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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 160 di martedì 7 aprile 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Bossi, Brancher, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Casini, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Cota, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, La Russa, Lo Monte, Mantovano, Mazzocchi, Migliavacca, Milanato, Pescante, Roccella, Romani, Soro, Stucchi, Tremonti, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 9,02).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

SILVANA MURA, Segretario, legge:
CRISTINA BOLELLI, da Verbania, e numerosi altri cittadini chiedono la sospensione dell'applicazione dei recenti interventi governativi in materia scolastica e l'avvio di una riforma del sistema di istruzione che assicuri il coinvolgimento degli operatori delle scuole, degli studenti e delle famiglie (626) - alla VII Commissione (Cultura);
MARINO SAVINA, da Roma, chiede la riforma della disciplina contrattuale del personale civile del Ministero dell'interno (627) - alla XI Commissione (Lavoro);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede l'esenzione dall'imposta di bollo per le operazioni di «estratto conto» (628) - alla VI Commissione (Finanze);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede controlli per evitare infiltrazioni mafiose nell'ambito delle procedure di appalto per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina (629) - alla VIII Commissione (Ambiente);
ALESSANDRO ROCCHI, da Roma, chiede:
l'introduzione di un limite massimo di età per coloro che possono essere chiamati a testimoniare nei procedimenti penali (630) - alla II Commissione (Giustizia);
interventi in materia di raccolta differenziata e per ridurre la produzione di rifiuti non riciclabili (631) - alla VIII Commissione (Ambiente);
la riforma della disciplina del referendum abrogativo (632) - alla I Commissione (Affari Costituzionali); Pag. 2
nuove norme in materia di incompatibilità per i parlamentari e per chi ricopre altre funzioni o incarichi pubblici (633) - alla I Commissione (Affari Costituzionali);
l'introduzione di sanzioni penali per chi fa uso di droghe (634) - alla II Commissione (Giustizia);
ARRIGO VARANO, da Brescia, chiede la rivalutazione dei trattamenti pensionistici relativi alle cosiddette «pensioni di annata» (635) - alla XI Commissione (Lavoro);
ROBERTO DI GAETANO, da Vecchiano (Pisa), chiede la modifica dell'articolo 513 del codice di procedura penale al fine di limitare la possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere da parte degli imputati (636) - alla II Commissione (Giustizia);
PIER LUIGI MARTINEZ, da Collegno (Torino), chiede l'istituzione di un giudice specializzato per la trattazione delle controversie amministrative di minore gravità (637) - alla II Commissione (Giustizia);
SALVATORE GERMINARA, da Pistoia, chiede nuove norme per contrastare il delitto di usura (638) - alla II Commissione (Giustizia);
FILIPPO MASCOLO, da Roma, chiede nuove norme in materia di rimborso della tassa di concessione governativa per l'iscrizione delle società nel registro delle imprese (639) - alla VI Commissione (Finanze).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori (A.C. 2232-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.
Ricordo che nella seduta del 30 marzo 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che la relatrice ed il Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2232-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 2232-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2232-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 2232-A).
Avverto altresì che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 2232-A) che sono distribuiti in fotocopia.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già presentate in Commissione ed in tale sede dichiarate inammissibili, in quanto non strettamente attinenti alla materia oggetto del decreto-legge: Melis 12.011, volto a prevedere corsi di formazione e di aggiornamento del personale della polizia giudiziaria e dei magistrati sulle materie riguardanti l'attività di contrasto e repressione degli atti di violenza sessuale; Tidei 12.012, che novella il codice delle pari opportunità in relazione all'attuazione del principio di parità tra uomo e donna nei mezzi di comunicazione; Livia Turco 12.013, concernente l'istituzione dello sportello di ascolto contro la violenza alle donne e ai minori presso i reparti di pronto soccorso; Bossa 12.030, che istituisce corsi di formazione del personale sanitario per la prevenzione e diagnosi precoce della violenza nonché per il sostengo delle vittime delle violenza Pag. 3familiari; Ferranti 12.03, volto a promuovere protocolli di intesa tra istituzioni e volontariato per la prevenzione degli atti persecutori e delle violenze contro le donne; Cuperlo 12.04, che novella il Codice delle pari opportunità prevedendo statistiche biennali sugli atti persecutori e sulla violenza sessuale; Samperi 12.06, volto a modificare il sistema previdenziale per le vittime di violenze sessuali e di atti persecutori; Murer 12.08, che finanzia progetti a tutela delle vittime di violenza e discriminazione; Samperi 12.010, che prevede presso le ASL servizi volti al sostegno delle vittime degli atti persecutori e della violenza sessuale, nonché alla prevenzione e recupero degli autori.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, in quanto non strettamente attinenti al contenuto del decreto-legge in esame e non previamente presentate in Commissione: Governo 6.501, volto a modificare la tabella 5 allegata al decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 69, al fine di incrementare da 62 a 63 anni il limite di età per il collocamento in congedo dei generali di brigata del ruolo aeronavale degli ufficiali della guardia di finanza; Governo 6.500, che interviene in materia di sanzioni applicabili in caso di violazioni in materia di protezione dei dati personali; Governo 6.0500, recante modifiche alla legge 4 maggio 1998, n. 133, in materia di modalità di copertura di sedi giudiziarie disagiate; Concia 12.051, in cui si prevede l'introduzione nei programmi scolastici di elementi formativi che conferiscano agli studenti uno spirito critico contro ogni forma di violenza e di discriminazione sessuale: tale proposta emendativa presenta, tra l'altro, un contenuto analogo a quello di altri articoli aggiuntivi già dichiarati inammissibili in Commissione; Cassinelli 12.052, recante modifiche all'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di statuti delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dallo Stato; Commissione 12.0600, che introduce una norma di interpretazione autentica volta ad escludere l'applicazione alle forze di polizia della disciplina in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro.
Non vedo il rappresentante del Governo, quindi ritengo sia saggio sospendere brevemente la seduta onde consentire al rappresentante del Governo che è in Commissione di scendere in aula. Ecco, il Ministro è appena giunto in aula.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, voglio prima di tutto scusarmi per un disguido organizzativo che mi induce a disturbarla per presiedere l'Aula in un momento in cui avrei dovuto farlo io, ma il mio intervento è stato messo all'inizio invece che alla fine della discussione, quindi ringrazio la sua cortesia che ha permesso di mantenere l'ordine stabilito senza che ne fossi a conoscenza.
Siamo qui per discutere delle misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché del tema degli atti persecutori. Mi consenta di fare un'osservazione di carattere generale. Ho l'impressione che le politiche di questo Governo (per la verità anche di altri Governi precedenti) siano largamente guidate, più da condizioni di allarme dell'opinione pubblica in parte artificialmente provocate dai mass media, che non da una valutazione esatta dello stato della sicurezza nel nostro Paese, per esempio da uno studio accurato delle statistiche riguardanti la criminalità e la sicurezza dei cittadini.
Accade che alcune tipologie di reato siano, per esempio, in diminuzione, ma che la stampa decida di concentrare su quelle tipologie di reato la propria attenzione, generando come effetto di questa scelta informativa una situazione di allarme pubblico e di grande preoccupazione che, però, non è commisurata all'effettiva estensione e all'effettiva evoluzione delle patologie criminali nel nostro Paese. Questo può indurre a fare delle Pag. 4scelte di priorità che corrispondono più ad un allarme artificialmente creato che non ad una difesa dei diritti del cittadino nel concreto contesto della sua attività quotidiana.
La criminalità a sfondo sessuale ha avuto sui media un gravissimo impatto in epoca recente. Le statistiche non confermano un'evoluzione così drammaticamente negativa moralmente, ma positiva statisticamente, del fenomeno e questo forse ha indotto il Governo ad agire con un qualche eccesso di precipitazione.
La seconda osservazione di carattere generale che vorrei fare riguarda la filosofia che abbiamo nel contrasto alla criminalità. Dal tempo di Cesare Beccaria ci sono due grandi filoni che possiamo seguire: il primo è quello dell'incremento delle pene. Si tratta di una politica criminale di stampo un po' medievale, un po' western: ne prendiamo pochi e quei pochi li «squartiamo» sulla pubblica piazza. L'altra è la filosofia della politica criminale inaugurata da Cesare Beccaria, la quale ritiene che le pene debbano essere miti, ma erogate alla gran parte della platea di coloro che commettono reati. Dissuade di più una pena mite di cui si è praticamente sicuri che si dovrà pagare il conto, che non una pena molto più pesante per la quale esistono elevate probabilità di sfuggire alla punizione.
Vediamo che la filosofia del Governo sembra essere non quella di Beccaria, ma quella del ritorno ad una visione un po' western e un po' medievale della politica criminale. Aggraviamo le pene. Se succede qualcosa che desta allarme nella pubblica opinione, sia questo giustificato o meno dall'effettivo andamento della criminalità, la nostra risposta non è l'aumento degli strumenti di prevenzione o repressione, né la creazione delle condizioni per avere un maggior numero di criminali efficacemente assicurati alla giustizia, ma l'aumento delle pene, anche se sappiamo che in larga misura tali pene non verranno mai erogate.
Tra l'altro - questo non c'entra con le fattispecie oggetto del presente decreto-legge - tutti quanti aderiamo, a parole, ad una filosofia della depenalizzazione. Sembra che non ci sia provvedimento sul quale, invece, non si voglia inserire una norma penale. Signor Ministro, la prego di credere che non è una posizione da opposizione, ma semmai da opposizione repubblicana, preoccupata del bene del Paese, perché so bene che questi non sono difetti soltanto di questo Governo, ma in generale del modo in cui noi, in Italia, affrontiamo i problemi della sicurezza.
In Italia avviene che praticamente, in contemporanea, abbiamo diminuzioni degli stanziamenti per le forze dell'ordine e, quindi, diminuzione della capacità di assicurare effettivamente alla giustizia coloro che commettono reati, diminuzione del livello di protezione effettiva della sicurezza del cittadino e, invece, aumenti delle pene con un grande dubbio che questi aumenti non abbiano un effettivo potere dissuasivo verso la criminalità. Sarebbe piuttosto necessario costruire commissariati, perché se è vero, per esempio, che il fenomeno della criminalità a sfondo sessuale non è in crescita globalmente nel Paese, ho il sospetto che in alcune aree del Paese sia in crescita, ovvero che siano cresciute nuove aree del Paese all'interno delle quali manca la presenza dello Stato, perché non c'è il commissariato, né la stazione dei carabinieri, perché non passano le automobili di ronda della polizia. Questo è strettamente legato con una carenza di interventi e di finanziamento. Capisco che la situazione generale della finanza pubblica non è allegra.
Tuttavia, questo è un momento in cui varrebbe la pena di dare più e non meno risorse a questo comparto e con misure effettive, non con quelle parzialmente illusorie contenute in questo decreto-legge.
Un discorso analogo va fatto per quello che riguarda il tema della obbligatorietà della custodia cautelare in carcere, oggetto dell'articolo 2 del provvedimento.
Ho visto anch'io alcune decisioni della magistratura che lasciano veramente allibiti. Quando qualcuno è messo in libertà e subito dopo commette crimini efferati, il cittadino dice che una cosa del Pag. 5genere mai più deve avvenire. Tuttavia non sono convinto che qui sia sbagliata la legislazione, signor Ministro, e che vada ridotta la discrezionalità dei magistrati; credo che il problema vada preso da un'altra angolazione.
La discrezionalità è inevitabile, ogni buon ordinamento di procedura penale deve riconoscere ampi margini di discrezionalità ai magistrati, ma il magistrato che sbaglia in qualche modo dovrebbe essere sanzionato, occorre che ci sia un controllo sull'uso della discrezionalità. Togliere questa discrezionalità o diminuirla o prevedere l'obbligatorietà della custodia cautelare non è una buona politica; una buona politica sarebbe riprendere il controllo dei procedimenti interni alla magistratura e garantire che, quando un giudice sbaglia nell'uso della sua discrezionalità, quando un giudice considera che deve concedere dei benefici, laddove la legge dice soltanto che può concederli dopo opportuna valutazione, quando il giudice nell'opportuna valutazione viene meno, allora sarebbe necessario che ci fosse un qualche controllo che garantisca la sostituzione del giudice in quell'ufficio ed eventualmente una valutazione non favorevole ai fini della sua ulteriore carriera.
La verità è che la discrezionalità è diventata illimitata per mancanza di controllo e adesso noi tentiamo di porre rimedio a questa situazione istituendo l'obbligatorietà della custodia cautelare in carcere. È una cosa che lascia perplessi, come lascia perplessi tutto ciò che introduce regimi di eccezione, tutto ciò che crea situazioni particolari riferite ad alcuni reati, quando uno potrebbe domandarsi perché la stessa cosa non valga per altri reati forse di uguale o maggiore gravità, o di uguale o maggiore allarme sociale.
La stessa osservazione vale per l'articolo 3, mentre noi valutiamo positivamente la disciplina del patrocinio a spese dello Stato, perché qui sì c'è una ragione effettiva per creare un regime di eccezione, considerando lo stato particolare nel quale si trovano le vittime di questi reati. Il rischio è che questi reati non vengano denunciati e quindi è opportuno offrire il massimo di sostegno, perché si arrivi ad un'efficace politica di punizione di questi reati. Sappiamo infatti che il numero di reati commessi è notevolmente più alto di quelli denunciati, in questo ambito ancor più che in altri.
Gravi preoccupazioni desta anche l'articolo 5: portiamo il periodo massimo di trattenimento dello straniero nei centri di identificazione e di espulsione da 60 a 180 giorni. Signor Ministro, lei sa bene che non è questo il modo di affrontare la questione. Perché lo straniero rimane in questi centri? Perché non siamo in grado di identificarlo. Perché non siamo in grado di identificarlo? Perché lui non collabora, ma non collaborano nemmeno le autorità degli Stati di provenienza. L'unico modo di affrontare effettivamente la questione è attraverso gli accordi con gli Stati di provenienza. Ne abbiamo fatto, a suo tempo, uno con l'Albania che ha funzionato e, oggi, per quello che riguarda i detenuti di origine albanese, questi problemi non si pongono più o non si pongono con la stessa gravità con cui si ponevano prima.
Una volta ho proposto una conferenza mediterranea, una conferenza dell'Unione europea con gli Stati rivieraschi del Mediterraneo, per poter procedere insieme alle misure di controllo dell'immigrazione che consentano anche la tempestiva espulsione dei cittadini stranieri che non dovrebbero essere presenti sul nostro territorio. Certo, in una conferenza mediterranea ci chiederebbero delle contropartite; per esempio, come contropartita ci chiederebbero l'apertura di canali efficaci di immigrazione legale in Italia, perché il nostro sistema produttivo continua ad avere bisogno di immigrazione legale, mentre noi continuiamo a non creare le condizioni perché questo possa avvenire in modo facile.
La legge Bossi-Fini non è una cattiva legge, è cattiva la gestione della legge: sono cattivi, scusi signor Ministro, i decreti flussi del tutto irrealistici. Pag. 6
Bisognerebbe correggere un altro difetto della legge Bossi-Fini: quando il datore di lavoro è disponibile ad offrire un regolare contratto di lavoro qui in Italia adesso, evitiamo queste buffonate per cui un immigrato deve tornare nelle Filippine e poi venire nuovamente in Italia (Applausi della deputata Sbai). Diamogli il contratto di lavoro qui, magari prevediamo in aggiunta una multa per il datore di lavoro da devolvere a un Fondo che sia disponibile alle regioni per gli adeguamenti del sistema scolastico e sanitario che sono necessari per reggere l'accresciuta domanda di sanità e di scuola. In sostanza, permettiamo che la legge funzioni secondo il suo spirito originario che era il seguente: dove c'è lavoro lì deve arrivare anche il visto di soggiorno, mentre questi sono mezzucci che non affrontano e non risolvono alcun problema.
Una volta nella XIV Commissione ho avanzato una proposta che è stata bloccata dagli amici della Lega. Stavamo discutendo dell'evoluzione di una direttiva comunitaria che si occupa di questi problemi e ho detto: perché non cominciamo con il considerare gli uffici del lavoro per far emergere il lavoro nero in Italia, che sarebbe utile anche per il collega che si occupa di economia, per combattere un'evasione fiscale di proporzioni drammatiche e che deve essere assunta come un obiettivo prioritario di politica? Vi pare possibile che la grande maggioranza degli italiani guadagni meno di 10 mila euro all'anno? Non è una valutazione accettabile e se si va poi a valutare la situazione all'interno di alcune categorie si vede che categorie che notoriamente hanno tenori di vita elevati hanno denunce dei redditi molto modeste. Pertanto, facciamo emergere il lavoro nero che serve anche per la fiscalità generale e quando emerge il lavoro nero vediamo se davvero volete rimandare a casa tutti i lavoratori illegali.
Io sono pronto, rimandiamo a casa tutti i lavoratori illegali, ma se emerge la vera dimensione del fenomeno sarete voi a dire che non volete rimandarli a casa perché la piccola impresa italiana si troverebbe in difficoltà. Allora, non è vero che li volete rimandare a casa, la verità è che state creando un sistema in cui ci sono i lavoratori schiavi, in cui forse un milione di persone vivono in Italia senza avere diritti e questo è terribile perché chi non ha diritti come si protegge? Cosa fa un immigrato che deve avere paura dei carabinieri quando li vede? Si compra un coltello per difendersi da solo e cresce una cultura della violenza oppure cade nelle mani della criminalità organizzata, chiede protezione al boss del quartiere.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROCCO BUTTIGLIONE. Concludo, signor Presidente. Volevo soltanto dire che invece giudichiamo positivamente quanto è stato realizzato in materia di stalking. È una riforma opportuna, utile, vedo che già viene utilizzata, si moltiplicano le denunce, è un contributo importante per la tutela della dignità, soprattutto della donna, ma non necessariamente solo della donna. Molte cose vi sarebbe da dire, capisco che il tempo non lo consente, vi ringrazio della vostra attenzione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, ieri, credo in modo esplicito, abbiamo assunto la responsabilità di abbassare i toni della polemica e in qualche modo anche di attenuare le forme, non certo il merito dei giudizi politici e di merito sull'azione di Governo che rimangono tutti fermi, per rispetto del dolore di tutti quegli italiani che vivono la tragedia del terremoto e che affrontano in queste ore, nelle varie condizioni di vittime e di soccorritori, un'emergenza che tocca la coscienza di tutti gli italiani. Abbiamo pensato, e ne siamo convinti, che sia giusto Pag. 7che in questi momenti la polemica politica, lo scontro politico abbassi i toni e cerchi di misurarsi sui profili della massima coesione possibile.
Noi riteniamo che l'opposizione, l'abbiamo detto ieri, abbia dei doveri in queste circostanze, ma crediamo che anche la maggioranza abbia dei doveri. Questo decreto-legge ha una peculiarità: in sostanza è la raccolta di pezzi di disegni di legge che viaggiano fisiologicamente nelle corsie ordinarie di altri provvedimenti e alcune parti di questo articolato, anzi direi la massima parte dello stesso, è largamente condivisa dalle varie forze politiche nell'esame dei rispettivi disegni di legge.
Una parte importante dell'articolato del decreto-legge è stata già votata all'unanimità in questa Camera e su altre parti si è aperta una discussione positiva. Vi è un punto, l'articolo 6, che contiene delle norme rispetto alle quali il nostro giudizio è stato espresso abbondantemente in quest'Aula, ovvero che sia in conflitto con la Costituzione e che produca effetti distorsivi sulla sicurezza del Paese. Naturalmente il nostro giudizio legittimamente può non essere condiviso dalla maggioranza, ma è un giudizio che ha natura talmente rilevante da non potere essere archiviato come un aspetto marginale. Per noi ciò è dirimente.
In questa circostanza penseremmo che se il Governo avesse seguito le corsie ordinarie probabilmente una parte importante di questo decreto-legge avrebbe già raggiunto il traguardo, mentre la parte più complessa e controversa potrebbe essere naturalmente e nei tempi giusti esaminata dal Parlamento. Con molta franchezza al Governo dico che noi non possiamo in questa fase rinunciare al nostro diritto e al nostro dovere di esercitare tutte le forme di opposizione possibile. Riteniamo, infatti, questa parte confliggente con la Costituzione e pericolosa nel disegno e nell'architettura dei sistemi di sicurezza del Paese, ovvero un precedente che abbiamo definito molto grave e forse rappresenta più di un precedente. Questa parte rischia di essere una spinta e uno strappo forte rispetto all'ordinamento che presiede dall'inizio della storia repubblicana alla tutela della sicurezza nazionale.
Allora, la proposta che noi facciamo al Governo con molto rispetto per i giudizi differenti presenti in quest'Aula è che si stralci l'articolo 6, lo si restituisca ad un fisiologico percorso di corsia all'interno di un disegno di legge nell'ambito del quale si aprirà nei tempi giusti un confronto ed una discussione. Noi non rinunciamo all'idea che anche dentro la maggioranza possa svilupparsi una volontà emendativa rispetto alla forma che attualmente caratterizza l'articolo 6. A quel punto questo decreto-legge potrebbe essere rapidamente esaminato e approvato in tempi ragionevoli e compatibili con la gravità del momento. Diciamo ciò sommessamente, con molto rispetto ma anche con molta fermezza in quanto non vorremmo che in questa circostanza ci rimettesse la democrazia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONELLO SORO. Quindi, abbiamo il dovere di pretendere di svolgere correttamente la nostra parte di opposizione e vorremmo farlo non nel merito ma nelle forme più contenute possibili, ma anche il Governo ha il dovere di svolgere la sua parte. Dunque, chiediamo al Governo un momento di pausa e di riflessione per poter valutare la nostra proposta e sulla base di quella regoleremo anche il nostro comportamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, anche noi non avremmo voluto intervenire oggi in questi termini sull'ordine dei lavori, in quanto già ieri abbiamo giustamente tenuto un atteggiamento dimostrando - come tutti peraltro in quest'Aula - grande rispetto per i fatti che Pag. 8sono successi. Quindi abbiamo calato di molto il confronto parlamentare, dimostrando che sul decreto-legge anticrisi e quote latte, dove avevamo fatto una battaglia non da poco e dove avevamo profuso un impegno convinto, abbiamo rinunciato anche ad intervenire perché giustamente era opportuno farlo.
Ora ci troviamo di nuovo di fronte alla discussione sul complesso degli emendamenti di un altro decreto-legge, quello recante misure urgenti in materia di sicurezza. Anche questo provvedimento, come quello anticrisi, contiene degli aspetti condivisibili e alcune motivazioni sulle quali anche noi concordiamo.
Evidentemente, però, anche a fronte dell'atteggiamento di ieri, che, come dicevo, aveva visto una nostra posizione favorevole sulla gran parte del decreto-legge «anti-crisi» e nettamente contraria rispetto al provvedimento «quote latte», riteniamo che oggi in qualche modo si debba richiamare, nel senso della solidarietà, che tutti devono avere nei momenti di difficoltà, anche il Governo ad avere una certa solidarietà nazionale rispetto al dibattito che stiamo portando avanti.
Il decreto-legge di oggi è molto importante e allo stesso tempo molto delicato. Come dicevo prima, alcuni aspetti sono fondamentali per la sicurezza e vanno sicuramente sostenuti. Però, come ha richiamato il collega che mi ha preceduto, ci sono alcuni punti sui quali vogliamo richiamare l'attenzione e chiedere un po' di sensibilità al Governo. Il primo è l'articolo 5, sul quale chiediamo almeno un ripensamento da parte del Governo sulla tempistica all'interno dei centri di accoglienza, ma soprattutto vi è l'articolo 6, che tocca aspetti talmente particolari e delicati, nei confronti dei quali noi, come partito, abbiamo grandissime perplessità.
Alla sicurezza dei cittadini teniamo tutti e dobbiamo darle priorità in tutti modi, ma noi crediamo che l'urgenza che è stata prevista in questo articolato, con l'articolo 6, sia eccessiva e ci porti ad una situazione di difficile gestione e comprensione, per quanto ci riguarda.
Pertanto, nell'interesse del Parlamento e del Paese, ritengo, come dovrebbe avvenire anche più spesso, cioè evitando i decreti-legge e svolgendo più dibattito e confronto in Aula, che un approfondimento, una discussione e un percorso non da decreto-legge, ma da disegno di legge, sia la strada migliore. Ci rendiamo conto del momento che stiamo vivendo e che la polemica non si può assolutamente portare avanti in questo momento, ma la responsabilità credo che sia necessaria. Pertanto, siamo disponibili a riprendere il discorso aperto ieri, di un percorso veloce rispetto al contenuto, se il Governo farà un percorso diverso per quanto attiene all'articolo 6 e avrà almeno un ripensamento sull'articolo 5.
Queste sono le motivazioni per le quali siamo disponibili ad una prosecuzione veloce sul resto del provvedimento, diversamente, a malincuore e contro voglia, nell'interesse delle nostre convinzioni, che rappresentano anche l'interesse del Paese, saremo costretti a cercare di spiegare in tutti i modi, in maniera democratica e rispettosa, ma con tutti i tempi che servono, le motivazioni della nostra contrarietà su una parte minima del complesso di questo provvedimento.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per aggiungere le mie parole a quelle dei colleghi che mi hanno preceduto. Come credo quest'Assemblea possa serenamente dare atto, ieri da parte dell'opposizione vi è stato un comportamento misurato, che in questo momento ha cercato di privilegiare la speditezza dei lavori, anche come forma di riguardo per quanto sta succedendo in una parte del nostro Paese. Ci ritroviamo oggi a porre, sempre sommessamente, una questione che credo sia di rilievo, alla quale spero che il Ministro Maroni Pag. 9possa e voglia prestare attenzione. Giunge qui oggi all'esame dell'Aula un provvedimento complesso e articolato, che è il frutto della riunione di svariate iniziative normative. Da parte di Italia dei Valori, così come da parte di quasi tutti i gruppi di opposizione, c'è stata, fin dall'inizio, una condivisione della stragrande maggioranza del contenuto di questo provvedimento, anche perché, come il Ministro sa, si tratta in parte anche di provvedimenti che altro non sono se non la continuazione e la riproposizione di iniziative legislative che erano già state portate avanti nella scorsa legislatura.
Quello che chiediamo al Governo, quello che chiediamo al Ministro Maroni è di aiutarci oggi ad aiutare il Governo; di aiutarci oggi, continuando, anche idealmente, questa ricerca di un clima di sintonia che è iniziata ieri, a essere messi in grado di poterci esprimere serenamente e apertamente, e rivendicandola, su quella parte ampia, amplissima di questo testo che è condivisa, evitando in questo momento, con quello che sarebbe sicuramente un gesto di grande sensibilità e attenzione politica, quell'unica parte del provvedimento che, viceversa, creerebbe inevitabilmente, non voglio dire un conflitto, ma, sicuramente, una più aspra dialettica politica e parlamentare.
Speriamo che il Governo possa e voglia farsi carico di queste istanze, che mi sembrano ragionevoli. Mi sembrano le istanze di un'opposizione che vuole dare il suo contributo, anche nelle Aule del Parlamento, a un proficuo lavoro legislativo e che chiede soltanto di poter essere messa in condizione di esprimere, in questo caso, anche un «sì», che ci sarebbe, evidentemente, precluso, qualora, come purtroppo più volte è accaduto in questa legislatura, a un provvedimento in larga parte condiviso si aggiungesse - in questo caso si è già aggiunta - una parte che, purtroppo, per noi non è assolutamente condivisibile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onde consentire eventualmente alla Presidenza di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo per organizzare in modo diverso i nostri lavori, pregherei il Ministro Maroni di fornire risposta al quesito posto dalle opposizioni.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, le opposizioni hanno chiesto lo stralcio dell'articolo 6 del provvedimento. Tale articolo si compone sostanzialmente di tre parti.
La prima prevede lo stanziamento di 100 milioni di euro per nuove assunzioni, circa 2 mila poliziotti. La seconda parte prevede uno stanziamento aggiuntivo di 100 milioni di euro, che la Commissione ha portato a 150; si tratta di una dotazione finanziaria per le forze dell'ordine per combattere la criminalità, risorse ottenute dal sequestro e dalla confisca dei beni mafiosi.
La terza parte riguarda la possibilità che viene data ai sindaci di utilizzare associazioni tra cittadini volontari della sicurezza per migliorare il controllo del territorio. Queste tre parti, non a caso, sono contenute in un articolo che si intitola «Piano straordinario di controllo del territorio».
Fanno parte del sistema di sicurezza partecipata che vede le Forze dell'ordine, che vede dalla riforma che abbiamo fatto lo scorso anno una partecipazione più attiva dei sindaci e che vede anche la possibilità per i cittadini di partecipare al controllo del territorio in modo controllato e coordinato.
Già oggi, come si sa, ciò avviene in modo non controllato, le cosiddette «ronde fai da te», peraltro regolamentate da alcune amministrazioni. Le amministrazioni comunali di Genova e di Bologna hanno emanato dei provvedimenti che utilizzano esattamente le associazioni tra cittadini. La regione Emilia Romagna, nel 2004, ha fatto una legge che prevede esattamente quello che scriviamo nell'articolo 6; francamente, faccio fatica a capire perché, se lo dice il Governo, è sbagliato, ma se lo dice la regione Emilia Romagna, va bene (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Pag. 10
Sono i volontari per la sicurezza: non credo che si debba aver paura di un sistema che vede i cittadini, che vogliono e possono partecipare sotto la guida del sindaco, sotto l'organizzazione del sindaco, in modo controllato, in appositi elenchi, dopo un periodo di formazione, a fianco delle Forze dell'ordine. Mi pare di risentire le stesse polemiche che vi sono state tanti anni fa quando vennero introdotti i volontari del soccorso accanto ai vigili del fuoco.
Anche allora si gridò allo scandalo: si diceva che non si poteva togliere ai Vigili del fuoco, professionisti veri, il compito di combattere le emergenze. Oggi, senza i volontari del soccorso, probabilmente gli aiuti che questa notte e ieri vi sono stati in Abruzzo non sarebbero stati così efficaci (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Credo quindi che sia una misura giusta, coerente, moderna, che va nel senso di aumentare il controllo del territorio: più risorse alle forze di polizia (150 milioni di euro), nuove assunzioni e la possibilità di far partecipare i cittadini in modo controllato e adeguato allo sforzo che quotidianamente le forze dell'ordine svolgono per migliorare il controllo del territorio. Il Governo esprime, quindi, un parere contrario allo stralcio dell'articolo 6 (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, naturalmente il Ministro sa che la nostra richiesta era relativa alla terza parte, concernente quelle che con un eufemismo vengono chiamate «associazioni tra cittadini non armati», ma «ronde» si capisce meglio. Prendiamo atto che con una certa saccenteria il Ministro rifiuta una richiesta ragionevole fatta dall'opposizione (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), e impegneremo questi giorni per dire quale sia invece la nostra idea delle ronde (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FEDERICO PALOMBA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, mi vorrei rivolgere con molta pacatezza e con molto garbo al Ministro Maroni, dicendo che noi siamo pienamente d'accordo sul comma 1 e sul comma 2, quindi lo stralcio si riferirebbe soltanto ai commi 3 e successivi.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Si è parlato di stralcio dell'articolo 6.

FEDERICO PALOMBA. Ministro, stiamo precisando, e preciso anche le ragioni e le motivazioni; basta vedere gli emendamenti, che non riguardano i commi 1 e 2: gli emendamenti soppressivi riguardano i commi 3 e successivi.
La ragione della nostra richiesta è una sola: noi non chiediamo al Governo di non discutere mai più del problema delle ronde, gli chiediamo soltanto di allocarlo nella sede che noi riteniamo più propria, e cioè quella del disegno di legge sulla sicurezza. Vorremmo, infatti, discutere complessivamente sul modello di sicurezza che il Governo ha in testa; vorremmo cioè sapere se c'è qualche mutamento rispetto al fatto che la sicurezza debba essere garantita dalle strutture a ciò deputate, la sicurezza come funzione sovrana dello Stato, che dev'essere demandata alle forze di polizia anche per la loro capacità di unire prevenzione e repressione e di collegarsi, più in generale, per il contrasto alla criminalità organizzata con l'Interpol, e via dicendo. Noi vorremmo sapere più in generale - e quella è la sede giusta per dirlo - se il Governo, con la comparsa di alcuni militari nel territorio e con l'accentuazione della polizia locale o degli interventi limitati nel territorio, abbia intenzione di cambiare complessivamente il modello. Pag. 11
Quindi, Ministro, noi non chiediamo al Governo di rinunciare definitivamente al provvedimento in esame, a queste disposizioni che esso ritiene giuste: le discuteremo in un'altra fase, in un'altra sede, dove sia possibile affrontare la questione complessivamente. Perciò, ancora una volta, Ministro, un richiamo alla sua saggezza, alla saggezza del Governo: consentiteci di dare un «sì» pieno a tutto il resto del provvedimento, altrimenti, per ragioni di metodo prima di tutto, ci mettete in grave difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ITALO BOCCHINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, credo che la giornata di oggi non sia una giornata utile per avviare uno scontro tra maggioranza e opposizione, e colgo l'occasione per ringraziare l'opposizione per l'atteggiamento che ha tenuto ieri in Aula in riferimento all'approvazione del provvedimento che avevamo in corso (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà), ma anche e soprattutto per il senso di responsabilità mostrato nel momento in cui il Governo era impegnato ad affrontare la situazione abruzzese. Credo che questi siano segnali importanti, perché la polemica politica spesso ci porta ad esagerare da un lato e dall'altro, ma il fatto che ci sia rispetto ed attenzione in momenti chiave è sicuramente positivo.
Dobbiamo ringraziare anche il Ministro Maroni, che è qui a seguire il provvedimento, mentre i suoi uomini, dei Vigili del fuoco soprattutto, in ventiquattr'ore hanno tirato fuori vive dalle macerie 100 delle 300 persone rimaste bloccate sotto i crolli (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Si tratta di un risultato straordinario, e noi la ringraziamo, Ministro, per lo sforzo che i suoi uomini hanno fatto in queste ventiquattr'ore. Credo sinceramente che non sia opportuno bloccarci adesso su una questione che mi pare essere più formale che sostanziale. Non voglio riprendere le parole di Maroni, ma qui si sta facendo qualcosa che evita le ronde così come le intendete voi. Presidente Soro, oggi ci troviamo in un sistema di ronde fai-da-te, siamo nel far west delle ronde, e ciò non riguarda i sindaci di centrodestra, brutti e cattivi, che vogliono le ronde che vanno a malmenare la gente per strada, bensì riguarda tutti: comuni governati dal centrosinistra e regioni governate dal centrosinistra, che hanno dato vita a queste associazioni che aiutano nel controllo sul territorio.
Tali associazioni vanno regolamentate: questo dice il Governo, questo dice la maggioranza. Regolamentate significa che mentre oggi a Genova, città governata dal centrosinistra, nasce una ronda con pochi controlli, dopo l'approvazione dei nostri provvedimenti per dar vita a quell'associazione di volontari per la sicurezza ci vuole ben altro. Innanzitutto, bisogna privilegiare gli ex appartenenti alle forze dell'ordine, cioè persone che hanno giurato fedeltà alla Costituzione e allo Stato, hanno lavorato per anni negli apparati dello Stato, hanno una professionalità tecnica per intervenire e comprendere le situazioni e non hanno quella emotività che spesso il cittadino comune può avere nei confronti di determinati fenomeni o spesso anche nei confronti di alcune fasce deboli della popolazione, che vengono immediatamente percepite come pericolose per la sicurezza e per l'ordine pubblico.
Bisogna fare una richiesta al sindaco, il sindaco la deve valutare e la deve inviare al comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza nel quale sono presenti il questore, il comandante dei carabinieri, il comandante della Guardia di finanza ed il rappresentante della procura che, seduti insieme, valutano se quelle persone possono dare una mano per la sicurezza dei cittadini. Questo vogliamo fare, cioè vogliamo evitare il far west a cui avete partecipato anche voi e fare in modo che esso possa essere trasformato in una partecipazione regolamentata dei cittadini.
Allora non cerchiamo un pretesto per dire: impiegheremo questi giorni per spiegare Pag. 12che cosa accade; presidente Soro, possiamo impiegare tutti i prossimi giorni - da un lato e dall'altro - a spiegare che accade: credo che sarebbe una bruttissima pagina nella storia della Camera dei deputati. Credo che mentre abbiamo migliaia di uomini in divisa che stanno cercando di tirare fuori ancora decine di persone da sotto le macerie, noi che stiamo qui ad accusarci (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

MASSIMO VANNUCCI. Perché non ci vai tu, in Abruzzo?

PRESIDENTE. Vi prego di non interrompere l'oratore. Prego, onorevole Bocchino.

ITALO BOCCHINO. Stare qui a tenere bloccato il Parlamento e il Ministro dell'interno per operazioni, da una parte e dall'altra, che rischiano di essere di propaganda politica sarebbe un gravissimo errore...

TERESA BELLANOVA. Vergognati!

PRESIDENTE. Onorevole Bellanova, la prego di moderare il linguaggio.

ITALO BOCCHINO. ...e sarebbe una pagina negativa della politica italiana.

PRESIDENTE. Onorevole Bocchino, deve concludere.

ITALO BOCCHINO. Che il senso di responsabilità prevalga e che tutti insieme si possa fare in modo che Governo, Parlamento, singoli parlamentari e gruppi si possano impegnare, anziché a fare polemiche, ad aiutare le popolazioni che oggi hanno bisogno di un segnale chiaro da parte della politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, signor Ministro, lei sicuramente aveva capito qual era il senso dell'intervento mio e di quello degli altri colleghi, certamente non riferito a tutto l'articolo 6 dal momento che, per quanto riguarda la prima parte, non è da oggi che sosteniamo che ci vogliono più fondi e più mezzi per le forze dell'ordine. Evidentemente, quindi, il problema riguardava solo la parte finale dell'articolo 6.
Ora però credo che dopo l'intervento del collega Bocchino si sia persa un'altra occasione per capire da che parte stanno le responsabilità. Non intendiamo assolutamente alzare il livello, come abbiamo detto prima, ma intendiamo soltanto discutere nel merito di una parte di un articolo che riteniamo delicata ed importante per il Paese.
Le stesse cose che ha qui detto l'onorevole Bocchino sono tali e tante che richiedono sicuramente un approfondimento migliore per dare una risposta migliore ai cittadini e al problema della sicurezza, però credo anche che se il senso di responsabilità debba prevalere in quest'Aula, debba prevalere per tutta l'Aula, non per una parte.
Mi rivolgo, allora, alla maggioranza e al Governo: un segnale di responsabilità nei confronti anche dell'opposizione, ma soprattutto nei confronti del Paese, per la prima volta lo potete dare, facendo solo un ripensamento su una piccola parte di un solo articolo? La responsabilità non ci può essere - come dicevo prima - da una parte sola. Credo che sia questo il momento - ma sempre dovrebbe essere così - di far prevalere la responsabilità di tutto il Parlamento, soprattutto della maggioranza e del Governo, ai quali è stato chiesto solo di rivedere una parte, non di stralciarla per buttarla via, ma per discuterla in maniera più approfondita nell'interesse della sicurezza del nostro Paese; questo abbiamo chiesto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

LUCIANO DUSSIN. Chiedo di parlare.

Pag. 13

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, ovviamente abbiamo apprezzato le parole di buon senso del Ministro Maroni. Un buon senso che si avvicina molto ai sentimenti dei nostri cittadini, al contrario del vostro agire; quotidianamente, infatti, abbiamo segnali di un continuo distacco da parte dei cittadini dalle politiche che vengono proposte dal centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ora ci troviamo a dover discutere di problemi interni al centrosinistra, che sembra debba dover risolvere le sue contraddizioni interne. Ricordava giustamente il Ministro dell'interno come ormai siano diffuse nel territorio tantissime amministrazioni locali del centrosinistra che vivono la quotidianità dei problemi dei cittadini che amministrano - probabilmente anche questo è un sentimento perso da chi frequenta troppo queste Aule e troppo poco il territorio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) - e che cercano di dare delle risposte.
Il Ministro ricordava che malgrado quanto da voi richiesto, vale a dire impedire la possibilità a queste associazioni di cittadini di rendersi utili e attive, in tante città capoluogo di regione, anche amministrate dal centrosinistra, questo c'è già. Posso aggiungere che esistono dei presidenti di provincia del centrosinistra che hanno deliberato 200 mila euro a sostegno dei comuni che attiveranno corsi di formazione per dar seguito alle iniziative spontanee che partono dai cittadini.
Sono tutte contraddizioni interne a voi stessi che dovremo risolvere noi, perdendo qualche giornata di lavoro. Ebbene, su questi temi siamo pronti alla sfida, perché ne usciamo sicuramente vincenti presso l'opinione pubblica, e vincenti alla grande (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). E se non vi basta la continua perdita di consensi, continuate pure; noi siamo qua, disponibili al dialogo.
Vi è anche un altro aspetto (mi rivolgo al Governo): voi citate gli strumenti messi a disposizione dal Regolamento (anche se il Regolamento prevederebbe già il contingentamento dei tempi dei disegni di legge di conversione, basterebbe applicarlo), ma voglio ricordare che esiste il diritto all'opposizione e il diritto al Governo, e noi al Governo del Paese, visto che abbiamo ricevuto un mandato elettorale diretto dei cittadini, non rinunciamo. Abbiamo anche noi gli strumenti per chiudere questa manifestazione di confusione che parte per l'ennesima volta dai banchi dell'opposizione. A buon intenditore... ci siamo già capiti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

MARCO MINNITI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Minniti, le ricordo che ha parlato il presidente Soro per il suo gruppo (Commenti del deputato Minniti). Dopo l'intervento del Ministro Maroni, infatti, ha preso la parola il presidente Soro.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Soro non era su ciò che aveva dichiarato il Governo, ma era volto a riprendere, con maggiore precisione, le proposte relative all'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, mi affido alla sua conoscenza del Regolamento e alla sua esperienza.
Riprendiamo gli interventi sul complesso delle proposte emendative presentate.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il collega Buttiglione ha anticipato alcune considerazioni generali, ma è impossibile intervenire per illustrare gli emendamenti a questo testo senza richiamare Pag. 14dei principi fermi a cui da sempre ci ispiriamo in materia di sicurezza: massima attenzione per il contrasto della criminalità, certezza della pena, ma anche massima attenzione per le garanzie e il rispetto dei principi costituzionali. Torna sempre valido il motto di Blair: duri contro il crimine, duri contro le cause del crimine. Dunque, è con un atteggiamento di assoluta attenzione, e per nulla polemico o pregiudiziale, che abbiamo valutato il merito di questi articoli, sapendo che questo Governo ha però proceduto ad una taglio lineare di risorse nei confronti del comparto sicurezza di estrema gravità, come è stato testimoniato e ricordato in più sedi, anche attraverso le proposte dei sindacati e delle organizzazioni delle forze di polizia.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 9,58)

PIERLUIGI MANTINI. La prima parte del provvedimento in esame riguarda alcune misure relative ad aggravanti per i reati sessuali. Da questo punto di vista abbiamo presentato un emendamento all'articolo 1 volto a precisare meglio il rapporto tra l'aggravante prevista e la commissione del delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale. Vorremmo, con un emendamento all'articolo 1, che fosse specificato esattamente il nesso stringente tra l'omicidio e gli atti persecutori ai fini dell'aggravante, poiché questi fatti possono svolgersi anche in epoche assolutamente diverse e indipendenti, e quindi ci sembra che l'aggravante debba essere specificata solo ove dalle condotte punite con il nuovo reato di stalking derivi poi un più grave fatto, appunto l'omicidio.
Quanto all'articolo 2 abbiamo proposto tra le ipotesi di arresto obbligatorio previste dall'articolo 380 del codice di procedura penale anche il reato previsto e punito dall'articolo 609-quater (atti sessuali con minorenne), in quanto si tratta di una dimenticanza sotto il profilo tecnico, perché è del tutto evidente che la gravità di questo reato debba comportare, al pari degli altri previsti dall'articolo 2 (e nella ricorrenza e sussistenza dei presupposti), l'arresto in flagranza.
All'articolo 4 abbiamo provato, con un nostro emendamento che sarà oggetto di migliore specificazione nel corso dell'esame, a precisare meglio le ipotesi del gratuito patrocinio, che è sicuramente importante per le vittime dei reati di violenza sessuale.
I maggiori problemi sono posti dagli articoli 5 e 6. L'articolo 5 è relativo ai centri di identificazione e di espulsione e al trattenimento. La previsione del testo di un trattenimento nei CIE fino a 180 giorni (ossia sei mesi), senza altro innovare sotto il profilo della disciplina dei flussi e degli accordi tra gli Stati, dunque delle modalità che stanno a monte rispetto al tema del trattamento del soggetto che arriva sul nostro territorio, ci sembra una norma iniqua, per diverse ragioni.
Anzitutto, se è vero che la direttiva n. 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio consente un trattenimento sino a 180 giorni, il presupposto, tuttavia, è quello della resistenza, ossia della resistenza del soggetto nel fornire le generalità. Certamente, nel primo momento in cui si mette piede sul territorio nazionale è bene che sia stabilito un patto di lealtà e le generalità, la possibilità di identificazione sono un presupposto importante e non a scopo persecutorio o di polizia, ma, auspicabilmente, anche con la finalità di integrazione del nuovo cittadino. Quindi, questo è un dato a cui noi attribuiamo importanza.
È evidente che, a monte, vi possono essere difficoltà derivanti da cause oggettive, da responsabilità degli Stati che rendono impossibile la conoscenza delle generalità e non può essere soltanto la persona umana responsabile a titolo oggettivo di fatti non propri. Per tali ragioni e per molte altre ancora su cui ci soffermeremo nel corso dell'esame specifico delle proposte emendative all'articolo 5, abbiamo proposto che il termine massimo di trattenimento sia di 90 giorni e non di 180 giorni.
Tuttavia, gli emendamenti più significativi sono quelli presentati all'articolo 6 Pag. 15in materia di ronde, come ormai si dice. Anzitutto vorremmo far notare che anche le misure relative agli stanziamenti, di cui si è parlato e di cui ha parlato anche il Ministro, sono solo anticipazioni di misure già previste. Restano, invece, tutti interi i tagli lineari e, con il turnover, la perdita di circa 5 mila posti lavoro tra le forze dell'ordine: questi sono i dati e le cifre che parlano in modo consistente di un'azione disattenta e, anzi - devo dire - gravemente in conflitto con le esigenze di sicurezza. Sul tema delle cosiddette ronde francamente non c'è stato offerto neppure un terreno emendativo.
In sede di Commissione giustizia abbiamo provato a stabilire due principi minimi senza per questo avere la presunzione di aver risolto il problema. Abbiamo proposto che queste associazioni perlomeno fossero apartitiche e apolitiche e, inoltre, poiché l'oggetto dell'attività di queste associazioni è rappresentato non soltanto dalle esigenze di sicurezza urbana ma anche dal disagio sociale, che le stesse potessero riferire non soltanto alle forze di polizia ma anche ai servizi sociali comunali. Questi due emendamenti che definirei minimi riguardanti i requisiti, il profilo soggettivo e le attività di queste associazioni sono stati respinti dalla maggioranza con l'invito a trasfonderne il contenuto in ordini del giorno. In altri termini, il Governo vuole mantenersi le mani libere, liberissime per emanare un regolamento, attraverso il Ministero dell'interno che, senza alcun riferimento legislativo, quindi sostanzialmente con una norma in bianco, definisca i requisiti di queste associazioni. Ritengo che, ove pure si accedesse ad un'idea più democratica di queste associazioni, si dovrebbe in questa sede, in Parlamento, consentire di stabilire alcuni requisiti essenziali sia soggettivi sia dell'attività di tali associazioni, vale a dire consentire alcune modifiche e un'azione emendativa sul profilo di queste associazioni.
Se il Governo - come ha fatto in Commissione - e la maggioranza continueranno a sottrarsi a questa disponibilità, bisogna dire che volete esattamente le ronde, solo le ronde; ronde, magari anche partitiche e politiche, faziose, ronde contrarie sicuramente alle esigenze della sicurezza e dei cittadini. E se, invece, fosse diversamente - come a volte ricordano i colleghi della Lega, dando un'interpretazione in bonam partem di questa attività - allora dimostriamolo nel corso dell'esame degli emendamenti e nelle modifiche legislative.
Vi sono poi altri emendamenti che riguardano la videosorveglianza ed altri temi apparentemente minori, per quanto minori possano dirsi le norme, tutte di fondamentale rilievo, sia per i diritti fondamentali, per le libertà, sia appunto per le esigenze di sicurezza.
Vi è il tema del reato di molestie insistenti e persistenti, già esaminato da questo ramo del Parlamento, che si sarebbe benissimo potuto concludere con l'esame legislativo anche da parte dell'altro ramo del Parlamento, ossia al Senato, con una procedura ordinaria, ma il Governo ha ritenuto di volerlo anticipare, inserendolo in un decreto-legge, con una scelta discutibile, ma che adesso non discutiamo a lungo nel metodo. Sappiamo però che, nei contenuti, al di là del perfezionamento di alcuni temi, al di là del fatto che prendiamo atto con interesse e attenzione anche dei rilievi fatti dal CSM su alcuni istituti (come quello, per esempio, dell'ammonimento nei confronti dello stalker, del molestatore da parte delle forze di polizia che può generare anche un'escalation nelle reazioni pericolose di questi soggetti), al di là dei temi di merito tecnico e della delicatezza di alcune questioni, abbiamo già espresso con il nostro voto in quest'aula il favore all'introduzione di un reato di molestie insistenti, previsto da molti altri ordinamenti, anche europei, che garantisce meglio le donne, in modo particolare e non esclusivo, nei confronti di una serie di comportamenti violenti, destinati anche a generare delitti gravi e che, per quanto siano statisticamente in lieve flessione, restano non solo nella loro dimensione di violenza percepita e di Pag. 16insicurezza delle donne, ma anche nella loro assoluta odiosità. Infatti, non vi può essere un regime di libertà differenziata per le donne nella vita di tutti i giorni e, dunque, non possono esservi problemi particolari di sicurezza per un genere anziché un altro. Quindi, si tratta di un reato la cui introduzione è assolutamente necessaria e che dovrebbe rappresentare anche il segnale di una politica sociale più vasta a favore delle donne e contro le violenze.
Per il resto riprenderemo i nostri argomenti nel corso dell'esame degli emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente e colleghi, il decreto-legge in esame parte da esigenze ampiamente condivise - l'hanno già spiegato i colleghi del gruppo del Partito Democratico in sede di discussione sulle linee generali - e addirittura da esigenze sollecitate da tutte le forze politiche. Siamo infatti in presenza, per buona parte, di misure contro gli atti persecutori, che erano già state approvate a larghissima maggioranza da questo ramo del Parlamento e che sono adesso all'attenzione del Senato.
Si tratta di norme che servono a contrastare, prevenire e reprimere gli atti di violenza sessuale e che, secondo noi, devono avere una rapida applicazione dal punto di vista legislativo.
Ciò che non convince - molte delle nostre proposte emendative vanno in questa direzione - è la scelta di avere inserito in un provvedimento che aveva questo impianto e queste esigenze aspetti che nulla hanno a che vedere con l'argomento originario del decreto-legge. Da questo punto di vista, credo che debba far riflettere che le esigenze di necessità e di urgenza, requisiti necessari per ricorrere allo strumento del decreto-legge, vengono in questo modo fortemente alterati. Infatti, sono state introdotte norme all'articolo 5 che prolungano i tempi di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione e all'articolo 6, comma 3 e seguenti (come è stato ricordato dal presidente del nostro gruppo, l'onorevole Antonello Soro), norme relative alle associazioni di cittadini non armati, la versione evoluta del fenomeno delle cosiddette ronde.
Si tratta di aspetti che nulla c'entrano con il resto del decreto-legge e che sono, invece, presenti nel disegno di legge che il Senato ha appena finito di esaminare e che, quindi, seguono un'altra corsia dal punto di vista dei tempi di discussione e di approvazione parlamentare. Peraltro - e credo che su questo una riflessione attenta andrebbe svolta -, per quanto riguarda il prolungamento dei tempi, il Senato, nella discussione del disegno di legge, ha bocciato questa proposta e quindi ritengo particolarmente grave che, attraverso lo strumento del decreto-legge, si reintroduca un aspetto che l'altro ramo del Parlamento aveva deciso di accantonare e di non inserire nel provvedimento di legge.
Siamo di fronte ad una logica emergenziale per quanto riguarda le questioni relative alla sicurezza: questo è il terzo decreto-legge in 11 mesi. Anche da questo punto di vista, credo che alcune riflessioni andrebbero svolte in quest'Aula, perché, se si continua a rincorrere i problemi e a cercare di affrontarli con questa logica, si rischia di ottenere un risultato molto modesto e molto diverso da quello che una parte della maggioranza si aspetta da questi provvedimenti. Servono, invece, interventi organici, come quelli presenti nel disegno di legge appena approvato dal Senato e attualmente all'attenzione della Camera. L'idea di anticipare alcune parti, quindi, non ci convince assolutamente; dietro questa impostazione vi è sicuramente una volontà propagandistica che nulla ha a che fare con l'affrontare i problemi della sicurezza.
È questo il punto che ha portato alla richiesta di stralciare alcuni commi dell'articolo 6. Ritengo, signor Ministro, che andrebbe svolta una riflessione il più concreta possibile sulla vicenda delle cosiddette ronde. Desidero andare al di là degli Pag. 17aspetti di costituzionalità sui quali, per il gruppo del Partito Democratico, già è intervenuto, in sede di illustrazione della questione pregiudiziale Ferranti ed altri n. 1, l'onorevole Bressa; in particolare, egli ha sollecitato alcuni aspetti di incostituzionalità legati soprattutto alla violazione del fondamentale principio della primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della sicurezza pubblica, nonché al fatto che si andrebbe contro alcune norme contenute nel decreto legislativo del 14 febbraio 1948 n. 43 che vietano le associazioni di carattere militare nel nostro ordinamento.
Il ragionamento che vorrei proporre e che è al centro di alcune nostre proposte emendative riguarda l'efficacia dello strumento immaginato dal Governo. È necessario provare a capire cosa si rischia di introdurre nel Paese. Quando parliamo di «associazioni tra cittadini non armati che segnalano alle forze di polizia eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale» introduciamo un elemento che rischia di non modificare, anzi di peggiorare lo stato della sicurezza nel Paese. Credo che vada messo al centro un elemento: ammettiamo che passi il decreto-legge così come è immaginato, si formano queste associazioni e alla fine cosa fanno? Segnalano alle forze dell'ordine alcune situazioni, quindi sempre alle forze dell'ordine finiscono per rivolgersi. Se, da una parte, aumentano le richieste nei confronti delle forze dell'ordine, ma, dall'altra, si riducono loro le risorse, non le si mettono in condizione di lavorare e vengono limitate dal punto di vista dell'operatività, rischiamo di scaricare su un soggetto - appunto le forze dell'ordine - funzioni che poi non è in grado di svolgere. Su questo aspetto una riflessione concreta aiuterebbe ad accantonare il punto e ad esaminarlo con più attenzione e più prudenza, magari coinvolgendo anche le regioni e i sindaci che, a tale riguardo, hanno avviato esperienze di sperimentazione, e infine provare con loro ad arrivare ad un testo completamente diverso.
Non è credibile che, mentre si avanza questo tipo di proposta, si sta discutendo - ed è una competenza che, peraltro, riguarderà proprio il Ministero dell'interno - della data dei referendum elettorali, con il rischio che su questo elemento vi sia uno spreco di risorse fondamentali che, come abbiamo provato a proporre in diverse occasioni, potrebbe essere invece concentrato proprio sulle forze di sicurezza, abbinando la data dello svolgimento del referendum con il primo turno delle elezioni amministrative. Sarebbe più credibile un atto di questo tipo da parte del Governo, ossia uno sforzo per trovare le risorse per le forze dell'ordine e, dopo, affidare loro una serie di competenze e di elementi. Senza parlare poi dell'esperienza, che è in corso, del coinvolgimento dei militari nel controllo del territorio.
In altre parole, andiamo verso un sistema in cui le forze dell'ordine, che già sono in difficoltà per i motivi che quotidianamente ci vengono ricordati dai sindacati delle forze dell'ordine e dagli operatori della pubblica sicurezza, di giorno, sono obbligate ad accompagnare i militari per garantire, in qualche modo, il presidio del territorio e, la sera, si immagina di impiegare le forze dell'ordine per accompagnare e per controllare che non accada nulla a queste associazioni di cittadini non armati o che possano svolgere serenamente la loro funzione. Se questa è l'idea di controllo del territorio che il Governo ha, credo che sia utile fermarsi, ragionare sul punto e investire, invece, nell'unica struttura che il nostro ordinamento prevede per il controllo del territorio, cioè le forze dell'ordine, la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza, che sono state pesantemente penalizzate e, a mio avviso, serve a poco che il Ministro insista sul fatto che nel decreto-legge è previsto un aumento di risorse per le forze dell'ordine. Si stabilisce un aumento delle risorse che sana solo parzialmente i tagli che, nella legge finanziaria, hanno subito le forze dell'ordine e il comparto di pubblica sicurezza. Pertanto, se i conti si fanno in maniera precisa, si può constatare che si Pag. 18corregge un errore compiuto da questo Governo ma solo parzialmente e non in modo sufficiente a garantire un efficace controllo del territorio.
L'altro aspetto di natura istituzionale - e anche su questo punto credo che sarebbe necessaria una riflessione seria - è il seguente: se passa questo orientamento relativo al controllo del territorio, si scaricano sui sindaci e sugli enti locali una serie di competenze e di responsabilità che il nostro ordinamento non prevede per queste figure di governo del territorio. Inoltre, su questo punto si rischia di creare un'illusione ed un imbroglio che poi scarica sui livelli di governo locale aspetti che a loro non competono e, tra l'altro, anche in questo caso in assoluta assenza di risorse e in presenza, anzi, di tagli significativi che il Governo ha deciso a danno degli enti locali. Pertanto, da una parte, si taglia e si riducono le possibilità degli enti locali in termini di svolgimento della loro funzioni e, dall'altra, si vara una legge manifesto che attribuisce loro nuove funzioni e nuovi poteri, senza però dire con quali soldi e quali risorse dovrebbero svolgere queste funzioni. Forse, sarebbe più utile ragionare sul Patto di stabilità o restituire i soldi dell'ICI ai comuni e metterli, così, in condizione di dotare le forze di polizia locale delle risorse sufficienti per intervenire sul serio sul controllo del territorio, con operatori effettivamente formati che hanno seguito percorsi di crescita e di formazione e che possono integrarsi, in un processo di sicurezza partecipata, con gli altri corpi che svolgono questa funzione.
Queste sono le riflessioni che abbiamo messo al centro dei nostri emendamenti. Se l'idea del Governo è quella di far svolgere a queste associazioni le funzioni che già oggi - e anche su questo punto credo il Ministro faccia una discreta confusione - in alcuni enti locali svolgono alcune associazioni (penso alla vicenda dei nonni vigili e al controllo dei parchi pubblici), si deve, tuttavia far presente che si tratta di tutt'altra vicenda rispetto a quella delle ronde. Nel caso delle ronde, infatti, si investono associazioni di cittadini di funzioni, in un certo senso, di controllo sociale e di segnalazione di alcune disfunzioni che accadono nel territorio, tutt'altra cosa rispetto all'istituzionalizzazione di ronde che rischieranno, inevitabilmente, di diventare, in un certo senso, il braccio operativo di forze politiche, fatto questo espressamente vietato dal nostro ordinamento e dalla nostra Costituzione. Pertanto, a maggior ragione credo valga la pena di riflettere sul punto e accantonare la parte dell'articolo 6 che introduce questa nuova figura, dando la possibilità al Parlamento di esaminare, con i tempi previsti per il disegno di legge che il Senato ha già approvato, un progetto organico di controllo e di sicurezza del territorio. Tutto il resto rischia di essere soltanto propaganda, fatta alla vigilia delle consultazioni elettorali europee ed amministrative, con la finalità, peraltro, di far crescere le aspettative e le illusioni della cittadinanza, senza poi prevedere, invece, interventi concreti che possano aiutare davvero ad aumentare il controllo del territorio e la sicurezza dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, una valutazione iniziale sul complesso degli emendamenti è stata già svolta. Per dire la verità, grazie ad un'iniziativa dell'onorevole Soro, si è potuto sviluppare un dibattito sull'articolo 6, dando quindi la possibilità al Governo di rilanciare e confermare le posizioni che tutti conosciamo ed anche ai colleghi del PdL di fare ulteriori passi in avanti per dare forza a quanto diceva il Ministro dell'interno.
Inoltre, posso parlare tranquillamente di un dato (avendo una certa esperienza in quest'Aula): cerchiamo di concentrarci sui problemi evitando possibili strumentalizzazioni che possano indurre qualcuno ad un errore di fondo. Non credo che il dibattito parlamentare possa essere condizionato da intenzioni certamente non aderenti alla realtà. Ritengo che il ruolo Pag. 19del Parlamento debba essere rispettato nella sua libertà, senza surrettiziamente introdurre posizioni con la scusa di una calamità naturale.
Signor Presidente, questo lo dovevo dire perché non accetto simili cose, non mi piacciono e le respingo con forza. Ricordo, infatti, che quest'Aula accelerò i suoi lavori soltanto nel 1978, lo stesso giorno in cui veniva ad essere sequestrato Moro ed uccisa la sua scorta e credo che una valutazione seria dobbiamo pur farla.
Inoltre, signor Presidente, ritengo che l'illustrazione degli emendamenti sia stata già fatta da lei stesso e dall'onorevole Mantini. A me rimane semplicemente il compito di fare qualche valutazione sull'articolato e sul contributo emendativo che abbiamo predisposto per migliorare il testo. Certo, sospetto sempre quando alcuni provvedimenti d'urgenza vengono fuori e sono costruiti sotto l'incalzare degli eventi esterni. Molte volte legiferiamo, perché siamo condizionati da un fatto grave o da situazioni contingenti che si presentano e creano allarme nell'opinione pubblica, ma questo non è il miglior modo di legiferare.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Tassone, vorrei ricordare ai parlamentari, e in modo particolare all'onorevole Lussana, che il Ministro è qui per ascoltare i colleghi che intervengono in Aula (Applausi del deputato Bossa).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, mi riservavo di parlare delle vicende che riguardano il Ministro quando avesse finito con l'onorevole Lussana; lo avevo già programmato. Ritengo che non sia mai un fatto serio andare a legiferare a seguito di una catena di avvenimenti che lasciano interdetta l'opinione pubblica e che la colpiscono.
Il fatto di legare sempre la delinquenza e la criminalità con gli immigrati non ritengo sia frutto di uno sforzo di attenzione e, soprattutto, di serenità di giudizio. Lo dico con estrema chiarezza perché non c'è una particolare situazione o una realtà che sta prendendo corpo anche all'interno del nostro Paese per cui possa essere valido l'assioma «criminalità uguale immigrato», sopratutto quando si parla di reati di violenza sessuale. Ritengo che questo non sia giusto, che sia fuorviante e che induca a considerazioni che rischiano di essere sbagliate e di non contrastare efficacemente la criminalità organizzata.
Il problema degli immigrati esiste, i clandestini esistono, il problema della violenza sessuale (lo abbiamo visto) esiste e deve essere certamente combattuto con forza anche attraverso questo tipo di provvedimento predisposto dal Governo che prevede delle aggravanti e un aumento di pena, cercando di sfuggire alle culture della tolleranza e della mitigazione delle pene e della sanzione.
Anche su questo, come diceva l'onorevole Mantini, abbiamo predisposto alcuni emendamenti per determinare correzioni, ma non c'è dubbio che il problema è rappresentato da quanto previsto nell'articolo 6. Signor Presidente, si pone sempre la vecchia questione - il Ministro dell'interno ne ha parlato dovunque - del finanziamento delle forze di polizia. Ancora non si è capito, onestamente, se i fondi nei confronti delle forze di polizia siano stati aumentati o meno.
Dai conti che sono stati fatti e anche dalle valutazioni di questi giorni sembra che l'attenzione verso le forze di polizia, per quanto riguarda le risorse economiche, sia decisamente minima e modesta. L'articolo 6 prevede un aumento di effettivi. Poi ci sono i 150 milioni di euro e la possibilità data ai sindaci, con il concorso dei prefetti, di costruire e di creare queste associazioni. Per quanto riguarda il controllo, adesso posso parlare col Ministro, dobbiamo metterci tutta la nostra attenzione e tutta la nostra lealtà nei confronti delle istituzioni e della verità.
Dobbiamo dare atto alle forze dell'ordine di fare per intero il loro dovere, però dobbiamo capire che c'è nel Paese una delle forze di polizia tra le più numerose al mondo. Ci sono le forze di polizia tradizionali che noi conosciamo (carabinieri e Polizia di Stato, guardia di Pag. 20finanza, Corpo forestale dello Stato), poi ci sono una serie di polizie municipali e quant'altro, poi - se vogliamo anche per il ruolo che hanno - ci mettiamo anche le capitanerie di porto, ma non c'è dubbio... Se ci fosse stato almeno un sottosegretario competente avrei continuato, ma visto e considerato che tutti e due eravate impegnati. Era assolutamente una questione urgente e importantissima ovviamente, per cui ne prendo atto e mi sono fermato anche per rispetto nei vostri confronti.
Non c'è dubbio che il controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine, che sono le più numerose, dovrebbe essere maggiormente razionalizzato. In Commissione antimafia ho fatto una qualche valutazione con il Ministro. Possono esistere così le organizzazioni dei carabinieri sul territorio con delle stazioni, che hanno due o tre persone e non possono fare di più? I carabinieri svolgono un ruolo importante e credo che certamente questa forza di polizia debba essere sempre rispettata e dobbiamo sempre avere una grande stima e considerazione per quello che fa continuamente nel Paese. Ma così non serve.
C'è un dispendio di risorse, di forze ed energie, dove l'ottimizzazione dell'impiego degli uomini non è assolutamente garantita. C'è il problema anche del raccordo e del coordinamento con la Polizia di Stato e questo è un altro problema. Ci sono commissariati sulla carta, ma hanno venti o trenta persone in meno come effettivi, come ad esempio nella mia città e a Catanzaro Lido. Si fa l'ufficio del commissario e poi non c'è il personale sufficiente, non ci sono i mezzi sufficienti.
Sul controllo del territorio, parlavamo di associazione anche per quanto riguarda le discoteche, signor Presidente, ma non siamo riusciti a creare con le associazioni di volontari il controllo dei ragazzi che vanno il sabato sera nelle discoteche. Poi, ovviamente, succede quello che succede quando guidano in stato di ebbrezza o dopo aver ingerito sostanze stupefacenti.
Ma le associazioni considerate in questo provvedimento non sono delle associazioni di volontariato, non c'è il concetto della sussidiarietà. Non credo che le associazioni possano essere paragonate, come qualcuno ha fatto, alle squadracce del ventennio, questo no, è una pura fantasia con una vis polemica eccessiva. Ma come si agisce? Certo, saranno ex militari, saranno ex carabinieri, saranno ex agenti di Polizia dello Stato, ma affidiamo loro il controllo del territorio e il compito di denuncia alle forze dell'ordine, ma non abbiamo pensato che, ad esempio, nel Mezzogiorno e in Calabria tutto questo servizio può essere gestito dalla criminalità organizzata. Il fatto che siano ex carabinieri o ex poliziotti o siano cittadini integerrimi ci garantisce che non possano essere condizionati dalla criminalità organizzata? Molte volte queste ronde servono a giocare la partita e soprattutto a saldare alcune somme del passato o alcuni risentimenti e restituzioni di danni fatti ai cittadini.
Ritengo che questo sia un fatto grave, vorrei che il Ministro Maroni, non strumentalmente per il terremoto dell'Abruzzo, dica chiaramente cosa facciamo: una polizia a latere? Questi che nascono sul piano del volontariato e non sono armati, questo viene specificato (volevate che fossero anche armati), cosa fanno? E se uno che fa parte delle ronde è un balordo e incontra un altro balordo e c'è uno scontro, c'è il tempo per intervenire e per chiamare i carabinieri e la polizia? Ritengo che c'è una qualche preoccupazione: il controllo del territorio deve essere affidato alla polizia di Stato, ai carabinieri e alle forze dell'ordine.
Al di là del commento che possiamo fare, creiamo una struttura a latere, una struttura parallela che se può servire a dare tranquillità e garanzia - ma mi chiedo a chi -,certamente non indica un percorso forte rispetto a quello che dobbiamo fare per contrastare la criminalità organizzata.
E poi le ronde possono andare nelle aree dove le forze dell'ordine non entrano? Penso a Forcella, possono andare lì? Oppure Pag. 21in alcune zone della mia Calabria dove le forze di polizia non entrano? Ci siamo posti questo problema delle ronde e della perlustrazione, oppure vanno soltanto nei campi rom o nei paraggi? Possono entrare queste ronde? Ma perché non entrano le forze dell'ordine? Perché alcuni pezzi di territorio del nostro Mezzogiorno, e non soltanto del Mezzogiorno - non per responsabilità di questo Governo per carità - sono sequestrati al consorzio civile?
Questo è un dato che sottopongo alla riflessione del Governo, poi proporremo i nostri emendamenti; ma il problema della sicurezza è affrontato con una serie di provvedimenti che si aggiungono uno all'altro, molte volte in maniera non organica, non armonizzata e non efficace.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Ho finito. Se penso ad alcuni provvedimenti che riguardano la possibilità della denuncia da parte dei medici per i clandestini, si capisce che stiamo andando verso un'azione per garantire la sicurezza con scarsa lucidità, ma soprattutto con scarso rispetto dei diritti e della dignità della persona umana e della qualità di vita che, pure, dobbiamo assicurare nel nostro Paese.
Detto questo, signor Presidente, noi, con gli emendamenti che ho esposto, abbiamo dato dei contributi e avanzato anche proposte di modifica che speriamo possano ricevere qualche attenzione dal Governo.
In realtà, non è che in ciò confidi molto, signor Presidente, ma è indubbio che la questione travalichi anche questo provvedimento perché interessa, in modo generale, tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.
Colgo l'occasione per ribadire che i rappresentanti del Governo sono qui per ascoltare gli interventi in Aula. Capisco che possono esserci esigenze di comunicazione soprattutto con i capigruppo e con i responsabili d'Aula per facilitare lo svolgimento dei lavori, ma riunioni semipermanenti al banco del Governo non possono essere accettate.

