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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 137 di venerdì 20 febbraio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9.

RENZO LUSETTI. Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 febbraio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bossi, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cossiga, Cota, Crosetto, Donadi, Fitto, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Mazzocchi, Meloni, Molgora, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Rotondi, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 1929-A e 2121 ed abbinata proposta di legge.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Discussione del disegno di legge: S. 1073 - Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dal Senato) (1929-A) (ore 9,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del II Protocollo relativo alla Convenzione dell'Aja del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, fatto a L'Aja il 26 marzo 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1929-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che le Commissioni II (Giustizia) e III (Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il vicepresidente della III Commissione, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore per la III Commissione, onorevole Leoluca Orlando.

Pag. 2

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, la diffusa consapevolezza che le azioni di combattimento nel corso dei conflitti armati producano spesso la distruzione di patrimoni culturali unici al mondo (il che comporta una perdita non solo per i popoli nei cui territori si svolge conflitto, ma per tutta l'umanità) ha fatto sì che la comunità internazionale, non a caso a partire dal secondo dopoguerra, adottasse la Convenzione dell'Aja del 1954, specificamente dedicata alla protezione del patrimonio culturale nel caso di conflitti armati, contestualmente al I Protocollo sulla protezione del patrimonio culturale in tempo di occupazione.
La Convenzione dell'Aja ha rappresentato il primo strumento internazionale di portata generale esclusivamente dedicato al tema della protezione del patrimonio culturale. Il campo di applicazione dell'accordo riguarda la totalità degli elementi del patrimonio culturale, ossia beni mobili e immobili, inclusi i monumenti architettonici, artistici o storici, i siti archeologici, le opere d'arte, i manoscritti, i libri ed altri oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, come anche le collezioni a carattere scientifico di qualsiasi natura a prescindere dalla loro origine o dai loro proprietari.
L'insufficienza dei risultati conseguiti nell'applicazione della Convenzione dell'Aja del 1954 ha comportato l'adozione nel marzo 1999 del II Protocollo alla Convenzione dell'Aja del 1954, che il disegno di legge in esame si propone di autorizzare alla ratifica, unitamente a norme di adeguamento dell'ordinamento nazionale. Il Protocollo in esame introduce un ulteriore regime di protezione dei beni culturali nel corso di conflitti armati aggiuntivo alla protezione generale ed alla protezione speciale già contemplate dalla Convenzione, ossia il regime della protezione rafforzata. Esso riguarda beni di più alto valore universale sottratti al regime di protezione speciale di cui alla Convenzione del 1954 per il fatto di trovarsi in città storiche o vicino ad installazioni militarmente sensibili come autostrade, stazioni, eccetera.
I beni culturali soggetti a protezione rafforzata vanno iscritti in un elenco ad hoc, che il comitato intergovernativo - istituito anch'esso dal Protocollo aggiuntivo - sottopone ad accurato monitoraggio. Inoltre, il Protocollo in esame delimita la nozione di necessità militare imperativa e la nozione di obiettivo militare. Ciò allo scopo di limitare al massimo le giustificazioni per attacchi contro i beni culturali soggetti a protezione rafforzata.
Ciò rappresenta un aspetto molto significativo della Convenzione poiché fa registrare un'evoluzione del principio in questione che in passato già aveva sollevato ampie critiche per il suo carattere vago e l'arbitrarietà della sua applicazione. I comandi militari vengono resi responsabili in ogni caso delle decisioni adottate e viene introdotta la responsabilità individuale in caso di danneggiamento o distruzione ingiustificati dei beni culturali, prevedendo apposite sanzioni. Il Protocollo, infine, istituisce un fondo a contribuzione volontaria per le necessità finanziarie connesse all'attuazione delle disposizioni che esso stesso detta.
Il Protocollo si compone di 47 articoli, suddivisi in nove capitoli. Gli articoli da 1 a 4 contengono definizioni e norme di raccordo tra il Protocollo e la Convenzione del 1954 mentre gli articoli da 5 a 9 riguardano norme generali sulla tutela dei beni culturali, a partire dalle misure preventive che ciascuna parte del Protocollo predispone sul territorio nazionale in tempo di pace, onde poter in caso di conflitto armato proteggere adeguatamente il patrimonio culturale. Nel caso di occupazione militare di uno Stato, lo Stato occupante si impegna a non porre in essere attività come l'illecita esportazione di beni culturali o l'avvio, di propria iniziativa, di scavi e ricerche archeologiche.
Gli articoli da 10 a 14 individuano il principio della protezione rafforzata stabilendo le tre condizioni da rispettare per la sua applicabilità, ovvero il carattere di Pag. 3massimo rilievo universale del bene culturale in questione, un livello di protezione normativa nazionale già elevato, la rinuncia alla sua utilizzazione a fini militari, con esplicita dichiarazione dello Stato parte interessato. La decisione di ricomprendere un bene culturale nell'elenco di quelli soggetti a protezione rafforzata, su richiesta dello Stato parte interessato, è adottata con una maggioranza di almeno quattro quinti dei presenti e votanti del comitato intergovernativo ad hoc.
Gli articoli da 15 a 21 individuano le responsabilità penali e le procedure. L'articolo 22 estende la protezione dei beni culturali prevista nel Protocollo in esame ai conflitti armati non internazionali, salvo il caso di semplici sommosse o tensioni.
Gli articoli da 23 a 29 individuano gli organi preposti all'applicazione del Protocollo e le relative funzioni. Ritengo importante richiamare l'attenzione del Parlamento, come del resto si è fatto nel corso dell'iter di approvazione presso l'altro ramo del Parlamento, sul disposto dell'articolo 29 della Convenzione, che istituisce il Fondo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, le cui risorse sono costituite anche da contributi volontari degli Stati contraenti. A questo proposito è opportuno che il Governo si impegni a dare piena attuazione a tale disposizione attraverso la messa a disposizione di specifiche risorse finanziarie che vanno evidentemente al di là di quelle appostate nel disegno di legge di ratifica che sono finalizzate alla mera partecipazione alla gestione della Convenzione.
Particolare attenzione merita anche l'articolo 30, relativo alla predisposizione di attività di informazione e formazione sui contenuti del Protocollo, con particolare riferimento all'addestramento del personale civile e militare, nonché alla promozione della consapevolezza nella pubblica opinione. In mancanza di una norma di attuazione a questo proposito nel testo del disegno di legge di ratifica ci si riserva di presentare un ordine del giorno.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si discosta notevolmente, nel caso in esame, dalla consueta prassi relativa ai trattati internazionali: esso consta infatti di ben 17 articoli, soltanto tre dei quali, gli articoli 1, 2 e 17, riportano le clausole di rito inerenti rispettivamente alla ratifica ed esecuzione del Protocollo in esame, nonché alla previsione dell'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, mentre l'articolo 16 riguarda la copertura finanziaria. I rimanenti 13 articoli sono invece dedicati a norme per l'adattamento dell'ordinamento nazionale al combinato disposto della Convenzione del 1954 e del Protocollo addizionale all'esame del Parlamento.
In particolare, l'articolo 4 individua le norme da applicare allo scopo della predisposizione delle misure preventive di tutela dei beni culturali, quali previste dall'articolo 5 del Protocollo in esame.
I successivi articoli da 5 a 15 definiscono, invece, il quadro penalistico e sono state oggetto di approfondito esame presso le Commissioni riunite II e III che hanno ritenuto di avvalersi, nell'ambito di audizioni informali, del contributo di qualificati esperti come il tenente colonnello Francesco Elia del Centro alti studi della difesa e il procuratore militare della Repubblica di Roma, dottore Antonino Intelisano. A seguito delle audizioni i relatori hanno presentato degli emendamenti poi approvati che hanno migliorato il testo anche sotto il profilo della formulazione della fattispecie in riferimento ad una più congrua gradazione delle pene previste dai diversi reati introdotti dal provvedimento in esame.
Come premesso, gli articoli da 6 a 14 del disegno di legge introducono una disciplina penale speciale in relazione alle diverse fattispecie di reati militari e hanno come oggetto di ratifica i beni culturali previsti dal Protocollo. Nell'ordinamento italiano non esiste una normativa specifica relativa alla protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati, pertanto il disegno di legge di ratifica introduce sei nuove fattispecie penali in danno di beni culturali applicabili nel corso di conflitti armati e di missioni internazionali. In Pag. 4particolare, gli articoli da 7 a 10 rispondono alla necessità di dare attuazione alle previsioni dell'articolo 15 del Protocollo.
Vorrei, inoltre, sottolineare l'articolo 6 che individua anzitutto nei conflitti armati e nelle missioni internazionali l'ambito temporale di applicazione di detta disciplina penale precisandone l'estensione in relazione sia all'autore, sia al luogo del commesso reato. In relazione al cittadino straniero le Commissioni hanno approvato un emendamento che ha esteso la previsione recata dalla Convenzione stabilendo l'applicazione della Convenzione medesima per tutti i reati previsti dal disegno di legge in esame a condizione che lo straniero si trovi nel territorio dello Stato italiano. In sostanza, è stata ravvisata l'esigenza di non limitare l'applicazione della Convenzione ai soli fatti previsti da alcuni reati introdotti dal provvedimento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Concludo, signor Presidente. In accordo con le previsioni del capitolo 4 del Protocollo, gli articoli da 7 a 12 individuano le fattispecie di reato in danno dei beni culturali protetti stabilendo le relative sanzioni.
L'articolo 7 del disegno di legge punisce con la reclusione da quattro a dodici anni l'attacco ad un bene culturale protetto, mentre è prevista la reclusione da cinque a quindici anni se il bene culturale è sottoposto a protezione rafforzata.
Tralascio qualche passaggio, in quanto consegnerò il testo, e mi soffermo invece sull'articolo 9 del disegno di legge che punisce con la reclusione da otto a quindici anni la devastazione e il saccheggio di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo.
Le modifiche più rilevanti da parte delle Commissioni sono state introdotte all'articolo 10 relativo alle fattispecie di impossessamento illecito e danneggiamento di un bene culturale protetto, mentre il testo originario del Governo puniva indistintamente le due ipotesi. Le Commissioni hanno ritenuto opportuno fare una distinzione punendo più gravemente l'ipotesi in cui il bene abbia subito dei danneggiamenti rispetto a quella in cui sia stato unicamente oggetto di un impossessamento illecito.
L'articolo 11 ha per oggetto il reato di esportazione e trasferimento illecito di beni culturali protetti. Alle Commissioni è apparsa non adeguata la pena prevista, essendo questa stata fissata nella reclusione da uno a cinque anni. Trattandosi di un reato volto a punire una condotta estremamente grave, la pena è stata portata alla reclusione da due a otto anni, ovvero da quattro a dieci anni qualora il bene culturale sia sottoposto a tutela rafforzata. In questo caso l'aggravante è rimasta circoscritta all'ipotesi in cui al fatto consegua la distruzione del bene.
L'articolo 12 del provvedimento in esame punisce con la reclusione da uno a tre anni l'alterazione o modificazione arbitraria dell'uso dei beni culturali protetti nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali. Le Commissioni hanno approvato un emendamento volto a prevedere un'aggravante qualora il fatto sia commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata. Anche in tal caso, dalla distruzione del bene conseguente al reato discende un aumento di pena fino ad un terzo.
L'articolo 14, in ragione dell'ambito applicativo della legge definito dall'articolo 6, nonché dell'affinità dei reati sopraindicati con quelli previsti dal codice penale militare di guerra, definisce come reati militari gli illeciti di cui agli articoli da 7 a 12.
L'articolo 15, infine, introduce una norma di coordinamento, secondo la quale le disposizioni del disegno di legge in esame si osservano anche quando è disposta l'applicazione del codice penale militare di guerra. È stata soppressa la clausola secondo la quale tale regola non troverebbe applicazione nel caso in cui il predetto codice preveda sanzioni più gravi. Si è ritenuto che la formulazione originaria della norma di collegamento, in ragione della sua indeterminatezza, potesse essere lesiva del principio di legalità, essendo Pag. 5rimessa ad una valutazione del tutto discrezionale del giudice la scelta della norma penale da applicare nel caso concreto.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1279 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (Approvato dal Senato) (A.C. 2121); e dell'abbinata proposta di legge Farina Coscioni ed altri (A.C. 1311) (ore 9,23).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità; e dell'abbinata proposta di legge Farina Coscioni ed altri.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2121)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le commissioni III (Affari esteri) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
L'onorevole Narducci, vicepresidente della Commissione affari esteri, ha facoltà di svolgere la relazione, in sostituzione della relatrice per la III Commissione, onorevole Biancofiore.

