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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 100 di martedì 9 dicembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 15.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 2 dicembre 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Molgora, Mura, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vietti e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,05).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, il mio intervento è dedicato a quanto stiamo leggendo su tutti i giornali, vale a dire alla questione delle due procure della Repubblica di Salerno e Catanzaro che hanno deciso di indagarsi a vicenda e che evidentemente hanno creato un buco istituzionale di proporzioni immense.
Lei, signor Presidente, mi ha detto una volta che io ragiono da giurista; sarà anche vero, però credo che questo fatto rappresenti un terremoto all'interno delle istituzioni, perché, fra le altre cose, è un meccanismo che ci porta a dubitare sui fondamenti della Carta costituzionale, ad esempio sull'atteggiamento e sulla natura giuridica della magistratura, se potere o ordine giudiziario, e questioni di questo tipo.
Pertanto, le chiederei che il Ministro della giustizia venga a relazionare su questo fatto affinché possiamo prendere atto di quanto è successo.
Sulle pagine di politica oggi ricorre l'affermazione che occorre una riforma urgente del sistema giustizia, ed ho letto anche sue dichiarazioni. È evidente che questo si può fare in maniera seria, perché non ci troviamo di fronte ad un malato che ha a disposizione una lunga degenza, ma ci troviamo davanti a un «pronto soccorso» istituzionale.
È, quindi, evidente per quest'Aula, anche per aprire un qualsiasi tavolo di discussione politica, che è necessario che ilPag. 2Ministro venga a riferire quale sia esattamente la fisiologia intima di questi atti, per trovare una soluzione - ma non è un problema di quest'Aula - ma soprattutto per capire cosa dobbiamo fare per riassettare il sistema giudiziario: questo è il primo dovere di quest'Aula, primo e maggiore rispetto a quello del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, sarà cura della Presidenza comunicare al Governo il senso della sua richiesta.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale (A.C. 1875-A) (ore 15,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale.
Ricordo che nella seduta del 3 dicembre 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed ha avuto luogo la replica del rappresentante del Governo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1875-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1875-A), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1875-A).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1875-A).
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 1875-A).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, in quanto non strettamente attinente al contenuto del decreto-legge e relativo ad argomenti non trattati in emendamenti previamente presentati in Commissione, l'articolo aggiuntivo 8.0200 del Governo, volto ad attribuire al personale non dirigenziale del servizio sismico nazionale, già immesso nei ruoli del Dipartimento della protezione civile, una fascia retributiva superiore.
Avverto che prima dell'inizio della seduta sono state ritirate le seguenti proposte emendative: gli articoli aggiuntivi 8.0100, 8.0101, 10.0100, 10.0101 e 10.0102 della Commissione, nonché l'emendamento Bratti 9.41.
Avverto, inoltre, che la Commissione ha presentato una nuova formulazione dell'emendamento 2.100, dell'articolo aggiuntivo 2.0100, nonché dell'articolo aggiuntivo 2.0101 che sono in distribuzione.
Con riferimento alla nuova formulazione dell'articolo aggiuntivo 2.0101 della Commissione, la Commissione bilancio ha espresso un parere di nulla osta.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Froner. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emergenza rifiuti in Campania ha caratterizzato il dibattito politico degli ultimi anni, portando con sé strascichi di una questione sempre aperta dall'unità d'Italia: la questione del Mezzogiorno e dello sviluppo di un Paese diviso a metà, della presenza dello Stato e del controllo del territorio da parte della malavita organizzata.
Il Presidente della Repubblica, in occasione della sua visita a Napoli il 1o dicembre scorso, ha parlato della situazione drammatica che vive il Mezzogiorno e lo ha fatto da uomo delle istituzioni cresciuto in un Meridione che subisce le conseguenze di una gestione amministrativaPag. 3caratterizzata dall'impoverimento culturale e morale della politica, invitando tutti gli uomini e le donne che vivono in quei territori ad un'autocritica e ad un'autoriflessione.
L'emergenza rifiuti, in particolare, richiedeva, secondo il Capo dello Stato, un'azione risoluta contro cieche resistenze e decisioni improrogabili, contro palesi illegalismi.
Onorevoli colleghi, riconosciamo che il Governo ha proceduto con sforzi concentrati ed energici per risolvere il problema dell'emergenza createsi nei primi sei mesi dell'anno, ma non possiamo fare a meno di esprimere la nostra preoccupazione su alcune zone d'ombra presenti nel provvedimento che ci apprestiamo ad adottare, relativi al carattere durevole ed esauriente delle soluzioni individuate.
Tali soluzioni prendono in carico una situazione drammatica introducendo misure severe e pratiche sanzionatorie, come nel caso dell'articolo relativo al commissariamento delle amministrazioni territoriali inadempienti o conniventi con la gestione e lo smaltimento dei rifiuti, o dell'articolo 6 che prevede pene delittuose per alcuni reati in materia di gestione dei rifiuti. Queste pene, però, devono essere estese a tutto il territorio nazionale per evitare il contagio del problema, da una parte, e il rischio di incostituzionalità della norma, dall'altra, come ci ricordano due Presidenti emeriti della Corte costituzionale, come Valerio Onida e Antonio Baldassarre, secondo cui, se la questione verrà sollevata dinanzi alla Consulta, la norma rischia di subire una sonora bocciatura. Limitare il provvedimento ad una sola regione è, infatti, una violazione all'articolo 3 della Costituzione.
Tuttavia, prima di entrare nel merito del giudizio complessivo sugli emendamenti, signor Presidente, desidero sottolineare due grandi questioni aperte che il Governo non riesce ad affrontare e che, anzi, contribuisce a procrastinare nel tempo, alimentandone gli effetti in nome degli equilibri interni alla coalizione che lo sostiene: la prima è connessa alla legalità e al controllo del territorio, la seconda è legata alle strategie di sviluppo del Paese.
In termini di legalità e di controllo del territorio, desidero richiamare quest'Aula alle parole che lei stesso ha usato, signor Presidente, in occasione della sua visita a Montecorvino Pugliano, dove ha parlato della discarica di Parapoti chiusa nel 2007 grazie al suo impegno. È stato dimostrato - era il suo monito - che in alcuni casi, dietro alle proteste per i rifiuti, c'erano la presenza camorristica, intrecci di interessi o istituzioni poco attente.
Ebbene, signor Presidente, di fronte al problema del potere della camorra nel controllo del territorio, degli interessi economici che questa organizzazione ha sul controllo dei traffici illeciti, cosa fa il Governo? Si mette a litigare sull'attribuzione delle competenze.
Abbiamo assistito all'imbarazzante balletto di dichiarazioni e all'assurdo braccio di ferro politico che più di una volta ha visto coinvolti i Ministri Maroni e La Russa, i quali rivendicavano la titolarità dell'impiego dei militari in Campania per contrastare la camorra. Solo che se per il primo ciò che si sviluppa in Campania per mano dell'organizzazione criminale assume i tratti di una guerra civile, per il secondo, invece, va ridimensionato ad una lotta tra bande.
È molto pericoloso, signor Presidente, minimizzare questo aspetto e far finta di non vedere un problema che rappresenta, invece, la questione principale per la liberazione della Campania dalla complessa situazione civile e politica manifestatasi in occasione dell'emergenza rifiuti.
Il problema della presenza della camorra nella gestione dell'economia sommersa in Campania va affrontato in maniera strutturale e decisa. Troppi i morti di una guerra alimentata per ragioni economiche, troppi i delitti ed i crimini le cui vittime sono soprattutto i cittadini e le cittadine che ogni giorno faticano a trovare una via d'uscita ai loro problemi.
A rendere, inoltre, più difficile la ricerca di una via d'uscita dalla situazione di arretratezza economica contribuisce la finanza creativa del Ministro Tremonti inPag. 4chiave antimeridionale sostenuta dall'asse con la Lega Nord. In questo modo si viene meno al secondo punto (che intendo sottolineare) relativo allo sviluppo del Mezzogiorno e, per dirla con le parole del Presidente della Repubblica, non si può fare a meno di rilevare l'evoluzione in corso nell'attribuzione di risorse a politiche di riequilibrio territoriale. È in atto una sensibile riduzione del fondo per le aree sottoutilizzate.
Il FAS, infatti, prevede che, per ogni euro, almeno 85 centesimi devono essere destinati per gli investimenti verso le aree territoriali del Meridione. Tuttavia, dei 64 miliardi di euro dello scorso maggio sono già stati prelevati 12 miliardi di euro per finanziare provvedimenti che poco hanno a che fare con lo sviluppo del Mezzogiorno, come il miliardo e 400 milioni di euro per finanziare l'Expo di Milano, o come i 2 miliardi e 300 milioni di euro in due anni a copertura del taglio dell'ICI; per continuare con i prelievi effettuati per la detassazione degli straordinari annunciati in campagna elettorale da questa maggioranza e per finire con i 7 miliardi di euro di tagli del FAS introdotti con la manovra triennale.
Questo Governo e questa maggioranza (che hanno nel Meridione un forte consenso e gestiscono un grande numero di voti) non sono amici del Mezzogiorno o, almeno, non sono amici dei cittadini e delle cittadine che ogni giorno fanno fatica a vivere nel Mezzogiorno per la presenza di intrecci, di interessi e di dinamiche legate alla cattiva gestione delle risorse a disposizione. Risolvere l'emergenza rifiuti in Campania significa anche attuare politiche di investimento durevoli e responsabili nei confronti del nostro sud Italia. Il Ministro Tremonti, evidentemente, non la pensa come noi.
Passando all'analisi della normativa contenuta nel provvedimento in questione, desidero premettere che, pur rimanendo fermi sulle nostre proposte emendative in merito al decreto-legge in esame (convinti anche che esso presenti alcuni profili di incostituzionalità), da parte nostra non vi è un'opposizione pregiudiziale al provvedimento. Né vi potrebbe essere, dal momento che molti contenuti del decreto-legge sono in continuità con i provvedimenti approvati nella precedente legislatura dal Governo Prodi.
Inoltre, non abbiamo difficoltà a riconoscere il positivo lavoro che il Governo ha svolto contro l'emergenza rifiuti in Campania.
Non possiamo, infine, che esprimere soddisfazione per il fatto che il Governo e la maggioranza abbiano accettato alcuni nostri contributi migliorativi. Ad esempio, quando si è precisato che l'eventualità di un nuovo termovalorizzatore in Campania deve essere subordinata in maniera tassativa alla verifica delle esigenze reali del ciclo rifiuti nella regione; o quando, tra le sanzioni penali per chi commette il reato di abbandono rifiuti, è stata inserita la sanzione del sequestro preventivo e della confisca dell'autoveicolo usato per commettere il fatto illecito.
Il nostro giudizio rimane, invece, fortemente critico sugli articoli 3, 6 e 9, e lì si concentrano le nostre proposte emendative.
L'articolo 3 interviene sul Testo unico degli enti locali al fine di consentire, con decreto del Ministro dell'interno, la rimozione del sindaco, del presidente della provincia o dei componenti dei consigli e delle giunte nel caso di inosservanza della normativa in materia di gestione dei rifiuti.
Tale previsione riguarda solo i territori in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza. Certamente, siamo d'accordo sul principio di un sistema sanzionatorio a carico dei comuni inadempienti. I danni che l'immagine del Paese ha subito dall'emergenza rifiuti in Campania sono stati troppo forti per non chiedere che chi in ciò ha avuto responsabilità non debba pagare.
La disciplina proposta, però, appare troppo ampia e generica, a rischio di forzature e di eccesso di discrezionalità. Per questo motivo, le nostre proposte emendative intendono ancorare il potere di rimozione a gravi e reiterate violazioni di legge e a gravi motivi di ordine pubblico,Pag. 5non a qualsiasi violazione della norma, comprese le ordinanze di necessità.
Si tratta, ripeto, di prescrizioni troppo ampie e generiche, che possono dar luogo a eccessi di discrezionalità. Ricordiamoci che questo articolo incide su una materia di rilievo costituzionale, qual è quella del funzionamento di organi democratici e, quindi, sono più che mai necessarie precisione e ponderatezza.
Ricordo che l'articolo 6 è diretto a rendere più rigoroso il sistema sanzionatorio nei territori in cui vige lo stato di emergenza, in relazione ad una serie di condotte già vietate ai sensi del cosiddetto codice ambientale.
In particolare, le nuove norme, oltre ad attuare un significativo inasprimento delle pene, prevedono la trasformazione di alcune fattispecie criminose da contravvenzioni a delitti, introducendo, altresì, una differenziazione tra condotte dolose, configurate come delitti, e condotte colpose, punite come reati contravvenzionali.
Anche in questo caso, il mio gruppo è sempre stato ed è favorevole a sanzioni penali a carico degli autori delle gravi condotte elencate nell'articolo 6, ma non ritiene accettabile che sia configurabile la fattispecie del delitto soltanto nella regione Campania, per quelle stesse violazioni che in tutto il resto del territorio nazionale sono punibili con l'ammenda. Se si tratta, come effettivamente si tratta, di danno all'ambiente, esso deve essere punito allo stesso modo in tutto il territorio nazionale. Come è già stato ampiamente rilevato, l'articolo 6 viola il principio di generalità ed astrattezza che deve caratterizzare la norma penale.
Venendo al lato pratico, non si può non osservare, poi, che la diversità dell'apparato sanzionatorio farà sì che i rifiuti campani trasmigrino nelle regioni confinanti. Le nostre proposte emendative prevedono, quindi, che le sanzioni siano estese a tutto il territorio nazionale e che tali sanzioni siano, sì, rigorose, ma meglio equilibrate, in particolare inasprendo quelle di natura pecuniaria.
Con l'articolo 9 si interviene sulla procedura prevista dalla legge finanziaria per il 2008 per il riconoscimento ai termovalorizzatori del diritto agli incentivi per le fonti rinnovabili.
In particolare, si prevede di includere nel novero degli impianti per i quali deve essere attivata in via prioritaria la suddetta procedura non solo quelli in costruzione, ma anche quelli entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2008. Si stabilisce, altresì, la proroga di un anno, ossia fino al 31 dicembre 2009, del termine per la conclusione della procedura stessa. Infine, si introduce una disposizione finalizzata a fare salvi i cosiddetti incentivi CIP6 per gli impianti, senza distinzione fra parte organica ed inorganica, ammessi ad accedere a tali benefici in relazione alla situazione di emergenza dichiarata prima dell'entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007.
Va ricordato che la concessione degli incentivi CIP6 agli impianti di termovalorizzazione in Campania era stata introdotta come misura eccezionale, in collegamento con la straordinarietà dell'emergenza rifiuti, appunto, in Campania. Lo scopo dei CIP 6 era, infatti, ben altro, ossia quello di favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili. L'attuale articolo 9 estende indiscriminatamente gli incentivi CIP6 dal punto di vista sia dei territori interessati sia degli impianti coinvolti, sicché si dà la possibilità di godere degli incentivi anche a regioni che hanno dato pessimi risultati in termini di gestione dei rifiuti.
Ribadisco poi il grave errore rappresentato, a nostro avviso, dalla mancata distinzione, nell'articolo 9, della frazione organica dei rifiuti da quella inorganica, questione sulla quale, ponendo una precisa condizione, è intervenuta, nella stesura del parere, anche la Commissione attività produttive, che ha anche chiesto al Governo, prima della definizione del decreto triennale previsto dallo stesso articolo 9, di fornire al Parlamento una relazione sulla situazione relativa alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.Pag. 6
Mi permetto di svolgere un ultimo appunto. Abbiamo assistito ad una condotta un po' strabica da parte del Governo, in quanto se, da una parte, si continua a parlare di fonti rinnovabili, dall'altra, non si dà seguito a quanto prevede la legge in termini di incentivi all'uso di fonti di energia rinnovabile e addirittura si torna indietro nelle forme di incentivazione che miravano al risparmio energetico, quali quelle previste nelle ultime leggi finanziarie.
Concludo, auspicando che il Governo e la maggioranza siano aperti all'accoglimento dei rilievi che ho sommariamente esposto; diversamente, il nostro voto sulla conversione in legge del decreto-legge in esame non potrà essere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,25).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1875-A)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, mi era parso di capire che nel nostro Paese stesse per aprirsi la stagione del federalismo fiscale. Letto questo decreto-legge, scopro non senza sorpresa, che si è, invece, deciso di intraprendere quella del federalismo penale. Ci sarebbe da sorridere, se non si trattasse di una questione tremendamente seria. Alla patente violazione del principio di uguaglianza, che il decreto-legge in questione comporta, si è risposto, sostenendo che circostanze eccezionali giustificano l'assunzione di misure eccezionali. Il problema è, però, forse meno semplice di come si vorrebbe sbrigativamente farlo apparire.
Intanto, mi si lasci rilevare che, come noi tutti abbiamo visto e ascoltato, il Presidente del Consiglio ha girato l'Italia, in particolare, onorando Napoli, la città da cui provengo, di reiterate visite, per comunicare, in ogni occasione, al colto e all'inclita, come l'emergenza rifiuti fosse da intendersi superata.
Non abbiamo ragione di dubitare della parola del Premier, tuttavia, nasce un problema, perché delle due l'una: o l'emergenza rifiuti non c'è e allora vengono meno gli stessi presupposti di questo provvedimento, la legittimità del ricorso alla decretazione d'urgenza, oppure l'emergenza c'è ancora e, allora, ci tocca derubricare gli annunci del Premier alla stregua di quelle gradevoli esternazioni cui ci ha, specie da ultimo, simpaticamente abituato.
La verità è che l'emergenza è l'autentica cifra connotativa dell'attività legislativa di questo Governo sino ad ora. Un'emergenza ed un'urgenza applicate contemporaneamente a fattispecie largamente eterogenee tra loro, che spesso hanno portato a ritornare più volte sulla stessa materia, vale a dire esattamente l'opposto di quanto prevede la nostra Costituzione e di quanto ci ha univocamente indicato la giurisprudenza della Corte costituzionale.
D'altronde, pur mettendo da parte l'osservazione appena svolta, è altresì vero che, sul filo del medesimo ragionamento fatto qui proprio dal legislatore, si potrebbe sostenere, ad esempio, che, essendo Milano sicuramente la piazza italiana dove è più alta la concentrazione di attività economiche e finanziarie, e dunque è più forte la possibilità che vi si consumino reati di natura economico-finanziaria, si dovrebbe pensare ad una legislazione speciale in quel settore per la Lombardia e,Pag. 7magari, ad un'altra per la Sardegna in materia di tutela dei beni paesaggistici-ambientali e via via continuando.
Sono i paradossi a cui si può arrivare quando il diverso regime penale previsto dalla legge riposi non sulla finalità di tutelare diversamente uno stesso bene giuridico, ma su un obiettivo, per così dire, didascalico: educare, cioè, ad una maggiore sensibilità, in questo caso di tipo ambientale, i cittadini appartenenti a determinate aree territoriali.
Credo, al contrario, che, in presenza di una situazione di fatto, quale quella sottesa dal presente provvedimento, sia piuttosto arduo pensare che nel nostro ordinamento si possa spezzare l'unicità del sistema penale, prevedendo non solo l'aggravamento di sanzioni già altrove tipizzate, ma anche l'introduzione di fattispecie autonome di reato ad applicazione territorialmente circoscritta.
Se questo fosse stato a suo tempo l'intento del costituente, sarebbe stato più semplice prevedere per le regioni l'esercizio di funzioni legislative estese anche all'ambito penale, come invece non è e come non mi risulta rientri negli obiettivi nemmeno dei federalisti più spinti.
Ma c'è un altro principio che il provvedimento in questione viola trasparentemente: la proporzionalità fra reato contestato e sanzione prevista.
Che in un Paese che ha deciso, per volontà di una maggioranza omogenea a quella attuale, di trattare il falso in bilancio alla stregua quasi di una birichinata fra amici, in cui alcuni ancora armeggiano per cercare di introdurre meccanismi di malleveria tali da esentare da responsabilità banchieri e sedicenti imprenditori che si sono resi colpevoli di ammanchi multimilionari, che in questo Paese qualcuno pensi seriamente di poter tenere in galera per tre anni e mezzo chi si liberi, sebbene impropriamente, del proprio frigorifero o del proprio materasso, sembra un copione tratto dalla migliore tradizione del teatro dell'assurdo.
Infatti, ciliegina sulla torta, qui si prevede di punire in maniera così severa non solo chi si liberi di rifiuti tossici, dannosi alla salute, laddove l'estrema importanza dell'interesse tutelato dalla norma potrebbe anche giustificare l'asprezza sanzionatoria, ma anche chi si liberi di rifiuti con almeno due dimensioni superiori a 50 centimetri (così recita il decreto), e dunque anche chi si liberi del proprio materasso.
Vorrei concludere, osservando che il dietrofront operato dal relatore, che aveva presentato un emendamento volto a rendere applicabile su tutto il territorio nazionale il nuovo regime penale previsto, per poi ritirarlo, dopo che i giornali avevano riportato dichiarazioni mai smentite di colleghi della Lega che lamentavano come quella estensione territoriale avrebbe danneggiato l'interesse delle imprese delle aree settentrionali, rende la questione ancor più insostenibile, inducendo a pensare che, a giudizio di alcuni, esistano interessi delle imprese diversi e diversamente meritevoli di tutela a seconda delle rispettive aree di insediamento.
Se questa è la linea che si intende far passare, mi sembra davvero che sia il viatico peggiore per affrontare, poi, il tema del federalismo fiscale. Su questa strada, e con questo strumentario concettuale, credo proprio che non andremo molto lontano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, sarà per la legge del contrappasso, che come si sa non è una legge costituzionale, ma questo decreto-legge è un decreto punitivo, come tanti altri che riguardano il Mezzogiorno. La legge del contrappasso che troviamo nella cantica dantesca viene applicata per analogia o per contrasto; qui sicuramente per analogia. Si dice: voi campani non siete stati capaci di smaltire i rifiuti? Bene, allora vi diamo un altro termovalorizzatore. Non siete capaci di differenziare? Bene, si sciolgono i comuni; tutti a casa.
Dopo l'antimafia, bisognerebbe istituire l'antirifiuti. Vi sono consigli comunali attenzionatiPag. 8dal Ministero dell'interno, accusati di collusione con la criminalità e non si interviene, non succede niente. Si scioglie, invece, un comune dopo avere ipotecato un altro termovalorizzatore; quindi, vi è quasi l'esenzione degli enti locali della raccolta differenziata. Anche qui si ravvede la solita contraddizione: si prevede una misura in un articolo, se ne prevede proprio un'altra (l'esatto contrario), in un altro. Ebbene, non possiamo essere favorevoli a questo decreto-legge per ciò che hanno affermato prima di me i colleghi e per ciò che io sto spiegando. È un decreto-legge che punisce, che non aiuta gli enti locali nella scelta della raccolta differenziata ma che indiscriminatamente punisce coloro che non la realizzano. È il caso di dire, dopo questo ennesimo provvedimento, che l'emergenza dei rifiuti nella regione Campania non finisce mai; sono già tre i decreti-legge varati a proposito. È vero, la problematicità della situazione non ci aiuta, però sarebbe il caso, ad esempio, che il sottosegretario Bertolaso fornisse alla Commissione ambiente, di cui faccio parte, al Parlamento stesso, i dati aggiornati per l'apertura di nuovi termovalorizzatori. Esprimiamo riserve su questo decreto-legge e, quindi, vedremo nel corso dei giorni successivi, anche rispetto agli emendamenti che sono stati presentati, come dovremmo comportarci (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, in premessa vorrei esporre alcune considerazioni di carattere generale. Questa legislatura, purtroppo, è stata contraddistinta - come hanno già ricordato alcuni colleghi - dalla conversione in legge di oltre 20 decreti-legge, mentre per una dozzina di altri è in corso il procedimento di conversione. Il Governo, quindi, si sta caratterizzando per l'introduzione di una nuova figura di decreti-legge che potremo chiamare serial. In sei mesi abbiamo già esaminato i cosiddetti decreti-legge sui rifiuti in Campania (1, 2, e 3), e sulla sicurezza (1 e 2). Manca spesso la capacità di una lettura attenta e approfondita dei provvedimenti, per cui si interviene su un oggetto, e poi qualche giorno, o settimana, dopo, ci si accorge di errori, di sbavature, o della necessità di nuove norme da introdurre, e si varano, quindi, ulteriori decreti-legge che prendono pezzi diversi tra loro e li mettono insieme un po' confusamente.
Questi decreti serial sono collegati da nulla che non sia la frenesia legislativa dell'Esecutivo, e tutto questo produce un livello di qualità legislativa, a nostro giudizio, molto basso. Altro che semplificazione legislativa, verrebbe da dire, e pensare che questo Governo ha dedicato addirittura un Ministero alla semplificazione. L'Unione di Centro comunque non giudica negativamente il provvedimento nel suo complesso, dal momento che vi è un reale interesse a risolvere l'emergenza rifiuti, e l'interesse dell'Unione di Centro è stato già dimostrato, quando abbiamo votato a favore del primo decreto, avendo assistito però alla bocciatura, ad esempio, di tanti nostri emendamenti, di uno in particolare, quello teso alla responsabilizzazione degli enti locali sulla raccolta differenziata che poi è stato successivamente reintrodotto con un successivo decreto. Questo metodo, basato sull'autosufficienza nella legiferazione, ci sembra un po' presuntuoso, e dobbiamo considerarlo anche a fronte di evidenti carenze dimostrate nell'azione legislativa. Abbiamo alcune perplessità e le abbiamo manifestate in Commissione soprattutto per quanto riguarda la questione relativa alla competenza della giustizia. Abbiamo stigmatizzato l'abuso delle situazioni emergenziali per produrre leggi ad hoc che poi si dimostrano controproducenti, sia per gli effetti che in concreto producono, sia per l'incidenza negativa sul sistema normativo nel suo complesso, per la sua complicazione. Abbiamo espresso perplessità sul fatto che l'applicazione di determinate fattispecie penali dipenda da un provvedimento amministrativo e che tale provvedimento, ovvero la dichiarazione dello stato di emergenza, sia adottatoPag. 9dal Consiglio dei Ministri, al quale pertanto riteniamo che si attribuiscano in questo senso poteri eccessivi.
Abbiamo ritenuto che prima di intervenire con opportune e nuove fattispecie penali sarebbe stato invece più giusto verificare come in concreto abbia trovato applicazione il cosiddetto «codice ambientale». Nello specifico, abbiamo riscontrato la mancanza dei requisiti di necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione, e ciò emerge proprio dai presupposti introduttivi del decreto nella parte in cui si afferma che lo stesso viene adottato, ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di definire un quadro di adeguate iniziative per consolidare i risultati positivi ottenuti nell'aumento della capacità di smaltimento dei rifiuti nel territorio campano e per il definitivo superamento dell'emergenza con una graduale e tempestiva restituzione dei poteri agli enti ordinariamente competenti. Questa premessa già di per sé farebbe ritenere ormai superata la fase di emergenza.
Un altro esempio è l'articolo 3, che prevede il commissariamento dei comuni e di altri soggetti pubblici in caso di mancata collaborazione per il superamento dell'emergenza. Era questo l'emendamento che avevamo proposto e che è stato bocciato da quest'Aula (dalla maggioranza). L'introduzione di una nuova fattispecie nella disciplina della rimozione degli amministratori prevista nel testo unico degli enti locali andrebbe valutata con riferimento al principio di ragionevolezza, a nostro giudizio, nell'ambito di un bilanciamento di interessi tra il principio di autonomia territoriale e di rappresentatività degli organi dell'amministrazione, da un lato, e la necessità di assicurare l'ordinato svolgimento della vita delle comunità locali, garantendo quindi la salvaguardia dei principi in materia di tutela della salute e dell'ambiente, in relazione al dichiarato stato di emergenza, dall'altro.
L'articolo 6 introduce una disciplina speciale applicabile esclusivamente nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, contrariamente a quanto era sembrato inizialmente nel percorso di questo provvedimento, che è volta a rendere più rigoroso il sistema sanzionatorio in relazione ad una serie di condotte già vietate dal decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 (il cosiddetto «codice ambientale»), tramite la trasformazione di alcune di esse da fattispecie contravvenzionali a fattispecie delittuose, la differenziazione fra condotte dolose e condotte colpose, e un significativo inasprimento delle pene (dico significativo, per usare un eufemismo). La norma differenzia dunque il trattamento penale riservato a comportamenti di fatto del tutto identici a seconda del luogo dove viene commesso il delitto. Al riguardo, sotto il profilo dell'inquadramento costituzionale, e segnatamente in relazione al principio di ragionevolezza, vogliamo comunque rilevare che il discrimine per l'applicazione delle norme si qualifica non semplicemente come area geografica in cui l'azione si compie, quanto piuttosto proprio in virtù dello stato di emergenza, delle motivazioni ad esso sottese.
