanto riguarda la disciplina del procedimento penale per il nuovo reato, si prevede la presentazione immediata dell'imputato a giudizio innanzi al giudice di pace (con l'autorizzazione del pubblico ministero, e limitatamente ai reati procedibili d'ufficio e in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente) e lo svolgimento del relativo giudizio. L'introduzione del reato di soggiorno illegale, quindi, amplia in modo sostanziale i possibili soggetti perseguibili, includendo anche quanti si trovano nel Paese già da molti anni, compresi quei 600 mila che voi volevate regolarizzare qualche anno fa con la maxi-sanatoria e che, invece, sono rimasti esclusi da quel provvedimento.
Il Presidente ha più competenza ed esperienza di me e il sottosegretario qui presente è noto uomo di giustizia, ma mi chiedo se, rispetto alle affermazioni del Ministro della giustizia per cui nella riforma si dovrà prevedere, insieme all'efficienza e alla celerità del sistema, anche un'effettiva parità tra accusa e difesa, questa effettiva parità tra accusa e difesa sarà garantita anche agli extracomunitari e agli irregolari presenti, oppure se essa sarà riservata soltanto agli italiani, oppure ai bianchi «oltre», quegli white farther di cui a volte si parla nel common law inglese.
Siccome siete garantisti e liberali - o almeno tali vi definite - con questo ordine del giorno, come gruppo dell'Italia dei Valori, chiediamo al Governo un impegno, l'impegno «ad adottare le necessarie iniziative, affinché l'applicazione inappropriata del diritto penale a immigrati irregolari, in connessione con il diritto sull'immigrazione, non conduca a limitazioni nell'esercizio e nel godimento di diritti umani, nonché a limitazioni del diritto alla difesa, solennemente sancito dalla nostra Costituzione» (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 57

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PdL) ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/79.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, nell'illustrare il mio ordine del giorno al disegno di legge che reca disposizioni in materia di sicurezza pubblica, desidero ribadire che la sicurezza dei cittadini e dei loro beni passa anche attraverso la lotta alla dispersione scolastica. La cronaca riporta continue notizie dell'esistenza di migliaia di minori-ombra nel nostro Paese che sfuggono all'obbligo scolastico. Qualche tempo fa qualcuno si chiedeva che fine avessero fatto i lavavetri, e qualche baldanzoso amministratore ha risposto: sono andati a scuola. A scuola di malavita, perché le bande criminali costituite da minori sono in continuo aumento nel nostro Paese.
Da qui deriva il mio ordine del giorno, che impegna il Governo «a rafforzare la lotta alla dispersione e all'abbandono scolastico, in particolare in favore dei minori stranieri, anche prevedendo la sottrazione del minore alle famiglie reiteratamente inadempienti» e «ad individuare una serie di criteri di inserimento degli studenti stranieri nella scuola italiana elaborati in sede nazionale, con priorità assoluta per l'istituzione di corsi integrativi di lingua italiana», da frequentare in estate, «anche al fine di contrastare quella parte di abbandono scolastico dovuta alla scarsa comprensione della lingua».
Concludo ricordando come negli Stati Uniti d'America, quando affluirono uomini di razze, religioni, etnie diverse, si pensò ad una scuola crogiolo, che potesse fondere insieme le diversità, in maniera da formare il cittadino americano. Se oggi gli Stati Uniti d'America hanno un presidente come Barack Obama, lo devono a quella scuola. Raccomando, pertanto, al Governo di esprimere parere favorevole sul mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/43.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, con questo ordine del giorno formulo una valutazione, partendo proprio da un'esperienza che si sta registrando nel nostro Paese, quella di un'associazione, denominata Casa Africa, che è stata presentata nei giorni scorsi, davanti a moltissimi operatori sociali e ad esponenti del modo della politica. Essa è presieduta da un'extracomunitaria, la signora Gemma Vecchio, ed ha il compito di creare le premesse, sul piano della formazione, per l'integrazione tra Paesi dell'Africa e quelli europei e l'Italia. Essa prevede, quindi, la formazione di giovani extracomunitari per quanto riguarda l'attività lavorativa ed economica e l'insegnamento della lingua italiana, al fine di favorirne il ritorno nel loro Paese d'origine, affinché possano lavorare e contribuire al progresso del medesimo.
Ci sono ulteriori iniziative ed attività che si stanno svolgendo in quei Paesi attraverso un'integrazione e soprattutto una collaborazione tra gli stessi e l'Italia che deve, a mio avviso, sempre più essere sostenuta. Ritengo che si tratti di una risposta decisiva a quanto abbiamo chiesto più volte, anche nel corso del dibattito che si è tenuto nella giornata di oggi e nei giorni precedenti, ovvero la creazione delle premesse di una politica nuova per quanto riguarda l'immigrazione. Non basta semplicemente un'azione deterrente sul piano della forza o il mero aggravamento delle pene, c'è bisogno di politiche molto più ampie e stringenti che facciano riferimento al concetto di solidarietà e collaborazione tra l'Europa e l'Africa.
Pertanto, chiediamo al Governo che tutto ciò possa essere attuato e che questo esempio, importante e significativo, possa essere seguito nell'ambito della definizione di una strategia e della puntualizzazione di una politica da parte del Governo. Abbiamo altresì ravvisato, senza alcun tentennamento, alcuni problemi che esistono nel territorio. Anche io, ieri, nel corso dell'illustrazione degli emendamenti, ho fatto riferimento ad una vicenda che si sta verificando a Sant'Anna, denunciata dal Comitato per Sant'Anna, relativa a Pag. 58problemi di inserimento nel centro di prima accoglienza. Esistono problemi anche sui territori di altre realtà e regioni.
Allora dopo aver approvato questo provvedimento, dopo che il Governo ha incamerato tre voti di fiducia e dopo che domani, presumibilmente, questo provvedimento verrà licenziato dalla Camera dei deputati, non c'è dubbio che bisognerà approntare delle politiche sempre più opportune e, soprattutto, che siano all'unisono e armonizzate con quella che è la nostra storia, la nostra cultura e civiltà.
Ecco perché l'ordine del giorno a mia firma offre questo tipo di consapevolezza, in modo che il Governo possa valutarlo nella sua libertà, e con discrezionalità se vogliamo, ma valutando seriamente quali possano essere altri percorsi alternativi rispetto a tutta la problematica dell'immigrazione nel nostro Paese. Ritengo che questo sia un dato importante, perché più volte parliamo di integrazione, di collaborazione, di politiche molto ampie, di politiche estere che siano opportune anche rispetto al continente africano. Credo si tratti di un dato, di un percorso che possa essere valutato con molta attenzione.
Mi affido, dunque, al Governo, affinché possa valutare attentamente questo ordine del giorno che credo esprima qualche momento di novità rispetto a quello che abbiamo detto e auspicato, ma non certamente rispetto a delle proposte che abbiamo formulato, perché non ce n'è stata data la possibilità, visto che è stata posta la questione di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. L'onorevole Pedoto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/23.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, è impensabile che nel terzo millennio esista ancora la limitazione di diritti fondamentali come la nascita, la salute, l'istruzione ed il rapporto con i propri genitori. È impensabile che nel terzo millennio siamo ancora incapaci di tendere la mano a chi scappa dalla guerra, dalla povertà e dalla fame.
Il disegno di legge al nostro esame lascia intravedere una violazione di diritti fondamentali per i bambini che nasceranno, bambini che arriveranno in un mondo fatto di carte bollate, bambini venuti al mondo senza nome, senza nazionalità, e proprio per questo sarà molto più difficile, per loro, allontanarsi, fuggire dalla malavita organizzata; bambini che saranno costretti a vivere all'ombra dei capannoni, in fuga, nonostante si siano già affacciati alla civiltà.
Era questo il futuro a cui pensavamo? Integrazione, strutture d'accoglienza adeguate, retribuzione regolare: queste devono essere le parole d'ordine; insomma, legalità, visto che parliamo di sicurezza.
Mi chiedo, dopo l'approvazione di questo disegno di legge, quanti rinunceranno alla colf o alla tata di altra nazionalità, rigorosamente retribuite in nero. E perché a pagare dovranno essere i più piccoli? Se gli innocenti stanno in silenzio saremo noi a parlare, questo è l' impegno che chiedo al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Lo Moro, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/69; si intende che vi abbia rinunciato.
L'onorevole Pelino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/ 2180-A/1.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, il maggior carico di lavoro giurisdizionale, sia in campo civile che penale, che si è venuto a determinare nei confronti dei giudici di pace renderebbe necessario assicurare con la protrazione quadriennale continuità e professionalità degli incarichi.
Si dovrebbe consentire, in attesa della riforma organica della magistratura di pace, una pluralità di rinnovi, soprattutto pensando ai numerosi giudici (circa 750) il cui mandato è di prossima scadenza. Il giudice di pace ha una sua visibilità riconosciuta dalla Costituzione (articolo 116), è organo giudicante di primo grado, sia in sede civile che in sede penale, e la continuità Pag. 59dell'incarico quadriennale è comunque subordinata alla valutazione del consiglio giudiziario e del CSM.

PRESIDENTE. L'onorevole Rossomando ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n.9/2180-A/65.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, l'ordine del giorno attiene al reato di ingresso irregolare nello Stato. Avevamo iniziato, alcuni anni fa, anche con la legge Turco-Napolitano, ad interrogarci e ad emanare provvedimenti per contrastare l'immigrazione clandestina e il fenomeno della clandestinità. Molta strada è stata fatta, ma oggi siamo completamente fuori strada.
Quello che vorrei dire, soprattutto ai colleghi della Lega, è ribadire quello che abbiamo già detto più volte. Qui si introduce un reato che, oltre ad essere assolutamente fuori da ogni logica giuridica (si sanziona uno status e non una condotta), punisce innanzitutto chi è già entrato nel territorio dello Stato e anche chi, essendo entrato regolarmente, ha visto scadere il proprio permesso. Viene prevista una pena pecuniaria, quindi l'efficacia dissuasiva è assolutamente pari allo zero. Quali sono, invece, gli altri effetti che abbiamo cercato di rappresentarvi più volte? Che un grande numero di persone viene sospinto in modo irreversibile nell'area dei non visibili, non parteciperanno più al tessuto sociale e civile soltanto perché irregolari, non potranno usufruire di strutture sanitarie, non potranno usufruire delle strutture di istruzione e non potranno riconoscere i figli.
Non è assolutamente vero, come alcuni di voi hanno ancora oggi detto ai giornali, che con la disciplina del referto e con l'abolizione di un'altra parte obbrobriosa della normativa invece si potrà ricorrere tranquillamente alle strutture sanitarie. Vorrei ricordare al collega Pecorella, oggi non in Aula, che il referto certamente non viene redatto se una persona si fa visitare perché sospetta di tubercolosi.
Insomma, moltissime persone verranno spinte in quella zona grigia incontrollabile che è il primo terreno fertile per l'insicurezza, per l'illegalità e per la criminalità. Tutti sappiamo che ogni qual volta una persona incontra strutture e istituzioni e ne viene coinvolta si produce sicurezza, e questo è l'abc della sicurezza.
In pratica, qual è l'effetto di questa norma? Un aumento dell'illegalità e, nel nome di una visione, che veramente mi sembra fumettistica, della realtà, voi scardinate un intero sistema di diritti. Nessuna efficacia pratica sul piano del contrasto all'illegalità e alla criminalità, e paghiamo al vostro spot elettorale lo scardinamento del sistema dei diritti.
Vi saranno gravi conseguenze sul piano concreto. Avete usato spesso l'espressione «la nostra gente». Ma chi è questa nostra gente? L'espressione «la nostra gente» non ve la lasciamo. La nostra gente per noi è tutta quella gente che partecipa a un sistema di valori, di regole e di diritti. La nostra gente è quel bambino filippino che ho visto qualche giorno fa scendere da un'auto per recarsi a scuola che, con il tipico gesto che fanno i ragazzi, ha messo una mano intorno alla spalla del compagno di scuola, figlio di cittadini italiani, e si è avviato verso la classe.
La nostra gente sono quei lavoratori stranieri che ho visto sfilare il 1o Maggio pienamente coinvolti nella vita democratica e partecipi. La nostra gente sono anche tutti quei lavoratori, padani o non padani, che prenderanno mezzi pubblici e che forse rischieranno qualche malattia per qualche cittadino extracomunitario che non è riuscito a ricorrere alle strutture sanitarie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Scilipoti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/48.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, mi è quasi difficile intervenire su un argomento così delicato perché ero convinto, e sono ancora convinto, che determinati argomenti non solo non si dovrebbero affrontare, ma non è Pag. 60corretto nemmeno pensarli. Si pensa di inserire delle squadre di controllo che potrebbero essere chiamate, nel senso più nobile della parola, camicie nere o camicie verdi. Si tratterebbe di squadre chiamate a controllare il territorio per sostituirsi allo Stato, sostituendosi ai vigili urbani nei comuni dove si pensa che questi gruppi dovrebbero avere la finalità di segnalare alle forze di polizia situazioni di disagio o di turbativa della sicurezza. Si sostituirebbero, quindi, ai vigili urbani e agli assistenti sociali: in tal modo si inserirebbero dei gruppi di controllo che dovrebbero controllare, ma senza le condizioni per farlo; gruppi che rappresentano non so chi, dovrebbero controllare per le strade e segnalare.
Ma chi ha fatto questa proposta - e mi rivolgo, alla presenza massiccia che in quest'Aula non c'è, ai colleghi della Lega - ha riflettuto accuratamente su ciò che significa creare delle squadre di camicie verdi, le cosiddette ronde? In modo particolare nel Meridione, in Campania o in Sicilia, potrebbero essere composte da gruppi di controllo della mafia e della camorra che sicuramente non andranno a garantire il cittadino, ma andranno a fare un servizio funzionale a coloro i quali non hanno interesse a tutelare i cittadini.
Quando dico che molte cose non dovrebbero essere nemmeno pensate, ma intanto si pensano e si fanno, voglio dire che in questo momento, in questo Parlamento italiano e tra la popolazione, narcotizzata e assuefatta dai mezzi del cosiddetto «quarto potere», ovvero la stampa, si fanno passare delle cose anormali come normalità. Questi gruppi parlano il linguaggio dell'ordine, della fedeltà e della disciplina, ma sono gli stessi gruppi che in passato hanno parlato ben altro linguaggio: oggi che il Ministro Maroni si permette di portare all'attenzione il tema delle ronde dovrebbe ricordare che anni fa, invece, quelle stesse ronde cercavano la secessione, cercavano di dividere l'Italia in due. Allora vi chiedo, vi rendete conto che prima parlavate un linguaggio da gruppi pararivoluzionari che volevano creare la secessione in Italia e oggi rappresentate lo Stato? Tu Maroni dovresti rappresentare anche coloro i quali abitano nel sud! E dovresti riflettere attentamente quando sostieni che «dispone il sindaco». Noi sappiamo che molti sindaci, in Sicilia, in Calabria, in Campania, sono collusi con certi gruppi che non sono perfettamente limpidi.
Dovresti avere prima la ragione e il buonsenso di capire se quello che stai proponendo è nell'interesse della collettività e del Paese e non solo ed esclusivamente sull'onda dell'attività di consenso per prendere l'1 o lo 0,5 per cento in più, massacrando dei territori e non tutelando coloro che sono persone oneste e che abitano dall'altra parte dell'Italia, vale a dire dal centro a scendere verso il sud.
Oggi diventa difficile capire un linguaggio nel quale si riducono tutti i finanziamenti che dovrebbero essere stanziati per la pubblica sicurezza e gli stessi si spendono, invece, per costituire delle ronde che vogliano sostituirsi allo Stato: questo è un fatto gravissimo!

PRESIDENTE. Onorevole Scilipoti, deve concludere.