DONATA LENZI. Signor Presidente, nel mio intervento mi concentrerò anch'io in particolare sull'articolo 6 anche se, in realtà, avrei voluto parlare del complesso di questo provvedimento, ma ricordo che l'Aula ha già affrontato il tema delle molestie sessuali e dello stalking. Quest'Aula ha già dimostrato di essere in grado di legiferare sul tema delle molestie sessuali e non aveva bisogno dell'«aiutino» del Ministro e del Governo che ci dicessero quali norme occorrevano, perché le avevamo già esaminate ed approvate, ma forse è vero il contrario, ossia che noi abbiamo aiutato un Ministro in cerca di visibilità ad occuparsi di una materia altamente sensibile.
Parlo allora delle ronde perché mi sento chiamata in campo in quanto provengo da una città dove questa esperienza non c'è, ma c'è n'è un'altra che si chiama Volontari civici ed esiste dal 1820: sto parlando di Bologna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Vengo da una regione che ha legiferato sulla materia con la legge n. 24 del 2003, non del 2004 come ha detto il Ministro Maroni prima - lo ripeto: si tratta della legge n. 24 del 2003, quindi è facile che la si possa ricordare in modo non esatto - applicando il Titolo V della Costituzione, cioè in modo federalista perché bisogna che ci mettiamo d'accordo: non si può essere federalisti un giorno e centralisti un altro, ma lo si è sempre, quotidianamente. Le regioni su questa materia, in base al Titolo V, già oggi possono intervenire e la mia l'ha fatto.
Nel 1820 un gruppo di cittadini si preoccupò della sicurezza sotto i portici perché essendo un luogo buio era quello dove più facilmente si verificavano agguati. Il Cardinal legato, perché allora eravamo parte dello Stato pontificio, riconobbe questo corpo di cittadini che reca come sottodenominazione «in urbe pro urbe» ossia «nella città e a favore della città» a sottolineare che è nato veramente in modo Pag. 22spontaneo e volontario. Questo corpo procede nella sua attività civile fino al 1935 quando il fascismo lo scioglie dopo anni di conflitti, di minacce e di pressioni con le milizie fasciste che, lo ricordo, nacquero anch'esse in modo spontaneo, si diceva, e come associazioni. Rinascono negli anni Cinquanta, con funzione di ausiliario di pubblica sicurezza in stretto collegamento con le centrali operative e ritornano all'attività di volontariato tra gli anni Settanta e Novanta quando, cioè, si presentano altre organizzazioni, quelle che venivano chiamate servizio d'ordine, fortemente politicizzate e il loro ambito e la loro espressione civica vengono un'altra volta messe in difficoltà dell'intervento pesante della politica.
Dal 1990 ad oggi, progressivamente si assiste a un loro riconoscimento e adesso vi sono una pluralità di associazioni e realtà che in base alle convenzioni con il comune e alla legge regionale operano, controllano, sono presenti nella notte nella nostra città. Allora non c'era bisogno di una legge, perché basta il Titolo V e già adesso si può realizzare; non c'era bisogno di una legge che è una deregulation rispetto a quella che noi abbiamo varato.
La nostra legge regionale è più restrittiva, quindi è vero esattamente il contrario di quanto detto prima e per utilità vorrei leggervela. L'articolo 8 prevede che l'utilizzazione in forme di volontariato è ammessa solo nel rispetto dei principi e delle finalità fissate dagli articoli 1 e 2 della legge n. 266 del 1991, legge sul volontariato e non del Ministero degli interni. L'articolo, inoltre, prevede che tale utilizzazione è volta a realizzare una presenza attiva sul territorio, aggiuntiva e non sostitutiva rispetto a quella garantita dalla polizia locale con il fine di promuovere l'educazione alla convivenza e il rispetto della legalità, la mediazione dei conflitti, il dialogo tra le persone, l'integrazione e l'inclusione sociale. Queste non sono le ronde (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! I volontari individuati dalle amministrazioni locali, sulla base delle indicazioni provenienti dall'associazione, possono essere impiegati a condizione che: operino sulla base delle indicazione e in maniera subordinata al comandante responsabile della polizia locale; non abbiano condanna a pena detentiva per delitto non colposo; non siano sottoposti a misure di prevenzione; non siano stati esclusi dalle Forze armate, dalle Forze di polizia nazionale; non siano stati destituiti o licenziati per giusta causa o giustificato motivo dai pubblici uffici; abbiano frequentato con profitto specifico corso di formazione professionale disciplinato dalla giunta regionale; siano assicurati; i comuni e le province possono con essi stipulare convenzioni con le sole finalità di supporto ai soci che svolgano le attività a condizione che dette associazioni non prevedano nell'accesso e nelle proprie forme nessuna forma di discriminazione per sesso, razza, lingua, religione, opinione politica, condizioni personali o sociali.
Per questo motivo dico che la nostra legge regionale è più restrittiva di quello che voi ci proponete oggi. Tuttavia, la pratica ci dice che ciò nonostante i problemi ci sono stati, che il rischio di mandare all'aria operazioni e indagini è reale anche quando semplicemente si pattuglia una strada e gli episodi ormai sono molti. Se noi non vogliamo ridurre il ruolo della nostra polizia a quello di badante dei militari prima e delle componenti delle associazioni che fanno le ronde dopo, è necessario delimitare con estrema rigidità e chiarezza l'ambito di attività di queste associazioni.
Le parole non sono indifferenti. Dire ronde fa pensare all'opinione pubblica e a tutti noi a un gruppo di uomini giovani con i pollici infilati nei pantaloni, con l'atteggiamento arrogante, a caccia di chi è diverso: di chi ha il codino, l'orecchino, un altro colore o di chi si sta divertendo sul territorio senza dar fastidio a nessuno. A caccia, quindi, di chi è diverso in base ad un principio per cui la città può esser abitata solo da chi rientra in certi canoni. La parola volontariato, invece, fa pensare a uomini e donne di tutte le età, giovani Pag. 23e vecchi, che sono lì e dicono: ti do una mano a fare questo pezzo di strada. Questa è un'idea diversa non solo di polizia, ma di società (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, intervengo per esprimere una forte preoccupazione rispetto alla proposta di costituire queste associazioni di volontari dedicati alla sicurezza. Queste associazioni nel gergo politico ormai hanno la qualifica di ronde e in qualche modo evocano un concetto di polizia privata che neppure ha questa caratteristica singolare, ma rischia di assumere il connotato ben più allarmante di polizia politica privata.
Dico questo, perché il provvedimento, di per sé positivo, che il Governo ha adottato, teso ad inasprire le sanzioni rispetto ad alcuni delitti, quali quelli della violenza sessuale, contiene norme buone, che sono state già ricordate (aumenti di dotazione del personale di polizia, incremento di quei fondi che avevate tagliato all'inizio della legislatura), ma andate ad ammorbare l'area del Paese e lo stesso provvedimento con l'istituzione di questa sorta di polizia, che ci evoca i tempi dello squadrismo fascista o degli arditi del popolo, formazione altrettanto spontanea, organizzatasi in contrapposizione alle camicie nere.
In queste settimane, da quando questo provvedimento è stato evocato a livello istituzionale, è singolare e significativo percepire come sia stato raccolto dalle associazioni politiche più estremiste. Mi riferisco, per esempio, alla mia regione, il Friuli Venezia Giulia, dove vi è una posizione antitetica da parte delle istituzioni. In testa vorrei citare il sindaco di Trieste, Dipiazza, che, da esponente di Forza Italia e da amministratore ormai avveduto (da sette anni e mezzo regge quella città, che è il capoluogo di regione del nostro Friuli Venezia Giulia), ha ammonito che, in quella città, non vuole le ronde.
Allo stesso modo, gli altri sindaci dei capoluoghi di provincia della mia regione hanno esorcizzato questa iniziativa, annunciandone la loro dissociazione. Nondimeno, signor Ministro, proprio nella città di Trieste, che è un po' il simbolo della Mitteleuropa e della convivenza della multiculturalità, abbiamo delle situazioni eccentriche e allarmanti. Per esempio, un sostenitore della Lega Nord, tale Giorgio Marchesich, ha annunciato che già da quattro mesi ha organizzato una sorta di associazione denominata volontari verdi e afferma di far parte di quella componente indipendentista che fa riferimento a Mario Borghezio, che è costituita da leghisti duri e puri del partito. Costoro avrebbero organizzato delle ronde in macchina e sono fieri di agire come due volanti della polizia, che hanno l'obiettivo dichiarato di derattizzare dai rom alcuni bar della periferia, oltre che di gestire il presidio del territorio dal punto di vista della sicurezza, pur riconoscendo di non essere troppo simpatici alle forze di polizia istituzionali.
Ancora, proprio a Trieste, si sta costituendo la squadra «Ettore Muti», che è stata annunciata dal segretario regionale del movimento fiamma tricolore, tale Stefano Salmè, che dice che ci sono già cento volontari, tutti cittadini italiani (tiene a sottolinearlo), molti dei quali esperti in arti marziali o ex appartenenti alle Forze armate o a corpi di polizia, per i servizi di sicurezza del territorio. Saranno muniti di telefono cellulare, di torce per la vigilanza notturna e ovviamente di spray antiaggressione, quella sorta di deterrente al peperoncino, che ormai si dice essere di normale portabilità all'esterno delle proprie abitazioni. Ebbene, questo movimento, che intitola l'associazione squadre «Ettore Muti», vuole ricordare lo squadrista Ettore Muti, allora segretario del partito nazionale fascista, noto assaltatore, che occupò la prefettura di Ravenna durante la marcia su Roma e fu ucciso dai carabinieri a Fregene, durante il suo arresto il 24 agosto del 1943.
Dunque, se queste sono le prime avvisaglie di come questo provvedimento sarà Pag. 24interpretato e gestito dalle associazioni di volontari, c'è di che allarmarsi e preoccuparsi.
La sicurezza in questo nostro Paese, che è un Paese avanzato, fondato su una Costituzione repubblicana che affida al cittadino la capacità di esplicitare la propria personalità in un modo garantito dal Paese e dalle istituzioni, è, infatti, già affidata a una sorta di sistema molto intrecciato e articolato che vede la polizia, i carabinieri, la Guardia di finanza, la polizia municipale, ma anche, perché no, la forestale, la protezione civile, le società private di sicurezza a cui affidano i servizi bancari molti istituti di credito.
Che bisogno c'è di metterci anche questa sorta di ronda privata, che, alla fine, aumenta la percezione di insicurezza per il cittadino? Caro Ministro, sono molto rassicurato se vedo una pattuglia della polizia o una gazzella dei carabinieri che attraversa il mio quartiere durante le ore notturne. Sarei molto allarmato se, al posto loro, vi fossero personaggi come quelli evocati dalle ronde padane o dalla sedicente squadra «Ettore Muti».
Signor Ministro, la invito a desistere da questa iniziativa, che ha tutto il sapore di una marchetta che il partito della Lega Nord vuole compulsare in questo Paese e in quest'Aula. Da questo punto di vista, se così non dovrà essere, mi auguro che, quanto meno, vi siano dei paletti stringenti e rigorosi per evitare la degenerazione e la deriva fascista che questo provvedimento porta con sé (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, intervengo esclusivamente sugli emendamenti che abbiamo presentato come gruppo del Partito Democratico all'articolo 5. Altri colleghi hanno parlato e parleranno dell'articolo 6; quindi, non faccio altro che richiamare i loro interventi per esprimere le nostre riserve sul merito.
Sull'articolo 5, che, ricordo, contiene la norma che sancisce la possibilità di detenzione in un centro per le espulsioni di un immigrato in condizione irregolare sino a sei mesi, avanziamo una proposta molto semplice, un'unica proposta: la sua soppressione, con un emendamento firmato autorevolmente dal nostro segretario nazionale Dario Franceschini e dal capogruppo Soro.
Perché una proposta così secca e precisa, signor Ministro e signor Presidente? Per esprimere tutta la nostra contrarietà rispetto ad una norma su cui esprimiamo perplessità, riserve e contrarietà di metodo, di merito, sui costi, sull'efficacia, oltre che sulla filosofia che l'ha ispirata.
Ricordo che questa era una norma contenuta nel disegno di legge sulla sicurezza in discussione al Senato che è stata bocciata in quell'Aula del Parlamento, non solo per la forza dell'opposizione, ma anche per la contrarietà di molti settori della maggioranza parlamentare di centrodestra.
Una norma bocciata da un ramo del Parlamento viene riproposta quindici giorni dopo in un decreto-legge: si tratta di uno strappo istituzionale gravissimo, che denota il modo con il quale questo Governo considera i rapporti con le istituzioni, dove si dovrebbe esprimere la sovranità popolare.
Già nella discussione sulle linee generali il collega Minniti si è soffermato a lungo sul punto. Non aggiungo altro, se non per dire che l'uso della decretazione d'urgenza, accampato come scusa per imprimere velocità ai provvedimenti e per dare al nostro sistema istituzionale capacità decisionale, di fronte a casi come questo svela la sua vera natura.
C'entra poco la velocità dei processi decisionali, c'entra poco il tema, su cui pure noi, come opposizione, siamo disponibili al confronto, della democrazia governante; c'entra molto, invece, un'idea della democrazia dove non esiste più separazione tra potere legislativo ed esecutivo, con il legislativo che finisce per essere semplice servo del volere dell'Esecutivo.
La nostra contrarietà è poi sul merito: la detenzione amministrativa, con questa Pag. 25ampiezza, è incompatibile con il nostro ordinamento giuridico. Già trenta giorni di trattenimento di una persona, come disponeva la legge Turco-Napolitano, erano al limite tra la misura strumentale all'esecuzione dell'espulsione e detenzione amministrativa non ammessa nel nostro ordinamento.
Eppure quella misura passò il vaglio della Corte costituzionale con la sentenza n. 105 del 2001, che specificò la legalità e la coerenza di quella misura con la nostra Costituzione, facendo leva sulla strumentalità del trattenimento, giustificata, appunto, dal fine dell'esecuzione dell'espulsione.
Quel limite a nostro giudizio fu travalicato ampiamente con i 60 giorni previsti dalla legge cosiddetta Bossi-Fini; oggi, con questa misura che prevede il trattenimento sino a 180 giorni, siamo andati proprio oltre. E prevedete pure la retroattività, in barba al fatto che la Corte costituzionale, sempre con la sentenza che ho già citato, ha stabilito che il trattenimento è in misura incidente sulla libertà personale e che non può esser adottato al di fuori delle garanzie dell'articolo 13 della Costituzione, e pertanto non potrà mai essere retroattivo.
Detenzione amministrativa vera e propria, quindi. Ci troviamo di fronte ad una figura speciale di diritto speciale: una persona può essere privata della libertà personale fino a sei mesi senza una norma penale che lo stabilisca. Altro che nulla poena sine lege: non c'è legge penale ma c'è la sanzione. Altro che le misure di sicurezza degli anni Settanta, su cui si è formata un'intera generazione di giuristi del diritto penale, che metteva in evidenza la distanza tra quelle misure ed il nostro ordinamento costituzionale: siamo ben oltre, molto oltre! Siamo alla detenzione di lungo periodo, eseguita in luoghi speciali, in assenza persino di un magistrato di sorveglianza, come avviene nei carceri, che vigila sul rispetto dei diritti fondamentali delle persone.
Si cita come fonte del diritto che autorizzerebbe una misura del genere nel nostro ordinamento la direttiva europea sui rimpatri, la n. 2008/115/CE. Effettivamente, tale direttiva stabilisce che una persona può essere trattenuta in un centro per l'espulsione fino a sei mesi. Benissimo, ma quella misura non dice solo questo: innanzitutto l'ipotesi del trattenimento sino a sei mesi viene presentata come extrema ratio; poi dice che quella persona non deve presentare solo problemi all'identificazione, ma vi dev'essere una conclamata resistenza all'identificazione dettata da comportamenti che evitano o ostacolano il rimpatrio o l'allontanamento (cito testualmente), o vi è un serio pericolo di fuga, o vi è un reale pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale: non è la stessa cosa. Quella direttiva dice inoltre che dev'essere data priorità al rimpatrio volontario, e addirittura sul rimpatrio volontario fissa tempi ben precisi, dai 7 ai 30 giorni prorogabili in presenza di situazioni rilevanti per il diritto all'unità familiare e alle esigenze scolastiche dei minori. Per voi in questa norma non esistono né minori né il diritto all'unità familiare: non solo non contemplate il rimpatrio volontario in questo provvedimento né in nessun altro, non solo non prevedete quindi una lira per una misura che è contro la clandestinità e in altri Paesi europei ha dato risultati importantissimi, ma per un immigrato in condizioni irregolari, che volontariamente si dovesse presentare per poter rimpatriare nel suo Paese prevedete il reato di immigrazione clandestina nel disegno di legge appena approvato al Senato e che a giorni discuteremo in Aula. Bel modo di essere europei! Prendete solo quello che vi piace dell'Europa; ci proponete quindi un'Europe à la carte, la stessa che ci avete proposto nel recepire la direttiva sui ricongiungimenti familiari, sul diritto di circolazione e soggiorno dei cittadini comunitari, sul riconoscimento alla revoca dello status di rifugiato: le avete recepite tutte escludendo, limitando i diritti delle persone che quelle direttive disponevano, ignorando bellamente le parti che disponevano nuovi diritti in capo alle persone immigrate. Pag. 26
Poi vi è un problema di efficacia e dei costi delle misure in esame. Sui costi, voi prevedete fra ristrutturazione dei centri esistenti e costruzione di nuovi centri un ampliamento di circa 4 mila nuovi posti nei centri per le espulsioni sul territorio nazionale. Il costo della presenza di una persona trattenuta nel centro è oggi di 55 euro al giorno. Nella relazione tecnica proiettate semplicemente questa cifra sulla nuova disposizione, non prevede niente riguardo all'assistenza psicologica, legale e sanitaria che per una persona che rimane in un centro trattenuta per sei mesi è sicuramente diversa rispetto a chi vi rimane poco meno di un mese. Comunque ipotizzate una spesa di 230 milioni di euro per tre anni: dove li andate a prendere questi soldi? 80 milioni di euro dalle politiche sociali, 50 dal Ministero degli esteri, magari dagli obblighi internazionali che il nostro Paese ha contratto in materia di cooperazione allo sviluppo, e altri da vari ministeri tra cui quello dell'istruzione e ricerca scientifica. Vorrei solo ricordare che con 200 milioni di euro la regione Toscana ha previsto un esborso per la realizzazione di 2 mila nuove case popolari; 230 milioni di euro è quasi il doppio della cifra che i comuni italiani oggi spendono per l'integrazione degli stranieri; 230 milioni di euro rappresentano la cifra che effettivamente oggi lo Stato italiano spende per gli anziani non autosufficienti, e visto che il Fondo per l'integrazione degli stranieri è stato tagliato del 100 per cento con il decreto-legge n. 112 del luglio 2008, andate a spendere 230 milioni di euro in più di quello che lo Stato spende sulle politiche per l'integrazione.
Già in Commissione bilancio abbiamo espresso la nostra ferma contrarietà su questo tipo di copertura, che sposta risorse dalle politiche sociali a quelle di polizia. Il punto però è il rapporto tra la spesa e l'efficacia di queste misure (l'efficacia, appunto).
Attualmente, la percentuale di persone effettivamente allontanate dal territorio nazionale che transitano nei centri è di poco superiore al 50 per cento. L'identificazione delle persone avviene nei primi venti-trenta giorni, tant'è vero che, nonostante la legge attuale preveda un tempo di permanenza fino a sessanta giorni, la presenza media di permanenza nei centri è inferiore ai trenta giorni. Perché le persone, una volta identificate, non vengono espulse? Per un motivo semplice, lo stesso da quando fu emanata la legge Turco-Napolitano e da quando questo Governo implementò la legge Bossi-Fini: mancano gli accordi di riammissione dei cittadini espulsi con i Paesi di provenienza (grosso modo, i Paesi con i quali abbiamo accordi sono gli stessi del 2000).
Senza accordi queste persone le potete trattenere anche dieci anni, ma non saranno mai accompagnate nel loro Paese d'origine: questa è la verità, però decidete di andare avanti e di prevedere questi 180 giorni (e quindi, un allungamento della presenza media sicuramente superiore ai cento giorni). Nuovi posti, nuovi centri, nessun aumento delle espulsioni. Traduco: una parte dei fondi che investite andrà persa, sarà buttata a mare, almeno 150 di questi 230 milioni di euro saranno una spesa inutile. Forse converrebbe investire di più in altre cose, magari nella ricostruzione per i terremotati dell'Abruzzo.
Infine, vi è la filosofia che si evince da questo provvedimento, che è quella che ci avete proposto da quando siete al Governo: un rifiuto dell'immigrazione, la filosofia dell'immigrazione zero, la tolleranza zero evocata verso i clandestini (che poi non fa altro che produrre un'intolleranza complessiva della società italiana nei confronti degli immigrati), un aumento del sentimento di paura, un abbandono dell'idea del governo dell'immigrazione e dell'idea che l'immigrazione rappresenta una grande risorsa per il nostro Paese, un abbandono dell'idea delle politiche di integrazione come di un grande strumento per realizzare anche politiche di sicurezza.
Con questa misura - e con quelle che tra pochi giorni discuteremo in ordine al disegno di legge sulla sicurezza - superate la soglia del rispetto dei diritti umani fondamentali nelle politiche di contrasto alle condizioni di clandestinità. Ascoltate Pag. 27non noi, ma quello che vi ha detto l'ex Ministro Pisanu, commentando, appunto, queste misure e l'insieme delle norme che il Governo ha proposto sull'immigrazione clandestina: l'ex Ministro dell'interno, Pisanu, dice che in tutti i Paesi che rispettano i diritti umani i meccanismi per il contrasto dell'immigrazione clandestina e i meccanismi delle espulsioni alla fine finiscono per incepparsi.
Non possiamo rinunciare alla tutela dei diritti umani per praticare espulsioni che violano quei diritti fondamentali delle persone. A nostro avviso, le misure di contrasto alla clandestinità e le misure per le espulsioni vanno adottate, e come maggioranza di centrosinistra a suo tempo abbiamo varato la legge Turco-Napolitano, che con rigore prevedeva norme di contrasto alla clandestinità ed inserì misure efficaci per il controllo dell'immigrazione clandestina. Però abbiamo sempre pensato che una soglia di rispetto dei diritti fondamentali delle persone non potesse essere superata: con questo provvedimento voi superate quella soglia, e da qui esprimiamo la nostra ferma contrarietà e proponiamo senza indugio alcuno non un emendamento a questa norma dell'articolo 5, ma la sua semplice soppressione, come deve essere fatto dal nostro Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, colleghi, non ci aspettavamo questo atteggiamento da parte dell'opposizione; non ce lo aspettavamo, perché ieri abbiamo tutti sentito il discorso dell'onorevole Franceschini (un discorso anche bello ed equilibrato).
Allora oggi ci saremmo aspettati in quest'Aula, a fronte di quello che è successo e che sta succedendo in Abruzzo, un altro atteggiamento, ci saremmo cioè aspettati che per una volta fosse messa da parte la strumentalizzazione politica, ma invece non è stato così.
Questo è un brutto segnale per il Paese e per la politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Mi chiedo perché se i volontari per la sicurezza vengono previsti dalla regione Emilia-Romagna vanno bene, se invece i volontari per la sicurezza vengono inseriti e regolamentati in una legge di questo Parlamento e di questo Governo non vanno bene, e bisogna bloccare il Parlamento con ore e ore di discussione sul complesso delle proposte emendative. Questo è proprio incomprensibile, se non nella logica della vecchia politica, della vecchia strumentalizzazione, che - fatemelo dire - vi sta allontanando sempre di più dal Paese, dalla gente che ha problemi concreti ai quali, anche qui, dobbiamo dare una risposta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Sapete benissimo che la norma sui volontari per la sicurezza è una norma che non solo non crea i problemi che voi evidenziate strumentalmente, ma li risolve, perché regolamenta una situazione che è già in essere, regolamenta delle convenzioni che sono già in essere in molte amministrazioni locali, anche di sinistra. Sapete benissimo che questa norma è simile ad altre norme previste, ad esempio, in leggi regionali come quella dell'Emilia-Romagna. Sapete anche benissimo - e per questo è grave la vostra strumentalizzazione - che il nostro sistema si basa sul volontariato. Abbiamo tutti sotto gli occhi le scene che abbiamo visto in televisione relative al terremoto dell'Abruzzo: chi è che sta lavorando lì, se non i volontari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico)? Perché, allora, non dobbiamo fidarci dei volontari, ad esempio, per sorvegliare i parchi, le scuole, per concorrere a rendere più sicure le nostre città? Perché no? Perché voi fate un'opposizione ideologica e strumentale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), smentendo l'atteggiamento costruttivo che, invece, ha tenuto il vostro segretario ieri e che, lasciatemelo dire, evidentemente dura lo spazio di un giorno, o meglio, di una dichiarazione televisiva. Pag. 28
In conclusione di questo breve intervento, vi dico anche che non è un gesto di responsabilità politica quello di tenere qui in Parlamento il Ministro dell'interno costretto, giustamente, per senso di responsabilità - lui sì - a seguire questo provvedimento, quando vi è bisogno di coordinare i soccorsi, di essere presenti al Viminale o di andare nelle zone colpite dal terremoto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico).

ROLANDO NANNICINI. È inaccettabile!

PRESIDENTE. L'onorevole Cota ha espresso il suo pensiero (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per favore, invito ad un atteggiamento consono alla dignità dell'Aula parlamentare.
Colgo, invece, l'occasione per ringraziare il Ministro Maroni per la sensibilità dimostrata verso il Parlamento, assistendo a questo importante dibattito. Il Governo è responsabile verso il Parlamento; deriva dalla fiducia del Parlamento la possibilità di esercitare i suoi poteri, anzi la sua stessa esistenza. Non è una perdita di tempo per il Governo, anche in momenti difficili, assistere ai lavori parlamentari
Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor Ministro dell'interno, onorevoli colleghi, ancora una volta questo Governo Berlusconi inventa un decreto-legge spot. Già il Parlamento aveva definito norme per contrastare fenomeni sociali degenerativi come la violenza sessuale, gli atti persecutori contro le persone (il cosiddetto stalking) e l'immigrazione clandestina. È a tutti noto che la discussione su un disegno di legge relativo all'inasprimento delle pene e del contrasto della violenza sessuale era stato già incardinato con il precedente Governo Prodi, poi riproposto in questa legislatura, approvato dal Senato, e già in discussione presso le Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia (Atto Camera n. 2180).
È altresì noto a tutti che questa Camera ha già approvato, lo scorso 29 gennaio, all'unanimità il disegno di legge sugli atti persecutori, che è ora all'esame della Commissione giustizia al Senato. Oggi è anche noto a tutti che il Governo, a corto di idee rispetto all'enfasi mediatica di gravi episodi di violenza sessuale, sottrae con grossolana destrezza norme al Parlamento per riproporle nel decreto-legge in esame come propria risposta all'emergenza stupri, solo che questa operazione viene fatta in modo maldestro, premesso che la stessa relatrice, onorevole Lussana, dichiara che in questo decreto vengono fornite solamente alcune risposte, e per di più parziali.
Siamo d'accordo sull'ergastolo nel caso che alla violenza sessuale segua la morte della vittima, ovvero che la morte sia procurata da soggetti che abbiano tenuto condotte persecutorie. Siamo d'accordo in via di principio sull'obbligatorietà della custodia cautelare in carcere e dell'arresto in flagranza degli autori della violenza sessuale. Siamo molto d'accordo sul gratuito patrocinio legale indipendentemente dai limiti di reddito per le vittime di violenza sessuale. Abbiamo però qualche preoccupazione sull'applicabilità di alcune di queste norme. Siamo preoccupati sull'efficacia dell'articolo 3, che prevede l'esclusione dai benefici penitenziari per i colpevoli di violenza sessuale. Lo stesso Consiglio superiore della magistratura, inoltre, ha ritenuto che il carcere deve essere deciso da un giudice e non dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero. Sicché, oltre ai profili di dubbia costituzionalità che potrebbero rendere inattuabile la norma, si rischia anche la disapplicazione da parte degli stessi magistrati a causa di un evidente disallineamento tra le finalità della norma rivolta alle associazioni mafiose e la fattispecie contemplata, riferita alla violenza sessuale. La maggior parte dei reati di violenza sessuale è di origine individuale. Collegare tale esclusione alla norma che disciplina l'esclusione dei benefici penitenziari per i reati collegati alla criminalità organizzata significa che la custodia cautelare in carcere Pag. 29degli autori di violenza sessuale è solo uno spot di propaganda politica, perché qualche settimana dopo l'arresto gli autori staranno a spasso, fuori dal carcere, a causa dell'inapplicabilità della norma stessa, così come ha fatto rilevare efficacemente il Consiglio superiore della magistratura. Se poi detti benefici sono anche collegati al grado di collaborazione con la giustizia degli autori della violenza sessuale, significa che la semplice confessione li riporta a spasso fuori dal carcere. Tralascio ogni collegamento tra le norme sulle intercettazioni (che questo Governo intende varare e che limitano le stesse intercettazioni) e i reati di violenza sessuale, ma di questo ne riparleremo.
Senza alcun pregiudizio politico ci sentiamo di esprimere delusione, scoraggiamento e mortificazione. Questo Governo ha vinto le elezioni proprio sul tema della sicurezza. Dopo un anno di annunci, di parole magiche, di proclami ed impegni risolutori riesce solo a produrre una copiatura, per di più sbagliata, di norme elaborate dal Parlamento. Questo Governo, però, fa di peggio. Non solo copia e ruba le norme al Parlamento, umiliandolo e svuotandolo di significato, ma quando ci mette del suo combina un disastro istituzionale. Mi riferisco all'allungamento della permanenza degli immigrati clandestini da 60 a 180 giorni, trasformando i centri di identificazione ed espulsione in centri di detenzione, com'è stato sottolineato con forza da diversi interventi dell'opposizione. Tale norma, inserita in un provvedimento esaminato al Senato, è stata respinta.
La relatrice, onorevole Lussana, nella sua relazione ha sostenuto che questo decreto-legge contiene norme che hanno avuto l'approvazione da parte di almeno un ramo del Parlamento. Non è vero, onorevole Lussana, anzi: da una parte, lei ammette che il Governo non ha una propria strategia sulla sicurezza e che questo è un provvedimento parziale ed emergenziale; dall'altra, ammette che ha copiato norme al Parlamento per giustificare la necessità ed urgenza di un decreto-legge, con la bugia che ha copiato bene quando invece ha copiato male, perché una norma respinta dal Senato non doveva esserci.
Né vale appellarsi alla direttiva europea n. 2008/115/CE, se essa dà una facoltà che il Senato ha già respinto. Infatti, come ricorda il Consiglio superiore della magistratura, la stessa direttiva europea citata autorizza a trattenere il clandestino soltanto nel caso in cui fa resistenza alla forza pubblica che vuole identificarlo. Se, invece, l'arresto avviene nel caso in cui oppone difficoltà alla consegna dei documenti, e molte volte non per colpa sua, la direttiva è palesemente violata.
Veniamo ora alla questione delle ronde, sulla quale mi soffermo in modo particolare. L'articolo 6, signori del Governo, è un capolavoro di ipocrisia. L'Unione di Centro ne chiede la soppressione, soprattutto dei commi da 3 a 6. I commi 1 e 2, come ha bene evidenziato il collega Rao, prevedono un finanziamento di 100 milioni al Ministero dell'interno a fini di sicurezza e soccorso pubblico che, in realtà, è una semplice partita di giro. Questa maggioranza non può dimenticare, infatti, che con il decreto-legge n. 112 del 2008, come ha ricordato il collega Mantini, alle voci di bilancio relative a sicurezza e ordine pubblico furono ridotte risorse a causa dei tagli lineari di Tremonti. Questa maggioranza non può dimenticare che ha previsto tagli alla spesa per beni e servizi e per il personale delle forze dell'ordine.
L'onorevole Palomba ha riassunto bene i disservizi denunciati dalla stampa locale e nazionale nelle diverse città d'Italia che detti tagli lineari di Tremonti hanno prodotto alle forze dell'ordine. Le stesse forze di polizia hanno protestato e hanno denunciato qualche settimana fa lo stato di degrado dell'organizzazione dell'ordine pubblico in Italia. Il fatto che si rimettano 100 milioni dove ne erano stati tolti 200 non mi sembra un grande motivo di vanto. Il fatto, poi, che si anticipi di un mese l'assunzione di 2.500 nuove unità rispetto a 5.000 poliziotti che andranno in pensione non mi sembra un altro motivo di vanto. Il fatto che si spendano 72 milioni in sei mesi per pagare l'impiego dei militari Pag. 30e per potenziare l'ordine pubblico nelle città senza alcuna concreta efficacia, quando potevano essere destinati a chi l'ordine pubblico lo fa per mestiere, come la polizia e i carabinieri, non mi sembra, altrettanto, motivo di vanto.
Il quotidiano la Repubblica ieri ha spiegato molto bene, signor Ministro Maroni, con dati alla mano forniti dai sindacati di polizia che hanno fatto una certosina ricostruzione dei fondi di bilancio destinati alle forze dell'ordine, che nel 2009 ci sono meno risorse del 2008. La sua affermazione, signor Ministro, che ci sono più fondi pari al 10 per cento è stata smentita in modo puntuale, senza una sua capacità di replica: proprio all'articolo di ieri de la Repubblica non abbiamo visto una sua replica di precisazione. Se poi leghiamo questo quadro confuso e privo di efficacia registrato in un anno di Governo con i commi da 3 a 6 dell'articolo 6 che istituiscono le ronde, ci rendiamo conto che si vuole disarticolare lo Stato.
La Lega sta imponendo, meritoriamente per voi, la propria egemonia culturale su questo Paese (Commenti del deputato Goisis). È un vostro merito: non vi dovete lamentare se riuscite in un intento. Solo noi dell'Unione di Centro in questo Parlamento - e ne siamo orgogliosi - stiamo contrastando questa egemonia culturale. Consentiteci di farlo, dialetticamente e democraticamente. Stiamo lavorando per costruire un nuovo partito della nazione, non solo per liberare l'Italia dalla predominanza degli interessi di una parte sull'altra, affermata da questo falso bipartitismo, ma anche per affermare gli interessi nazionali su quelle localistici e per evitare che una parte del Paese prevalga sull'altra.
La Lega non solo ha in questi 15 anni l'egemonia delle parole, ma molte parole d'ordine le sta anche realizzando, anche se a pillole, con sottostanti progetti: dal federalismo alle ronde, si sta realizzando quell'identità territoriale padana che pensavamo sconfitta con l'abbandono della secessione. Invece, è cambiata la strategia: non più lo strappo istituzionale violento, ma arrivare alla secessione per gradi, attraverso la via legalitaria ed istituzionale. È legittimo che ciò accada, ma è legittimo opporvisi e noi ci opponiamo.
Puntualizzo meglio questo progetto: con il decreto-legge n. 112 del 2008 abbiamo visto destinare 100 milioni ai sindaci per rafforzare la sicurezza. Non avevamo capito come dovevano essere spese queste risorse. Vi era già invece, da parte del Ministro dell'interno e della Lega, una precisa finalizzazione: finanziare le ronde. L'edulcorazione lessicale di questo progetto non ci inganna, il progetto è preciso: creare una coscienza identitaria, politica e territoriale, perché possa rispondere poi ad un disegno istituzionale più grande, che è quello dell'autonomia del territorio padano, sempre più distinto dal resto dell'Italia, che è la ragione sociale dell'esistenza della Lega (Applausi polemici dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ho riletto con attenzione la nascita della milizia volontaria per la sicurezza nazionale, meglio conosciuta come milizia fascista (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ho letto, leggete anche voi e probabilmente condividerete con me. Essa nacque, come prescriveva l'articolo 2 del decreto-legge istitutivo della milizia, a servizio di Dio e della patria e agli ordini del Capo del Governo. Essa nacque anche per disciplinare le squadre di azione, che manganellavano gli antifascisti per contrastare il disordine sociale.
Come si vede, vi sono tutte le motivazioni e tutti gli ingredienti dell'istituzionalizzazione delle ronde. La differenza è che la milizia fascista era armata e le ronde sono disarmate, almeno per il momento.
Il decreto-legge in esame non vieta che le ronde siano configurabili come un partito politico: le ronde padane, nate nel 1989 e via via consolidatesi nel tempo in molte città del nord, da volontari per la sicurezza sono diventate una vera e propria milizia padana al servizio della Lega, con tanto di responsabile politico, come Walter Granata, responsabile federale delle ronde padane. Si tratta di un'organizzazione Pag. 31strutturata, con tanto di segni identificativi e gerarchia interna. Vale la pena di ricordare l'articolo 18, secondo comma, della Costituzione, che vieta di costituire associazioni che, anche indirettamente, perseguano scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare, ancorché disarmate. Ebbene, le ronde padane hanno una struttura paramilitare, con tanto di organizzazione gerarchizzata.
Il decreto-legge in discussione stabilisce che possono prevedersi due tipi di ronde: un tipo organizzato con ex appartenenti alle forze dell'ordine, che possono anche ricevere finanziamenti pubblici (appunto, i 100 milioni attribuiti ai sindaci con decreto-legge n. 112 del 2008, mentre si toglievano risorse alle forze dell'ordine) ed un altro tipo di ronde, composte da chiunque, che possono essere finanziate da privati, ossia da un partito politico, ossia dalla Lega, che ha già deciso di finanziarle e lo ha dichiarato anche alla stampa.
Contrariamente a quanto ha detto poco fa l'onorevole Bocchino, non ci troviamo di fronte solo alle ronde composte da ex appartenenti alle forze dell'ordine, ma anche da volontari militanti politici come quelli della Lega e l'onorevole Bocchino, stamani, lo ha omesso.

GIANPAOLO DOZZO. ...e quelli dell'UDC.

AMEDEO CICCANTI. Quelli dell'Unione di Centro, stai convinto, li troverai sulla tua strada, se pensi di fare quello che vuoi fare.
Su quel punto, il prefetto o il comitato per la sicurezza delle prefetture non hanno alcun potere selettivo. Il decreto-legge in esame non dà alcun potere di controllo alle prefetture sulle attività delle associazioni.
Il comma 4 prevede che l'iscrizione delle associazioni - ossia le ronde - avvenga in un apposito elenco tenuto dalle prefetture. Non vi è alcuna verifica dei requisiti che saranno definiti dal Ministro Maroni, ossia dallo stesso Ministro della Lega che ha istituito le ronde padane. Non abbiamo, quindi, alcun controllo sull'attività svolta dalle associazioni, soprattutto se hanno scopi di milizia politica paramilitari.
Non ho parlato della degenerazione che può avere questa nuova istituzione nel sud, dove esiste la criminalità organizzata. Nessuno può escludere che le ronde siano organizzate dalla criminalità organizzata - o ad essa riconducibili - per meglio controllare il territorio. La differenza, onorevole Cota, fra le ronde dell'Emilia Romagna e quelle previste da questo decreto-legge è la seguente: la vostra è la milizia padana, quella delle libere associazioni di volontariato è la generosità, senza fini politici, dei cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Ciccanti, la invito a concludere.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Credo che quest'Assemblea, nell'approvare questo decreto-legge, debba porsi il dubbio che qualcuno... (Il deputato Buonanno si avvicina al banco del deputato Ciccanti).

GIANLUCA BUONANNO. E basta! Smettila!

AMEDEO CICCANTI. Stiamo scherzando? Qui ancora le ronde non hanno fortuna, quindi calmatevi un momento.
Mi consenta di concludere, signor Presidente.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Ciccanti.

AMEDEO CICCANTI. Viene il dubbio che qualcuno stia lavorando per indebolire le forze dell'ordine e potenziare le ronde: più sono deboli le forze dell'ordine, più c'è domanda di sicurezza.
Signor Presidente, noi dell'Unione di Centro non consentiremo che ciò accada, con tutte le nostre capacità parlamentari e anche di persuasione nel Paese (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Pag. 32

PRESIDENTE. Non sarà consentito a nessuno in quest'Aula di ostacolare il libero esercizio dell'espressione da parte di uno dei parlamentari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro).
Non sono sicuro di aver visto o capito bene, ma vorrei invitare a non dare neanche lontanamente l'impressione di avere simili intenzioni. In tal caso, verrebbero applicati tutti gli strumenti che il Regolamento mette a disposizione della Presidenza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di illustrare le proposte emendative che i radicali eletti nel Partito Democratico hanno presentato a questo provvedimento, vorrei svolgere una piccola premessa. Noi riteniamo che proprio in un momento così grave e così tragico per il nostro Paese, la risposta sia quella di intensificare il lavoro parlamentare, più che rinunciarvi. Nel lavoro parlamentare è inclusa anche l'opposizione, con tutti gli strumenti che a questa è consentito ricorrere.
La storia radicale è stata costantemente connotata da un severo rispetto del principio dello Stato di diritto che, in ogni democrazia, dovrebbe esserne contemporaneamente fondamento e prodotto. Nel 1976, per la prima volta entrando in quest'Aula, gli eletti radicali riuscirono a conquistare gli scranni posti all'estrema sinistra dell'emiciclo, postazione che tutt'oggi, simbolicamente e in continuità con quella scelta, occupiamo.
Ci si continua a dividere in quest'Aula, oggi come ieri, in due parti. C'è una parte che sostiene di credere in modo prevalente a certi valori di autorità ed un'altra che, invece, sostiene di credere in modo prevalente a certi valori di libertà. Eppure, nessuno - o quasi - si spende oltre la propria voce, bensì con l'azione politica che, naturalmente, dovrebbe seguire le parole, ridotte letteralmente a mero flatus vocis per impedire la menomazione della libertà causata dalla mancata attuazione della Costituzione.
Un tempo Depretis, ma ancora meglio Crispi, incarnarono l'esempio di politici che, partendo da posizioni inizialmente popolari, conclusero la propria opera di Governo, manifestando tendenze autoritarie e nazionaliste. Già allora questo modus operandi proveniva da coloro che occupavano in quest'Aula i banchi riservati all'Esecutivo.
In quel ritorno alle forme democratiche, non sempre alla loro essenza, che ha assunto il nome di prima Repubblica, vi fu l'esempio emblematico della cosiddetta legge Reale licenziata dal Parlamento, ma proposta dal Ministro di grazia e giustizia, il quale, ancora oggi, è ricordato per aver introdotto nell'ordinamento giuridico la misura del fermo giudiziario nonché ampliato la possibilità di uso delle armi da fuoco da parte delle forze dell'ordine.
Ora non è più tempo per queste scelte. Basti considerare i tagli in bilancio che sono stati fatti contro le forze dell'ordine, producendo quel disordine costituito che, come potrebbe proporre un qualsiasi anarco-capitalista, delega ai privati ogni funzione statuale, compresa quella del controllo del territorio e del mantenimento dell'ordine pubblico.
Ebbene, cosa è l'istituzione delle cosiddette ronde se non una delega di funzioni statuali a gruppi di privati per ottenere quella che si vuol far credere possa essere una maggiore tutela della collettività? È per questa via che si crede di poter fornire una soluzione ai problemi affrontati dal provvedimento in esame?
I sabaudi ereditarono dai borboni un metodo di controllo di una parte del territorio italiano, la Sicilia. I proprietari terrieri, i latifondisti spostarono la sede delle proprie dimore prima a Palermo, poi a Napoli ed infine a Roma. Essi delegarono ai propri campieri e manutengoli il compito di tutelare l'ordine sul territorio siciliano. Il prosieguo della storia è inutile Pag. 33e dannoso da continuare a narrare, poiché si tratta di una storia che non ha avuto certo un lieto fine.
Noi utilizzammo per la prima volta la definizione «caso Italia» nel 1984, convocando un convegno a Strasburgo, presso la sede del Parlamento europeo, dal titolo: Lo stato della giustizia in Europa: il caso Italia.
Potrei sintetizzarne il contenuto. Era un appello all'Europa per le condizioni della giustizia in Italia che è, ancora oggi, attuale, legittimo e doveroso a causa del permanere e dell'aggravarsi, nel nostro ordinamento, di certe condizioni che si formano su meccanismi e logiche che rischiano di lasciare, nella vita del diritto e della giustizia, un segno irreparabile, i cui confini e limiti, nello spazio e nel tempo, sono difficilmente identificabili e prevedibili.
Le emergenze, che già tanto hanno negativamente influito sull'evoluzione della legislazione, continuano a legittimare, dinanzi alla pubblica opinione, l'adozione di misure straordinarie che evidenziano per alcuni, celano per altri, la fragilità del nostro sistema sostanzialmente estraneo alla tradizione liberale e garantista che connota ogni istituzione intimamente e non solo formalmente democratica.
Già la mia collega, Rita Bernardini, durante la discussione sulle linee generali del provvedimento in esame ha evidenziato come la giustizia italiana attenda, da anni, una riforma organica. La risposta di questo Governo è stata purtroppo inversa. Dietro il velo dell'emergenza suscitata dai media si nasconde, ad esempio, la volontà di ampliare i casi di carcerazione obbligatoria del presunto reo. Eppure, il principio della presunzione di innocenza nacque in Italia, grazie agli scritti di metà del secolo XVIII di Pietro Verri e di Cesare Beccaria. Oggi, grazie all'iscrizione di tale principio nella Costituzione, all'articolo 27, la presunzione di innocenza è elevata, formalmente, a principio cardine del nostro ordinamento. Tuttavia, non siamo in un Paese anglosassone ove, pur in assenza di un testo unitario scritto, il rispetto della Costituzione rappresenta il vero collante sociale, tanto da potersi permettere il lusso di non conoscere la nozione giuridica dello Stato. Abbiamo scritto magnifiche norme mai applicate o interpretate secondo la volontà del potente di turno, che trasforma la Carta fondante l'intero sistema in qualcosa di materiale che, a differenza del nome, è fluido quanto basta per prendere forme e volumi appropriati alla bisogna contingente.
Le misure che i nostri emendamenti mirano a scongiurare sono, purtroppo, numerose e gravi e non riguardano solo l'articolo 6, quello relativo alle ronde. Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa e precisato nelle premesse del decreto-legge, l'adozione del provvedimento è legata alla straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell'allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni.
Ebbene, il Ministro per le pari opportunità in Commissione non si è sottratta alla verità: nel corso del 2008 vi è stata una diminuzione dell'8,4 per cento dei casi di violenza sessuale. Quale sarebbe, quindi, l'utilità di questo provvedimento sottoposto al nostro esame, oltre tutto sotto forma di decreto-legge? Quale la necessità e l'urgenza?
Tornando alle misure proposte si distinguono in negativo le norme che ricorrono in modo abnorme all'applicazione della presunzione di pericolosità e che su di essa fondano la necessità del ricorso alla sola custodia cautelare. Essa finisce così per divenire, da misura di garanzia della funzionalità del procedimento penale, a vera e propria misura preventiva anticrimine, con uno stravolgimento dei principi costituzionali.
Molti dubbi sulla legittimità costituzionale della previsione si possono infatti nutrire a causa del mancato equilibrio raggiunto tra tutela delle libertà personali, di cui all'articolo 13, comma 1, della Costituzione e le esigenze di tutela della Pag. 34collettività, con queste ultime che conculcano di fatto le garanzie che vanno riconosciute a tutti i cittadini imputati di qualsiasi reato.
La modifica in discussione finisce per impedire una valutazione di adeguatezza della misura di regola opportunamente demandata al giudice, essendo valutazione strettamente legata alle particolarità del caso concreto. Ciò è innegabile: garantirebbe un ulteriore aumento dei detenuti in attesa di giudizio che, lo ribadiamo, sino a sentenza passata in giudicato, dovrebbero essere considerati e trattati come non colpevoli.
Ma si viola solo la Costituzione - nello specifico, come già detto, l'articolo 27 - o anche il diritto comunitario? Ebbene, le disposizioni contenute nella recente direttiva 2008/115/CE del Parlamento e del Consiglio europeo del 16 dicembre 2008 fanno ritenere che questo decreto-legge sia in contrasto con il diritto comunitario.
Per tornare agli eredi attuali dei manutengoli e dei campieri - di cui ho già detto - sono stati molti i sindacati e gli esponenti delle forze di polizia che si sono pronunciati proprio contro l'articolo 6 di questo provvedimento che prevede l'istituzione delle associazioni volontarie di cittadini (cosiddette «ronde»).
Torno allo specifico degli emendamenti da noi presentati. All'articolo 1 intendiamo evitare che si possa comminare automaticamente l'ergastolo per l'autore del delitto di stalking che commetta un omicidio; all'articolo 2 intendiamo apportare modifiche al fine di scongiurare un uso obbligato della custodia cautelare in carcere per coloro i quali sono imputati di reati di violenza sessuale. Inoltre, si prevede una significativa contrazione dei termini massimi di custodia cautelare per quasi tutte le ipotesi di reato ivi previste, al fine di non sacrificare per periodi eccessivamente lunghi la libertà personale del cittadino imputato, in quanto tale presunto innocente fino a sentenza definitiva.
All'articolo 3 l'esclusione dei benefici penitenziari fondati solo sul titolo del reato introducono una deroga ai principi contenuti nella legge Gozzini che rappresenta un indiscutibile baluardo dei diritti civili dei detenuti potenzialmente in grado di aprire a futuri possibili interventi di modifica della legge stessa, con il rischio di peggiorare le condizioni di vivibilità nelle carceri, sempre più sovraffollate, tra l'altro, e di vanificare l'indubbia e proficua capacità di risocializzazione dei rei, dimostrata dai risultati ottenuti con l'adozione delle misure alternative al carcere.
L'emendamento all'articolo 4 è interamente soppressivo poiché ha ammesso il patrocinio a spese dello Stato anche se la vittima non si trovi in una situazione di disagio economico. Per la prima volta, e piuttosto curiosamente, viene pertanto previsto che anche una persona abbiente possa essere ammessa al patrocinio a carico dello Stato.
Sei sono gli emendamenti all'articolo 5. Con i primi tre si intende revocare in dubbio i presupposti legittimanti una ulteriore proroga del provvedimento di trattenimento in caso di cittadini stranieri. Essi non possono essere danneggiati per il solo fatto che l'amministrazione trova difficoltà di natura meramente oggettiva, come i ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi. Vogliamo evitare che l'amministrazione possa essere svincolata da qualunque presupposto di colpa del destinatario.
Il quarto vuole riportare al tribunale le competenze che si vogliono affidare ad un giudice non togato, addestrato ad amministrare una giustizia minore ed assolutamente privo di ogni competenza in punto di libertà personale. Il quinto evidenzia come dovrebbe considerarsi meramente residuale la misura del trattenimento rispetto ad altri provvedimenti meno coercitivi.
L'ultimo introduce fra i presupposti legittimanti il trattenimento fino ad un periodo massimo di ben centottanta giorni la necessità che sia stato già posto in essere da parte dell'autorità amministrativa Pag. 35procedente il massimo sforzo possibile nell'assicurare il rimpatrio immediato.
Tre sono gli emendamenti all'articolo 6. Il primo esclude la possibilità che si formino le cosiddette ronde, poiché una simile disposizione - se approvata - sarebbe destinata non certo a garantire sicurezza, ma piuttosto ad innescare per legge una violenza, una spirale di violenza e ritorsioni, cui non sarà poi agevole porre freno. Garantire la sicurezza dei cittadini è compito esclusivo dello Stato; appaltandola a bande di privati lo Stato dichiara di aver fallito il proprio compito e adesso abdica. Sostituire allo Stato i cittadini organizzati significa ripercorrere a ritroso per decreto-legge secoli di civiltà.
Il secondo esclude la possibilità di ricorrere alla categoria del disagio sociale perché non sufficientemente definita. Tale disagio eventualmente non dovrebbe essere segnalato alle forze dell'ordine, bensì ai servizi di assistenza sociale.
L'ultimo emendamento precisa che le associazioni debbono essere riconosciute ai sensi del codice civile. Sarebbe, infatti, opportuno prevedere la loro formale costituzione e l'elaborazione di uno statuto tipo. Il tutto onde evitare in un settore così delicato la formazione di associazioni in tutto o in parte segrete, in violazione anche dell'articolo 18 della Costituzione.
Infine, vi è un emendamento concernente l'articolo 9. Con esso si mira ad eliminare l'estensione delle ipotesi di incidente probatorio contemplate dal comma 1-bis dell'articolo 392 del codice di procedura penale al reato di atti persecutori.