Come recentemente affermato da un'ordinanza del tribunale di Torre Annunziata, se è vero che qualsiasi cittadino italiano o straniero che compia una delle condotte previste dall'articolo in questione in una delle aree per cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza ambientale può potenzialmente essere uniformemente soggetto alle sanzioni ivi previste, è altresì innegabile che di fatto le popolazioni residenti o domicilianti o dimoranti nelle aree di applicazione della norma in oggetto divengano i reali ed unici destinatari della norma penale.
L'ingiustificata disparità di trattamento tra i cittadini che gravitano nelle aree di interesse ambientale e quelli che vivono o svolgono attività produttive nelle rimanenti zone del territorio nazionale costituisce, quindi, a nostro avviso, una palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione.
Concludendo, signor Presidente, nonostante la previsione sia stata introdotta da fonte di rango primario, occorre tuttavia sottolineare che l'esplicito richiamo alle aree designate dall'articolo 5 della legge 24Pag. 10febbraio 1992 n. 225 presuppone una delega per l'individuazione di tale requisito a fonte normativa non primaria: quindi, come dicevamo prima, una deliberazione del Consiglio dei ministri o, per delega della medesima istituzione, del titolare del coordinamento della protezione civile in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione nella parte in cui detto principio impone un'assoluta riserva di legge primaria quale fonte di sanzione penale.
Pertanto, manteniamo tutte queste nostre riserve che ci auguriamo, una volta tanto, possano essere valutate positivamente in sede di discussione - e non «postume» - dalla maggioranza e dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 15,45)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bocci. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, prima di entrare nel merito degli emendamenti, mi consentirà di esprimere sentimenti di apprezzamento e di condivisione per il discorso del cardinale Sepe dell'altro ieri sul recupero dei valori etici, proprio in occasione di una festività importante per la città di Napoli. Il cardinale Sepe ha ragione quando ricorda che l'etica non può essere una formula vuota, una formula senza senso e che non si può procedere soprattutto in questo momento al buio e senza meta, dovendosi invece confrontare quotidianamente con i problemi di tutti i giorni.
Il cardinale ha parlato dei problemi del mondo del lavoro, di giustizia, di equità sociale, ha parlato di sviluppo e ritengo che sia necessario ricorrere a questi valori anche quando si affrontano provvedimenti come quello che oggi stiamo discutendo e abbiamo posto all'ordine del giorno. È necessario farlo per guardare oltre, per non correre il rischio di morire, così come ha ricordato il cardinale nella sua omelia, per recuperare valori forti che non possiamo non condividere proprio per realizzare le condizioni di un futuro diverso.
Fatta questa brevissima considerazione, mi consentirà di utilizzare il tempo a mia disposizione, signor Presidente, per entrare nel merito di alcuni emendamenti che il gruppo del Partito Democratico ha presentato e presenta al voto dell'Aula sul disegno di legge in esame.
Sono emendamenti che hanno uno scopo semplice ed elementare: migliorare il testo, modificando l'impostazione voluta dalla maggioranza in cui, a nostro parere, prevale - lo abbiamo anche ricordato nel corso della discussione in Commissione - la visione di una gestione emergenziale del problema dei rifiuti in Campania per sviluppare, invece - sarebbe auspicabile - un approccio più lungimirante e meno angusto, che affronta il problema rifiuti in base ad una opzione strategica più globale e di maggior ampio respiro. Questo è lo spirito e la filosofia che ci ha portato a presentare gli emendamenti in discussione. In generale, l'orientamento delle nostre proposte è di ricondurre il provvedimento nell'ambito del diritto comunitario e di correggere un modo di legiferare che, a nostro avviso, resta confuso e in qualche circostanza anche disorganico.
La questione di principale preoccupazione è l'eccessiva estensione della tipologia di fonte rinnovabile e l'inserimento alla lettera c) dell'articolo 9 della locuzione «senza distinzione tra parte organica ed inorganica» che appare in evidente contrasto con il dettato comunitario. È un tema sul quale abbiamo più volte richiesto in Commissione l'attenzione del colleghi di maggioranza che, purtroppo, non abbiamo avuto e che oggi siamo costretti a riproporre in Aula.
Se poi le norme ambientali vengono distribuite in decine di provvedimenti, si creano enormi difficoltà a chi cerca di applicare la legge e si rischiano contraddizioni ed incongruenze.
Il principio da cui era nato il testo unico ambientale era proprio quello di riordinare un quadro normativo affollato, per la sovrapposizione e la reiterazione di norme infilate un po' ovunque. Se, perPag. 11stare al decreto-legge in esame, si decide di inasprire il quadro sanzionatorio, la cosa migliore è quella di intervenire modificando la parte IV del testo unico ambientale, invece di introdurre, come si fa ancora una volta, una disciplina sanzionatoria a sé stante.
Premesso ciò, riteniamo indispensabile l'estensione del reato di abbandono di rifiuti, previsto nell'articolo 6 del decreto-legge in esame, a tutto il territorio nazionale. Tale comportamento, che lede ovunque un bene pubblico quale è l'ambiente e che mette a rischio la salute dei cittadini, non può essere sanzionato in modi diversi nelle diverse regioni del Paese, solo sulla base del fatto che in alcuni luoghi esso risulta più diffuso che in altri. È una contraddizione così rilevante, che non si capiscono le ragioni per cui la maggioranza continua a voler rimarcare differenze di questo tipo. La norma sulla territorialità delle sanzioni, oltre ad essere chiaramente incostituzionale, potrebbe creare ulteriori problemi, come il rischio, per le aree in prossimità delle zone dove è stato dichiarato lo stato d'emergenza, di diventare ricettacolo dei rifiuti prodotti da altri. Del resto, la lettura della norma non dice chiaramente se il locus sia quello dove è stato prodotto o dove viene abbandonato il rifiuto. Norme di carattere sanzionatorio che si prestano a dubbi interpretativi di così vasta portata rischiano di vanificare tutto il lavoro dell'autorità giudiziaria.
Gli emendamenti che presentiamo delineano un quadro di sanzioni penali rigoroso, ma più equilibrato rispetto a quello definito nel decreto-legge in esame: si inaspriscono le sanzioni penali di natura pecuniaria e nel corso dell'esame in Commissione siamo riusciti ad introdurre la norma che prevede il sequestro preventivo e la confisca dell'autoveicolo adoperato per la realizzazione dell'illecito. Su queste nostre proposte avevamo incontrato la disponibilità del relatore, che aveva a sua volta presentato un emendamento in Commissione. Poi, l'emendamento è stato ritirato con nostro grande sconcerto e non ne conosciamo chiaramente il motivo: speriamo che, nel corso del dibattito in Assemblea, si possa ritrovare una convergenza, che contribuirebbe a rendere il provvedimento sottoposto alla nostra attenzione più efficace.
Vi è poi l'articolo 3: qui si prevede la rimozione degli amministratori locali, di province e di comuni in maniera particolare, che siano inadempienti rispetto agli obblighi di legge che riguardano la materia della gestione del ciclo dei rifiuti. Non siamo contrari a questa norma: l'immagine del Paese e quindi la nostra economia - soprattutto il settore turistico e quello agroalimentare, le eccellenze del nostro Paese - hanno subito dall'emergenza rifiuti in Campania un duro colpo ed è sacrosanto che in casi gravi si ricorra ad atti di estrema severità. Noi stessi avevamo proposto, nel precedente decreto-legge, che nel caso in cui non si fossero raggiunti livelli minimi per quanto riguarda la raccolta differenziata, si potesse procedere al commissariamento, però la formulazione di tale norma è troppo generica: essa può comportare un rischio di forzature, un eccesso di discrezionalità, creando pericolosi precedenti.
Il sottosegretario Bertolaso, in Commissione, aveva dato la disponibilità a circoscrivere meglio, attraverso una griglia precisa, le fattispecie ed i casi in cui applicare tali misure. Crediamo che si possa intervenire qui, in Aula, per migliorare l'articolo, senza per questo renderlo meno efficace o ridurne la portata deterrente.
L'articolo 9, invece, è inaccettabile. Mi riferisco soprattutto al comma 1, visto che il comma 1-bis, che è stato introdotto in seguito dal Governo, contiene disposizioni sulle quali è possibile ragionare. Il comma 1 va cancellato. Esso non riguarda la Campania perché, anche con un certo strappo, il problema degli incentivi agli inceneritori di quella regione è stato già risolto con il precedente decreto-legge (il n. 90 del 2008). Esso, invece, riguarda molto una grande regione meridionale, la Sicilia. Dai conti fatti dagli uffici, risulta che il citato comma 1 costa ai cittadini circa 2 miliardi di euro, di cui un miliardo 400 milioni per impianti situati in Sicilia.Pag. 12Gli incentivi vengono dati attraverso uno strumento, il CIP6, che aveva una mission completamente differente: favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili. Se si ritiene che i termovalorizzatori e gli inceneritori in Italia non si riescono a realizzare - e, soprattutto, a gestire - se non in presenza di incentivi e di finanziamenti pubblici, è bene porre il problema in modo chiaro e trovare una soluzione ad hoc, invece di usare surrettiziamente uno strumento che è nato per altre finalità, impoverendo e creando polemiche che si trascinano da anni.
Ricordiamo, infine, gli emendamenti soppressivi relativi ai nuovi articoli 9-ter e 9-quater. Il primo prevede l'adozione di un piano nazionale degli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani residuati dalla raccolta differenziata. La norma è inaccettabile per due ragioni. La prima è che si riconosce al sistema della combustione un ruolo chiave nella gestione dei rifiuti, che è in netto contrasto con il principio di efficienza (forse bisognerebbe partire dalla riduzione a monte della produzione dei rifiuti) e con le direttive comunitarie. La seconda è che non si può mettere in discussione il principio della territorialità della gestione dei rifiuti e qualunque piano di gestione deve avere un ambito di carattere regionale, se non provinciale. L'articolo 9-quater prevede la possibilità che i rifiuti organici vengano smaltiti, attraverso sistemi di triturazione domestici, nella rete fognaria. In questo modo, si creano grossi problemi agli impianti di depurazione, che sono dimensionati per sopportare quantità minori di componente organica, rischiando così di mandare a monte la filiera del compostaggio, dove essa naturalmente funzioni.
Questi due ultimi articoli, in modo evidente, creano molti più problemi di quelli che la maggioranza ha pensato di risolvere, presentandoli in aggiunta al provvedimento originale. Per questo speriamo che vi sia una riflessione approfondita da parte dell'Assemblea e che essi vengano soppressi, per non intasare ulteriormente la gestione, già sufficientemente complessa, dello smaltimento dei rifiuti nel nostro Paese.
Mi consenta, signor Presidente, proprio all'interno di questa riflessione sulla necessità che quest'Aula possa approfondire seriamente le proposte che sono state presentate dal gruppo del Partito Democratico, di dire, ancora una volta, che ci troviamo di fronte ad un'opposizione che si fa carico delle emergenze del Paese, che le affronta, e che affronta in Aula temi così delicati, con un senso di responsabilità notevole, cercando di evitare una semplice contrapposizione tra schieramenti e privilegiando il confronto e la possibilità di trovare un punto di incontro, nell'interesse dei cittadini e del Paese. Ma se rispetto a queste proposte, da parte della maggioranza non vi sarà l'attenzione necessaria, ma assisteremo, ancora una volta, ad un atteggiamento unilaterale che non tiene conto delle proposte costruttive del Partito Democratico, saremo costretti a prendere atto che, al di là delle buone intenzioni e delle buone parole, abbiamo una maggioranza che vuole procedere in solitudine nell'affrontare le emergenze del Paese e che rifiuta il contributo democratico, serio e costruttivo del gruppo del Partito Democratico.
Per questo esprimo la speranza e l'auspicio che in questi due giorni di dibattito ci possa essere lo spazio sufficiente e necessario per lavorare nell'interesse della Campania e del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto il presidente ed una delegazione di Finitalia International di Philadelphia, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi il presente provvedimento mira a consolidare i risultati raggiunti dai precedenti interventi attraverso misure che, nei propositi del Governo, dovrebbero scongiurare l'insorgere di una situazione emergenziale con un mix diPag. 13interventi sanzionatori che graveranno soprattutto sugli enti locali inadempienti.
Il fatto che il problema richiedesse una soluzione decisa è stato, peraltro, confermato dalle parole del Presidente Napolitano il quale, nel corso della sua visita a Napoli il 1o dicembre scorso, ha dichiarato che l'emergenza rifiuti richiedeva un'azione risoluta contro cieche resistenze e decisioni improrogabili contro palesi illegalismi, aggiungendo che quell'azione risoluta è poi finalmente giunta.
La Campania e i campani, non solo quindi i cittadini di Napoli, meritavano un ritorno alla normalità dopo 14 anni di drammatiche emergenze e credo che, grazie al costruttivo dibattito svoltosi in Commissione ambiente tra tutti i gruppi parlamentari, siano state introdotte ulteriori disposizioni migliorative del testo, a conferma dell'interesse generale a porre basi per una soluzione stabile e definitiva di una vicenda non più sostenibile. Dai resoconti della Commissione si è rilevato, come è già accaduto in occasione del decreto-legge n. 90 del 2008, un clima di collaborazione che raramente si è potuto riscontrare per i provvedimenti esaminati dall'inizio della legislatura a conferma della volontà di risolvere una situazione che ha creato e crea imbarazzo di fronte all'opinione pubblica internazionale. Basti pensare ai danni che l'emergenza rifiuti ha prodotto all'economia della regione nel settore turistico e agroalimentare ed è per questo che abbiamo soprasseduto su alcune forzature che in questo decreto-legge, come in quello precedente peraltro, hanno riguardato il testo unico ambientale.
Si tratta di deroghe che, di fatto, vanno a modificare un testo già di difficile applicazione perché nato per dare una struttura organica a tutta la tematica ambientale, ma riteniamo che in questa fase fosse necessario riportare alla normalità una regione e alla civile convivenza tutta la popolazione campana.
Ovviamente, il provvedimento non è immune da critiche, lo avevamo sottolineato già nel corso della discussione delle questioni pregiudiziali, proprio perché questo decreto-legge ha dimostrato che tutti possono ravvedersi. Dopo aver chiesto già nel precedente provvedimento misure serie come il commissariamento dei comuni che non raggiungevano certe quote di differenziata, oggi ci troviamo di fronte ad un provvedimento nel quale si passa ad una proposta che ritenevamo seria ed equilibrata, ad una norma, recata dall'articolo 3, con cui sono state introdotte misure pesantemente sanzionatorie nei confronti delle amministrazioni inadempienti.
Siamo d'accordo sulla necessità di introdurre norme che dettino agli amministratori comportamenti virtuosi ed efficienti, ma siamo anche consapevoli che ci si sta muovendo su un terreno delicato. In merito la Commissione affari costituzionali ha infatti consigliato l'introduzione di modifiche al testo che limitano il potere di scioglimento ritenendolo troppo ampio se riferito alle sole violazioni in materia di gestione del ciclo dei rifiuti, soprattutto se raffrontato a quello previsto dall'articolo 142 del testo unico sugli enti locali, secondo il quale lo scioglimento scatterebbe solo in presenza di gravi e persistenti violazioni di legge.
Si paventa, cioè, un uso arbitrario e strumentale di tale norma che, peraltro, non fa riferimento ad una violazione di una legge ma di un'ordinanza di protezione civile, quindi ad una fonte del diritto secondaria. Al riguardo occorre rimarcare come lo stesso sottosegretario Bertolaso, nella seduta del 18 novembre, aveva sottolineato come fosse opportuno delimitare e circoscrivere meglio, con una casistica precisa, le circostanze in cui far scattare il commissariamento.
Confidiamo che questa norma possa veramente fungere, come ci ha spiegato il sottosegretario Bertolaso, da deterrente e che questa formulazione generica possa, di per sé, indurre le amministrazioni distratte dal rischio dell'applicazione di tali norme e metterle di fronte alle loro responsabilità, dopo anni di impunità.
D'altronde, che qualcosa andava fatto era un pensiero unanime proprio per il rispetto che si deve ai cittadini campani, costretti a subire i disagi fisici ed economiciPag. 14di una situazione imputabile quasi esclusivamente alla incapacità dei loro amministratori e per la quale sono responsabili, solo per il fatto di averli eletti, spesso più volte.
L'altro punto che ritengo possa costituire un vulnus al provvedimento riguarda la norma recata dall'articolo 6, che trasforma, nei territori in cui vige lo stato di emergenza, alcuni divieti già previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 da fattispecie contravvenzionali a fattispecie delittuose, con un significativo inasprimento delle pene. Il sottosegretario Bertolaso ci ha ricordato in Commissione che si tratta di norme richieste dalle forze dell'ordine sulla base di consultazione e che la stessa magistratura ha sempre convalidato i provvedimenti dell'autorità di polizia di pubblica sicurezza.
Noi dell'Unione di Centro abbiamo lavorato e collaborato con il Governo e con la maggioranza spesso non corrisposti, per la verità, per dare una soluzione vera a questi problemi al di fuori di ogni demagogia e non capiamo, quindi, per quale motivo il relatore che aveva previsto l'estensione della fattispecie di reato per tutta Italia - e non solo per la Campania - si sia poi tirato indietro. Un reato ambientale è tale a tutte le latitudini ed estenderlo a tutta la penisola avrebbe sicuramente fatto bene all'ambiente e ai cittadini, oltre a rendere la norma immune dai rilievi di chi ne mette in dubbio la costituzionalità.
La seconda considerazione critica su questa norma è legata al rischio che, come è già accaduto altre volte, si possa andare ad intasare, in Campania, l'operatività della giustizia in una regione in cui i tribunali lavorano già oltre il limite della loro capacità.
Sul resto del contenuto del provvedimento ritengo che siano ampiamente condivisibili le disposizioni contenute negli articoli 1 e 2, norme che vanno nella direzione di premiare il senso civico e l'impegno dei privati di conferire, senza registri particolari, rifiuti speciali fino a trenta chili allo scopo di fronteggiare l'abbandono degli stessi in siti non autorizzati o quelle che prevedono progetti pilota per garantire la tracciabilità dei rifiuti, che consentiranno di avere un'arma in più nella gestione degli stessi.
Parimenti apprezzabile è l'inserimento della educazione ambientale nei programmi scolastici della scuola dell'obbligo, mentre sul problema del CIP6, che ha sollevato e solleverà - credo - nuovi dibattiti, mi limiterò a dire che occorre procedere con provvedimenti omogenei e non con inserimenti slegati tra loro in ordine alle politiche degli incentivi, fermo restando che ogni investimento che possa contribuire ad una corretta gestione dello smaltimento dei rifiuti va incoraggiato e sostenuto.
In definitiva, credo che il decreto-legge al nostro esame presenti più luci che ombre. Inoltre, ritengo che occorre mettere mano ad una ricognizione organica sui delitti ambientali e sulle politiche di incentivazione per la costruzione degli impianti di incenerimento e credo anche che il Governo e la maggioranza siano ancora in tempo per dare una prova di buona volontà, la stessa dimostrata dall'opposizione nel corso dell'esame di questo provvedimento, approvando quelle proposte emendative che vanno ad incidere sulle criticità sopra ricordate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, credo di dover iniziare il mio intervento con una notazione che da qualche tempo sto facendo tutte le volte che sono chiamato ad intervenire su disegni di legge di conversione di decreti-legge. Infatti, ritengo che ci troviamo veramente di fronte ad uno sfregio alla Costituzione. Oggi esaminiamo un decreto-legge sui rifiuti in Campania definito urgente e ne abbiamo approvato, pochissime settimane fa, un altro anch'esso definito urgente. È pertanto evidente che (delle due l'una) o si è sbagliato prima o si è sbagliato ora. Non è pensabile che, a distanza di un mese, un intervento che doveva superare una situazione di emergenza richieda un'altro intervento di tipo emergenziale.Pag. 15
Evidentemente è il modo di legiferare che non va bene. Siamo di fronte ad uno sfregio alla Costituzione che è molto grave, perché con questo modo di operare questo Governo e questa maggioranza stanno allontanando la Costituzione reale dalla Costituzione vera, da quella che dovrebbe regolare i rapporti tra i poteri dello Stato nel nostro Paese. Di fatto, si pone nelle mani del Governo non solo l'attività esecutiva, ma anche quella legislativa. Questo credo sia gravissimo da qualunque punto di vista lo si voglia osservare. Siccome è un'azione perpetrata in modo pianificato siamo di fronte, a mio giudizio, ad un vero e proprio attentato alla nostra Costituzione.
La Costituzione non è qualcosa di immutabile nel tempo; deve essere adattata a realtà diverse, a situazioni diverse e a modi diversi di affrontare i problemi dettati dalle crisi internazionali, dalle crisi economiche e dalla situazione politica che cambia nel tempo e noi tutti dobbiamo concorrere a cambiare la Costituzione quando è necessario, ma certo cambiarla in via surrettizia in questo modo è qualche cosa che giudico non accettabile.
Veramente stiamo arrivando anche a dei paradossi, signor Presidente. Ho esaminato a fondo il disegno di legge di conversione del decreto-legge con le misure «anti-crisi» e ho visto che stiamo andando ad intervenire su decreti-legge che in questo momento si trovano ancora al Senato in via di conversione definitiva. A me pare realmente paradossale tale modo di procedere nell'attività del Parlamento.
Veniamo al decreto-legge in esame. Esso contiene una serie di norme che si prestano non solo ad essere opinabili, ma anche ad essere discutibili e che ci permettono di svolgere alcune riflessioni. Con riferimento alle norme penali in materia di abbandono dei rifiuti, la limitazione ad una sola area territoriale a noi pare poco opportuna.
Mi piacerebbe capire: di fronte alla linea di demarcazione tra la regione Campania ed un'altra regione quello che sta con un piede di qua commette un reato, quello che sta con un piede di là non lo commette. A me pare non solo paradossale, ma assolutamente inaccettabile anche sul piano della certezza del diritto, della certezza delle pene e dell'effettivo valore «terapeutico» di una norma come questa. Quindi, esiste il problema dell'applicazione della norma per un pezzetto di territorio.
Poi vorrei soffermarmi sul fatto che andiamo ad intervenire con norme penali che, in teoria, potrebbero persino portare al ricorso alla prigione per qualcuno.
Dopo l'inaccettabile indulto contro il quale Italia dei Valori ha a lungo combattuto nella scorsa legislatura, è a tutti noto che nelle carceri siamo in una situazione pressoché uguale a quella che ha preceduto la norma sull'indulto e noi, insieme ad altre forze politiche in quest'aula, lo avevamo previsto. Introducendo norme penali di questo tipo, andiamo ad aggravare una situazione come questa.
Quindi, ho riflettuto a lungo e ho proposto all'ufficio legislativo di Italia dei Valori una soluzione diversa, ovvero di prevedere misure sanzionatorie alternative a quelle penali. Quindi, vorrei leggervi la nostra proposta che, oltretutto, sarebbe valida non solo per la Campania, ma per tutto il territorio nazionale. In essa è scritto: «Chiunque in modo incontrollato presso siti non autorizzati, abbandona, scarica, deposita sul suolo o nel sottosuolo o immette nelle acque superficiali o sotterranee rifiuti pericolosi, speciali ovvero rifiuti ingombranti domestici e non di volume pari ad almeno 0,5 metri cubi, con almeno due delle dimensioni di altezza, lunghezza, larghezza superiore a 50 centimetri è punito» - invece di ciò che affermate voi nel testo del decreto-legge - «con l'affidamento in prova al servizio sociale fino a due anni o con una multa pari a 5 mila euro».
Quindi, proponiamo di far lavorare le persone colte in un'azione così grave come l'abbandono di questo tipo di rifiuti. Invece di immaginare delle strampalate idee di misure di carattere penale che non arriveranno mai in fondo, mettiamo questa gente a pulire le strade, a ripulire dalle immondizie la città, mettiamole a fare unPag. 16lavoro socialmente utile, ovvero intervenire per porre riparo materialmente ai danni che hanno fatto abbandonando i rifiuti. Quello sì che avrebbe un valore terapeutico e costringerebbe la gente a riflettere!
Tutti ricordiamo il caso clamoroso di Naomi Campbell, che - vestita da spazzino - svolgeva un lavoro socialmente utile nelle strade di New York. Penso che, se avessimo la capacità e la volontà politica di colpire realmente questi comportamenti certamente censurabili, un intervento come questo permetterebbe non solo di essere efficaci sul piano di una pena realisticamente applicabile, ma avrebbe anche un'efficacia di natura terapeutica nei confronti di tutti coloro che abbandonano i rifiuti. Da ciò deriva l'idea di colpire con una multa o comunque con un affidamento in prova al servizio sociale. Questo potrebbe valere anche - secondo la nostra proposta - per i titolari di impresa, responsabili di enti che abbandonano, scaricano, depositano in siti non autorizzati i rifiuti o li immettono nelle acque superficiali, anche in questo caso punibili con il servizio sociale fino a tre anni se si tratta di rifiuti non pericolosi, eccetera. L'idea è proprio quella di sostituire ad un intervento di natura difficile da realizzare, un intervento socialmente utile e efficace.
Vorrei ricordare, fra l'altro, che la Commissione giustizia in qualche modo ha sollevato un rilievo nel suo parere. Infatti, ha dato un parere favorevole, ma ha anche affermato, in relazione alla disciplina sanzionatoria di cui all'articolo 6, che la Commissione di merito avrebbe dovuto valutare l'opportunità di meglio definire le fattispecie individuate, in modo da renderle sistematicamente coerenti con le vigenti disposizioni. Quindi, anche la Commissione giustizia ha inteso dire: «Guardate che stiamo su una strada sbagliata, cercate di cambiare il modo di affrontare questo problema».
Noi lo abbiamo fatto con questa idea e con questa prospettiva che riteniamo sia migliore per affrontare il problema.
C'è poi un altro tema che ci sta a cuore e che riguarda la questione prevista dall'articolo 9. Con i nostri emendamenti abbiamo proposto la soppressione del comma 1-bis. Il comma, introdotto dalla Commissione ambiente, prevede infatti ai fini dell'accesso alle forme incentivanti previste dalla legge n. 244 del 2007 (in particolare dai commi 144 e 145 dell'articolo 2) una procedura di determinazione e aggiornamento periodico dei metodi per la determinazione della quota di energia elettrica imputabile alle fonti energetiche rinnovabili, prodotta nell'ambito di impianti che impiegano contestualmente anche fonti energetiche non rinnovabili, nonché di individuare delle tipologie di rifiuti per le quali sia predeterminata la quota fissa di produzione di energia elettrica riconosciuta ai fini dell'accesso ai meccanismi incentivanti. Nelle more di questa definizione si prevede che la quota fissa di energia elettrica imputabile a fonti rinnovabili sia assunta, per tutta la durata degli incentivi, pari al 51 per cento della produzione complessiva.
Di fatto si va a reintrodurre in maniera surrettizia il CIP6 per le fonti energetiche assimilabili a quelle rinnovabili. Ora qui va ricordato quanto è accaduto nel tempo, perché non possiamo dimenticare che negli anni 1990, 1991 e 1992, con l'accordo stipulato tra ENEL e l'alta economia e finanza petrolifera italiana (cioè Edison, Moratti, Garrone eccetera), era stato trovato il modo di trasformare un costo, cioè lo smaltimento dei residui di raffineria, in un introito, per cui fra le fonti cosiddette assimilate alle rinnovabili, sovvenzionabili con sovrapprezzi elettrici imposti ai cittadini in nome dell'energia pulita, furono fatti passare anche questi residui che invece, come è noto, sono assai pesanti ed inquinanti; in seguito si sono aggiunti anche rifiuti non biodegradabili. Dunque un modo meno efficiente, se vogliamo, e più inquinante di smaltire i rifiuti.
Per undici anni non se ne è parlato più. Possiamo ricordare che solo nel novembre del 2003 la X Commissione della Camera denunciò di aver stimato un'entità monetaria di 60 mila miliardi di lire, cioè 30 miliardi di euro; una denuncia che non ebbe allora effetti immediati, ma che haPag. 17potuto avere un effetto normativo con la legge n. 62 del 2005 che, lo ricordo, all'articolo 15 prescrive alla scadenza delle convenzioni in essere la cessazione, senza possibilità di proroghe, di ogni incentivazione per gli impianti funzionanti con fonti assimilate alle rinnovabili. Il precedente Governo non ha mai potuto rendere esecutivo quell'articolo né lo ha fatto l'attuale; il Governo Prodi si è anzi dichiarato contrario a che si intervenga sul CIP6 senza il consenso dei titolari di concessione. Ora noi pensiamo che questa sia una norma sbagliata e per questo con i nostri emendamenti abbiamo proposto anche la soppressione del comma 1-bis dell'articolo 9.
Mi limito per il momento a ricordare questi due aspetti, ma ci tengo a richiamare ancora una volta il ricorso a misure alternative a quelle penali, un ricorso che permetterebbe, lo ribadisco, di avere un'efficacia reale e di dare luogo ad un'effettiva applicazione di quell'azione...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. ...e soprattutto un effetto terapeutico nei confronti di chi abbandona i rifiuti per strada.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ginefra. Ne ha facoltà.

