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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 94 di giovedì 27 novembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10,05.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Brancher, Brugger, Caparini, Casini, Cicchitto, Cirielli, Donadi, Gibelli, Lo Monte, Lusetti, Mantovano, Maroni, Migliavacca, Palumbo, Pescante, Soro, Stucchi e Vitali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, è una di quelle occasioni in cui sarebbe preferibile non dover prendere la parola. Le notizie di questa mattina, purtroppo, si sono aggravate. È di pochi minuti fa una notizia che parla di un morto, un italiano, fra i cento e più morti che si sono registrati a seguito degli attentati a Mumbai in India, dove sono stati assaliti due grandi hotel a cinque stelle, un cinema, un ospedale e la stazione centrale dei treni.
Il terrorismo, dunque, come ha detto il Ministro Frattini, si conferma la minaccia numero uno in una situazione già così grave. Più tardi affronteremo un tema specifico con le mozioni dedicate alla riunione del prossimo G8, che dovrà affrontare la crisi economica e finanziaria internazionale. Credo che una risposta adeguata al terrorismo debba venire anche da una risposta ai problemi di larghe parti del mondo.
Chiedo alla sua sensibilità se non sia il caso che il Ministro Frattini, oltre che parlare con le emittenti, riferisca (egli stesso o un sottosegretario) al Parlamento e ci dia delle notizie più esatte perché, nella concitazione di queste ore, voglio addirittura sperare che la notizia ultima possa non essere corrispondente alla realtà (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Pag. 2

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, anche io mi associo alla richiesta dell'onorevole Evangelisti. Vorrei ricordare che, anche dal nostro punto di vista, sarebbe necessario, come è accaduto sempre nella tradizione del rapporto tra i Ministri degli esteri e il Parlamento, che lo stesso Ministro possa venire nella giornata di oggi a portare un contributo positivo rispetto alle notizie che ci arrivano dalle emittenti televisive.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo anch'io per associarmi a tale richiesta. La tragedia che sta accadendo in India è di dimensioni talmente enormi che ritengo, ovviamente non a prescindere da ciò che riguarda i nostri connazionali, che l'interesse del Parlamento sia di avere nozione di quanto sta accadendo nel quadro generale, perché credo sia inquietante per la dimensione che sta assumendo.

PRESIDENTE. La Presidenza si associa alle parole pronunciate dagli onorevoli colleghi nell'esprimere innanzitutto orrore e indignazione per le tragiche notizie che giungono dall'India. È, purtroppo, confermata la notizia della morte di un connazionale e quindi credo sia doveroso, da parte di tutta la Camera, esprimere, innanzitutto, vivissimo cordoglio per la scomparsa del nostro connazionale e il sentimento di vicinanza e di solidarietà alla famiglia.
Sarà cura della Presidenza chiedere al Ministro degli affari esteri, compatibilmente con la situazione in cui credo che lo stesso Ministro si trovi, coordinando i lavori dell'unità di crisi, di riferire quanto prima, e se possibile nella giornata di oggi, alla Camera dei deputati.
Al momento, le notizie sono frammentarie, come naturale in questi casi, ma è indubbio che si tratta di una vicenda destinata a segnare un'ulteriore escalation delle tragiche vicende del terrorismo.
Non ci sono al momento - lo ripeto - notizie relative alla sorte di altri connazionali che si troverebbero ancora all'interno degli alberghi presi d'assalto. È, dicevo, purtroppo confermata la scomparsa di Antonio De Lorenzo.
Credo sia doveroso, alla sua memoria e in segno di solidarietà nei confronti della sua famiglia, osservare un minuto di silenzio (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo. L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1072 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina (Approvato dal Senato) (A.C. 1857) (ore 10,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.
Ricordo che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, le chiedo scusa, ma c'è stato unPag. 3attimo di concitazione, che tra l'altro è collegato all'impressione che ho tratto proprio in questi giorni, dovendo affrontare da vicino il decreto-legge alla nostra attenzione. Poche volte mi è capitato di avvertire un provvedimento quasi - ho paura a dirlo - inutile come quello in esame.
Si tratta di un decreto-legge pomposamente definito di lotta alla criminalità organizzata e di contrasto all'immigrazione clandestina, che poi in buona sostanza si riduce ad un rinvio a fine marzo di un provvedimento che riguarda la tenuta, da parte delle aziende di telefonia, e la trasmissione dei dati elettronici. Esso si limita all'invio di un contingente non superiore alle 500 unità a Castelvolturno, ma soltanto fino al 31 dicembre e, infine, per quanto riguarda il contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina si limita, di fatto, alla trasformazione dei CPT nei nuovi centri di identificazione ed espulsione.
Potrei partire da questi ultimi per sottolineare come sia sbagliato l'approccio e come sia tutto sommato riduttivo e limitativo. Si cambia il nome per fare intendere che si vuole cambiare la sostanza. Non sono più centri temporanei di permanenza, ma centri di identificazione ed espulsione, come se l'identificazione dovesse essere soltanto finalizzata all'espulsione e non all'individuazione e, quindi, ad una selezione - sarei tentato di dire - tra la buona immigrazione (quella risorsa di cui avremmo bisogno e di cui hanno bisogno le nostre industrie e le nostre imprese, soprattutto nel nord-est) e, invece, una immigrazione che va combattuta e contrastata.
Tuttavia, anche a questo proposito, si potrebbe riaprire la vecchia querelle. Ancora ieri, intervenendo in proposito, il sottosegretario Mantovano ha voluto ricordare che si tratta di un'emergenza che dura nel nostro Paese da ormai più di 15 anni. Non si tratta di un'emergenza, ma di un fenomeno di flussi connessi alla crisi mondiale del sottosviluppo di tante realtà e di tanti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo o anche alle frontiere con il Messico, che chiedono al nord industrializzato e sviluppato una risposta.
Dicevo, quindi, che c'è confusione, perché questa è stata la prima impressione che abbiamo avuto affrontando l'esame di questo ennesimo decreto-legge.
C'è confusione perché sinceramente non si capisce più quali siano le intenzioni e la strategia del Governo in tema di sicurezza. Siamo di fronte all'ennesimo decreto-legge che, come dicevo, ha ad oggetto la sicurezza, o meglio dovrebbe essere la sicurezza, perché ne abbiamo già visti passare diversi sulla stessa materia: provvedimenti che si accavallano, si sovrappongono e inevitabilmente, signor Presidente, finiscono per contraddirsi. Siamo evidentemente di fronte al fallimento o in procinto della dichiarazione di fallimento della politica governativa in tema di sicurezza. Del resto, in quale altro modo si potrebbe interpretare la necessità di intervenire, a distanza di poche settimane, sempre con necessità e urgenza e sempre sullo stesso tema? Nonostante i continui interventi, infatti, siamo ancora allo stadio della necessità e dell'urgenza.
Allora, viene spontaneo domandare al Governo: fino a quando resteremo in questa condizione di necessità e di urgenza? Credo che si continuerà così finché si utilizzerà lo strumento della decretazione d'urgenza per fare propaganda, anche fuori dalla campagna elettorale, perché in tema di sicurezza questo è ciò che sta avvenendo.
Persino l'utilizzo dei mezzi di comunicazione e delle reti private e pubbliche è finalizzato a questo. Oggi i sondaggi dicono che nel nostro Paese la percezione dell'insicurezza è calata in maniera direttamente proporzionale all'attenzione dei media sul fenomeno. Un anno fa, in occasione della tragica vicenda della povera signora Reggiani, tutto fu costruito perché l'attenzione fosse al massimo. Oggi, poiché è cambiato il Governo e ci deve essere il controllo del territorio, si può anche mettere la sordina a queste tematiche.
Se davvero il tema della sicurezza fosse così caro al Governo, forse non si sarebberoPag. 4tagliate le risorse destinate alle Forze armate e alle forze di polizia e neanche quelle per il funzionamento della giustizia. Ecco quindi che torna il tema della confusione come caratteristica tipica dell'operato di questo Governo in tema di sicurezza. Da una parte, si denuncia la continua emergenza, dall'altra, si tagliano i finanziamenti alle forze dell'ordine.
Ma lo stato confusionale non si ferma a questo. A luglio viene proclamata l'emergenza nazionale in tema di immigrazione e si apre alla possibilità di creare dei CPT privati, o meglio, i piccoli CPT. Ecco un'altra ossessione di questo Governo, che vuole sempre e comunque affidare ai privati qualunque servizio, possibilmente in deroga alle leggi e ai controlli, salvo poi invocare, quando i privati sono in difficoltà, i soldi pubblici per soccorrerli. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: è stata da poco aperta un'indagine per verificare se l'iter di affidamento di queste nuove strutture, i cosiddetti piccoli CPT, gestiti da privati sia sempre stato corretto. Infatti, sono bastati soltanto tre mesi perché si evidenziassero già gravissime anomalie.
Nella sua confusione questo Governo è comunque deciso ad andare avanti - lo abbiamo sentito ieri dall'atteggiamento del Ministro e soprattutto dalle parole del sottosegretario - utilizzando lo stato di emergenza per delegificare, aggirare, semplificare, accomodare, in barba alle regole e ai controlli necessari, e ovviamente affidando ai privati quello che il pubblico non può fare in tempi brevi in stato di emergenza. Insomma, un decreto dopo l'altro, un'emergenza continua.
Ma la confusione del Governo va anche oltre: un Ministro dichiara che lo Stato italiano in determinate regioni deve considerarsi in guerra, mentre un altro Ministro dello stesso Governo minimizza, negando tale impostazione. Pensate che i due Ministri in questione sono, nell'ordine, quello dell'interno e quello della difesa, cioè proprio i Ministri dal cui coordinamento dovrebbe prendere corpo l'azione del Governo in materia di sicurezza.
La confusione è evidente e ha radici profonde, culturali prima ancora che politiche, e giustificano la proposta del partito del Ministro dell'interno, la Lega Nord, nel provvedimento all'esame del Senato, secondo cui addirittura i medici dovrebbero denunciare i clandestini che fanno ricorso alle loro cure. Si potrebbe di questo passo arrivare a chiedere ai parroci della Padania di venire meno al segreto del confessionale, sempre in nome dell'emergenza (Commenti di deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Siete in ritardo culturale rispetto all'Europa e al mondo.
Quando la luna di miele finirà, perché finirà e sta finendo - lo dico al Presidente, al Ministro e a tutti i colleghi - questo Paese se ne renderà conto.
Mentre gli Stati Uniti eleggono un Presidente nero alla Casa Bianca, discendente di afro-americani, noi siamo all'emergenza nazionale per l'immigrazione. L'Europa cerca politiche comuni per controllare i fenomeni immigratori, intendendoli per quello che sono: una costante dei nostri tempi, ovvero una caratteristica fisiologica del nuovo mondo. Voi, invece, affrontate l'immigrazione la necessità di controllarla e di gestirla nel decreto-legge sulla criminalità, affiancandola ad essa. Equiparare i flussi immigratori ad un'emergenza criminale rappresenta una posizione arretrata e controproducente. Il fatto stesso di avere rinominato i vecchi CPT come centri di identificazione e di espulsione conferma il vostro ritardo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. ... come se l'espulsione fosse il fine ultimo da perseguire - ho concluso, signor Presidente -, il risultato da ottenere. Seguendo questa impostazione avete già in passato prodotto danni enormi, come quelli rappresentati dalla legge Bossi-Fini, una legge del tutto inapplicabile, come si è dimostrato in questi anni.
Noi dell'Italia dei Valori avevamo presentato degli emendamenti al provvedimento in esame, tratti da una nostra proposta specifica. Sono stati bocciati, ma li ripresenteremo, ora non ho il tempo perPag. 5illustrarli ulteriormente. Preannuncio, però, che voteremo contro questo provvedimento, ma, probabilmente, fra qualche mese saremo di nuovo qui ad affrontare un nuovo decreto-legge in materia di sicurezza e saremo ancora in una fase di necessità e di urgenza.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FABIO EVANGELISTI. Lo ripeto: questo provvedimento è negativo; noi voteremo contro questo decreto-legge e contro la vostra profonda e costante confusione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a votare affronta sicuramente tematiche importanti che hanno suscitato una pressante richiesta di sicurezza nei cittadini.
L'allarme sociale suscitato nella popolazione dal crescente aumento degli episodi di criminalità e dai problemi legati all'immigrazione clandestina pongono la necessità di scelte e interventi programmatici che in parte sono stati affrontati nel decreto-legge in discussione, ma che indubbiamente devono portare a un più efficace coordinamento legislativo e repressivo in grado di contrastare l'evolversi della stessa criminalità.
È evidente che ci troviamo davanti ad un fenomeno diversificato: da una parte, vi è la cosiddetta microcriminalità, che a volte è la più appariscente e desta preoccupazione e sgomento nei cittadini onesti. Nei confronti della stessa vanno accentuate le misure di repressione con una maggiore presenza territoriale delle forze dell'ordine. Dall'altra parte, abbiamo la criminalità organizzata che, seppur maggiormente radicata nel Mezzogiorno d'Italia, ha interessi e ramificazioni in tutto il Paese e che negli ultimi anni ha abbandonato, in alcuni casi, la cosiddetta via stragista per puntare ad un maggiore controllo economico e sociale del territorio.
La globalizzazione dei mercati e l'acuirsi dei divari sociali fra le diverse aree del pianeta ha determinato, in molti casi, per vasti settori della popolazione, che l'unica accumulazione possibile sia quella legata al ricorso all'illegalità. In questa situazione in cui il 23 per cento della popolazione mondiale consuma l'80 per cento delle risorse, è evidente che le organizzazioni criminali trovano terreno fertile su cui attecchire e un enorme capitale umano al quale fare riferimento. Non a caso il fenomeno dell'immigrazione clandestina si basa su alleanze sempre più forti tra criminalità organizzata interna e nuove formazioni criminali emergenti nei Paesi da cui partono i flussi maggiori di immigranti.
È lo stesso meccanismo che consente alle organizzazioni terroristiche legate ai fondamentalismi religiosi di fare più proseliti nelle aree di depressione economica e sviluppare alleanze con le organizzazioni criminali internazionali in traffici illeciti legati al mercato delle armi, della droga e degli essere umani.
Ci troviamo, di conseguenza, di fronte ad un fenomeno complesso sul quale è necessario agire in più campi: maggiore coordinamento tra le forze dell'ordine e la magistratura nell'azione repressiva interna e maggiore coordinamento internazionale per colpire un fenomeno che ha interessi ormai globali.
Con il decreto-legge in esame sono state adottate misure urgenti per cercare di porre un freno a una criminalità crescente.
Tuttavia, è evidente che bisogna uscire al più presto da una logica emergenziale per cominciare un intervento strutturale che riesca ad eliminare quelle contraddizioni sociali che sono alla base della crescita e del radicamento delle organizzazioni criminali.
Allo stesso tempo è necessario perseguire con determinazione il processo di pulizia della politica. Ancora troppo spesso le cronache dei giornali locali riportano notizie su amministratori localiPag. 6indiziati o arrestati per episodi di collusione con la criminalità. È un fenomeno trasversale sul quale tutti dobbiamo agire con determinazione per non rendere vani gli sforzi dei cittadini onesti e dei giovani che lottano ogni giorno contro la criminalità e la prepotenza, e che non debbono essere lasciati soli nella loro battaglia di legalità.
Per questo motivo, pur approvando l'utilizzo temporaneo delle Forze armate in funzione di supporto all'ordine pubblico, siamo convinti che la strada da perseguire sia quella di sviluppare una maggiore efficienza investigativa e repressiva delle forze dell'ordine, le quali devono essere attrezzate e sostenute economicamente per poter contrastare in maniera più efficace la criminalità. I successi contro la criminalità organizzata raggiunti grazie al lavoro e all'impegno degli investigatori e della magistratura sono sicuramente stati importanti, ma sarebbe un errore imperdonabile non considerare il radicamento e la capacità di riorganizzazione della criminalità.
A questo si deve aggiungere un lavoro continuo per sottrarre al controllo politico e sociale della malavita intere aree del Paese. Non è un caso che dove maggiori sono la mancanza di sviluppo, la disoccupazione e la povertà, le organizzazioni criminali riescono a trovare maggiore radicamento. Il binomio sviluppo-legalità è inscindibile: se non vi è sviluppo, non vi è presenza dello Stato, la criminalità ha maggiore possibilità di costituire il proprio stato parallelo e, al contempo, se non vi è legalità non vi è possibilità di sviluppo. Dunque, risulterebbero comunque inutili le politiche repressive se non fossero accompagnate da politiche tese allo sviluppo.
Nel Mezzogiorno, proprio per le caratteristiche a cui accennavamo precedentemente, l'imprenditoria mafiosa e la criminalità organizzata esercitano un notevole controllo politico ed economico del territorio che impedisce, di fatto, lo sviluppo di energie economiche locali pulite fino ad influenzare negativamente l'intero sistema produttivo.
Per questo motivo alcune norme vigenti appaiono aggiungere al danno la beffa. Ci riferiamo, in questo caso particolare, ai beni confiscati alla criminalità organizzata. Come è noto la normativa attuale prevede che il beneficiario immediato dei provvedimenti di confisca degli immobili non è il contesto della collettività locale direttamente danneggiata dal fenomeno criminale, ma lo Stato, salvo il successivo e solo eventuale trasferimento di alcuni immobili ai comuni, alle province e alle regioni.
Di conseguenza, si arriva al paradosso che alcuni enti territoriali sono costretti a mettere in vendita i propri immobili di pregio per pagare allo Stato, come abbiamo visto unico titolare per legge dei beni confiscati, ingenti somme a titolo di affitto degli immobili da questi utilizzati a fini istituzionali. Non stiamo parlando ovviamente della soluzione a tutti i mali, ma di un messaggio che dovrebbe arrivare alle comunità locali che subiscono il danno delle condotte criminose di tipo associativo, ma che allo stesso tempo non si vedono restituito dallo Stato ciò che loro è stato sottratto con l'intimidazione e la violenza.
Quindi, nel dichiarare il nostro voto favorevole sul disegno di legge di conversione in esame, riaffermiamo con forza e convinzione che accelerare e incrementare i procedimenti di confisca dei beni, restituire tali beni alla collettività che subisce il danno della presenza criminale e affermare l'autorità dello Stato, coordinare le politiche di prevenzione e repressione, rilanciare le politiche di sviluppo sono le strade obbligate che dobbiamo percorrere se vogliamo costruire politiche concrete di contrasto alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, signori del Governo, ritengo che anche in sede di conclusione dell'esame del provvedimentoPag. 7vada svolta una valutazione di fondo. Si tratta di un provvedimento d'urgenza, un decreto-legge, quindi ritengo che bisognerebbe valutare appieno tutta la sua portata.
È un provvedimento di emergenza in una situazione che ha già di emergenza la sua gravità, la sua peculiarità e anche la sua forza devastante che certamente abbiamo difficoltà a frenare e a limitare nelle sue espansioni così negative.
Signor Presidente, c'è bisogno, quindi, di creare, anche attraverso la normativa, una condizione di vivibilità in ampi territori e in ampie realtà del nostro Paese. È necessario ridare fiducia a popolazioni annichilite, restituire la dignità di una storia e recuperare, quindi, seri processi di sviluppo, a fronte di un abbandono sempre più eloquente ed evidente e di un annichilimento che coinvolge e si diffonde inesorabilmente nella realtà di alcuni territori e di alcune regioni del nostro Paese (e non soltanto nel nostro).
La lotta alla criminalità organizzata non è e non può essere limitata semplicemente a provvedimenti di emergenza od occasionali rispetto alle situazioni che possono verificarsi. Bisogna capire e comprendere che questo è il momento di affrontare in termini complessivi, con una serie di norme, una riforma strutturale di tutto l'impianto normativo che deve contrastare la criminalità organizzata: lo abbiamo detto più volte. Ecco perché il provvedimento al nostro esame affronta e aggiusta alcune particolari situazioni, ma non entra nel merito rispetto ad una sfida che bisognerebbe portare avanti con più forze, con maggiore efficacia e con maggiore competenza. Possiamo, certo, attardarci a capire e comprendere che cosa possono significare i 500 militari inviati nella provincia di Caserta, a Castel Volturno. Possiamo attardarci anche ad esaminare e a confrontarci per capire come si combatte il terrorismo attraverso lo slittamento delle procedure concernenti i dati telematici.
Non si tratta di questo, però, signor Presidente: nel provvedimento in esame manca la capacità di impiantare una normativa che punta soprattutto sulla prevenzione. Se non c'è una forza di contrasto che punta sulla prevenzione, tutto diventa difficile, stantio, inutile e precario, limitato nel tempo e privo di ogni capacità di incidere profondamente su questa nostra realtà.
La prevenzione, signor Presidente, è un dato forte, che però si affievolisce sempre di più, anche per la produzione normativa con riferimento a questa materia: le norme in questione sono distribuite e disseminate in termini frastagliati in vari provvedimenti, mentre ci sarebbe certamente bisogno di un'univocità di impostazione normativa, con provvedimenti e testi unici che non abbiano il senso e il significato di provvedimenti ad hoc od occasionali, ma, ad esempio, quello proprio di un disegno di legge che possa essere coinvolgente, non soltanto per il Parlamento ma per il nostro Paese.
Non vi è dubbio, allora, che le nostre posizioni sono state abbastanza eloquenti e chiare, perché quando parliamo di coordinamento delle forze di polizia non intendiamo rievocare una vecchia materia, ma intendiamo ribadire che non vi è un coordinamento vero e reale e un'ottimizzazione delle risorse materiali ed umane delle forze di polizia. Queste ultime, certamente, svolgono il proprio dovere, ma, poiché abbiamo una delle più grandi forze di polizia del mondo, forse c'è bisogno di capire e di comprendere che è necessario razionalizzare il loro impiego.
Signor Presidente, quando parlo di prevenzione parlo del non rispetto della legge n. 121 del 1981. Alcuni amici ricorderanno che, quando si procedette alla riforma della polizia di Stato, l'obiettivo vero, più importante e più significativo era quello di creare una fascia di intelligence all'interno delle forze di polizia, che però non c'è e non c'è mai stata. L'intervento delle Forze armate e dell'Esercito, pertanto, dovrebbe essere integrativo e sussidiario rispetto alla capacità di intelligence e di investigazione da parte delle forze di polizia, altrimenti si perde il significato e il senso di una misura e di un impegno che certamente dobbiamo portare avanti.Pag. 8
Abbiamo anche chiesto alcune cose e ci dispiace che il Governo abbia risposto «no» a tutto. La cosa più irritante e che più infastidisce, ma non perché qualcuno dell'opposizione si è rivolto alla maggioranza, è che si svuota il Parlamento della sua centralità, del suo ruolo e della sua rappresentanza più reale e vera delle esigenze della collettività.
Questa è la posizione di un Governo che frettolosamente deve approvare comunque un decreto-legge e che non accoglie neanche apporti costruttivi e migliorativi del testo stesso.
Dunque, non si fa un provvedimento per il contrasto alla criminalità organizzata, ma, come dicevo poc'anzi, solo per contrapporsi e, soprattutto, per intervenire in situazioni particolari ed eccezionali. Non si fa un provvedimento per aiutare un processo e per fare entrare questo Paese in una fase nuova. La criminalità organizzata non è un dato che può riguardare semplicemente alcune regioni del Paese, ma riguarda l'identità, la cultura e la civiltà di questo Paese, la capacità di un Parlamento e delle forze politiche di fare entrare questo Paese in una fase nuova e diversa rispetto a quella che viviamo oggi.
Non c'è dubbio che la criminalità organizzata fiorisce anche attraverso il disfacimento del tessuto sociale e civile. C'è la microcriminalità, ma anche un'altra criminalità molto più pericolosa e inquietante, la criminalità che si annida nella pubblica amministrazione, con le connivenze e le collusioni. La criminalità, dunque, è molto più articolata, perché la vera criminalità, quella dell'aristocrazia, della nobiltà e delle famiglie che noi conosciamo, trova forza e linfa attraverso protezione e spazi che si aprono nella pubblica amministrazione e nella gestione del potere.
Allora, non è più un problema che riguarda soltanto alcuni territori, ma riguarda questo Paese nella volontà di dare delle risposte che possano essere esaustive.
Signor Presidente, sappiamo tutti quello che succede ed è successo anche in passato. Vi è ovviamente il problema di questa sfiducia che è disseminata nell'industria, nell'imprenditoria. Sono realtà che si stanno disfacendo sempre di più, che si stanno perdendo e che bisognerebbe, invece, riguadagnare alla civiltà e al progresso.
Questo «anti-Stato» che prevale sullo Stato dovrebbe porci anche una questione forte, che non riguarda semplicemente alcune regioni del sud. La criminalità organizzata deve essere colpita nell'arricchimento, in questa forza di penetrazione degli affari, che certamente la pone in una condizione di egemonia.
Allora, signor Presidente, c'è un aspetto forte che vogliamo rievocare anche qui, quello dell'immigrazione. Per quanto riguarda i centri di identificazione e di espulsione, nel nostro emendamento avevamo chiesto di coinvolgere la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ma non avete accolto nemmeno questo.
Allora, signor Presidente, mi avvio alla conclusione, preannunciando la nostra astensione. Non votiamo contro, ma vogliamo mandare un messaggio forte al Paese: queste battaglie devono coinvolgere tutti, senza nessuna divisione. Vogliamo mandare un messaggio forte sul piano culturale rispetto anche ad un Governo che ha dimostrato scarsa attenzione agli apporti dei parlamentari e dei gruppi parlamentari.
Quando c'è una grande battaglia di civiltà, dobbiamo essere tutti coinvolti. Questa è una lezione ed insieme un invito che vogliamo rivolgere in questo particolare momento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che oggi ci accingiamo a convertire in legge in questa Aula rappresenta senza dubbio il frutto di una politica confusa di indirizzo e anche, oserei dire, un discreto pasticcio normativo, soprattutto se si considera l'articolo 2-quinquies, in cui vi è un evidente errore sostanziale.Pag. 9
Questo disegno di legge raccoglie, infatti, disposizioni che sarebbero dovute essere contenute in circa quattro provvedimenti, data anche l'importanza degli argomenti che in esso sono contenuti, che senza dubbio avrebbero richiesto un iter legislativo ben diverso, dal momento che si parla di prevenzione e accertamento dei reati, di contrasto alla criminalità organizzata e di immigrazione clandestina.
Invece, al Senato sono stati inseriti, oltre a questo corpo centrale iniziale, altri articoli; ad esempio, quelli relativi ai giudici onorari, che sicuramente non andavano inseriti in un provvedimento per cui è stato previsto l'uso della decretazione d'urgenza.
Ma qui sappiamo di trovarci di fronte all'ennesimo provvedimento per cui è stata utilizzata la forma della decretazione d'urgenza; è ben il diciannovesimo in questo senso in circa sei mesi e sappiamo che, entro la fine dell'anno, arriveremo circa a quota trenta.
Per quanto concerne il merito, innanzitutto, all'articolo 1, laddove si parla della proroga relativa alla conservazione dei dati sul traffico telefonico e telematico in supporto all'attività di prevenzione e repressione dei reati, colpisce il fatto che si tratti di una proroga, tutto sommato, di circa sei mesi, quindi non un periodo lunghissimo, ma soprattutto che si consideri, con questa volontà di prorogare la conservazione di questi dati, l'importanza dell'acquisizione degli stessi ai fini dell'accertamento della prevenzione dei reati.
Tutto ciò, per quanto riguarda la mancanza di coerenza e la confusione della politica di indirizzo a cui facevo cenno all'inizio, cozza con il disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, che giace alla Commissione giustizia della Camera, laddove, invece, è prevista una sorta di accorciamento, in qualche maniera, o comunque una mancanza di volontà effettiva di far sì che venga utilizzato questo strumento così importante per coloro che devono indagare e comunque accertare la sussistenza dei reati.
Si prevede, infatti, in quel provvedimento, che non possano essere utilizzate le intercettazioni per quei reati che prevedono un tetto massimo di pena inferiore ai dieci anni; appare, quindi, del tutto singolare questa manifesta contraddizione.
Per quanto concerne l'articolo 2, relativo all'utilizzo di ulteriori 500 militari sul territorio ai fini del contrasto della criminalità organizzata, ci tengo a precisare che, se da un lato la presenza di tali militari rappresenta, senza dubbio, un forte messaggio di presenza dello Stato sul territorio, troppo spesso colpevolmente lasciato solo a fronte di situazioni gravissime legate alla criminalità organizzata, d'altro canto appare del tutto singolare che, per lottare contro la criminalità organizzata in Italia, si preveda esclusivamente la presenza dei militari.
Come se, in realtà, non si sapesse che bisognerebbe colpire la mafia sulla produzione di beni e servizi, quindi sugli aspetti economici che ne fanno la ricchezza e aumentano la sua presenza capillare sul territorio non soltanto italiano, poiché poi travalica i confini dello Stato.
Ci sembra, quindi, una politica quantomeno ingenua di contrasto alla criminalità organizzata, tenuto conto anche del fatto che la proroga dell'impiego dei soldati e delle Forze armate sul territorio avverrà soltanto per un periodo limitato di tempo, fino al 31 dicembre 2008.
Per quanto concerne l'aspetto dell'immigrazione, come già detto da altri colleghi, in questo provvedimento si è trattato soltanto di cambiare nome. Si è passati da una definizione di centri di permanenza temporanea a quella di centri per l'identificazione e l'espulsione, senza aver previsto nessuna politica importante, seria e costruttiva per cercare di prevenire il fenomeno a monte. Questo avrebbe comportato, sicuramente, un'esposizione dell'Italia in materia di politica internazionale, cosa che, evidentemente, questo Governo non ha intenzione o, forse, il coraggio di fare.
Per quanto concerne la parte relativa alla distrazione di risorse, 30 milioni di euro, dal Fondo per le vittime delle richieste estorsive al Fondo di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso,Pag. 10emerge chiaro quello che non può essere considerato un mero errore materiale o formale, ma è un vero e proprio errore sostanziale, nella parte in cui non è prevista, all'articolo 2-quinquies, l'esclusione dai soggetti che possono ricorrere al fondo dei parenti dei criminali.
Questa previsione è stata ben evidenziata da altri colleghi come un evidente errore sostanziale, ed è stato chiesto di provvedere in proposito, per rimediare in qualche maniera. Tale richiesta non è stata minimamente presa in considerazione: è stato riconosciuto dal sottosegretario Mantovano che la disposizione è frutto di una grave omissione, ma ci è stato risposto che ad essa si sarebbe posto riparo in un successivo provvedimento. Questo ci lascia non solo fortemente perplessi, ma anche preoccupati, dal momento che, come dicevo prima, si tratta evidentemente di un errore di sostanza, e di un errore piuttosto grave.
Ricordiamo anche la questione dell'inserimento di ulteriori norme che non presentano i caratteri della necessità e dell'urgenza, e che confusamente sono state introdotte in questo provvedimento pasticciato. È per questi motivi che noi Liberal Democratici annunciamo il nostro voto non favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo a convertire in legge, con alcune modificazioni, il decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina. Il provvedimento si inserisce in un complesso di misure definito «pacchetto sicurezza», come il decreto-legge n. 92 del 2008, convertito nella legge n. 125 del 2008, il disegno di legge in materia di sicurezza pubblica all'esame del Senato, i decreti legislativi sui ricongiungimenti familiari e sullo status di rifugiato politico, la previsione di ratifica degli accordi del Trattato di Prüm e l'istituzione della banca dati nazionale del DNA: tutte normative volte non solo a dare una sensazione di maggiore sicurezza, ma provvedimenti concreti ed attuabili, un disegno organico complessivo volto ad un controllo più efficace del territorio, per colpire le mafie e gli interessi economici legati a queste, e per regolamentare l'immigrazione contrastando quella illegale. Risultati concreti di questi provvedimenti sono, ad esempio, i mille arresti già effettuati in sei mesi di Governo o i 3 miliardi di euro sequestrati.
Il provvedimento in esame intende fornire una risposta concreta e tempestiva ai problemi di ordine pubblico e sicurezza, che rappresentano ad oggi una vera e propria priorità sociale e sui quali, com'è noto, si è incentrata la scorsa campagna elettorale. In termini politici, la necessità di intervenire sulla pubblica sicurezza con un decreto di straordinaria necessità ed urgenza costituisce una prova lampante dell'inerzia programmatica e normativa di cui si è reso responsabile il Governo Prodi nei due anni circa del suo mandato.
Nello specifico, il decreto-legge n. 151 del 2008 incide sulla conservazione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico, al fine di rendere effettiva, attraverso univoci indirizzi di protocollo Internet, la possibilità di rintracciare autori di reati; autorizza l'impiego di un ulteriore contingente di 500 militari delle Forze armate nelle aree dove è più evidente la presenza della criminalità organizzata, in modo da distogliere il personale delle forze di polizia da compiti di presidio, utilizzandolo più propriamente in attività di indagine; incrementa di 30 milioni di euro il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di reati di tipo mafioso; prevede l'esclusione dai benefici per le vittime della criminalità organizzata di coloro che sono legati ad ambienti delinquenziali e che abbiano rapporti delinquenziali o partecipino ad attività criminali; prevede uno stanziamento di 3 milioni di euro per il 2008, di 37,5 milioni di euro per il 2009, di 40 milioni di euro per il 2010, di 20 milioni di euro per il 2011Pag. 11per la costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione e per l'ampliamento e il miglioramento degli esistenti, per fronteggiare l'intensificarsi dell'immigrazione clandestina; prevede, infine, un'indennità a favore dei giudici onorari di tribunali e dei viceprocuratori onorari, con riferimento all'impegno lavorativo nelle udienze.
Misure concrete, quindi, che ancora una volta dimostrano che questa maggioranza non sta lavorando con spot pubblicitari, ma interviene dove più pressante è la richiesta della gente (e la sicurezza e il controllo del territorio sono temi che richiedono fermezza e determinazione, che ritroviamo in tutti i provvedimenti del pacchetto-sicurezza).
Negli interventi che in questi giorni si sono succeduti in Aula abbiamo sentito da parte degli esponenti dell'UdC inviti continui a riflettere attentamente, a prendere il tempo necessario per decidere, per valutare, per sviscerare tutti gli aspetti di questo provvedimento, ed abbiamo sentito da parte della sinistra continue lezioni su come tecnicamente si fanno le leggi o su come si fa il buongoverno.
Però, cari colleghi, mentre noi svisceriamo, la criminalità non fa pause di riflessione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Mentre ascoltiamo lezioni di buongoverno ripenso a provvedimenti come l'indulto (il peggior provvedimento di clemenza ipotizzabile, perché non snellisce la giustizia e si applica ai certamente rei), penso alla riduzione dei fondi alle forze di polizia o a come vengono intese dalla sinistra l'immigrazione e la globalizzazione, propugnate al grido: avanti, c'è posto per tutti, per uomini e merci (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Grazie a questa miopia, in questo particolare momento le nostre attività produttive e il nostro Stato sociale stanno entrando in crisi, e per questo è il momento di pensare anche al blocco dei flussi di immigrazione per almeno due anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
La Lega Nord da sempre, sia dal Governo che dall'opposizione, ha sollevato il problema sicurezza, che va di pari passo con l'immigrazione illegale quando questa porta, come porta, anche criminalità, e ha cercato di porvi rimedio sia con provvedimenti legislativi sia direttamente sul territorio, tramite il lavoro dei nostri amministratori locali e dei sindaci, che con le loro ordinanze molte volte contrastate, denigrate ed attaccate politicamente si sono fatti carico di queste esigenze (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Tali ordinanze sono poi risultate talmente legittime da essere copiate da altri amministratori di ogni colore politico, nonché recepite in provvedimenti normativi.
Da ciò, o meglio anche da ciò, deriva l'apprezzamento che il popolo del nord ci ha dimostrato nelle ultime elezioni premiandoci per la coerenza, per l'impegno, per l'interesse concreto che il nostro movimento ha sempre dimostrato verso i più deboli, verso coloro che di fatto subiscono gli effetti della criminalità.
La nostra presenza nel Governo, in particolare per gli argomenti di competenza del Ministro Maroni, dà il senso del rinnovato impegno in questa materia. Questo Governo propone, fa, attua, è un Governo attivo nella programmazione e reattivo alle necessità contingenti, che si distingue dal precedente Governo Prodi, che si esaltava solo in un'attiva immobilità all'insegna del motto «accontento tutti, basta non cadere», e che brillava per spettacolari annunci di provvedimenti da varare sull'onda emotiva di fatti atroci, ma poi puntualmente accantonati per non scontentare gli amici di coalizione, in barba alle esigenze dei cittadini, che dai politici si aspettano fatti e non solo parole.
Pertanto, nell'annunciare il voto favorevole del gruppo della Lega Nord Padania mi preme lasciare agli atti la nostra particolare soddisfazione per questo provvedimento, invitando altresì il Governo a proseguire sulla strada degli impegni presi, attuando tutti i punti del programma politico-elettorale che ci ha unito al Popolo della Libertà e che è la ragione del nostro impegno politico.Pag. 12
Infine, il nostro pubblico ringraziamento va al Ministro Maroni che con serietà, e a costo di scontentare qualcuno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), prende dei provvedimenti come questo, che accontenta la maggior parte dei cittadini e cerca di riavvicinarli alla buona politica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, in questi due giorni l'Aula è stata impegnata in un ascolto, forse, a volte, faticoso. Molti interventi svolti sul complesso degli emendamenti hanno dato conto delle ragioni e degli elementi di criticità che porteranno il gruppo del Partito Democratico ad esprimere un voto contrario al provvedimento. Non voglio qui ripercorrerli, perché credo sia giusto dare, invece, conto di una posizione politica, che sia la più serena e la più pacata possibile, su un tema che sta a cuore a noi, come dovrebbe stare a cuore all'intera Aula di questo Parlamento. Il tema della lotta alla criminalità organizzata richiede sicuramente senso di rigore, serietà, ma anche alcuni punti di certezza.
Noi non siamo più disponibili ad accettare ragionamenti che continuano ad essere mera propaganda e annunci-manifesto, perché, onorevoli colleghi, la vicenda di questo decreto-legge ha una sua origine e una sua finalità che di fatto è stata annegata dentro un'ampollosità di ragionamenti. Se questo Governo - l'ha ricordato il collega onorevole Minniti - si fosse presentato di fronte alla questione di ordine pubblico, ma anche di complessità sociale, che si era aperta nella provincia di Caserta e a Castel Volturno, chiedendo l'invio di un ulteriore contingente di militari, noi non avremmo avuto alcuna difficoltà ad approvare tale proposta, ad una condizione: che mai lo Stato dimentichi, nella sua funzione primaria, che la sicurezza è un compito proprio dello Stato e delle forze dell'ordine, e che l'ausilio delle forze militari non può essere sostitutivo di chi è chiamato a svolgerlo come compito primario; invece, non è stato così.
Ci accingiamo ad esprimere il voto su un disegno di legge di conversione che a dicembre farà sì che quei 500 soldati smetteranno la loro funzione di contrasto alla criminalità organizzata in una provincia nella quale, il giorno dopo, la storia continuerà. Su questa storia drammatica noi vi sfidiamo a far sì che quest'Aula, sul serio, affronti la questione della lotta alla criminalità senza più manifesti, ma in una logica di ragionamento.
Onorevoli colleghi, la lotta alla criminalità organizzata, quando in gran parte della nostra penisola esiste uno Stato nello Stato, e dentro quello Stato esistono elementi di regia e di infiltrazione, avrebbe richiesto - e ce lo aspettavamo in questa discussione - che si evidenziasse almeno un tema: quello dell'intreccio perverso tra pubbliche amministrazioni e attività criminali organizzate. La vicenda degli appalti, le questioni dell'edilizia, il controllo del territorio, le questioni dei rifiuti, rientrano nell'idea che esiste uno Stato che può dare senso alla propria funzione. Esiste una proposta, che è quella che ci aspettavamo, di avere una centrale unica per gli appalti, perché il controllo e la lotta alla criminalità avvengono non semplicemente sul dato della visibilità e della presenza, ma anche attraverso la riproposizione di politiche pubbliche da parte dello Stato: politiche pubbliche che significano interventi seri che ridiano senso alla parola sicurezza che è costituita, certo, dalla sicurezza individuale, dalla propria libertà, dalla possibilità di camminare senza pensare che ti si possa sparare dietro, o in caso di una donna, senza essere violentata, perché magari nelle periferie delle nostre città, nei centri urbani, le illuminazioni scarseggiano, ma anche dall'idea che la sicurezza deve, in qualche modo, riguardare la capacità dei cittadini di vivere e convivere nelle relazioni umane.
Oggi siamo in una situazione drammatica perché dentro l'idea della sicurezza vi è la riproposizione di una società chePag. 13perde il senso di sé, della propria coesione sociale, e i ragionamenti che ancora una volta fanno eco in quest'Aula testimoniano esattamente di una società che vuole continuare ad essere divisa ed egoista. Del resto, perché accade che si ammazza e si brucia un barbone, semplicemente perché era un modo di divertirsi? È questa la nostra idea di sicurezza che vogliamo produrre? Dietro quelle idee invece non c'è la necessità che una società guardi seriamente a come evolve la situazione.
Nei conflitti che si sono determinati in questa parte del mondo e nel Mediterraneo la vicenda dell'immigrazione assume sicuramente un tratto molto preciso, ed è il tratto di chi negli anni Settanta e Ottanta è venuto in queste terre, come in gran parte dei Paesi dell'Europa, e lo ha fatto a volte inserendosi, a volte in maniera illegale, e a volte quella illegalità è prodotta da leggi sbagliate che costringono, di fatto, a un'illegalità diffusa e la favoriscono. A noi spetta un compito, quello di evitare una saldatura che può essere pericolosa, soprattutto per la tenuta unitaria di questo Stato.
Come ricordava anche il collega della Lega, di fronte ad una crisi che oramai mostra i tratti di una vera e propria recessione, le situazioni dei conflitti sociali possono saldarsi proprio sulla vicenda della criminalità organizzata. Allora non esiste sicurezza, non bastano i 500 soldati, non basta una normativa che in qualche modo continua ad essere non il pacchetto sicurezza, ma tanti interventi spezzettati per continuare ad alimentare il senso della paura e dell'insicurezza. Quel conflitto sociale noi lo dobbiamo evitare, perché la sensazione è che si possa aprire il conflitto a causa del sentimento di invidia. C'è una frase bellissima, molto antica ma molto attuale. In un passo della Retorica, Aristotele diceva: l'invidia è uno degli elementi che determina il conflitto sociale; si invidia chi sta meglio di noi, si vuole ambire ad avere lo stesso status e poi magari non ci si preoccupa di quelli che stanno oltre le colonne d'Ercole.
Quelle persone, quelli che stanno oltre le colonne d'Ercole, ormai stanno tra di noi. Lo testimonia proprio la vicenda di Castelvolturno, dove l'invocazione dello Stato e della sua presenza veniva gridata dai tanti cittadini stranieri, senza volto, anonimi, che non volevano e che non vogliono essere manovalanza della criminalità organizzata, e lo chiedevano perché dentro la vicenda dell'immigrazione noi dobbiamo impedire la saldatura tra la buona e la cattiva immigrazione. Questo richiede che una forza di Governo, se vuole governare i processi di immigrazione e non limitarsi semplicemente alla propaganda, apra sul serio una riflessione tutta intera. L'immigrazione è fatta di doveri, è fatta di certezza e di lotta alla clandestinità, ma è anche fatta di diritti di persone che vengono in questo Paese.
Con il decreto in esame tutto questo non c'è. Non c'è perché voi avete voluto inserire ancora una volta, attraverso la decretazione d'urgenza, un elemento di rottura tra la capacità di legiferare in un contesto strategico e l'idea di intervenire per dare risposte semplicemente alle sensazioni. Le sensazioni sono finite. Da maggio ad oggi la percezione della sicurezza degli italiani e la paura del cittadino straniero sono diminuite del 15 per cento, ma sapete perché vi è quella diminuzione? Perché quello che sta avvenendo nella nostra società, quello che sta avvenendo nel mondo, mette al centro e come priorità altre esigenze, e perché nonostante gli annunci, nonostante l'idea di voler dare risposte gli sbarchi continuano.
Gli sbarchi continuano perché dentro queste vostre proposte non ci sono mai atti concreti. Ce li aspetteremmo anche noi e saremmo disposti a discutere di atti concreti, ma non sono atti concreti, sono solo palliativi, sopratutto per rassicurare una parte di elettorato. La campagna elettorale è finita. Lo abbiamo detto quando abbiamo votato in quest'Aula il precedente provvedimento sulla sicurezza, lo diciamo anche adesso.
Costituisce senso di responsabilità, per una classe dirigente che vuole salvaguardare la funzione dello Stato e della sua capacità di intervenire e risolvere le questioni, dire che la campagna elettorale èPag. 14finita. È finita e su questo vi sfidiamo sul serio a fissare una sessione di questo ramo del Parlamento che discuta di immigrazione, di politiche pubbliche, di integrazione, di capacità cioè di stare dentro il ragionamento, perché questa vicenda - lo testimoniano anche molti interventi - ci dice che siamo esattamente all'opposto.
Tratto un ultimo elemento, che è l'elemento che ormai ha caratterizza l'avvio di questa legislatura: non siamo più disponibili ad accettare in maniera passiva l'uso della decretazione d'urgenza, che svilisce gli elementi del ruolo del Parlamento, ma soprattutto la sua funzione, anche dialettica, fra le forze politiche. Quello che è successo che ieri in quest'Aula, signor Presidente - e concludo - è che di fronte ad un emendamento palesemente errato contenuto nel decreto-legge sul rimborso alle vittime della mafia, si è riconosciuto l'errore ma non lo si è voluto correggere. Attenzione: quando si decide di non correggersi, ci si assume la responsabilità di varare testi sbagliati e noi a questo non ci stiamo.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Amici, grazie.