DOMENICO SCILIPOTI. Concludo, Presidente. All'interno di questo Parlamento si sta cercando di far passare fattori di rischio per la stabilità del nostro Paese e per la nostra democrazia senza riflettere attentamente. Allora, agli amici del centrosinistra dico di avere la forza e il coraggio per dire al Paese, al popolo italiano che noi siamo in contrapposizione a questo modo di governare e di gestire del centrodestra; noi siamo alternativi in tutto e per tutto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. L'onorevole Miotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/20.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, abbiamo già detto con numerosi interventi che questo è un disegno di legge disumano ed incivile, ma vorrei aggiungere un altro elemento. È la prima Pag. 61volta - credo - che la condizione di irregolarità nell'ingresso e nella permanenza nel nostro Paese è considerata non solo una colpa e un reato, ma si trasferisce dai genitori ai figli, tant'è vero che se sono neonati non si possono nemmeno iscrivere all'anagrafe.
Oggi il Ministro dell'interno, con una dichiarazione, continua a smentire, a non riconoscere che questa, purtroppo, è la condizione che si verificherà; però, con il comma 18 dell'articolo 1 si mettono in croce i comuni e si privano i cittadini italiani o gli immigrati irregolari che sono poveri del diritto all'iscrizione all'anagrafe, cioè si collega l'iscrizione anagrafica con la presenza di un alloggio che deve essere un immobile in regola con i requisiti igienico-sanitari.
Ora sappiamo che in Italia la maggioranza delle abitazioni non sono in possesso del certificato di agibilità per la semplice ragione che sono state costruite prima dell'introduzione della norma che ne prevede l'obbligo; ebbene, questo significa che se nasceranno dei bambini, considerate peraltro le proporzioni del fenomeno (superiamo sicuramente i 300 mila bambini) questi non potranno essere iscritti all'anagrafe, ma non solo. Qui si parla di immobili, sottosegretario, mentre tutte le norme, dal Testo unico in poi, si riferiscono all'alloggio; allora, se una famiglia vive in un camper o in una baraccopoli, come purtroppo accade nella periferia di qualche nostra città, il bambino non verrà iscritto, anzi, non potrà essere iscritto all'anagrafe.
Per attenuare l'impatto di questa norma la maggioranza ha ritenuto di renderla facoltativa, ossia ha dato ai comuni, ai sindaci la possibilità di fissare o meno i requisiti igienico-sanitari. Ebbene, questa è una condizione paradossale di federalismo anagrafico: in un comune ci si potrà iscrivere all'anagrafe senza requisiti, in un altro, invece, i requisiti saranno più blandii, mentre in un altro ancora saranno più esigenti. Insomma, il diritto all'identità è sottoposto alla discrezionalità del sindaco e magari sarà influenzato dalle maggioranze politiche che, grazie a Dio, potranno cambiare.
Con l'ordine del giorno, che so bene che non potrà modificare questo obbrobrio di norma, almeno cerchiamo di mitigarne gli effetti discriminatori e spero che il Governo almeno su di esso presti attenzione. Occorre assumere un'intesa con l'ANCI (l'associazione dei comuni) per orientamenti comuni ai fini dell'applicazione di questa norma.
Occorre consentire che l'iscrizione all'anagrafe dei neonati non sia sottoposta alla condizione della presenza di un immobile in regola con i requisiti igienico-sanitari, proprio per non creare le condizioni di invisibilità. Occorre assimilare agli immobili ogni altro alloggio, come un camper, una tenda o una casa mobile, atteso che comunque è in vigore una norma, quella sul regolamento anagrafico, che prevede che sia sufficiente una presenza continuativa in un luogo dove si è fissato il domicilio o la residenza per ottenere l'iscrizione anagrafica. Allora, per non creare un inutile contenzioso e soprattutto per non rendere aleatorio un diritto delle persone, mi auguro che almeno l'ordine del giorno possa trovare l'attenzione del Governo e il suo accoglimento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/70.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, il disegno di legge in esame ha avuto quest'epilogo così infausto, considerato che il dibattito in Commissione è stato strozzato e quello in Aula eliminato, perché si aveva timore dei voti segreti sui diritti delle persone. Quindi, ci è rimasto di poter lavorare o, comunque, di continuare a ripetere fino all'infinito quali siano le gravi manchevolezze di questo pacchetto, che peraltro per una parte poteva essere accettato, ma che sicuramente non poteva essere accettato laddove lede i diritti fondamentali dei cittadini e degli stranieri. Pag. 62
Con riguardo a quello che è diventato l'articolo 1, comma 22, lettera f), l'ex articolo 45, lettera f), abbiamo assistito ad un progressivo tentativo di mascherare le conseguenze gravissime sui diritti degli stranieri e dei minori, con riferimento al compimenti degli atti dello stato civile. Non è un'invenzione nostra, se negli atti del Servizio studi della Camera si rappresenta che l'articolo in questione prevede che la carta e il permesso di soggiorno debbano essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni e altri provvedimenti che riguardano gli atti dello stato civile nell'interesse dello straniero.
Abbiamo eliminato soltanto l'accesso ai pubblici servizi riguardanti le prestazioni sanitarie per gli stranieri non iscritti e le iscrizioni per i minori fino al compimento dell'età dell'obbligo scolastico, non oltre. Ce n'è voluto per arrivare a queste conseguenze: si è resa necessaria anche una lettera del Presidente della Camera, Fini, che ha individuato profili di incostituzionalità in questo articolo 45, lettera f). Oggi, nonostante la chiarezza del tenore letterale, si insiste a fare dichiarazioni e questo è veramente un atteggiamento scorretto nei confronti dei cittadini e dell'informazione che essi devono avere. Infatti, se si ha paura della reazione dei cittadini onesti, che credono nella solidarietà e nei principi fondamentali, bisogna fare altre leggi, bisogna aspettare il dibattito parlamentare, oppure essere leali e corretti fino in fondo e dire che questo è ciò che si vuole. Bisognerebbe avere il coraggio di dire che si vuole impedire ad una madre immigrata - che non ha il permesso di soggiorno, che non ha un passaporto regolare valido, che quindi non può avere il permesso di soggiorno temporaneo né per la gravidanza né per i mesi successivi, in base all'interpretazione sistematica delle norme che sono vigenti - di procedere all'iscrizione del proprio figlio come tale, invece di dire che la sentenza della Corte costituzionale ha garantito analogo diritto al padre, perché non è così.
La sentenza della Corte costituzionale ha garantito ed esteso il diritto di riconoscimento solo laddove si tratti del marito, quindi di persona legalmente sposata, della straniera che abbia ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo, quindi che abbia un passaporto valido o un documento equipollente, perché altrimenti non lo può avere.
Ma sappiamo che per i cittadini extracomunitari l'unico documento è il passaporto valido e un cittadino che non è immigrato regolare, che non ha un permesso di soggiorno regolare, nella maggior parte dei casi non ha nemmeno un passaporto valido, tanto meno una donna immigrata, che sa di poter essere denunciata per il reato di immigrazione clandestina, che adesso non esiste, ma sarà previsto in forza di questa grande scelta...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DONATELLA FERRANTI. ...che ha voluto fare il Governo di creare una nuova figura di reato. Questa donna si dovrebbe presentare di fronte al questore per autodenunciarsi: questo è quello che si chiede, questo è quello si avrà.
Chiediamo che il Governo, fatte queste premesse, che derivano da un'interpretazione delle norme vigenti, non dalle fantasie o dai principi che si vorrebbero far passare, si impegni all'attuazione dei principi costituzionali: il diritto dei minori, di qualsiasi minore, ad avere la propria famiglia, a vivere nella propria famiglia naturale, vivere, crescere e formarsi, perché è un diritto fondamentale che non può derivare da un permesso di soggiorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Paladini n. 9/2180-A/46, di cui è cofirmatario.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, intervengo su un ordine del giorno che riguarda l'allungamento dei tempi di detenzione nei centri di identificazione ed Pag. 63espulsione (CIE), che è assolutamente in linea con quanto questo Governo ci sta proponendo con questo pacchetto sicurezza, impedendo una discussione serena e approfondita nell'Aula parlamentare su temi, invece, così delicati, dove è prevalsa la linea dell'essere forti con i deboli e deboli con i forti.
È desolante il Paese che viene fuori da questo pacchetto sicurezza e devo dire, signor Presidente, che mi vergogno. Mi vergogno leggendo cifre che dicono che il 15 per cento degli extracomunitari ha paura di rivolgersi a un medico di pronto soccorso, di iscriversi in una scuola, di camminare per strada e incontrare qualcuno che possa ledere la loro incolumità. Penso che in questa modo si stia solo creando, in maniera demagogica, pericolosamente demagogica, un Paese dove vige il sistema della paura.
L'allungamento dei tempi di detenzione nei CIE non risolve certamente il problema dell'immigrazione, non risolve il problema degli extracomunitari; anzi, ne accentua la difficoltà di controllo, perché con 180 giorni rischiamo di far esplodere centri che diventano difficilmente controllabili, dove è all'ordine del giorno ed è quotidiana anche la reazione di chi ci vive in condizioni disumane, dove si va incontro anche a suicidi.
Credo che rischiamo di essere isolati dal mondo, laddove, invece, oltre oceano, in America, si è deciso di rompere le catene della schiavitù, eleggendo persino un Presidente di colore; in Italia, invece, rimandiamo indietro i barconi. Addirittura, li rimandiamo indietro anche mettendo a rischio la vita di chi da quei Paesi fugge perché perseguitato.
Non si fa neppure questo nella distinzione tra chi può essere buono, chi può essere cattivo e chi viene, invece, giustamente in Italia per cercare ricovero e fiducia in un Paese che dovrebbe rispettare i diritti civili.
Abbiamo fatto persino un accordo con la Libia, abbiamo dato dei soldi a un Paese come la Libia, che, peraltro, sopprime i diritti umani e i diritti civili. Eppure continuiamo, perché è questa la verità, ad essere ricattati da uno Stato come Libia. Cosa fare allora?
Penso che in questo caso, con questo ordine del giorno, non vogliamo soffiare e chiediamo di non soffiare sul fuoco della demagogia e sul fuoco del populismo, perché sarebbe troppo facile parlare alla pancia della gente.
Bisogna invece operare in maniera chiara. Chiediamo al Governo di rafforzare la cooperazione internazionale, di rafforzare la cooperazione tra Stati: non è un problema che può risolvere solamente una legge, peraltro inconsistente, dello Stato italiano. Ci vogliono, invece, cooperazione e sinergia tra le forze di polizia, ed è quello che noi chiediamo con questo ordine del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Villecco Calipari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/57.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, vorrei sottoporre al Governo il mio ordine del giorno, che tra l'altro deriva da un emendamento che è stato dichiarato inammissibile per estraneità alla materia; nel pacchetto sicurezza tale emendamento è stato considerato inammissibile: è un paradosso!
Proprio perché si sta parlando di sicurezza, vorrei proporre al Governo che dalla sicurezza degli annunci si passi ora ad una sicurezza vera, non solo più efficace ma anche più economica.
Faccio un passo indietro per ricordare che dal 2001 al 2004 migliaia di giovani hanno partecipato a diversi concorsi per poter accedere come volontari in ferma breve nelle Forze armate, con la prospettiva della successiva immissione nei ruoli delle forze dell'ordine militari e civili.
Questi ragazzi hanno indossato l'uniforme dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica; sono diventati fucilieri scelti, incursori, tiratori scelti, radaristi e hanno partecipato a tutte le missioni internazionali: migliaia di ragazzi che arrivano alla Pag. 64fine di tre anni di duro servizio nelle Forze armate, e alla loro richiesta di transitare nell'amministrazione della pubblica sicurezza si risponde con una chiusura della graduatoria ai soli vincitori di concorso! Per tantissimi giovani, dopo ben tre anni di sacrificio al servizio del Paese, sembra non debba rimanere altro che una stretta di mano ed un grazie per quello che hanno fatto.
I cittadini, è stato detto qui, ci chiedono sicurezza; però noi abbiamo bisogno di risorse umane per garantirla! Non i tagli del turnover, come quello che è stato operato da questo Governo, e su questo punto bisogna urgentemente lavorare.
Il Governo assume pochissime centinaia di giovani nelle forze di polizia, perché sostiene che non ha risorse, e lascia a casa centinaia di ragazzi che, seppur non vincitori, sono risultati idonei in un concorso finalizzato a formare nuovi poliziotti.
Ogni principio dello Stato è stato violato: il diritto di questi giovani di indossare un'uniforme della Polizia, il diritto dei cittadini ad avere più forze dell'ordine nelle strade, che tutelino la propria sicurezza; ma anche il diritto, per le casse dello Stato, a non sostenere spese inutili bandendo nuovi concorsi, anziché assumere gli idonei di quelli già espletati o finanziare associazioni private che dovranno costituire le ronde.
È necessario riportare a parametri di efficienza l'attuale condizione dell'apparato sicurezza, e una Polizia di Stato che oggi soffre una forte carenza di organico a causa di concorsi banditi per un esiguo numero di posti, che sono assolutamente insufficienti a compensare le assenze che si verificano e si sono registrate a vario titolo.
Gli idonei non vincitori hanno partecipato al terzo, quinto, sesto e settimo bando volontari con ferma breve di tre anni nelle Forze armate, per essere immessi, al termine della predetta ferma, nella carriera iniziale delle forze di polizia. Per i risultati conseguiti nella prova di preselezione culturale del decreto, hanno tutti conseguito l'idoneità al servizio di polizia.
Numerose disposizioni normative che non sto qui ad elencare, hanno previsto e prevedono la conservazione dell'efficacia delle graduatorie di concorso per un certo tempo, a decorrere dalla data della pubblicazione delle stesse. Si osserva che il legislatore, con queste norme, non si è limitato a specificare l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di valutare nei diversi casi concreti e alla stregua dei criteri di economicità ed efficienza l'opportunità di coprire eventuali posti resisi vacanti nell'immediata (o quasi) conclusione del concorso, ma ha previsto lo scorrimento della graduatoria degli idonei oppure l'ipotesi di bandire un nuovo concorso.
Noi, con questo ordine del giorno, vi chiediamo di riconoscere a questo personale, formato, professionalmente qualificato e giovane, il diritto al reclutamento. Vi è oggi l'occasione di razionalizzare risorse ed esigenze dei comparti della sicurezza, attraverso l'attuazione di norme ordinarie che consentirebbero almeno di ripianare rapidamente parte dei vuoti organici delle forze di polizia con il via libera al transito dei volontari delle Forze armate.
Ricordo, infine, che bandire nuovi concorsi significherebbe non poter disporre di queste risorse umane prima di due anni.
Il Governo dispone di 100 milioni di euro per il reclutamento delle forze di polizia.

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. E ha fatto ricorso - e concludo, signor Presidente - ad un decreto-legge per anticipare l'agibilità di queste risorse che, a nostro avviso, risultano comunque inadeguate: almeno si scelga la via più breve per utilizzarle (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Pollastrini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/73.

Pag. 65

BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, quest'ordine del giorno è in realtà semplice ed impegna il Governo a predisporre e investire in un'ampia campagna di comunicazione, di informazione sociale e di formazione allo scopo di promuovere l'accettazione, il rispetto ma - vorrei aggiungere dopo quello che ho sentito in quest'Aula - la riconoscenza per quella società multietnica nella quale siamo immersi. Checché ne dica qualcheduno questa società c'è, è il mondo nuovo in cui siamo incamminati e negarla vuol dire rinunciare ad un'identità condivisa del Paese, direi all'anima di questo Paese.
Anch'io come altri sono stata, in questo sabato e domenica, nella mia città che, come per l'onorevole Salvini, è Milano. A Milano ho parlato con tante persone: con il portinaio davanti a casa mia, con la tata che - tengo a ricordarlo qui - con grande intelligenza e molti talenti mi aiuta con la mia mamma, con infermiere, con lavoratrici, ed ho visto tra di loro serpeggiare una grande inquietudine ed un senso di smarrimento tra quanto cercano di dare e quanto hanno ricevuto anche in termini di simbologia da una città come Milano che davvero, viceversa, ha una storia alle spalle. È la storia del solidarismo di un grande uomo della cultura come Manzoni, la storia della tolleranza di Beccaria, la storia dell'antifascismo e della migrazione durante la ricostruzione.
Ha alle spalle una storia - dicevo - che è insieme di riconoscenza e di rispetto delle regole e, al contempo, di capacità di accogliere e, soprattutto, di profondo rispetto per i diritti umani.
È da lì che, insieme ad altre colleghe e colleghi, mi è venuta l'idea di proporre al Governo di compiere un atto che sia di scusa rispetto a tutto quello che è avvenuto: un atto che non potrà cancellare norme su cui ci siamo opposti anche oggi e su cui continueremo ad opporci, ma che potrebbe voler significare, quanto meno, un atteggiamento di sensibilità e di rispetto per quelle persone che lavorano nelle nostre città e in tutto il Paese e che rendono questo Paese culturalmente ed umanamente, oltre che economicamente, più ricco.
Vi sono due modi - e concludo - per interpretare oggi sicurezza e diritti umani. Vi è il modo verso cui noi abbiamo l'ambizione morale ed etica - fatemi dire questa parola - di tendere (non dico che ci riusciamo sempre e comunque), che è quello di uscire dalle inquietudini, dalle preoccupazioni e dalle angosce che pervadono la nostra società allargando diritti, doveri, responsabilità, libertà ed espandendo la democrazia.
L'altro modo è quello di ripiegare, di rinunciare ad avere un'identità dell'Italia che sia quella che si richiama alla parte migliore della nostra storia. L'Italia come l'Europa ha dovuto riscattarsi rispetto ad un Novecento attraversato da tragedie.
Credo che le classi dirigenti si distinguano anche nel sapere interpretare il nesso tra storia e futuro: la pagina di oggi ci dice che questo nesso tra storia e futuro è stato interpretato in senso regressivo. Questo ci preoccupa e ci allarma e, con uno spirito ancora una volta però di attenzione nei confronti degli altri e non solo di schieramento in difesa delle nostre idee e dei nostri valori, vi preghiamo di accettare un ordine del giorno che chiede semplicemente di investire nella diffusione di una cultura del rispetto, della cittadinanza, del rispetto degli altri, della mitezza, dell'amore per le persone e del valore della vita (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Barbato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/47.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario per l'interno, sono molto preoccupato per la piega che sta prendendo il Governo in materia di sicurezza pubblica. Questa mattina, aprendo la prima pagina del giornale Il Mattino, si legge: ammazzato in casa a Marechiaro; anziano picchiato e imbavagliato per rapina. Invece, Pag. 66la prima pagina de Il Mattino di ieri diceva: missione di morte alla Sanità (la Sanità è un altro quartiere di Napoli), terrore tra la folla, i killer in azione su una moto davanti alle giostre di un bar, cinque colpi per ammazzare un fedelissimo del clan Misso.
Ho l'impressione, caro sottosegretario, che voi non siate riusciti a mettere davvero a fuoco il problema, ovvero che non avete cognizione della realtà sulla quale bisogna intervenire, della drammaticità che investe molti territori del Mezzogiorno d'Italia.
Nel mese di marzo ho partecipato a Torre Annunziata alla prima proiezione di Fortapàsc al Teatro Politeama, a cui è seguito un dibattito insieme al magistrato della Direzione distrettuale antimafia, Armando D'Alterio (che fu quello che sgominò la banda dei camorristi del clan Gionta di Torre Annunziata che uccisero il giornalista de Il Mattino Giancarlo Siani), proprio per dare ai cittadini, agli studenti, alla gente che vuole vivere diversamente, in modo civile, in quel fortino della camorra organizzata, la percezione della presenza dello Stato. È questo il messaggio serio che bisogna portare dal punto di vista politico, perché questo è ciò che deve fare la politica.
Ma affrontare questo problema della sicurezza parlando di ronde nel Mezzogiorno d'Italia, caro sottosegretario, è come dire a un malato di tumore: va bene, puoi guarire basta che berrai un bicchiere di acqua Fiuggi al giorno.
Praticamente, non avete proprio messo a fuoco il problema di alcuni territori del Mezzogiorno d'Italia. Basti pensare che il procuratore di Napoli Lepore 15 giorni fa, in occasione di un'audizione di fronte alla Commissione antimafia, a precisa domanda della Commissione, rispose: «a Napoli, e in Campania, la politica è collusa con la camorra nella misura del 30 per cento». Il procuratore, secondo me, ha volato basso, si è tenuto stretto, perché in provincia di Napoli, su un totale di 92 comuni, sono stato sciolti 51 comuni per infiltrazioni mafiose, altri 16 sono sotto controllo da parte di commissioni di accesso; il totale, quindi, è già diverso: abbiamo una percentuale di gran lunga superiore a quel 30 per cento di cui parlava il procuratore Lepore.
Tutto ciò significa due cose. La prima è che l'invio delle ronde a Napoli, a Secondigliano, a Torre Annunziata, equivarrebbe a mandare al massacro delle persone, perché prima che le ronde arrivino in questi fortini della camorra, la camorra si sarà già organizzata. Le uniche ronde che funzionano in Campania sono quelle della camorra che nei fortini dei clan segnalano l'arrivo delle forze dell'ordine e sottraggono scientificamente allo Stato il controllo di intere porzioni di territorio. Quelle sono le ronde che funzionano a Napoli e in Campania, non quelle che si stanno organizzando qui! Questo è un bello spot che potrete lanciare nei comuni del nord, a Sondrio, a Belluno, a Pordenone, ad Aosta, lì è praticabile una misura del genere. Ma laggiù, una tale misura significa realizzare degli interventi non solo inutili, ma addirittura pericolosi, perché mettereste a repentaglio la vita di queste persone che si offrono volontariamente. Questo è il primo aspetto che rappresenta l'inutilità e la pericolosità di questo provvedimento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BARBATO. Concludo, signor Presidente. Il secondo aspetto ancora più pericoloso è che in molti comuni vi sono sindaci che come dicevamo sono collusi con la camorra. Affidiamo in mano alla camorra il controllo del territorio tramite le ronde. Questa è l'altra operazione ancora più pericolosa che si vuole fare.
Dunque cominciamo a parlare di cose serie. Vorrei ritornare a Napoli e parlare con i napoletani, con i foggiani, con gli abitanti della Locride, di Reggio Calabria, dicendo che si stanno facendo cose serie. Dunque fare una cosa seria significa - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - che è necessario rafforzare e dare sostegno vero alle forze dell'ordine attraverso un massiccio potenziamento sotto il profilo non soltanto delle risorse umane ma an Pag. 67che di quelle strumentali ed economiche; tra l'altro, bisogna rafforzare i ruoli della magistratura e gli uffici ad essi legati. In questo modo per davvero riusciremo a distruggere e ad affrontare la camorra e le mafie nel Mezzogiorno d'Italia.