DARIO GINEFRA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, ritorniamo in quest'Aula con questo decreto-legge a discutere della drammatica emergenza rifiuti e la circoscriviamo alla regione Campania, dopo aver fatto già lo stesso con il decreto-legge n. 90 del 2008 convertito con la legge n. 123 del luglio 2008.
Voglio subito sottolineare come il Partito Democratico abbia impostato il lavoro di questi mesi su un rapporto di grande lealtà, di grande e profonda collaborazione, con un'assunzione di responsabilità complessiva che sia la politica sia il campo delle istituzioni hanno mostrato.
L'emergenza sostanziale contingente, quella che è stata fronteggiata in questi primi sei mesi, lascia ora il passo alla non meno impegnativa emergenza strutturale e culturale che il Governo vuole affrontare con il decreto-legge in esame, che si inquadra proprio in questa seconda fase dell'emergenza, ossia quella in cui si vuole affrontare strumentalmente la questione emergenziale in Campania e una materia che è difficile da interpretare e da applicare. Ci muoviamo, infatti, in un campo in cui, come tutti abbiamo visto e come hanno sottolineato i miei stessi colleghi di gruppo nei precedenti interventi, si passa dall'annuncio, dalla politica del fare, dal dinamismo che lo stesso Presidente del Consiglio ha tentato di manifestare all'opinione pubblica nazionale, e a quella campana in particolare, ad un insieme di norme che possono essere oggetto di una valutazione non sempre positiva e che credo sia necessario richiamare e sottolineare in ogni passaggio dei nostri interventi. Lo facciamo nel momento in cui siamo consapevoli che il provvedimento di cui si discute non affronta in maniera coerente, organica e strutturale un tema che andrebbe affrontato, evidentemente, con un altro tipo di misure.
Mi chiedo, ad esempio, con riferimento alla norma contenuta nell'articolo 6, quale sia il motivo che porti ad introdurre una specificità di reato, con applicazioni territoriali, considerato che siamo di fronte a norme che intendono colpire la violazione di un bene preciso: quello dell'ambiente. La considerazione che il bene leso è maggiormente e più frequentemente colpito in alcuni territori rispetto ad altri non può giustificare l'introduzione di reati e di sanzioni penali soltanto per quei territori. Inevitabilmente viene leso il principio costituzionale di uguaglianza, si crea una disparità di trattamento assolutamente irragionevole ed ingiustificata che confligge con la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale.
Noi non riteniamo che in questo campo si possa correre il rischio di norme che cadono sotto la mannaia del custode della Costituzione, ossia del giudice costituzionale. Del resto, è vero che parliamo troppo spesso, a sproposito, di federalismo, maPag. 18immaginare addirittura che con questo decreto-legge vi sia una sorta di federalismo di reati e delle pene è veramente e assolutamente eccessivo, abnorme e, soprattutto, è una scelta sbagliata.
Sottolineiamo, inoltre, che riteniamo necessario svolgere in questo campo una riflessione, che del resto era stata già aperta in un primo tempo nella Commissione competente, ma che va ripresa per dare al provvedimento quel senso di equilibrio, di rispetto dei principi costituzionali e di giusta legislazione che è l'unico nostro obiettivo.
A questo punto, vorrei soffermarmi in particolare su alcune norme che sono state oggetto dell'approfondimento della VII Commissione di cui sono componente, in special modo sulla campagna informativa prevista dall'articolo 7 e sulla campagna di cui all'articolo 7-bis, che è un'aggiunta rispetto all'approfondimento che avevamo svolto nei lavori di Commissione.
A tal proposito, signor Presidente, occorre richiamare la particolare modalità con la quale si tenta di introdurre la rivisitazione del contratto di servizi che lega il rapporto con la RAI Radiotelevisione italiana, con il servizio pubblico dell'emittenza radiotelevisiva italiana, sottraendo la competenza al Ministro delle comunicazioni e affidandola al super Ministro, il Ministro Tremonti.
Non vorrei che ci trovassimo di fronte ad una sorta di delirio di onnipotenza del Ministro stesso che lo porti in ogni occasione e in ogni circostanza (compresa questa) a manifestare, anche rispetto ai suoi colleghi, una superiorità e un primato sul quale siamo intervenuti con un emendamento specifico che mi auguro possa essere valutato con attenzione dai colleghi del Popolo della Libertà e della Lega.
Siamo in presenza di una materia assai delicata che vede in queste settimane il servizio pubblico radiotelevisivo oggetto di una particolare analisi.
In ordine alla Commissione di vigilanza abbiamo tentato di avere un approccio unitario nella soluzione di un problema che non si è ancora risolto. Oggi vorremmo capire per quale motivo addirittura si sottrae al Ministro delle comunicazioni questa sua potestà e la si affida al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale potrebbe entrare (qualora questo articolo dovesse essere recepito così come è stato presentato all'attenzione delle Camere) anche nel merito dei programmi di fiction. In questo modo il Ministro potrebbe orientare una materia non appartenente alla politica, ma agli autori radiotelevisivi, che non può esser oggetto di una sorta di censura o di un intervento condizionante da parte del legislatore e del nostro Governo.
Per quanto riguarda l'articolo 7-bis vorrei semplicemente richiamare il giusto rilievo mosso dai nostri uffici e contenuto nel dossier che è stato oggetto di un approfondimento da parte delle Commissioni competenti. Leggo la nota del servizio bilancio per evitare che il mio pensiero possa essere tacciato di partigianeria. Nel dossier si precisa: «al riguardo, nel rilevare che la norma, per la sua formulazione di carattere generale, sembra assumere una portata non limitata ai territori della Campania interessati dall'emergenza nel settore dei rifiuti, si osserva che la stessa presenta profili di onerosità dal momento che dispone, in termini precettivi, l'inserimento di una nuova disciplina nell'ambito dei programmi scolastici. La norma implica, quindi, la necessità di procedere alla formazione di parte dei docenti già in servizio, qualora possibile, ovvero al reclutamento di ulteriori unità di personale portatrici delle professionalità richieste. Sul punto appare, pertanto, necessario acquisire chiarimenti da parte del Governo».
Presidente, questi chiarimenti non sono pervenuti. Io credo che il tema dell'educazione ambientale sia assai delicato e che ad esso dobbiamo guardare con profondo rispetto; non può essere oggetto di un inserimento così casuale all'interno di una normativa che si occupa di una particolare condizione. Credo che tale tema vada affrontato nel settore competente con una riforma organica dei programmi scolastici che introduca definitivamente una materia che deve essere approfondita. Infatti,Pag. 19quando leggiamo i dati sulla raccolta differenziata, non possiamo non notare che, nonostante il decreto-legge in esame si occupi principalmente della situazione gravosa e onerosa della Campania, il nostro dato di raccolta differenziata è ancora ben al di sotto dell'obiettivo del 40 per cento richiesto dall'Unione europea. Questo non avviene solo per il ritardo della regione Campania e credo che tale questione debba essere affrontata in maniera strutturale. I nostri figli e i nostri fratelli minori devono ricevere a tal riguardo un'educazione nel mondo della scuola, andando ben oltre il contributo importante che la classe docente mette a disposizione dei nostri ragazzi.
Presidente, concludo con una considerazione. Noi ci aspettiamo che questa materia possa essere oggetto di una riforma strutturale e che, quindi, si sfugga all'idea di poterla affrontare di mese in mese, ma che con la logica dell'emergenza si possa affrontare in maniera strutturale il problema dell'emergenza rifiuti. Questa emergenza, infatti, investe anche quelle regioni che apparentemente in questo momento sono virtuose, ma che culturalmente non hanno affrontato fino in fondo quel passaggio educativo contenuto nella normativa vigente che prevedeva nelle nostre comunità il passaggio dalle tasse alle tariffe con un'altra logica rispetto a quella sanzionatoria che voi ci proponete quest'oggi.
Era una politica che incentivava il cittadino ad essere fino in fondo responsabile e ne premiava le buone azioni e la buona condotta. Oggi introducete un provvedimento che ha altre caratteristiche e che mi auguro possa essere oggetto di una rivisitazione, a partire dalle proposte emendative che il Partito Democratico ha presentato.
Basta, dunque, con questi decreti-legge «manifesto», si attivi davvero un serio lavoro coerente ed efficace che veda come protagonisti le imprese e le autonomie locali insieme al Governo centrale, per costruire le condizioni attraverso una normativa semplice e chiara. Sul territorio si creano i problemi ambientali e credo che sul territorio essi si possano e si debbano risolvere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, il decreto-legge in esame, relativo a misure specifiche per la soluzione dell'emergenza nella regione Campania, offre l'occasione per una valutazione più complessiva dello stato della legislazione italiana sui rifiuti, che ci porta necessariamente ad un'altra valutazione ancora più ampia, relativa allo stato dell'attuazione delle direttive dell'Unione europea - e, quindi, degli impegni nazionali in ambito europeo - per quanto riguarda l'ambiente: si tratta, quindi, di una valutazione sui rapporti tra Italia e Unione europea. Non è un caso, del resto, che lo stesso decreto-legge in esame riguardi modifiche e deroghe proprio per l'attuazione di importanti direttive dell'Unione europea in materia. Penso alla direttiva n. 12 del 2006 o alla direttiva n. 689 del 1991, relative allo smaltimento dei rifiuti e alla tutela dell'ambiente e della salute.
Tra le norme oggi in esame, ve n'è una che ci preoccupa particolarmente (come abbiamo segnalato durante i lavori della Commissione politiche dell'Unione europea), ossia l'articolo 9, relativo agli incentivi per la realizzazione degli inceneritori. Si tratta di una modifica della disposizione precedente, in vigore dal dicembre 2007, relativa alla procedura volta al riconoscimento ai termovalorizzatori del diritto agli incentivi per le fonti rinnovabili, incentivi che, nel provvedimento del nostro Governo, erano concedibili esclusivamente per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e, in particolare, per la parte biodegradabile dei prodotti. Ne conseguiva, cioè, l'impossibilità di concedere incentivi destinati alle energie rinnovabili per la parte non biodegradabile dei rifiuti. Vi era anche un dispositivo relativo agli impianti che erano oggetto di questa disposizione, i soli impianti realizzati ed operativi.Pag. 20
L'articolo in esame, invece, modifica la procedura per il riconoscimento in deroga degli incentivi e mira ad includere nel novero degli impianti per i quali deve essere attivata, in via prioritaria, la procedura, sia quelli in costruzione, sia quelli entrati in esercizio fino alla data del 31 dicembre 2008 e prevede anche la possibilità di prorogare di un anno - ossia fino al 31 dicembre 2009 - il termine per la conclusione della procedura stessa.
Inoltre, la stessa disposizione ne introduce una ulteriore, volta a fare salvi i finanziamenti e gli incentivi CIP6 per gli impianti, senza fare alcuna di distinzione fra parte organica e parte inorganica: tutti, cioè, sarebbero ammessi ad accedere agli stessi incentivi e per motivi connessi alla situazione di emergenza rifiuti, dichiarata prima dell'entrata in vigore della medesima legge.
Questo è il contesto nel quale abbiamo sollevato forti dubbi di compatibilità con la normativa comunitaria, perché la direttiva in esame aveva considerato e considera energia rinnovabile solo quella proveniente dalla parte biodegradabile, vale a dire dalla frazione organica dei rifiuti, mentre la disposizione in esame ammette all'incentivo anche la parte non organica.
Il motivo di questa deroga molto ampia alla direttiva comunitaria è chiaro a tutti: assicurare una convenienza economica per l'attivazione e la costruzione di nuovi impianti. Ma una deroga così ampia - forse troppo ampia, alla luce della clausola prevista nella direttiva, che rende possibili deroghe, ma non assolute e senza limiti - era davvero l'unica via?
L'unica via era proprio quella di permettere agli inceneritori di produrre energia elettrica agevolata, bruciando anche la parte inorganica dei rifiuti? O c'erano altre vie per rendere conveniente l'operazione dal punto di vista economico, data l'emergenza nella regione Campania?
In tale contesto, è forte il rischio di esporre di nuovo il nostro Paese ad una pesante sanzione comunitaria per la vicenda campana. Come dicevo, infatti, il settore dell'ambiente in Italia presenta forti criticità rispetto all'Europa. È sufficiente richiamare un dato (perché occorre richiamare il contesto nel quale stiamo esaminando l'attuale decreto-legge), che è relativo alle circa centosessanta procedure d'infrazione pendenti per l'Italia, di cui ben quarantatre, cioè un quarto, relative all'ambiente. Di queste, ben dodici sono determinate dal mancato rispetto, da parte del nostro Paese, della normativa in materia di rifiuti. È, quindi, tanto più singolare che il Governo abbia peggiorato il modo in cui viene attuata una direttiva in un contesto che, certamente, non ci vede nel gruppo di testa.
Tra l'altro, parliamo di questioni su cui l'attenzione dei cittadini e delle istituzioni comunitarie è altissima. A questo proposito, vorrei citare la dichiarazione di un esperto dell'attuale Governo, resa proprio sulla materia di cui discutiamo: un motivo dell'elevato numero di procedure di infrazione in questo settore è rappresentato dalla presenza di un controinteressato, che può esser la popolazione locale, un'associazione ambientalista o una qualunque controparte, che invia un reclamo alla Commissione europea, per rilevare una presunta violazione delle norme comunitarie in materia di ambiente, e - continua l'esperto dell'attuale Governo - si può citare il caso dei rifiuti a Napoli, attivato motu proprio da parte della Commissione europea, la cui rilevanza mediatica non richiedeva il reclamo di un'associazione ambientalista o di una collettività locale. La Commissione europea, però, è stata inondata da reclami di sindaci italiani, di comitati di quartiere, per qualsiasi passo compiuto in questa materia. Si tratta spesso di reclami che non riflettono un'effettiva violazione delle norme comunitarie, ma che testimoniano la particolare attenzione dell'opinione pubblica locale a quel settore in Italia.
Ora, visto che questo è il contesto, che non è un contesto burocratico, ma politico e di opinione pubblica, la risposta che viene dal Governo non solo non migliora la situazione generale (e non risolve le procedure pendenti), ma rischia di aggravarla nel punto specifico dell'articolo 9, che ho richiamato nella mia introduzione.Pag. 21La scelta di non limitare il CIP6 solo all'energia prodotta dalla parte organica dei rifiuti e di estenderlo anche alla parte inorganica è preoccupante e non era la sola via per incentivare gli operatori. Senza dubbio, è la via più comoda e immediata, ma è anche quella che potrebbe poi diventare più costosa in un secondo momento, se si rivelasse in chiara violazione della direttiva comunitaria.
È preoccupante anche perché le disposizioni del decreto-legge in esame sono suscettibili di applicazione generalizzata su tutto il territorio nazionale, ogni qual volta si verifichi un'emergenza nel settore dei rifiuti. In effetti, la norma sul regime agevolato del CIP6, in particolare, estesa - lo ripeto - senza distinzione tra parte organica ed inorganica, sembra riferirsi anche ai termovalorizzatori che verranno costruiti in altre parti d'Italia, come ad esempio in Sicilia.
Abbiamo illustrato la nostra posizione molto chiaramente durante il lavoro in Commissione. È una deroga molto traballante, che va limitata il più possibile nel tempo ed è questo l'invito che ribadiamo al Governo anche in questa sede.
È poi ancora più singolare che lo Stato italiano si esponga in tal modo a rischi futuri ancora più gravi. Mi spiego: nel momento in cui elaborava questo decreto-legge, il Governo - forse il Ministro Prestigiacomo non se ne è accorta - negoziava una proposta di direttiva sulla tutela penale dell'ambiente a livello comunitario, che mira ad affrontare a livello europeo il problema della criminalità ambientale. Tra queste attività, la gestione dei rifiuti, compresi i controlli di tali operazioni, che spettano allo Stato, e la gestione successiva di impianti di eliminazione, che possono provocare lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell'aria, del suolo o delle acque, rientrano nell'ambito di applicazione di questa direttiva.
Oggi, cioè, rischiamo in parte, indirettamente - certo, è ipotetico, ma non può essere giuridicamente escluso a priori - di concedere alcune deroghe anche a specifiche attività che un domani, se producessero danni gravi, ad esempio alla qualità delle acque, potrebbero addirittura avere un rilievo penale; certo, non retroattivo, ma a nessuno sfugge la portata politica di quello che stiamo facendo.
Siamo perfettamente consapevoli che la situazione campana ha raggiunto un punto di non ritorno e che, al contrario di quanto ha più volte dichiarato il Presidente del Consiglio, l'emergenza rifiuti in Campania è tutt'altro che finita; tuttavia, lo ripeto, limitiamo al massimo le deroghe o gli strappi alle regole comuni europee, soprattutto in materia ambientale, perché non si tratta di un esercizio burocratico.
Si tratta di tutelare la salute umana e l'ambiente e sarebbe veramente paradossale se, per affrontare l'emergenza di oggi, ci esponessimo a danni alla salute e all'ambiente ancora più gravi domani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Viola. Ne ha facoltà.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, il decreto-legge n. 172 del 2008, recante misure straordinarie per l'emergenza rifiuti nella regione Campania, rappresenta un ulteriore intervento nel tentativo di dare una risposta ai problemi gravissimi verificatisi negli ultimi anni in quella regione.
Vorrei, innanzitutto, premettere lo spirito con il quale il gruppo del Partito Democratico ha contribuito alla discussione su questo tema, da sempre, vorrei dire. Prima come forza di Governo, ora come opposizione, abbiamo sempre cercato di costruire norme in grado di far fronte ad una crisi eccezionale, che aveva dentro di sé il peggio di quello che poteva esprimere la cattiva amministrazione, da un lato, e con una fatalista e degradante accettazione della situazione, dall'altro, da parte dei cittadini; il tutto aggravato e attraversato dall'azione devastante della malavita organizzata.
Ecco perché non potevamo esimerci dal guardare con grande attenzione ad ogni azione tesa a risolvere questo gravissimo problema. Dapprima abbiamo accompagnatoPag. 22l'azione del Governo Prodi, per molti aspetti anticipatrice di molti dei provvedimenti giudicati risolutivi dal successivo Governo. Penso, ad esempio, a tutto l'iter per il reperimento e l'apertura di due nuove discariche, già oggi funzionanti, e di quelle successive.
Ciò ha permesso di passare concretamente alla fase di smaltimento in discarica dal giugno scorso di più di un milione di tonnellate di rifiuti. Ripeto, ciò non è accaduto per caso: il lavoro svolto nei mesi precedenti all'insediamento di questo Governo ha permesso un'operatività immediata, in grado di fornire, finalmente, una prima risposta, seppur temporanea (i colleghi che mi hanno preceduto hanno ripetutamente ricordato l'assoluta temporaneità delle soluzioni individuate per risolvere questo annoso problema).
Ecco perché, dicevo prima, non ci siamo sottratti dal contribuire con forza alla discussione in corso. Mi dispiace constatare che in questa circostanza, come in molte altre, peraltro, l'azione di Governo, intervenendo e sostituendosi, di fatto, a quella più propriamente legislativa del Parlamento, abbia sottratto al confronto e alla dialettica parlamentare la possibilità di migliorare ed adeguare il testo varato dal Consiglio dei ministri.
Riteniamo che in molte parti il decreto-legge n. 172 del 2008 possa essere condiviso (penso all'articolo 4 sui consorzi di bacino, all'articolo 5 sulla corresponsione di speciali indennità ai militari impegnati, all'articolo 7 sull'attività divulgativa da parte del Ministero dell'ambiente, tesa a sensibilizzare e responsabilizzare la popolazione su questo tema, all'articolo 8 sull'aumento della dotazione del personale dei vigili del fuoco); su tutti questi temi siamo, in linea di principio, favorevoli.
Purtroppo, dobbiamo dire che, con riferimento alle questioni di cui parlerò adesso, sulle quali avevamo posto accenni critici, abbiamo avuto pochissimo spazio per migliorare ed integrare il testo che ci è stato presentato dal Governo. In particolar modo, questo lavoro lo abbiamo svolto nelle Commissioni di merito, specialmente nella Commissione ambiente.
Mi riferisco ad alcuni punti in particolare, in primo luogo alla scelta di aggravare fino al reato penale le sanzioni previste da alcune violazioni al codice ambientale a seconda - è stato detto così anche dal relatore in Commissione - del locus commissi delicti, ovvero dal luogo dove viene commesso il reato. Ci hanno sorretto nelle nostre perplessità in ordine all'idea di limitare queste fattispecie di reato alla sola regione interessata dai provvedimenti di emergenza i pareri di autorevoli costituzionalisti. Ricordo all'Aula - è molto importante - che un emendamento in senso diverso, nel senso, quindi, di accogliere la nostre perplessità, addirittura su indicazione della Presidenza del Consiglio, era stato presentato dalla maggioranza stessa e poi ritirato in Commissione. Di fatto, invece, si adotta un atteggiamento diverso a seconda del territorio in cui viene, eventualmente, commessa questa fattispecie di reato; restano tutte le grandi perplessità su questo tema.
In linea di principio, ci convince un po' di più quanto previsto dall'articolo 3 circa il commissariamento degli enti locali in caso di violazione relativa alla vigente normativa in tema di smaltimento dei rifiuti. Se ne era già parlato, approfonditamente, al momento dell'approvazione del decreto-legge n. 90 del 2008 e si erano trovate anche convergenze tra le forze politiche di maggioranza e opposizione. Ebbene, noi siamo assolutamente convinti della necessità di una norma del genere per ciò che abbiamo esposto in premessa: la responsabilità di quanto accaduto a tutti livelli deve essere sanzionata ed accertata. Questo è uno strumento che presenta, certamente, alcuni rilievi critici. In tal senso, ci preoccupa la possibilità che l'azione di Governo possa avere mano libera per la sua applicazione, soprattutto con riferimento ad una fattispecie troppo generica e non ben delimitata. Da questo punto di vista, le proposte emendative che avevamo presentato erano assolutamente ragionevoli, proprio perché riconosciamo la fondatezza di questo articolo e, quindi, la necessità di una sua puntuale applicazione. Ma è, soprattutto, sull'articolo 9 chePag. 23noi dobbiamo concentrare i nostri rilievi più pesanti e, in qualche misura, più critici. Non tanto, e non solo, perché si estende l'applicazione del regime CIP 6 al di fuori della regione Campania - alla fine di questo si tratta -, ma perché ciò avviene al di fuori di ogni valutazione sull'effettiva capacità delle regioni, alle quali viene estesa, a rispondere con efficacia alle problematiche ambientali; qui è il nodo di tutta la questione.
Come hanno affermato, in qualche intervento, alcuni colleghi del Partito Democratico che mi hanno preceduto, ciò che ci preoccupa è che la reiterata approvazione di norme emergenziali ci fa perdere di vista l'orizzonte temporale più ampio rispetto a quelle che sono le problematiche ambientali. Siamo di fronte, quindi, ad un'estensione di un beneficio al di là dell'emergenza in Campania (che peraltro già il decreto-legge n. 90 del 2008 aveva normato, con riferimento a quella regione, con obiettivi specifici, ossia per fare in modo che decollassero i termovalorizzatori), senza peraltro andare a valutare, con effettivo valore di stimolo, la raccolta differenziata e le politiche ambientali in genere. Ci siamo già soffermati, anche negli anni precedenti, sulle criticità del CIP 6; chiediamo semplicemente che il CIP 6 sia utilizzato per il suo scopo originario: favorire le energie rinnovabili. In tal senso, siamo disponibili a discutere, in un provvedimento ad hoc, gli strumenti necessari e le misure per la costruzione e la rapida messa in funzione dei termovalorizzatori necessari ad una corretta gestione del ciclo dei rifiuti in tutte le aree del Paese, non semplicemente per favorire questa o quella regione. I riferimenti espliciti fatti da molti colleghi alla regione Sicilia ci preoccupano; ci dicono che non si sta realizzando un provvedimento che abbia l'effetto di far crescere tutto questo tessuto importante per l'ambiente italiano, ma ci si limita a provvedimenti molto di settore e territoriali.
Per tutti questi motivi quindi, riconfermando la nostra posizione di attenzione critica a questo provvedimento, sollecitiamo il Governo ad assumere tutte le iniziative atte a favorire una vera politica ambientale, al di là della gestione dell'emergenza in questione. In questi giorni abbiamo assistito preoccupati all'incredibile vicenda della sterilizzazione degli sgravi fiscali per le energie rinnovabili prevista dal decreto-legge n. 185. La sua proposizione, al di là del valore retroattivo, sebbene poi ritirata sotto la pressione furibonda dei cittadini (attenzione a questi segnali sempre più negativi su scelte improvvisate assolutamente incoerenti rispetto alle politiche), lancia però un ulteriore segnale inquietante della volontà politica della maggioranza di destra in tema di politiche ambientali. Un esame approfondito quindi della situazione generale, associato ad una revisione delle politiche ambientali messe in atto fin qui dal Governo di destra sono assolutamente indifferibili. Il provvedimento di cui stiamo discutendo in questo momento può essere allora un'occasione di rilancio di questa discussione o l'ennesima occasione persa per dare una risposta al bisogno di fare ambiente che ha il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Levi. Ne ha facoltà.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, non ripeterò, perché già espressa dai colleghi del Partito Democratico che mi hanno preceduto, la valutazione generalmente positiva nei confronti di questo provvedimento, e, su un piano più ampio, dell'azione del Governo per portare a soluzione l'emergenza nella raccolta dei rifiuti nella regione Campania. La continuità con l'azione e con le misure adottate nel corso della legislatura precedente dal Governo Prodi è del resto la base sulla quale si sono fondati l'operatività e, se si vuole, il relativo successo del Governo in carica in questa materia. Detto questo, per ciò che attiene al provvedimento nel suo complesso, non mi soffermerò neppure sui rilievi più critici svolti dai colleghi del Partito Democratico ePag. 24relativi alle perplessità suscitate dalle disposizioni contenute negli articoli 3, 6 e 9.
La validità per il solo territorio campano delle nuove norme che consentirebbero la rimozione degli amministratori inadempienti - mi riferisco all'articolo 3 - o delle nuove norme sulla portata penale dei comportamenti delle condotte in materia di smaltimento dei rifiuti - sto parlando dell'articolo 6 - solleva (come ha tra gli altri rilevato l'ex Presidente della Corte costituzionale, Valerio Onida) seri dubbi sul rispetto dei principi disposti nella nostra Carta costituzionale.
Signor Presidente, senza neppure ripetere peraltro i motivi di seria perplessità - di ancor più seria perplessità - che emergono dalla lettura dell'articolo 6 e dall'estensione alle regioni diverse dalla Campania degli incentivi CIP 6 da esso disposta, concentrerò il mio intervento sull'articolo 7 di cui si è poco parlato oggi pomeriggio. A fronte delle disposizioni che riguardano direttamente le modalità e dunque le responsabilità nella concreta attività di smaltimento dei rifiuti potrebbe sembrare d'importanza solo secondaria la questione della campagna informativa prevista per l'appunto dall'articolo 7.
La questione non è ovviamente quella della sensibilizzazione dei telespettatori, e dunque dei cittadini, sul tema di pratiche più efficienti e rispettose dell'ambiente nella raccolta dei rifiuti e in particolare sul sistema della raccolta differenziata dei rifiuti stessi.
Se tra i modelli che le nostre televisioni propongono ai telespettatori e, in modo particolare, ai più giovani tra loro fosse posta in maggior rilievo l'attenzione ai temi dell'ambiente, non avremmo tutti che da rallegrarcene.
La questione delicata, tuttavia, concerne gli strumenti disposti dal provvedimento in esame a questo fine. A tale proposito, giova ricordare che il comma 1 dell'articolo 7 prevede proprio una campagna informativa di comunicazione all'interno della programmazione televisiva e radiofonica. Il comma 2 prevede, inoltre, che si dia spazio di approfondimento al tema della raccolta differenziata dei rifiuti nei programmi dedicati alla enogastronomia. Non c'è bisogno di pensare alle mozzarelle per avere contezza della delicatezza del tema.
Disposta al comma 3 la collaborazione con il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio, il comma 4 - è questo il punto che suscita preoccupazione - stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico adegui di conseguenza a certe finalità il contratto di servizio con la RAI, prevedendo tra l'altro - cito direttamente dall'articolato - «la realizzazione nelle reti radiofoniche, televisive analogiche, digitali, satellitari, nonché mediante l'utilizzazione della piattaforma WEB, di adeguati spazi informativi all'interno dei programmi di intrattenimento, divulgativi, culturali e - notate il dettaglio - di fiction, con particolare riguardo a quelli realizzati presso la struttura di produzione RAI di Napoli», ma evidentemente anche presso gli altri centri di produzione.
Signor Presidente, per valutare nel modo più corretto questa disposizione, si deve ricordare che il testo unico della televisione stabilisce nell'articolo espressamente dedicato ai comunicati di organi pubblici che il Governo, «per soddisfare gravi ed eccezionali esigenze di pubblica necessità può chiedere alle emittenti o alle concessionarie del servizio pubblico radiotelevisivo la trasmissione gratuita di brevi comunicati». Accanto a questi brevi ed eccezionali comunicati vi sono poi gli spot informativi che, normalmente, ancorché in modo un po' impreciso, per estensione, sono noti come pubblicità progresso, anche se quest'ultima fa parte di un'emittenza un po' particolare. Sono i temi diffusi regolarmente durante l'estate: dai temi della pubblicità ai numeri verdi per gli incendi boschivi all'informazione sulle scadenze dei pagamenti delle imposte o, più recentemente, alle norme che consentono, permettono o incentivano la lotta contro la violenza sulle donne.
Tutt'altra cosa, invece, rispetto a questi brevi comunicati è, palesemente, la previsione di adeguati spazi informativi - voglio ripetere la citazione - «all'interno deiPag. 25programmi di intrattenimento, divulgativi culturali e di fiction (...)». Non vorremmo davvero che con la nobile giustificazione di una più corretta gestione dei rifiuti e della tutela dell'ambiente, il Governo si ritagliasse, anzi si regalasse degli spot pubblicitari, anzi degli «spottoni» pubblicitari nei grandi programmi della televisione e della radio. Se non fosse che verrebbe da sorridere ma da sorridere molto amaramente, signor Presidente, vi sarebbe da chiedere l'intervento della Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, sia chiaro che il cuore del decreto-legge in esame è l'articolo 9, ovvero l'incentivazione per la costruzione degli impianti di incenerimento. Si potrebbe dire così: il CIP6 che ritorna e, come in un libro giallo, ritorna sul luogo del reato. Persino rispetto al comma 1-bis dell'articolo 9 del provvedimento in esame, da parte mia e da parte nostra restano aperte tante perplessità, nonostante - aggiungo per onestà intellettuale - nella scrittura si osservi il cosiddetto «passo in avanti» in ordine, ovviamente, alla non riedizione tout court del CIP6 e prefigurando i certificati verdi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi e rappresentanti del Governo, solo pochi giorni fa i colleghi Lulli e Froner hanno presentato l'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-00714, rivolta al Ministro dello sviluppo economico. Tale atto di sindacato ispettivo è stato svolto in Commissione attività produttive, e poneva le seguenti questioni: certificati verdi, prezzi di mercato, prezzo medio, produzione di energia, considerato che i certificati verdi sono la nuova struttura di incentivazione delle fonti rinnovabili, dopo la liberalizzazione del settore (ovviamente, mi riferisco al settore dell'energia, ossia al decreto legislativo n. 79 del 1999, più noto come decreto Bersani).
Il sistema dei certificati verdi ha subito una serie di novità introdotte prima nella legge n. 222 del 2007 e poi dalla legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008). Nella ricordata interrogazione si esplicitava che nella legge n. 222 del 2007 è stata introdotta una nuova disciplina di incentivazione alla produzione di energia elettrica con l'utilizzo di fonti rinnovabili, mentre nella legge n. 244 del 2007, precisamente all'articolo 2, commi 143, 144 e 150 erano e sono previsti il rilascio dei certificati verdi, l'incremento della quota minima di energia elettrica prodotta da impianti da fonti rinnovabili che deve essere immessa nel sistema elettrico nazionale, la determinazione del valore dei certificati verdi e il loro prezzo di mercato. È previsto, sempre in questi commi, che a partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell'obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili, il Gestore dei servizi elettrici (GSE), su richiesta del produttore, ritiri i certificati verdi in scadenza nell'anno, ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere l'obbligo della quota minima dell'anno precedente, ad un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi e registrato l'anno precedente dal Gestore del mercato elettrico e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ogni anno.
Dopo questa premessa, è stata posta quindi una domanda secca e precisa al Ministro (all'interrogazione richiamata rispondeva in Commissione il sottosegretario Cosentino): quando il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ritengono di emanare i decreti di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 143-149 dell'articolo 2 della legge n. 244 del 2007? Il sottosegretario Cosentino ha così risposto: in particolare - egli ha detto a nome e per conto dei predetti Dicasteri e quindi del Governo - rispetto al comma 143 dell'articolo 2 è previsto un meccanismo incentivante, mediante rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni (ovviamente per la produzione di energia elettrica mediante gli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili).Pag. 26
Il sottosegretario ha aggiunto che, per quanto concerne gli impianti di taglio inferiore ad un megawatt, la citata legge finanziaria prevede, al comma 144, che questi abbiano diritto, in alternativa ai certificati verdi e su richiesta del produttore, ad una tariffa fissa omnicomprensiva, di entità variabile a seconda della fonte utilizzata, per un periodo di 15 anni. Il sottosegretario ha continuato col dire che, con riferimento agli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007 (quindi, a partire dal 2008) e di potenza nominale media annua non superiore a 200 kilowattora, è previsto, inoltre, un meccanismo di scambio sul posto. Infine, il sottosegretario ha risposto che, a fronte di tali previsioni, il decreto attuativo previsto dal comma 150 interviene a dettagliare le modalità di applicazione degli incentivi illustrati, prevedendo misure adatte a garantire la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui alla legge finanziaria per il 2007 e alla legge finanziaria per il 2008. Il sottosegretario ha concluso annunciando che è stato predisposto un decreto interministeriale in materia di incentivazione della produzione di energia elettrica da conversione fotovoltaica, che reca le modifiche al decreto del Ministero dello sviluppo economico. Con riferimento al citato decreto è stato richiesto il concerto con il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, segnalando che è imminente l'emanazione dei decreti sopra citati, dopo l'acquisizione del concerto con le altre amministrazioni coinvolte.
Onorevole Presidente, da questa recente risposta si evince che, per quanto riguarda i certificati verdi, si tratta di attendere (lo dice il Governo), mentre il decreto-legge che stiamo discutendo sarà convertito in legge, probabilmente, molto, ma molto, prima dei decreti attuativi menzionati dal sottosegretario Cosentino. Pertanto, si pone una domanda: chi paga i certificati verdi? Era pacifico che a regolarne l'afflusso finanziario nel loro medio valore dovesse essere il mercato. Tuttavia, i certificati non ci sono: vi è l'articolo 9 e il suo comma 1-bis è ben scritto. La domanda che si pone è, dunque, la seguente: in assenza di certificati verdi, siamo proprio sicuri, onorevoli colleghi, che il costo non ricadrà per intero sulle tariffe? Torna, dunque, l'interrogativo che ho posto, come premessa, all'inizio del mio intervento. Mi sembra doveroso, quindi, confermare che con l'articolo 9 di questo decreto-legge si ripropone l'incentivazione per la costruzione degli impianti di incenerimento attraverso le antiche procedure del CIP6. Nel nostro Paese, ciò significa scaricare per intero sulle tariffe degli utenti e dei consumatori una scelta di incentivazione, che oggi viene richiamata per la Campania, ma a cui guardano con attenzione altre regioni meridionali (sbagliando) e altre regioni del centro-nord (anch'esse sbagliando).
Continuo a pensare che il capitolo CIP6 è un capitolo chiuso, eventualmente da richiudersi, e che le opzioni devono essere necessariamente altre.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, il decreto-legge che stiamo esaminando è complesso, composito e merita sicuramente una particolare attenzione sotto molti aspetti.
Se volessimo osservare questo provvedimento come un intervento che va a completare, emendare quanto già stabilito dal precedente decreto-legge e quanto sia emerso sulla base delle necessità e dell'azione del Commissario straordinario, non potremmo non rilevare come l'impianto del decreto-legge stesso presenti qualche incoerenza e misure da fra di loro totalmente differenti. Dico questo in un momento in cui, come è già stato affermato e non intendo nasconderlo, stiamo assistendo ai positivi risultati ottenuti dal Commissario Bertolaso.
Dicevo che questo provvedimento è, a mio avviso, incoerente sotto alcuni aspetti. A fianco, infatti, di misure condivisibili e frutto dell'esperienza di questi mesi, viPag. 27sono previsioni e determinazioni che non si può esitare a definire sbagliate e assai poco motivate e che non avranno impatto sul solo territorio campano.
Fra le misure positive per la soluzione del problema nella regione Campania possiamo annoverare, come è già stato detto, quanto previsto all'articolo 1, commi 1 e 2, con misure positive per incentivare il conferimento di rifiuti ingombranti e quanto previsto agli articoli 4 e 5. Tutto ciò, però, non ci può far dimenticare quanto di non positivo, invece, è contenuto nel decreto-legge e, anche se molto si è già detto, anche se ripeterò alcuni concetti, vorrei limitarmi a due riflessioni su punti che considero assai significativi.
Il primo punto riguarda l'articolo 6, che individua una nuova disciplina sanzionatoria per le infrazioni in materia ambientale. Su ciò si è già discusso, ma tale articolo, a mio avviso, presenta due specifici aspetti rilevanti: il primo è una territorialità delle sanzioni, anche di carattere penale, su cui molti sono intervenuti e che francamente non appare molto accettabile, la seconda, però, è quella di uno squilibrio nell'erogazione delle sanzioni anch'essa difficile da intendere e accettare.
Cito un esempio leggendo il testo dell'articolo per evitare fraintendimenti. All'articolo 6, comma 1, lettera a), si stabilisce che: «chiunque in modo incontrollato o presso siti non autorizzati abbandona, scarica, deposita sul suolo o nel sottosuolo o immette nelle acque superficiali o sotterranee rifiuti pericolosi, speciali ovvero rifiuti ingombranti domestici e non, di volume pari almeno a 0.5 metri cubi e con almeno due delle dimensioni di altezza, lunghezza e larghezza superiore a cinquanta centimetri, è punito con la reclusione fino a tre anni e sei mesi (...)».
Su ciò, signor Presidente, dobbiamo intenderci: significa che chi sversa solventi chimici nocivi sul terreno in prossimità di falde e chi abbandona un divano, azione sicuramente riprovevole, in questa visione subisce un trattamento ovviamente analogo ed è punibile con la stessa pena. Questo doppio concetto di territorialità e sperequazione su alcune sanzioni lascia francamente perplessi.
Il secondo punto che intendo trattare è quello già discusso relativamente all'introduzione, nell'ambito di questo decreto-legge, dell'incentivazione per la produzione di energia elettrica ottenuta mediante la combustione di rifiuti.
In questo caso l'articolo 9, in buona sostanza, allarga la concessione di incentivi per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile - il CIP6 - a tutti gli impianti che sono entrati in esercizio fino alla data del 31 dicembre 2008, fatta salva la circostanza che tale incentivazione, come i relativi finanziamenti (senza distinzione fra parte organica ed inorganica in combustione), sono riconfermati per tutti gli impianti ammessi nella lista delle regioni in situazione di emergenza, dichiarata prima dell'entrata in vigore della legge n. 296 del 2006. A tale estensione, che già presenta dei profili di non chiarezza, si aggiunge il comma 1-bis, che prevede che tutte le nuove costruzioni godono di una modalità di calcolo per gli incentivi basati sull'idea di considerare una frazione dell'energia prodotta quale energia rinnovabile. Questa frazione di energia prodotta viene determinata su proposta del Gestore dei servizi elettrici (GSE) e adottata dal Ministero dello sviluppo economico, riconoscendo una serie di rifiuti quali ammessi a godere di tale trattamento.
È già stato richiamato che ciò è improprio in quanto la normativa europea chiarisce, in maniera non equivoca, che possono essere equiparate a fonte rinnovabile solo quelle frazioni dei rifiuti che sono biodegradabili ed organiche. In questo caso vi è, da un lato, la capacità definitoria del Ministero che potrebbe contrastare con tale punto e vi è una capacità di modificare questa funzione incentivante nel tempo (poiché tale procedura viene reiterata ogni tre anni), con grave nocumento per le aziende che devono rilevare e adottare un piano industriale per i loro impianti.Pag. 28
Inoltre, in via transitoria questa quota per gli impianti in costruzione viene valutata nella misura del 51 per cento. Tale misura di per sé non è irragionevole; tuttavia, nell'ultima modificazione dell'articolo si è precisato che il valore del 51 per cento di energia prodotta come riconosciuta da fonte rinnovabile resterà tale per tutta la durata degli incentivi, a patto che vi sia l'impiego di rifiuti urbani a valle della raccolta differenziata. Anche in questo caso non avrebbe stonato una definizione di quale debba essere il valore della raccolta differenziata tale per cui si possa accedere al mantenimento di questo 51 per cento nel caso di combustibile da rifiuti. Ricordo che su tale argomento abbiamo già discusso durante l'esame del primo decreto-legge in ordine ai rifiuti della Campania e che, ovviamente, presenta i problemi che ci siamo posti.
È chiaro che l'articolo 9, nelle sue declinazioni, pone a questo punto un problema abbastanza complesso. Da un lato, vi è il concetto (non esplicito, ma implicito) che non tutto ciò che è biodegradabile può essere ammesso ad incentivo e ciò contrasta con la normativa comunitaria. Inoltre, tale decisione è foriera di una possibile controversia, ovviamente oltre ad essere erronea dal punto di vista ambientale. Dall'altro lato vi è la «geopardizzazione» del territorio nazionale, nel quale avremmo impianti che godono di contributi del 100 per cento sull'energia prodotta, in quanto sono inseriti nelle liste di cui si diceva prima, impianti che non godono di incentivazione e, infine, vi saranno impianti che godranno dell'incentivazione nella misura del 51 per cento, che è stabilita in via transitoria ma che, sotto certi aspetti, potrà essere più che transitoria e rimanere costante nel tempo.
Pertanto, è un decreto-legge che, da questo punto di vista, introduce un disequilibrio, a mio avviso, abbastanza nocivo per tutto il sistema nazionale, anche considerando che in un altro articolo si stabilisce di fotografare la situazione nazionale degli impianti di incenerimento mediante la definizione di un piano nazionale di incenerimento dei rifiuti urbani che non potrà che registrare ovviamente tali discrepanze.
Questi sono i motivi, onorevole Presidente, per cui ritengo che il decreto-legge in esame, che pure in sé contiene molti aspetti positivi (come ho detto prima), abbia alcune ombre dal punto di vista della sostanza di quanto proposto e degli effetti che non si limiteranno alla sola regione Campania. Pertanto la perplessità che nutro su questo decreto-legge è assai forte e il giudizio non può essere, ovviamente, complessivamente e per parte mia positivo.