SESA AMICI. Proprio per questi motivi, il nostro sarà un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pecorella. Ne ha facoltà.

GAETANO PECORELLA. Signor Presidente, non pochi sono i meriti del decreto-legge in esame. Certo non è e non pretende di essere la Magna Charta del contrasto alla criminalità organizzata, eppure ha non pochi meriti. Innanzitutto - e non è poco - propone di dare sicurezza alle nostre città, con la presenza delle Forze armate per contrastare la criminalità. Certo è una misura eccezionale, tant'è che la presenza dei nostri militari è a termine, ma questi sono tempi eccezionali, soprattutto ora che è in corso un duro scontro tra bande mafiose. La mafia è una struttura militare, con una gerarchia, con armi moderne e con larghe disponibilità economiche. Lo Stato le si contrappone cercando di riappropriarsi del controllo sul territorio che gli è stato tolto. Le Forze armate non sono soltanto una realtà di mezzi e di uomini, sono lo Stato, che difende i cittadini da questo cancro che ha tentacoli ovunque, sono un valore che può ridare fiducia e sicurezza.
Il decreto-legge in esame ha lo scopo di mostrare che lo Stato c'è, che è presente ovunque si debba combattere la criminalità. Il ricorso al decreto-legge, naturalmente, è questione delicata ed importante. La Costituzione ne ha voluto un uso eccezionale, perché spetta al Parlamento legiferare e all'Esecutivo eseguire. Anche in questo caso l'opposizione ha sostenuto che non vi sarebbero i requisiti dell'urgenza e della necessità. Chi può negare, però, che le emergenze di questo Paese sono la criminalità organizzata, l'immigrazione clandestina e la sicurezza dei cittadini? In questi giorni lo Stato è messo di fronte allo scorrere del sangue per le lotte tra bande criminali. Eppure il provvedimento in esame, permettetemi di dirvelo, dovrebbe appartenere un po' anche a voi dell'opposizione. Altro non è che un ulteriore tassello, un pezzo di quell'edificio normativo che, nel tempo, forze politiche diverse e Governi diversi hanno saputo costruire, per contrastare la criminalità mafiosa. Alla costruzione di questo edificio anche la sinistra, un tempo, ha dato un prezioso contributo: prova ne è l'incremento, che oggi si fa, delle risorse del Fondo per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso. È un riconoscimento che tutti noi dobbiamo a chi lo Stato non ha saputo difendere né salvaguardare sul suo stesso territorio, talora nella sua stessa casa. Estremamente opportuna è stata la previsione di precisa esclusione, rispetto a chi ha diritto di accedere al Fondo: sono esclusi tutti coloro che, pur essendo vittime della mafia, alla mafia hanno dato il loro contributo.
Ultima ma non meno importante è la disposizione in materia di indennità spettantePag. 15ai magistrati onorari: è su di loro che ormai si regge una gran parte dell'attività giudiziaria. Ancora si può fare e si deve fare. Soprattutto è venuto il momento di coordinare la legislazione, ormai vasta e frammentaria, relativa alla mafia ed alla criminalità organizzata e più in generale alla pubblica sicurezza.
È tempo, a me pare, per un codice dell'antimafia e per una nuova legge di pubblica sicurezza. Il Popolo della Libertà voterà questo provvedimento con la convinzione di avere dato all'Italia più sicurezza, più alto grado di legalità e dunque, alla fine, più libertà per gli uomini onesti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, durante il mio percorso politico, che si è caratterizzato a diversi livelli istituzionali, mi sono sempre contraddistinto per un impegno autentico, forte e incisivo nella lotta alla camorra e alla criminalità organizzata. Ebbene, ieri, in quest'Aula è stato attaccato il mio impegno a tale lotta; è avvenuto un fatto gravissimo, perché questo attacco è provenuto dal vicepresidente della Camera dei deputati. Ieri, l'onorevole Leone, dopo il mio intervento, ha testualmente dichiarato: si tratta di accuse generiche e grossolane. Tra l'altro, mandare l'onorevole Barbato in procura significa autodenunziarsi.
Signor Presidente Fini, questo non lo accetto, perché non mi ha mai taciuto la camorra e non mi sono mai preoccupato, né fatto intimidire dalla camorra e non mi farò intimidire dal Presidente della Camera nelle funzioni, onorevole Leone, nel continuare a svolgere questo impegno. Non permetto che il presidente della Camera contrasti chi contrasta la criminalità organizzata. Accetto che mi si contesti, come ha fatto l'Unione di Centro, che voleva sapere chi fossero i camorristi, anche se loro li conoscono (come il senatore Cuffaro) e se li tengono lo stesso; quella è una contestazione che ammetto, perché rappresenta una diversa visione della politica e della lotta alla camorra e alla criminalità organizzata. Non consento, però, che questi attacchi partano dalla Presidenza della Camera, perché è il solito modo con il quale si cerca di fare terra bruciata e di isolare chi davvero contrasta la camorra e la criminalità organizzata (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Per questa ragione, signor Presidente, le chiedo di intervenire, di valutare e di stigmatizzare, perché non può ricoprire la Presidenza della Camera chi non contrasta la criminalità organizzata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, intervengo per informare che i repubblicani voteranno a favore di questo provvedimento che, pur con alcune incertezze e alcune manchevolezze, ritengono importante per la sicurezza del Paese.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1857, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: S. 1072 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, diPag. 16contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.» (Approvato dal Senato) (1857):

Presenti 519
Votanti 485
Astenuti 34
Maggioranza 243
Hanno votato 281
Hanno votato no 204

(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazioni).

Prendo atto che i deputati Dal Lago e Del Tenno hanno segnalato che non sono a riusciti a esprimere voto favorevole.
Prendo atto, altresì, che i deputati Viola, Ferranti, Minniti, Melis, Vaccaro e Mecacci hanno segnalato che non sono riusciti a esprimere voto contrario.

Annunzio di un'informativa urgente del Governo.

PRESIDENTE. Avverto che, con riferimento alla richiesta avanzata da più gruppi, il Governo ha dato la disponibilità a rendere un'informativa urgente sui tragici eventi in corso in India nella giornata odierna, immediatamente dopo la conclusione della discussione delle mozioni sul contributo della Presidenza italiana alla definizione dell'agenda del G8 del 2009. L'informativa sarà resa dal sottosegretario per gli affari esteri Enzo Scotti.

Seguito della discussione delle mozioni Fassino ed altri n. 1-00065, Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066, Evangelisti ed altri n. 1-00067, e Vietti ed altri n. 1-00068 sul contributo della Presidenza italiana alla definizione dell'agenda del G8 del 2009 (ore 11,18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Fassino ed altri n. 1-00065, Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066, Evangelisti ed altri n. 1-00067, Vietti ed altri n. 1-00068 sul contributo della Presidenza italiana alla definizione dell'agenda del G8 del 2009 (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta di lunedì 24 novembre 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni all'ordine del giorno ed è intervenuto il rappresentante del Governo.
Avverto che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Fassino ed altri n. 1-00065, il cui testo è in distribuzione.
Avverto altresì che alla mozione Fassino ed altri n. 1-00065 è stato presentato l'emendamento Mecacci n. 1-00065/1.
Per consentire al rappresentante del Governo di esprimere compiutamente il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sull'emendamento presentato, sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,20 è ripresa alle 11,40.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sull'emendamento presentato.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, chiedo scusa, innanzitutto, del ritardo dovuto alla ricerca di accordi in quest'Aula.
Vorrei chiedere ai presentatori della mozione Fassino ed altri (Nuova formulazione) n. 1-00065, per rendere più incisivo quanto contenuto nella stessa, di apportare alcune modifiche al dispositivo e di accogliere la seguente riformulazione: al secondo capoverso, sopprimere le parole «a partire dall'Italia»; al terzo capoverso, sostituire le parole «, che da un lato metta al più presto l'Italia nelle condizioni di colmare i ritardi accumulati negli anni rispettoPag. 17alla piena», con le parole «per l'». Mi sembra che possa essere anche più comprensibile, sul piano internazionale, l'obiettivo che vogliamo perseguire. Il parere è dunque favorevole sulla mozione Fassino ed altri (Nuova formulazione) n. 1-00065, a condizione che siano accolte queste due riformulazioni.
È stato presentato un emendamento alla mozione Fassino ed altri (Nuova formulazione) n. 1-00065 da parte dell'onorevole Mecacci. Il Governo esprime parere favorevole sull'emendamento Mecacci n. 1-00065/1, proponendo al presentatore la seguente riformulazione: al secondo capoverso della parte consequenziale eliminare le parole «, anche attraverso iniziative che coinvolgano sia i Governi e le istituzioni della regione, che i rappresentanti di gruppi non governativi e di attivisti impegnati a garantire il rispetto dei diritti umani riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo anche in quella regione».
In sostanza l'impegno è verso il forum che è stato messo in piedi dal G8 precedente. Pertanto tale capoverso, riformulato, sarebbe: «a rafforzare il sostegno, anche economico, all'iniziativa del forum del futuro G8, quale strumento per sostenere processi di riforma democratica in Medio Oriente».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00067.
Il Governo esprime parere favorevole sul primo capoverso del dispositivo della mozione Vietti ed altri e n. 1-00068, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: «a promuovere l'allargamento delle riunioni G8 secondo un'architettura a geometria variabile, con l'inclusione di Paesi ritenuti di volta in volta importanti nelle materie di dialogo». Questa è la trattativa a livello globale, in questo momento.
Il Governo esprime parere favorevole sul secondo capoverso del dispositivo, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: aggiungere, dopo le parole «a prevedere, sollecitando anche i Paesi membri del G8 in tal senso, un maggiore impegno» , la parola «anche», perché non si tratta solo di un impegno finanziario.
Il Governo esprime parere favorevole sul terzo capoverso del dispositivo, mentre il parere è contrario sul quarto capoverso del dispositivo, perché si tratta di una questione non del G8, ma di un dibattito oggi all'interno della Unione europea, dove sono ben note le posizioni.
Il Governo esprime parere favorevole sul quinto capoverso del dispositivo, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: eliminare le parole «finanziarie sia nazionali che internazionali». Tale capoverso risulterebbe così riformulato: «in vista della prossima convenzione di Copenhagen del novembre 2009, che dovrà delineare il post-Kyoto, a farsi promotore di una forte azione diretta ad una più grande mobilitazione di risorse per proseguire con determinatezza alla lotta alla riduzione dei gas nocivi». Con questa riformulazione, il parere è favorevole.
Il Governo esprime parere favorevole sul sesto capoverso del dispositivo.
Il Governo esprime parere favorevole sul settimo capoverso del dispositivo, mentre esprime parere favorevole sull'ottavo capoverso, a condizione che sia riformulato in questi termini: «ad incoraggiare, coerentemente con le linee guida adottate in sede OCSE, l'adozione di un approccio maggiormente incisivo al problema del debito dei Paesi in via di sviluppo, al fine di renderlo sostenibile nel lungo termine. In questo contesto promuovere una maggiore assistenza allo sviluppo per quei Paesi impegnati nella riduzione della povertà».
Il Governo esprime inoltre parere favorevole sul nono capoverso del dispositivo, a condizione di sopprimere le parole: «limitando la creatività nella finanza», nonché sul decimo capoverso, purché sia accettata la seguente riformulazione: «a recuperare e valorizzare il ruolo del Fondo monetario internazionale, quale soggetto attivo nel contesto della sorveglianza multilaterale sulle posizioni di credito e debito dei Paesi aderenti, in particolarePag. 18di quelli più deboli, segnalando tempestivamente gli eventuali rischi».
Con queste riformulazioni, il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Vietti e altri n. 1-00068.
Purtroppo, il Governo deve esprimere parere contrario sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00067.

GIANPAOLO DOZZO. Chiedo di parlare per un chiarimento sui pareri espressi dal Governo.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, vorrei capire quale sia il parere del Governo per quanto riguarda il quarto paragrafo della mozione Vietti e altri n. 1-00068.

PRESIDENTE. Il Governo?

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il parere del Governo è contrario.

(Esame dell'emendamento Mecacci - Mozione n. 1-00065)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'emendamento Mecacci 1-00065/1 (Vedi l'allegato A - Mozioni). L'esame avverrà ai sensi dell'articolo 113, comma 4, del Regolamento.
Chiedo all'onorevole Mecacci se accetti la riformulazione del suo emendamento proposta dal Governo.

MATTEO MECACCI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, ringrazio il Governo per il parere favorevole espresso sul mio emendamento 1-00065/1. Infatti, ritengo che la riformulazione proposta non incida sulla sostanza dell'intenzione che risiede nella presentazione dell'emendamento medesimo. Esso va ad integrare una mozione, quella presentata dall'onorevole Fassino quale primo firmatario, che noi deputati radicali riteniamo largamente condivisibile.
Tale mozione riguarda un tema che, in un momento in cui si parla dell'ampliamento e della riforma del G8, ritengo debba essere tenuto presente. In particolare, va ricordato - e lo facciamo in premessa - che l'iniziativa del G7 è nata quale gruppo informale dei Paesi non solo più sviluppati economicamente, ma altresì retti da Governi e istituzioni democratiche. Così è nato il G7.
Su questa base vi fu l'ampliamento, nel corso degli anni Novanta, al G8, con l'inclusione della Russia che, in quel momento, aveva intrapreso un cammino verso riforme democratiche. Abbiamo visto che questo cammino si è sicuramente interrotto in quel Paese e rischia di estendersi anche ad altri Paesi che, probabilmente, saranno inclusi in un'ipotesi di ampliamento del G8 che anche noi auspichiamo.
Il tema della promozione della democrazia e dei diritti umani non può essere slegato da quello della lotta alla povertà e dall'esigenza di una governance economica mondiale che avvenga in base a criteri accettabili per tutti. Non è possibile pensare, proprio oggi, che possa essere accettabile - dopo che nella giornata di ieri il Governo cinese ha deciso di cancellare il vertice previsto con l'Unione europea per il prossimo 1o dicembre, solo perché il Presidente del Consiglio dell'Unione europea in carica, Sarkozy, ha deciso di incontrare, la settimana prossima, il Dalai Lama nel corso della visita che farà in Polonia - escludere questo tipo di tematiche dalle discussioni di un eventuale G8, G14 o G20, al cui tavolo la Cina siederà.
L'ampliamento del G8, l'assunzione di maggiori responsabilità e diritti per tutti i Paesi che verranno a farne parte, a partire dalla Cina, non può prescindere dall'attenzione al rispetto dei diritti umani.Pag. 19
Credo che questo elemento fosse assente nella mozione che era stata presentata e quindi siamo lieti che il Governo abbia espresso parere favorevole.
Riteniamo in particolare che nell'ambito del G8 si debbano sostenere quelle iniziative che sono state già prese in questo senso, perché il tema della promozione della democrazia e della difesa dei diritti umani è stato già presente nell'agenda del G8: alcuni anni fa c'è stato il lancio dell'iniziativa del «forum del futuro», un'iniziativa che coinvolge Governi e rappresentanti di istituzioni non governative. Si tratta di un'iniziativa di cui il nostro Paese, tra l'altro, è stato tra i promotori e che coordina insieme a Paesi come la Turchia e lo Yemen, che di quella regione fanno parte, perché occorre favorire coloro che all'interno del Medio Oriente promuovono il rispetto dei valori che sono riconosciuti dalla Carta universale dei diritti dell'uomo.
Quindi, chiediamo un sostegno concreto da parte del Governo, anche con piccole risorse economiche, per sostenere l'attività di questi gruppi e l'iniziativa del «forum del futuro» e ci apprestiamo a votare in maniera favorevole dopo l'accettazione di questo emendamento che comunque chiediamo di mettere al voto dell'Aula (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ne approfitto anche per dire che non sono sorpreso del parere contrario espresso dal sottosegretario Scotti sulla mozione che abbiamo presentato come gruppo dell'Italia dei Valori, perché a differenza delle altre la nostra mozione richiama un principio di coerenza tra le affermazioni e i comportamenti governativi.
Per restare all'emendamento presentato dall'onorevole Mecacci, che noi avremmo votato anche in presenza di un diverso parere del Governo, ci sembra necessario sottolineare che democratizzare i processi decisionali mondiali allargando il numero dei soggetti coinvolti e solo attraverso un processo graduale di affermazione dei principi fondamentali deve essere un intento assolutamente condiviso. Infatti, il carattere democratico dei soggetti partecipanti deve essere una delle condizioni di base condivise. Del resto - lo abbiamo scritto anche nella nostra mozione -, si deve acquisire la consapevolezza che proprio la compartecipazione ai processi decisionali può essere una delle molle per la diffusione, non solo del metodo, ma anche della cultura e dei valori democratici a Paesi attualmente estranei a tali valori.
Nella discussione, anche in seguito all'ultima riunione del G8, si ha l'impressione che vengano messe insieme realtà complesse, come quella cinese o anche quella indiana, che però sembrano essere più simili nella dimensione del subcontinente che non per quanto riguarda la dimensione nazionale. Inevitabilmente l'affermazione del metodo democratico appare nel caso cinese particolarmente complesso. La storia politica di quel Paese ci ha infatti consegnato uno stato totalitario ed oppressivo, con un apparato pubblico molto rigido e centralizzato, mentre la storia economica, da circa una quindicina d'anni, presente una crescita massiccia, aperta alle tecnologie, veloce quanto sregolata e costosa in termini sociali e ambientali. Al momento gli sforzi di democratizzazione su impulso esterno sono ancora molto incerti e condizionati; gli effetti di apertura - lo abbiamo visto nelle ultime olimpiadi - sono stati piuttosto scarsi.
Di diverso tenore è invece la vicenda indiana, ma per brevità non mi ci voglio soffermare.
In definitiva, voglio richiamare l'attenzione sul fatto che non si può evitare la domanda circa le difficoltà e le incertezze dell'estensione della partecipazione democratica ai processi decisionali globali di realtà geopolitiche alle quali mancano alcuni requisiti di democrazia sociale, su cui invece si basa la coesione sociale in Occidente, specie in Europa.Pag. 20
Questi medesimi interrogativi devono essere affrontati anche con riguardo alla necessità, ormai inevitabile, di riformare i meccanismi di rappresentanza e funzionamento delle grandi organizzazioni internazionali, in primo luogo le Nazioni Unite.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, in merito all'emendamento Mecacci 1-00065/1 il gruppo della Lega Nord voterà a favore, perché tocca un tema molto particolare, quello dei diritti sindacali in alcuni Paesi che sono molto emergenti dal punto di vista economico e che creano veramente delle disparità per quanto riguarda il commercio mondiale.
Sappiamo che in certi Paesi ancora oggi, purtroppo, si effettua del lavoro tramite l'impiego di manodopera minorile; in alcuni Stati, come la Cina (ma non solo essa) non sono garantiti i diritti sindacali e, non essendo previste tutele per i lavoratori, il costo del lavoro è molto inferiore al nostro. Quindi, ha fatto bene il collega Mecacci a sollevare questo problema.
Naturalmente speriamo che negli incontri del G8, ma eventualmente anche in altri incontri allargati, la questione dei diritti sindacali, della tutela dei lavoratori e dei minori in certi Paesi che in questo momento sono emergenti dal punto di vista produttivo ed economico, possa essere sollevata e che si possa cambiare veramente la situazione perché è molto critica e al giorno d'oggi crea delle iniquità tra lavoratori.
Pertanto, signor Presidente, preannuncio che il nostro voto sarà favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, anche il gruppo del Popolo della Libertà voterà a favore di questo emendamento perché sostiene e sottolinea, in modo particolare, tutto ciò che riguarda la promozione e la tutela dei diritti umani. Quindi, appoggiare questo argomento così importante e peculiare per la capacità di creare delle condizioni di pace sempre migliori ci vede consenzienti, anche per garantire i principi della democrazia e quelli che stanno alla base di uno sviluppo economico che non può che passare attraverso il rispetto dei diritti ad un lavoro giusto, svolto in condizioni adeguate. Quindi, si tratta di un fatto importante che voglio sottolineare.
Così pure, sempre in armonia e in coerenza con questi principi, il rafforzamento dell'iniziativa del Forum del futuro del G8 è un tema che deve essere inserito nell'agenda del G8 stesso al fine di rendere più democratica una grande area del mondo così peculiare e strategica come quella del Medio Oriente, attraverso una serie di iniziative che possono coinvolgere con grande senso di responsabilità i Governi di quell'area.
È una grande sfida e, quindi, credo che la proposta di inserire nell'agenda del G8 questo tema debba essere recepita nell'ambito di questa iniziativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, interveniamo anche noi per esprimere un parere favorevole sull'emendamento in esame. Della questione abbiamo parlato in più occasioni durante la scorsa legislatura, in quella attuale e negli ultimi decenni: non ci può essere uno sviluppo veramente rispettoso delle caratteristiche della democrazia e anche della comunità delle nazioni, che in qualche modo il G8 e il Forum del futuro rappresentano, senza un rispetto totale dei diritti umani sotto il profilo dello sviluppo economico e anche di quelli sindacali, religiosi e della prima personalità.
Quindi, preannunciamo anche noi il nostro voto favorevole sull'emendamentoPag. 21Mecacci 1-00065/1 (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mecacci n. 1-00065/1, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 502
Votanti 500
Astenuti 2
Maggioranza 251
Hanno votato
498
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che i deputati Vico, Zorzato e Gioacchino Alfano hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Giulietti ha segnalato di aver espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori della mozione Fassino ed altri n. 1-00065, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole, purché riformulata, se accettino la riformulazione proposta dal Governo.