PRESIDENTE. Onorevole Beltrandi, la prego di concludere.

MARCO BELTRANDI. Diciamo subito che l'incidente probatorio è un istituto di garanzia, ma in questo caso non si riesce a comprendere per quale ragione si estende la sua applicazione in questa tipologia di reato.
In conclusione, come ha già detto Rita Bernardini, questo è un decreto-legge che non è in grado di risolvere le necessità dei cittadini italiani e la richiesta di una giustizia giusta ed efficiente, che sappia superare l'impasse che ci vede strangolati da oltre otto milioni di processi pendenti.

PRESIDENTE. Onorevole Beltrandi, la prego di concludere.

MARCO BELTRANDI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Molti di questi procedimenti non potranno mai essere celebrati forse anche grazie all'obbligatorietà dell'azione penale, che lascia ai magistrati - e poi alle procure - la possibilità di scegliere quali reati perseguire e quali, invece, lasciare che cadano in prescrizione.
Concludo, dicendo che non soltanto l'Unione di Centro è all'opposizione di questo provvedimento, anche i radicali lo sono e nessuno, quindi, può pretendere di avere il monopolio di questa opposizione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, vorrei fare una brevissima premessa per dire che questa mattina le opposizioni tutte avevano - con tono, debbo dire, molto sommesso e di grande disponibilità - avanzato soltanto una richiesta, ovvero che una parte di questo articolo 6 potesse essere stralciata e non definitivamente depennata dall'esame di questo Parlamento. La richiesta era semplicemente che tali norme fossero inserite all'interno del disegno di legge in materia di sicurezza che di qui a poco arriverà all'esame del Parlamento. Oltretutto, in quella sede potevano anche trovare una più congrua collocazione.
Credo che una maggioranza realmente animata da quella volontà di trovare, in un momento così particolare per il Paese, un clima di condivisione e serenità non si esprima con quelle parole - mi spiace dirlo - davvero strumentali e usate fuori luogo, che abbiamo ascoltato questa mattina Pag. 36tanto dal capogruppo Cota, quanto dal vicepresidente del gruppo del Popolo della Libertà intervenuto prima. Infatti, credo che sia davvero brutto dover ascoltare, da parte di chi ha soltanto avanzato una richiesta di metodo di lavoro, impiegare qui sentimenti, evocare situazioni che davvero in alcun modo nessuno dovrebbe trovare la forza e il coraggio di evocare.
Lo dobbiamo per un rispetto reciproco, ma ancora di più per rispetto di chi in questo momento sta soffrendo. Mi permetto di rivolgere a tutti un appello: lasciamo stare l'Abruzzo, lasciamolo fuori da quest'Aula oggi. Oggi stiamo parlando di un disegno di legge di conversione, di altre cose. Non strumentalizziamo il dolore della gente.
Detto questo, devo dire che ho trovato realmente poco significativa la risposta del Ministro Maroni su quel punto. Abbiamo ascoltato un sermone non richiesto sull'utilità delle ronde, ma non abbiamo ascoltato nemmeno una riflessione, che poteva essere anche un semplice «no grazie», su quanto l'opposizione chiedeva al Governo. Nonostante questo non voglio cambiare atteggiamento e spero ancora che nelle ore che abbiamo davanti da parte del Governo ci possa essere un ripensamento, considerando che approvare qui oggi, con una larghissima maggioranza, quella parte, in realtà la quasi totalità di questo provvedimento, sulla quale vi è grandissima condivisione sarebbe un bel segnale per il Paese, molto più bello che non arroccarsi dietro una maggioranza, con un muro contro muro che in quest'Aula oggi sta cercando soltanto la maggioranza.
Se dobbiamo entrare del merito del provvedimento facciamolo, e mi rivolgo ancora una volta al Ministro Maroni, con adeguatezza di concetti. Posso comprendere che il capogruppo della Lega invochi, totalmente a sproposito, la legge approvata dalla regione Emilia Romagna in materia di utilizzazione del volontariato, ma francamente che da parte del Ministro dell'interno vi possa essere una tale mancanza di conoscenza, una tale incredibile confusione tra due cose che non c'entrano assolutamente una con l'altra (come ha ricordato prima molto correttamente una collega del Partito Democratico), lo trovo davvero preoccupante come cittadino. Vorrei che il mio Ministro dell'interno fosse più informato di quel che dice quando parla, premesso che, quando viene qui ad informarci come rappresentante del Governo, non lo fa come dirigente della Lega Nord ad un comizio, ma come Ministro della Repubblica.
Entrando davvero nel merito delle questioni, ho già avuto modo, qualche settimana fa in quest'Aula, di dire una cosa di cui sono tuttora fermamente convinto. Non credo e non sento, a differenza di altri colleghi dell'opposizione, di dovermi stracciare le vesti in relazione all'istituzione delle ronde. Non credo che siano in gioco principi o valori di democrazia, non credo che siano in gioco le regole fondamentali che disciplinano la ripartizione delle funzioni e dei compiti che sono propri dello Stato e delle sue istituzioni. Non c'è questa preoccupazione. La mia preoccupazione si pone però su un piano diverso, credo non meno grave. È una constatazione amara e, dopo un anno in cui questo Governo così tanto tempo, attenzione e parole ha usato e perso in materia di sicurezza, diventa ogni giorno che passa non una sensazione ma una certezza. Questo non è davvero il Governo della sicurezza, questo è il Governo degli «effetti speciali» sulla sicurezza, questo è il Governo degli spot sulla sicurezza, questo è il Governo dell'inganno continuo e sistematico agli italiani sulla sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Ministro Maroni - da quando è qui stamattina continua a sorridere sornione, sono contento che lei sia di buon umore visto che sta per approvare le ronde - perché non proviamo a confrontarci e forse sarebbe il caso di farlo con serietà.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Non sono di buon umore. Ha capito male.

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MASSIMO DONADI. Parliamo e spieghiamo agli italiani come mai i poliziotti italiani in media vanno al poligono di tiro una volta ogni due anni e, quando sparano, sparano una ventina di colpi perché non gliene vengono passati di più. Spieghiamo agli italiani come mai gli elicotteri della polizia di Stato dagli stessi poliziotti che ci volano vengono chiamati «bare volanti». A lei non risulta, Ministro? Va bene, allora vuol dire che di questo in un'altra occasione faremo una informativa separata.
Perché non spiega agli italiani, Ministro, che quest'anno l'impiego dei militari nelle nostre città è costato quasi 80 milioni di euro, militari che - lei lo sa - se non sono accompagnati da un poliziotto hanno gli stessi poteri di pubblica sicurezza che abbiamo io e lei quando passeggiamo per le strade delle nostre città?
Perché non spiega che questi 80 milioni di euro utilizzati avrebbero potuto essere impiegati per pagare qualcosa come 9 milioni di ore di straordinario di poliziotti e carabinieri? Sì, anche questa è una cosa triste a dirsi, ma un poliziotto per un'ora di straordinario prende 8 euro di paga.
Allora facciamo un po' di conti e vediamo che questi 9 milioni di ore di straordinari avrebbero coinciso con l'impiego in più, ogni giorno, sul territorio del Paese, di circa 2-3 mila poliziotti, lo stesso numero, guarda caso, di quei militari che avete impiegato inutilmente e che poi, alla fine, vi siete dovuti ridurre a mettere davanti alle ambasciate, agli istituti pubblici perché le funzioni di pubblica sicurezza proprio non le possono svolgere, se non nei famosi «pattuglioni» assieme alle forze dell'ordine.
Sarebbero tante le questioni di cui parlare, come questi famosi stanziamenti di cui lei, mi pare un po' fuori luogo, ha parlato in questi giorni con riguardo al bilancio della sicurezza dicendo che questo Governo addirittura ha aumentato gli stanziamenti, ma dimenticando di sottolineare - ma, per carità, lei di cose da fare ne ha tante - che il 95 per cento di questi stanziamenti era semplice adempimento di obblighi di legge per adeguamenti retributivi delle forze di polizia. Ci sembra davvero che le cose che questo Governo ha omesso di dire o di spiegare agli italiani siano davvero tante, troppe; invece quello che si continua a «vendere» sono soltanto spot televisivi. Non c'è dubbio che da questo punto di vista fate bene: 3 mila militari si notano molto di più nelle strade italiane di quanto non si sarebbero notati 3 mila poliziotti in più che avrebbero semplicemente continuato, come facevano prima, a svolgere il loro dovere. Ma no, voi avete preferito ridurre, anzi tagliare il numero delle ore di straordinario consentite in un mese: oggi, infatti, un poliziotto non ne può fare più di nove in un mese, ma vuole mettere, signor Ministro, che bell'effetto fanno 3 mila militari, quanto fanno parlare dell'azione del Governo? Così pure, quanto faranno parlare, anzi già fanno parlare, dell'azione del Governo le ronde?
Signor Ministro, sulle ronde esprimo un'opinione personale: credo che semplicemente esse non risolveranno alcun problema, forse ne creeranno qualcuno in più, di sicuro non ne risolveranno. Se le ronde sono quelle che voi prefigurate in questo decreto-legge, saranno un gruppo di cittadini motivati da buoni sentimenti che passeggeranno per le strade: se vedranno qualcosa avviseranno la polizia, perché di più non possono fare e, quando la polizia sarà arrivata, i malviventi, se ce n'erano, se ne saranno già andati. Non voglio negare che a questo potrà essere anche collegato un flebile effetto di prevenzione - magari vedendo cittadini che passeggiano qualche male intenzionato può essere dissuaso -, ma credo francamente che i problemi saranno molti di più dei benefici, pochi, incerti e, oltretutto, tutti da verificare.
Quello che invece mi preoccupa e davvero molto di questo vostro decreto-legge sulle ronde è la vaghezza che anche diversi oratori che mi hanno preceduto hanno messo in luce. Voi dite una cosa apparentemente rassicurante, ma è nel vostro stile dire cose apparentemente rassicuranti e dietro ad esse nascondere le indecenze più Pag. 38pervicaci: avete detto che i prefetti, nel dare vita alle ronde, dovranno utilizzare principalmente il personale in quiescenza delle forze di polizia e dei carabinieri. Bene, ma supponiamo che non ce ne siano, così come accadrà nella gran parte dei comuni italiani, ipotizziamo quindi che nel singolo comune non vi sia un'associazione costituita da ex poliziotti o ex carabinieri con i quali provvedere a formare le ronde: in questo caso, Ministro Maroni, chi le fa le ronde? Le fanno i partiti? Le fa la Lega Nord? L'onorevole Borghezio? Lo stesso onorevole Borghezio che va in giro per l'Europa a fare confusione dalla mattina alla sera (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Noi non ci sentiamo rassicurati, lei è venuto in Veneto qualche tempo fa e ha detto che le ronde che lì si stavano preparando, quelle del capogruppo del PdL alla regione Veneto, come altre ronde che si stavano costituendo erano illegali (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ministro, erano illegali semplicemente perché questo disegno di legge ancora non è stato approvato ma, una volta approvato, quelle stesse ronde che lei ha definito illegali potranno essere costituite in associazioni e, qualora non ci siano altre associazioni di ex carabinieri e di ex poliziotti e le persone coinvolte non abbiano precedenti penali, potranno essere tranquillamente costituite.
Io non mi sento tranquillo come cittadino al pensiero che la mia sicurezza, quella della mia famiglia e della città in cui vivo sia affidata ad iniziative di ordine pubblico e a persone che hanno funzione di ordine pubblico mobilitate dai partiti. Credo che ciò sia un atto di profonda inciviltà, di una grande debolezza culturale e di un Governo che non è capace, non ha voglia, non ha la forza e non ha le idee per garantire agli italiani la vera sicurezza. È un atto di un Governo che continuamente cerca sempre e soltanto di piantare delle bandierine per poter continuare a dire, giorno dopo giorno, con le camicie verdi (o viola, o azzurre o dei colori che vi piaceranno di più) delle proprie ronde fatte in casa e fai da te, che state presidiando il territorio, che voi arrivate anche dove lo Stato non arriva.
Vi sono altre associazioni soprattutto nel sud di questo Paese che vogliono arrivare lì dove lo Stato non arriva e danno risposte ai cittadini lì dove lo Stato non arriva. Ma lo Stato non sta meglio grazie a queste associazioni e non starà meglio nemmeno grazie alle vostre ronde fatte in casa. Questo non rappresenta un modo serio di legiferare.
Noi ci rivolgiamo ancora una volta a lei, Ministro, e anche ai tanti parlamentari (ne sono certo) di questa maggioranza che oggi non scelgono un provvedimento legislativo, ma ancora una volta subiscono un provvedimento legislativo del quale non sono convinti e non condividono né le modalità, né le finalità. Accantoniamo questo provvedimento, inseriamolo nel disegno di legge sulla sicurezza, facciamo un confronto serio, stabiliamo dei paletti seri dove sia previsto che o le ronde sono in grado di garantire quei requisiti di sicurezza, trasparenza, appartenenza a personale formato sul piano della pubblica sicurezza, o non si devono fare per niente. Stabiliamo che deve essere vietato che i partiti politici in qualunque modo (direttamente o indirettamente) partecipino alla costituzione o alla sponsorizzazione di ronde.
Purtroppo, come conferma il fatto che lei sembra più interessato a parlare al telefono che ad ascoltare il dibattito parlamentare, sono sicuro che la vostra maggioranza e il partito che lei rappresenta non possono accogliere queste istanze di buonsenso e di ragionevolezza. Infatti, ancora oggi state usando il Parlamento come una piccola collinetta sulla quale appuntare l'ennesima banderuola. Gli italiani però prima o poi capiranno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, è stato già detto che i fatti criminosi Pag. 39che accadono nel nostro Paese scatenano emozioni spesso incontrollate, soprattutto quando vedono coinvolti i cittadini stranieri venuti nel nostro Paese per svolgere un lavoro e trovare una dignitosa condizione di vita. Il ruolo della stampa in tale vicenda è spesso devastante e in nessuno dei Paesi che annoveriamo tra i nostri partner preminenti i processi si fanno in televisione, come accade spesso in Italia.
Il provvedimento in esame che affronta la spinosa questione dello stalking, della violenza sessuale e le azioni necessarie per un'efficace prevenzione e repressione di tali reati risente, a mio avviso, del condizionamento testè descritto. Diciamo con forza e con decisione che il sistema di sicurezza del nostro Paese sta a cuore a tutti e nel Partito Democratico è tema di ampia riflessione. Siamo, altresì, convinti che lo Stato di diritto non possa affidare a privati cittadini e volenterosi in forma organizzata ciò che compete esclusivamente alle forze dell'ordine, ai vigili, ai carabinieri e alle guardie di pubblica sicurezza. Si tratta di forze dell'ordine a cui occorre dare più risorse anziché tagliare ciò che avevano e che era già largamente inferiore rispetto a quanto spendono i Governi dei principali Paesi dell'UE, e non aggiungere qualcosa, come è avvenuto ora con questo decreto-legge, per attenuate l'effetto dei danni prodotti a monte.
Siamo preoccupati e contrari, signor Presidente, alle norme contenute nella seconda parte dell'articolo 6 del decreto-legge in discussione: le famigerate ronde. È una preoccupazione emersa, peraltro, con forza negli incontri con i parlamentari europei che si sono avuti in alcune Commissioni del nostro Parlamento.
Sono di segno negativo anche le valutazioni emerse nei commenti dei principali media europei. I privati cittadini, al pari di quanto avviene in Germania, in Svizzera e nei paesi nordici in generale, hanno il dovere civico di segnalare alle forze dell'ordine, con spirito cooperativo, le violazioni alla legge e i soprusi di cui sono testimoni, ma pare scontato sottolineare che una simile cultura deve essere promossa, alimentata e aiutata a crescere. Questo decreto-legge del Governo è destinato a generare ulteriore confusione sul piano normativo, anziché semplificare il processo di legificazione. In alcune parti sembra che l'obiettivo siano anzitutto gli immigrati, come se gli altri cittadini fossero immuni dai reati di violenza sessuale (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Signor Presidente, posso svolgere il mio intervento senza essere disturbato continuamente?

PRESIDENTE. Invito per favore a tenere un comportamento consono alla dignità dell'Assemblea ed a non ostacolare la libera espressione del proprio pensiero da parte dell'oratore. Onorevole Narducci, la prego di continuare.

FRANCO NARDUCCI. Come se non bastasse, ecco che si aggiungono due emendamenti del Governo stesso sulle sedi giudiziarie disagiate, che poco hanno a che fare con gli argomenti in questione. Si approfitta dello stalking per modificare le norme sui rimpatri degli immigrati extra Unione europea, aumentando la durata del periodo di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione. L'estensione da sessanta a centottanta giorni del periodo di trattenimento nei CIE introduce un'evidente discriminazione tra immigrati, poiché stabilisce che la durata della ferma può essere collegata alla celerità della risposta burocratica dei Paesi di origine. In questo caso, si lede il diritto individuale a non essere trattati in modo diverso per il solo fatto di appartenere ad un determinato gruppo, in questo caso di origine nazionale. Così, ci avviamo sulla strada della creazione di minoranze nelle minoranze, altro che integrazione. Il Governo non perde occasione per procedere a colpi di decreti-legge, ma sono provvedimenti confusi in cui vengono affrontati pezzi di problemi, al solo scopo di creare occasioni di pura propaganda. Non si affrontano, invece, i Pag. 40problemi in maniera sistematica, quando avremmo bisogno di una riforma organica dell'intero sistema di allontanamento dello straniero, intervenendo anche sullo strumento della detenzione amministrativa, permettendo al nostro Paese di allinearsi alle norme pattizie internazionali vincolanti, come la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che all'articolo 5 consente la privazione della libertà individuale, se si tratta dell'arresto o della detenzione legittima di una persona per impedirle di entrare nel territorio clandestinamente o contro la quale è in corso un procedimento di espulsione o estradizione.
In quest'Aula, purtroppo, non è possibile discutere pacatamente e tracciare percorsi condivisi di riforma. Ne abbiamo avuto prova poco fa, quando le richieste dell'opposizione di ricollocare parti di questo decreto-legge in un disegno di legge, vertente specificatamente sul tema della sicurezza, sono state respinte senza un'attenta valutazione di merito. Il Governo preferisce estendere il periodo di trattenimento nei centri di accoglienza, lasciando prefigurare un trend di azioni tese a combattere l'immigrazione irregolare con la radicalizzazione dell'aspetto sanzionatorio ed attuando un restringimento delle libertà fondamentali. Questa tendenza, palesemente e caparbiamente mostrata dal Governo, è in forte dissonanza sia con le analisi di autorevoli osservatori, tra cui la commissione De Mistura, sia con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale sull'uso bilanciato dello strumento penale. Invece, la forte pressione migratoria, manifestatasi anche recentemente, dovrebbe far riflettere sull'utilizzo di opportuni dispositivi normativi, che possano servire a prevenire l'immigrazione clandestina, come il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro. Onorevoli colleghi, purtroppo l'attività del Governo è tutta tesa a realizzare una società basata sulla paura, sul sospetto del diverso di fronte alla domanda di sicurezza, che proviene dalla società. Sarà forse perché intende attuare il vecchio detto che afferma che chi riesce a controllare la paura degli altri diventa padrone anche della loro dimensione interiore? Dunque, si risponde organizzando le ronde, dimentichi che l'ordine pubblico, riassumendo al suo interno i valori fondamentali dell'organizzazione politica ed economica della società, è l'ordine costituzionale.
Ma se questa è la cultura della maggioranza che vuole a tutti i costi le ronde, secondo la tesi della partecipazione democratica dei cittadini per assicurare la sicurezza, allora bisognerebbe almeno provare a correggere il tiro nel senso di rendere effettiva tale democraticità, assicurando l'equilibrio degli interventi dei cittadini ed assenza di pregiudizi razziali o di altra natura.
Vista la volontà e la determinazione della maggioranza di portare avanti questo decreto-legge mantenendo le previste ronde, almeno si tenga conto delle eccezioni sollevate dal Consiglio superiore della magistratura riguardanti dubbi di natura costituzionale.
Se i volontari vi sono, sarebbe meglio che esercitassero il loro protagonismo civico presso adeguati centri di ascolto e assistenza sociopsicologica, come propongono alcuni emendamenti del nostro partito. Il Partito Democratico nei suoi emendamenti ha tenuto conto delle persone, delle vittime dello stalking, nonostante la vostra insistenza nel voler risolvere ogni problema con provvedimenti di dubbia costituzionalità.
Invece, bisognerebbe aiutare le forze dell'ordine a svolgere bene il loro compito di prevenzione con adeguati finanziamenti. La prevenzione si esercita anche e meglio costruendo una città a dimensione umana, capace di accogliere e includere nel rispetto delle differenze; si esercita con l'ascolto e la vicinanza delle istituzioni e della comunità e per questo abbiamo proposto soluzioni emendative.
Lo abbiamo fatto per cercare di riportare i termini della questione al giusto posto, per allontanare lo stato di paura del cittadino e di ogni ospite del nostro Paese. Signor Presidente, vi è stato un tempo nella nostra storia in cui ronde di Pag. 41cittadini impazziti a New Orleans, a Aigues Mortes, impiccarono o massacrarono i nostri connazionali al grido di «Morte agli italiani».
La stessa storia ci dice che erano poveri cristi innocenti; ne dovremmo trarre una salutare lezione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'intervento del collega Ciccanti ha provocato qualche reazione. Credo che non fosse nelle sue intenzioni di provocare reazioni, quanto di cercare di svolgere una riflessione molto pacata.
D'altro canto, non è la prima volta che cerchiamo di interloquire in maniera molto rispettosa nei confronti dei colleghi della Lega (il rispetto non significa che non ci debba essere la necessaria fermezza sugli argomenti).
Così come è capitato di rivolgermi al Ministro Calderoli con tutta la simpatia del caso, lo faccio anche nei confronti del collega Maroni: la questione di fondo riguarda gli atti di Governo e le spiegazioni esterne che si danno agli atti di Governo.
L'onorevole Maroni esordì da Ministro dell'interno sollevando la questione delle impronte ai bambini rom. In realtà, non vi è stata mai alcuna indicazione da parte dei prefetti di utilizzare questo strumento di riconoscimento; però, la speculazione politica prevedeva che si utilizzasse un argomento forte, capace di orientare la fantasia dei nostri concittadini. Da qui, la questione delle impronte ai bambini rom.
Sono convinto che queste cose siano assolutamente negative. Voi avete la sindrome delle parole forti e non vi rendete conto che queste parole forti diventano fortemente diseducative nei confronti dell'etica civile, della coscienza di un popolo.
Conosco i colleghi della Lega da molti anni. Nel 1990 mi capitò di incrociare - allora ero capogruppo nel consiglio regionale della Lombardia - il collega Speroni, che era il capogruppo della Lega. Alla prima seduta di insediamento, il collega Speroni pretendeva che vi fosse la traduzione in dialetto.
Mi permisi di obiettare che non c'era un dialetto lombardo; tanto meno c'è un dialetto padano, perché chi ricorda il film L'albero degli zoccoli sa che dal linguaggio di quella zona della Bergamasca c'era bisogno di una traduzione in italiano; e non ero in grado di sapere se il collega Speroni voleva una traduzione in dialetto dell'Oltrepò pavese, o del cremonese, o del mantovano o del varesotto. Non c'è la koinè lombarda, mi dispiace, si aggiorni; e comunque vi sono delle parole che hanno delle origini totalmente diverse. Lei sa, collega, come si dice «coniglio» in dialetto mantovano, o lo sa come si dice in dialetto cremonese? In dialetto mantovano si dice «cürgnel», in dialetto cremonese si dice «donel»; lei capisce di cosa stiamo parlando? E lei voleva impormi una traduzione in dialetto lombardo: non c'è l'idioma lombardo! Voglio quindi dire: le vostre parole forti non piacciono, perché sono diseducative!
Credo che allora, se volete parlare di cose concrete, dovete scendere dalla retorica di un certo populismo localista, ed entrare nel merito delle cose. A noi il tema delle ronde non piace, per le cose che ha detto Ciccanti: perché vi sono degli argomenti che non sono nella disponibilità! Quando si parla di sicurezza, quando si parla di ordine pubblico, è lo Stato che deve rispondere.
Ho visto che qualche giornale oggi ha detto che lo Stato c'è, e vi era in questa valutazione politica l'orgoglio di affermare il principio della presenza dello Stato; in radice nel meccanismo delle ronde non c'è l'affermazione del ruolo dello Stato, c'è qualcosa di diverso: c'è l'idea che dei singoli cittadini possono mettersi insieme, più o meno politicizzati, per garantire una funzione che non è trasferibile ad altri, e che dev'essere posta in capo alle responsabilità dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico). Pag. 42
Quando il Ministro Tremonti ha introdotto nell'operazione di manovra economica dell'estate scorsa il principio dei tagli lineari, alcuni di noi hanno spiegato che esso non rientra nel canone dell'economia domestica; in altri termini, se a casa vostra, di fronte al fatto che vi è una crisi economica, dovete scegliere se mandare il figlio a scuola o se fare un viaggio alle Maldive, fate un taglio lineare, andate un po' alle Maldive e mandate un po' il figlio a scuola? No! Fate un taglio mirato: non andate alle Maldive, ed invece investite le vostre risorse per mandare il figlio a scuola. Così si doveva fare sulla sicurezza! La manutenzione della spesa pubblica è una questione delicata, che richiede un impegno quotidiano! Allora non si doveva tagliare sulle forze dell'ordine: si doveva dire che sulle forze dell'ordine si assumeva un impegno straordinario, perché lo Stato deve garantire il cittadino sulle questioni centrali della sicurezza. Questo si deve fare! Il taglio lineare non aiuta la scelta politica più corretta, anzi determina una grande confusione.
Le ronde allora non ci piacciono. Poi è chiaro che nascondono delle finalità di parte o di partito, che sono lontane anni luce da quell'idea dello Stato che dovrebbe essere nel cuore di ciascun democratico. Nel passato vi è stata una discussione, se i ragazzi che erano organizzati nelle strutture cattoliche potessero dedicarsi a compiti di protezione civile, e lo capisco; se ci si poneva quel problema, ed era corretto porselo, immaginate i problemi che dovremmo porci oggi: in questo caso non parliamo di boy scout, parliamo di cose radicalmente diverse!
La nostra opposizione è dunque di principio; e d'altro canto, noi ci siamo un po' abituati alle vostre scorribande, perché delle parole d'ordine che avete lanciato negli ultimi tempi non ne avete centrata una. Ho sentito che il collega Dussin ha fatto una «sparata» clamorosa nei confronti della globalizzazione: benissimo, volete scendere dal treno? Cosa vuol dire essere contro la globalizzazione? Forse si può negare il fatto che l'economia mondiale tenda ad una sua concertazione? E allora che senso hanno le decisioni che ha preso il G20 come istituzione, che certo appaiono molto più efficaci di quanto potrà fare il G8, perché nel G20 c'erano tutti! Corrispondono alla consapevolezza che la crisi ha una sua dimensione mondiale; e voi polemizzate contro la globalizzazione!
Avete fatto polemiche contro l'euro e contro l'Europa e adesso vi dovete riscoprire invece europeisti solo che, essendo euroscettici, avete difficoltà a guidare un processo di questa natura: ecco dove stanno le contraddizioni!
Avete fatto polemiche contro la Cina ed avete richiesto che fossero istituiti i dazi contro i cinesi, mentre l'altro giorno i vertici della Cina si sono posti una questione centrale: ma abbiamo fatto bene a mettere i nostri risparmi nel debito americano? Capite come sono diverse le cose?
Oggi dovremmo guardare invece alla Cina come ad un elemento di stabilizzazione, perché i cinesi hanno prodotto di più di quello che hanno consumato e con il loro risparmio hanno finanziato il debito di coloro che hanno consumato di più di quello che producevano.
Le vostre parole d'ordine sono sbagliate e dovete quindi riportarvi dentro la funzione della cultura di Governo, assumendone per intero le responsabilità: la sicurezza e il cittadino fa-da-sé non vanno bene, costituiscono un'indicazione di marcia del tutto sbagliata (e ci permettiamo di affermare questo punto con tutta la crudezza del caso).
Nel 1992-1993 eravate qui ad agitare il cappio, ma poi vi siete lamentati del fatto che anche il vostro tesoriere incappò nelle vicende di Tangentopoli: vedete come le cose hanno le gambe corte? È meglio non agitare parole vuote, quando queste non hanno dentro una cultura adeguata di Governo e neppure una adeguata moralità civica.
La nostra contrapposizione al tema delle ronde è quindi molto precisa e molto puntuale, come abbiamo fatto anche sul federalismo, e non perché la nostra cultura «sturziana» non ci mettesse in condizione Pag. 43di cogliere appieno il valore dell'autonomia (perché, se mai, siamo ancora più autonomisti): non c'è bisogno che qualche maestro improvvisato ci esponga o ci aiuti a capire la validità di un modello amministrativo che tende a far crescere il ruolo dell'autonomia e il principio della responsabilità!
I comuni italiani - e il Ministro Maroni lo sa - sono indebitati per il 52 per cento in derivati (42 miliardi di euro di derivati): è chiaro che chi ha fatto operazioni in derivati lo ha fatto perché il Ministro del tempo, che era esperto in materia di creatività finanziaria, ha consentito con la legge finanziaria per il 2001, a partire dal 2002, di indebitarsi (mi riferisco all'articolo 41 della legge finanziaria approvata il 27 dicembre del 2001).
È chiaro che quegli amministratori che si trovavano la possibilità di avere più soldi senza avere la responsabilità di procurarseli si sono infilati dentro questo pertugio che si è aperto, e oggi i rischi che corrono le comunità - oltre che i bilanci comunali - sono rilevanti.
Magari quegli amministratori hanno preso, direttamente o indirettamente, anche le commissioni che le banche d'affari del tempo hanno distribuito a manica larga, a destra e a manca. Non c'è un colore dell'amministrazione, non si può dire che questo è stato fatto dalle giunte di centrodestra o di destra, o dalle giunte di centrosinistra o di sinistra: lo hanno fatto tutte, da Torino a Milano! Ciò vuol dire quindi che i cattivi maestri danno delle indicazioni sbagliate, altro che previsione! Quello che le voglio dire e concludo, onorevole Maroni, è semplicemente questo: Tremonti ha scritto un libro, La paura e la speranza, ma non credo che si possa credere nella speranza se si coltiva la paura. Se utilizziamo tutti gli argomenti che toccano le condizioni di difficoltà dei nostri concittadini, come facciamo sull'ordine pubblico e sulla sicurezza e come abbiamo fatto su altri argomenti, come è possibile pensare che da questo si possa ricavare qualcosa di importante, che si possa avere un anelito verso la speranza, che si possa cioè ricavare una spinta sul piano di quel senso comune e di quel senso civico di carattere nazionale che è la condizione che è stata qui evocata proprio in queste ore?
Ci vuole una disponibilità ad essere prudenti anche sulle parole, bisogna rinunciare ad affiggere manifesti che diano al Paese la sensazione di scorciatoie.
Non possiamo affrontare quei cittadini africani che, a rischio della loro vita, tentano di potere sbarcare verso terre migliori con un solo accordo con Gheddafi.
Non è sufficiente questa operazione e lei, onorevole Maroni, lo sa benissimo (a parte che l'avete chiuso voi questo Accordo). Come lei vede, non è sufficiente l'Accordo con Gheddafi, e neanche i 5 miliardi di euro garantiti alla Libia, perché Gheddafi non può sparare su quei disperati che attraversano il Sahara. Sarebbe molto più corretto, ad esempio, se, visto che adesso si parla d'Europa, cominciassimo a chiederci se il bilancio agricolo europeo è adeguato, se possiamo continuare a dare 2 euro al giorno per capo di bestiame, quando un cittadino dell'Africa subsahariana dovrebbe vivere con 80 centesimi di euro al giorno. Questo è il problema politico, che se posto così ha una sua efficacia, una sua forza, anche una sua capacità educativa. Ma se invece lo si pone dicendo: «no, l'Africa la chiudiamo con il ferro spinato», è chiaro che non si va da nessuna parte. Si tratta di pratiche che non portano da alcuna parte e che non danno sicurezza neanche agli italiani. Non è vero che i cittadini del nord attraverso queste politiche sono più sicuri: non è così!
Il nostro invito, quindi, è che voi scendiate dalle parole forti sul terreno della cultura di Governo più appropriata, e che lo facciate con il dialogo, senza pensare di imporre le vostre logiche. Se espungete questa parte sulle ronde, è possibile trovare un'intesa su un testo condiviso. Che senso ha insistere su questa cosa? Lo fate solo per una ragione di partito: credete di essere la «ronda» della maggioranza, che ha imposto questa logica nella maggioranza e pensa di imporla al Parlamento. Noi, per quanto pochi siamo, ci opponiamo Pag. 44con la profondità della nostra coscienza civile (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, è stato osservato da parecchi colleghi che il Ministro dell'interno, quando non è occupato ad aprire il salotto con i suoi collaboratori, o con i suoi colleghi, è occupato a guardare e a sorridere. Fa molto male a sorridere, perché ha perduto l'occasione di essere...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Colombo...ovviamente non intendo censurare i sorrisi del Ministro, volevo invece invitare a lasciarlo libero di seguire gli interventi...

FURIO COLOMBO. Fa molto male a sorridere, perché oggi si celebra qui la perduta occasione di essere un normale Ministro dell'interno italiano, invece che un eccellente Ministro dell'interno padano. Esiste una differenza fra le due cose, vi è una differenza tra i due Paesi, ed è una situazione drammatica che non suggerisce alcun sorriso (Applausi polemici dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Signor Presidente, la ragione per cui facevo riferimento al sorriso completamente fuori posto, era dovuta oltre che alla lunga telefonata (si trattava evidentemente di un'intervista, perché ha parlato sempre lui e non poteva provenire, quindi, da L'Aquila o dalla zona terremotata) condotta durante questa seduta alla Camera, che l'avrebbe fatto mettere alla porta da qualunque Parlamento orgoglioso di se stesso (Commenti dei deputati dei gruppo Lega Nord Padania), ad una triste storia che circolava quando ero bambino, che non ho dimenticato, e che anzi mi torna in mente nel leggere le prime parole, le prime righe, di questo documento destinato ad essere un decreto d'urgenza, diventato poi un disegno di legge. La storia triste e terribile dei miei tempi diceva così: «hai saputo? Hanno arrestato tutti gli ebrei e tutti i barbieri» e l'altra persona diceva: «ma cosa c'entrano i barbieri?» Questo è quello che viene in mente leggendo le prime parole del decreto-legge di cui stiamo discutendo la conversione: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell'allarmante crescita di episodi collegati alla violenza sessuale»; queste sono le prime tre righe; le ultime tre righe recano: «l'introduzione di una disciplina organica (...) una più efficace disciplina dell'espulsione e del respingimento degli immigrati irregolari, nonché ad un più articolato controllo del territorio» (Applausi polemici dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Quindi c'è una sorta di follia - il Ministro è uscito in questo momento, lasciando un sottosegretario che avrebbe dovuto essere e dovrebbe essere a tutela, dato il suo passato e la sua vita, dell'unità della nazione riguardo a questo progetto delle ronde - e l'ossessione emerge e appare immediatamente. Qui non si parla di stalking, non si parla di violenza sessuale, non si parla di difesa dei cittadini deboli, non si parla di tutela del territorio: si parla di immigrati a cui bisogna dare la caccia.
Il punto di riferimento lo aveva fornito quel grande statista che è il sindaco, vicesindaco, ma sempre sindaco, Gentilini di Treviso, quando aveva proposto che gli immigrati venissero usati come leprotti per la stagione di caccia che si stava aprendo. Questo è un atto legislativo nel quale si propone quasi soltanto la caccia agli stranieri. Del resto è opera dello stesso partito e dello stesso Ministro che ha esordito con le impronte digitali ai bambini rom, dello stesso partito e dello stesso Ministro che ha preteso le dimissioni del prefetto di Roma perché il prefetto di Roma si era rifiutato di prendere le impronte digitali ai bambini rom: è il primo caso, dopo il fascismo, di un prefetto licenziato per ragioni politiche, ed è bene che ce lo ricordiamo.
Questo è il Ministro dell'interno, signor Presidente, che, avendo a disposizione Polizia, Pag. 45Carabinieri, Guardia di finanza, Corpo forestale, e quella parte della Forze armate che il Ministro della difesa ha voluto mettere a disposizione della sicurezza pubblica, invita questa Repubblica a creare le ronde padane, a creare le ronde. Non c'è nessun Paese nel quale le ronde siano state istituite per legge: signor Presidente, questo ci mette fuori da ogni immagine civile! Non c'è un altro Paese delle ronde. Ci sono le ronde, sono contro la legge. Ci sono le ronde, e in America portano all'arresto immediato di chi le organizza (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ci sono le ronde, e si chiamano Ku Klux Klan. Ci sono le ronde, ed è stato contro le ronde che si è battuto Martin Luther King, e sono stati forse personaggi delle ronde che lo hanno abbattuto sul balcone del Lorraine Motel di Memphis il 4 aprile 1968 (certamente non sono state le forze organiche di polizia del suo Paese).
Attraverso l'esperienza della Lega noi stiamo notando un fenomeno che si sta verificando in questo Paese. Nel diventare ministri i leader di un partito secessionista non hanno smesso di essere secessionisti, ma realizzano la secessione attraverso le loro funzioni di Governo e questo è particolarmente grave, ed è particolarmente umiliante per quelli di noi che accettano con un tono di possibile discussione: ma vediamo un po', se non è una ronda si può fare qualcos'altro, si potrebbe avere una garanzia, si potrebbe forse fare un po' meglio.
La ronda è in sé elemento di distruzione dello Stato, negazione dell'autorità dello Stato, delle forze di polizia, dei carabinieri, della loro efficienza, della capacità di esserci (a confronto, poi, con la continua diminuzione di sostegno finanziario, organizzativo e logistico che le forze dell'ordine italiane continuano a partire). Noi abbiamo una polizia più debole e siamo qui a discutere l'assurdo. Vi rendete conto? In un Parlamento di una Repubblica democratica, nata nel 1945 dalla fine delle dittature peggiori che il mondo ha conosciuto, siamo qui a discutere se il nostro Paese debba avere le ronde! Niente di più umiliante, niente di più misero e - permettetemi - niente di più stupido, perché non può avere alcun rapporto con la sicurezza di alcuno.
È triste - devo dire - e desta meraviglia pensare che quella superstizione che anima la Lega (poco fa l'onorevole Tabacci ha dimostrato come cominciano presto le sciocchezze, come la traduzione in dialetto lombardo delle sedute della regione Lombardia), quelle idee claustrofobiche, quell'immagine di un Paese troppo misero per avere le sue Forze armate, per avere la sua Costituzione, per avere la sua Polizia, per avere i suoi Carabinieri, per avere la sua dignità di Stato che fa lo Stato, meraviglia che siano accettate come un fatto normale dai colleghi che hanno formato il partito del Popolo della Libertà, molti dei quali parlavano di nazione fino ad un istante fa. Meraviglia che vogliano le ronde loro che ci stanno dicendo che presto saranno il 51 per cento, che domineranno il potere politico del Paese, che saranno il Paese, che saranno la struttura politica del Paese. Meraviglia che non susciti costernazione, prima che indignazione, l'affermazione dell'onorevole Cota quando in quest'Aula dice: le case sì, ma per la nostra gente (Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania). Vi rendete conto della violazione volgare della Costituzione con questa frase: chi è la nostra gente? Io che sono nato molto più a nord di tutti voi...

GIANLUCA BUONANNO. Sei figlio di un imprenditore!

FURIO COLOMBO. ...mi sento molto più legato a Roberto Saviano che a Roberto Maroni, di cui mi vergogno. Mi vergogno nel senso che non ha scelto di essere il Ministro dell'interno degli italiani, ma insiste tragicamente nell'essere il Ministro dell'interno della Lega. È questo che chiedo ai miei colleghi. È questo che chiedo, insieme - credo, spero, voglio immaginare con tutto il cuore - con questo partito dalle cui file in questo momento parlo: che il Ministro dell'interno Pag. 46non possa essere il Ministro della Lega e che non si possa accettare niente della Lega sino a quando è contro lo Stato, per la divisione, per la spaccatura e per la secessione.
Ecco perché, signor Presidente, ritengo che sia importante non transigere neppure per un istante, neppure con una forma di accomodamento, neppure immaginando che vi possa essere una via di uscita, sulla questione umiliante e terrificante delle ronde. Tutti i Paesi che hanno conosciuto le ronde, hanno conosciuto violenza peggiore. Nessun Paese di vita democratica, a cominciare dall'America, ha o tollera o permette le ronde (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Dunque, nella solitudine della storia, siete fuori dell'Europa, siete fuori dei tempi moderni, siete fuori dall'oggi, siete fuori dalla cultura, siete soltanto nel profondo della mente claustrofobica di coloro che si sono perduti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

NICOLA MOLTENI. Vergognati!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, da questa mattina stiamo ascoltando alcune accuse anche nei confronti del partito del Popolo della Libertà. Sostanzialmente le accuse si riassumono in questo: state deliberando un provvedimento in cui siete sostanzialmente succubi della Lega; non credete in quelle che voi definite ronde, questo è diventato una sorta di unico momento di belligeranza.
Poiché con le parole non si gioca, e troppo si è giocato in questi giorni, mi chiedo: anzitutto, di cosa stiamo parlando? Di associazioni di volontari che esistono in questo Paese. Onorevole Colombo, il suo sdegno doveva voltarlo allora verso il sindaco Cofferati, quando ha adottato una delibera per pagarle! Il vostro sdegno dovevate rivolgerlo verso le regioni Piemonte e Sardegna quando hanno fatto le leggi regionali di sostegno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Sono enti gestiti dal centrosinistra, voi eravate al Governo, perché non avete...

FURIO COLOMBO. L'ho fatto anche allora!

NICOLA MOLTENI. Sta zitto, lascia parlare!

