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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 173 di giovedì 7 maggio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,40.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Cicchitto, Cirielli, Cosentino, Cota, Frattini, Migliavacca, Pescante, Ravetto, Romani e Soro sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge:
MARIO DI LORENZO, da Pozzuoli (Napoli), chiede l'istituzione della figura del notificatore aggiunto di atti giudiziari civili e amministrativi (640) - alla II Commissione (Giustizia);
SALVATORE GERMINARA, da Pistoia, chiede:
l'adozione di interventi d'urgenza per l'utilizzo, in favore delle popolazioni terremotate della regione Abruzzo, dei profitti indebiti degli istituti di credito (641) - alla VIII Commissione (Ambiente);
al fine di contrastare il fenomeno dell'usura, l'introduzione di nuove norme che tengano conto della giurisprudenza della Corte di cassazione in materia (642) - alla II Commissione (Giustizia);
DOMENICO ANGELINI, da Foligno (Perugia), e altri cittadini chiedono l'effettiva distinzione della spesa pubblica previdenziale da quella assistenziale (643) - alla XI Commissione (Lavoro);
ANNA MARIA CORAZZA, da Negrisia (Treviso), chiede una temporanea estensione del diritto all'esenzione dal contributo per le prestazioni sanitarie ospedaliere alle persone maggiormente colpite dalla crisi economica (644) - alla XII Commissione (Affari sociali);
MARINO SAVINA, da Roma, chiede nuove norme in materia di condominio, con particolare riferimento al recupero dei crediti nei confronti dei condomini morosi (645) - alla II Commissione (Giustizia);
GIORGIO SANI, da Rosignano Marittimo (Livorno), chiede:
la modifica della disciplina del reato di abuso di ufficio (646) - alla II Commissione (Giustizia);
l'ampliamento del termine per la proposizione dell'opposizione alla richiesta Pag. 2di archiviazione per infondatezza della notizia di reato (647) - alla II Commissione (Giustizia).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Dati relativi alla nuova normativa del concordato preventivo e intendimenti del Governo in merito alla modifica della disciplina in materia - n. 2-00365)

PRESIDENTE. L'onorevole Lulli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00365, concernente dati relativi alla nuova normativa del concordato preventivo e intendimenti del Governo in merito alla modifica della disciplina in materia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANDREA LULLI. Signor Presidente, solleviamo in questa sede una questione molto importante per l'apparato produttivo del nostro Paese - che, come è noto, è formato da molte filiere produttive - che in una situazione di difficoltà economica molto accentuata, come quella odierna, può creare molti problemi all'integrità e allo sviluppo dell'apparato produttivo di numerose imprese.
Come lei sa, il nostro apparato industriale è spesso formato da filiere con a capo una committenza che dà lavoro a moltissime imprese in conto terzi. La legge fallimentare modificata recentemente ha introdotto concetti assolutamente giusti, come la difesa del residuo valore dell'impresa rispetto all'insolvenza irreversibile dell'imprenditore (come era previsto precedentemente all'intervento legislativo del marzo 2005 e successive modificazioni). Conservare tale valore - cioè, il residuo valore dell'impresa - è importante e credo che sia stata una scelta giusta, anche se oggi si verifica qualche problema nell'attuazione di questa normativa.
Vorrei richiamare brevemente le modifiche apportate nel 2005 in seguito ad un lavoro molto importante (modificate, poi, ulteriormente nel 2007), che hanno mutato l'impostazione della cosiddetta legge fallimentare, anche sveltendo il lavoro dell'amministrazione giudiziaria e, in alcuni casi, certamente, rendendo un favore all'economia.
Si è proceduto attraverso l'abrogazione dell'istituto dell'amministrazione controllata, la limitazione degli effetti personali del fallimento, l'introduzione del nuovo istituto dell'«esdebitazione» a seguito della procedura, riconoscendo al fallito la possibilità di ottenere la cancellazione dei debiti non soddisfatti a seguito della liquidazione dell'attivo, sempre che sia in possesso di requisiti particolari di meritevolezza e che abbia collaborato con gli organi della procedura. Ancora, si è proceduto alla modifica del ruolo degli organi fallimentari, novellando le funzioni del curatore che possono oggi esser affidate anche a studi professionali associati o a società di professionisti; si è posta un'ottica di privatizzazione delle procedure concorsuali, ispirata alla riforma del diritto societario, spostando il baricentro delle figure del giudice delegato, del curatore fallimentare e del comitato dei creditori. In particolare, il giudice delegato non dirige più le operazioni del fallimento, ma esercita funzioni di sorveglianza e di controllo sulla regolarità della procedura. Il comitato dei creditori, invece, incorpora il potere di autorizzazione di atti del curatore al quale spetta il potere di gestione della procedura. Inoltre, si è ampliata la competenza del comitato dei creditori fino alla possibilità loro concessa di partecipare al management dell'impresa, si è - come ho già detto - semplificata molto la disciplina degli accertamenti del passivo, si sono abbreviati i termini e si è snellita la procedura in ordine ai rapporti giuridici pendenti.
Questa riforma organica è stata certamente importante e ha avuto la finalità di accelerare le procedure, anche riducendone Pag. 3il numero attraverso una drastica riduzione dei soggetti ad esse assoggettabili.
Successivamente, nel 2007, si è ulteriormente modificata la normativa fallimentare, introducendo modifiche al presupposto soggettivo della dichiarazione di fallimento, in particolare dopo aver confermato all'articolo 1, comma 1, che sono soggetti alle disposizioni del fallimento e del concordato preventivo gli imprenditori che esercitano attività commerciali, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. La riforma ha introdotto due requisiti dimensionali il cui superamento - anche disgiunto - esclude la qualificazione di piccolo imprenditore e, conseguentemente, l'esenzione dalla fallibilità.
Nel nuovo impianto normativo vi è un radicale cambiamento della natura del concordato preventivo, sia perché muta il presupposto oggettivo per l'accesso alla procedura, sia per le modifiche apportate alla modalità di esecuzione del concordato stesso. La necessità di trasformazione del concordato, in realtà, era stata avvertita da più parti - come ho già detto - poiché esso, così come regolamentato, non esplicava piena efficacia in ordine al suo fine precipuo, vale a dire il tentativo del risanamento aziendale, obiettivo pienamente condivisibile.
Il problema è che il concordato preventivo, svincolato da ogni condizione di ammissibilità soggettiva, sia personale, sia patrimoniale, nonché dal presupposto dello stato di insolvenza, che viene sostituito dallo stato di crisi - termine tradizionalmente usato per indicare una situazione meno grave -, fa riferimento a un piano che assume le caratteristiche del programma concordato, senza alcun vincolo di carattere economico ancorato alla soddisfazione dei creditori.
È prevista, poi, la suddivisione dei creditori in classi secondo posizioni giuridiche e interessi economici omogenei, nonché la possibilità di prevedere trattamenti differenziati tra creditori appartenenti alla medesima classe.
Con le modifiche introdotte dalla riforma, l'imprenditore in stato di crisi, anche se non particolarmente ligio e corretto, può proporre ai creditori un concordato preventivo semplicemente sulla base di un piano, offrendo una percentuale ai creditori chirografari anche inferiore al 40 per cento. Sta qui il grande problema, vista la particolare struttura organizzativa del nostro apparato produttivo. La riforma, introducendo la possibilità di suddividere, nel contesto del piano, i creditori in classi secondo posizioni giuridiche e interessi economici omogenei e di trattare differenziatamente i creditori di classi diverse, rende la cosiddetta par condicio creditorum applicabile esclusivamente fra i creditori appartenenti alla stessa classe; ciò ha portato la dottrina a parlare di «superamento del principio della par condicio creditorum» a favore del principio della tutela delle imprese.
Naturalmente la facoltà di dividere i creditori in classi risponde ad un favor nei confronti della soluzione concordataria, dal momento che consentirebbe al debitore di suddividere il ceto creditorio in modo tale da concentrare nel numero minore possibile di classi quei soggetti da cui è lecito attendersi una manifestazione di dissenso, talora finalizzata al conseguimento di vantaggi ingiusti e privati. Il debitore minacciato di fallimento potrebbe avvantaggiarsi della sospensione legale della decisione, offrendo cifre simboliche o irrisorie ai creditori chirografari, i quali potrebbero certamente bocciare la proposta, ma solo all'esito di una complessa procedura culminante nella votazione, con inutile dispendio di energie processuali e aggravamento del pregiudizio economico ingenerato dall'inadempimento e dall'insolvenza ed ingigantito dal trascorrere del tempo. Le assicuro che di questi tempi situazioni di questo genere si stanno moltiplicando, con danni rilevanti alla possibilità di tenuta e di successivo sviluppo dell'apparato imprenditoriale realizzato da committenti e contoterzisti.
Una recente ricerca della Luiss e di un gruppo di giudici delegati, che ha dato vita all'Osservatorio sulle procedure concorsuali, svela la sostanziale inefficacia dello strumento del concordato preventivo. Non Pag. 4voglio citare i dati, però è vero che non sono stati raggiunti due degli obiettivi cruciali della riforma: permettere un'emersione tempestiva della crisi d'impresa e consentire all'impresa che ha avviato la procedura di proseguire l'attività da risanata, un esito tanto più inquietante perché la ricerca ha esaminato il periodo di applicazione della riforma precedente all'emergere della recessione mondiale. Oggi, questa situazione risulta sostanzialmente aggravata. In sostanza, il nuovo concordato preventivo si è venuto delineando come l'ultima parte della liquidazione dell'azienda, quando invece era stato pensato per favorire la continuità aziendale, tutelare l'impresa e farla sopravvivere al dissesto, preservando creditori e lavoratori. In realtà, è come se il debitore spostasse tutti i propri debiti in una sorta di bad company e recasse un danno rilevante alla struttura produttiva che ha lavorato per lui, offrendo spesso cifre irrisorie per risolvere il problema debitorio. Da questo punto di vista, la presente interpellanza si propone l'obiettivo di far emergere questo problema e chiedere al Governo se disponga già di dati concernenti l'impatto di queste nuove normative, se risultino le questioni che abbiamo sollevato e se, laddove fosse confermata la preoccupazione che abbiamo descritto, si intenda mettere in atto politiche, iniziative e strumenti allo scopo di evitare un vero e proprio tracollo di una parte importante del nostro apparato produttivo, che riguarda le filiere industriali - ma non solo, ci sono tante altre filiere nel nostro Paese - dal momento che in una situazione di crisi rilevante possono davvero aggravarsi le condizioni di sopravvivenza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con l'interpellanza in discussione, gli interpellanti, dopo aver illustrato alcuni aspetti, a loro dire problematici, riguardanti le recenti riforme delle procedure concorsuali e in particolare del concordato preventivo, chiedono al Ministro delle giustizia una valutazione sulla base dei dati allo stato disponibili del nuovo quadro normativo emerso a seguito delle modifiche introdotte nel periodo 2005-2007. Chiedono, inoltre, quali iniziative di carattere normativo intenda intraprendere con riferimento alla suddetta disciplina.
Al riguardo, va preliminarmente ricordato che le modifiche alla disciplina delle procedure concorsuali sono state il frutto di tre distinti interventi normativi: i primi due - il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005 n. 80 e il decreto legislativo 9 gennaio 2006 n. 5 recante la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali - effettuati rispettivamente dal secondo e dal terzo Governo Berlusconi e il terzo - il decreto legislativo cosiddetto correttivo del 12 settembre 2007 n. 169 - dal secondo Governo Prodi.
Le modifiche alla disciplina del concordato preventivo vanno ascritte, principalmente, all'intervento effettuato con il decreto-legge n. 35 del 2005 che ha modificato direttamente alcune disposizioni della legge fallimentare. In particolare, per quello che qui interessa, ha novellato gli articoli 160, 161, 163, 167, 180 e 181 della legge fallimentare in materia di concordato preventivo ed ha introdotto l'articolo 182-bis in tema di accordi di ristrutturazione dei debiti.
La finalità complessivamente perseguita dal legislatore che in questo modo ha inteso allinearsi agli altri Stati membri dell'Unione europea è stata quella di introdurre una nuova disciplina concorsuale per la regolamentazione dell'insolvenza in grado di semplificare le procedure precedentemente esistenti e di sostenere in modo agile e spedito la conservazione dell'impresa e dei livelli occupazionali, pur nell'ottica della tutela dei creditori.
I principi e gli obiettivi posti a base delle riforme del 2005-2006 sono stati sostanzialmente condivisi dal decreto legislativo «correttivo» del 2007 il quale, sempre per rimanere al tema in esame, Pag. 5non ha stravolto l'impostazione data al concordato preventivo, ma si è limitato a chiarire, nel solco degli obiettivi precedentemente tracciati, alcuni aspetti rimasti irrisolti o fuori sistema a seguito dei due precedenti interventi.
In tal senso vanno letti i correttivi in tema di pagamento integrale dei creditori privilegiati, di giudizio di ammissibilità della proposta di concordato, di revoca dell'ammissione al concordato e dichiarazione di fallimento nel corso della procedura, di voto e maggioranze per l'approvazione del concordato e di giudizio di omologazione.
Ciò premesso si deve evidenziare che gli effetti delle nuove normative non hanno un impatto immediato sugli andamenti statistici per la valutazione dei quali occorre un periodo di consolidamento. In proposito la Direzione generale di statistica del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, nel chiarire di non essere in possesso dei dati richiesti riguardanti il concordato preventivo, ha segnalato che nel breve periodo sarà possibile effettuare delle rilevazioni al riguardo su sedi pilota.
Peraltro, benché i dati contenuti nell'interpellanza appaiono parziali e si riferiscono ad un lasso temporale di poco superiore ai due anni e quindi, per come già detto, eccessivamente breve per poter effettuare una valutazione obiettiva ed attendibile, occorre chiarire che non pare comunque possibile pervenire ad un giudizio negativo sui risultati sino ad oggi raggiunti dalla riforma del concordato preventivo.
Infatti, considerato che l'obiettivo principale del legislatore della riforma è stato quello di semplificare i requisiti di accesso ed i contenuti della proposta di concordato al fine di stimolare una tempestiva emersione della crisi di impresa e di favorire il risanamento aziendale, i risultati delle ricerche menzionate dall'interpellanza possano essere letti in chiave positiva.
Questo, nonostante le riserve già espresse in ordine ad un'indagine che prende in esame un lasso temporale eccessivamente breve, nonché dai dati forniti dai soli operatori del diritto e non anche dalle organizzazioni economiche interessate al fenomeno del superamento della crisi d'impresa.
In effetti, i dati raccolti segnano una lenta ma progressiva ascesa del numero di concordati nel periodo 2006-2008 ed un esito recuperatorio - e quindi non liquidatorio - della procedura di concordato preventivo, quanto meno, nel 25 per cento dei casi trattati. Ciò sta ad indicare, per un verso, che è stato reso più agevole l'accesso alla procedura di concordato preventivo per l'imprenditore in crisi, mentre, per altro verso, che la nuova disciplina del concordato preventivo, recependo anche i più innovativi istituti della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ha potenziato il carattere recuperatorio della procedura prima, invece, eminentemente liquidatorio.
Al riguardo, va poi sottolineato che l'interesse della riforma non è stato quello di tutelare l'imprenditore onesto, ma sfortunato, che versa in stato di decozione o di crisi economico-finanziaria, bensì quello di favorire la conservazione dei beni aziendali e dei livelli occupazionali, intesi come valori economici da preservare in quanto tali. Ciò posto, occorre considerare il fatto che la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa può passare anche attraverso la cessione in blocco dell'azienda o di rami di azienda, purché essa garantisca la prosecuzione dell'esercizio dell'impresa e la conservazione dei livelli occupazionali. Ne consegue, allora, che la finalità recuperatoria del riformato istituto del concordato preventivo può emergere anche nell'ambito di procedure solo apparentemente di carattere liquidatorio. In effetti, l'ipotesi del risanamento oggettivo - quella in cui il risanamento va a beneficio del cessionario o del terzo assuntore cui l'azienda o il ramo d'azienda viene ceduto - va distinta dall'ipotesi di risanamento soggettivo - quella in cui il risanamento va a beneficio dell'imprenditore insolvente - anche se, in entrambi i casi, ciò che si persegue è la continuità aziendale e la sopravvivenza dell'impresa Pag. 6al dissesto, in maniera tale da tutelare anche le posizioni dei creditori e dei lavoratori rimasti coinvolti nella situazione di crisi. Nella prima ipotesi, pertanto, il risanamento dell'impresa insolvente o in crisi e la continuità aziendale possono realizzarsi anche attraverso la modalità del concordato con cessione ad un terzo o ad un assuntore dell'intero patrimonio o di una sua parte autonomamente produttiva dell'imprenditore insolvente.
Quanto al tema delle tempestiva emersione dell'insolvenza, va ricordato che la riforma, dopo alcuni tentativi intrapresi nel segno della completa revisione del sistema delle procedure concorsuali, non ha imboccato la strada dell'abrogazione della legge fallimentare del 1942 e della sostituzione delle vecchie procedure concorsuali con altre completamente nuove (impostazione questa accolta, sia pure con soluzioni non totalmente condivise al proprio interno, dalla commissione di studio Trevisanato, istituita nell'anno 2001 presso il Ministero della giustizia per l'elaborazione dei principi e dei criteri direttivi relativi all'emanazione della nuova legge fallimentare), ma, piuttosto, quella del mero aggiornamento con il sistema della novella della vecchia legge fallimentare, al fine di tener conto dei nuovi interessi coinvolti nella crisi di impresa e di adeguarla alle esigenze della moderna realtà economica.
In tale contesto normativo, i margini di intervento, sotto questo profilo, si sono drasticamente ridotti. In particolare, non è stato possibile introdurre, nella pur riformata legge fallimentare del 1942, gli istituti di allerta e prevenzione previsti, invece, dal progetto di riforma delle procedure concorsuali elaborato dalla commissione Trevisanato.
Ciononostante, al fine di consentire l'accesso anticipato alla procedura di concordato preventivo anche a quegli imprenditori, che, pur non trovandosi in una situazione irreversibile di decozione, comunque, attraversano un periodo di grave difficoltà economica e finanziaria, è stato modificato il presupposto oggettivo per l'ammissione al concordato preventivo. Infatti, il nuovo articolo 160 della legge fallimentare non richiede più la presenza di uno stato di insolvenza, ma la meno grave situazione di crisi economico-finanziaria. Situazione questa che, come precisato dal nuovo articolo 160, terzo comma, della legge fallimentare, inserito dall'articolo 36 del decreto-legge n. 273 del 2005, comprende anche lo stato di insolvenza.
Tutto ciò non esclude chiaramente la necessità di continuare a studiare nuove soluzioni ed elaborare nuovi interventi normativi che possano essere collocati all'interno del vigente sistema concorsuale e che favoriscano la tempestiva emersione della crisi d'impresa, trattandosi di un aspetto fondamentale per favorire in concreto il superamento della crisi medesima.