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. Signor Presidente, questa volta la mia relazione è più breve.
Onorevoli colleghi, la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, unitamente al suo Protocollo opzionale, è stata adottata il 13 dicembre 2006 durante la sessantunesima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed è stata aperta alla firma il 30 marzo 2007. Si tratta del primo trattato di ampi contenuti sui diritti umani del ventunesimo secolo, la prima Convenzione sui diritti umani ad essere aperta alla firma di organizzazioni regionali, nonché il primo strumento giuridicamente vincolante riguardo ai diritti dei disabili.
La Convenzione è uno strumento per la tutela dei diritti umani, che si pone esplicitamente nella dimensione dello sviluppo umano; essa fornisce un'ampia categorizzazione di persone diversamente abili e riafferma che tutte le persone, quale che sia la loro disabilità, debbono poter godere dei diritti umani e delle libertà fondamentali. La Convenzione chiarisce che tutte le categorie di diritti si applicano alle persone con disabilità e identifica le aree nelle quali può essere necessario intervenire per rendere possibile ed effettiva la fruizione di tali diritti; essa identifica, inoltre, le aree nelle quali i diritti sono Pag. 6stati violati e quelle nelle quali la protezione di essi va rafforzata.
Sia la Convenzione sia il Protocollo opzionale sono entrati in vigore il 3 maggio scorso, avendo già raggiunto il prescritto numero di ratifiche, alle quali speriamo si possa aggiungere tempestivamente anche questa.
Anche il Comitato direttivo per la bioetica del Consiglio d'Europa, in passato, ha dato parere positivo sulla materia trattata dalla Convenzione.
La Convenzione si compone di un preambolo e di cinquanta articoli.
È importante sottolineare che il punto e) del preambolo riconosce che «la disabilità è un concetto in evoluzione e che essa è il risultato dell'interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri».
L'articolo 1 chiarisce che lo scopo della Convenzione è quello di promuovere, proteggere e garantire il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, fornendo anche la definizione di tale categoria. Gli articoli dal 2 al 14 stabiliscono le principali definizioni, i principi generali e gli obblighi che si assumono le parti contraenti. Tra i principi della Convenzione, vengono annoverati la dignità, l'autonomia e l'indipendenza delle persone, la non discriminazione, la partecipazione alla vita della società, il rispetto per le differenze, la pari opportunità rispetto ai non disabili, la parità di genere, il rispetto dello sviluppo dei bambini disabili.
Gli articoli dal 5 all'8 approfondiscono il concetto di non discriminazione nei suoi vari aspetti, con particolare riguardo alle donne e ai bambini, considerati soggetti ancora più deboli. Gli articoli dal 9 al 19 ribadiscono in maniera più dettagliata l'uguaglianza rispetto ai vari diritti. Fra essi quello dell'accessibilità all'ambiente (trasporti, informazione e comunicazione - compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione - e altre attrezzature e servizi aperti al pubblico, sia nelle aree urbane che nelle aree rurali) che deve essere garantito dagli Stati attraverso l'adozione di tutte le misure necessarie. Viene poi riaffermato il diritto alla vita e quello alla protezione nelle situazioni di rischio ed emergenze umanitarie.
Gli articoli 15, 16 e 17 ribadiscono il diritto a non essere sottoposti a tortura, a pene o a trattamenti crudeli o inumani, a sfruttamento, a violenza e a maltrattamenti e il diritto all'integrità personale. Gli articoli 18, 19 e 20 sanciscono il diritto delle persone diversamente abili alla libertà di cittadinanza e di residenza, anche attraverso adeguate misure che assicurino la massima indipendenza o mobilità. La libertà di opinione e di accesso alle informazioni è garantita dall'articolo 21, mentre gli articoli 22 e 23 garantiscono il diritto alla privacy e a non subire restrizioni nella propria vita affettiva e sessuale, nonché a creare una propria famiglia, assumendo liberamente le proprie responsabilità in merito alla generazione e all'educazione dei figli. In tema di istruzione, l'articolo 24 prevede l'integrazione scolastica a tutti i livelli, anche attraverso efficaci misure di supporto calibrato sulle esigenze individuali che possano garantire il progresso scolastico e la socializzazione.
All'articolo 25 è riconosciuto il diritto di godere della migliore condizione di salute possibile, nonché il diritto al lavoro, su basi di parità con gli altri, ad esempio attraverso la costruzione di un mercato del lavoro che abbia le caratteristiche necessarie a garantire l'inclusione e l'accessibilità delle persone con disabilità. Le parti riconoscono il diritto ad un adeguato standard di vita e di protezione sociale che comprende la possibilità di fruire di alloggi adeguati, di servizi e di assistenza ritagliati sulle necessità dei disabili, nonché l'assistenza economica per le spese derivanti dalla presenza della disabilità in caso di indigenza (articolo 28).
Le parti devono assicurare l'uguaglianza nella partecipazione alla vita politica e pubblica, compreso dunque l'esercizio del diritto di voto, la possibilità di candidarsi alle elezioni e di svolgere funzioni Pag. 7pubbliche a qualunque livello di responsabilità, come recita l'articolo 29.
L'articolo 30 promuove la partecipazione alla vita culturale, ricreativa ed alle attività sportive, assicurando la diffusione di programmi televisivi, film, materiale culturale in forme adatte, rendendo accessibili teatri, musei, cinema e librerie e garantendo alle persone disabili l'opportunità di sviluppare e utilizzare il proprio potenziale creativo. Gli articoli da 31 a 33 richiamano strumenti e procedure attraverso cui dare attuazione alla Convenzione. Gli articoli da 34 a 39, invece, riguardano l'istituzione e le funzioni del Comitato sui diritti delle persone con disabilità. Ciascuno Stato presenterà al Comitato un dettagliato rapporto sulle misure adottate per dare attuazione alla Convenzione. Il Comitato esaminerà i rapporti, formulando eventuali suggerimenti e raccomandazioni di carattere generale, che saranno restituiti allo Stato interessato. È una scadenza cui l'Italia dovrà prepararsi per tempo.
L'articolo 40 prevede la riunione periodica della conferenza degli Stati parte, che esamina le questioni relative all'applicazione della Convenzione, mentre gli articoli da 41 a 50 contengono le clausole finali.
Si aggiunge, infine, il Protocollo opzionale di 18 articoli che riguarda le procedure per il ricorso in caso di violazione dei diritti stabiliti dalla Convenzione stessa.
Nei giorni scorsi, il 28 gennaio, questo ramo del Parlamento si è già pronunciato, anticipando in un certo senso questo nostro dibattito, sulle iniziative a sostegno dei diritti delle persone con disabilità, con l'approvazione delle mozioni Delfino ed altri n. 1-00079, nel testo riformulato, e Laura Molteni ed altri n. 1-00084, accettate dal Governo.
Il disegno di legge in esame, accanto ai due consueti articoli riguardanti rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione e l'ordine di l'esecuzione, prevede all'articolo 3 l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sul quale rinvio alla relazione della XII Commissione, che sarà svolta dall'onorevole Baccini.

