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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 110 di mercoledì 7 gennaio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 18,30.

GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 5 gennaio 2009.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Bindi, Boniver, Bossi, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Crosetto, Donadi, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leo, Lo Monte, Lucà, Melchiorre, Menia, Molgora, Scajola, Stefani e Urso sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Americo Porfidia, iscritto al gruppo parlamentare Italia dei Valori, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,33).

PRESIDENTE. Come i colleghi possono constatare - prego di prestare un attimo di attenzione - in quasi tutti i banchi dell'Aula sono stati già installati i terminali di voto predisposti per il nuovo sistema di votazione che entrerà in vigore nelle prossime settimane, sistema volto a rafforzare la garanzia della responsabilità e della personalità del voto.
I nuovi terminali sono riconoscibili perché recano sul lato sinistro una copertura destinata ad essere successivamente rimossa con l'entrata in funzione del nuovo sistema.
In attesa del completamento del sistema, i terminali di voto continueranno a funzionare secondo le attuali modalità, con l'unica accortezza di dover inserire la tessera di voto con la fotografia rivolta verso la Presidenza, anziché verso il deputato che vota.
In ogni caso, il monitor del terminale segnalerà gli eventuali inserimenti errati della tessera.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 18,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Pag. 2

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1197 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca (Approvato dal Senato) (A.C. 1966).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca.
Ricordo che nella seduta del 5 gennaio il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A della seduta del 5 gennaio 2009 - A.C. 1966), nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A della seduta del 5 gennaio 2009 - A.C. 1966).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1966)

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone, cui ricordo che ha sei minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario Pizza, il Movimento per l'Autonomia voterà la fiducia al Governo.
Non potrebbe essere altrimenti, non solo perché il nostro è un movimento che è parte integrante della coalizione di centrodestra, ma soprattutto perché siamo convinti di dover continuare a sostenere l'azione riformatrice del Governo Berlusconi, che sta ottenendo risultati positivi per il Paese e per il nostro Mezzogiorno.
Cosa avrebbe fatto la sinistra se fosse stata maggioranza in un contesto così difficile, se non dividersi e paralizzare il Paese o dare uno spettacolo indecente, così come sta avvenendo a Napoli per le vicende legate al comune, con i finti cambiamenti e le dimissioni vere del segretario provinciale del Partito Democratico, e alla regione Campania, dove c'è il massimo divario tra i comportamenti del governatore e le attese della popolazione?
Ricordo la lotta alla criminalità, l'emergenza rifiuti in Campania quasi completamente superata, la razionalizzazione della spesa pubblica, il federalismo fiscale, le misure anticrisi che hanno messo al sicuro il risparmio degli italiani e garantito la continuità del credito alle imprese, il rafforzamento degli ammortizzatori sociali per assicurare la cassa integrazione a chi potrebbe perdere il posto di lavoro, con misure a favore dei precari e di chi non ne avrebbe diritto, le risorse da destinare alle famiglie più in difficoltà, lo sblocco degli investimenti per le infrastrutture e per le grandi opere, compreso il Ponte sullo stretto di Messina; e ancora, una politica estera che ha restituito all'Italia il ruolo che le compete (ed anche in questi giorni drammatici della ripresa del conflitto israeliano-palestinese, le posizioni espresse dal Ministro Frattini sono apparse equilibrate ed efficaci al tempo stesso).
Questi sono solo alcuni dei risultati positivi ascrivibili all'operato del Presidente del Consiglio e del Governo, per i quali i deputati del Movimento per l'Autonomia confermeranno la fiducia.
Il decreto-legge n. 180 contiene importanti modifiche per il sistema universitario italiano. Abbiamo apprezzato, in particolare, le nuove norme per il reclutamento dei docenti; il previsto incremento delle assunzioni di ricercatori; i finanziamenti per le borse di studio e per le residenze universitarie, e condividiamo l'introduzione di una maggiore trasparenza nei concorsi per docente. Troppo spesso, in passato, abbiamo assistito a concorsi dall'esito predeterminato che hanno scoraggiatoPag. 3i potenziali candidati a partecipare. Bene ha fatto l'Esecutivo che, in attesa di un riordino organico del sistema di reclutamento dei ricercatori universitari, ha previsto una modifica delle commissioni che giudicheranno i candidati al concorso. E bene ha fatto il Governo a prevedere che la valutazione dei candidati avvenga secondo parametri riconosciuti anche in ambito internazionale. Il Movimento per l'Autonomia dice basta ai baroni nelle università, a carriere per nulla fondate sull'attività di studio e di ricerca. Le norme che ci accingiamo a convertire in legge vanno in questa direzione.
Era giunto, anche, il momento di porre fine alle gestioni finanziarie non adeguate di alcune università. Il nostro partito valuta positivamente il blocco delle assunzioni per gli atenei che presentano una spesa per il personale troppo elevata. È apprezzabile, in ugual misura, il sostegno ai giovani ricercatori italiani, la cui assunzione viene favorita attraverso l'elevazione del blocco del turnover al 50 per cento. Il decreto-legge che ci accingiamo ad approvare, inoltre, prevede che delle possibili assunzioni presso le università, almeno il 60 per cento dovrà essere riservato ai nuovi ricercatori. Inoltre, gli enti di ricerca sono esclusi dal blocco delle assunzioni che è entrato in vigore per tutte la amministrazioni pubbliche; queste norme permetteranno di assumere 4 mila nuovi ricercatori. A chi ha accusato, in maniera strumentale, il Governo di voler operare tagli indiscriminati è stato risposto con maggiori finanziamenti alle università migliori, quelle con offerta formativa, con qualità della ricerca scientifica e che presentano efficacia ed efficienza delle sedi didattiche.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, in seguito all'approvazione della riforma in esame, in Italia tutti gli aventi diritto avranno la borsa di studio. Per la prima volta si garantisce il diritto allo studio attraverso l'incremento di 135 milioni di euro che sarà destinato ai ragazzi capaci e meritevoli privi di mezzi economici (180 mila ragazzi, oggi, sono idonei a ricevere un sostegno economico e l'esonero dalle tasse universitarie, ma solo 140 mila lo ottengono di fatto). Questa profonda ingiustizia, che colpisce in particolare le regioni meridionali, grazie alle scelte di questo Governo, e di questa maggioranza, non vi sarà più. Per queste ragioni, il Movimento per l'Autonomia, con convinzione, voterà la fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi, parlare in quest'Aula di università, con la consapevolezza che il decreto-legge che discutiamo solo formalmente - perché il testo è immodificabile - non cambierà assolutamente nulla negli atenei, risulta a me, che per tutta la vita mi sono battuto per profonde riforme universitarie, molto frustrante. Il provvedimento è un frutto improvvisato, basato su luoghi comuni che vedono dell'università italiana solo i lati negativi, che pure esistono, come effetti di quelli, spesso ben più ampi, della società civile.
Esso non è basato sui dati reali quantitativi e qualitativi delle nostre università, dati che sono noti al Ministro e al Governo. Si è detto sulla stampa, ma anche dagli organi governativi, che i corsi di laurea in Italia sono numerosissimi, sono eccedenti alle necessità. Evidentemente costoro non hanno la cognizione di quello che avviene nelle università del mondo, nemmeno in quelle dei Paesi più vicini a noi. Hanno parlato di produttività scarsa dei nostri atenei, ma anche su questo hanno scarse notizie su quello che avviene nelle nostre università e in rapporto con gli altri atenei. Hanno parlato di spesa eccessiva per i docenti e di sprechi. Basta confrontarsi con la Francia, la Gran Bretagna, l'Olanda e gli altri Paesi. Vi sono altre riunioni qua, signor Presidente...

PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Misiti, prego i colleghi della parte centralePag. 4dell'emiciclo di non voltare le spalle alla Presidenza e di consentire all'onorevole Misiti di svolgere il suo intervento. Prego, onorevole Misiti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Il nostro masochismo ci porta spesso a trascurare i nostri meriti e a vantare quelli altrui. L'università degli studi di Milano (non quella di Roma, La Sapienza, che è stata sempre nel ranking di Shanghai tra i primi 100 atenei del mondo) ha svolto una ricerca comparativa tra l'Italia e gli altri Paesi europei (Germania, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Olanda) e ha confrontato i dati anche con gli Stati Uniti. Tale ricerca è pubblicata, e presenta un quadro ben diverso da quello che sta alla base del provvedimento governativo, eppure le linee guida del Governo per l'università del 6 novembre scorso dicevano cose condivisibili. Esse recitavano: l'Europa attraverso la strategia di Lisbona ha posto il traguardo di una società basata sulla conoscenza; l'Italia ha come principale risorsa il suo capitale umano; l'università e la ricerca sono un binomio inscindibile, sono una ricchezza fondamentale per l'Italia; per tornare ad essere uno strumento davvero efficace di crescita e di promozione sociale e personale in un Paese avanzato, l'università deve cogliere con coraggio la richiesta di rinnovarsi.
Tutti dovremmo condividere queste affermazioni, e allora come procedere per realizzare questo rinnovamento invocato dalle linee guida governative? Con un decreto-legge che non rinnova proprio nulla. L'intervento che ci è stato presentato è un intervento dirigista. In esso non si individua lo scopo di valorizzare la qualità né della formazione, né della ricerca, né dell'assistenza nei policlinici universitari.
L'anomalia individuata come principale - e forse giustamente - è quella del reclutamento dei docenti universitari. Noi siamo d'accordo, ma il decreto-legge prevede un rimedio che non cambia assolutamente nulla. Si ritorna al concorso locale, per sede, con il rappresentante della sede nelle commissioni. È proprio questo che andava cambiato, eppure bastava attuare la norma della legge Moratti. Guardate che di quella legge si è presa solo la parte negativa. Questa era la parte innovativa della legge Moratti: il cambio dei concorsi universitari, che da locali diventavano concorsi nazionali. Ebbene, proprio questo si è cambiato. Qual è la ragione?
Si dice che si vuole combattere la lobby universitaria, i baroni e le baronie: ma proprio questo è l'effetto di quella parte di baronie che si batte per la conservazione! Perché non si è ricorsi alla parte della legge Moratti che condividiamo? La garanzia della trasparenza e del merito è legata ad un concorso nazionale e, perché no, con la presenza nelle commissioni di membri di altri Paesi, almeno europei, visto che siamo convinti europeisti.
Per tutti questi motivi, che per ragioni di brevità non posso elencare e che trascuro, dal momento che basta leggersi la ricerca pubblicata dall'università di Milano, il nostro gruppo è molto critico sul decreto-legge in materia di università ritenendo il provvedimento, sebbene migliorato al Senato, debole e inefficace non solo nei contenuti, ma anche nella forma nella quale è stato presentato. Si poteva procedere diversamente e utilizzare il Parlamento per introdurre norme in grado di incidere sulle anomalie: lo hanno dimostrato gli interventi dell'opposizione, sia i nostri sia quelli del Partito Democratico sia quelli dell'Unione di Centro. Ebbene, proprio per tali motivi, per la forma e per la sostanza, e non soltanto per negare la fiducia al Governo, voteremo «no», convintamente «no», alla richiesta formulata dal Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Vito (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signori membri del Governo, colleghi, siamo giunti all'ennesimo voto di fiducia, l'ottavo. Abbiamo grossi problemi, di metodo e di merito, e, quindi, negheremoPag. 5la fiducia richiesta dal Governo. Non possiamo essere d'accordo sul fatto di porre la questione di fiducia su un provvedimento che avrebbe dovuto essere discusso in maniera molto più approfondita. L'università, con tutto il suo carico di intelligenze e di prestigio, a livello nazionale e internazionale, merita molto di più di un decreto-legge sul quale, oltretutto, viene posta la questione di fiducia. L'università rappresenta in buona parte il futuro della nostra nazione, e noi avevamo denunciato la criticità a cui veniva esposta l'università sin dal mese di luglio, quando venne approvato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, poi convertito in legge.
I tagli generalizzati, il blocco del turnover, le risorse risparmiate che dovevano essere restituite al Ministero dell'economia e delle finanze erano altrettanti colpi di maglio al sistema universitario già in grave difficoltà. Era del tutto evidente che con quella legge l'università rischiava la paralisi totale, e noi l'abbiamo più volte dichiarato. Ora che i nodi sono venuti al pettine, il Governo cerca di raddrizzare una situazione da lui stesso compromessa senza tuttavia affrontare i problemi strutturali che sono alla base delle difficoltà in cui versano gli atenei.
Porre la questione di fiducia su un decreto-legge non solo è un atto di arroganza del Governo, ma è tanto più grave se si considera che tutti gli emendamenti presentati in Commissione, qui alla Camera, sono stati respinti. Dobbiamo registrare che non c'è la volontà di dialogare con le opposizioni. Non c'è la volontà di cercare soluzioni condivise, ed è questa la ragione della nostra contrarietà ad un metodo che sta riducendo i margini di democrazia e la responsabilità del Parlamento.
Troppo spesso si pone la questione di fiducia e, soprattutto, troppo spesso viene ritoccato quel famoso decreto-legge n. 112 che, evidentemente, era stato confezionato con molta approssimazione e che necessita di continue verifiche.
Detto ciò, prendiamo atto del fatto che, con il decreto-legge in esame, si cerca di fornire almeno una parziale risposta agli atenei, a partire dal turnover, che è stato portato al 50 per cento. Tuttavia, il turnover del 50 per cento non risolve i problemi, perché le risorse risparmiate comunque devono tornare al Ministero dell'economia e comunque vengono sottratte risorse al sistema universitario.
Le parole chiave del provvedimento in esame sono meritocrazia, trasparenza e valutazione; sono parole importanti e condivisibili, tuttavia esse non vengono declinate, ma piuttosto rimangono nel vago, più come affermazioni di principio che come indicazioni concrete.
Nel decreto-legge in esame, in particolare, si parla di dedicare il 7 per cento del fondo ordinario alla meritocrazia, ma le risorse distribuite già da oggi coprono solo le spese correnti e dunque, per parlare di merito, o si arriva a riqualificare la spesa o si aumentano le risorse. Di questo non si parla nel decreto-legge in esame e la viva speranza è che a breve venga varata una proposta di legge o un disegno di legge del Governo, che risolva i problemi lasciati in sospeso dal decreto-legge in esame.
Sempre a proposito di meritocrazia e di valutazione - le parole che caratterizzano il decreto-legge in esame - vale la pena ricordare che nel lontano 1989, quando fu varata la legge sull'autonomia delle università, era già previsto che, in base al principio di responsabilità, si dovessero premiare le università più meritevoli, ma ciò non è accaduto perché non ha funzionato la valutazione, malgrado l'istituzione di un comitato tuttora esistente e malgrado fosse prevista una rete di valutazione per rendere il sistema competitivo ed efficiente. Ebbene, comitato e rete non hanno funzionato. Nel 2006 è stata istituita l'Anvur, che avrebbe dovuto occuparsi anch'essa di valutazione e meritocrazia, ma l'agenzia non esiste e la risposta del Governo è stata ed è estremamente generica, nel senso che si invoca una generica valutazione della qualità dell'offerta formativa, della ricerca scientifica e dell'efficienza delle sedi. Siamo sempre ad affermazioni di principio, condivisibili, ma che si prestano ancora una volta alle interpretazioni più diverse.Pag. 6
Noi non possiamo che ripetere che occorre ben altro per far funzionare il sistema: non bastano criteri generici, occorrono concretezza, linee guida precise, evitando semplificazioni eccessive. L'impressione che si trae dal decreto-legge in esame è che si intenda portare avanti una serie di interventi tampone per impedire il collasso dell'università, in attesa di un disegno di legge organico e completo, collasso dell'università voluto comunque da questo Governo e annunciato da mesi.
Lo stesso discorso vale per quanto riguarda i concorsi, con la patologia ad essi collegata ormai oggetto di denunce quasi quotidiane. È lodevole il tentativo di superare i localismi ed i vizi del sistema concorsuale, ma il ricorso al sorteggio, così come è stato pensato, rischia di complicare ulteriormente le cose e non è difficile prevedere che i problemi applicativi saranno difficilmente superati. Lo stesso si può dire per l'apertura dei concorsi, concorsi già banditi, che comunque creeranno non poche complicazioni a livello locale. Si interviene, in sostanza, su una macchina già avviata, su un sistema complicato e lo strumento previsto è, a nostro avviso, assolutamente insufficiente.
Da ultimo, le stesse riserve si possono nutrire per quanto riguarda gli scatti di anzianità: voler superare gli automatismi che certo non premiano il merito è giusto e non possiamo non condividere la proposta di far dipendere gli scatti dalle pubblicazioni, ma manca completamente un criterio qualitativo relativo a tali pubblicazioni. Pubblicare una ricerca su una prestigiosa rivista internazionale oppure su una modesta rivista nostrana non può essere la stessa cosa.
Inoltre, le stesse discipline hanno sistemi e riferimenti diversi per le pubblicazioni e, dunque, anche questa novità andrà certamente ricalibrata e migliorata nel prossimo disegno di legge, ammesso che il Ministro Gelmini abbia davvero l'intenzione di vararlo.
In conclusione: tempi troppo ridotti per un dibattito serio e contenuti condivisibili, ma troppo generici o inapplicabili.
Riconosciamo, a differenza di quanto avvenuto in merito al decreto-legge concernente la scuola, una parziale necessità di urgenza, visto il collasso dell'università che era alle porte; tuttavia, il sistema di porre la questione di fiducia ad oltranza è assolutamente da respingere. In ogni caso, i rettori delle università hanno dichiarato che, se questo è il trend e se non vi saranno novità serie dal 2010 in poi, i bilanci delle università saranno drammatici. Dunque, il decreto-legge in oggetto non risolve i problemi, tuttavia rappresenta un primo, timido tentativo per recuperare una situazione estremamente critica.
Rifiutiamo di dare la fiducia al Governo, ma prendiamo atto che il Governo stesso ha la consapevolezza che il problema esiste, se è vero come è vero che annuncia un disegno di legge e se il Consiglio dei ministri ha approvato poco tempo fa alcune linee guida che cercano, in qualche, modo di risolvere i problemi esistenti. Auspichiamo, dunque, che vi sia il modo di varare altri provvedimenti concernenti l'università, con tempi più distesi e un dialogo più serio.
L'università italiana merita la nostra attenzione e merita gli sforzi del Governo per rimetterla in carreggiata.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Concludo, signor Presidente. L'università è ancora, malgrado tutto, luogo di eccellenza e di qualità e va salvaguardata con il massimo impegno da parte di tutti. Non si può penalizzare l'università e non si può accettare che sia considerata perdente, in base a degli slogan o a delle situazioni patologiche ancora circoscritte.