ALESSANDRO MARAN. Signor Presidente, accettiamo la riformulazione proposta dal sottosegretario Scotti proprio in considerazione della maggiore incisività e nettezza dell'impegno che il Governo assume davanti al Parlamento con la nuova formulazione.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori della mozione Vietti ed altri n. 1-00068 se accettino la riformulazione proposta dal Governo.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, il sottosegretario Scotti ha talmente bene interpretato il nostro pensiero che ci ha aiutato ad approdare ad una riformulazione che ci ha talmente convinto che noi accettiamo la proposta del sottosegretario.
Accettiamo di espungere il riferimento agli obiettivi del Consiglio europeo del marzo 2007 non per ragioni di merito, ma per l'obiezione dell'estraneità di materia. Su questo aspetto ci riserviamo di ritornare la settimana prossima in sede di discussione sulla mozione sul clima.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, l'Italia, come tutti sappiamo, si appresta ad assumere la Presidenza del G8 in un momento particolarmente delicato della vita internazionale, in cui il mondo è scosso dalla crisi finanziaria, dalle inquietudini suscitate da questa crisi e dai rischi che la recessione può comportare per l'economia di molti Paesi.
Giustamente ci si pone il problema di come dare un'adeguata guida ad una fase così critica della vita della comunità internazionale. Se vogliamo dirla tutta, la crisi finanziaria di questi mesi ha reso evidente quello che peraltro si poteva constatare sulla base di altri fatti, ovvero la debolezza della governance politica della globalizzazione e la necessità che alla globalizzazione si dia una guida più forte e consistente di quella che si è riusciti a darle fino ad ora.
La crisi finanziaria ha reso evidente questa esigenza, ma in realtà, se ci pensiamo bene, altri fatti già lo avevano indicato. Sottolineo che da più di quattro anni i negoziati commerciali di Doha non trovano uno sbocco positivo. Sottolineo la difficoltà a trovare un'intesa a livello dellaPag. 22comunità internazionale sul protocollo di Kyoto e della sua applicazione. Sottolineo la difficoltà delle Nazioni Unite a mettere in campo un'adeguata iniziativa di soluzione dei conflitti là dove si manifestano in modo acuto, come ad esempio nella regione dei grandi laghi in Africa.
In fondo, il fatto che negli scorsi giorni per affrontare la crisi finanziaria si sia riunito a Parigi il G20 in una forma inedita e per la prima volta a livello di Capi di Governo e di Stato, indica che lo stesso G8 rappresenta una formula che risulta spiazzata dai mutamenti che ha conosciuto la geografia dell'economia mondiale e dall'emergere di nuovi protagonisti che non sono oggi rappresentati nel club dei Paesi industriali classici.
Insomma, mi pare che la questione all'attenzione della comunità internazionale riguardi il modo in cui dare alla globalizzazione una guida politica, più solida, più forte e più autorevole di quella che si è avuta finora.
Se vogliamo dirla tutta, questa crisi ci mette di fronte alla vera contraddizione politica della globalizzazione. Viviamo in un mondo che è globale in tutto: nella produzione, nei consumi, nella comunicazione, nella circolazione degli uomini e nel trasferimento delle tecnologie, mentre non è globale in una sola dimensione, ossia quella della sovranità politica. Continuiamo a vivere in un mondo in cui la sovranità politica è incardinata essenzialmente negli Stati nazionali e nelle relazioni fra gli stessi.
Tutti i giorni, però, misuriamo la contraddizione fra fenomeni che hanno una dimensione più ampia della dimensione su cui ogni Stato esercita la propria sovranità. In questa contraddizione vi è la debolezza di una globalizzazione che è forte nelle sue dimensioni e nelle dinamiche economiche e sociali ed è debole nella capacità della politica di guidarle. Ci sembra che il nodo vero che ci sta di fronte sia questo; esso potrà essere affrontato adeguatamente soltanto se si parte da una consapevolezza: se il problema è di sovranità, non si darà alla globalizzazione una guida adeguata se non si metteranno le istituzioni sovranazionali e globali in condizione di avere più risorse, più prerogative e più competenze di quelle che hanno avuto. Quelle che hanno e che hanno avuto, però, potranno essere rafforzate ad una sola condizione, ossia che gli Stati nazionali capiscano che è tempo di mettere in discussione una quota della loro sovranità e che, senza trasferire una quota della loro sovranità alle istituzioni globali e sovranazionali che devono guidare la globalizzazione, quest'ultima sarà sempre fragile e debole nella sua conduzione politica.
Si tratta di un tema rilevantissimo, per il quale penso che valga la pena davvero di svolgere una riflessione seria e mettere in campo un'iniziativa politica adeguata. Senza trasferire alle istituzioni sovranazionali una quota della sovranità che oggi è incardinata totalmente negli Stati, la globalizzazione continuerà ad essere affidata alle sue dinamiche spontanee e la politica avrà sempre difficoltà a guidarla e a governarla.
Sono partito da questa considerazione di ordine generale perché il G8 ha la responsabilità di dare impulso a questo tema e la Presidenza italiana del G8 si trova nelle condizioni particolari di assolvere ad una funzione di grande importanza per la vita della Comunità internazionale: fare in modo che la prossima Presidenza del G8 sia capace di dare un impulso all'iniziativa per la costruzione di una governance globale più forte, più autorevole e più solida, che passi per il rafforzamento netto delle istituzioni sovranazionali e di quelle globali.
Non mancano le proposte, dalla riforma dell'ONU e del suo Consiglio di sicurezza all'istituzione di un Consiglio di sicurezza economico che governi la globalizzazione, dalla riforma del sistema di Bretton Woods e delle sue istituzioni al rafforzamento delle Agenzie dell'ONU e delle prerogative, dei poteri di cui esse dispongono. Le proposte in campo ci sono, ma perché esse possano essere realizzate sono necessari un impulso politico forte e la consapevolezza da parte degli Stati nazionali che è tempo di mettere a disposizionePag. 23delle istituzioni che sono chiamate a guidare la globalizzazione quei poteri, quelle risorse e quelle prerogative senza i quali quelle istituzioni continueranno ad essere deboli.
Detto ciò, che rappresenta il quadro di riferimento entro il quale pensiamo debba essere collocata l'azione della Presidenza italiana del G8, nella mozione a prima a firma mia n. 1-00065 (che naturalmente sono lieto che il Governo abbia accettato) abbiamo indicato gli obiettivi prioritari su cui concentrare l'azione della Presidenza italiana.
Innanzitutto, in coerenza con le considerazioni che ho appena svolto, credo che l'Italia debba caratterizzarsi con grande determinazione per un'azione di allargamento del G8, in primo luogo nel costruire in termini strutturali e permanenti il rapporto tra il G8 e quei grandi Paesi emergenti - come la Cina, l'India, il Brasile, il Messico, il Sudafrica e l'Egitto - che oggi sono potenze dell'economia mondiale e non sono nel G8; ciò perché, senza discutere con questi ultimi, è difficile dare una governance adeguata alla globalizzazione economica.
Sul merito delle questioni, abbiamo indicato sei grandi priorità, che io richiamo: regole per i mercati finanziari, in coerenza con le scelte che già sono state fatte nella prima riunione del G20, azioni e iniziative per il Climate change, in previsione della conferenza di Copenhagen del 2009, indetta dall'ONU per la revisione del Protocollo di Kyoto, un impulso ai negoziati commerciali di Doha, in ragione tale da poter arrivare ad un approdo conclusivo in questa materia, cruciale nel governo delle ragioni di scambio tra Paesi industrializzati e Paesi emergenti, un impegno forte per garantire che gli obiettivi del Millennium goal, che ogni Paese ha assunto entro il 2015, siano effettivamente perseguiti con determinazione, cosa che non succede per tutti i Paesi della Comunità internazionale (da questo punto di vista, l'Italia ha accumulato un ritardo grave, che la presidenza del G8 deve sollecitarci a superare), un'iniziativa in vista della Conferenza del 2010 per la revisione del Trattato di non proliferazione nucleare, tema tanto più delicato e decisivo in presenza di un dossier delicato sul fronte nucleare come quello iraniano e, infine, come ha sottolineato il collega Mecacci, sostenendo il suo emendamento, un'azione forte nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, perché la questione dei diritti civili e umani venga considerata una priorità effettiva nell'agenda politica e si superi quella prassi, troppe volte praticata, di considerare i diritti civili e umani subordinati a un realismo politico che spesso nega fondamentali diritti di libertà e di democrazia, che sono indisponibili ed inalienabili per ogni persona.
Noi pensiamo che l'Italia debba muoversi sulla base di questi obiettivi, ma naturalmente muoversi su questi obiettivi implica una coerenza di scelte e di comportamenti del nostro Paese su tutti i fronti.
Voglio concludere questo mio intervento cogliendo anche questa occasione, sottosegretario Scotti, per richiamare l'attenzione sua, del Governo e dell'intero Parlamento sulla grave decisione, adottata con il disegno di legge finanziaria qualche giorno fa, di tagliare consistentemente i capitoli di bilancio dedicati alla cooperazione e all'aiuto allo sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Dobbiamo essere consapevoli che, anche in questo campo, non si fanno le nozze con i fichi secchi. Tagliare le risorse per la cooperazione e per l'aiuto allo sviluppo è un errore molto grave. È un errore concettuale grave pensare che l'aiuto allo sviluppo e alla cooperazione sia un lusso che ci possiamo concedere in tempi di vacche grasse, mentre è qualcosa di superfluo da eliminare, quando vengono i tempi delle vacche magre.
In realtà, infatti, la politica di sostegno allo sviluppo e di cooperazione è una variabile fondamentale della politica estera di un Paese, ed è una variabile fondamentale perfino per governare fenomeni importanti per la vita sociale ed economica del nostro Paese.Pag. 24
Sottolineo soltanto questo aspetto. C'è grande sensibilità nella nostra opinione pubblica intorno a un tema cruciale come l'immigrazione. Ebbene, il governo saggio, adeguato e intelligente del fenomeno migratorio e dei flussi migratori comporta che ci si ponga anche l'obiettivo di aiutare i Paesi in via di sviluppo, da cui originano i flussi migratori, a creare in loco quelle condizioni di vita, di dignità e di prosperità, che consentano alla gente che lì vive di trovare lì ragioni dignitose di vita, senza doverle cercare altrove.
Mi richiamo a quei colleghi, in particolare, per esempio, ai colleghi della Lega, che evocano sempre l'immigrazione come un tema di rischio e di paura, e dico in modo un po' brutale che, se davvero non si vuole che vengano tutti qui, allora porsi il problema di farli vivere meglio lì diventa una condizione fondamentale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Brigandì).
Questo si può fare soltanto se noi mettiamo a disposizione quelle risorse finanziarie che sono necessarie per garantire un'adeguata politica di cooperazione allo sviluppo, garantendo il sostegno a quei Paesi nella lotta alla povertà e garantendo a noi stessi di poter gestire meglio anche fenomeni complessi come quello dell'immigrazione.
Per tutte queste ragioni, chiedo al Governo, in coerenza anche con l'accoglimento della nostra mozione, di avere nel prossimo anno grande determinazione nel perseguire gli obiettivi che qui stiamo discutendo, caratterizzando così in modo forte il ruolo del nostro Paese sulla scena internazionale, in un momento in cui ciascuno deve assumersi responsabilità che siano all'altezza delle sfide e delle aspettative delle opinioni pubbliche del nostro pianeta (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, il G8, nato come gruppo informale di incontro inquadrato nei consolidati schemi della diplomazia internazionale, si è andato negli anni sempre più formalizzando e, per certi versi, ha visto calare il suo potenziale di risoluzione di alcuni nodi internazionali.
Ciò è apparso evidente anche all'ultimo vertice tenutosi in Giappone, dove è stato riconosciuto che non è più possibile affrontare i temi attinenti alla governance mondiale senza coinvolgere quei Paesi emergenti che, per tasso di sviluppo, impatto sull'economia globale e popolazione, sono ormai diventati protagonisti a livello mondiale.
Penso, quindi, che occorra formulare delle proposte, magari con uno strumento di partecipazione a geometria variabile, che vadano verso un allargamento del numero dei partecipanti al G8, sia per riconoscere a questi nuovi Paesi emergenti il diritto di esprimere le proprie posizioni e di partecipare a determinate scelte sia per vincolare questi Paesi ad alcuni doveri che, in questo momento, non osservano.
Senza questo coinvolgimento, il mondo occidentale, in particolare l'Europa, rischia di proporre politiche valide in via teorica, ma che poi, alla verifica degli effetti, sono sostanzialmente nulle.
Ciascuno dei punti affrontati nelle mozioni che oggi stiamo esaminando - cito ad esempio le tematiche ambientali, la lotta al commercio di armi e la riforma dei mercati finanziari - travalica, per sua stessa natura, i confini statali e continentali.
Sarebbe pura retorica pensare di portare un minimo miglioramento, una benché minima soluzione a tali problemi, senza una reale partecipazione alle decisioni da parte di queste nuove potenze economiche.
Ne è chiara dimostrazione il grande carico di aspettative che ha caratterizzato il vertice allargato del G9 tenutosi pochi giorni fa. Per questo, credo che l'appuntamento del prossimo luglio in Italia sia un'occasione da non perdere per stabilire alcune questioni importanti. Ciò, innanzitutto, perché è il vertice a più alto livello che si svolga nel pieno di una crisi finanziariaPag. 25e produttiva internazionale, che sta diffondendo timori e incertezze a livello globale, e anche perché sarà il primo vertice a cui parteciperà il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America.
Il problema di stabilire una governance mondiale veramente efficace è complesso e articolato e, secondo alcuni esperti, purtroppo, una vera governance non è nemmeno possibile.
La velocità dei cambiamenti produttivi, la mancanza di frontiere climatiche, l'immaterialità della moneta e lo sviluppo dei trasporti e della logistica pongono il dubbio che non sia possibile governare la crisi, questa in particolare, ma forse solo attutirne gli effetti sulle persone, in maniera particolare sulle categorie più deboli.
Il contributo che la Lega si propone di dare tramite la mozione che abbiamo presentato è quello di impegnare il Governo affinché l'agenda del G8 sia improntata alla massima concretezza, affrontando alcuni temi veramente significativi, sui quali sia possibile cominciare ad agire da subito.
Auspichiamo che il prossimo G8 sia scevro dalla retorica che spesso accompagna questi vertici e che prenda le mosse, senza preamboli, dall'urgenza della crisi finanziaria e produttiva. Spero che a luglio il Governo italiano potrà presentare al summit i risultati, che ci aspettiamo positivi, del pacchetto di misure a sostegno dei consumi delle famiglie che in questi giorni si sta mettendo a punto.
Occorre, però, nei mesi che ci separano dal G8, monitorare gli effetti di tali interventi e, nel contempo, coordinare e raffrontare tali iniziative con quelle assunte dagli altri Paesi, al fine di cercare con questi il massimo coordinamento.
Stanti i segnali di difficoltà che provengono dalle aziende strette tra la morsa del credito e la frenata degli ordini, credo sia opportuno guardare con maggiore realismo al Piano sul clima e l'energia della Commissione dell'Unione europea, su cui è chiamato a esprimersi il Consiglio d'Europa di dicembre. È un piano ambizioso che rende nobile l'impegno europeo, ma che è stato elaborato quando la portata di questa crisi non era ancora evidente nella sua interezza.
Oggi le misure proposte, se richieste solo all'Europa e non anche ai concorrenti internazionali, aggraverebbero la situazione della nostra economia. L'obiettivo generale dell'Unione europea in materia di lotta ai cambiamenti climatici è stato approvato dal Consiglio europeo nel marzo 2007, e prevede entro il 2020 la riduzione al 20 per cento rispetto al 1990 dell'emissione dei gas ad effetto serra e il raggiungimento della quota del 20 per cento di energia rinnovabile. Tali impegni sono stati tradotti dalla Commissione in un pacchetto di proposte sull'energia che, purtroppo, avrebbe dei costi addizionali per lo Stato italiano veramente pesanti: nel periodo 2011-2020, si stimano in totale 181,5 miliardi di euro in più di costo calcolato per l'Italia. Ed è per questi dati che non si possono riproporre forme di impegno in materia ambientale che risultano ormai datate, come purtroppo si propone di fare in alcune mozioni presentate.
In materia di commercio estero il Doha Round si è concluso nel luglio scorso con l'ennesimo fallimento, signor Presidente, come del resto è avvenuto negli ultimi sette anni. È un fallimento dovuto alla ricerca di un equilibrio fatto di troppe concessioni a scapito dell'agricoltura europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania); il che pare insensato perché sappiamo che, accanto alla crisi economica, si sta consumando in Asia e in Africa una vera e propria crisi alimentare, dovuta ai motivi, che tutti sappiamo, dell'aumento dei prezzi dei prodotti agricoli. È, quindi, assurdo penalizzare l'agricoltura europea, mentre tutte le produzioni dovrebbe essere premiate e incentivate per riequilibrare l'offerta di mercato.
Includere poi, signor Presidente, le nostre produzioni tradizionali come il riso, presente nella Pianura Padana, le patate o altri prodotti nella lista di quelli tropicali, sui quali non apporre più nessun obbligo daziale, significa far sì che queste produzioni vengano abbandonate non solo inPag. 26Italia ma in tutta Europa, facendo svanire in un sol colpo metodi produttivi affinati e consolidati nell'arco di intere generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), ma soprattutto rischiando l'abbandono di terreni agricoli, magari a favore di conversioni ad altre destinazioni che hanno poco a che fare con l'agricoltura.
In ogni caso, come sempre, abbiamo visto che il WTO si dimostra inadeguato: ci sono troppi partner (e l'esempio cinese è solo il più macroscopico) che beneficiano delle liberalizzazioni stabilite dai negoziati senza aver dato, sino ad oggi, alcun segnale concreto di contrasto al fenomeno che danneggia forse più di tutti i nostri produttori, e cioè la falsificazione e la contraffazione di prodotti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Lo sfregio che viene attuato nei confronti della ricerca, della credibilità delle nostre imprese, il sistematico furto di proprietà intellettuale compiuto a danno di esse è diventato ancor più insostenibile oggi in forza di questa crisi economico-produttiva. Sono convinto che non abbia senso continuare a liberalizzare prima di aver sconfitto questa piaga, perché questo equivarrebbe a procurare altri danni, ed a consegnare una parte del sistema produttivo a una concorrenza subdola, sleale che alla fine rimane impunita.
Il tema della cooperazione allo sviluppo è sempre stato centrale nell'agenda del G8 (e non potrebbe non esserlo). Tornando agli obiettivi di concretezza che mi auguro caratterizzeranno l'evento del prossimo luglio, spero che si giungerà a parlare non solo di quanto devolvere alla cooperazione, ma di come devolvere alla cooperazione: spero si vogliano evitare impegni utili solamente alla coscienza dei Paesi ricchi.
Credo sia necessario verificare dove i fondi siano stati e saranno realmente impegnati, se questi abbiano raggiunto le popolazioni bisognose oppure siano stati usati a favore di Governi non democratici o di organizzazioni che poco o nulla hanno a che vedere con gli aiuti e i progetti umanitari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Per rispondere alla sollecitazione dell'onorevole Fassino, che ha citato la Lega, vorrei ricordargli che la Lega da sempre ha sostenuto che gli aiuti devono andare lì - ai Paesi poveri, in Africa o altrove - e non ad aiutare gli immigrati qui da noi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania): è più utile aiutarli lì dove stanno, senza sradicare queste povere persone dai loro territori, dalle loro civiltà e dalle loro tradizioni.

FURIO COLOMBO. In altre parole, Obama insegna!

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, la invito a concludere.

GIANPAOLO DOZZO. Vi è poi - e concludo, signor Presidente - la questione dell'acqua, che rappresenta un problema molto importante ed un fattore per il quale in questo momento si stanno purtroppo consumando continue lotte tra i vari Paesi.
Da ultimo vorrei far notare che nella formulazione originaria della mozione Fassino ed altri n. 1-00065 si faceva riferimento alla Convenzione internazionale per la protezione dei diritti dei lavoratori migranti, che risale al 1990 ed è stata ratificata da 39 Paesi (e non da 37, onorevole Fassino). Però, la formulazione originaria dell'impegno della mozione sottendeva che l'Italia fosse in netto ritardo rispetto alla ratifica; vorrei capire allora come mai, onorevole Fassino, nessun Paese europeo e nessun Paese occidentale abbia ancora ratificato questa Convenzione.

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, deve concludere.

GIANPAOLO DOZZO. Molto probabilmente, il comportamento così estremamente cauto di altri Paesi significa che occorre comunque valutare ben bene la Convenzione stessa. Non vorrei che l'interessePag. 27del PD verso di essa sia dovuto solamente alla necessità di rendere un omaggio a quelle organizzazioni che alcuni anni fa hanno promosso una raccolta di firme a favore della Convenzione.
Signor Presidente, in conclusione dichiaro il nostro voto favorevole sulla mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, come gruppo dell'Italia dei Valori non soltanto voteremo a favore della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00067 da noi presentata, ma voteremo a favore anche della mozione Fassino ed altri n. 1-00065, della mozione Vietti ed altri n. 1-00068 e non voteremo neanche contro la mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066, presentata dal Popolo della Libertà. A noi, infatti, non fa velo il pregiudizio ma interessano i contenuti, ed è sui contenuti e sulla coerenza tra le affermazioni e i fatti che vogliamo essere giudicati e che esprimiamo un giudizio.
Poco fa, l'onorevole Dozzo, anche con un tantino di risentimento, ha voluto ricordare che la posizione della Lega è nel senso di «aiutare là». Ma a parte il fatto che non si tratta di «aiutare là» con l'idea di dare un'elemosina quanto piuttosto di aiutare lo sviluppo di altri Paesi, bisognerebbe poi ricordare con coerenza che quindici giorni fa in quest'Aula il suo gruppo, insieme a quello della maggioranza, ha votato per il taglio a metà dei fondi per la cooperazione allo sviluppo (sono rimasti 400 milioni di euro, il pari di quello che in un anno, l'anno passato, i soggetti privati di questo stesso nostro Paese hanno messo fuori di tasca propria).
Dicevo della corrispondenza tra le parole e i fatti: apprezzo molto il lavoro che sta svolgendo il sottosegretario Scotti, ma non so se il sottosegretario Scotti ha avuto modo di leggere la mozione del gruppo dell'Italia dei Valori sulla quale ha espresso, a nome del Governo, un parere contrario.
Con la cortesia dei colleghi, anche della maggioranza, che vogliano compiacere l'ascolto, intendo sottolineare che il Governo esprime un parere contrario su una mozione che si limita a chiedere l'inserimento nell'agenda dei lavori di una nuova Bretton Woods, di politiche comuni in tema di flussi migratori, di rilancio dei principi di Kyoto, di lotta alla povertà nel mondo, di affermazione del principio della pubblicità dell'acqua, di nuove regole e controlli per la gestione dei mercati finanziari e di impegno comune al disarmo nucleare.
Mi si deve dire che cosa vi è di negativo in questo, che cosa vi è di eversivo, perché il Governo dice «no» a una mozione che ha questi contenuti. È evidente che esiste un problema di coerenza tra le affermazioni e i fatti, perché al di là dell'osservazione sulla cooperazione richiamata dalla mozione Cicchitto ed altri n.1-00066, esiste un problema, sempre in quella mozione (che riceve il parere favorevole del Governo), laddove si impegna il Governo a sostenere il processo negoziale anche in vista del post-Kyoto. Peccato che proprio ieri l'onorevole Silvio Berlusconi abbia dichiarato ai giornali (e oggi non trovo smentita), per quanto riguarda l'impegno sul Protocollo di Kyoto: «se Sarkozy non cambia il piano sul clima porremo il veto. Quella roba lì è una minaccia per l'impresa italiana». Allora, capisco che una mozione che riafferma la validità dei principi di Kyoto non possa essere sostenuta dal Governo e da questa maggioranza.
Ma il punto centrale del tema che abbiamo oggi alla nostra attenzione, al di là delle polemiche, degli spunti e delle questioni particolari, è come riuscire ad affermare a livello mondiale un processo decisionale quanto più partecipato possibile. Il tema sono i principi dell'inclusionePag. 28e della partecipazione alle scelte collettive. Quei principi e quei criteri che nell'intervento dell'onorevole Fassino potevano essere racchiusi nell'espressione «cessione di quote di sovranità nazionale». Questi due criteri possono diventare strumenti fondamentali di Governo, di sviluppo e di pace, a livello mondiale. Il problema per tutti noi, per tutti gruppi presenti in quest'Aula, è proprio questo: come affermare questi due criteri.
Si parla molto, soprattutto dopo l'avvento di Obama alla Casa Bianca, di superamento dell'unilateralismo di George Bush. Bene, salutiamo con favore il multilateralismo proposto da Barack Obama, ma anche questa non può diventare una nuova frontiera ideologica da contrapporre a non si sa bene quale altro modello di governo del pianeta, e non si può pensare di perseguire la sua affermazione attraverso un'impostazione rigida e ideologica. La strada per la sua realizzazione, per la realizzazione di scelte, di strumenti e di organismi decisionali multilaterali allargati e partecipati è strada complessa da percorrere, e bisogna farlo con pragmatismo e decisione.
Il mondo, questa mattina, si è svegliato sotto choc per gli atti di violenza inauditi scatenatisi in India, o meglio, per gli attentati terroristici mirati al cuore di un'importante regione dell'India. Proprio l'India è una delle realtà geopolitiche che necessariamente si dovrà sempre più coinvolgere nel processo decisionale globale, e credo che questa consapevolezza sia nella testa di chi ha organizzato l'attentato terroristico, peccato che essa manchi a molti di noi.
Le contraddizioni e le difficoltà di questo percorso, dunque, sono evidenti, ma si tratta di un percorso che deve essere compiuto. L'alternativa è il Governo di poche nazioni ricche, ma sempre più isolate, costrette a difendere il loro interesse a scapito di quelli del resto del pianeta. Basti pensare alla questione ambientale, che anche oggi rimane sullo sfondo e non è assunta nella sua complessità, e che ci serve per comprendere che questa ipotesi è sostanzialmente impercorribile: si tratterebbe di un suicidio collettivo non mettere mano alla questione. La necessità di salvaguardare l'ambiente, avvertita oggi consapevolmente nei Paesi più industrializzati, diventa un ostacolo alla crescita del benessere dei Paesi in via di sviluppo. Chiediamoci che cosa può significare se l'India e la Cina assumessero il nostro stesso modello di sviluppo: può il mondo industrializzato difendere l'ambiente a scapito dello sviluppo di nuove potenze emergenti? Ne abbiamo la forza, e soprattutto, quale senso avrebbe scegliere di procedere in questa direzione, se non quello di creare nuovi contrasti, nuove sofferenze e probabilmente rendere ingovernabile il pianeta?
Il G8, che nel tempo si è evoluto, deve misurarsi con questi problemi di una certa rilevanza. Io ne vorrei introdurre anche un altro - signora Presidente, la prego di scampanellarmi quando mancherà un minuto, in modo da poter rispettare i tempi -, richiamando un'altra riflessione più da vicino. Ha davvero senso pensare di allargare i confini della NATO fino a spingerla ad esempio a ridosso della Russia? Ha senso farlo a scapito del Consiglio NATO - Russia, partorito nel 2002? La NATO deve essere un'alleanza politico-militare, oppure può diventare davvero un'organizzazione per la sicurezza collettiva? Questa è una distinzione sulla quale dobbiamo riflettere e sulla quale il nostro Paese può e deve dare un contributo affinché si faccia una scelta chiara verso la seconda soluzione. Se, infatti, le alleanze hanno un nemico esterno, le organizzazione per la sicurezza collettiva esistono proprio per garantire la sicurezza di tutti coloro che ne fanno parte, per impedire che crisi interne diventino conflitti insanabili. Le organizzazioni per la sicurezza collettiva sono, dunque, costruite proprio sui due principi che evocavo all'inizio: inclusione e partecipazione. Per questo motivo anche il G8 deve evolversi verso questa nuova natura, tendendo a diventare un'organizzazione per il futuro collettivo. Abbiamo così chiesto e chiediamo al Governo che si impegni, affinché, nella prossima riunione del G8, vengano messi all'ordine del giornoPag. 29argomenti su cui ormai è impossibile non prendere una posizione: mi riferisco ad esempio ad una nuova Bretton Woods, perché non si può pensare che otto Paesi decidano le regole finanziarie ed economiche che devono governare un mondo nel quale esistono oggi nuovi mercati e nuovi protagonisti. Non è pensabile né possibile che tali regole siano pensate per favorire il rischio e la speculazione fino ad arrivare addirittura all'esistenza di isole finanziarie create per vivere senza alcun controllo.

PRESIDENTE. La invito concludere.

FABIO EVANGELISTI. Le regole vanno scritte - grazie, signora Presidente, ho concluso - e ripensate per un maggior coinvolgimento dei nuovi interessi esistenti. Per questo abbiamo chiesto e chiediamo che si proceda ad adottare politiche comuni in tema di flussi migratori, perché è anacronistico considerare tali flussi come fenomeno eccezionale e contingente. Berlino è un nome slavo come quello di tantissime città tedesche. Le coste italiane traboccano di torri d'avvistamento, castelli, avamposti normanni e saraceni, uno di fianco all'altro. La Gran Bretagna coltiva e custodisce miti e leggende di celti, di angli, e di sassoni. Sono solo esempi per dire che la storia è storia, è storia di uomini e di popoli, di grandi emigrazioni che spesso hanno rappresentato fonte di ricchezza e di sviluppo. Gli Stati Uniti che cosa sono se non un grande melting pot costruito soltanto 200 anni fa? Ridurci quindi a considerare l'immigrazione ed i migranti esclusivamente come un fenomeno contingente da sopprimere e rifiutare appare ridicolo. La Padania, lo ricordo agli amici della Lega, è segnata e partorita anche dalle gesta di spagnoli, francesi, tedeschi, austriaci, mori e normanni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Movimento per l'Autonomia valuta molto positivamente il contributo che il Parlamento, in tutte le sue articolazioni, ha dato, sta dando e darà con il voto delle mozioni che sono al nostro esame al Governo italiano per definire la futura agenda del G8. Noi voteremo a favore della mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066, e voteremo nel modo in cui il sottosegretario Scotti ha indicato, sulla base quindi delle indicazioni del Governo, le altre mozioni. La Presidenza italiana del G8 si dovrà misurare con grandi sfide. È mutato lo scenario internazionale.
Si riteneva che il crollo del muro di Berlino avrebbe attenuato o addirittura eliminato le tensioni tra gli Stati, invece si è realizzato un nuovo scenario, per cui l'orgoglio nazionale di Stati le cui economie sono in forte crescita o che dispongono di ingenti risorse naturali, sta spingendo questi stessi Stati ad accrescere gli investimenti a favore degli armamenti e quindi gli stessi equilibri, così come sono stati disegnati finora, sono in forte pericolo ed a rischio.
Il G8 deve quindi impegnarsi, innanzitutto, a favore della pace, deve adoperarsi per accentuare il disarmo, ma si deve misurare con lo scenario di una crisi economica internazionale, di una crisi che dalla finanza potrà avere effetti notevoli sull'economia reale. Quindi, rispetto a quello che viene definito un momento di generale divergenza, il G8, e in modo particolare l'Italia, che ne avrà la Presidenza, si dovrà adoperare per ricostituire tra gli Stati - quelli che fanno parte del G8 e gli altri Stati, le cosiddette economie emergenti - un nuovo clima di cooperazione, di collaborazione e di fiducia.
Il G8 dovrà quindi dare risposte alla crisi dell'economia reale, dovrà adoperarsi a favore della pace, dovrà dare una risposta alla crisi, ai problemi dell'ambiente ed ai rischi che questo comporta. Siamo convinti che, anche rispetto ad una situazione di difficoltà dell'economia mondiale, gli Stati debbano essere impegnati in uno slancio di cooperazione, a favore di quegli Stati che già in condizioni normali si trovavano in situazione di difficoltà.Pag. 30
Quindi, signor Presidente, voteremo a favore della mozione Cicchitto ed altri n. 1-00066, che abbiamo contribuito ad elaborare insieme ai colleghi del Popolo della Libertà e della Lega Nord, perché riteniamo che tale mozione dia al Governo italiano indicazioni molto chiare rispetto alle sfide che l'Italia ed il mondo si trovano ad affrontare.
Nello stesso tempo, apprezziamo, condividiamo e quindi vogliamo valorizzare il contributo che hanno dato anche le forze di opposizione, perché riteniamo che riscontrare in materia di politica estera una convergenza ampia del Parlamento italiano sia un elemento che potrà contribuire al successo del G8. Ci dobbiamo augurare e dobbiamo auspicare che questo successo non sia solo il successo del Governo italiano, ma sia il successo di un organismo che deve - ci auguriamo lo possa fare - contribuire a risolvere i grandi problemi che il mondo si trova ad affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, sarò più breve degli onorevoli colleghi che mi hanno preceduto. Come ha ricordato l'onorevole Fassino, certamente è in atto una crisi della globalizzazione e una delle sfide di questo ventunesimo secolo è quella di guidare il fenomeno della globalizzazione. Tale globalizzazione certamente coincide con gli elementi fondamentali della libertà del mercato, ma coincide anche (ahimè, vorrei soffermarmi su questo) con una crisi mondiale della governance internazionale. Di fatto, è in atto una crisi di funzionamento e di efficacia delle azioni dell'ONU; c'è una capacità assolutamente mediocre di governare i fenomeni monetari internazionali e sta cambiando la natura del Fondo monetario internazionale. La stessa capacità di intervento e di risposta alle emergenze globali da parte dell'Unione europea è - francamente - poco efficace e il governo dei mercati attraverso la WTO non è migliorato con la presidenza di Pascal Lamy: evidentemente, non dipendeva dalle Presidenze e dagli uffici di Presidenza di quell'organismo.
Certo, c'è un limite alla sovranità. Ne abbiamo discusso qualche settimana fa in una delegazione dei Parlamenti internazionali proprio in un confronto con l'ONU; si è discusso, ad esempio, del tema della responsabilità a proteggere. Come l'onorevole Fassino sa e come sanno molti in quest'Aula, il problema della sovranità è corrispondente al fatto che la cessione di sovranità che si chiede da parte degli organismi internazionali non è poi usata in maniera opportuna dagli organismi stessi. Si è ricordata la crisi dei grandi laghi in Africa, ma ce ne sono moltissime altre, come quella del Darfur e altre ancora. Sono in corso tantissime altre crisi internazionali che nemmeno l'azione congiunta dei Paesi membri dell'ONU è riuscita - per cattiva volontà, dobbiamo ammetterlo - a risolvere.
La crisi che stiamo attraversando è certamente anche una crisi finanziaria ed economica. Abbiamo visto colossi del sistema bancario e creditizio occidentale che hanno lasciato il loro nome nella storia crollare improvvisamente e lasciarci nel dubbio se non sia stata una scelta sbagliata - è un esempio, ma non è il solo - quella presa a suo tempo di non salvare Lehman Brothers, perché tale salvataggio forse avrebbe impedito che si scatenasse una valanga e, alla fine, sarebbe costato molto meno delle misure che è stato poi necessario intraprendere da parte del Governo americano.
Nella nostra analisi non dobbiamo certamente trascurare il fatto che in questa crisi la situazione italiana non è uguale alle altre, perché, diversamente da quanto molti pensano, il nostro Paese non parte dallo stesso livello (anche economico, sociale e di sviluppo) di molte altre democrazie non solo europee, ma mondiali.
Insieme ad una crisi economica e finanziaria su cui avrò modo di tornare, miPag. 31sembra importante sottolineare che ci troviamo di fronte anche ad una crisi etica nel vero senso della parola. Non esiste più - o si è svilito - il principio stesso di discernere il bene dal male nella gestione non solo dei conflitti e della capacità di gestire tali conflitti, ma anche nella gestione della finanza globale. Si tratta di una crisi etica da un lato e, da un altro, anche di una crisi antropologica, come ci sottolineano in questi ultimi mesi molti filosofi, sociologi e importanti uomini di pensiero. L'uomo economico, il consumatore del tutto e subito è finito: chi voleva costruire una globalizzazione che portasse non solo all'espansione della libertà e del mercato - e quindi alla libertà sociale, alla democrazia e al rispetto dei diritti -, ma voleva che essa creasse tanti uomini consumatori esclusivamente concentrati sul consumo immediato - che sarebbe diventata la caratteristica e l'identità della propria personalità - si è dovuto rendere conto che questo principio è crollato. Crollano i mercati, si compiono speculazioni finanziarie, si fanno i soldi solo sulla carta e non con il lavoro e il sudore della fronte di centinaia di milioni di persone perché si vuole esclusivamente l'interesse immediato, poiché esso costituisce una caratteristica fondamentale - si immagina - di una democrazia.
Da questo punto di vista, si è cercato di evitare questo confronto, questo approfondimento, questa riflessione. Confidiamo, invece, che i singoli Governi, i singoli uomini di cultura e i singoli responsabili della gestione delle grandi imprese su questi temi riflettano. Occorre che lo facciano seriamente se si vuole evitare che quanto accadrà, nel corso del prossimo anno, nel G8 e negli altri incontri, si possa ridurre ad un maquillage organizzativo di alcuni grandi o piccoli sistemi di controllo che, evidentemente, non riusciranno mai a verificare lo stato dell'economia e della singola impresa in tutti i Paesi. La nostra crisi economica non è solamente uno degli effetti della crisi finanziaria mondiale: essa ha radici differenti, che vanno affrontate e probabilmente sarebbe scoppiata ugualmente in forma meno virulenta. Ben prima della crisi internazionale c'erano le avvisaglie di quella italiana. Essa è nata all'interno della globalizzazione, che ha anche avuto degli effetti positivi, molti dei quali negli ultimi decenni: basti pensare a quanto sia aumentato il reddito medio e a quanti milioni di persone siano uscite dalla soglia di povertà immediatamente prima di questa straordinaria crisi finanziaria, la terza che arriva alla nostra attenzione, solo nell'ultimo anno. L'esplosione di scandali come quelli della Enron, l'aumento sconsiderato della speculazione finanziaria sulle materie prime e alimentari fino alla primavera scorsa e, di nuovo, l'esplosione di alcuni colossi finanziari, la crisi che stiamo vivendo e che durerà per i prossimi anni. Tale crisi non è assolutamente paragonabile alle altre: non è una crisi congiunturale, ma epocale.
Un tempo, la gerarchia tra le nazioni veniva decisa dalle guerre: una grande guerra definiva la gerarchia tra le nazioni. Oggi le guerre per fissare la gerarchia tra le nazioni non si compiono più: invece di guadagnare posizioni costruendo le corazzate migliori del mondo, si guadagnano posizioni costruendo le lavatrici o i servizi finanziari migliori del mondo e vendendoli poi sul mercato internazionale. Se non si è capaci di vincere questa battaglia, si scade nella gerarchia delle nazioni e domani non saremo in grado di pagare ai nostri figli - o meglio, nessuno sarà in grado di pagare ai figli della propria nazione - salari che si possano giudicare accettabili. La crisi deve essere anche guardata sul piano della globalizzazione e non come occasione per demonizzare la libertà del mercato, della società, la democrazia e la stessa globalizzazione. Certamente è indispensabile affinare, migliorare e a volte cambiare i meccanismi di controllo ma altrettanto indispensabile porsi il problema di un'idea nuova, più rispettosa della realtà, della libertà e dei diritti della persona umana. Si corre dunque un rischio di statalismo - lo abbiamo ascoltato dalle parole di alcuni rappresentanti, nella sede dell'ONU, nell'ambito del confronto tra i Parlamenti di tutte le nazioni - e che si finisca per affidare alPag. 32Governo del mondo anche il controllo dell'economia. Un globale statalismo internazionale non può essere certamente l'obiettivo degli impegni che si propongono al Governo. Davanti a questo problema certamente lo Stato può intervenire ma deve farlo in sintonia con gli altri Stati. Alla luce della necessità di una risposta mondiale, ritengo che occorra sostenere con forza, con grande forza, gli accordi di Doha e la trattativa per l'apertura dei mercati ma, insieme, porre il problema dell'energia e la questione dei diritti umani. Si tratta di temi che abbiamo ricordato nella nostra mozione: i diritti umani, la politica ambientale, che noi richiamiamo, sono temi fondamentali. Occorre tener conto, in materia di politica ambientale, della compatibilità tra gli obiettivi ambiziosi che ci eravamo posti e la sostenibilità reale di tale situazione, in questo momento. Così com'è stato ricordato da altri che sono intervenuti prima di me, è fondamentale mantenere gli obiettivi per la riduzione del debito dei Paesi in via di sviluppo ma, insieme, tener conto di una situazione che è completamente cambiata. Occorre pertanto un dilazionamento nel tempo di tali obiettivi.
Concludo dicendo che mi sembra vi siano due priorità: da una parte, l'allargamento stabile del G8 - è già stato ricordato - e, dall'altra, un importante e fondamentale obiettivo del nostro Governo nel prossimo anno, quello che si intraveda finalmente la possibilità di una grande Conferenza internazionale sull'immigrazione che coinvolga i Paesi del sud del Mediterraneo per dare una risposta non solo finanziaria, ma politicamente stabile per il futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono sempre più forti le voci che dicono che non si può più governare il mondo del ventunesimo secolo con le istituzioni e le regole del ventesimo secolo. Si rendono necessarie una nuova architettura delle istituzioni nonché nuove regole internazionali. Il tema ormai non è più dilazionabile e la generazione politica internazionale di oggi lo deve affrontare per non peggiorare la situazione attuale e anche, in prospettiva, per creare le migliori condizioni per il futuro.
In uno scenario internazionale come quello attuale, con grandi difficoltà di natura economica e finanziaria, con i problemi purtroppo ancora irrisolti del sottosviluppo, con le questioni della sicurezza e del terrorismo, con i problemi del clima, dell'energia, della produzione alimentare, il tutto in un contesto di forte indipendenza, sono necessarie e si richiedono soluzioni politiche coerenti e concordate a livello mondiale.
Questo è il tema e questo è l'obiettivo. In particolare, poi, ai Paesi del G8 spetta, per la loro posizione, un'azione di leadership. Il prossimo G8 sarà, quindi, anche possibilmente rinnovato e capace di coinvolgere altri protagonisti. All'Italia, quindi, che si appresta ad assumere la Presidenza di questo G8, incombe una particolare e gravosa responsabilità: indicare le soluzioni percorribili ed efficaci, invitando e coordinando le attività con gli altri Paesi per compiere insieme un passo in avanti, verso il futuro, con rapidità e decisione.
Consideriamo, infatti, ad esempio la crisi finanziaria. Il crollo economico e finanziario globale avvenuto in questi ultimi mesi ha determinato una rapida e affannosa richiesta di interventi e di un possibile nuovo ordine del governo dell'economia mondiale. Forse, solo le crisi profonde riescono a scuotere la politica. Di nuove regole internazionali nell'economia e nella finanza globale è da almeno un decennio che se ne sente il bisogno. Si sente il bisogno di nuove regole e modalità non solo nell'economia, ma in altri comparti internazionali, come pure nelle stesse istituzioni internazionali.
Le regole e le istituzioni definite successivamente al secondo conflitto mondiale non tengono conto dei profondi cambiamentiPag. 33intervenuti e dei tanti Paesi che hanno cambiato il loro peso politico ed economico sullo scacchiere internazionale. Restando al caso dell'economia e della finanza, i negoziati politici globali hanno sempre registrato posizioni di stallo. Mentre l'economia continuava a procedere con sempre maggiore integrazione, la politica, chiamata a definire le nuove regole, stava firma.
Ora che l'economia è in ginocchio i Governi e la politica devono fare la loro parte, non solo per affrontare l'emergenza. Ricordo il piano di rilancio della Commissione dell'Unione europea che chiede ai 27 Stati membri di mettere a disposizione di Bruxelles l'1,5 per cento del proprio PIL. Diceva Barroso che si trattava di una risposta senza precedenti, contro una crisi senza precedenti. Ma, come dicevo, si tratta di definire le regole e i nuovi compiti di ciascuno.
Il G20 dello scorso 15 novembre non poteva evidentemente dare risposte complete per una nuova serie di regole condivise, certamente per i tempi ristretti della sua preparazione e perché mancava in quell'incontro il Presidente eletto degli Stati Uniti d'America. Al di là di alcuni aspetti pratici contenuti nel lungo comunicato finale, frutto di una limatura complicata, come ad esempio per quanto riguarda la fiducia nel libero mercato, il «no» alle tentazioni protezionistiche, l'impegno a siglare quanto prima l'accordo commerciale di Doha per giungere in seno al WTO ad un accordo ambizioso ed equilibrato che tenga conto delle esigenze del nord e del sud del mondo, è stata espressa la volontà di continuare a lavorare insieme con il format dei 20, tenendo in considerazione le richieste dei Paesi emergenti e, in particolare, del cosiddetto BRIC, ossia Brasile, Russia, India e Cina.
A tale proposito ricordo l'impegno a riscrivere, anche attraverso l'apporto del Financial Stability Forum, diretto e coordinato da Mario Draghi, le regole di questo comparto. Da qui vi è l'impegno di riformare il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale dando più peso ai Paesi emergenti e anche la definizione di un calendario che vede prima Londra, dopo l'insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti, e poi un'ulteriore tappa, a luglio, in Italia. Questa realtà, fortemente interdipendente, richiede una politica coerente e concordata nonché ben preparata.
Allora l'Italia dovrà dimostrare capacità - e ne siamo certi che avrà questa capacità - di indicare soluzioni percorribili ed efficaci che tengano conto della mutata realtà degli equilibri economici mondiali e, quindi, della necessità di coinvolgere, più che in passato, i nuovi protagonisti della globalizzazione e le grandi economie emergenti. Pertanto, ci deve essere anche un approccio inclusivo per definire un coinvolgimento di responsabilità di aree non solo industrializzate ma anche in via di sviluppo, perché il deterioramento della situazione economica e finanziaria se, da una parte, necessita di misure di sostegno all'economia reale per tutti, per difendere l'occupazione e le imprese che rischiano di non potere accedere ai crediti, dall'altra colpisce, in misura ancora più accentuata, le economie dei Paesi in via di sviluppo.
In condizioni così precarie diventa opportuno, a livello internazionale, realizzare iniziative fattibili per conseguire gli otto punti che costituiscono gli obiettivi del Millennio. Il rapporto delle Nazioni Unite del 2007 ha mostrato come, in generale, la situazione a metà strada verso il 2015 non è positiva. Pertanto, la vera sfida dello sviluppo è la difficoltà di intaccare la povertà estrema, cioè le condizioni di vita di quello che è stato definito l'ultimo miliardo della popolazione mondiale, un mondo fatto di epidemie, fame, analfabetismo e guerre interetniche. Pertanto, bisogna impostare un partenariato più globale con precise responsabilità e con una responsabilità condivisa che possa guidare la definizione delle politiche da parte dei soggetti coinvolti già nella fase di formazione di queste stesse politiche.
Povertà e fame, sicurezza alimentare, risorse naturali, acqua, epidemie, clima e energia: questi sono i temi del presente e del futuro di questo nostro unico mondo. Occorre allora amministrare correttamentePag. 34le risorse naturali, che limitate, devono essere utilizzate anche dalle future generazioni. Quindi, è necessario un loro uso razionale e responsabile. La domanda globale di acqua, per esempio, è triplicata negli ultimi cinquant'anni e crescerà ancora. È necessaria una sufficiente disponibilità dell'acqua per prevenire i conflitti perché da sempre l'acqua significa vita e salute. Occorre sostenere un processo negoziale anche in vista del dopo-Kyoto per giungere ad un accordo fattibile sul clima. E per quanto riguarda l'energia serve sicurezza energetica, promuovendo innovazione nucleare ed energie rinnovabili. Infine, è necessario promuovere la sicurezza alimentare, sostenendo iniziative ONU per una migliore efficienza delle sue agenzie.
Mi avvio a concludere, signor Presidente, non senza citare altri temi fondamentali per la nostra convivenza. Voglio ricordare la lotta al terrorismo e al crimine organizzato, la lotta per debellare il traffico degli esseri umani che veramente rappresenta la schiavitù della nostra epoca. Inoltre, vi è la questione del traffico della droga, particolare flagello delle generazioni giovani. Le armi nucleari e la proliferazione di armamenti nucleari costituiscono una minaccia alla sicurezza e, in tale contesto, è l'intero regime giuridico della non proliferazione a mostrare segni di fragilità per inottemperanza agli obblighi in esso previsto. Inoltre, ci sono anche le armi radiologiche, le armi chimiche e quelle biologiche. Infine, va ricordato il terrorismo. Il terrorismo mina alla base il rispetto dei diritti umani, delle regole, delle leggi, del ruolo, della forza per proteggere la popolazione civile, la tolleranza tra popoli e nazioni e la pacifica risoluzione dei conflitti. Ritengo necessaria una strategia operativa in grado di poter capovolgere le cause e le facilitazioni che determinano il terrorismo.
Pertanto, si deve dare luogo alla promozione sociale, dei diritti politici, e di forme democratiche, allo sviluppo del lavoro e della occupazione, a contrastare il crimine organizzato, a ridurre la povertà ed a prevenire il collasso dell'entità Stato.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, con un'ultima questione, quella delle stabilizzazioni delle zone di crisi, un grande impegno della politica estera di tutti i Paesi, con il sostegno alle Nazioni Unite e alle organizzazioni regionali, con particolare riferimento all'Afghanistan, al Pakistan, all'Asia centrale e al Medio Oriente. Questi sono i temi più importanti per l'agenda del prossimo G8, un'agenda costituita da punti molto complessi che necessitano di essere affrontati con concretezza, con molta determinazione e capacità di soluzione. È in gioco il nostro presente e il futuro delle prossime generazioni: è la sfida che abbiamo di fronte a noi.
Il Popolo della Libertà, proprio in ragione di questo impegno e di queste sfide, esprimerà voto favorevole sulla mozione Cicchitto ed altri n. 1-00066 (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fassino ed altri n. 1-00065 (Nuova formulazione), nel testo riformulato ed emendato, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Vedi votazioni).