PRESIDENTE. Per favore, invito l'Assemblea alla calma. Prego, continui, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI. La ringrazio, signor Presidente. Per quale motivo, se c'era un tale sdegno, per quale motivo se queste associazioni di volontari erano così preoccupanti, il Governo Prodi non ha impugnato quelle leggi regionali per incostituzionalità di fronte alla Corte costituzionale?
Oggi quelle associazioni esistono, lo ribadisco, legittimate da leggi regionali di maggioranze di centrosinistra. Ora il problema è: una volta che esistono, cosa fa il Parlamento italiano? Fa finta che non esistano e se ne scorda, o cerca di dar loro criteri regolatori? Questo è il punto, questo ha fatto il Governo nel decreto-legge in esame, questo ha tentato e sta cercando di fare il Ministro Maroni che, onorevoli colleghi, non è il Ministro della Lega: è il Ministro dell'interno del Governo italiano. Politicamente, è il Ministro che rappresenta questa maggioranza, tanto la Lega quanto il Popolo della Libertà, in assoluto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Di questo stiamo parlando, e penso che sia assolutamente velleitario immaginare di costruire dighe, spartiacque o possibili conflitti: non vi sono, perché laddove si regola quanto esiste - e di questo stiamo parlando - non vi possono essere discussioni di sorta. Comprendo i diversi toni; diverso è stato il tono, per esempio, utilizzato stamani dal collega Vietti, quando ha proposto di discuterne in altro modo. Non vi era scandalismo nelle sue parole, vi era ricerca di attenzione, ed era una lingua ben diversa da quella che ha usato prima anche il collega Tabacci. Pag. 47
Io non mi preoccupo: a me preoccupa la criminalità, e dovrebbe preoccupare il Parlamento, non mi preoccupa se alcuni volontari decidono semplicemente di collaborare per l'ordine pubblico. Non è un problema. Cosa spaventa? Perché dovrebbe spaventarci il fatto che 30 persone girano per un quartiere? Non mi spaventa, non ho paura, penso che sia buona fede. Voi volete vederli esclusivamente come problemi politici, e non capisco - lo ribadisco - perché non li avete visti allo stesso modo e non avete avuto le stesse idee esattamente due anni fa. Non capisco perché non siete scesi in piazza o non avete richiamato i vostri amministratori locali. Non lo capisco, perché questo è un problema di indirizzo.
Colleghi, tutti abbiamo assolutamente la consapevolezza che all'ordine pubblico pensano le forze dell'ordine, gli uomini che in divisa rappresentano lo Stato, e anche su quelli stiamo cercando, con difficoltà, di dare una mano. Colleghi, come vedete la differenza è che noi in un momento di crisi economica la spesa per le forze dell'ordine l'abbiamo aumentata, voi nel momento di crescita economica l'avete purtroppo diminuita. Oggi ci tocca anche pagare due anni di debiti contratti dal Governo di centrosinistra (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, signor sottosegretario (visto che il Ministro non c'è), ringrazio l'onorevole Santelli, che ci ha fornito delucidazioni sulle attività svolte dal Governo, soprattutto in favore delle forze dell'ordine. Sono d'accordo con l'onorevole Santelli, quando dice che le ronde istituite per legge non sono un problema. Sono d'accordo quando dice che non potrebbero mai diventare una milizia fascista per il disordine sociale. Sono d'accordo quando si parla di sicurezza.
Ma dirò e darò alcuni dati, e su quelli penso che nessuno possa fare demagogia. In questo Paese, infatti, vi è una sicurezza vera e una sicurezza finta. La sicurezza vera è quella che risolve i problemi, è quella che è fatta dalle forze dell'ordine, da uomini professionali, da uomini formati, che fanno anni e anni di corsi, di formazione e di sforzi. La sicurezza che, invece, è finta è quella che fate voi: una sicurezza di spot, una sicurezza che creerà grandissimi problemi in questo Paese, una sicurezza fai-da-te, una sicurezza vaga, una sicurezza incostituzionale e una sicurezza che fa capo e farà capo, come avete previsto per le ronde istituite per legge, a strutture gerarchiche politiche e paramilitari.
Non so se vi rendete conto dei problemi che vi creeranno e di quello che accadrà in questo Paese; penso che ne vedremo delle belle. Credo poi che vi sia una sicurezza finanziata con i fondi, una sicurezza senza fondi, e addirittura una sicurezza a cui si tolgono i fondi: è semplicissimo.
Mi dispiace che non sia presente il Ministro, perché avevo intenzione di ricordargli i suoi dati, quelli che ha fornito alla stampa; mi dispiace anche che se ne sia andata l'onorevole Santelli, perché volevo dirle che l'informazione in questo Paese - specialmente quella di RAI1 - è veramente incredibile: si spaccia la coda contrattuale, che scadeva il 31 dicembre 2007 per il rinnovo contrattuale, cioè i soldi della coda contrattuale, finanziati dal Governo precedente, sono stati spacciati in televisione come i soldi per il rinnovo del contratto delle forze dell'ordine, scaduto nell'anno 2007. Un Ministro che non sa neanche di cosa parla è veramente incredibile. Quindi, nel 2007 vi è una coda contrattuale: voi date alle forze dell'ordine ciò che resta di quei soldi e poi dite che è stato stipulato il nuovo contratto. Ditelo anche alle forze dell'ordine, che anche l'altro giorno erano qui fuori a manifestare! Siete riusciti a mettere insieme tutti i sindacati delle forze dell'ordine contro di voi, per la prima volta nella storia della Repubblica, per la prima volta, è un fatto che dovete considerare bene. Pag. 48
Desidero fornire dei dati molto importanti. Il Ministro parla di risorse che sono state messe a disposizione delle forze dell'ordine; ebbene, queste risorse sono costituite dagli adeguamenti di legge per gli stipendi e per il rinnovo del contratto, non sono assolutamente delle risorse in più. Non solo: vi guardate bene dal parlare di investimenti, perché siamo ad investimenti pari a zero, cioè zero euro sono stati investiti in investimenti per le forze dell'ordine.
Parlate solo di spesa corrente; è chiaro, quest'anno è previsto il rinnovo del contratto ed è logico che dovrete dare qualche soldo alle forze dell'ordine. Questa sarà la differenza fra quello che dichiarate e quello che avviene.
Non è tutto qui, voglio fornire dei dati certi. Poco fa l'onorevole Donati, il nostro capogruppo, è stato veramente buono ed educato, poiché lui è una persona moderata e cerca sempre di attenersi alle logiche della correttezza. Lui ha già parlato dei poligoni e io desidero darvi alcuni dati: il poligono di Genova è fermo da due anni e il personale delle forze dell'ordine va a sparare a Novi Ligure; il poligono di Venezia non funziona da anni e il personale va sparare a Padova; dei poligoni di Vicenza ne funziona uno su due e lo stesso è per Alessandria. Potrei andare avanti tutto il giorno per farvi capire quanto vi preoccupate del problema delle forze dell'ordine.
Il fatto più importante, però, riguarda il munizionamento. Il Ministero dell'interno - proprio lei, signor sottosegretario, e il Ministro che non c'è - attraverso una sua comunicazione ha bloccato l'operatività dei tiratori scelti a Padova per tre mesi perché avevano le cartucce scadute e, in attesa di ottenere la fornitura, non hanno svolto servizio. Ciò non riguarda soltanto Padova, ma, allo stesso modo, anche altre realtà. Si sta parlando dei tiratori scelti della Polizia di Stato, una delle specialità più importanti. Per fortuna, i nostri tiratori non hanno ancora mai ucciso nessuno in Italia per servizio, ma, se dovessero farlo, al massimo gli tireranno dietro il fucile, perché non hanno le cartucce per sparare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)... La baionetta non ce l'hanno; la daranno ad altre forze di polizia, sicuramente non a quelle istituite per legge, magari alle ronde, nel prossimo provvedimento.
Vi dico qualcosa di molto importante: volete sminuire la funzionalità, la competenza e la professionalità delle forze dell'ordine e volete farlo, attribuendo 100 milioni di euro ad associazioni incostituzionali - non sono io a dirlo - che realizzeranno una sicurezza vaga e, così facendo, volete togliere questo denaro a quelli che sono i capisaldi della legalità, le forze dell'ordine.
Vorrei sapere, nonostante sia andato via, se il Ministro sappia quanti straordinari vengono pagati alle forze dell'ordine e come è strutturato il sistema del pagamento degli straordinari.
Signor sottosegretario, gli straordinari vengono pagati per un massimo di 9 ore al mese al personale delle forze di polizia. Dopodiché, si procede al riposo compensativo, ossia ogni ora in eccedenza lavorata viene compensata attraverso l'istituto, appunto, del riposo compensativo. È molto semplice. Date i soldi alle ronde per fare quello che dovrebbe fare la polizia se fosse pagata regolarmente attraverso l'attività di servizio. Questo la dice lunga su ciò che volete fare per la sicurezza.
Ma ciò che è importante è che il Ministro ha affermato: «assumeremo 2 mila agenti di polizia». Ebbene, i volontari in ferma breve e quelli in ferma prefissata aspettano da anni questo provvedimento e non dimenticate che cinquemila unità andranno in pensione. Pertanto, il personale è sicuramente sotto organico, anche considerando le nuove assunzioni.
Mi auguro che con quel provvedimento pasticciato che avete adottato troverete, finalmente, la possibilità di inserire questi ragazzi che aspettano da anni, ossia i volontari in ferma breve - lo ripeto - e i volontari in ferma prefissata. Si tratta di persone che hanno vinto il concorso statale e che aspettano di essere assunte. Pag. 49
Inoltre, ritengo che dovrete fare degli stanziamenti e trovare anche risorse adeguate per riconoscere la specificità delle forze dell'ordine. Questo è un Paese strano. Si riconosce la specificità delle ronde permettendo ai sindaci, ai politici, ai cittadini e a chiunque lo voglia di utilizzare questo sistema, e poi non si riconosce la specificità delle forze dell'ordine. Questa viene riconosciuta per legge, ma poi non è finanziata per il personale delle forze dell'ordine.
Non parliamo, inoltre, della mortificazione, per le forze dell'ordine, in ordine alle intercettazioni.
Credo che questo disegno di legge sarà disastroso. Ho anche sentito parlare, da parte del Ministro, del miglior controllo del territorio. Ebbene, attraverso comunicazioni ministeriali avete bloccato l'operatività dei tiratori. Mi riferisco al personale che non spara da anni e, se fossi il Ministro, invierei una relazione alle questure per sapere come mai avviene questo e cercherei di capire e non di sorridere, perché sorridendo si va ben poco lontani.
Vorrei anche aggiungere un'altra considerazione. Abbiamo rivolto, come Italia dei Valori, un'interrogazione proprio in ordine al territorio, un anno fa, e relativa al questore di Como. Il questore di Como ha tolto dal servizio operativo un funzionario. Ebbene, 15 parlamentari dell'Italia dei Valori hanno chiesto al Ministro dell'interno di capire perché è avvenuto ciò. Tuttavia, è un anno che attendiamo la risposta.
Mi auguro, signor sottosegretario - ma avrei preferito dirlo al Ministro - anche se non sapete cosa rispondere o cosa fare, che al più presto arrivi questa risposta, per sapere cosa sta facendo un questore della Repubblica che opera sul territorio. La pregherei, naturalmente, quando vorrà e nel rispetto dei suoi tempi (visto che è già passato solamente un anno!), di rispondere perché farà cosa gradita sia a me sia agli altri parlamentari che le hanno rivolto l'interrogazione.
Peccato che il Ministro sia andato via perché avrei voluto chiedergli anche della problematica relativa agli affitti degli immobili. Questa realtà sta diventando una prassi. Avete decine, anzi centinaia di amministratori che cercano di farsi pagare gli affitti e, addirittura, in alcuni luoghi si assiste alla vergogna di vedere l'ufficiale giudiziario che procede allo sfratto di uffici e di caserme, nei confronti delle forze dell'ordine. Credo che questo sia un fatto molto grave. Si informi, signor Ministro, e rivolga la sua attenzione a queste vicende invece di preoccuparsi di finanziare le ronde.
Credo che si tratti di questioni importanti. Guardi agli appalti e alle problematiche che hanno le forze dell'ordine per le pulizie, per il contratto delle mense e per le missioni, perché anche lì mancano i soldi. Guardi questi fatti, invece di preoccuparsi di altro! Pensi agli alloggi di servizio e a varare una politica della casa per il personale che viene trasferito d'ufficio e va in sedi molto disagiate, e tenga presente che non vi è una norma per questo.
Pensi all'approvvigionamento dei magazzini Veca e a tutto quello che riguarda il vestiario delle forze dell'ordine e, soprattutto, alla problematica dei giubbotti antiproiettile. L'ultimo agente di polizia rimasto ucciso durante il servizio - e questo mi dispiace - a Genova per una semplice lite, se avesse avuto un giubbotto antiproiettile di ultima generazione (che pesa 800 grammi e non cinque chili, come quelli che hanno le forze di polizia), forse si sarebbe salvato e forse giornalmente si salverebbe anche la vita di molti altri operatori.
Si preoccupi del personale delle forze dell'ordine e della sua tutela per quanto riguarda il pagamento dell'avvocato. Ancora oggi devono subire l'onta di essere denunciate e di non avere la difesa, attraverso la procedura ministeriale, di un avvocato che quindi le tuteli in determinati contesti. Credo che siano queste le problematiche che riguardano le forze dell'ordine: questa mattina si sarebbero aspettate di sentire parlare delle suddette problematiche, anziché di ronde. Pag. 50
Inoltre, pensi alla problematica delle sale operative comuni. La riforma è stata varata nel 1981 con la legge n. 121 che prevedeva le sale operative comuni. Sono passati molti anni e ancora questo personale opera per competenza operativa con radio e uffici diversi. Credo che nel 2009 e nel 2010 bisognerà cercare di risolvere questo problema, come bisognerà che vi informiate sulla competenza operativa per zone che avete creato, per cui, all'interno del sistema operativo del 113 e del 112, una parte è di competenza dei carabinieri ed un'altra della polizia.
Queste sono le problematiche che la gente vuole che si risolvano. Vuole capire da voi come farete a preoccuparvi di temi così importanti e che creano tensione all'interno delle forze dell'ordine, ma anche della cittadinanza. Nel provvedimento avremmo voluto anche che il Ministro risolvesse il problema del carcere; perché «no»!. Si tratta di un problema che crea disagio, allarme e tensione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI PALADINI. Come ho detto, non mi andava di fare proposte non supportate da dati tecnici. Naturalmente non avrò risposta come al solito, perché non volete una sicurezza vera, ma una sicurezza finta e fatta di spot, che è quello che naturalmente poi la gente si merita (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vassallo. Ne ha facoltà.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, siamo purtroppo di nuovo di fronte ad un'operazione di «taglia e cuci» legislativo in cui si mescolano varie cose, tutte in qualche modo (almeno nei tempi) messe insieme a fini propagandistici che, nell'insieme, hanno poco o niente a che fare con i requisiti di necessità ed urgenza stiracchiati, ormai come sappiamo ripetutamente, dal Governo.
Non hanno a che fare con questo principio - sostanzialmente anche per ammissione del Governo - le norme che riguardano la violenza sessuale e gli atti persecutori che, comunque, è molto importante che vengano introdotte tempestivamente nel nostro ordinamento. Dico che lo ha dimostrato il Governo, perché, quando il gruppo del Partito Democratico chiese che fossero introdotte nel primo decreto sicurezza, ci fu risposto che sarebbero passate attraverso provvedimenti ordinari con disegni di legge che pure sono stati presentati all'esame delle Camere; hanno fatto una buona parte della loro strada, sono state sufficientemente elaborate (tanto da essere sul punto di essere approvate), ma poi, per qualche ragione, sono state tagliate ed incollate in questo provvedimento.
È difficile immaginare che abbiano a che fare con la necessità e l'urgenza le norme di contrasto all'immigrazione clandestina e di controllo sul territorio, almeno se si prende per buona l'idea che questo Governo e quelli di centrodestra, che lo hanno preceduto a partire dal 2001, abbiano considerato questi due argomenti (il contrasto all'immigrazione clandestina e il controllo del territorio) come i loro fari e priorità nella loro agenda. Invece, ancora una volta, piccoli pezzi e provvedimenti di un disegno che non c'è vengono mescolati insieme, con l'esito che su nessuno di questi argomenti abbiamo l'idea che vi sia una politica coerente. L'insieme può essere in qualche modo rappresentato da questa lunga proposizione: la propaganda e la fretta fanno superare la misura oltre la quale viene meno lo Stato liberale di diritto senza risolvere i problemi.
Non tutte le norme contenute in questo decreto-legge sono ugualmente discutibili, anzi quelle che riguardano l'inasprimento delle pene e il contrasto ai reati a sfondo sessuale e gli atti persecutori sono certamente apprezzabili, ancorché abbiano qualche problema che mi limiterò a segnalare rapidamente e, soprattutto, manchino di un quadro più complessivo di tutela a sostegno delle vittime di questi reati.
È opportuno, ad esempio, che nell'articolo 1 venga inasprita la pena riguardo ai Pag. 51casi nei quali atti di violenza sessuale e persecutori siano il prodromo e siano collegati al reato d'omicidio. In quest'ultimo caso viene previsto l'ergastolo, anche se forse sarebbe opportuno che questo collegamento venga reso più nitido e cioè che sia chiaro che l'aggravante, che porta all'ergastolo in caso di omicidio, sia riferita a fatti effettivamente e chiaramente collegati con l'omicidio e non puramente contestuali.
Così come è utile che l'articolo 2 indichi ancora una volta una forma preventiva più severa in questi casi. Però, in questo caso l'obbligo della carcerazione a fini di custodia cautelare per chi è indiziato di reati odiosi a sfondo sessuale e, in particolare, sui minori pone un problema piuttosto serio di costituzionalità, che è stato rilevato dal Consiglio superiore della magistratura. Il CSM, infatti, nella sua nota ci ha ricordato che questo obbligo alla carcerazione preventiva non è presente nel nostro ordinamento se non in un caso molto specifico, che è quello riferito ai reati di tipo mafioso, laddove la ratio di questa norma, cioè l'obbligo in capo a chi conduce le indagini (al giudice) di consentire la carcerazione è data dalla necessità di sottrarre chi conduce le indagini (il giudice) alla pressione ambientale che potrebbe derivare appunto dalle organizzazioni mafiose. Qui invece non c'è alcuna plausibile ragione per non lasciare alla discrezionalità dell'azione della magistratura questa scelta.
Così come all'articolo 3 è opportunamente prevista una limitazione della concessione dei benefici carcerari in presenza dei reati odiosi del tipo che ho già citato; però, non è chiaro, perché poi questa limitazione della concessione dei benefici carcerari debba venir meno se è escluso un collegamento con criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
Infine, vorrei soffermarmi molto rapidamente sugli aspetti che non riguardano gli elementi più problematici di questo decreto-legge. È molto bene che gli articoli dal 7 al 10 introducano il reato di stalking e, quindi, nel nostro ordinamento una serie di fattispecie e di istituti che facilitino il perseguimento di questo genere di reati.
Rimane il fatto che, proprio perché si è deciso (o forse anche perché si è deciso) di scomporre questi provvedimenti da un disegno più complessivo, non esistono in questo provvedimento norme e strumenti per il sostegno alle vittime e il Fondo per la lotta alla violenza contro le donne, che nel 2008 era apprezzato in 20 milioni di euro e oggi ridotto a 3.
Dunque, purtroppo, di questi argomenti temo che non avremo occasione di discutere per il modo in cui si svolgerà il lavoro parlamentare, a causa del fatto che nel decreto ci sono due norme molto problematiche, tutte e due segno di una certa politica per l'immigrazione e per la sicurezza.
La prima, contenuta nell'articolo 5, estende il limite temporale entro il quale può essere ristretta la libertà personale di individui immigrati non regolari all'interno dei centri che questo Governo e questa maggioranza hanno voluto chiamare di identificazione e di espulsione. A questo riguardo devo dire che sono state poste critiche per la durata della restrizione della libertà personale e penso che sia un problema serio, anche se non mi pare che palesemente contraddica né quanto è contenuto nella sentenza n. 105 del 2001 della Corte costituzionale - su cui sarebbe opportuno soffermarsi per alcuni suoi contenuti - né quanto è contenuto nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 115 del 2008, in quanto quella direttiva effettivamente prevede che ciascuno Stato membro possa stabilire un periodo limitato di trattenimento che non può superare i sei mesi.
Pertanto saremmo entro tale limite, ma questa stessa direttiva chiarisce anche in maniera molto puntuale quali sono i casi nei quali può esser utilizzato questo strumento: gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un Paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio o effettuare l'allontanamento, in particolare Pag. 52quando sussista un rischio di fuga o il cittadino del Paese terzo eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento, quindi solo quando c'è un pericolo di fuga o quando i cittadini in questione di Stati terzi siano attivamente impegnati ad evitare il rimpatrio o l'allontanamento. Invece, nel decreto si dice che questo trattenimento può continuare anche in caso di ritardo nell'acquisizione di documenti necessari all'espulsione, cioè anche quando vi siano cause che sono del tutto indipendenti dalla volontà o dai comportamenti del soggetto da espellere. È del tutto evidente che in questo modo si superano i limiti dello Stato di diritto e la tutela di diritti fondamentali delle persone che certamente non possono essere fatti valere in maniera diversa per cittadini italiani e per cittadini che non sono italiani.
Infine, è semplicemente offensivo nei confronti delle forze dell'ordine di questo Paese che si ritenga di risolvere i problemi gravi nei quali si trovano le forze dell'ordine italiane in questo momento - che sono stati esposti in maniera molto analitica dai colleghi che mi hanno preceduto, in particolare dall'intervento che mi ha immediatamente preceduto - supponendo che questi problemi possano essere risolti con una reintegrazione dell'entità di fondi finanziari come quella prevista all'articolo 6. È ugualmente offensivo che si possa ritenere che i problemi dell'ordine pubblico siano risolti con il cosiddetto supporto di cui le forze dell'ordine dovrebbero godere attraverso la formalizzazione dell'istituto delle cosiddette ronde.
La politica della sicurezza richiede parole autorevoli e mano ferma in grado di dare fiducia, prestigio, efficienza e credibilità alle forze di polizia.
Questo è ciò che credo le forze di polizia chiedano ed è uno dei pochi momenti nella storia politica italiana nel quale anche tra le forze di polizia (presso cui noi sappiamo che esiste una certa propensione, una certa fiducia nei confronti dei Governi e delle maggioranze di centrodestra) si percepisce palpabilmente la sensazione che questa mano ferma e autorevole non esista, che anzi ci sia una mano tremolante che usa provvedimenti propagandistici per rassicurare, senza riuscirci, i cittadini, come quello dei militari nelle strade o delle ronde padane istituzionalizzate con le forze di polizia costrette ad un ulteriore coordinamento con personale non adeguatamente addestrato.
L'istituzione, la formalizzazione per legge delle ronde pone almeno tre seri problemi. Il primo è quello che ho citato: le proteste dei sindacati di polizia rendono del tutto evidente che questo provvedimento anziché rafforzare la fiducia, il prestigio e la convinzione di svolgere un lavoro per il Paese da parte delle forze di polizia, aumenterà il grado di disillusione, di disincantato e di amarezza che già cominciamo a registrare. In secondo luogo, questo istituto deroga pericolosamente al principio fondativo di qualsiasi moderno Stato di diritto secondo cui la sicurezza dei cittadini è affidata in maniera esclusiva a corpi di funzionari pubblici appositamente addestrati e sottoposti a rigorosi codici di condotta. Invece noi a chi attribuiremmo parte di queste prerogative? Dobbiamo chiederci quali tipi di persone darebbero o daranno la loro disponibilità a costituire le associazioni di cui stiamo parlando.
La risposta, cari colleghi, l'ha data l'onorevole Bocchino il quale, in maniera molto edulcorata naturalmente, ci ha spiegato perché è necessario legiferare in questa materia e quindi regolamentare per legge realtà che già esistono. L'onorevole Bocchino - lo suggerisco a chi non è stato attento, mentre svolgeva la prima parte del suo intervento - ci ha detto che bisogna regolarizzarle perché si sa che queste persone sono inadatte, non sono preparate a svolgere il mestiere, la finalità che dicono di voler perseguire, perché non sanno come gestire i casi critici, quali sono le fattispecie di reato e anche perché sono inadatte psicologicamente. Se si rilegge il testo questo lo si capisce, perché magari sono persone che tendono a percepire in maniera troppo intensa certi casi, e in maniera insufficientemente intensa altri Pag. 53casi. L'onorevole Bocchino ha usato parole che adesso non so riportare in modo preciso, ma chi rileggerà il suo intervento potrà comprendere.
Io userei forse parole un po' più dure, meno edulcorate: è del tutto plausibile che questa norma finisca per attribuire funzioni di controllo del territorio, nel migliore dei casi, a degli sprovveduti che intralciano il lavoro delle forze dell'ordine, nel peggiore dei casi a militanti politici eccitati ed eccitabili, a gruppi settari segnati da pesanti pregiudizi razziali, ora peraltro messi in regola e a contratto da sindaci per lo più inclini ad assumere atteggiamenti populistici.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SALVATORE VASSALLO. Ebbene, l'argomento che questo genere di istituto sia stato già utilizzato in regioni e comuni italiani governati dal centrosinistra è stato confutato già dalla collega Lenzi la quale ha spiegato in maniera analitica quale diversa natura abbiano gli interventi legislativi dell'Emilia Romagna e le iniziative delle amministrazioni comunali, tra cui quella di Bologna. Rimane quindi alla fine un interrogativo che peserà sulla maggioranza. Sappiamo qual è la motivazione, quali sono le ragioni propagandistiche e la cultura di fondo che guida la Lega in questo genere di proposta; vorremmo capire quali sono le motivazioni che giustificano, da parte di altre componenti del centrodestra, un voto favorevole per questo genere di iniziative, se da parte del Popolo delle cosiddette Libertà si continuerà a far finta di non vedere che ci sono iniziative legislative che fanno la differenza tra immigrati e non su diritti fondamentali dell'uomo, se si continuerà a non vedere che vi sono iniziative che ledono nei suoi cardini lo Stato di diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo, non tanto in toni polemici perché non credo che questo sia importante, ma molto pacatamente, in risposta a quanto affermato dall'onorevole Colombo.
L'onorevole Colombo compie due operazioni. La prima è che cerca di rifare quella convenzione ad excludendum che aveva in qualche modo escluso il Movimento sociale. Ci prova da anni: l'arco costituzionale vale per tutti tranne per la Lega. In qualche modo vi sono stimmate e un qualche motivo per cui la Lega deve essere esclusa dal consesso nazionale. Ovviamente l'onorevole Colombo discute di queste cose in posti che difficilmente noi frequentiamo: nei salottini buoni della sinistra, con il maglione di cachemire e con armagnac molto pregiato. Noi, invece, di solito discutiamo magari nelle vecchie case del popolo, in quanto voi non ci andate più e quindi incominciamo ad andarci noi. Ma questa è una nota polemica.
Incominciamo a dire però che quest'operazione non funziona ed è anche un'operazione antropologica, perché l'onorevole Colombo fa un quadro ben preciso dei leghisti che forse non conosce bene. Prima di tutto dal punto di vista storico la Lega è un partito post ideologico e nasce al di fuori delle contrapposizioni comunismo-fascismo. Lo dico personalmente, perché quando l'onorevole Colombo ricorda le squadracce e ci vuole riportare su un terreno che non è il nostro, compie un'operazione sbagliata. Personalmente sono figlio di un partigiano che è stato fatto prigioniero dai nazisti e questo continuare a ricordare (o a metterci in una parte che storicamente non ci appartiene) mi irrita personalmente. Credo che l'onorevole Colombo non compia una buona operazione nei confronti della verità storica. Stia tranquillo, questa divisione tra comunismo e fascismo noi non ce l'abbiamo. Guardi magari qualche cosa storicamente presente negli armadi del vecchio Partito Comunista.
La seconda operazione antropologica del collega Colombo è sempre quella di dipingere il leghista come qualcuno che si muove solamente con la pancia, razzista, egoista e quant'altro. Può darsi. Intanto Pag. 54dovrebbe riconoscere che tutti gli umori di esclusione nel Paese, di sentirsi passare davanti dagli extracomunitari, di vedere che in qualche modo gli ultimi della fila sono sempre i padani e gli italiani, avrebbero potuto generare qualcosa di peggio.

RENZO CARELLA. Ci vada lei a fare il manovale!

MASSIMO POLLEDRI. In altre parti d'Europa questi umori hanno generato cose virulente che, invece, non hanno generato da noi. La Lega è un partito democratico che ha ottenuto queste istanze democraticamente e le ha portate democraticamente nelle sale dei consigli comunali e quant'altro.
Farò due esempi. Uno riguarda Gentilini, su cui voi continuate a far battute, anche se ovviamente nei salotti non si fanno battute, perché se qualcuno fa una battuta in qualche modo è razzista e becero. Allora andate a vedere che in Italia la provincia dove l'integrazione è migliore tra extracomunitari e padani e italiani è quella di Treviso dove ci sono le case in cui gli extracomunitari possono abitare. Questo anche grazie a Gentilini che viene sempre citato.
Quindi, questo modello antropologico è sbagliato. La Lega, infatti, è un partito federalista ed identitario e quando noi parliamo di identità parliamo anche dell'identità cristiana e laica che ci è propria. Mi riferisco alla difesa delle radici cristiane e anche in qualche modo all'universalismo e all'intento missionario che è proprio di quell'identità.
Vi chiederete cosa c'entriamo noi con tutto questo. C'entriamo. In passato la Lega ha promosso l'associazionismo padano che è nato e cammina con le sue gambe.
Faccio solamente l'esempio di un'associazione, l'Umanitaria padana onlus, che nasce nel 1999, di cui noi siamo i principali benefattori. Tanti altri, anche di altri partiti, sono benefattori, ma essa nasce da un'idea di alcuni leghisti, in particolare di Umberto Bossi. L'Umanitaria padana onlus, che ha sede negli uffici di via Bellerio, cui noi magari diamo un aiuto con la struttura logistica, intende aiutare i popoli a casa loro. Vi dirò solamente alcune cose: guerrieri per la pace, sei missioni in Iraq, una scuola professionale per infermiere in Iraq, missioni in Sri Lanka, tre orfanotrofi ricostruiti, laboratori artigianali, strutture sanitarie sempre in Iraq. Si tratta di tonnellate di aiuti umanitari, in Afghanistan, dove è stato ricostruito l'ospedale di Herat, in Darfur e in Sudan, di cui tanto parliamo, ma per cui alla fine facciamo poco.
Questa associazione umanitaria, che forse appartiene ad un'altra parte antropologica, che l'onorevole Colombo non riesce a vedere, ultimamente ha svolto quattro missioni, oltre alle tonnellate di aiuti, alle borse di studio e alle officine che vengono realizzate. Sono state create strutture per i ragazzi di strada di Taiba, realizzati due centri polivalenti per i padri comboniani in Darfur e scuole, sono state messe a posto chiese. A Khartoum, c'è un progetto per la realizzazione di nuove scuole con sedici aule nelle parti più povere, in Kosovo sono stati aiutati e ricostruiti il patriarcato serbo, scuole e officine. La stessa cosa è stata fatta in Libano, in missioni insieme all'UNIFIL. Potrei citarne altre.
Ciò semplicemente non per dire che ci sono degli eroi o persone che hanno una medaglia, ma per correggere lo stereotipo che viene sempre portato avanti in qualche modo. La Lega è un partito che sicuramente parla alla pancia delle persone, ma è un movimento identitario e all'interno di questa parte identitaria non può essere confusa con un passato e con i vostri giochi ideologici. Non può essere confusa con qualcosa che non riconosca anche il diritto e il dovere dei padani di gestire la solidarietà e questa eredità universalistica, di cui noi siamo orgogliosi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

Pag. 55

GUIDO MELIS. Signor Presidente, mi è già capitato in Commissione giustizia di svolgere un'osservazione che risale in parte al mio vecchio mestiere di storico dell'amministrazione pubblica. Nella storia della pubblica sicurezza dell'Italia unita non esistono precedenti che possano essere comparati davvero all'istituzione di queste associazioni di volontari, come previste dall'articolo 6 del decreto-legge che ci accingiamo a convertire. La ragione è facilmente spiegabile: il passaggio dall'ancien régime allo Stato costituzionale ha comportato, anche nel nostro Paese, durante l'Ottocento, la scomparsa, la totale emarginazione, di quel sistema delle polizie private, dei corpi separati legati alla struttura della società per ceti, insomma delle compagnie armate di «bravi» manzoniani, che erano tipiche degli Stati precostituzionali.
Lo dimostrano studi anche recenti. Citerò solo quelli promossi e pubblicati presso l'università di Milano dal professor Livio Antonielli e dal suo gruppo di lavoro. La vicenda storica del monopolio della forza e in essa dell'esercizio esclusivo delle funzioni di pubblica sicurezza si iscrive nella più vasta esperienza dello Stato moderno e fa parte integrante di quel vasto processo storico per cui i cittadini delegano allo Stato, sulla base di un preciso patto costituzionale, tali delicatissimi compiti. Lo Stato, naturalmente, può trasferirli per delega agli enti che un tempo si chiamavano minori (naturalmente uso una vecchia nomenklatura e me ne scuso), per esempio attraverso la creazione di polizie municipali, eventualmente anche armate. Però, il principio universalmente affermato, almeno nell'Europa del diritto, è che i corpi preposti alla tutela della sicurezza debbono essere appositamente selezionati dallo Stato, secondo criteri precisi e professionalmente addestrati, in rapporto alle funzioni delicatissime che sono chiamati a svolgere.
In ciò sta una precisa garanzia del cittadino, che nella neutralità ed imparzialità - sottolineo questi due sostantivi: neutralità e imparzialità - di simili procedure può ben riporre la propria fiducia.
Le eccezioni a questo principio, anche se non volete sentirvelo dire, sono solo le polizie di partito; sono le polizie nate dai partiti eversivi del Novecento, poi travasate nello Stato, come - è già stato detto altre volte - accadde nel 1923 con la milizia mussoliniana, che giurava fedeltà al duce e si prefiggeva come scopo la difesa della cosiddetta rivoluzione fascista.
Ma voi dite che qui non si tratta di corpi armati, bensì di buoni cittadini desiderosi di assicurare la sicurezza delle proprie contrade e di difendere le loro case e le loro famiglie; per la verità, il testo dell'articolo 6 è tutto un contorcimento semantico, tutto un dire e non dire, quasi che i suoi estensori si volessero nascondere dietro l'ambiguità delle parole.
Si dice che i sindaci, previa intesa con il prefetto, possono avvalersi della collaborazione di associazioni di cittadini non armati al fine di segnalare alle forze di polizia dello Stato o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale.
Confusa l'attribuzione: sono evocati tutti insieme il sindaco e il prefetto, poi, però, si tratta di aiutare la polizia, laddove quest'ultima, cioè il questore, è l'unica a non avere diritto di parola. Confusissimo l'oggetto: eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Il campo, come si vede chiaramente, è sterminato e indeterminato.
Le associazioni, precisa subito dopo il testo, sono iscritte in un apposito elenco tenuto a cura del prefetto, previa verifica dei loro requisiti. Ma quali requisiti? Accertati come? Questi requisiti non sono previsti nella legge. Si privilegiano gli ex componenti in congedo delle forze dell'ordine o delle Forze armate; una specie di richiamo in servizio, dunque, che ricorda un antico modello circolato in Europa, quello prussiano, adottato nella Germania guglielmina.
So che in Germania i veterani finivano a fare i postini; qui, invece, fanno le ronde notturne. Qualche collega dice che non si Pag. 56tratta di nient'altro che di volontariato sociale, gente che va in giro la notte a sostenere i bisognosi.
Sul punto, leggo anche dichiarazioni tranquillizzanti del capo della polizia, il dottor Manganelli, ma registro anche un'unanime condanna di tutti i sindacati delle forze dell'ordine, senza alcuna distinzione di parte, e le critiche di autorevolissimi prefetti. Registro il dissenso del CSM, la dura presa di posizione delle associazioni dei magistrati e una serie interminabile di critiche di esperti, operatori sociali e associazioni.
Del resto, anche davanti a questo palazzo, le associazioni dei tutori dell'ordine si sono già espresse contro le ronde. Un fronte del «no» che va ben oltre la nostra parte, ben oltre l'opposizione rappresentata in Parlamento, e che si nutre di motivazioni difficilmente liquidabili come strumentalizzazioni politiche.
Negli anni scorsi mi è capitato, colleghi, per ragioni professionali, di lavorare a stretto contatto con le scuole di formazione della pubblica amministrazione. Sono stato docente stabile della Scuola superiore della pubblica amministrazione, membro del comitato direttivo della Scuola dell'amministrazione dell'interno, più raramente ho lavorato anche per la Scuola superiore di polizia con compiti di docenza.
Ebbene, ho imparato in quelle circostanze, e l'ho imparato dai prefetti, dai tutori dell'ordine e dagli esperti, che il tema dell'ordine pubblico, specialmente in presenza di una forte emergenza legata all'immigrazione, rappresenta non solo in Italia, ma ormai in tutta Europa, terreno per professionisti appositamente preparati e non per dilettanti allo sbaraglio.
Non stiamo affatto parlando, infatti, ed è bene che ce lo leviamo dalla testa, di far passeggiare per le strade delle nostre città, nel cuore della notte, comitive di volenterosi desiderosi di fare due passi prima di andarsene a dormire.
Stiamo parlando di vere e proprie squadre, reclutate, pare di capire, in base a domande coordinate dalle forze politiche; squadre che in certe zone del Paese sarà difficile per i sindaci non istituire, perché saranno pressati sino al punto di doverlo fare, e difficilissimo per i questori e le autorità di polizia controllare.
Mi permetto una parentesi rivolta all'onorevole Santelli, che non è in Aula: guardi, onorevole Santelli, che in Sardegna le ronde non esistono, glielo posso assicurare, in nessuna città e in nessun paese; è una falsa notizia, l'hanno ingannata. Esistono, forse lei li confonde, i barracelli, un antico istituto dell'età premoderna, che si radica soprattutto nella storia della Sardegna rurale e che agisce soprattutto per prevenire e per reprimere il furto di bestiame, ma appartiene a un'altra storia, a un'altra vicenda, se mi consente, anche ad altri codici.
Qui si parla invece di ronde della Lega, di ronde della destra fascista, e chissà di quali altre formazioni partitizzate. A Roma, nei giorni concitati dello stupro della Caffarella, quando un'incauta indagine sommaria aveva sbattuto in galera due innocenti lasciando a piede libero due colpevoli, una ronda promossa dall'onorevole Starace - mi correggo, Storace - è venuta in conflitto con i custodi del parco della Caffarella, dove pretendeva di effettuare un pattugliamento notturno a suo piacimento, e si è reso necessario quella notte l'intervento della polizia vera a rimedio dei danni prodotti dalla polizia falsa e improvvisata.
E nel Sud (l'hanno detto in molti colleghi del Meridione), nelle grandi regioni del Paese a rischio di mafia e di camorra, come eviteremo le infiltrazioni, come potremo evitare di legalizzare attraverso le ronde le organizzazioni criminali?
E poi, scusate: come vigileranno questi «vigilantes»? Presumo non solo mostrandosi la notte attraverso esibizioni muscolari, ma fermando i sospetti, forse chiedendo loro i documenti, certamente anche intervenendo fisicamente in casi di emergenza; squadre certo dotate di apparecchi per parlarsi a distanza, coordinate, si spera, dalle forze di polizia regolari, ma comunque dotate di una certa autonomia di azione e di reazione sul territorio; presumo anche capitanate Pag. 57da qualcuno (è un aspetto molto delicato, che nessuno ha toccato), qualcuno che eserciterà un'influenza psicologica, perfino un potere sui membri delle ronde; con membri non retribuiti, ma già si parla di eventuali finanziamenti esterni, di sponsor, e tremo al pensiero di chi potrebbe finanziarle, queste ronde, specialmente in certe regioni del Paese in mano ai poteri criminali.
E chi aderirà a questa forma di pattugliamento notturno? Non dico nei piccoli centri, dove tutti si conoscono, ma nei grandi e medi centri urbani, dove esiste, nella generale separazione degli individui, nell'assenza della comunità, una manovalanza disponibile, strumentalizzabile, e non propriamente composta di tranquilli padri di famiglia.
Pensateci, colleghi, pensateci bene: mi immagino, signor Presidente, se fossi un cittadino straniero, magari anche regolarmente immigrato in Italia, magari a posto con la coscienza e coi documenti, e se per qualunque caso mi imbattessi di notte in una di queste ronde, se non conoscessi bene la lingua, se fossi abbigliato in modo da risultare agli occhi della ronda come un irregolare, come un sospetto, se si fosse verificato nei pressi qualche reato, o comunque esistesse una presunzione di reato, a me estranei ma addossabili alla mia responsabilità...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Melis: devo reiterare l'invito a non fare riunioni sui banchi del Governo, e a non sedersi al posto del Presidente del Consiglio. Più tardi, è ancora troppo presto; più tardi, forse. Prego, onorevole Melis, continui.

GUIDO DUSSIN. Bravo professore!

GUIDO MELIS. Se si fosse verificato nei pressi qualche reato, dicevo, o esistesse la presunzione di un reato, estranei a me ma addossabili alla mia responsabilità in base ad un procedimento logico grossolano secondo il quale gli stranieri, specialmente se marginali, per questo solo fatto sono potenziali delinquenti. Immagino l'incontro tra me straniero e questa ronda, composta di persone, magari anche in buona fede, possiamo ammetterlo, ma che si arrogano il ruolo di tutori supplenti dell'ordine pubblico, di cittadini più cittadini degli altri. Naturalmente di un ordine pubblico inteso secondo i propri parametri culturali, diciamolo pure: anche secondo i propri pregiudizi politici; pregiudizi oggi purtroppo molto diffusi in Italia, perché non stiamo parlando di un Paese di fantasia, stiamo parlando dell'Italia del 2009, dove sappiamo quali fermenti, quali umori, anche umori pericolosi circolino, all'interno della cultura italiana in questo momento. Immagino una tale situazione, e rabbrividisco.
Andiamo incontro, in Italia, come in tutto il mondo occidentale, a grandi trasformazioni sociali, di costume, culturali, che la crisi in atto ci restituirà probabilmente ancora più drammatiche e radicali, e le politiche della sicurezza pubblica ne saranno inevitabilmente investite. Già lo sono sin d'ora, visibilmente; è un terreno delicatissimo, ed in tale delicatissimo contesto voi lanciate quest'idea-manifesto delle ronde, mentre tagliate, come è stato ripetutamente detto, i fondi per la Polizia di Stato, riducete le volanti in giro per la città, fate mancare la benzina per muoverle, riducete ovunque la forza pubblica su strada, bloccate i concorsi di accesso, lasciate che le carceri esplodano per eccesso di detenuti, tagliate la medicina carceraria, tagliate la psichiatria dedicata al carcere, tagliate gli educatori penitenziari.
Sono facile profeta se dico che l'applicazione delle ronde ne rivelerà l'inutilità certamente ma, temo, anche la pericolosità. Constato che in tanti anni di vita democratica, pur in presenza della guerra fredda e di conflitti anche molto acuti tra le forze politiche quali abbiamo vissuto negli anni della Repubblica, nessuno - dico nessuno - aveva mai pensato a niente di simile: che voi oggi lo abbiate pensato è il segno di un degrado politico e costituzionale che non può non preoccupare chiunque in Italia creda ancora alla democrazia. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 58

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Melis. Avverto che, con riferimento all'emendamento Bernardini 6.1, il primo firmatario deve intendersi l'onorevole Soro, mentre il secondo firmatario deve intendersi l'onorevole Franceschini. Se non vi sono obiezioni da parte dell'Aula sospendiamo adesso i nostri lavori fino alle ore 15. Prendo atto che non vi sono obiezioni, pertanto così rimane stabilito.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,30).

GIANPIERO BOCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, ne approfitto per portare alla conoscenza di quest'Assemblea e del Presidente una situazione che si sta facendo sempre più complicata, difficile e che va a riguardare e a toccare i principi fondamentali della democrazia nel nostro Paese.
Approfitto della presenza del Ministro Maroni per ricordare in quest'Aula che ci troviamo di fronte ad un atto che il Ministero dell'interno sta per consumare e che ha comunicato con nota che non ha precedenti nella storia democratica di questo Paese alla prefettura di Perugia, che a sua volta lo ha notificato al comune di Perugia: il Governo intende impedire ai cittadini di Perugia, il prossimo 6 e 7 di giugno, di votare per il rinnovo delle circoscrizioni.
Dico questo perché si tratta di un atto, pur riconoscendo al Ministro la disponibilità al confronto (così come vi è stato questa mattina in maniera non ufficiale), di una gravità senza precedenti, anche alla luce del provvedimento sul federalismo che è stato votato in quest'Aula.
Mi chiedo - e chiedo al Ministro e al Governo - com'è possibile che il Governo del Paese intenda sostanzialmente portare a compimento un orientamento che non consente di svolgere elezioni democratiche in una città capoluogo di regione; soprattutto, è un tentativo che sostanzialmente va a ledere e a rimuovere un atto legittimo adottato democraticamente dal consiglio comunale di quella città.
Riteniamo questa scelta grave e pericolosa proprio per la democrazia del Paese, di fronte ad un'amministrazione comunale che ha dato piena attuazione alle previsioni di una legge approvata dal Parlamento italiano portando il numero delle circoscrizioni di quella città da tredici a cinque (in ciò essendo in totale sintonia con la filosofia di quel provvedimento e con l'orientamento che in quella circostanza l'allora maggioranza cercò di trasmettere al Paese riqualificando, ristrutturando e razionalizzando la presenza di organi collegiali nei vari territori comunali del Paese).
Ci troviamo quindi in una situazione di vera e propria, inedita ingerenza istituzionale. Capisco che siamo in un momento difficile, in giornate difficilissime e dolorose per il Paese, però dobbiamo stare attenti quando si mette mano ad un provvedimento come questo, perché si va in qualche misura a toccare il rapporto antico e democratico che ha sempre in qualche modo salvaguardato l'autonomia e il governo dei territori e delle città.
Ci troviamo di fronte ad un atto di un consiglio comunale votato democraticamente dai rappresentanti dei cittadini di quella città.
Ci troviamo di fronte ad un'entrata a gamba tesa - mi sia permesso il termine da parte del Ministro - su questi principi di autonomia degli enti locali.
Signor Presidente, è un atto che ritengo pericolosissimo. Approfittando della presenza del Ministro Maroni, invito il Governo a fare tutto ciò che è possibile per consentire ai cittadini di Perugia - ripeto una città capoluogo di regione - di andare al voto e di poter scegliere i propri rappresentanti nelle cinque circoscrizioni del comune.

MARCO CARRA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, domenica prossima, 12 aprile, sarà il cinquantesimo Pag. 59anniversario della morte di Ernesto Primo Mazzolari, meglio conosciuto come don Primo Mazzolari, un grande uomo del secolo scorso, un grande sacerdote. Un uomo che attraverso il suo impegno concreto e quotidiano, teso ad affermare la solidarietà con i poveri, la giustizia, e la fratellanza, e attraverso i suoi pregevoli, e preziosi scritti, ha lasciato un segno indelebile nella storia recente del nostro Paese e nella nostro memoria. È stato un uomo, un sacerdote, di grande coraggio, un pastore, per certi aspetti, rivoluzionario. Ancor prima di essere ordinato sacerdote, la sua vocazione è stata messa a dura prova: all'inizio del secolo scorso la repressione antimodernista della Chiesa prese forza per impedire l'apertura al dialogo con il pensiero più moderno di quell'epoca ed egli si oppose a questa visione. Ma il suo coraggio si sprigionò con grande determinazione, e consapevolezza, quando decise, non solo di non tenere un atteggiamento conformista nei confronti del fascismo, ma di opporvisi in modo netto ed inequivocabile, schierandosi da parte della resistenza. Quando vide esprimersi simpatie in certi ambienti cattolici nei confronti del fascismo scrisse: «Il paganesimo ritorna, ci fa la carezza, e pochi ne sentono la vergogna». Fu una scelta che pagò a caro prezzo fino al punto di rischiare la vita nel 1931, quando gli spararono senza colpirlo, per poi essere arrestato nel 1944 dal comando tedesco di Mantova, e successivamente per passare alla clandestinità.
La sua vita è contrassegnata dall'impegno costante per gli altri. Durante la prima guerra mondiale preferì all'impiego presso gli ospedali di Genova e di Cremona, stare al fianco, quale cappellano militare, delle truppe italiane sul fronte francese. Nel 1920 chiese di non tornare all'insegnamento in seminario, ma di essere destinato al lavoro pastorale tra la gente da Cicognara a Bozzolo. Furono quegli anni in cui avviò, e consolidò, un'elaborazione, una riflessione, di alto profilo. Attraverso i suoi scritti, i sui discorsi, voleva trasmettere il messaggio evangelico a quelli che definiva «lontani». Partiva dal concetto che la società italiana fosse da rifondare completamente sul piano morale e culturale; tema di grande attualità. Parlava ai lontani, ovvero a coloro che rifiutavano la fede, e lo faceva cercando di superare l'idea della Chiesa come società perfetta. Si confrontava onestamente con le debolezze e i limiti della Chiesa stessa. Idee simili gli procurarono la censura della gerarchie ecclesiastiche e fasciste.
Dal dopoguerra fino alla sua morte portò avanti, pur nella convinzione che solo il Cristianesimo potesse costituire un rimedio ai mali del mondo, una visione e una pratica del Cristianesimo stesso molto originale, fuori dagli schemi. Ha cercato di mettere in pratica una vera e propria rivoluzione cristiana che avesse l'obiettivo di rinnovare la Chiesa. In piena guerra fredda, con una contrapposizione fortissima tra i due blocchi, segnata anche nel nostro Paese, cercò la via del dialogo, tutelando la propria dignità e la coerenza del proprio sentire. Sicuramente era ubbidiente, ma la sua era una sorta di ubbidienza «in piedi». Si pensi a quando, nell'anno della scomunica vaticana verso i comunisti, coniò lo slogan: combatto il comunismo, amo i comunisti.
Oppure si pensi a quando si dimostrò molto disponibile al confronto con quei movimenti che volevano mettere al bando la bomba atomica, o a quando pronunciò un atto d'accusa molto forte nei confronti delle guerre, approvando in qualche modo l'obiezione di coscienza. In quest'ultimo ambito particolarmente incisivo per manifestare il suo pensiero fu il libro Tu non uccidere. Si tratta di messaggi di straordinaria attualità, come l'appello che rivolse ai parlamentari eletti nel 1948: deputati e senatori, vi hanno fatto i poveri (davvero quanta attualità in questo appello).
Il nome di don Mazzolari ha aperto una breccia nelle chiusure, nel pensiero chiuso di quegli anni. Diede vita ad una pubblicazione quindicinale (Adesso) attraverso la quale dare anima al suo pensiero. Trovò numerosi ostacoli che tentarono di limitargli la capacità di movimento ma - Pag. 60come si sa - la forza delle idee ed il coraggio con il quale le si portano avanti superano le barriere insormontabili.
In questi giorni, in queste settimane c'è un nutrito programma - Bozzolo, Mantova, Roma - di iniziative per ricordare la figura di don Primo. Voglio ringraziare i comuni di Bozzolo e di Mantova, l'amministrazione provinciale di Mantova e la regione Lombardia. Voglio ringraziare la Fondazione, presieduta da don Giuseppe Giussani, e il comitato organizzatore, presieduto dal dottor Ildebrando Bruno Volpi. Voglio ringraziare il mio segretario internazionale che il 14 prossimo venturo sarà a Bozzolo, così come voglio ringraziare la Presidenza della Camera, che per il 21 aprile ha immaginato di rendere omaggio alla figura di don Primo promuovendo un'iniziativa. Credo che sia un riconoscimento importante, e voglio chiudere utilizzando le parole di Paolo VI, un po' immodestamente: aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro, così ha sofferto lui ed abbiamo sofferto noi; questo è il destino dei profeti (Applausi).

PRESIDENTE. La ringrazio, anche per l'opportuna iniziativa, cui mi associo. Ho avuto di recente l'onore di commemorare don Primo Mazzolari a Bozzolo, su invito della Fondazione Don Primo Mazzolari.

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, non vorrei togliere tempo ai colleghi, ma l'intervento del collega Marco Carra mi costringe a svolgere alcune rapidissime considerazioni, che sono evidentemente di adesione al ricordo, ma anche di indicazione che la figura di don Mazzolari non è attribuibile ad una parte, e che - credo - rappresenta una delle tradizioni migliori del pensiero cattolico democratico (e direi che i suoi riferimenti erano i filosofi cattolici francesi, da Maritain a Mounier). Anche noi abbiamo avuto occasione, nei giorni scorsi, di andare a Bozzolo con Savino Pezzotta a dedicare una serata al ricordo di don Primo. Tra l'altro, avendo fatto il consigliere comunale di Bozzolo un po'di anni fa, mi sono sentito di dovere fare questa breve testimonianza.
Vorrei aggiungere un particolare che aiuta a capire molto. Tra il 1953 e il 1954 ci fu un carteggio molto intenso e molto forte con Guido Miglioli, che era un popolare uscito dal Partito Popolare Italiano a cavallo fra il 1924 e il 1925, e che attraverso strade impervie diventò un esponente politico che guardava alla tradizione internazionale comunista. Quando, dopo un periodo di permanenza forzata all'estero, rientrò in Italia e aderì al Partito Comunista Italiano, don Primo Mazzolari ebbe con lui un carteggio esemplare e disse: tu entri nella tenda comunista; io pianto la mia tenda accanto alla tua, di modo che, quando domani anche la prospettiva storica che quel movimento esprime apparirà ricompresa all'interno dell'evoluzione della storia degli uomini, io ci sarò a rappresentare qualcosa di più profondo, che è la tradizione dell'umanesimo cristiano.
Questo per rigore morale e per rispetto delle posizioni. Avrei potuto dire che don Primo ha fatto i comizi per la DC fino al 1956, ma non mi sembrava il caso. Questo per dire che se Franceschini va a compiere questo gesto a Bozzolo è perché vuole ricordare quello che fece Benigno Zaccagnini da segretario della Democrazia Cristiana nel 1976, quando venne a ricordare, proprio a Bozzolo, la scomparsa di don Primo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, concordo pienamente con quanto detto dall'onorevole Tabacci, perché la storia e le storie degli uomini devono essere rispettate, senza alcuna alterazione e senza sfuggire a quelli che sono gli aspetti più significativi e salienti che riguardano la verità. Pag. 61
Ho chiesto di parlare per sottoporre all'attenzione dell'Assemblea una vicenda che si lega anche alla storia di una comunità, di una realtà molto articolata, molto complessa e molto travagliata, come quella della città di Catanzaro. In questo momento è in corso una manifestazione di studenti dell'università della Magna Grecia, una manifestazione composta, anche se ci sono molte tensioni e preoccupazioni diffuse, che travalicano i confini della stessa università, fino a coinvolgere tutta la città di Catanzaro e la provincia.
Signor Presidente, un provvedimento in fieri del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca tenderebbe a svuotare l'università della Magna Grecia delle scuole di specializzazione. Nell'università della Magna Grecia le scuole di specializzazione sono attualmente 35 per 113 posti. Di queste scuole, 14 dovrebbero andare all'università Federico II di Napoli e 2 all'Università di Bari. Pertanto, all'università di Catanzaro rimarrebbero 19 scuole.
Questo crea ovviamente molte preoccupazioni, come dicevo poc'anzi, perché il provvedimento svuoterebbe e ridimensionerebbe grandemente l'università della Magna Grecia, ma soprattutto, per quanto riguarda la facoltà di medicina, andrebbe ad eliminare l'idea di scuola catanzarese.
Ritengo che questo sia un dato che va respinto con forza e voglio ricordare, signor Presidente, a quest'Aula che vi sono state molte risorse impiegate per l'università della Magna Grecia. Vi sono corsi che hanno funzionato, con sforzi incredibili. Ho avuto più e più volte modo di interessarmi dell'università di Catanzaro in quest'Aula, quando era ancora dipendente da quella di Napoli. Oggi l'università di Catanzaro ha assunto una sua autonomia, e sono stato sempre contrario ad una dipendenza sostanziale dall'università di Napoli.
Oggi si ritorna indietro nel tempo e l'università di Catanzaro, la facoltà di medicina, diventa un'appendice di quella di Napoli. Credo che questo sia un dato certamente disarmonico, da respingere perché incongruente e ingiusto. Tra queste scuole di specializzazione, quelle che andrebbero a Bari e a Napoli sono tra le più importanti e significative: neurochirurgia, cardiologia, chirurgia dell'apparato digerente, chirurgia maxillo-facciale, chirurgia vascolare, farmacologia, malattie infettive, medicina legale e delle assicurazioni, microchirurgia, biologia.
Ritengo che ciò faccia intravedere un'operazione di grande portata, che deve trovare anche in quest'Aula e nel Governo una reazione molto forte. Abbiamo parlato fino ad ora di sicurezza e soprattutto di solidarietà fra regioni e fra territori, e credo che questa sia la risposta peggiore per creare condizioni in materia di conquiste culturali e civili di alcune popolazioni. Volevo porre all'attenzione dell'Aula questa vicenda, che non è di poco conto, ma altamente significativa e, soprattutto, molto grave.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, provvederemo a portare queste sue riflessioni all'attenzione del Governo.

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, ormai siamo fuori tempo massimo: la mia richiesta di chiarimento sarebbe utile se vi fosse stata la presenza del Ministro Maroni, altrimenti non porta frutto. Resti solo per i posteri, quando mai avranno tempo di leggere i nostri atti. Mi riallaccio a quanto detto dall'onorevole Bocci sul tema dell'elezione dei consigli circoscrizionali. Rivolgo un richiamo al Governo e alla Presidenza: alcuni giorni fa è stato accolto dal Governo come raccomandazione un mio ordine del giorno sulle elezioni dei consigli di circoscrizione, perché un'improvvida norma della legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi ha abolito i consigli di circoscrizione nelle città al di sotto dei 100 mila abitanti, anche dove funzionavano benissimo e dove, soprattutto, non costavano nulla, perché, appunto, erano senza spese, nel senso che tutti svolgevano e svolgono tale ruolo gratuitamente. Pag. 62
Il Ministro ha pregato di cambiare il nome di «consigli di circoscrizione» in «consigli di quartiere», mantenendone le stesse finalità e gli stessi utilizzi, cosa che è stata fatta in alcuni comuni, come a Verbania. Ma se adesso il Ministero non ci dice se si vota o no il 6 e il 7 giugno per i consigli di quartiere, così strutturati rispetto ai consigli di circoscrizione, siamo ancora allo stesso punto. Sarebbe veramente una sciocchezza non approfittare del turno elettorale comunale, per votare in un'altra domenica e in un'altra parte dell'anno, con conseguenti nuovi costi e con una scarsa partecipazione dei cittadini, che non andranno apposta a votare per i quartieri o circoscrizioni.
Se veramente - ho concluso, signor Presidente - in termini di federalismo si lasciassero decidere i comuni come autoamministrarsi, ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione, troveremmo le soluzioni più economiche, più semplici e più calibrate sulle dimensioni e sulle necessità di ogni singolo comune. Di questo spero che la Presidenza vorrà fare cenno al Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Zacchera, la Presidenza provvederà a far presente al Governo le sue considerazioni. Le ho dato la parola secondo l'ordine della richiesta: se lei mi avesse comunicato il contenuto dell'intervento avrei cercato di trattenere il Ministro o di anticipare l'intervento stesso.

GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, anch'io parlo ai posteri. Ho ascoltato con grande attenzione le varie osservazioni scaturite dalle opposizioni. Ho preso nota, e a volte ho anche appreso notizie a me sconosciute (per esempio, l'onorevole Melis mi ha informato sulla presenza storica e antica, sulla sua isola, di squadre antifurto, o meglio antiabigeato). Sono stato molto attento e sempre rispettoso delle opposizioni, con una sola nota, però (è una preghiera che faccio a tutti, anche alla mia parte): attenzione ai facili analogismi storiografici. Ho sentito parlare qui di Arditi del popolo, ho sentito parlare di squadracce fasciste, di milizia fascista e via dicendo.
Vi assicuro che non c'entrano nulla. Si può essere critici con le ronde, si possono fare delle osservazioni utili e importanti, ma non analogismi facili che portano su strade assolutamente incongrue. Questa è una preghiera, perché ho visto che in Parlamento c'è spesso un vizio simile. Parmenide ci insegna che la verità vera è quella rotonda, che purtroppo a noi sfugge. Noi abbiamo soltanto una verità fondata spesso sulla Doxa, più che sull'illuminazione epifanica sul vero. Accontentiamoci di essere umili, e quando andiamo a fare citazioni storiche stiamo attenti ad allontanarci e ad affrancarci dal facile analogismo.

PRESIDENTE. Ottimo ammonimento, onorevole Lehner. Capita a tutti di prendere uno «sfondone»: quandoque bonus dormitat Homerus, dicevano gli antichi.

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, desidero innanzitutto associarmi a quanto detto dagli onorevoli Carra e Tabacci ricordando la figura di don Primo Mazzolari.
Inoltre, desidero segnalare le ricadute sul territorio di alcune recentissime misure assunte, in particolare, nel settore dell'università e della ricerca. A seguito di un recente provvedimento, un decreto del Ministro dell'economia, Tremonti, si avviano a chiusura certa alcune scuole di specializzazione nel settore medico presenti oggi nella mia regione che hanno un livello di eccellenza nazionale e internazionale.
Segnalo, in particolare, che a seguito di questo provvedimento - assumeremo delle iniziative per cercare di indurre il Ministro Pag. 63Tremonti e il Ministro Gelmini a rivedere le loro scelte - le scuole di specializzazione di urologia della facoltà di medicina dell'università di Trieste e di malattie infettive e gastroenterologia della facoltà di medicina dell'università di Udine rischiano di essere chiuse. Questa scelta non produrrà, d'altronde, alcun risparmio, anzi, recherà un disagio sia per i docenti, sia, soprattutto, per i discenti. I Ministri citati, inoltre, non sanno che questi corsi sono in parte finanziati anche dalla regione Friuli-Venezia Giulia, con un risparmio per lo Stato.
Desideravo segnalare questa situazione, perché la decisione, se applicata concretamente produrrà un danno notevole per la ricerca, per la medicina e, soprattutto, per la salute dei cittadini, non solo della mia regione, e per i tanti che come discenti, come docenti e forse anche come persone da curare fanno riferimento a queste tre scuole di specializzazione.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Strizzolo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Conte, Lucà e Lusetti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2232-A)

PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta sono iniziati gli interventi sul complesso delle proposte emendative presentate.
Constato l'assenza dell'onorevole Ascierto, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, il decreto-legge all'esame dell'Aula anticipa alcune delle disposizioni contenute nel disegno di legge in materia di sicurezza nonché le norme previste nel disegno di legge sulle molestie insistenti.
L'Unione di Centro non ha valutato negativamente il provvedimento sugli atti persecutori, fenomeno in relazione al quale l'ordinamento non è stato finora in grado di assicurare un presidio cautelare e sanzionatorio efficace. Anche quando non sono state condivise le soluzioni tecniche non è mancato l'apprezzamento per la risposta normativa ad un fenomeno persecutorio forse non nuovissimo, ma reso particolarmente odioso dalle nuove tecnologie e, più in generale, dall'esperienza di vita contemporanea, con quel misto di familiarità ed estraneità in cui si sviluppano le relazioni tra le persone, che certamente rende più esposta e, nel contempo, più sola la vittima delle molestie sessuali. Pag. 64
Il provvedimento sullo stalking è stato giustamente finalizzato a perseguire comportamenti che troppo spesso sono stati sottovalutati, non solo fino ad oggi dal legislatore, ma anche nella percezione comune. Inoltre, la circostanza che nell'ultimo anno vi sia stato un decremento dei reati di violenza sessuale - secondo dati diffusi dal dipartimento della pubblica sicurezza, in Italia gli episodi di violenza sessuale nel 2008 sono diminuiti dell'8,4 per cento e la maggior parte degli stupri rientra nelle violenze sessuali non aggravate, anche queste in diminuzione, del 7,4 per cento - non giustifica, a nostro avviso, un'inerzia legislativa su tale tema. Soprattutto i crimini perpetrati in modo sempre più efferato e brutale anche su minorenni generano un diffuso e generale stato di allarme sociale ed una conseguente emergenza da fronteggiare in maniera efficace, attraverso un complessivo e mirato sistema di misure di modifica dell'ordinamento vigente, tralasciando, pertanto, qualsiasi approccio ideologico.
Nonostante il Ministro Carfagna abbia osservato che il decreto-legge si giustificherebbe anche se servisse ad evitare un solo episodio di violenza sessuale, occorre sottolineare come non tutti i provvedimenti urgenti adottati dal Governo siano stati effettivamente in grado di risolvere situazioni emergenziali.
Voglio anche sottolineare, signor Presidente, un altro aspetto che a nostro avviso non va sottovalutato. Si tratta di un dato che ancora oggi è al primo posto per questo tipo di violenze, ossia il luogo dove si svolgono le violenze stesse, che, purtroppo, è l'ambiente familiare. Anche su questo punto riteniamo che si debba intervenire con più decisione ma, soprattutto, con norme che aiutino le donne che subiscono queste violenze a denunciarle, in maniera tutelata, perché ancora oggi ciò non avviene.
Il fatto negativo, però, è l'atteggiamento dell'Esecutivo, che ha ritenuto di operare unilateralmente, esautorando il Parlamento delle proprie prerogative e responsabilità. L'importanza degli argomenti trattati e l'esigenza di intervenire erano, infatti, già state ampiamente riconosciute dalla Camera che, quasi all'unanimità, aveva licenziato, il 29 gennaio scorso, le disposizioni sugli atti persecutori, attualmente all'esame della Commissione giustizia del Senato, e sta esaminando ora quelle sulla prevenzione e la repressione dei delitti di violenza sessuale.
A ciò si aggiunga che il ricorso alla decretazione d'urgenza, utilizzata come non mai in questo inizio di legislatura, ha svilito fortemente il Parlamento, concretamente privato della possibilità di discutere democraticamente questioni politiche rilevanti. L'operazione del Governo è grave, soprattutto perché le modifiche normative sulle quali si era trovata o si stava trovando una condivisione sono state inserite in un testo che contiene anche una disposizione sulle ronde del tutto inaccettabile, non tanto per la figura che si introduce, quanto per la filosofia sottostante e per la deriva, a nostro avviso pericolosa, che da essa può nascere, ossia la cosiddetta giustizia fai-da-te, come hanno rilevato anche molti esponenti della maggioranza.
La norma del decreto-legge, nel merito, prevede la possibilità per i sindaci, previa intesa con il prefetto, di avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle forze di polizia dello Stato o a quelle locali eventi che possono arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. Come hanno osservato i rappresentanti delle forze dell'ordine in ripetuti interventi pubblici, le ronde rischiano di essere più un intralcio che una semplificazione. In una parola, esse sono la risposta sbagliata a una domanda di sicurezza giusta. Fa bene il Parlamento a interpretare questa domanda, ma ad essa deve essere data una soluzione di serietà e di rispetto dello Stato e delle sue funzioni. Autorizzare le ronde senza dare mezzi e risorse alle forze dell'ordine, speculando esclusivamente sulle emozioni, significa alimentare un sentimento generalizzato di confusione e di paura nella collettività, oltre a certificare l'impotenza dello Stato, che abdica, in tal modo, alla sua imprescindibile ed esclusiva funzione Pag. 65di garanzia della sicurezza pubblica. Questo, ovviamente, fa piacere a qualcuno, ma a noi sicuramente non fa piacere.
L'Unione di Centro è disponibile a valutare costruttivamente qualsiasi provvedimento del Governo in materia, a condizione che abbia come scopo principale quello di rivedere i tagli lineari del Ministro Tremonti proprio in questo settore. Dal momento che le maggiori risorse e le assunzioni previste nel decreto-legge costituiscono esclusivamente degli spot propagandistici, è arrivato il momento di aprire una discussione seria, e non sull'onda dell'emozione, circa le reali condizioni in cui versano le forze di polizia in Italia. Le assunzioni di 2.500 unità di personale, già previste dalla legge finanziaria 2009, vengono semplicemente anticipate di un mese, mentre nello stesso anno andranno in pensione circa 5 mila unità - pertanto il doppio dei nuovi assunti - già appartenenti alle forze di polizia. Analogamente, quei 100 milioni che vengono assegnati al Ministero dell'interno per le urgenti necessità di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico vengono solo anticipati in quanto già destinati al Dicastero per le medesime finalità dalla stessa legge finanziaria che, nel solo 2009, ha previsto riduzioni per oltre 200 milioni di euro.
Uno strumento extraistituzionale come le ronde non può certo rappresentare una soluzione definitiva e, soprattutto, un fatto positivo per la cultura della legalità e della sicurezza nel nostro Paese, che va garantita con politiche più complessive, sociali, urbanistiche e di prevenzione, piuttosto che con soluzioni tampone.
Sono, dunque, auspicabili una migliore razionalizzazione e un coordinamento delle forze dell'ordine esistenti e maggiori risorse per i mezzi delle forze dell'ordine, nel rispetto di chi vi lavora ogni giorno, con grande professionalità e sacrificio. La risposta alla diffusa domanda di sicurezza non può comunque essere la militarizzazione del territorio, soprattutto nei quartieri degradati e periferici, ma piuttosto una stretta collaborazione con le associazioni di categoria e del volontariato.
Inoltre, l'introduzione surrettizia nel decreto-legge di una norma, già respinta dal Senato, relativa all'allungamento del tempo di permanenza degli immigrati nei centri di identificazione e di espulsione è un atto da considerarsi gravissimo e irrispettoso delle prerogative parlamentari. La dilatazione temporale del trattenimento presso i CIE rischia di trasformarsi in una custodia cautelare mascherata, che di solito si riserva ai criminali accertati e pericolosi. Voglio anche aprire, a questo punto, una parentesi, non soltanto per discutere dell'argomento. Non posso accettare che in un Paese dove la tradizione dell'emigrazione è storica e altissima, tant'è che è stata fatta una battaglia in questo stesso Parlamento per dare il voto agli italiani all'estero, venga impostato un discorso di trattamento non proprio civile e democratico per quegli immigrati, persone perbene, che vogliono venire nel nostro Paese a lavorare. Non posso pensare che tutti gli immigrati non siano persone perbene, come qualcuno vuole far credere, perché come esistono persone perbene tra gli italiani, così esistono persone perbene e non tra gli immigrati.
Dunque, vorrei rivolgermi a questo Governo, perché la storia di emigranti del nostro Paese sia un faro guida nell'affrontare la politica dell'immigrazione. Quanti nostri nonni andavano all'estero! Avevano bisogno dell'atto di richiamo, stavano spesso in quarantena: ma abbiamo dimenticato tutto questo? È possibile che il nostro Paese, un Paese civile, possa aver cancellato con un colpo di spugna tutto questo? Non credo.
Pertanto, cerchiamo di usare un metro giusto e leggi giuste per chi fugge da Paesi dove non si può più vivere e vede nel nostro Paese, anche nel nostro Paese, un barlume di speranza. D'altronde, per molti lavori oggi nel nostro Paese, se non ci fossero i cosiddetti immigrati, saremmo in seria difficoltà, anche in quelle regioni dove oggi qualcuno vorrebbe far credere che loro sono il vero pericolo. Quante forze lavoro immigrate ci sono nelle aziende in Italia, quante badanti ci sono Pag. 66nelle nostre famiglie da quei Paesi! Queste cose possiamo dimenticarle? Non credo.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Per far sì che anche sul versante giudiziario ci sia una risposta efficace all'esigenza di certezza della pena occorre sopperire alle gravi situazioni di deficit di organico negli uffici giudiziari.
La manovra di bilancio, infatti, ha fortemente penalizzato il settore della giustizia a causa dei tagli previsti, da un quarto a quasi la metà, di uno dei capitoli di spese vive della giustizia, dell'ulteriore riduzione del 10 per cento negli organici, già in sofferenza, dei cancellieri, nonché del semiblocco del turnover. Infine, non può non segnalarsi come la norma sull'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza sia in contraddizione netta con il disegno di legge in materia di intercettazioni.
Quindi, signor Presidente, o in questo Parlamento si usa lo stesso peso e la stessa misura su argomenti della stessa natura o questo Parlamento mette in piedi un'azione legislativa che usa due pesi e due misure. Questa, a nostro avviso, non è correttezza legislativa, ma è quanto meno un rischio pericoloso per la nostra democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho chiesto di parlare per richiedere, ai sensi dell'articolo 44 del Regolamento, la chiusura anticipata della discussione sul complesso delle proposte emendative. Questa richiesta è motivata dalla volontà, da parte nostra, e anche dalla necessità oggettiva, superando una fase di contrapposizione ideologica - perché stiamo assistendo a questo, di arrivare a discutere finalmente il merito del provvedimento e, quindi, a discutere, finalmente, emendamento per emendamento. Su questo siamo assolutamente disponibili.
Siamo disponibili a discutere, siamo desiderosi di approfondire gli emendamenti, per mettere in evidenza come tutte le argomentazioni utilizzate sui volontari della sicurezza sono sbagliate, perché tutti i problemi che vengono evocati non soltanto non esistono, ma la norma in questione, che è quella che voi richiamate, serve proprio per risolvere questi problemi, e cioè per garantire che ci sia, nell'ambito dell'utilizzo dei volontari, anche per quanto riguarda la sicurezza, il più rigoroso rispetto delle leggi, il controllo da parte dei sindaci, l'iscrizione presso un registro tenuto dalle prefetture, l'impossibilità che ci sia un collegamento con i partiti politici. Tutto questo viene proprio garantito attraverso la norma in questione.
Inoltre, signor Presidente, onorevoli colleghi, nel richiedere alle opposizioni questo senso di responsabilità e, quindi, questo confronto nel merito, c'è anche la consapevolezza da parte nostra che la maggioranza non può far decadere questo decreto-legge. Non può farlo, perché questo provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri all'unanimità, da tutti i ministri di questa maggioranza, dal Presidente del Consiglio Berlusconi e, quindi, è evidente come, dal punto di vista politico, siamo assolutamente d'accordo con il Governo, che ha espresso la volontà di mantenere questo provvedimento. Anche perché, nel suo complesso, il decreto-legge contiene disposizioni molto importanti: ad esempio, quella di cui all'articolo 5, che consente di trattenere presso il centro di identificazione e di espulsione i clandestini per un periodo che arriva fino a 180 giorni (ciò è necessario per realizzare concretamente le espulsioni).
Inoltre, vorrei fare riferimento anche all'articolo 6, visto che il presidente Soro nell'intervento di questa mattina lo ha richiamato. Colleghi, l'articolo 6 del provvedimento, di cui è stato chiesto questa mattina lo stralcio, prevede degli stanziamenti aggiuntivi per 100 milioni di euro, proprio legati alle urgenti necessità di tutela della sicurezza e del soccorso pubblico.
Questa norma serve per finanziare gli interventi per il terremoto; serve per finanziare l'impiego dei vigili del fuoco nelle zone colpite dal terremoto. Quindi, è evidente Pag. 67come l'approvazione di questo decreto sia assolutamente importante (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Per questo motivo chiediamo di entrare nel merito e di chiudere la discussione sul complesso delle proposte emendative (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ricordo che, poiché la richiesta di chiusura della discussione sul complesso delle proposte emendative presentate è stata avanzata da un presidente di gruppo di consistenza numerica superiore a 20 deputati, la richiesta è ammessa.
A norma dell'articolo 44, comma 1, del Regolamento sulla richiesta possono intervenire un oratore contro ed uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.