PRESIDENTE. Deve concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. La speranza è che davvero vi sia un'inversione di rotta nei confronti di un dialogo con le opposizioni e che vengano date alle università urgenti e serie risposte, di cuiPag. 7hanno estremamente bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, purtroppo dobbiamo riconoscere che l'università italiana è malata, come purtroppo è malata la scuola italiana. Possiamo dire, altresì, che la motivazione di questa malattia risiede, purtroppo, in quella realtà rappresentata dalla scarsità di fondi. Tuttavia, dobbiamo anche considerare che l'individuazione di un sistema di finanziamento delle università, che sia al contempo rispettoso dell'autonomia ed orientato a premiare prassi di efficienza e di efficacia rispetto a pigre conduzioni burocratiche degli atenei, rappresenta un problema quanto mai difficile.
Gli attuali sistemi di finanziamento basati sul rendimento degli atenei (rendimento inteso come numero di laureati, come numero di esami superati e come incremento delle immatricolazioni) hanno dimostrato come si sia arrivati ad incentivare comportamenti opportunistici, con l'effetto complessivo di dequalificazione della didattica e di riduzione delle chances di successo dei laureati. La preparazione di questi ultimi, nella rincorsa produttivistica della quantità anziché della qualità, potrebbe scendere ad un livello tale da non consentire loro un margine apprezzabile di flessibilità, che può essere garantito solo da una formazione di base molto solida ed estesa.
Il finanziamento connesso ad indici puramente quantitativi di produzione ha stimolato un uso perverso dell'autonomia universitaria.
Posto, infatti, che proprio l'autonomia e la libertà accademica impediscono un controllo esterno della qualità della preparazione conseguita dai laureandi (come l'esame di Stato della cosiddetta riforma Gentile, costituzionalizzata dall'articolo 33, comma 5) tutto resta affidato esclusivamente al senso etico dei docenti e delle università di cui fanno parte.
Si è obbligati ad affidarsi al senso etico dei docenti e delle università, le quali hanno prodotto, bisogna riconoscerlo, anche risultati validi, nonché delle eccellenze nella nostra penisola, in alcune università che, secondo il Censis, sono collocate al primo posto per i servizi offerti agli studenti (intendendo per servizi aule, biblioteche aperte anche fino alle 22, laboratori tecnologici) per il rapporto ricerca-società (come dimostra la ricchezza di brevetti), i trasferimenti tecnologici rilevanti e determinate scoperte come, ultima, quella della molecola che può contrastare l'HIV e quindi debellare l'AIDS.
Occorre, però, dire che persistono situazioni gravissime di nepotismo, in cui le baronie dominano tutto il sistema universitario, dove le facoltà diventano «stipendifici» al pari delle scuole elementari e superiori (in questo caso però «stipendifici» per figli, mogli, nipoti, generi, nuore e via dicendo) e che portano a dubitare dell'onestà intellettuale di parte del mondo accademico.
La soluzione proposta dal decreto-legge in esame porterà, quindi, nel futuro prossimo allo stanziamento di finanziamenti agli atenei sulla base di specifici progetti di sviluppo, sulla base dei risultati, sulla base della ricerca e non più sulla base storica, sulla base di progetti da essi autonomamente predisposti, ma con rigorosa valutazione esterna del conseguimento dei risultati autofissati dai proponenti.
Con questo decreto-legge si iniziano ad eliminare le furbizie contabili e l'aumento degli squilibri e le operazioni di riequilibrio sono attuate mediante la mancata attribuzione di risorse ulteriori agli atenei più «furbetti», passatemi questo termine, e la premialità, invece, per gli atenei più virtuosi sono una reale necessità eticamente e politicamente corretta.
Non a caso, come ho ribadito in occasione della discussione sulle linee generali, l'assegnazione dei finanziamenti in proporzione alla qualità e all'efficienza dei singoli istituti ha penalizzato di gran lunga il nord che riceve molto meno di quantoPag. 8gli spetterebbe, a fronte di ricerche con ricadute scientifiche ed economiche notevoli.
Gli atenei di tutto il nord, ma in particolare quelli della Lombardia, del Piemonte e del Veneto, hanno patito finora un sottofinanziamento totale di oltre 200 milioni, al contrario di Sicilia e Lazio in cui invece sono sovrafinanziati ... (Commenti). Purtroppo sì!
Nel Lazio gli atenei hanno ricevuto in media il 9 per cento in più con 911 milioni di euro contro gli spettanti 825.
Non possiamo negare che l'Italia si attesti agli ultimi posti in Europa per stanziamenti pubblici in favore delle università, ma il problema del finanziamento delle università italiane si potrà risolvere solo con una coraggiosa svolta di politica economica che ponga l'Italia tra le nazioni che investono con fiducia nella conoscenza e nell'alta professionalizzazione dei giovani in vista di uno sviluppo non effimero.
Purtroppo, però, fino ad oggi non vi sono stati segnali di questo tipo, anzi si è affermata una tendenza in senso contrario atta a deprimere il livello complessivo del sistema universitario con il contraccambio dell'incentivazione di isole di eccellenza, quasi fosse possibile ed opportuno trapiantare in Italia la differenza tra ricerca universitaria e didattica universitaria.
Senza un mutamento significativo dell'indirizzo politico dominante a poco valgono i giochi a premi e le cacce al tesoro che tengono gli atenei impegnati in competizioni che somigliano troppo spesso a guerre tra poveri.
La legittima soddisfazione per i risultati, di volta in volta ottenuti, fa dimenticare la penuria di cui tutti sono afflitti.
Negli atenei si sono prodotti deficit di bilancio abissali, contando sull'aiuto dello Stato. La riforma del «tre più due» poi ha moltiplicato le cattedre. Il numero dei docenti supera, in molti corsi di laurea, il numero degli studenti iscritti. Vi sono addirittura corsi di laurea con un solo iscritto e sedi distaccate inutili. Il titolo del libro di cui è autore un economista de La Sapienza è emblematico: «L'università truccata».
Le priorità che questo decreto-legge vuole portare avanti sono il finanziamento dell'università secondo criteri e parametri ben definiti e vincolati alla riqualificazione e al controllo della spesa nonché a ben definiti obiettivi di rilancio, finalizzati all'incentivazione del merito e dei livelli qualitativi della formazione della ricerca universitaria. Si tratta di finanziamenti che possono valorizzare le posizioni dei giovani più meritevoli e favorirne le attività in un contesto che preveda l'attivazione di un adeguato sistema di valutazione e verifica dei risultati raggiunti. Inoltre, tali finanziamenti consentiranno un aggiornato modello di governance e rinnovati meccanismi di reclutamento e di sviluppo delle carriere dei docenti, in particolar modo dei docenti impegnati nell'ambito della ricerca scientifica.
Il decreto-legge che oggi stiamo, discutendo e su cui è stata chiesta la fiducia, mira ad un'azione di riequilibrio di tutto il sistema universitario, attraverso una serie di scelte. Innanzitutto si prevede la revisione del sistema di finanziamento, non più basato sulla spesa storica ma sulla qualità della ricerca e della didattica; inoltre, la revisione del sistema di reclutamento dei professori, non più sulla base di concorsi pilotati o per dir meglio truccati, ma di una lista costituita dal triplo dei commissari necessari, con la previsione, in questa lista, del sorteggio dei componenti della commissione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLA GOISIS. Sto per concludere, signor Presidente. Inoltre, si prevede il blocco delle assunzioni per gli atenei in rosso (per coloro che spendono più del 90 per cento); il blocco delle carriere per i professori che non producono pubblicazioni; una politica di premialità per gli atenei virtuosi; una politica di incentivi e alloggi per gli studenti.
Pertanto, sulla base di tali proposte la Lega Nord chiaramente esprimerà voto favorevole alla fiducia richiesta.