(Presenti 524
Votanti 260
Astenuti 264
Maggioranza 131
Hanno votato
258
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che i deputati Concia e Codurelli hanno segnalato che non sonoPag. 35riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Viola ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazioni).

(Presenti 524
Votanti 288
Astenuti 236
Maggioranza 145
Hanno votato
286
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che il deputato Viola ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00067, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 526
Votanti 483
Astenuti 43
Maggioranza 242
Hanno votato
202
Hanno votato
no 281).

Prendo atto che il deputato Torrisi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Viola ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vietti ed altri n. 1-00068, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 526
Votanti 265
Astenuti 261
Maggioranza 133
Hanno votato
261
Hanno votato
no 4).

Prendo atto che il deputato Viola ha segnalato che non è riuscito a votare e che i deputati Fassino e Mura hanno segnalato di essersi astenuti mentre avrebbero voluto esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 13,10).

OLGA D'ANTONA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, in data 14 ottobre quest'Aula unanimemente ha chiesto che il Ministro Alfano venisse ad esprimere la posizione del Governo relativamente al caso della mancata estradizione della terrorista Petrella. Aggiungo che successivamente, a seguito di una mia interpellanza, il sottosegretario Caliendo ha riferito che il Governo non era pronto a rispondere perché ancora stavano studiando la questione.
Essendo oggi il 27 novembre, chiediamo che il Ministro Alfano venga finalmente, dopo aver avuto tutto il tempo di far studiare dai suoi uffici la questione, di venire a riferire in quest'Aula qual è la posizione del Governo italiano rispetto alla mancata estradizione della terrorista Petrella.

PRESIDENTE. Onorevole D'Antona, il Presidente non mancherà di accogliere la sua richiesta e provvederà quindi a sollecitare il Governo in proposito.

Pag. 36

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, alcune agenzie di stampa hanno battuto la notizia che il commissario straordinario dell'Alitalia Fantozzi percepirebbe, o dovrebbe percepire, per il suo incarico 16 milioni di euro.
Noi abbiamo già presentato un'interpellanza per conoscere se realmente questa sia la cifra. Se la notizia risultasse vera, non possiamo non dire che nella situazione di grave crisi in cui ci troviamo, nella quale si attendono per il futuro 400 mila disoccupati in più nel nostro Paese e in cui molti lavoratori dell'Alitalia saranno posti in cassa integrazione con una retribuzione ridotta, l'idea che il Commissario straordinario di Alitalia percepisca una cifra di questo genere, che non è neppure assimilabile al bonus o alle stock option dei grandi manager di tutto il mondo, per quanto sia professionalmente capace, ci porta ad esprimere un grave stupore (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PIERFELICE ZAZZERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, intervengo per comunicare a quest'Aula l'ennesimo atto intimidatorio nei confronti del sostituto procuratore antimafia di Bari, Desirée Digeronimo, minacciata dalle organizzazioni criminali. È l'ennesimo episodio che si verifica nella mia regione, dopo le minacce al sindaco di Ostuni e all'autore del libro sulla mafia Michele Cagnazzo, solo 24 ore fa, e dopo le minacce di morte al sindaco di Lucera. Credo che questo sia un problema urgente, che ci ha visto anche coinvolti con un nostro consigliere provinciale, che è stato ucciso ad Ugento nella notte del 14 giugno, fatto di cui sono ancora ignoti i responsabili e i mandanti.
Chiediamo che rispetto ad una problematica così seria il Governo venga in Aula a discutere di come aumentare il livello di guardia nei confronti dell'attività criminale, soprattutto quella diretta contro le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

MICHELE POMPEO META. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, il gruppo del PD, già da diversi giorni ha presentato un'interrogazione sulla drammatica vicenda Alitalia. Ci complimentiamo anche con il gruppo dell'Italia dei Valori che, da quanto appuriamo, ha presentato un'interrogazione analoga alla nostra che è stata pubblicata oggi.
Noi sollecitiamo il Governo a venire a rispondere perché, se corrispondessero al vero le informazioni secondo le quali il dottor Fantozzi percepirebbe un compenso di 15 milioni di euro, la riterremmo una cosa grave. Ciò perché, innanzitutto, per i manager pubblici questo Parlamento aveva fissato dei tetti, ai quali probabilmente, in questo caso, si deroga, per cui vorremmo sapere anche con quale atto si agisce in deroga. In secondo luogo, in una situazione in cui gli azionisti hanno in mano, oramai, carta straccia e c'è una fila di creditori angosciati per il loro futuro e proprio nel momento in cui il Governo si sta preoccupando di mettere in campo politiche a sostegno delle imprese, vorremmo tutelare tutto questo.
Sollecitiamo, dunque, il Governo a riferire immediatamente sulla vicenda, anche perché ci ha sorpreso il silenzio dei media rispetto ad una notizia che abbiamo lanciato ieri.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo per ricordare all'Aula, e certamente anche a lei, che da qualche settimanaPag. 37è in atto una gravissima crisi umanitaria nella Repubblica democratica del Congo. Più di una volta (più o meno ogni sette o otto giorni) mi sono permesso in quest'Aula di ricordare al Governo se, magari informalmente, potesse passare di qua a dirci quale tipo di iniziativa avesse in animo di intraprendere.
Noi non possiamo che apprezzare le iniziative assunte più volte su due scenari altrettanto delicati dal Ministro Frattini nell'incontro e nel colloquio che ha avuto qualche settimana fa con il responsabile della Repubblica dell'India e qualche giorno fa con i responsabili dello Stato dell'Iraq.
Ora però mi permetto di ricordare per l'ennesima volta la questione del Congo. Questo tema, che sta continuamente al centro del dibattito anche delle Nazioni Unite, è molto delicato sotto molti aspetti. Innanzitutto, si deve assolutamente evitare ciò che accadde nel 1994 con la tragedia del Ruanda-Burundi. Inoltre, la forza di interposizione africana si è dimostrata assolutamente incapace di produrre un cessate il fuoco e i soldati mandati sotto l'egida dell'ONU sono stati assolutamente screditati dai comportamenti di alcuni di loro negli ultimi mesi.
Ritengo sia utile che il Ministro (se lo ritiene opportuno) o il sottosegretario vengano in Aula per svolgere la loro informativa. Inoltre, mi permetto di chiedere se sia possibile audire il presidente Prodi in Commissione esteri, visto che l'Italia è il Paese nativo dove vi è il responsabile della missione, il quale ha avuto un incarico speciale da parte Ban Ki-Moon per salvaguardare il tema delle popolazioni in Africa.
Ritengo, infatti (e forse mi sbaglio), che l'unica possibilità per porre fine a ciò che sta accadendo in questo scacchiere importante sia quello di inviare una forza di interposizione dell'Unione europea. Quindi, non è possibile attendere né il prosieguo della missione ONU, né tanto meno aspettarsi che le forze africane possano intervenire. Ho elementi per poter immaginare che anche il presidente Prodi (che ha questo incarico speciale da parte di Ban Ki-Moon) la possa pensare come il sottoscritto.
Ciò potrebbe dare ancora più impulso all'azione del Ministro Frattini e renderlo ancora più forte nel rapporto con altri Paesi europei che non sono lontani da questa soluzione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, chiedo a lei gentilmente l'attenzione su un aspetto che ho evidenziato altre volte, ma che non è stato assolutamente rispettato. Per chi è amministratore pubblico nei comuni, come me, risulta veramente difficile vedere delle situazioni di spreco in questo palazzo. Infatti, quando ci si reca da un sindaco in un qualsiasi comune della nostra nazione, almeno per quanto riguarda il nord, certamente non si vede ciò che accade qui.
In questo palazzo vi è uno spreco incredibile sull'illuminazione pubblica. Ogni giorno faccio il giro del palazzo per controllare se effettivamente si sono presi dei provvedimenti, ma le aule delle Commissioni, anche quando non sono convocate, hanno le luci accese dal mattino alla sera. Vi sono, inoltre, uffici che rimangono con le luci accese dal mattino alla sera, dipendenti che quando finiscono il proprio lavoro non spengono i computer, le fotocopiatrici e le stampanti e i commessi la sera devono girare centinaia di uffici per spegnere tutto.
Signor Presidente, ho anche scoperto che da qualche anno vi è una circolare per cercare di alleggerire lo spreco energetico, che però non è applicata. Allora mi chiedo, signor Presidente, se sia possibile (dopo più di un mese dalla mia prima segnalazione) fare qualcosa.
I questori mi hanno scritto una lettera, ma dopo averla scritta e firmata continuo a vedere che le cose non cambiano. Facciamo la morale ai cittadini perché nonPag. 38devono tenere la televisione o qualche altro apparecchio elettronico in stand-by perché si spreca energia, e l'Italia è un Paese con grandi difficoltà energetiche: mi chiedo se questo centro di potere, invece di fare solo la morale ai cittadini, la possa fare anche all'intero del proprio palazzo. Con 3 milioni e 400 mila euro di spese energetica dei palazzi e con tali sprechi non mi sembra un bel modo di agire.
Capisco che, anche mettendo a posto questa situazione, non si cambia il nostro Paese, ci mancherebbe. Tuttavia, mentre si chiede a tutti gli italiani di fare dei sacrifici e agli amministratori pubblici di ridurre le spese, qui succede l'esatto contrario. Non mi sembra un bel modo di affrontare le tematiche del Paese.
Quindi chiedo a lei, signor Presidente, se sia possibile sollecitare nuovamente la questione e fare in modo che i dipendenti di questi palazzi, come fanno a casa loro, spengano tutto ciò che devono spegnere quando è giusto che sia fatto. Quando non sono usate le aule di Commissione, le luci non devono essere accese, in quanto tenere tutto il giorno le luci accese è uno spreco e non mi sembra un bel modo di agire. Credo sia una cosa talmente normale che mi viene da pensare che vi sia qualcuno che è troppo disperso in altri pensieri per raffrontare degli aspetti così semplici, talmente semplici che mi risulta impossibile non poterli applicare (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Bonanno, non mancherò di rappresentare la sua richiesta, che, come lei ha affermato, ha già ricevuto una risposta da parte del Collegio dei questori.

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, sono rimasto veramente esterrefatto nel leggere Il Mattino di oggi: a proposito della cava di Chiaiano - vexata quaestio - si legge che il generale Giannini e l'Esercito denunciano i comitati civici lì presenti. Sono rimasto meravigliato per il fatto che ha alcuni giorni fa, invece, su un altro quotidiano, la Repubblica, si riportava un'intervista al generale Giannini, che, a proposito dell'amianto che si dichiarava essere stato rinvenuto nella cava di Chiaiano durante i lavori, si meravigliava del fatto che i cittadini di Marano, per tanto tempo, non avessero visto che in quelle cave vi erano discariche abusive e non si fossero accorti di questa problematica così complessa.
Poiché tutti noi dell'Italia dei Valori siamo sempre al fianco dei cittadini e abbiamo a cuore la loro vita e la loro salute, in questa circostanza ci comporteremo allo stesso modo, perché ci interessa e ci preoccupa solo il bene comune, la salute e la vita dei cittadini.
Per questa ragione, domani tornerò a Napoli. Il Presidente Leone mi invitava ad andare in procura per autodenunciarmi. Io mi recherò presso la procura della Repubblica a Napoli, ma spero di non doverlo fare per denunciare il sottosegretario Bertolaso: avendo visto alcuni rilievi fotografici, infatti, ho il sospetto che in quella cava vi siano operai e personale che camminano sull'amianto, fiancheggiandolo a braccia nude e a viso scoperto. L'amianto è l'elemento più cancerogeno che esiste! Ciò significa che si stanno condannando a morte delle persone, lavoratori ed operai.
La mia preoccupazione - e quella dell'Italia dei Valori - è che si bonifichi quel territorio, si rispettino le leggi e si tuteli la vita degli uomini e delle donne. Per questa ragione, domani, insieme ai sindaci di Marano e di Mugnano ed ai consiglieri comunali di Napoli e delle municipalità (con i quali ci siamo incontrati già venerdì scorso), approfondiremo gli elementi in nostro possesso: se è il caso, ove cioè si accerti che non è stata tutelata la salute e la vita dei cittadini, si arriverà anche, purtroppo, a dover denunciare il sottosegretario Bertolaso.
Ogni giorno saremo al fianco dei cittadini: così come presentiamo proposte ePag. 39assumiamo iniziative per fare qualcosa (perché noi siamo sempre favorevoli ad agire), allo stesso modo, quando vi sono ansie, difficoltà, paure e preoccupazioni, le rappresentiamo e difendiamo soprattutto i diritti dei cittadini. Nel caso di Chiaiano, si sta sopraffacendo per fare presto, ma non siamo d'accordo a correre, perché vogliamo che si svolga un accertamento ambientale sull'intera cava di Chiaiano, al fine di verificare se esistano altre discariche abusive e se vi siano altro amianto e altre sostanze tossiche e nocive che possano davvero arrecare un danno ingente ai cittadini che abitano lì intorno, alle persone che stanno lavorando all'interno della cava e, soprattutto, agli ospedali che sono lì vicino. Nell'ospedale Monaldi sono ricoverati malati all'apparato respiratorio. Immaginate: l'amianto è nell'aria, nelle fibre e si disperde nell'aria e la gente che vi si ricovera per curare le malattie all'apparato respiratorio viene condannata a morte.
Cerchiamo, quindi, di scongiurare degli omicidi di Stato. Per questa ragione vigileremo: domani saremo a Napoli e interverremo con tutti i mezzi che lo Stato - ossia lo stato di diritto - ci consente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Barbato, come parlamentare, lei sa anche di avere a disposizione tutti gli strumenti del sindacato ispettivo.

Informativa urgente del Governo sui tragici eventi in corso in India (ore 13,25).

PRESIDENTE. Come già anticipato questa mattina, avrà ora luogo lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sui tragici eventi in corso in India.
Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Sottosegretario di Stato per gli affari esteri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Enzo Scotti.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, signori deputati, la capitale economica dell'India Mumbai è stata ieri sera oggetto di una serie di sanguinosi attentati terroristici diretti in particolare contro gli stranieri. Il bilancio delle vittime, secondo le ultime notizie, sarebbe di oltre cento morti e quasi trecento feriti. Signor Presidente, il Primo ministro indiano Singh è intervenuto in queste ore, parlando alla nazione.
La violenza terrorista ha colpito principalmente due alberghi della città in cui risiedevano numerosi stranieri. Nell'hotel Trident Oberoi risulterebbero ancora asserragliati sette italiani. Il secondo albergo oggetto degli attacchi, il Taj, risulta essere stato evacuato e un funzionario della Farnesina è riuscito ad entrarvi al seguito delle forze di polizia indiane. Quaranta connazionali sono ora ospitati dal console generale italiano a Mumbai. Gli italiani a Mumbai ammontano complessivamente a 330, secondo le autorità consolari che stanno contattando tutti per le necessarie precauzioni.
Il Ministro Frattini, attraverso l'Unità di crisi della Farnesina e in stretto raccordo con la rete diplomatico consolare in India, ha seguito fin da ieri sera e continua a monitorare momento per momento la situazione a Mumbai e le operazioni ancora in corso da parte delle forze speciali indiane, tenendosi in contatto con i nostri connazionali e seguendo l'evolversi degli avvenimenti che li vedono ancora coinvolti.
Purtroppo, al termine di complessi accertamenti, in una situazione che rimane molto tesa, l'Unità di crisi ha confermato il decesso di un nostro connazionale, il signor Antonio De Lorenzo. Il Presidente del Consiglio Berlusconi e il Ministro degli affari esteri Frattini, hanno espresso, aPag. 40nome dell'intero Governo italiano, il profondo cordoglio e la vicinanza ai familiari, formulando al tempo stesso la più netta e ferma condanna di questi esecrabili atti terroristici. La stessa forte condanna è stata unanimemente espressa dall'intera comunità internazionale.
Gli attacchi sono stati rivendicati dai Mujahideen del Deccan, gruppo estremista islamico finora sconosciuto. La tipologia, l'organizzazione meticolosa messa in campo e le modalità operative di questi atti terroristici sembrano rendere altamente probabile che dietro gli stessi vi possa essere la mano di Al Qaeda.
Naturalmente, si renderà necessaria nei prossimi giorni un'analisi più approfondita sugli avvenimenti che ieri sera hanno preso di mira la capitale economica e finanziaria dell'India.
La storia recente ci ricorda purtroppo come Mumbai non sia nuova ad attacchi sanguinosi ed indiscriminati (eclatanti quelli del luglio 2006, con circa 180 morti sui treni dei pendolari), ma anche come dall'inizio dell'anno si sia raggiunta la cifra di circa 800 vittime civili del terrorismo nel Paese (oltre duemila, se si includono forze dell'ordine e gli stessi terroristi).
Negli scorsi maggio e luglio si erano rispettivamente avuti oltre sessanta e quaranta morti, a Jaipur ed Ahmedabad, mentre venti erano state a settembre le vittime di un attacco in un centrale mercato di Nuova Delhi.
Se si considera, poi, anche l'attentato di Kabul del 7 luglio contro l'ambasciata indiana, oltre 40 morti, è evidente come l'India sia sempre più nel mirino delle organizzazioni terroristiche.
Gli attentati colpiscono di preferenza affollati centri urbani, caratterizzati dalla presenza di grandi minoranze islamiche e di forti tensioni tra queste ultime ed i bracci politici del fondamentalismo induista.
La materia è già da mesi al centro del dibattito politico interno indiano. Il Partito del Congresso al potere è già da mesi sotto forte pressione da parte dell'opposizione nazionalista. Tale tema è destinato ad influenzare anche la campagna elettorale, già in corso per cinque importanti Stati che si recano alle urne da qui a dicembre.
Tra i vari interrogativi che gli attentati di Mumbai pongono, evidentemente amplificati dallo studiato coinvolgimento di cittadini stranieri ed occidentali, vi è quello delle possibili ricadute sul più ampio contesto regionale.
È auspicabile che il clima di relativa distensione aperto con il Pakistan e fra Pakistan e Afghanistan negli ultimi mesi, anche a seguito dell'elezione di Zardari, non subisca contraccolpi.
I due Paesi sono, infatti, consapevoli della necessità di continuare il loro dialogo composito, la cui interruzione sarebbe, per i terroristi, un'indiscutibile vittoria.
Gli attentati confermano, come sottolineato dal Ministro degli affari esteri Frattini, la necessità che la comunità internazionale mantenga alta la guardia contro questi atti di intollerabile violenza contro popolazioni inermi.
La lotta contro il terrorismo, come lo stesso Presidente della Repubblica, in visita di Stato in Israele, ha affermato stamani, si conferma come un obiettivo prioritario e vitale per tutta la comunità internazionale. Come ha ricordato il Ministro Frattini, la prima occasione per una risposta sarà la riunione dei Ministri degli esteri della NATO, già in calendario per martedì prossimo.
La lotta contro il terrorismo sarà, inoltre, un tema prioritario, come abbiamo visto nel dibattito che si è chiuso con la votazione delle mozioni, da affrontare anche in seno al G8, così come fortemente auspicato dall'Italia, anche attraverso il dialogo e la cooperazione con gli altri Paesi colpiti dal fenomeno, a cominciare dalla stessa India, in una regione di fondamentale importanza strategica per gli equilibri globali (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.Pag. 41
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, nell'immediatezza dei fatti e dopo le parole del sottosegretario, penso che, prima di fare considerazioni politiche, bisogna seriamente essere vicini ai caduti e alle famiglie e ai loro congiunti, in particolare alla famiglia De Lorenzo, nell'angosciata speranza di avere la settimana ventura dal Governo notizie più positive sui sette italiani ancora nelle mani dei terroristi.
È difficile aggiungere altre parole, quando avvengono questi fatti, sebbene il nostro ruolo qui ci imponga di assumere anche delle prese di posizione di carattere politico.
Prima di venire al dettaglio, faccio presente e collego la notizia dell'attentato di oggi a quanto abbiamo letto ieri sui giornali, cioè che l'FBI ha annunciato la possibilità di attentati terroristici a New York proprio durante le vacanze di Natale.
Augurandoci, ovviamente, che non avvengano e che, in ogni caso, vengano sventati prima, sottolineo che, allora, c'è una continuità. Sgombriamo subito le nuvole davanti a certe frasi che sono state dette anche nei mesi scorsi: non è una montatura di Bush, evidentemente, o di qualche suo amico o di qualche altro governante occidentale; questa è una guerra globale.
Troppe volte siamo abituati dal numero crudo delle cifre a dimenticarcelo: una parte di islamici estremisti, che non hanno nulla a che vedere con centinaia di milioni di islamici, porta avanti una guerra che non è più solo all'Occidente, ma a tutto il mondo occidentale e a tutto il mondo normale.
Tra l'altro, sono stato qualche tempo fa proprio in quell'albergo. Mumbai è la porta dell'Occidente, gateway to India. È veramente la città dove si respira un'atmosfera multiculturale e multireligiosa.
Ricordo la bellissima scena del film su Gandhi, quando Gandhi dice, su una delle spiagge di quello Stato: il mio insegnante indù mi faceva passare ogni giorno da una lettura del Corano ad un brano del Vangelo, ad una preghiera indù. Questa è tolleranza! Purtroppo, l'India sta diventando non più così. Il sottosegretario ha ricordato quelle che sono state in questi anni, in questi tempi recenti le vittime del terrorismo: oltre 600 persone sono morte in India negli ultimi mesi per atti di terrorismo, con un progressivo aumento di livello del terrore, sia da parte islamica sia da parte indù, non dobbiamo dimenticarlo. 57 cristiani sono stati uccisi in India negli ultimi quattro mesi, 18 mila persone ferite, 50 mila senzatetto, 300 villaggi attaccati, 149 moschee distrutte; e non ci sono nell'area importanti comunità ebree, perché, altrimenti, penso che sarebbe andata anche peggio. Eppure, ricordo l'India come una nazione con città, per esempio Mumbai, dove sono celebrati i più diversi riti religiosi. La religione non è contro l'uomo; sono solo i pazzi che trasferiscono la religione contro l'uomo. Dobbiamo dare una risposta complessiva: dobbiamo renderci conto di questo, senza fare demagogia né nel senso di una criminalizzazione né in quello, come sovente vedo commentare simili avvenimenti dalle nostre parti, di cancellazione dei fatti. Purtroppo, tra centinaia di migliaia di islamici che arrivano ci possono essere anche dei terroristi, e basta un solo terrorista per fare cose come quelle che sono accadute a Mumbai ieri sera; e in questo caso invece abbiamo visto una cosa più molto più organizzata, e che assolutamente mi preoccupa di più.
Concludendo, penso che non dobbiamo oggi alzare il livello della polemica con nessuno, ma renderci conto che sempre di più la nostra vita è minacciata da questi fatti. I Paesi che ritengono di non andare avanti nella spirale della violenza devono però essere forti, per cercare di chiudere ogni spazio al terrorismo, imporre dei controlli internazionali forti, non abbassare la guardia, non chiudersi in se stessi, ma unirsi nella lotta contro il terrorismo, per la quale vanno spesi anche dei soldi, perché sono destinati alla sicurezza di tutti.

Pag. 42

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO ZACCHERA. E ricordiamoci anche che vi sono persone che dicono queste cose da tanti anni: è però facile, come oggi, dover ricordare i morti, ma quando non si è fatto magari di tutto, anche da parte di alcuni governanti indiani o occidentali, purtroppo, quello che sommessamente resta è solo il ricordo delle vittime, con l'augurio, e concludo, che gli italiani vengano presto liberati, esprimo vicinanza alla famiglia De Lorenzo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, ringrazio naturalmente il Governo per la tempestività dell'informazione. Credo che, in primo luogo, tutti sentiamo il dovere di esprimere vicinanza, solidarietà, amicizia in primo luogo alla famiglia della vittima, alla famiglia De Lorenzo, così come solidarietà e vicinanza a coloro che ancora sono in una condizione di ostaggio, e naturalmente solidarietà, vicinanza e amicizia all'India, al suo Governo, alle sue istituzioni, al suo popolo.
Chiunque di fronte ad un attentato di queste dimensioni, con queste terribili conseguenze su tante persone inermi non può che provare un sentimento di sgomento, di angoscia e anche di impotenza: si tratta di un terrorismo che, come ormai abbiamo visto in questi anni, punta ogni volta all'effetto più devastante. Abbiamo conosciuto in Italia, in altri anni, la drammatica stagione del terrorismo, ma di un terrorismo che agiva secondo la strategia opposta a quella che abbiamo visto in questi anni. Il terrorismo che abbiamo conosciuto in Italia e in altri Paesi europei era un terrorismo che sceglieva delle vittime che avevano un valore simbolico e le colpiva addirittura con l'obiettivo di isolarle dalla società: il carabiniere, il poliziotto, il dirigente di impresa, l'avvocato, il sindacalista. Il terrorismo internazionale degli ultimi anni ha una strategia ancora più devastante, se così si può dire, perché ha scelto la strategia opposta, che è quella non di puntare alla vittima mirata, ma di produrre un'azione terroristica in modo indifferenziato, in ragione tale che ognuno si senta potenzialmente possibile vittima, e quindi l'effetto di paura, di intimidazione, di terrore sia anche più grande.
Quando si colpiscono sette alberghi contemporaneamente e si produce appunto un attentato che porta a 120 vittime più tutti i feriti con quella potenza devastatrice che queste cifre terribili e feroci ci dicono, si può ben comprendere qual è l'intento di intimidazione drammatica e di terrore che chi ha pensato questi attentati persegue.
Proprio per questo, penso che lo sgomento e l'angoscia non possano, però, tradursi in rassegnazione o in passività; al contrario, direi che quanto più gli attentati diventano devastanti, tanto più dobbiamo essere consapevoli della necessità di mettere in campo una reazione adeguata, perché difendere la vita, difendere la convivenza civile, difendere la possibilità per ogni persona di guardare alla vita quotidiana propria e della propria famiglia senza paura, senza angoscia e senza ansia è la condizione prima per garantire al mondo quelle fondamentali condizioni di convivenza, di libertà e di tolleranza che sono necessarie affinché ogni nazione ed ogni comunità possano affrontare adeguatamente i propri problemi e governare meglio il proprio destino.
Non c'è dubbio che questo attentato è tanto più grave perché avviene in un grande Paese che è simbolo - ne abbiamo parlato prima - di quella globalizzazione economica, sociale, culturale e politica che rende il mondo sempre più interdipendente.
E, probabilmente, negli intenti di coloro che hanno pensato questi attentati così devastanti vi era anche, in qualche modo, l'idea che, uccidendo, si possa contestare, frenare, arrestare un processo quale è quello della globalizzazione che, puntando sempre di più a rendere interdipendente il mondo, supera barriere, abbatte muri, determina quella reciprocaPag. 43contaminazione culturale, religiosa e identitaria che è necessaria perché il mondo della globalizzazione sia un mondo fondato sulla tolleranza e non sul fanatismo e sull'integralismo.

PRESIDENTE. Onorevole Fassino, la invito a concludere.

PIERO FASSINO. Anche per questo abbiamo il dovere, penso, di reagire e di reagire adeguatamente, così come non sfugge a nessuno - e concludo - che questo attentato colpisce un Paese che si colloca in un'area interessata da altri grandi focolai di instabilità e di insicurezza quali sono il Pakistan, l'Afghanistan e l'area che si estende attorno al Golfo Persico con tutto ciò che in termini di incertezza, di insicurezza, di instabilità e di rischi quell'area vive ogni giorno.
Anche per questo penso che dobbiamo essere sollecitati non solo ad un'iniziativa della comunità internazionale adeguata nella lotta al terrorismo, ma a perseguire anche, in quell'area, una soluzione a quei conflitti che possa ridurre il livello di tensione dentro cui l'azione terroristica può nuotare come il pesce nuota nell'acqua.
Per tali ragioni, ovviamente chiediamo al Governo di agire in tutte le sedi e sosterremo ogni iniziativa che il nostro Governo assumerà sia in sede di G8, sia in sede NATO, sia nelle altre sedi internazionali, volta a rafforzare l'iniziativa nei confronti del terrorismo, così come sosterremo ogni iniziativa che renda chiara ed esplicita la solidarietà ed il sostegno del nostro Paese all'India, colpita in questo momento da un lutto così drammatico.
Va da sé che fa parte di questa sollecitazione e del nostro sostegno all'azione del Governo anche la richiesta che coloro che sono stati vittime di questi attentati non siano lasciati soli ma sentano il sostegno, l'appoggio e la solidarietà dell'intero nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stefani. Ne ha facoltà.