PRESIDENTE. Saluto la presidente ed una delegazione dell'associazione delle donne di Shangai ospiti della fondazione Marisa Belisario, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, questo è l'ennesimo decreto-legge che ha per oggetto l'emergenza dei rifiuti in Campania. Lo affermo perché naturalmente l'approccio al problema, che è un problema annoso e che dà anche una visione del Paese (ricordiamo tutti le immagini con cui il nostro Paese si è presentato in ambito internazionale anche per una strumentalizzazione politica che si è voluta fare della situazione che invece era cronica), richiede, al di là dei decreti e delle norme - che sono pur necessarie per affrontare in modo complessivo la questione -, uno sforzo di maggiore impegno e di grande attenzione da parte del Governo, della classe dirigente di questo Paese e anche della società campana e napoletana. Credo che sia un grande sforzo che il Parlamento deve fare.
La maggioranza e il Governo possono riconoscere al Partito Democratico in particolare di avere contribuito con grande attenzione, sia in sede di dibattito in Commissione, ma anche in Aula, al miglioramento dei decreti-legge sui rifiuti in Campania che abbiamo visto arrivare in quest'Aula negli ultimi mesi, con una volontàPag. 29di dare un contributo significativo che andasse nella direzione di formulare delle norme che dessero gli strumenti operativi al sottosegretario con delega alla protezione civile, Bertolaso, per poter essere decisivo nel percorso iniziato con il vecchio Governo e che oggi si sta portando avanti.
Nutro una forte preoccupazione che deriva dal fatto che qualche volta si ha l'impressione che vi sia una grande attenzione per la forma, per l'immagine, per le immagini televisive, ma una scarsa attenzione per la sostanza, che vede ancora le periferie campane (quelle di Caserta, di Napoli e il suo grande hinterland) circondate e ancora piene di rifiuti nelle strade che non sono stati mai rimossi. L'attenzione si è localizzata in particolare nel centro di Napoli, una città che non vede cambiamenti importanti anche nell'atteggiamento delle persone nei confronti del conferimento e del riciclo dei rifiuti, perché gli strumenti non sono stati ancora forniti o non in maniera adeguata.
Pertanto, accanto alle norme (lo ripeto: abbiamo sostenuto molte norme che sono state proposte nei mesi passati) ci vuole un atteggiamento diverso e soprattutto bisogna creare un'economia positiva, così come avviene nel resto del Paese, intorno al ciclo dei rifiuti, un'economia pulita, trasparente e che consenta ad imprenditori privati di operare in questo settore.
Si tratta di un settore che sviluppa posti di lavoro in tutto il mondo e in tutta Europa e che solo in Campania si è fossilizzato ed è stato ed è oggetto di presenza della malavita organizzata, che - oltre a fare i propri affari - ha prodotto anche un'incapacità di gestire questo settore economico con grande danno per la popolazione e per il nostro ambiente. Invece, credo che sia necessaria un'azione più convinta del Governo in tale ambito, con una capacità di mettere insieme lo sviluppo di una cultura diversa, che passa attraverso le scuole, come è stato scritto, ma anche attraverso il coinvolgimento degli imprenditori di quelle zone e il coinvolgimento più forte e più spinto degli enti locali e degli amministratori, che debbono responsabilizzarsi su un settore e su una materia che non hanno mai visto assunzioni di grande responsabilità da parte dei tanti che hanno avuto - non generalizziamo - la responsabilità della gestione nei loro territori.
Per questo bisogna fare delle scelte. Le abbiamo fatte e sono state dolorose nel Governo del centrosinistra e le abbiamo pagate anche elettoralmente. Su alcune di queste l'attuale Governo sta andando avanti e dal punto di vista del lavoro tecnico va riconosciuto al sottosegretario Bertolaso di metterci molto impegno e serietà nelle cose che sta facendo, anche se - come dicevo prima - questo non sempre può bastare.
Poi ci sono i messaggi contraddittori che arrivano dal Governo, dove per alcuni aspetti si dice che l'ambiente è il nostro futuro, che bisogna investirvi e riuscire a responsabilizzare famiglie e imprese in una logica di maggiore attenzione all'ambiente e il problema dei rifiuti ne è uno dei tanti aspetti. D'altra parte vediamo un atteggiamento non sempre trasparente e comprensibile nei confronti dell'Unione europea per l'applicazione del Protocollo di Kyoto, e vediamo anche - è più evidente agli occhi di tutti gli italiani - quello che si sta facendo sul bonus fiscale per gli investimenti ambientali e per l'abbattimento delle emissioni dannose nell'atmosfera.
Quindi, se si vuole costruire un'educazione all'ambiente, che consenta anche alle nuove generazioni di rapportarsi in maniera diversa anche con la gestione dei rifiuti, è necessario avere la capacità come Paese (e voi come Governo) di mandare un messaggio univoco, chiaro e impegnato.
Entrando nello specifico, mi soffermo solo su alcuni aspetti di questo decreto-legge su cui - noi come anche gli altri gruppi dell'opposizione - abbiamo presentato tutti emendamenti di merito, tendenti a migliorare il provvedimento, in qualche caso a renderlo applicabile, in altri casi a consentire che dall'applicazione del provvedimento non derivino più danni. I colleghi che mi hanno preceduto hanno toccato tutti gli aspetti relativi alle partiPag. 30penali introdotte nel provvedimento. Io volevo soffermarmi nel ricordare (anche per precedenti impegni) quanto attiene al potenziamento delle strutture dei vigili del fuoco. Si usa il termine «potenziamento», che invece è assolutamente non corretto. Infatti, si tratta di un depotenziamento delle strutture dei vigili del fuoco sul territorio campano, perché di fatto un numero (peraltro limitato, ma è quanto richiesto dal commissariato straordinario) di 35 unità viene sottratto dai compiti ordinari per essere trasferito alla diretta dipendenza del Dipartimento della protezione civile. Questo è un depotenziamento delle strutture dei vigili del fuoco sul territorio campano.
Quando avevo la responsabilità, oltre che l'onore per quanto mi riguarda, della guida politica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ricordo che tanti parlamentari di centrosinistra e centrodestra e, in particolare, tanti amici campani sollecitavano a potenziare strutture in quei siti e avevano buoni motivi per farlo, dal momento che gli uomini non erano sufficienti e gli organici non erano adeguati.
Ebbene, in questi mesi gli organici sono diminuiti a seguito dei pensionamenti e della mancata copertura del turn over a cui faranno fronte le assunzioni pagate con la finanziaria del Governo Prodi, con il personale che oggi sta facendo i corsi di formazione. Sicuramente la regione Campania è una regione che già soffre per essere sotto organico e pensare di togliere altro personale dall'attività ordinaria è un grave errore. Anche su questo aspetto abbiamo proposto un emendamento, che mi auguro che il relatore e il Governo valutino positivamente per evitare che ci sia un danno alla presenza dei vigili del fuoco sul territorio.
Tornando alle questioni più generali, ricordavo le numerose proposte emendative che abbiamo presentato come Partito Democratico e come gruppi dell'opposizione; noi ci auguriamo che ci possa veramente essere un lavoro di sinergia tra Governo, maggioranza e opposizione, perché su questi temi, se è vero che siamo chiamati a segni di responsabilità che coinvolgono la nostra attenzione per sostenere le scelte positive del Governo (quando queste scelte ci sono), è anche vero che ci attendiamo dal Governo un atteggiamento altrettanto aperto nei nostri confronti. Segnalo anche il nostro atteggiamento in questi giorni sul provvedimento, con un grande lavoro che i miei colleghi della Commissione ambiente hanno svolto in quella sede, con un ampio dibattito e la presentazione di un numero di emendamenti che, alla fine, è stato se non inferiore sicuramente non superiore a quelli prodotti dalla maggioranza. Ci attendiamo però che questi emendamenti vengano valutati attentamente nel loro merito, con particolare riferimento a quegli aspetti di carattere tecnico che tendono ad assicurare una migliore lettura delle norme (in questo settore infatti sono molto numerose e spesso di non facile lettura) e con l'intento di divenire uno strumento di migliore operatività per ottenere risultati più efficaci anche nella lotta ai rischi connessi con la presenza criminale nel settore dell'ambiente e dei rifiuti in particolare.
Chiudo con un richiamo che considero importante, un richiamo che va fatto al Parlamento senz'altro ma in primo luogo al Governo, approfittando della presenza del sottosegretario Menia. Credo che su tutta la materia che riguarda le norme di carattere ambientale, in particolare con riferimento alle loro conseguenze penali che sono state ricordate negli interventi precedenti (ci sono sanzioni penali dovute per evitare abusi), c'è bisogno di un atteggiamento che tenga conto delle imprese che operano nel settore, dei tantissimi artigiani anche con ditte individuali che sono costretti a confrontarsi quotidianamente con norme molto complesse che cambiano in continuazione. Abbiamo bisogno di una semplificazione del quadro normativo, cercando di andare incontro alle esigenze di chiarezza, perché quando c'è chiarezza nelle norme si può pretendere il loro rispetto con maggiore convinzione di quanto si possa fare in un quadro normativo confuso, spesso difficile da ricostruire anche per gli esperti del settore,Pag. 31e che richiede non solo oneri connessi al rispetto delle norme stesse, ma anche oneri connessi all'interpretazione delle norme, con studi di avvocati e attività delle associazioni imprenditoriali che spesso si dedicano intensamente a dare consulenze ai piccoli artigiani. Dovremmo costruire le condizioni per un quadro interpretativo più sintetico, più efficiente e di conseguenza più efficace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della Scuola media statale Manzoni di Andria, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Mastromauro. Ne ha facoltà.