MARCO MINNITI. Signor Presidente, a me dispiace molto, come penso debba dispiacere all'intero Parlamento, che la proposta che stamattina è stata avanzata dal presidente Soro, e che poi è stata fatta propria da tutte le forze dell'opposizione, sia stata irragionevolmente respinta prima dal Ministro dell'interno e poi dalla sua maggioranza. Considero la proposta avanzata adesso dal presidente Cota un autentico colpo di mano parlamentare. Presidente Cota, stiamo discutendo nel merito di questa questione da diverse ore e mi dispiace che lei non se ne sia accorto, ma soprattutto mi dispiace che lei avanzi una proposta per interrompere quel confronto di merito molto approfondito e serio che stava avvenendo in questo Parlamento.
Noi ci troviamo di fronte ad una proposta che non è stata mai avanzata nel corso di questa legislatura. Solitamente l'interruzione del dibattito sull'illustrazione degli emendamenti avveniva nel momento in cui il Governo chiedeva la fiducia, ma qui ci troviamo di fronte ad una maggioranza che, per problemi interni, non riesce a scegliere cosa vuole fare: non vuole mettere la fiducia e non vuole nemmeno affrontare seriamente la via che l'opposizione aveva offerto, quella di una discussione serena, seria (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).
Si è invece pensato che bisogna continuare con il braccio di ferro, con la prova di forza. Noi consideriamo la questione che abbiamo posto, signor Presidente - lo dico a lei che è Presidente della Camera -, una questione fondamentale. Le parole dette dal Ministro Maroni, dal presidente Cota e anche da altri autorevoli esponenti della maggioranza non mi hanno convinto, per una ragione semplicissima. Qui non è in discussione un elemento lessicale; qui è in discussione un principio fondamentale di ogni democrazia liberale. Lo dico agli amici del Popolo della Libertà che hanno fatto un congresso per dirci che loro sono il partito dei principi liberali. Addirittura, si è parlato di rivoluzione liberale, ma chi parla di rivoluzione liberale deve sapere che in una democrazia liberale il monopolio della forza e della sicurezza e il controllo del territorio sono nelle mani dello Stato che lo esercita attraverso le forze di polizia, non attraverso privati cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro)!
Questo è il cuore della democrazia liberale che, non a caso, ha sempre rifiutato l'idea che ci potessero essere milizie: milizie con la camicia verde, milizie con la camicia nera e io aggiungo milizie con la camicia rossa. Noi non vogliamo nessuna milizia, con nessun colore politico, nella sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro)!

MASSIMO POLLEDRI. Piantala! Non offendere.

MARCO MINNITI. Il problema vero, ed è un ragionamento semplicissimo, è che noi pensiamo che in un decreto-legge vadano affrontate questioni urgenti. Mi si consenta di dire: qual è l'urgenza politica delle ronde nel nostro Paese? C'è un urgenza nel campo della sicurezza: davvero si pensa che, facendo le ronde, i cittadini italiani si sentano più sicuri? Pag. 68
La verità è un'altra, signor Presidente e signor Ministro dell'interno: c'è un'urgenza partitica, c'è una pura e semplice urgenza partitica, cioè di un pezzo della maggioranza che vuole mettere un'altra bandierina nel campo della sicurezza e questo non c'entra nulla con gli italiani né con le politiche di sicurezza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro). Lo dico anche con grande chiarezza al presidente Cota: a noi fa piacere che il Ministro dell'interno sia qui a seguire i lavori, anche se non vorremmo sottrarlo ad altri impegni. Tuttavia, se il Ministro dell'interno è qui in Aula è perché ritiene che la discussione sulle ronde sia più importante di qualunque altra cosa, lo dico con grande sincerità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro). È una sua scelta legittima che noi rispettiamo, ma non si faccia alcuna mistificazione su questo. Infine, un'ultima considerazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO MINNITI. Concludo, signor Presidente, mi faccia terminare soltanto un pensiero. Di fronte a passaggi di questo tipo o il Governo si assume la responsabilità politica di quel decreto-legge e dice che, per quanto lo riguarda quel provvedimento, è intangibile, e quindi pone la questione di fiducia oppure accetta il ragionamento dell'opposizione. L'altra strada, quella che si sta seguendo, è la strada dell'arroganza e del disprezzo per il Parlamento e a questo punto, lo dico ai colleghi della maggioranza e ai colleghi del Governo, abbiamo non soltanto il diritto, ma anche il dovere di far sentire la nostra voce. La ringrazio, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo che gesti di arroganza e di disprezzo del Parlamento non possano essere consentiti perlomeno dall'articolo 44 del Regolamento della Camera dei deputati; quindi, ritengo che la richiesta legittima del capogruppo della Lega, il presidente Cota, di chiudere la discussione sul complesso degli emendamenti vada in qualche modo, paradossalmente, proprio nel senso dell'intenzione espressa dall'onorevole Minniti, cioè quella di entrare nel merito di questo provvedimento e nel confronto, per cui ringrazio il Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Credo, infatti, che un conto sia ascoltare la protesta legittima nei confronti delle condizioni imposte questa mattina dai gruppi dell'opposizione in ordine alla soppressione e non allo stralcio, perché si sta parlando di un decreto-legge, delle cosiddette ronde, con novanta interventi e una maggioranza silente; un conto è la facoltà che tutti noi abbiamo di poter intervenire nel merito dei provvedimenti e degli emendamenti e di avviarci insieme ad un confronto non soltanto per esigenze di calendario, evidentemente, ma anche per esigenze di merito.
Noi siamo di fronte ad una situazione difficile che riguarda la sicurezza, a problemi che sono all'ordine del giorno sul tavolo dell'agenda politica del Governo italiano, e non solo di quello italiano; vi è un problema di sicurezza, di violenza sessuale e tanti altri fenomeni. Ebbene, si possono avere due atteggiamenti nei confronti dei fenomeni sociali: o lasciarli cavalcare autonomamente, lasciandoli alla spontaneità ed a ciò che accade (qualcuno li definisce come un far west), oppure cercare di governarli, come ha spiegato questa mattina molto chiaramente il Ministro dell'interno del Governo Berlusconi, anche in presenza dei fenomeni delle cosiddette ronde. Io non sto qui a fare l'apologia delle cosiddette ronde, ma credo che i fenomeni sia meglio governarli che subirli, che sia meglio fare in modo che rientrino nella legalità e nel controllo delle istituzioni piuttosto che farli viaggiare per conto loro.
Credo che si debba discutere di sicurezza, affrontare i problemi con grande serenità e che la risposta di merito che ha Pag. 69fornito il Ministro questa mattina in Aula sia esaustiva. Se vi fosse necessità di un ulteriore approfondimento è chiaro che il Regolamento e i tempi della discussione parlamentare che abbiamo di fronte possono dare a noi e ai gruppi dell'opposizione l'occasione di un approfondimento maggiore nel confronto su ciascuno dei singoli emendamenti sottoposti al nostro esame.
Per questo motivo il gruppo del PdL voterà a favore della richiesta di chiusura della discussione sull'articolo unico del disegno di legge di conversione, vista la quantità di iscritti e visto che i colleghi sono qui presenti per confrontarsi nel rapporto legittimo tra maggioranza e opposizione e nel confronto sul merito degli emendamenti e delle vicende. Crediamo che è il merito che nobilita il confronto tra maggioranza e opposizione e che nobilita il nostro lavoro, ovvero il lavoro di rappresentanti del popolo, quindi di destinatari di un mandato popolare che abbiamo il dovere di esercitare proprio in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla richiesta di chiusura della discussione sul complesso delle proposte emendative presentate.
Dichiaro aperta la votazione.
Invito tutti i deputati ad attivare il terminale di voto.
(Segue la votazione).
Onorevole Centemero? Onorevole Pollastrini?

STEFANO STEFANI. Verde come le camicie!

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, eviti di fare lo spiritoso.

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, stia attento a chi ha parlato!

PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Onorevole Stefani, mi rivolgevo a lei.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 464
Votanti 462
Astenuti 2
Maggioranza 232
Hanno votato 247
Hanno votato no 215

(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Centemero e Fava hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole. Prendo altresì atto che i deputati De Poli, Nunzio Francesco Testa, Cesa, Barbato e Rigoni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Ricordo che, a norma dell'articolo 85, commi 4 e 6, del Regolamento hanno facoltà di intervenire, una sola volta, per non più di cinque minuti ciascuno, i primi firmatari o altro proponente degli emendamenti che non siano già intervenuti nella discussione, sempre che non abbiano già preso la parola altri firmatari dei medesimi emendamenti.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, noi come delegazione radicale all'interno del Partito Democratico abbiamo presentato diverse proposte emendative e siamo molto dispiaciuti di questa brusca interruzione di un dibattito che è necessario. Sono sempre più preoccupata del disprezzo che si dimostra nei confronti di quest'Aula e del dibattito che si può svolgere al suo interno.
Questo decreto-legge propone modifiche che vanno nella direzione dell'inasprimento delle pene, mostra il volto feroce di questo Governo e prevede la pena dell'ergastolo per alcuni reati, le ronde e lo stravolgimento di alcune norme fondamentali del nostro ordinamento e del nostro Stato di diritto. Pag. 70
Ritengo che stiamo andando senz'altro nella direzione sbagliata e sicuramente nella direzione che non assicurerà più sicurezza ai nostri cittadini. Non sono io a dirlo, non è Rita Bernardini. Sono i sindacati di polizia a dirvi: state attenti, state stravolgendo delle norme fondamentali di una democrazia e dello Stato di diritto. In questo modo, voi porterete i cittadini a non avere fiducia nelle forze dell'ordine. Queste ultime, infatti, vi hanno detto: ci costringerete a fare le badanti delle ronde. Ma voi non volete ascoltarli.
Anzi, voi avete il coraggio di tenere le nostre forze dell'ordine senza mezzi e senza risorse. Ve lo dicono tutti i giorni, ve lo ripetono in continuazione. E non sono le poche migliaia di euro che possono risolvere questa situazione. Credo che voi dobbiate riflettere. Mi rivolgo, in particolare, a tutti quei liberali che pure ci sono nel Popolo delle libertà e mi auguro anche nella Lega: ma come si può accettare lo stravolgimento, per esempio, del processo accusatorio? Come si può accettare lo stravolgimento di alcune norme che hanno dimostrato la loro efficacia, come la legge Gozzini? Io mi appello ai tanti avvocati, da una parte e dall'altra. Abbiamo dimostrato, è stato dimostrato che proprio le norme che hanno previsto i benefici nelle carceri sono state quelle che hanno ridotto la recidiva. Ogni giorno vi sono mille detenuti in più ogni mese che entrano nelle carceri italiane (siamo a 62 mila) e voi state decidendo di mettere polvere da sparo ogni giorno di più nelle carceri italiane. Vedrete che cosa accadrà questa estate: basterà un capetto della mafia che darà l'ordine della rivolta e succederà il terremoto; succederà sicuramente il terremoto, perché non avete senso di responsabilità. Non avete senso dello stato, non avete senso dello stato di diritto. Voi volete stravolgere quelle regole fondamentali. Poi vi è un'ultima cosa che voglio dire. Nella vostra relazione introduttiva a questo decreto vi è una menzogna, perché voi giustificate la necessità e l'urgenza con l'aumento dei reati di violenza sessuale. È una menzogna che accompagna il vostro decreto-legge. Io credo che ci si dovrebbe vergognare di questo, perché lo stesso Ministro Carfagna ha affermato che i reati sono diminuiti. È allora perché mentire, perché avete bisogno di mentire per mostrare questa vostra faccia al Paese?

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bernardini. Il suo tempo è terminato.
Avverto che la Commissione ha presentato una nuova formulazione del suo subemendamento 0.3.600.600 e del suo emendamento 2.600: tali proposte emendative sono in distribuzione.
Con riferimento all'emendamento 2.600 della Commissione, il termine per la presentazione dei subemendamenti, già comunicato ai gruppi, è fissato per le ore 16,30.
Avverto inoltre, che è stato ritirato l'emendamento Golfo 6.304.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, abbiamo già evidenziato come la giustizia italiana attenda da anni una riforma organica. Ancora la settimana scorsa il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per l'ennesima volta ha fatto presente che, sin dagli anni Ottanta, questo nostro Paese viola i diritti umani fondamentali a causa proprio delle lentezze delle procedure giudiziarie penali, civili e amministrative. E come se non bastasse, i giudici europei oggi sono chiamati anche ad esprimersi sulle richieste di danni relativi alla legge Pinto, quella legge che avrebbe dovuto, secondo voi, evitare il ricorso alla Corte europea.
Ancora una volta - parliamo di violazioni che vanno avanti dalla metà degli anni Ottanta - il Consiglio d'Europa ha chiesto al nostro Paese di prendere misure rapide ed eccezionali per una riforma organica della giustizia. La risposta di questo Governo è stata, purtroppo, inversa. Dietro il velo dell'emergenza, si nasconde, ad esempio, la volontà di ampliare i casi di carcerazione obbligatoria del presunto reo. Eppure, il principio della presunzione di innocenza nacque proprio nel nostro Paese, grazie agli scritti della Pag. 71metà del XVIII secolo di Pietro Verri e Cesare Beccaria. Oggi, il principio di presunzione di innocenza è scritto nella Costituzione, all'articolo 27. La presunzione di innocenza è elevata formalmente a principio cardine del nostro ordinamento, ma purtroppo non siamo in un Paese anglosassone, ove, pur senza un testo unitario scritto, il rispetto della Costituzione rappresenta il collante sociale, tanto da potersi permettere il lusso di non conoscere la nozione giuridica dello Stato. Il nostro Paese, la nostra Repubblica, ha scritto magnifiche norme mai applicate oppure, molto più spesso, interpretate secondo la volontà del potente di turno, che trasforma la Carta fondante, l'intero sistema, in qualcosa di materiale, che, a differenza del nome, è fluido quanto basta per prendere forme e volumi appropriati alla bisogna contingente.
Le misure che i nostri emendamenti mirano a scongiurare sono purtroppo numerose e gravi. Secondo quanto affermato nella relazione illustrativa e precisato nelle premesse del decreto-legge, l'adozione del provvedimento è legata alla straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure per assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell'allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso un sistema di norme finalizzate al contrasto di tali fenomeni. Lo ha appena detto la collega Rita Bernardini, ma è bene ripeterlo: il Ministro per le pari opportunità, in Commissione, non si è sottratta alla verità che oggi voi, qui in quest'Aula, negate. Nel corso del 2008, vi è stata una diminuzione dell'8,4 per cento dei casi di violenza sessuale, mentre voi oggi in quest'Aula, proprio dicendo l'inverso e affermando il falso, avete introdotto questo decreto-legge. Quale sarebbe, dunque, l'utilità di questo provvedimento, sottoposto al nostro esame sotto forma di decreto-legge? Qual è la necessità? Qual è l'urgenza? Sono queste le domande che noi vi formuliamo e alle quali voi non avete... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Maurizio Turco, la ringrazio.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, l'occasione dell'illustrazione del mio emendamento 1.301 è anche, ovviamente, l'occasione, dato il taglio fisico del dibattito sul complesso degli emendamenti, di illustrare più in generale la posizione personale e del gruppo su questo provvedimento e sulle modalità con cui esso viene discusso e sarà poi votato dall'Assemblea. In particolare, preme precisare in premessa che la nostra proposta emendativa è tutt'altro che infondata ed è relativa a misure di aggravante dell'articolo 576 del codice penale, che sono state, a nostro avviso, proposte proprio perché probabilmente inserite in un clima di strumentale utilizzazione delle aggravanti, che sono state proposte senza un'accurata riflessione tecnica.
In particolare, l'interpolazione delle aggravanti di cui all'articolo 576 del codice penale produrrebbe un'aggravante di natura tecnicamente soggettiva, cioè affidata all'autore (questa sarebbe la norma che proponiamo di espungere), mentre la nostra proposta è di sostituire questa dizione con quella «in occasione della commissione», cioè tenendo conto che le aggravanti sono aggravanti del reato, secondo la tecnica generale di costruzione delle fattispecie criminali, e non sono, invece, o non devono essere, in questo caso, aggravanti di natura soggettiva, altro essendo l'aggravante quando la condizione personale soggettiva del soggetto produce un inasprimento della pena. In questo caso, invece, si tratta di una pena che viene inasprita in quanto sarebbe in relazione all'articolo 612-bis del codice penale, cioè a quello che è stato recentemente introdotto e che prende il nome genericamente indicato di stalking o, comunque, di condotta di sistematica violazione della persona.
Ma al di là di questa considerazione tecnica, che però ho voluto rassegnare al fine di dare contezza all'Aula anche delle nostre osservazioni di merito, non può che Pag. 72ribadirsi quanto sia preoccupante una modalità di discussione di questi testi così importanti anche per la vita sociale del Paese in maniera del tutto impropria, non solo stringendo i tempi del dibattito parlamentare, ma dimostrando la necessità di sventolare in vista delle elezioni delle bandiere in materia di sicurezza che nulla hanno a che fare con la complessità, la delicatezza e l'importanza sociale di questo tema e, soprattutto, con l'efficacia delle norme che siamo chiamati ad approvare e poi ad attuare.
In particolare, non posso tacere che il tema fondamentale che ha spinto a questa esasperata accelerazione dei tempi del dibattito parlamentare, e cioè la nostra proposta di espungere le parti meno coerenti e meno logiche, soprattutto quella sul pattugliamento a mezzo di ronde delle strade cittadine, dipende evidentemente da un'errata o da una suggestiva prospettazione del fenomeno sociale della violenza.
In particolare, già l'altra volta, durante la discussione sulle linee generali, richiamai l'attenzione dell'Aula, cosa che qui faccio nuovamente, sulla necessità di non farsi condizionare dal cosiddetto effetto di percezione dell'insicurezza, che in tutte le società contemporanee, massimamente in quella statunitense, che non a caso sta ritornando indietro da questa prospettiva infondata, ha determinato un timore per la propria sicurezza che è del tutto indipendente dai dati oggettivi della sicurezza medesima. Una società come quella statunitense oramai conta oltre due milioni di persone detenute e circa 7 milioni di persone soggette, a vario titolo, a provvedimenti di natura pararestrittiva; la nostra, che ha 62 mila detenuti, si incammina su quegli standard. Si aggiunge che nella società statunitense, negli ultimi trent'anni, sono state eseguite oltre mille condanne a morte; questa non è, quindi, certo la strada per modificare i comportamenti collettivi e per combattere la violenza. Diffondere l'uso di ronde politiche o di camicie di vario colore è tutt'altro che consolatorio o un metodo per affermare la sicurezza nelle nostre strade, ma è, piuttosto, l'anticamera di una faziosa divisione del nostro popolo, come si è già verificato nella distruzione delle società contemporanee (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, oggi per tutti noi, in modo particolare per me, originario dell'Abruzzo, è un giorno di dolore e anche di solidarietà, ma è anche il giorno della responsabilità istituzionale che ci chiama a dover dare risposte immediate ai bisogni di quelle popolazioni.
L'Aquila manca ancora di un ospedale da campo; quelle popolazioni non hanno ancora tutte un pasto caldo.
Se questa responsabilità deve essere esercitata con urgenza dal Ministero dell'interno e dal Governo, mi sarei aspettato che questo Parlamento, oggi, esercitasse la sua responsabilità istituzionale esplicando in pieno le sue funzioni e non essendo chiamato a non discutere un provvedimento così importante, a non parlare, a non contribuire a modificare, e a migliorare, delle norme che costituiscono degli strappi così violenti a principi della nostra democrazia; questo ci è stato impedito per un atto di arroganza della maggioranza.
Questo provvedimento porta in sé delle norme utili come quelle sulla violenza sessuale. Nel corso del dibattito parlamentare a queste norme sono state aggiunte altre norme che non condividiamo e che ci porteranno ad avere un atteggiamento di contrarietà completa al provvedimento.
Ci sono due funzioni a cui lo Stato non può mai abdicare: la sicurezza e la giustizia. Se lo Stato abdica alla funzione della giustizia, la conseguenza sono i linciaggi, le giustizie fai da te. Se lo Stato abdica alla funzione di sicurezza, la conseguenza sono le camicie brune, le bande armate. Voi questo state facendo: state abdicando a questo principio. Le ronde non sono una soluzione al bisogno di sicurezza dei cittadini, ma sono una norma manifesto pericolosissima per lo strappo ai principi. La vostra politica della Pag. 73sicurezza è una politica che fa del problema immigrazione un problema criminale, ma non è questa la soluzione al problema dell'immigrazione. L'immigrazione va governata così come il bisogno di sicurezza, di certezza della pena, e così come il bisogno di repressione dei reati va assicurato e soddisfatto con una giustizia efficiente. Voi in un anno di Governo non avete fatto né l'una, né l'altra cosa. I tagli ai fondi per la sicurezza sono stati imponenti, non avete neanche accettato la nostra proposta di unificare il referendum con le elezioni europee per destinare i 450 milioni di euro di risparmi al finanziamento delle Forza armate. La stessa cosa si può dire per la giustizia: è mancata, e manca, completamente una politica della giustizia efficiente e della certezza della pena. Il disegno di legge che in questi giorni incomincia il proprio iter al Senato sul processo penale è solo un pannicello caldo, non risolve alcun problema del processo penale, non garantisce l'effettività della pena, serve solo a far venir meno un altro principio fondamentale della nostra democrazia: quello della sottoposizione, della direzione da parte del pubblico ministero delle forze di polizia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LANFRANCO TENAGLIA. Si tratta di piccoli e grandi strappi che porteranno allo sfascio della sicurezza e della giustizia. Vi abbiamo chiesto di fermarvi di riflettere insieme, ma non avete voluto farlo perché non sapete ascoltare...

PRESIDENTE. Onorevole Tenaglia, il suo tempo è esaurito.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, prima di illustrare la mia proposta emendativa volevo chiarire all'onorevole Santelli la funzione delle associazioni di coltivatori che anticamente sono state costituite in Sardegna per la vigilanza delle campagne.
Si trattava di persone attraverso le quali, grazie alla cultura antica di collaborazione e di associazione, le campagne e il territorio venivano non controllati e setacciati ma semplicemente custoditi, non come avverrebbe con la proposta che ci viene presentata con questo provvedimento, che prevede azioni di caccia all'immigrato ed il sospetto soprattutto per le persone diverse da noi.
Detto questo, noi a più voci abbiamo chiesto di lavorare e ragionare soprattutto per avere misure sempre più concrete, risolutive del problema della violenza sessuale sulle donne. Per questo vi abbiamo chiesto di attenervi a questo testo, di ragionare insieme, soprattutto per individuare quelle misure di prevenzione attraverso campagne di istruzione e formazione, che sono necessarie e devono essere portate avanti fin dalla giovane età in famiglia e a scuola, in modo tale da costruire una cultura nuova di rapporto e di interazione con l'altra. Occorre lavorare poi all'individuazione di strutture indispensabili, capaci di accogliere soprattutto le persone che sono vittime della violenza, e alla preparazione di un supporto e di una riabilitazione, soprattutto quando le vittime sono minori, donne disabili o quant'altro (ad esempio, quando sono persone anziane). Per queste persone - lo sappiamo bene - il tempo del recupero, sia fisico sia psicologico, è senz'altro molto più lungo ed oneroso, ed è raggiungibile solo attraverso il lavoro di aiuto, di sostegno che solo alcune figure possono dare.
Un sostegno e un aiuto che vanno rivolti certamente e soprattutto alle persone vittime della violenza, ma - riteniamo - anche a coloro che effettuano la violenza. Per questo abbiamo pensato di presentare un emendamento che aiuta anche a sanare una situazione che esiste già ormai da diverso tempo nel settore della medicina penitenziaria e che con la legge finanziaria del 2007 cercava di trasferire le funzioni al Sistema sanitario nazionale. In questo percorso vi sono delle figure professionali, come psicologi e infermieri, che possono essere utilizzate da subito per attivare quegli interventi di sostegno e di aiuto alle persone. Ecco, con questo emendamento noi vi chiediamo di Pag. 74far riferimento a quella selezione e a quel concorso pubblico che permette di mettere in campo e di avere subito a disposizione, per l'attuazione di questo provvedimento, la loro professionalità per iniziare ad intervenire molto concretamente. Il nostro emendamento propone quindi l'obbligo per le Aziende sanitari locali, previo accordo col Ministero della giustizia e nel rispetto naturalmente della normativa in materia di assunzione del personale, di attivare il reclutamento di queste figure professionali utilizzando la graduatoria dei concorsi pubblici già espletati e presente dal 2004. Noi riteniamo - ripeto - che questo possa essere già un primo passo per rafforzare gli interventi di sostegno psicologico, per far funzionare al meglio i servizi territoriali previsti in questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.

GIANNI FARINA. Permettetemi anzitutto di affermare oggi in questa sede che per me e per molti come me questo è un giorno di dolore. Io che ho vissuto una vita all'estero, in Svizzera, in Germania, in Africa non posso che andare alle menti e ai cuori delle migliaia di cittadine e cittadini abruzzesi che vivono in Europa e nel mondo. Ne conosco la loro tristezza, il loro dramma e guardate che sono cittadini abruzzesi molti di quelli periti nelle miniere di Marcinelle che tante volte noi abbiamo ricordato. Oggi siamo qui a discutere di un provvedimento sulla sicurezza che è sempre stato al centro dell'attenzione di tutti noi, noi cittadini emigrati, noi che abbiamo vissuto in Paesi spesso incompresi e dove purtroppo governava soltanto la paura...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Farina, pregherei il sottosegretario Caliendo di sedersi al banco del Governo. Non c'era nessuno, se non è presente lei, onorevole sottosegretario, dobbiamo sospendere: cosa preferisce (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

GIANNI FARINA. Parliamo al Parlamento se manca il sottosegretario. Vorrei dire che abbiamo vissuto in Paesi, confrontandoci con altre popolazioni in Europa e nel mondo, in cui vigeva la cultura della paura: sì, l'incontro con il diverso destava paura e incomprensioni e, quindi, provocava leggi spesso liberticide. Ecco perché non condivido l'insieme del provvedimento che stiamo discutendo. È presente in esso una cultura della paura e una grave sconfitta culturale di certi Paesi e, vorrei dirlo, anche un insulto verso i tanti milioni di italiani che sono andati nel mondo a guadagnarsi una vita prospera, a guadagnarsi una vita più sicura che nel nostro Paese non era assicurata.
Vorrei che mentre discutiamo di questi provvedimenti avessimo in mente, avessimo nel cuore tutti i principi della Carta dei diritti fondamentali. Infatti è quella Carta che ci deve guidare in ogni provvedimento al centro della nostra attenzione. Invito quindi il Governo del nostro Paese, il Parlamento del nostro Paese, le forze politiche, le forze culturali, le università a studiare la storia della nostra emigrazione, che può essere anche una storia che insegna molto a noi: a fare leggi fondate sulla solidarietà, sulla convivenza, a costruire società multiculturali e multietniche che sono dentro al nostro avvenire e che sono parte sicuramente della nostra storia e del nostro futuro.
Vorrei che anche da oggi partisse una riflessione seria, un nuovo modo di concepire i rapporti con le popolazioni, con gli emigrati che abbiamo in Italia. Verso di loro occorre non comprensione ma conoscenza, occorre conoscere le loro tradizioni, la loro storia, la loro cultura. Occorre che noi ci facciamo ricchi della loro storia e della loro cultura. Allora sì, costruiremo anche nel nostro Paese una sicurezza più vera, più autentica, fondata sulla convivenza tra popoli diversi e di pari dignità. Questo deve essere il nostro scopo e questo deve essere anche il motivo per il quale noi da oggi ci impegniamo verso la costruzione di questo nuovo che sta nelle nostre possibilità, che sta nella nostra storia, che sta nelle nostre conoscenze, Pag. 75le conoscenze che noi abbiamo acquisito in tanti anni nelle terre dell'Europa e del mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.
Onorevole Lo Moro, ha facoltà di parlare o, in alternativa, ne ha facoltà l'onorevole Concia.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, mi chiedevo quale fosse l'emendamento da illustrare.

PRESIDENTE. Quello firmato da lei.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, l'emendamento in esame è legato ad un emendamento di cui ha parlato prima Gianni Farina. L'obiettivo nostro è quello di estendere la normativa prevista per la violenza sessuale per quanto riguarda il gratuito patrocinio anche con riferimento agli atti persecutori. Vi è un principio che abbiamo già introdotto, che è passato e che ha raggiunto il consenso della maggioranza, del Parlamento e delle Commissioni: quello di non considerare valido il limite di reddito operante per gli altri reati, per quanto riguarda la persona offesa da reati di violenza sessuale. Se questo è un principio condivisibile oggi, che il Parlamento può vantare di aver introdotto, dopo tanti anni di travaglio e di lavoro, una nuova normativa in materia di atti persecutori, ci sembra logico e lineare che questa stessa regola - la regola che non fa valere i limiti di reddito per la violenza sessuale - non valga neanche per gli atti persecutori.
In questo senso ci siamo adoperati e in questo senso va letto l'emendamento in esame, che come ribadisco, va letto insieme a quello di cui ha parlato prima Gianni Farina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, la proposta emendativa su cui siamo ragionando riguarda gli identici emendamenti soppressivi Vietti 5.7 e Franceschini 5.9 e riguarda esattamente uno di quegli elementi che avremmo preferito affrontare nella discussione generale, per poter approfondire e su cui stamani il presidente Soro aveva chiesto in maniera molto seria e determinata le ragioni, al fine di avere una discussione e una disponibilità, da parte del Governo, ad espungere dal provvedimento in esame proprio questi due punti, l'articolo 5 e l'articolo 6, che sembrano esserne del tutto estranei, se non rispondenti ad una logica meramente propagandistica e politica.
Lo abbiamo fatto con la pacatezza che contraddistingue una grande forza di opposizione, perché i colleghi lo sanno bene: noi sulle vicende della sicurezza ci siamo misurati; avremmo voluto e continuiamo con testardaggine ad affermare un'idea di sicurezza che sia la capacità, da parte dello Stato, di avere su questo elemento una grande capacità di ragionamento e di mettere in campo - come abbiamo detto già più volte, essendo su queste materie giunti al terzo decreto-legge, in maniera del tutto spezzettata - una riflessione invece di grande valenza politica.
La questione della sicurezza in questo Paese non si misura solo sulla battaglia contro la criminalità e la clandestinità: si misura nella capacità di guardare al territorio e alle condizioni del governo dell'immigrazione con ragionamenti che siano sul serio in grado di governare questo fenomeno.
Ancora una volta, invece, nel decreto-legge in esame avete voluto inserire una logica tipica dell'emergenza. Ma la sicurezza non è emergenza, perché se la si affronta con il dato dell'emergenza noi applichiamo una norma lesiva fondamentalmente della funzione propria di uno Stato: garantire che nella sicurezza vi sia un'azione forte, un'azione determinata, una soluzione strategica. Invece no, inserite norme in contraddizione, a volte anche con gli indirizzi della Unione europea. In particolare, in questi articoli, l'elemento Pag. 76dell'espulsione a carico di cittadini irregolari avviene attraverso i centri di identificazione, con una permanenza dentro tali centri di oltre 18 mesi: non si tratta più semplicemente di una permanenza in centri di identificazione, ma di vera e propria detenzione.
Questo cozza con l'aspetto giuridico, perché non è la condizione di essere irregolare a costituire di per sé un elemento di reato. E del resto, perché l'avete inserito nel decreto-legge in esame? Infatti, questo è il punto e la domanda politica che ci stiamo ponendo. Noi abbiamo incardinato nelle Commissioni di merito il disegno di legge per la sicurezza approvato dal Senato e proprio su questi argomenti - quello dei centri di identificazione e la questione delle ronde - anche in quella Camera vi è stato un grande dibattito.
Forse avevate paura che quella discussione in questa Camera avesse di nuovo una valenza ed un impatto mediatico forte. Una discussione in cui le stesse ragioni dell'opposizione, questa volta non isolate dentro quest'Aula del Parlamento, ma accompagnate da grandi proteste di organizzazioni, quelle sì, civili - ed in seguito evidenzierò su ciò un aspetto - ci stanno indicando come questo provvedimento, non solo è sbagliato nel principio, ma contiene quello che è un vostro vizio: l'inapplicabilità delle leggi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 16,10)

SESA AMICI. Giorni fa, mi è capitato di ricevere una notizia che, probabilmente, assumendo ulteriori informazioni, trasformerò un atto di sindacato ispettivo. Una persona irregolare si butta dalla finestra e si rompe entrambe le gambe. La polizia la accompagna ad un pronto soccorso, che esegue l'operazione alle gambe. Tuttavia, la riabilitazione non finisce dopo l'intervento: quella persona ha bisogno di cure. La polizia chiede al pronto soccorso che immediatamente venga indicato il momento della dimissione - cosa che l'ospedale fa - e, con la volante, trasporta questo immigrato da un ospedale romano ad un ospedale della provincia di Latina, e lo porta al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. Quel cittadino viene rifiutato da quel centro di identificazione, perché il centro non è in grado di curarlo.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SESA AMICI. Questa è la barbarie: non sono centri di identificazione, ma esattamente il contrario. Si continua a pensare che l'essere clandestino sia un elemento di condizione umana, di per sé, negativo. Con questa cultura non è possibile alcuna politica della sicurezza, e si determina esattamente il contrario: uno stato di insicurezza assoluta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, stiamo esaminando un decreto-legge: non è il primo decreto-legge esaminato in quest'Aula, ma il quarantesimo, il terzo, come è stato detto, sui temi della sicurezza. Credo che i colleghi, ormai, si siano un po' abituati - perfino troppo - a questo tipo di esame di decreti-legge. Non è tanto grave il fatto che, ormai, stiamo contando un così alto numero di decreti; è grave il fatto, signor Presidente - qualcuno avrà riflettuto su questo aspetto molto singolare - che questa Camera (naturalmente, il Senato fa cose simili), stia lavorando quasi essenzialmente attraverso la conversione di decreti-legge. Ciò significa che, ormai, non dobbiamo più limitarci a contare i decreti-legge. Contandoli, infatti, si comprende che quaranta sono quattro al mese, più meno lo stesso numero di quelli che vi sono stati nella quattordicesima e tredicesima legislatura.
Vorrei invece invitare tutti a «pesare» i decreti-legge. In questo modo, infatti, ci si rende conto che si tratta dell'attività prevalente, cioè del 90 per cento delle Pag. 77norme che stiamo approvando. Il 90 per cento delle norme approvate da una Camera vuol dire una cosa totalmente nuova nel panorama del Parlamento italiano: un'attività che dovrebbe essere, per Costituzione, straordinaria per necessità e urgenza diventa, in questa sede, un'attività ordinaria.
Nel decreto-legge in oggetto sono state inserite norme - l'hanno detto molti colleghi che sono intervenuti - che la Camera ed anche il Senato avevano già approvato: le norme sullo stalking. Come si può pensare che un Governo utilizzi lo strumento del decreto-legge per inserire all'interno di un testo normativo, norme che la Camera, a stragrande maggioranza o all'unanimità, aveva approvato, e che il Senato si accingeva ad approvare in tempi rapidissimi? Come si può immaginare che norme estrapolate da testi di disegni di legge all'esame del Senato, ed oggi della Camera, come il disegno di legge sulla sicurezza, vengano convogliati discrezionalmente in un decreto-legge? Come si può immaginare che una norma, addirittura bocciata da un ramo del Parlamento, venga presa ed inserita in un decreto-legge in quel testo sostanzialmente analogo e solo con leggere differenziazioni?
In quel che dico non c'è alcuna obiezione di principio sull'uso dei decreti-legge; al contrario, noi ci aspettiamo che oggi o nei prossimi giorni il Governo vari un decreto-legge sulle drammatiche questioni legate al terremoto. Quello è un decreto-legge che noi ci aspettiamo perché è assolutamente necessario. Noi condanniamo un tipo di decreti-legge come quelli che stiamo esaminando profondamente diversi da quelli previsti dall'articolo 77 della Costituzione.
Signor Presidente, ci stiamo abituando ai decreti-legge non più omogenei e l'omogeneità è una regola fondamentale del nostro ordinamento. I colleghi che intervengono parlano di materie svariate, sì è prevalente la materia collegata alla violenza sessuale, ma essa è solo un aspetto, lo stalking è collegato a questo, ma è un altro aspetto, il problema dei centri di identificazione è un altro aspetto ancora, così come quello delle ronde. Mettere insieme tutto questo è assolutamente inammissibile e credo che dobbiamo riflettere attentamente su questi problemi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Ciò perché - e concludo in questo modo - la Corte costituzionale non ha bisogno che forniamo una materia così critica sotto il profilo costituzionale e soprattutto i cittadini italiani non hanno bisogno che produciamo leggi così terribilmente malfatte. Pertanto credo che questa riflessione sia fondamentale nel momento in cui ci accingiamo a valutare nel merito i singoli emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, riferendomi all'intervento dell'onorevole Minniti sono tra coloro che ritiene che il monopolio della forza sia ancora esclusiva pertinenza dello Stato e di conseguenza, nel momento in cui letteralmente il popolo si fa Stato, ciò rappresenta secondo me l'espressione di una subcultura politica alla quale bisogna rispondere con semplicità e soprattutto con l'esattezza di quello che è scritto nella nostra Costituzione.
Penso che noi non vogliamo sminuire l'importanza ed il ruolo del volontariato, ma, lasciando questo come premessa, dobbiamo ritenere che è fondamentale rilevare come la disposizione prevista in questo provvedimento all'articolo 6 non è certamente la soluzione che può dare, come alcuni colleghi della maggioranza hanno sottolineato, occupazione ai giovani, né può risolvere, se non in termini propagandistici - come accade quando si tratta di argomenti come questo, ossia della sicurezza - il problema della sicurezza in questo Paese.
Vorrei precisare che l'articolo 18 della Costituzione, che riguarda appunto la libertà di associazione, parla di associazione di volontarismo, ma soprattutto di non Pag. 78regolamentazione per legge di ciò, e come tali quindi non possono essere giustificate o considerate le ronde, trattandosi in effetti di un fenomeno molto diverso. Ritengo che queste possano essere assimilate...provengo da un'area geografica dove esistono, direi da parecchi decenni, le cosiddette ronde e sono anche armate e sono quelle che praticamente sono controllate dalle organizzazioni criminali, dalla 'ndrangheta e dalla camorra.
Si tratta di associazioni private che non si sa bene da chi saranno finanziate e che impropriamente svolgeranno attività di prevenzione tipiche delle forze di polizia, cioè degli unici delegati dallo Stato all'uso esclusivo della forza. Esse svolgeranno, quindi, funzioni che sono tipicamente delle forze dell'ordine senza però quelle garanzie che le forze dell'ordine danno a tutti cittadini e che sono fornite, non solo sotto il profilo della professionalità, ma soprattutto sotto il profilo della loro fedeltà alle istituzioni democratiche. Le ronde, quindi, non possono rappresentare la risposta, né tanto meno è quello che la gente ci sta chiedendo, che i cittadini italiani ci chiedono.
È una risposta sbagliata e lesiva soprattutto di quella che è la base della nostra democrazia. Lo hanno rilevato già molti operatori delle forze dell'ordine testimoniando, tra l'altro, eventi abbastanza paradossali e anche molto ridicoli. Ricordiamo quello che è accaduto a Padova dove le ronde sono state scortate dalle volanti della Polizia.
Pertanto, dobbiamo sottolineare, ancora con forza, il nostro dissenso per quanto riguarda questo tipo di norme che vengono introdotte dalla maggioranza sempre alla prese con la necessità di norme manifesto e ad effetto, senza porsi i problemi relativi alla domanda e all'offerta di sicurezza.
Dobbiamo pensare, invece, ad altro e dobbiamo rafforzare l'attività di prevenzione svolta, in esclusiva, dalle forze dell'ordine attraverso una costante difesa dei territori e una presenza in quei territori, e non perché, come dice il Ministro La Russa, ci sono Ferrari o FIAT, parlando dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato in un'intervista rilasciata ieri, ma perché sono tutte Lamborghini - vogliamo dire - e perché l'obiettivo è rendere più qualificata la sicurezza in Italia.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Invece, quello che è avvenuto finora è stato il taglio del turnover e la riduzione delle previsioni di assunzione e, quindi, è su questo punto che si dovrebbe lavorare. È questo ciò che i sindacati di Polizia stanno denunciando da tempo ed è per tale motivo che, tra l'altro, abbiamo presentato una proposta emendativa - di cui sono firmataria - in cui chiediamo che siano reclutati quei volontari, in ferma breve, che sono nelle Forze armate e che sono, dunque, persone qualificate e idonee a svolgere questo lavoro. Quando per norme precedenti siano previste le dimissioni dai ruoli di polizia, auspichiamo che venga garantito ad essi, viste le esigenze e considerata la richiesta di tempestività fatta dal Governo, di essere immessi immediatamente in questi ruoli.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, vorrei proporre un argomento che in buona sostanza, con correzione di termini, il collega Cota non chiama più «ronde» ma «volontari», e vorrei anche richiamare l'attenzione, soprattutto dei colleghi di maggioranza, su questo cambiamento di impostazione e su questa fuga pericolosissima in avanti che ci coinvolge tutti e che ci preoccupa anche a nome della maggioranza.
Assistiamo ad un cambiamento di impostazione per cui non sono più i cittadini ad essere coinvolti nell'amministrazione della cosa pubblica e, quindi, ad essere coinvolti anche in una responsabilizzazione di compiti pubblici e di valori pubblici o, vorrei dire, di valori che riguardano il bene comune, ma vi è un ribaltamento che consiste nella privatizzazione Pag. 79della cosa pubblica. Questa è un'impostazione culturale che ci sembra pervadere tutti i primi (ma ormai cospicui) mesi di legiferazione del Governo perché, ormai, sempre di legiferazione del Governo e non del Parlamento stiamo discutendo.
Dunque, è una falsa rappresentazione quella che ci avete dato e ripetuto più volte, ossia che opponendoci a tale impostazione e, in particolar modo, opponendoci ai cosiddetti volontari non siamo in grado di comprendere o non capiremmo tutto il valore di quella che è una forma di partecipazione e di coinvolgimento dal basso dei cittadini.
In realtà, la partecipazione e il coinvolgimento dal basso è ben altra cosa e sul tema della sicurezza pubblica, su quello della sicurezza e della vivibilità delle città non abbiamo assolutamente niente da imparare.
Ma abbiamo un'esperienza molto consolidata delle amministrazioni che vede questo coinvolgimento in un presidio del territorio che è presenza sul territorio, che è animazione del territorio e che è in un rapporto diverso con le forze dell'ordine.
In questo ambito, invece, c'è molto da fare anche sul tema della sicurezza pubblica che è vicinanza alle forze dell'ordine, che è coinvolgimento nella questione dell'ordine pubblico, che è sentire lo Stato come un qualcosa che ci appartiene, come valore e come difesa delle istituzioni.
Pertanto, opponendoci a questo decreto-legge - in particolar modo sul punto di cui mi sto occupando - vorrei dirvi che intendiamo competere e sfidarvi su alcuni termini che non intendiamo lasciarvi e che saranno sicuramente la sfida della cultura politica e della proposta politica dei prossimi anni. Questi termini sono: appartenenza, identità e comunità. Sono termini che sentiamo nostri, ma con un significato profondamente diverso.
L'appartenenza è quella relativa al senso dello Stato, al senso delle regole e la comunità è una comunità di regole, di condivisione e di progetto, non una comunità di difesa in senso regressivo come la interpretate voi.
Soprattutto, intendiamo che quello che può unire i cittadini e che può dare una prospettiva anche di sicurezza e di ordine pubblico è il significato della cittadinanza inteso come appartenenza, condivisione, anche di battaglia, e come lo stringersi attorno ai valori della cittadinanza che possono unire e creare una identità.
Tutto questo è assolutamente estraneo al provvedimento che ci proponete di votare e sul quale, se non c'è un cambiamento di rotta radicale, non può esserci disponibilità a discutere.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA ROSSOMANDO. Ho concluso, signor Presidente. Invece, partecipazione dal basso significa quel presidio del territorio che dicevo, unito a quella idea di efficienza e di razionalità che non può essere invocata, ma che deve essere praticata ed abbiamo completamente abbandonato.
Richiamo un esempio per tutti: i patti per la sicurezza, che vedevano obiettivi reali, risorse reali e controllo degli obiettivi stessi. Su questo non abbiamo più sentito niente e ovviamente vi è una totale inefficienza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, l'emendamento che vorrei illustrare mira a sciogliere un possibile equivoco interpretativo. Insieme con quello già illustrato dal collega Cavallaro pone in chiaro l'identità soggettiva sia del reo che della vittima del reato, di chi subisce violenza sessuale e ne riporta poi la morte, nonché la contestualità e la conseguenzialità degli eventi.
In realtà, la sciatteria nella redazione di questa norma che ritroveremo anche più avanti nel testo e in qualche caso la rozzezza dei contenuti di alcune delle norme proposte non riescono a celare una lampante verità. La verità è che questo decreto-legge rappresenta l'ennesimo intervento Pag. 80(ma la teoria sembra destinata ad allungarsi di qui a breve) ispirato all'unica logica di cavalcare l'onda emotiva, in parte strumentalmente alimentata, sollevatasi intorno al tema della sicurezza.
Non a caso, è proprio la parolina magica «sicurezza» che viene adoperata dal Governo come una sorta di passepartout, una locomotiva cui agganciare le misure più disparate nella convinzione che in tal modo esse potranno più agevolmente andare in porto. Si omette di considerare che, così operando, si espone il sistema a un doppio rischio.
Per un verso, l'emotività spinge a far leva pressoché esclusivamente sul momento repressivo, sulla misura della pena, che è scelta fatalmente miope. Infatti, così come i fatti hanno dimostrato che non bastava fare la voce grossa e minacciare fuoco e fiamme per arginare il fenomeno dell'immigrazione clandestina che, al contrario, è cresciuto in misura esponenziale, l'esperienza dimostrerà che prevedere pene sempre più lunghe e più dure non basterà ad abbassare i livelli di criminalità nel nostro Paese. Questo vale ancor più in una fase in cui le stesse statistiche di fonte governativa dimostrano, strumentalizzazioni a parte, che in materia ci troviamo di fronte ad un trend discendente piuttosto che ascendente.
Per altro verso - è questo a me sembra il rischio più grave - intervenendo a spizzichi e bocconi, in maniera cioè asistematica, si creano delle pericolose simmetrie nel nostro sistema penale. Per intenderci, ad esempio, non contesto in punto di principio che a chi si macchi di un certo tipo di reato sia precluso l'accesso ad alcuni benefici di legge, ma un elementare senso di equità mi spinge a dire che, a questo punto, dovremmo verificare se lo stesso trattamento viene riservato a chiunque commetta reati di pari gravità e odiosità sociale. In mancanza di questo riscontro, che l'emotività e la fretta indotta ci impediscono di effettuare, noi violiamo quei canoni di equilibrio e di armonia fra le diverse disposizioni che fanno di un insieme di norme un sistema giuridico, un ordinamento e lo facciamo pericolosamente assomigliare ad un vestito di Arlecchino.
Noi intendiamo contrastare questo indirizzo. Il primo passo di questa azione di contrasto sta nel sottolineare nel modo più chiaro e lineare l'intima contraddittorietà della posizione del Governo, il quale da una parte non perde occasione di proclamare che lo Stato c'è e che vuole riaffermare la sua sovranità, ma subito dopo - al netto dell'effetto declamatorio - comincia ad abdicare a quella funzione di mantenimento dell'ordine pubblico, che, come tutti sappiamo, è una delle più significative motivazioni poste a fondamento della sua stessa nascita.
Lo fa tagliando risorse ai soggetti istituzionalmente preposti a questa funzione, per lasciare ingresso a non meglio precisate associazioni di cittadini, che da qualunque parte le si guardi richiamano tristemente alla memoria formazioni già sperimentate in una delle fasi più buie della nostra storia patria. Solo per amore di sintesi non mi soffermo sui rischi cui è esposta l'applicazione di questo istituto in certe aree del Paese, come potrebbe ben essere la Campania da cui provengo, a forte insediamento malavitoso.
Spero ancora che i colleghi di maggioranza vogliano provare a sottrarsi a questa perversa spirale emotiva innescata e ormai autoalimentantesi, che rischia di costarci prezzi salati in termini di rispetto dei principi dello Stato di diritto e di realizzazione di quel modello di società liberale pure a più riprese ribadito come obiettivo primario da conseguire. E spero che, viceversa, si dispongano ad affrontare la discussione facendo leva piuttosto sulla testa, che sulla pancia, nella consapevolezza che è solo la prima che potrà consentirci di fare un reale passo in avanti, un salto di qualità anche sul piano delle politiche di contrasto al crimine, sia quello organizzato che quello riferibile alla cosiddetta criminalità minore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, questo emendamento riguarda la disciplina già approvata dalla Camera, cioè quella sullo stalking, ed ha un valore generale perché in realtà disvela l'inammissibile strumentalizzazione che il Governo ha fatto dell'unico provvedimento legislativo che aveva visto in quest'Aula la pratica del dialogo con un voto unanime.
La maggioranza ha voluto strumentalizzare quel provvedimento, stravolgendo il suo normale iter legislativo e inserendolo in questo decreto-legge per cercare un elemento di compensazione all'orrore delle ronde, ma noi non ci staremo a questo inganno.
Fa bene la Ministra Carfagna a non essere oggi in Aula, perché così come l'abbiamo difesa e sostenuta allora per l'approvazione della legge sullo stalking, oggi l'accuseremmo di aver venduto le ragioni delle donne e delle vittime di stalking; quelle ragioni che ci avevano portato ad un voto unanime, a quella pratica del dialogo a cui continuamente il Presidente della Camera richiama, soprattutto il Governo.
Voi sapete, colleghi della maggioranza, che non c'è alcuna ragione di urgenza. L'urgenza è solo quella di fare il vostro spot. Sapete bene che le ronde produrranno ulteriori problemi alla sicurezza, come è avvenuto a Padova solo un mese fa e come ha dichiarato lo stesso questore.
A noi fa paura questa limitazione dei benefici penitenziari, così come quella riduzione delle garanzie dello Stato di diritto. Ma fanno paura non solo a noi, fanno paura a tutti gli avvocati penalisti italiani che hanno in questi giorni scioperato contro questo provvedimento, definito dal presidente dell'unione delle camere penali - tradizionalmente non vicino al centrosinistra - così: lo Stato forte non è quello che viene meno al rispetto dei valori costituzionali, ma è tout court lo Stato di diritto.
Queste disposizioni rappresentano il parto di un legislatore schizofrenico che invoca, da un lato, le garanzie e la presunzione di innocenza per i politici inquisiti e ritiene, dall'altro, di poter sacrificare gli stessi principi per i più deboli, come se le regole del gioco fossero valide a seconda delle categorie di soggetti.
Noi siamo preoccupati come le camere penali per la tenuta dello Stato di diritto innanzi a misure gravissime come quelle contenute in questo decreto-legge. Non ci tranquillizza chiamare «ronde» i volontari, si chiamavano volontari anche le milizie durante il fascismo, e noi sappiamo quanto queste ronde sono differenti da quei volontari che sono in queste ore in Abruzzo a scavare con le mani tra le macerie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Un minimo di pudore avrebbe dovuto indurre il collega Cota a non fare raffronti di questo genere in queste ore. Quei volontari ci sono da sempre, non hanno bisogno di leggi per esistere. Sono i valori fondanti della nostra Costituzione che già li legittimano, perché loro operano per includere, per aiutare, per sostenere, non per escludere e scacciare.
Né ci possiamo fidare di questa specie di cambiale in bianco che il Governo pretende di farci firmare quando con l'articolo 6 rimette ad un decreto del Ministro dell'interno la definizione degli ambiti operativi di queste ronde. Noi dobbiamo discutere in questa sede anche quegli ambiti operativi, e non basterebbe neanche una modifica della Carta costituzionale, non un decreto del Ministro, per togliere la sicurezza al monopolio dello Stato, perché solo chi ha il monopolio della forza può avere il monopolio della sicurezza. Questo è già contenuto nella nostra Carta costituzionale.
Attenti, prendete sul serio quello che vi stanno dicendo le camere penali. Sulla violazione dello Stato di diritto vi troverete contro quelli che credevate complici e non li accontenterete solo sventolando la separazione delle carriere per i magistrati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, stiamo discutendo in questa sede della conversione del decreto-legge che affronta il tema della sicurezza, in particolare con riferimento al tema della violenza sessuale, almeno questo era l'intendimento del Governo e dei Ministri proponenti.
Questo era il tema rilevante del decreto-legge, ma oggi esaminiamo un testo diverso che, anziché dare priorità alla discussione in Parlamento sui temi del contrasto e della prevenzione, oltre che della repressione, degli atti di violenza sessuale, sta diventando il decreto-legge per l'istituzione, la legalizzazione delle cosiddette ronde. Il decreto-legge si sarebbe potuto convertire con celerità, anche in relazione al fatto che l'opposizione non era contraria ad affrontare nella sede parlamentare propria, ossia in Aula, la discussione e la votazione anche in tempi rapidi dei temi che questo provvedimento avrebbe dovuto trattare principalmente.
Oggi, ci troviamo di fronte ad un cambiamento, ad un rivoluzionamento del tema fondamentale del decreto-legge, che, sì, riguarda la sicurezza, ma che, in particolare, concerne lo stalking e la violenza sessuale nei confronti delle persone, soprattutto delle donne. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che in quest'ultimo periodo, in questi ultimi anni, vi è stata una recrudescenza della violenza sessuale contro le donne ed è un bene che il Parlamento affronti tali questioni anche se sappiamo che il Governo le ha affrontate in maniera approssimativa con disegni di legge e iniziative legislative precedenti che non hanno dato i frutti necessari e attesi e che, quindi, oggi deve tornare sull'argomento con un decreto-legge che, tuttavia, signor Presidente, cambia completamente natura. Lo ripeto: il decreto-legge per la repressione e la prevenzione degli atti di violenza sessuale sta diventando, anzi è diventato ormai nell'opinione diffusa del Paese il decreto per l'istituzione e la legalizzazione delle ronde.
Quindi, signor Presidente, vorrei rivolgere un appello anche a tutti gli amici e ai colleghi del Popolo della Libertà che subiscono un'iniziativa da parte della Lega che impone il tema e l'agenda al partito di maggioranza relativa su un argomento, sul quale sicuramente abbiamo visto che nel passato vi è stata una differenziazione interna alla stessa maggioranza. Proprio perché non voglio parlare a caso, vorrei rammentare che, poco tempo fa, lo stesso Presidente del Consiglio testualmente, davanti ad un numero di giornalisti che oggi possono dimostrare che effettivamente disse così, quando vi era la pressione della Lega per introdurre le ronde, ebbe modo di affermare che: «Le ronde offrono un pretesto per attaccarci». Suggerì poi al Carroccio di darsi una calmata «perché non possono volere sempre tutto» - parole testuali del Presidente del Consiglio - ed inoltre affermò: «Qualche volta diciamo sì, qualche altra volta diciamo sì ma con difficoltà, altre volte rispondiamo di no».
Ora il Presidente del Consiglio ci deve dire perché ha risposto «no» ad una proposta proveniente dall'opposizione, dal Partito Democratico, che questa mattina il presidente del mio gruppo ha sottoposto all'attenzione del Governo, del Parlamento e del Presidente della Camera che era semplicemente quella di stralciare la questione delle ronde, di inserirla eventualmente in un disegno di legge che consentisse a questo Parlamento di non discutere con la spada di Damocle dei tempi e dell'urgenza di un decreto, ma soprattutto di legiferare sulla questione più importante su cui già questa sera avremmo potuto concludere i nostri lavori. Invece, qui ci si costringe ad un confronto parlamentare che, peraltro, è un confronto serio, di merito, che vale la pena di sostenere e che nessuno può strumentalizzare in nome di questioni che hanno a che fare con la sensibilità generale del Paese, compresi gli ultimi avvenimenti gravi che sono intervenuti nella comunità nazionale nella giornata di ieri e di cui tutto il Paese sta soffrendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 83