STEFANO STEFANI. Signor Presidente, un argomento come questo forse avrebbe necessitato una maggiore attenzione e anche un po' più di tempo, comunque cercherò di essere telegrafico e di restare nei tempi a me assegnati.
L'inopinato attacco a Mumbai (ma amo ancora chiamarla Bombay per i miei ricordi di gioventù) sembra non aver fine dalle notizie che continuano a pervenire dal Paese circa ulteriori esplosioni (addirittura sembra che la città non sia stata ancora completamente liberata da questi gruppi di terroristi).
La Lega esprime il massimo cordoglio per le numerose vittime innocenti e la massima preoccupazione per gli ostaggi che sono ancora in mano ai terroristi e per la sorte dei nostri connazionali. Purtroppo la struttura del nostro Ministero degli esteri - ma anche degli altri Ministeri degli esteri - non può assolutamente controllare quanti italiani sono presenti in quel Paese. Come può controllarlo quando questi non si registrano, quando abbiamo uomini d'affari che vanno su e giù dall'India, anche settimanalmente, che non hanno il tempo e la voglia di registrarsi? Speriamo, comunque, che il numero delle vittime non aumenti.
Nella mia qualità di presidente della Commissione esteri ho già telefonato, riscontrando la massima disponibilità, al nostro ambasciatore a Delhi che sta seguendo con la massima attenzione l'evolversi della situazione. Signor sottosegretario, desidero veramente esprimere il massimo apprezzamento - la prego di riportarlo anche al Ministro - per la nostra unità di crisi. Poche ore fa, ho telefonato a due mie concittadine (si chiamano Carla Padovan e Rossella Bergamo), che sono lì a rappresentare un ente pubblico vicentino di promozione, che hanno avuto la fortuna di sfuggire all'attentato e di rifugiarsi a casa del nostro console. Anche il loro capo a Vicenza mi ha confermato la massimaPag. 44operatività e capacità della nostra unità di crisi; pertanto, la prego di riportare al Ministro queste mie osservazioni.
I principali obiettivi colpiti sono proprio il cuore di Bombay, di Mumbai. Il Taj e l'Oberoi sono i due simboli dell'occidentalizzazione di quel Paese, sono i luoghi di ritrovo della comunità internazionale, i punti nevralgici della presenza internazionale a Mumbai. L'India è stata colpita nel cuore della sua economia laddove dialoga con il resto del mondo, e la chiusura dell'aeroporto, così come la chiusura dei mercati internazionali, è allarmante. Credo che sia evidente la strategia terroristica: colpire un Paese più che emergente per la sua economia, uno dei Paesi che è previsto sia il fulcro dello sviluppo internazionale.
L'attacco - per quello che ne sappiamo - si è svolto dal mare con l'utilizzo di gommoni e con delle truppe addestrate ed armate. Reputo che non si possa dire che si tratti di gente locale; è chiaro che in India vi è una forte componente musulmana, ma per quello che ne so io, quelle truppe, che hanno un inquietante addestramento militare, non hanno attinto da questi cittadini. Non è la prima volta che l'India è oggetto di attacchi. Alcuni anni fa, fu lo stesso Parlamento ad essere luogo di una sanguinaria strage; ve ne è stata un'altra il 13 settembre a Delhi, e poi il 30 ottobre nel nord est con oltre 100 morti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

STEFANO STEFANI. Esprimiamo con forza la nostra solidarietà al popolo e al Governo indiano. L'India costituisce - voglio ricordarlo, visto che ci riempiamo la bocca della parola democrazia - una delle democrazie più grandi del mondo. L'India è una nazione amica dell'Italia, è legata a noi da vincoli saldi e antichi, e sappiamo e che saprà reagire a questo difficilissimo momento. La matrice dell'attentato ancora non è ben definita, ma credo francamente che, alla luce di quello che si sente e si vede, e anche in ragione delle considerazioni che ho testé svolto sulla loro preparazione militare, si possa ben attribuire a una chiara linea (e vedremo che sarà confermata questa mia, e non solo mia, supposizione).
Lo ha osservato d'altra parte anche il Presidente della Federazione russa, Medvedev, con una battuta a caldo. Ancora una volta percepiamo l'attuale indivisibilità della sicurezza internazionale e troviamo conferma per la scelta di una solidarietà globale nella lotta al terrore. Tuttavia, se non cambiamo i presupposti e il nostro approccio, tale lotta non potrà mai essere vinta. Dobbiamo mettere al bando e dobbiamo sanzionare qualunque Paese del globo che offre un supporto finanziario o anche logistico a questi terroristi. Dobbiamo cambiare la nostra strategia...

PRESIDENTE. Deve concludere.

STEFANO STEFANI. Concludo, signor Presidente. Credo che si possa pensare ad una matrice fondamentalista che si richiama ad Al-Qaeda. La difficile situazione dell'Afghanistan è una delle componenti e - guarda caso - proprio in queste ore ci informano di un attacco suicida nei pressi dell'ambasciata americana in Afghanistan: credo che non sia un caso. Purtroppo sembra di rivivere, amici e colleghi, le ore drammatiche dell'11 settembre 2001 (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, cari colleghi, anche noi ci uniamo al dolore della famiglia De Lorenzo e anche noi invitiamo il Governo, con la sua unità di crisi, a lavorare sempre più celermente affinché i sette italiani ancora nelle mani dei rapitori, o comunque segregatati in uno degli hotel, possano ritornare presto non solo nella disponibilità della loro libertà ma anche all'affetto delle proprie famiglie.
Non è questo il momento per fare grandi analisi di geopolitica, ma forse è bene che noi contribuiamo a dare unaPag. 45qualche memoria storica. Più di un anno fa in Pakistan si andava alle elezioni presidenziali ed uno dei candidati, anzi la candidata che tutti davano per vincente, fu uccisa, e l'attuale Presidente del Pakistan è il marito di quella candidata. A distanza di dodici mesi in India in cinque Stati si vota, e non è assolutamente escluso - ieri sera eravamo con il collega Gozi ad un incontro con l'ambasciatore indiano quando sono arrivate queste notizie - che nei prossimi mesi, oltre ai cinque Stati i cui organi si vanno a rinnovare nel mese di dicembre, vi possano essere addirittura le elezioni politiche per tutta la democrazia indiana. Questo è un altro elemento che ci deve far riflettere sul salto di qualità del terrorismo di matrice fondamentalista islamica. Penso - lo dico senza pudore - che l'attentato di un anno fa in Pakistan e gli attentati che si stanno susseguendo ormai frequentemente, purtroppo, in India, ci facciano capire che il terrorismo islamico, follemente, immagina di poter conquistare una democrazia che abbia in suo possesso l'arma nucleare.
Dico anche di più. Il collega Stefani si diceva prima inquietato e preoccupato dal fatto che l'attentato di Mumbai possa essere stato portato dal mare. Ricordiamoci che negli ultimi mesi l'Occidente ha chiuso gli occhi colpevolmente, e spero - anche se non è questo l'argomento della discussione di oggi - che il nostro comandante delle forze NATO che controlla il Corno d'Africa, invece di parlare ai giornali, cominci anche ad usare le armi che sono state messe a disposizione delle navi che proteggono i commerci.
Va ricordato che uno dei punti fondamentali dei commerci internazionali oggi è in pericolo, tant'è che molte imbarcazioni commerciali stanno immaginando di fare la vecchia rotta di circumnavigazione dell'Africa, tornando indietro di 500 anni. Mi sembra un fatto di cui dobbiamo essere consapevoli se vogliamo affrontare il problema del terrorismo. Va ricordato inoltre - si è già detto dell'incontro NATO che si terrà tra qualche giorno - che il nostro Governo e i Governi dell'Europa occidentale hanno colpevolmente dimenticato gli appelli che il Segretario generale della NATO ha rivolto negli ultimi diciotto mesi, in particolare quello per mandare più uomini in Afghanistan.
Immagino che tutto quello che abbiamo ascoltato oggi porti poi ad un voto favorevole, dopo che la riunione della NATO che si terrà fra qualche giorno e quella soprattutto che si terrà nel mese di gennaio, con il consenso della Presidenza americana (che sarà non di Bush, ma di Obama), chiederanno ancora all'Italia per l'ennesima volta di inviare altri 1.000-1.500 uomini. Infatti, parlare di terrorismo, del pericolo globalizzato, dell'insicurezza e del dispiacere che ognuno di noi sente e prova e non fare alcuna azione che vada incontro a quello che tutti i Paesi riconoscono come il punto cruciale di una sconfitta di Al-Qaeda, che è appunto l'Afghanistan, significa fare bei discorsi, assolutamente onorevoli, meritori anche di grandi applausi, ma che non risolvono alcun tipo di problema, neanche si avvicinano alla soluzione del problema.
La tragedia che è accaduta in India in questi giorni ha un precedente chiaro negli attentati in India ed ha un precedente chiaro nel tentativo di modificare l'esito delle urne nelle elezioni del Pakistan di un anno e mezzo fa. Vi è un problema di controllo del territorio, che riguarda certo l'Afghanistan e la solidarietà che dobbiamo dare alla prossima azione NATO che ci verrà chiesta, ma che riguarda anche la responsabilità, direttamente sotto la guida italiana, dei mari e delle rotte commerciali.
Concludo ribadendo tutta la nostra solidarietà al popolo indiano e alla famiglia De Lorenzo e la nostra vicinanza anche all'azione del Governo per portare in salvo questi sette nostri concittadini (Applausi dei deputati del gruppo Unione di centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zazzera. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, anche noi dell'Italia dei ValoriPag. 46esprimiamo sentimenti di solidarietà nei confronti di chi è stato coinvolto, della famiglia De Lorenzo, ma anche dei tanti americani, inglesi ed indiani coinvolti in questo gravissimo attentato, che ha tutte le sembianze di un'azione militare. Anche noi proviamo sdegno, condanniamo in maniera ferma e convinta ogni azione terroristica e siamo accanto al Governo in questo momento, perché non è possibile permettersi divisioni politiche rispetto a problematiche così gravi.
È certamente un secondo 11 settembre, e non è un 11 settembre che accade casualmente. Vi sono state avvisaglie: la recrudescenza dell'azione militare in Afghanistan da parte dei talebani, che hanno riconquistato e riconquistano fette di territorio; gli attentati ed il ripetersi di attentati in Pakistan; gli attacchi nell'India. È un'area geografica che cerca di uscire dagli inferi di una parte del Paese che non vuole portare la democrazia e che vuole togliere quei Paesi al gioco del libero mercato. Sono Paesi che presentano una crescita di prodotto interno lordo importante, fanno passi avanti nel loro sviluppo.
È l'attacco alla capitale economica dell'India: vengono attaccati in modo particolare gli stranieri, con modalità che somigliano molto, anzi sono certamente tipiche di un'azione terroristica di Al-Qaeda, ma seguono anche - non dimentichiamolo - le minacce di Al-Zawahiri, proprio ventiquattro ore dopo l'elezione a Presidente degli Stati Uniti d'America di Obama. Se fosse vera la notizia che nel gruppo dei terroristi vi erano pakistani, evidentemente lì dobbiamo giocare un ruolo importante, lì si crea una fucina che probabilmente diventa destabilizzante per l'intero mondo.
Dobbiamo accogliere - e fa bene Governo ad agire in tal senso - l'appello del Presidente della Repubblica Napolitano per un'iniziativa politica forte della comunità internazionale, e dell'Europa in modo particolare. È necessaria una ferma lotta al terrorismo e ciò richiede il rafforzamento della cooperazione delle intelligence, che vanno sostenute con risorse umane ed economiche. Vanno sostenuti in quei Paesi i Governi moderati, laddove dove il fondamentalismo e l'estremismo trovano humus adatto alla loro crescita anche attraverso l'utilizzo delle regole della democrazia al fine di raggiungere e controllare il Governo. Va applicato l'abbattimento dei debiti nei confronti dei Paesi in difficoltà. Infine, dobbiamo combattere la paura attraverso la rimozione di nostre intolleranze e di nostri timori nei confronti di alcuni Paesi. Non possiamo pensare che tutti siano cattivi: in quei Paesi ci sono buoni e cattivi, non possiamo pensare che tutti siano fondamentalisti islamici.
Possiamo svolgere un ruolo importante riportando al primato la ragione e, soprattutto, ridando primato alla politica, che deve riportare a livello internazionale il dialogo, la convivenza e la condivisione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 15,10.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Brancher, Brugger, Caparini, Castagnetti, Cicchitto, Donadi, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Mantovano, Maroni, Melchiorre, Palumbo, Pescante, Rotondi, Soro, Stucchi, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risultaPag. 47dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per la modifica del decreto ministeriale del 23 aprile 2008 in materia di rideterminazione delle piante organiche degli uffici del giudice di pace - n. 2-00210)

PRESIDENTE. L'onorevole Pelino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00210, concernente iniziative per la modifica del decreto ministeriale del 23 aprile 2008 materia di rideterminazione delle piante organiche degli uffici del giudice di pace (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PAOLA PELINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'interpellanza ha lo scopo di scongiurare una grave sperequazione di distribuzione del lavoro della magistratura di pace, che creerebbe squilibri in tutto l'impianto del sistema, che è in corso di revisione, ma attraverso un intervento legislativo e non con un semplice decreto ministeriale, fonte di grado inferiore, emanato - non esito a dire - con forme e contenuti viziati da illegittimità e, non da ultimo, recante danni per la finanza pubblica.
Riassumo i fatti. In data 23 aprile 2008, l'allora Ministro della giustizia uscente, dottor Luigi Scotti, prima dell'insediamento del nuovo Governo, in violazione di consolidate prassi costituzionali che impediscono il compimento di atti di straordinaria amministrazione, con proprio decreto ministeriale, rideterminava le piante organiche degli oltre 800 uffici del giudice di pace dislocati sul territorio nazionale, non attenendosi al parere vincolante del Consiglio superiore della magistratura espresso nella seduta plenaria del 21 dicembre 2006, su proposta dell'allora Ministro della giustizia, con nota del 6 dicembre 2005. Detto parere è vincolante per la fonte e per i contenuti assolutamente disattesi ed è stato emesso a seguito di audizioni dei rappresentanti delle maggiori organizzazioni e associazioni rappresentative (alcune delle quali hanno ispirato il mio intervento in questa sede) e a seguito dell'acquisizione di numerosi elementi valutativi, che hanno portato alla conclusione sulla necessità sia della revisione delle circoscrizioni giudiziarie lì operata, sia di un giudizio emesso a garanzia dei criteri di uniforme trattamento.
Il decreto in questione è stato pubblicato il 15 luglio 2008, senza essere stato trasmesso ed aver ottenuto il visto della Corte dei conti. L'iniziativa dell'allora Ministro Scotti, che rappresenta - lo ripeto - un atto di straordinaria amministrazione emanato con semplice decreto, costituisce, perciò, non solo una scorrettezza politica di un Governo sfiduciato e dimissionario, ma comporta una maggiore spesa annua, quantificabile in 12 milioni di euro, nonché presenta vari aspetti di illegittimità e di incoerenza. Essa viene effettuata con i vecchi criteri criticati da più parti (dall'avvocatura, dalla magistratura togata e dalla stessa categoria) e viziati da profili di criticità, che si auspica vengano superati dalla riforma del settore. L'affrettata modifica non risponde a criteri di razionalità, in quanto non assicura un'omogeneità di carico di lavoro tra i giudici delle varie sedi.
Il decreto Scotti è stato emanato, altresì, sulla base di dati incompleti. Ben 90 sedi non hanno fornito i dati e tra queste si annoverano sedi che, in passato, hanno registrato un notevolissimo carico di lavoro. Con riferimento alla disparità di carico di lavoro, dai dati in mio possesso, si va dalla trattazione di otto procedimenti l'anno registrati a San Nicolò Gerei e in altre sedi, ai 3.695 procedimenti l'anno per giudice a Laviano. Al riguardo, la cosa più grave dei citati picchi è il fatto che, applicando il cosiddetto decreto Scotti, le disparità risultano estese: 75 sedi hanno un carico di lavoro per giudice da 300 aPag. 483.695 procedimenti l'anno, 85 sedi un carico di lavoro tra 201 e 300 procedimenti l'anno, 360 sedi un carico di lavoro che va da 100 a 200 procedimenti l'anno e 329 sedi avrebbero un carico di lavoro inferiore a 100 procedimenti l'anno.
Le sedi con scarso carico di lavoro sono anche sedi medie e grandi, capoluoghi di regione o di provincia (Genova, Venezia, Ancona, Palermo, Firenze, Cagliari, Bolzano, Reggio Calabria, Catanzaro, Trieste e molte altre sedi, tra le quali tutti i capoluoghi di provincia siciliani).
Mi sembra non ci sia altro da aggiungere. Il decreto, a mio avviso, è da bloccare al più presto, poiché la Corte dei conti avrebbe provveduto a registrarlo dopo il visto dell'ufficio centrale di bilancio, quindi è venuta meno ogni condizione sospensiva di una sua esecutività. Un mancato blocco del decreto comporterebbe il serio rischio di una delibera esecutiva del Consiglio superiore della magistratura per l'avvio dei trasferimenti e la formazione delle tabelle, il che renderebbe vano ogni intervento che ora, preventivamente, il Governo dovrebbe attuare.
Gli effetti negativi da scongiurare sono quelli di eliminare il blocco delle nomine e dei concorsi previsto dalla legge del 2004 e dare avvio alla nomina dei nuovi 1.700 giudici di pace. Questo è da evitare: la nomina di tanti nuovi giudici è eccessiva rispetto alle attuali esigenze, oggi esaudite sulla base dell'attuale organico di circa 3 mila giudici. Né l'aumento della competenza per valore, prevista nella riforma licenziata dalla Camera e attualmente in discussione al Senato, giustifica un aumento del carico di lavoro tale da poter giustificare l'immissione in servizio di altre 1.700 unità.
La determinazione degli organici del giudice di pace, prevista in 4.700 unità dalla legge istitutiva n. 374 del 1991, è frutto di un disegno del legislatore ormai obsoleto, che prevedeva l'istituzione di un giudice della terza età, impegnato a tempo molto parziale. Le unità invece dovrebbero essere fissate al massimo in 3.500, perlomeno sino alla tanto attesa riforma dell'ordinamento della magistratura di pace, che dia un assetto ponderato ed organico alla materia. Sottolineo che la radicale trasformazione della figura del giudice di pace, con l'apertura ai giovani, l'aumento progressivo delle competenze e la naturale professionalizzazione della sua attività, hanno determinato la conformazione di una figura del giudice di pace assolutamente diversa da quella originariamente concepita, essendo esso attualmente impegnato a tempo pieno nell'esercizio della funzione giudiziaria.
Ho evidenziato che gli attuali 3 mila giudici di pace, penalizzati dalla mal distribuzione sul territorio nazionale, sono già oggi in grado di garantire il rapido ed efficiente smaltimento dei procedimenti iscritti - complessivamente circa 2 milioni l'anno - attraverso la definizione di processi civili con una media di 340 giorni, ovvero un terzo del tempo necessario per la definizione dei processi innanzi ai tribunali. Inoltre, la percentuale di impugnazione delle sentenze dei giudici di pace si attesta all'8 per cento: è la riprova della notevole qualità del lavoro da essi svolto.
Sotto l'aspetto della finanza pubblica, il decreto Scotti è altrettanto lesivo poiché, eliminando il blocco dei concorsi disposto nel 2004, provocherebbe l'immediata nomina di 1.700 nuovi giudici presso sedi che non necessitano di altri giudici e comporterebbe un aumento della spesa ipotizzabile in 12 milioni di euro l'anno, calcolato moltiplicando le indennità fisse, mensili e per udienza, previste dalla legge, per il numero dei nuovi giudici nominanti.
Ribadisco che andrebbe valutata seriamente la possibilità che l'attuazione del decreto possa pregiudicare definitivamente la possibilità di intervenire sull'organizzazione degli uffici del giudice di pace, precludendo un riassetto necessario e non più prorogabile. L'assetto, infatti, è datato: le dotazione delle singole sedi sono state fissate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura. Le attuali dotazioni organiche sono state fissate nel 1992, prima ancora dell'entrata in vigore, il 2 maggio 1995, della legge istitutiva, e poiPag. 49parzialmente modificate nel 2000. La legge di conversione del decreto-legge che ha attribuito nel 2004 ai giudici di pace la competenza sui provvedimenti sull'espulsione degli immigrati clandestini, ha bloccato nuove nomine a giudice di pace e nuovi concorsi, sino alla revisione delle piante organiche, ritenendo adeguate al corrente carico di lavoro le attuali dotazioni. Da ciò, la predetta richiesta del Ministero della giustizia che, in data 6 dicembre 2005, ha presentato al Consiglio superiore alla magistratura una proposta di revisione delle dotazioni organiche. Essa è stata valutata, lo ripeto, molto negativamente dal medesimo Consiglio, che ha formulato nuovi criteri e indicazioni cui ci si potrebbe attenere.
Quindi, concludo il mio intervento, invitando il Governo a voler valutare la sospensione delle nuove immissioni in servizio dei giudici di pace ad esclusione, naturalmente, di quelli che hanno superato il tirocinio dei sei mesi prima dell'entrata in vigore dell'articolo 9 della legge n. 168 del 2005 e che ammontano ad un numero complessivo di circa 350 unità. Questi ultimi influirebbero pesantemente sulla rideterminazione del ruolo organico della magistratura di pace con effetti pregiudizievoli sia di sperequazione gestionale, tra giudici che esercitano la medesima funzione giurisdizionale, sia sulla finanza pubblica nonché per i pubblici interessi.
Infatti, eventuali risorse finanziarie aggiuntive, attinte da un risparmio valutabile in 6-7 milioni di euro, potrebbero essere utilizzate per potenziare il personale giudiziario e amministrativo e razionalizzare le risorse umane e materiali disponibili per il miglior funzionamento della giustizia, oltre ad influire sull'adeguamento dell'indennità dei giudici di pace, ferme ormai dal 2001 in attesa della complessiva riforma.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta agli onorevoli interroganti si deve far presente in primo luogo, con specifico riferimento alle questioni attinenti alle piante organiche dei giudici di pace, che il provvedimento emesso in data 23 aprile 2008, menzionato nell'atto di sindacato ispettivo, costituisce un atto dovuto in adempimento della legge 12 novembre 2004, n. 271.
La norma citata, infatti, nel disporre un ampliamento delle competenze giurisdizionali degli uffici del giudice di pace ha, altresì, previsto la necessità di procedere alla «revisione delle dotazioni organiche delle sedi del giudice di pace», formula letterale che deve essere correttamente intesa, alla luce del riferimento alle singole sedi giudiziarie, come obbligo di procedere alla rimodulazione delle piante organiche del personale giudicante ivi addetto, prima che alla definizione delle procedure di copertura.
Del resto, come evidenziato dagli stessi interroganti, la dotazione organica del personale della magistratura onoraria addetta agli uffici del giudice di pace è individuata dalla medesima legge istitutiva in 4.700 unità e può essere modificata solo da una fonte normativa primaria.
In occasione della predisposizione del provvedimento del 28 aprile 2008 è stata, tuttavia, valutata l'opportunità di operare una rimodulazione che non realizzasse l'integrale ripartizione della dotazione nazionale, riservando la distribuzione di circa 174 unità all'esito della verifica dei concreti riflessi sui carichi di lavoro degli uffici derivante dall'attribuzione di competenze operata dalla legge n. 271 del 2004.
Peraltro, proprio la valutazione delle osservazioni formulate dal Consiglio superiore della magistratura con il parere reso in data 21 dicembre 2006 e la necessità di riesaminare le risultanze dell'analisi statistica condotta alla luce dei criteri metodologici suggeriti dall'organo di autogoverno, hanno indotto l'Amministrazione a ritenere maggiormente rispondente all'esigenza di assicurare un adeguato livello di funzionalità degli uffici la distribuzione dell'intero contingente disponibile. Ciò, anPag. 50che in considerazione del crescente flusso di procedimenti afferenti alla competenza di tali strutture, per effetto delle innovazioni normative.
In ogni caso, si evidenzia che dal tenore letterale del parere sopra citato non si rinviene, in alcun modo, l'asserita necessità di procedere ad una riduzione della dotazione organica nazionale del personale in questione. In tale atto, invece, viene in più punti sottolineata, ai fini di una puntuale individuazione del fabbisogno degli uffici, l'opportunità di procedere ad una revisione delle circoscrizioni giudiziarie che consenta di realizzare, attraverso la riduzione dei presidi giudiziari, un recupero di risorse con particolare riferimento al personale amministrativo.
Quanto, poi, alla mancata corrispondenza tra le determinazioni assunte con il decreto ministeriale menzionato rispetto alle osservazioni formulate dall'organo di autogoverno deve necessariamente rilevarsi che, ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione (ferme restando le competenze del Consiglio superiore della magistratura), spettano al Ministro della Giustizia «l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia», prerogative che non possono non includere la determinazione del fabbisogno di organico del personale di magistratura - togata e, per i soli uffici del giudice di pace, onoraria - nonché del personale di supporto all'attività giurisdizionale.
Ai sensi dell'ordinamento giudiziario vigente spetta, quindi, al Ministro della giustizia procedere, con proprio atto, alla determinazione dell'organico numerico delle singole sedi giudiziarie, previa acquisizione, per il solo personale di magistratura, del parere del Consiglio superiore.
L'acquisizione del parere del Consiglio costituisce, quindi, un elemento necessario per il corretto esercizio delle prerogative del Ministro, ma non si rinviene in alcuna norma espressa, né nel complesso delle disposizioni che disciplinano i rapporti tra i due organi costituzionali, un riferimento all'eventuale carattere vincolante delle deliberazioni del Consiglio in materia di organici. Del resto, laddove fosse possibile procedere alla modifica delle piante organiche solo in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura, si verrebbe a configurare, per tale organo, la possibilità di esercitare una sorta di diritto di veto sulle scelte da operare in materia di organizzazione e funzionamento degli uffici giudiziari, in contrasto, come già evidenziato, con il dettato costituzionale e con le stesse norme che disciplinano il funzionamento dell'organo di autogoverno.
Il carattere vincolante risulta, invece, evidente in materia «tabellare», laddove è espressamente previsto che i provvedimenti vengano adottati in conformità delle deliberazioni del Consiglio. Pur potendosi, quindi, legittimamente procedere, come già avvenuto in occasione di precedenti interventi di modifica dell'organico, anche in difformità (totale o parziale) dal parere espresso dal CSM, il Ministero della giustizia ha ritenuto opportuno integrare l'originaria proposta tenendo conto dei criteri suggeriti dall'organo di autogoverno della magistratura, introducendo un sistema di «pesatura» dei procedimenti che, peraltro, ha condotto a risultanze solo parzialmente conformi alle osservazioni formulate con il parere del 21 dicembre 2006, confermando la sostanziale validità dell'analisi in precedenza condotta.
Ad ulteriore conferma della legittimità delle determinazioni assunte, non può non farsi rilevare che il decreto ministeriale in questione risulta ormai perfezionato per effetto della registrazione da parte della Corte dei conti, avvenuta in data 8 ottobre 2008. Tanto premesso, in relazione al problema specifico sollevato dagli interpellanti, deve rilevarsi, in linea più generale, che l'invocata riforma relativa ai giudici di pace non potrà prescindere dalla più ampia riforma di tutta la magistratura onoraria.
Tale aspetto, peraltro, è stato affrontato, proprio di recente, il 5 novembre ultimo scorso, in occasione della risposta, resa in quest'Aula, a un'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Cota. Si deve ricordare, pertanto, che sin dall'inizio della presente legislatura, lePag. 51tematiche relative alla riforma della magistratura onoraria hanno ricevuto la massima attenzione da parte del Ministro della giustizia, come attestato, peraltro, dal fatto che l'ufficio legislativo, su impulso del Ministro della giustizia, sta proseguendo nei lavori preparatori per la messa a punto di un nuovo schema di disegno di legge in materia di riforma organica della magistratura onoraria, tenuto conto che l'articolo 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, stabilisce che le disposizioni dell'ordinamento giudiziario che consentono l'utilizzo di giudici onorari di tribunale e di viceprocuratori onorari si possono applicare fino a quando non sarà attuato il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2009.
La necessità di procedere, entro tale data, alla revisione delle vigenti disposizioni dell'ordinamento giudiziario che regolano l'impiego dei magistrati onorari, costituisce l'occasione per una più ampia rimeditazione del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria che coinvolga anche la figura del giudice di pace, tenendo conto degli aspetti critici relativi all'attività svolta da questa particolare categoria di magistrati onorari, ai quali è stata attribuita, nel corso degli anni, una sfera di competenza giurisdizionale sempre più ampia - dal punto di vista quantitativo e qualitativo - tale da snaturare la sua originaria funzione di giudice delle cause d'importanza bagatellare.
In tale circostanza si potranno, eventualmente, valutare alcuni degli elementi di novità contenuti nello schema di disegno di legge già diramato nel corso della precedente legislatura, tenendo conto, tuttavia, che le linee della riforma dovranno essere il frutto di un'intensa opera di rimeditazione, anche alla luce dei contributi di riflessione apportati dalle associazioni di categoria.
Peraltro, si deve in questa sede ricordare che il Ministro della giustizia, il 17 settembre ultimo scorso, all'esito dell'incontro avuto con l'Unione nazionale dei giudici di pace, ha ribadito la volontà del Governo di approvare una riforma organica della giustizia di pace, incentrata sulla risoluzione di tutte le questioni prospettate dall'Unione, con particolare riguardo ai punti cardine della continuità e della tutela previdenziale, entro e non oltre il mese di dicembre 2009.
Nella circostanza, il Ministro ha sottolineato che la riforma dovrà essere affrontata senza ambiguità e che l'alto servizio istituzionale prestato dal giudice di pace non può essere connotato da profili di precarietà. In tale occasione sarà anche valutata la possibilità di riesaminare in tempi brevi
il decreto Scotti sulla rideterminazione degli organici, alla luce dei rilievi dell'Unione nazionale dei giudici di pace e dei documenti consegnati al Ministro. Si ribadisce, in ogni caso, che tali tematiche sono all'attenzione del Ministro, al fine di procedere ad una riforma organica del settore entro il più breve termine possibile.

PRESIDENTE. L'onorevole Pelino ha facoltà di replicare.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, sono soddisfatta, ma voglio aggiungere e ribadire un concetto. Ringrazio il Governo per la risposta e prendo atto che sta per essere avviata l'auspicata riforma che possa comprendere tra le prime quelle misure urgenti che, con criteri di razionalità, possano assicurare una omogeneità di carico di lavoro tra i giudici delle varie sedi ed un riassetto organico della materia, ormai datato.
Ovviamente rimane fermo il fatto che possano essere bloccate le assunzioni di quei giudici di pace che sono già stati dichiarati idonei al termine del tirocinio di sei mesi per i concorsi già banditi dalle corti di appello e bloccati con la legge n. 168 del 2005, i quali possono essere immessi in servizio, nelle sole sedi vacanti, proposti dal Consiglio superiore della magistratura nella seduta plenaria del 21 dicembre 2006, su richiesta di parere proprio da parte del Ministro della giustizia con nota del 6 dicembre 2005.
Tuttavia, pure in questa prospettiva, vorrei rilevare che - avendo già ottenutoPag. 52la registrazione dalla Corte dei conti - un mancato blocco immediato del decreto potrebbe comportare che il Consiglio superiore della magistratura ne dia attuazione. Perciò tale possibile attuazione del cosiddetto «decreto Scotti» e il mancato immediato blocco di ulteriori immissioni nei ruoli potrebbe di fatto compromettere la riforma preannunciata, poiché essa si troverebbe a fare i conti con una situazione ormai già definita. Questo, oltre a danneggiare l'equilibrata distribuzione delle risorse organiche, avrebbe effetti sulla finanza pubblica che l'attuale gestione del Governo sta dimostrando di amministrare in maniera equa e coerente. Oltretutto è anche da tener presente che il decreto è stato impugnato innanzi al TAR Lazio e si trova quindi in attesa di un giudizio che potrebbe confermarne i profili di illegittimità.

(Orientamenti del Governo in relazione alle opere infrastrutturali necessarie per lo sviluppo del Paese e ad iniziative normative in materia - n. 2-00220)

PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi n. 2-00220 (Nuova formulazione), concernente orientamenti del Governo in relazione alle opere infrastrutturali necessarie per lo sviluppo del Paese e ad iniziative normative in materia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, proprio la crisi finanziaria, che sta diventando economica, ha spinto molti Paesi, a partire dagli Stati Uniti, dove sul punto hanno convenuto sia il Presidente eletto sia quello ancora in carica, ad avviare un discorso di un piano di opere pubbliche per il rilancio di quella nazione. Così come anche l'Europa, che prima pure aveva tagliato i fondi per le infrastrutture, ha dovuto riflettere e, proprio in questi giorni, ha ripreso la discussione per organizzare un piano un molto ampio di investimenti e di infrastrutture per sostenere la ripresa economica e far uscire l'Europa dalla depressione, in cui si prevede stia andando in ogni Paese.
Quindi, è chiaro che l'Italia paradossalmente si trova in una situazione diversa e anche più favorevole, essendovi un'arretratezza infrastrutturale del Paese rispetto agli altri Paesi europei paragonabili al nostro come la Germania, la Francia e l'Inghilterra. L'Italia, quindi, dovrebbe provvedere alla stessa maniera, perché chiaro che gli investimenti in infrastrutture e opere pubbliche (sia le piccole che le medie e le grandi) evidentemente danno un contributo elevato per la ripresa economica del nostro Paese. In questi casi è necessario stringersi intorno a chi ha le leve di comando.
Come gruppo dell'Italia dei Valori siamo anche disponibili a collaborare per la ricerca di questi fondi, ma il Parlamento deve dare delle indicazioni di carattere generale, deve fornire direttive al Governo perché in qualche modo impieghi le risorse disponibili in base alle leggi attuali, cercando però anche di stabilire delle priorità. Naturalmente il Governo opererà con i soldi pubblici, ma è necessario che si mobiliti affinché le opere pubbliche possano essere realizzate attraverso finanziamenti che non siano soltanto provenienti dalle casse dello Stato o dalle regioni, dalle province e dai comuni, ma anche con il ricorso ai fondi provenienti dal settore privato.
Per fare questo è evidente che è necessario superare gli ostacoli oggi presenti nel nostro Paese. Si tratta di ostacoli di governance, che rappresentano gli effetti di una legislazione caotica degli ultimi trenta o quaranta anni che, evidentemente, ha portato spesso alla paralisi come, ad esempio, nella costruzione di autostrade dal 1975 in poi e nel rinnovamento del parco ferroviario, laddove eravamo i primi ad aver realizzato il tratto di alta velocità ferroviaria Roma-Firenze mentre gli altri Paesi non avevano ancora iniziato tale opera. Oggi, invece, siamo tra gli ultimi quattro o cinque Paesi in quanto abbiamo abbandonato la via della realizzazione di queste grandi opere. Ma noi dell'Italia deiPag. 53Valori non ci riferiamo soltanto alle grandi opere, ma soprattutto a quell'insieme di opere, medie e piccole, che i comuni, le province, in altri termini gli enti intermedi, devono realizzare per svolgere un'attività nel territorio che, insieme alle grandi infrastrutture, sia un volano per la ripresa economica del nostro Paese.
Si parla oggi del fatto che domani, forse, si avrà una delibera del CIPE e il Governo dovrebbe stanziare 16,5 miliardi di euro che, devo dire, rispetto al plafond europeo sono poca cosa. Tuttavia, in questa poca cosa io intravedo anche qualcosa che non funziona, nel senso che all'interno di tale risorse, probabilmente, ci sono i soliti fondi FAS che già per legge devono essere indirizzati verso le zone del Mezzogiorno d'Italia, per l'85 per cento, e per il resto del Paese in misura del 15 per cento.
Se poi nelle risorse sono compresi anche una parte di prestiti oppure di fondi della Cassa depositi e prestiti è necessario comunque cercare, anche con questa piccola somma, di incentivare l'attenzione dei fondi privati che potrebbero essere interessati, a certe condizioni; condizioni che oggi, tuttavia, non ci sono nel nostro Paese. Le condizioni sono i tempi da rispettare, sia nell'approvazione dei progetti, sia nella realizzazione delle opere, senza i mille lacci e lacciuoli con i quali, purtroppo, la farraginosa legislazione italiana ci spinge a ritardare la realizzazione delle opere e a farle costare di più.
Pensate che la Corte dei conti - anche se bisogna sempre prendere un po' con le pinze le medie che si fanno - denuncia che le opere per l'alta velocità ferroviaria in Italia hanno un costo molto più elevato del resto d'Europa. È evidente che tutto questo non si può spiegare soltanto con l'orografia del nostro Paese, con il fatto che sia necessario procedere con gallerie e ponti, ma è evidente che vi sono altri elementi che fanno sì che i costi lievitino e che non si possano realizzare opere importanti. Pertanto siamo rimasti indietro.
Poi ci sono gli strumenti di cui si serve lo Stato, basti pensare, ad esempio, alle Ferrovie dello Stato e all'ANAS.
Le Ferrovie dello Stato, ma anche l'ANAS, unisce in sé, nella holding delle Ferrovie dello Stato, sia coloro che devono realizzare le infrastrutture ferroviarie, sia coloro che devono gestire i treni, la parte mobile (l'ANAS, da parte sua, è sia concedente e sia concessionaria pubblica). Credo che le confusioni di attività di questi due grandi strumenti per attuare le opere pubbliche nel nostro Paese dovrebbero essere modificate. Il gruppo dell'Italia dei Valori presenterà delle proposte di legge proprio per dividere questi aspetti e far sì che i due strumenti fondamentali di costruzione delle strade e delle ferrovie siano separati dalla gestione delle stesse opere.
Vi è, inoltre, la questione dei porti. Siamo arretrati con la portualità turistica (in cui abbiamo fatto dei passi avanti negli ultimi anni), ma soprattutto con la portualità commerciale. Rischiamo che la ricchezza che viene dall'Oriente con le navi giramondo ci passi davanti senza intercettarla, ma sia, al contrario, intercettata dalla Spagna, dall'Algeria e dall'Egitto.
Noi abbiamo bisogno di rafforzare la struttura dei nostri porti e di rinnovare la legge che regola e istituisce le autorità portuali. Inoltre, dobbiamo fare in modo che i porti possano essere realizzati in tempi più brevi e, nello stesso tempo, possano essere realizzati porti in grado di far fronte al commercio connesso alle grandi navi, alle navi giramondo. Anche il sistema aeroportuale è ancora arretrato e, quindi, è necessario che si investa in questo sistema.
In sintesi voglio dire che il Governo dovrebbe muoversi nella direzione di sollecitare e di creare le condizioni perché i fondi che possono provenire dal risparmio privato possano interagire e unirsi alle scarse risorse pubbliche per attuare piani di realizzazione di opere per spingere il sistema ad innestare un processo virtuoso di miglioramento della situazione economica complessiva. In questo modo, quindi, fare veramente la nostra parte nella battaglia (che è una guerra ormai) per laPag. 54ripresa economica, che è preannunciata per il 2010. Accelerare la ripresa significa spostarsi indietro di qualche mese, in modo tale che il nostro Paese possa reggere il confronto con gli altri Paesi e collaborare con il resto d'Europa affinché la disoccupazione, soprattutto quella dei giovani e dei precari del nostro Paese, non sia tale da creare problemi non solo sociali, ma anche di ordine pubblico.
In conclusione, credo che in questo settore, in questo caso e in questa situazione non bisogna dividersi. Noi siamo disponibili a collaborare con il Governo o con la maggioranza, purché anche in quelle ristrettezze di fondi si stabiliscano delle priorità. Ad esempio, abbiamo detto che è meglio costruire le ferrovie? Benissimo, costruiamo le ferrovie. È meglio fare un investimento nel territorio attraverso una politica abitativa che risponda alle esigenze dei meno abbienti? Ebbene, andiamo in quella direzione.
Si facciano, quindi, delle scelte precise in modo tale che noi possiamo avere la possibilità di collaborare e di trovare anche nuove soluzioni per realizzare opere, con la collaborazione delle regioni, attraverso i fondi strutturali che provengono dall'Europa. Siamo disponibili a proporre e a collaborare per approvare normative che rendano più facile queste realizzazioni.
Pertanto, signor Presidente, mi auguro che il Governo voglia seguire questa strada e non soltanto quella di annunci di grandi opere che evidentemente nel nostro Paese si realizzano non in un quinquennio, ma in genere in un decennio, quindi dopo che i buoi sono usciti dalla stalla.
Oggi abbiamo bisogno di opere piccole e medie, ma anche di continuare con le grandi opere in corso, in modo tale che, alla fine, il PIL possa ricominciare a crescere e non diminuisca, come è avvenuto in questi ultimi mesi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Mario Mantovani, ha facoltà di rispondere.

MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con riferimento all'interpellanza urgente Donadi n. 2-00220 (Nuova formulazione), è sotto gli occhi di tutti l'impegno del Governo per fare fronte alla crisi economica che ha colpito le economie mondiali. In particolare, oltre, naturalmente, agli interventi a sostegno delle famiglie e delle imprese, l'impulso alla realizzazione delle infrastrutture è visto, in quest'ottica, come un volano essenziale per il rilancio dell'economia nazionale.
Proprio in questi giorni si sono susseguiti e sono programmati importantissimi momenti decisionali, per definire non solo le risorse da destinare alle infrastrutture, ma anche proprio quegli interventi che dovranno avere la priorità, così come viene richiesto dagli onorevoli interpellanti. Nella sua prossima riunione, il CIPE dovrebbe assegnare le risorse per la realizzazione di interventi infrastrutturali strategici: un volano di risorse pari a 7,3 miliardi di euro e che, per il 15 per cento, sarà destinato ad interventi del centro-nord del Paese. Tali risorse costituiscono proprio parte integrante di quel Piano fonti-impieghi che il Governo ha esposto nell'allegato infrastrutture al DPEF 2009-2013.
Come ricorderanno gli onorevoli colleghi, il DPEF 2009-2013 prevedeva esigenze finanziarie per opere da cantierare nel prossimo triennio, pari a circa 44 miliardi di euro, dei quali 14 a valere su risorse pubbliche statali e 30 a valere su risorse comunitarie e private. Tale piano e tali esigenze, tra l'altro, davano continuità al processo di infrastrutturazione organica del Paese avviato nella legislatura 2001-2006 e che aveva consentito, proprio grazie allo strumento della legge obiettivo, l'approvazione, da parte del CIPE, di progetti per un valore globale di 115,5 miliardi di euro, 89 miliardi dei quali oggetto di approvazione dal 2002 fino ad aprile 2006. Di tali progetti sono stati appaltati e/o cantierati, ad oggi, interventi per circa 58 miliardi di euro.
In merito al programma di 44 miliardi, si precisa che attraverso tali risorse si darà continuità agli assi ferroviari ad alta velocitàPag. 55e ad alta capacità Milano-Verona-Trieste e Milano-Genova, alle reti autostradali ubicate sul Corridoio Torino-Milano-Trieste e sul Corridoio Berlino-Palermo, come all'asse Salerno-Reggio Calabria e all'asse ionico. Si darà continuità alla realizzazione del Mose a Venezia, alle reti metropolitane nelle grandi aggregazioni urbane ed al ponte sullo Stretto di Messina.
Il Dicastero delle infrastrutture e dei trasporti ha già definito un quadro di interventi da attivare proprio nel prossimo anno 2009: un programma che, come già annunciato, è pari ad un importo di 16,6 miliardi di euro. Tale programma, dopo il CIPE di domani, ossia dopo l'inserimento delle risorse provenienti dai fondi FAS, sarà sottoposto all'esame di uno dei prossimi CIPE e consentirà, quindi, l'avvio della prima tranche del programma di 44 miliardi di euro.
Penso vada riconosciuto al Governo e al Ministro Matteoli un approccio corretto e programmatico, in quanto legato non a programmi faraonici e teorici, ma coerente alle reali esigenze finanziarie e, soprattutto, capace di garantire nel 2009 - un anno, come detto all'inizio, caratterizzato da una pesante crisi economica - una crescita del PIL pari allo 0,7 per cento.
Ritengo, quindi, non accettabile la critica sollevata dall'onorevole Donadi nei confronti del Governo. Il Governo, onorevole Donadi, non «promette la realizzazione di opere ciclopiche, inutili ed irrealizzabili», ma è impegnato a costruire un'offerta infrastrutturale capace di ridimensionare il forte gap che questo Paese ha nei confronti degli altri Paesi dell'Unione Europea: un gap che incide in modo rilevante sul costo dei trasporti e, quindi, rende non competitive le nostre attività produttive.

PRESIDENTE. L'onorevole Misiti ha facoltà di replicare.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, devo dire che conoscevo questo tipo di risposta e certamente non posso non convenire che c'è uno sforzo di andare nella direzione auspicata da noi che interpelliamo il Governo. Tuttavia, per esempio, non ho sentito parlare soprattutto di due questioni. Come si può pensare di avviare queste opere senza dire, per esempio, in quali opere interviene il finanziamento privato nella costruzione di opere pubbliche? C'è nel quadro generale, ma si sono citati il Corridoio 5 e il Corridoio 1. C'è la possibilità di interventi di fondi privati per realizzare il quadruplicamento ferroviario Salerno-Palermo o si tratta soltanto di un adeguamento della vecchia ferrovia e della vecchia autostrada, che peraltro è l'unico tratto nel Mezzogiorno dove deve andare l'85 per cento dei fondi FAS? È l'unico tratto che non viene quadruplicato, perché fino a Napoli o forse fino a Salerno si quadruplica e speriamo che si quadruplichi il tratto Napoli-Bari, visto che è in costruzione la ferrovia, ma non si dice nulla, si parla soltanto genericamente.
Credo che la risposta avrebbe dovuto chiarire che non si tratta di un quadruplicamento ferroviario o di altra attività, ma che è soltanto un adeguamento della vecchia linea ferroviaria, che sappiamo essere africana e non europea. Quindi, intendo dire che c'è qualcosa di nuovo in senso lato, perché evidentemente si cerca giustamente di seguire l'Europa. Noi collaboreremo anche per quello che si annuncia di fare, ma riteniamo che il Mezzogiorno non possa essere depauperato.
L'altra questione che mi aspettavo fosse trattata era quella relativa al come sostenere gli investimenti degli enti locali e delle regioni, perché - parliamoci chiaro - una percentuale molto alta di opere pubbliche sono piccole e medie, quindi è lì che bisogna aiutare questi enti a lavorare, per far sì che ci siano nuove opere pubbliche e che possa crescere il PIL. Altrimenti, quello 0,7 per cento è un'utopia. Lo 0,7 per cento, che avevo sentito anche in dichiarazioni rese alla stampa, non ho capito bene se è un numero assoluto o è uno 0,7 in più rispetto allo zero. Si supererebbe, quindi, lo zero con uno 0,7 in più, con una crescita del PIL, oppure è soltanto un contributo al PILPag. 56dello 0,7 per cento? Se è un contributo al PIL, lo 0,7 per cento è poca cosa, perché in genere le opere e i lavori pubblici incidono per l'11 per cento sul PIL. Se invece si tratta di un delta (più dello zero), è chiaro che si tratta di nuove opere. Le nuove opere, però, opereranno sul PIL fa quattro o cinque anni, non possono operare l'anno prossimo. Se si tratta soltanto di continuare dei cantieri aperti non crescerà un bel nulla.
Quindi, chiederei al Governo di approfondire questi aspetti e di informare il Parlamento più nel dettaglio rispetto alla risposta di oggi, dove c'è un quadro che apprezzo (apprezzo anche lo sforzo che si fa), ma è necessario andare nel merito, senza pensare a polemiche. Se ha notato, c'è stata una riformulazione molto precisa dell'interpellanza, che non reca più i giudizi cui lei faceva riferimento, ma è molto più costruttiva rispetto alla situazione, perché ci rendiamo conto che tutti dobbiamo collaborare per il bene del Paese.

(Vicenda della concessione demaniale rilasciata dall'autorità portuale di Bari alla società Bari Porto Mediterraneo - n. 2-00233)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Cagno Abbrescia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00233, concernente la vicenda della concessione demaniale rilasciata dall'autorità portuale di Bari alla società Bari Porto Mediterraneo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, le motivazioni che hanno convinto me, unitamente al collega cofirmatario, a presentare l'interpellanza urgente sulla situazione di conflittualità in atto tra l'autorità portuale di Bari e la società Bari Porto Mediterraneo sono dettagliatamente riportate nella nostra interpellanza urgente, per cui attendo la risposta dell'onorevole sottosegretario, riservandomi in sede di replica di esprimere ulteriori approfondimenti.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Mario Mantovani, ha facoltà di rispondere.

MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli interpellanti segnalano la problematica, peraltro già evidenziata, nell'altro ramo del Parlamento, dal senatore Nicola Latorre, nell'interrogazione a risposta scritta n. 4 - 00325, pubblicata nell'allegato B al resoconto stenografico della seduta n. 37, del 15 luglio scorso, relativa alla concessione demaniale n. 3 del 2004 rilasciata dall'autorità portuale di Bari alla società Bari Porto Mediterraneo Srl, cui il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti aveva dato risposta il 4 agosto 2008 sulla base dei dati forniti dall'autorità portuale di Bari.
Con la presente interpellanza sono state invece sottoposte all'attenzione del Ministero una serie di osservazioni, che porterebbero a considerare l'infondatezza degli elementi forniti dalla stessa autorità portuale in merito alla ricordata interrogazione a risposta scritta. Ed invero, sull'argomento, la stessa società Bari Porto Mediterraneo ha fornito al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti una serie di dati e di chiarimenti, secondo i quali sarebbe confermata la mancata obiettività sulla realtà dei fatti così come a suo tempo esposti dall'autorità portuale.
In particolare, i fatti che vengono rappresentati dall'interpellanza presentata dai deputati Di Cagno Abbrescia e Bocchino hanno messo in luce alcuni aspetti che non potranno non essere oggetto di attenzione. Si ricordano i seguenti punti di rilievo: l'Autorità portuale detiene il 30 per cento delle azioni della società Bari Porto Mediterraneo; nel Piano operativo triennale 2007-2009 l'autorità portuale di Bari ha legittimato le procedure di legge adottate per la costituzione della Bari Porto Mediterraneo proponendo di riportarla nel nuovo progetto, incluso nel medesimo Piano, alla sua natura di società, così come costituita ai sensi del comma 5 dell'articolo 23 della legge n. 84 del 1994: fatto quest'ultimo che ha consentito di collocarePag. 57presso di essa il personale in esubero dell'autorità Portuale, come da accordo sindacale del 5 dicembre 2004, e di non procedere all'affidamento dei servizi secondo le modalità di cui all'articolo 6, comma 5, della citata legge n. 84 del 1994. L'attuale presidente dell'autorità portuale di Bari ha rivestito, dal giugno del 2006 al giugno del 2007, il ruolo di presidente della società Bari Porto Mediterraneo; il presidente dell'autorità portuale, nel dicembre 2007, con riferimento al predetto progetto sull'evoluzione della Bari Porto Mediterraneo, ha chiesto la convocazione dell'assemblea dei soci della società per discutere sulla «Proposta relativa alla trasformazione della Bari Porto Mediterraneo da S.r.l. in S.p.a. e alle conseguenti modifiche statutarie»; nell'ambito della medesima assemblea si deliberava di rinviare la decisione definitiva, a seguito dell'elaborazione di un opportuno studio di fattibilità tecnico, economico-finanziario e legale. Successivamente, l'autorità portuale, al fine di verificare gli aspetti di natura giuridica legati alla costituzione della medesima società, nonché l'affidamento della concessione demaniale, entrambi avvenuti nel 2004, ad opera del precedente presidente dell'autorità portuale, ha chiesto un parere all'avvocatura distrettuale dello Stato di Bari; nell'ottobre 2008 la stessa avvocatura dello Stato ha trasmesso all'autorità portuale il parere richiesto; a valle del suddetto parere in merito al quale, in relazione ai fatti legati alla decisione da parte del comitato portuale di far ricorso a forme di autotutela, l'avvocatura ha sollevato aspetti di non idoneità e, comunque, da trattare con cautela, il presidente dell'autorità portuale ha indotto il Comitato portuale ad aprire un procedimento in tal senso, per l'annullamento d'ufficio delle delibere istitutive della Bari Porto Mediterraneo, con il rischio di sconvolgere l'attuale assetto organizzativo dei servizi passeggeri nello scalo barese, e per di più esporre l'autorità portuale, e conseguentemente l'erario, alle inevitabili richieste risarcitorie da parte dei soci della Bari Porto Mediterraneo.
Alla luce di quanto sopra esposto, nell'atto cui si risponde, ed ai fini di accertare e valutare tutti gli aspetti sollevati relativamente alle questioni in argomento, affinché la situazione di evidente conflitto tra l'autorità portuale e la Bari Porto Mediterraneo possa trovare adeguate soluzioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intende istituire una commissione ministeriale, con i compiti di accertamento e verifica dei dati e di tutta la documentazione allo scopo già acquisita dal Dicastero, nonché di avvio di ogni altra attività ispettiva ritenuta necessaria dalla stessa commissione, la quale riporterà le risultanze delle proprie indagini al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le valutazioni di competenza.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Cagno Abbrescia ha facoltà di replicare.

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi ritengo soddisfatto della risposta con cui il Governo, in particolare il Ministero interpellato, intende verificare e accertare le ragioni dell'evidente conflitto che, ormai da diversi mesi, è in atto nel porto di Bari tra l'autorità portuale e la società Bari Porto Mediterraneo, che potrebbe avere come unico e negativo effetto quello di depotenziare e addirittura paralizzare l'intera attività del porto di Bari, con il rischio di evidenti e serie ripercussioni sul piano occupazionale e gestionale.
Infatti, la contrapposizione tra due soggetti che, essendo funzionalmente complementari, dovrebbero essere collaborativi con l'unico scopo di sviluppare le attività e i traffici merci e passeggeri del porto di Bari, in realtà impedisce per lo scalo marittimo barese qualsiasi possibilità di crescita e di sviluppo, ponendo in serio pericolo l'operatività del porto stesso e l'immagine del porto di Bari sul piano internazionale.
Aggiungo che quanto sta accadendo al porto di Bari, con riferimento alla suddetta situazione di evidente contrasto tra l'ente portuale e la società Bari Porto Mediterraneo, impedisce il potenziamentoPag. 58dello scalo marittimo di Bari e sta creando notevoli difficoltà tra gli operatori portuali, alimentando inoltre una serie di incertezze sul futuro che rischiano di penalizzare l'intera attività del porto di Bari. Vi sono infatti alcune note, tra cui quella di una società che opera nel porto di Bari che testualmente, rivolgendosi all'autorità portuale stessa e, per conoscenza, alla Bari Porto Mediterraneo, si conclude dicendo: non vogliamo essere coinvolti in diatribe tra voi e la spettabile BPM e vi preghiamo in futuro di usare un tono diverso, visto che operiamo nel porto di Bari da circa quaranta anni e mai nessuno ci ha considerati, a nostro avviso, come ultima ruota del carro. Fino al 2005, sottosegretario, il porto di Bari ha rappresentato una delle eccellenze della polifunzionalità nel Mezzogiorno, strategico nei corridoi adriatici attraverso la creazione di infrastrutture e di servizi per l'accoglienza passeggeri. Infatti, sia la realizzazione delle opere marittime compiute dalla precedente gestione portuale, sia l'armonia che si registrava all'interno del porto tra operatori del settore e lo stesso ente portuale (ma, direi anche le sinergie che si erano create tra il porto e le varie componenti della città e della regione), avevano contribuito a sviluppare positivamente l'intera area portuale. Il piano infrastrutturale avviato all'epoca riuscì ad evitare il congestionamento e la saturazione del traffico, sia passeggeri che merci, assicurando la funzionalità dello scalo per tutte le tipologie di traffico e qualificando il porto di Bari sotto il profilo dell'assistenza ai passeggeri e dell'ordinato flusso dei mezzi pesanti in maniera rilevante e competitiva.
Molti imprenditori sceglievano il porto di Bari per i servizi che offriva. Il quadro che, invece, caratterizza la situazione esistente, l'attuale situazione del porto di Bari, evidenzia una direzione in netta controtendenza rispetto alle linee programmatiche e, soprattutto, ai brillanti risultati, che la precedente gestione dell'autorità portuale di Bari aveva conseguito sotto il profilo degli investimenti infrastrutturali e finanziari (quegli investimenti i cui benefici, anche a livello di percentuale di crescita, si realizzano ancora oggi). Noi siamo preoccupati che questo trend di crescita, a causa di mancati investimenti, non possa avvenire per il futuro, non possa proseguire nel futuro. L'auspicio è che l'attuale gestione dell'autorità portuale, anziché concentrarsi su iniziative legate a contenziosi, o ad atti di revoca, che certamente non favoriscono la crescita e lo sviluppo dello scalo marittimo barese, né tanto meno l'armonia tra operatori portuali e le attività che essi svolgono, centralizzi la propria attività con maggiore efficacia sullo sviluppo infrastrutturale, negli ultimi anni abbandonato. Conseguentemente, mi preme sottolineare l'attenzione e la sensibilità del Governo, in particolare del Ministro - che ringrazio anche per suo tramite, signor sottosegretario Mantovani -, per l'iniziativa posta in essere di istituire una commissione ministeriale volta a verificare e ad accertare in maniera approfondita, e soprattutto super partes, tutte le questioni problematiche poste nella nostra interpellanza, in particolare, sottolineando la gravità dell'avvio di quel procedimento di autotutela che il comitato portuale vuole porre in essere per l'annullamento degli atti delle concessioni demaniali nei confronti della Bari Porto Mediterraneo. Si tratta di concessioni che rappresentano l'unica ragione di esistere della società stessa, che ha svolto, fino ad oggi, un ruolo di pregevole rilevanza per lo sviluppo del porto, come riconosciuto - come lei stesso ha ricordato - anche dalla stessa autorità portuale in documenti ufficiali quali il piano operativo 2007-2009. Pertanto, alla luce di quanto stabilito dal Ministero interpellato, mi preme chiedere, con cortese sollecitudine, la costituzione della commissione ministeriale che avrà l'importante compito di svolgere, nell'ambito delle sue funzioni anche ispettive, l'accertamento dei fatti riportati nella nostra interpellanza, al fine di dirimere le controversie in atto nel porto di Bari, accertando quanto disposto.
Infine, signor sottosegretario, è importante ribadire come l'avvio del procedimento di autotutela da parte dell'autoritàPag. 59portuale andrebbe congelato in quanto rischierebbe di arrecare gravissimi danni, non soltanto sul piano economico, per l'intera area portuale, e conseguentemente per la città di Bari, ma anche sul piano occupazionale, in quanto la revoca delle concessioni di fatto annullerebbe qualsiasi prospettiva futura sia per la Bari Porto Mediterraneo, sia per i moltissimi operatori portuali, ed avrebbe un impatto devastante per l'intera gestione dell'attività dei servizi portuali. In questo senso, anche la stampa locale riporta: «autorità portuale contro B.P.M.; il Partito democratico auspica la mediazione». E, infatti, il segretario cittadino del Partito Democratico sostiene che un tavolo di mediazione, nell'interesse della città e dei baresi, va promosso immediatamente, subito dopo l'avvio del procedimento per l'annullamento della concessione relativa alla gestione delle stazioni marittime e dei servizi di supporto ai passeggeri del porto di Bari. Anche un consigliere comunale dell'Italia dei Valori ha percepito il sempre più diffuso, e ormai insostenibile, malcontento che rischia di esplodere in un inutile, quanto dannoso, conflitto tra presidenza dell'autorità portuale e la società che gestisce i servizi portuali.
Quindi in definitiva le confermo la mia soddisfazione per la risposta da lei ricevuta, auspicando una celere indagine della commissione e una conseguente rapida soluzione delle controversie esistenti, con i riscontri che la commissione dovrà compiere affinché si possa finalmente rilanciare lo sviluppo e la crescita del porto di Bari componente importantissima della crescita della città.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Pagano n. 2-00204)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente n. 2-00204 dell'onorevole Pagano, riguardante intendimenti del Governo in relazione all'istituzione di zone franche urbane in Sicilia. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.

(Iniziative in relazione agli effetti del piano di rilancio di Alitalia presentato da CAI con riguardo allo scalo aeroportuale di Palermo - n. 2-00219)

PRESIDENTE. L'onorevole Siragusa ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00219, concernente iniziative in relazione agli effetti del piano di rilancio di Alitalia presentato da CAI con riguardo allo scalo aeroportuale di Palermo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ALESSANDRA SIRAGUSA. Signor Presidente, con l'interpellanza in esame si intende richiedere l'intervento del Governo su una situazione molto grave che si sta creando intorno allo scalo aeroportuale di Palermo per quanto riguarda la vicenda del passaggio da Alitalia alla CAI. Infatti nel piano di rilancio cosiddetto di CAI l'aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo non è neanche citato, e tale piano di fatto declassa lo scalo aeroportuale. Questo comporta problematiche assai serie che riguardano da una parte questioni occupazionali e dall'altra anche le possibilità di sviluppo della nostra isola, in particolare nella parte occidentale.
Non è una situazione che stiamo denunciando solo noi e su cui noi soli abbiamo chiesto un intervento. Cito per tutti il vicepresidente della regione siciliana, l'onorevole Bufardeci, che ha annunciato stamattina che intende incontrare i vertici di CAI all'inizio della prossima settimana. Cito il presidente della provincia di Palermo, del PdL, Giovanni Avanti, che ha riunito i sindaci dei comuni della provincia invitando anche il Presidente Schifani alla riunione. Cito anche lo stesso Presidente Schifani il quale è intervenuto con una nota in cui sottolineava la preoccupazione per la sorte dello scalo palermitano e l'augurio che il Governo intervenisse perché CAI non attuasse il declassamento previsto.Pag. 60
Si ipotizza che tale declassamento riduca i tredici voli attualmente previsti - dico attualmente perché i voli Alitalia sono diminuiti di numero già da adesso - ad otto, fino a farli arrivare soltanto a quattro, con una ricaduta occupazionale assai grave, perché parliamo di 160 posti di lavoro che andrebbero ad incidere su un organico di 174 dipendenti a tempo indeterminato e di 46 lavoratori precari. Quindi si avrebbero soltanto 60 lavoratori che potrebbero permanere, oltre ad alcuni addetti al settore commerciale e ai lavoratori addetti alla manutenzione. Inoltre vi sarebbe una gravissima incidenza sull'indotto stimabile al doppio del numero dei tagli sul personale diretto.
Devo aggiungere che, al di là del fatto già pesantissimo delle problematiche occupazionali, il declassamento dell'aeroporto di Palermo comporta di fatto uno stop ad ogni possibilità di sviluppo economico e turistico della parte occidentale dell'isola. Non devo infatti ricordare in questa Aula che la Sicilia è pressoché priva di infrastrutture, e che se un turista che atterra a Catania vuole poi recarsi ad Erice ci mette quindici ore di treno e circa dieci ore di pullman. Allora il declassamento dell'aeroporto di Palermo - in un momento in cui peraltro all'aeroporto di Trapani si effettuano alcuni voli ma naturalmente in modo assai meno rilevante che in quello di Palermo - comporterebbe un blocco molto forte della possibilità di sviluppo economico e dell'efficienza dei servizi.
Accanto a questo aspetto e connesso a questa problematica vi è la questione del call center di Alitalia che - ricordo - nasce con una delibera CIPE del 4 agosto 2000 che finanzia la costituzione di un call center polifunzionale a Palermo da parte della 7C Italia Spa (come allora si chiamava la proprietà) con un investimento complessivo di circa 30 miliardi, di cui 13 di finanziamento nazionale, e che prevedeva un incremento occupazionale di mille e 400 unità.
Il call center, istituito con delibera CIPE e quindi con finanziamenti pubblici, avrebbe avuto - così recita la delibera - tra i suoi primi clienti appunto Alitalia. Alitalia mantiene una partecipazione nel call center Alicos, a cui 7C è subentrata in anni recenti, precisamente ha iniziato ad essere operativo nel maggio 2001, ma Alicos è subentrato per il 60 per cento di 7C nel 2003.
Questo call center, come dicevo, ha cominciato a funzionare nel maggio 2001, dovendosi occupare in un primo momento solo di prenotazioni. Tuttavia la professionalità e la qualità degli operatori palermitani ha fatto sì che, oltre alle prenotazioni nazionali ed internazionali, venissero via via gestiti anche servizi come la biglietteria, il servizio millemiglia, i passeggeri VIP, le aziende, il cargo, il lost & found, il back office, insomma tutto ciò che veniva svolto dal personale di terra Alitalia in tutte le sedi del mondo.
Quindi, in questo momento la preoccupazione fortissima degli operatori di Alicos e di tutti noi è che un grande investimento, anche effettuato nel 2000 con fondi pubblici, venga ad essere chiuso ed annullato dal fatto che CAI potrebbe - e su ciò non vi è alcuna sicurezza - rivolgersi non più al call center Alicos (di cui in questo momento come dicevo Alitalia è comproprietaria, seppur in parte, ma soprattutto il call center Alicos vive per la maggior parte delle commesse di Alitalia), ma orientarsi ad utilizzare call center di altre compagnie (penso per esempio, senza andare troppo lontano, a quello di Air One).
Ciò causerebbe naturalmente un gravissimo problema occupazionale nella città di Palermo, che tanto è stata colpita e ancora sta per essere colpita da fatti diversi, anche scelte del Governo (come ad esempio quelle che riguardano la scuola, ma anche molte altre). Quindi, la preoccupazione viva non soltanto dei firmatari dell'interpellanza, ma come ho detto anche degli amministratori locali, del Presidente del Senato e della presidenza della regione è quella che il declassamento dello scalo di Palermo, il piano CAI e quindi anche le sorti di Alicos danneggino gravemente, se il Governo non interverrà a porre chiarezza e ad incentivare e convincere CAI aPag. 61farsi carico di queste problematiche, e possano porre la città di Palermo in una situazione gravissima, sia dal punto di vista occupazionale sia dal punto di vista dell'efficienza dei servizi e di possibile sviluppo economico.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Mario Mantovani, ha facoltà di rispondere.

MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, rispondo all'interpellanza urgente n. 2-00219 dell'onorevole Siragusa. Gli onorevoli interpellanti, con riferimento al piano di rilancio della compagnia Alitalia presentato dalla CAI, lamentano la futura penalizzazione della città di Palermo, a causa del previsto ridimensionamento del predetto scalo.
Al riguardo, si sottolinea innanzitutto che il piano industriale di CAI è attualmente oggetto di esame da parte del commissario straordinario per Alitalia, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Il piano di rilancio della nuova Alitalia si fonda sulle seguenti linee direttrici: un nuovo assetto proprietario, rispetto al quale lo Stato è completamente estraneo; la definizione di un nuovo perimetro aziendale composto da una parte delle attività di Alitalia e di Air One; la definizione di forti accordi con vettori europei; il rinnovamento del management; un netto incremento della produttività, favorendo le rotte nazionali.
Il predetto piano industriale è stato elaborato a partire da una situazione aziendale fortemente compromessa ed in una congiuntura di mercato attualmente molto difficile; inoltre, è stato predisposto su un modello di business sostenibile nel medio-lungo periodo, puntando pertanto su alcune ineludibili azioni di recupero dell'efficienza economico-finanziaria, quali un drastico snellimento della struttura del personale, ovvero riduzione del personale e contratti di lavoro meno onerosi, e su un incremento della produttività aziendale attraverso un nuovo sistema organizzativo, fondato su sei basi operative, considerati i sei aeroporti principali, che sono Roma, Milano, Torino, Napoli, Venezia e Catania.
L'intera operazione è tuttora sottoposta ad una serie di adempimenti e verifiche, non ultime quelle relative alla definizione di un accordo con il partner internazionale. Pertanto, le questioni poste con la presente interpellanza appaiono premature, anche tenendo conto che il piano Alitalia-CAI fornisce per ora un quadro generale di intervento, senza entrare nello specifico dettaglio.
A proposito dello scalo di Palermo, il Ministero del lavoro segnala di essere stato interessato dalle procedure di cassa integrazione straordinaria riguardanti le aziende del gruppo Alitalia, ma di non essere a conoscenza delle ricadute sullo scalo aeroportuale palermitano del piano di rilancio Alitalia-CAI, né di essere stato interessato dalla vicenda del call center Alicos.
Il Ministero dello Sviluppo Economico seguirà, comunque, in modo attento l'evoluzione del piano di rilancio presentato dalla nuova compagnia nazionale privata di bandiera CAI, rendendosi disponibile fin da ora ad affrontare le problematiche segnalate dagli onorevoli interpellanti sull'ipotizzato ridimensionamento dello scalo di Palermo.
L'obiettivo sarà quello di individuare ogni possibile soluzione affinché questa importante realtà produttiva possa cominciare ad operare e a rappresentare il Paese, come tutti auspichiamo, nel modo migliore, anche e soprattutto nella salvaguardia dei livelli produttivi e occupazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Antonino Russo, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ANTONINO RUSSO. Signor Presidente, noi senz'altro siamo insoddisfatti, intanto perché non so come si possa definire prematura un'interpellanza di questo tipo quando sono quindici giorni che aspettiamo. Mi pare che i problemi siano pressanti; piuttosto, è strano vedere che ilPag. 62Governo ancora non sia a conoscenza delle intenzioni di CAI e ci dica che il piano è ancora sottoposto all'attenzione del commissario.
Credo che i risvolti di questa operazione avrebbero dovuto essere chiari già all'inizio, seppure non in tutti i particolari, ma una maggiore completezza di informazioni avrebbe potuto esserci almeno su questo punto. Non stiamo parlando di un aeroporto di quelli definiti «sotto casa» da un articolo pubblicato ieri su Libero: stiamo parlando di un aeroporto che serve un'area territoriale in cui insistono circa tre milioni di abitanti e che si trova nella regione più estesa del Paese. Tagliare la stragrande maggioranza dei voli, tagliare 160 unità su 174 di personale significa, sostanzialmente, cancellare un aeroporto e tutto questo con ricadute anche sul possibile sviluppo e sull'implementazione del settore turistico.
Tutto ciò, però, pare non interessare al Governo e l'operazione è stata compiuta. È stato detto che lo Stato è estraneo, però c'è un piccolo particolare, signor sottosegretario: lo Stato è estraneo, ma ha fatto un grande regalo alla cordata CAI che costerà circa tre miliardi di euro agli italiani. Tra questi italiani ci sono anche quelli che insistono in quella zona: oltre al danno, quindi, la beffa e anche per questo siamo assolutamente insoddisfatti.
Credo che si debbano attivare tutte le istituzioni, a partire dal Governo, perché si possa condizionare - uso questo termine perché ne sono convinto - CAI nella definizione del proprio progetto in rapporto all'aeroporto di Palermo. Non è scritto da nessuna parte che questo aeroporto, in prospettiva, sia secondario nella stessa Sicilia dove, fondamentalmente, ci sono due aeroporti. Apprezzo che fra i sei aeroporti strategici sia stato considerato quello di Catania, ma bisogna sapere che l'aeroporto di Palermo vanta un numero di passeggeri annui di qualche decina di migliaia di unità in meno su un milione e mezzo circa. Lo ripeto, è il capoluogo della regione più vasta d'Italia dal punto di vista territoriale.
Pertanto, l'unica cosa che posso apprezzare è la volontà in prospettiva di tenere conto del problema e di attivarsi. Credo, tuttavia, che sia necessario fare di più in questi giorni, a partire dal personale di Alitalia, perché è impossibile accettare che si taglino 160 unità su 174. Vi è un problema sociale e spero che vi sia la sensibilità di capirlo.
Il secondo aspetto dell'interpellanza urgente riguarda Alicos, il call center che ha circa 1300-1400 dipendenti. Era partito come piccola realtà, ma adesso, proprio per la professionalità dimostrata dai giovani lavoratori e dalle giovani lavoratrici, si è sviluppato, e lì si svolgono gran parte dei servizi di Alitalia e di Aeroporti di Roma (insieme ad altri servizi della stessa natura). Al momento, non si sa quasi nulla. L'unica cosa di cui siamo certi è che, al termine di diverse riunioni, sono stati espressi giudizi lusinghieri.
È del tutto evidente che, in questa fase preoccupante, i giudizi lusinghieri non sono sufficienti per chi vive il dramma del rischio della perdita di lavoro. Proprio su questo aspetto, che colpisce fondamentalmente il numero maggiore di lavoratori, chiediamo un'accelerazione per sapere quali siano le intenzioni e se CAI voglia continuare ad assegnare tali servizi ad Alicos. Questa società, infatti, è stata già colpita da Alitalia, perché vanta crediti per più di sette milioni di euro, comportando dei ritardi nei pagamenti degli stipendi ed anche altre preoccupazioni. Inoltre, lo Stato ha già pagato, affinché questo personale fosse stabilizzato: nel 2007, grazie alla cosiddetta circolare Damiano, più di mille LAP, cioè lavoratori a progetto, sono stati stabilizzati. Quindi, non possiamo perdere anche questo investimento che lo Stato ha realizzato, oltre alla professionalità di cui parlava in precedenza l'onorevole Siragusa, che non è altro che il frutto di quanto, in questi giorni rispetto ad Alicos, è stato detto tra i sindacati, CAI e il commissario Fantozzi.
Pertanto, raccomandiamo al Governo il massimo dell'attenzione, perché - lo ripeto - l'aeroporto di Palermo non è l'ultimo aeroporto o un aeroporto sottoPag. 63casa di qualcuno che ha un capriccio particolare: è un aeroporto importante per lo sviluppo di una regione, che non può vedere ulteriormente tagliata un'infrastruttura importantissima come questa e che non può sopportare un pesantissimo taglio come quello che si rischia di avere. Quindi, da parte nostra vi è la massima collaborazione affinché Alitalia riparta, ma non può ripartire sulle spalle dei lavoratori, non può ripartire con tagli pesantissimi su una porzione importante del territorio del Paese, mentre in altri territori si immagina di investire ulteriormente.