PRESIDENTE. L'onorevole Tenaglia, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, non sono soddisfatto della risposta. Il sottosegretario Alberti Casellati ha ripercorso l'iter della riforma (dal 2005 ad oggi) delle procedure concorsuali.
Signor sottosegretario, non si tratta di non condividere le impostazioni di quella riforma. Essa ha percorso due legislature e due maggioranze che hanno condiviso l'impostazione dinamica della riforma, tesa a favorire un recupero dell'attività di impresa ed a superare l'impostazione statica della legge fallimentare del 1942 che era una legge dell'imprenditore singolo e della liquidazione dell'impresa in crisi.
Credo, tuttavia, che questa interpellanza urgente - come molto efficacemente è stata illustrata dall'onorevole Lulli - non metta in discussione questo aspetto. Il problema non è chiarirci su cosa deve fare una procedura concorsuale o cosa debba essere il concordato preventivo. Siamo tutti d'accordo sul fatto che le procedure concorsuali rientrino nell'ambito dei meccanismi per rendere competitivo il Paese. Non vi parlo di competitività in generale, ma nel particolare. Sappiamo dai rilievi statistici come incide la lentezza della Pag. 7procedura concorsuale in un determinato tribunale rispetto ad un altro tribunale, per esempio sui tassi dei mutui.
Quindi, di fronte a questo problema, l'onorevole Lulli e gli altri interpellanti hanno posto una questione fondamentale, ossia come il concordato preventivo serva anche a garantire il tessuto economico, cioè come la rete di piccole e medie imprese che determinano la ricchezza del nostro Paese, creditrici in questa forma di procedura concorsuale, venga tutelata dalle nuove norme che hanno superato quei meccanismi e quei presupposti nell'ammissione al concordato esistenti precedentemente, primo fra tutti quello della percentuale di soddisfazione del credito necessaria.
Chiediamo che questo elemento venga valutato in concreto. È grave che il Ministero non abbia a disposizione dati su tale aspetto, perché è vero che sono due anni, ma sono due anni di aumento esponenziale e omogeneo del numero delle procedure di concordato preventivo. Rispetto a questo dovremmo sapere come i creditori, soprattutto quelli meno tutelati, rientrino in questa forma di tutela. Lo studio che ha fatto la LUISS non è stato condotto solo da giuristi, ma ha coinvolto anche centri di ricerca, una università ed un forum che proprio domani presenta i suoi risultati.
Quindi, siamo insoddisfatti, signor sottosegretario, perché lei ha posto quasi una parola fine a questa storia, dicendo che si tratta di una normativa che basta per sé e basta anche a queste finalità. Noi riteniamo, invece, che occorra perseguire la finalità di tutelare veramente, soprattutto in un grave momento di crisi economica, i creditori (in primo luogo quelli che fanno attività di impresa, che la fanno a proprio rischio e pericolo ed anche in forma non grande) per evitare che queste procedure abbiano un effetto a cascata sul sistema economico. Ciò sarebbe ancora più grave in un momento di grave crisi economica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Inchiesta amministrativa disposta dal Ministro della giustizia presso gli uffici della procura e del giudice per le indagini preliminari di Bari in relazione a procedimenti in cui è coinvolto un membro del Governo - n. 2-00369)