Pag. 9

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzarella. Ne ha facoltà.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, nel motivare la richiesta di fiducia su questo decreto-legge, eludendo ancora una volta ogni reale confronto parlamentare nel merito dei provvedimenti, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, l'onorevole Vito, ha addotto come motivazione l'«ingorgo decretizio» consegnato al calendario di fine anno, ingorgo che avrebbe impedito al Governo di esibire la sua buona volontà di confronto su un tema, l'università italiana, decisivo per il Paese.
L'onorevole Vito ha cercato di consolarci con l'osservazione che in Commissione si sarebbe, comunque, sviluppato un esame compiuto dell'argomento e che al Senato il decreto-legge in esame avrebbe subito modifiche rilevanti in sede di conversione, anche attraverso l'accoglimento delle proposte presentate dai gruppi di opposizione. Per tale motivo il Governo ritiene (riporto testualmente) «che probabilmente gran parte dei temi che erano stati oggetto di polemica politica nei mesi scorsi sia stata pienamente chiarita, con soddisfazione delle parti politiche che hanno partecipato ai lavori del Senato e della Commissione».
Tralascio ogni considerazione sul vulnus che ancora oggi si arreca alle prerogative del Parlamento, un leit-motiv delle dichiarazione di voto in questa Assemblea, ma almeno gradiremmo che la soddisfazione delle parti politiche coinvolte restasse prerogativa delle parti e non fosse, anch'essa, stabilita per decreto. Sul punto, per quanto attiene alla soddisfazione del Partito Democratico, la collega Ghizzoni è stata esplicita, attesa la modica quantità dei rilievi, per lo più formali, accettati al Senato, oltre al venir meno di ogni possibilità emendativa in Commissione alla Camera.
La presidente Aprea ha correttamente ricordato che il ritiro degli emendamenti è stato motivato rinviando all'Assemblea l'eventuale accordo su modifiche da apportare, rilevanti e auspicate, peraltro, dalla stessa maggioranza.
Questo anche alla luce dei pesanti rilievi del Comitato per la legislazione confermati dalle note del Servizio studi. Lo ha puntualmente riferito la collega Ghizzoni, ma le stesse dichiarazioni della presidente Aprea lasciano intendere che, oltre alla minoranza, anche la maggioranza ha visto un altro film da quello raccontato dall'onorevole Vito per giustificare la posizione della questione di fiducia.
Per tabulas la soddisfazione del Governo risulta abbastanza solitaria, un solipsismo governativo che ormai sta diventando costume in queste aule. Ma per entrare nel merito del senso di questo decreto-legge e non affrontare solo il metodo, che pure non è poca cosa, vorrei ribadire i motivi che lo rendono irricevibile per il Partito Democratico.
Nonostante l'enfasi riformatrice con cui tale decreto-legge è stato presentato, una sua analisi spassionata porta a rilevare che non c'è coerenza alcuna tra gli interventi proposti e le stesse linee guida per l'università presentate dal Governo. In verità, questa distonia tra decreto-legge e linee guida era un pasticcio annunciato, né poteva essere altrimenti, perché - in coerenza con quanto affermato dallo stesso Ministro audito in Commissione - qualsiasi intervento sarebbe dovuto partire dalla consapevolezza che il sistema universitario italiano è fortemente sottofinanziato, attestandosi in percentuale rispetto al PIL a circa la metà della media europea: ciò peraltro avrebbe magari richiesto un lungimirante intervento sull'università come nella Francia di Sarkozy e non la solita lesina di Tremonti affidata alla scarsa fantasia dei tagli lineari di spesa.
I parziali riappostamenti finanziari del decreto-legge al Senato - più una risposta alle proteste che un reale ripensamento - reintegrano, da qui al 2013, appena 354 milioni di euro rispetto al taglio previsto nella legge finanziaria di 1.641 milioni. Mancano all'appello circa 1.300 milioni di euro, indispensabili a mantenere almeno costante nel quinquennio il valore assoluto della spesa, già depresso di per sé edPag. 10incongruo per una qualsiasi politica di rilancio e razionalizzazione del sistema.
Inoltre, lo sbandierato appostamento del 7 per cento sul fondo di finanziamento ordinario sulla premialità degli atenei virtuosi è un mero specchietto per le allodole. Lo squilibrio finanziario delle università, consolidatosi negli anni, vanifica di fatto ogni intervento premiale. A dare efficacia alla misura manca il requisito essenziale di risorse aggiuntive e non semplicemente distolte da impegni di spesa già previsti.
Un altro aggiustamento contabile del decreto-legge sul diritto allo studio si risolve in un finanziamento spot, oltreché sotto misura, per il solo 2009: si mette una pezza per un anno e poi si vedrà. Le proposte emendative illustrate dal PD per accademia, vista la prevedibile richiesta di fiducia, volevano porre riparo ad almeno alcune di queste criticità.
Quanto alla normativa concorsuale, avrei evitato di parlarne per non finire nella consueta disonesta trappola mediatica dei professori preoccupati solo dei concorsi, ma sullo sbaragliamento per decreto di «concorsopoli» il Governo si è giocato tutte le sue carte per imbellettare agli occhi dell'opinione pubblica i tagli di spesa, un po' come con il grembiulino e il voto in condotta con la scuola.
Concorsopoli sarebbe stata sbaragliata dal sorteggio: questa è la tesi che il Governo ha propinato all'opinione pubblica e su cui è stato costruito tutto l'intervento. La sera stessa che il Consiglio dei Ministri approvava il decreto-legge, con mezzo Governo all'estero, sui muri di Roma campeggiavano in notturna i manifesti di AN inneggianti alla Gelmini che sbaragliava concorsopoli.
A sapere che l'avreste approvato alla befana, su quei manifesti avreste potuto provvedere la Ministra anche dell'opportuna ramazza purificatrice. Ma davvero qualcuno crede alla soluzione moralizzatrice proposta dal decreto-legge per i concorsi, ossia il sorteggio delle commissioni? Al Senato in Commissione l'interconferenza dei presidi ha illustrato una tabella comparativa dei sistemi concorsuali in vigore in tutti i Paesi europei. Vi si apprende che solo l'Italia si appresta a ricorrere al sorteggio: singolare modo di tenere il passo con l'Europa.
Esempi di sorteggio per le magistrature politiche e civili sono noti in epoca storica, sebbene remota. Non si ha invece notizia storica di sorteggi per scegliere filosofi, scienziati e medici. Talora si è pensato che la scienza potesse essere infusa, mai che potesse essere scelta per sorteggio. Questo Governo ci riesce.
Dall'altro canto, senza neanche ricorrere ad analisi comparative faticose, i nostri legislatori avrebbero potuto svolgere una riflessione statistico-matematica.
Il sorteggio è neutro rispetto agli effetti che si attendono dalla sua applicazione, quelli di scombinare accordi impropri e ricombinare pratiche virtuose. L'effetto moralizzatore cercato è a somma zero: è risibile pensare che così si moralizzi alcunché. Sarebbe stato molto più sensato e prudente - vista l'aleatoria soluzione escogitata - l'accorpamento dei bandi per settori in un unico collegio nazionale, prevedendo per i vincitori al termine del premio di conferma una valutazione ex post dalla costituente Agenzia di valutazione nazionale, con penalizzazione sul Fondo di finanziamento ordinario degli atenei che avessero selezionato personale inadeguato. Nella soluzione proposta dal Governo resta il punto più deteriore dell'attuale normativa: il localismo.
L'intervento proposto alla fine è solo un artato contributo ad un ulteriore blocco delle procedure concorsuali. Per dare attuazione alla complicata normativa prevista, nessun vincitore - se va bene - sarà proponibile all'università prima del 2010, dopo un blocco concorsuale già di tre anni. Quello che colpisce è l'inconsapevolezza culturale di una soluzione demagogica che non riesce neanche a tenere presente che il concetto stesso di pubblicazioni (su cui si costruisce ogni valutazione in ambito scientifico) richiama il concetto che la cooptazione tra pari in saperi esperti non può che avvenire che su dati noti e personalità scientifiche già fattesi notare dalle comunità di riferimentoPag. 11e non può emergere da buste anonime affidate a giudici che si trovano a passare lì per caso per valutare.
Ma tant'è: la demagogia oramai avanza per decreto-legge. Forse si potevano evitare interventi di demagogia d'urgenza se il Governo, anziché confrontarsi con qualche arruffato editoriale di riferimento, si fosse affidato ad una sobria analisi empirica della realtà. Si sarebbe reso conto che i concorsi in atto nient'altro reclutavano - dopo un blocco di tre anni - che 2 mila ricercatori, punta di un iceberg di precari in attesa stimati in decine di migliaia e dell'evidenza statistica che un ricercatore entra nei ruoli tra i trentacinque e i quarant'anni.
Per quanto riguarda poi i 3.781 professori - che con l'idoneità di seconda e prima fascia avrebbero invaso l'università ed occluso ogni varco ai giovani di cui sopra - si finge di non sapere che trattasi per il 95 per cento di casi di scorrimento di carriera interna di personale già strutturato ininfluente nella sostanza sul presunto assalto al budget della docenza. A parte questo, in effetti, tutto ciò nient'altro avrebbe realizzato in un quinquennio che lo scorrimento interno di posizioni per meno di un migliaio di unità annue su un organico strutturato di circa 60 mila unità. Si tratta di un tasso di promozioni statisticamente compatibile con ogni cerbera virtù che si voglia chiedere ad una qualsiasi amministrazione. Questi potenziali promovendi non avrebbero liberato nessun posto, se non abbattuti sulle cattedre!