(Misure a favore dei lavoratori delle saline di Margherita di Savoia - n. 2-00224)

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00224, concernente misure a favore dei lavoratori delle saline di Margherita di Savoia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Mantovani che è qui presente per rispondere a questa interpellanza urgente che ho presentato al Governo, rispetto alla quale sono intervenute delle modifiche e sono accaduti dei fatti che hanno cambiato sostanzialmente, oggi, la mia richiesta. Tuttavia, resta una questione fondamentale e vorrei interessare anche il Presidente Leone, che conosce molto bene le saline di Margherita di Savoia.
In sostanza nella mia interpellanza - presentata a fronte del commissariamento dei vertici delle saline di Margherita di Savoia, avvenuto in seguito all'intervento dell'autorità giudiziaria di Trani - avevo chiesto al Governo di interessarsi dei livelli occupazionali delle saline che, in precedenza di proprietà dello Stato, erano state, alcuni anni fa, vendute ai privati. I lavoratori impiegati nelle saline erano 600 ai tempi in cui erano di proprietà dello Stato, oggi sono invece 114. Mi ero interessata della problematica perché l'accertamento di alcune attività non del tutto trasparenti ed il conseguente commissariamento avrebbero sicuramente messo a rischio i lavoratori (che sono diventati 114, come abbiamo detto, rispetto ai 600 di alcuni anni fa): per tale motivo avevo interpellato il Governo per sapere se avesse interesse a capire, tra l'altro, se fossero state attivate alcune modalità di intervento, allo scopo di evitare il licenziamento dei lavoratori. Perché mi rivolgo anche all'onorevole Leone? Le saline di Margherita di Savoia sono le più grandi d'Europa; si trovano all'interno della più grande zona umida d'Europa, nella quale si riproducono i fenicotteri rosa. Quindi, dal punto di vista ambientalistico e naturalistico, sono un vero fiore all'occhiello. Lo ripeto: si tratta delle saline più grandi d'Europa e, pertanto, dal punto di vista ambientale, dell'estrazione del sale, delle acque termali, dei fanghi e delle acque madri sono veramente un fiore all'occhiello e potrebbero diventarlo anche dal punto di vista occupazionale. Potrebbero, inoltre, diventare un importante punto di riferimento turistico e di sviluppo non solo della regione, ma di quell'area in particolare in cui non vi sono grandi attività produttive. La precedente gestione è stata messa in discussione (in realtà oggi il commissariamento è stato revocato ed è stata concessa agli amministratori una proroga di due mesi di tempo per capire come gestire la salina). Mi domando perché un luogo, che, come vi ho appena spiegato, è unico in Italia e in Europa, perché queste saline e questa zona umida non vengano sfruttati sotto ogni punto di vista. Chi conosce le saline di Margherita di Savoia? Lo domando anche all'onorevole Leone che ben le conosce, perché è pugliese. Nessuno, perché non vengono sfruttate. Il termine «sfruttate» è una brutta parola, però ripeto, dal punto di vista ambientale e turistico (infatti possiedono delle acque termali e dei fanghi incredibili) non vengono gestite e sfruttate nel modo migliore.
Siamo di fronte, oggi, all'utilizzo esclusivo della zona per l'estrazione del sale. Si contano 114 addetti, a fronte dei 600 di alcuni anni fa. Il tribunale di Bari haPag. 64revocato il precedente commissariamento e ha concesso due mesi di proroga agli amministratori. Chiedo comunque al Governo di monitorare la situazione. Mi domando - lo ripeto - perché non venga sfruttato un patrimonio naturalistico, ambientale e produttivo molto valido e sicuramente «sfruttabile» (lo dico tra virgolette, perché la parola è brutta) molto di più di quanto non venga fatto, anzi in alcuni casi non viene affatto sfruttato, dal comune di Margherita di Savoia, che è socio, pro quota, di Atisale Spa e delle saline; inoltre, nonostante tutto, non si riesce a sviluppare un'attività economica importante in una zona dove - in particolare nel comune di Margherita di Savoia - l'unica attività produttiva è quella inerente l'estrazione del sale.
La mia richiesta al Governo è pertanto cambiata rispetto a quella originale, perché attualmente non è più incombente il commissariamento che è stato revocato. Chiedo comunque al Governo di monitorare con attenzione la situazione delle saline e di valutarne il possibile indotto, nell'ipotesi in cui fossero sfruttate al meglio.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Mario Mantovani, ha facoltà di rispondere.

MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, mi accingo a rispondere all'interpellanza urgente n. 2-00224 dell'onorevole Carlucci ed altri in ordine alla crisi occupazionale delle saline di Margherita di Savoia.
Gli onorevoli interroganti, preoccupati dalla crisi della salina di Margherita di Savoia, chiedono l'intervento di misure da parte del Governo al fine di scongiurare pesanti ricadute occupazionali e garantire il reddito dei lavoratori.
Occorre preliminarmente ricordare che nel quadro del piano di riassetto dell'Ente Monopoli di Stato - e di conseguenza dell'Ente tabacchi italiano - il comparto produttivo del sale è stato incluso tra gli asset da privatizzare.
La concessione dello sfruttamento delle saline in questione, venne assegnata, per trenta anni, alla società Atisale, primo produttore italiano di sale di origine marina, ma presente anche nel mercato del sale cristallizzato. Tale società venne in seguito acquistata al 100 per cento, nel febbraio del 2003, dalla società Salapia Spa, di Margherita di Savoia (in provincia di Foggia), una delle saline in cui il sale viene lavorato.
La salina di Margherita di Savoia è la più importante salina marittima oggi esistente e operante in Europa. Questa, oltre ad essere un sito produttivo, è un'importante riserva naturale di popolamento animale e copre una zona di 4.500 ettari. Tale azienda occupa, come detto, 114 lavoratori.
Si segnala al riguardo che della vertenza in questione si è interessato il Comune di Margherita di Savoia, unitamente alle altre istituzioni locali. È ovvio che la situazione occupazionale e la salvaguardia dei livelli produttivi delle saline è molto importante per il territorio locale, essendo la loro attività strettamente legata ad interessi in vari settori: oltre a quello del sale, ricordo anche quello del termalismo, quello farmaceutico, quello edile e, non da sottovalutare, anche quello turistico.
Occorre segnalare che, sulla situazione delle saline di Margherita di Savoia, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali comunica che, da accertamenti svolti, non risulta che presso lo stabilimento in questione siano in corso iniziative per l'attivazione della cassa integrazione guadagni, né ordinaria né straordinaria, o procedure per riduzioni di personale. Anzi, è notizia di questi giorni che siano stati prorogati vari contratti a tempo determinato.
Comunque, ad oggi, non è pervenuta a questa Amministrazione alcuna richiesta di apertura di tavolo di crisi, né da parte della proprietà, né da parte delle organizzazioni sindacali e non si può configurare un intervento automatico da parte di questo Ministero.
Il Ministero dello sviluppo economico seguirà, comunque, in modo attento l'evoluzionePag. 65di questa vicenda, rendendosi disponibile, fin da ora, ad attivarsi su richiesta delle parti, al fine di affrontare le problematiche emerse, con l'obiettivo di individuare un percorso che consenta di superare l'attuale momento di difficoltà, verificando ogni possibile soluzione affinché questa importante realtà produttiva possa continuare ad operare nel territorio della provincia di Trani ed essere valorizzata.

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di replicare.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, ringrazio molto il sottosegretario. Ho spiegato che nel frattempo non si è più nella fase del commissariamento e vi sono, quindi, questi due mesi di proroga. Pertanto, in questo periodo svolgeremo un'attenta osservazione di ciò che avverrà e ritengo - lo ribadisco - che un luogo così privilegiato, come quello che vi ho appena descritto, meriti una maggiore visibilità e un migliore, anche se il termine è brutto, sfruttamento delle grandi potenzialità che ha al suo interno.
Ribadisco di essere contenta della risposta che ho ricevuto. Io stessa ed i colleghi pugliesi vigileremo nel corso di questi due mesi e torneremo, eventualmente, a sollecitare il Governo.

(Misure a tutela dei diritti dei lavoratori esposti all'amianto che hanno prestato la propria opera negli stabilimenti Eternit - n. 2-00222)

PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00222, concernente misure a tutela dei diritti dei lavoratori esposti all'amianto che hanno prestato la propria opera negli stabilimenti Eternit (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario Viespoli, con l'interpellanza che mi accingo ad illustrare in breve, i presentatori hanno voluto richiamare l'attenzione del Governo sullo scottante e drammatico problema dell'amianto e dell'esposizione a questo materiale, che hanno subito, negli anni, decine di migliaia di persone, sia negli stabilimenti per l'estrazione e lavorazione dell'amianto, sia lavorando con prodotti contenenti amianto.
Come è noto, l'amianto può causare malattie maligne e benigne, dopo una latenza che può durare molti anni. Nel caso delle malattie maligne, sappiamo che si tratta di tumori come il carcinoma broncogeno del polmone, comunemente indicato come cancro del polmone, e il mesotelioma della pleura, tanto per citare le principali patologie da amianto.
Signor Presidente, ogni vittima d'infortunio o malattia professionale è sempre una vittima di troppo. Le misure di protezione e prevenzione derivate dalla civiltà del diritto assegnano oggi importanza prioritaria alla tutela della salute delle persone che mettono le proprie competenze professionali, fisiche e intellettuali al servizio di un'impresa. Ecco perché bisogna ridurre ai minimi termini l'esposizione a rischi di infortunio o malattia professionale.
Purtroppo, non è stato sempre così e, fino all'inizio degli anni novanta e allorché molti Paesi hanno deciso di mettere fine alla lavorazione generalizzata dell'amianto, l'esposizione ha provocato gravissimi danni alla salute. Da quel periodo abbiamo ereditato un problema sanitario che in alcune aree geografiche assume caratteristiche drammatiche, nonché un'emergenza ambientale destinata a protrarsi nel tempo, soprattutto per lo smaltimento dei milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto sparse in tutta l'Europa.
Bisogna dire che, sotto questo profilo, siamo fortemente in ritardo rispetto agli obiettivi fissati dalla Conferenza nazionale sull'amianto tenuta a Monfalcone nel 2004. I quesiti che abbiamo posto al Governo con questa interpellanza urgente interessano due Paesi, l'Italia e la Svizzera, per una ragione semplice: gli stabilimenti di Cavagnolo e di Casal Monferrato, cosìPag. 66come di Niederurnen nel cantone Glarus in Svizzera, hanno un denominatore comune: appartengono tutti alla Eternit, di proprietà dello svizzero Stephan Schmidheiny e del barone belga Jean Louis Marie Ghislain.
Poche settimane fa, il pubblico ministero Raffaele Guariniello ha concluso l'inchiesta sulla Eternit, chiedendo il rinvio a giudizio per disastro doloso e omissione volontaria di misure antinfortunistiche dei vertici di questa azienda. Il proprietario della Eternit, Stephan Schmidheiny, dopo la succitata richiesta di rinvio a giudizio, ha lanciato, attraverso i propri legali, un'offerta di indennizzo individuale alle parti civili, vale a dire ai familiari delle vittime, consistenti in alcune decine di milioni da dividere tra coloro che avevano lavorato alla Eternit dal 1973 al 1986. L'offerta, che appare irrisoria, è inferiore anche ad analoga offerta presentata prima della conclusione dell'inchiesta.
Va ricordato che lo Stato italiano, per la sola bonifica di quell'area non ancora conclusa, ha speso finora oltre 50 milioni di euro. In pari tempo, la Suva (che è l'ente svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni), anche in conseguenza dell'inchiesta giudiziaria promossa contro l'Eternit per tutelare i lavoratori (e i parenti) morti per essere stati esposti all'amianto nella fabbrica Eternit di Niederurnen, nel cantone Glarus, ha lanciato nel 2006 una campagna di informazione con cui si propone di individuare i cittadini italiani rientrati nel frattempo in Italia che, anni fa, hanno lavorato alle dipendenze dello stabilimento glaronese di Niederurnen, oppure i loro parenti, se nel frattempo sono deceduti.
Questo dibattito in Svizzera è molto sentito e proprio lunedì scorso vi è stato un incontro binazionale Italia-Svizzera a Lugano, sia per tematizzare i temi appena accennati sulla individuazione dei cittadini italiani colpiti da malattia per esposizione all'amianto, sia per parlare alla presenza anche dei dirigenti del nostro ente italiano (INAIL), dei problemi di Casale Monferrato.
Con questa interpellanza urgente chiediamo al Governo anzitutto come intenda tutelare i cittadini italiani dell'area di Casal Monferrato, tenendo conto che l'equazione tra osservati e attesi (che sarebbero le stime che si attendono in termini di malattia professionale) sono 24 volte superiori a quanto si riscontra in altre aree. Ci sono drammi familiari e ci sono i parenti delle vittime.
Quindi, gli interroganti chiedono al Governo di fare veramente il possibile per tutelare i nostri cittadini ed, inoltre, per favorire la ricerca dei cittadini italiani (che sono tantissimi) che in passato hanno lavorato in Svizzera, tenendo conto che in questo Paese vi è stata una turnazione di oltre due milioni di italiani nel dopoguerra e se intenda attivare una rete di sostegno, per esempio, con uno sportello centrale INAIL, e i patronati italiani che sono molto diffusi sul territorio all'estero.
Chiedono, inoltre, se disponga dei dati rispetto a quanto si può rilevare dal registro dei mesoteliomi e dei carcinomi da amianto e, quindi, dati acclarati che potrebbero essere comunicati alla Suva, affinché le prestazioni spettanti ai cittadini che nel frattempo si sono ammalati, oppure ai parenti delle vittime, possano essere erogate senza ulteriori ritardi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, con riferimento alle questioni sollevate nell'atto ispettivo a prima firma dell'onorevole Narducci, relativo alla tutela dei lavoratori esposti all'amianto che abbiano svolto attività lavorativa in Italia e in territorio svizzero, passo ad illustrare le notizie acquisite presso gli uffici del Ministero che rappresento e delle altre amministrazioni competenti.
Per quanto concerne la tutela accordata ai lavoratori che hanno svolto attività lavorativa che prevedeva esposizione all'amiantoPag. 67sul territorio nazionale, la legge n. 257 del 1992 e successive modifiche e integrazioni, che ha disposto la cessazione definitiva dell'impiego dell'amianto, ha previsto, per quanto interessa in questa sede, anche specifiche misure di sostegno per i lavoratori. In particolare, l'articolo 13, commi 7 e 8 della legge citata, prevede un meccanismo di rivalutazione dei periodi di contribuzione obbligatoria, per i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto, ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche.
Con riferimento allo specifico punto relativo allo stato delle denunce riguardanti i lavoratori che hanno prestato la loro attività negli stabilimenti Eternit di Casal Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli, i competenti uffici del Ministero della giustizia hanno reso noto quanto segue, precisando che l'ufficio della procura di Casale Monferrato non ha potuto riferire gli specifici dati richiesti dall'interpellante in quanto l'iscrizione dei procedimenti nei registri ignoti e noti è fatta con riferimento alle ipotesi di reato ed al nome delle parti offese e non consente ex post di selezionare i casi di malattia professionale di dipendenti Eternit: tre procedimenti penali risultano archiviati, di cui uno per morte del reo; otto procedimenti risultano pendenti nella fase delle indagini preliminari; un procedimento, che aveva riunito otto procedimenti penali aperti in una procura e poi trasmessi ad altra procura per competenza, risulta concluso con richiesta di rinvio a giudizio.
Per quanto riguarda i procedimenti conclusi con sentenza, risulta un procedimento concluso in primo grado con quattro condanne per 17 decessi e 152 lesioni; in appello la sentenza è stata riformata parzialmente con la dichiarazione di alcune prescrizioni e l'assoluzione di un imputato da due delle imputazioni ascrittegli. La sentenza è poi passata in giudicato.
Con riferimento alla specifica richiesta relativa ai lavoratori esposti all'amianto in stabilimenti situati sul territorio italiano, vorrei ricordare che le misure di tutela sono già previste dalla legge, in particolare nella normativa contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, recante testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, fermo restando che le situazioni richiamate nell'interpellanza, con riferimento ad alcuni stabilimenti Eternit, sono oggetto di valutazione in sede di procedimenti giudiziari tuttora, in massima parte, pendenti.
Vorrei, comunque, rassicurare l'onorevole Narducci in ordine all'attenzione con la quale l'amministrazione che rappresento, in stretto contatto con l'INAIL, segue le vicende in questione, le cui risultanze, una volta in mio possesso, sarà mia cura riferire tempestivamente all'onorevole interpellante, con riferimento ai profili di stretta competenza.
Per quanto riguarda la tutela dei lavoratori italiani che hanno prestato attività lavorativa all'estero, appare opportuno ricordare che il Regolamento CEE 1408/71 prevede la cooperazione tra gli istituti previdenziali dei Paesi europei anche al fine di facilitare l'accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e che, una volta entrato in vigore il Regolamento CEE 833/04, a decorrere dal 2010, sarà realizzato, unitamente all'estensione della tutela previdenziale anche a soggetti non attivi, un ulteriore rafforzamento della cooperazione tra gli istituti di previdenza sociale dei Paesi dell'Unione europea, anche con l'utilizzo di mezzi telematici.
Con riferimento ai lavoratori che hanno prestato la loro attività in aziende svizzere, e che siano stati esposti all'amianto, vorrei precisare che la normativa applicabile è quella dello Stato svizzero.
Nel maggio 2006 l'Istituto nazionale svizzero delle assicurazioni infortuni (Suva) ha organizzato una tavola rotonda sulla tutela degli ex lavoratori italiani esposti all'amianto sul territorio elvetico. A tale incontro hanno partecipato diversi esponenti dei sindacati, dei patronati, sia svizzeri sia italiani, nonché esponenti delle strutture centrali competenti dell'INAIL.Pag. 68
A seguito di tale incontro, nell'ambito dei rapporti di collaborazione già instaurati dall'Istituto con l'Ente elvetico, sono stati avviati, e sono tuttora in corso, contatti volti a valutare possibili iniziative utili a facilitare l'accesso dei lavoratori interessati alle prestazioni assicurative loro spettanti per le malattie professionali contratte a causa dell'esposizione all'amianto durante il periodo lavorativo in Svizzera (indennità da versare completamente entro 12 mesi dalla comparsa della malattia).
In conclusione si assicura ogni utile intervento volto al coinvolgimento degli istituti di patronato, già impegnati nella campagna di informazione circa i diritti dei lavoratori colpiti da malattie professionali, nell'assistenza ai cittadini italiani che hanno svolto mansioni lavorative a contatto con l'amianto in fabbriche e strutture fuori del territorio nazionale, onde facilitare l'accesso alle prestazioni dovute da assicurazioni sociali ed enti previdenziali di Paesi stranieri, con particolare riferimento al Suva svizzera.
Quest'ultima considerazione mi consente, altresì, di precisare che il riferimento dell'onorevole Narducci agli ultimi e più recenti incontri, alla presenza dell'INAIL, alla disponibilità ad individuare rapporti e collegamenti tra INAIL e Suva, nonché all'opportunità, segnalata dall'interpellante stesso, di determinare una rete che, attraverso lo sportello centrale INAIL e la rete dei patronati, serva sempre più ad incidere rispetto alla capacità di affrontare positivamente i problemi sollevati, trova il Governo attento e tale da indirizzare, in particolare l'INAIL, nella direzione indicata dall'interpellante.

PRESIDENTE. L'onorevole Bobba, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, vorrei dire innanzitutto che apprezzo l'impegno e l'attenzione scrupolosa da parte del Governo e di tutti gli organi competenti rispetto a questa vicenda particolarmente pesante e drammatica, le cui conseguenze si protraggono nel tempo e le cui dimensioni, come è scritto in questa interpellanza, sono ancora tutte da definire e i cui contorni restano ancora alquanto incerti e confusi. Soprattutto la quantificazione di questo vero e proprio disastro che ha provocato conseguenze per molte persone va ancora identificata bene. Quindi, non ho dubbi sulla rassicurazione data dal sottosegretario Viespoli circa l'attenzione e la cura con cui il Governo e, in particolare, l'INAIL intendono seguire la vicenda.
Resta però il fatto che - per questo mi dichiaro solo parzialmente soddisfatto della risposta - il cuore dell'interpellanza cercava di identificare numeri e nomi, potremmo dire così, o meglio di identificare, quantificare e precisare i caratteri di questo fenomeno. Poiché il mio luogo elettivo è nelle vicinanze proprio di Casale Monferrato dove c'era lo stabilimento principale della Eternit, voglio ricordare che, poche settimane fa, in una piccola cittadina, si è tenuta un'importante manifestazione con più di una fiaccolata e più di 2 mila persone. Ciò sta a significare quanto e come tali conseguenze, che si protraggono nel tempo e che hanno trovato espressione anche nella strada intrapresa da un punto di vista processuale dall'associazione dei familiari delle vittime di Casale Monferrato, che è stata prima ricordata dall'onorevole Narducci, attraversino la vita di tante famiglie di quel territorio e siano connesse alla realtà di quella città, Casale Monferrato.
Si tratta della stessa richiesta che l'onorevole Narducci aveva esplicitato rispetto a quanto accaduto negli stabilimenti svizzeri. Dalla risposta del Governo abbiamo avuto, dal un lato, una rassicurazione circa l'attenzione con cui verrà seguito questo fenomeno; dall'altro non abbiamo avuto alcun dato puntuale e preciso; ciò sarebbe stato utile per predisporre, in modo più chiaro e determinato, gli strumenti e per quantificare le risorse necessarie proprio per riparare (se riparare si può dire) i danni gravissimi che molti lavoratori e le loro famiglie hanno subito in conseguenza della loro attività lavorativa e professionale svolta in quegli impianti.

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(Iniziative relative al fenomeno della frequente scomparsa dalle case - famiglia di minori extracomunitari non accompagnati - n. 2-00227)

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00227, relativa a iniziative relative al fenomeno della frequente scomparsa dalle case-famiglie di minori extracomunitari non accompagnati (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, a questa interpellanza attribuiamo molta importanza e anche coloro che sono in ascolto è bene che si rendano conto dei termini del problema.
In premessa desidero sottolineare che l'interpellanza non è stata firmata solamente dei colleghi del mio gruppo - che si sono ovviamente resi disponibili in massa a firmare il documento - ma anche dai colleghi - intendo richiamarli per ringraziarli pubblicamente - Rubinato, Froner, Livia Turco del Partito Democratico, Ceccacci Rubino, Aprea, Bocciardo, Paglia, Renato Farina del Popolo delle Libertà e Palomba dell'Italia dei Valori. È una presa di coscienza e una denuncia assolutamente trasversale. Desidero anche sottolineare che i nomi sarebbero potuti essere molti di più se avessi avuto il tempo di girare per i banchi per far sottoscrivere la mia interpellanza, cosa che ho deciso di non fare dato il carattere d'urgenza della stessa e, quindi, per il desiderio di sottoporla all'attenzione del Governo il prima possibile. Quindi, sono autorizzata a pensare che la stragrande maggioranza dei colleghi, per non dire tutti, sono in ombra ma presenti come firme di questa interpellanza. Ciò dà importanza e valore a quello che stiamo chiedendo al Governo.
Se mi è consentito vorrei dividere il mio intervento in due parti: tutte e due importanti, in qualche modo complementari ma non uguali. Il primo grave problema, che è stato oggetto di una campagna di stampa (negli ultimi tempi vi sono state denunce su tutti i principali quotidiani e vi sono state delle prese di posizione anche di ampi settori dell'associazionismo nel campo delle realtà no profit), riguarda il fatto che ogni anno centinaia di minori che approdano sulla nostra terra letteralmente spariscono. Non si tratta di un fenomeno costituito da uno o due casi, che sarebbe di per sé già gravissimo in quanto non possiamo permetterci di giocare con la vita umana, ma i casi sono centinaia. Sono ragazzi che spariscono e di cui si perdono le tracce. Questo fenomeno (cosa che aggrava la situazione) è in aumento; lo dicono inchieste riportate da tutti i giornali recentemente. Lo ripeto per coloro che sono in ascolto in questo momento: nella sola provincia di Agrigento, oltre il 35 per cento dei minori che arriva a Lampedusa fa perdere le proprie tracce.
Come è noto i ragazzi che arrivano a Lampedusa (che è il luogo in cui arrivano in maniera massiccia dal mare) e che sono minorenni e sono identificati come tali, non seguono l'iter degli adulti, i quali sono inoltrati o smistati nei centri temporanei di accoglienza o in altre strutture.
Questi minori seguono un cammino diverso e vanno a finire nelle case famiglia, che sono sparse nel territorio italiano e accolgono i minori in attesa di una loro destinazione. I minori, una volta arrivati nelle case famiglia, ripeto, spariscono e si allontanano. Una parte, ovviamente, per evitare l'espulsione: non sanno che il nostro Paese li tutela, hanno paura di essere espulsi e rimandati nell'inferno, nel «non luogo», da cui provengono e, quindi, si mettono al riparo cercando altri rifugi; altri, invece, hanno riferimenti nel territorio italiano più o meno credibili: salta fuori un parente, uno zio, un amico, un vicino, che, in qualche modo, li contatta, cosicché i ragazzi dicono di recarsi da queste persone.
Per di più, il numero delle case famiglia, che sono nate nel territorio per accogliere questi minori, è cresciuto in maniera esponenziale, in proporzione ai minori che continuano ad arrivare, ma esse, molto spesso, non hanno le attrezzature e le garanzie che dovrebbero essere assicurate per accogliere questi minori nelPag. 70migliore dei modi. I ragazzi, quindi, arrivano e spariscono: ripeto, non si tratta di misteriose sparizioni, ma si sa benissimo che essi vengono contattati o per paura o per essere avviati al peggio. Di loro si perdono le tracce.
Sottolineo che ieri, in Commissione bicamerale per l'infanzia, di cui sono membro, abbiamo audito il presidente del Comitato per i minori stranieri (che fa capo al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali), che ci ha riferito che il Comitato ha il compito di censire questi ragazzi e monitorare il loro cammino nel territorio. Il presidente del Comitato ci ha confermato che loro non riescono a censire tutti (sanno benissimo che vi sono minori che si perdono nelle nebbie del nostro Paese) ed ha sottolineato che bisogna distinguere tra minori non accompagnati e minori accolti; questi ultimi, per capirci, sono quelli che vengono in Italia dopo il disastro di Chernobyl e che il nostro Paese periodicamente accoglie; ma questo è un altro capitolo: noi parliamo dei minori non accompagnati. Ieri, il presidente del Comitato ci ha ribadito questa drammatica situazione e non ci ha saputo dare risposte, nel senso che, con i mezzi e i sistemi che hanno a disposizione, buona parte di questi minori si perde e non si sa più che fine fa. Questo è un aspetto del problema.
Il secondo, che è altrettanto grave, è rappresentato dal fatto che questi minori, quando arrivano in Italia, sono presi in carico dal giudice tutelare, che li affida ad una delle tante case famiglia di cui parlavamo, che sono piccole strutture che, per definizione, dovrebbero avere una figura genitoriale e dovrebbero essere costituite da non più di dieci ragazzi. Si sa che queste case famiglia, poi, arrivano ad ospitarne più di trenta, quindi un numero di tre volte superiore. Non solo, ma, una volta arrivata la nomina del tutore ed effettuato l'inserimento in una casa famiglia, il mantenimento dei minori è a carico delle prefetture e, successivamente, dalle prefetture l'onere passa ai comuni: un cammino che, pur se può essere corretto, è abbastanza tortuoso.
Alla fine, questi comuni si devono far carico di mantenere questi ragazzi. Prima la cosiddetta diaria era di 65 euro al giorno, adesso siamo arrivati intorno ai 35-38 euro al giorno. Quindi, c'è stato un abbassamento del contributo che viene dato a queste case-famiglia. I comuni che dovrebbero, in qualche modo, farsi carico di quest'impegno e che devono provvedere ai minori, non hanno i mezzi per affrontare queste spese. Ultimamente, abbiamo ricevuto svariate lettere di comuni del sud della Sicilia, in particolare della zona di Agrigento, che ci chiedevano di intervenire, perché non sono più in condizioni di sostenere questa spesa e di farsi carico di questa assistenza ai minori.
Allora, qui bisogna intervenire e da qui nasce l'interpellanza al Governo. A nostro avviso, bisogna fare due cose. La prima è intervenire in maniera tempestiva, per impedire che ci sia questa perdita di valore umano inestimabile. Questi ragazzi non possono e non devono attraversare il mare per poi arrivare in Italia e far perdere le proprie tracce, il che è veramente la cifra dell'inciviltà di un Paese. Quindi, i minori che arrivano in Italia hanno il diritto di essere tutelati al meglio possibile, cosa che non pare che lo Stato faccia. Sarà sicuramente difficile, però bisogna anche dare delle risposte.
Il secondo problema è sostenere i comuni, che, tra l'altro, lamentano di non avere più gli introiti dell'ICI, di avere difficoltà di vario tipo (i famosi patti di stabilità), di avere insomma una serie di paletti e di difficoltà per cui oggettivamente non hanno fondi a sufficienza per mantenere questi ragazzi. Allora, bisogna intervenire sulle rette, sui comuni e sulle risorse umane (mediatori culturali, assistenza sociale, il no profit, tutto l'associazionismo e il mondo del privato sociale). Si possono coinvolgere delle forze e delle realtà che sono in grado di dare delle risposte a questi minori.
Svolgo un'ultima considerazione prima di concludere: occorre dare ai ragazzi un'informazione corretta attraverso mediatori culturali, per far sapere loro che è vantaggioso per loro rimanere in Italia,Pag. 71mentre non è vantaggioso scappare e sparire. È vantaggioso rimanere, perché sono tutelati dalla legge e dallo Stato. Basterebbe farglielo sapere, ma questi ragazzi non lo sanno, perché nessuno si prende la cura di informarli. Vorremmo sapere - lo ripeto - che cosa intenda fare il Governo dinanzi ad una situazione di questo genere.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola per la risposta al sottosegretario Pasquale Viespoli, la Presidenza e la Camera, anche se in seduta ristretta, salutano l'associazione sportiva Golf indoor di Bergamo (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, in risposta all'atto parlamentare presentato come prima firmataria dall'onorevole Capitanio Santolini, faccio riferimento a quanto reso noto sulle questioni in argomento dal competente Ministero dell'interno e dagli uffici del Ministero che rappresento.
La risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 26 giugno 1997 definisce la figura del minore straniero non accompagnato come un «minorenne non avente cittadinanza di uno Stato dell'Unione che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio di uno degli Stati membri privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento statale». Secondo la vigente legislazione, l'identificazione del minore straniero non accompagnato compete alle autorità di pubblica sicurezza, che operano in collaborazione con le rappresentanze diplomatico-consolari del Paese di origine. Ogni informazione utile a stabilire l'identità del giovane dev'essere prontamente fornita al comitato per i minori stranieri istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, affinché possano essere attivate le procedure per rintracciare la famiglia.
A tal fine, tutti i pubblici ufficiali, non appena vengono a conoscenza della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, sono tenuti a darne immediata comunicazione, oltre che al tribunale dei minori ai fini dell'affidamento, anche al predetto comitato, corredando la segnalazione con tutte le informazioni disponibili relative alle generalità, la nazionalità, le condizioni fisiche, e ai mezzi di sostentamento ed al luogo di provvisoria dimora del minore; informazioni che vengono poi inserite, a cura dal comitato medesimo, in un'apposita banca dati, costantemente aggiornata.
Per quanto riguarda lo specifico aspetto riguardante l'arrivo dei minori stranieri non accompagnati sull'isola di Lampedusa, come noto meta privilegiata degli sbarchi di clandestini provenienti dal Nord Africa, l'andamento del fenomeno indica effettivamente un progressivo aumento nel tempo della presenza di donne e di minori. In particolare, dal 1o gennaio al 30 ottobre 2008, sono giunti nell'isola 1.996 minori (1.415 non accompagnati e 581 accompagnati). Al loro arrivo nell'isola, i minori non accompagnati vengono identificati e separati dagli adulti, per poi essere condotti ad Agrigento, dove vengono affidati dall'ufficio minori della questura alle comunità-alloggio esistenti sul territorio della provincia. Queste strutture prevedono la possibilità di ospitare normalmente fino a dieci persone, alle quali devono essere garantiti determinati standard di accoglienza.
Per far fronte all'emergenza determinata dai massicci arrivi degli ultimi mesi, i minori sono stati collocati presso le comunità che si dichiaravano disponibili ad accoglierli; nel contempo, la prefettura di Agrigento ha chiesto indicazioni ai tribunali dei minori operanti in Sicilia, circa le comunità-alloggio accreditate, presso le quali i tribunali stessi abitualmente inviano i minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo. Inoltre, per fronteggiare le difficoltà connesse alla necessità di dare accoglienza, nell'immediatezza degli sbarchi, ad un gran numero di minori, sono state individuate alcunePag. 72strutture per l'accoglienza temporanea dei giovani clandestini non richiedenti asilo. Le convenzioni per la gestione di tali strutture, con disponibilità tra le trenta e le sessanta unità, prevedono l'erogazione di servizi simili a quelli assicurati dalle comunità-alloggio per minorenni, con particolare attenzione all'alfabetizzazione e all'assolvimento dell'obbligo scolastico. Dette strutture, analogamente a quanto previsto per le case-famiglia, non sono soggette a vigilanza da parte delle forze dell'ordine, e in assenza di specifici riferimenti normativi sono gestite esattamente come le comunità per minori italiani privi di riferimenti familiari.
Pertanto, gli ospiti delle comunità-alloggio sono sottoposti a controllo esclusivamente da parte del personale delle comunità stesse e, in particolare, sono liberi di entrare e uscire dalle strutture per seguire i percorsi di inserimento previsti dalla normativa vigente, fra i quali, prima di tutti, la frequenza scolastica. Al riguardo, si osserva che la quasi totalità dei minori non accompagnati è compresa nella fascia d'età che va dai 16 ai 18 anni, e la mancanza di un'azione di sorveglianza rende difficilmente controllabile il fenomeno degli allontanamenti arbitrari; parte dei minorenni, peraltro, entrano clandestinamente in Italia con l'intento di ricongiungersi ai genitori o ai parenti già presenti sul territorio nazionale in condizioni di clandestinità e, non volendo rivelare tale intenzione, scelgono di divenire anch'essi clandestini per poter raggiungere i familiari.
Le principali criticità relative al fenomeno dell'immigrazione di minori non accompagnati hanno formato oggetto di un'apposita riunione svoltasi il 9 ottobre scorso presso la prefettura di Agrigento alla presenza dei vertici degli uffici giudiziari e delle forze di polizia della provincia, nel corso della quale si è convenuto sulla necessità di avviare indagini per individuare eventuali interessi da parte del racket della prostituzione e, più in generale, delle organizzazioni criminali dedite al traffico degli esseri umani. Per quanto riguarda l'esigenza di monitorare le condizioni di accoglienza dei giovani non accompagnati, il Ministero dell'interno, in stretto raccordo con i prefetti territorialmente competenti, ha reso noto che, attraverso le proprie strutture, svolge una costante attività di controllo e vigilanza sulle condizioni di vivibilità esistenti all'interno di tutte le strutture per immigrati, al fine di garantire il pieno rispetto dei diritti di tutte le persone ospitate.
Tale azione è, altresì, rafforzata dalla proficua collaborazione in atto con le organizzazioni umanitarie partner nel Progetto Praesidium, quali l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, la Croce Rossa Italiana e, in particolare, Save the Children Italia, organizzazione di cui è nota la qualificata e consolidata esperienza nel campo dell'assistenza e dell'accoglienza del minore, con la quale l'Amministrazione dell'interno, lo scorso 2 luglio, ha sottoscritto apposita convenzione diretta al potenziamento del sistema di accoglienza dei migranti irregolari.
Sull'operato delle organizzazioni umanitarie, il Ministero dell'Interno svolge una costante attività di impulso e di monitoraggio, per garantire il buon andamento delle procedure di assistenza, informazione e accoglienza nonché il pieno rispetto dei diritti e della dignità dei migranti.
La predetta amministrazione ha reso noto, infine, che viene realizzata una particolare forma di accoglienza dedicata ai minori non accompagnati, richiedenti asilo, attraverso il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). Dal 1o gennaio 2008 al 10 novembre scorso, sono stati accolti nello SPRAR 283 minori non accompagnati richiedenti asilo, ai quali vengono forniti adeguati servizi di accoglienza e integrazione, con particolare attenzione alla scolarizzazione.
In materia, vige una specifica direttiva del Ministro dell'interno, emanata d'intesa con il Ministro della giustizia il 7 dicembre 2006, con la quale si stabilisce che, all'arrivo alla frontiera, il minore deve essere informato sulla possibilità di richiederePag. 73asilo e, in caso di espressa volontà, deve essere subito affidato alle strutture del sistema di protezione. Tale procedura rafforza la protezione e la tutela dei diritti dei minori, i quali, pur in attesa di formalizzare la propria domanda di asilo con il supporto del tutore che verrà loro assegnato, hanno accesso facilitato a un sistema nazionale già organizzato e collaudato, che dispone di strutture e servizi specifici per l'accoglienza, la tutela e l'integrazione dei minori stranieri non accompagnati.
La direttiva si propone di evitare il rischio di dispersione dei minori sul territorio, informandoli adeguatamente sui loro diritti, inserendoli in un percorso altamente organizzato e protetto e indirizzandoli, senza soluzione di continuità, in strutture idonee non solo a riceverli ma anche a sostenerne lo sviluppo, la crescita e formazione. Per quanto più specificamente di competenza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, vorrei far presente che il comitato per i minori stranieri, i cui compiti sono definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 535 del 1999, in tema di minori stranieri non accompagnati effettua - in base all'articolo 2, comma 2, lett. i), del predetto decreto - il censimento della presenza dei minori stranieri non accompagnati che vengono rintracciati sul territorio italiano e segnalati al medesimo.
In particolare, l'organismo in argomento riceve le informazioni riguardo ai minori stranieri dai servizi sociali degli enti locali, dalle questure e dai tribunali per i minorenni, svolgendo compiti di impulso e raccordo con tali amministrazioni ai fine dell'accoglienza, del rimpatrio assistito e del ricongiungimento dei minori con le famiglie nei Paesi d'origine o in Paesi terzi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,15)

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Una volta acquisite le informazioni sul minore, il comitato ne inserisce il nominativo in una apposita banca dati, continuativamente aggiornata con le diverse comunicazioni relative allo stesso minore. Inoltre, per ogni singolo minore viene aperto un fascicolo contenente tutta la documentazione cartacea. Successivamente, vengono acquisite, sulla base di quanto comunicato dagli enti locali, dalle questure e dai tribunali per i minorenni, le informazioni circa l'avvenuta identificazione o meno del minore.
Per quanto concerne un eventuale rimpatrio assistito del minore, che avviene sempre sentito il minore e con rilascio di nulla osta al rimpatrio dell'autorità giudiziaria, si fa presente che se le condizioni socio-familiari nel Paese di origine non consentono il rientro del minore, il comitato in parola assume i provvedimenti necessari al fine di consentire allo stesso l'integrazione sociale nel nostro Paese, altrimenti, se all'esito delle indagini familiari si constatano positive condizioni di rientro del minore, il comitato provvede al ricongiungimento del medesimo con la propria famiglia attraverso l'attivazione nei Paesi di origine di programmi di reinserimento socio-familiare, effettuati da idonei organismi internazionali la cui attività è monitorata e valutata dal comitato stesso.
Il comitato ha attivato, attraverso la stipula di apposita convenzione con l'ANCI, un programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati, volto a sperimentare un sistema nazionale, decentrato ed in rete, di presa in carico e integrazione dei minori stranieri non accompagnati, con particolare riguardo alla prima fase di pronta accoglienza. Il programma, che vanta un finanziamento iniziale di 10 milioni di euro, reperiti all'interno del Fondo per l'inclusione sociale, prevede l'emanazione di un bando rivolto ai comuni per la presentazione di progetti per l'attivazione di servizi di pronta accoglienza e assistenza ed è attualmente in avanzata fase di avvio.
Inoltre, il programma è stato strutturato in modo da prevedere l'emanazione di uno specifico filone di bandi rivolto al territorio siciliano proprio in considerazionePag. 74dell'emergenza riscontrata in quell'area. L'obiettivo è quello di inquadrare il fenomeno in una prospettiva nazionale e nell'ottica di una positiva collaborazione e condivisione di responsabilità ed oneri tra amministrazione centrale e autonomie locali, sostenendo i costi della pronta accoglienza e avvalendosi di un organo di coordinamento tecnico centrale a servizio degli enti locali, al fine di: contribuire alla definizione di procedure standardizzate certe e condivise tra il livello nazionale, locale e inter-istituzionale, tali da permettere agli enti locali di progettare e attuare interventi sostenibili e di qualità, a partire dal miglioramento delle procedure di identificazione e presa in carico, anche attraverso la formulazione e il trasferimento delle buone prassi esistenti; coordinare gli interventi attraverso un costante monitoraggio e una stretta relazione con le autorità centrali; favorire e promuovere un'informazione circolare, tempestiva e corretta, tra il livello nazionale, locale e inter-istituzionale; predisporre e formalizzare, attraverso il passaggio in sede di comitato minori stranieri, le metodologie di collaborazione interistituzionale e le linee guida nazionali, anche al fine di fornire una interpretazione normativa certa ed univoca.