PRESIDENTE. L'onorevole Marchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/56.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, questo ordine del giorno che illustro nella nuova formulazione riguarda l'autoriciclaggio. Come ho sottolineato ieri intervenendo sugli emendamenti su cui non è stato possibile votare a causa della posizione della questione di fiducia, un riferimento per valutare le norme sulla sicurezza è quello relativo alla principale emergenza nel nostro Paese per la sicurezza dei cittadini: il contrasto alla criminalità organizzata, alle mafie.
Nel provvedimento vi sono misure utili in tal senso a cui abbiamo contribuito come Partito Democratico nell'iter del disegno di legge, ma è anche un'occasione persa per ciò che non c'è e avrebbe potuto esserci in base a elaborazioni effettuate dalla Commissione antimafia nella precedente legislatura e approvati all'unanimità: penso all'Agenzia dei beni confiscati e agli interventi a favore dei testimoni di giustizia. Penso anche a questioni emerse nel dibattito, nelle audizioni e nelle missioni a Napoli e Caserta della Commissione antimafia in questa legislatura.
Penso all'obbligo di denuncia antiracket, agli incentivi per chi denuncia - era possibile andare oltre e fare di più rispetto a ciò che c'è nel disegno di legge - e all'autoriciclaggio. In generale c'è una contraddizione: quando si discutono o si approvano in Commissione antimafia sembra sempre che vi sia l'accordo di tutti, mentre quando c'è da tradurre in legge non è più così. Il Governo a volte; la maggioranza in altre occasioni o entrambi in ulteriori occasioni frenano e bloccano. L'autoriciclaggio ne è un esempio. Sappiamo da tempo che lotta alle mafie vuol dire in primo luogo colpire i loro patrimoni, la loro ricchezza. Questa è stata la grande intuizione di Pio La Torre, tradotta nella legge Rognoni-La Torre. Vari sono gli strumenti in questo senso: uno dei più importanti è quello che punta a colpire il riciclaggio. Infatti, è attraverso il riciclaggio che le mafie operano per ripulire il denaro sporco e per usare i proventi derivanti da attività illecite, illegali e criminali. Pensiamo allo spaccio di stupefacenti, al racket delle estorsioni, ai sequestri di persona, all'organizzazione dell'immigrazione clandestina, all'organizzazione della prostituzione e via di questo passo: il riciclaggio è usato per infiltrarsi nell'economia legale investendo in tal senso forti risorse. Rischio questo che si aggrava con la crisi economica, come ci ha ricordato più volte il Procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, e, ultimamente, il Presidente della Repubblica. Aziende in difficoltà con più ostacoli ad accedere al credito e con maggiori problemi di liquidità possono più facilmente essere acquisibili da chi dispone di grandi patrimoni e può pagare cash. Il rischio è più elevato al nord, nella parte più produttiva del Paese. Per contrastare il riciclaggio sono stati inseriti nel codice penale gli articoli 648-bis e 648-ter. Non a caso sono stati inseriti dalla legge 19 marzo 1990, n. 55, cioè in un'epoca relativamente recente, anche se vent'anni fa. Un intervento legislativo encomiabile ma con un difetto: è escluso dall'applicabilità delle disposizioni introdotte il caso dell'autoriciclaggio. Come è a tutti noto le mafie sono abilissime nell'introdursi nei meandri legislativi e negli spazi che la legge lascia. L'autoriciclaggio è una forma sempre più utilizzata e che non si riesce a colpire. La questione è stata sollevata a vari livelli dal Fondo monetario internazionale, dal Governatore della Banca d'Italia in audizione al Senato il 15 luglio 2008, dal Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso in Commissione antimafia, nell'audizione presso la I e II Commissione di questa Camera e persino nella trasmissione televisiva Che tempo che fa.
Rilievi sono stati espressi anche nel corso delle missioni a Napoli e Caserta da Pag. 68diversi interlocutori. Il Procuratore ci ha anche indicato la via, tecnicamente semplicissima, per risolvere il problema. È sufficiente sopprimere all'articolo 648-bis, primo comma, del codice penale le parole «fuori dei casi di concorso nel reato» e, analogamente, all'articolo 648-ter, primo comma.
Un emendamento del Partito Democratico andava in questa direzione. Il Governo non ha voluto inserire la questione in questo provvedimento.
È un'esigenza che però noi riproponiamo e con l'ordine del giorno in esame si chiede al Governo di impegnarsi ad adottare le opportune iniziative volte ad eliminare dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale l'esclusione dell'autoriciclaggio. Mi auguro vivamente che il Governo accolga l'ordine del giorno in esame per dare un preciso segnale di volontà nella lotta alle mafie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Ghizzoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/7.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, una delle più gravi eredità patologiche lasciate dal fascismo all'Italia è stata quella del discredito delle leggi, delle leggi fittizie, truccate, meramente figurative, con le quali si industriava di far apparire come vero, attraverso l'autorità del legislatore, ciò che in realtà tutti sapevano che non era vero e non poteva esserlo.
Non sono parole mie, signor Presidente, ma di Piero Calamandrei, pronunciate in questa stessa Assemblea sul progetto di Costituzione, in particolare sul titolo II, quello relativo ai rapporti etico-sociali. Si tratta del titolo che di lì a breve avrebbe contenuto l'articolo 34, che sancisce il diritto allo studio e nel quale si afferma, senza alcuna condizione, che la scuola è aperta a tutti. Ebbene, l'argomentazione di Calamandrei mi pare assolutamente adeguata per illustrare l'ordine del giorno in esame, che ha per oggetto il tema dei cosiddetti «presidi-spia» e che siamo costretti a presentare per ottenere finalmente chiarezza su un provvedimento che chiaro non è, perché se da un lato fornisce indicazioni puntuali, dall'altro presenta ancora molte ombre e ambiguità.
Infatti, la modifica apportata nei giorni scorsi al testo originario del provvedimento non rende più necessaria la consegna del permesso di soggiorno all'atto dell'iscrizione alla scuola dell'obbligo. È una modifica che naturalmente ci trova favorevoli, anche perché il testo originario violava palesemente il citato articolo 34 della Costituzione, poiché esso negava il diritto di tutte le persone, in particolare dei minori, a ricevere servizi essenziali come l'istruzione, un diritto sancito non solo dalla nostra Carta costituzionale, ma anche dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
Tuttavia, il combinato disposto del nuovo reato di immigrazione clandestina introdotto dal provvedimento in esame e dell'articolo 360 del codice penale, secondo il quale ciascun incaricato di servizio pubblico ha l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di cui ha avuto notizia nell'esercizio delle sue funzioni, pone di fatto le basi perché i presidi ed in generale gli operatori della scuola siano costretti a fare i delatori, le spie e quindi a denunciare la presenza a scuola di minori figli di immigrati privi di documentazione attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano.
In questa ambiguità interpretativa torna quindi ad emergere la figura inquietante del preside e del docente-spia, una figura che forse può piacere ad una parte della maggioranza, ma che viene respinta dal mondo della scuola, composto da operatori e insegnanti che svolgono e vogliono continuare a svolgere un servizio fondamentale per istruire i giovani e creare i presupposti per una società più coesa e integrata. Mai come ora è necessario ribadire che l'Italia non vuole presidi-spia, non vuole tornare ad un clima di delazione e di barbarie che riteneva di essersi lasciato alle spalle definitivamente molti decenni fa. Vi è bisogno invece di potenziare le pratiche di accoglienza e di integrazione scolastica dei minori stranieri, Pag. 69perché la scuola è la prima occasione di incontro dei bambini immigrati con lingua, con la cultura e le regole del nostro Paese e rappresenta il terreno sul quale costruire l'integrazione del futuro e il senso civico delle giovani generazioni. Serve quindi una parola chiara sull'ambiguità normativa che abbiamo di fronte, in primo luogo per il mondo della scuola, che rischia di essere lasciato ancora una volta nell'incertezza normativa e soprattutto si vede scaricare addosso obblighi che non gli appartengono. Non si possono addossare a insegnanti e presidi le responsabilità che il Governo non vuole prendersi, chiedendo loro di svolgere compiti repressivi che sono estranei alla missione educativa.
In secondo luogo, è necessario sciogliere ogni ambiguità per il popolo italiano, che da noi si aspetta che non vengano approvate leggi fittizie - per tornare alle parole di Calamandrei, ma potremmo anche definirle leggi ipocrite - solo perché il Governo non ha il coraggio di dire esplicitamente cosa pensa e quale obiettivo vuole perseguire.
Pertanto, con il nostro ordine del giorno chiediamo al Governo di chiarire definitivamente l'interpretazione della norma. Chiediamo, cioè - ho concluso, signor Presidente - che con parole chiare, semplici e inequivocabili sia detto ad ogni dirigente e ad ogni insegnante che non sarà chiesta loro alcuna pratica delatoria e che, al contempo, sarà garantito loro di assolvere alla missione educativa con la necessaria certezza e serenità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Di Giuseppe ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/49.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, l'ordine del giorno che illustrerò vuole fare chiarezza sulla normativa relativa alla registrazione dei figli di genitori stranieri. Questa norma, infatti, prevede l'obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di provvedimenti che riguardino gli atti di stato civile, e fra questi atti vi sono proprio quelli di nascita.
Questo significa che l'ufficiale dello stato civile non potrà ricevere la dichiarazione di nascita, tanto meno quella di riconoscimento del figlio naturale, da parte di genitori stranieri che non sono in possesso di permesso di soggiorno. Vuol dire che la normativa impedisce, a tutti gli effetti, la registrazione della nascita. A nostro avviso, è un provvedimento che nega, alla radice, un diritto della persona: quello di essere riconosciuto alla nascita dai propri genitori.
La stessa Commissione per l'infanzia sta ponendo la dovuta attenzione ai temi che riguardano l'infanzia e l'adolescenza, prestando anche particolare interesse al problema serio dei minori non accompagnati, per il quale è stata anche predisposta una mozione con il contributo di tutti i gruppi parlamentari. Signor sottosegretario, molti di questi minori non accompagnati sono proprio stranieri. Guardando anche più a monte, i disagi nascono già da una condizione difficile esistente nei Paesi di provenienza. Forse, dovremmo porci proprio questa domanda: perché in tanti fuggono da quei Paesi e fra questi tanti vi sono molti bambini? Dovremmo chiederci quali sono soprattutto le condizioni economiche e sociali che lasciano. Sulla vita di milioni di bambini e di donne stranieri continuano a gravare discriminazioni di diverso tipo. Perché penalizzarli ancora di più negando loro, addirittura, il riconoscimento alla nascita?
Uno degli obiettivi fondamentali dei Paesi ad economia avanzata è proprio quello della salvaguardia della vita dei bambini, nel rispetto di quelli che sono i diritti fondamentali dei bambini stessi. Visto che la povertà, la discriminazione, lo sfruttamento e l'abuso incombono ancora e, soprattutto, sui minori stranieri, mettiamoli al centro di una politica seria che li tuteli.
I minori che non verranno registrati alla nascita saranno privi di qualsiasi documento di riconoscimento e, quindi, totalmente sconosciuti alle istituzioni. I «bambini invisibili»: così sono stati definiti, Pag. 70così li hanno chiamati. Senza identità e, dunque, esposti a qualsiasi violazione dei diritti fondamentali dell'infanzia, che devono essere riconosciuti ad ogni minore senza alcuna discriminazione, signor sottosegretario.
Pertanto, il Governo deve fare in modo che questi diritti vengano garantiti a tutti i minori presenti nel territorio italiano, indipendentemente dall'etnia, dalla nazionalità o dallo stato socio-economico. Promuovere la piena attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza: questo è necessario e questo è soprattutto indispensabile. Inoltre, l'articolo 24 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York nel 1966, che poi è stato ratificato e reso esecutivo nel 1977 dalla legge n. 881, prevede molto chiaramente che ogni bambino debba essere registrato immediatamente dopo la nascita e deve avere un nome.
Per tutti i motivi che ho appena esposto, il gruppo dell'Italia dei Valori vuole impegnare il Governo a chiarire la materia in via legislativa, specificando in maniera appropriata la portata della legge anagrafica, adeguandola anche alle disposizioni della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e alla legge n. 881 del 1977.
Questo, signor sottosegretario, per tutelare il diritto fondamentale di ogni minore, che è quello di essere riconosciuto, di avere un nome, di crescere e di essere educato dalla propria famiglia, a prescindere dalla sua nazionalità (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole De Pasquale ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/11.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, vorrei qui descrivere al Governo - con i fatti e non solo con le parole che, purtroppo, tanto spesso non rappresentano e non racchiudono alcuna verità e sostanza - come il coinvolgimento del territorio, dei suoi cittadini e degli enti locali che lo amministrano non debba e non possa essere posto in atto tramite le cosiddette ronde che, di fatto, vanno solo a sostituire chi già ha funzioni di ordine pubblico, senza alcuna professionalità o competenza e con grossi rischi di incolumità personale per se stessi e di sicurezza e trasparenza di intervento sul territorio stesso.
Vorrei qui di seguito fare riflettere il Governo su come il problema della percezione di insicurezza su di un territorio sia il primo problema che va affrontato tramite un sistema che veda coinvolti i cittadini in una concreta azione di prossimità al territorio stesso.
Soprattutto per quanto riguarda un'amministrazione locale, è fondamentale partire dall'attuazione di politiche preventive che comprendano gli aspetti fisici e sociali del vivere quotidiano e garantiscano risposte tempestive e mirate alle segnalazioni dei cittadini: manutenzione, illuminazione, pulizia, presenze rassicuranti, educazione alla legalità, servizi funzionanti, luoghi e momenti di socializzazione. In questo senso, già le polizie locali svolgono da tempo un ruolo insostituibile fra gli operatori della sicurezza, soprattutto in un quadro che rivaluta le attività preventive e la qualità della vita dei cittadini e assegna maggiori responsabilità agli amministratori locali, quali i sindaci e i presidenti delle province. Si tratta, peraltro, di un ruolo non sufficientemente supportato dall'attuale legislazione, sorpassata e lacunosa.
Forti delle loro tradizioni e collocati da sempre all'interno delle rispettive comunità, anche quando costrette per obblighi istituzionali a svolgere compiti meramente repressivi e sanzionatori, le polizie locali rappresentano uno strumento prezioso ed insostituibile per soluzioni condivise dei problemi che in tema di sicurezza e qualità della vita affliggono le nostre comunità. Anche per questo motivo devono essere tenute nella giusta considerazione, adeguatamente valorizzate e sostenute con azioni concrete, formazione e risorse che ne aumentino la presenza e la capacità atte a garantire funzioni di presidio dei Pag. 71territori stessi e di garanzia di una sicura e sempre migliore qualità della vita dei cittadini.
Ora però, accanto a questo tipo di interventi, diventa oltremodo importante la partecipazione della comunità locale, di tutti i cittadini, partecipazione che si rivela sempre più di fondamentale importanza in un momento in cui la socializzazione e la convivenza presentano problematiche cariche di novità.
Per questo motivo, l'ordine del giorno che sto illustrando chiede anche che il Governo si impegni a favorire l'attivazione di sistemi di rete che veda coinvolto il maggior numero di soggetti che erogano servizi sul territorio: l'esempio va agli uffici comunali che svolgono attività di back office, alle aziende municipalizzate, alle associazioni di volontariato e ai cittadini in genere, al fine di sviluppare un integrato sistema territoriale di prossimità.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 19)