PRESIDENTE. Saluto gli alunni e gli insegnanti della scuola elementare «Giacomo Leopardi» di Roma, che assistono ai nostri lavori, ai quali facciamo un applauso. Non siamo molto numerosi, ma il saluto è ugualmente affettuoso e beneaugurante. Grazie di essere qui (Applausi).
Il relatore per la XII Commissione, onorevole Baccini, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARIO BACCINI, Relatore per la XII Commissione. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, il collega relatore ha spiegato molto bene la ratifica della Convenzione ONU e quali sono le motivazioni che animano la nostra Camera.
Volevo anche salutare l'onorevole collega, Mura, che ci ascolta questa mattina. Parlerò brevemente, signor Presidente, perché lascerò agli atti la mia relazione sul disegno di legge in esame, che consta di quattro articoli, così come veniva ricordato prima.
Come già detto dal relatore della III Commissione, l'articolo 1 contiene l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, mentre l'articolo 2 contiene l'ordine di esecuzione.
Mi soffermerò ora sull'articolo 3, che disciplina una materia rientrante nella competenza della XII Commissione. Tale articolo prevede l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di favorire la piena integrazione delle persone con disabilità.
L'Osservatorio è presieduto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ed è composto al massimo di 40 membri, nel rispetto del principio delle pari opportunità tra donne e uomini. Il comma 3 prevede, entro tre mesi dalla Pag. 8data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l'emanazione di un regolamento del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Questo provvedimento riguarda la composizione, l'organizzazione e il funzionamento dell'Osservatorio. In particolare, in tale Osservatorio devono essere rappresentate le amministrazioni centrali che si occupano di politiche per la disabilità; di esso devono anche far parte le regioni, le province autonome, le autonomie locali, gli istituti di previdenza, l'Istituto nazionale di statistica, le organizzazioni dei lavoratori, dei pensionati e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative, nonché le associazioni nazionali dei portatori di handicap e le organizzazione del terzo settore operanti nel campo della disabilità.
Da ultimo, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali integra la composizione dell'Osservatorio con la nomina al massimo di cinque esperti di comprovata esperienza nel campo della disabilità.
Ai sensi del comma 4, l'Osservatorio resta in carica tre anni; tre mesi prima della scadenza del mandato presenta una relazione sull'attività.
Al comma 5 sono indicati i compiti. L'Osservatorio ha i seguenti compiti: promuove l'attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, predispone un programma, promuove la raccolta dei dati statistici, predispone la relazione dello stato di attuazione delle politiche sulla disabilità, promuove la realizzazione di studi e ricerche che possono contribuire ad individuare aree di interesse. Al comma 6, per il funzionamento dell'organo, si prevede uno stanziamento di 500 mila euro per gli anni 2009-2014. Il comma 7 precisa che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 8 dispone la modifica dell'articolo 41, comma 8, della legge n. 104 del 1992, relativa alla relazione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali sui dati relativi allo stato di attuazione delle politiche per l'handicap.
La relazione tecnica, per concludere, signor Presidente, riconduce l'onere dell'attuazione del provvedimento, 500 mila euro, al funzionamento dell'Osservatorio. Più precisamente la relazione ipotizza l'impegno di 105 mila euro annui per spese di missioni nazionali dovute alla partecipazione alle riunioni dell'Osservatorio; di 95 mila euro annui per ausili per persone sorde e cieche che partecipino alle riunioni dell'Osservatorio; 300 mila euro per effettuare studi, ricerche e indagini statistiche sulla disabilità.
Ho voluto sintetizzare, signor Presidente, anche le ragioni della nascita di questo Osservatorio, che ritengo siano utili a tutte le politiche che sull'handicap il Parlamento sta svolgendo, per avvicinare sempre di più i servizi a chi ha meno possibilità. Relativamente all'inserimento dell'Osservatorio nella ratifica della Convenzione ONU sulla disabilità, vorrei informare i nostri due autorevoli colleghi che ci ascoltano che il dibattito in Commissione è stato un dibattito articolato, significativo, in cui si è messa anche in discussione l'opportunità di inserire l'Osservatorio in un provvedimento più ampio come la ratifica di una Convenzione. Vi è stata quindi una «blindatura» in questo senso, però ritenevamo che probabilmente - vedo l'onorevole Farina Coscioni, che saluto - era importante trovare un canale per approvare subito il provvedimento in esame. E con questo sentimento, signor Presidente, il relatore lascia la parola (Applausi).
Signor Presidente, chiedo, infine, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Baccini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