MARGHERITA ANGELA MASTROMAURO. Signor Presidente, prima di entrare nel merito del decreto-legge in esame, mi consenta di svolgere qualche considerazione più generale sull'operato del Governo in questi mesi, nell'ambito del quale si inseriscono anche le norme varate per affrontare l'emergenza dei rifiuti in Campania.
Il Ministro Tremonti oggi è timoniere di una barca che fa acqua da tutte le parti e di una ciurma rumoreggiante, sempre pronta a chiedere più risorse, anche oltre il possibile, e a difendere interessi localistici o corporativi. Le condizioni in cui versa la nostra economia, con la crisi in atto che non trova eguali rispetto al passato, non consentono, però, di sbagliare la rotta. I cittadini oggi sono estremamente attenti e guardiani rispetto all'operato di un Governo che ha avuto il privilegio di una larga maggioranza, ma proprio per questo non ha alcuna possibilità di sbagliare se non con colpa grave o, addirittura, con dolo.
Ebbene, signor Presidente, questo Governo sta privando i cittadini onesti e bisognosi, sta privando il motore della nostra economia, ossia le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, di risorse per la loro crescita, ma poi reperisce urgentemente risorse ingenti per ripianare incapacità amministrative, come nel caso dei comuni di Catania e di Roma, dell'Alitalia e anche dei rifiuti in Campania, ma non solo in essa.
Devo denunciare, signor Presidente, la simmetria di trattamento che non è più giustificabile, i diversi metri e le diverse misure che vengono adottati nei confronti di quanti producono ricchezza rispetto a coloro che creano ammanchi. Tutto questo non può che generare sconcerto e non può più essere perpetrato, come fa questo Governo, in nome dell'emergenza.
L'emergenza rifiuti in Campania va affrontata - non c'è dubbio - ma con correttezza e serietà. Personalmente non avevo condiviso, già con riferimento al primo decreto-legge, il n. 90 del 2008, che si utilizzassero gli incentivi dei CIP6, i quali dovrebbero favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili, per incentivare gli inceneritori della Campania. Con questo provvedimento, all'articolo 9, comma 1, tali incentivi vengono estesi addirittura agli inceneritori entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2008, ovvero agli inceneritori della Sicilia. Scopriamo, dunque, che vi è un'altra emergenza non dichiarata, quella della Sicilia, e dopo di essa ce ne saranno sicuramente altre poiché con i rifiuti l'emergenza non finirà mai.
Allora, se il tema è che non si costruiscono inceneritori se non con incentivi statali, ovvero con i soldi dei cittadini, almeno abbiamo il coraggio di dirlo e affrontiamolo con una legge che non discrimini i territori e le regioni e che non danneggi cittadini e imprese, come oggi accade, ai quali bisogna offrire giuste contropartite. Su questo punto il mio personale giudizio è irrimediabilmente molto duro e molto critico; invece, signor Presidente, su altre criticità, si può discutere.
Mi riferisco, ad esempio, all'eccessiva genericità dell'articolo 3: esso, così come è formulato, risulta troppo ampio e generico laddove prescrive il commissariamento e lo scioglimento di enti locali, province e comuni nel caso in cui non siano adempiuti gli obblighi di legge in materia di gestione del ciclo dei rifiuti. Non si può essere contrari all'assunzione forte di responsabilitàPag. 32da parte dei cattivi amministratori, ma riteniamo che questo articolo, così come è formulato, possa dar luogo a forzature e, per eccesso di discrezionalità, possa dare facilmente luogo ad un uso politico, strumentale, della norma che non si addice alla serietà della proposta.
Per questo motivo noi abbiamo chiesto al Governo di migliorare l'articolo senza in alcun modo sminuirne la portata, aggiungendo gli attributi di gravi e reiterate violazioni degli adempimenti di cui si parla.
Infine, ribadisco le perplessità espresse dal mio gruppo in Commissione sull'articolo 6 nella misura in cui circoscrive l'inasprimento delle sanzioni nei confronti di chi, scaricando ovunque rifiuti ingombranti, deturpa il paesaggio e crea problemi per la salute alla sola Campania o alle zone soggette ad emergenza. Su questo articolo noi abbiamo ritenuto opportuno presentare proposte emendative che, da un lato, estendano l'ambito territoriale delle sanzioni e, dall'altro, modulino nel modo migliore, dal nostro punto di vista, le sanzioni stesse.
Signor Presidente, concludo con l'invito al Governo a dare dimostrazione di voler dialogare e collaborare con il nostro gruppo per risolvere le criticità denunciate. Noi abbiamo apprezzato le positività del provvedimento, ma ne abbiamo sottolineato doverosamente le lacune. Se a queste lacune si porrà rimedio lavorando insieme sugli emendamenti, sono certa che il provvedimento potrà ottenere un giudizio complessivamente positivo da parte del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, da questi banchi dell'opposizione abbiamo avvisato il Governo tante volte, dall'inizio della legislatura, che non è con gli spot che si risolvono i problemi. Lo abbiamo fatto, ad esempio, sul cosiddetto decreto Carfagna che ha confuso la lotta alla prostituzione con un'operazione di decoro urbano, limitandosi a togliere dalle strade le donne costrette dai trafficanti a vendere il proprio corpo. Lo abbiamo ripetuto, ultimamente, sugli aiuti ai cittadini bisognosi, spiegando al Ministro Tremonti che la crisi non si supera offrendo alle famiglie una pizza al mese, ma che occorre un piano organico di lotta alla povertà, come avviene nella stragrande maggioranza degli altri Paesi europei. Torniamo a dirvelo anche oggi: non si tolgono i rifiuti dalle strade minacciando il carcere per i cittadini campani che buttano per strada un frigorifero. È uno spot che magari funziona o può funzionare sull'opinione pubblica, ma dietro lo slogan c'è il vuoto anche dal punto di vista giuridico.
Ci guardiamo bene, signor Presidente, dall'incentivare la pratica di lasciare per strada gli elettrodomestici vecchi, per carità, ma nessun costituzionalista è riuscito finora a spiegarmi come mai, secondo quanto questo decreto-legge stabilisce, se lascio una lavatrice in strada a Bolzano me la cavo con una multa, mentre se lo faccio a Napoli finisco in carcere.
Vari colleghi sottolineavano, prima di me, come questo provvedimento sia in palese violazione dell'articolo 3 della Costituzione (quello sull'uguaglianza), ma ci rendiamo conto che, dopo l'approvazione del lodo Alfano, anche l'uguaglianza di fronte alla legge, per questo Governo, è diventata un concetto flessibile e direi pure demodé.
Capiamo bene che, da un punto di vista mediatico, la maggioranza non abbia nessun interesse a coinvolgerci in questo decreto-legge. «Napoli pulita» è una vittoria di Berlusconi e tale deve restare. Anche se poi proprio pulita non è: da parlamentare eletto in Campania e fedele al suo collegio posso testimoniare di persona che la monnezza c'è ancora nelle periferie della città e in molte zone della provincia, anche se ora è vietato parlarne, in quanto è poco delicato. E la monnezza che non c'è più - ma nemmeno questo si dice per non fare ombra al Governo - è stata tolta anche grazie alla collaborazione dei sindaci del PD e delle amministrazioni locali.Pag. 33
Ho sentito con le mie orecchie il sottosegretario Michela Vittoria Brambilla affermare a Napoli, durante un congresso della Confesercenti, che non ci sono fondi per il turismo perché bisogna spenderli tutti per riparare al danno di immagine causato dalla monnezza. E dov'erano queste preoccupazioni per l'immagine di Napoli durante la campagna elettorale?
Dov'erano, quando i telegiornali vicini a Berlusconi riproponevano per settimane le stesse immagini d'archivio? Dov'erano, quando l'attuale Presidente del Consiglio scriveva una lettera ai nostri connazionali all'estero, in cui definiva compromesso il prestigio dell'Italia intera?
Non prendiamoci in giro, signor Presidente: la faccenda dei rifiuti - colpevolmente servita dal vecchio centrosinistra a Berlusconi su un vassoio d'argento - è stata, ed è ancora, il capitolo più polposo della propaganda dell'attuale Governo, il quale, però, più di una volta, ha avuto bisogno dei nostri suggerimenti per evitare errori clamorosi.
Faccio un esempio su tutti, per chiarire il problema: si pensi al numero dei termovalorizzatori, che ai tempi del Governo di centrosinistra si chiamavano inceneritori, ma che ora, avendo cambiato nome, non spaventano più nessuno. Cito una battuta del nostro ministro ombra per l'ambiente, Ermete Realacci: «Fino ad aprile, se avevi un termovalorizzatore eri un criminale. Ora, se non ne hai almeno due, sei un demente! ». Certo, l'allarmismo non faceva bene a nessuno e noi stessi, intesi come coalizione del precedente Governo, ne abbiamo fatto le spese. Ma che bisogno c'è di costruire cinque termovalorizzatori, quando tutte le stime finora effettuate dal commissario Bertolaso - che sono piuttosto larghe e cautelative e si prendono anche un buon margine di errore - fanno ritenere che ne bastino quattro, quelli indicati nel precedente decreto-legge (ossia Napoli, Acerra - che sarà il più grande termovalorizzatore d'Europa per capacità -, Santa Maria La Fossa e Salerno)? Bastano questi quattro!
Nonostante ciò, due mesi fa Berlusconi ne annuncia un quinto, nell'area nord occidentale della regione, senza sapere ancora con certezza se ve ne sarà bisogno oppure no: vi sembra uno scrupolo troppo grande chiedervi prima se è proprio indispensabile? Quando il decreto-legge arriva in Commissione ambiente, i miei colleghi cercano di affrontare il problema in maniera ragionevole e noi del PD riusciamo a far approvare un emendamento che obbligherebbe il Governo «alla verifica effettiva e motivata delle esigenze reali del ciclo dei rifiuti». Non è, questo, un contributo costruttivo, per evitare che, prima di Natale, Berlusconi annunci un sesto termovalorizzatore a Capri?
Allora, perché la maggioranza non ci ascolta, anche quando chiediamo di estendere il meccanismo delle sanzioni, di cui parlavo poco fa, a tutto il territorio nazionale? Perché non ci ascolta quando chiediamo che le amministrazioni locali vengano sciolte solo in caso di gravi e reiterate inadempienze in materia di rifiuti (perché una singola inadempienza amministrativa non può subire lo stesso trattamento di un'associazione di stampo mafioso)?
Infine, da parlamentare eletto in Campania, chiederei chiarimenti su un altro aspetto, che mi risulta un po' nebuloso. La Campania, che ha dichiarato lo stato di emergenza, ha ricevuto, attraverso il decreto-legge in esame (e, soprattutto, attraverso quello precedente), l'autorizzazione ad utilizzare gli incentivi CIP6 per gli inceneritori già avviati: in sostanza, le imprese che decideranno di completare gli impianti avranno un aiuto notevole e davvero importante dal punto di vista economico. «È perché siamo in stato di emergenza», ci è stato detto, ma adesso ci accorgiamo che questa regola non vale per tutti e che non avviene sempre così. Penso, ad esempio, alla Sicilia del centrodestra, che versa in una situazione altrettanto grave, di cui, però, i media misteriosamente non parlano. Eppure, a Messina e Catania qualche immagine da girare per i telegiornali ci sarebbe pure! Bene, la Campania ha avuto il coraggio di dichiarare lo stato di emergenza, pagando anche un prezzo di immagine nei confronti dell'opinionePag. 34pubblica, mentre l'analoga emergenza in Sicilia sta passando sotto silenzio: non ci è giunta notizia di lettere del Presidente del Consiglio ai nostri connazionali all'estero, per denunciare che i rifiuti di Catania compromettono il prestigio dell'Italia. Eppure, nel decreto-legge in esame si prevede che anche alle amministrazioni siciliane si applichi la norma sui CIP6: come se fossero in stato d'emergenza o, meglio, come se lo avessero ammesso.
Ma se così fosse - se cioè anche le regione governata da questa maggioranza ammettesse il proprio fallimento nella gestione dei rifiuti - il Presidente Berlusconi non potrebbe più dire in giro che il centrosinistra ha rovinato l'Italia con la monnezza, mentre il centrodestra l'ha ripulita. Non potrebbe più presentarsi per strada con una scopa in mano, come ha fatto recentemente a Napoli, senza che qualcuno stavolta lo costringa a spazzare davvero (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, affrontiamo l'esame di questo decreto-legge sull'emergenza rifiuti in Campania con l'assoluta consapevolezza della gravità del fenomeno emergenziale che si è determinato su quei territori e dei danni incalcolabili che sono stati prodotti al territorio, ai cittadini campani, all'Italia intera, sotto il profilo dell'immagine internazionale e non solo.
È una consapevolezza che ci porta ad affrontare l'esame del provvedimento con grande senso di responsabilità e con la condivisione della natura emergenziale di queste norme, sapendo che le responsabilità per quanto è avvenuto sono complesse e annose, attraversano Governi di vario colore, ma che tuttavia il centrosinistra, che governa da tempo nelle posizioni principali la Campania, reca una responsabilità particolare, cui non deve sottrarsi.
Il cardinale Sepe - è stato ricordato da qualche collega - ha pronunciato di recente parole molto chiare nei confronti della classe dirigente locale, un richiamo alto ai valori dell'etica pubblica, un invito molto pressante a mettere al centro le responsabilità nei confronti del bene comune, la tensione morale in chi amministra. Si tratta di parole non dissimili da quelle pronunciate dall'alto pulpito laico, dal Capo dello Stato, nella stessa città.
La questione cosiddetta morale non può che essere un fatto coessenziale alla politica e alle responsabilità di chi amministra. Non dobbiamo, però, confondere la questione morale con la questione giudiziaria. Se le due cose coincidessero, avrebbero dovuto portare lo stesso Partito Democratico a decidere la sospensione dal partito del presidente Bassolino e di tutti gli indagati, ma ciò non è avvenuto e non avviene, mentre avvengono degli ostracismi ad personam, come è successo nel tragico caso dell'ex assessore Nugnes e in quello, per fortuna diverso, dell'assessore Cioni di Firenze, come coraggiosamente ricordato dal sindaco di Firenze Domenici.
Dunque, una cosa è la cattiva amministrazione, che è compito della politica e dei cittadini valutare, altra cosa sono le responsabilità penali, che si accertano con sentenze passate in giudicato e non solo con semplici avvisi di garanzia, che segnano il doveroso avvio di un'indagine, non la sua conclusione.
Questi temi, che sono sullo sfondo delle misure emergenziali in materia di ambiente, debbono essere ben presenti alla nostra responsabilità, perché le confusioni sono esiziali e ciascuno, come detto, è chiamato a svolgere, invece, nel modo più forte, chiaro ed efficiente il proprio compito, senza deleghe né sostituzioni né confusioni tra i compiti della magistratura e quelli della politica.
La drammaticità dell'emergenza Campania meritava, dunque, un intervento energico e il Governo ha fatto bene a realizzarlo, sebbene con misure che contengono asperità e soluzioni non del tutto condivisibili.
Altri colleghi, come gli onorevoli Realacci, Froner e Vico, hanno ricordato lePag. 35criticità che accompagnano l'uso reiterato dei cosiddetti incentivi CIP6 per i termovalorizzatori, previsto dall'articolo 9.
Non mi soffermo su questo punto, ma è chiaro che queste critiche sono fondate. L'articolo 3 presenta anch'esso delle criticità, perché va bene commissariare i comuni e gli enti locali gravemente inadempienti, ma una cosa è la nomina di un commissario ad acta sostitutivo dell'organo comunale o provinciale inadempiente su una determinata funzione, altra cosa, invece, è la rimozione, come è scritto nell'articolo 3, dei sindaci e dei presidenti delle province per inadempimenti molto indistinti e imprecisati.
L'articolo 3 (fa bene il gruppo del Partito Democratico a proporre degli emendamenti che circostanzino meglio questi casi) prevede addirittura la rimozione, ad esempio, dei presidenti delle province in caso di mancata osservanza degli obblighi posti a carico delle province inerenti alla programmazione ed organizzazione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale.
Già queste due parole - programmazione ed organizzazione - dimostrano la relatività, diciamo anche la discrezionalità del concetto di efficiente programmazione e organizzazione ed è chiaro che non basta una programmazione o un'organizzazione inefficiente o che contenga qualche inadempimento per una totale rimozione dell'organo previsto dalla Costituzione (in questo caso il presidente della provincia); altrettanto si potrebbe dire per i comuni.
Va bene, quindi, l'idea del commissariamento nei confronti di organi di enti locali inadempienti su specifiche funzioni, ma in modo più circostanziato e preciso di quanto non faccia l'articolo 3 del decreto-legge in esame.
L'articolo 6 è stato anch'esso oggetto di diversi interventi e valutazioni critiche, poiché, come noto, propone delle sanzioni penali in caso di abbandono o di trasporto o di altre condotte relative ai rifiuti ingombranti nelle zone soggette ad emergenza ambientale.
Può e deve essere oggetto di meditata riflessione l'uso e la previsione di sanzioni penali in questo caso. È prevista una condanna penale alla reclusione fino a tre anni e sei mesi per chi abbandona rifiuti di una certa dimensione in queste zone.
Devo dire che la tecnica normativa è molto discutibile, innanzitutto perché vi sono sanzioni interdittive e pecuniarie forse più efficaci della stessa misura penale. Siamo tutti attenti ad un dibattito che preveda, sì, la certezza delle pene, ma meno ricorso al carcere nei casi di comportamenti minori; la pena detentiva deve essere irrogata con certezza, ma deve essere prevista solo per i comportamenti e i reati più gravi.
Invece, qui, come in altri casi, si reintroduce una sanzione penale che potrebbe, più efficacemente, essere sostituita da una sanzione alternativa ugualmente efficace e seria, ma non di tipo detentivo. Sappiamo che queste previsioni sono destinate, sostanzialmente, ad essere equiparate alle grida manzoniane: quasi mai i processi terminano prima della prescrizione, e quasi mai la pena, in questi casi, viene effettivamente scontata.
Tuttavia, mi discosto un po' dall'ordine concettuale che molti colleghi hanno utilizzato a proposito della specialità di questa pena. Molti hanno eccepito la scarsa costituzionalità, diciamo così, di sanzioni penali relative solo ad una regione, o ad una zona geografica, ed hanno parlato di federalismo penale; da questo punto di vista, la tesi sta poco in piedi. In effetti, non si parla di una sanzione penale applicata solo ad una regione, né ad una sola zona geografica, ma di una sanzione che riguarda determinate condotte relative a zone dichiarate in stato di emergenza ambientale. Il dossier del Servizio studi, puntualmente, fa notare che le norme di cui all'articolo 6 introducono una disciplina applicabile nelle sole zone del territorio nazionale che siano oggetto di dichiarazione dello stato di emergenza, differenziando, dunque, il trattamento penale riservato a comportamenti, di fatto, del tutto identici a seconda del locus commissi delicti.Pag. 36
Riguardo il profilo dell'inquadramento costituzionale - sempre secondo il dossier del Servizio studi -, e segnatamente in relazione al principio di ragionevolezza, va comunque rilevato che il discrimine per l'applicazione delle norme si qualifica non semplicemente come area geografica in cui l'azione si compie, quanto piuttosto in virtù dello stato di emergenza e delle motivazioni ad esso sottese. Si dice: ma lo stato di emergenza e le motivazioni ad esso sottese sono contenute in un atto di natura amministrativa, o quantomeno di rango subprimario, e non in una fonte di legge. Anche questo rilievo, francamente, non prova molto. È prevista, pacificamente, nel nostro ordinamento, una quantità di situazioni con riferimento alle quali le norme sono assolutamente più severe e di rango penale nel caso in cui il bene sia individuato, sempre con atto amministrativo, come un bene speciale dal punto di vista dell'interesse pubblico (mi riferisco, ad esempio, alla categoria dei beni storico-artistici, o di quelli paesaggistici, vincolati). In questi casi, i beni vincolati, in caso di alterazione, sono soggetti ad una sanzione anche di tipo penale non prevista, invece, per gli stessi beni ed esattamente per le stesse condotte (poniamo ad esempio per l'abbattimento di un muro o per una modifica dello stato dei luoghi) nel caso in cui il bene non sia soggetto ad uno speciale interesse pubblico sancito con atto amministrativo. Si verifica lo stesso tipo di situazione per talune condotte commesse nei parchi, sanzionate in modo assolutamente speciale e diverso rispetto a quelle commesse in altre luoghi. Vi sono sanzioni, anche di rango penale, in caso di aree dichiarate a rischio ambientale in base alle normative del 1987.
Inoltre, nel provvedimento all'esame di queste Camere proprio in questi giorni vi è una differenziazione anche di natura penale relativa alla protezione dei beni culturali nei confronti di conflitti armati.