ROSA DE PASQUALE. La collaborazione fra i servizi dell'amministrazione comunale, il coinvolgimento dei cittadini e degli attori sociali presenti sul territorio stesso e la creazione di tavoli tecnici permanenti fra i responsabili degli uffici interessati alla gestione della comunità locale possono costituire una valida soluzione alla richiesta di sicurezza e, soprattutto, possono creare i presupposti per una reale crescita della consapevolezza, da parte dei cittadini tutti, che la vera risorsa sta nella cultura della condivisione attiva e non della delega.
Infine, questo ordine del giorno impegna il Governo a sostenere le amministrazioni locali nell'istituzione e nell'organizzazione di corsi gratuiti di lingua italiana per le persone migranti che giungono nel nostro Paese, anche al fine di una più veloce inclusione nel tessuto sociale e di una migliore conoscenza delle regole poste a garanzia del nostro vivere democratico.
Queste sono le strade che noi riteniamo corrette per costruire davvero un Paese migliore, più giusto, che fa crescere i cittadini sovrani, liberi e consapevoli, che sortirne insieme è la politica, quella alta, sortirne da soli è l'egoismo, come diceva Don Milani (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole De Torre ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/10.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, questo ordine del giorno, come i colleghi vedranno, ha la firma di deputati di vari gruppi, e certamente in tanti altri avrebbero aggiunto volentieri la propria. Chiede di mettere in atto, con il linguaggio dei giovani, una campagna che condanni qualsiasi espressione di intolleranza, inverta la preoccupante tendenza ad imitare gli eroi della violenza e i duri intolleranti e affermi, al contrario, l'accoglienza dei più deboli e la scelta della non violenza.
A tutti, in quest'Aula, credo sia ben chiaro come io sia totalmente contraria ai provvedimenti su cui è stata posta la fiducia, per i disvalori che contengono e ancora di più per gli effetti perversi che produrranno. Tuttavia, in questo ordine del giorno me ne sono discostata e vorrei chiedere anche all'Aula di farlo, per rivolgerci insieme ai cittadini più giovani che, è vero, si trovano davanti un mondo inedito, globale e multicolore, con le luci e le ombre che produce, con le paure che tutto ciò genera ma anche con le grandi opportunità che riserva. Essi hanno bisogno di essere aiutati da noi ad essere cittadini sicuri della cultura della propria terra e, nello stesso tempo, capaci della dimensione mondiale in cui vivranno sempre di più.
L'idea espressa in questo ordine del giorno si è imposta in me una sera quando, uscendo dalla casa in cui abito a Roma, nel quartiere bene di Monteverde, ho visto scendere convulsamente dall'autobus un gruppo di giovanissimi tra i 12 e i 17 anni che si picchiavano violentemente e che ho tentato inutilmente di separare. Rimasta a terra chi era stata presa di mira, Pag. 72sorprendentemente ho scoperto che non si trattava di una ragazza, ma di una donna sui quarant'anni. Da alcuni giovani scesi per prudenza da quel bus in ebollizione ho appreso che la donna era già stata violentemente insultata e aggredita sull'autobus solamente perché era rumena.
Pur conoscendo, come insegnante, momenti di reazione incontrollata degli adolescenti, devo ammettere che non avevo mai assistito ad una simile espressione di violenza fisica e verbale di ragazze verso una donna. Mi è stato chiaro che quegli adolescenti, come altri che sempre più spesso manifestano intransigenza verso compagni deboli, immigrati, disabili e verso chi non la pensa come loro, sono portati a quella insofferenza dal clima generale di intolleranza che sta crescendo nel nostro Paese e che quegli stessi adolescenti, nelle occasioni in cui sono provocati o in cui provocano essi stessi, oppure quando si lasciano andare a comportamenti negativi di gruppo, non hanno davanti a sé alcun freno. Tale freno, finora, arrivava da valori di convivenza condivisi e dall'esempio e dalla voce della società adulta che, per decenni, si è adoperata a costruire una pacifica convivenza nel Paese ed ha fermamente condannato ogni violenza.
Insomma, manca ai giovanissimi, oggi, l'esempio di quel rispetto che i nostri genitori e i nostri nonni non solo ci esortavano ad avere, ma ci mostravano a fatti verso chiunque fosse più adulto o in difficoltà. Mancano, forse, esempi di eroi della non violenza come quelli che anche io, da adolescente, avevo appeso, come molti di voi, sui muri della camera, Gandhi, Martin Luther King e padre Kolbe.
Anche gli adolescenti di oggi hanno il diritto di vivere l'esperienza indelebile dell'incontro con valori forti, e ancor prima con persone forti, hanno diritto ad incontrarsi con l'arte, la musica, il cinema e la grafica che, insieme alla bellezza, trasmettano altruismo, giustizia e diritti umani. Hanno bisogno di confrontarsi e magari anche di scontrarsi con la voce ferma di noi adulti che dice «no» a qualsiasi forma di intolleranza e «sì» al bene rivolto agli altri. L'ordine del giorno in oggetto chiede, quindi, non una semplice pubblicità progresso ma una campagna di civiltà, di cittadinanza vera e di convivenza, che deve vedere noi adulti non solo come maestri, ma come testimoni.
Si potranno certo usare le ore di «Cittadinanza e Costituzione» che il Ministro Gelmini ha introdotto, ma occorrerà impegnare anche televisioni pubbliche e private, squadre sportive e allenatori, discoteche, concerti, fiction e fumetti, sms, la chat, you-tube e facebook. Dunque non dovrà trattarsi di una campagna rivolta ai giovani, ma di una campagna in cui i giovani siano attori protagonisti. Siamo certi che il Governo, con i Ministeri dell'istruzione, università e ricerca e per la gioventù saprà raccogliere questa sfida, e siamo anche certi che le Commissioni cultura e infanzia sapranno fare tutto ciò che spetta loro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stanislao ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Pisicchio n. 9/2180-A/50, di cui è cofirmatario.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno è in relazione al provvedimento in materia di sicurezza che è all'esame dell'Aula, nel quale si prevede che l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica siano subordinate alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie.
La disposizione coinvolge una platea molto ampia di soggetti. Dalle fonti dell'ISTAT, sul solo capitolo del sovraffollamento dell'alloggio si rileva che più di due milioni di famiglie si trovano ad occupare un alloggio che, per motivi storici, culturali ed architettonici, non dispone degli standard di futura previsione normativa.
La conoscenza della realtà e delle prassi amministrative suggerisce che la Pag. 73norma graverà prevalentemente su famiglie e soggetti, non solo stranieri, che appartengono agli strati più deboli della popolazione e che non possono permettersi i costosi adeguamenti dell'immobile ove abitano. La possibile perdita della residenza, tuttavia, potrebbe avere, per le ragioni addotte, conseguenze drammatiche sull'accelerazione dei processi di impoverimento e di espulsione dal tessuto sociale delle persone più deboli. All'interno di questo quadro di riferimento la pubblica amministrazione non appare adeguatamente dotata di risorse umane ed economiche per far fronte all'attività ispettiva che tale norma comporterebbe.
Ciò detto, si impegna il Governo «a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, in materia anagrafica, per adeguarne gli effetti nel senso di una maggiore solidarietà sociale al mutato contesto demografico ed economico sociale del Paese» (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Sarubbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/9.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei ma anche al signor sottosegretario, che sono sicuro mi stia ascoltando in questo momento. Questo ordine del giorno riguarda un aspetto del disegno di legge sulla sicurezza che ci lascia attoniti (uno dei tanti aspetti, dovrei dire). Per ottenere il permesso di soggiorno di lungo periodo, prevede l'articolo 9, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dal disegno di legge in esame, bisogna superare un test di conoscenza della lingua italiana. Quando ne abbiamo discusso, anche in Commissione cultura, ho cercato di spiegare che la conoscenza della lingua dovrebbe essere, al limite, un requisito valido e importante per la cittadinanza, non per il rilascio del permesso di soggiorno. Mi è stato risposto che gli altri Paesi europei fanno così, ed allora mi sono documentato.
Per non essere accusato di buonismo, signor Presidente, ho indagato sulla Germania, che ha un capo del Governo di centrodestra. La Germania ha introdotto l'obbligo dell'esame di lingua nel 2006. Ma è per la cittadinanza, non per il permesso di soggiorno. Ed i corsi di apprendimento della lingua - ci tengo a sottolinearlo, perché è l'aspetto di cui vorrei parlare - sono a carico dello Stato. Lo Stato chiede all'immigrato di imparare la lingua, ma almeno si fa carico di insegnargliela.
Lo stesso discorso vale per la Francia, dove vige il Contrat d'accueil et d'intégration, ossia il contratto di accoglienza e di integrazione. Anche qui, si accerta in un colloquio individuale la conoscenza del francese da parte dell'immigrato, ma se dovesse mostrarsi inadeguata sono disponibili fino a 400 ore gratuite di corsi di lingua a cura dell'Anaem, l'Agenzia nazionale per l'accoglienza degli stranieri e per l'immigrazione. Anche la Francia, lo ricordo, ha un Governo di destra.
Per quanto riguarda la normativa comunitaria, nel novembre 2004 il Consiglio europeo ha adottato i principi base comuni per la politica di integrazione nella UE. Il quarto di questi principi base stabilisce, è vero, che la «conoscenza base della lingua della società di accoglienza, della sua storia e delle sue istituzioni è indispensabile per l'integrazione», ma contemporaneamente aggiunge che lo Stato deve «semplificare agli immigranti l'acquisizione di questa conoscenza di base», al fine di rendere l'integrazione «piena e completa».
Ecco, è proprio l'integrazione il punto fondamentale. Lo hanno sottolineato i miei colleghi intervenuti in Aula: il Governo si rende conto che senza integrazione non andiamo da nessuna parte? E lo sa, il Ministro Tremonti, che l'integrazione non è a costo zero? In Spagna, che non è certo meno dura dell'Italia nel contrasto all'immigrazione clandestina, i fondi destinati all'inclusione sociale ammontano a 300 milioni di euro; sono 700 milioni, invece, in Germania. In Italia sono passati dai 100 milioni di euro del 2008 ai circa 5 milioni previsti dalla prossima Pag. 74legge finanziaria: una cifra che non basta neppure per i corsi di lingua nelle parrocchie, altro che inclusione sociale.
Vede, signor Presidente, io mi sento quasi imbarazzato a presentare questo ordine del giorno, perché mi sembra di fare torto all'intelligenza del Governo, che non ha pensato da solo ad una cosa così ovvia: Pentecoste a parte, non ricordo altri casi di apprendimento di una lingua straniera ad opera dello Spirito Santo. A meno che, e non lo escludo, il Governo non sia in malafede: non miri cioè, con tutta questa serie di ostacoli, a rendere impossibile la vita degli immigrati qui.
Una delle associazioni impegnate nel sociale che noi del PD abbiamo incontrato in questi giorni ci vedeva addirittura un'attenzione ragionieristica, quasi maniacale, a mettere i bastoni fra le ruote a chi viene nel nostro Paese, perché gli passi la voglia. Io spero che non sia così, ma se non venisse approvato questo ordine del giorno - che impegna il Governo ad organizzare e finanziare corsi di lingua italiana - sarebbe difficile negare la malafede del disegno di legge sicurezza, di chi lo ha concepito e di chi domani, purtroppo, lo voterà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/58.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, questo ordine del giorno si è reso necessario perché il voto di fiducia ha impedito la discussione degli emendamenti presentati e, nello specifico, la materia che voglio porre all'attenzione dell'Aula e del Governo non è stata presa in considerazione né nel testo del disegno di legge, né nel testo dei tre emendamenti sottoposti al voto di fiducia dell'Aula. Inoltre, in sede referente, nella Commissione competente, un mio emendamento ha avuto il parere contrario del Governo e poi, naturalmente, non è stato possibile ripresentarlo in Aula.
Con questo ordine del giorno voglio sollecitare comunque un intervento specifico su una materia che il sottosegretario ben conosce, perché ha risposto ad una mia interrogazione in sede di I Commissione. Infatti, si tratta di materia di attualità, che ha interessato molte località italiane nell'estate del 2007 e, più recentemente, nell'autunno del 2008. In particolare, in questo caso, mi riferisco a quanto accaduto a Pozzolo Formigaro, in provincia di Alessandria, episodio rispetto al quale ho presentato l'interrogazione prima ricordata, alla quale il sottosegretario Mantovano rispose nella seduta del 19 novembre 2008 della Commissione.
Voglio ricordare che proprio sabato scorso, in occasione della festa della Polizia di Alessandria, il questore di quella provincia ha sottolineato come quell'episodio (riprendo testualmente l'intervento del questore) abbia rappresentato per la nostra provincia un evento gravemente lesivo dell'ordine pubblico provinciale che molto ha fatto discutere cittadini e forze politiche in campo locale e nazionale.
In riferimento a questo evento, cioè il rave party di Pozzolo Formigaro, il questore ha detto che con questa denominazione è ormai consueto indicare l'improvviso sopraggiungere in un'area, senza alcun preavviso o consenso della proprietà, di migliaia di giovani che ivi si danno convegno, utilizzando per le comunicazioni promozionali sempre nuovi siti Internet o messaggi sms e che, dopo aver occupato il luogo prescelto (spesso un capannone industriale dismesso), vi si trattengono per alcuni giorni, dando vita ad una festa musicale con largo consumo di superalcolici e di sostanze stupefacenti.
Il questore ha ricordato l'azione di contrasto condotta in quell'occasione da tutte le forze dell'ordine della provincia e ha sottolineato come in quel caso si sia trattato di un risultato positivo. Anch'io confermo questo dal punto di vista dell'intervento, ma, secondo il questore, per contrastare questo nuovo fenomeno sociale (che richiama una delle sette piaghe d'Egitto di biblica memoria: l'invasione delle locuste), come è del tutto evidente, non possono essere utilizzati i normali mezzi di coazione a tutela dell'ordine pubblico. Pag. 75
Lei stesso, signor sottosegretario Mantovano, rispondendo alla mia interrogazione parlamentare aveva detto che le modalità di organizzazione e di svolgimento di questo tipo di manifestazioni non consentono di programmare misure di diversa natura, né soluzioni alternative.

PRESIDENTE. Onorevole Lovelli, la prego di concludere.

MARIO LOVELLI. Quindi, mancando una normativa specifica, chiedo che il Governo dia un parere favorevole a questo ordine del giorno, perché ciò avrebbe un duplice effetto: l'assunzione di un impegno politico sia per la gestione di tali eventi a legislazione vigente sia per la loro regolamentazione legislativa da affrontare anche con provvedimenti successivi. Quindi, confido che sull'ordine del giorno ci sia un parere positivo del Governo e che possa essere l'occasione per avviare, anche in provvedimenti successivi, interventi risolutivi in materia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Sbrollini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/19.

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, il disegno di legge sicurezza, come hanno già detto molti miei colleghi che mi hanno preceduto, è un attacco ai diritti fondamentali dell'individuo e, in modo particolare, ai diritti dell'infanzia. Il mio ordine del giorno chiede proprio un impegno specifico al Governo per quanto riguarda il rimpatrio dei minori non accompagnati. Siamo di fronte ad una situazione veramente difficile e agghiacciante. Chiedo un procedimento specifico, che definirei «assistito», con un processo cioè di identificazione del minore, di indagini accurate nel Paese di origine e, quindi, di accoglienza e reinserimento nel suo Paese, anche attraverso il coinvolgimento di tutti quegli organismi internazionali che si occupano di questi temi, come la Croce rossa italiana, l'UNICEF e altre associazioni importanti.
L'impegno, quindi, specifico che si chiede al Governo è predisporre il rimpatrio dei minori non accompagnati al loro Paese solo quando ci sia il superiore interesse del minore, così come disposto dal Comitato ONU sui diritti dell'infanzia. Mi faccia dire - e qui mi rivolgo non solo al Ministro di competenza, ma anche al Ministro Carfagna - che è paradossale che proprio nel momento in cui la Commissione affari sociali, di cui faccio parte, sta lavorando per istituire il Garante nazionale per l'infanzia, sembra veramente che si voglia costruire un disegno di legge che voglia garantire solo i bambini italiani.
Ma l'infanzia, caro Governo, non ha nazionalità, non ha colore. I bambini vanno tutelati sempre. Ecco perché noi consideriamo questo provvedimento razzista e inconcludente, perché colpisce i più deboli e gli emarginati, ad iniziare proprio dai bambini, e non agisce invece nei confronti dei delinquenti.
Vorrei fare alcune riflessioni ed esempi specifici proprio sulla condizione dell'infanzia. Pensiamo alla norma che obbliga i genitori stranieri che vogliono registrare all'anagrafe un neonato a presentare il permesso di soggiorno: e quelli che non ce l'hanno e i clandestini debbono partorire di nascosto e non possono registrare loro figli, che così diventano figli di nessuno?
Il Governo ha subito smentito tale interpretazione dicendo che per i genitori di un nascituro c'è un permesso di soggiorno transitorio di sei mesi e quindi c'è il titolo per la registrazione. Allora io vi chiedo, perché introdurre l'obbligo di mostrare il permesso per consentire la registrazione? Il timore è che si voglia approfittare anche di un passaggio come la maternità per stringere il cappio intorno al collo dei migranti, per emarginarli, per spingerli in una zona grigia dove non esistono diritti e crescono invece le discriminazioni e le violenze.
Altri passaggi assurdi di questo disegno di legge riguardano i senza fissa dimora la cui residenza viene di fatto fissata nel comune di nascita che di solito è ben lontano da dove queste persone conducono la loro vita vagabonda. Così si sottraggono Pag. 76ai senza fissa dimora una serie di diritti legati all'assistenza sanitaria e alla presa in carico dei casi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DANIELA SBROLLINI. Concludo dicendo che ancora una volta ci troviamo di fronte all'ennesima fiducia e ancora una volta sono solo spot quelli che ci mostra il Governo. Non si aggrediscono la violenza e la criminalità dove invece ci sono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, volevo rincuorare il sottosegretario Mantovano e dirgli che non si deve sentire circondato e minacciato: se lei alza lo sguardo si rende conto che i deputati del Partito Democratico, insieme al collega Barbato, sono gli unici ad essere presenti in quest'Aula, ma non faranno alcuna azione per cercare di rimuoverla dal suo incarico, anzi apprezziamo molto il fatto che lei sia qui ad ascoltarci, non solo per mandato di ufficio, ma anche diligentemente per cercare, ove possibile, di accettare le nostre proposte.
Noi siamo qui perché, al di là dei voti di fiducia e delle grandi cose che si possono realizzare con le maggioranze e magari con i braccio di ferro voluti dalla politica di un certo tipo, pensiamo che l'umiltà di stare qui dentro per cercare di portare avanti su ciò che rimane disponibile, vale a dire gli ordini del giorno, le nostre idee e le nostre proposte sia qualcosa di utile. Quindi siamo felici di farle compagnia, da soli in quest'Aula, perché tutto il resto dell'emiciclo è vuoto, probabilmente perché l'ora di cena incombe.

PRESIDENTE. Approfitto di questa sua interruzione per avvertire che l'ordine del giorno n. 9/2180-A/80 deve intendersi a prima firma Angeli e l'ordine del giorno n. 9/2180-A/81 deve intendersi a prima firma Di Biagio.
L'onorevole Laganà Fortugno ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/55.

MARIA GRAZIA LAGANÀ FORTUGNO. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, questo ordine del giorno intende impegnare il Governo a riformare la normativa che riguarda i testimoni di giustizia. Da tempo è evidente a tutti la necessità di mettere mano alla normativa che li riguarda per renderla più efficace, più snella, per la loro sicurezza, e soprattutto per aiutare un loro vero reinserimento nella società. Quando si rende necessario spostarli in località protette questo avviene spesso con grandi problemi che fanno apparire ai loro occhi la scelta di aver svolto appieno il loro dovere di cittadini un errore.
Già al termine della scorsa legislatura la Commissione antimafia aveva approvato all'unanimità una relazione che si concludeva con una serie di proposte di modifica tendenti a garantire un vero e proprio riconoscimento da parte dello Stato del grande contributo che i testimoni di giustizia hanno dato e continuano a dare nella lotta alla criminalità organizzata.
Sono invece di questi giorni le notizie di testimoni di cui è stata rilevata (non sappiamo se per incapacità, mi auguro non per altro) la località in cui vivono sotto protezione; di testimoni a cui è stata levata la scorta e di altri che vedono la loro vicenda resa pubblica negli atti di processi. Tutto ciò non fa altro che aumentare la sfiducia nei confronti dello Stato e della lotta alle mafie.
In nessuno dei tanti provvedimenti sulla sicurezza il Governo ha ritenuto di dover inserire una sola, dico una sola, norma che riguardasse il miglioramento della legge attuale sui testimoni. Evidentemente ritiene che questa funzioni. Peccato, perché come ho già detto prima, non la pensava in questo modo la precedente Commissione antimafia. Pag. 77
Sono necessarie modifiche sopratutto per la gestione del cambio di località ove non fosse possibile garantire la sicurezza nel luogo d'origine, che dovrebbe rimanere comunque sempre il primo obiettivo da perseguire.
Quest'attività va completamente separata da quella che gestisce i collaboratori di giustizia; serve una struttura di persone che abbia sempre ben presente che sta trattando con cittadini onesti, che decidono di testimoniare, non con ex mafiosi che decidono di collaborare, magari dopo lunghe detenzioni o latitanze.
È necessaria una nuova normativa che consenta ai testimoni di rifarsi veramente una vita nuova, magari con un cambio generale dell'identità e non solo con nomi inventati; invece, anche una proposta semplice, come l'assunzione dei testimoni che ne facessero richiesta nella pubblica amministrazione, ha trovato la totale chiusura da parte del Governo e della maggioranza.
Spero che su questo tema si riesca a trovare, invece, un'intesa per dare una risposta diversa e far vedere veramente con i fatti che i testimoni di giustizia sono una risorsa preziosa della lotta alle mafie. L'appello, signor sottosegretario, è quello di voler accogliere questo ordine del giorno che altro non è che il recepimento delle proposte contenute nell'ultima relazione della Commissione antimafia sui testimoni di giustizia approvata, e non ritengo che sia di poco conto, all'unanimità, quindi anche dai componenti dell'attuale maggioranza che facevano parte della Commissione antimafia della precedente legislatura.
Signor sottosegretario, so che lei è molto sensibile al tema dei testimoni di giustizia che ha sempre trattato, la prego quindi di voler prendere in considerazione la decisione della Commissione e di accogliere il mio ordine del giorno.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, chiedo di aggiungere la mia firma all'ordine del giorno Laganà Fortugno n. 9/2180-A/55 sui testimoni di giustizia.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Barbato.
L'onorevole Lenzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/ 2180-A/21.

DONATA LENZI. Signor Presidente, anche questo ordine del giorno affronta la questione dell'accesso alla possibilità di iscrivere i nati all'anagrafe, credo nella maniera più completa, prevedendo tutte le varie ipotesi e dimostrando i limiti del ricorso alla previsione dell'articolo 19 del Testo unico sull'immigrazione che stabilisce il divieto di espulsione per la madre in gravidanza. Parlo di limiti anche perché è facile che, piuttosto che autodenunciarsi, la donna o non vada in ospedale o, quando è in ospedale, utilizzando un'altra vecchia, saggia normativa italiana che permette di non riconoscere il figlio, non lo riconosca.
A noi sembra che questo sia un problema di sicurezza per il nostro Paese, ma anche per gli altri Stati europei, perché sapere chi è nato in questo territorio è un elemento essenziale per avere sicurezza. Infatti, un bambino che non c'è, poiché non è stato registrato, può facilmente essere lasciato nelle mani della criminalità in modi che qui non è il caso di citare, ma che sono i peggiori e rappresentano il peggior destino. È un bambino senza cittadinanza, che nasce apolide, privo di diritti. La vera sicurezza sarebbe garantirgli non solo una madre, ma anche un padre, fosse solo per il fatto che se succede qualcosa c'è la possibilità di appoggiarsi all'altro genitore senza volersi avventurare nel mondo degli affetti, che qui così poco viene tenuto in considerazione.
La nostra preoccupazione è che (forse per altro intento) si finisca, alla fine, per incoraggiare gli abbandoni; avere più bambini abbandonati potrebbe forse far sperare in un aumento delle adozioni, ma chi come me se ne è occupato, e la nostra Vicepresidente ha fatto altrettanto, sa che Pag. 78non è vero neanche questo se non per i bambini che nascono sani, bianchi, biondi e magari anche con gli occhi azzurri.
Significa, in realtà, mettere a rischio per questi bambini la possibilità di crescere nella condizione di normalità, che richiede l'affetto ed è garantita dall'affetto e dalla presenza di una madre e di un padre. Quindi, l'invito è a cercare, visto che il comma è peraltro scritto in una maniera molto discutibile e forse suscettibile di diverse interpretazioni, in sede di applicazione, di garantire la possibilità, che è un bene per tutti, che quanto qui viene preannunciato e previsto, in realtà, non avvenga e ai bambini sia data la massima tutela possibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/24.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, nel contesto internazionale dei processi economici e sociali che oggi viviamo, mi sembra importante l'apporto che i laureati stranieri in Italia possono dare anche attraverso un contributo culturale particolare, che può dare un valore aggiunto nella sfida della società globale.
L'obiettivo di Lisbona ci ricorda che siamo chiamati a costruire una società della conoscenza per competere a livello mondiale e credo che, in un contesto del genere, occorra incentivare lo scambio di professionalità ad alti livelli, per raggiungere traguardi ottimali di competitività, che rappresenta anche un adeguato stimolo a progredire. L'ordine del giorno che ho presentato va in questa direzione.
Vorrei ricordare che le conclusioni del Consiglio europeo del 2007 consideravano l'istruzione e la formazione presupposti essenziali per il buon funzionamento del triangolo istruzione, ricerca e innovazione, riconoscendone il ruolo fondamentale di stimolo della crescita e dell'occupazione. La risoluzione del Consiglio del 15 novembre 2007 sull'istruzione e la formazione quali propulsori fondamentali della strategia di Lisbona, in linea con gli obiettivi fissati nel programma di lavoro adottato dal Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002, ha ribadito che l'istruzione e la formazione costituiscono la pietra angolare dalla quale dipendono la crescita futura dell'Europa, nonché il benessere dei suoi cittadini, ed ha evidenziato altresì il contributo dell'istruzione e della formazione all'incentivazione della coesione sociale, della cittadinanza attiva e della realizzazione personale, al fine di rispondere alle sfide, non solo in termini di crescita ed occupazione, che le società europee devono attualmente affrontare.
In questa prospettiva, dinamica e in evoluzione, occorre favorire, come è avvenuto negli altri Paesi, l'apporto degli stranieri, che si laureano o si sono laureati in Italia, alla nostra società della conoscenza, valorizzandone il capitale umano che rappresentano e potenziando il triangolo della conoscenza, nell'ottica della competitività e della crescita, e facendo delle diversità culturali un'occasione di arricchimento della nostra società, in sintonia con gli obiettivi indicati dalla strategia di Lisbona.
L'inserimento nel nostro contesto socio-economico di professionalità con differenti background culturali costituisce senza dubbio un arricchimento delle culture e crea le basi per affrontare le sfide della complessità derivanti dai processi di globalizzazione, determinando anche una maggiore coesione sociale. Attivare tali percorsi innovativi è tanto più importante quanto più è evidente che il nostro Paese è oggetto di un'immigrazione a basso contenuto know-how, con difficoltà di inserimento sociale, che potrebbe essere invece facilitato da chi conosce sia la cultura di provenienza che la cultura del Paese di accoglienza, fungendo da mediatori culturali di fatto ed esercitando un ruolo guida.
Per procedere in questo senso abbiamo la ricchezza di circa 5 mila laureati stranieri presso le università italiane (è un dato recentissimo, del 2008) e di questi parecchi vorrebbero mettere a frutto le competenze acquisite grazie all'istruzione che abbiamo loro fornito lavorando in Italia. Altri che sono tornati nei luoghi di origine potrebbero far ritorno in Italia per Pag. 79un determinato periodo per motivi di lavoro, mantenendo saldo il legame culturale acquisito durante il percorso di studi.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la prego di concludere.