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ringrazio per l'interesse che sicuramente risiede nelle mie parole, nonché per l'incitamento che mi arriva dai colleghi della Lega. Signor Presidente, credo che vada dato atto alla Lega di ottenere degli importanti risultati e che il problema che affrontiamo non vada tanto imputato alla Lega, ma ad una maggioranza che, evidentemente, non ha la forza di imporre delle priorità che siano diverse da quelle della Lega. Quest'ultima fa il suo mestiere, poi possiamo concordare o meno sul merito di alcune questioni, comunque fa politica.
È del tutto evidente che la Lega riesce a tenere sotto scacco la maggioranza e ad imporre di volta in volta l'agenda, per lo meno quella della maggioranza e qualche volta, signor Presidente, anche quella dell'opposizione in termini di sottrazione. Mi rivolgo anche ai colleghi che partecipano alla Conferenza dei presidenti di gruppo, dicendo che, ancora una volta, prima di riformare il Regolamento, lo violiamo, perché, per l'ennesima occasione, l'opposizione non può discutere i propri provvedimenti e le proprie scelte così come è previsto dal Regolamento. Questo perché la maggioranza, con la sua bulimia dal punto di vista della decretazione d'urgenza (e non solo), invade e sottrae ogni spazio dell'opposizione in questo ramo del Parlamento e non solo. Di conseguenza, ci troviamo in qualche modo a non poter esercitare neanche i nostri diritti.
Dicevo che la Lega è brava, perché è riuscita nel capolavoro di portare la maggioranza a mettere insieme due decreti-legge per garantire un provvedimento sul quale minacciava fuoco e fiamme e va dato atto al Ministro Zaia di essere stato a lungo presente in Aula durante quel dibattito. Tuttavia, questo non era un elemento sufficiente per far sì che si stravolgesse qualunque tipo di procedura e in questo non concordo ovviamente con il Presidente Fini che lo ha concesso. Noi pensiamo che in quell'occasione la procedura fu stravolta e di fatto ci siamo trovati di fronte alla Lega che ha imposto una specie di obbrobrio dal punto di vista giuridico, ma che lo ha portato a casa.
Si pensava che magari i colleghi del Popolo della Libertà, dopo il glorioso congresso che li ha visti protagonisti anche nei giorni scorsi, avessero la forza e la capacità di indicarci le proprie priorità, anche magari rispetto a tante critiche fatte all'opposizione, perché ha presentato proposte demagogiche. Invece, rimane l'agenda con le priorità, i paletti e i ricatti che pone la Lega, alla quale di volta in volta il Popolo della Libertà si adegua, magari facendo qualche sgarbo.
Vorrei rispondere all'onorevole Cota con tutta l'amicizia e la simpatia. Probabilmente, il Ministro Maroni è stato qui perché con tutti i poteri che gli sono stati tolti con i provvedimenti a favore del commissario straordinario Bertolaso, era difficilmente comprensibile quale fosse il suo ruolo fondamentale nella vicenda del terremoto. Non credo neanche che sia una cosa positiva, ma penso che, come è del tutto evidente e come accade adesso, la demagogia abbia le gambe corte. Il Ministro Maroni non segue questo dibattito da parecchio tempo ed è presente il sottosegretario Mantovano che lo rappresenta. Il collega Cota avrebbe fatto bene ad evitare di fare determinate affermazioni, perché è del tutto evidente che, se il collega Maroni fosse stato presente, sicuramente il motivo era per garantire di portare in porto questo suo particolare interesse, piuttosto che per un particolare rispetto del Parlamento.
Signor Presidente, il rispetto del Parlamento è palesemente inesistente nella natura stessa di questo provvedimento. Vi è una tale volontà di umiliare il Parlamento in ragione della quale viene meno anche quella concordia parlamentare che così raramente si crea. Eravamo riusciti a fare un'iniziativa parlamentare sullo stalking che ha avuto il voto trasversale alla Camera e lo avrebbe avuto anche al Senato. Tuttavia, il Governo ha dovuto sentire l'esigenza di appropriarsene e rendere vana quell'operazione anche politica Pag. 84per sfornare l'ennesimo decreto-legge a cui appiccicare il tributo da pagare alla Lega. Questa è la realtà dei fatti.
Il problema è che voi non siete neanche in grado di rispettare il Parlamento, quando esso, in modo autonomo, dimostra di essere capace rispetto a ciò che, magari, dal punto di vista delle vostre intenzioni apicali, dal Presidente del Consiglio in giù, non riuscite a fare. Voi pensate di fare qualcosa che crea un danno soltanto all'opposizione. «No», perché - io non so quando, spero presto - sicuramente le cose cambieranno e vi renderete conto che i danni che state facendo in termini di violazione delle procedure, del regolamento, nonché del rispetto delle iniziative politiche da parte dell'opposizione prima o poi vi ricadranno addosso e non pensate che queste non saranno delle vittorie di Pirro, come in qualche modo sui temi della sicurezza, sui quali avete gridato per tutta la campagna elettorale e durante le elezioni al comune di Roma. Ve li siete ritrovati addosso, perché avete creato le condizioni per cui una città, che tutto sommato non è insicura (e noi lo abbiamo sempre pensato), si è svegliata dal giorno alla mattina e si ritiene la città più insicura del mondo. Probabilmente, se aveste la capacità di riflettere, di fermarvi ogni tanto e di accogliere delle proposte ragionevoli - e mi rivolgo ai colleghi del Partito delle libertà che sappiamo perfettamente in molti non condividono la norma che si vuole forzare dentro questo provvedimento -, se aveste avuto l'intelligenza e la forza anche interiore di scegliere una strada condivisa su questo provvedimento, sarebbe stato sicuramente più facile portarlo in porto, ammesso che in porto questo provvedimento andrà mai (Applausi dei deputati del gruppo del Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, quando si parla di diritti umani e di sicurezza, il nesso per noi è inscindibile. Non è un fatto di linguaggio, ma di valori, di principi e di contenuti. Per noi essere di parte, non vi è dubbio, significa innanzitutto essere dalla parte delle donne, dei bambini, di chi è più discriminato. Penso, ad esempio, a quella giovane madre ivoriana a cui è stato strappato il suo bambino, mentre era in attesa del diritto d'asilo. È una materia che a noi sta talmente a cuore che il 25 di novembre, in occasione della giornata contro la violenza alle donne, abbiamo depositato una mozione. Perché? Perché volevamo che, almeno in quella occasione, vi potesse essere un confronto vero e serio all'interno di quest'Aula su un tema che identifica la visione della politica e le civiltà e che attraversa le civiltà.
Ho voluto fare riferimento a quell'atto perché, a seguito di quella mozione - lo voglio ricordare alle colleghe e ai colleghi -, venne votato un dispositivo all'unanimità. L'emendamento, che ora sto illustrando, non contiene altro che un punto di quel dispositivo. Lo ripeto, si tratta di un dispositivo votato all'unanimità che attribuisce al Governo il dovere di venire a riferire annualmente in Parlamento circa l'esito del lavoro di coordinamento, di monitoraggio e di prevenzione rispetto al dramma della violenza. Penso che sarebbe addirittura imbarazzante per la maggioranza, se il Governo e la maggioranza stessa non volessero sottoscrivere un emendamento contenente una misura che maggioranza e Governo avevano proposto in una mozione, con riferimento ad un dispositivo molto più ampio qualche tempo or sono.
Vorrei intervenire sull'emendamento che ho sottoscritto per esprimere una considerazione che mi sta altrettanto a cuore o forse più a cuore. Il gruppo del Partito Democratico mai e ripeto mai ha fatto mancare in Commissione, nelle Commissioni e in quest'aula disponibilità, proposte sotto forma di leggi, di proposte emendative che aiutassero a costruire un piano d'azione serio ed efficace contro le molestie e la violenza alle donne.
Noi lo abbiamo fatto per convinzione, perché ci crediamo, ma anche perché sappiamo che solo un programma ampio, Pag. 85che tenga insieme prevenzione, accompagnamento delle vittime e certezza della pena, possa avere qualche efficacia. D'altronde, sia le direttive europee, sia le indicazioni che sono giunte anche di recente dalle Nazione Unite, indicano quella strada come l'unica in grado di debellare un dramma antico, che oggi si presenta con forme inedite e altrettanto virulente ed orribili.
Ebbene, ora ci troviamo innanzi a qualcosa che ci ferisce e ferisce le coscienze di questo Paese in due forme. Se oggi voi approvate, con la forma e con i contenuti con cui lo avete proposto, questo decreto-legge, infliggerete non a noi, ma al Paese, due umiliazioni: innanzitutto, con la previsione delle ronde, vi è l'inserimento di un elemento culturale regressivo e di inciviltà, con cui ferite un'idea di Stato di diritto e la nostra Costituzione.
La seconda ferita, non meno grave (la citava prima la collega Capano), mi avvio alla conclusione, è quella di aver usato un dramma che colpisce le donne non per allargare i diritti, le responsabilità ed i doveri di tutti, ma per restringere in questo Paese diritti, responsabilità, civismo e democrazia. Di questo dovrà rispondere il Governo, della cultura regressiva che vuole insediare in Italia. Dovrà rispondere anche una Ministra, che oggi, non a caso, è assente dal banco del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prima di darle la parola, ha chiesto di parlare l'onorevole Vietti.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, avevo chiesto di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, è sempre complicato: quando lo comunichiamo, perché lo comunichiamo, quando non lo comunichiamo, perché non lo comunichiamo! Avevo comunicato la richiesta di parlare sull'ordine dei lavori, però evidentemente non è arrivata a destinazione. La prossima volta spedirò un piccione.
Signor Presidente, intervengo perché un uccellino mi dice che il Presidente si starebbe orientando a non concedere ciò che è stato concesso per tutte le settimane (quando non è stato fatto, è perché è stato chiesto all'unanimità dai gruppi), cioè la pausa di un'ora, dalle 17 alle 18, prevista quando il Presidente della Camera annunciò la fase sperimentale.
È bello, perché quando si comincia a parlare, è già pronto lo speech della risposta. Signor Presidente, chissà, magari, ogni tanto, si potrebbe pure provare a dire qualcosa di diverso, che non sia previsto nei precedenti e nello speech, ma il dottor Lasorella, come è noto, è il più veloce del West.
Signor Presidente, le stavo dicendo che, all'avvio del nuovo sistema di votazione con le impronte digitali, il Presidente della Camera pronunciò uno speech in cui annunciò che, in concomitanza con le votazioni con l'impronta digitale (in particolare, su richiesta di un partito politico e di un gruppo parlamentare che risponde al nome di Lega Nord, che si è animata in quest'Aula per rivendicare, fino in fondo e fino all'ultimo istante, il rispetto di questa norma), ci sarebbero state delle pause nel corso dei nostri lavori.
In particolare, rispetto alla giornata di oggi ci dovrebbe essere una pausa dalle 17 alle 18, all'interno della fase di votazioni. Questo speech ufficiale e formale è stato pronunciato dal Presidente della Camera. Signor Presidente, ovviamente, non c'è nessuna Conferenza dei presidenti di gruppo che può metterlo in discussione, atteso che non mi dite che è stato deciso in Conferenza dei presidenti di gruppo. Forse, ci vorrà un'enciclopedia per rispondere, non pensavo di avere degli argomenti così convincenti.
Dicevo che lo speech è stato fatto in Aula e, quindi, ha una sua solennità e anche una sua valenza formale. In esso Pag. 86si annunciava una fase sperimentale, il che significa che essa ha investito e riguardato tutti i singoli deputati e si è scelta l'Assemblea proprio perché, nella gerarchia delle fonti e dei posizionamenti, si voleva informare l'Assemblea di questa decisione.
È del tutto evidente, signor Presidente, che se si torna indietro su questo, occorre farlo con una comunicazione formale all'Assemblea, che non è mai stata fatta. Questa pausa non è mai stata messa in discussione, salvo che, signor Presidente, e ci tengo che lei mi ascolti perché è qualcosa - ho veramente concluso - sulla quale la pregherei di riflettere, non vogliamo introdurre, dopo tutto quello che abbiamo introdotto in termini di modifiche e di strappi dentro quest'Aula, anche il fatto che qui dentro le cose si concedono se le chiedono dei gruppi della maggioranza e non si concedono se le chiedono dei gruppi dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), se si va avanti con i muscoli, sapendo che poi si va a sbattere contro un muro con i muscoli.
In relazione ad esigenze che erano umane e naturali quando le chiedeva la Lega, credo che esse siano umane e naturali anche quando le chiede l'opposizione, tanto più nel momento in cui l'opposizione è stata in Aula tutto il giorno, a differenza di tanti altri colleghi che sono potuti andare in giro, perché state a fare una sua battaglia, e tanto più in una fase in cui sono previste votazioni, esattamente come si prevedeva in altre situazioni.
Signor Presidente, al di là degli speech e delle enciclopedie che sono state portate, la pregherei di riflettere se possiamo creare un doppio binario e una disparità così chiara tra maggioranza e opposizione, soprattutto a seguito di una decisione formale comunicata in Aula dal Presidente della Camera, che verrebbe modificata, in questo momento, senza che formalmente vi sia stato alcun tipo di cambiamento di indirizzo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, sono a favore del rispetto dei diritti umani, come lei può immaginare.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, voglio inserirmi sull'intervento svolto dall'onorevole Giachetti. È evidente che siamo tutti qui da stamattina alle 9, almeno tantissimi di noi. Il problema dello stare qui è anche normale, perché è il nostro impegno, però che ora, come sembra, si metta in discussione la possibilità non di fare un'ora di pausa, ma di non rispettare l'organizzazione normale dei lavori che è stata prevista quando si è modificato il tipo di sistema di votazione in quest'Aula, mi pare veramente paradossale.
Dopo la tensione che c'è e c'è stata oggi rispetto al tipo di iniziativa che è stata portata avanti con il decreto-legge, con la non accettazione delle proposte dell'opposizione di trovare anche delle forme equilibrate per rivedere i contenuti, credo che se la maggioranza ha titolo legittimamente a portare avanti i suoi provvedimenti, almeno non venga stravolta, come dicevo prima, l'organizzazione dell'Aula, adottata con la volontà del Presidente e con la scelta di tutti i capigruppo, che prevede alcune pause.
Ora, che la pausa sia dalle 17 alle 18 o qualcosa di diverso non è importante; è che non può venir meno l'impegno preso nei confronti di quest'Aula; impegno preso all'unanimità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, in merito al fatto di cambiare le regole che ci siamo dati, avendo più volte, in queste settimane, partecipato alla Conferenza Pag. 87dei presidenti di gruppo per il mio gruppo, più volte è stato ribadito questo concetto: la nuova organizzazione, che aveva natura sperimentale, non poteva essere cambiata così, semplicemente, senza alcun preavviso e senza un'adeguata discussione.
Tenga presente che, in una giornata come quella di oggi, venti minuti dopo la fine della seduta antimeridiana erano convocate, in seduta congiunta, la I e la V Commissione per lavorare sul provvedimento (atto Camera 1441-bis) che andrà in Aula dopo Pasqua con votazioni.
Risultato: francamente, c'è qualcuno tra noi che, essendo qui dalle 9 di mattina, in quei venti minuti doveva decidere se mangiare, se prepararsi per la Commissione o se fare qualche altro atto di natura fisiologica (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ricordo un intervento - e la Lega non dovrebbe vociare su questo - del presidente Cota, circa una settimana o dieci giorni fa, in cui ha preteso che si rispettasse l'impegno di fare l'ora di interruzione dalle 17 alle 18. Credo che, dopo una giornata così, sia giusto che oggi vi sia un'interruzione doverosa - se non alle 17, si faccia almeno alle 18 - per tutti coloro che sono qui da questa mattina (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, ovviamente, secondo l'articolo 8 del nostro Regolamento, la Presidenza ha facoltà disciplinare i lavori come meglio crede. Ritengo, tuttavia, di dover ricordare che anch'io, come alcuni colleghi che sono intervenuti in questo «giro di tavolo» sull'argomento della pausa, vengo fatto oggetto di questioni relative alle pause, alle interruzioni dei lavori o al momento delle votazioni. Ma, avendo letto la nota dell'Assemblea della settimana scorsa in relazione ai lavori di questa settimana, e avendo ascoltato, a seguito delle Conferenze dei presidenti di gruppo che hanno disciplinato l'evolversi dei lavori, le comunicazioni espresse dalla Presidenza in quest'Aula nelle giornate del 1o e del 2 aprile, non ho avuto segnalazione di pause nei lavori dell'Aula.
Deduco, quindi, che la Presidenza si sia riservata di gestire queste fasi, anche perché mi pare di ricordare che all'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo, la Presidenza aveva manifestato l'auspicio, al netto dei vari elementi di inasprimento, o meno, del dibattito politico, di tentare di concludere i lavori della settimana nella serata del mercoledì. Non vi è stata un'indicazione in ordine alle pause; la Presidenza ha, quindi, la facoltà di definire la questione nella sua piena legittimità, sovranità, e nella sua autonomia.
Ci tenevo, inoltre, a precisare signor Presidente, almeno per lasciarlo agli atti, che in quest'Aula è ovvio che vi sia un confronto politico, magari anche duro, tra maggioranza e opposizione, tra le diverse posizioni esistenti tra i gruppi, o anche al loro interno con gli interventi svolti a titolo personale, e così via. Ma credo che non bisognerebbe mai chiamare in causa, anche quando si dialoga con la Presidenza, l'amministrazione, men che meno chiamando per nome questo o quell'altro funzionario. Se noi rispettiamo la Presidenza, dobbiamo rispettare sempre l'amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), facendo in modo che svolga il proprio lavoro nell'ombra, con la giusta correttezza, nella terzietà che le è propria. Se ci sono critiche alla Presidenza, credo che la Presidenza abbia gli strumenti, l'autorevolezza per accoglierle e per replicare ove necessario (questo vale per la Presidenza e per i gruppi nel confronto politico). Ritengo opportuno, quindi, sottolineare come non si debba cercare di tirare in causa l'amministrazione in nessun caso, neanche per inciso, soprattutto nel gioco del confronto politico che è proprio di quest'Aula e che va lasciato alla politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Premesso che sono a favore del rispetto dei diritti umani, tutti Pag. 88e comunque, devo osservare che sono vincolato a far rispettare il Regolamento e l'articolazione dei lavori della seduta odierna così come risulta aggiornata dalle successive comunicazioni. Nelle comunicazioni della Conferenza dei presidenti di gruppo del 1o e del 2 aprile la pausa non è contemplata. Questo pone una questione: la pausa va ritenuta un qualcosa da inserire permanentemente? Certamente non è prevista dal Regolamento, e non posso farla osservare per il rispetto del Regolamento. Posso farla osservare ove prevista dall'articolazione dei lavori della seduta, ma se non è contemplata, posso introdurre una pausa solo ad una condizione: che esista l'accordo di tutti i gruppi, perché per variare rispetto al previsto andamento dei lavori ho bisogno dell'accordo di tutti i gruppi.
Sarebbe il contrario se la pausa fosse prevista: in tal caso, avrei bisogno dell'assenso di tutti i gruppi per non effettuarla. Ho sentito tre gruppi che la chiedono e uno che non si oppone, ma non ho capito onestamente qual è la posizione, perché mi pare che abbia piuttosto rimarcato alcune questioni di metodo ma non ci ha detto qual è la posizione del suo gruppo. Onorevole Baldelli, vuole essere così gentile da farcela conoscere?

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, il punto è molto semplice. La pausa - come lei ha spiegato - non è prevista nell'ordine del giorno; ritengo francamente abbastanza singolare stare qui a parlare per alcuni minuti - dopo una giornata di interventi - sul fare più pausa o meno pausa da parte dell'onorevole Giachetti che comunque, siccome conosce il suo mestiere, trova tutti gli argomenti a favore.

ROBERTO GIACHETTI. Allora stai zitto!

SIMONE BALDELLI. Però io ritengo, Presidente, che in questa giornata i colleghi che abbiano voluto scegliersi o prendersi una «pausa» abbiano potuto farlo. Siccome non è all'ordine del giorno credo che il gruppo del Partito Democratico e gli altri gruppi abbiano la facoltà di porre la questione della pausa permanente, aleatoria, mobile o meno in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo prevista nella giornata di domani. Quindi per oggi la Presidenza ha facoltà di scegliere, ma io ritengo che forse non sia opportuno procedere, con una pausa, alla sospensione dei lavori visto che siamo stati un'intera mattinata senza fare votazioni ed anche durante il pomeriggio ne abbiamo svolta soltanto una (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

LUCIANO DUSSIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne fa facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, siamo contrari anche noi alla richiesta di pausa che è avanzata dai gruppi dell'opposizione per gli stessi motivi portati dal collega del Popolo della Libertà. È da notare un fatto, che quando noi avevamo aderito all'iniziativa del Presidente della Camera di votare con le impronte digitali avevamo anche chiesto un'organizzazione dei lavori tale per cui fosse comunque automaticamente prevista la certezza dei tempi da riservare all'illustrazione di emendamenti e alla discussione generale, e anche la certezza di archi temporali dai quali dedurre quando avremmo cominciato a votare e quando avremmo finito. Questo non è ancora successo. Ci auguriamo che il Presidente della Camera con la Giunta per il Regolamento arrivi a dar seguito alle nostre richieste. Per quanto riguarda la questione contingente, oggi abbiamo passato ore ad ascoltare molti interventi, anche ripetitivi (soprattutto ripetitivi) nei contenuti. I tempi per muoversi c'erano, ci sono ancora, ahinoi, quindi è giusto dar seguito ai lavori e rinviare magari le richieste di pausa a quando i lavori saranno più pressanti ed anche più consistenti nei contenuti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

Pag. 89

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, è singolare che anche sulla questione della pausa vi sia una divisione netta tra il Popolo della Libertà e la Lega. Vede signor Presidente, il Popolo della Libertà è talmente liberale che lascia a lei la libertà di decidere se concederci la pausa che ci spetta, oppure non concedercela, mentre la Lega Nord è nettamente contraria alla pausa. Quindi, vorrei che tutti gli italiani, che oggi sono interessati alla discussione sulla pausa, ascoltino questa netta...(Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Per favore, lasciate parlare l'onorevole Quartiani.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Il presidente della mia regione, il presidente Formigoni, ci ha detto che la Lega deve smetterla di fare il partito di Governo e il partito di lotta. In questo momento la Lega sta facendo il partito di lotta perché sta lottando per fare passare un decreto-legge che vuole solo la Lega. Il Popolo della Libertà sa che anche il Presidente del Consiglio ha qualche dubbio sul fatto che, nel provvedimento che discutiamo oggi, si inserisca la questione delle ronde.
Ma poiché non stiamo discutendo di merito, signor Presidente, è chiaro che concordo, anzi apprezzo e continuerò ad apprezzare il fatto che l'amministrazione e gli uffici procurino la documentazione necessaria affinché la Presidenza prenda le decisioni. Naturalmente non possono essere decisioni arbitrarie: la Presidenza decide quello che crede. La Presidenza, al contrario, decide valutando gli atti che vengono ad essa sottoposti. E sono stati prodotti alcuni atti.
Mi permetto non soltanto di elaborare un ragionamento ma di ricordare un atto. Infatti quando abbiamo iniziato la fase sperimentale, signor Presidente, in questa sede il Presidente Fini ha concesso la possibilità, e ha convinto i gruppi della maggioranza a votare con il sistema nuovo, sostenendo una proposta di organizzazione dei lavori che valeva per sempre, sino a che non si fosse conclusa la fase sperimentale.
Tale fase sperimentale, per volere dei gruppi della maggioranza, prevedeva che vi fossero due interruzioni, una al mattino e una al pomeriggio, in modo tale che si potesse lavorare al mattino - le tre, quattro, cinque ore necessarie - e il pomeriggio sino alle ore 20 o 21 a seconda di come è stabilito nel calendario. È soltanto esplicitando in maniera chiara che questa fase sperimentale è conclusa - lo si faccia in Assemblea o lo si faccia nella Conferenza dei presidenti di gruppo - che si può non attuare la fase sperimentale. Poiché nella Conferenza dei presidenti di gruppo non si è esplicitato che veniva meno la fase sperimentale ma si è prodotta una proposta in calendario in cui evidentemente si dà per scontato che la fase sperimentale è ancora in atto, è ancora in vigore. Questa non è un'interpretazione. Questa è parte fondamentale dell'applicazione di un Regolamento e di una convenzione sostenuta da tutti i gruppi all'unanimità.

SIMONE BALDELLI. Basta, basta!

PRESIDENTE. Per favore!

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Non è una questione giustamente che riguarda né gli uffici né l'amministrazione ma è una questione di applicazione di indirizzi politici e di scelte organizzative che l'Assemblea si è data autonomamente concordandola con il suo Presidente e all'unanimità tra tutti i gruppi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ritengo che siano state sufficientemente esposte tutte le posizioni. Credo di dover dire qual è la mia decisione. L'accordo che è stato fatto riguardo alla pausa non è riportato nel Regolamento né in alcun atto ufficiale a cui io debba attenermi. È un accordo tra i gruppi e, per avere efficacia ai fini dell'ordinamento dei lavori, va inserito all'interno della prevista articolazione dei lavori Pag. 90decisa dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. Ciò in questo caso non è avvenuto. Potrebbe essere interessante indagare per quale motivo non è avvenuto e credo che in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo sia necessario dare un'indicazione precisa agli uffici o di ritenere comunque inserita la pausa ove non vi sia ulteriore comunicazione, oppure di rinnovare, di volta in volta, l'indicazione dell'inserimento della pausa. Nei documenti che fanno fede per me in questo momento in cui presiedo l'Assemblea, non trovo l'indicazione di una pausa. E non posso concederla senza l'accordo di tutti i gruppi. Tale accordo a quanto pare non sussiste. Assicuro all'onorevole Giachetti che sono perfettamente in grado di fare uno speech senza leggere le carte preparate dagli uffici che, peraltro, ringrazio per la collaborazione che mi hanno dato anche in questa occasione come in molte altre.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo? Ancora su questo argomento? Non vogliamo chiudere la questione? Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, bisognava già chiudere da molto tempo. Infatti trovo che sia vergognoso quello che sta accadendo in quest'Aula. Dobbiamo renderci conto che stiamo votando. Un conto è ascoltare l'ostruzionismo, i pareri, le opinioni di un'opposizione su un decreto-legge in materia di sicurezza; altro è fare una discussione sulla pausa o non pausa quando in Abruzzo vi è ancora gente sotto le macerie. Speriamo che non vi sia nessuno a sentirvi perché altrimenti quello che state facendo è vergognoso. Che non ci sia la pausa: noi dobbiamo lavorare e basta! Non tre ore a parlare di pausa e non pausa, signor Presidente! Tre ore sulla pausa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti)!

PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, mi permetto sommessamente di far notare che la discussione è stata più sulla necessità di osservare i patti e la parola data, che non sull'opportunità della pausa e osservare i patti è una cosa comunque importante.

ROBERTO RAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, intervengo brevemente: in attesa che venga chiarito e regolamentato, spero una volta per tutte, nelle sedi opportune questo discorso della pausa o della non pausa, anche per i colleghi e per l'organizzazione dei lavori, visto che il Popolo della Libertà sostanzialmente non è stato contrario in maniera preclusiva rispetto alla pausa, la Lega si è dichiarata contraria, l'opposizione tutta invece la chiede, io affiderei a lei una decisione salomonica di concedere non una pausa di un'ora, che in questo momento è eccessiva, ma una pausa di alcuni minuti per evitare di parlare un'ora di questo problema (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Poi, cosa sia vergognoso e cosa non sia vergognoso francamente lo capiamo da soli, anche le strumentalizzazioni.

PRESIDENTE. Ho il sospetto che la Commissione gradirebbe anch'essa un periodo di pausa.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, sono stati presentati alcuni subemendamenti e quindi in ogni caso serve una brevissima sospensione dei lavori, per consentire al Comitato dei nove di esaminarli. Chiedo quindi una pausa di cinque minuti per il Comitato dei nove.

Pag. 91

PRESIDENTE. Onorevole Bongiorno, come atto di magnanimità ne daremo invece quindici, anche perché è difficile che i cinque minuti siano davvero cinque.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare: come da Regolamento, le chiedo la parola a titolo personale a fine seduta, atteso che lei sta per sospendere la seduta.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, ma in tal caso mi lasci prima annunciare all'Aula che sono esauriti gli interventi per l'illustrazione delle proposte emendative e quindi riprenderemo con il parere del relatore e del rappresentante del Governo. Prego, onorevole Giachetti.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, il sistema della calunnia è un sistema che in particolare nei regimi autoritari, fascisti o comunisti, viene spesso usato contro gli avversari. Nella fattispecie, credo basta riprendere il mio intervento svolto precedentemente: io non ho espresso alcun giudizio negativo di valore sugli uffici.
Credo che in sette anni che sto qui dentro basta riprendere tutte le occasioni nelle quali ho avuto modo di parlare degli uffici, compreso anche qualche giorno fa. Quando ci riferiamo agli uffici non mi riferisco soltanto a chi ovviamente da un'alta responsabilità coadiuva i lavori là sopra, ma anche da coloro che magari svolgono anche tanti altri lavori preziosi dentro quest'Aula. Io non mi sono mai permesso e non mi permetterei mai e credo che il giudizio di valore che do sugli uffici sia noto e abbia avuto modo di testimoniarlo tutti giorni.
Non trovo che vi sia nulla di male, anzi penso che se probabilmente fuori da quest'Aula si conoscesse il nome e il cognome di tanti funzionari di primissima qualità, credo che questo non sarebbe grave: non fanno parte di una loggia massonica, sono persone che collaborano con noi e che dobbiamo ringraziare per il lavoro che fanno e per l'aiuto che ci danno. Quindi, nelle mie parole non ho francamente visto, signor Presidente, nulla che potesse in qualche modo intaccare il mio giudizio nei confronti degli uffici e che voglio qui ribadire. Lo stesso francamente si può dire per le parole che ho rivolto a lei, salvo un filo di ironia con la quale anche lei mi ha risposto: mi creda, non metto minimamente discussione il fatto che lei non sia in grado di esprimere uno speech senza bisogno dell'intervento degli uffici; vedevo che vi era una particolare agitazione e avevo fatto una semplice battuta.
Signor Presidente, per carità di patria e per rispetto del livello proprio più basso della dignità umana e personale non replico alle parole del collega Baldelli, che ogni volta non perde occasione possibile per prendere la parola e dare lezioni a noi tutti di come ci si comporta qui dentro. Io penso che il collega Baldelli può stare tranquillo che su come noi ci comportiamo qui dentro non sarà lui a darci lezioni e a darci il giudizio finale: ce lo daranno probabilmente singolarmente; magari fossimo in grado di andare nei collegi uninominali ed essere giudicati per quello che facciamo qui dentro e non perché siamo nominati, come è accaduto a me e ovviamente anche al collega Baldelli, grazie a un capo che l'ha mandato qui dentro.
Io penso, signor Presidente, che noi qui dentro dovremmo ripristinare il rispetto delle basi minime dei rapporti tra di noi: ciascuno deve essere libero di parlare senza avere dall'altra parte qualcuno che si permette di calunniare, nella fattispecie, e cercare di mettere in cattiva luce ragionamenti che erano assolutamente in linea con quello che avevo detto prima.

SIMONE BALDELLI. Impara per primo te!

ROBERTO GIACHETTI. Soprattutto, nessuno si può permettere, in questa sede, di dire agli altri ciò che devono fare. Lo ripeto, ma l'ho già detto la scorsa volta: il collega Baldelli è giovane, inesperto e «si farà», però deve imparare che qui dentro siamo liberi (Commenti del deputato Baldelli)! Il collega Baldelli è giovane e, forse, «si farà», non è neanche detto, viste le Pag. 92avvisaglie. Resta il fatto, che in questa sede, deve avere rispetto di tutti (Commenti del deputato Baldelli).

PRESIDENTE. Colleghi per favore... Prego, onorevole Giachetti, prosegua.

ROBERTO GIACHETTI. È stata udita da tutti la battuta simpatica che il collega Baldelli ha fatto a proposito della mia menopausa: questo per dare il senso oltre che della sua ironia, del suo rispetto nei confronti delle persone. Ho veramente concluso, signor Presidente.

PRESIDENTE. Non si preoccupi, onorevole Giachetti, prosegua, vediamo tutti che è altrettanto giovane!

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ormai sono nell'età in cui, probabilmente, purtroppo, tocca anche a me!
Signor Presidente, ovviamente nei limiti di quanto potrà fare, e per il futuro, le chiedo di garantire che, in questa sede, ciascuno possa essere libero di dire ciò che pensa, senza avere qualcuno che, non si sa in base a quale privilegio, si accoda dopo e si permette di esprimere giudizi su quanto ha detto qualcun altro. Questo non è dato.
Se il collega Baldelli ha delle idee e delle cose da dire, esprima le sue idee e dica ciò che ha da dire. Non stia, di volta in volta, a rampognare quello che dicono gli altri, perché non serve a nulla e, soprattutto, non serve a se stesso.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, posso garantirle piena libertà di parola in quest'Aula, a lei, come ad ogni collega. Garantirla contro interventi polemici, di buona qualità o di cattiva qualità e, qualche volta, anche di pessima qualità, non rientra nei miei poteri.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, a me dispiace che l'onorevole Mussolini sia andata via, perché le dichiarazioni che ha fatto poco fa meritavano una diretta interlocuzione con il Governo. Poiché ha sbagliato interlocutore, volevo darle un suggerimento, affinché le fosse chiaro con chi se la deve prendere e a chi deve dire: «Vergogna!».
Questa opposizione ha dimostrato, da ieri, un senso di responsabilità nazionale che saremmo molto curiosi di vedere a parti scambiate, con voi che oggi siete la maggioranza. Saremmo molto curiosi di vederlo. Avete speculato su tutto, negli anni in cui abbiamo governato noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Abbiamo dimostrato un senso di responsabilità, di serietà e di mancanza di polemiche nel momento della necessità che non ha precedenti. Sentirsi dire «Vergogna!», significa guardarsi allo specchio, onorevole Mussolini (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e dire a questo Governo che, per avere una ronda, mette da parte interessi fondamentali, come quelli dell'Abruzzo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Di questo si sta trattando! Quindi, guardatevi allo specchio e non fate lezioni di morale a nessuno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Applausi polemici dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Applaudite, perché questo è il segno positivo! Applaudite, bravi! Continuate, ma sappiate con chi prendervela! Bravi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Applausi polemici dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prima eravate tutti ansiosi di godere di questa pausa, vedo che la state consumando in un magnifico duello oratorio! Prego, onorevole Baldelli.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, come lei mi è testimone, in quest'Aula ho semplicemente svolto alcune considerazioni di natura politica e ho sottolineato Pag. 93come l'amministrazione non debba essere chiamata in causa, a prescindere dalle valutazioni che si possono fare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Le valutazioni del collega Giachetti sul fatto che io sia giovane e debba imparare il mestiere, le lascio al commento dei colleghi e credo che si commentino da sole. Per quanto mi riguarda, ritengo di saper fare abbastanza bene il mio mestiere e, se devo impararlo da qualcuno, non andrò certo ad impararlo dall'onorevole Giachetti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,30).

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, le cronache di un autorevole quotidiano riportano che, forse, questo stesso giovedì, il Governo dovrebbe indicare, nella persona del collega Stanca, già Ministro del Governo della Repubblica, il nome di colui che potrebbe ricoprire la carica di amministratore delegato della società di gestione dell'Expo 2015.
Le stesse cronache riportano (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)...non lo so questo dipende dalle fonti del giornalista che ha scritto l'articolo, che lo stipendio...(Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania) Sto parlando sull'ordine dei lavori! (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Per favore, colleghi, lasciate parlare l'onorevole Fiano!

EMANUELE FIANO. ...che lo stipendio dell'amministratore delegato della società di gestione dell'Expo dovrebbe ammontare a 700 mila euro.
Il collega Stanca ha dichiarato che non ha alcuna intenzione di dimettersi dall'incarico di deputato ove dovesse salire all'alto incarico di amministratore delegato della società di gestione dell'Expo. Visto che colleghi autorevoli prima hanno criticato una serie di argomentazioni che si facevano in quest'Aula paragonandola alla tragedia che sta vivendo la popolazione dell'Abruzzo -ed ai gravissimi problemi e ai drammi di quelle famiglie, a coloro che piangono i morti e via dicendo - mi domando se sia etico e morale dover leggere questa notizia sul fatto che un collega che deve andare a gestire una società pubblica di amministrazione per un'operazione così importante non intenda dimettersi - come prevedrebbe la legge, che lo dichiarerebbe incompatibile: la Giunta per le elezioni deciderà sull'eventuale incompatibilità con questa Camera - dal ruolo di deputato ed intenda rimanere deputato con uno stipendio pubblico di quell'entità! (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Silenzio per favore! Onorevole onestamente non capisco cosa questo abbia che fare con l'ordine dei lavori della Camera. L'ho lasciata parlare per rispetto...

EMANUELE FIANO. Signor Presidente ho chiesto di intervenire...

PRESIDENTE. ...e tentando di arrivare al punto in cui si capisse cosa avesse a che fare con l'ordine dei lavori.

EMANUELE FIANO. Lo so che lei presiede la seduta, ma se lei mi consentisse di concludere l'intervento le sarei grato. (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Per favore colleghi, lasciate parlare l'onorevole Fiano!

EMANUELE FIANO. Siccome in questa giornata di lutto per l'intera nazione sono state più volte citate in quest'Aula, giustamente, l'etica e la morale dei nostri comportamenti rispetto a quanto sta succedendo, Pag. 94credo che la notizia appena comparsa di un comportamento di un nostro collega che ritengo immorale sia da segnalare.

PRESIDENTE. Continuo a non capire, comunque la ringrazio.

EMANUELE FIANO. Non ho chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori, ma ho chiesto di intervenire al termine della seduta, prima della sospensione.

GIUSEPPE CONSOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, sono veramente stupefatto di ciò che sta accadendo. Vi è stato un attacco ad personam nei confronti del collega Stanca su un argomento che nulla aveva a che vedere con quanto stavamo dicendo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Signor Presidente, mi dispiace e non voglio mancarle di rispetto, perché ho ossequio per la sua persona e per la carica che lei ricopre ma lei, Presidente, glielo ha consentito perché ha detto «sono curioso di sentire» e lo ha lasciato parlare fino in fondo. Il collega che mi ha preceduto avrebbe potuto dire qualsiasi nefandezza e lei glielo avrebbe consentito e permesso.
Mi dispiace ma questo è contrario ad ogni senso etico e soprattutto è contrario a ogni Regolamento. Se lei mi spiega - forse non ho capito - l'attinenza all'ordine dei lavori tra le affermazioni, peraltro non provate e preventive, verso l'onorevole Stanca e quello che è stato detto in quest'Aula le sarei grato.

PRESIDENTE. Onorevole Consolo, glielo spiego subito. Ritengo che sia mio dovere lasciare, prima di tutto, che i colleghi parlino ed esprimano il loro pensiero. Credo che sia mio dovere non interromperli prima di aver capito ciò che intendono dire. Quando penso che stiano sbagliando ritengo mio dovere farglielo notare. In questo caso ho lasciato parlare il collega fin quando ho capito dove voleva andare a finire con il suo discorso. Quando l'ho capito gli ho fatto notare che la questione non era attinente all'ordine del giorno e gli ho tolto la parola. Come ho agito in questo modo e in questa occasione intendo agire nelle prossime occasioni simili che dovessero verificarsi.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17,45.

La seduta, sospesa alle 17,35, è ripresa alle 18,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 2232-A)

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, prima di dare la parola al relatore, vorrei fare presente che nel Comitato dei nove ho verificato che, a prescindere dalle singole posizioni di merito e da ogni altra questione, vi è una unanime condivisione sull'articolo aggiuntivo 12.0600 della Commissione. Questa proposta emendativa, signor Presidente, era stata dichiarata inammissibile per estraneità di materia.
Considerato che si tratta di una disposizione di natura interpretativa, volta ad evitare applicazioni distorsive della normativa sul lavoro a danno delle forze di polizia e delle Forze armate, chiedo a nome della Commissione - quindi, sentiti tutti i gruppi - che sia riammesso l'articolo aggiuntivo. Si tratta di una unanimità legata esclusivamente a questa richiesta. Ove venisse ammesso, presenteremmo ovviamente un subemendamento della Commissione.

Pag. 95

PRESIDENTE. Presidente Bongiorno, con riferimento alla sua richiesta, la Presidenza, conformemente ai precedenti in materia, in considerazione di quanto da lei rappresentato circa il consenso unanime - lo sottolineo - dei rappresentanti dei gruppi, che si è registrato sull'articolo aggiuntivo 12.0600 della Commissione, ammette alla votazione tale ultima proposta emendativa. Conseguentemente, deve intendersi ammesso anche il subemendamento 0.12.0600.600 della Commissione.
Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CAROLINA LUSSANA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Di Pietro 1.12, Vietti 1.13 e Bernardini 1.2.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Contento 1.3 e Cavallaro 1.301.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Ciriello 1.300.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Maurizio Turco 1.302 e 1.303, sugli identici emendamenti Bernardini 2.1 e Di Pietro 2.8 nonché sui subemendamenti Giachetti 0.2.600.3 e 0.2.600.2.
La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.600.
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Contento 2.300.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bernardini 2.3, Vietti 2.9, Di Biagio 2.7, Bernardini 3.1 e sui subemendamenti Tenaglia 0.3.600.2, Ferranti 0.3.600.3 e 0.3.600.4.
A questo punto ci sono ulteriori subemendamenti. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo subemendamento 0.3.600.600 (Nuova formulazione). La Commissione esprime parere favorevole sul subemendamento Contento 0.3.600.1, a condizione che sia riformulato. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 3.600 ed esprime parere contrario sull'emendamento Di Pietro 3.2.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Bernardini 4.1, Gianni Farina 4.300, Vietti 4.3 e Concia 4.301.
La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Vietti 5.7 e Franceschini 5.9, nonché sugli emendamenti Bernardini 5.1, 5.2, 5.3 e 5.4, Vietti 5.8, Bernardini 5.5 e 5.6 e Zaccaria 5.300.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Vietti 6.9, Villecco Calipari 6.15 e D'Ippolito Vitale 6.100. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 6.700, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 6.600.
La Commissione invita al ritiro dell'emendamento Golfo 6.304. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Bernardini 6.1 e Vietti 6.7, nonché sugli emendamenti Di Pietro 6.20, Mantini 6.4, Di Biagio 6.5, Bernardini 6.2, Ascierto 6.6, Bernardini 6.3 e Naccarato 6.302.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Contento 6.200, a condizione che sia riformulato sostituendo le parole «quindici giorni» con «dieci giorni». La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Vietti 6.8 ed accetta l'articolo aggiuntivo 6.0501 del Governo. Il parere è contrario sull'articolo aggiuntivo Laboccetta 6.050.
La Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 7 nonché sulle proposte emendative riferite agli articoli 8 e 9 del decreto-legge.
La Commissione esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Pollastrini 12.05. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo articolo aggiuntivo 12.0600 e del suo subemendamento 0.12.0600.600. La Commissione esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Abrignani 12.02 e raccomanda l'approvazione del suo articolo aggiuntivo 12.0601 nel testo riformulato. Inoltre, esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Lo Presti 12.050 ed esprime parere favorevole Pag. 96sugli emendamenti 13.700 e 13.701, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ringraziando la relatrice per la precisione, il Governo concorda con i pareri espressi.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Di Pietro 1.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente questo è un emendamento quasi da preistoria in questo provvedimento, nel senso che rispecchiava una disponibilità dell'Italia dei Valori a collaborare ad un miglioramento di questo testo.
Nel frattempo è intervenuto un fatto gravissimo: la maggioranza ha bloccato la discussione su questo provvedimento con un colpo di mano parlamentare che davvero non le fa onore e che ha privato il Parlamento della possibilità di discutere dell'aspetto più critico, inaccettabile di questo provvedimento, cioè dell'articolo 6.
Ecco perché ho parlato di un emendamento che era collaborativo nel senso del miglioramento del testo e perciò non capisco francamente le ragioni per le quali il Governo, la Commissione e la relatrice abbiano espresso un parere contrario.
Si trattava di un emendamento che ci fa sorgere qualche dubbio, qualche perplessità e comunque certamente ci fa venire l'amarezza per avere espresso una disponibilità al Governo a collaborare a questo testo. Ma noi dell'Italia dei Valori siamo fatti così: se c'è una cosa che è giusto sostenere la sosteniamo, pur contestando durissimamente il metodo seguito dal Governo con questo decreto-legge con il quale, da una parte, si è messo le penne del pavone prendendo un provvedimento già approvato dal Parlamento, dall'altra, ha introdotto altre disposizioni inserendo delle cose che francamente sono inaccettabili come la questione delle ronde.
Questo emendamento è molto semplice: dal momento che si parla dell'aggravante che viene prevista in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dall'articolo 609-bis ed altri del codice penale, ossia delitti di violenza, abbiamo ritenuto che l'espressione: «in occasione di» sia estremamente vaga, generica. Cosa vuol dire «in occasione di»? Vuol dire che l'aggravante deve essere riferita soltanto all'autore del reato oppure anche a circostanze occasionali? Il termine «occasione» è estremamente vago, ecco perché abbiamo proposto la modifica con la previsione che l'aggravante si applichi quando si è «nell'atto di commettere» uno di questi delitti; in altri termini, occorre non un rapporto di occasionalità, ma di contestualità che l'occasionalità, appunto, non consente di precisare molto bene.
Del resto, come sapete, quando si redigono delle norme penali bisogna essere estremamente precisi ed evitare che vi sia il rischio di allargare eccessivamente la fattispecie penale in modo che possa essere estesa anche a situazioni e a circostanze che non lo richiederebbero.
Queste sono le ragioni tecniche per le quali avevamo proposto l'emendamento in esame. Resta, lo ripeto, la profonda amarezza per il fatto che il Governo ci chiede collaborazione, ma non vuole assolutamente offrire collaborazione; anzi, la maggioranza e questo Governo si sono opposti a una richiesta più che legittima di stralcio di una norma assolutamente irritante che con questo provvedimento non c'entra niente e che ci costringerà a non esprimere un voto favorevole sullo stesso; infatti, la disposizione sulle ronde non solo non c'entra nulla, ma è stravolgente sotto il profilo costituzionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.

LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, a nome del Partito Democratico preannuncio il voto favorevole sull'emendamento in esame. Tuttavia, occorre fare una premessa: questo è il primo di una Pag. 97serie di emendamenti che riguardano la parte del provvedimento sulla violenza sessuale e l'atteggiamento del Partito Democratico e delle altre opposizioni in Commissione rispetto a tutto il provvedimento, ma in particolare a questa parte che è stata il frutto di un lavoro congiunto svolto in precedenza dal Parlamento, mirava a migliorare il testo.
In particolare, a migliorarlo sotto il profilo dell'impostazione di fondo, ovvero di rimettere tutta la prevenzione e tutto il contrasto al fatto gravissimo della violenza contro le donne e le persone deboli al solo inasprimento delle pene, o al solo automatismo sulla concessione della custodia cautelare. Con una serie di emendamenti abbiamo voluto specificare questi aspetti e approfondire anche il momento della prevenzione e della maggiore sicurezza. Tuttavia, a molti di questi emendamenti è stato detto «no». Si tratta di un «no» che sentiamo riecheggiare spesso in queste aule, soprattutto quando si parla di giustizia.
Rammento al Governo i «no» ingiustificati in occasione dell'approvazione del filtro in Cassazione e adesso, in questi giorni, stiamo vedendo quanto erano ingiustificati, perché quel provvedimento si sta rilevando in tutta la sua inadeguatezza. Se ci aveste ascoltato a quest'ora avremmo un codice di procedura civile migliore, nonché degli strumenti più efficaci per dare ai cittadini una giustizia in tempi rapidi.
Questo emendamento presentato dai colleghi Di Pietro e Palomba specifica un'aggravante che noi riteniamo importante. Se da determinati delitti di violenza sessuale deriva la morte della persona offesa, a questi delitti consegue la pena dell'ergastolo. Dire che è una conseguenza, perché vi è stata la morte procurata «nell'atto di commettere quei delitti», invece che in occasione della commissione è, a nostro avviso, una previsione che meglio specifica quella norma, che meglio consente al magistrato di finalizzare la sua opera interpretativa e soprattutto che ne riduce gli ambiti di interpretazione. Vi lamentate tanto dell'opera della magistratura e del suo eccessivo potere interpretativo e questa è l'occasione per ridurlo. Quindi, questa è l'occasione per dimostrare che il Parlamento, soprattutto in materia legge penale, può approvare dei provvedimenti e delle norme che limitano l'interpretazione del magistrato.
Quest'opera di miglioramento poteva e doveva essere effettuata anche sull'altra parte del provvedimento, quella che riguarda le ronde e che, a questo punto, è diventata una bandiera. È una norma, infatti, che non servirà a nulla. Voi state alzando una bandiera a settimana, o meglio è la Lega che alza una bandiera a settimana. Due settimane fa la bandiera del federalismo, la settimana scorsa la bandiera delle quote latte e adesso la bandiera delle ronde. Ciò che si ammaina, invece, è la bandiera in questo caso della sicurezza, perché di sicurezza in più e di giustizia più veloce ai cittadini da queste norme non ve ne verrà nulla. Potete stare sicuri che nessun delinquente sconterà un minuto in più di carcere, o una pena maggiormente effettiva dalla norma sulle ronde. Questa è l'ennesima occasione mancata e che state perdendo per dare al nostro Paese una normativa in materia di giustizia più efficiente e moderna.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ROBERTO RAO. Signor Presidente, condivido l'emendamento proposto dal collega Palomba e non posso che sottolineare che, in una fase delicata come questa per la situazione del nostro Paese, si erano creati ad un certo punto questa mattina i presupposti per varare un provvedimento (che reca come titolo per la sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale e di atti persecutori) con un'ampia maggioranza parlamentare. Lo abbiamo rilevato dagli interventi del presidente Soro, dei nostri rappresentanti dell'Unione di Centro e per ultimo anche dagli interventi dei colleghi Palomba e Tenaglia.
Questo «sì», sarebbe stato un grande risultato per il Parlamento. Oggi avremmo Pag. 98potuto dare un grande segnale all'opinione pubblica circa il metodo di lavoro di questa Camera. Questo avrebbe fatto seguito alla giornata di ieri, in cui il gentlemen's agreement, che si era registrato nelle forze politiche in una circostanza assai dolorosa, avrebbe comportato la condivisione di un provvedimento altrettanto urgente e altrettanto voluto dalle forze politiche. Tuttavia, per raggiungere una mediazione, un punto di contatto alto, ci sarebbe voluta la buona volontà da entrambe le parti, per capirci, la stessa buona volontà che ieri è stata dimostrata in aula dalla sola opposizione, che, giustamente, è stata apprezzata dalla maggioranza (che l'ha sottolineata con lunghi applausi). Abbiamo avanzato, questa mattina, una richiesta a nostro giudizio ragionevole, unanime da parte di tutte e tre le componenti dell'opposizione: una richiesta di stralcio di una parte del provvedimento, di una sola parte del provvedimento che si compone, come sempre accade in questi decreti, di tante parti diverse, di argomenti che, certe volte, sono anche molto distanti l'uno dall'altro; argomenti che vedono insieme norme di modifica del codice penale, argomenti che possono riguardare i centri di permanenza temporanea, lo stalking, la violenza sessuale.
Abbiamo avanzato questa nostra proposta e ci è stato detto di «no». Ci è stato detto di «no» in verità anche in maniera abbastanza brusca, abbastanza netta e determinata. A fronte di questa rigidità, noi ci vediamo costretti, ancora una volta, a sottolineare, ad intervenire e a far votare provvedimenti sui quali, pure, si era registrata un'ampia convergenza in quest'aula. Ampia convergenza che abbiamo sottolineato anche in sede di discussione sulle linee generali, auspicando che, su questo tema, si trovasse ancora una volta un punto comune di sensibilità per avere un'ampia maggioranza sui temi sentiti. Si poteva fare uno stralcio. Oltre tutto, il disegno di legge sulla sicurezza tra poco arriverà in quest'aula. Si sarebbe potuto inserire tranquillamente in quel disegno la parte riguardante le cosiddette ronde; si sarebbe votato senza patemi, senza lacerazioni soprattutto in questa fase e avremmo potuto dare la dimensione di come maggioranza e opposizione potevano ritrovare su alcuni aspetti un'ampia condivisione. Avevamo valutato nel suo complesso positivamente il provvedimento sugli atti persecutori. Un provvedimento che era stato votato dalla stragrande maggioranza: due soli voti contrari in quest'aula. Eppure, oggi ci troviamo a riproporre quegli stessi emendamenti, con riferimento ai quali avevamo espresso le nostre perplessità in ordine alla genericità, quali possibili e confuse interpretazioni, di alcuni aspetti della norma. Avevamo detto «sì», come la quasi totalità della Camera, perché si trattava di un fenomeno, quello dello stalking, in relazione al quale l'ordinamento non era stato finora in grado di assicurare una presidio cautelare e sanzionatorio efficace. E anche quando non abbiamo condiviso le soluzioni tecniche, abbiamo sempre apprezzato le motivazioni dell'iniziativa legislativa e, come noi, gli altri colleghi dell'opposizione, perché ritenevamo la risposta normativa ad un fenomeno persecutorio, forse non nuovissimo, ma reso particolarmente odioso dalle nuove tecnologie e dall'esperienza di vita contemporanea, necessaria. Ciò, perché rappresenta quel misto di familiarità e di estraneità in cui si sviluppano le relazioni tra persone che certamente rende più esposta e nel contempo più sola la vittima delle molestie, che spesso è la donna. Ma nonostante ciò, la rigidità e la fermezza con cui ci è stato detto «no» ci costringe a riproporre i nostri emendamenti, a sostenere gli emendamenti dei nostri colleghi per la chiarezza della norma. Questa, secondo me, Presidente, è stata un'occasione persa di una ampia condivisione di questa norma (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei valori).
ROBERTO RAO. Signor Presidente, condivido l'emendamento proposto dal collega Palomba e non posso che sottolineare che, in una fase delicata come questa per la situazione del nostro Paese, si erano creati ad un certo punto questa mattina i presupposti per varare un provvedimento (che reca come titolo per la sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale e di atti persecutori) con un'ampia maggioranza parlamentare. Lo abbiamo rilevato dagli interventi del presidente Soro, dei nostri rappresentanti dell'Unione di Centro e per ultimo anche dagli interventi dei colleghi Palomba e Tenaglia.
Questo «sì», sarebbe stato un grande risultato per il Parlamento. Oggi avremmo Pag. 98potuto dare un grande segnale all'opinione pubblica circa il metodo di lavoro di questa Camera. Questo avrebbe fatto seguito alla giornata di ieri, in cui il gentlemen's agreement, che si era registrato nelle forze politiche in una circostanza assai dolorosa, avrebbe comportato la condivisione di un provvedimento altrettanto urgente e altrettanto voluto dalle forze politiche. Tuttavia, per raggiungere una mediazione, un punto di contatto alto, ci sarebbe voluta la buona volontà da entrambe le parti, per capirci, la stessa buona volontà che ieri è stata dimostrata in aula dalla sola opposizione, che, giustamente, è stata apprezzata dalla maggioranza (che l'ha sottolineata con lunghi applausi). Abbiamo avanzato, questa mattina, una richiesta a nostro giudizio ragionevole, unanime da parte di tutte e tre le componenti dell'opposizione: una richiesta di stralcio di una parte del provvedimento, di una sola parte del provvedimento che si compone, come sempre accade in questi decreti, di tante parti diverse, di argomenti che, certe volte, sono anche molto distanti l'uno dall'altro; argomenti che vedono insieme norme di modifica del codice penale, argomenti che possono riguardare i centri di permanenza temporanea, lo stalking, la violenza sessuale.
Abbiamo avanzato questa nostra proposta e ci è stato detto di «no». Ci è stato detto di «no» in verità anche in maniera abbastanza brusca, abbastanza netta e determinata. A fronte di questa rigidità, noi ci vediamo costretti, ancora una volta, a sottolineare, ad intervenire e a far votare emendamenti sui quali, pure, si era registrata un'ampia convergenza in quest'aula. Ampia convergenza che abbiamo sottolineato anche in sede di discussione sulle linee generali, auspicando che, su questo tema, si trovasse ancora una volta un punto comune di sensibilità per avere un'ampia maggioranza sui temi sentiti. Si poteva fare uno stralcio. Oltre tutto, il disegno di legge sulla sicurezza tra poco arriverà in quest'aula. Si sarebbe potuto inserire tranquillamente in quel disegno la parte riguardante le cosiddette ronde; si sarebbe votato senza patemi, senza lacerazioni soprattutto in questa fase e avremmo potuto dare la dimensione di come maggioranza e opposizione potevano ritrovare su alcuni aspetti un'ampia condivisione. Avevamo valutato nel suo complesso positivamente il provvedimento sugli atti persecutori. Un provvedimento che era stato votato dalla stragrande maggioranza: due soli voti contrari in quest'aula. Eppure, oggi ci troviamo a riproporre quegli stessi emendamenti, con riferimento ai quali avevamo espresso le nostre perplessità in ordine alla genericità, quali possibili e confuse interpretazioni, di alcuni aspetti della norma. Avevamo detto «sì», come la quasi totalità della Camera, perché si trattava di un fenomeno, quello dello stalking, in relazione al quale l'ordinamento non era stato finora in grado di assicurare una presidio cautelare e sanzionatorio efficace. E anche quando non abbiamo condiviso le soluzioni tecniche, abbiamo sempre apprezzato le motivazioni dell'iniziativa legislativa e, come noi, gli altri colleghi dell'opposizione, perché ritenevamo la risposta normativa ad un fenomeno persecutorio, forse non nuovissimo, ma reso particolarmente odioso dalle nuove tecnologie e dall'esperienza di vita contemporanea, necessaria. Ciò, perché rappresenta quel misto di familiarità e di estraneità in cui si sviluppano le relazioni tra persone che certamente rende più esposta e nel contempo più sola la vittima delle molestie, che spesso è la donna. Ma nonostante ciò, la rigidità e la fermezza con cui ci è stato detto «no» ci costringe a riproporre i nostri emendamenti, a sostenere gli emendamenti dei nostri colleghi per la chiarezza della norma. Questa, secondo me, Presidente, è stata un'occasione persa di una ampia condivisione di questa norma (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei valori).