Pag. 9

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la ratifica da parte del Parlamento italiano della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità costituisce un atto politico di grande rilevanza, con il quale lo Stato italiano si impegna a realizzare quanto contenuto all'interno del documento. La Convenzione sui diritti delle persone con disabilità rappresenta un importante risultato raggiunto dalla comunità internazionale, in quanto sino ad oggi non esisteva in materia di disabilità uno strumento internazionale vincolante per gli Stati.
La finalità di questo documento è riaffermare e garantire ai cittadini diversamente abili il pieno godimento di tutti i diritti riconosciuti ai cittadini normodotati. Tale finalità dev'essere raggiunta puntando in particolar modo su tre principi fondamentali, quali l'autonomia individuale, intesa nel senso di consentire alle persona disabili di disporre pienamente della propria vita, l'accessibilità, la parità di opportunità.
In Italia molto è stato fatto dal punto di vista dei principi e dal punto di vista legislativo, ma tanto lavoro resta ancora da compiere per evitare che chi è portatore di handicap si trovi costretto a vivere una vita da cittadino di serie B. La ratifica della Convenzione costituisce un solenne impegno che lo Stato si assume con gli oltre due milioni 800 mila cittadini disabili a realizzare quel tratto di strada che ancora attende di essere compiuto.
Da parte dell'Italia dei Valori vi è dunque pieno consenso nei confronti dei contenuti della Convenzione, un consenso che è talmente convinto da non impedirci, però, di muovere alcuni rilievi critici nei confronti di alcuni aspetti del disegno di legge che ne dispone la ratifica.
La prima di queste critiche riguarda il metodo, che sovente vede inserire nei disegni di legge di ratifica di Trattati internazionali norme attuative e di adeguamento della legislazione interna che nulla hanno a che vedere con la ratifica in quanto tale, e che dovrebbero essere oggetto di provvedimenti legislativi ad hoc. Inserire queste norme nei disegni di legge di ratifica ha come conseguenza quella di sacrificare - se non impedire del tutto - un dibattito nel merito di questi provvedimenti, a causa dell'urgenza di provvedere alla ratifica dei Trattati in ottemperanza agli obblighi internazionali.
Questo si è puntualmente verificato in merito all'articolo 3 del presente disegno di legge, che istituisce l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone disabili. In Commissione sono stati presentati emendamenti da parte dell'Italia dei Valori e dei colleghi radicali del gruppo del Partito Democratico (sui quali non c'è stata alcuna valutazione di merito), che sono stati respinti con l'unica motivazione che una loro eventuale approvazione avrebbe implicato un nuovo passaggio parlamentare ed un ritardo nella ratifica della Convenzione.
Alla luce dei fatti tale motivazione non è, a mio avviso, assolutamente condivisibile, dal momento che, avendo l'Italia atteso più di due anni a ratificare questo documento, non sarebbe stato certamente un disastro se si fossero dovuti attendere ulteriori quindici o venti giorni (a maggior ragione, e passo alle critiche di merito, considerato che gli emendamenti presentati avevano come finalità esclusiva quella di consentire una migliore affermazione dei diritti delle persone diversamente abili all'interno dell'Osservatorio che si vuole istituire).
Leggendo l'articolo 3 del disegno di legge nasce più di una perplessità nei confronti dell'Osservatorio nazionale. La prima è quella costituita dal numero di quaranta membri di cui dovrà comporsi, un numero davvero eccessivo che, rapportato alle funzioni alquanto generiche che gli vengono attribuite, rischia di trasformare l'Osservatorio in un organismo assolutamente pletorico, in uno dei tanti «poltronifici» già presenti in Italia e di cui non si sente certo il bisogno. Vi è poi la perplessità suscitata dalla composizione della rappresentanza interna, nella quale i Pag. 10rappresentanti dei disabili costituiscono una sparuta minoranza. Ma che senso ha - ci chiediamo - istituire un Osservatorio sui disabili e, allo stesso tempo, non dare proprio ai disabili un ruolo di primo piano in questo organismo? E la risposta, chiaramente, è: nessuno.
Anche rispetto alla questione del finanziamento dell'Osservatorio l'Italia dei Valori non condivide l'impostazione adottata dal Governo, che consiste nel prelevare 500 mila euro annui dal Fondo per le politiche sociali istituito dalla legge n. 328 del 2000; non siamo d'accordo perché ciò equivale ad invitare a cena una persona e chiedergli poi di comprarsi il cibo che dovrà mangiare. Poiché l'Osservatorio è un organismo che dovrà vigilare sull'applicazione della Convenzione, è giusto finanziarlo stanziando risorse aggiuntive invece di utilizzare le poche risorse che sono previste per il sostegno alla disabilità.
Queste ed altre sono le perplessità sulle quali abbiamo chiesto di riflettere in Commissione, e lo chiediamo anche oggi in Aula annunziando fin da ora la riproposizione di un numero limitato di emendamenti sui quali ci auguriamo si possa avere una qualche risposta di merito che non c'è stata data fino ad oggi. Allo stesso tempo, ribadisco il consenso, che comunque non mancherà da parte dell'Italia dei Valori, alla ratifica della Convenzione in esame.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Farina Coscioni. Ne ha facoltà.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, è con emozione che oggi, 20 febbraio 2009, prendo la parola: il 20 febbraio del 2006, proprio tre anni fa, muore mio marito, Luca Coscioni, per una malattia neurologica degenerativa a tutt'oggi incurabile, la sclerosi laterale amiotrofica.
Lo voglio qui ricordare, in quest'Aula di Montecitorio, per condividere questo ricordo con voi e per farlo con gli italiani che, grazie a Radio Radicale, seguono quotidianamente i lavori del Parlamento. «La sua arma è la ragione, il suo unico obiettivo è la difesa della dignità umana», ha scritto il premio Nobel José Saramago di Luca Coscioni.
E di dignità umana, appunto, parla la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, di autonomia e di indipendenza, di non discriminazione, di piena ed effettiva partecipazione e di inclusione nella società, di rispetto delle differenze delle persone con disabilità, di pari opportunità, di accessibilità, di parità di genere e di rispetto per lo sviluppo e per l'identità dei bambini con disabilità.
Luca Coscioni per primo - credo - non avrebbe apprezzato commemorazioni e panegirici, bonariamente ci avrebbe rimproverato a pensare, piuttosto, a tutto quello che ancora vi è da fare, e da conquistare, nel campo della libertà della ricerca scientifica e dell'ampliamento dei diritti civili. La battaglia da lui intrapresa, che ha reso consapevoli, coscienti, partecipi tante persone, è tuttavia ben lontana dall'essere conclusa, anzi temo che si stiano facendo passi indietro.
Siamo qui per discutere un progetto di legge di ratifica con ritardo (doveva essere fatto già molto tempo fa). È anche così che si colpiscono al cuore i diritti individuali delle persone con disabilità, la loro possibilità di poter scegliere, di poter essere, di esistere, e di vivere alla pari con le opportunità di tutti. Siamo tutti favorevoli, nello spirito, e nella lettera, alla ratifica della Convenzione in esame, rilevando che la stessa rappresenta un successo del Ministero degli affari esteri italiano. La Convenzione non introduce nuovi diritti, ma si prefigge lo scopo di promuovere, proteggere, e assicurare alle persone con disabilità, il pieno ed eguale godimento al diritto alla salute, all'istruzione, al lavoro, ad una vita indipendente, alla mobilità, alla libertà di espressione, e in generale, alla partecipazione attiva alla vita politica e sociale. Sono tutti obiettivi che vedono impegnata, sin dalla sua costituzione, l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che ha posto l'urgenza della liberazione del malato, o del disabile, da ogni forma di discriminazione, di emarginazione, di esclusione, o restrizione, Pag. 11dei diritti umani, civili e politici. Lo strumento per garantire tutto questo è che la Convenzione venga al più presto ratificata. Ricordo che all'inizio della legislatura ho depositato, a mia prima firma, una proposta di legge di ratifica che si rifà semplicemente all'articolo 80 della Costituzione che prevede che: «Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi». Per questo non ci piace la legge di ratifica del Governo, perché riteniamo opportuno porre una questione di metodo con riferimento alla prassi sempre più diffusa che vede l'inserimento nei disegni di legge di ratifica, oltre alle consuete disposizioni per l'autorizzazione alla ratifica e per l'ordine di esecuzione, anche di norme attuative e di adeguamento dell'ordinamento interno. Mi riferisco all'articolo 3 del disegno di legge di ratifica che prevede la costituzione dell'Osservatorio. Si tratta di una modalità non conforme alla ratio dei disegni di legge di ratifica, in quanto