FRANCO NARDUCCI. Insomma, dobbiamo creare questo circuito virtuoso, che permette la circolazione delle persone ad alta professionalità, che possono dare un contributo decisivo allo sviluppo, contribuendo ad affrontare anche le sfide di dialogo interculturale, per una società più coesa e sviluppata. Per farlo, chiediamo al Governo di mettere a punto dei dispositivi tesi - concludo - a prolungare il permesso di soggiorno dei giovani laureati extracomunitari di almeno sei mesi, per la ricerca di un lavoro adeguato alle competenze acquisite sul nostro territorio e ad agevolare nel decreto flussi chi ha conseguito un titolo di studio in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Capano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/60.

CINZIA CAPANO. Signor sottosegretario, abbiamo discusso a tarda notte su questa norma relativa agli atti di stato civile. È stata una discussione non fruttuosa, che ha provocato l'abbandono dell'Aula da parte del gruppo del Partito Democratico perché non si è voluto riformulare una norma che ha molti elementi di ambiguità.
Leggo sulle agenzie di oggi che il Ministro Maroni ha detto così: «Norma figli fantasma? Una panzana!» Ebbene, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di spiegare che la nostra interpretazione è una panzana a tutti gli uffici di stato civile, di chiarirlo, perché questo errore interpretativo non è solo nostro, ma anche dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, dell'Associazione nazionale magistrati minorili e della famiglia, delle ACLI, della Comunità di Sant'Egidio, ma sa, c'è anche qualcuno da parte vostra che è incorso in questo errore.
Leggendo sempre le agenzie, il deputato Zacchera, alla domanda «ma i bambini verranno strappati alle madri?», risponde: questo verrà valutato caso per caso. Se questo diventa un modo per cui quelle povere mamme si imbarcano per sperare di generare in Italia, di modo che i loro figli resteranno sempre in Italia, è una pratica che va stroncata, perché è inumana. Lo dice un deputato del PdL, ma forse anche lui ha sbagliato l'interpretazione.
In realtà, come lei ben sa, signor sottosegretario, essendo notoriamente un fine giurista, quel che è inumano non è che le madri vengano a generare i loro figli, ma è fare una norma che si presta ad abrogare implicitamente la Convenzione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che dice così: hai diritto a vivere con i tuoi genitori, hai diritto a essere protetto per evitare che tu venga allontanato dalla tua famiglia.
Abbiamo fatto una norma che, invece, dà questa possibilità e non è vero quello che ha affermato l'onorevole Cota ieri a Ballarò. Non è vero che in caso di gravidanza scatta automaticamente un permesso di sei mesi: non vi è una norma dell'ordinamento che preveda una cosa del genere.
Vi è un'altra norma, il regolamento di esecuzione del Testo unico sull'immigrazione, che dà la possibilità al questore, nel caso di gravidanza o puerperio, di rilasciare un permesso di soggiorno per cure mediche. Peccato però che, introducendo il reato di immigrazione clandestina, la donna, per poter avere quel soggiorno, dovrebbe autodenunciarsi, e quindi andare a finire in un processo per direttissima ed avere l'espulsione. Peccato che il padre naturale, come è stato detto prima dai colleghi, non avrebbe comunque mai la possibilità di riconoscere suo figlio.
Ebbene, dobbiamo aggiustare questi esiti imprevisti, queste cattive interpretazioni, che come vede, però, sono diffuse. Allora dico: scegliete la formulazione che credete, ma chiarite che questo comma 22, Pag. 80lettera f), dell'articolo 1 non ha nulla a che vedere con il riconoscimento dei figli e con gli atti di nascita.
Però, sullo strumento non possiamo rinunziare: dovete diramarlo a tutti gli uffici di stato civile, perché se vi fosse anche un solo bambino che per una cattiva interpretazione viene strappato a sua madre, non so lei, signor sottosegretario, ma io non reggerei alla vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Murer ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/15.

DELIA MURER. Signor Presidente, signor sottosegretario, con questo ordine del giorno si tratta un tema che non è inserito nelle norme, ma che riteniamo sia molto importante.
Oggi, in uno degli interventi dei rappresentanti della Lega, veniva ricordato che loro non sono contro chi ha già un lavoro e risiede regolarmente nel nostro Paese.
L'ordine del giorno vuole proprio affrontare un approfondimento sulla condizione giuridica dei lavoratori extracomunitari che, in un momento di crisi così rilevante, perdono il lavoro. Questa perdita di lavoro non pone solo problemi che riguardano la necessità di estendere il regime degli ammortizzatori sociali, ma riguarda anche il rischio di far precipitare decine di migliaia di lavoratori in una condizione di clandestinità, non consentendo loro il rinnovo del permesso di soggiorno se non riescono a trovare una nuova occupazione entro sei mesi dalla perdita del posto di lavoro precedente.
Ricordiamoci che in Italia sono circa 4 milioni i lavoratori regolari, con un aumento di mezzo milione quest'anno rispetto allo scorso anno. Sono lavoratori che contribuiscono al PIL italiano con un 9 per cento, lavoratori che hanno investito nel nostro Paese, si sono fatti raggiungere dalla famiglia, si sono integrati nella nostra società, magari hanno anche acceso un mutuo; e oggi, di fronte a questa perdita di lavoro, non si trovano solo in condizioni economiche difficili, ma rischiano di precipitare nella clandestinità: quella clandestinità che il disegno di legge sulla sicurezza dice tanto di voler combattere.
Con l'ordine del giorno chiediamo al Governo di affrontare non solo i temi degli ammortizzatori sociali anche per questi lavoratori che sono impiegati in gran parte nelle fabbriche del nord (vengo da Venezia, da una regione come il Veneto, dove essi sono parte integrante del mondo del lavoro): direi che vada affrontato anche il tema del prolungamento almeno ad un anno della possibilità di avere un permesso di soggiorno per cercare un lavoro, in modo che vi sia la possibilità di avere una vita che possa continuare con regolarità, in modo da non scindere le famiglie, non costringerle a tornare nel proprio luogo di origine, come è già successo, non costringere i bambini nati in Italia a dover tornare in Paesi di cui non conoscono nulla, perché sono vissuti, cresciuti e si sono integrati nella nostra scuola.
Rivolgerei, quindi, un appello al sottosegretario, se si vuole combattere l'immigrazione clandestina, a non far precipitare i lavoratori regolari, inseriti da anni nel nostro Paese, in questo mondo della clandestinità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Coscia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/8.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'ordine del giorno che illustro chiede al Governo l'impegno a garantire il diritto all'istruzione ai bambini e ai ragazzi migranti anche nella scuola dell'infanzia e nell'istruzione superiore, non garantita con le norme, seppur modificate, già approvate.
Abbiamo preso atto con grande soddisfazione della cancellazione della norma prevista nel disegno di legge approvato dal Governo, che obbligava i presidi a non accogliere a scuola, e conseguentemente a denunciare, i bambini e i loro genitori che Pag. 81non erano in possesso del permesso di soggiorno. Si trattava di una norma profondamente ingiusta, modificata solo questa mattina con il maxiemendamento.
Ciò è avvenuto dopo che il Partito Democratico, le altre opposizioni e molti esponenti della stessa maggioranza avevano espresso una forte contrarietà e lanciato l'allarme. La società civile, tantissime associazioni, organizzazioni sindacali, la Chiesa e tutto il mondo della scuola hanno espresso con forza il loro dissenso.
Nel Paese è cresciuta la preoccupazione e l'indignazione nel vedere negato il diritto fondamentale all'istruzione a tanti bambini, solo perché migranti: un diritto sancito con la Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, recepita anche nel nostro Paese e dalla nostra Costituzione.
Anche il Presidente Fini ha dato voce a questo impeto civile, sollevando con la sua autorevolezza istituzionale la questione.
Si trattava di una norma che metteva in discussione, insieme al diritto fondamentale all'istruzione di tanti bambini, le tante buone pratiche di integrazione realizzate nelle nostre scuole. L'esperienza dimostra che la scuola è spesso il primo veicolo fondamentale di incontro dei bambini migranti - regolari e non - con la lingua italiana, con la cultura ed anche con le regole del nostro Paese.
La scuola, dunque, costituisce lo spazio privilegiato per l'avvio del percorso di integrazione e di accoglienza, che costituisce l'obiettivo fondamentale di un educatore e che dovrebbe costituire un obiettivo condiviso dal Governo e da tutto il Parlamento.
La scuola e gli insegnanti possono svolgere con efficacia la loro funzione primaria di educatori solo se si stabilisce un rapporto di piena fiducia tra docenti, allievi e famiglie, un rapporto che ovviamente non si può stabilire se si costringono le scuole a discriminare i bambini a seconda della posizione giuridica dei loro genitori.
Va bene dunque questo ripensamento, ma c'è bisogno ancora di fare chiarezza.
Con questo ordine del giorno chiediamo pertanto che il Governo si impegni a garantire il diritto all'istruzione dei bambini immigrati in tutto il sistema dell'istruzione, comprendendo anche la scuola dell'infanzia e la scuola superiore. Per come è scritta la norma, infatti, non vi è certezza che ciò sia possibile, in quanto si fa riferimento alle prestazioni scolastiche obbligatorie.
Noi riteniamo che per favorire, quindi, dei percorsi efficaci di integrazione sia decisivo consentire ai bambini più piccoli e ai ragazzi più grandi di continuare il loro percorso formativo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/72.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, con questo ordine del giorno intendiamo richiamare l'attenzione del Governo, in particolar modo del sottosegretario qui presente, sul merito dell'emendamento 1.1000 con il quale si modifica l'articolo 14 del testo unico sull'immigrazione. In particolare, ci riferiamo alla norma contenuta alla lettera h-bis), con la quale si consente di trattenere la persona straniera nei centri di identificazione da due mesi, come prevede l'attuale normativa, fino a sei mesi.
Visto che è stata accertata la presenza in questi centri di numerosi minori, accompagnati e non dai genitori, questa norma rischia di trattenere in strutture e in condizioni non idonee alla loro età diversi minori (data la carenza di comunità specifiche di accoglienza per bambini, almeno nel mio territorio, mi riferisco in particolar modo alla Sardegna, ma anche per le difficoltà che più volte sono state denunciate dalle stesse comunità di accoglienza presenti nel resto del territorio nazionale per le difficoltà di gestione e per la scarsità di risorse messe a loro disposizione).
Con questo ordine del giorno, quindi, chiediamo al Governo di prevedere necessarie e adeguate risorse finanziarie da Pag. 82destinare agli enti locali, in particolar modo ai comuni nei quali i centri di prima accoglienza sono ubicati, affinché essi possano poi fornire un'adeguata assistenza ai minori in questione e, soprattutto, affinché si possa garantire ai ragazzi una adeguata permanenza rispettosa dei diritti previsti dalla normativa attuale vigente, e in particolar modo dalla Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (normative che - ricordo - non consentono ai minori non accompagnati di essere trattenuti presso i centri di identificazione o di permanenza temporanea).
Sottolineo che il rispetto di tali normative costituisce già oggi, vista la scarsa disponibilità di risorse finanziarie, un problema molto grave per gli enti locali che da soli debbono affrontare la ricerca di comunità di accoglienza idonee cui affidare appunto i minori, accompagnati o non.
Le amministrazioni, infatti, si trovano in grosse difficoltà non solo perché spesso sono costrette ad anticipare i fondi di cui non c'è disponibilità di spesa, ma anche per l'indisponibilità stessa dei fondi e delle risorse umane necessarie proprio per l'individuazione di centri di accoglienza adeguati ai ragazzi.

PRESIDENTE. Onorevole Schirru, deve concludere.

AMALIA SCHIRRU. La permanenza in questi centri di minori, senza avere un'identità e senza ricevere le informazioni necessarie sui luoghi di destinazione, crea difficoltà e spesso causa situazioni di conflittualità che si manifestano nei centri stessi e che si riversano poi nelle comunità locali.
Con questo ordine del giorno chiediamo, quindi, delle risorse da destinare per la gestione della permanenza, ma anche per incrementare interventi di mediazione culturale, per offrire quei servizi forti di ascolto, di informazione, che sono molto importanti, e per limitare i danni all'interno del fenomeno dell'immigrazione dei minori.
È troppo alto, infatti, com'è stato rilevato in Commissione infanzia e adolescenza, il rischio che i minori immigrati lasciati soli, e non adeguatamente tutelati, lascino i centri e le comunità di affido, andando ad alimentare le fila della malavita o finendo in situazioni di pericolo, di vagabondaggio e di accattonaggio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Calvisi: s'intende che abbia rinunziato ad illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/63:
L'onorevole Codurelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/67.

Testo sostituito con errata corrige volante LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, nell'illustrare il mio ordine del giorno n. 9/2180-A/67, presentato in tema di prevenzione e di sicurezza, voglio sottolineare (come è stato più volte ribadito dai colleghi del mio gruppo in tutti gli interventi di questi giorni) come queste questioni siano prioritarie per tutto il Paese.
Il nostro Paese farà un balzo all'indietro e si collocherà tra quelli che comprimono i diritti fondamentali dell'uomo, i diritti costituzionalmente garantiti, e i diritti civili.
Con la questione di fiducia è stato impedito qualsiasi libero dibattito, ma soprattutto il libero voto. Sono in corso in tutto il Paese mobilitazioni, come quella di oggi davanti a Montecitorio, o quelle davanti alle prefetture o in tanti altri luoghi. Questa non è la solita questione di fiducia: per la prima volta in quest'Aula vi è esplicitamente una richiesta di fiducia che viene posta contro la stessa maggioranza; si può dire che, di fatto, esiste un'emergenza sicurezza all'interno della maggioranza stessa. E visto che le ronde dei capigruppo probabilmente non bastano, si militarizza il voto; tutto ciò è veramente drammatico per la democrazia del nostro Paese.
Vi sono parti di questo disegno di legge alle quali il Partito Democratico ha contribuito e altre che non condividiamo. In Italia, vi era bisogno che sul terreno della sicurezza ci fosse - e ci dovrebbe essere - Pag. 83una più ampia convergenza parlamentare e che questa questione non diventasse il tema di una fazione politica contro un'altra, come ben rimarcato questa mattina dall'onorevole Minniti.
Fondamentale, in questo momento, sarebbe fare il bilancio delle politiche di sicurezza di questo Governo. È passato un anno ed era stato detto che, non appena fosse arrivata la destra al Governo, il problema della sicurezza si sarebbe risolto.
Assistiamo, invece, ad un aumento dell'insicurezza. Le violenze che stanno avvenendo nel nostro Paese, infatti, sono aumentate, ma spostate l'attenzione sempre su altro! Se fossimo stati noi al Governo saremmo stati linciati tutti i giorni in quest'Aula.
Siamo qui, invece, a discutere come se niente fosse. Si tace sulle violenze che avvengono in famiglia, sui nonni arrestati nelle chiese, e non solo nelle chiese, sui familiari, sui vicini, che abusano di bambini, di donne. Parliamo sempre degli altri e non affrontiamo il problema vero della prevenzione e del controllo sul territorio.
Il controllo del territorio è la risposta fondamentale di un Paese serio che dovrebbe rafforzare le forze dell'ordine, mentre il Governo ha tagliato le risorse: meno 20 per cento per le missioni, meno 20 per cento per quanto riguarda il funzionamento degli autoveicoli, meno 85 per cento per gli armamenti.
Ma cosa può fare una forza di polizia senza gli strumenti? Lo abbiamo chiesto molte volte senza avere risposta. Di fronte a tutto ciò la risposta principale della politica di sicurezza è dire che si organizzano le ronde padane. Questa risposta costituisce uno strappo alle politiche della sicurezza del nostro Paese e una violazione dei principi della democrazia.
Le ronde mettono in discussione un fondamentale principio costituzionale. Anche nel territorio lecchese esiste il problema, in particolare nella Brianza confinante con l'area metropolitana milanese, una zona ad elevata concentrazione abitativa con la presenza di importanti scuole superiori e significative realtà produttive e commerciali. Già per la seconda volta, in tre occasioni, la conferenza dei sindaci ha ribadito la necessità di migliorare il livello di sicurezza, inviando una richiesta al Ministero. L'ultima - la ricordo - è avvenuta il 7 aprile scorso.
Ricordo ancora una volta che è stato accettato dal Governo Prodi un ordine del giorno in fase di approvazione della legge finanziaria che prevedeva l'impegno a rafforzare un presidio di polizia sul territorio da tempo sofferente.
Per tale ragione mi appello affinché questo Governo accetti l'ordine del giorno in esame poiché significa prevenire, garantire i diritti di tutti, degli italiani e non, per tutta quella gente che oggi lavora qui da noi e che si sente assolutamente considerata alla stregua di delinquenti.
Dunque, davvero, signor rappresentante del Governo, le chiedo di leggere e di accettare l'ordine del giorno n. 9/2180-A/67 da me presentato.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, nell'illustrare il mio ordine del giorno n. 9/2180-A/67, presentato in tema di prevenzione e di sicurezza, voglio sottolineare (come è stato più volte ribadito dai colleghi del mio gruppo in tutti gli interventi di questi giorni) come queste questioni siano prioritarie per tutto il Paese.
Il nostro Paese farà un balzo all'indietro e si collocherà tra quelli che comprimono i diritti fondamentali dell'uomo, i diritti costituzionalmente garantiti, e i diritti civili.
Con la questione di fiducia è stato impedito qualsiasi libero dibattito, ma soprattutto il libero voto. Sono in corso in tutto il Paese mobilitazioni, come quella di oggi davanti a Montecitorio, o quelle davanti alle prefetture o in tanti altri luoghi. Questa non è la solita questione di fiducia: per la prima volta in quest'Aula vi è esplicitamente una richiesta di fiducia che viene posta contro la stessa maggioranza; si può dire che, di fatto, esiste un'emergenza sicurezza all'interno della maggioranza stessa. E visto che le ronde dei capigruppo probabilmente non bastano, si militarizza il voto; tutto ciò è veramente drammatico per la democrazia del nostro Paese.
Vi sono parti di questo disegno di legge alle quali il Partito Democratico ha contribuito e altre che non condividiamo. In Italia, vi era bisogno che sul terreno della sicurezza ci fosse - e ci dovrebbe essere - Pag. 83una più ampia convergenza parlamentare e che questa questione non diventasse il tema di una fazione politica contro un'altra, come ben rimarcato questa mattina dall'onorevole Minniti.
Fondamentale, in questo momento, sarebbe fare il bilancio delle politiche di sicurezza di questo Governo. È passato un anno ed era stato detto che, non appena fosse arrivata la destra al Governo, il problema della sicurezza si sarebbe risolto.
Assistiamo, invece, ad un aumento dell'insicurezza. Le violenze che stanno avvenendo nel nostro Paese, infatti, sono aumentate, ma spostate l'attenzione sempre su altro! Se fossimo stati noi al Governo saremmo stati linciati tutti i giorni in quest'Aula.
Siamo qui, invece, a discutere come se niente fosse. Si tace sulle violenze che avvengono in famiglia, sui nonni arrestati nelle chiese, e non solo nelle chiese, sui familiari, sui vicini, che abusano di bambini, di donne. Parliamo sempre degli altri e non affrontiamo il problema vero della prevenzione e del controllo sul territorio.
Il controllo del territorio è la risposta fondamentale di un Paese serio che dovrebbe rafforzare le forze dell'ordine, mentre il Governo ha tagliato le risorse: meno 20 per cento per le missioni, meno 20 per cento per quanto riguarda il funzionamento degli autoveicoli, meno 85 per cento per gli armamenti.
Ma cosa può fare una forza di polizia senza gli strumenti? Lo abbiamo chiesto molte volte senza avere risposta. Di fronte a tutto ciò la risposta principale della politica di sicurezza è dire che si organizzano le ronde padane. Questa risposta costituisce uno strappo alle politiche della sicurezza del nostro Paese e una violazione dei principi della democrazia.
Le ronde mettono in discussione un fondamentale principio costituzionale. Anche nel territorio lecchese esiste il problema, in particolare nella Brianza confinante con l'area metropolitana milanese, una zona ad elevata concentrazione abitativa con la presenza di importanti scuole superiori e significative realtà produttive e commerciali. Già in tre occasioni, la conferenza dei sindaci ha ribadito la necessità di migliorare il livello di sicurezza, inviando una richiesta al Ministero. L'ultima - la ricordo - è avvenuta il 7 aprile scorso.
Ricordo ancora una volta che è stato accettato dal Governo Prodi un ordine del giorno in fase di approvazione della legge finanziaria che prevedeva l'impegno a rafforzare un presidio di polizia sul territorio da tempo sofferente.
Per tale ragione mi appello affinché questo Governo accetti l'ordine del giorno in esame poiché significa prevenire, garantire i diritti di tutti, degli italiani e non, per tutta quella gente che oggi lavora qui da noi e che si sente assolutamente considerata alla stregua di delinquenti.
Dunque, davvero, signor rappresentante del Governo, le chiedo di leggere e di accettare l'ordine del giorno n. 9/2180-A/67 da me presentato.