PRESIDENTE. Vi sono numerosissimi deputati che hanno chiesto di intervenire ai sensi dell'articolo 85, comma 7, del Regolamento che prevede che, dopo le dichiarazioni di voto a nome dei gruppi, il Pag. 99Presidente conceda la parola ai deputati che intendono esprimere un voto diverso rispetto a quello dichiarato dal proprio gruppo, stabilendo, così prevede l'articolo, le modalità e i limiti di tempo degli interventi.
Su questo primo emendamento, concederò ai deputati che hanno chiesto di parlare un minuto a testa. Successivamente, se proseguirà la richiesta di interventi da parte dei deputati dei singoli gruppi in dissenso, la Presidenza si riserva di diminuire il tempo a disposizione, come già previsto da precedenti agli atti del Parlamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà, per un minuto.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, intervengo solo per dire che noi non ci stanchiamo di sottolineare come non esista un'emergenza in termini di reati di violenza sessuale. Infatti, dai dati, che lo stesso Ministro ha riconosciuto, si registra una diminuzione di questo tipo di reati. Quindi, da parte del Governo vi è semplicemente la volontà di utilizzare un'emergenza, sollecitata e sollevata dai media (RAI, in modo particolare, ma non solo), per dare un giro di vite al nostro ordinamento complessivo. Pertanto, nel denunciare questo aspetto, chiedo veramente all'Aula di votare a favore di emendamenti che consentano di fermare la deriva giustizialista che è in corso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Calvisi. Chiederei a coloro che hanno chiesto di parlare di stare al proprio posto. Prendo atto che l'onorevole Calvisi vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.
Chiedo scusa, siccome gli interventi sono numerosi, se vi preparate, collaboriamo nello svolgimento dei lavori. Prego, onorevole Colombo.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, sono io che chiedo scusa a lei, perché avrei dovuto essere qui ed essere pronto. Vorrei osservare che è ragionevole che l'onorevole Cota abbia chiesto di bloccare la discussione, perché lo sviluppo della stessa su questo provvedimento, che è, come lei ricorda, un decreto-legge di urgenza, rivela l'intento secessionistico.
Nel momento in cui si mandano per le strade italiane delle bande di volontari, dette altrimenti ronde, proibite in ogni altro Paese, si umiliano le forze di polizia, si spezza lo Stato, si creano delle condizioni di pericolo per coloro che sono venuti a vivere e a lavorare con noi, si degrada la civiltà di questo Paese. In altre parole, la Lega riesce ad infierire il suo colpo all'Italia. In questo momento, il Ministro dell'interno leghista riesce a colpire il Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.

DONATA LENZI. Signor Presidente, intervengo anch'io soltanto per un minuto. Ho letto l'emendamento Di Pietro 1.12, presentato dal gruppo dell'Italia dei Valori, che fa riferimento all'articolo 1 di questo provvedimento, che, in larga parte, avremmo potuto votare e condividere, soprattutto per quanto riguarda l'area della violenza sessuale. Non si può non essere d'accordo: sono norme nate da una discussione lunga in Commissione giustizia, sulle quali c'era già stato un pronunciamento della Camera dei deputati. Sottolineo, però, di non condividere la posizione del mio gruppo su questo, perché non ne condivido la chiarezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, l'articolo 1, alla lettera b), prevede di inserire le parole: «dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis». Noi proponiamo di aggiungere nei confronti della stessa persona offesa, perché riteniamo di dover specificare, in maniera più precisa, il rapporto Pag. 100tra l'autore del delitto e la specificità del delitto di stalking, che in qualche modo fa parte di questo punto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, l'emendamento Di Pietro 1.12 avrebbe potuto rispondere meglio ad alcune delle esigenze che abbiamo posto nel corso del dibattito; in particolare, avrebbe potuto specificare meglio il rapporto rispetto ai reati di cui si sta discutendo.
Abbiamo provato, anche nella discussione sul complesso degli emendamenti, a correggere il provvedimento, inserendo degli aspetti migliorativi rispetto al testo arrivato in Aula. Vediamo che finora vi è un atteggiamento che non consente di confrontarsi o, perlomeno, non si vogliono ascoltare le ragioni dell'opposizione.
Questo, ovviamente, comporta il fatto che insistiamo nella discussione sui singoli emendamenti. Resta la volontà di provare a concorrere alla formulazione di un testo migliore rispetto a quello arrivato in Aula ed è il motivo per cui stiamo insistendo in questo tipo di lavoro. Vi sono anche altri aspetti che cercheremo di correggere e migliorare, ma, per il momento, non si vedono questi spazi.

PRESIDENTE. Prendo atto che i deputati Narducci e Vassallo, che avevano chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, vi rinunziano.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, questo emendamento mira a ripristinare la rigidità del vincolo di contestualità tra le due condotte criminose che era stata attenuata dal provvedimento.
Infatti, con l'emendamento Di Pietro 1.12, si sottolinea la necessità che tra l'atto di violenza e la morte della persona vi sia un vincolo strettissimo, perché è solo con l'atto di commettere quella violenza o quello stupro che è possibile fare scattare l'aggravante. Questa è la differenza sostanziale che questo emendamento introduce.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, adesso l'onorevole Samperi e prima l'onorevole Tenaglia hanno spiegato bene come, nonostante vi siano emendamenti che avrebbero tutto il senso per essere approvati, perché danno un contenuto più preciso alla disposizione in esame, in virtù della struttura normativa che adottiamo, cioè l'emanazione di decreti-legge, sostanzialmente si respingono anche osservazioni che hanno un carattere migliorativo della norma.
Credo che questo andamento dei lavori parlamentari - lo dicevo prima, parlando in termini più generali - sia assai pericoloso per il miglioramento della qualità delle leggi. Queste cose, in un ordinato lavoro parlamentare, potrebbero facilmente essere oggetto di accoglimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, si tratta di un emendamento la cui natura può sembrare meramente filologica, ma i colleghi devono ricordare che stiamo parlando di una possibile condanna all'ergastolo, perché l'articolo 576 del codice penale prevede, appunto, i casi di omicidio con condanna all'ergastolo ed in questo caso si tende ad aggiungere una nuova fattispecie a quelle già tipizzate nel codice penale.
Va da sé che, nel prevedere una fattispecie aggiuntiva, è estremamente necessario essere rigorosi anche nella formulazione. Vi è differenza, come è già stato sottolineato, tra l'occasionalità dell'evento della violenza sessuale e l'omicidio e la conseguenzialità fra i due eventi richiamati. Pag. 101Trovo strano che la Commissione e il Governo abbiano espresso parere contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Gatti. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, su questa parte del provvedimento relativa allo stalking penso che ci sia già stata una grande discussione e una grande condivisione (in quest'Aula, infatti, sul precedente testo in materia di stalking, tutti avevano votato a favore). Improvvisamente tutto è stato stravolto e scippato. Ci siamo ritrovati con una decretazione d'urgenza quando sarebbe bastato dire al Senato: sbrigatevi.
Non vi è alcuna condizione di particolare allarme; inoltre, sono stati inseriti due punti che non c'entrano niente con lo stalking: le ronde e l'aumento dei termini della detenzione nei centri di identificazione ed espulsione. Questi comportamenti rovinano la modalità di legiferare. Un provvedimento di questo tipo non ha senso, continuate ad affastellare cose che non c'entrano le une con le altre.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Gnecchi. Ne ha facoltà.

MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quello che secondo me vale veramente la pena sottolineare è che questa parte del provvedimento era già stata approvata regolarmente da questo ramo del Parlamento; bastava che venisse approvata al Senato. Invece, il Governo ha scelto di inserire queste misure nel decreto-legge che stiamo per convertire in legge. Questo è talmente sbagliato che non mi interessa neanche entrare nel merito del singolo emendamento, ma solo ribadire che questo Governo non rispetta le istituzioni, la Camera, il Senato. Su un provvedimento che aveva trovato la massima trasversalità, il Governo avrebbe dovuto, almeno su questo, comportarsi correttamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Motta. Ne ha facoltà.

CARMEN MOTTA. Signor Presidente, cari colleghi, siamo arrivati al terzo decreto-legge sui temi della sicurezza dopo che in campagna elettorale, l'attuale maggioranza aveva detto al Paese che il problema sarebbe stato risolto in quattro e quattr'otto. Ovviamente le cose non stanno così perché la sicurezza - lo sappiamo bene tutti - è un tema complicato ed è interesse del Paese che esso non sia solo riservato ad una parte politica, ma diventi davvero tema di confronto a cui tutte le parti politiche, compresa tutta l'opposizione, possano e intendano dare il proprio contributo. Onorevoli colleghi, è così che si fa l'interesse vero del Paese ed è per questo motivo che gli emendamenti che abbiamo presentato vanno esattamente nella direzione di contribuire a migliorare il testo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, gli onorevoli Palomba, Tenaglia e Samperi si sono preoccupati di sottolineare come questo emendamento contribuisce alla chiarezza della norma per garantirne l'efficacia. Il fatto che il Governo e il relatore abbiano espresso un parere contrario conferma il giudizio indiretto che il Comitato per la legislazione dà di questo provvedimento. Basta leggere la relazione del Comitato per la legislazione per evidenziare quale confusione normativa stiamo per approvare. Si tratta di un testo che lascia ampia discrezionalità interpretativa e che renderà in tante parti questo provvedimento inefficace. Termino il mio intervento, registrando Pag. 102positivamente l'assenza del Ministro: probabilmente, è andato a fare qualcosa di più importante.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, stiamo discutendo di un provvedimento che doveva affrontare problemi molto seri come quelli della violenza sessuale contro le donne, contro le persone deboli e lo stalking. Si sono voluti inserire nel provvedimento, invece, altri argomenti come, in particolare, quello delle ronde.
Ci si sta impedendo di dare un contributo costruttivo e positivo su un tema cui teniamo moltissimo, che ci ha visto anche arrivare ad un testo unificato, e che ci ha visto esprimere un voto favorevole sul provvedimento dello stalking; tutto ciò perché - come abbiamo visto stamattina - il Governo, ma in modo particolare un partito della maggioranza, vuole mettere un'altra bandierina che non c'entra niente con questi temi e con il tema della sicurezza...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Coscia.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei chiederle se è possibile sapere esattamente quando finirà questo susseguirsi di interventi che reputo illegittimi per il seguente motivo. Lei ha detto che gli interventi erano in dissenso, ma non mi pare di aver sentito un intervento in dissenso dal proprio gruppo (poi lo vedremo e prego la Presidenza di prendere nota su chi è intervenuto); dico ciò considerato che sono intervenute persone che hanno detto cose che sono coerenti con quello espresso dal capo del proprio partito. Quindi o questi interventi sono inammissibili o ci dica quando finiscono.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole De Pasquale. Ne ha facoltà per un minuto.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, vorrei qui descrivere al Governo, con i fatti e non solo con le parole (che purtroppo tanto spesso non rappresentano e non racchiudono alcuna verità e sostanza), come il coinvolgimento del territorio, dei suoi cittadini e degli enti locali che li amministrano non debba e non possa essere attivato tramite le cosiddette ronde, che di fatto vanno solo a sostituire chi già ha funzione di ordine pubblico, senza alcuna professionalità o competenza e con grossi rischi di incolumità personale per se stessi e per la sicurezza e la trasparenza degli interventi sul territorio stesso.
Vorrei qui di seguito portare lei, signor Presidente, i signori sottosegretari e gli onorevoli colleghi a riflettere su alcune importanti considerazioni che possono aiutarci a comprendere come il problema della percezione di insicurezza su di un territorio sia il primo problema che va affrontato proprio per trovare soluzioni efficaci a salvaguardare l'effettiva...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Pasquale. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, voglio intervenire in dissenso per dire che il problema è quello di arginare il grave fenomeno della violenza sulle persone, ed è per questo che occorre pensare a fenomeni e ad azioni di riabilitazione nelle strutture carcerarie. Ancora una volta voglio far presente che non è solo con l'aggravio della pena che si può risolvere il fenomeno, ma pensando a servizi e ad interventi di prevenzione anche su chi fa violenza. Per questo motivo - e anche perché non è chiaro l'emendamento presentato - esprimo su di esso un giudizio contrario.

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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Pedoto. Ne ha facoltà.

LUCIANA PEDOTO. Signor Presidente, ogni volta che penso a questo provvedimento mi vengono in mente solo due parole, che sono sempre le stesse: democraticamente inaccettabile. Faccio un passo indietro e mi ricordo il 14 febbraio scorso. Al Parco della Caffarella si consumava la violenza sessuale nei confronti di una giovane studentessa romana, e mi chiedo dove erano le forze dell'ordine. Al Parco della Caffarella le forze dell'ordine scarseggiavano, e scarseggiavano perché la coperta è corta. Esse sono troppo poche per tenere in sicurezza tutta la città. Ciò è - lo ripeto - democraticamente inaccettabile. Vogliamo un Paese in cui i colpevoli vengano condannati e ci sia certezza della pena (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, faccio una prima osservazione. Nessuno di noi naturalmente fa il cronometrista di mestiere, quindi la ringrazio per come sta presiedendo.
Mi permetto di chiederle, se possibile, per il buon e ordinato proseguimento dei nostri lavori, che i colleghi che intervengono per un minuto, avendo il diritto di intervenire per un minuto sul merito del provvedimento e sull'emendamento da loro presentato, indipendentemente che lo facciano in dissenso o lo facciano per dichiarazione di voto ma sempre intervenendo sul merito, è del tutto evidente che hanno a disposizione quei sessanta secondi di tempo per i quali è necessario poter argomentare. Se lei, signor Presidente, li interrompe dopo quarantacinque secondi, i quindici secondi che rimangono a disposizione dei colleghi diventano una sottrazione di tempi utili per poter argomentare adeguatamente. Detto questo, a me interessava come lei potrà constatare, che ciascun intervento è un intervento che riguarda il merito dell'emendamento e riguarda il merito del provvedimento, anche per evitare che vi siano strumentalizzazioni o richieste astruse perché lei sta facendo osservare il Regolamento e i deputati che stanno intervenendo essi stessi osservano il Regolamento.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Quartiani. Due osservazioni: per quanto riguarda l'ultima parte del suo intervento, la Presidenza non può sindacare sulla coerenza tra il contenuto dell'intervento di ogni singolo parlamentare e la sua dichiarazione in dissenso perché non è compito della Presidenza.
Per quanto riguarda, invece, la prima parte del suo intervento, come lei sa è prassi della Presidenza, che, quando mancano a seconda del tempo cinque minuti, venti minuti, trenta minuti, un minuto o pochissimi secondi alla fine, si avvisi il deputato per permettergli di concludere un suo pensiero e la coerenza di un suo pensiero. Lei crede che questo non sia opportuno, al contrario mi sembra sbagliato che, immediatamente dopo un minuto, il deputato venga interrotto chiudendo il microfono e non si capisca nemmeno la conclusione del suo intervento. Pertanto mi sembra coerente che, a quindici secondi dallo scadere del tempo assegnato, il Presidente avvisi con la campanella che mancano quindici secondi allo scadere del tempo e poi tolga la parola dopo un minuto di tempo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, intervengo in dissenso dal mio gruppo, perché il collega Palomba avrebbe ragione se questo fosse un decreto-legge che si esamina in tempi normali. Si fanno le leggi dove sono scritte le cose giuste. Qui invece si fa una legge piena di confusione, come dimostra l'articolo 6. Per cinque ore oggi ci è stato detto che le ronde sono Pag. 104organizzate da volontari ma perché non compare mai la parola volontari nell'articolo 6? Perché in quel caso bisognava citare la legge 11 agosto 1991, n. 266: perché non viene citata? Perché l'elenco sarebbe tenuto dai comuni e, invece, è necessario andare dal prefetto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Tutta questa materia dovrebbe essere affidata alle regioni e non allo Stato. Infatti, i volontari lo fanno a titolo gratuito mentre, secondo quanto previsto dal comma 5 dell'articolo 6, è necessario pagarli ma si pagano soltanto se sono ex carabinieri. Lo dirò nel successivo intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, prevenzione e contrasto non è solo inasprimento delle pene. Certo però che deve esserci certezza della pena: questo mi sembra chiaro. Ma perché in quest'Aula non si discute mai di che cos'è prevenzione e contrasto per quanto riguarda il lavoro che dovrebbe fare la famiglia, quella «bella famiglia» in cui si registrano il 90 per cento delle violenze sessuali? Il 90 per cento in famiglia! Altro che su strada, altro che ronde in salsa padana! Cominciamo a guardare che cosa succede in quell'angolino segreto di cui non si deve mai parlare possibilmente. E poi bisogna ricordare il ruolo della scuola: se qualche volta ci mettessimo di buzzo buono e invece di eliminare i maestri aggiungessimo degli educatori sulla sessualità, forse l'Italia sarebbe migliore e non ci sarebbe bisogno di un provvedimento come questo, peraltro bruttarello (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Signor Presidente, ritengo che l'emendamento presentato sia migliorativo di una legge che stiamo varando, a mio avviso, in termini non costruttivi. Si è pensato di portare qui il provvedimento sullo stalking dopo che la Camera lo aveva già votato e il Senato avrebbe potuto votarlo.
Si è usato il tema della violenza contro le donne in modo strumentale, per introdurre un provvedimento come quello di promozione delle ronde e per allungare i tempi di detenzione nei centri di identificazione; una cosa molto grave.
Vorrei dire al Ministro Carfagna che è grave che si strumentalizzino le donne per varare provvedimenti che non affrontano né il tema della violenza sessuale né seriamente il tema della sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Siragusa. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale perché ritengo assolutamente inutile votare in un modo o in un altro l'emendamento in esame, così come gli altri. Quello che mi chiedo con grande forza è per quale motivo io e molte mie colleghe e miei colleghi dobbiamo essere costretti qui, stasera o domani, a votare contro un provvedimento che contiene anche norme che condividiamo e che abbiamo fortemente voluto (intendo quelle sullo stalking e quelle sulla violenza sessuale). Perché Ministra Carfagna, dobbiamo subire questa violenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Fuor di metafora, voglio dire che se così deve essere per introdurre queste ronde, già abbiamo alcune testimonianze di quello che hanno effettuato le ronde sul territorio: un'agenzia del 3 marzo, per esempio, ci dice che a Rieti i vigilantes hanno inseguito la polizia, che era con una macchina che non aveva i colori della polizia, una «macchina civetta». Si tratta dell'ennesima conferma...

Pag. 105

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Siracusa. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Agostini. Ne ha facoltà.

LUCIANO AGOSTINI. Signor Presidente, ovviamente intervengo in dissenso per dire che ancora una volta questo Governo si affida alla decretazione d'urgenza per discutere un tema così importante e utilizza tale strumento, che di fatto espropria il Parlamento del libero e democratico confronto. Credo proprio che su una materia così delicata come quella della sicurezza avremmo avuto bisogno di organicità, di interdisciplinarietà, di concretezza tra i vari strumenti legislativi e non si può discutere ed affrontare il tema della sicurezza come è stato fatto in questa occasione, come uno spot pubblicitario, cogliendo magari l'emotività dell'opinione pubblica con qualche episodio e poi non si riesce a dare risposte adeguate nel contesto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Agostini. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Marco Carra. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso, ricordando quanto ci è stato detto in campagna elettorale. Sono state fatte tante promesse: «Con noi al Governo ci sarà più sicurezza». Noi oggi stiamo vivendo un paradosso: con il decreto-legge in esame la maggioranza dice al Paese che non ha fiducia nelle forze dell'ordine, cioè coloro i quali devono garantire la nostra sicurezza. Pensare di istituzionalizzare le ronde ha questo preciso significato: le forze dell'ordine non ce la fanno. Ebbene, già sono state mortificate attraverso la poderosa politica dei tagli e oggi questa maggioranza decreta l'incapacità delle forze di polizia di combattere la criminalità.
Non siamo evidentemente assolutamente d'accordo con questo teorema: noi ribadiamo la nostra fiducia nelle forze dell'ordine, che quotidianamente rischiano la vita per salvaguardare la nostra sicurezza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, anche il mio è un intervento in dissenso, anche perché mi sembra che ormai stia diventando una prassi e una costante, in questa nostra Aula, arrivare a proporre provvedimenti «macedonia», dove vi è dentro un po' di tutto. Noi qui alla Camera - è stato ricordato - avevamo approvato un importante provvedimento sullo stalking e adesso ce la ritroviamo qui dentro, insieme al tema della violenza sessuale, un altro tema fondamentale, ma si è voluto inserire anche il cosiddetto tema delle ronde (il famoso articolo 6, di cui abbiamo parlato stamani).
Credo che questo mettere insieme tematiche che sono differenziate e che richiedono un approfondimento specifico non sia un buon servizio alla normativa di questo Paese, così come non è un buon servizio alla normativa del nostro Paese l'abuso dei decreti-legge.
Fare una legge significa approfondire un tema, utilizzando al meglio le competenze che vi sono in Parlamento. Abusare dei decreti-legge significa non voler utilizzare le competenze e le capacità che vi sono nel Parlamento e in quest'Aula.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Farinone.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, i comuni rurali, gli imprenditori agricoli ed i braccianti del sud già scontano pesantemente l'isolamento causato dalla distanza delle aziende dai presidi delle forze di polizia ed il ruolo, ormai sempre più vessatorio ed oppressivo, dei clan, in relazione all'attività Pag. 106dell'impresa agricola, con la diffusione di vecchi e nuovi reati (furto di attrezzature e macchine agricole, racket ed usura).
Immaginiamo quali potrebbero essere gli effetti in termini di capacità di controllo del territorio, qualora i membri dei clan riuscissero ad infiltrare o a costituire in prima persona ronde e manipoli vari destinati ad attività di vigilanza sul territorio.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Il monopolio delle forze dell'ordine e della sicurezza deve essere soltanto statale. È intollerabile affidare a privati o a strutture associative di dubbia matrice (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Oliverio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, riteniamo che sia inutile, in questo momento e in questo preciso contesto, intervenire cercando di migliorare il testo, anche dell'articolo 1. Nel provvedimento in esame, avremmo accettato di parlare - come si era, più volte, ripetuto nella discussione, anche con riferimento alla richiesta che oggi il gruppo ha rivolto direttamente al Ministro - di ciò che riguardava direttamente la norma sul contrasto, la prevenzione e la repressione degli atti di violenza sessuale. L'inserimento, invece, nell'articolo 6, soprattutto del tema delle ronde, ci impedisce di dare un contributo costruttivo. Questa è una questione che abbiamo dibattuto più volte.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RAFFAELLA MARIANI. Vorremmo che nella valutazione di un decreto-legge, e nella frammentazione degli articoli che questo contiene, si potesse, comunque, tenere un filo logico ed una coerenza, che non troviamo assolutamente in questo provvedimento. Per questo motivo (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mariani.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Amici. Prendo atto che vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Fiorio. Ne ha facoltà.

MASSIMO FIORIO. Signor Presidente, la giustificazione offerta dal Governo a questo decreto-legge è stata la straordinaria urgenza di assicurare la tutela della sicurezza della collettività, a seguito della crescita dei fenomeni collegati alla violenza alla persona - la violenza sessuale -, attraverso norme poste a contrastare tali fenomeni ed una più concreta tutela delle vittime dei reati.
Il tema e la necessità di intervenire sulla questione, dall'inizio di questa legislatura, sono al centro dell'attività di opposizione del Partito Democratico. Lo sono stati dall'inizio, quando, con forza, abbiamo denunciato il taglio di risorse alle forze dell'ordine apportato con il Documento di programmazione economico-finanziaria della scorsa estate, quando ci siamo battuti durante l'approvazione della Finanziaria.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MASSIMO FIORIO. In particolare, più nel merito della violenza sessuale, il gruppo del Partito Democratico non si è sottratto alla discussione e lo abbiamo visto in occasione dell'approvazione delle misure contro lo stalking. Ancora oggi, ribadiamo la nostra volontà di discutere in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Sbrollini. Ne ha facoltà.

Pag. 107

DANIELA SBROLLINI. Signor Presidente, ancora una volta, purtroppo, dobbiamo constatare che questo Governo ha deciso di scegliere la strada del non dialogo. Non solo, non ha permesso in quest'Aula una discussione seria sul complesso degli emendamenti, ma, addirittura, ci troviamo di fronte ad un provvedimento confuso, in cui avete inserito, all'interno di un tema così delicato come quello della violenza sessuale, il tema delle ronde. Oggi avremmo preferito parlare di prevenzione, di politiche sociali, di politiche di accoglienza, di politiche che andavano ad aumentare le risorse e gli agenti nel territorio. Questo è quello che dovevamo fare, non una giustizia «fai da te», senza regole.
Siete riusciti ad ottenere sicuramente un risultato: quello di trovare tutte le forze di polizia in piazza a condannare il vostro provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, vorrei precisare che non ci stiamo divertendo. Ci piacerebbe poter discutere di questo tema in maniera molto più serena invece che costretti in una riflessione che non è più tale da un atteggiamento assolutamente incomprensibile. Infatti parlare di ronde è legittimo da parte della maggioranza e del Governo, ma non è legittimo porlo in questa maniera, non è legittimo porlo in una riflessione che nulla ha a che fare con questo e non è legittimino mettere questo un tema di così grande rilevanza come l'impegno del volontariato a servizio della collettività in uno scontro tra maggioranza ed opposizione e ciò proprio in un momento, in questi giorni, in cui il volontariato tanto sta dando al nostro Paese. Questo, signor Presidente, non è un atteggiamento che aiuta neanche il dialogo istituzionale tra maggioranza e opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Vannucci. Ne ha facoltà.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso con l'onorevole Tenaglia, che ha parlato a nome del gruppo perché ritengo che non abbia ringraziato adeguatamente i colleghi Di Pietro e Palomba per aver presentato questa proposta emendativa.
Francamente non si comprendono le ragioni del parere contrario del Governo e del relatore. Nel testo si afferma che l'aggravante per i ripugnanti reati che qui abbiamo richiamato di violenza verso le donne scattano in occasione della commissione di taluno dei delitti. Con la modifica proposta, invece, i colleghi suggeriscono che le aggravanti scattino non nella occasionalità ma nell'atto di commettere il reato e si tratta quindi di una versione molto più garantista.
Da qui la mia meraviglia per il parere contrario e per questa maggioranza che si dichiara appunto garantista in ogni occasione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Pompili rinuncia al suo intervento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, questa modifica dell'articolo 576 del codice penale, che dal punto di vista lessicale sembra essere scritta malissimo, nasconde, ma neppure troppo in verità, le vostre reali intenzioni: questo decreto-legge si deve fare perché deve mettere paura.
Ma davvero pensate che le ronde possano risolvere il problema della sicurezza urbana? Ma davvero pensate che i clan di camorra che gestiscono il mio territorio possono impaurirsi per dieci o quindici «giovani marmotte» di disneyana memoria (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?Pag. 108
Suvvia, mettete da parte questa vostra tentazione dispotica e riflettete su quanto scriveva Montesquieu: «Un Governo moderato per sconfiggere la paura, madre di ogni potere dispotico rafforza i propri apparati, non ciò che li delegittima». Finanziate le forze dell'ordine! (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Villecco Calipari rinuncia al suo intervento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Ghizzoni. Ne ha facoltà.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, stamattina il Ministro Maroni e l'onorevole Santelli hanno evocato impropriamente la legge regionale n. 24 del 2003 dell'Emilia Romagna sulla promozione di un sistema integrato di sicurezza, facendo credere che quella legge sia stata ispiratrice della grave, ignobile, pericolosa norma che introduce le ronde per il presidio del territorio. All'esponente del Governo, che non c'è più ma leggerà il resoconto, ed all'autorevole esponente di maggioranza chiedo maggiore onestà intellettuale. Infatti, nulla ha a che vedere la legge emiliano-romagnola con le ronde, cioè con l'affidamento della sicurezza e del controllo del territorio ad un gruppo privato, di privati cittadini probabilmente promossi politicamente.
La legge che ha promosso in molte realtà della mia regione la costituzione dei corpi degli assistenti civili ha l'obiettivo di promuovere l'educazione alla convivenza ed al rispetto della legalità, la mediazione dei conflitti ed il dialogo delle persone e l'integrazione e l'inclusione sociale, un obiettivo sicuramente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Marchioni. Ne ha facoltà.

ELISA MARCHIONI. Signor Presidente, la sicurezza è un valore importante per tutti i cittadini perché consente di vivere liberi. Ma vivere sicuri non vuol dire per forza vivere in difesa, spaventati o arroccati, ma vuol dire riconquistare una convivenza civile degna di questo nome e questo non lo si fa con le ronde. Abbiamo smesso di abitare le città. Dobbiamo, invece, ricostruire un tessuto di fiducia e di collaborazione fra cittadini. Vi è un progetto meraviglioso che si chiama Progetto della città dei bambini del CNR, che ha riportato il protagonismo dei bambini nella città, rendendo di nuovo abitabili periferie di città pericolose come quella di Buenos Aires. È un progetto che torna ad abitare le città per renderle vivibili. Da piccoli noi tutti andavano a scuola da soli mentre ora non si può più. Tuttavia, dobbiamo riportare la città alla dimensione in modo che siano vivibili per i bambini perché siano di nuovo abitabili senza rischi e ciò non può avvenire con le ronde ma con una vita sociale coesa, integrata e accogliente...(Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marchioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, in questi giorni molti commentatori hanno scritto che stringendosi intorno alla popolazione abruzzese ferita dal terremoto e aiutando le istituzioni nell'azione di soccorso e di ricostruzione la politica avrebbe fatto un passo indietro. Io penso, al contrario, che la politica abbia fatto un passo avanti e penso che anche lei, signor Presidente, la pensi in questo modo così perché era necessario fare presto e fare bene.
Il passo indietro la politica lo sta facendo adesso, perché anziché produrre un provvedimento condiviso, come era possibile, produce un provvedimento che divide in una materia molto delicata. Ci dispiace essere costretti a fare questo passo indietro, ma la piena responsabilità è di chi ha introdotto, in questo provvedimento, degli Pag. 109atti e delle norme che sono inaccettabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, come si fa, in un Paese democratico, a delegare la sicurezza sul territorio a dei privati? La sicurezza non è roba per dilettanti. Garantire sicurezza fa parte dei primi diritti e dei primi doveri di uno Stato. È un diritto e un dovere che non si dà in appalto. La sicurezza è prerogativa dello Stato.
Con questo decreto-legge volete delegare la sicurezza a cittadini non armati, ma contemporaneamente avete costretto le forze di polizia a lavorare in una condizione insostenibile a seguito dei tagli che avete apportato con l'ultima legge finanziaria. Ma come può, allora, un Governo serio delegare la sicurezza ai privati e contemporaneamente mettere in atto una politica che provoca che i commissariati rimangano senza volanti, senza benzina e con un numero di agenti insufficienti? Mi appello, dunque, ai colleghi della maggioranza: non gettate polvere negli occhi della gente, ma abbiate il coraggio di essere un Governo che...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Garavini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, siamo di fronte ancora ad un'occasione persa per la Camera dei deputati in un provvedimento, anche positivo, che partiva dalla volontà di affrontare temi delicatissimi, come la violenza sessuale e lo stalking, in un provvedimento positivo si inseriscono norme assolutamente inaccettabili, non solo quella delle ronde, di cui dirò adesso, ma anche la stessa volontà di dilazionare ancora i tempi di detenzione nei centri di permanenza per gli immigrati è norma assolutamente grave.
Ma veniamo alle ronde. Oggi l'onorevole Minniti ha spiegato, in un efficacissimo intervento, quanto sia vero che uno Stato liberale affidi solo alle forze di polizia la tutela della sicurezza dei cittadini. Ma come è possibile che non affrontiate i temi della sicurezza nel modo giusto? Mentre le volanti non hanno benzina, mentre l'istituzione del poliziotto di quartiere non dà frutti, mentre avete respinto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Margiotta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà.

LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, visto che la Ministra Carfagna è presente in Aula vorrei ricordare quanto affermato nell'intervento del 20 gennaio scorso, proprio in occasione dell'approvazione della legge sullo stalking. In quel momento tutti noi abbiamo apprezzato quel percorso e lo abbiamo voluto fortemente. Tuttavia, mi ricordo che da parte mia venne fatto notare e sottolineato, in qualche modo, che non avvenisse quanto era successo con una legge approvata precedentemente all'unanimità da questo Parlamento sulle dimissioni «in bianco» e poi cancellata. Allora dissi: «mi auguro tanto che così non avvenga». Invece, puntualmente questo è avvenuto nel pieno disprezzo del lavoro parlamentare, come le colleghe hanno detto.
Questo è gravissimo e veramente non rispettoso; la invito a rileggere quanto è stato scritto in quell'intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Rampi. Ne ha facoltà.

ELISABETTA RAMPI. Signor Presidente, la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto, anche nel nostro Pag. 110Paese, connotati di vera e propria emergenza. Dobbiamo lavorare insieme per garantire la certezza della pena e strumenti adeguati al contrasto tempestivo della violenza e garantire la cultura del rispetto.
Ed è davvero assurdo - ci spiace moltissimo - non continuare un percorso a cui tanto abbiamo creduto e a cui tanto crediamo. Ci dispiace che abbiate voluto inserire il tema delle ronde in un provvedimento che riguarda una questione tanto delicata ed importante come la violenza contro le donne.
Avete voluto inserire una norma che, tra l'altro, è di dubbia costituzionalità. Quando lo Stato abdica alla propria funzione si va verso una pericolosa deriva e le ronde sono funzionali solo a quella politica che, cavalcando la paura, ha costruito una vera e propria fortuna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole De Torre. Ne ha facoltà.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Signor Presidente, questo decreto-legge è uno di quelli su cui, prima di aprire bocca e prima di mettere nero su bianco, si doveva riflettere, studiare, imparare dalle migliori esperienze di altri Paesi (ci sono e molte). Una volta dette le cose è difficile tornare indietro: le paure sono già generate e i pregiudizi ci sono entrati in testa e con questo si è creata insicurezza.
Paradossalmente sono più preoccupata di questo che delle ronde, delle impronte e delle espulsioni, perché tutto ciò sta cambiando la cultura del nostro Paese. Stiamo ammazzando il senso della comunità, il piacere di vivere bene nelle nostre città. Se percepiamo la sicurezza come difesa dai diversi e dagli stranieri dovremo costruire mura sempre più alte e non basteranno più. Non fruiremo più delle nostre città e dei nostri beni e perderemo la libertà. Saremo soli, individualisti e timorosi di tutto. Vi è invece la possibilità...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Torre. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso dalla dichiarazione di voto fatta dal collega Tenaglia solo per dire che stiamo cercando di fare una battaglia - lo dico con molta franchezza - di fronte a un atto di protervia da parte della maggioranza. Siamo costretti a fare questa battaglia perché non è dato al Parlamento - il luogo adatto - di discutere di un tema molto importante.
Gli interventi che si sono succeduti prima del mio hanno dimostrato come si sia introdotto surrettiziamente un tema che non c'entrava con gli argomenti in discussione e che questo tema stia spaccando radicalmente questo Parlamento. Mi rivolgo ai colleghi della Lega: non sta spaccando soltanto il centrodestra dal centrosinistra. Il silenzio assoluto da parte dei colleghi del Popolo della Libertà dimostra tutta la difficoltà che c'è dentro quella compagine e dentro quella alleanza.
Allora, guardate dentro casa vostra e sappiate quanto difficile sarà portare dentro al Paese questo argomento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, siccome l'intervento è a titolo personale mi permetto di iniziarlo confessando all'Aula una personalissima situazione di disagio che sto vivendo da stamattina, da quando, per non stralciare l'articolo 6 da questo provvedimento, il Ministro Maroni è riuscito nella poco nobile impresa di strumentalizzare il terremoto, seguito a ruota dall'onorevole Bocchino e, nel primo pomeriggio, dall'onorevole Cota.
In un momento in cui moltissimi militanti del PD sono impegnati concretamente Pag. 111sul campo accanto agli sfollati dell'Abruzzo e stanno raccogliendo offerte per la Caritas, materiale da inviare nelle zone colpite dal sisma, noi siamo costretti a restare qui e parlare a vuoto, ed è l'ultima cosa che vorremmo fare (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Premesso questo, manifesto il mio dissenso dal gruppo perché, a differenza dei colleghi di gruppo che voteranno a favore, io mi asterrò. Ritengo infatti (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)... Presidente, mi lascia concludere?

PRESIDENTE. Certo.

ANDREA SARUBBI. Ritengo infatti, che l'emendamento Di Pietro 1.12, indipendentemente dal merito, non debba essere votato, perché tutto questo non ha senso. Non ha senso che la Lega tenga in scacco l'intero Parlamento, quando l'opposizione aveva già manifestato espressamente stamattina la propria disponibilità a collaborare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che la discussione sui temi di questo provvedimento non possa vedere all'interno dell'Assemblea comportamenti tali per cui non solo gli schiamazzi, ma anche gli insulti, rivolti a deputati di qualunque parte e gruppo, impediscano agli stessi di svolgere il proprio intervento.
Quindi, la pregherei, signor Presidente, come lei ha cercato di fare prima, di richiamare all'ordine chi si comporta in modo difforme dal Regolamento e di consentire ai deputati di svolgere il loro minuto di intervento come è loro diritto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Fontanelli. Ne ha facoltà per un minuto.

PAOLO FONTANELLI. Signor Presidente, credo che stiamo perdendo un'occasione importante rispetto a un provvedimento che è certamente atteso nel Paese, per quanto riguarda in modo particolare le disposizioni sulla violenza sessuale. Solo la settimana scorsa o negli ultimi dieci giorni abbiamo letto sulla stampa diversi episodi di violenza avvenuti anche nell'ambito familiare.
Come ci dicono le statistiche, gran parte degli episodi di violenza sulle donne avvengono in ambiti familiari, parentali o talvolta di amicizia o su pressione di gruppi all'interno di amicizie. Quindi, un provvedimento di questo genere è atteso ed è importante.
Con la decisione di inserire questo provvedimento in un contesto diverso, credo che si faccia un danno e si mandi un segnale negativo all'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole La Forgia. Ne ha facoltà.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, mi rendo perfettamente conto del fastidio con il quale i colleghi della maggioranza stanno ascoltando questi nostri interventi in dissenso. Lo comprendo perfettamente.
Vorrei altrettanta comprensione nei confronti di ciò che anima noi. Sono convinto - è un intervento a titolo personale - che sia in gioco una questione che considero di principio e le questioni di principio (penso che questa sia un'opinione comune) vanno difese con tutti gli strumenti che si hanno a disposizione. Accanto a questo ho un rammarico, lo dico nei 15 secondi che restano. Pur considerando la mia posizione salda dal punto di vista di principio, credo ci sia un nucleo di verità che anima l'iniziativa dei parlamentari della...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole La Forgia. Pag. 112
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, nell'intervento in dissenso dal mio gruppo, colgo l'occasione per lasciare agli atti di questa discussione un riferimento all'articolo 8 della legge regionale n. 24 del 2003 dell'Emilia-Romagna che stabilisce: «L'utilizzazione di forme di volontariato, ai fini della presente legge, è ammessa solo nel rispetto dei principi e delle finalità fissate dagli articoli 1 e 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266», ovvero la legge quadro sul volontariato. Ecco l'articolo 6, perché si fanno le proposte e poi si diventa delle pecore! Infatti, si fanno i leoni nel Paese, mentre nel dibattito parlamentare facciamo le pecore e diciamo: «Volontariato, volontariato!». Citiamo la legge del volontariato: è la legge n. 266 del 1991 e poteva essere benissimo citata con queste finalità.
Quindi, su questo, caro Presidente, voglio precisare anche al ministro Maroni che quando in quest'Aula fa la pecora... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Nannicini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, voglio esprimere con questo intervento il mio dissenso rispetto alla scelta del Governo di utilizzare argomenti condivisi da maggioranza e opposizione, sui quali si è lavorato anche nella scorsa legislatura, come il riconoscimento del reato di stalking e dell'inasprimento delle norme sulla violenza sessuale, inserendole in un decreto-legge che contiene altri temi sui quali non ci può essere la stessa condivisione.
Mi riferisco chiaramente alla legalizzazione delle ronde, su cui tanto insiste soprattutto la Lega, indispensabili - sempre secondo lo stesso partito - per garantire la sicurezza delle nostre città e più in generale del territorio. Noi riteniamo che la sicurezza vada garantita... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Froner.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Capodicasa. Ne ha facoltà.

ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, intervengo in dissenso dal mio gruppo e lei può capire quanto questo mi costi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), tanto più che lo faccio su una materia sulla quale avevamo espresso una condivisione come gruppo. Si tratta, infatti, di una materia fortemente sentita dalla popolazione e che aveva visto da parte del Partito Democratico un ruolo attivo nella formazione del testo.
Tuttavia, avere inserito alcune norme che sono frutto di quella politica della cattiveria di cui ha parlato l'onorevole Maroni, quando si è riferito agli sbarchi e agli immigrati clandestini e non...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Capodicasa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, vorrei dire che sono un po' contrariato, quasi immalinconito, dall'esigenza di dover parlare in dissenso dal collega Tenaglia, che è una persona così a modo. Ma mi permetto di dire che qui non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, perché questo emendamento mi sembra assolutamente da accogliere, in modo palmare, perché dice che c'è un nesso di contestualità che non può essere sacrificato sull'altare di un genericismo, laddove si dice «in occasione». L'occasionalità è un termine troppo astratto e indeterminato. In questo modo, non si produce una legge che sia chiara, trasparente, semplice e comprensibile, allorquando peraltro c'è di mezzo una pena così rilevante quale quella contemplata in questo testo. Pag. 113
Quindi non c'è nessuno più sordo di chi non vuol sentire, e pertanto mi permetto di dissentire.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duilio.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Fadda. Ne ha facoltà.

PAOLO FADDA. Signor Presidente, devo dire che a me non dispiace parlare in dissenso rispetto all'intervento del nostro capogruppo. Mi auguravo, infatti, un grande senso di responsabilità, come quella che abbiamo dimostrato nella giornata di ieri quando, in un momento così drammatico per la vita di una regione come l'Abruzzo, l'intervento del nostro segretario nazionale ha dato un segnale di quello che può essere il senso di responsabilità.
Noi ci aspettavamo da parte del centrodestra un minimo di atteggiamento analogo, cercando di stralciare quelle norme, così come è stato richiesto dal capogruppo Soro, che non hanno niente a che vedere con l'urgenza di un provvedimento quale il decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Graziano. Ne ha facoltà.

STEFANO GRAZIANO. Signor Presidente, questo decreto-legge prevede disposizioni in materia di violenza sessuale, esecuzione dell'espulsione e controllo del territorio. Mi pare già evidente dal titolo una confusione del provvedimento. In secondo luogo, ci sono forti dubbi sulla costituzionalità di questo provvedimento, e mi pare che il Governo non prenda atto neanche di questo.
Terza considerazione: è evidente che se si vogliono costruire le ronde in questo modo e viceversa si immagina di tagliare le risorse alle forze dell'ordine, c'è una forte confusione in materia di sicurezza. Queste cose penso che si paghino dal punto di vista complessivo, ma le paga soprattutto il Paese.
Pertanto, io chiedo al Governo ancora una volta di avere pazienza nell'ascoltare i suggerimenti dell'opposizione...

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, io parlo veramente contro questo emendamento. Mi meraviglia che un giurista come l'onorevole Di Pietro faccia un errore come quello che ha commesso nel proporlo mescolando le aggravanti alla flagranza in maniera assolutamente non condivisibile e addirittura a me incomprensibile; non sono un giurista, ma francamente non lo posso condividere.
Mi sembra, però, che questa confusione testimoni che decretare in materia di codice penale e di procedura penale sia una scelta che francamente non possiamo accettare. Cosa andremo a dire, se per un qualche accidente della storia questo decreto-legge non venisse convertito, a chi è stato condannato con aggravante nel momento in cui questa aggravante non fa parte del nostro codice di procedura penale? Mi sembra del tutto evidente che questi temi...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Santagata.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

RENZO CARELLA. Signor Presidente, io intervengo in dissenso. Questo provvedimento è il solito manifesto: dopo le quote latte, le ronde. Piegate agli interessi elettorali e di parte gli interessi generali del Paese in un momento molto particolare e grave. I cittadini delegano allo Stato la garanzia della propria sicurezza perché deve essere neutrale ed imparziale; figuriamoci se tutto questo può essere garantito da gruppi di persone ideologizzate e magari organizzate da partiti politici! Si dice che non c'è nulla da temere perché al massimo queste ronde che agiscono nei Pag. 114quartieri si limiteranno a fare segnalazioni. Come? Con quali mezzi? Fermeranno i cittadini per identificarli?... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Carella.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Braga. Ne ha facoltà.

CHIARA BRAGA. Signor Presidente, mi vedo costretta ad intervenire in dissenso dal gruppo sull'emendamento in esame riferito all'articolo 1 perché questo, purtroppo, come è stato sottolineato da altri colleghi intervenuti prima di me, è l'unico modo, l'unica forma di dissenso e di contrasto che ci consentite di esercitare in quest'Aula rispetto ad un provvedimento sul quale non possiamo in coscienza esprimere un voto favorevole.
Il motivo primo e prioritario è riferito al metodo con cui il Governo, sotto scacco di un pezzo della sua maggioranza, si rapporta alle Camere introducendo in questo testo misure che niente hanno a che fare con il tema del contrasto alla violenza sessuale né della sicurezza pubblica, arrivando addirittura ad introdurre in questo provvedimento dei testi normativi sui quali il parlamento aveva svolto un lavoro importante approvando all'unanimità la legge sullo stalking. È un metodo sbagliato che non possiamo che contrastare con i mezzi e gli strumenti che ci sono consentiti... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Braga.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, questo è un provvedimento che così come è stato proposto - mi riferisco al comma 3 dell'articolo 6 - è assolutamente da definirsi pericoloso, un pericolo che non è tanto nel rischio di una deriva autoritaria (che peraltro credo non sia da sottovalutare) a cui ci state portando con questo confuso decreto-legge, ma nel fatto che mortifica le forze dell'ordine che, dopo aver subito dei pesanti tagli nei loro bilanci, vengono oggi sostituiti da pericolosi succedanei.
Chi ha fatto e fa l'amministratore locale sa che l'uso di dilettanti (perché queste persone possono definirsi tali) per compiti specifici di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria può essere molto pericoloso e pieno di controindicazioni. L'esperienza insegna, basta documentarsi riguardo ai numerosi casi, ad esempio, accaduti in campo ambientale quando...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bratti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Strizzolo. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, in parziale dissenso dal mio gruppo sottolineo che questo provvedimento mette gravemente a rischio i cardini di uno Stato di diritto. Io contesto l'affermazione fatta oggi dal collega Cota quando ha detto che questa è un'inutile contrapposizione ideologica: no, questa è una battaglia che viene prima di una contrapposizione ideologica.
È una battaglia, di cui siamo orgogliosi, tra quelli che vogliono difendere uno Stato di diritto e quelli che invece vogliono portare questo Paese alla stregua di una Repubblica delle banane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, il Governo ci ha abituati a «decreti panino» dove nasconde spesso un companatico immangiabile. In questo caso, tuttavia, fa di peggio: usa le donne come scudo umano per far passare una norma, quella sulle ronde, stupida e dannosa a meri fini elettorali. Pag. 115
In questo provvedimento sono le donne a garantire la sicurezza delle ronde e non l'inverso. Sarebbe comico se non fosse tragico e se non svilisse anche il buon lavoro in comune fatto da tanti colleghi in quest'Aula. Innanzitutto è a loro, anche nella maggioranza, che chiedo di opporsi a questa insultante strumentalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Signor Presidente, credo che il Governo e la maggioranza su un tema come quello della sicurezza abbiano sprecato un'occasione, quella di offrire alla Camera la possibilità di un confronto davvero costruttivo. Ciò non è avvenuto: miopia e forse anche arroganza. La sicurezza è un problema reale, però richiede secondo me risposte davvero adeguate e una filosofia e una cultura radicalmente diverse da quelle espresse, ad esempio, nel progetto di dar vita alle ronde.
Voglio dire che sono d'accordo a dare vita alle ronde nelle nostre città, ma devono essere ronde di ben altra natura: ronde che portino vita, cultura, iniziative, animazione e coesione sociale nelle periferie e nei quartieri.
Su questo aspetto il Governo avrebbe dovuto investire risorse insieme a risorse destinate a chi istituzionalmente ha il dovere di tutelare, prevenire e difendere la sicurezza dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Fogliardi. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente anche io in dissenso per raccontare un aneddoto che non so se riuscirò a terminare. La scorsa settimana un'operazione dei carabinieri sul lago di Garda ha portato alla luce dei laboratori clandestini di cinesi che vivevano e lavoravano tra topi, sterchi e miserie varie. Al mio plauso al comandante dei carabinieri sono stato richiamato da alcuni industriali della zona e professionisti, i quali mi hanno detto che questi fatti portano alla crisi del settore manifatturiero già in difficoltà.
Questa è l'ipocrisia che va combattuta e per questi motivi il mio dissenso e il mio favore alle ronde, non certamente contro i clandestini, ma contro chi cerca di sfruttare queste situazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Concia. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi io sono abruzzese, sono nata ad Avezzano e ho vissuto tanti anni a L'Aquila, dove ho tantissimi affetti. Stamattina ho sentito delle cose sconcertanti da quella parte. Ho sentito dire che vi sono le ronde in Abruzzo che stanno agendo a L'Aquila e che stanno lavorando. Venti minuti fa ho visto due mie carissime amiche qui fuori che sono sfollate a Roma perché hanno perso tutto. Ho detto che voi per giustificare le ronde avete detto che vi sono le ronde a L'Aquila che stanno lavorando. State strumentalizzato questa cosa! Se qualcuno di voi, cari colleghi e care colleghe, vuole venire con me fuori... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Concia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, intervengo in dissenso e mi asterrò su questo emendamento perché mi rifiuto di discutere di violenza sessuale in questo modo, ovvero solo per coprire il provvedimento sulle ronde. Tuttavia, vi è un Pag. 116elemento positivo: evidentemente è l'intero Governo che si vergogna del provvedimento sulle ronde, perciò lo chiude a sandwich tra i primi articoli che riguardano la violenza sessuale e gli ultimi che riguardano lo stalking. Oggi sta dimostrando che si vergogna di essere ostaggio della furia antidemocratica della Lega. Questo è un dato positivo: almeno il pudore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Ferranti, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Marantelli. Ne ha facoltà.

DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, il mio è un dissenso radicale e di fondo, perché, alla vigilia di questa discussione, per giorni, giornali e TV erano ricchi di informazioni su uno degli atti più odiosi che pongono un uomo fuori dal consorzio umano: lo stupro. Sequenze impressionanti che avevano colpito l'opinione pubblica, tanto più quando gli autori erano cittadini stranieri. Colpisce come invece da diversi giorni questa impressionante escalation sui media si sia attenuata. Coincidenza strana? Io non credo. È difficile pensare che una anno fa la violenza bestiale che si esercita su donne e bambini, soprattutto dentro le mura di casa, non esistesse. È difficile pensare che da qualche giorno queste drammatiche violenze siano sparite. La destra sa utilizzare bene i media nella lotta politica. È un fatto. Complimenti! Noi abbiamo un'altra idea della lotta politica, della sicurezza dell'Italia. Non molleremo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Rassegnatevi...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marantelli.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, intervengo non in dissenso dal gruppo, ma con un intervento a titolo personale, che dissente da una posizione espressa su un emendamento che non è del gruppo. Naturalmente coloro che hanno presentato questo emendamento hanno tutto il mio rispetto e il mio sostegno. Tuttavia, bisogna sapere che anche l'emendamento tratta di un problema che è quello dell'inasprimento delle pene per i reati di violenza sessuale.
Signor Presidente, questo non è più diventato il tema prevalente del decreto. Il tema prevalente del decreto è diventato quello delle ronde! E mi meraviglio che i liberali del Popolo delle libertà - o almeno tali si autodefiniscono - abbiano subito un'imposizione di questo tipo, persino il Presidente Berlusconi si era dichiarato contrario alle ronde. E perché mai oggi dobbiamo discutere di un decreto che è diventato un provvedimento sulle ronde, imponendo al Parlamento una discussione su un tema che non era previsto, che non era oggetto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Quartiani.
Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Con me stesso, Presidente.

PRESIDENTE. Dissenta.

ROBERTO GIACHETTI. Da me stesso. Signor Presidente, vorrei riprendere il concetto che avevo espresso anche prima quando sono riuscito a parlare per qualche minuto in più sul complesso degli emendamenti, riprendendo esattamente la conclusione dell'intervento che il collega Quartiani ha appena svolto, ancorché breve. Mi riferisco al punto su cui ci concentriamo ed in ragione del quale stiamo facendo la nostra battaglia; si tratta di una battaglia che, non velatamente ma molto evidentemente vuole portare il Governo, la maggioranza ad essere costretta Pag. 117a stralciare questa norma, quella che riguarda le ronde. Lo ripeto: il provvedimento che ci troviamo di fronte ha l'obiettivo principale di umiliare il Parlamento, in particolare questa Camera e, soprattutto, di negare quello che la mattina si dice e poi la sera si contraddice. Nella fattispecie, ed ho concluso, il tema del lavorare insieme, costruire insieme dei provvedimenti. Quello sullo stalking era stato fatto insieme. Lo si è voluto portare dentro un decreto così da portare ovviamente ad un voto da parte nostra che sarà difforme da quello che vi era stato in precedenza. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Sereni. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, la Ministra Carfagna e la presidente Bongiorno dovrebbero essere d'accordo con noi ed intervenire sulla propria maggioranza e sul Governo. Sulle molestie insistenti in quest'aula si era già manifestata un'amplissima convergenza, direi quasi l'unanimità, perché siamo tutti d'accordo che la violenza contro le donne sia uno dei fenomeni più odiosi ed inaccettabili di questa nostra società; siamo tutti d'accordo che lo stalking nel nostro Paese è un reato troppo diffuso, spesso commesso da mariti o ex, da fidanzati o ex, da conviventi o ex, da cui originano il più delle volte episodi di violenza fisica davvero gravissimi. In pochi giorni, al Senato si poteva fare una legge condivisa. Volevate anticipare con il decreto quelle norme. Bene, avrebbe avuto un senso se aveste negato a quella parte della maggioranza che ha voluto inserire le ronde...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sereni.