le norme di attuazione dovrebbero rientrare in un processo normativo a parte; ribadisco: esiste in via generale la prassi, sempre più invalsa di inserire norme ordinamentali in disegni di legge di autorizzazione alla ratifica di accordi internazionale. Diversamente, il dibattito su tali norme è necessariamente sacrificato per le impellenze di provvedere al completamento del percorso di ratifica in ottemperanza agli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese. Vorrei segnalare, a titolo di esempio, l'incongruenza del dettato dell'articolo 3, comma 2, del disegno di legge con quello dell'articolo 33, comma 2, della Convenzione. Quest'ultima norma fa riferimento, infatti, a un meccanismo nazionale indipendente, laddove la prima che ho citato stabilisce che l'Osservatorio nazionale è presieduto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Se aggiungiamo, inoltre, il ritardo che ha comportato la volontà di inserire le disposizioni relative all'Osservatorio nel disegno di legge, è facile fare i conti. Osservo, altresì, che il disegno di legge del Governo configura l'Osservatorio in modo fortemente burocratico, prevede un numero troppo elevato di componenti, mentre sono scarsamente rappresentate le persone con disabilità e si nota l'assenza di rappresentanti dei Ministero degli affari esteri. Ricordo anche che la Convenzione prevede l'individuazione di uno, o più, focal point, all'interno dei Governi nazionali, mentre domanda agli stessi una valutazione circa l'opportunità di introdurre meccanismi di coordinamento. Al riguardo, riteniamo di avvisare che la composizione dell'Osservatorio proposta dal Governo confonde i due piani che andrebbero invece tenuti distinti. È da evidenziare che il ruolo delle persone con disabilità non sia preminente all'interno dell'Osservatorio, come invece prevede la Convenzione. Vi è il rischio che l'Osservatorio possa essere una sovrastruttura, che finisca col mettere sotto tutela la persona con disabilità - da una parte, con un ritorno ad un approccio paternalistico degli anni passati, e dall'altra, escludendo la persona con disabilità dal governo dello stesso Osservatorio perché quest'ultimo è presieduto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali - non dandole nemmeno la possibilità di eleggere, in qualche modo, chi dovrà presiedere tale organismo.
Non possiamo inoltre esimerci dalla critica connessa allo stanziamento delle risorse per il finanziamento dell'Osservatorio, rilevando che il coinvolgimento delle organizzazioni non governative non garantisce alle stesse un ruolo nelle scelte di merito sull'impiego dei fondi. Questo Osservatorio verrà finanziato con i soldi che saranno prelevati dalla legge n. 328 del 2000, vale a dire la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Quest'ultima, all'articolo 20, creava un Fondo nazionale per le politiche sociali; precisamente il comma 1 di questo articolo recita: «Per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale lo Stato ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali». E l'Osservatorio va a Pag. 12sottrarre risorse da questo Fondo, e non per l'attività ma per il solo funzionamento. Ora, se lo spirito e gli obiettivi della Convenzione in esame vogliono l'inclusione delle persone con disabilità, abbattendo tutte le barriere architettoniche, legislative, ideologiche, psicologiche, socioculturali, geografiche ed economiche che si frappongono al pieno godimento dei diritti nel nostro Paese, con la creazione di questo Osservatorio temo si possa compiere un passo nella direzione opposta. Non soltanto si mette sotto tutela il disabile, ma lo si priva anche delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali che dovrebbero essere destinate invece a farlo vivere in maniera indipendente (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, noi siamo oggi davanti ad un provvedimento che certamente tocca una delle questioni civili e sociali più importanti del mondo, dell'Europa e dell'Italia. Si tratta di una Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto delle persone con disabilità, a cui l'Italia ha già aderito dal 2007 sottoscrivendola, ma soprattutto anche dell'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulle condizioni delle persone con disabilità.
Si tratta dunque di un tema e di una proposta, quella che oggi noi prendiamo in esame, che ci consente anche di ripercorrere con molta puntualità il cammino che il nostro Paese ha svolto in questi anni. Ci consente soprattutto di fare una riflessione sullo stato della situazione rispetto ai provvedimenti, alcuni anche molto significativi e tempestivi, e rispetto all'azione fatta da altre nazioni del mondo e da altre nazioni europee. Tuttavia, sul terreno proprio dell'attuazione e dell'applicazione dei principi, condivisi unanimemente in un Paese come il nostro, la cui cultura affonda nella tradizione cristiano-giudaica e nella dottrina sociale della Chiesa, questi valori sul piano dell'affermazione trovano una larga condivisione, ma poi - come dirò nel mio intervento - sul piano della concreta attuazione delle norme alte, aperte e attente alla necessità dell'integrazione - ma prima di tutto del riconoscimento dell'inclusione e dell'integrazione delle persone con diversa abilità nelle realtà della società e del lavoro - siamo ancora lontani dalla piena attuazione e dalla possibilità di rendere effettuali ed effettive le disposizioni normative.
Certamente, onorevoli colleghi, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità segna un elemento importante, un'attenzione che era assolutamente giusto riconoscere, ma segna anche il cammino sulla materia dei diritti e della specificità della disabilità che soltanto nel ventunesimo secolo ha trovato ampi ed aperti spazi di discussione e di approfondimento.
La Convenzione sposta l'ottica tradizionale, esistente in passato nel nostro Paese e nel mondo, secondo la quale le persone disabili erano quasi considerate soltanto soggetti - e oggetti - bisognosi di carità, di cure mediche, di protezione sociale verso l'ottica che condividiamo pienamente, l'ottica nuova che è compresa nel principio della dignità della persona in qualunque condizione si trova e che porta, quindi, a considerare le persone diversamente abili come soggetti pieni, attivi e capaci di poter sviluppare, di poter vedere promuovere la propria persona nell'umanesimo integrale. La Convenzione, quindi, in questo senso offre un'ampia apertura. È un dato certamente positivo sul quale - noi riteniamo - dobbiamo ancora lavorare, che significa non soltanto riconoscere e ratificare questa Convenzione, ma porsi in una condizione vera dove vi sia uno sforzo corale, complessivo del Paese, della comunità nazionale, delle comunità locali, delle associazioni, del volontariato, delle istituzioni in generale e della famiglia. Infatti, è un dato culturale che prima deve muovere dalla famiglia, dall'accoglienza in famiglia di questi soggetti che si trovano in una diversa abilità ad essere riconosciuti pienamente e totalmente. Pag. 13
I temi inerenti la difesa delle persone con diversa abilità sono certamente complessi, delicati e attraverso un'adeguata affermazione come quella della Convenzione in esame, come quelle delle legislazioni che si sono sviluppate nel nostro Paese e in Europa, richiede evidentemente un confronto lungo ed appassionato, così com'è stato nella commissione ad hoc dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha lavorato molti anni, in particolare dal 2002 al 2006, per arrivare all'elaborazione del testo sul quale non mancano, anche da parte nostra, alcune riserve e alcune specificità, alcuni riconoscimenti come quello dell'intangibilità forte, vera, senza discussione del diritto alla vita di ogni persona e, quindi, anche di una persona con diversa abilità.
Anche nel dibattito e nel confronto che vi è stato nei mesi scorsi sulla vicenda di Eluana Englaro, aldilà dei clamori e delle discussioni non sempre tutte profondamente convinte ma qualche volta anche con la possibile strumentalità che vi può essere, riteniamo comunque che non può essere mai messa in discussione da nessun atto giuridico nazionale, europeo, internazionale, dell'ONU il fondamentale diritto alla vita. Ma oltre questo vi è comunque un progresso, un cammino.
Vi è questo dato, oggi, che noi giudichiamo certamente positivo, di una Convenzione che centra l'attenzione, in modo largamente puntuale, sulla persona disabile in quanto persona. Da qui bisogna partire per allargare una possibilità vera di realizzazione umana di queste persone.
Questo riconoscimento, poi, passa attraverso tutti gli elementi che costituiscono e rendono effettuale il riconoscimento della persona. Allora vi sono le problematiche del diritto alla vita, ma vi sono anche le problematiche del diritto alla formazione, del diritto alla scuola, del diritto al lavoro. Questi sono elementi sui quali registriamo, anche nella Convenzione, passaggi positivi e riteniamo che su questo anche il nostro Paese debba ulteriormente camminare senza...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