PRESIDENTE. L'onorevole Viola ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/28.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, sono stato molto incerto se presentare un ordine del giorno e intervenire per illustrarlo. Capisco che, a quest'ora, forse il sottosegretario avrebbe preferito che non intervenissi.
Ritengo che il dibattito - che non vi è stato, come hanno sottolineato molti dei nostri colleghi - evidenzi la drammaticità che porta con sé questo provvedimento. Esso recita nel titolo di presentazione: Disposizioni in materia di sicurezza pubblica. Ebbene, naturalmente il dibattito svoltosi oggi sia nella fase delle dichiarazioni di voto sia in quella della illustrazione degli ordini del giorno, durante le quali naturalmente la maggioranza di fatto ha ritenuto di non volerci ascoltare, ha testimoniato del gravissimo disagio che vive il Paese per questo tema.
Certamente, se seguiamo i sondaggi, qualcuno potrebbe dire che si sta interpretando un pezzo importante del Paese. Pag. 84Dico che un altro pezzo importante del Paese non è d'accordo con questa politica muscolare portata avanti dal Governo. Non è d'accordo con questa deriva culturale che il Governo sta facendo subire al Paese.
Sono portatore di un appello lanciato da un gruppo di cittadini, di migliaia di cittadini che liberamente e senza essere costretti o sollecitati da forze politiche hanno prodotto un documento che chiede al Governo di rivedere questo tipo di politica. Lo allegherò al mio intervento. Sono cittadini di un comune del Veneto orientale, di Portogruaro, e nel loro appello vengono in qualche misura richiamati tutti i temi portati oggi nella discussione sui diritti civili delle persone ad avere una vita vera anche nel nostro territorio.
Ma ciò che mi preme sottolineare è che il disegno di legge in materia di sicurezza fallisce proprio in quella che è la sua missione, il suo titolo: di sicurezza qui non c'è niente! Ho ascoltato le parole della collega Villecco Calipari che ricordava come bastasse poco per assumere più di 800 precari delle Forze armate in ferma breve che potevano essere assunti con provvedimenti da parte del Governo.
Ci hanno appena ricordato come non vi sia la disponibilità di risorse per le forze di polizia e come una riorganizzazione del sistema delle forze dell'ordine, che sono numerose nel nostro Paese, non venga compiuta; di fatto, l'unica misura che si vuole adottare in termini di sicurezza in questo provvedimento sono le ronde. Leggo: «Non possiamo tacere. Riproporre il disegno di legge sulle ronde è destabilizzante per il sistema sicurezza del Paese e pericoloso per i cittadini». Non lo dice il Partito Democratico. Non lo dicono le forze radicali di sinistra. Lo dicono l'UGL polizia, il COISP, il UILPS e le altre forze sindacali della polizia; lo hanno affermato il 30 aprile.
In altre parole, nel disegno di legge in esame sulla sicurezza non vi è alcun elemento che rende più sicuri i nostri cittadini. Sette mesi fa ho chiesto al Ministro dell'interno di rispondere ad un'interrogazione sul tema della sicurezza del territorio da cui provengo, il Veneto orientale. Vi sono segni concreti di infiltrazione mafiosa: il territorio è ricco, siamo sul litorale veneziano che va da Jesolo a Bibione. Ebbene, vi sono parecchi interessi di riciclaggio, delle forze camorristiche in modo particolare, le notizie di stampa ce lo dicono tutti i giorni. Il signor Ministro non ha trovato di meglio che non rispondere e proporre con il provvedimento in esame le ronde. Voglio chiedere: è con le ronde che si risponde a questi temi, al tema della sicurezza dei cittadini? Su questo vi è il fallimento completo.
Torno a dire che i cittadini hanno bisogno di sicurezza, siamo d'accordo sul fatto che dobbiamo rispondere a questa domanda di sicurezza, ma le risposte che vi sono nel decreto-legge in esame falliscono su tutta la linea: aumentano il senso di insicurezza, aumentano la percezione che questo Paese stia imboccando una strada pericolosissima.
Chiediamo al Governo di rivedere queste posizioni: vi è ancora tempo, ancora nel passaggio al Senato si può invertire la rotta intrapresa (Applausi dei deputati del gruppo Partito democratico).
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Constato l'assenza dell'onorevole Andrea Orlando, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/54: si intende che vi abbia rinunciato.
L'onorevole Bossa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/82.

LUISA BOSSA. Signora Presidente, signor sottosegretario, colleghi, l'ordine del giorno in esame ci sembra necessario per accelerare i tempi di definizione dei procedimenti di applicazione delle misure di prevenzione. Noi chiediamo che sia previsto un immediato intervento del tribunale Pag. 85ed un'altrettanto rapida definizione per assicurare la destinazione dei beni confiscati con conseguente vantaggio per la collettività e la riduzione dei costi per amministrare i beni stessi. Attualmente - lei lo sa bene, signor sottosegretario - la durata eccessiva dei procedimenti di prevenzione deriva in gran parte da difficoltà organizzative degli uffici giudiziari e dalla destinazione di un numero insufficiente di magistrati addetti alla trattazione della materia.
Insomma, noi vogliamo richiamare l'attenzione del Governo, perché introduca termini di durata massima del procedimento patrimoniale in fase di appello e preveda infine l'adozione da parte dei dirigenti degli uffici di provvedimenti idonei, che possano assicurare il rispetto dei termini previsti e delle finalità imposte dalla legge n. 575 del 1965.
L'ordine del giorno in esame, perciò, impegna il Governo a definire un termine della durata del procedimento di appello, attualmente non previsto, attraverso l'introduzione di una normativa che possa magari richiamare quella prevista per il giudizio di primo grado. È un ordine del giorno che riteniamo importante, perché velocizza i procedimenti di prevenzione patrimoniale e per dimostrare ai cittadini che lo Stato è davvero contro la criminalità, perché ne colpisce il cuore colpendone i patrimoni (Applausi dei deputati del gruppo Partito democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Mosella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/18.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi e colleghe, l'ordine del giorno in esame si inserisce in un puzzle che, per fortuna, in queste ore abbiamo voluto un po' concertato, perché dà respiro ad una riflessione che francamente è stata mortificata per le modalità con cui si è svolta e anche per gli strumenti che sono stati utilizzati. Nell'ordine del giorno in esame abbiamo voluto richiamare un concetto in questi giorni, anche sulla stampa, un po' troppo mortificato: abbiamo ricordato che la persona è uguale, senza distinzione di religione, di sesso, di razza e di cittadinanza.
Lo abbiamo fatto pensando a quelle barche, a quelle cosiddette carrette del mare che arrivano. Come governo di centrosinistra, pur avendo avuto tante difficoltà - e lei, signor Presidente, le ha vissute in prima persona - abbiamo saputo sempre riconoscere che da quelle barche, da quelle carrette del mare, scendevano delle persone, donne con bambini, donne incinte, uomini che scappavano da guerre, da tragedie e da condizioni disumane che in molte parti del mondo si continuano a vivere in maniera amplificata. Abbiamo avuto questo atteggiamento e questa attenzione.
Il Presidente del Consiglio, in questi giorni, ha avuto modo di apostrofare, parlando di multiculturalità, gli errori della sinistra. Sicuramente di errori ne abbiamo fatti, ma mai ogni qual volta sono arrivati uomini e donne alle porte del nostro Paese, ci siamo rassegnati ad etichettarli come dei delinquenti. Questo non significa che in mezzo a tante realtà, anche clandestine, non vi siano anche delle persone che delinquono. Quelle è necessario saperle intercettare, individuare e respingere nei modi e nelle forme che il Governo di turno decide e propone.
Con questo ordine del giorno, abbiamo voluto far passare un pensiero, che anche altri autorevoli esponenti del mondo dell'associazionismo italiano impegnati in prima linea nell'accoglienza e nella gestione degli immigrati hanno avuto modo di ripetere: il contenimento, la repressione, le misure penali non devono essere proposte come l'essenza della politica migratoria. Il fulcro della politica migratoria non deve consistere nel respingimento, nelle ronde e quant'altro, ma deve consistere nella capacità di un Paese civile di disporre gli strumenti necessari affinché sia capace di accogliere.
Ciò in un Paese che, sempre di più, per necessità, è un Paese multiculturale. Abbiamo bisogno, infatti, delle braccia di molti immigrati per lavori che noi non Pag. 86siamo più in condizione di svolgere. Abbiamo bisogno del sostegno, anche creativo, di tantissime persone che vengono da diversi Paesi del mondo, che spesso approdano nella clandestinità, ma che fanno della loro vita un modello di solidarietà. Tutti ieri abbiamo visto l'immagine, che è arrivata nelle nostre case attraverso la televisione, di quei due ragazzi di colore che sono intervenuti per fermare e bloccare un pazzo che ha ammazzato un anziano. Altre persone, pur presenti, non si sono mosse, non si sono caricate di quella responsabilità.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DONATO RENATO MOSELLA. Pertanto, vogliamo impegnare il Governo ad individuare tutte le misure economiche e giuridiche necessarie affinché vi sia un sostegno concreto alle associazioni giovanili, alle associazioni sportive, a quelle culturali, religiose, di tutte le religioni, impegnate nell'accoglienza, nell'integrazione e nel reciproco riconoscimento.
Il Paese deve progredire non attraverso la lotta, la repressione e il respingimento, ma attraverso l'integrazione. Questo è il nostro futuro e con questo ordine del giorno abbiamo voluto sottolinearlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/61.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, quando il 30 aprile nell'atrio della Camera è stata scoperta dal Presidente della Repubblica la lapide intitolata a Pio La Torre, visto che eravamo nei giorni di discussione di ciò che oggi diventa legge attraverso la votazione della questione di fiducia, pensavamo che fosse più facile aggiornare la strategia dello Stato nella lotta contro la mafia in materia di beni confiscati, in particolar modo, con riferimento alle risorse monetarie confiscate.
Pensavamo che si potesse aggiornare, destinando le risorse ingenti che a giugno erano confluite nel Fondo unico e che dovrebbero ammontare, grossomodo (perché non si ha certezza del loro ammontare) ad un miliardo e 200 milioni di euro circa.
Pensavamo che potessero essere utilizzate in modo migliore. Speravamo che vi fosse maggiore attenzione. Pensavamo che, se dopo 27 anni ci si poteva accorgere del valore di un impegno che, magari, aveva determinato la morte di La Torre e del suo collaboratore, quest'Assemblea potesse avere la sensibilità di discutere ed accogliere emendamenti proposti nella V Commissione.
Poteva tenere conto delle osservazioni della maggioranza stessa e di alcuni ordini del giorno presentati in occasione dell'esame di un altro provvedimento, l'Atto Camera 1857, ordini del giorno approvati e mai tenuti in considerazione.
Ritenevamo utile che non si ponesse la questione di fiducia per poter inserire nostre proposte emendative e, magari, vederle accolte, se non altro per la ragionevolezza che contengono. Ora siamo costretti a ridurle in ordini del giorno: poco fa ne ha esposto uno l'onorevole Bossa, ora ne espongo io un altro, con il quale ci limitiamo a chiedere che le risorse vengano destinate ai due Ministeri più importanti per ciò che attiene la sicurezza e la lotta alla mafia. In particolare, chiediamo di destinare i proventi derivanti da confische e sequestri per i reati di mafia, usura ed estorsioni, per metà al Ministero dell'interno e per l'altra metà al Ministero della giustizia e di prevedere che questi fondi siano destinati, in un'ottica risarcitoria delle comunità locali, per il potenziamento delle risorse destinate alla lotta alla mafia e per il ristoro dei territori stessi.
Tra le strategie contro la mafia adottate in questi anni, in particolare dal 1992, quelle vincenti che ci hanno consentito di ottenere grandi risultati sono state due: da un lato una repressione forte nei confronti dei boss, dall'altro lato il colpo al cuore dei patrimoni. Una parte importante è stata il riutilizzo nel territorio stesso, perché aveva anche un valore educativo riutilizzare Pag. 87i beni anziché farli deperire e rendere produttivi i terreni poteva diventare utile.
Per quanto riguarda le risorse, invece, il Governo ha pensato che potessero servire per coprire le spese correnti. Questo è un grave errore e noi pensiamo - ed è ciò che chiediamo con il presente ordine del giorno - che esse vengano proporzionalmente restituite ai territori dai quali provengono e che vengano utilizzate per incentivare, implementare ed alimentare il Fondo di solidarietà per le vittime di estorsione e per le vittime di usura, per alimentare il Fondo di rotazione per tutte le vittime dei reati di tipo mafioso e per istituire un Fondo di rotazione destinato ad assicurare la copertura finanziaria degli enti territoriali assegnatari degli interventi di realizzazione e manutenzione delle strutture pubbliche, puntando persino a recuperare quartieri urbani degradati, quelli dai quali troppo spesso proviene la manovalanza della mafia e di cui poi ci dimentichiamo quando legiferiamo.
Speriamo di vedere accolto almeno questo ordine del giorno, senza raccomandazioni, perché le raccomandazioni stanno nella logica della mafia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Bucchino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/14.

GINO BUCCHINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, questo ordine del giorno intende impegnare il Governo ad essere almeno più sensibile nei confronti delle donne incinte immigrate non in possesso di permesso di soggiorno, consentendo loro non tanto di rimanere in Italia indefinitamente, ma di poter almeno fare affidamento su un periodo più lungo prima dell'espulsione, al fine di affrontare serenamente la gravidanza e prendersi cura dei propri figli.
Estendendo da sei mesi ad un anno il periodo successivo alla nascita del figlio in cui vige il divieto di espulsione delle donne immigrate, lo Stato italiano dimostrerebbe di prestare un'attenzione, pur minima, al problema della salute della gestante, del nascituro, della partoriente e del neonato. È noto a tutti che le donne immigrate risultano, di fatto, svantaggiate rispetto alle donne italiane nell'accesso ai servizi e nella fruizione degli esami e dei controlli assicurati dalla normativa vigente per la tutela della gravidanza. Accedono con maggior ritardo e in modo insufficiente alle prestazioni di monitoraggio e di prevenzione previste e ciò determina un maggior rischio di patologia per loro e per i loro bambini al momento della nascita. Le complicanze in gravidanza e al momento del parto sono, infatti, tra le maggiori cause di ricovero di stranieri residenti in Italia. Il problema è particolarmente grave tra le donne immigrate in condizione di irregolarità.
È vero che, attualmente, le donne immigrate irregolarmente non possano essere espulse né respinte durante la gravidanza e fino ai sei mesi successivi alla nascita del figlio. La documentata esperienza di questi ultimi anni ha però dimostrato come, nella stragrande maggioranza, le donne in gravidanza non in possesso del permesso di soggiorno, preferiscano non uscire dalla clandestinità e non usufruire del divieto di espulsione fino a sei mesi dopo il parto, per il timore di venire espulse immediatamente allo scadere del citato periodo prefissato di sei mesi.
Questo ordine del giorno vuole impegnare, quindi, il Governo ad estendere il periodo in cui è vietata l'espulsione di almeno ulteriori sei mesi, anche per consentire alla donna, in tempi accettabili, di trovare un'occupazione ed ottenere, quindi, eventualmente un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Riteniamo che l'impegno proposto sia un atto dovuto, in quanto consentirebbe di migliorare sensibilmente l'accesso ai servizi sanitari e la fruizione delle prestazioni sanitarie, sia da parte delle donne gravide che delle puerpere, nonché di proteggere efficacemente la vita dei nascituri. Si tratterebbe di un provvedimento volto, quindi, a tutelare la salute delle donne e dei loro figli. Un provvedimento simile, inoltre, produrrebbe effetti molto positivi anche sulla Pag. 88prevenzione delle interruzioni volontarie di gravidanza, spesso motivate da oggettive situazioni sociali, come la precarietà per quanto riguarda il lavoro o la situazione abitativa della donna, la carenza di concreti supporti sociali e la mancanza di tutela nel medio e lungo termine.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GINO BUCCHINO. Si segnala infine, signor sottosegretario, che alla luce della sentenza n. 376 - ho concluso, signor Presidente - del 27 luglio 2000 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità del Testo unico sull'immigrazione nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nel periodo successivo alla nascita del figlio, il presente ordine del giorno impegna altresì il Governo a prevedere espressamente tale estensione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Corsini: si intende che abbia rinunziato ad illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/25.
L'onorevole Bernardini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/ 2180-A/75.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, volevo sapere se ho cinque minuti a disposizione.