GIUSEPPE CONSOLO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, intervengo per informare l'Aula che due o tre minuti fa c'è stata una notevole nuova scossa di terremoto, che è stata avvertita anche qui nel Lazio. Qualche collega l'ha sentita anche in aula, al di fuori dell'emiciclo. Credo che fosse doveroso informare. Ho avuto conferma che gli organi di informazione ne hanno già dato notizia. Ritenevo giusto ed opportuno, al di là della dialettica politica, informare l'Aula e lei, signor Presidente, per le determinazioni che vorrà assumere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Calgaro. Ne ha facoltà.

MARCO CALGARO. Signor Presidente, la decretazione d'urgenza ormai è diventata la normale modalità con la quale si legifera in questo Paese, in totale spregio del Parlamento. Questo è tanto più grave quando si sceglie questa modalità su materie come queste, con un duplice deleterio risultato, molto probabilmente ricercato volontariamente. Da un lato, si impedisce di legiferare per la via normale ed in modo assolutamente collaborativo e costruttivo su temi importantissimi come lo stalking e la violenza sessuale, dall'altro, si utilizza la decretazione d'urgenza per inserire in questo provvedimento gli articoli 5 e 6, che introducono due temi assolutamente estranei, su cui il nostro giudizio è totalmente negativo, come la proroga del periodo di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione e l'istituzione delle cosiddette ronde. Il mio dissenso dal gruppo è motivato dal fatto che, a fronte di una tale avvilente modalità di legiferazione e pieno disprezzo del Parlamento, ritengo dovremmo assumere iniziative ben più ficcanti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Zunino. Ne ha facoltà.

MASSIMO ZUNINO. Signor Presidente, anche io intervengo in dissenso. Svolgo quest'intervento con amarezza, per il fatto Pag. 118che, su un tema come quello del contrasto alla violenza sessuale, vi sarebbe potuto essere in quest'Aula, così come è stato nel passato ed è già stato ricordato nel corso di alcuni interventi che mi hanno preceduto, un grande consenso, un'opinione favorevole e diffusa tra maggioranza e opposizione, entrando nel merito e anche discutendo alcune proposte migliorative contenute nei nostri emendamenti. Così non è stato: il Governo ha seguito un'altra strada, quella di utilizzare strumentalmente il bisogno di maggiore sicurezza per i cittadini, che certamente è un tema presente, anche se il Governo ne parla soltanto al manifestarsi di atti di violenza, dopodiché molto spesso se ne dimentica. Il Governo ha voluto utilizzare il bisogno di sicurezza con una risposta sbagliata, che è quella contenuta nell'articolo 6, attraverso la proposta delle ronde. È una risposta che non risolve il problema del controllo del territorio. Le risposte sono altre: sono quelle di dare soluzione e continuità al tema del rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine sul territorio, non di tagliare profondamente i fondi a loro disposizione, così come il Governo ha fatto con l'ultima legge finanziaria.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Cesare Marini. Ne ha facoltà.

CESARE MARINI. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo stravolge lo Stato di diritto. Come sappiamo, la democrazia ha come pilastro irrinunciabile il principio della divisione dei poteri, che non tollera confusione nei ruoli di competenza. La legalizzazione, come avviene in questo provvedimento, del cittadino che si fa giustizia è estranea alle società contemporanee libere. Signor Presidente, più che un dissenso verso il mio gruppo, ho delle perplessità. Ritengo che ben altra sarebbe dovuta essere l'opposizione rispetto al disegno di legge, un'opposizione senz'altro rispettosa delle norme regolamentari e, quindi, della prassi parlamentare, però molto più decisa, che fosse partita fin dal lavoro dei giorni passati, perché ritengo estremamente pericolosa l'eventuale approvazione dell'attuale provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Federico Testa. Ne ha facoltà.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, intervengo anch'io in dissenso, in quanto ritengo che la discussione di merito passi necessariamente in secondo piano di fronte allo stravolgimento di un provvedimento, che partiva da esigenze ampiamente condivise e sollecitate da tutte le forze politiche.
Siamo, infatti, in presenza, per buona parte, di misure contro gli atti persecutori che erano già state approvate a larghissima maggioranza da questo ramo del Parlamento. Si tratta di norme che servono a contrastare, prevenire e reprimere gli atti di violenza sessuale, che credo debbano avere una rapida applicazione dal punto di vista legislativo.
Ciò che non convince è quindi la scelta di avere inserito in un provvedimento che aveva questo impianto e queste esigenze aspetti che nulla hanno a che vedere con l'argomento originario del decreto-legge.
Ritengo questa scelta sbagliata e lesiva del lavoro comune svolto nel provvedimento originale e ritengo questo mortificante per il nostro lavoro... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Testa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, prima ci avete detto di entrare nel merito e poi avete bocciato una proposta di assoluto buonsenso con la quale vi abbiamo chiesto di garantire tempestivamente l'immissione in ruolo nelle forze di polizia dei volontari delle Forze armate che sono risultati idonei per svolgere il servizio. Pag. 119
Altro che ronde! Si tratta di ragazzi e ragazze che hanno onorato il nostro Paese anche in difficili missioni internazionali, che hanno grandi professionalità e competenze da spendere nelle forze dell'ordine, dove potrebbero trovare un'occupazione definitiva, ma è evidente che siete mossi solo da ragioni di propaganda, mentre, nei fatti, togliete fondi per l'arruolamento delle forze dell'ordine e risorse, mezzi e strumenti alla polizia.
Gli italiani vi giudicheranno per ciò e non si faranno incantare da provvedimenti sbagliati e inconcludenti come questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Antonino Russo. Ne ha facoltà.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso; credo che non si possa, infatti, emendare ciò che non è emendabile. Una bandiera piena di buchi non può essere riparata con delle toppe, perché, alla fine, le toppe rischiano di essere peggio dei buchi.
Difatti, siamo al terzo decreto-legge sul tema della sicurezza, ma nessuna risposta concreta è stata data. Non è stata data perché, di fatto, avete tagliato profondamente le risorse per il comparto della sicurezza; avete tagliato i fondi e volete riparare a questo difetto di comunicazione che avete nei confronti dell'elettorato, che, di fatto, ingannate, con un surrogato delle forze dell'ordine, ossia le ronde.
Mi chiedo come si possa immaginare che le ronde possano sostituire il ruolo importantissimo delle forze di polizia e me lo chiedo soprattutto nelle realtà dove vi è una forte criminalità organizzata. Pensate che con il telefonino, con la bomboletta spray... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Russo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Piccolo. Ne ha facoltà.

SALVATORE PICCOLO. Signor Presidente, ancora una volta si tenta una forzatura su un provvedimento che contiene temi importanti, sui quali sarebbe opportuno un confronto sereno, severo e rigoroso.
La verità è che questo Governo e questa maggioranza hanno imprigionato e preso in ostaggio il Parlamento in un reticolo di decreti-legge, un reticolo sciagurato che impedisce una collaborazione ed una partecipazione costruttiva e serena dei parlamentari.
Parliamo di tematiche come la violenza sessuale, il controllo e la sicurezza sul territorio, l'espulsione degli immigrati.
Su questi temi, oltre ad issare ripetutamente e reiteratamente il vessillo, quante volte al mese dovremo in quest'Aula e in quella del Senato impugnare il vessillo della sicurezza per produrre dei provvedimenti assolutamente impraticabili e che non raggiungono un aspetto positivo... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Piccolo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, siamo convinti che, al di là del dissenso, in queste ore l'Italia della solidarietà e del volontariato sta dimostrando che è vaccinata anche nei confronti di un decreto-legge come questo. Francamente, dobbiamo anche avere fiducia e speranza che poi, nella realtà, quello che si sta cercando di far passare con questo decreto-legge non avverrà.
È chiaro che si usa il tema della sicurezza, che è un tema che dovrebbe essere bipartisan, che dovrebbe essere a cuore a tutto l'arco costituzionale, per arrivare a scardinare un dialogo che, francamente, ci lascia molto, ma molto perplessi.
Dobbiamo avere la pazienza di argomentare: in queste ore, anche in questa discussione così sacrificata, mettendo insieme Pag. 120gli interventi che ho ascoltato dai colleghi, si avvertono, lo dico con orgoglio, segni di grande speranza; questo ci deve caricare nelle ore che ci attendono.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Pizzetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO PIZZETTI. Signor Presidente, intervengo in dissenso perché sono ancora più convinto che il provvedimento che si sta assumendo costituisca un eccesso che mal si accompagna con una coerente impostazione liberal-democratica. L'emendamento in esame migliora il provvedimento, ma non di molto. Signor Presidente, vorrei darle una notizia: tutti i sacerdoti, tutti i preti, tutte le suore di Licata, un centro significativo, stanno dedicando la via crucis a contestare i provvedimenti che si muovono contro l'accoglienza. Vorrei dire che questo provvedimento...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Pizzetti, ha ancora 10 secondi a disposizione.

LUCIANO PIZZETTI. Pensavo che le stesse squillando il telefonino, perché mentre stavo interloquendo con lei, mi sembrava che lei stesse interloquendo con altri. Comunque sia, signor Presidente, le stavo dando la notizia che tutti i sacerdoti, i preti, le suore, di Licata, stanno dedicando la via crucis ai temi dell'accoglienza, contestando i provvedimenti del pacchetto sicurezza. Segnalo che quello che voi state cercando di far passare per sicurezza, in realtà...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pizzetti, il tempo a sua disposizione è esaurito, e comunque il mio non era un disinteresse nei suoi riguardi; stavo solo verificando quanto aveva detto l'onorevole Consolo: avviso l'Aula che vi è stata una nuova scossa di magnitudo tra 5.5 e 5.7 ed è la più grave da quella avvenuta due notti fa.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Onorevole Baldelli, intende intervenire?

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, aspettavo che lei mi garantisse la possibilità di farlo.

PRESIDENTE. Lo chieda ai suoi colleghi.

SIMONE BALDELLI. Lo sto chiedendo anche ai miei colleghi, ma se lei mi aiuta le cose sono più facili.
Signor Presidente a questo punto ho il dovere di interrogarmi, e di interrogare anche la Presidenza e l'Aula sul senso del nostro proseguire i lavori, al netto del confronto politico legittimo. L'evento avvenuto poco tempo fa, di cui ci ha avvisato l'onorevole Consolo, e di cui la Presidenza ha preso atto in questa fase, mi sembra un evento che vada al di là anche del confronto importante che stiamo svolgendo.
Invito la Presidenza a valutare seriamente come si intenda procedere anche per essere in sintonia con il Paese. Non voglio strumentalizzare questo evento, ma ritengo che si debba riflettere un istante, visto che c'è stata una scossa di terremoto addirittura più forte di quella precedente.

PRESIDENTE. Avviso l'Aula che siamo nella fase delle dichiarazioni di voto; hanno chiesto di parlare altri quarantaquattro colleghi. Al termine degli interventi, anche in dissenso dal gruppo, si voterà l'emendamento e poi terminerà la seduta. Se i colleghi volessero ritirare la loro richiesta di intervento, ciò appartiene alla libertà di ogni singolo deputato.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che non si possa sfruttare in ogni momento un'occasione così grave, quale quella occorsa ieri e quella delle altre scosse di assestamento - di cui avremo notizie -, per indurre il Parlamento a non fare il suo mestiere (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Il Parlamento per fare il suo mestiere ha già iniziato i lavori questa mattina con una proposta ben precisa: ossia che il Governo valutasse di concludere entro la serata questo provvedimento e di spostare su un disegno di legge - che ha i tempi contingentati - la questione delle ronde, in modo tale di ricondurre all'origine quella che era l'ispirazione, il tema, il motivo del decreto-legge che avremmo votato entro questo stessa sera (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Abbiamo chiesto una sospensione, e ora ci si viene a chiedere in «zona Cesarini» di non discutere, nel momento in cui la maggioranza ha «tagliato» la discussione senza aver avuto il coraggio di imporre la fiducia, perché sono divisi, e vuole in questo modo strumentalizzare una grave situazione morale del Paese rispetto alla quale noi tutti siamo in sintonia, noi tutti, lo ripeto, siamo in sintonia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico). Vergogna (Proteste dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, teniamo tutti un rispettoso atteggiamento nei confronti delle idee di ognuno.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per pregare lei di trovare il modo. Probabilmente nelle posizioni dei gruppi - mi scusi il bisticcio di parole - che stanno all'opposizione non vi è stata la capacità di spiegare adeguatamente quale era il senso della proposta. Noi ci rendiamo conto che chi sventola una bandiera poi fa fatica ad ammainarla o ad accantonarla. Ci sono altri provvedimenti che arriveranno presto alla Camera. La proposta era quella non di cancellare la norma, ma soltanto di stralciarla. Lo stralcio, secondo il diritto parlamentare, non cassa la norma, la lascia galleggiare ed è possibile agganciarla ad un altro provvedimento. Si trattava soltanto di valutare questo. Ognuno ritirerà fuori al momento opportuno la propria bandierina, ma se questa fosse l'intenzione del Governo e della maggioranza potremmo in poche ore votare (e magari con qualche voto a favore da parte dell'opposizione) il provvedimento che riguarda la violenza contro le donne e non quest'altra cosa che davvero non c'entra niente.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, colleghi, credo che faremmo un errore a mischiare in modo improprio il tema del terremoto e il tema di questo decreto-legge. Credo che l'opposizione ieri abbia dato una dimostrazione di senso di responsabilità istituzionale, perché di fronte all'evento luttuoso che si è verificato noi abbiamo rinunciato ad una battaglia che era stata anche una battaglia di principio per quello che riguarda il mio gruppo. Non abbiamo fatto dichiarazioni di voto sul tema delle quote-latte, che pure ci aveva impegnato in tutti i giorni precedenti, e abbiamo consentito al Governo e alla maggioranza di approvare in tempi rapidissimi un provvedimento rispetto al quale eravamo in profondo dissenso. Quindi, credo che nessuno ci possa rimproverare di non aver mostrato il senso di responsabilità che tutti ci coinvolgeva.
Questa mattina abbiamo fatto una proposta che ci sembrava assolutamente ragionevole: in quello spirito di collaborazione e di continuità di spirito di solidarietà nazionale accantoniamo il macigno che costituisce l'ostacolo vero per votare Pag. 122questo provvedimento, non lo eliminiamo, ma lo mettiamo su una corsa parallela, considerato che il Governo ha tutti gli strumenti per fare approvare in tempi rapidi all'interno di un provvedimento di cui è possibile contingentare i tempi, e approviamo rapidamente un altro provvedimento sulla cui stragrande maggioranza delle norme siamo tutti d'accordo e che già ha visto ampia convergenza di tutti i gruppi. Di fronte a questa proposta, la cui ragionevolezza credo nessuno può mettere in dubbio, ci è stato risposto in modo - mi permetto di dirlo senza polemica - ostile da parte del Ministro e in modo sprezzante anche da parte purtroppo della maggioranza. Ora lasciamo perdere quello che è successo, perché altrimenti rinvanghiamo continuamente il passato, però il Governo e la maggioranza all'esito di questa giornata rivalutino, non in una logica di braccio di ferro e di contrapposizione, quella proposta dimenticando anche gli eventuali eccessi di inasprimento che potrebbero essere esercitati da entrambe le parti.
Per quanto ci riguarda quella proposta rimane valida. Credo che sarebbe un bel segnale dato anche al di fuori di questa Camera (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Mi sembra che siano state ribadite le posizione espresse anche questa mattina. L'onorevole Baldelli si era rivolto alla sensibilità del Presidente per eventualmente verificare l'andamento dei lavori. Il Presidente ha ribadito che la seduta si concluderà nel momento in cui si voterà l'emendamento sul quale sono in corso dichiarazioni di voto, anche in dissenso dal proprio gruppo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà per un minuto di tempo.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, intervengo ovviamente in dissenso, ma il mio dissenso è per denunciare l'imbroglio semantico compiuto dal Ministro Maroni e dal Governo quando, descrivendo il contenuto dell'articolo 6 ha parlato di sicurezza urbana partecipata. Vorrei ricordare ai colleghi che la sicurezza urbana partecipata, così come viene definita dal «Manifesto di Saragozza», è fatta di tre elementi che riassumo brevemente. Microricostruzione urbana in chiave di sicurezza, capacità di mediazione sociale in territori complessi, educazione alla legalità ma soprattutto l'aspetto sociale: una città sicura è una città che include. Questo provvedimento riguardante le ronde non ha niente a che vedere con la sicurezza urbana partecipata. Quelle persone che vagano per la città hanno...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Touadi. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Tocci. Ne ha facoltà.

WALTER TOCCI. Signor Presidente, intervengo in dissenso per sottolineare l'aspetto più clamoroso di questo provvedimento. Le forze dell'ordine, in particolare la Polizia di Stato sono in sofferenza, attraversano un forte disagio e ce lo ricordano ogni giorno le organizzazioni sindacali del settore anche quelle che hanno aiutato la vostra campagna elettorale. Voi voltate le spalle a tale disagio e vi occupati soltanto delle ronde. Come si deve sentire il poliziotto, in prima fila nella lotta contro la delinquenza, nel vedere il Ministro dell'interno farsi bello con la propaganda sui volontari senza curarsi degli agenti in servizio? Per garantire la legalità il Governo dovrebbe far sentire il sostegno alle forze dell'ordine: così è in tutti i Paesi democratici. Voi, invece, sostenete le ronde e mortificate il lavoro dei poliziotti.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tocci. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Servodio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale e preannunzio che mi asterrò su questo emendamento perché credo che sia inutile Pag. 123continuare la discussione nel merito sulla prima parte del decreto-legge. Vorrei rivolgermi al sottosegretario Mantovano, visto che vi sono sua conterranea. Ritengo che dobbiamo riportare in quest'Aula serenità. La sicurezza non è né di destra né di sinistra: c'è molta domanda di sicurezza ed è un bene dei cittadini e del nostro Paese. Dunque non possiamo delegare i temi della sicurezza a proposte che ci sembrano anche non attuabili: le proposte del Governo all'articolo 6 sono veramente non attuabili e offendono i principi costituzionali. Caro Ministro Carfagna, avremmo votato ben volentieri la prima parte di questo disegno di legge di conversione e mi dispiace rappresentare l'amarezza e la delusione di aver strumentalizzato il tema...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Servodio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, intervengo a titolo personale perché ho la necessità di svolgere brevemente due considerazioni. Mi chiedo dove vuole arrivare questo Governo continuando a mandare volontari prima a pulire Napoli, ed ora, con le ronde, a sostituirsi ad una vera e propria forza di sicurezza. Voi tagliate le possibilità di avere risposte normative già esistenti. Faccio un esempio tra tutti. Ma perché invece di parlare di ronde, non legittimate e non date un riconoscimento al servizio civile volontario? Avete tagliato soldi su quello, fateci i conti.
Allo stesso modo mi chiedo: fate le ronde, ma visto che fate le ronde e il vostro Presidente del Consiglio ha detto che vi sarà una necessità di difesa per le donne belle, quelle storte ed handicappate che facciamo, non ci dobbiamo sentire tutelate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, come si può essere d'accordo anche con l'emendamento in esame e con questo testo, quando il contesto politico che la maggioranza ha creato è un contesto che non possiamo in alcun modo condividere? Infatti, la maggioranza continua a creare uno stato di allarme sociale, continua a seminare un sentimento di emergenza permanente che è agli antipodi dello Stato liberale. Capisco, dal punto di vista della Lega, la necessità di organizzare la campagna elettorale per le europee e per le amministrative, la lotta per la secessione al leader della Lega al loro interno e quindi la corsa tra i vari leader a chi è più duro, ma i missionari del Popolo della Libertà, che sono stati appunto così battezzati dal loro capo supremo, perché si schiacciano su norme che sono agli antipodi della libertà, dello Stato di diritto e dei principi di convenienza civile e liberale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, intervengo in dissenso perché ritengo che nonostante i molti interventi dei colleghi che mi hanno preceduto ancora non abbiamo chiarito bene e fino in fondo perché abbiamo un dissenso così profondo. Voglio ricordare che vi sono due provvedimenti che sono sull'orlo di essere approvati con le procedure ordinarie: un disegno di legge sullo stalking, già approvato dalla Camera, potrebbe essere approvato dal Senato in pochissimo tempo (basterebbe contingentare i tempi) e un decreto-legge sulla violenza sessuale, già approvato dal Senato, oggi alla Camera potrebbe essere approvato velocissimamente, esiste già un testo unificato. Allora, il paradosso è che sull'altare delle ronde mettiamo a rischio la certezza della legge e la velocità dell'applicazione delle nuove norme sullo stalking e sulla violenza sessuale, su cui siamo sostanzialmente tutti d'accordo. Li Pag. 124sacrifichiamo sull'altare delle ronde (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Miglioli. Ne ha facoltà.

IVANO MIGLIOLI. Signor Presidente, intervengo anch'io in dissenso dal mio gruppo, così come del resto è avvenuto nella scorsa legislatura per tanti altri colleghi della Lega Nord e vedo in questa un'insofferenza che mi preoccupa.
Siamo chiamati ad esaminare un altro decreto-legge, l'ennesimo: se non ricordo male nel corso di questo scorcio di legislatura abbiamo avuto 58 leggi, 31 decreti-legge e 12 questioni di fiducia. In questo modo si esautora ulteriormente il ruolo del Parlamento.
Nel merito è il terzo decreto-legge che affronta i temi della sicurezza: emergenza, sicurezza, urgenza. Ma l'urgenza vera è quella che denunciano i sindacati di categoria: lo stato della nostra polizia e dei nostri carabinieri, che non hanno i fondi per la benzina per le macchine e che non hanno nemmeno gli organici per far funzionare i nostri commissariati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, intervengo anch'io in dissenso. Poiché ho sentito evocare la legge dell'Emilia-Romagna, la mia regione, dico al Governo di stralciare la parte del disegno di legge in esame sulle ronde e di lavorare per sostituirla con parti della legge della mia regione, l'Emilia Romagna. Vedrete che troverete materia per valorizzare quello straordinario associazionismo culturale e sociale, che promuove i diritti di cittadinanza, la coesione sociale, che ha la cultura dell'integrazione alla convivenza, che appunto la legge dell'Emilia-Romagna promuove per affrontare il tema del controllo del territorio. Tutt'altra cosa rispetto alla vostra legge sulle ronde. Se farete così, potremo trovarci d'accordo persino su questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, penso che ormai lei non sarà sorpreso che anche il mio intervento sia in dissenso dal mio gruppo. È un dissenso motivato dal fatto che ormai il merito sta passando in secondo piano.
Stiamo discutendo la conversione in legge di un decreto-legge che reca provvedimenti importanti contro la violenza sessuale e gli atti persecutori. Si tratta di provvedimenti che sono per larga parte, come è già stato detto, condivisibili. Tutto questo è, però, oscurato dall'ennesima battaglia politica sulle cosiddette ronde, fino a far assumere a questo specifico tema una valenza di bandiera, in spregio, al grande lavoro degli organi di polizia e agli interessi dei cittadini, volti ad avere norme più tutelanti su reati spregevoli come quelli oggetto di questo decreto-legge.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANLUCA BENAMATI. Sarebbe bene che le ronde fossero stralciate dal decreto-legge in esame, così da permettere di approfondirlo in un apposito disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Benamati.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale anche per esprimere il disagio che le scelte di questa Pag. 125maggioranza stanno determinando. Rispetto a questo decreto-legge vi è stata molta attenzione e disponibilità, soprattutto nell'azione di contrasto e di repressione degli atti di violenza. Anziché cogliere questa disponibilità, il Governo e la sua maggioranza hanno voluto forzare su alcuni aspetti per noi pericolosi, in particolare, il prolungamento dei termini della detenzione nei centri per l'identificazione e l'espulsione. Anziché cercare soluzioni condivise nell'interesse del Paese, si va alla ricerca di gesti di rottura e di provocazione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIOVANNI SANGA. Questo Governo si muove solo nell'ambito dell'emergenza, non vi è una chiara politica per la sicurezza. Si rincorrono le situazioni e non si sanno affrontare seriamente i problemi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, vorrei segnalare che il Ministro Maroni, non più tardi del 30 marzo scorso, a Milano, durante la presentazione di una ricerca dell'Università cattolica su «Immigrazione ed integrazione», tra le tante cose, ha dichiarato che i soldi non bastano mai (ovviamente, si riferiva alla nostra critica al taglio dei fondi). Ha detto: sono disposto a discutere di risorse aggiuntive.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUDOVICO VICO. Inoltre, alcuni giorni fa ha annunciato che nel cosiddetto decreto-legge antistupri avrebbe inserito 100 milioni di euro in più, aggiuntivi, e che nella prossima finanziaria vi sarebbe stato un ulteriore impegno...

PRESIDENTE. Deve concludere.

LUDOVICO VICO. Solo un attimo, per dirle che i 100 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vico.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Scarpetti. Ne ha facoltà.

LIDO SCARPETTI. Signor Presidente, questa mattina, il Ministro Maroni, per giustificare la risposta negativa al Presidente Soro, ha affermato che, attraverso l'articolo 6, si danno più poteri ai sindaci per la lotta alla criminalità e per la sicurezza. Ritengo che non sia vero. Se si vogliono dare più poteri e più ruolo ai sindaci basterebbe fare due cose. In primo luogo, attribuire più poteri ai sindaci nell'ambito del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, dove, in realtà, gerarchicamente sono sottoposti ai prefetti. In secondo luogo, dare risorse, anziché tagliarle come abbiamo fatto oggi, al fine di consentire interventi di riqualificazione delle zone di degrado della città. In questo modo, forse, la criminalità e la violenza nelle città si combatterebbero meglio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Fiano, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, vi rinunzia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Zucchi. Ne ha facoltà.

ANGELO ZUCCHI. Signor Presidente, penso di intervenire per un minuto su questo, come su ogni altro emendamento, per marcare con forza il mio totale dissenso sull'articolo 6 del provvedimento in esame, che tratta del piano straordinario di controllo del territorio, che, in realtà, istituisce le ronde. Signor Presidente, il controllo del territorio è cosa seria: richiede qualità e competenze specifiche. Richiede la capacità di gestire situazioni sociali difficili e la capacità di dialogare Pag. 126anche con persone spesso ridotte ai margini della società. Non si tratta solo di reprimere, né di tenere le strade pulite, ma si tratta anche di avere preparazione, quella preparazione che, in genere, ha la polizia. Una preparazione globale e completa, che, per questa ragione, è sempre in aggiornamento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELO ZUCCHI. Concludo, signor Presidente, continuerò nel prossimo intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Esposito. Ne ha facoltà.

STEFANO ESPOSITO. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso su questo emendamento e lo faccio per marcare la sbagliatissima scelta del Ministro Maroni di istituire per legge le ronde.
Questo pomeriggio l'onorevole Baldelli, nell'intervento in risposta all'onorevole Minniti, ha detto: noi cerchiamo di governare questo processo. Facciamo attenzione: la convivenza sociale in questo Paese è a rischio, nessuno vuole accusare nessuno, ma le scelte continue di finta responsabilizzazione dei cittadini perché non si riescono a dare le risposte che si sono promesse in campagna elettorale rischiano di generare un conflitto sociale.
Mi auguro che il Governo voglia ripensare a questa scelta e lo spero, e sono orgoglioso di sedere nel Parlamento italiano, e per fortuna non siamo ancora arrivati al Parlamento padano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Cenni. Ne ha facoltà.

SUSANNA CENNI. Signor Presidente, intervengo in dissenso anche perché sono fortemente convinta che ben poco potranno le nostre proposte emendative per migliorare un provvedimento sbagliato ed ostinato.
Il titolo che questo decreto-legge porta avrebbe potuto rappresentare invece un'occasione per portare all'approvazione del Parlamento, assieme allo stalking, norme e provvedimenti seri per contrastare la violenza sulle donne (la violenza che forse è quella che non appare sulle cronache dei media, ma che molto sta dentro le mura domestiche), norme che ci avrebbero richiesto di intervenire sulla prevenzione e sulla costruzione di una corretta cultura del rispetto tra i sessi nel nostro Paese.
Non solo si è scelto di non fare ciò, ma si usa e si agita il tema della violenza sulle donne per introdurre il tema delle ronde e questo per noi è inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.

PAOLO CORSINI. Signor Presidente, vorrei fare due brevissime battute per mettere in luce un aspetto assolutamente contraddittorio di queste norme.
Da tre anni sono sottoposto ad un servizio di scorta da parte delle forze dell'ordine, ebbene forse non tutti i colleghi sanno che un agente di scorta riceve 6,40 euro l'ora per il servizio straordinario e che può far conto su un buono pasto di 4,25 euro per fronteggiare le proprie necessità di alimentazione quotidiana. Vengono tagliati i finanziamenti di sostegno alle politiche di sicurezza alle forze dell'ordine, si decurtano i contingenti, si smobilita la presenza dello Stato sul territorio e si sostengono le ronde. Questa è una politica incomprensibile e contraddittoria che non possiamo accettare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Brandolini. Ne ha facoltà.

Pag. 127

SANDRO BRANDOLINI. Signor Presidente, anche il mio è un intervento in dissenso, anzi il mio è un dissenso profondo che mi porterà ad intervenire su tutte le proposte emendative e lo farò volta per volta, nel merito specifico di ciascuno degli emendamenti e quindi degli articoli.
In questo caso si prevede un inasprimento delle pene per i reati sessuali; ebbene in questo Paese si governa spesso con i sondaggi o con i mezzi di informazione. Ho guardato i dati del Viminale e dicono che la violenza sessuale è in diminuzione, quindi non c'è alcuna ragione per intervenire, soprattutto in termini di urgenza.
Pertanto la verità è un'altra, è che si vuole dare una risposta ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brandolini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Cardinale. Ne ha facoltà.

DANIELA CARDINALE. Signor Presidente, il tema della sicurezza nel nostro Paese è stato ed è assai delicato ed avvertito da tutti cittadini. Il Governo, con un fare eccessivamente propagandistico aveva promesso una soluzione immediata, quasi miracolistica, dei problemi presenti nel territorio.
Purtroppo questi ultimi non vengono superati con gli spot. Per dare una risposta serve, ed è necessario, lavorare sul controllo del territorio, dare più mezzi e più risorse alle forze di polizia. Purtroppo, dopo aver mandato i militari a sorvegliare le strade senza alcun esito positivo ora, in un decreto-legge che dovrebbe essere finalizzato alla delicatissima questione della violenza sulle donne, il Governo inserisce una sorta di legittimazione delle ronde.
Signor Presidente, il monopolio della forza e della sicurezza in tutte le democrazie liberali è gestito dallo Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cardinale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, voglio esprimere anch'io il mio dissenso dal gruppo sull'emendamento ma al contempo ribadire, con assoluta forza e convinzione, il pieno consenso per l'azione che il nostro gruppo sta conducendo per ottenere, dal Governo e dalla maggioranza, lo stralcio della terza parte dell'articolo 6. È un provvedimento che serve soltanto a mascherare il vostro fallimento sulle politiche di sicurezza perché in 11 mesi possiamo già tracciare un bilancio, essendo trascorso un 20 per cento di questa legislatura, e voi siete soltanto riusciti a fare retrocedere nei telegiornali, che controllate, le notizie che riguardano i reati. Siete riusciti a farle retrocedere nella seconda parte dei telegiornali e, ancora di più, in quella parte che non andrà mai in onda, che siete riusciti ad occultare. Siete soltanto capaci di usare parole roboanti in occasione di singoli eventi che magari, per la loro efferatezza e crudeltà, colpiscono la coscienza degli italiani.
Noi vogliamo insistere in questa battaglia perché saremmo assolutamente nelle condizioni di (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ceccuzzi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, intervengo in dissenso con la politica della sicurezza che sta portando avanti il Governo Berlusconi. Intervengo in dissenso con la scelta del Ministro Maroni di tagliare le risorse alle forze dell'ordine. Intervengo in dissenso con il fatto che i poliziotti debbano pagarsi la benzina. Intervengo in dissenso sul fatto che i poliziotti non possono acquistare gli etilometri perché non hanno le risorse per Pag. 128prevenire le morti dei nostri ragazzi sulle strade. Intervengo in dissenso con il fatto che si neghi che la maggior parte delle violenze contro le donne avviene all'interno delle mura domestiche. Intervengo in dissenso sul fatto che si strumentalizzi una bandierina politica della Lega per garantire visibilità in campagna elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Bellanova. Ne ha facoltà.

TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, intervengo in dissenso dalla scelta che avete compiuto di trasformare il Parlamento in un luogo di intrattenimento perché il Senato sulla violenza sessuale ha già votato e questa Camera, in ordine agli atti persecutori, ha votato e ha espresso un voto unanime. Ricordo la brillante argomentazione dell'onorevole Bongiorno. Ella disse: «potete continuare a corteggiare, non a molestare» e non disse: «non possono continuare a molestare gli immigrati». Voi, con questo decreto-legge, fate un'operazione culturale. Inserite i centri di detenzione, l'esecuzione delle espulsioni, fate l'operazione del dire che «violenza è uguale a immigrati». E ancora la famiglia, facendo presente che il 90 per cento delle violenze avviene nelle mura domestiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bellanova.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Sani. Ne ha facoltà.

LUCA SANI. Signor Presidente, anche io intervengo in dissenso e con un dissenso che avrei voluto argomentare meglio, intervenendo sul complesso degli emendamenti, ma questa maggioranza me lo ha impedito attraverso un colpo di mano che, per la prima volta, avviene in questa Camera.
Avrei detto che vi è un ricorso eccessivo, anche in questa occasione, alla decretazione d'urgenza per rispondere di più al vostro bisogno di fare propaganda con la questione delle ronde piuttosto che dare risposte concrete attraverso azioni e provvedimenti reali a tutela della sicurezza dei cittadini e umiliando, nel contempo, le forze dell'ordine.
Sono altresì costretto a intervenire in dissenso perché non condivido il fatto che si metta insieme la questione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sani.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Laratta. Ne ha facoltà.

FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, parlare di sicurezza significa condividere un percorso parlamentare, significa garantire davvero la sicurezza ai cittadini e il rispetto delle regole democratiche. Ora, quello che fa oggi questo Governo è solo un'operazione che, per molti aspetti, è un'operazione di bassa propaganda politica.
Ci sono norme nel decreto-legge che abbiamo condiviso e contribuito a formare, ma ci sono anche norme inaccettabili e lo dicono anche gli stessi sindacati di polizia. Approvate alcune norme, come quelle delle ronde, solo per mantenere un impegno preso con una parte della maggioranza. Lo fate per un obbligo politico e lo fate anche nel silenzio di alcuni colleghi di maggioranza che non dicono nulla, pur non volendo queste norme.
Il Parlamento ha conosciuto storicamente uomini grandi e piccoli, pieni di pregi e di difetti, ma quando non condividevano non hanno mai taciuto. Il vostro silenzio credo sia molto grave per il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

Pag. 129

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso. Vi è stata un'affermazione, che ho sentito in quest'Aula da parte di alcuni colleghi della maggioranza, con la quale è stata impropriamente chiamata in causa la legge regionale n. 23 del 10 dicembre 2007 della regione Piemonte che in materia di sicurezza, invece, è una legge avanzata che interpreta lo spirito federalista che qui, invece, viene solo sterilmente proclamato e non realmente praticato.
Infatti, con quella legge la regione promuove e sostiene gli interventi di assistenza e aiuto alle vittime dei reati e, in particolare, interviene nella tutela delle donne sole o con minori indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lovelli. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, sono proprio in dissenso con il gruppo del Partito Democratico nel momento in cui afferma che basterebbe stralciare l'articolo 6, quello sulle ronde, per fare un'opposizione tranquilla. Infatti, credo che con questo decreto-legge il Governo abbia voluto umiliare il Parlamento nel momento in cui, sia il provvedimento sulla violenza sessuale, sia il provvedimento sullo stalking, sono stati già approvati da uno dei rami del Parlamento.
Il Governo si è comportato come una sanguisuga nei confronti del lavoro fatto in questo Parlamento - nelle Aule e nelle Commissioni - ed è qualcosa che non si può accettare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, stiamo vivendo una giornata drammatica, che richiede grande responsabilità. Noi non siamo appassionati alle prove muscolari, ma siamo costretti - lo dico con rammarico - a rispondere a un atteggiamento di totale chiusura ad un confronto parlamentare assolutamente volto a rimettere sul tappeto problemi che abbiamo la convinzione, con tutto il Parlamento, debbano essere affrontati e risolti.
Ci spiace profondamente, invece, che davanti a questa possibile condivisione ci sia un simile atteggiamento e la volontà di non tenere conto di un auspicio che abbiamo fatto di dare una risposta (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Delfino. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, intervengo per un minuto soltanto, a parte il giudizio di dissenso, per dire una cosa al Ministro Carfagna.
Signor Ministro, oggi non ha perso lei, con questa giornata di discussioni.
Oggi qui dentro e fuori hanno perso le donne, che si aspettavano molto di più da lei e da tutti noi. Siamo stati capaci di approvare un provvedimento trasversale, quando era necessario. Lei doveva difendere questo suo provvedimento con tutte le sue forze e non poteva farlo inquinare da norme che sapeva che sarebbero state assolutamente respinte (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).
Ha fatto male, Ministro, e ne sono molto addolorata, perché avrebbe dovuto davvero dare un segnale importante a noi che ci aspettavamo da lei molte cose. Sono profondamente rammaricata (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

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BRUNO TABACCI. Signor Presidente, intervengo in dissenso dall'intervento del collega Brigandì, che prima ha spiegato la meraviglia per questo atteggiamento dell'opposizione. Stamattina, alla presenza del Ministro Maroni, avevamo tentato di spiegare le ragioni importanti, da Stato di diritto, che supportavano il nostro atteggiamento critico nei confronti di questo provvedimento. Non siamo stati ascoltati perché la Lega Nord ha in testa di affiggere l'ennesimo manifesto. Ma questo è un manifesto sbagliato, ancora di più di quello delle quote latte, nel quale avete costretto la maggioranza ieri a fare un'operazione ircocervo, con un decreto-legge che conteneva cose contrapposte.
Questa volta mettete la fiducia! Se lo fate, risolvete i vostri problemi. Non avete neanche il coraggio di mettere la fiducia e venite qui a criticare. (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Tabacci.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor Ministro Carfagna, ritengo veramente che il Governo e lei abbiate perso una grande occasione per far valere i diritti delle donne, facendo approvare una legge sulla violenza sessuale e sullo stalking. Lei si è venduta mediaticamente questa battaglia e oggi la sta sacrificando per le ronde, che non c'entrano niente in questo provvedimento. Ma io faccio appello anche gli amici e colleghi di Alleanza Nazionale.

PIETRO LAFFRANCO. Siamo il PdL!

AMEDEO CICCANTI. Voi, amici di Alleanza Nazionale, avete perso in qualche modo l'identità dentro al PdL!

PIETRO LAFFRANCO. Pensa per te!

AMEDEO CICCANTI. Ma non sentite il bisogno, oggi, di far valere i vostri valori sull'unità nazionale e sull'ordine pubblico. La sicurezza è sempre stata una grossa battaglia che avete fatto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ciccanti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, personalmente penso che se una rondine non fa primavera, una ronda non fa sicurezza. Eppure, qui siamo a discutere di questa stravagante istituzione di un corpo che si affianca a quello istituzionale, e ce ne sono tanti. Eppure, il Governo ha tagliato in maniera improvvida i fondi alla protezione civile, che - essa sì - è un esempio di volontariato attivo, che anche in queste ore dimostra tutta la sua capacità nello scenario devastato d'Abruzzo. Avete tagliato i fondi per la protezione civile. Non pensate che questo possa essere, invece, un patrimonio da sostenere, da incentivare, magari - questo sì - da amplificare nelle sue prerogative? La domanda ha delle risposte sbagliate e contraddittorie. Con le ronde non andremo lontano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo in dissenso dal mio gruppo per sottolineare tutta la disapprovazione non solo e non tanto verso un provvedimento che riteniamo sbagliato e inadeguato, ma verso la profonda insensibilità che oggi dimostrano la maggioranza e il Governo, che avrebbero fatto un atto saggio e che sicuramente avrebbe dato frutti anche nel futuro stralciando questa norma e accettando di inserirla in un altro provvedimento che poi sarebbe stato all'esame di questa Camera di qui a poche settimane. Ha preferito questa maggioranza arroccarsi dietro i propri numeri, ma ci pare Pag. 131che alla fine questi numeri non esprimano una forza, ma soltanto l'incapacità di tenere insieme quello che insieme non sta.
Una norma buona e importante, da un lato, che contiene norme a tutela delle donne, contro la violenza e contro lo stalking e, dall'altro, le ronde che, francamente, sono soltanto un piccolo strumento di propaganda (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei farvi notare quanto è importante in un Paese il sistema di prevenzione, e oggi ne abbiamo avuto una risposta. Credo che una delle migliori polizie europee, quella italiana, oggi si senta mortificata da questo provvedimento.
Noi abbiamo una sicurezza vera e una sicurezza finta, la sicurezza degli spot e la sicurezza della polizia che risolve con uomini che hanno professionalità, con uomini e donne formati con anni di corsi di aggiornamento. Invece, noi qui vogliamo una sicurezza...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Paladini.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo in dissenso perché mi è stato impedito di intervenire sul complesso degli emendamenti grazie a questa decisione della Lega. Sulla questione delle quote latte al Governo ho detto che è in atto una fascistizzazione del Paese; questa fascistizzazione ora passa anche all'interno di questa istituzione impedendoci di parlare!
Mostrare i muscoli porterà per forza a mostrare i muscoli all'altra parte, come avverrà con le ronde, e quello è uno dei pericoli.
Il Ministro Maroni, invece di pensare alle ronde, si preoccupi di fare l'election day e mandi quei 400 milioni che spenderemo in più ai terremotati de L'Aquila (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, mi aiuti lei: ho capito male o dopo questo provvedimento il Ministro Maroni si dimette? In breve, se la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza non sono più in grado di garantire l'ordine e la sicurezza, se lo Stato non è più in grado di svolgere i compiti primari, se l'apparato ad esso deputato e le strutture previste dall'ordinamento non riescono più a garantire l'ordine pubblico e l'incolumità dei cittadini, non riescono a tutelare in modo efficace la popolazione, se è così, le ronde servono. Ma in questo caso, caro Presidente, vuol dire che lo Stato ha fallito, che il Governo e il Ministro non riescono a svolgere i compiti a loro deputati. Allora, in questo caso, se le ronde servono, il Ministro si deve dimettere. Se le ronde servono e il Ministro non si dimette, allora è del tutto evidente... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Porcino.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso dal mio gruppo, anche se questo è un emendamento presentato dall'Italia dei Valori. Quasi tutti gli emendamenti presentati dall'opposizione non sono stati accolti, quindi c'è una chiusura da parte del Governo.
Mi pare che questa strada sia iniziata già da prima, ad esempio con le quote latte, con un decreto-legge che avete inserito Pag. 132nel contenitore di un altro decreto-legge, il n. 5 del 2009. Certo è che, se la maggioranza andrà avanti con questo modo di fare, duro e intransigente, anche l'opposizione seguirà la stessa strada, e questa sera lo stiamo dimostrando. Quindi non si parlerà più di collaborazione...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANITA DI GIUSEPPE. Maledetto fu il campanello, Presidente. Quindi, voterete da soli questo provvedimento che porta solo la vostra impronta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, oggi è veramente una giornata triste non solo per quello che sta succedendo, è successo e continua a succedere, in Abruzzo. Dentro quest'Aula, per colpa di qualcuno, si sta consumando una giornata tristissima che abbiamo perso, invece di pensare ai problemi degli abruzzesi e dell'Italia, per un impuntatura, direi per un'isteria della Lega che vuole per forza portare a casa un provvedimento del quale non c'è assolutamente nessuna urgenza.
Vi abbiamo detto che possiamo votare il decreto-legge sulla sicurezza se viene stralciata la parte sulle ronde che non ha niente a che vedere con un decreto-legge... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Favia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, questo provvedimento è veramente grave. Con esso, ancora una volta, questo Governo sancisce l'indisponibilità al dialogo: accanto alle parole che ogni volta recita quando chiede appoggio per agire nell'interesse dell'Italia, dall'altra parte, nel momento in cui si chiede di modificare un provvedimento nell'interesse di tutti, si oppone e va avanti.
C'è una situazione economica gravissima nel Paese, la gente non sa come andare avanti, c'è una situazione grave in Abruzzo che va affrontata con forza e stiamo qui a parlare di ronde, di mancanza di sicurezza. Serve soltanto per dare impiego all'esercito della Padania (ve lo ricordate?) che oggi, disoccupato, viene inserito in questo provvedimento per dargli probabilmente un'occupazione. La sicurezza si fa... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Messina.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, ho provato a chiedermi il motivo di questa norma sull'istituzione delle ronde e l'unica risposta che mi sono dato è che siamo alla vigilia di elezioni importanti, quelle europee ed amministrative, e non c'era altra soluzione per il partito della Lega Nord e dei suoi accoliti che fare una norma manifesto per coprire il fallimento totale nella politica della sicurezza in questi undici mesi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
L'insicurezza è crescente, l'immigrazione è crescente, l'illegalità è crescente, la violenza sessuale sulle donne è crescente. Voi tagliate risorse alle forze dell'ordine e queste cosa devono fare? Le badanti alle ronde e accompagnare i militari al mattino: bel risultato, complimenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, voglio il silenzio, non conteggi i secondi in questo momento perché non posso parlare.

Pag. 133

PRESIDENTE. Parli pure, onorevole Cimadoro, l'ascolto con molta attenzione. Le mancano quarantotto secondi, prosegua.

GABRIELE CIMADORO. Nessuno in quest'Aula dice che non esiste il problema della sicurezza sul nostro territorio nazionale, la Lega, però, non può fare un manifesto affermando che la ronda può essere la soluzione a questi problemi; assolutamente non può esserlo perché non rappresenta alcuna risposta. Togliamo dei soldi alle forze dell'ordine e li diamo ad Alemanno per fare i manifesti tutti i giorni ed aggiornarci sulle sue potature degli alberi: nessun risultato, ogni giorno c'è un manifesto nuovo.
Se questa è la risposta credo che questo Paese, purtroppo, sia condannato alla rovina (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Intanto prego i colleghi di prendere posto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, vorrei ricordare che questa esigenza di maggiore sicurezza sul territorio è sicuramente rilevabile in tante nostre città ma, caro Ministro Maroni, lei qualche anno fa voleva abrogare i prefetti: li faccia lavorare, come dice Brunetta, coordinando le forze dell'ordine, dando loro più risorse, coordinandole per un federalismo con le forze dell'ordine locali, con le polizie locali, con accordi di programma con le regioni affinché anche il territorio utilizzi la polizia locale con turni anche nelle ore notturne. Questo non succede perché una parte delle risorse non può essere neanche spesa in quei comuni dove invece le risorse ci sono.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, mancano ancora quindici secondi.
Signor Ministro Maroni, la prego di ricordare ai propri alleati di lavorare sul territorio affinché gli enti, i sindaci dei territori dove operano bene lavorino con gli strumenti che hanno... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Piffari.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal gruppo, l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
Avverto i colleghi che questo è l'ultimo intervento.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, il mio intervento sarà breve. Ad Acerra avete detto: lo Stato c'è; ieri a L'Aquila avete detto: lo Stato c'è. Allora, perché abdicare sul fronte della sicurezza?
Perché rinunciare al controllo del territorio? Perché appaltare il governo della sicurezza? Perché rinunciare a quel patto sociale che è alla base del diritto di cittadinanza per il quale ciascuno di noi rinuncia alla giustizia fai da te e al far west per affidarsi alle cure dei corpi di polizia? Questa è la cultura liberale, non la vostra che può essere o incultura o furia illiberale.
Signor Ministro, mi rivolgo in particolare a lei, in quanto ha permesso che questo provvedimento, che poteva essere largamente condiviso, fosse sporcato dalle ronde. Prenda coscienza di ciò e si attivi nelle prossime ore affinché... (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Evangelisti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Pietro 1.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Pag. 134

Segnalate se vi sono colleghi che non riescono votare. Onorevole Mazzuca? Bene.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 441
Votanti 440
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato
206
Hanno votato
no 234).

Prendo atto che i deputati Cesa, De Poli e Strizzolo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Devo dare due informazioni. Credo che la prima debba avere l'attenzione di tutta l'Aula. La scossa di terremoto che ha colpito nuovamente L'Aquila e i paesi intorno, come avevo detto prima, è la seconda scossa più forte dopo quella dell'altra notte. Ha provocato almeno un'altra vittima, vi sono crolli ed è stato chiuso il centro storico de L'Aquila.
Credo che, ancora una volta, la Camera dei deputati, come tutto il Paese, non si possa che stringere alle famiglie e ai cittadini delle popolazioni abruzzesi che in questo momento sono colpiti. A loro va la nostra solidarietà ma anche la nostra grande responsabilità (Applausi. Il Presidente si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed i membri del Governo).
Come preannunciato all'inizio della lunga serie di interventi in dissenso, devo informare l'Assemblea di quanto segue.
L'articolo 85, comma 7, del Regolamento assegna alla Presidenza il compito di stabilire le modalità e i limiti di tempo degli interventi dei deputati che chiedano di intervenire per esprimere un voto diverso rispetto a quello del proprio gruppo. La norma attribuisce, quindi, alla Presidenza un potere discrezionale da esercitare evidentemente sulla base di un complessivo apprezzamento delle circostanze in cui si svolge di volta in volta l'iter dei provvedimenti.
Sul decreto-legge in esame e su ciascun emendamento sono iscritti a parlare per dichiarazione di voto in dissenso circa cento deputati. Tale dato indubbiamente caratterizza la procedura in corso e rappresenta un elemento che la Presidenza deve valutare per assolvere il suo compito di assicurare l'esercizio del diritto di ciascun deputato di esprimere le proprie posizioni di dissenso dal gruppo e, al contempo, quello di organizzare i lavori della Camera garantendone l'ordinato e proficuo svolgimento.
La Presidenza ha comunque ritenuto di mantenere fermo in una prima fase, coincidente sostanzialmente con la votazione del primo emendamento, il tempo tradizionale di un minuto per gli interventi in dissenso.
Poiché, peraltro, l'enorme numero di iscrizioni a parlare in dissenso risulta confermato anche per i successivi emendamenti, avverto sin d'ora che da domani mattina per i prossimi voti il termine per gli interventi in dissenso sarà fissato in trenta secondi, in conformità con quanto accaduto in precedenti occasioni.
In questo senso richiamo lo specifico precedente del tutto analogo dell'esame del decreto-legge in materia sanitaria della XIII legislatura, quando dopo una lunga serie di interventi sul complesso degli emendamenti, la chiusura della discussione e circa due ore e trenta minuti di dichiarazioni di voto sul primo emendamento, nella giornata successiva, il 4 maggio 2000, la Presidenza ha ridotto fin dall'inizio dei lavori il limite degli interventi in dissenso a trenta secondi per le dichiarazioni di voto in dissenso.
Ricordo, altresì, il precedente della seduta del 29 ottobre 1996 sul decreto-legge Bagnoli, quando in occasione del primo emendamento il Presidente, al secondo intervento in dissenso dei deputati del gruppo della Lega Nord, preannunciò che proseguendo le iscrizioni a parlare a tale titolo avrebbe ridotto a trenta secondi il relativo tempo, ciò che poi effettivamente avvenne al quarto intervento.
In questa legislatura ricordo il precedente del 20 gennaio 2009, quando nell'esame Pag. 135del disegno di legge di ratifica del Trattato con la Libia, la Presidenza dopo un solo intervento in dissenso ha assegnato 30 secondi alle successive dichiarazioni di voto a tale titolo. Tali precedenti si aggiungono agli altri, in cui la Presidenza, dopo aver consentito una serie più o meno lunga di interventi in dissenso, ha ridotto la durata dei medesimi a 30 secondi.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

ROBERTO GIACHETTI. È difficile, signor Presidente, che lei possa pensare che non ci siano osservazioni. Ovviamente, lei cita dei precedenti e io la pregherei nel citare i precedenti di provare anche a contestualizzarli nel momento in cui essi sono svolti. Nella fattispecie, credo che lei non si trovi a poter trovare un precedente nel quale viene chiusa la discussione sul complesso degli emendamenti, lasciando cadere decine e decine di interventi di colleghi che avevano titolo di parlare. Non credo che lei possa sottovalutare che stiamo parlando, signor Presidente, di un decreto-legge nel quale viene fatta un'operazione politicamente sporca, ossia viene recuperata una legge che è stata approvata da tutta la Camera e da tutti gruppi, viene inserita in un decreto-legge, viene inserita una norma che impone un cambio di voto inevitabilmente: «o ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra». Questo è un comportamento politicamente indegno e forse la Presidenza, che certamente ha la facoltà di stabilire e la prerogativa di decidere come intervenire, potrebbe apprezzare anche determinate circostanze che non credo siano totalmente estranee alle esigenze di garantire che in quest'Aula ci siano pari diritti per la maggioranza e per l'opposizione.
Vorrei comunque dirle, signor Presidente, e questo lo dico per tranquillizzarla, che non credo che lei possa - perché questo sarebbe diciamo non un precedente, ma qualcosa di più grave - pensare di sottrarre ad un deputato la possibilità di esprimere il proprio voto, perché questo è tutelato da tutte le norme del Regolamento e non troverà alcun precedente. Quindi, lei potrà portarci a 30 secondi. Lei si ricordi che comunque evidentemente questo comporta che noi prendiamo atto che la Presidenza assume delle decisioni che devono garantire a una maggioranza divisa su tutto da settimane, divisa su questo, di portare a casa un provvedimento e questo non potrà che mettere nelle condizioni il nostro gruppo di comportarci di conseguenza. Quindi, penso che sia utile che nella programmazione dei nostri lavori pensiamo con una mente lunga, signor Presidente, perché lei può anche ridurre a 30 secondi gli interventi, ma certamente non può impedire ad un parlamentare di fare una battaglia politica e non mettere ciascuno in grado di esprimersi almeno per poter dire «sì» o «no». Quindi, evidentemente nella sua discrezionalità lei si sta assumendo una responsabilità che fa parte di un quadro nel quale domani qualcuno non ci venga a dire che c'è il terremoto.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, le risponderò dopo l'intervento dell'onorevole Evangelisti che ha chiesto di intervenire. Prego, onorevole Evangelisti, ha facoltà di parlare.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, non contesto l'interpretazione che lei ha appena dato del Regolamento. Muovo più che una contestazione, un'osservazione. Il compito della Presidenza non è soltanto applicare il Regolamento, ma è quello di favorire il migliore andamento dei nostri lavori e allora mi piacerebbe che la Presidenza si assumesse un incarico nell'interesse dell'Aula, nell'interesse del Paese. Faccia i dovuti passaggi, applichi la diplomazia di cui è capace e di cui ha tutte le possibilità perché si possa ritornare ad un confronto e ad un'intesa fra i gruppi che permetta nella stessa giornata di domani di licenziare questo provvedimento, al netto di quella macchia Pag. 136che ha reso impossibile ai gruppi dell'opposizione di immaginare anche soltanto di portare avanti un sereno confronto in queste ore.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi sull'ordine dei lavori su questo argomento, ritengo - lo dico con molta responsabilità e franchezza - che la Presidenza debba garantire alla maggioranza e all'opposizione i medesimi diritti. Non ha garantito, con questa decisione, il diritto della maggioranza, ma ha garantito l'ordinato svolgimento dei lavori di quest'Aula. Abbiamo, rispetto ai precedenti del Presidente Violante e di altri Presidenti che hanno preceduto questa Presidenza, garantito addirittura, considerata la delicatezza dell'argomento, una discussione con 120-128, credo, interventi in dissenso, per oltre tre ore di dibattito di interventi a titolo personale.
Credo che sia ovviamente dovere di questa Presidenza decidere l'ordinato svolgimento dei lavori dell'Aula per la giornata di domani. Ad altri spettano, invece, valutazioni di altro genere, che non competono alla Presidenza, come le considerazioni di tipo politico sugli interventi fatti e sulle prospettive di lavoro. Domani è convocata anche la Conferenza dei presidenti di gruppo, ma ribadisco che la decisione che oggi la Presidenza ha preso, è stata assunta, come sempre, nell'interesse dell'Assemblea e non di una parte di essa. Questo non può essere messo in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

CAROLINA LUSSANA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA, Relatore. Signor Presidente, intervengo semplicemente per una precisazione. In sede di espressione del parere ho raccomandato l'approvazione dell'articolo aggiuntivo 12.0601 della Commissione, preannunciandone la riformulazione. Ai fini anche della pubblicazione, volevo dire che saranno espunte le parole da: «entro il 31 dicembre 2009» a «propri sistemi tecnologici». Quindi, è soppresso l'ultimo periodo.

PRESIDENTE. Il Governo?

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo lo accetta.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che, con la riformulazione dell'articolo aggiuntivo 12.0601 della Commissione occorra dare tempi congrui ai gruppi per presentare i subemendamenti.

PRESIDENTE. Tenendo conto dell'osservazione fatta dall'onorevole Quartiani, il termine per la presentazione dei subemendamenti all'articolo aggiuntivo 12.0601 della Commissione, come riformulato, è fissato per le 10 di domani mattina.
Il seguito del dibattito è rinviato alla seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 8 aprile 2009, alle 9:

(ore 9 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e Pag. 137di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori (2232-A).
- Relatore: Lussana.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Di Pietro ed altri n. 1-00109, Cicchitto, Cota, Milo e Conte n. 1-00143, Vietti ed altri n. 1-00144 e Fluvi ed altri n. 1-00145 concernenti iniziative relative al sistema creditizio italiano, con particolare riferimento alla riforma delle fondazioni bancarie e delle banche popolari quotate.

(ore 15)

3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 21,10.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2232-A chiusura dis. compl. em 464 462 2 232 247 215 49 Appr.
2 Nom. Ddl 2232-A - em. 1.12 441 440 1 221 206 234 44 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.