PRESIDENTE. L'onorevole Capano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00369, riguardante l'inchiesta amministrativa disposta dal Ministro della giustizia presso gli uffici della procura e del giudice per le indagini preliminari di Bari in relazione a procedimenti in cui è coinvolto un membro del Governo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, questa interpellanza riguarda un'inchiesta amministrativa iniziata il 31 marzo 2009, disposta dal Ministro Alfano ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 1311 del 1962, concernente il potere di inchiesta amministrativa in ambito disciplinare. Ha riguardato la procura della Repubblica presso il tribunale di Bari e il giudice delle indagini preliminari presso il tribunale di Bari. Riguarda, inoltre, i procedimenti n. 1033/01 5392/05/21 rgnr della procura della Repubblica di Bari in cui è coinvolto il Ministro Raffaele Fitto, ma relativamente a fatti in cui egli aveva il ruolo di presidente della giunta della regione Puglia.
Si tratta di due procedimenti assai delicati. La precedente interpellanza riguardava procedure concorsuali; uno di questi due procedimenti riguarda l'intromissione dell'allora presidente in una procedura di amministrazione straordinaria, tesa a favorire la vendita di un complesso aziendale piuttosto che al valore del bene periziato di oltre 15 milioni di euro ad un valore di oltre la metà (7 milioni di euro) in favore di imprenditori ad esso ritenuti collegati. Si tratta anche di un altro procedimento, che, invece, riguarda l'esternalizzazione di attività di RSA nell'ambito della sanità, una esternalizzazione di servizi affrettata, quando ancora non erano Pag. 8compiute le strutture dell'RSA, ed affidata ad imprenditori privati, nonostante non fosse ancora stata documentata dai direttori delle ASL la loro capacità o meno di gestire direttamente tali strutture.
In uno di questi procedimenti, vi è il coinvolgimento di circa 90 soggetti in gran parte imprenditori e grandi imprese dell'attività di servizi che ruotano nell'ambito della sanità. La cosa particolarmente delicata è che, proprio in questo procedimento, il Ministero della giustizia è indicato come parte offesa relativamente ad atti che sarebbero stati compiuti, volti a penetrare nel sistema informatico da parte di soggetti appartenenti al Ministero della giustizia stesso, ma non autorizzati a quell'ingresso e volti a comunicare notizie relative alle indagini a soggetti coinvolti nelle indagini.
Quindi, come vede, si tratta di questioni particolarmente delicate perché attengono ambedue a funzioni precise e specifiche del Ministro della giustizia che sarebbero state in qualche modo contaminate dall'esercizio di un potere politico. Pertanto, condividerà con me che questo non è certo il luogo per porre questioni sul merito dei procedimenti, ma dovrà esser l'occasione per fare chiarezza sui ruoli e sugli ambiti di ciascuno, in particolare del Ministero della giustizia rispetto ai ruoli e agli ambiti che invece appartengono, e devono appartenere, alla giurisdizione che deve svolgere il suo ruolo con estrema serenità, senza rischi di oggettive interferenze ed oggettivi condizionamenti.
L'inchiesta amministrativa inizia il 31 marzo 2009 quando il primo procedimento, il n. 10388/01, è in fase di udienza preliminare. L'indagato Raffaele Fitto rispetto a questo provvedimento è a conoscenza di tutti gli atti del fascicolo, ma sin dalla data del 3 maggio 2007, giorno della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari; da quel momento non risultano compiuti ulteriori atti; non sono intervenuti fatti procedimentali nuovi che sembrano poter legittimare poteri di inchiesta.
Peraltro, già prima di questa data, tutti gli atti erano nella disponibilità della difesa dell'indagato, in relazione all'ordinanza applicativa di misure cautelari. La richiesta di rinvio a giudizio, quindi la fine delle indagini, risale addirittura al 20 dicembre 2007. Tuttavia, l'inchiesta amministrativa è giunta in singolare e precisa coincidenza con l'udienza fissata dal giudice per l'udienza preliminare per il 30 marzo 2009, rinviata solo a causa dell'astensione dei difensori per lo sciopero proclamato dall'unione delle camere penali, peraltro sulla base di un documento che lamentava l'ottica del legislatore volta ad estendere le garanzie nei confronti di soggetti forti e ridurle in maniera sensibile nei confronti dei soggetti più deboli.
Eppure, vi sono molti atti che precedono questa fase. Vi è un'ordinanza applicativa degli arresti domiciliari in data 19 giugno 2006 non eseguita per diniego di autorizzazione a procedere da parte della Camera - anche la Camera conosceva gli atti di questa procedura in relazione a questa richiesta di autorizzazione a procedere - e successivamente revocata dal giudice per le indagini preliminari per sopravvenuto affievolimento delle esigenze cautelari, senza peraltro che l'imputato proponesse istanza di riesame avverso la misura. Vi è un sequestro preventivo del prezzo del reato di corruzione, reso in data 19 giugno 2006, per l'importo di 500 mila euro richiesto al giudice per le indagini preliminari in data 13 giugno 2006 e confermato dalla Corte di Cassazione anche con riguardo alla base indiziaria. Nell'ambito dello stesso procedimento vi è il sequestro preventivo per l'equivalente del profitto del reato di corruzione reso in data 19 giugno 2006 nei confronti del coindagato Antonio Angelucci, anch'esso confermato dalla suprema Corte di Cassazione nel presupposto indiziario, diversamente rimodulato in relazione alla quantificazione del profitto.
Già all'indomani dell'esecuzione di queste misure cautelari l'ufficio della procura barese è stato attaccato su diversi quotidiani da parlamentari di centrodestra, così da indurre il procuratore capo a richiedere l'intervento a tutela del Consiglio superiore della magistratura. Pag. 9
Contestualmente, in sede di discussione sulla richiesta di autorizzazione a procedere, il 19 luglio 2006 l'onorevole Fitto lamentava di essere stato intercettato e sottoposto ad indagini per oltre cinque anni, evidenziando e lamentando scorrettezze e abusi subiti da parte dei magistrati del pubblico ministero.
In data 6 dicembre 2006, il Consiglio superiore della magistratura, chiamato, come ho detto prima, a tutela, con voto unanime di laici e togati deliberava, quanto alle doglianze di Fitto, che «nel caso di specie l'autorità giudiziaria ha scrupolosamente rispettato i dettami costituzionali che stanno a protezione della libertà della funzione parlamentare rispetto all'attività giudiziaria»; quanto alla richiesta di intervento a tutela avanzata dal procuratore della Repubblica di Bari, affermava che «si rinvengono nelle frasi riportate sulla stampa accuse di parzialità e di strumentalità dell'azione giudiziaria rispetto a supposti scopi politici, che sono generiche, non ancorate a fatti o comportamenti specifici e, quindi, non solo non sono dimostrate, ma appaiono del tutto ingiustificate. È doveroso da parte del Consiglio superiore della magistratura darne atto, al fine di rassicurare il Parlamento sul corretto svolgersi dell'azione giudiziaria in relazione alle prerogative parlamentari e, più in generale, all'attività politica». Nonostante ciò, il 1o luglio 2008 l'onorevole Fitto, nel frattempo divenuto membro di questo Governo, rilasciava al periodico Tempi la seguente dichiarazione: «Io con la procura di Bari ho una battaglia in corso, che per quanto mi riguarda andrà fino alle estreme conseguenze».
A carico del Ministro è prevista per il prossimo mese di maggio la prima udienza dibattimentale per il procedimento a seguito della celebrazione dell'udienza dinnanzi al giudice per l'udienza preliminare, dottor Guida, che ha disposto il rinvio a giudizio di tutti gli imputati che non avevano formulato richiesta di riti alternativi. In tal caso la contestazione è relativa ad una turbativa d'asta, quella che richiamavo prima, per la riduzione di un prezzo di vendita di un complesso aziendale, peraltro anche in contrasto con le indicazioni che erano venute dal Ministero delle attività produttive.
Già a seguito di questo rinvio a giudizio, che veniva accompagnato da un'assoluta sobrietà (tutta l'opposizione si asteneva del tutto dal commentare la vicenda, rassegnando solo la sua fiducia nell'operato della magistratura), il Ministro continuava a rilasciare dichiarazioni alla stampa gravemente offensive nei confronti del giudice che aveva emesso il decreto di rinvio a giudizio a causa di un mero errore materiale, prontamente corretto, affermando che doveva essere rimandato, credo, addirittura alla scuola elementare.
Tuttavia, in questo procedimento, nonostante le accuse mediatiche del Ministro, egli è stato iscritto nel registro degli indagati in data 5 giugno 2007 e già in data 31 ottobre 2007 veniva richiesto il rinvio a giudizio, poi disposto in data 31 ottobre 2007, per concorso in interesse privato nella procedura di amministrazione straordinaria della Cedis srl.
Il Ministro Fitto ha presentato, inoltre, esposti presso la procura generale, la Suprema Corte di cassazione ed il Ministero della giustizia nei confronti dei sostituti titolari dell'inchiesta e del procuratore aggiunto.
All'indomani dell'ispezione avviata dal Ministro Alfano, in grave e singolare coincidenza con l'udienza preliminare, a seguito dell'indignazione di gran parte dei parlamentari del centrosinistra e dell'invito rivolto al Ministro Fitto a difendersi nel processo piuttosto che dal processo, il Ministro ha scritto una lettera alla Gazzetta del Mezzogiorno, pubblicata il 4 aprile 2009, assumendo che la richiesta di ispezione era provocata dalla circostanza che vi erano rapporti di amicizia tra i magistrati della procura ed alcuni politici e parlamentari del Partito Democratico, che erano o erano stati anch'essi magistrati.
La tempistica dell'inchiesta, relativa al procedimento per il quale è in corso l'udienza preliminare e ad un altro per il quale è già stato disposto il rinvio a giudizio, per gli interpellanti, signor sottosegretario, può costituire un'interferenza Pag. 10nell'attività giurisdizionale; ma, ancora peggio, può suggerire la sensazione di un'interferenza nei confronti dei pubblici ministeri: una sensazione ad un'opinione pubblica che assiste ad una giustizia lenta, e che invece, quando sono coinvolti i Ministri, non solo vede una giustizia che, dalle date che ho citato prima, riesce ad essere molto più veloce, ma vede in campo anche altri soggetti, vale a dire il Ministero della giustizia, che non sono quelli che hanno il potere giurisdizionale.
Le chiediamo, quindi, se sia vero che il 31 marzo 2009 sia iniziata un'inchiesta amministrativa, e su quali presupposti; se sia vero che l'inchiesta ha per oggetto i due procedimenti...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CINZIA CAPANO. Le chiediamo, inoltre, se non reputi che l'inchiesta, peraltro avviata sulla base di doglianze relative al tempo delle intercettazioni, non attenga a fatti endoprocedimentali, che dovrebbero essere valutati ai fini dell'utilizzabilità delle intercettazioni, e quindi dalla giurisdizione in condizioni di serenità, e non già dal Ministero della giustizia con un intervento che può limitare l'esigenza di serenità che avverte in questo momento la giurisdizione.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, la vicenda giudiziaria segnalata dagli onorevoli interpellanti è indubbiamente complessa e delicata, ma in relazione ad essa va sì affermata la piena autonomia dell'autorità giudiziaria, ma anche l'indipendenza del Ministro Guardasigilli che, nell'esercizio dei suoi poteri, si pone come garante di interessi istituzionali comunque meritevoli di attenzione e tutela.
In tal senso mi preme ricordare che la rilevanza mediatica di un determinato evento, proveniente da qualsivoglia esponente, attiva necessariamente l'apparato ministeriale, la cui solerzia ed attenzione al singolo fatto trovano l'apice nell'intervento del Guardasigilli. Ribadisco, infatti, che autorità giudiziaria e poteri istituzionali operano su piani distinti, sicché, anche nel caso in cui essi dovessero intersecarsi, è indubbiamente fuorviante contrapporli.
In data 13 marzo 2009 l'onorevole Ministro della giustizia ha disposto un'inchiesta amministrativa in relazione ai fatti menzionati nell'atto di sindacato ispettivo; l'ambito operativo dell'indagine ministeriale non può, tuttavia, interferire con la parallela attività giudiziaria, dal momento che essa si muove nella diversa prospettiva di accertare irregolarità di altro genere.
Faccio presente, infatti, che il potere di vigilanza è espressamente attribuito al Ministro della giustizia dall'articolo 13 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946, e l'esercizio di tale potere comporta che il Ministro si avvalga dell'Ispettorato generale presso il Ministero della giustizia onde procedere alle verifiche ispettive su tutti gli uffici giudiziari, su tutti i giudici e su tutti i magistrati del pubblico ministero.
Sottolineo che l'incarico conferito all'Ispettorato generale si sviluppa nell'ambito delle prerogative che sono proprie di tale ufficio, cui spetta il dovere istituzionale di verificare, in un'ottica di leale collaborazione con l'autorità giudiziaria, gli elementi di allarme emersi in stretta connessione alla vicenda giudiziaria in disamina. La stessa denominazione di Ispettorato presso il Ministero della giustizia, utilizzata dal legislatore nella legge n. 1311 del 1962 per individuarne la collocazione, pone in evidenza la condizione di autonomia dell'Ispettorato, il suo carattere di organo «neutro», in stretta aderenza alla natura dell'attività che è chiamato a svolgere, e che è essenzialmente diretta al controllo e alla rilevazione obiettiva ed imparziale di situazioni di fatto e di elementi oggettivi.
L'Ispettorato generale è costituito, infatti, in un ufficio centrale che si pone in rapporto di diretta collaborazione non solo con il Ministro Guardasigilli, ma an Pag. 11che con il Consiglio superiore della magistratura, e cioè con l'organo di autogoverno della magistratura, il quale - a norma dell'articolo 8 della legge 24 marzo 1958, n. 195 - se ne avvale per le esigenze relative all'esercizio delle funzioni ad esso attribuite.
Né va dimenticato che l'ufficio dell'Ispettorato generale è diretto e composto da magistrati proprio in considerazione della peculiarità delle sue attribuzioni, che comprendono, in sede ispettiva, il controllo dell'entità e tempestività del lavoro svolto dai magistrati e l'espletamento di inchieste nei loro confronti, oltre all'esame di delicate questioni giuridiche.
Nessuna interferenza, quindi, e nessuna intimidazione nei confronti della magistratura procedente, anche perché - tengo a precisarlo - l'esercizio del potere ministeriale di ispezione e di inchiesta trova un suo limite nel principio costituzionale della piena indipendenza del magistrato e nel correlato principio di insindacabilità dell'attività giudiziaria.
Si tratta, invero, di limiti rinvenibili nell'intero sistema normativo, la cui osservanza viene affidata anche alla responsabilità individuale dei magistrati ispettori, che vengono scelti per assolvere a tale delicato incarico, proprio perché magistrati e non solo per le ragioni inerenti alle loro capacità professionali.
In tal senso si è più volte espresso il Consiglio superiore della magistratura che ha indicato, in circolari e deliberazioni, le linee di confine per un esercizio legittimo del potere ispettivo. Segnalo, in particolare, la delibera 9 marzo 1994, nella quale si afferma che il superamento dei divieti formali posti a tutela del segreto investigativo e, quindi, la conoscibilità di atti ancora secretati ex articolo 329 del codice di procedura penale «non dovrà comunque pregiudicare il positivo sviluppo delle indagini penali e la sicurezza delle persone, e pertanto il magistrato del pubblico ministero che procede potrà certamente allo stato degli atti rifiutare, o ritardare, le informazioni e i dati richiesti ogni qualvolta sussistano concreti pericoli legati allo specifico momento processuale».
Su un piano più generale, ricordo anche la delibera 17 maggio 1995, nella quale «l'esigenza assoluta di non mettere a rischio l'indipendente esercizio della funzione giudiziaria» viene indicata dal Consiglio superiore della magistratura come un limite all'attività di inchiesta che ha ad oggetto indagini penali in corso. Gli atti giudiziari - si legge nella delibera - «non sono sindacabili nel merito, né lo sono le strategie di indagine adottate dal pubblico ministero (...) sicché, la stessa decisione di mettere a disposizione dell'Ispettorato gli atti dell'indagine, o la notizia del contenuto di essi, spetta esclusivamente al magistrato competente».
Tutti questi principi vengono ribaditi nella delibera 26 ottobre 1995 e, più di recente, in quella 8 maggio 2003. In entrambe le pronunce il CSM è intervenuto per «contribuire all'equilibrato assetto dei rapporti (...) a tutela di quei valori di autonomia e di indipendenza della magistratura da ogni altro potere» ed ha affermato che «quando l'inchiesta si riferisce ad attività processuali, il sindacato degli ispettori deve limitarsi al 'mero controllo estrinseco di legittimità', sotto l'aspetto di violazioni di legge, di provvedimenti abnormi o di esercizio della funzione per finalità diverse da quelle di giustizia». Pertanto, allorché l'inchiesta rischi di incidere su profili riservati all'autonoma discrezionalità del magistrato o comunque esclusivamente sindacabili in sede processuale, «il magistrato inquisito ed il dirigente del suo ufficio - a salvaguardia del superiore valore dell'indipendenza e dell'autonomia della funzione giudiziaria - non sono tenuti ad assoggettarsi al potere inquisitorio così esercitato».
Alla luce dei principi enunciati proprio dall'organo di autogoverno dei magistrati, ritengo del tutto superfluo qualsivoglia ulteriore chiarimento in merito alla paventata interferenza tra i vari poteri e respingo con veemenza qualsivoglia ipotesi che, sia pure velatamente, adombri un esercizio del potere ministeriale che non sia specchiato ed imparziale.
Detto ciò, comunico quanto riferito dall'autorità giudiziaria competente in relazione Pag. 12ai procedimenti penali cui si riferiscono gli onorevoli interpellanti, segnalando che gli stessi sono attualmente in corso di svolgimento e procedono secondo le tempistiche delimitate dalle diverse fasi di giudizio. In particolare, così come riferito dal procuratore della Repubblica di Bari, il procedimento n. 10388 del 2001 si trova nella fase dell'udienza preliminare e la prossima udienza è fissata per il giorno 25 maggio 2009, mentre il procedimento n. 5392 del 2005 si trova nella fase degli atti preliminari al dibattimento, con prima udienza indicata per il giorno 12 maggio 2009. Nell'ambito di tale procedimento è stato disposto il sequestro preventivo della somma di 500 mila euro ed il provvedimento in questione, emesso dal GIP di Bari in data 19 giugno 2006 su conforme richiesta del PM procedente, è stato confermato dalla Suprema Corte di cassazione nei suoi presupposti di legittimità.
Segnalo, infine, che nessun dato è allo stato riferibile in merito all'inchiesta ispettiva che dovrà far luce su eventuali abusi e violazioni aliunde segnalate: l'inchiesta, infatti, ha avuto inizio il 31 marzo 2009 e si trova attualmente in fase di svolgimento.