PRESIDENTE. Si, onorevole Bernardini.

RITA BERNARDINI. L'ordine del giorno che abbiamo presentato come delegazione radicale all'interno del Partito Democratico riguarda i centri di identificazione e espulsione e la loro gestione all'interno di questa nuova normativa che prevede il trattenimento degli extracomunitari fino a sei mesi. Sappiamo già che nella scorsa legislatura venne istituita, nell'ambito del Ministero dell'interno, una commissione di ispezione, allo scopo di verificare le condizioni nei centri di permanenza temporanea, autorevolmente presieduta dall'ambasciatore Staffan De Mistura. Ne venne fuori un quadro effettivamente drammatico, nel senso che si constatò che lo standard di questi centri di permanenza temporanea non rispondeva certo alle complesse problematiche del fenomeno, non consentiva un'efficace gestione dell'immigrazione irregolare e comportava - e direi che comporta tuttora, se non addirittura vedendole aggravate - gravi condizioni di disagio sia per le forze dell'ordine che per le persone ivi trattenute.
Sappiamo che, attualmente, i centri operativi in Italia sono dieci, per una capienza complessiva di 1.219 posti e con l'intenzione del Governo, che ha già stanziato 30 milioni di euro, di costruire dieci nuovi centri di identificazione ed espulsione, allo scopo di avere un centro in ogni regione. L'obiettivo è quello di passare dagli attuali 1.219 posti a 4.640 posti.
Però sappiamo tutti che con il limite, che passa da due mesi a sei mesi, corriamo evidentemente il rischio che la disponibilità dei posti si esaurisca presto, dato che il 40 per cento dei migranti trattenuti in questi centri non viene rimpatriato con un conseguente aumento dei costi di mantenimento.
Allora ci chiediamo come sia possibile migliorare questa situazione. Credo che non possiamo più tollerare che la situazione sia come quella riscontrata recentemente (solo due giorni fa) dall'onorevole Elisabetta Zamparutti presso il centro di identificazione e di espulsione di via Corelli a Milano.
Che cosa succede dentro questo centro? Innanzitutto, che sono «conviventi» diverse tipologie di immigrati da quelli che hanno commesso reati e che hanno già scontato la galera a persone che hanno semplicemente bisogno di un aiuto umanitario, persone più deboli e sicuramente vulnerabili.
Allora, innanzitutto bisogna prevedere in questi centri che non ci sia questa promiscuità ed è su questo che chiediamo un impegno al Governo, così come chiediamo che all'interno di questi centri ci sia Pag. 89uno standard logistico omogeneo per tutti i CIE d'Italia dove ci siano adeguati spazi comuni, condizioni igieniche adeguate, attività ricreative per la fase anche di ascolto mirato, nonché un numero di camere e di bagni commisurato alla presenza di extracomunitari.
Infine, occorre adottare ogni utile iniziativa per assicurare la qualità e l'efficacia dei servizi prestati all'interno di questi centri. Mi auguro che poi si decida di monitorare i nuovi centri che verranno aperti, comunque credo che sia un dovere di ogni parlamentare continuare a verificare quello che succede e, nel caso in cui ci siano violazioni di legge (come è già capitato), credo che sia dovere di un parlamentare non solo segnalarlo all'Assemblea e ai Ministeri, ma anche di presentare denunce alla magistratura.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Causi, si intende che abbia rinunziato ad illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2180-A/26.
L'onorevole Mattesini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/ 2180-A/12.

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di promuovere e sostenere in modo fattivo e concreto tutte le iniziative di regioni e di enti locali (ma di tutte le altre istituzioni prossime al territorio quali aziende pubbliche, scuole e così via) che sono volutamente destinate a favorire tutte le forme di partecipazione per attivare appunto la cittadinanza attiva.
Si tratta, cioè, di tutte quelle iniziative che promuovono e sostengono la costruzione, ma anche il rafforzamento di una cosa importante quale il senso di appartenenza, quel senso di appartenenza della collettività al proprio territorio. Infatti, sappiamo bene che è proprio il senso dell'appartenenza che fa scaturire in modo naturale il senso di responsabilità verso se stessi e verso la collettività tutta.
Sono infatti il senso di responsabilità e di appartenenza che alimentano la coesione sociale ed il senso di sicurezza, nonché di rassicurazione. Se non c'è questo si fa spazio al conflitto sociale alla violenza e all'insicurezza.
Sappiamo bene quanto la sicurezza sia anche il frutto di ordine pubblico, ma è prima di tutto il prodotto dell'incontro serio, rigoroso e fecondo di politiche di ordine pubblico affiancate da serie politiche di inclusione sociale, di sviluppo economico e insomma di tutte le politiche anche di prevenzione.
Ora, nel corso degli anni, in molti territori italiani si sono sviluppati progetti importanti rivolti proprio alla costruzione di cittadinanza attiva. Ormai si sono strutturate reti istituzionali ed associative. C'è una attività fervente di promozione della cultura della legalità senza la quale non c'è sicurezza.
Ad oggi tutte queste iniziative non sono più soltanto progetti e neanche vere e proprie buone prassi, ma rappresentano in gran parte del territorio italiano azioni amministrative permanenti e strutturate. Cito, per fare degli esempi, il comune di Sesto Fiorentino con il progetto «Sesto mio», piuttosto che le tante attività dei territori dell'aretino, a partire da quelli dell'amministrazione provinciale e del comune capoluogo.
Insomma, in questa nostra Italia esistono concretamente mezzi, ma anche cultura, che possono permetterci di reagire alle esigenze di sicurezza non attivando ronde, non militarizzando i nostri territori, non instillando paure, sospetto e distanza, ambiti che aprono prepotentemente la porta al razzismo e alla xenofobia.
Quindi, colleghi, dobbiamo sforzarci di guardare alle esperienze virtuose che questo Paese è già in grado di esprimere. Non dobbiamo tornare indietro pensando, invece, di andare avanti, ma dobbiamo andare veramente avanti. Solo facendo così riusciremo a trasformare la difficoltà in opportunità. Abbiamo bisogno di questo e di evolvere, non di regredire. Abbiamo bisogno di scoprire nuove strade, non di chiudere quelle sin qui aperte.
Porto l'esempio prezioso del lavoro svolto dalla regione Toscana che si è Pag. 90dotata, già a partire da dieci anni fa, di leggi importanti. La prima è del 1999 e riguarda proprio la promozione della cultura della legalità democratica e che destina risorse importanti utilizzate da quasi tutte le scuole del territorio toscano e che finanzia attività importanti di sensibilizzazione e formazione della legalità e che è stata finanziata nel solo 2008 con due milioni di euro.

PRESIDENTE. Onorevole Mattesini, la prego di concludere.

DONELLA MATTESINI. La seconda legge importante è la n. 38 del 2001, che riguarda interventi a sostegno delle politiche locali per la sicurezza e che finanzia interventi importanti per i comuni. Insomma, in questi dieci anni sono stati attivati non solo in Toscana, ma ovunque, interventi preziosi di promozione della legalità, di formazione degli operatori, di sostegno alla polizia municipale e così via. Credo che, proprio per questo, dobbiamo chiedere al Governo con questo ordine del giorno il sostegno a tante esperienze positive a partire da quelle che ho citato.
Tra l'altro si tratta di esperienze importanti in enti locali e regioni che sono altresì strozzati dalla mancanza di risorse e, ad esempio, dal blocco derivante dal patto di stabilità. Ma se vogliamo davvero attivare politiche di sicurezza (e non norme come quelle che siamo andati ad approvare oggi che non hanno nulla a che fare con la sicurezza, ma soltanto con forme repressive, ingiuste, criminali e disumane di controllo e basta) dobbiamo partire proprio dal rafforzare e sostenere le attività che nei territori sono già attive da molto tempo e che possono ulteriormente svilupparsi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Pelino n. 9/2120-A/1.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Minardo n. 9/2180-A/2, a condizione che sia riformulato nel senso di sostituire, nel dispositivo, la parola «uno stanziamento» con le parole «adeguate risorse» e le parole «al fine di garantire» con le parole «al fine di mantenere».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Marinello n. 9/2180-A/3, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di riconsiderare la durata massima di otto anni per l'incarico di giudice di pace, sia pure subordinatamente al giudizio periodico di idoneità».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Polledri n. 9/2180-A/4, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «impegna il Governo a intensificare, d'intesa con i gestori dei locali di intrattenimento e spettacolo, il lavoro per garantire la sicurezza all'interno dei locali medesimi».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Zeller n. 9/2180-A/5, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «impegna il Governo a seguire gli orientamenti che si stanno prefigurando a livello europeo, valutando la possibilità di adottare le opportune iniziative volte a contrastare il fenomeno della pedopornografia impedendo ai minori l'accesso ai siti pornografici».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Garagnani n. 9/2180-A/6, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «impegna il Governo a mantenere il pieno rispetto delle regole riguardanti l'accesso nei CIE».
Il Governo accetta l'ordine del giorno n. 9/2180-A/7, a condizione che il dispositivo sia così riformulato: «impegna il Governo a garantire effettivamente, prima delle prossime iscrizioni scolastiche, il diritto allo studio ai minori presenti nel nostro Paese a prescindere dalla condizione giuridica dei propri genitori».

PRESIDENTE. Signor sottosegretario, la posso pregare di ripetere, insieme al numero dell'ordine del giorno, anche il nome del firmatario? Si trattava dell'onorevole Ghizzoni.

Pag. 91

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Coscia n. 9/2180-A/8 a condizione che sia riformulato come segue: nella parte narrativa si elimina il secondo e il terzo capoverso; la parte dispositiva è così riformulata: «impegna il Governo ad adottare, prima delle prossime iscrizioni scolastiche, ulteriori iniziative per far sì che la norma citata in premessa includa i percorsi scolastici di ogni ordine e grado».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Sarubbi n. 9/2180-A/9 a condizione che sia riformulato come segue: nella parte narrativa va precisato che il permesso di soggiorno CE riguarda i soggiornanti di lungo periodo; nella parte dispositiva sostituire le parole: «ad adottare le opportune iniziative normative volte a reperire» con le seguenti: «a valutare le opportune iniziative volte a reperire...».
Ci sono adesso una serie di pareri contrari che si fondano su due premesse che indico in modo comune all'uno e all'altro gruppo. Dove ad avviso del Governo ciò che costituisce atto di impegno è già esistente nell'ordinamento o comunque nell'azione di Governo, si ritiene poco plausibile che si assuma l'impegno a fare qualcosa che già esiste; ciò motiva il parere contrario. Vi è un altro gruppo di ordini del giorno che impegnano il Governo ad assumere delle iniziative legislative; tuttavia l'iniziativa legislativa del Governo ha pari dignità rispetto a quella dei componenti del Parlamento e quindi si ritiene che sia preferibile la presentazione di proposte di legge. Sulla base di questi differenti presupposti il Governo non accetta gli ordini del giorno De Torre n. 9/2180-A/10, De Pasquale n. 9/2180-A/11, Mattesini n. 9/2180-A/12, Fedi n. 9/2180-A/13, Bucchino n. 9/2180-A/14, Murer n. 9/2180-A/15, Livia Turco n. 9/2180-A/16, Binetti n. 9/2180-A/17, Mosella n. 9/2180-A/18 e Sbrollini n. 9/2180-A/19.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Miotto n. 9/2180-A/20 per rispetto del sistema delle autonomie, dato che si chiede un impegno del Governo a fare ciò che invece attiene alla sfera di autonomia degli enti territoriali, in particolare del sindaco. Il Governo non accetta, inoltre, l'ordine del giorno Lenzi n. 9/2180-A/21.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Grassi n. 9/2180-A/22 a condizione che il dispositivo sia riformulato come segue: «impegna il Governo ad un'informativa completa sulle condizioni di vita all'interno dei CIE».

PRESIDENTE. Mi scusi signor sottosegretario, quindi l'ordine del giorno Grassi n. 9/2180-A/22 è accettato con riformulazione?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Sì, esatto.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Pedoto n. 9/2180-A/23, Narducci n. 9/2180-A/24, Corsini n. 9/2180-A/25, Causi n. 9/2180-A/26 e Lulli n. 9/2180-A/27.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Viola n. 9/2180-A/28 a condizione che il dispositivo sia riformulato come segue: «impegna il Governo a promuovere il coinvolgimento dell'Unione europea nell'organizzazione del sistema di asilo».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mantini n. 9/2180-A/29, purché il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a proporre in sede europea la cooperazione con la Libia sul fronte del rispetto dei diritti dei profughi e dei richiedenti asilo». L'ordine del giorno Ciocchetti n. 9/2180-A/30 è stato dichiarato inammissibile.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Galletti n. 9/2180-A/31, mentre accetta l'ordine del giorno Libè n. 9/2180-A/32, a condizione che il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a perseguire ogni ulteriore iniziativa volta a ridurre progressivamente ingiuste disparità di trattamento retributivo per il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco». Quindi, con questa riformulazione il Governo accetta tale ordine del giorno.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Pezzotta n. 9/2180-A/33, mentre accetta l'ordine del giorno Mannino n. 9/2180-A/34, Pag. 92a condizione che il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a valutare, al fine di un'ottimale impiego di risorse, ulteriori misure di coordinamento tra le forze di polizia», sopprimendo la parte restante del dispositivo.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Vietti n. 9/2180-A/35, Ciccanti n. 9/2180-A/36, Bosi n. 9/2180-A/37, mentre accetta l'ordine del giorno Occhiuto n. 9/2180-A/38. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Compagnon n. 9/2180-A/39 perché dai dati a disposizione risulta un totale di 160 unità, inclusi i 70 militari per la tutela del CIE di Gradisca d'Isonzo in provincia di Gorizia.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Volontè n. 9/2180-A/40, purché sia soppressa tutta la parte motiva e il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a ogni utile iniziativa per salvaguardare un livello qualitativo adeguato del servizio dei vigili del fuoco».
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Rao n. 9/2180-A/41 e Capitanio Santolini n. 9/2180-A/42, mentre accetta l'ordine del giorno Tassone n. 9/2180-A/43, purché il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a valutare positivamente le associazioni o le ONG che svolgano attività di formazione degli stranieri nei Paesi d'origine in vista del loro ingresso regolare in Italia».
Il Governo, altresì, accetta l'ordine del giorno Palomba n. 9/2180-A/44, purché il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a valutare iniziative atte a far fronte al rilevante carico di lavoro sopra ipotizzato, comprese quelle volte a garantire i mezzi materiali e l'ampliamento dell'organico degli uffici dei giudici di pace e del pubblico ministero», sopprimendo la parte restante.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Evangelisti n. 9/2180-A/45, Paladini n. 9/2180-A/46, Barbato n. 9/2180-A/47, Scilipoti n. 9/2180-A/48, Di Giuseppe n. 9/2180-A/49, Pisicchio n. 9/2180-A/50 e Borghesi n. 9/2180-A/51, mentre accetta l'ordine del giorno Caparini n. 9/2180-A/52, purché il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di idonei provvedimenti al fine di incrementare le unità operative di pubblica sicurezza operanti nella provincia di Brescia», sopprimendo la parte restante.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Zaccaria n. 9/2180-A/53, Andrea Orlando n. 9/2180-A/54 e Laganà Fortugno n. 9/2180-A/55, mentre accetta l'ordine del giorno Marchi n. 9/2180-A/56 (Nuova formulazione). Il Governo accetta l'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/2180-A/57, purché sia soppresso il secondo capoverso della premessa e il dispositivo sia riformulato nei seguenti termini: «impegna il Governo a trarre il contingente dei reclutandi nelle carriere iniziali delle forze di polizia, ricorrendo dapprima ai vincitori di concorso poi, subordinatamente, ai vincitori, ai volontari delle forze armate (...)» e così fino alla fine.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Lovelli n. 9/2180-A/58, a condizione che venga integralmente riformulato sostituendo il dispositivo come segue: impegna il Governo ad una particolare attenzione per le esigenze di sicurezza connesse ai raduni musicali denominati rave party.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Bobba n. 9/2180-A/59.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Capano n. 9/2180-A/60, a condizione che, eliminando tutto il resto, venga riformulato sostituendo il dispositivo come segue: impegna il Governo ad applicare la norma di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), nel senso che essa non fa alcun riferimento alla dichiarazione di nascita del figlio o al riconoscimento dello stesso.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Antonino Russo n. 9/2180-A/61, Samperi n. 9/2180-A/62, Calvisi n. 9/2180-A/63 e Fontanelli n. 9/2180-A/64.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Rossomando n. 9/2180-A/65, a condizione che venga riformulato modificando integralmente la parte motiva e sostituendo il dispositivo come segue: «impegna il Governo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, a riferire compiutamente in Parlamento su Pag. 93tutti gli effetti conseguenti all'introduzione nell'ordinamento del reato di ingresso clandestino».
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Velo n. 9/2180-A/66, Codurelli n. 9/2180-A/67, Oliverio n. 9/2180-A/68, Lo Moro n. 9/2180-A/69, Ferranti n. 9/2180-A/70, Touadi n. 9/2180-A/71, Schirru n. 9/2180-A/72, Pollastrini n. 9/2180-A/73, Farina Coscioni n. 9/2180-A/74 e Bernardini n. 9/2180-A/75.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Contento n. 9/2180-A/76, a condizione che venga riformulato facendo salvi i primi quattro capoversi della parte motiva e sopprimendo tutti gli altri, e sostituendo il dispositivo nei seguenti termini (coincidenti sostanzialmente con il primo capoverso): «impegna il Governo a monitorare per un periodo di un anno (...)», fermandosi alle parole «relativi a lavori», sopprimendo tutto il resto.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Sani n. 9/2180-A/77.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Fallica n. 9/2180-A/78, a condizione che venga riformulato sostituendo il dispositivo come segue: «impegna il Governo a valutare l'opportunità che i beni e le somme in denaro confiscati alla criminalità organizzata siano reimpiegati per il potenziamento e il pagamento di spettanze accessorie delle forze di polizia per le spese di giustizia o per scopi di pubblica utilità, preferendo i territori nei quali è avvenuto il sequestro».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Mario Pepe (PdL) n. 9/2180-A/79, a condizione che venga riformulato, facendo salva la parte restante, modificando il primo capoverso della parte dispositiva in questi termini: «impegna il Governo a rafforzare la lotta alla dispersione e all'abbandono scolastico in favore dei minori stranieri».
Il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Angeli n. 9/2180-A/80, altrimenti il parere è contrario.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Biagio n. 9/2180-A/81, a condizione che il dispositivo venga riformulato come segue: «impegna il Governo a valutare l'ipotesi di un'azione tesa a tutelare il processo di integrazione degli immigrati nel nostro Paese».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Bossa n. 9/2180-A/82, purché riformulato, fatta salva la parte dispositiva, come segue: «impegna il Governo a garantire tempi rapidi di definizione dei procedimenti finalizzati ad applicare le misure di prevenzione».

PRESIDENTE. Come convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani, a partire dalle 9, con la votazione degli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto con ripresa televisiva diretta e il voto finale.

Annunzio della formazione di una componente politica nell'ambito del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che è stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, del Regolamento e sulla base della richiesta pervenuta in data 13 maggio 2009, la formazione, nell'ambito del gruppo parlamentare Misto, della componente politica denominata «Repubblicani, Regionalisti, Popolari», cui aderiscono i deputati Giorgio La Malfa e Francesco Nucara, già iscritti alla componente Liberal Democratici-MAIE, e Mario Baccini.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 14 maggio 2009, alle 9:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 733 - Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (2180-A).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione; Sisto, per la II Commissione.