PRESIDENTE. Deve concludere.

PIERLUIGI MANTINI. Si tratta di beni - concludo Presidente - individuati attraverso atti amministrativi. Quindi, non mi convince questo tipo di critica. Sono invece ben convinto che il provvedimento possa e debba essere migliorato. Apprezziamo lo sforzo del sottosegretario Bertolaso e l'impegno del Governo, ma riteniamo che il Parlamento debba correggere e migliorare, almeno nei punti indicati, il decreto al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Esposito. Ne ha facoltà.

STEFANO ESPOSITO. Signor Presidente, credo che con questo ennesimo decreto per fronteggiare l'emergenza rifiuti in Campania si sia persa nuovamente l'occasione per cercare di risolvere i problemi sicuramente presenti in questa regione e stiamo, altresì, assolutamente correndo il rischio di creare un sistema che non produrrà gli effetti desiderati. Mi riferisco in particolare all'articolo 9 che rappresenta il cuore di questo decreto. Da questo punto di vista - lo hanno già detto i miei colleghi del Partito Democratico - siamo di fronte all'ennesimo regalo a quelle realtà di questo Paese che non si impegnano seriamente, come invece avviene per esempio nel nord e nel centro Italia, nella raccolta differenziata. Provo a spiegarmi, Presidente, perché credo che bisogna dare un riconoscimento al Governo per quanto riguarda l'inserimento in questo decreto - vorrei ricordarlo -, su proposta del Partito Democratico, della disposizione di cui all'articolo 9, comma 1- bis. Infatti, l'articolo 9 viene inserito in maniera del tutto anomala all'interno di questo decreto per riconoscere ad alcune realtà - sappiamo bene che stiamo parlando della Sicilia ma probabilmente non solo di tale regione, visto che gli effetti di questo decreto si produrranno anche per l'anno 2009 - i famigerati CIP 6, famigerati non tanto per quanto riguarda il modo in cui sono nati e sono stati immaginati, ma per come le relative risorse fino ad oggi sono state distribuite. Vorrei ricordare, Presidente, alcuni dati riferiti al 2007. Lungo l'arco del 2007 sono statiPag. 37versati 5,3 miliardi di euro per i CIP 6; il 71 per cento è stato attribuito alle fonti assimilate di natura industriale, in particolare alla raffinazione del petrolio (che con le energie alternative mi pare abbiano poco a che vedere); il 23 per cento alle fonti rinnovabili solare, eolico e biomasse (cioè quelle vere) e soltanto il 6 per cento ai termovalorizzatori. Noi ci apprestiamo con questo decreto e con questo articolo 9 ad attribuire una certa quantità di risorse soltanto alla Sicilia, che è in una situazione di emergenza, ma vorrei ricordare che le situazioni di emergenza si sono verificate anche in altre aree del Paese. Mi permetta Presidente di ricordare ciò che è avvenuto, per esempio, nella regione Piemonte, in particolare nella provincia di Torino dove la condizione di emergenza perdura fin dal 2004. Quella realtà territoriale si è rimboccata le maniche; ha chiesto ai propri cittadini di fare dei sacrifici, ed oggi può vantare il risultato di raccolta differenziata più alta tra le grandi realtà metropolitane (il 40 per cento). Non ha chiesto e non ha ottenuto - ma non ha soprattutto chiesto - aiuti. Ha scelto di praticare la raccolta differenziata con il sistema porta a porta. Ha chiesto ai propri cittadini un impegno anche economico a favore dell'ambiente. Oggi quella realtà, nel giro di quattro anni, ha dimostrato che si può fare una seria azione ambientale ed una seria raccolta differenziata. Allora, mi chiedo, Presidente, perché in un decreto, che per molte parti è condivisibile, si sceglie di mettere in campo un miliardo e 600 milioni di euro per la realizzazione dei termovalorizzatori in Sicilia senza chiedere a questo territorio un impegno serio per la raccolta differenziata.
È una domanda alla quale non è stata data una risposta (in particolare, in Commissione più volte è stato richiesto al sottosegretario Bertolaso di fornire una risposta su questo tema). Il Partito Democratico ha presentato, inoltre, alcuni emendamenti al fine di vincolare alcuni sostegni per la realizzazione dei termovalorizzatori in Sicilia alla capacità di mettere in campo un'azione concreta per la raccolta differenziata, ma le risposte non ci sono state fornite.
Signor Presidente, nell'articolo 9, comma 1-bis, riformulato dal Governo sulla base di una proposta di emendamento avanzata anche dal Partito Democratico e condivisa da una parte della maggioranza, viene finalmente compiuto un atto di giustizia, inserendo la possibilità per alcuni termovalorizzatori realizzati o in via di realizzazione al nord di ottenere l'incentivazione con i certificati verdi, che sono tutt'altra cosa dai CIP6.
Viene prevista la percentuale del 51 per cento per il riconoscimento dei certificati verdi, con l'inserimento di due elementi importanti. Il primo consiste nel fatto che l'incentivo viene riconosciuto nel caso dell'impiego di rifiuti urbani a valle della raccolta differenziata oppure nel caso dell'impiego di combustibile da rifiuti, il cosiddetto CDR.
Signor Presidente, ritengo che questa maggioranza avrebbe potuto operare una scelta innovativa in campo ambientale. Avrebbe potuto utilizzare questo articolo 9, comma 1-bis, anche per altre realtà in emergenza e non solo la Sicilia. Infatti, sappiamo che molto probabilmente attraverso questo decreto-legge altre regioni, a cominciare dalla Puglia, e probabilmente dal Lazio, otterranno per la realizzazione dei loro termovalorizzatori incentivi sulla base del CIP6. Ritengo che sia sbagliato e vorrei dirlo a quelle forze politiche che rappresentano o credono di rappresentarne una parte del Paese, il nord, perché creiamo un continuo testacoda in questo Paese. Dunque, le realtà virtuose sono continuamente penalizzate, mentre le realtà non virtuose vengono aiutate. Ritengo che tale risultato non sia realizzato sulla base di un calcolo elettorale: infatti sarebbe veramente impressionante se questa fosse la ragione.
Nonostante non si possa non riconoscere al Governo di aver compiuto un passo in avanti, deve essere chiaro che il Partito Democratico non fa scambi su questo terreno. Non scambiamo l'articolo 9, comma 1-bis, con il CIP6 alle regioni inPag. 38emergenza o in presunta emergenza. Chiediamo un fortissimo impegno al Governo, affinché corregga questa linea e abbia il coraggio di porre sullo stesso piano le diverse realtà territoriali e, soprattutto, i cittadini di questo Paese e affinché imponga risultati seri sulla raccolta differenziata in cambio di un sostegno.
Come già è stato detto da alcuni miei colleghi, ritengo che il Partito Democratico non abbia difficoltà a ragionare ed a discutere su una legge ad hoc per la realizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti. Vi è tutta una filiera: vi sono i termovalorizzatori ma vi sono anche gli impianti per trasformare ciò che viene raccolto in maniera differenziata. È questo un tema altrettanto importante che non trova mai spazio all'interno della decretazione d'urgenza del Governo sull'emergenza, ma si tratta di un altro capitolo. Sarebbe un segnale e la dimostrazione che questo Governo ha intenzione di perseguire in maniera diversa la politica ambientale e anche di dare al Paese una certa omogeneità, a partire dalle opportunità messe in campo per consentire ai cittadini di svolgere un'azione ambientale con la raccolta differenziata e per riconoscere loro dei meriti che si tradurranno nella bolletta pagata dai cittadini per la raccolta differenziata e per lo smaltimento di rifiuti.
Mi permetto, signor Presidente, di portare quest'ultimo esempio: mi chiedo come sia possibile che realtà virtuose, dove la raccolta differenziata supera abbondantemente il 35-40 per cento, si trovino a pagare tariffe per lo smaltimento che sono mediamente superiori del 30-40 per cento rispetto alle realtà territoriali di questo Paese che non operano la raccolta differenziata e ottengono gli incentivi del CIP6 e che trovano la scorciatoia dell'emergenza, alla quale il Governo concede a mio avviso in modo del tutto sbagliato un riconoscimento economico ma anche morale e sociale che ritengo andrebbe immediatamente corretto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

In morte dell'onorevole Vito Gnutti.

ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, vorrei chiedere a lei e a tutti i colleghi di fermarci un attimo e osservare un minuto di silenzio per la scomparsa dell'onorevole Vito Gnutti.
Vito Gnutti è stato ingegnere, imprenditore, parlamentare dal 1992 al 2001, già Ministro, già presidente del gruppo parlamentare della Lega Nord Padania. È stato un uomo pragmatico, come ha detto Umberto Bossi ieri, un uomo del fare, interprete di quei valori autentici dell'imprenditoria padana, ma anche attento e scrupoloso nell'adempiere ai suoi doveri istituzionali. Al di là di alcune divergenze, che poi sono state superate anche nel convincimento dell'importanza della battaglia che Umberto Bossi ha sempre condotto per ottenere il federalismo, si tratta di una figura molto importante nella storia politica della Lega e delle istituzioni anche di questa Camera.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cota, accolgo senz'altro la sua richiesta, unendomi, a nome della Presidenza e mio personale, al cordoglio per la scomparsa dell'onorevole Gnutti, che è stato tra l'altro deputato nell'XI e nella XII legislatura.
Chiedo, pertanto, all'Assemblea di osservare un minuto di silenzio (Il Presidente si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed il rappresentante del Governo - L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi).