PRESIDENTE. L'onorevole Capano ha facoltà di replicare.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, la mia soddisfazione per la risposta del Governo non può che limitarsi ai dati oggettivi che il sottosegretario ha fornito in ordine alla pendenza del procedimento, non già alla questione dell'indipendenza, che ha rivendicato, del Guardasigilli, perché si tratta di un'indipendenza che deve rimanere sempre nell'ambito della separazione di poteri.
Quello che si chiedeva con questa interpellanza era se non vi fosse un rischio che, accompagnando lo svolgimento di un'udienza preliminare con un'inchiesta avviata solo qualche giorno prima dell'udienza prevista, si creasse un oggettivo condizionamento. Non credo che il Ministro della giustizia attivi inchieste amministrative tutte le volte che un indagato, o un imputato, lamenti comportamenti non corretti. Meno che mai ritengo che il Ministro attivi tali inchieste nella fase di un procedimento in cui si sta per celebrare l'udienza preliminare, proprio per il rispetto di quelle circolari del Consiglio della magistratura e del Ministero che il sottosegretario con tanta precisione ci ha illustrato. Il fatto che vi sia la possibilità che il magistrato che indaga non consenta l'accesso alla visione degli atti, mi pare che sia un elemento che rafforzi il problema dell'autonomia che ponevamo nella nostra interpellanza.
Ma io le ho posto un'altra domanda. Considerato che il Ministro Fitto ha comunicato a tutto il mondo attraverso un'attivazione mediatica, che è stata promossa solo da lui, che la questione maggiore relativa a questi procedimenti atteneva al tempo dell'intercettazione, io le ho posto il seguente problema: poiché il tempo e le modalità dell'assunzione delle intercettazioni sono questioni che rilevano ai fini della loro utilizzabilità e devono quindi essere valutate dal giudice, mi chiedo se su queste stesse questioni possa aprirsi parallelamente un'inchiesta amministrativa.
Infatti oggettivamente, al di là delle belle circolari che lei ci ha letto, il fatto che vi sia un binario parallelo di indagini (una amministrativa e l'altra giurisdizionale) sui medesimi fatti provoca un oggettivo condizionamento. Lei dice che tutto sommato, davanti a un'esposizione mediatica, il Ministro ha l'obbligo di attivarsi anche a tutela del suo stesso personale. Ebbene, io le dico però che un'attivazione del potere d'inchiesta, mentre si celebra un'udienza preliminare relativa a fatti che lei stesso ha definito di particolare delicatezza e complessità, ovviamente rafforza a dismisura l'effetto mediatico, poiché da molti giorni nella mia città (certamente da prima di marzo) vi è un'esposizione mediatica che non è determinata tanto dal fatto che si celebri un'udienza preliminare nei confronti del Ministro Fitto per fatti gravissimi (anche grazie all'atteggiamento responsabile dell'opposizione che su questo non ha rilasciato dichiarazioni alla stampa), ma proprio dal fatto che il Ministro Pag. 13della giustizia, collega del Ministro Fitto, abbia disposto un'indagine amministrativa che accompagnerà come un angelo custode e protettore lo svolgimento dell'udienza preliminare.
Credo che la funzione di un Ministro della giustizia sia anche e soprattutto quella di dare fiducia ai cittadini sul modo in cui la giustizia viene amministrata e in cui lo stesso Ministero della giustizia attiva tutti i suoi poteri a tutela della terzietà della giurisdizione. Ritengo che l'avvio di questa inchiesta da parte di un Ministro della giustizia in concomitanza con quella udienza preliminare per fatti gravissimi, che attengono al ruolo politico svolto dal governatore, voglia dire ai cittadini: saremo molto cattivi con voi quando non siete nulla, quando siete poveri immigrati, ma quando c'è un Ministro o qualcuno della casta, tra colleghi ci proteggeremo.
Credo che rispetto a questo aspetto, la sua risposta, sottosegretario, non suoni altro che come una drammatica conferma della grave violazione dei principi di democrazia e dello Stato di diritto di cui questo Governo, ogni giorno di più, è perfetto interprete.

(Promozione di iniziative ispettive in relazione ad una fuga di notizie concernente indagini giudiziarie sulla sanità svolte dalla procura della Repubblica di Bari - n. 2-00370)