TERESIO DELFINO. Quanti minuti ho ancora?

PRESIDENTE. È terminato il tempo, onorevole, erano 9 minuti, però le ho segnalato che non saremo fiscali.

TERESIO DELFINO. Voglio soltanto dire che in questa direzione dobbiamo fare ancora un grande sforzo sulla scuola, sul processo di integrazione, sulla formazione e sulla cultura, ma soprattutto - lo voglio sottolineare - sul mondo del lavoro, dove il contributo delle persone con diversa abilità deve essere una ricchezza, deve essere adeguatamente considerato, deve tenere conto delle peculiari specificità di queste persone.
Come dicevo, in Italia abbiamo realizzato un grande percorso, con la legge n. 104 del 1992 sui principi generali, e con la legge n. 68 del 1999 per l'inserimento al lavoro delle persone disabili, però constatiamo - e questa era la diversità tra l'affermazione dei principi e la loro attuazione - che non tutto il mondo del lavoro, sia pubblico sia soprattutto privato, si preoccupa dell'applicazione e del riconoscimento effettuale di queste nostre normative.
Pertanto concludo, signor Presidente, richiamando il fatto che in tema di disabilità il Governo ha accolto molte mozioni in un dibattito molto recente, signor sottosegretario. Dunque noi rimarchiamo che la mia mozione n. 1-00079, così come le altre mozioni che in quella sede sono state approvate, contenevano già tutte quelle specificità e quelle indicazioni sulle quali possiamo far crescere la civiltà del nostro Paese, con l'attenzione forte a queste tematiche.
Pertanto veramente, esprimendo noi un giudizio largamente complessivamente positivo sulla Convenzione, riteniamo che si debba - e concludo, signor Presidente - porre una questione forte, dando il giusto valore alle persone diversamente abili e partendo dalla centralità della famiglia, dal problema della formazione e della cultura delle persone disabili, dal problema del lavoro, dal problema di tutte Pag. 14quelle difficoltà, anche di strutture, legate alla fisicità dei movimenti, alla mobilità e allo spostamento delle persone disabili, che sono già affermate autorevolmente non solo in questa Convenzione che certamente ratificheremo, ma che, come testimonierà l'Osservatorio specifico sulla condizione delle persone con disabilità, sono ancora in parte disattese.
Noi speriamo che con questa ratifica e con l'istituzione di questo Osservatorio si possa crescere e si possano dare risposte sempre più compiute alle attese delle persone diversamente abili.
La ringrazio per la tolleranza, signor Presidente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, la ratifica della Convenzione in discussione è dovuta, nel senso che, al suo interno, la Convenzione stessa contiene una serie di elementi talmente importanti e confacenti a quella che è la volontà del mondo della disabilità, che non possiamo che auspicare che tale ratifica avvenga con grande velocità ed immediatezza. Desidero ringraziare il presidente della Commissione affari sociali della Camera ed i relatori, per averci permesso anche di avere audizioni con le federazioni delle persone disabili, con la FISH (Federazione italiana per il superamento dell'handicap) e la FAND (Federazione tra le associazioni nazionali di disabili). Essendo esponenti non solo della disabilità, ma anche del meccanismo politico di rappresentanza di questa, ed avendo contribuito, in qualche modo, a Bruxelles, a mettere insieme la Convenzione, esse hanno permesso, in entrambi i casi, di dimostrarci e di farci capire che gli elementi vi erano tutti e che valeva senz'altro la pena ratificarla il più presto possibile.
Permettetemi di svolgere alcune considerazioni positive, anche rispetto al poco che ho sentito, e mi scuso, sulle problematiche della disabilità. Non è così: non sono solo problematiche, sono quotidianità. È la cultura che dobbiamo cambiare con riferimento alla disabilità, e non immaginare che siamo portatori di disabilità e, di conseguenza, portatori di problematiche. Non è così. Le persone con disabilità - per far capire meglio a chi ci ascolta - devono, comunque, avere il riconoscimento di pari opportunità e di diritti, ma non devono assolutamente avere privilegi. Signor sottosegretario, mi permetto, ancora una volta, di sottolineare questo aspetto, perché è fondamentale.
Il mondo dei diversi viene inglobato in un unico meccanismo, quando, invece, si è diversi tra diversi. Chi ha detto che io, su una sedia a rotelle, che non nuovo le mani, sono uguale al mio collega Paglia (riporto un esempio molto blando, per capirci)? Lui è una persona paraplegica ed è un uomo, mentre io sono una persona distrofica e sono una donna; lui è di destra ed io sono di sinistra. Eppure, tutti rivendicano la stessa cosa. Non è così. Fra di noi siamo diversi, e questa ratifica ci permetterà, forse, di stabilire che la diversità è un patrimonio ed un contesto di rispetto delle persone, ma non di un gruppo. Noi non siamo gruppo: siamo tante persone unite da alcuni parametri genericamente uguali. Tra di noi vi è chi è alto, chi è bello, chi è brutto, chi è povero e chi è ricco, ma ci si dimentica di questo.
L'Osservatorio, che nasce all'interno di questa realtà, è assolutamente importante. Signor sottosegretario, le faccio presente, con umiltà, ma con grande onestà intellettuale, che nell'ultima mozione che avete votato come Popolo della Libertà, e che avete approvato, sfiduciando la nostra del Partito Democratico (per scelta politica, per quello che volete, non sono qui a polemizzare sulla questione), avete già previsto un Osservatorio, che è lo stesso che oggi ci accingiamo a ratificare con riferimento all'Europa: cerchiamo di non spendere doppiamente soldi.
Non è che il disabile, perché è segnato da Dio in un contesto di un meccanismo culturale ed etico, è il più sfigato. Vi sono tanti sfigati in questo mondo: vi sono i nomadi, i bimbi abbandonati, le persone che hanno difficoltà ad essere accolte, le donne violentate e abbandonate. Siamo Pag. 15tanti, e la guerra tra poveri non porta a niente. Invito il Governo a darci quello che è dovuto - cioè, le pari opportunità ed i diritti - ma a non non fare demagogia né a strumentalizzare un problema che, per molti, è anche un escamotage.
Riporto l'esempio della città di Roma, perché per tanti anni in quell'amministrazione comunale ho ricoperto la carica di delegato per le politiche per l'handicap, prima con il sindaco Rutelli, poi con il sindaco Veltroni, e le dico che i disabili sono 60 mila; tra questi, un terzo sono anziani con difficoltà di deambulazione, ma essi si trovano in uno stato che non può essere paragonato allo status di disabilità, perché dispongono di pensioni economicamente diverse, perché hanno un modo di essere completamente diverso e perché hanno i figli che sono giovani, mentre noi abbiamo i genitori che sono vecchi: è un altro modo di essere.
Lo stesso vale quando si parla del lavoro. Io sono laureata in scienze politiche e in giurisprudenza e mi chiedo per quale motivo se sono con un mio collega che può camminare e può muovere le mani io devo essere considerata un disoccupato di serie A e lui un disoccupato di serie B: no, si deve parlare di professionalità.
Le pari opportunità, invece, sono tutta un'altra storia: devo poter avvalermi dei mezzi per raggiungere il posto di lavoro, devo poter entrare nell'azienda perché non ci sono barriere architettoniche e devo essere pagata con un assistente perché questo mi dia garanzie di lavoro. Tutto ciò, però, non significa che io debba essere meno professionale dall'altro, poiché entrambi dobbiamo avere lo stesso livello di professionalità. Se voi continuate a darci un buffetto sulla guancia e una carezza in testa siete voi i perdenti, perché noi comunque arriviamo da qualche parte. Non sto dicendo che io sono una «superfica» eccezionale e straordinaria, dico soltanto che se faccio parte della famosa casta non sarò mai uguale al disabile di Tor Bella Monaca, né tanto meno a quello che abita a Benevento. Per quale motivo devo ricevere la stessa assistenza, la stessa riabilitazione di una persona che non dispone dell'appoggio economico pari al mio? Per quale motivo pensate di definirci tutti uguali?
Noi siamo tutti diversi; io non voglio essere uguale a lei, come credo lei non voglia essere uguale a me - mi permetto di usare lei come termine di confronto perché è il mio interlocutore - e ciò per un semplice motivo: perché io mi alzo la mattina e non vedo l'ora che questa cominci, credo che sia una cosa straordinaria da vivere. Non so come la pensi lei, ma le posso dire che per me domani è una gran «figata» e, come diceva Rossella ÒHara, domani è sempre un altro giorno. Forse ho pianto perché Walter Veltroni ha lasciato la segreteria nazionale del Partito Democratico, ma non piangerei mai perché qualcuno mi guarda e mi indica con il dito perché diversa. Ecco, forse l'idea è che noi siamo esattamente diversi da come voi ci avete costruito e immaginato, perché siamo persone.
Una ratifica di una Convenzione europea di questo tipo ha un senso - a mio avviso - per il semplice motivo che in Europa noi siamo entrati tutti, e non si capisce per quale motivo non dovevano entrare i diritti e le pari opportunità anche per i disabili. La ratifica di questa Convenzione ha un senso storico e politico, altrimenti si creerebbe una sciocca ghettizzazione di un sistema assolutamente inadempiente, perché se in Europa già ci siamo, per quale motivo occorreva specificare il tema della disabilità? Occorreva specificarlo perché, lo ripeto, vanno garantite le pari opportunità.
Noi abbiamo leggi meravigliose come la legge n. 104 del 1992, la legge n. 68 del 1999 sul collocamento mirato o come la legge n. 328 del 2000; abbiamo delle leggi straordinarie, non finanziate, da questo Governo come dal Governo precedente, in alcune sue parti. Tutti hanno l'onere e l'ardire di affermare che non esiste norma che ci conduce: non è vero, noi le leggi le abbiamo e - vi dico la verità - ce le siamo anche conquistate sul campo, perché forse quando ci si trova in una situazione di disagio si è proprio le persone che si va in Pag. 16piazza con più facilità, andando a confrontarsi rispetto alle situazioni con più disperazione. Tutto questo, però, non può essere assolutamente né ancorato né immaginato come un limite, ma soltanto come qualcosa in più che questo Governo e questo Paese potranno ricevere da noi.
Lo ripeto, questa ratifica ha un senso e invito lei, signor sottosegretario, così come il Ministro competente, a non spendere ulteriori soldi, perché c'è veramente gente che ne ha bisogno, e non sono soltanto i disabili. Le chiedo una giusta determinazione rispetto a tali bisogni e, soprattutto, una giusta lettura del disagio, differente da quella avuta fino ad oggi. Il disagio è quello che ci creano gli altri: non siamo noi portatori di handicap, noi siamo ricevitori di handicap; lo scalino è il mio handicap, non sono io e non è la mia carrozzina l'handicap. Se questo entrerà nella cultura della gente e, soprattutto, se riusciremo a realizzare una giusta sensibilizzazione nelle scuole e a dire la nostra, tutto ciò probabilmente ci permetterà di cambiare questo mondo, che continua ancora a definirci come «quei poverini», di cui tutti hanno un po' paura perché sperano sempre che non accada a loro, e d'altra parte hanno anche un po' paura perché pensano che siamo così tristi.
Non siamo tristi né portiamo male a nessuno, nel senso che non la tiriamo a nessuno! Stare su quattro ruote dà una prospettiva diversa della vita. Immagino che per voi sia un'altra cosa stare in piedi: non so come sia il vostro mondo, ma spero che un giorno imparerete cosa sia il mio, ma non stando in carrozzina, basta che vi mettiate seduti su una sedia e guardiate al di là. Io sono abituata a vedere gli uomini e le donne che mi girano intorno ad un'altezza che, in modo poco corretto, definisco sempre, concedetemi un termine un po' forte, «altezza palle». Vi dico francamente che così mi rendo subito conto di chi ho intorno: se si tratta di una persona in grado di affrontarci per quello che siamo o se ha già deciso quello che dovremmo essere. Io sono Ileana, e credo che il collega Paglia sia Paglia: rispettateci e dateci la ratifica di questa Convenzione, ma soltanto per dare a voi stessi un senso di equilibrio, di giustizia e di equità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 2121)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori rinunciano alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, la breve, ma intensa discussione sulla ratifica di questa Convenzione internazionale non può concludersi senza una partecipazione del Governo, in primo luogo perché tale Convenzione è di particolare rilievo e importanza, non solo pensando al nostro Paese, ma pensando all'insieme dei Paesi che sono coinvolti nella ratifica e nell'attuazione della stessa.
L'Italia ha partecipato con grande intensità, al di là dell'alternarsi dei Governi, al negoziato alle Nazioni Unite, che è stato un negoziato lungo e che ha visto l'Italia, voglio sottolinearlo, particolarmente attiva ed impegnata su molti degli aspetti che sono stati poi tradotti in norme della Convenzione, come ricordava anche l'onorevole Farina Coscioni.
Credo che si tratti di un momento importante, non solo per il nostro Paese, ma per la comunità internazionale, a cui questa Convenzione si rivolge. È importante che sia stato adottato, con la contemporanea firma del Protocollo opzionale, l'impegno a riconoscere la competenza di un Comitato internazionale per i diritti delle persone con disabilità a ricevere e ad esaminare comunicazioni, da e in rappresentanza di individui o gruppi di individui sottoposti alla sua giurisdizione che affermino di essere vittime di violazione delle disposizioni della Convenzione Pag. 17da parte dello Stato. La ratifica del Protocollo è importante e fondamentale perché assicura un monitoraggio internazionale del rispetto della Convenzione. Questo è quanto attiene alla Convenzione, al suo significato e alla sua forza.
Il 3 dicembre scorso abbiamo celebrato la Giornata europea ed internazionale della persona con disabilità. In tale occasione, il Presidente Napolitano ha sottolineato l'importanza dell'abbattimento di tutte le barriere, materiali ed immateriali, e della discriminazione nei confronti delle persone con disabilità e dei loro familiari. In Italia abbiamo delle leggi, ma guardiamo al contesto degli altri Paesi e al significato che questo strumento internazionale ha.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, ho seguito con attenzione e partecipazione il suo intervento estremamente significativo su un punto, perché tocca una questione culturale di straordinaria portata: il problema dell'analisi della diversità e dell'alterità. Si tratta di un problema culturale di grande rilievo per il mondo moderno, dove vi sono la diversità e la ricchezza del mondo culturale e civile contemporaneo e il conoscere i diversi, non solo i portatori di handicap fisici, ma anche i portatori di etnie, culture e religioni diverse.
Se vogliamo affrontare questi temi nel mondo moderno, occorre partire da una nuova visione dell'altro, che non è il «diverso» nel senso con cui correntemente utilizziamo questa espressione, ma è qualcosa che rende ricchi se stessi e ciascuno di noi. Pertanto, il tema va al di là di un dibattito parlamentare, ma coglie un problema vero con il quale dobbiamo misurarci, perché le nostre città sono diventate città di diversi e dobbiamo fare qualcosa in questa direzione per cogliere tutta la ricchezza, non solo i problemi.
Occorre trasformare questa sfida da un problema (come normalmente lo consideriamo) ad una ricchezza e ad una forza per la complessità della vita che ci è dato vivere. Quindi, credo che lei abbia colto un tema di fondo in questa direzione, che sottostà alle norme e alle leggi. Infatti, senza una cultura adeguata, non sono le norme e le leggi che danno delle risposte, ma è il costume che potrà dare una risposta e rendere viva una norma di legge. Questo trattato non è soltanto un insieme di norme, ma l'apertura di una cultura che occorre coltivare e portare avanti.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 23 febbraio 2009, alle 10,30:

1. - Discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (1415-A).
e delle abbinate proposte di legge JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ed altri; VIETTI e RAO; BERNARDINI ed altri (290-406-1510-1555-1977).
- Relatori: Bongiorno, per la maggioranza; Palomba e Ferranti, di minoranza.