PRESIDENTE. Onorevole Mazzarella, la prego di concludere.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Presidente, questa è demagogia demoralizzatrice, mentre poco si parla della proliferazione di sedi inutili e di università «leggere» e telematiche, favorite dalla legislazione lasca sul tema imposta a suo tempo dalla Moratti.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Mazzarella.

EUGENIO MAZZARELLA. Mi avvio alla conclusione.
Né ci sono misure tipo il commissariamento di atenei a trazione familiare che davvero avrebbero inciso sulla moralizzazione. Forse è tempo di fermarsi un attimo a riflettere e ricominciare tutto daccapo evitando un'opera di delegittimazione, anche con questo decreto-legge, di un comparto decisivo per il futuro del Paese che renderà sempre più difficile misure vere di rilancio. È per questi motivi che il Partito Democratico voterà contro questo decreto-legge, a cui si non si riconosce né il carattere d'urgenza, né qualche traccia di incisività riformatrice (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzarella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevole Ministro, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, questo decreto-legge sull'università ha molti pregi che tra poco andrò ad illustrare, ma principalmente va apprezzato per una peculiarità, quella di riuscire a contenere in pochi articoli i segni essenziali del cambiamento dell'università.
Gli obiettivi di questo provvedimento sono la trasparenza, la meritocrazia e la qualità. La prerogativa è proprio quella della concretezza e di aver saputo - senza avere la pretesa di delineare una riforma strutturale che seguirà con un ampio dibattito sulle linee guida predisposte dal Ministro Gelmini - centrare il cuore del problema.
Questa considerazione dovrebbe essere di per sé sufficiente a convincere l'opposizione ad evitare le proteste per un votoPag. 12di fiducia che, mai come in questo caso, risultano pretestuose ed infondate.
La questione di fiducia è un atto indispensabile, visto che il provvedimento scadrà il 9 gennaio prossimo e le norme ivi contenute sono essenziali per la vita delle nostre università. Inoltre sul punto si rileva che in Senato vi è stato un ampio dibattito e che alcune proposte dell'opposizione sono state anche accolte. È pertanto errata e va respinta l'asserzione che non vi sia stato dibattito attorno a questo provvedimento.
Torno sul tema della concretezza, che ha avuto la capacità di dare vera sostanza al termine «meritocrazia», al quale negli ultimi tempi ha fatto ricorso anche l'opposizione, ma spesso in modo astratto e demagogico. Va dato atto al Ministro Gelmini di avere puntualmente rispettato le linee generali del suo programma, ad iniziare proprio da questo decreto-legge, che mette fondamenta per la rifondazione del merito.
Voglio qui evidenziare i punti più significativi, soffermandomi proprio sui concetti di merito, trasparenza e qualità, per dimostrare che non sono solo concetti astratti, ma che ad ogni principio corrisponde in maniera precisa una modifica reale. Con questo decreto-legge vi sarà più merito e solo l'università del merito può imporre agli atenei con una spesa del personale troppo elevata (più del 90 per cento dello stanziamento) di non potere effettuare nuove assunzioni, oltre a non poter bandire concorsi per docenti, ricercatori e personale amministrativo. Solo un'università del merito può prevedere la norma che stabilisce lo stanziamento di 500 milioni di euro da destinare alle università migliori, ovvero quelle che offrono offerta formativa adeguata, qualità della ricerca scientifica, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche migliori.
Solo un'università del merito intende premiare il professore che fa ricerca e lo studente meritevole. A tale riguardo nelle disposizioni per il diritto allo studio dei capaci e dei meritevoli si stabilisce lo stanziamento di 135 milioni di euro da destinare agli studenti capaci che non possiedono i mezzi per continuare gli studi. In questo modo saranno erogate (cosa mai accaduta in precedenza) borse di studio a 180 mila studenti che risultano essere idonei. Solo l'università del merito statuisce che i professori che non dimostrano di aver fatto pubblicazioni scientifiche e di qualità negli ultimi tre anni saranno penalizzati sugli incrementi stipendiali, oltre ad essere esclusi anche dalla ripartizione dei fondi per la ricerca.
Con questo decreto-legge vi sarà più qualità e solo l'università della qualità penalizza gli atenei con i conti in rosso, bloccando le assunzioni e negando alle stesse anche l'accesso ai fondi straordinari per il reclutamento dei ricercatori. Solo un'università della qualità provvede al parziale sblocco del turnover alzando la percentuale dal 20 al 50 per cento degli atenei virtuosi, a patto che il 60 per cento delle risorse siano spese per reclutare i giovani. Solo un'università della qualità vuole agevolare il rientro dei cervelli in patria, consentendo all'università di chiamare direttamente gli studiosi impegnati all'estero da almeno tre anni senza doverli sottoporre ad un'ulteriore selezione.
Qualità significa anche migliorare le condizioni abitative dei nostri studenti fuori sede e al riguardo è previsto uno stanziamento di risorse pari a 65 milioni di euro: altro che provvedimento astratto, ecco ancora una volta la concretezza. In questo modo si agevola la mobilità degli studenti in Italia, anche alla luce del fatto che solo il 2 per cento degli studenti alloggia in residenze universitarie.
Con questo decreto-legge vi sarà più trasparenza e la prima cosa da fare per garantirla era di porre dei correttivi alle procedure per la composizione delle commissioni, prevedendo un docente nominato dall'ateneo che bandisce il posto e quattro professori che verranno sorteggiati da una lista di dodici persone da cui sono stati esclusi i docenti dell'università che assume. Le operazioni di sorteggio, inoltre, saranno pubbliche.
Più trasparenza sarà garantita dal fatto che, in sede di approvazione del bilancio consuntivo, i rettori dovranno pubblicare iPag. 13risultati delle attività oltre che i finanziamenti ottenuti da soggetti pubblici o privati e, in caso contrario, rischiano penalità nell'assegnazione dei fondi. Più trasparenza sarà garantita, altresì, a partire dal prossimo anno dall'istituzione presso il Ministero stesso di un'anagrafe nazionale dei professori ordinari e associati e per ciascun soggetto ci sarà l'elenco delle pubblicazioni scientifiche prodotte.
Con questi presupposti ben si evidenzia l'organicità del provvedimento, la sua coerenza intrinseca e il suo rigore.
Esiste un filo rosso che ne lega i passaggi fondamentali e ci dimostra come le modifiche migliorative che ora appaiono persino ovvie e logiche, fossero state, da anni, imprigionate in logiche contorte e burocratiche. Attorno al provvedimento in esame c'è consenso nella nazione: esso viene visto con favore dal mondo universitario sano (quel mondo universitario che non teme la sfida della qualità) e dal mondo del lavoro, che ha bisogno di inserire giovani laureati, qualificati e preparati, e non laureati in università delocalizzate, con corsi improponibili e istituiti ad hoc.
Il decreto-legge in esame, con le sue modifiche e i suoi miglioramenti al sistema, dovrebbe essere condiviso da tutti. Votare contro il provvedimento significa intestardirsi a difendere uno status quo che ha portato il nostro sistema universitario al collasso e significa non voler migliorare la centocinquantesima posizione che, vergognosamente, occupiamo nelle classifiche OCSE. È per questo...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Frassinetti, prego i colleghi di consentire all'oratore di svolgere il suo intervento.