Pag. 94

2. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
S. 1302 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sulla cooperazione nella lotta alla criminalità, fatto a Roma il 5 novembre 2003 (Approvato dal Senato) (2226).
- Relatore: Stefani.

S. 1317 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Minsk l'11 agosto 2005 (Approvato dal Senato) (2294).
- Relatore: Picchi.

S. 1318 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Croazia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 29 ottobre 1999 e Scambio di Note correttivo effettuato a Zagabria il 28 febbraio 2003, il 7 marzo 2003 ed il 10 marzo 2003 (Approvato dal Senato) (2363).
- Relatore: Biancofiore.

S. 1316 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Lubiana l'11 settembre 2001 (Approvato dal Senato) (2362).
- Relatore: Biancofiore.

(ore 15)

3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 20,45.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO SOUAD SBAI SULL'EMENDAMENTO 1.1000 DEL GOVERNO RIFERITO AL DISEGNO DI LEGGE N. 2180-A

SOUAD SBAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento contiene una serie articolata di riforme che, su fronti diversi, si caratterizzano per la comune finalità volta a garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica. Il Governo ha voluto agire sull'immigrazione, la sicurezza urbana, la tutela dei soggetti deboli e, più in generale, la sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio attraverso la legislazione antimafia.
Si tratta di interventi che toccano il cuore dei cittadini perché sono volti a mettere in atto le misure idonee, con appropriati mezzi, di ostacolo alla criminalità, o all'immigrazione clandestina, ma, al tempo stesso, garantire i soggetti più deboli.
Da qualche tempo tutto il paese chiedeva norme che mettessero in grado le istituzioni di porre un freno al fenomeno incontrollato dell'immigrazione clandestina. In merito ai flussi di immigrati irregolari che ogni anno a migliaia si riversano nel nostro paese, in molti dimenticano il racket e la mafia che si alimenta dietro questo fenomeno, così come non pensano ai danni che questa situazione ha arrecato in tutti questi anni ai tanti immigrati onesti che sono entrati in Italia rispettando la legge e che vorrebbero viverci continuando a rispettarla.
Sono oltre sei mila gli irregolari sbarcati in Italia solo quest'anno, il doppio dello stesso periodo dell'anno precedente. Raddoppiano gli arrivi sulle coste e raddoppia il numero dei minori non accompagnati. I «viaggi della speranza» non rallentano più neppure d'inverno, quando le condizioni atmosferiche rendono ancora Pag. 95più pericolose le traversate. La mancanza di regole incisive ha spinto quindi i mercanti di esseri umani ad aumentare il loro business mandando a morire i clandestini imbarcandoli a qualsiasi condizione. Da donna italiana di origine marocchina mi sento di dire che è giunta l'ora che chi aspira ad una vita migliore qui da noi debba giungere legalmente in Italia, per concorrere al suo sviluppo economico, sociale, istituzionale senza cadere vittima della criminalità organizzata. È pericoloso fare entrare clandestini che vanno ad ingrossare le sacche di criminalità sociale in un contesto di crisi come quello che stiamo vivendo. È ancor più pericoloso quel multiculturalismo di stampo buonista che, convinto di agire nel nome del rispetto delle differenze di usi e costumi, è pronto a comprendere e giustificare qualsiasi cosa. Vorrei ricordare che quest'anno è stato registrato un aumento dei casi di violenza sulle donne che vede protagoniste anche coppie di immigrati. Chi viene in Italia non può vivere seguendo tradizioni incompatibili con l'ordinamento italiano, deve conoscere e rispettare le leggi di questo Paese, studiandone la lingua e la Costituzione. Non è tollerabile continuare a subire ingressi a oltranza, considerato anche il rischio di terrorismo internazionale. Spesso assieme ai clandestini, entrano appartenenti a gruppi estremisti islamici che mirano a imporre la propria ideologia fondamentalista all'interno delle comunità di stranieri. Il rischio c'è, lo dimostra uno degli ultimi fatti: proprio ieri la Digos di Bari ha sgominato una cellula di al-Qaeda che usava l'Italia come punto d'appoggio per portare clandestini in Europa e che aveva anche pianificato un attentato in Francia. Sempre ieri la stampa francese denunciava il pericolo di reclutamento di immigrati per l'esecuzione di attacchi kamikaze da parte della cellula nord africana di al-Qaeda, mentre nei mesi scorsi la stampa algerina aveva lanciato il grido d'allarme sul fatto che i terroristi islamici stessero già chiedendo ai clandestini in partenza verso l'Italia e la Spagna di eseguire attentati, non tutti naturalmente.
Il provvedimento che oggi votiamo farà in modo che ci sia meno delinquenza per le strade e più sicurezza, meno criminalità e più controllo. Farà in modo che venga garantito il diritto dei cittadini a sentirsi detentori e possessori delle proprie città, nella misura in cui lo spazio pubblico appartiene ad ogni singolo cittadino che contribuisce alla sua crescita e al suo sviluppo. Che il matrimonio non diventi uno svilente pretesto per acquisire la cittadinanza. Che gli immigrati regolari in Italia possano vivere decorosamente nel pieno rispetto dei propri diritti.
Il Governo ha il dovere di garantire questi diritti per coloro che vivono nel territorio della Repubblica Italiana, dando a tutti pari opportunità per il pieno sviluppo della propria personalità. Ed ha, allo stesso il tempo, il compito di far sì che ai propri cittadini e a chi soggiorna entro i nostri confini siano garantiti i necessari mezzi di sussistenza per vivere dignitosamente: credo che l'ingiustizia sia quella di accogliere tutti senza avere pane a sufficienza per nessuno. Diventa allora necessario, da una parte, mettere gli stranieri nella condizione di restare proficuamente nel proprio Paese, per aiutarlo a prosperare, senza svuotarlo delle sue migliori energie vitali: a nessuno piace dovere lasciare la propria terra d'origine. Dall'altra, di giungere in Italia in una condizione di legalità.
L'Italia oggi deve e può cogliere la grande occasione di proporre un modello di integrazione nuovo ed efficace rispetto a quanto fatto dagli altri stati europei, un modello che sappia intercettare il trait d'union che collega sicurezza, diritti e legalità.
Dal testo che oggi licenziamo sono state espunte le norme che prevedevano la possibilità per i medici di denunciare i clandestini che si fossero rivolti alle strutture sanitarie. Molto è stato fatto in quest'anno di alacre lavoro da un Governo che si è subito contraddistinto per l'energia, le azioni ed i risultati ottenuti. Molto resta ancora da fare.
Gli immigrati rappresentano una grande risorsa per l'Italia: secondo recenti Pag. 96dati contribuiscono per il 9,2 per cento alla creazione del prodotto interno lordo a livello nazionale. Senza di essi tutto il comparto dell'assistenza domiciliare crollerebbe, quello agricolo subirebbe un grave danno.
Sempre di più sono i figli di immigrati nati in Italia per i quali è necessario garantire un futuro prospero e sgombro da ostacoli, un futuro da italiani che amano il proprio Paese e lavorano per la sua crescita. Ecco perché bisogna lavorare profondamente su tutti gli aspetti che coinvolgono l'immigrazione: per consegnare a chi verrà un Paese civile, onesto, sicuro e con opportunità per tutti i cittadini di buona volontà.
L'integrazione in un'Italia demograficamente sempre più «colorata» si può raggiungere solo con la garanzia della sicurezza e della legalità, vigilando sul rispetto dei diritti di tutti e sulla salvaguardia della dignità dell'uomo, italiano o straniero che esso sia. Questa è la via da intraprendere per abbracciare il progetto di una società più aperta, più evoluta e più libera.
Nell'esprimere la mia soddisfazione per l'azione governativa, non posso che rafforzare il mio impegno di deputata per far sì che l'Italia, la terra mi ha accolto, si dimostri una volta di più solidale ed accogliente, libera e sicura.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO MATTEO BRIGANDÌ SULL'EMENDAMENTO 2.1000 DEL GOVERNO RIFERITO AL DISEGNO DI LEGGE N. 2180-A

MATTEO BRIGANDÌ. Onorevoli colleghi, con questo provvedimento si portano a compimento le richieste fatte dai nostri elettori in materia di sicurezza. La Lega Nord sia con l'emanazione del primo decreto-legge, il n. 92 del 23 maggio 2008, che con l'approvazione dell'attuale disegno di legge, ha contribuito fattivamente all'introduzione di norme volte, non solo alla repressione di reati che provocano nell'opinione pubblica un grave allarme sociale, ma anche di misure atte a contrastare efficacemente la microcriminalità.
Tra le misure adottate mi preme ricordare, innanzitutto, quella cosiddetta anti-racket che, attraverso una modifica al codice degli appalti, va ad introdurre un fondamentale principio giuridico: l'imprenditore che è stato concusso o estorto deve denunciare i fatti di cui è vittima; diversamente il suo comportamento omertoso non può essere privo di conseguenze; la mafia, la si contrasta attraverso misure efficaci e non con parole vuote. Oggi attraverso questo intervento si contrastano i comportamenti omertosi: chi è omertoso viene escluso, per il futuro, dalla partecipazione agli appalti, pur riconoscendo che colui che ha commesso il fatto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, ovvero in stato di necessita o di legittima difesa, non possa essere considerato un soggetto omertoso.
Inoltre, sempre in tema di appalti pubblici, al fine di prevenire infiltrazioni mafiose, sono stati conferiti al Prefetto poteri di accesso ed accertamento nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici avvalendosi di gruppi interforze. Inoltre è stata prevista l'emanazione di un regolamento di delegificazione che provvederà a definire le norme relative al rilascio delle comunicazioni ed informazioni riguardanti gli accessi e gli accertamenti effettuati ai sensi della presente normativa.
Di poi, sempre al fine di non consentire infiltrazione da parte della delinquenza di tipo mafioso, si è ampliata la platea dei soggetti presso i quali possono essere svolti da parte dell'Alto Commissario Antimafia, accessi e accertamenti, richiamando (tecnicamente attraverso una sostituzione) quelli individuati dal decreto cosiddetto antiriciclaggio n. 231 del 2007 (fra cui ad esempio: case d'asta e gallerie d'arte; commercio di cose antiche; società di gestione accentrata di strumenti finanziari, eccetera).
Un altro importante intervento, sempre in tema di criminalità mafiosa, è quello che ha esteso le disposizioni di cui alla legge 575 del 1965, modificando il titolo della legge in: «Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, Pag. 97anche straniere», ai soggetti indiziati di trasferimento fraudolento di valori, ed inoltre si è proceduto alla riformulazione, all'interno di un disegno di repressione dei reati che destano forte allarme sociale nell'opinione pubblica (associazione mafiosa e finalizzata al traffico di droga, terrorismo, tratta, sequestro di persona a scopo di estorsione, riciclaggio, eccetera), della portata della cosiddetta confisca di valori ingiustificati, consentendo anche la confisca «per equivalente», eliminando il riferimento al «prodotto, profitto o prezzo del reato» nella determinazione del valore delle somme, dei beni e delle altre utilità da confiscare, così da consentire una portata più estensiva alla confisca rispetto all'attuale.
Si è modificato l'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, che disciplina il regime carcerario speciale per soggetti detenuti per reati di particolare allarme sociale (mafia, terrorismo, tratta di persone, eccetera). Tale modifica stabilisce che detto regime può essere applicato non solo a coloro che sono detenuti o internati per taluno dei delitti di cui all'articolo 41-bis, ma anche a coloro che sono detenuti o internati comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso. Inoltre, viene eliminato ogni dubbio interpretativo favorevole al reo (che attualmente alcuni tribunali applicavano) in caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, chiarendo che il regime carcerario speciale può essere disposto anche quando sia stata già espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nel suddetto articolo 41-bis. Infine si è innalzata la durata del provvedimento a quattro anni (attualmente la durata è non inferiore ad un anno e non superiore a due) e la proroga può essere biennale (oggi è annuale). Con questa modifica si consente di incidere duramente su coloro a cui si applica la disciplina del regime carcerario speciale. Non si consente, da un lato, alcun dubbio interpretativo circa la corretta applicazione della normativa (a volte seguita da alcuni tribunali), e dall'altro lato, si «amplia» l'applicazione sia temporale (fino a quattro anni) che fattuale (per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso).
Infine, si è provveduto alla modifica della normativa in materia di scioglimento dei consigli comunali e provinciali in conseguenza di fenomeni di infiltrazioni e di condizionamenti di tipo mafioso o similare, stabilendo, ai fini dei presupposti dello scioglimento, che gli elementi debbano essere «concreti univoci e rilevanti» e introducendo una maggiore specificazione della fattispecie del condizionamento, attraverso la distinzione della fattispecie dell'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi, da quella della compromissione del buon andamento o dell'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali. Inoltre si introduce una disciplina di rango legislativo del procedimento di accertamento dei presupposti richiesti dalla legge per lo scioglimento dei consigli degli enti locali, procedimento che non è attualmente oggetto delle disposizioni del TUEL.
Vi è un'importante misura preventiva nei confronti degli amministratori locali che, con le loro condotte, abbiano determinato lo scioglimento del consiglio dell'ente locale: l'incandidabilità temporanea limitata dal punto di vista temporale (al turno di elezione immediatamente successivo allo scioglimento). Si è previsto che anche i segretari comunali e .provinciali, direttori generali, dirigenti e dipendenti dell'ente locale, debbano essere «valutati» in ordine a detti condizionamenti, allo scopo di fronteggiare i fenomeni di infiltrazione e condizionamento mafioso. Qualora in esito ai controlli effettuati, il Ministro dell'interno, con decreto adottato su proposta del Prefetto, prenda i provvedimenti utili al fine di far cessare la situazione in atto, nonché a ripristinare la normale vita amministrativa dell'ente, ivi inclusa la sospensione dall'impiego, la sua destinazione ad altro ufficio o ad altra mansione, con obbligo di attivazione del Pag. 98procedimento disciplinare. Siamo pienamente convinti che le misure illustrate, unitamente alle altre importanti disposizioni illustrate dai colleghi e contenute nelle restanti parti del testo, saranno in grado di corrispondere alla domanda di sicurezza che sale dal Paese e per queste ragioni esprimiamo il nostro voto favorevole.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO RODOLFO GIULIANO VIOLA IN SEDE DI ILLUSTRAZIONE DEGLI ORDINI DEL GIORNO RIFERITI AL DISEGNO DI LEGGE N. 2180-A

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Vorrei citare l'appello contro il razzismo per non imbarbarire la nostra convivenza civile proposto dal Comitato per la pace di Portogruaro, Zeroguerre, Emergency, Associazione «Nessuno è straniero», Sindacato CGIL, Centro per i diritti del malato nella ASSL 10 «Veneto Orientale» e sottoscritto da Imelde Rosa Pellegrini, Pierina Leder, Valentino Zanon, Ilaria Zamborlini, Andrea Zanon, Marisa Furlanetto, Sara Moretto, Ivana Franceschinis, Ivo Simonella, Adriano Zanon, Ermes Drigo (Portogruaro 28 febbraio 2009).
Premessa: esprimiamo pubblicamente il nostro allarme per quanto sta maturando sul piano istituzionale in riferimento alla marginalità, accompagnato da una crescente indifferenza della società civile, apparentemente dimentica della sua storia e della tradizionale disponibilità all'accoglienza.
Appena ieri migliaia e migliaia di nostri concittadini hanno vissuto in terra di emigrazione in Europa e oltreoceano una storia di rifiuto e di criminalizzazione analoga a quella che ora si abbatte sugli odierni immigrati che percorrono le nostre strade alla ricerca di più vivibili condizioni di vita: i cognomi dei connazionali emigranti a partire da fine Ottocento sono gli stessi che ritroviamo oggi sulle guide telefoniche del Portogruarese, del Sandonatese, dell'Europa e del mondo.
A spingere lontani dalla patria i nostri nonni sono state le stesse motivazioni che oggi portano da noi i nuovi immigrati: la fame, l'ingiusta divisione delle risorse del pianeta, l'insicurezza sociale e politica.
Chi si esprime con «cattiveria»di fronte a questo nuovo ed antico volto del cosiddetto «diverso», dimentica la storia e i principi basilari della convivenza civile. Chi guarda a questi uomini, anche se forniti di regolare permesso, come a dei potenziali nemici, secondo la logica della provenienza geografica, chi teme la loro concorrenza nel lavoro, nei servizi sociali e nella sanità, ignora che si tratta di persone che, in quanto tali, hanno i nostri stessi diritti.
Puntualizziamo quanto segue.
Lavoro: gli immigrati sono una risorsa per la nostra economia e non un pericolo. Essi, oltre a produrre ricchezza per il nostro Paese, pagano tasse e contributi in quantità maggiore di quanto non viene loro restituito in termini di servizi, previdenza e stato sociale.
Clandestinità: preoccupa l'introduzione del reato di clandestinità, nei confronti di moltissimi esseri umani che approdano nel nostro paese e per i quali vanno attivate strategie di legale, civile soluzione, non preventivamente discriminatorie. Essere «clandestini »non è mai una scelta, ma una condizione di vita da cui si vorrebbe uscire nel rispetto di leggi ispirate al senso dell'umana dignità.
Sicurezza: esprimiamo condanna degli episodi di violenza, riferiti spesso, però, in modo enfatico e tendenzioso, trasformati da colpe personali in colpe collettive. La colpa è sempre personale, mai collettiva, cioè riferita superficialmente ad un intero popolo o etnia: è questo un principio cardine del diritto che, se non rispettato, apre inesorabilmente le porte al razzismo di cui c'è inquietante testimonianza nella storia trascorsa.
Ronde e similari: dall'insicurezza e dalla paura, spesso usate politicamente per aumentare il consenso elettorale, non si esce con le ronde alimentate da diversi Pag. 99colori, con l'uso ambiguo di volontari pagati privatamente o con l'impiego dell'esercito, ma con le forze dell'ordine istituzionali.
Salute: i medici sono chiamati a curare e non a denunciare gli ammalati, anche se stranieri e momentaneamente sprovvisti del permesso di soggiorno. A questo sono tenuti dal giuramento di Ippocrate e dall'articolo 32 della Costituzione. Con la minaccia di denuncia si provoca la fuga dai presidi sanitari di cura e di prevenzione delle malattie infettive. Quest'ultime non conoscono le barriere del colore della pelle e della provenienza geografica e mettono in pericolo la salute di tutti.
Schedatura dei marginali: ci sgomenta l'intenzione di schedatura riferita a barboni, rom e sinti (compresi i bambini) spacciata come utile e salvifica, in realtà suscettibile di essere utilizzata, come è avvenuto di frequente nella storia, come strumento di discriminazione. Costoro rischiano di divenire utili capri espiatori su cui scaricare ben altre responsabilità.
Classi ponte: neghiamo, sulla scorta della memoria storica che ha abolito ancora negli anni settanta del secolo scorso le scuole speciali, l'istituzione di luoghi separati per bambini stranieri. L'educazione anche linguistica si compie in un ambiente stimolante di accoglienza, attivando strategie didattiche di confronto tra parlanti coetanei, anche perché le diversità, calate in un ambiente culturale corretto, stimolano ed arricchiscono e favoriscono una reale integrazione.
Ricongiungimenti familiari, tassa sul permesso di soggiorno, permesso a punti, diritto di cittadinanza basato sullo ius soli e non, come attualmente, sullo ius sanguinis, diritto di voto: auspichiamo che su queste questioni e sulle altre sopra indicate riferite ai problemi cardine della convivenza civile, il nostro territorio trovi spazi di pubblico confronto.

Nell'appello, si chiede, all'Amministrazione comunale di Portogruaro di accogliere questa nostra istanza, confermando scelte di inclusione e di uguaglianza fra tutte le persone presenti nel nostro territorio.
Si chiede al Governo in carica di rivedere provvedimenti suscettibili di favorire discriminazione, odio razziale, disuguaglianza sociale e più insicurezza per tutti.