PRESIDENTE. L'onorevole Distaso ha facoltà di illustrare la sua l'interpellanza n. 2-00370, concernente promozione di iniziative ispettive in relazione ad una fuga di notizie concernente indagini giudiziarie sulla sanità svolte dalla procura della Repubblica di Bari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONIO DISTASO. Signor Presidente, la presente interpellanza fa seguito ad una precedente, discussa qui alla Camera nella seduta del 27 marzo 2009, nella quale si rappresentava la situazione relativa ad un'inchiesta sulla sanità in corso (non si tratta della stessa inchiesta oggetto dell'interpellanza testé illustrata) da parte della procura della Repubblica di Bari, che il 6 febbraio 2009 aveva portato, sulla base di semplici indiscrezioni di agenzie di stampa, alle immediate dimissioni e all'altrettanto immediata sostituzione dell'assessore regionale pugliese alla sanità Alberto Tedesco.
All'indomani della sostituzione, l'assessore Tedesco aveva dichiarato alla stampa: chi ha fatto - leggo testualmente - venire fuori la notizia avrebbe avuto un obiettivo politico senza essere un politico, e avrebbe avuto accesso agli uffici giudiziari e al corso delle indagini senza essere un magistrato.
Nei giorni successivi la stampa locale ha continuato a pubblicare notizie dettagliate (con tanto di nomi dei presunti indagati) relative ad un'inchiesta apparentemente ancora solo presunta e per la quale nessuno sembrava aver ricevuto neanche avvisi di garanzia, tanto da indurre gli investigatori a dichiarare, sempre alla stampa, che quelle fughe di notizie avevano compromesso definitivamente l'inchiesta.
In seguito a tali reiterate pubblicazioni, infatti, il coordinatore della direzione distrettuale antimafia di Bari, dottor Marco Dinapoli, inviava una circolare ai pubblici ministeri dell'antimafia, raccomandando loro di non ricevere più nei propri uffici i giornalisti e di non parlare con i cronisti neanche nei corridoi del palazzo di giustizia, e il procuratore capo Marzano apriva invece un apposito fascicolo d'inchiesta per fuga di notizie, ipotizzando il reato di rivelazione di segreto d'ufficio.
Nella seduta pubblica del 27 marzo scorso alla Camera, il sottosegretario per la giustizia, qui presente, Alberti Casellati, rispondendo alla nostra interpellanza n. 2-00315 con cui chiedevamo se il Ministro non ritenesse indispensabile ed urgente avviare iniziative ispettive, anche al fine dell'individuazione delle responsabilità in ordine alle rivelazioni di indiscrezioni sull'inchiesta, dichiarava non esservi, all'epoca, spazio per un'attività ispettiva Pag. 14del Ministero della giustizia, essendovi ulteriori indagini in corso e proprio sulla evidenziata fuga di notizie.
Nonostante le iniziative avviate dalla procura di Bari per tentare di arginare la fuga di notizie relative a questa inchiesta, dalla stampa locale si apprendono ulteriori dettagli in merito a perquisizioni, sequestri di atti, notifica di un avviso di garanzia all'assessore Tedesco. Peraltro la Repubblica, edizione di Bari, in data 22 aprile pubblica il testo letterale di un'intercettazione telefonica tratta dalle indagini, tra l'assessore Tedesco e un imprenditore, ma anche un articolo in cui sono riportate frasi virgolettate attribuite al pubblico ministero titolare dell'inchiesta, che appaiono chiaramente stralcio di atti investigativi. Allo stato attuale dell'inchiesta, per quanto è dato sapere, sia quelle intercettazioni sia gli altri atti dovrebbero essere in possesso soltanto degli uffici della procura.
Con la presente interpellanza urgente, pertanto, si intende chiedere all'onorevole sottosegretario se in presenza di reiterate quotidiane pubblicazioni di ulteriori indiscrezioni sull'inchiesta in oggetto ed alla luce della pubblicazione addirittura di intercettazioni telefoniche e contenuti di atti giudiziari che dovrebbero essere noti solo agli uffici della procura e su cui lo stesso procuratore ha avviato un fascicolo per fuga di notizie, codesto Ministero non ritenga a questo punto indispensabile ed urgente avviare iniziative ispettive, anche al fine dell'individuazione delle responsabilità in ordine alle rivelazioni di indiscrezioni sull'inchiesta stessa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Con l'interpellanza in discussione gli onorevoli interpellanti intendono riproporre alla nostra attenzione un recentissimo fatto di cronaca giudiziaria riguardante l'ex assessore alla sanità della regione Puglia, Alberto Tedesco.
Viene sottolineato, in particolare, che in relazione al procedimento penale pendente nei confronti di questi presso la Procura della Repubblica di Bari, si sarebbero nuovamente verificati episodi di violazione del segreto investigativo, come dimostrato dall'indebita propalazione di notizie, già stigmatizzata in un precedente atto di sindacato ispettivo. Per tale ragione, gli interpellanti insistono nel sollecitare l'adozione di iniziative di carattere ispettivo da parte del Ministro della giustizia.
Considerato che, come già detto, la vicenda in questione è stata, di recente, già ripercorsa in quest'Aula il 27 marzo ultimo scorso in occasione della discussione dell'interpellanza urgente n. 2-00315 dello stesso onorevole Distaso, non mi dilungherò, in questa circostanza, a ricordare nel dettaglio tutti i fatti e le conseguenti valutazioni posti in luce nella precedente risposta, alla quale integralmente mi riporto.
Ritengo, tuttavia, di dover ribadire che il Dicastero intende continuare a prestare la dovuta attenzione al fenomeno dell'illegittima divulgazione di notizie coperte da segreto, in considerazione della necessità di salvaguardare sia il diritto alla riservatezza del singolo sia il segreto investigativo.
Voglio ricordare, ancora, che all'esito degli accertamenti compiuti a seguito della presentazione della precedente interpellanza, non si sono ravvisati margini per una più approfondita indagine ispettiva o per rilievi di carattere disciplinare nei confronti di singoli magistrati, tenuto conto delle delucidazioni fornite dal procuratore facente funzioni di Bari.
Quest'ultimo, infatti, con specifico riferimento al caso dell'assessore Tedesco, ha segnalato che l'iscrizione degli indagati nell'apposito registro era stata cautelativamente secretata proprio al fine di garantire la genuinità delle fonti acquisitive ed evitare la deprecabile fuga di notizie poi verificatasi e per la quale - si deve osservare - lo stesso Tedesco non ha ritenuto responsabile la magistratura inquirente. Pag. 15
In tale circostanza, il dirigente dell'Ufficio ha anche precisato che, in conseguenza delle propalazioni di stampa, la Procura ha aperto un'indagine parallela sulla fuga di notizie, allo stato coperta dal segreto investigativo.
Sulle altre ritenute violazioni del segreto istruttorio, di cui si fa menzione nella odierna interpellanza, sono state richieste notizie al Capo della Procura barese. Il Procuratore della Repubblica ha fatto presente che le notizie diffuse a mezzo stampa erano desumibili da atti e provvedimenti eseguiti - quali perquisizioni e sequestri - comunicati e consegnati alle persone interessate, oltre che ai rispettivi difensori. Lo stesso deve dirsi per le ulteriori fughe di notizie che, secondo gli interpellanti, si sarebbero verificate a proposito del contenuto di alcune intercettazioni telefoniche, tenuto conto che anch'esse hanno costituito il presupposto oggettivo e probatorio dei provvedimenti sottoposti da alcuni indagati al Tribunale del riesame, cui gli atti sono stati trasmessi e resi perciò ostensibili alle parti.
Ciò premesso, il Procuratore ha chiarito che questo non preclude l'accertamento, da parte dell'ufficio requirente, degli autori di pubblicazioni arbitrarie e/o di violazione di segreti penalmente rilevanti.
Sulla base dei chiarimenti forniti e di cui si è dato ampiamente conto, si deve evidenziare che solo l'esito dei procedimenti penali attualmente pendenti in relazione ai menzionati episodi di violazione del segreto investigativo potrà far luce sulla responsabilità penale dei soggetti coinvolti nelle stesse e sull'eventuale sussistenza di margini per disporre specifici accertamenti di tipo ispettivo, come richiesto dagli interpellanti.

PRESIDENTE. L'onorevole Distaso ha facoltà di replicare.

ANTONIO DISTASO. Signor Presidente, ringrazio anche il sottosegretario per la cortesia e la puntualità delle informazioni e del riscontro fornito. La nostra non è certo né pervicacia né pedanteria nel riproporre argomenti già affrontati con precedente interpellanza, ma si è ritenuto opportuno evidenziare che su fatti che, tra l'altro, hanno riguardato anche l'attività del Parlamento sotto il profilo dell'attività legislativa, sulla questione cioè della fuga di notizie, purtroppo, per quanto si ritenga corretta la linea di condotta che in questo caso il Ministero ha ritenuto e ritiene di porre in essere, al di là delle dichiarazioni, si verificano costantemente fughe di notizie su atti che dovrebbero essere secretati, alcuni dei quali certamente possono essere anche in possesso dei difensori delle parti.
Questo certamente è un problema che va segnalato all'attenzione non solo della Camera, ma anche dell'opinione pubblica, perché la vicenda che riguarda gli appalti nella sanità pugliese presenta elementi di assoluta anomalia, se si pensa solo al fatto che l'assessore è stato dimissionato; anzi, egli stesso ha presentato le dimissioni, poi è stato sostituito in brevissimo tempo, solo sulla base di una semplice indiscrezione di stampa. Ciò ci sembra assolutamente irrituale e la nostra volontà è che tutto si svolga nella massima trasparenza, anche a beneficio dell'opinione pubblica.

(Iniziative per il trasferimento delle risorse necessarie a favore della provincia di Barletta, Andria e Trani - n. 2-00371)

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00371, concernente iniziative per il trasferimento delle risorse necessarie a favore della provincia di Barletta, Andria e Trani (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Reina che è qui presente per rispondere. La vicenda ha origini lontane. Questa interpellanza urgente è stata indicata dagli organi di stampa locali come «vicenda elettoralistica», ma direi che non è proprio così.
La provincia di Barletta, Andria e Trani è una nuova provincia - sarà la sesta Pag. 16provincia pugliese - istituita con la legge 11 giugno 2004, n. 148, che diventerà effettivamente operativa in seguito alle elezioni amministrative che si svolgeranno il 6 e 7 giugno 2009. Sarà una delle nuove province italiane che sono state istituite con la legge citata in precedenza, insieme alla provincia di Monza e Brianza e alla provincia di Fermo. La provincia di Barletta, Andria e Trani sarà, quindi, la sesta provincia pugliese: le altre sono Bari, Taranto, Foggia, Lecce e Brindisi.
Ai sensi della legge istitutiva, sarà lo statuto provinciale ad individuare la sede legale della nuova provincia. Anche questo è un aspetto importante da chiarire, perché nei dibattiti, che oggi vengono indicati come preelettorali, ci si interroga sui motivi per i quali non è stato fatto nulla dagli enti locali interessati per individuare la sede provinciale. Questo attiene, invece, alle prerogative del nuovo consiglio provinciale, quando entrerà in funzione, dopo le elezioni del 6 e 7 giugno.
Le elezioni provinciali sono ormai alle porte: mentre l'altra provincia che deve concedere immobili e porzioni di strade, cioè la provincia di Foggia, ha già operato in tal senso, la provincia di Bari non ha ancora provveduto completamente alla ripartizione del patrimonio che spetta, per legge, alla neo provincia di Barletta, Andria e Trani. Tale ripartizione, invece, per le province di Monza e della Brianza e di Fermo, che sono state istituite insieme alla provincia di Barletta, Andria e Trani, è stata completata da molto tempo.
Pertanto, chiediamo al Governo di dare spiegazioni con riferimento a questa situazione paradossale, visto che si voterà tra meno di un mese. Chiediamo se non sia importante, invece, a questo punto della vicenda, definire almeno un contemporaneo trasferimento di risorse fra la provincia di Foggia e di Bari, che sono necessarie per gestire ed amministrare il nuovo ente locale. Vogliamo sapere dal Governo cosa pensi in merito a ciò e quali misure intenda adottare per risolvere questo inaccettabile ritardo. Si ricorda, infatti, che se questa situazione perdurerà, all'indomani delle elezioni del 6 e 7 giugno, ci troveremo in una situazione in cui vi è una provincia ma, di fatto, non esiste dal punto di vista dei beni e della parte amministrativa che compete ad una nuova provincia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Giuseppe Maria Reina, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE MARIA REINA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gentile onorevole interpellante, ai fini dell'operatività delle nuove province di Barletta, Andria e Trani, istituite con la legge 11 giugno 2004, n. 148, l'articolo 2 dispone che le province di Bari e di Foggia procedano alla ricognizione delle proprie dotazioni organiche di personale e deliberino lo stato di consistenza del proprio patrimonio, ai fini delle conseguenti ripartizioni, entro il prossimo 30 giugno, previo concerto con il commissario governativo incaricato di curare gli adempimenti connessi con l'istituzione del nuovo ente territoriale.
Quest'ultimo ha promosso numerose iniziative al riguardo, tra le quali la costituzione di una commissione paritetica, con rappresentanti delle province di Bari e di Foggia e dei comuni della provincia di Barletta, Andria e Trani, che ha consentito di conseguire, non senza difficoltà, decisive intese in ordine all'individuazione di omogenei criteri per la ricognizione delle dotazioni di personale.
Su tali basi, la provincia di Bari, con la delibera di giunta n. 41 del 3 aprile 2009, ha proceduto alla ricognizione della propria dotazione organica al 31 dicembre 2008 e ha richiesto al commissario governativo di esprimere il concerto di cui all'articolo 2 sopra citato. Non appena il coordinatore dell'assemblea dei sindaci esplicherà la funzione consultiva prevista dal comma 3 dello stesso articolo, l'ufficio del commissario governativo provvederà al riguardo.
Nel contempo, le province di Bari e di Foggia stanno perfezionando le intese per il trasferimento di un primo nucleo di Pag. 17personale che ha manifestato la propria disponibilità in tal senso. Per quanto concerne la ripartizione del patrimonio, la provincia di Foggia ha provveduto a deliberare lo stato di consistenza con valori aggiornati, che, peraltro, saranno a breve rimodulati alla luce della recente approvazione del conto consuntivo dell'anno 2008. La provincia di Bari ha trasmesso al commissario - con nota del 29 aprile scorso - la delibera di giunta n. 51 del 17 aprile 2009, avente ad oggetto lo stato di consistenza del patrimonio provinciale. Anche in tal caso, l'ufficio del commissario provvederà non appena il coordinatore dell'assemblea dei sindaci si sarà pronunciato.