PAOLA FRASSINETTI. Grazie, signor Presidente. Il nostro sistema universitario è al collasso. Votare in modo contrario significa non voler migliorare la centocinquantesima posizione attualmente occupata nelle classifiche OCSE e significa accettare passivamente anche il fatto che il tasso di abbandono in Italia degli studenti universitari sia uno dei più alti in Europa. Votare contro il provvedimento in esame significa essere contrari alla trasparenza, alla meritocrazia e alla qualità.
Per questo motivo, siamo più che mai convinti che questo sia il miglior modo per iniziare a modernizzare il sistema e per premiare veramente il merito e le capacità. Ritengo, perciò, che il gruppo Popolo della Libertà, con convinzione e determinazione, possa motivare il proprio voto favorevole sulla questione di fiducia a un provvedimento significativo, che determina finalmente una linea di discontinuità, indicando nel contempo la via per la rinascita della nostra università (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1966)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.
Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati, nonché ulteriori richieste avanzate da membri del Governo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dalla deputata Lanzarin.
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

Pag. 14

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 19,35).

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1966: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti 532
Votanti 530
Astenuti 2
Maggioranza 266
Hanno votato 302
Hanno votato no 228

(La Camera approva - Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Vedi votazioni).

Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative presentate.

Hanno risposto si:
Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Angeli Giuseppe
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Armosino Maria Teresa
Baccini Mario
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Berlusconi Silvio
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brancher Aldo
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Chiappori Giacomo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu SalvatorePag. 15
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Cota Roberto
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Angelis Marcello
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Formichella Nicola
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Giudice Gaspare
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Maccanti Elena
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni RobertoPag. 16
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Miccichè Gianfranco
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara Francesco
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (Pdl)
Perina Flavia
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pionati Francesco
Pirovano Ettore
Piso Vincenzo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Russo Paolo
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scelli Maurizio
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stasi Maria ElenaPag. 17
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Taddei Vincenzo
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Traversa Michele
Tremaglia Mirko
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vegas Giuseppe
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zorzato Marino

Hanno risposto no:
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carra Enzo
Carra Marco
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cera Angelo
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciocchetti Luciano
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Costantini Carlo
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Giuseppe Anita
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
Donadi Massimo
Drago Giuseppe
Duilio Lino
Fadda PaoloPag. 18
Farina Gianni
Farina Coscioni Maria Antonietta
Fassino Piero
Favia David
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Formisano Anna Teresa
Franceschini Dario
Froner Laura
Galletti Gian Luca
Garofani Francesco Saverio
Gatti Maria Grazia
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Libè Mauro
Lolli Giovanni
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melis Guido
Merlo Giorgio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Monai Carlo
Morassut Roberto
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Orlando Leoluca
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Pd)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pisacane Michele
Pisicchio Pino
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pompili Massimo
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Portas Giacomo Antonio
Quartiani Erminio Angelo
Rampi ElisabettaPag. 19
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siragusa Alessandra
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Maurizio
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vico Ludovico
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zazzera Pierfelice
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Si sono astenuti:
Brugger Siegfried
Zeller Karl

Sono in missione:
Amici Sesa
Balocchi Maurizio
Boniver Margherita
Brambilla Michela Vittoria
Buttiglione Rocco
Castagnetti Pierluigi
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Evangelisti Fabio
Jannone Giorgio
Leo Maurizio
Lo Monte Carmelo
Melchiorre Daniela
Menia Roberto
Ronchi Andrea
Salvini Matteo
Tabacci Bruno
Tremonti Giulio

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani, a partire dalle ore 9,30, con l'esame degli ordini del giorno. Alle ore 12 avrà luogo lo svolgimento delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto con ripresa televisiva diretta.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,50).

PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, l'altro giorno nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo si era convenuto, di comune accordo, un calendario dei lavori funzionale alla possibilità che si concludessero in Aula i provvedimenti all'ordine del giorno, ma anche alla possibilità che le Commissioni riunite bilancio e finanze potessero lavorare per completare l'esame del decreto-legge n. 185 relativo ai provvedimenti anticrisi,Pag. 20avendo ben presente tutti noi che per lunedì prossimo è calendarizzato l'inizio della discussione in Aula.
Oggi abbiamo appreso che, contrariamente a questo accordo convenuto, la mattinata di domani non prevede riunioni della Commissione bilancio, tant'è che in qualche modo si è aggiustato, anche comprensibilmente, il calendario dei lavori in Aula. Questo fatto fa riflettere - e ciò deve essere messo in evidenza - sul rischio che comporta un ulteriore rinvio, perché il fatto che domani mattina non lavoriamo e che poi abbiamo ulteriori momenti di lavoro in Aula non sposta la giornata di lunedì, la tiene ferma. Quindi, avendo noi dato tutta la disponibilità a lavorare da qui a lunedì senza interruzione, dobbiamo evidenziare il rischio che ciò comporta dal punto di vista politico e non solo funzionale. Infatti, è dall'inizio della legislatura che ci troviamo in questa impasse, ed è dall'inizio della legislatura che invece ci siamo trovati di fronte al fatto che, al dunque, per molti provvedimenti non è stato possibile arrivare ad un'adeguata conclusione e tutto è sfociato in un maxiemendamento con la posizione della questione di fiducia.
Voglio dire con uno spirito totalmente costruttivo che, innanzitutto, nonostante le nostre preoccupazioni, vogliamo interpretare questo ritardo più come foriero di buone notizie che non di notizie negative. Ma, detto questo, ribadiamo che non siamo disponibili e interessati a lavorare in modo tale da determinare come risultato un maxiemendamento chiuso e impacchettato, perché gli argomenti in discussione sono molto seri e li abbiamo già iniziati ad esaminare nella Commissione. Ne cito solo tre, senza farla lunga. Stiamo discutendo di reddito alle famiglie. Stiamo discutendo di un bonus di sostegno, con emendamenti che propongono da parte nostra anche l'aumento e l'integrazione degli assegni familiari. Stiamo discutendo di ammortizzatori sociali che probabilmente, per riconoscimento generale, rappresentano la maggiore emergenza, con l'intenzione di estenderne la possibilità di utilizzo sia ai precari sia a coloro che non ne hanno oggi diritto. Stiamo discutendo della possibilità delle imprese di superare questa difficoltà, in particolare quella relativa alla liquidità e al credito, con l'idea di accelerare i pagamenti arretrati da parte della pubblica amministrazione, per irrobustire le possibilità di credito attraverso un miglioramento dell'utilizzo dei confidi.
Non sono questioni marginali né che possano essere ricondotte ad una conclusione da maxiemendamento senza una costruzione condivisa. Ci siamo mossi in queste settimane, in Commissione bilancio e in tutte le occasioni, per costruire un dialogo e anche per finalizzare l'azione (lo dico in maniera chiara), se possibile, a qualche elemento di intesa tra maggioranza e minoranza, data la gravità della situazione del Paese. Non vogliamo mettere il carro davanti ai buoi né essere particolarmente allarmisti. Ritengo tuttavia che debba essere fatto presente alla Presidenza, che ne deve tener conto, il fatto che qualsiasi cambiamento di programma non può essere ricondotto al rischio che ci troviamo di fronte, ad un annullamento di questa volontà condivisa, alla quale il Paese avrebbe bisogno sicuramente di arrivare il più possibile con una visione omogenea. Quindi, da questo punto di vista, ribadiamo la nostra disponibilità a lavorare in qualsiasi momento e ribadiamo la nostra indisponibilità al fatto che si arrivi in seguito ad un pacchetto chiuso senza possibilità di soluzioni condivise (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Vedo il Presidente della Commissione bilancio: nella consapevolezza della piena autonomia, rispetto alla Presidenza, dell'organizzazione dei lavori delle Commissioni, l'onorevole Giancarlo Giorgetti, che ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, ritengo che l'intervento dell'onorevole Baretta meriti una risposta, nel senso che i lavori delle Commissioni finanze e bilancio,Pag. 21in particolare con riferimento all'importante provvedimento di cui si tratta, sono improntati e saranno improntati esattamente alle finalità che l'onorevole Baretta ha qui richiamato, cioè all'intento di trovare soluzioni possibilmente condivise agli enormi problemi di tipo economico e sociale che si presentano proprio in questo momento in Italia e in tutto il mondo. Con tale finalità abbiamo organizzato i lavori sino a questo momento: al fine di rendere produttivi i lavori della Commissione, abbiamo riorientato, di comune intesa, i lavori nella giornata di domani. È necessario compiere quel lavoro che, forse, è di preparazione manuale e fisica, vale a dire la predisposizione di emendamenti che sono esattamente volti e diretti a risolvere i problemi evidenziati in una discussione molto interessante e molto approfondita svoltasi prima delle vacanze natalizie. Per questo motivo ritengo che vi siano tutte le condizioni per lavorare in modo proficuo ed efficiente in Commissione bilancio. Naturalmente l'esito dei lavori nelle Commissioni riunite bilancio e finanze sarà - ritengo - il migliore possibile.
Per quanto riguarda il prosieguo dei lavori dell'Aula e del comportamento del Governo, non possono certamente risponderne la presidenza della Commissione bilancio e la presidenza della Commissione finanze. Ciò che vogliamo ribadire - parlo anche a nome del presidente Conte - è la nostra volontà di far sì che i lavori delle Commissioni riunite siano i più produttivi possibile di risultati utili al Paese, anche con il contributo della minoranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, questa sera intervengo in quest'Assemblea perché, come credo molti colleghi, per arrivare in questa aula quest'oggi dalla città di Milano - seconda città del nostro Paese e capitale economica del nostro Paese - ho impiegato diverse ore: circa il doppio di quello che dovrebbe essere la percorrenza di un treno ad alta velocità, dal momento che non ho potuto prendere l'aereo perché, come forse si sa, una nevicata di un certo rilievo ha totalmente bloccato quest'oggi la città di Milano. Gli aeroporti milanesi sono stati bloccati fino a metà giornata ed è andato in tilt tutto il traffico aereo, ovviamente con ripercussioni sull'intero traffico aereo nazionale. Sono stati - e noi ne siamo testimoni, colleghi di tutti i partiti - di molto rallentati anche i celeberrimi treni ad alta velocità. Vi sono state fortissime difficoltà nel traffico della circolazione privata in città e nel trasporto pubblico.
In particolare, porgo, a nome di tutti, il nostro cordoglio ai familiari della vittima morta oggi a Milano: infatti è morta una persona perché una nevicata ha colpito una tettoia e quest'ultima gli è crollata addosso.
Penso che questo blocco totale e défaillance completa del funzionamento della città sia una vergogna per una città importante come Milano.
Credo che quando il sindaco di Milano dice, oggi, in una dichiarazione: «A Milano sono caduti 40 centimetri di neve, noi ne aspettavamo 20-25, per questo non è bastato il sale che avevamo preventivato», è probabile che io non stia ascoltando una dichiarazione seria dell'amministratrice della seconda città del nostro Paese. Credo di ricordarmi, se non vado errato - e se vado errato mi scuso in anticipo - che proprio ieri sera la sindaco di Milano avesse annunciato che sarebbero arrivati quattro camion di sale da Savona, perché si prevedeva che le 7 mila tonnellate di sale presenti nella città non sarebbero bastate. Ma scusate: che differenza c'è tra 40 e 25 centimetri di neve, dal punto di vista del ghiaccio che può formarsi sui marciapiedi? Ma la signora Moratti sta amministrando la città di Milano o il più piccolo comune d'Italia?
Credo che sia profondamente sbagliato non aver chiesto scusa ai milanesi da parte del sindaco e in particolare da parte dei dirigenti dell'Azienda milanese servizi ambientaliPag. 22(AMSA), che sono coloro i quali dovrebbero, per conto del comune, fornire ai cittadini milanesi e ai visitatori della città di Milano un servizio efficiente, che permetta di fronteggiare quello che tutti i siti di previsione meteorologica preventivavano da 72 ore, cioè la più grande nevicata degli ultimi mesi nella nostra città.
Mi rammarico che ciò non sia successo e spero che questo serva di lezione: quando per il nord del Paese o per la città di Milano - che alcuni di noi anche da sinistra, dal centro e dalla destra di questo Parlamento pensano di poter rappresentare, chiedendo per il nord del Paese efficienza, infrastrutture ed investimenti - si fanno queste richieste, che sono giuste, bisognerebbe poi riuscire a dimostrare, quando quella città viene amministrata, la stessa efficienza che si chiede al resto del Paese, nei confronti di quella parte del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 8 gennaio 2009, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1197 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca (Approvato dal Senato) (1966).
- Relatore: Caldoro.

(p.m., al termine delle votazioni)

2. - Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 21.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO EUGENIO MAZZARELLA SULLA QUESTIONE DI FIDUCIA SULL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1966