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1875-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente e onorevoli colleghi, se da una parte dobbiamoPag. 39rilevare che il presente provvedimento si pone giustamente l'obiettivo di porre e di inasprire il sistema sanzionatorio, come atto che è capace di risolvere l'emergenza rifiuti nella regione Campania, dall'altra però dobbiamo rilevare - e a me sicuramente così pare - che sia stata scelta la strada sbagliata per ottenere questo risultato. Innanzitutto, perché si è scelta soltanto una parte del territorio nazionale, la Campania in questo caso, per imporre un regime sanzionatorio particolare e particolarmente duro, in ragione dello stato di emergenza delineatosi nella regione Campania, così com'è stato dichiarato, d'altra parte, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Dobbiamo dire che si tratta di una differenziazione di trattamento, sotto il profilo penale, riservata a comportamenti di fatto del tutto identici, ma variamente puniti a seconda del luogo dove sono stati commessi: ciò, come peraltro è già stato detto, pone rilievi di costituzionalità che difficilmente possono essere elusi o superati.
Non solo, aggiungo, ma provvedimenti del genere, se ripetuti su larga scala, darebbero origine ad un mosaico variegato di norme e di pene differenti e differenziate, che farebbero del nostro sistema giudiziario e sanzionatorio un vero e proprio abito di Arlecchino, che esporrebbe il nostro Paese al ridicolo e sicuramente il nostro sistema giudiziario a forti dubbi di efficienza e di credibilità.
Immaginiamo adesso - e anche questo in parte è già stato rilevato, ma voglio ripeterlo - un paese di confine tra il Lazio e la Campania (e ve ne sono molti), dove un cittadino illegalmente e furtivamente ovviamente volesse disfarsi di un divano, di un frigorifero o di altro materiale: costui sceglierebbe sicuramente il territorio laziale e non il territorio campano, perché in quel territorio, le pene sarebbero molto più tenui, anzi irrisorie rispetto a quelle che invece troverebbero applicazione, in misura decisamente più dura, per lo stesso atto illecito, che invece venisse compiuto in territorio campano. Quindi, anche qui si delineerebbe una disparità di trattamento.
Non solo: vi sarebbe il rischio che alcuni paesi confinanti diventerebbero oggetto di discariche abusive, perché lì, probabilmente, le sanzioni sarebbero minori rispetto, invece, alla Campania, dove il regime sanzionatorio sarebbe sicuramente più duro. D'altra parte, è necessario sottolineare - ed è stato già rilevato in Commissione - come l'applicazione di determinate fattispecie penali possa dipendere, in questo caso, da un provvedimento amministrativo e che tale provvedimento, cioè la dichiarazione dello stato di emergenza, sia adottato dal Consiglio dei ministri, attribuendo a questo organo, forse, poteri eccessivi, che in un momento del genere, potrebbero confliggere con il nostro ordinamento costituzionale.
A nostro giudizio, in questo contesto - lo abbiamo già rilevato - un provvedimento del genere, conferirebbe, di fatto, un potere legislativo eccessivo ad un Consiglio dei ministri che, in ragione dell'alibi, cioè della pretesa dichiarazione dello stato di emergenza, farebbe trovare applicazione a determinante norme che, rispetto al resto del territorio nazionale, viceversa, non troverebbero applicazione. In questo caso, quindi, vi sarebbe un aperto ed evidente contrasto con la nostra Costituzione. Da una parte - è necessario dirlo - l'inasprimento delle sanzioni previste dalla disciplina del codice ambientale per fattispecie analoghe (tramite la trasformazione di diverse condotte da fattispecie contravvenzionali a fattispecie delittuose e da condotte dolose a condotte colpose) può probabilmente costituire un deterrente (auspicabilmente efficace, aggiungiamo noi); dall'altra parte, però, tale inasprimento non coglie il cuore del problema e, certamente, non risolve alla radice la questione dello smaltimento dei rifiuti.
Signor Presidente, spesso i rifiuti sono stati oggetto di molta propaganda e rilevanza mediatica. Francamente, non riesco ancora a togliermi dalla memoria l'immagine del Presidente del Consiglio dei ministri, Berlusconi, con la scopa in mano, alzata quasi fosse una coppa, come se avesse vinto un gran premio o qualche campionato del mondo. Dimenticando, traPag. 40l'altro che, proprio grazie all'applicazione dei provvedimenti del Governo Prodi, si era riusciti a togliere i rifiuti da Napoli e che se questi provvedimenti non fossero stati adottati a suo tempo, probabilmente, tali rifiuti ancora occuperebbero gran parte del territorio di Napoli e della Campania.
Per questo motivo, quindi, al di là della propaganda ed anche dell'esposizione mediatica che sono state fatte a tal proposito (su questo è stata condotta una campagna elettorale prima e si continua a farne una dopo), riteniamo che, pur condividendo, forse, la ratio, la filosofia e gli obiettivi del provvedimento in esame, gli strumenti utilizzati sicuramente appaiano insufficienti, inadeguati ed impropri. In questa sede, rileviamo - e, forse, da buon ultimo, riesco a rilevarli - troppa approssimazione, troppa frammentarietà, provvedimenti che si rincorrono a distanza di una settimana sullo stesso argomento, con l'introduzione di una sorta di federalismo giudiziario e penale, che in un momento come questo, forse, rappresentano la misura meno opportuna e meno necessaria per il nostro sistema giudiziario (peraltro, contrastato e contestato dagli stessi organi della magistratura).
Signor Presidente, la questione dei rifiuti e della tutela del territorio, sotto il profilo ambientale, in un momento come questo, avrebbe bisogno di ben altre iniziative legislative e di ben altre riforme strutturali. Vero è - come qualcuno, in questo caso, ha eccepito - che l'emergenza sicuramente si affronta con provvedimenti urgenti e straordinari, ma sino ad oggi, sul terreno della prevenzione, della formazione, dell'informazione, della programmazione e delle riforme strutturali, non abbiamo visto niente di niente. Come giustamente affermava lo stesso onorevole Napoli (che, certamente, non appartiene al nostro partito), l'emergenza rifiuti non riguarda soltanto Napoli, bensì gran parte del territorio nazionale. Se dunque, come sostiene l'onorevole Napoli - e come anche sostiene parte dell'opposizione - il problema non riguarda soltanto Napoli e la Campania, vi è bisogno ora, non dopo, di ben altri provvedimenti, se non vogliamo che, da qui a qualche mese, ci si trovi a fronteggiare altre emergenze ed altre crisi ambientali.
D'altra parte lo stesso onorevole Contento, anche lui membro della maggioranza, rilevava, sempre in Commissione giustizia (è di questo che mi sto occupando) l'inadeguatezza del provvedimento, soprattutto con riferimento all'articolo 6. Egli, invitando il Governo ad ulteriori riflessioni (non poteva fare forse di più) suggeriva, in Commissione, l'opportunità di prevedere un semplice inasprimento delle pene per reati già previsti dal codice ambientale ed una rivisitazione, ad esempio, per le pene per i rifiuti ingombranti che mi sembrano eccessivamente punitive in questo contesto.
Vorrei, inoltre, far notare, come hanno già fatto altri colleghi, come in questo provvedimento sia assente la previsione colposa per il delitto di realizzazione e gestione abusiva di discarica e per quello che punisce l'attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti senza relativa autorizzazione. Per queste due ipotesi la commissione colposa del fatto illecito sembra continui ad essere compresa dalla disciplina generale prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006 quindi sicuramente con confusione e certamente con elementi di chiarezza che non aiutano ad affrontare e risolvere questo problema.
Inoltre, ci siamo permessi di osservare, in sede di presentazione del parere di minoranza, sempre in Commissione giustizia, come in un caso la fattispecie colposa è incredibilmente punita meno gravemente di quanto accada nel codice dei rifiuti. Mi riferisco, in particolare, al reato previsto dall'articolo 6, lettera c), di abbandono, scarico o deposito incontrollato di rifiuti da parte dei titolari di imprese o di enti per i quali le sanzioni sono più lievi di quelle previste nel corrispondente articolo 256, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006. Qui l'emergenza finisce per giustificare paradossalmente un ammorbidimento delle pene.Pag. 41
È evidente, quindi, che laddove, viceversa, il decreto-legge contenga e voglia far apparire un inasprimento delle pene perché si vuole ottenere un deterrente, nel caso menzionato, in maniera contraddittoria, ci sarebbe addirittura una derubricazione o comunque un ammorbidimento delle pene medesime entrando in palese conflitto e contraddizione con quello che si vuole dimostrare o quantomeno con quello che si vuole ottenere.
Concludendo, signor Presidente, onorevoli colleghi, pur condividendo - l'abbiamo detto - l'inasprimento del sistema sanzionatorio degli illeciti ambientali non si può non rilevare la lacunosità del provvedimento sotto molti profili, da quello costituzionale, come già detto, a quello dell'opportunità e del merito di alcune scelte.
Ciò che, però, in conclusione, vorrei sottolineare (soprattutto in considerazione di un esempio con cui vorrei concludere), ciò che vorremmo far rilevare è l'inadeguatezza del provvedimento a risolvere concretamente il problema dello smaltimento dei rifiuti e della tutela ambientale più in generale. Non c'è riferimento alcuno (perché anche nell'emergenza si possono gettare le basi per ottenere un vero processo riformatore, anche nell'emergenza si possono mettere già dei paletti che consentano di affrontare radicalmente il problema) alla prevenzione, agli incentivi, alla raccolta differenziata, ad un rapporto più stringente con enti locali e regioni, ivi compresi i controlli sostitutivi in caso di inadempimento di costoro.
Manca soprattutto una prospettiva di largo respiro che possa finalmente affrontare il problema dello smaltimento e della tutela ambientale con un approccio diverso e più strutturale. Ricorrere e rincorrere costantemente l'emergenza potrà consentire di mettere qualche toppa un po' qua e un po' là, ma non si riuscirà mai a creare le condizioni per una politica ambientale e ambientalista decisamente nuova in questo nostro territorio che è ancora conosciuto come il «bel Paese».
Signor Presidente concludo rapidamente affrontando una questione: proprio in ragione dell'emergenza, che qualche volta si vuole creare ad arte, esiste un rischio, in un momento come questo. Proprio in questi giorni, infatti, sembra che il Governo stia pensando a dichiarare l'emergenza rifiuti non solo in Campania, ma anche nel Lazio e probabilmente lo farà in Puglia e in Sicilia ed in ragione di questa emergenza si va a stravolgere il meccanismo, la trasparenza del nostro sistema legislativo.
Infatti, proprio nel Lazio, tramite la dichiarazione dell'emergenza rifiuti in quanto qualcuno ha già messo gli occhi sulla centrale a carbone di Torre Valdaliga, a nord di Civitavecchia, dove già è pronto un quarto gruppo per bruciare i rifiuti e scavalcando, in buona sostanza, le popolazioni locali e qualsiasi processo di programmazione e di pianificazione e anche la stessa regione, si finirà con provvedimenti adottati dal Governo per andare ad organizzare in quel sito non solo la discarica del Lazio (mi accingo a terminare), ma persino dove bruciare le ecoballe della Campania che ancora giacciono lì per quella gran parte che non si è riusciti a portare in Germania.
Pertanto, il sistema di creare ad arte qualche volta l'emergenza può servire a questo Governo per andare a risolvere ingiustamente i problemi che rischierebbero di ricadere sulle spalle di chi, da troppi anni, già sta sopportando servitù energetiche. Infatti, proprio in quell'area vi è il primo polo energetico d'Europa, perché essa rappresenta il primo polo crocieristico del Mediterraneo, dove ogni anno tre milioni di passeggeri sbarcano e dove ogni anno le navi emettono fumi enormi (sono costrette a fare energia elettrica per tremila o quattromila persone a nave) a causa di tre milioni di persone. Pertanto, finiremo per gravare ulteriormente e danneggiare una situazione ambientale in un territorio che ha bisogno di tutto fuorché di inquinamento poiché è un territorio vocato soprattutto al turismo e, in modo particolare, ad ospitare milioni e milioni di turisti. Proprio per tale ragione esso è diventato il primo polo e il primo porto passeggeri del Mediterraneo.Pag. 42
Pertanto, facciamo attenzione, signor Presidente (mi rivolgo anche al rappresentante del Governo), a non creare ad arte il discorso dell'emergenza per poi imporci dall'alto con un provvedimento governativo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIETRO TIDEI. Ho finito, signor Presidente. Infatti, con un provvedimento governativo potremmo provocare un danno all'economia di quel territorio e soprattutto alla salute di quei cittadini che non sono in grado di sopportare la pochezza e, in particolare, la mancanza di programmazione di un Governo che procede a tentoni, che procede «a mozzichi e bocconi», immemore soprattutto dei guasti che si possono creare in territori come quello di Civitavecchia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, siamo alla solita commedia di questo Governo, che con la politica degli annunci riesce, anche questa volta, a sventolare la bandiera della scopa di Berlusconi che ha risolto il problema in Campania, mentre l'urgenza che era di allora ed era stata risolta dal Presidente sul predellino della macchina evidentemente non è ancora risolta, perché di urgenza stiamo parlando ancora adesso (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Non credo che, comunque, questa politica dia risultati. Non li darà mai, a partire dal fatto che probabilmente il direttore del TG4, Emilio Fede, dirà: «ecco la politica di Berlusconi». Non credo che ciò possa riuscire a risolvere il problema dei rifiuti in Campania e sul territorio nazionale. Non credo che andando ancora avanti così saremo in grado di risolvere il problema nazionale, soprattutto in un momento di emergenza economica. Infatti, in un momento drammatico di emergenza economica che coinvolge tutto il Governo, tutto il territorio nazionale e tutti i cittadini, riusciamo con il decreto-legge in esame a regalare miliardi di euro a regioni che non sono state, nel corso degli anni, né virtuose né politicamente corrette.
Credo che il problema vada affrontato con la prevenzione. Deve essere risolto, come dettava l'Unione europea in una sua delibera nel 2002, con la prevenzione. La prevenzione comincia in primo luogo con la raccolta differenziata e da lì si arriva ad una soluzione che è finale e che comprende sia quella emergente (quella dei termovalorizzatori) sia quella dei rifiuti speciali, in ultima analisi.
Tuttavia, ritengo che questa politica non sia mai stata applicata dai nostri politici, soprattutto nelle regioni meno impegnate. Anzi, si dovrebbe dire che l'hanno sempre aggirata e dovremmo, per la prima volta, chiedere conto a questi politici, sia di destra, sia di sinistra, siano essi della Sicilia, della Campania, della Puglia o di altre regioni del nord (che, però, non mi risultano siano coinvolte in questo caso) e a queste amministrazioni, siano esse regionali, provinciali o comunali. Credo che non sia corretto, come mi sembra stabilisca l'articolo 3, prevedere addirittura il commissariamento di comuni e province senza un chiaro testo né una chiara difficoltà da sbrigare. Credo che non sia sufficiente questo, né vedo la necessità di delimitare i confini di una regione. Chi può capire se questo è territorio campano, laziale o della Basilicata? Questi signori potrebbero gettare rifiuti in una regione piuttosto che in un'altra, perché in quest'ultima regione non sono previsti né arresti né sanzioni penali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Credo che questo sia un modo di fare politica e di dettare vera legge non in sintonia con una democrazia o comunque con uno Stato che abbia la necessità di darsi regole corrette e democratiche. Questo è il modo peggiore per affrontare il problema.
Con riferimento ai famigerati CIP 6, che sono stati istituiti nel lontano 2000 o 2001 (credo), ritengo che siano stati fatti solo ed esclusivamente per ingrassare le casse dei petrolieri. Alla fine oggi vengono rinnovati e reiterati. Sappiamo che sonoPag. 43serviti a ingrassare le casse di qualche presidente di società di calcio o di qualche petroliere arrivato all'ultima ora, ma non danno nessun risultato in termini economici, anzi penalizzano la bolletta dei nostri utenti che, soprattutto in questo periodo, sono costretti a fare i conti.
Credo che il provvedimento in esame possa portare solo evidenti danni senza risolvere i problemi. Inoltre, l'urgenza era già stata dichiarata qualche mese fa e se fossero stati accolti alcuni emendamenti o alcune proposte fatte dalla minoranza (su un tavolo che effettivamente doveva essere un tavolo dell'urgenza rifiuti) e se fosse stato preso in esame qualche suggerimento probabilmente questa legge sarebbe stata avallata anche dalla minoranza, da noi e dal Partito Democratico che su questo tema ci siamo spesi e ci siamo impegnati sin dall'inizio.
Sappiamo anche che non sono gli slogan, non sono le battute, non sono le dichiarazioni televisive fatte a spot a risolvere il problema. Questo problema rimarrà e dovremo risolverlo probabilmente noi quando saremo al Governo, presto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, sottosegretario, colleghi, voglio partire, anche per l'obiettivo di non essere ripetitiva rispetto agli interventi fatti dai tanti colleghi e componenti del gruppo del Partito Democratico, facendo una considerazione generale. Oggi discutiamo del provvedimento in esame, il 9 dicembre del 2008, a circa un anno dalla dichiarazione di emergenza della Campania (che, come tutti sappiamo, risale al precedente Governo), a oltre sei mesi dal decreto-legge 23 maggio 2008 n. 90, convertito in legge a luglio, con cui ci siamo occupati dell'emergenza Campania e in particolare dell'organizzazione e della nomina del sottosegretario Bertolaso.
Nel nostro Paese vi è un clima in cui sembra che vi sia piena consapevolezza che esista in qualche modo un eccesso e un'invadenza (dicono alcuni) di una magistratura penale onnipresente che sembra avere ancora un ruolo di supplenza (se ne parla e se ne discute). Si discute anche se sia giusto tutto questo, se non si debba lavorare di più tutti per far prevalere altri discorsi che hanno a che fare non con il penale, ma con l'etica pubblica.
Ebbene, vorrei dire in apertura che la legislazione di questa maggioranza e di questo Governo risente molto di questo clima e di questo contesto da cui sembra quasi che la maggioranza poi si voglia distinguere e distaccare. Infatti, in quale altro contesto dovremmo inserire i vari reati di cui abbiamo discusso in quest'Aula e di cui ha discusso complessivamente la politica? Mi riferisco all'aggravante della clandestinità e ai delitti previsti nel settore ambientale (in discussione oggi). Si è parlato fino a un certo punto del reato di clandestinità, quasi che l'unica soluzione dei casi difficili e dei casi emergenziali fosse inasprire le pene o soprattutto creare nuovi reati.
Volevo fare questa considerazione all'inizio del mio intervento perché in realtà oggi stiamo discutendo al di fuori e all'indomani di un'emergenza che tutti noi abbiamo riconosciuto come tale. Siamo anche disponibili a riconoscere i meriti di chi questa emergenza ha affrontato con soluzioni che, sia pure parziali, sono sicuramente meritevoli di citazione.
Tuttavia, stiamo discutendo di un provvedimento che viene emanato nel novembre 2008, quindi a distanza di mesi dall'emergenza e in un contesto che richiede un atteggiamento del Governo prima e del legislatore poi più pacato ed equilibrato. Penso che in quest'Aula dovremmo cominciare - proprio per non avere poi il problema di una magistratura eccessivamente presente - a compiere noi l'operazione che spesso la magistratura stessa è costretta a fare e cioè a rileggere e interpretare in maniera corretta ciò che poi viene votato e che diventa legge dello Stato.
Mi voglio soffermare esclusivamente su due articoli, tentando di aggiungere edPag. 44integrare quanto altri hanno detto prima e meglio di me. In particolare, mi voglio soffermare sulla rubrica dell'articolo 3, che recita: «Commissariamento di enti locali». Guardando poi al testo, si scopre che in realtà si introduce un nuovo comma all'articolo 142 del Testo unico degli enti locali, in cui però non si parla più di «commissariamento», ma di «rimozione», quasi che i concetti di commissariamento e rimozione potessero assumere lo stesso contenuto, se non ci fosse una possibilità di commissariare senza affatto rimuovere. Questa è una prima incongruenza, che è anche segno non dico della superficialità, ma dell'approssimazione con cui si lavora.
Un altro motivo e un altro elemento che mi fanno parlare di approssimazione è un riferimento che si trova nel testo. Infatti, è inutile ricordare che l'articolo 3 prevede che possano essere rimossi il sindaco, il presidente della provincia e i componenti dei consigli e delle giunte e il concetto è che si possa incorrere nella rimozione in caso di mancata osservanza di un certo tipo di obblighi. Se si può arrivare alla rimozione, vuol dire che ci debbono essere degli elementi che vanno valutati con una certa discrezionalità, ma che vanno comunque valutati.
A questo proposito gli emendamenti del gruppo del Partito Democratico cercano di sopperire all'emergenza di circoscrivere questa discrezionalità e di introdurre dei correttivi che possono essere, per esempio, il considerare gravi e persistenti violazioni. Vorrei però ricordare all'Assemblea e a tutti i colleghi che non è che oggi parliamo degli emendamenti del gruppo del Partito Democratico, che ho citato, poiché interveniamo sul complesso degli emendamenti, ma che di questo argomento si è occupata anche la Commissione affari costituzionali (e al suo interno sia la minoranza che la maggioranza), la quale esprimendo il suo parere favorevole ha osservato e chiesto alla Commissione di merito di valutare l'opportunità di prevedere all'articolo 3, comma 1, nella parte che introduce il comma 1-bis all'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, che si possa dare luogo alla rimozione del sindaco, del presidente della provincia e dei componenti dei consigli e delle giunte, qualora la mancata osservanza degli obblighi posti in capo ai comuni e alle province si configuri come grave e reiterata. Non è, dunque, un discorso strettamente politico quello che stiamo facendo, ma largamente condiviso in particolare dall'intera Commissione affari costituzionali.
Dico ciò perché deve avere un senso anche quello che facciamo nelle varie Commissioni e quando un'intera Commissione osserva qualcosa che si può ben recepire (basta introdurre nell'articolato due parole che possano circoscrivere la fattispecie e renderla congrua), è sbagliato non farlo. Inoltre, dove mi sembra di dover sottolineare un eccesso di fretta e, in qualche modo, un errore ancora più vistoso è nel fatto che la parte prima richiamata dell'articolo 3 del decreto-legge riguarda il sindaco, il presidente della provincia e i componenti dei consigli e delle giunte. L'articolo 142, che si modifica aggiungendo un comma, effettivamente riguarda tutti questi soggetti: nel disciplinare l'istituto della rimozione degli amministratori locali riguarda i sindaci, i presidenti della provincia, i presidenti di consorzi e comunità montane (che non vengono presi in considerazione dal nuovo testo), i componenti dei consigli e delle giunte.
Ma questo articolo prevede che la rimozione possa essere disposta quando questi soggetti compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico. Qui si aggiunge un altro caso di rimozione, ma vorrei capire, guardando con attenzione al testo, quali competenze in materia possono avere, per esempio, i componenti del consiglio comunale per arrivare a rimuovere un consigliere comunale o provinciale quando, secondo la normativa vigente (parlo della legge n. 142, ma anche secondo i principi che tutti conosciamo) il consigliere comunale in sé non ha competenze in materia, né potrebbe avere una competenza delegataPag. 45in materia, potendo avere semmai una competenza di questo genere il singolo assessore, l'assessore all'ambiente nello specifico.
Concludo, in relazione all'articolo 3, dicendo che la genericità dell'inosservanza rimane tale nonostante il rilievo della Commissione affari costituzionali. In relazione a ciò possiamo ancora limitare i danni ed eliminarli accogliendo uno degli emendamenti che saranno discussi, ma in ogni caso la rimozione dei consiglieri comunali e provinciali non mi sembra abbia un qualche senso. Infine, probabilmente sarebbe stata più pertinente una normativa che prevedesse il commissariamento, e non la rimozione, perché in realtà andava perseguito con più attenzione - soprattutto in casi di non eccessiva gravità, visto che qui i casi sembrano tutti uguali - l'obiettivo di mantenere in piedi organi eletti democraticamente.
Un altro articolo sul quale mi vorrei soffermare è l'articolo 6 che prevede la nuova disciplina sanzionatoria. In particolare esso non interviene con modifiche sulle norme del codice ambientale, come sarebbe stato auspicabile, ma disciplina e sanziona ex novo fattispecie che sono destinate ad avere effetto soltanto nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Anche qui la prima osservazione che mi sembra scontato sottolineare è che tutto questo non sembra coerente con il principio che stabilisce che nessuno possa essere punito per un fatto che non è previsto come reato. In particolare nella fattispecie criminale non è previsto né il tempo né il luogo, i quali devono essere poi precisati da un provvedimento di competenza non del Parlamento, ma di organi amministrativi, anche se sovraordinati, che dichiarano lo stato di emergenza.
Tutto questo è coerente con il sistema? Io penso di no, e se anche dovessimo superare un rilievo di questo genere - cosa che mi sembra molto difficile -, come sarà possibile conciliare un sistema sanzionatorio che contempla tempi e luoghi delineati da un provvedimento di questo genere con l'articolo 3 della Costituzione? Non comporta una discriminazione il fatto che in un luogo e in un tempo una fattispecie venga prevista come reato e invece in un altro luogo e in un altro tempo ciò non avvenga?
Ma soprattutto vorrei sottolineare, anche per i motivi che spiego a breve, l'inefficacia di regole di questo genere. Vedete, noi abbiamo già visto come sono inefficaci le norme che cercano di arginare il problema della clandestinità, quando poi gli immigrati sbarcano sempre più numerosi. Anche qui rischiamo di fare lo stesso errore, perché questo provvedimento, nonostante riguardi un'emergenza reale del nostro Paese, non valuta alcuni aspetti di essa che sono assai rilevanti. In particolare non guarda con attenzione al fatto che l'emergenza ambientale è anche emergenza criminale, e non ci può essere un luogo e un tempo che delimita funzioni in materia autentica come deterrente. Se è vero, ad esempio, come segnala oggi il senatore Pisanu, presidente della Commissione parlamentare antimafia, che lo smaltimento dei rifiuti è uno degli affari più grossi della criminalità organizzata, non possiamo immaginare che prevedere una fattispecie così delimitata sia un deterrente.
La verità vera è che dobbiamo tenere conto anche di questo, non soltanto perché ce lo dice oggi il presidente Pisanu, ma soprattutto perché negli anni sono state innumerevoli le occasioni in cui in alcuni territori, soprattutto - ahimè - nelle regioni meridionali, sono stati disvelati rifiuti di ogni genere che provenivano da altri Paesi e da altre regioni d'Italia.
D'altra parte, che il provvedimento sia inefficace lo dimostra anche un'altra circostanza. È di oggi, ad esempio, la notizia che è stata sequestrata una discarica in costruzione nel foggiano; allora, considerato che oggi a Foggia si sta costruendo una discarica, un provvedimento che voglia non soltanto affrontare le emergenze, ma anche evitarle per il futuro, dovrebbe ovviamente prevedere deterrenti validi su tutto il territorio nazionale e per tutti i cittadini.

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PRESIDENTE. La prego di concludere.

DORIS LO MORO. Concludo, signor Presidente. Tutto questo mi sembra grave perché in relazione al provvedimento in esame sarebbe stato auspicabile un clima diverso. Noi, come gruppo del Partito Democratico, non ci siamo tirati indietro quando si è trattato, ad esempio, di accettare, anzi, di condividere, la scelta di nominare un sottosegretario all'emergenza, in aggiunta agli altri sottosegretari. Analogamente, in altre occasioni, non ci siamo tirati indietro quando si è trattato anche di riconoscere dei meriti al lavoro che è stato svolto, nel quale sicuramente sono ravvisabili meriti politici, perché la burocrazia di ieri e di oggi è sempre la stessa.
Quindi, si è manifestata senza dubbio una volontà politica, ma a tutto questo ovviamente si arriva ascoltando le opinioni e guardando al lavoro che si sta portando avanti tenendo conto delle osservazioni e del fatto che poi l'obiettivo è produrre una legislazione che sia non vagamente interpretabile, ma interpretabile in maniera corretta, secondo una volontà del legislatore che deve essere, sin dall'origine, apprezzabile e comprensibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rota. Ne ha facoltà.