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di replicare.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, al di là delle parole e del «burocratese» che traspare da questa nota, nell'interpretarla dobbiamo fare chiarezza. È, infatti, necessario spiegare che la provincia di Foggia, con le delibere che sono state citate da questa risposta, non solo ha effettuato una ricognizione dei propri beni che spetterebbero alla istituenda provincia di BAT, ma ha proceduto alla dismissione e, dal punto di vista procedurale, ha provveduto ad inoltrare al commissario straordinario Capriulo gli atti che occorrono affinché tale dotazione passi alla istituenda provincia. Lo stesso non è invece avvenuto nella provincia di Bari. Infatti, noto con piacere che è stata trasmessa il 29 aprile - quindi pochi giorni fa - la nuova delibera di giunta che non solo effettua la ricognizione di tutti i beni, ma decide quali siano da destinare: si parla di immobili, di musei e anche di aree archeologiche, oltre che di strade, ma sappiamo che si parla anche di personale. Come già ricordato, la questione è, invece, del tutto indefinita per quanto riguarda la provincia di Bari.
C'è poi un'altra questione importante che riguarda alla provincia di Bari. È stato identificato il luogo provvisorio dove si riunirà il consiglio provinciale, rappresentato dall'Agrario di Andria, che ricade nella provincia di Bari. È opportuno, allora, che il presidente del consiglio provinciale di Bari convochi una conferenza straordinaria - naturalmente, invitando anche il comune di Andria - per poter assumere una decisione sulla vicenda del patrimonio e sul personale che devono essere immediatamente trasferiti, proprio in considerazione del fatto che anche il luogo fisico dove si riunirà provvisoriamente il consiglio della provincia BAT è attualmente ricadente nella provincia di Bari.
Riconosciamo, quindi, che un piccolo passo avanti, proprio in seguito alla presente interpellanza, è stato compiuto: la delibera della Giunta è, infatti, datata 29 aprile. Tuttavia, occorrerebbero dei passi ulteriori immediati perché - lo ripeto - le elezioni sono alle porte, si svolgeranno tra meno di un mese. Desidereremmo che entro quel giorno tutto fosse stabilito perché, anche quando tutto sarà consegnato alla nuova provincia, si partirà praticamente da zero. Bisognerà quindi lavorare tantissimo affinché questa nuova provincia cominci a funzionare e diventi a pieno titolo un ente locale.
Ci dichiariamo, pertanto, parzialmente soddisfatti di questa risposta, tuttavia continueremo a vigilare e a sollecitare - magari anche attraverso un'altra interpellanza - affinché questa riunione straordinaria della Giunta provinciale di Bari si tenga, allo scopo di fornire, finalmente, la provincia Bat dei suoi strumenti.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,40 con l'informativa urgente del Governo sul tragico episodio occorso il 3 maggio 2009 presso la città di Herat, in Afghanistan, che ha visto coinvolti militari del contingente italiano.

La seduta, sospesa alle 11,15, è ripresa alle 16,45.

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Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sul tragico episodio occorso il 3 maggio 2009 presso la città di Herat, in Afghanistan, che ha visto coinvolti militari del contingente italiano.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sul tragico episodio occorso il 3 maggio 2009 presso la città di Herat, in Afghanistan, che ha visto coinvolti militari del contingente italiano.
Dopo l'intervento del Ministro della difesa interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro della difesa)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della difesa, Ignazio La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, onorevoli colleghi vengo a riferire, a nome del Governo, sull'episodio, sul drammatico episodio, avvenuto nella mattina del 3 maggio in Afghanistan in cui ha tragicamente perso la vita una bambina di 13 anni e sono rimasti feriti i genitori e lo zio.
In questa dolorosa e triste circostanza il Governo esprime la sincera partecipazione ed il profondo cordoglio alla famiglia colpita dal lutto e la piena solidarietà e vicinanza alle tre persone ferite. Prima di fornire una ricostruzione delle circostanze nelle quali si è verificato il fatto oggetto dell'informativa mi sia consentito di fare alcune brevissime e sintetiche osservazioni.
In questi momenti e rispetto a vicende di tale delicatezza appare opportuno, almeno a me appare opportuno, adottare un atteggiamento di prudenza rimandando necessariamente ogni giudizio all'esito dell'inchiesta avviata dall'autorità giudiziaria ordinaria di Roma per accertare come si sono esattamente svolti i fatti in questione e conseguentemente stabilire eventuali responsabilità.
Sull'onda emotiva del momento, infatti, il rischio può essere quello di sbilanciarsi in giudizi senza il supporto della conoscenza effettiva dei fatti reali.
C'è grande dolore e grande rammarico per quanto è avvenuto, ma purtroppo quando si opera in zone così complesse e pericolose come l'Afghanistan simili episodi non possono mai essere esclusi. Allo stesso modo, le cronache degli anni passati hanno dimostrato che episodi in qualche modo simili sono avvenuti persino drammaticamente nel territorio nazionale per errori ai posti di blocco abituali e normali anche se qui si tratta di qualcosa di diverso.
I nostri militari, voglio ricordarlo, si trovano senza dubbio ad operare in un contesto difficile, complesso, ma lo stanno facendo con grande equilibrio, competenza e professionalità e lo stanno facendo animati dalla convinzione dell'utilità del loro lavoro con grande dedizione e l'entusiasmo e con il contributo reale che sanno dare per la stabilizzazione dell'Afghanistan.
Credo che sia abbastanza chiaro che lo spirito, il merito ed il metodo con cui l'Italia sta operando in Afghanistan nell'ambito della missione ISAF è tutt'altro che uno spirito accomunabile ad uno stato di partecipazione ad una guerra, ma al contrario è in osservanza dei vincoli apposti dall'autorità nazionale afghana e dalle regole di ingaggio indicate dai comandi dell'alleanza.
Vale la pena rammentare, in proposito, che le regole di ingaggio sono norme comportamentali definite a seconda del Pag. 19contesto politico internazionale in cui si svolge la missione - che può essere dell'ONU, della NATO, dell'Unione europea - e sono vincolati ai principi del diritto internazionale, pattizio e convenzionale con particolare riguardo al diritto umanitario. Sono assunte altresì in conformità alle vigenti leggi penali ordinarie e militari ed in particolare ai criteri di necessità e proporzionalità della azione.
Le regole di ingaggio sono, pertanto, uno strumento procedurale ad uso delle forze operanti sul campo per uniformarne il comportamento qualora si presenti la necessità di reagire a situazioni operative improvvise ed urgenti che non consentono una consultazione con i livelli superiori.
Da una parte esse devono codificare l'autodifesa, dall'altra devono precisare il livello di uso della forza per raggiungere lo scopo della missione in presenza di atteggiamenti ostili, di opposizioni o ritenute tali. In particolare, l'uso della forza viene applicato di fronte ad una minaccia identificata come ostile, ovvero tesa ad impedire ai militari di espletare i propri compiti e di limitarne la libertà di movimento, con una reazione proporzionale all'offesa. Ciò posto, non si può sottacere - ed entro per la prima volta nello specifico dell'episodio drammatico - che una macchina che si avvicina velocemente ad un convoglio militare, nonostante le intimazioni a fermarsi, costituisca, in quel contesto, certamente una minaccia. Ma prima di ricorrere all'uso della forza e alle regole di ingaggio, alle quali i militari italiani si attengono scrupolosamente, si prevede una procedura ben precisa, codificata in ogni dettaglio a seconda delle situazioni. Le regole di ingaggio sono non solo precise ma anche puntuali e dettagliate. Pur tuttavia - lo ripeto - rimangono sempre margini di possibile errore, come non posso del tutto escludere possa essere accaduto in questo caso che, purtroppo, è costato la vita ad una ragazza.
Questa è la premessa. Passiamo ora a descrivere i fatti, secondo la ricostruzione effettuata dai competenti organi tecnico-operativi che non può - lo ripeto - ritenersi definitiva, in quanto solo la predetta inchiesta potrà darne un quadro completo. Io posso solo riferivi tutte le informazioni in nostro possesso, nessuna esclusa.
Il giorno 3 maggio 2009, alle ore 10,52 locali, un convoglio nazionale composto da due veicoli blindati Lince e da un autocarro APS - autocarro a pianale scarrabile - appartenenti al contingente dell'Operational mentoring and liaison team nazionale - i famosi OMLT - mentre rientrava da Camp Arena, Herat, alla propria sede di Camp Stone, a 20 chilometri a sud di Herat, percorrendo la strada principale denominata High Way number one incrociava una serie di veicoli civili che, come previsto dalle procedure, davano la precedenza al convoglio militare, fermandosi sulla destra della sede stradale. Va ricordato - e questo è rilevantissimo - che la visibilità era scarsa a causa delle molto avverse condizioni meteo. Improvvisamente, in coda alla colonna dei veicoli civili sopraggiungeva un'autovettura Toyota Corolla che iniziava il superamento dei citati mezzi, tutti fermi sulla destra della sede stradale, procedendo ad alta velocità in direzione opposta al senso di marcia del convoglio militare stesso. In particolare, il suddetto veicolo civile era di una marca e di un modello identico a quelli segnalati dalle informative di intelligence relative alle auto esplosive ed identico a un altro veicolo che il 1o maggio era esploso presso un posto di controllo della polizia afghana a 8 chilometri da Herat. L'equipaggio, a bordo del primo mezzo blindato, allarmato dal comportamento della Toyota, poneva in essere le previste procedure, intimando al veicolo civile di fermarsi e, in particolare, effettuava: segnalazione con le braccia, da parte del militare posto all'arma di bordo, diretta a far accostare al lato della strada il suddetto veicolo; segnalazioni acustiche e visive da parte del conduttore. Nonostante tali tentativi, il veicolo proseguiva la propria marcia, avvicinandosi pericolosamente al convoglio militare. L'equipaggio, pertanto, proseguiva con l'applicazione delle regole di ingaggio ed esplodeva una raffica di mitragliatrice calibro 7,62 in aria, Pag. 20per intimare il fermo dell'auto che, nonostante tale ulteriore avvertimento, proseguiva il movimento a velocità sostenuta. Quando questa giungeva a meno di 50 metri, senza aver dato segni di voler interrompere la propria marcia, il mitragliere esplodeva una raffica a terra, sul tratto di strada antecedente alla Toyota, ma anche tale azione non dava esito. Quando l'autovettura giungeva a circa dieci metri, senza alcuna variazione di velocità e di direzione, il mitragliere, visto il pericolo incombente, mirava al cofano motore delle ruote, esplodendo una raffica.
Il veicolo incrociava quindi il convoglio militare in direzione opposta e dopo avere sbandato - neanche in maniera vistosissima, bensì leggera, ma comunque dopo avere visibilmente sbandato - proseguiva la marcia allontanandosi. A sua volta il convoglio militare, come previsto, proseguiva nella marcia e, giunto a destinazione, riferiva l'accaduto. Circa quattro ore più tardi il comando RC-West (Regional Command West) veniva informato dalla polizia locale di Herat che a bordo del suddetto veicolo si trovava una ragazza di 13 anni deceduta e tre adulti feriti.
A margine di tale episodio preme sottolineare che ciò a cui teniamo e che ci interessa mantenere è il rapporto che i nostri militari hanno saputo instaurare e consolidare nel tempo con la popolazione afghana grazie all'impegno, alla disponibilità e alla dedizione dimostrati nell'assolvimento dei compiti derivanti dalla missione. È proprio in ragione di questi comportamenti che l'Italia si è guadagnata il convinto e unanime apprezzamento della comunità internazionale e, quel che è ancor più importante, della popolazione e delle autorità locali.
Nel contempo, il nostro intendimento è quello di confermare l'impegno italiano per la stabilizzazione dell'Afghanistan. D'altro canto, è generale il consenso della comunità internazionale sulla necessità di indirizzare gli sforzi comuni verso una sempre maggiore «afghanizzazione», un processo che dovrà essere accompagnato da un rafforzamento della legittimità costituzionale del Governo afghano, da raggiungersi attraverso una seria lotta alla corruzione e il miglioramento della governance.
Anche le prossime elezioni presidenziali giocheranno un ruolo chiave nel definire la legittimità del Governo afghano costituendo una significativa verifica dei progressi del processo di democratizzazione del Paese e dell'effettiva capacità dell'apparato di sicurezza afghano. Da ultimo, vorrei confermare loro che i comandanti hanno posto in atto - e io ho dato disposizioni ferme in tal senso - tutti i contatti ritenuti utili e non solo con le autorità locali, ma anche con i parenti della bambina e che hanno trovato comprensione e non astio per quanto accaduto.
Questa mattina sono stato a celebrare il centoquarantottesimo anniversario della costituzione dell'esercito italiano, una delle nostre quattro Forze armate. In quell'occasione, prima che prendesse la parola il Presidente della Repubblica e prima del mio intervento ha preso la parola il generale Castagnetti, il Capo di Stato maggiore della difesa.
Mi è molto piaciuto che abbia ritenuto di esordire nel suo intervento celebrativo, in cui sottolineava l'orgoglio di appartenere ad una gloriosa Forza armata, l'esercito (la più numerosa e la più antica), ricordando insieme ai nostri caduti di tutte le guerre e di tutte le missioni la bambina di 13 anni che, innocente, ha perso la vita e per la quale proviamo un immenso dolore (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gregorio Fontana. Ne ha facoltà.

GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, voglio innanzitutto ringraziare il Governo per l'informativa che ha evidenziato con grande equilibrio la realtà dei fatti Pag. 21e il contesto in cui si sono svolti. In quei giorni a Herat era tra l'altro presente una delegazione di parlamentari di maggioranza e di opposizione che è stata testimone di quella difficile giornata.
A Herat si è verificato un tragico episodio, ma nessuna strumentalizzazione su questo è accettabile. Ci sarà, come ha detto il Ministro, un'inchiesta, ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che i nostri soldati sono lì per portare un aiuto concreto alla popolazione, oltre che per lavorare alla stabilizzazione di quell'area. Questo compito è da loro svolto con grande professionalità ed umanità. Proprio il giorno in cui si è verificata questa tragedia abbiamo posto la prima pietra di una nuova struttura dell'ospedale pediatrico, una realizzazione del tutto italiana.
Si tratta di un'opera di grande importanza pratica e di grande significato sociale, in un Paese dove - pensate - la mortalità dei neonati si aggira intorno al 17 per cento. Abbiamo dato e stiamo dando un contributo decisivo per rendere meno gravose - per quel che è umanamente possibile - le condizioni della popolazione. Gli afghani nella loro stragrande maggioranza vedono nell'Italia un Paese amico, impegnato nella ricostruzione e nella pacificazione.
Dopo l'incidente, infatti, non ci sono stati episodi di protesta registrati in altre situazioni contro gli italiani. Abbiamo incontrato il sindaco di Herat e il vice governatore della stessa regione ai quali il Presidente Lupi, che guidava la delegazione di parlamentari, ha espresso il nostro cordoglio. Anche in loro in quelle ore e in quei momenti c'era la consapevolezza che si è trattato di un incidente, di una fatalità, che non getta nessuna ombra sul ruolo positivo che gli italiani stanno svolgendo in questa regione.
I nostri militari, infatti, cercano tutti giorni in ogni modo di limitare le sofferenze di una popolazione civile martoriata dai conflitti e dalle difficoltà di ogni genere. Essi interagiscono con la popolazione locale in una società nella quale non sono i rapporti formali quelli che contano, ma i rapporti personali e la capacità di ispirare fiducia. In questo modo i nostri militari contribuiscono in maniera esemplare al controllo del territorio.
Dobbiamo tenere presente che la situazione - lo ha detto il Ministro poco fa - si fa sempre più critica. Si moltiplicano gli attacchi alle forze della NATO e i casi di intolleranza integralista. La vita quotidiana si svolge in una cornice di costante insicurezza, con frequenti episodi di sangue. Lo stesso giorno in cui si è verificato il tragico incidente ad Herat un ragazzo di 14 anni si è fatto saltare uccidendo il sindaco di Mehrterlam ed altre sei persone. Non dobbiamo dimenticare che quell'area rappresenta un nodo cruciale negli attuali equilibri geopolitici. La prospettiva di un controllo politico da parte del fondamentalismo islamico è certamente lontana, ma non del tutto irrealistica nel medio e lungo termine.
Se tale prospettiva dovesse malauguratamente concretizzarsi, tutta la regione ne risulterebbe drammaticamente destabilizzata. Non possiamo abbandonare quel Paese, come irresponsabilmente qualcuno chiede. Ce lo impedisce non solo il senso di umanità, ma anche la consapevolezza dei nostri doveri verso la comunità internazionale e non lasceremo, dunque, che la classe dirigente afghana si trovi da sola a combattere contro il pericolo di un ritorno all'integralismo. Occorre ricostruire il Paese, occorre farlo nella cornice di sicurezza garantita dalle forze dell'alleanza con il contributo fondamentale dei nostri soldati.
Signor Presidente, nelle crisi internazionali il Governo Berlusconi ha da sempre deciso di giocare un ruolo attivo e responsabile nell'ambito di quanto è consentito dalla nostra Costituzione, dal diritto internazionale, dalle nostre alleanze e dalle nostre possibilità e capacità operative. Per questo, l'Italia ha scelto di offrire il proprio contributo umanitario per la pacificazione di un'area la cui popolazione è stremata da anni.

PRESIDENTE. Onorevole Gregorio Fontana, la prego di concludere.