2. - Discussione del disegno di legge:
S. 1306 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente (Approvato dal Senato) (2206).
- Relatore: Tortoli.

3. - Discussione dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione fra Pag. 18la Repubblica italiana e la Repubblica dell'Iraq, fatto a Roma il 23 gennaio 2007 (2037-A).
- Relatore: Boniver.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione relativo ad un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS) tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e l'Ucraina, fatto a Kiev il 1o dicembre 2005 (2013).
- Relatore: Tempestini.
Ratifica ed esecuzione dei seguenti atti internazionali:
a) Strumento così come contemplato dall'articolo 3(2) dell'Accordo di estradizione tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea firmato il 25 giugno 2003, in relazione all'applicazione del Trattato di estradizione tra il Governo degli Stati Uniti d'America e il Governo della Repubblica italiana firmato il 13 ottobre 1983, fatto a Roma il 3 maggio 2006;
b) Strumento così come contemplato dall'articolo 3(2) dell'Accordo sulla mutua assistenza giudiziaria tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea firmato il 25 giugno 2003, in relazione all'applicazione del Trattato tra gli Stati Uniti d'America e la Repubblica italiana sulla mutua assistenza in materia penale firmato il 9 novembre 1982, fatto a Roma il 3 maggio 2006 (2014).
- Relatore: Ruben.

La seduta termina alle 10,25.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO FRANCO NARDUCCI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1929-A

FRANCO NARDUCCI, Vicepresidente della III Commissione. La diffusa consapevolezza che le azioni di combattimento nel corso di conflitti armati producano spesso la distruzione di patrimoni culturali unici al mondo - il che comporta una perdita non solo per i popoli nei cui territori si svolge il conflitto, ma per tutta l'umanità - ha fatto sì che la Comunità internazionale, non a caso a partire dal secondo dopoguerra, adottasse la Convenzione dell'Aja del 1954 specificamente dedicata alla protezione del patrimonio culturale nel caso di conflitti armati, contestualmente ad un primo Protocollo sulla protezione del patrimonio culturale in tempo di occupazione.
La Convenzione dell'Aja ha rappresentato il primo strumento internazionale di portata generale esclusivamente dedicato al tema della protezione del patrimonio culturale.
Il campo di applicazione dell'accordo riguarda la totalità degli elementi del patrimonio culturale, ossia beni mobili e immobili, inclusi i monumenti architettonici, artistici o storici, i siti archeologici, le opere d'arte, i manoscritti, i libri ed altri oggetti di interesse artistico, storico o archeologico, come anche le collezioni a carattere scientifico di qualsiasi natura, a prescindere dalla loro origine o dai loro proprietari.
L'insufficienza dei risultati conseguiti nell'applicazione della Convenzione dell'Aja del 1954 ha comportato l'adozione, nel marzo 1999, del Secondo Protocollo alla Convenzione dell'Aja del 1954, che il disegno di legge in esame si propone di autorizzare alla ratifica, unitamente a norme di adeguamento dell'ordinamento nazionale.
Il Protocollo in esame introduce un ulteriore regime di protezione dei beni culturali nel corso di conflitti armati, aggiuntivo alla protezione generale ed alla protezione speciale già contemplate dalla Convenzione, ossia il regime della protezione rafforzata: esso riguarda beni del più alto valore universale sottratti al regime di protezione speciale di cui alla Convenzione del 1954 per il fatto di trovarsi in città storiche o vicino ad installazioni militarmente sensibili come autostrade, stazioni, eccetera. Pag. 19
I beni culturali soggetti a protezione rafforzata vanno iscritti in un elenco ad hoc che il Comitato intergovernativo - istituito anch'esso dal Protocollo aggiuntivo - sottopone ad accurato monitoraggio. Inoltre, il Protocollo in esame delimita la nozione di necessità militare imperativa e la nozione di obiettivo militare: ciò allo scopo di limitare al massimo le giustificazioni per attacchi contro i beni culturali soggetti a protezione rafforzata.
Ciò rappresenta un aspetto molto significativo della Convenzione poiché fa registrare una evoluzione del principio in questione che in passato già aveva sollevato ampie critiche per il suo carattere vago e l'arbitrarietà della sua applicazione.
I comandi militari vengono resi responsabili in ogni caso delle decisioni adottate, e viene introdotta la responsabilità individuale in caso di danneggiamento o distruzione ingiustificati dei beni culturali, prevedendo apposite sanzioni. Il Protocollo, infine, istituisce un fondo a contribuzione volontaria per le necessità finanziarie connesse all'attuazione delle disposizioni che esso stesso detta.
Il Protocollo si compone di 47 articoli, suddivisi in nove capitoli. Gli articoli da 1 a 4 contengono definizioni e norme di raccordo tra il Protocollo e la Convenzione del 1954.
Gli articoli da 5 a 9 riguardano norme generali sulla tutela dei beni culturali, a partire dalla misure preventive che ciascuna Parte del Protocollo predispone sul territorio nazionale in tempo di pace, onde poter in caso di conflitto armato proteggere adeguatamente il patrimonio culturale. Nel caso di occupazione militare di uno Stato, lo Stato occupante si impegna a non porre in essere attività come l'illecita esportazione di beni culturali o l'avvio di propria iniziativa di scavi e ricerche archeologici.
Gli articoli da 10 a 14 individuano il principio della protezione rafforzata, stabilendo le tre condizioni da rispettare per la sua applicabilità, ovvero il carattere di massimo rilievo universale del bene culturale in questione, un livello di protezione normativa nazionale già elevato, la rinuncia alla sua utilizzazione a fini militari, con esplicita dichiarazione dello Stato parte interessato. La decisione di ricomprendere un bene culturale nell'elenco di quelli soggetti a protezione rafforzata, su richiesta dello Stato parte interessato, è adottata con una maggioranza di almeno quattro quinti dei presenti e votanti del Comitato intergovernativo ad hoc.
Gli articoli da 15 a 21 individuano le responsabilità penali e le procedure.
L'articolo 22 estende la protezione dei beni culturali prevista nel Protocollo in esame ai conflitti armati non internazionali, salvo il caso di semplici sommosse o tensioni.
Gli articoli da 23 a 29 individuano gli organi preposti all'applicazione del Protocollo e le relative funzioni.
Ritengo importante richiamare l'attenzione dei colleghi, come del resto si è fatto nel corso dell'iter di approvazione presso l'altro ramo del Parlamento, sul disposto dell'articolo 29 della Convenzione, che istituisce il Fondo per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, le cui risorse sono costituite anche da contributi volontari degli Stati contraenti: a questo proposito è opportuno che il Governo si impegni dare piena attuazione a tale disposizione attraverso la messa a disposizione di specifiche risorse finanziarie, che vanno evidentemente al di là di quelle appostate nel disegno di legge di ratifica finalizzate alla mera partecipazione alla gestione della Convenzione.
Particolare attenzione merita anche l'articolo 30 relativo alla predisposizione di attività di informazione e di formazione sui contenuti del Protocollo, con particolare riferimento all'addestramento del personale civile e militare nonché alla promozione della consapevolezza della pubblica opinione. In mancanza di una norma di attuazione a questo proposito nel testo del disegno di legge di ratifica, ci si riserva di presentare un ordine del giorno.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si discosta notevolmente, nel caso in esame, dalla consueta prassi relativa ai trattati internazionali: esso consta Pag. 20infatti di ben 17 articoli, soltanto tre dei quali - articoli 1, 2 e 17 - riportano le clausole di rito inerenti rispettivamente alla ratifica ed esecuzione del Protocollo in esame, nonché alla previsione dell'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, mentre l'articolo 16 riguarda la copertura finanziaria.
I rimanenti 13 articoli sono invece dedicati a norme per l'adattamento dell'ordinamento nazionale al combinato disposto della Convenzione del 1954 e del Protocollo addizionale all'esame del Parlamento.
In particolare, l'articolo 4 individua le norme da applicare allo scopo della predisposizione delle misure preventive di tutela dei beni culturali quali previste dall'articolo 5 del Protocollo in esame.
I successivi articoli da 6 a 15 definiscono invece il quadro penalistico ed hanno fatto oggetto di approfondito esame presso le Commissioni riunite II e III che hanno ritenuto di avvalersi del contributo, in audizioni informali, di qualificati esperti come il tenente Colonnello Francesco Elia del Centro Alti Studi Difesa ed il Procuratore militare della Repubblica di Roma, dottore Antonino Intelisano.
A seguito delle audizioni i relatori hanno presentato degli emendamenti, poi approvati, che hanno migliorato il testo sia sotto il profilo della formulazione della fattispecie che in riferimento ad una più congrua gradazione delle pene previste dai diversi reati introdotti dal provvedimento in esame.
Come premesso, gli articoli da 6 a 14 del disegno di legge introducono una disciplina penale speciale in relazione alle diverse fattispecie di reati militari in danno di beni culturali previste dal Protocollo oggetto di ratifica.
Nell'ordinamento italiano non esiste una normativa specifica relativa alla protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati. Il disegno di legge di ratifica introduce, pertanto, sei nuove fattispecie penali in danno di beni culturali, applicabili nel corso di conflitti armati e di missioni internazionali. In particolare, gli articoli da 7 a 10 rispondono alla necessità di dare attuazione alle previsioni dell'articolo 15 del Protocollo.
L'articolo 6 individua, anzitutto, nei conflitti armati e nelle missioni internazionali l'ambito temporale di applicazione di detta disciplina penale, precisandone l'estensione in relazione sia all'autore che al luogo del commesso reato.
In relazione al cittadino straniero, le Commissioni hanno approvato un emendamento che ha esteso la previsione della stessa convenzione stabilendo l'applicazione della Convenzione medesima per tutti i reati previsti dal disegno di legge in esame a condizione che lo straniero si trovi poi nel territorio dello stato italiano. In sostanza è stata ravvisata l'esigenza di non limitare l'applicazione della convenzione ai soli fatti previsti da alcuni reati introdotti dal provvedimento.
In accordo con le previsioni del capitolo 4 del Protocollo, gli articoli da 7 a 12 individuano le fattispecie di reato in danno dei beni culturali protetti, stabilendo le relative sanzioni.
L'articolo 7 del disegno di legge punisce con la reclusione da 4 a 12 anni l'attacco ad un bene culturale protetto, mentre è prevista la reclusione da 5 a 15 anni se il bene culturale è sottoposto a protezione rafforzata. Quando all'attacco consegue la distruzione del bene culturale scatta un'aggravante (comune), con conseguente aumento fino a un terzo della pena. Le Commissioni hanno approvato un emendamento che prevede l'applicazione dell'aggravante anche nel caso in cui dal fatto consegua il danneggiamento o il deterioramento del bene. Si tratta di una modifica di non poco conto, in quanto essa sta a significare che il reato base dell'attacco ad un bene culturale si verifica solo nel caso in cui il bene non subisca alcun danno.
L'articolo 8 punisce con la reclusione da 1 a 5 anni l'illecito utilizzo di un bene culturale protetto (o della zona ad esso circostante) a sostegno di un'azione militare. Ricorre un'aggravante speciale (reclusione da 2 a 7 anni) se il bene culturale utilizzato è sottoposto a protezione rafforzata Pag. 21mentre è applicata anche qui un'aggravante comune se al reato consegue la distruzione del bene. Anche in questo caso l'aggravante è stata integrata prevedendo le ipotesi di danneggiamento o deterioramento del bene.
L'articolo 9 del disegno di legge punisce con la reclusione da 8 a 15 anni la devastazione e il saccheggio di beni culturali protetti dalla Convenzione o dal Protocollo.
Le modifiche più rilevanti da parte della Commissione sono state introdotte all'articolo 10 relativo alla fattispecie di impossessamento illecito e danneggiamento di un bene culturale protetto. Mentre il testo originario del Governo puniva indistintamente le due ipotesi, le Commissioni hanno ritenuto opportuno fare una distinzione punendo più gravemente l'ipotesi in cui il bene abbia subito dei danneggiamenti rispetto a quello in cui sia stato unicamente oggetto di un impossessamento illecito.
L'articolo 11 ha per oggetto il reato di esportazione e trasferimento illeciti di beni culturali protetti. Alle Commissioni è apparsa non adeguata la pena prevista, essendo questa stata fissata nella reclusione da 1 a 5 anni. Trattandosi di un reato volto a punire una condotta estremamente grave, la pena è stata portata alla reclusione da 2 a 8 anni ovvero da 4 a 10 anni qualora il bene culturale sia sottoposto a tutela rafforzata. In questo caso l'aggravante è rimasta circoscritta all'ipotesi in cui al fatto consegua la distruzione del bene.
L'articolo 12 del provvedimento in esame punisce con la reclusione da 1 a 3 anni l'alterazione o modificazione arbitraria dell'uso dei beni culturali protetti nel corso di un conflitto armato o di missioni internazionali. Le Commissioni hanno approvato un emendamento volto a prevedere un'aggravante qualora il fatto sia commesso su un bene culturale sottoposto a protezione rafforzata. Anche in tal caso, dalla distruzione del bene conseguente al reato discende un aumento di pena fino ad un terzo.
L'articolo 14, in ragione dell'ambito applicativo della legge definito dall'articolo 6 nonché dell'affinità dei reati sopraindicati con quelli previsti dal codice penale militare di guerra, definisce come reati militari gli illeciti di cui agli articoli da 7 a 12.
L'articolo 15, infine, introduce una norma di coordinamento secondo cui le disposizioni del disegno di legge in esame si osservano anche quando è disposta l'applicazione del codice penale militare di guerra. È stata soppressa la clausola secondo cui tale regola non troverebbe applicazione nel caso in cui il predetto codice preveda sanzioni più gravi. Si è ritenuto che la formulazione originaria della norma di collegamento potesse, in ragione della sua indeterminatezza, essere lesiva del principio di legalità, essendo rimessa ad una valutazione del tutto discrezionale del giudice la scelta della norma penale da applicare nel caso concreto.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MARIO BACCINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2121