IVAN ROTA. Signor Presidente, stiamo discutendo da mesi della questione dei rifiuti in Campania e questo è il secondo decreto-legge varato d'urgenza per cercare di risolvere il problema. Non credo che non si parli della Campania; non tentiamo di inquadrare questa emergenza come se fosse a livello nazionale. Non siamo in una fase di emergenza nazionale, per fortuna, ma sicuramente di emergenza in Campania; infatti, il titolo di questo provvedimento parla proprio di misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania.
Sicuramente già con il primo decreto-legge di luglio, forzando alcuni sistemi, abbiamo di fatto prodotto delle deroghe in materia di tutela ambientale dell'aria, dell'acqua e dei luoghi di lavoro e, quindi, sulla salute dei lavoratori, proprio per accelerare questo processo, che dovrebbe portare alla normalizzazione entro il 31 dicembre 2009.
Nel provvedimento in esame si prevedono altre azioni che vanno in questa direzione: sicuramente negli articoli 1 e 2, laddove si incentiva lo sforzo dei singoli, dei privati, ampliando quello che già l'ordinamento prevede, ovvero la possibilità di conferire rifiuti speciali fino a 30 chilogrammi senza registri particolari. Credo che non si scopra un segreto.
Forse sarebbe stato, o comunque sarà, necessario anche sollecitare il Conai, struttura che ha un servizio esclusivo di raccolta di questi prodotti da recuperare, rifiuti che dovrebbero ritornare nel sistema sotto forma di materie prime; quindi si tratta di prodotti che non sono da buttare. Spero che, magari, il sottosegretario Bertolaso agisca in questo senso e che nei prossimi giorni, in Aula, si individuino delle soluzioni anche per quanto riguarda questo settore.
La questione che invece ci trova un po' contrariati è quella del commissariamento degli enti locali, dei comuni e delle province di cui all'articolo 3. Il commissariamento, anche in questo caso, è già previsto nell'ordinamento generale dello Stato.
Noi ogni tanto ci dimentichiamo di avere tantissime leggi e per questo abbiamo anche istituito un apposito Ministero per eliminare una «montagna» di leggi, ma ci dimentichiamo di quelle che già esistono, evitiamo di applicarle e ne variamo altre.
Lo scioglimento dei consigli comunali è già previsto. Abbiamo discusso di un caso decisamente più eclatante, peraltro in quella regione che è ai margini dell'emergenza, perché ricompare all'articolo 9, ed è la Sicilia, in particolare nel comune di Catania. In questo caso i 140 milioni di euro previsti per «tappare un buco», in realtà sono 140 milioni di euro e una fettina di quel miliardo di euro di debiti accumulatisi per reiterati malgoverni diPag. 47risorse, anche in questo caso per la raccolta dei rifiuti. Vale per altri comuni. Tuttavia, usare sempre come scusa il fatto che le amministrazioni di sinistra non sono state commissariate prima (oppure anche altre di destra) è un fatto dinnanzi al quale bisogna avere il coraggio di affrontare assieme queste situazioni. Tant'è vero che siamo in emergenza, in questo caso un'emergenza che danneggiava l'economia della Campania e l'economia dell'Italia intera, infatti tutta l'Italia ha subito un danno in termini di immagine nel mondo.
Abbiamo quasi avuto (per fortuna non è accaduto) un problema di sanità e di salute pubblica, quindi sicuramente bisognava agire. Tuttavia, questo strumento di scioglimento dei consigli comunali, quando avevamo già trovato il commissario ad acta per rispondere a questa esigenza, mi fa dire che non trovare la collaborazione con gli enti locali e forzare con la paura e con lo spauracchio la possibilità del commissariamento rappresenta un'azione eccessiva.
Pensare che questo diventi un modello da applicare in tutto il territorio può essere magari una prospettiva, ma non la stiamo mettendo in pratica. Lo ripeto: non la stiamo mettendo in pratica. Abbiamo tanti altri comuni fuori dalla Campania che combinano disastri che possono portare alla situazione della Campania, ma noi non sciogliamo i consigli comunali e provinciali. Si tratta di organi eletti dalla popolazione e in modo diretto. Tendenzialmente si sceglie il sindaco tra più persone e i consiglieri con la preferenza, scrivendo nome e cognome. Credo che sia eccessivo incidere su questo sistema, pensando che il popolo, la cittadinanza, gli utenti e i consumatori non siano in grado di governarsi.
Le raccomandazioni fatte dalla I Commissione sono da valutare in modo attento e questo non vuol dire che non possiamo trovare mediazioni anche su questi temi. Tuttavia, in questa formulazione vi è un'esagerata forzatura del sistema, anche nell'ottica dell'utilizzo delle forze dell'ordine che evidentemente sono necessarie. Nessuno nasconde il lavoro enorme che stanno svolgendo e che le modalità previste all'interno del decreto-legge in esame per premiarle anche dal punto di vista economico siano necessarie. Tuttavia, pensare che, in modo tranquillo, le forze dell'ordine possono fermare e perquisire diventa molto pericoloso. La forma di contestazione, talvolta civile, della popolazione va rispettata.
Se qualche leader politico afferma che scrivere sui muri non è un reato perché si tratta dei libri dei popoli, ritengo, a proposito della protesta in strada, che si tratta a volte di un consesso per dimostrare le proprie ragioni e i propri principi. Attraverso quali strumenti ascoltiamo questa popolazione, se poi alla fine possiamo usare lo strumento dello scioglimento degli unici organi collegiali eletti per amministrare i loro interessi? Ritengo che il percorso scelto dal commissario ad acta era quello giusto e dovevamo forse, anche qui, intraprendere la scelta dei commissari ad acta come si è previsto per la sanità, non attraverso i «raccomandati» della politica, ma attraverso la selezione dei tecnici. Credo che anche questo aspetto sia importante: la capacità anche dal punto di vista professionale nello svolgere tali mansioni.
L'altra questione che ci fa guardare con molta diffidenza a questo decreto-legge è l'articolo 6 concernente la disciplina sanzionatoria. Ci siamo confrontati maggioranza, minoranza, opposizioni e Governo e ritenere che solo in Campania sia un reato trattare certi rifiuti in un certo modo e, quindi, infliggere pene diverse rispetto al resto dei cittadini, è una violazione di principi gravissima. Domani, infatti, potremmo arrivare a pensare che uccide un commerciante in Campania sia diverso che ucciderlo in Lombardia, ma il reato è sempre lo stesso.
In alcune regioni, forse, i commercianti soffrono di più e in altre meno. Ma considerare in modo diverso la reazione e la pena per lo stesso reato è molto pericoloso.
In questo caso, consideriamo reato anche l'abbandono dei rifiuti speciali. QuestiPag. 48ultimi non sono quelli pericolosi, ma quelli che provengono anche dal mondo produttivo e che, talvolta, possono anche essere considerati rifiuti, ma che in realtà sono ancora nel processo dell'impresa. Penso alle piccole imprese artigiane edili, che magari non recintano bene il proprio cantiere; penso ai commercianti, che lasciano scatoloni di carta e imballaggi per strada, convinti della raccolta la mattina dopo e, poi, invece, non passa chi dovrebbe fare il proprio dovere e raccogliere la carta, il cartone o il cellophane dell'imballaggio. Penso al contadino, che va a tagliare l'erba nel proprio cortile, che ammucchia magari in un angolo l'erba a marcire per smaltirla sul proprio terreno. Stiamo considerando reato anche l'abbandono di questi rifiuti.
Mi è venuta in mente una cosa che capita anche a molti di noi normalmente: ci dimentichiamo del collaudo dell'auto. Se non l'abbiamo parcheggiata sulla nostra proprietà o in un parcheggio idoneo, potrebbe essere considerata da qualche addetto alle forze dell'ordine un rifiuto speciale abbandonato. Non è più collaudata e, quindi, non potrebbe più circolare: come mai si trova per strada? È vero che qualcuno, purtroppo, abbandona e brucia le macchine anche in Campania, ma questo non vuol dire che dobbiamo considerare tutti quelli che non collaudano l'auto soggetti che commettono questo reato.
Forzare è possibile, ma non dobbiamo esagerare. Arriviamo agli arresti fino a tre anni e sei mesi: un conto è l'abbandono di rifiuti pericolosi o creare business attraverso questo sistema di ammucchiare rifiuti, cioè quanto probabilmente la malavita ha fatto in parecchie aree della Campania; un altro conto, invece, è perseguire diversi cittadini che con questo non c'entrano.
Direi che anche da questo punto di vista l'ordinamento è presente, ma dobbiamo, forse, stanziare più risorse affinché venga applicata la norma che già è stabilita. Dove le violazioni avvengono, vengono già sanzionate. Quindi, se servono più agenti per il controllo del territorio, portiamoli, per questo anno ancora che ci rimane, ma non esageriamo sul versante del reato penale.
Per di più, sappiamo anche quanti di questi, magari, poi finiscono in galera, perché in una maniera o nell'altra riescono a ritardare i processi.
Forse è meglio pensare a sanzioni amministrative o di altro tipo, alternative, che possono fungere da deterrente ed essere facilmente applicabili, come mi pare siano state applicate, invece, per l'emergenza sulla sicurezza, in altri decreti-legge. Quindi, lo stesso Governo potrebbe copiare una parte di questi provvedimenti già realizzati per altri tipi di reato.
Infine, la questione del CIP 6, contemplato nell'articolo 9. Si tratta di un articolo che è assolutamente in contrasto con tutti gli altri obiettivi che abbiamo cercato di raggiungere attraverso il decreto-legge n. 90 del 2008 e il provvedimento in esame: quello della valorizzazione della raccolta differenziata, del recupero, quindi, di maggior rifiuto ai fini produttivi.
In questo caso ci siamo dimenticati che il legislatore, in questi 15-20 anni, ha maturato esperienze ed ha modificato il comportamento. Oggi tutti, credo, siamo convinti della necessità di arrivare ad un sistema di raccolta differenziata efficiente, capace quindi di dare risultati, anche in termini di percentuali altissime, e di poter conferire il meno possibile in discariche e il meno possibile in inceneritori.
Il CIP 6 è stato utilizzato come strumento, pensando che gli inceneritori erano effettivamente solo produttori di energia pulita e quindi rinnovabile. In realtà, l'Unione europea, nel 2001, ci ha diffidato e ci ha ricordato qual è l'energia rinnovabile e quale, invece, l'energia non rinnovabile. È vero: noi, in alcuni casi, abbiamo distribuito risorse che non durano fino al 2020 (il CIP 6 lo diamo per otto anni) e molti inceneritori, nel giro di un anno o due, andranno a terminare la riscossione di questi contributi, tant'è vero che stanno spingendo sulla questione dei certificati verdi, altra forma per valorizzare il loro impianto. In questo caso, invece, andiamo teoricamente a sanare o aPag. 49compensare con risorse una serie di inceneritori che non dovevano partire al loro tempo.
Oggi bisogna pensare al sistema in modo diverso, invece noi pensiamo solo ad un riequilibrio di risorse.
Se questi due o tre miliardi, nel complesso, che dobbiamo dare a chi realizzerà questi inceneritori nei prossimi otto anni, li utilizzassimo, anche attraverso forti azioni del Governo, per far andare a regime la raccolta differenziata e, laddove necessario, anche l'inceneritore o gli inceneritori, probabilmente saremmo molto più efficaci e concreti anche nelle azioni.
Invece, per una serie di pressioni, che probabilmente vengono da entrambe le forze politiche, pensiamo che sia giusto e opportuno ricompensare questi concessionari, che hanno ottenuto qualche anno fa le concessioni, ma che però non hanno mai realizzato i loro investimenti.
Credo che il problema di Salerno ci dimostri che non è una questione di quanto contributo diamo, perché il sindaco stesso aveva dichiarato che l'avrebbe fatto senza contributi e poi, comunque, nel decreto di luglio abbiamo inserito i contributi. Successivamente, è stata fatta la gara, però chi vince, probabilmente, non è l'azienda che ha valutato esattamente cosa vuol dire costruire inceneritori, chi è in grado di fare inceneritori. Non credo che siano investimenti talmente raffinati, per cui chi ne sta facendo uno non può realizzare l'altro, perché in altre aree d'Europa, e anche in Italia, ci sono imprese che fanno solo inceneritori, e fanno il loro business nel far funzionare e costruire inceneritori.
Ci sarebbero altre forme, anche dal punto di vista tecnologico, per premiare effettivamente il CIP 6: basterebbe verificare nei camini il tipo di fumo e attraverso analisi al carbonio 14 saremmo in grado di capire esattamente quanto prodotto di ciò che bruciamo è possibile considerare rinnovabile e quanto, invece, è inorganico e non dovrebbe avere questo contributo.

PRESIDENTE. Onorevole Rota, la prego di concludere.

IVAN ROTA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Lo ripeto: è l'emergenza dei rifiuti in Campania che in questo momento va eliminata, e la data del 31 dicembre 2009 non è lontana. Vi sono delle azioni da compiere, anche nei confronti della criminalità. La tracciabilità o la possibilità di tracciare il percorso dei rifiuti è sicuramente importante, perché non vi sono ancora informazioni precise, ma temiamo che, già in questo campo, anche con i provvedimenti successivi al mese di luglio, per smaltire i rifiuti in Campania, la criminalità abbia già giocato le sue carte e abbia già fatto le sue speculazioni, sparpagliando per il territorio italiano quei camion che i militari caricavano. Mi auguro di sbagliare e che non sia vero. Sicuramente, questa possibilità ci permetterà, magari, di seguire meglio anche il percorso dei rifiuti, quando, una volta caricati dall'esercito italiano, saranno diretti alla destinazione finale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, francamente è difficile riuscire a portare un contributo ulteriore, a dare un contributo originale, a dire qualcosa di nuovo in una discussione che inizia l'11 febbraio del 1994, quando fu pubblicato il primo decreto-legge con cui il Governo italiano prendeva atto dell'emergenza ambientale che si era venuta a creare, nelle settimane precedenti, in numerosi centri della Campania, a causa della saturazione delle discariche. Pertanto, chiedo scusa, ma non potrò davvero distaccarmi molto dalle considerazioni degli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, da ultimo il collega Ivan Rota.
Voglio ricordare e anche ripercorrere alcuni passaggi. Tra il 1994 e il 1996, la gestione dell'emergenza rifiuti passò attraverso l'ampliamento della capacità di sversamento, grazie alla requisizione di diverse discariche private in tutta la regione; quelle stesse discariche poi furono date inPag. 50gestione all'ENEA. Ciò nonostante, ad oggi (sono passati quattordici anni, quasi quindici), la Campania non è ancora autosufficiente, mancando sulla carta di una capacità di trattare 900 mila tonnellate annue con i CDR e 1,2 due milioni di tonnellate annue con conferimento diretto in discarica e stoccaggio per gli scarti di CDR.
Per questa ragione, negli anni successivi sono state aperte, al replicarsi delle crisi, nuove piccole discariche o è stato autorizzato lo sversamento oltre le capacità ammesse in quelle esistenti.
Da ultimo, voglio ricordare il decreto-legge dell'11 maggio del 2007, n. 61, recante interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti.
Da mesi ormai, anche in questa legislatura, siamo tornati a discutere della questione dei rifiuti in Campania; per la precisione, questo è il secondo decreto-legge varato d'urgenza dal Governo Berlusconi per cercare di risolvere il problema, che però, alla fine di giugno, sembrava del tutto risolto, viste le passeggiate in centro del Presidente del Consiglio.
Dicevo che si tratta del secondo decreto-legge varato d'urgenza per cercare di risolvere un problema, senza che però ci sia alcuna soluzione decisiva al problema stesso. Abbiamo discusso più volte per cercare di dare soluzione idonea ad uscire dalla drammaticità dell'emergenza, al fine di realizzare condizioni di risoluzione stabile, definitiva, permanente e strutturale alla vicenda.
Per quanto concerne ulteriori incentivi ai termovalorizzatori, nel decreto-legge in esame non possiamo accettare e non possiamo condividere che ad ogni visita del Presidente del Consiglio a Napoli, in Campania, il numero dei termovalorizzatori aumenti. Vi è la necessità di monitorare e disciplinare la questione una volta per tutte! Il nostro giudizio - è già stato ampiamente preannunciato - è profondamente critico, in particolare su due articoli fondamentali: l'articolo 3 e l'articolo 6 del decreto-legge oggi alla nostra attenzione.
Siamo critici sull'articolo 3 perché introduce una nuova norma in tema di commissariamento degli enti locali. Ci siamo confrontati anche nel recente decreto-legge, quello approvato a giugno, su questo punto e ribadiamo che siamo favorevoli ad introdurre con la legislazione statale norme e misure per dettare comportamenti e regole che possano indurre, sollecitare e condurre gli amministratori locali e gli enti locali a comportamenti puntuali, efficienti, di adempimento rigoroso dei loro compiti, e quindi virtuosi, nel campo della gestione dei rifiuti.
L'introduzione di tale dispositivo, però, denota un fallimento della politica nella risoluzione dei problemi del Paese, in particolare della regione Campania. Abbiamo concordato all'epoca anche sulla definizione di percentuali di raggiungimento delle quote di raccolta differenziata nei diversi comuni, per fare poi scattare meccanismi sanzionatori nei confronti degli enti locali. E ancora, dobbiamo riconoscere che su questo tema tutti devono avere la consapevolezza che incidiamo su un terreno di grande delicatezza, che è quello del riconoscimento costituzionale.
Si tratta del terreno che fa riferimento al principio democratico e al diritto all'accesso alle cariche elettive e di elettorato sancito dall'articolo 51 della Costituzione.
Non per nulla il Governo prevede di intervenire con un comma aggiuntivo all'articolo 142 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, che, nel prevedere la rimozione di sindaci e presidenti di province e lo scioglimento dei relativi consigli, identifica tre fattispecie, legandole a gravi motivi di ordine pubblico, agli atti contrari alla Costituzione e a gravi e persistenti violazioni di legge.
Non possiamo, dunque, accettare previsioni generiche di una latitudine immensa, di grande approssimazione, di un'estensione illimitata che diano adito ad una discrezionalità ingiustificata e pericolosa in questo campo e in questo ambito. Come, tra l'altro, ha osservato una collega, l'onorevole Laura Froner, del Partito Democratico,Pag. 51la disciplina proposta appare troppo ampia e generica, a rischio di forzature e di eccesso di discrezionalità.
L'articolo 6 del decreto-legge, poi, prevede fattispecie di reato, circoscrivendole, sostanzialmente, in questa fase, alla regione Campania. Siamo, dunque, di fronte a norme che intendono colpire la violazione di un bene preciso, che è il bene dell'ambiente, e la considerazione che il bene leso è maggiormente e più frequentemente ...chiedo scusa, signor Presidente, ma faccio fatica...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente non pretendo attenzione, ci mancherebbe altro.
Parlavo del bene dell'ambiente: la considerazione che il bene leso è maggiormente e più frequentemente colpito in alcuni territori rispetto ad altri non può giustificare l'introduzione di reati e sanzioni penali soltanto per quei territori. Già il codice ambientale prevede norme atte a punire i reati ambientali. Perché, allora, inserirne delle altre e non fare in modo che vengano attuate quelle già esistenti?
Con l'articolo 9, infine, si interviene sulla procedura prevista dalla legge finanziaria ...signor Presidente, le chiedo scusa, ma faccio veramente fatica: dappertutto vi è un brusio...

PRESIDENTE. È accerchiato, onorevole Evangelisti, da una parte e dall'altra. Per cortesia, onorevoli colleghi, volete far svolgere l'intervento al collega Evangelisti?

FABIO EVANGELISTI. Vi è una conventio ad silentium!

PRESIDENTE. Bipartisan.

FABIO EVANGELISTI. Capisco che non sto dicendo cose né molto interessanti, né troppo originali, tuttavia si impone la necessità di richiamare alcuni riferimenti.
Con l'articolo 9, infine, si interviene sulla procedura prevista dalla legge finanziaria per il 2008 per il riconoscimento ai termovalorizzatori del diritto agli incentivi per le fonti rinnovabili. In particolare, si prevede di includere nel novero degli impianti per i quali deve essere attivata, in via prioritaria, la suddetta procedura non soltanto quelli in costruzione, ma anche quelli entrati in esercizio fino al 31 dicembre del 2008. Si stabilisce, altresì, la proroga di un anno - fino al 31 dicembre del 2009 - del termine per la conclusione della procedura stessa. Si introduce, inoltre, una disposizione finalizzata a fare salvi i cosiddetti incentivi CIP6 per gli impianti, senza distinzione fra parte organica e parte inorganica, ammessi ad accedere a tali benefici in relazione alla situazione di emergenza dichiarata prima dell'entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007.
Insomma, si assiste con questo decreto-legge, ad un'ulteriore estensione dei compiti della Forze armate, manifestando così la preoccupazione che si attribuiscano al personale militare ulteriori funzioni al di fuori di quelle che sono le competenze tipiche e i compiti specifici. In questo modo - sembra di capire - il Governo vuole equiparare l'esercito alle forze dell'ordine - con il rischio di affermare una concezione debole della democrazia - e lo impone a presidio degli impianti di selezione, illudendo il Paese che il problema dei rifiuti campani si possa risolvere solo attraverso l'uso della forza.
Per questi motivi abbiamo proposto, e proponiamo, la soppressione dell'articolo 5, relativo all'ampliamento delle competenze delle Forze armate, che venga loro affidato solo il compito di vigilanza e di protezione, già previsto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 90 del 2008. Per tutte queste motivazioni che ho cercato di illustrare, credo di poter preannunciare il voto contrario del gruppo dell'Italia dei Valori a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

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PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Capodicasa e Donadi, che avevano chiesto di parlare: si intende che vi abbiano rinunziato.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative presentate.

AGOSTINO GHIGLIA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Osvaldo Napoli 1.1, 1.2 e 1.3. La Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.100 (Nuova formulazione), mentre esprime parere contrario sugli emendamenti Piffari 2.4, Paladini 2.31, Piffari 2.5, Osvaldo Napoli 2.6, Zamparutti 2.8, Piffari 2.9, Libè 2.12, Stradella 2.30, Piffari 2.17 e 2.16.
La Commissione esprime altresì parere contrario sugli articoli aggiuntivi Piffari 2.01, 2.02 e 2.03, nonché sui subemendamenti Libè 0.2.0101.1 e 0.2.0101.2.
Ricordo che gli emendamenti 2.0101 e 2.0100 della Commissione sono stati riformulati, pertanto sono stato presentati gli emendamenti 2.0101 (Nuova formulazione) e 2.0100 (Nuova formulazione) della Commissione. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Piffari 3.1, Zaccaria 3.2 e 3.4, Bratti 3.5 e sugli identici emendamenti Osvaldo Napoli 3.3 e Zaccaria 3.6, nonché sugli emendamenti Iannuzzi 3.8, Zaccaria 3.11 e Bonavitacola 3.13.
Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Mariani 4.2, Realacci 4.4, Osvaldo Napoli 4.5 e Libè 4.30. La Commissione altresì esprime parere contrario sugli emendamenti Piffari 5.1 e Villecco Calipari 5.30. Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Piffari 6.1, Ferranti 6.2, Borghesi 6.30, Ferranti 6.3, mentre è favorevole sull'emendamento Cosenza 6.31. La Commissione inoltre esprime parere contrario sugli emendamenti Zamparutti 6.10 e Realacci 6.14. Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Zamparutti 7.1, De Biasi 7.30 e 7.31. La Commissione inoltre esprime parere contrario sugli emendamenti Siragusa 7-bis.30, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 7-bis.100. Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Pes 7-bis.31 e Bachelet 7-bis.32. La Commissione esprime altresì parere contrario sugli emendamenti Rosato 8.1 e Paladini 8.30, mentre ricorda che il suo articolo aggiuntivo 8.0100 è stato ritirato. Ricordo altresì che il Governo ha ritirato il suo articolo aggiuntivo 8.0200 e pertanto i subemendamenti Mariani 0.8.0200.1 e 0.8.0200.2 sono decaduti. Ricordo altresì che la Commissione ha ritirato il suo articolo aggiuntivo 8.0101.
La Commissione esprime inoltre parere contrario sugli emendamenti Piffari 9.3, Mariani 9.39 e sugli identici emendamenti Realacci 9.4 e Libè 9.5, nonché sull'emendamento Marchignoli 9.40. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mariani 9.6 e Libè 9.7, sugli identici emendamenti Piffari 9.10, Libè 9.11 e Realacci 9.12, nonché sugli identici emendamenti Libè 9.13 e Margiotta 9.14. Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Piffari 9.15, sugli identici emendamenti Piffari 9.30 e Libè 9.37, nonché sugli emendamenti Piffari 9.31, 9.32, 9.33, 9.34, 9.35 e 9.36, e Mariani 9.38. Ricordo che l'emendamento Bratti 9.41 è stato ritirato.
La Commissione inoltre esprime parere contrario sugli emendamenti Bratti 9-bis.30 e 9-ter.30, Mario Pepe (PdL) 9-ter.31, Mariani 9-ter.32, e Realacci 9-quater.30, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 9-quater.100. Ricordo inoltre che la Commissione ha ritirato i suoi articoli aggiuntivi 10.0100, 10.0101 e 10.0102, pertanto il subemendamento Mariani 0.10.0100.1 deve intendersi decaduto.

PRESIDENTE. Il Governo?

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei anzitutto ringraziare il relatore che con la sua cortesia ha evitato di esplicitare il fatto che è stato espresso un parere contrario a tutti gli emendamenti presentati e ha ripetuto tale parere contrario emendamento per emendamento, sperando forse che qualcuno di noi si confondesse le idee e pensasse di essersi perso qualche parere favorevole.
Ovviamente apprezziamo il modo attraverso il quale il Governo e la maggioranza intendono dialogare con l'opposizione. Per l'ennesima volta viene presentato un decreto-legge per la conversione in legge e per l'ennesima volta non solo non vengono considerate ma vengono trattate in tal modo le proposte alternative dell'opposizione. Non è un dramma, non è un problema ma fa parte dei rapporti della democrazia nel nostro Paese e anche dei rapporti tra maggioranza e opposizione. È del tutto evidente che, a cominciare da domani dal momento in cui dovremmo affrontare questi ottanta emendamenti, all'opposizione rimarranno le disponibilità che il Regolamento e la politica ci offrono per poter far in modo di essere un po' più convincenti e, se non riusciremo ad essere un po' più convincenti, per cercare di fare in modo che non si consumino quelli che per noi sono dei danni.

AGOSTINO GHIGLIA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AGOSTINO GHIGLIA, Relatore. Signor Presidente, intervengo soltanto per dire all'onorevole Giachetti che ho citato tutti i pareri per rispetto dell'Assemblea e anche dei colleghi della minoranza e desidero peraltro ricordare che nel corso del dibattito in Commissione sono stati accolti diversi emendamenti presentati dalla minoranza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

SALVATORE MARGIOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, in riferimento alle considerazioni ora espresse dal relatore, onorevole Ghiglia, è vero che in Commissione qualche emendamento è stato accolto, peraltro di carattere assolutamente residuale rispetto alla portata della discussione ma siamo ancora una volta stupiti - devo dirlo - che non sia stato espresso parere favorevole su alcuni emendamenti, in particolar modo concernenti l'articolo 3, riguardo ai quali il Governo, attraverso il sottosegretario Bertolaso, aveva dichiarato in Commissione disponibilità all'accoglimento. Peraltro è stato deliberato un parere della I Commissione che esprimeva alcune osservazioni esattamente riprese nei nostri emendamenti. Quindi vorrei rimarcare la giustezza di quanto asserito dal collega Giachetti.

PRESIDENTE. Come da intese intercorse, sospendiamo ora l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 16.
L'esame degli altri argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 10 dicembre 2008, alle 15:

1. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, recante misurePag. 54straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale (1875-A).
- Relatore: Ghiglia.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1152 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, recante interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell'autotrasporto, dell'agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997 (Approvato dal Senato) (1936).
- Relatori: Stradella, per l'VIII Commissione e Garofalo, per la IX Commissione.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Borghesi ed altri n. 1-00073 e Stracquadanio ed altri n. 1-00078 concernenti iniziative per fronteggiare la crisi economica e finanziaria in atto.

5. - Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Luigi Pepe, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter, n. 2-A).
- Relatore: Pionati.

Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato La Loggia (Doc. IV-ter, n. 3-A).
- Relatore: Brigandì.

Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Giovanardi, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter, n. 5-A).
- Relatore: Brigandì.

Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Vittorio Sgarbi, deputato nella XIV legislatura (Doc. IV-ter, n. 6-A).
- Relatore: Sisto.

Applicabilità del'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Maurizio Gasparri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 3).
- Relatori: Paolini, per la maggioranza e Ferranti, di minoranza.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Franco Cardiello, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 5).
- Relatore: Pionati.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Fabrizio Morri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 6).
- Relatore: Aniello Formisano.

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Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Maurizio Gasparri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 7).
- Relatore: Paniz.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Katia Bellillo, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 8).
- Relatore: Samperi.

La seduta termina alle 19,30.