EUGENIO MAZZARELLA. Nel motivare la richiesta di fiducia su questo decreto, eludendo ancora una volta ogni reale confronto parlamentare nel merito dei provvedimenti, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, l'onorevole Vito, ha addotto come motivazione l'ingorgo decretezio consegnato al calendario di fine anno; ingorgo che avrebbe impedito al Governo di esibire la sua buona volontà di confronto su un tema - il futuro dell'università italiana - decisivo per il Paese. L'onorevole Vito ha cercato di consolarci con l'osservazione che in Commissione si sarebbe comunque sviluppato un esame compiuto dell'argomento e che al Senato il decreto-legge avrebbe subito modifiche rilevanti in sede di conversione, anche attraverso l'accoglimento delle proposte presentate dai gruppi di opposizione. Per tale motivo il Governo ritiene, testuale, «che probabilmente gran parte dei temi, che erano stati oggetto di polemica politica nei mesi scorsi, sia stata pienamente chiarita, con soddisfazione delle parti politiche che hanno partecipato ai lavori del Senato e della Commissione». Tralascio ogni considerazione sul vulnus che ancora oggi si arreca alle prerogative del Parlamento, un leit motiv delle dichiarazioni di voto in quest'Assemblea; ma almeno gradiremmo che la soddisfazione delle parti politiche coinvolte restasse prerogativa delle parti, e non fosse anch'essa stabilita per decreto. Sul punto, per quanto attiene alla soddisfazione del PD, la collega Ghizzoni è stata esplicita, attesa la modica quantità dei rilievi, per lo più formali, accettati al Senato, oltre al venir meno d'ogni possibilità emendativa in Commissione alla Camera.
La presidente Aprea ha correttamente ricordato che il ritiro degli emendamenti è stato motivato rinviando all'Aula l'eventualePag. 23accordo su modifiche da apportare, rilevanti, e auspicate per altro dalla stessa maggioranza. Questo anche alla luce dei pesanti rilievi del Comitato per la legislazione, confermati dalle note dell'Ufficio studi. Lo ha puntualmente riferito la collega Ghizzoni; ma le stesse dichiarazioni della presidente Aprea lasciano intendere che oltre alle minoranze anche la maggioranza ha visto un altro film, da quello raccontato dall'onorevole Vito, per giustificare la richiesta di fiducia. Per tabulas la soddisfazione del Governo risulta abbastanza solitaria; un solipsismo governativo che ormai sta diventando costume in queste aule.
Ma per entrare nel merito del dissenso da questo decreto, e non solo nel metodo, che pure non è poca cosa, vorrei ribadire i motivi che lo rendono irricevibile per il PD. Nonostante l'enfasi riformatrice con cui è stato presentato, un'analisi spassionata del decreto porta a rilevare che non c'è coerenza alcuna tra gli interventi d'urgenza proposti e le stesse linee guida per l'università presentate dal Governo, su cui pure una discussione costruttiva si sarebbe potuta avviare e che restano lì sospese nel limbo delle buone intenzioni.
Ma in verità questa distonia tra decreto e linee guida era un pasticcio annunciato, né poteva essere altrimenti; perché, in coerenza con quanto affermato dallo stesso Ministro audita in Commissione, qualsiasi intervento sarebbe dovuto partire dalla consapevolezza che il sistema universitario italiano è fortemente sottofinanziato; attestandosi sul PIL a circa la metà della media europea; il che avrebbe magari richiesto un lungimirante investimento sull'università come nella Francia di Sarkozy, e non la solita lesina di Tremonti affidata alla scarsa fantasia dei tagli lineari di spesa.
I parziali riappostamenti finanziari al decreto in Senato, più una risposta alle proteste che un reale ripensamento, reintegrano da qui al 2013 appena 354 milioni di euro rispetto ad un taglio previsto in finanziaria di 1.641 milioni. Mancano all'appello ancora 1.287 milioni di euro, indispensabili a mantenere nel quinquennio almeno costante il valore assoluto della spesa; già depresso di per sé, ed incongruo per una qualsiasi politica di rilancio e razionalizzazione del sistema. E ancora: lo sbandierato appostamento del 7 per cento del FFO sulla premialità agli atenei virtuosi (per prestazioni di ricerca, didattiche e gestionali) è un mero specchietto per le allodole: lo squilibrio finanziario delle università, consolidatosi negli anni (sotto il peso inerziale della struttura della spesa storica), vanifica di fatto ogni intervento premiale. A dare efficacia alla misura manca il requisito essenziale di risorse aggiuntive e non semplicemente distolte da impegni di spesa già previsti (segnatamente per la copertura degli incrementi stipendiali e contrattuali). Un altro «aggiustamento» contabile del decreto, sul diritto allo studio, si risolve in un finanziamento spot, oltre che sottomisura, per il solo 2009. Ci si mette una pezza per un anno, poi si vedrà. Le proposte emendative illustrate dal PD, per accademia, vista la prevedibilità della richiesta di fiducia, volevano porre riparo ad almeno alcune di queste criticità, come pure volevano migliorare la definizione stessa della virtuosità di un ateneo, dove il necessario rigore dei bilanci non può tradursi meccanicamente in una dismissione coatta di realtà importanti del sistema universitario del Paese.
Per venire alla normativa concorsuale, avrei evitato di parlarne per non finire nella consueta disonesta trappola mediatica «dei professori preoccupati solo dei concorsi». Ma sullo sbaragliamento per decreto di «concorsopoli» il Governo si è giocato tutte le sue carte per imbellettare agli occhi dell'opinione pubblica i tagli di spesa attuati; un po' come con il grembiulino ed il voto in condotta con la scuola.
Concorsopoli sarebbe sbaragliata dal sorteggio, questa la tesi che il Governo ha propalato all'opinione pubblica, e su cui è stato costruito tutto l'intervento. La sera stessa che il CdM approvava il decreto, con mezzo Governo all'estero, sui muri di Roma campeggiavano in notturna i manifesti di AN inneggianti alla Gelmini chePag. 24sbaragliava Concorsopoli. A sapere che l'avreste approvato alla Befana, su quei manifesti avreste potuto provvedere la Ministra anche dell'opportuna ramazza purificatrice.
Ma davvero qualcuno crede alla soluzione moralizzatrice proposta dal decreto per i concorsi, il sorteggio delle commissioni? Al Senato, in Commissione, l'Interconferenza dei Presidi ha illustrato una tabella comparativa dei sistemi concorsuali in vigore in tutti i paesi europei: vi si apprende che solo l'Italia si appresta a ricorrere al sorteggio. Singolare modo di tenere il passo con l'Europa!
Esempi di sorteggio, per le magistrature politiche e civili, sono noti in epoca storica, sebbene remota. Non si ha invece notizia storica di sorteggio per scegliere filosofi, scienziati, medici: talora si è pensato che la scienza potesse essere infusa, mai che potesse essere scelta per sorteggio; questo Governo ci riesce. Ma d'altro canto, senza neanche ricorrere ad analisi comparative faticose, i nostri legislatori avrebbero potuto svolgere una riflessione statistico-matematica: il sorteggio è neutro negli effetti che si attendono dalla sua applicazione di scombinare accordi impropri e ricombinare pratiche virtuose. L'effetto moralizzatore cercato è a somma zero.
È risibile pensare che così si moralizzi alcunché. Sarebbe stata molto più sensato e prudente, vista l'aleatoria soluzione normativa escogitata, l'accorpamento dei bandi per settore in un unico collegio nazionale, prevedendo per i vincitori, al termine del triennio di conferma, una valutazione ex post della costituenda agenzia di valutazione nazionale, con penalizzazione sul FFO degli atenei che avessero selezionato personale inadeguato. Nella soluzione del Governo resta fermo il punto più deteriore dell'attuale normativa, il localismo.
L'intervento proposto alla fine è solo un artato contributo ad un ulteriore blocco delle procedure concorsuali. Per dare attuazione alla complicata normativa «transitoria» prevista, nessun vincitore, se va bene, sarà proponibile alle università prima del 2010. E questo dopo un blocco concorsuale già di tre anni. Quello che colpisce è l'inconsapevolezza culturale di una soluzione demagogica, che non riesce neanche a tener presente che il concetto stesso di «pubblicazioni» su cui si costruisce ogni valutazione in ambito scientifico richiama il concetto che la cooptazione tra pari in saperi esperti non può che avvenire su dati noti e su personalità scientifiche già fattesi notare dalle comunità di riferimento, e non può emergere da buste anonime, affidate a giudici che si trovano a passare lì per caso per valutare. Ma tant'è, la demagogia ormai avanza per decreto.
Forse si potevano evitare interventi di demagogia d'urgenza, se il Governo anziché confrontarsi con qualche arruffato editoriale di riferimento, si fosse affidato ad una sobria analisi empirica delle cose. Si sarebbe così reso conto che i concorsi in atto nient'altro reclutavano, dopo un blocco di tre anni, che 2000 ricercatori, punta di un iceberg di precari in attesa stimato in decine di migliaia, e dell'evidenza statistica che un ricercatore entra nei ruoli, dipende dai settori, tra i 35 e i 40 anni.
Per quanto riguarda poi i 3.781 professori che con le idoneità di II e I fascia avrebbero invaso l'università ed occluso ogni varco ai «giovani» di cui sopra, si finge di non sapere che trattasi, per il 95 per cento dei casi, di scorrimenti di carriera interna di personale già strutturato, che in termini di costo aggiuntivo rappresenta una frazione sostanzialmente marginale del presunto assalto al budget della docenza. E, a parte questo, in effetti tutto ciò nient'altro realizzerà in un quinquennio che uno scorrimento interno di posizioni per meno di un migliaio di unità annue, su un organico strutturato di circa 60 mila unità; un tasso di promozioni statisticamente compatibile con ogni cerbera virtù che si voglia chiedere ad una qualsiasi amministrazione. Nessun posto questi «promuovendo» potenziali avrebbero liberato se non abbattuti sulle cattedre!
Questa è la demagogia demoralizzatrice del decreto, mentre poco si parla della proliferazione di sedi inutili, e di università «leggere» e telematiche favorite dallaPag. 25legislazione lasca sul tema imposta a suo tempo dalla Moratti. Né, quanto alla moralizzazione di comportamenti censurabili, il decreto prevede alcunché: un divieto ad esempio di ingresso nei ruoli per parenti ed affini di titolari di cattedra nella stessa facoltà, e per quanto riguarda i rettori nello stesso ateneo (questo sì avrebbe «scombinato» qualche previsione concorsuale!); o la possibilità di commissariare gli atenei o le strutture, facoltà o dipartimenti, a «trazione familiare».
Ci si limita a proporre un blanda relazione tra aumenti stipendiali e produzione scientifica, legata però a meri criteri quantitativi ed estrinseci per definire tale produzione. L'unico incremento prevedibile sarà quello di inutili papers.
Un'ultima notazione. La norma per il cosiddetto rientro dei cervelli e le chiamate per chiara fama è talmente pasticciata, indeterminata nel percorso di accertamento dell'equipollenza delle posizioni accademiche estere, nelle fonti di finanziamento delle procedure, e peggiorativa della normativa vigente a ciò dedicata, che in Commissione esteri il decreto è stato bocciato.
Come si vede non c'è un motivo di merito per dare via libera a questo decreto, la cui «blindatura» per altro annunciata denota ancora una volta il disinteresse al dialogo del Governo nell'iter parlamentare, ad ogni confronto costruttivo tra maggioranza ed opposizione.
Forse è tempo di fermarsi un attimo a riflettere e ricominciare tutto daccapo, evitando un'opera di delegittimazione, anche con questo decreto, di un comparto decisivo per il futuro del Paese; un'opera di delegittimazione, che renderà sempre più difficile misure vere di rilancio dell'università italiana, che ne ha gran bisogno.
È per questi motivi che il PD voterà contro questo decreto, a cui non si riconosce né il carattere dell'urgenza, né una qualche traccia di incisività riformatrice del sistema universitario.