GREGORIO FONTANA. Oggi - ho concluso - nella regione di Herat (dove siamo Pag. 22andati non per distruggere, ma per costruire), grazie al quotidiano impegno al sacrificio dei nostri soldati, il nostro lavoro sta cominciano a dare i primi frutti. Aspettiamo che questi frutti siano maturi e torneremo un giorno a casa, nella consapevolezza di aver davvero contribuito alla realizzazione di qualcosa di grande per il popolo afghano e per la comunità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per essere venuto ad informare il Parlamento in un giorno però purtroppo in cui, non essendoci provvedimenti all'esame dell'Assemblea, siamo in ben pochi ad ascoltarla, nonostante la gravità dei fatti che riguardano la tragica morte di - perdonatemi tutti, ma nessuno la chiama con il suo nome - Behooshahr, si chiamava così questa ragazzina di 13 anni. Aveva un nome ed era una persona. La rilevanza è data anche - secondo me - per la sicurezza dei nostri militari rispetto a come si sta evolvendo la situazione in Afghanistan.
È giusto quindi tornare sui fatti e parlarne oggettivamente, come diceva anche lei, signor Ministro, senza però cortine fumogene intrise di retorica e di ipocrisia. In Afghanistan i nostri militari sono impegnati nella missione ISAF con l'obiettivo di stabilizzare e ricostruire il Paese.
Stanno operando molto bene già da sette anni, cercando di costruire nell'area di loro competenza un buon rapporto con la popolazione locale; prova ne è che questo è in effetti il primo episodio che vede coinvolti i soldati italiani.
Questa è la prima valutazione che bisogna dare, ma parallelamente è giusto pretendere che, come lei ci ha riferito, siano messe in moto tutte le procedure necessarie a chiarire la dinamica effettiva degli avvenimenti. Purtroppo quello che lei ci ha detto già modifica molto ed altera quella scena e quindi anche la possibilità di capire, ad esempio, a che velocità andava effettivamente la macchina e se tutte le procedure sono state realmente rispettate, perché come lei ha sottolineato ci sono degli step che vanno rispettati per quelle regole di ingaggio che uniformano l'uso della forza e che prevedono quei due principi che lei ci ha ricordato.
Sono state avviate due inchieste, anche noi aspetteremo che i risultati delle inchieste ci dicano effettivamente quello che è realmente accaduto. Questi sono fatti, senza interpretazioni, senza congetture e senza strumentalizzazioni, fatti che però rappresentano anche la capacità del nostro Paese di sapersi assumere responsabilità e nello stesso tempo mantenere impegni verso la popolazione afghana e verso la comunità internazionale.
Non possiamo però far finta di non sapere che tutto il positivo che è stato finora compiuto dalla cooperazione militare e civile corre il rischio in ogni istante di essere annullato da eventi drammatici, come quello che oggi lei ha riferito in quest'Aula del Parlamento. Non possiamo ignorare che stiamo assistendo di settimana in settimana, direi di giorno in giorno, ad un aumento del numero delle vittime civili: 2.118 civili, ci dice la commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani nell'ultimo anno, cioè il 40 per cento in più rispetto al 2007.
Ancora ieri la portavoce della Croce rossa internazionale, Jessica Barry, ha denunciato la morte di almeno 100 civili, in gran parte donne e bambini, avvenuta in un villaggio nell'area di Farah, a causa di un raid aereo statunitense. Lo stesso segretario di Stato americano Hillary Clinton oggi dice di essere profondamente addolorata. Però questi eventi non si possono leggere né solo come numeri, né tanto meno come danni collaterali. Non possono non provocare un sussulto nelle nostre coscienze e una reazione, razionale e positiva, che ci chiami alla nostra responsabilità politica.
Signor Ministro, lo scorso 22 aprile in audizione in Commissione, ad una domanda specifica sui rischi che correvano le nostre truppe in quell'area ci ha risposto: l'unico problema che abbiamo è quello del comando, un punto ancora da chiarire, Pag. 23ma sul grado di pericolosità l'intervento massiccio anglo-americano nella zona di competenza italiana porta ad un minore e non ad un maggiore rischio. Noi riteniamo, invece, che la situazione in quell'area sia fortemente cambiata e che l'aumento delle vittime civili non può non provocare un cambiamento della percezione positiva che si aveva finora dei nostri soldati.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Esiste il rischio che le file degli insorgenti possano essere alimentate da un crescente sentimento di diffidenza e di rancore.
D'altronde la popolazione afghana, come ci ha confermato il governatore di Farah in audizione, non distingue fra le due missioni operanti nel Paese, Enduring freedom e ISAF. La cito ancora una volta quando in Commissione ci ha detto, posta la domanda: non è un problema che è stato sollevato a livello internazionale, può darsi che si stia muovendo qualcosa per formalizzare quello che, allo stato dei fatti, già è una missione, ma non ci sono differenze operative se non marginali. Questo per noi, invece, è un punto centrale sul quale dovremo fare chiarezza prima di scadere in inutili polemiche e tristi congetture.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Mi perdoni, Presidente, concludo subito. L'Afghanistan continua ad avere bisogno di impegno internazionale, militare e contemporaneamente economico, per sconfiggere il terrorismo e rilanciare lo sviluppo e la ricostruzione del Paese. Di fronte però all'assenza di una strategia del Governo - anzi ricordiamo che questa maggioranza la scorsa legislatura, quando l'onorevole Fassino disse che bisognava affiancare una strategia politico-diplomatica e aprire un dialogo con i talebani moderati, ci attaccò terribilmente - vorrei ricordare a questa maggioranza che oggi pesano i suoi silenzi.
Esiste un pericolo reale, quello di rendere debole e sempre più inefficace la presenza della coalizione, senza un futuro per gli afghani e senza una futura exit strategy per il nostro Paese.
Chiediamo al Governo di avere un ruolo attivo, di sentire la responsabilità di concorrere alla definizione di una nuova strategia internazionale; finora si è limitato ad assecondare la volontà altrui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signor Ministro, il gruppo dell'Unione di Centro la ringrazia per le sue parole prudenti e responsabili. Avremmo preferito, forse, tutti quanti essere rassicurati ulteriormente in quest'Aula sul rispetto delle regole di ingaggio dei nostri militari anche in questa fatale e tragica circostanza che ha visto la morte di una bambina di 13 anni. Ci associamo ovviamente alla solidarietà del Governo verso la famiglia della vittima.
La negativa concomitanza di eventi, la pioggia, come lei ha ricordato, e la scarsa visibilità sono state fatali, ma i nostri militari avevano rigide disposizioni, ossia prima i segnali di stop e poi gli spari, quelli di avvertimento, e solo quando si sono sentiti in pericolo avrebbero dovuto esplodere i colpi all'indirizzo della Toyota bianca.
Lei ha ricordato che questo è un mezzo del tutto simile a quello usato in altre drammatiche circostanze dai terroristi. Sono certo che i vertici militari assieme a lei, signor Ministro, saranno impegnati a contribuire a fare piena luce su questa vicenda affiancando la magistratura in tutti i momenti delle sue indagini.
La provincia di Farah dove operano i militari italiani è una delle aree più pericolose, lo sappiamo, in cui l'attività dei talebani è più intensa e gli attacchi sono più frequenti.
Signor Ministro, in Afghanistan non c'è ancora una situazione di distensione tale da poter valutare i fatti e le azioni con lo stesso parametro di giudizio che normalmente Pag. 24saremmo portati a usare in situazioni di pace e assenza di conflitto. Anzi, nelle ultime settimane - l'ha ricordato prima di me la collega Villecco Calipari - siamo di fronte ad una situazione di maggiore criticità, ma non siamo qui per giustificare i nostri militari se essi, come crediamo, hanno operato correttamente. Sarà la magistratura ordinaria ad occuparsi di questa vicenda e speriamo che abbia la sensibilità e le conoscenze specifiche del teatro, delle circostanze e delle condizioni in cui si è consumata questa tragedia, circostanze che sono del tutto particolari e non assimilabili certamente ad altre realtà.
Sarebbe, d'altronde, sbagliato non inserire questo incidente nel contesto degli avvenimenti avvenuti in queste ore nel villaggio della stessa provincia di Farah, che è stato praticamente raso al suolo in un raid aereo americano con oltre cento vittime fra i civili. Speriamo che non sia l'inizio di una strategia, purtroppo tristemente nota anche in altri teatri di guerra e di guerriglia, che porti i terroristi a farsi scudo della popolazione civile, degli ospedali, perfino delle scuole, per evitare rappresaglie, o peggio per poter sfruttare mediaticamente gli errori dei loro nemici.
Signor Presidente, siamo consapevoli che non c'è libertà senza giustizia, non c'è pace possibile finché il terrorismo può reclutare e addestrare i suoi uomini in diversi Paesi cavalcando la paura, la povertà e la miseria di tanti, troppi, uomini nel mondo.
È utile ribadire, però, a maggior ragione in queste ore, che le nostre Forze armate si trovano in missione di pace in quei territori, che il nostro partito le ha sempre sostenute quando era al Governo, quando è stato all'opposizione durante il Governo Prodi e oggi che è all'opposizione di questo Governo.
I nostri militari aiutano il Paese, l'Afghanistan in questo caso, in ogni sua emergenza, ma aiutano anche l'Italia; rispondono «signor sì» ogni volta che c'è bisogno di loro con encomiabile spirito di servizio nella lotta alla criminalità, nel terremoto in Abruzzo, perfino nell'emergenza rifiuti in Campania e a livello internazionale sono fra i più apprezzati e preparati perché hanno quella sensibilità tipica italiana, da tutti riconosciuta, di determinare e stabilire con facilità relazioni, amicizia e solidarietà.
Usare, quindi, l'incidente del 3 maggio scorso o quello accaduto ieri pomeriggio come pretesti per riconsiderare la nostra presenza in quella zona, o peggio ancora per chiedere il ritiro di ogni contingente internazionale sarebbe da irresponsabili e da persone che non comprendono le pericolose conseguenze che ne potrebbero derivare, non solo per i civili afghani, ma anche per la sicurezza internazionale.
L'Italia tutta non si è tirata indietro neanche quando ha pagato a caro prezzo, in diverse occasioni, con uomini caduti il rispetto degli impegni internazionali e certamente non lo farà oggi, ma continuerà a svolgere i suoi compiti delicati nel rispetto della popolazione, prima di tutto di quella civile, sapendo che l'errore, l'incidente, le fatalità sono sempre possibili.
Oggi siamo tutti chiamati a fare piena luce su questa vicenda non solo, signor Ministro, per amore della verità, ma per rendere giustizia a questa giovane vita afghana che ci ha lasciato.
In Italia i magistrati sono chiamati a collaborare a tutti i livelli affinché non resti alcuna macchia su questa vicenda e sono chiamati a farlo presto, ne va della credibilità e dell'onore del nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, voglio ringraziare il Ministro perché con una certa tempestività ha inteso relazionare direttamente all'Aula di Montecitorio. Lo voglio anche rassicurare: non siamo in un tribunale per giudicare i nostri militari. Ci mancherebbe altro che qualcuno mettesse in dubbio che si sia trattato di un incidente. Noi qui siamo chiamati a delle responsabilità, istituzionali e politiche, e in quest'Aula dovremmo prima di tutto parlare di politica, in particolare di politica di sicurezza e internazionale.
Per questo motivo, signor Ministro, avrei apprezzato davvero di più il suo Pag. 25intervento, che è stato molto corretto e sul punto, ma che non ha fatto riferimento alla situazione dell'Afghanistan se non nella sua prospettiva. Non ha citato, ad esempio, i dodici morti di oggi in un attentato, i morti di ieri (100, 120, 150, chi lo sa) in seguito ad un bombardamento.
Se però sto alla sua relazione, voglio anch'io tributare un doveroso omaggio a questa bambina chiamandola per nome: Behooshahr. Per quello che lei ci ha riferito, io continuo ad avere dei dubbi sull'incidente o almeno sulla sua ricostruzione. Leggerò lo stenografico, tuttavia credo di aver sentito dire che la macchina procedeva in coda. Poi, ad un certo punto si dice che ha proseguito in direzione contraria e la macchina è rimasta sul posto. Io francamente non ho capito la ricostruzione, però rispetto a ciò che lunedì abbiamo letto sui giornali (poi abbiamo visto le immagine televisive), anziché essere colpito il vano motore era spezzato il lunotto.
Non ho competenze balistiche per dire cosa possa essere successo, però sarà necessario capire, ma non per fare processi, bensì per capire. Voglio immaginare il dolore di questa famiglia e voglio capire anche il dolore e la responsabilità di chi è stato comunque autore di un incidente. Sicuramente non vi sarà dolo, ma vi può esser una colpa, che spetta a noi rilevare e denunciare per prendere gli adeguati provvedimenti.
Come dicevo, l'aspetto che più ci deve premere è quello politico. Non ci sto a definire questo incidente come uno dei tanti effetti collaterali. Noi siamo lì per un'azione di peace keeping, invece ci stiamo impantanando in una situazione diversa. Nei giorni scorsi il leader dell'Italia dei Valori ha voluto dire e precisare che è facile pontificare da una sedia o da uno scranno di Montecitorio su un incidente del genere. Siamo in una zona di guerra e in una frazione è difficile distinguere le persone inermi dai kamikaze. Tuttavia, dobbiamo comunque interrogarci e lo ha fatto anche il Ministro Frattini nei giorni scorsi in un'intervista al Il Messaggero dicendo: ciò che è successo dimostra non solo l'inevitabilità, ma anche che è l'intera strategia che richiede un ripensamento ed un allargamento. La strategia che va ripensata non spetta ai deputati che sono qui ad interloquire con lei, ma spetta in primo luogo al Ministro e al Governo.
Allora, proprio perché spetta al Governo, vorrei che il Governo avesse presente che, nel 2008, secondo i dati delle Nazioni Unite, i civili uccisi in azioni belliche sono stati 2.118, mentre, secondo i dati del comando NATO e degli Stati Uniti, sarebbero stati soltanto mille.
In più, vi è una denuncia, perché non c'è soltanto l'operazione Enduring freedom a comando statunitense, non vi è soltanto la missione ISAF a comando NATO, ma vi sono anche truppe speciali ed altre componenti militari e di intelligence, che non sono inquadrate nella struttura di comando ISAF, che non si coordinano con le forze governative, perché ritengono prioritaria la sorpresa. Queste unità non sempre sono a conoscenza delle dinamiche locali e del tenue confine che spesso distingue il nemico dall'amico. Lo dico e lo denuncio perché l'emozione provocata dalla notizia delle morti civili acuisce l'ostilità delle popolazioni verso le forze occidentali ed alimenta la sfiducia dei cittadini nei confronti del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Dunque, per quanto riguarda la nostra responsabilità, dobbiamo partire ovviamente dall'ammissione degli errori, dal riconoscimento delle vittime e dal pagamento dei risarcimenti. Ho una preoccupazione (l'ho detto nel dibattito in cui abbiamo rinnovato la missione): che senso ha avuto, in un'operazione di peace keeping inviare quattro Tornado in Afghanistan? Signor Ministro, è una domanda che le ho posto più volte e che rinnovo. Chiedo e sarò curioso di sapere quanto verrà valutata la vita di una bambina di tredici anni e sulla Pag. 26base di quali parametri sarà calcolato il risarcimento dei danni a quella famiglia (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 11 maggio 2009, alle 15,30:

1. - Discussione dei disegni di legge:
S. 1302 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Federazione russa sulla cooperazione nella lotta alla criminalità, fatto a Roma il 5 novembre 2003 (Approvato dal Senato) (2226).
- Relatore: Stefani.

S. 1317 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Belarus per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Minsk l'11 agosto 2005 (Approvato dal Senato) (2294).
- Relatore: Picchi.

S. 1318 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Croazia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 29 ottobre 1999 e Scambio di Note correttivo effettuato a Zagabria il 28 febbraio 2003, il 7 marzo 2003 ed il 10 marzo 2003 (Approvato dal Senato) (2363).
- Relatore: Biancofiore.

S. 1316 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Lubiana l'11 settembre 2001 (Approvato dal Senato) (2362).
- Relatore: Biancofiore.

2. - Discussione della mozione Franceschini ed altri n. 1-00161 concernente iniziative volte a favorire l'inserimento dei giovani del Mezzogiorno nel mercato del lavoro.

3. - Discussione delle mozioni Mancuso ed altri n. 1-00136 e Farina Coscioni ed altri n. 1-00133 concernenti iniziative per la prevenzione e la cura dell'AIDS.

4. - Discussione della mozione Cota ed altri n. 1-00076 concernente una moratoria per la costruzione di nuove moschee e centri culturali islamici.

La seduta termina alle 17,20.