MARIO BACCINI, Relatore per la XII Commissione. Il disegno di legge in esame consta di 4 articoli. Come già detto dal relatore per la III Commissione, l'articolo 1 contiene l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, mentre l'articolo 2 contiene l'ordine di esecuzione. Mi soffermerò ora sull'articolo 3, che disciplina una materia rientrante nella competenza della XII Commissione. L'articolo 3 prevede l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di favorire la piena integrazione delle persone con disabilità (comma 1). Pag. 22
L'Osservatorio è presieduto dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ed è composto al massimo da quaranta membri, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini (comma 2).
Il comma 3 prevede, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l'emanazione di un regolamento del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, riguardante la composizione, l'organizzazione e il funzionamento dell'Osservatorio. In particolare, in tale Osservatorio devono essere rappresentate le amministrazioni centrali che si occupano di politiche per la disabilità, le regioni, le province autonome, le autonomie locali, gli istituti di previdenza, l'Istituto nazionale di statistica, le organizzazioni dei lavoratori, dei pensionati e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative, le associazioni nazionali dei portatori di handicap e le organizzazioni del terzo settore operanti nel campo della disabilità. Da ultimo, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali integra la composizione dell'Osservatorio con la nomina al massimo di cinque esperti di comprovata esperienza nel campo della disabilità.
Ai sensi del comma 4, l'Osservatorio resta in carica per tre anni. Tre mesi prima della scadenza del mandato, presenta una relazione sull'attività svolta al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che, a sua volta, la invia alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ai fini della valutazione congiunta della perdurante utilità dell'organismo e dell'eventuale proroga della durata. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, la durata in carica dell'Osservatorio può essere, infatti, prorogata per un ulteriore periodo, comunque non superiore a tre anni. Tale procedura è valida anche per le successive proroghe.
Il comma 5 demanda all'Osservatorio i seguenti compiti: promuovere l'attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità ed elaborare il rapporto dettagliato, ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione medesima che prevede la presentazione da parte di ogni Stato Parte al Comitato sui diritti delle persone con disabilità un rapporto dettagliato sulle misure prese per rendere efficaci i suoi obblighi in virtù della Convenzione e sui progressi conseguiti al riguardo, entro due anni dall'entrata in vigore della Convenzione per lo Stato Parte interessato. Successivamente, gli Stati presentano rapporti complementari almeno ogni quattro anni ed altri rapporti ogni volta che il Comitato li richieda. Spetta al Comitato decidere le linee-guida applicabili al contenuto dei rapporti. Gli Stati redigono i rapporti sulla base di criteri di apertura e trasparenza; predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale; promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone con disabilità; predisporre la relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità, prevista dall'articolo 41, comma 8, della citata legge n. 104 del 1992; promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità.
Il comma 6 autorizza, per il funzionamento dell'Organo, uno stanziamento annuo di 500 mila euro per gli anni dal 2009 al 2014.
Alla copertura dell'onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).
La normativa citata statuisce che a decorrere dall'anno 2002 lo stanziamento complessivo del Fondo nazionale per le politiche sociali è determinato dalla legge finanziaria. Si segnala altresì che le risorse Pag. 23afferenti al Fondo da ripartire per le politiche sociali, istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ammontano per il 2009 a circa 1.312 milioni di euro.
Il comma 7 precisa che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 8 dispone la modifica del comma 8 dell'articolo 41 della legge n. 104 del 1992, prevedendo che la relazione che il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sui dati relativi allo stato di attuazione delle politiche per l'handicap in Italia nonché sugli indirizzi che intende seguire presenta al Parlamento annualmente debba essere presentata ogni due anni.
La relazione tecnica riconduce l'onere dell'attuazione del provvedimento (500 mila euro annui a decorrere dal 2009) al funzionamento dell'Osservatorio. Più precisamente, la relazione ipotizza l'impiego di 105 mila euro annui per spese di missione nazionali dovute alla partecipazione alle riunioni dell'Osservatorio; di 95 mila euro annui per ausili per persone sorde e cieche che partecipino alle riunioni dell'Osservatorio; 300 mila euro annui per effettuare studi, ricerche ed indagini statistiche sulla disabilità.