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, sono solo parzialmente soddisfatta della risposta del sottosegretario e rimango convinta che questa interpellanza era necessaria, se non altro, per acquisire ulteriori informazioni, quanto mai necessarie. Non sono del tutto soddisfatta perché, in realtà, il sottosegretario si è limitato a sottolineare un lungo elenco di quelle che sono le procedure in atto (avevo ricordato anch'io, il comitato che lavora presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che sta svolgendo un lavoro non facile), e a evidenziare come stanno le cose in questo momento e quali tipi di misure sono in atto per sostenere i minori non accompagnati. L'Italia da questo punto di vista è un Paese attento e, quindi, non posso affermare che i provvedimenti messi in atto siano da condannare o siano sbagliati. Non ho elementi a sufficienza per poter sostenere che questi provvedimenti siano insufficienti, al contrario, potrei affermare che effettivamente è evidente il tentativo di garantire al massimo i minori extracomunitari che arrivano in Italia; ma ciò evidentemente non basta. Se, malgrado tutte queste strutture, questi protocolli, queste iniziative, queste attività e tutti gli attori che si muovono attorno al minore non accompagnato che arriva in Italia, il 35 per cento di questi ragazzi si perde e non si sa più che fine abbia fatto, chiaramente così il sistema non funziona. Non dico che sia stato pensato male. Sarà stato pensato anche nel migliore dei modi, ma è ovvio che se i ragazzi non sono sottoposti alla sorveglianza (capisco che debbono essere garantiti i loro diritti, è giusto preoccuparsi della loro scolarizzazione, mi rendo conto che i controlli sono limitati a coloro che fanno parte delle strutture case alloggio e case famiglia) qualcosa non va; tanto che rimane il fatto che il 35 per cento dei ragazzi, come detto, si disperde nel territorio italiano.
Non ho ricevuto una risposta su quello che si intende fare qui ed ora. Il sottosegretario mi ha risposto che esistono delle direttive che sono state emanate, dei tavoli di lavoro dove si intende affrontare questo problema, e che si stanno avviando delle indagini sulle organizzazioni criminali. La domanda, però, che mi viene spontanea è: quando si avranno dei risultati e delle effettive risposte concrete? Quando ci sentiremo dire che questi ragazzi non sono più il 35 per cento, ma sono diventati il 25 per cento, il 15 per cento, o possibilmente nessuno? È un problema anche di tempi. Non possiamo continuare a discutere a Roma - è proprio il caso di richiamare la frase: mentre a Roma si discute, Sagunto cade - di quello che si deve, si potrebbe,Pag. 75o sarebbe meglio fare, se rimane il problema dei ragazzi che si perdono.
È vero che il comitato censisce i ragazzi che magari si perdono a Lampedusa e vengono ritrovati a Milano, perché magari vengono recuperati lì, vengono ritrovati, vengono avviati e viene allacciato il contatto con le famiglie a livello locale - è tutto vero, e lo so benissimo - ma il problema è un altro: questi ragazzi, nella stragrande maggioranza dei casi, una famiglia nel loro Paese non ce l'hanno più. Hanno passato due, tre anni per arrivare sulle coste del Mediterraneo, lo sappiamo tutti. Hanno passato delle avventure inenarrabili attraverso Paesi ostili che li hanno sfruttati prima di buttarli sulle coste del Mediterraneo. Ci hanno fatto dei racconti allucinanti. Sono ragazzi che per mantenersi e per poter pagare il viaggio dal centro dell'Africa fino al Mediterraneo hanno dovuto essere, probabilmente, schiavi o comunque sfruttati man mano che il loro cammino verso le coste del Mediterraneo avveniva. Si tratta di un esodo che dura anni. Quando poi c'è il contatto con la famiglia di origine sono casi rari e fortunati quelli in cui si possono restituire questi ragazzi ad una famiglia, che a volte li ha semplicemente venduti. Allora, noi dobbiamo intervenire ora, non in futuro, e il problema di fondo è che effettivamente la sorveglianza forse non è sufficiente, non basta.
Altra questione che ha sollevato il sottosegretario, e che mi preoccupa - io non l'ho detto nella mia illustrazione, ma lo sottolineo adesso - è il grave sospetto che vi siano delle organizzazioni criminali che girano intorno a questa faccenda. Allora, anche questo è un problema di mafia? Di organizzazioni criminali? Di traffico di organi? Di sfruttamento? Di pedofilia o di pedopornografia? Dov'è? Che cosa succede a questi ragazzi? Quindi l'intercettare le organizzazioni criminali è compito urgente, che si deve fare anche con delle riunioni, ovviamente, e delle iniziative a livello di Ministero, ma probabilmente non basta. Il rimpatrio assistito è cosa buona e giusta, ma spesso non è possibile realizzarlo e quindi il programma di protezione stranieri è cosa altrettanto buona e giusta ma non risolve il problema dei bambini che spariscono.
Per quanto riguarda un'ultima questione, il sottosegretario non mi ha risposto su quello che intende fare per il sostegno ai comuni. È vero che mi ha detto che sono stanziati 10 milioni per sostenere i costi della pronta accoglienza. È vero che mi ha detto che forniranno il sistema per creare un sostegno di rete nei comuni della Sicilia (anche questo mi era noto e lo sapevo). È vero che è importante coordinare gli interventi, ma i comuni non ce la fanno adesso, non ce la faranno domani mattina, non ce la faranno fra un mese. Non si potrebbe evidentemente fare una sorta di pronto intervento immediato e poi ovviamente far partire tutta una serie di strategie di lungo periodo? Noi siamo stati, come Commissione infanzia, a Lampedusa - concludo - proprio per visitare i centri ed eravamo anche con il sottosegretario per il lavoro, la salute e le politiche sociali Ferruccio Fazio e vi era anche il Ministro della gioventù, Giorgia Meloni. Eravamo una delegazione di persone che sono andate direttamente nei centri di accoglienza di Lampedusa. Lì la situazione onestamente non l'ho vista drammatica. Certo, è una situazione difficile, e non dimenticherò quegli occhi spaventati che ci guardavano, ma il dramma comincia dopo.
Allora, noi abbiamo intenzione di non accontentarci - se lei mi consente sottosegretario - della sua risposta, ma vorremo andare avanti e cercare di capire che cosa succede in queste case-alloggio, nelle case-famiglia, nei comuni. Abbiamo intenzione di andare a vedere là che cosa succede, e continuamente pressare il Governo perché queste risposte non tardino a venire. Sappiamo che le buone intenzioni sono sempre all'ordine del giorno, ma noi vorremmo degli atti concreti e immediati perché questi comuni e soprattutto questi ragazzi aspettano una risposta.

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(Iniziative per la tutela dei diritti dei lavoratori e dei livelli occupazionali presso la testata giornalistica Tg La7 - n. 2-00232)

PRESIDENTE. L'onorevole Farinone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00232, riguardante iniziative per la tutela dei diritti dei lavoratori e dei livelli occupazionali presso la testata giornalistica Tg La7 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, la società Telecom Italia Media Spa, che è una società controllata da Telecom Italia Spa, ha avviato una procedura di licenziamento correttivo per 25 giornalisti, che vuol dire circa un terzo della forza giornalistica in capo alla testata Tg La7, facendo riferimento alla legge n. 223 del 1991 (la legge sulla mobilità, per chi non lo sapesse) ed ha poi argomentato questo ricorso alla legge n. 223 del 1991 esclusivamente con le perdite di bilancio patite dal gruppo Telecom Italia Media Spa nel suo complesso.
Nel documento che, come prescrive la legge, accompagna la richiesta, si sostengono sostanzialmente due o tre fatti. Il primo è che i conti della rete televisiva La7 sono in peggioramento, nel corso del 2008, esclusivamente a causa della contrazione del mercato pubblicitario (che, come sappiamo, è un mercato che sta patendo ovviamente la crisi più generale che patisce l'economia del Paese) e poi anche a causa di una decisione (in positivo da questo punto di vista, secondo l'azienda) di investire maggiormente in programmi di intrattenimento, in programmi di prima fascia sullo sport, in modo da favorire l'audience. Sostanzialmente le perdite sono cresciute di 9 milioni di euro e di questi circa 800.000, 1 milione di minore raccolta pubblicitaria, però il resto - parliamo di oltre 8 milioni di euro - sono dovuti ad investimenti effettuati appunto nei programmi di intrattenimento e sport (sono le partite di coppa Uefa), investimenti pianificati proprio per rafforzare la fascia pregiata del prime time. Tuttavia, ciò vuol dire che mentre si dice, a giustificazione della richiesta della procedura di licenziamento correttivo, che bisogna ridurre i costi, per altro verso i costi di palinsesto aumentano.
La seconda affermazione che si sostiene è che i programmi realizzati dalle testate giornalistiche di La7 hanno conseguito nel 2007 un risultato negativo pari a circa 20 milioni di euro. Qui vi è un fatto che desta qualche perplessità, signor sottosegretario, perché nel corso del confronto sindacale richiesto dalla legge n. 223 del 1991, i rappresentanti del gruppo Telecom Italia Media Spa non hanno fornito ai rappresentanti dei lavoratori informazioni essenziali per capire il significato dei licenziamenti e soprattutto, in modo particolare, come fossero conteggiati quei 20 milioni di euro.
La cosa è oltremodo curiosa, perché poco tempo fa, nella relazione semestrale del 2008 della società, si sostiene sostanzialmente che le colonne del day time restano l'informazione, la divulgazione, la fiction, con un occhio di riguardo per gli eventi sportivi e si sostiene che gioca un ruolo fondamentale anche la testata giornalistica La7, il Tg La7 delle ore 12,30 (2,6 per cento di share), l'edizione della tarda sera (3,4 per cento di share), che di fatto pareggiano il dato del 2007 e l'edizione principale del Tg, quella delle ore 20, che realizza il 2 per cento di share medio ottenendo, si dice, una crescita del 12 per cento rispetto al 2007. Inoltre, si dice ancora che nel mese di giugno il notiziario realizza il miglior risultato degli ultimi tre anni (2,4 per cento). Quindi, l'area dell'informazione ha rafforzato e privilegiato il rapporto con il proprio pubblico, con una maggiore presenza di speciali e telegiornali, che hanno soddisfatto le esigenze di attualità straordinaria, come nel caso delle elezioni. Sono quasi 22 le ore dedicate nel 2008, per uno share medio del 3,6 per cento, il 14 per cento in più rispetto al 2007.
Quindi, nel momento in cui si parla al mercato finanziario, presentando la relazione semestrale, l'informazione va benissimo: èPag. 77in crescita ed in miglioramento. Quando poi, però, si devono giustificare i licenziamenti dei giornalisti, allora le cose sembrano andare diversamente.
Ma non ci fermiamo qui: il problema è anche che la rete televisiva La7 manda in onda programmi giornalistici realizzati facendo ampio ricorso a prestazioni di giornalisti che non dipendono direttamente dalla stessa rete televisiva.
Infatti, la stessa nuova dirigenza di La7 ha sostenuto qualche tempo fa che le perdite sono anche aumentate, perché nella precedente gestione si era poi «largheggiato» in termini di appalti esterni a società di produzione. L'impressione, però, è che anche con la nuova gestione si continui a «largheggiare». Infatti, signor sottosegretario, nel momento stesso in cui si chiede il licenziamento di 25 giornalisti si continuano a comprare da alcune società di produzione (ne abbiamo citate alcune a titolo di esempio nell'interpellanza urgente e non sto a ripeterle) programmi anche significativamente costosi che, evidentemente, utilizzano figure professionali inquadrate con contratti atipici: collaboratori a progetto, interinali, collaborazioni a partita IVA e via discorrendo. Sostanzialmente, quindi, si aggira la possibilità di utilizzare i giornalisti che qui, invece, si chiede di licenziare.
Se questo è il caso, noi ci chiediamo se l'utilizzo così frequente di contratti atipici che si svolge a pieno tempo all'interno degli studi (contratti, come sappiamo, non coperti da contributi previdenziali, pertanto parliamo di lavoro giornalistico non regolare, precario e sottopagato) non violi lo spirito e la lettera della legge n. 223 del 1991. Pur essendo sicuro che il signor sottosegretario conosce tale legge molto meglio di me, ricordo che all'articolo 4, comma 5, testualmente si afferma (sono cinque righe, mi permetto di leggerle): «entro sette giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, a richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni si procede ad un esame congiunto tra le parti, allo scopo di esaminare le cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del personale e le possibilità di utilizzazione diversa di tale personale, o di una sua parte, nell'ambito della stessa impresa, anche mediante contratti di solidarietà e forme flessibili di gestione del tempo di lavoro».
Qui è evidente che c'è qualcosa che non va. La richiesta di informazioni che è stata avanzata alla società dalle rappresentanze di categoria sostanzialmente non ha avuto risposta. C'è da chiedersi in base a quale logica industriale si appaltano a società esterne, a costi molto spesso elevati e forse poco giustificabili, programmi di informazione che sarebbero tranquillamente realizzabili dal corpo giornalistico che si chiede di mandare a casa.
A fronte di tali richieste non vi sono state risposte o, addirittura, si è replicato al sindacato dei giornalisti che c'è una volontà di cogestire l'azienda rispetto alla quale l'azienda non è assolutamente d'accordo. Credo, però, che qui non ci sia nessuna volontà di cogestire l'azienda: c'è la volontà di capire perché si vogliono mandare a casa dei professionisti che potrebbero benissimo svolgere il lavoro che viene fatto svolgere ad altri e, soprattutto, senza sapere da quali programmi provengano effettivamente le perdite e, in modo particolare, se magari questi siano effettuati con produzione esterna.
Per concludere, signor sottosegretario, occorre fare luce sul comportamento che definisco un po' preoccupante della società Telecom Italia Media Spa. Ci domandiamo se l'utilizzo della legge n. 223 del 1991 per licenziare dei dipendenti senza dichiarare in quale strategia di rilancio aziendale sia inquadrata l'operazione sia corretto e se non ci sia - come si teme - la volontà del gruppo di utilizzare questa legge per aprire la strada a modificazioni sostanziali del rapporto di lavoro giornalistico. Quello che sta accadendo a La7 rischia di essere preoccupante per quanto potrebbe accadere nel futuro, tanto è vero che la vicenda ha avuto anche dei riflessi a livello europeo. Sono un membro della Commissione politiche dell'Unione europea, pertanto mi occupo anche di questo; la Federazione della stampa dell'Unione europeaPag. 78ha esortato il Parlamento italiano ad incentrare l'attenzione su questo caso; lo stiamo facendo e vedremo quale sarà la risposta del Governo.
Questa è una vicenda - mi rivolgo al sottosegretario, al Presidente, e concludo - che, al di là del caso specifico, si inserisce in un più ampio problema relativo all'informazione nel nostro Paese. Sappiamo che il contratto dei giornalisti è scaduto da quattro anni: se ne parlava nella scorsa legislatura, adesso non se ne parla praticamente più, ma siamo a quel punto. Sappiamo che vi sono otto, novemila precari circa, che lavorano nelle redazioni giornalistiche di tutta Italia, senza alcuna copertura, senza alcuna garanzia e senza alcuna effettiva possibilità di avere certezze rispetto al proprio futuro professionale. Mi chiedo, a questo punto, quale futuro potranno mai avere gli studenti delle scuole di giornalismo (e non parlo di quelli di scienze della comunicazione) e quale futuro possiamo immaginare per tutti quei giovani che credono nella bella, bellissima professione giornalistica.
Per concludere, signor sottosegretario, le chiedo quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare i diritti dei lavoratori e i livelli occupazionali e per tutelare l'utilizzo corretto della legge n. 223 del 1991.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, in merito all'interpellanza urgente presentata dagli onorevoli interpellanti, inerente la procedura di licenziamento collettivo avviata dalla Telecom Italia Media spa, il 26 settembre scorso, la società ha comunicato alle organizzazioni sindacali e alla competente direzione generale del Ministero del lavoro, l'apertura di una procedura di licenziamento collettivo, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, recante «Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro».
La procedura sopra menzionata riguarda venticinque giornalisti che sono stati dichiarati eccedenti rispetto alle esigenze produttive della società in argomento.
Successivamente, con nota dell'11 novembre ultimo scorso, la società, ha comunicato al Ministero la conclusione della fase sindacale della suddetta procedura, con esito negativo. La società ha, quindi, di conseguenza, chiesto un'apposita convocazione in sede ministeriale, così come prevede la citata legge di riferimento. A seguito di tale specifica richiesta, l'amministrazione, cioè il Ministero del lavoro, ha convocato le parti interessate presso i propri uffici per il 3 dicembre prossimo, al fine di esperire la seconda fase amministrativa della procedura. In quell'occasione, il Ministero procederà ad un'ulteriore valutazione delle questioni in argomento, al fine di identificare le possibili soluzioni per addivenire ad un accordo volto a salvaguardare, innanzitutto, i livelli occupazionali.
Il Ministero dello sviluppo economico ha, da ultimo, comunicato che effettuerà i controlli di competenza per verificare che il numero dei dipendenti attualmente impiegati presso la Telecom Italia Media Spa, dal 1999 titolare di concessione per la radiodiffusione televisiva in ambito nazionale su frequenze terrestri, sia conforme agli standard occupazionali dichiarati in sede di presentazione della domanda di concessione stessa.

PRESIDENTE. L'onorevole Farinone ha facoltà di replicare.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, accolgo con soddisfazione il fatto che il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali abbia convocato, come dovuto, le parti per la seconda fase della procedura - se ho capito bene - per il 3 dicembre e che in quell'occasionePag. 79valuterà gli spazi per salvaguardare l'occupazione. Credo che questo sia un fatto positivo e vedremo cosa accadrà.
Mi permetto di ribadire al sottosegretario e, quindi, al Governo, come sia assolutamente importante da parte vostra, verificare se non vi sia, in questa vicenda, la volontà inespressa, ma poi espressa nei fatti, da parte del gruppo Telecom Italia di utilizzare la legge n. 223 per aprire la strada a modificazioni sostanziali del rapporto di lavoro giornalistico, allargando le aree del lavoro sottoretribuito e sottogarantito.
Questo non può e non deve accadere, non solo facendo riferimento al gruppo Telecom Italia Media Spa ma complessivamente facendo riferimento alla normativa e alla giurisprudenza del lavoro nel nostro Paese. Invito, pertanto, il Governo a prestare particolare attenzione in occasione dell'incontro previsto.

(Intendimenti del Governo in merito al piano di riqualificazione ospedaliero della regione Campania, con particolare riferimento al sistema sanitario sannita, nell'ambito dell'accordo in materia di contenimento della spesa sanitaria - n. 2-00221)

PRESIDENTE. L'onorevole De Girolamo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00221, riguardante intendimenti del Governo in merito al piano di riqualificazione ospedaliero della regione Campania, con particolare riferimento al sistema sanitario sannita, nell'ambito dell'accordo in materia di contenimento della spesa sanitaria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

NUNZIA DE GIROLAMO. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'interpellanza in discussione è a firma mia ma soprattutto di moltissimi colleghi di opposizione e di maggioranza di tutte le regioni, che ringrazio per la sensibilità e la disponibilità politica.
Il piano di riqualificazione ospedaliera che la regione Campania ha adottato con delibera del 1o ottobre 2008, sottende un accordo intercorso con il Ministero della salute per il contenimento e il rientro della spesa sanitaria. Tale piano, ahimè, ha fortemente penalizzato il Sannio, in quanto ha previsto la soppressione dell'ospedale di Cerreto Sannita, che serve una popolazione di ben 60 mila abitanti, una riduzione di posti letto nell'azienda ospedaliera «G. Rummo» e ha creato forti contestazioni nella mia realtà locale, il Sannio: esso infatti mortifica fortemente un'area interna, come quella del Sannio, che molto spesso viene messa in disparte dalle esigenze centrali di Napoli. Chiediamo, pertanto, di mantenere attivo il presidio ospedaliero di Cerreto Sannita, di rafforzare l'azienda ad alta specialità «G. Rummo», di affidare precise funzioni di ospedale di secondo livello al presidio ospedaliero di «Sant'Agata dei Goti» e di rafforzare infine l'ospedale territoriale di San Bartolomeo in Galdo.
Con la presente interpellanza chiediamo al sottosegretario di sapere qual è l'intendimento del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ai fini dell'accordo che dovrà essere formalizzato sul predetto piano di riqualificazione ospedaliero, tenendo presente che sono attualmente in discussione emendamenti al piano per modifiche strutturalmente e funzionalmente sostenibili e che si tratta di emendamenti sia di opposizione che di maggioranza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Francesca Martini, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, l'esigenza di coniugare la garanzia della tutela della salute sul territorio nazionale ed il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, unitamente all'equilibrio economico finanziario, è alla base degli accordi sui piani di rientro dai disavanzi sanitari. I piani contengono sia le misure di riequilibrio delPag. 80profilo erogativo dei suddetti livelli sia le misure necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010, da realizzarsi con provvedimenti attuativi degli obiettivi previsti per la riqualificazione del Servizio sanitario regionale. Per realizzare la manovra prevista nel triennio, ogni regione può contare su una quota del Fondo straordinario stabilito dalla legge finanziaria 2007.
In questo ambito, la medesima legge ha affidato a questo Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, mi preme sottolinearlo, il compito di assicurare alle regioni interessate un'attività di affiancamento per la preventiva approvazione dei provvedimenti adottati dagli stessi enti locali per il raggiungimento degli obiettivi indicati dai piani, da realizzarsi con un'attività di verifica con cadenza trimestrale, sulla base dell'istruttoria svolta dai tavoli tecnici istituiti dei citati ministeri.
La regione Campania (arrivo al punto), in vista della preventiva approvazione ministeriale, ha inviato, in data 7 ottobre 2008, lo schema di deliberazione della giunta regionale concernente «ristrutturazione e riqualificazione della rete ospedaliera», unitamente ad una relazione tecnica. In sintesi, il provvedimento prevede in primo luogo la chiusura, entro il 2008, di 145 posti letto, il che dovrebbe portare ad un risparmio economico, per anno, pari a 29 milioni di euro, calcolando un costo di ogni posto letto, ogni anno, di 200 mila euro.
Inoltre, si prevedono interventi di riorganizzazione e riqualificazione dell'emergenza degli ospedali, con un risparmio economico di 85 milioni di euro; interventi di dismissione dei presidi ospedalieri trasformati in ospedali di comunità, con riconversione dei posti letto, per acuti in riabilitazione e lungodegenza e confluenza del presidio ospedaliero di Tortora di Pagani nel presidio ospedaliero di Nocera, con un risparmio di circa 99 milioni e 830 mila euro.
Il totale complessivo dell'intera manovra viene valutato, negli anni 2008-2009, pari a 214 milioni e 230 mila euro.
Lo schema di delibera regionale ha ricevuto il parere positivo da parte dei competenti Ministeri, a condizione che fosse rivista la tempistica del provvedimento (nel senso di garantirne gli interventi immediati entro dicembre 2008), fosse assicurato il coordinamento con il piano regionale ospedaliero 2007-2009, e ne fosse rivalutato l'impatto economico-finanziario alla luce di condizioni più realistiche.
In merito a quanto richiesto dagli onorevoli deputati interpellanti si deve precisare che il Ministero, per effetto della vigente legislazione di livello costituzionale (mi riferisco al titolo V della Costituzione), non può sostituirsi alla regione per quanto concerne il merito delle scelte di programmazione sanitaria.
Preciso, inoltre, che la giunta regionale della Campania ha approvato un disegno di legge recante «misure straordinarie di razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario regionale per il rientro dal disavanzo», che deve essere approvato dal consiglio regionale entro il termine perentorio del 30 novembre prossimo venturo.
Il provvedimento, che ricomprende il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, si propone di riqualificare l'offerta sanitaria, oltre che di ridurre la spesa, attraverso la qualificazione delle aziende ospedaliere (che già il piano ospedaliero di cui alla legge regionale n. 24 del 2006 colloca al più alto livello della rete dell'emergenza) e la razionalizzazione della stessa rete delle emergenze, che deve essere valutata non tanto per l'aspetto della variazione dei posti letto, quanto per l'adesione ad un diverso modello organizzativo degli ospedali, deputati sia ad assicurare prestazioni di primo soccorso e diagnostica di base, sia prestazioni caratterizzate da una maggiore intensità di cura, fino ai presidi chiamati a garantire le funzioni di alta specializzazione.
Per l'individuazione dei presidi interessati dalla manovra, la regione ha tenuto conto della collocazione territoriale e della dimensione degli stessi, secondo criteri dalla stessa prefissati, e dei volumi e della tipologia delle prestazioni erogate.Pag. 81
La proposta di ristrutturazione della rete ospedaliera campana fissa gradualmente nel tempo a 3,064 posti letto per mille abitanti i posti letto per acuti e, nel contempo, innalza a 0,516 per mille abitanti i posti letto per le attività di lungodegenza e riabilitazione. Lo standard totale si assesterebbe a 3,58 posti letto per mille abitanti. La provincia di Benevento avrà un indice di posti letto per mille abitanti pari a 4,6; di questi ultimi, 3,43 saranno per acuti e 1,16 per riabilitazione e lungodegenza.
Il ruolo di alta specialità è assolto dall'azienda ospedaliera Rummo, che sarà dotata anche della cardiochirurgia e sarà prevista, inoltre, l'attivazione del nuovo ospedale di Sant'Agata dei Goti, nel quale confluiranno le funzioni dei vecchi ospedali di Sant'Agata e di Cerreto Sannita. Questi ultimi diventeranno, nel piano che è stato presentato, strutture ambulatoriali polispecialistiche e a Cerreto Sannita vi sarà anche un presidio di servizio di assistenza urgenza territoriale, così come predisposto dal progetto.
Il territorio beneventano è, inoltre, servito dall'ospedale Sacro Cuore di Gesù Fatebenefratelli (secondo livello della rete dell'emergenza con 217 posti letto), dall'IRCCS Fondazione Maugeri di Telese Terme, specializzato in attività di riabilitazione, dall'ospedale di San Bartolomeo in Galdo, destinato ad essere ospedale del territorio, idoneo ad assicurare un primo punto di soccorso e stabilizzazione del paziente.

PRESIDENTE. L'onorevole De Girolamo ha facoltà di replicare.

NUNZIA DE GIROLAMO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la risposta. Vorrei solo precisare che siamo consapevoli dei limiti determinati dalla modifica al titolo V della Costituzione e chiediamo solo un intervento del Governo, onde evitare che le aree interne della Campania vengano ulteriormente lese dalla gestione scellerata del centrosinistra e dal «napolicentrismo» che già in diverse occasioni ha leso fortemente Benevento e non solo la mia provincia, ma tante altre.
Per quanto riguarda l'elenco di tutte le reti ospedaliere da lei ricordate esso è veritiero, con l'eccezione di San Bartolomeo in Galdo, che è un ospedale fantasma che mi ha visto protagonista anche di un altro strumento di sindacato ispettivo. Si tratta, infatti, di un ospedale in costruzione da cinquant'anni con tante risorse spese, ma che, in realtà, non è mai stato costituito, visto che oggi non è attivo e quindi quel territorio resta privo di copertura e ancora tante persone muoiono a causa della mancata assistenza sanitaria.

(Misure fiscali a favore delle famiglie numerose - n. 2-00206)

PRESIDENTE. L'onorevole Mosella ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bobba n. 2-00206, concernente misure fiscali a favore delle famiglie numerose (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), che ha testè sottoscritto.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, il tema su cui interpelliamo il Governo e il sottosegretario Giovanardi, anche alla presenza di colleghi e colleghe e della sua Presidenza, che ci conforta, riguarda la famiglia. Gli indicatori offerti dai più autorevoli istituti di ricerca hanno rilevato che la povertà e le conseguenti condizioni di diseguaglianza crescono in maniera significativa nel nostro Paese.
In Italia, secondo l'ISTAT, vi sono più di 2 milioni e 600 mila famiglie povere. A conti fatti, vi sono 7 milioni e 600 mila persone ad altissimo rischio di marginalità. Parliamo del 13 per cento della popolazione. La situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno (il tema ritorna e si ripete) dove il reddito delle famiglie è pari a circa i tre quarti di quello delle famiglie del centro nord e dove vive il 75,3 per cento delle famiglie povere.
Nel sud e nelle isole il 22,6 per cento delle famiglie è povero, contro il 5,2 per cento del centro-nord. La condizione di povertà è anche più grave se si tiene conto di alcune situazioni particolari che, nella nostra interpellanza, sono state evidenziatePag. 82ed illustrate. Ci riferiamo alle famiglie numerose, composte da cinque o più persone: il 24,3 per cento di esse è povero e tale quota raggiunge il 37,5 per cento nel Mezzogiorno.
A questo bisogna aggiungere i minori: un milione e 728 mila sono quelli in stato di grande difficoltà; sono il 17,1 per cento e di questi ben il 72 per cento vive nel Mezzogiorno. Potremmo aggiungere gli anziani: si parla di oltre 1 milione e 600 mila individui a forte rischio di sopravvivenza, molti dei quali concentrati nei piccoli paesini in via di spopolamento del sud, spesso lontani e mal serviti rispetto ai grandi centri urbani. Ma c'è anche un Sud in alcune regioni del nord, basta andare a vedere i dati.
Poi ci sono le famiglie monoreddito, alle quali potremmo aggiungere i precari, le donne sole, i lavoratori e le lavoratrici ultraquarantenni espulsi dal mercato del lavoro in un momento in cui il clima che si vive nel Paese è di grave e seria preoccupazione. Credo che anche i meno informati abbiano capito che ci aspettano mesi molto duri.
Nel 2007, secondo il Ministero dell'economia e delle finanze, le istituzioni pubbliche hanno erogato prestazioni ai fini sociali pari a 366 mila milioni di euro, di cui il 63,3 per cento, pari a 243 mila e 139 milioni di euro, per pensioni. Quindi c'è stato un aumento del più 5,2 per cento rispetto all'anno precedente. Lo squilibrio funzionale, quindi, è evidente se si considera l'incidenza percentuale sul prodotto interno lordo; infatti, la spesa per la previdenza incide per il 15,8 per cento (era il 15,6 per cento nel 2006), quella per la sanità per il 6,2 per cento (era il 6,4 per cento nel 2006) e quella per l'assistenza sociale per l'1,9 per cento (lo stesso valore del 2006).
Lo stesso disegno di legge finanziaria per il 2009 prevede un taglio del 32 per cento al Fondo delle famiglie. Lei stesso, signor sottosegretario, ci ha informato che saranno danneggiati in particolar modo i consultori familiari (che non avranno finanziamenti), le tariffe sociali delle bollette per i servizi delle famiglie numerose e la riqualificazione degli assistenti familiari, mentre sarà salvaguardato il solo piano che riguarda gli asili nido. Lei ha espresso ciò con grande chiarezza in Commissione affari sociali e a noi è toccato solo prenderne atto.
Il governatore della Banca d'Italia ci ha detto che calano i consumi delle famiglie sotto il peso dell'erosione del reddito disponibile a causa dell'inflazione e dell'aumento del servizio al debito e ritiene urgente nel breve termine ripristinare il clima di fiducia dei cittadini e dei mercati.
Per quanto riguarda l'Europa, lei sa meglio di noi come stanno le cose, anche in merito al Trattato di Lisbona, quali sono state le indicazioni dello stesso Presidente Barroso e quali sono gli indicatori che ci vengono forniti. In effetti, con un po' di amarezza dobbiamo constatare che, nell'Europa dei 15, veniamo dopo la Grecia e siamo il Paese con trasferimenti sociali che hanno il minore impatto nella riduzione della povertà. Siamo dietro a Paesi come la Svezia, la Danimarca, la Finlandia, i Paesi Bassi, Germania e Irlanda, dove si riesce a ridurre del 50 per cento il rischio di povertà.
Quindi - e concludo - chiediamo al Governo e a lei, signor sottosegretario, se non si ritiene opportuno intervenire con misure urgenti in questo clima di grande preoccupazione e incertezza. Si tratterebbe di iniziative normative al fine di salvaguardare non solo banche e imprese, ma anche il tessuto sociale primario, che la famiglia (che è la cellula primaria della nostra società) va a costituire.
Vorremmo sapere se non intende investire nel breve periodo nella famiglia attraverso strumenti di reale politica familiare, quale una più equa parametrazione degli indicatori ISEE, in modo che tengano effettivamente conto della numerosità del nucleo familiare. Chiediamo se non sia opportuno prevedere una ulteriore detrazione fiscale di 100 euro per ogni figlio a carico limitatamente alle famiglie con almeno tre figli e la detrazione fiscale delle spese sostenute dalle famiglie per l'assistenza ai bambini e agli anziani, ricorrendo - se necessario - a fonti di finanziamentoPag. 83che ci siamo permessi di indicare e che rappresentano una rotta da seguire. Indichiamo la confisca dei montepremi non riscossi del Superenalotto e degli altri giochi di Stato, che sono cifre non eccezionali, ma che comunque - in un momento di grave difficoltà - potrebbero essere un segno per invertire la tendenza, perché di questo vogliamo parlare: di un'inversione di tendenza.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, credo che gli interpellanti converranno con me che questo stato di disagio delle famiglie italiane sicuramente non è nato negli ultimi sei mesi. Già tre anni fa mi ricordo che in campagna elettorale ebbe fortuna lo slogan delle famiglie che non arrivavano all'ultima settimana del mese con le spese. Da allora sono passati tre anni; si sono alternati vari governi e le situazioni di disagio permangono.
Partiamo proprio dalla consapevolezza di questo disagio sociale ed economico nel quale versano oggi le famiglie italiane, a proposito del quale apro e chiudo parentesi. È evidente che oggi parliamo di interventi specifici per la famiglia. Tuttavia, occorre affrontare nell'ottica della globalizzazione, della crisi economica internazionale e della recessione mondiale i grandi nodi delle infrastrutture, della produzione di energia, della sicurezza e, quindi, della competitività delle nostre imprese rispetto ad una realtà nella quale se non hai mercato sei obbligato a chiudere e, quindi, a creare disoccupazione e disagio. Queste sono le vere sfide per risolvere in maniera strutturale le difficoltà delle famiglie o anche dei giovani.
Certo, è che quando Paesi come la Cina e l'India sfornano centinaia di migliaia di giovani nuovi ingegneri e di informatici che svolgono grande ricerca scientifica e parlano quattro lingue, mentre noi siamo ancora alle occupazioni della scuola con il «k», con la memoria che risale a quarant'anni fa, quando le sfide che dobbiamo affrontare sono globali, c'è anche da essere presi da un senso di scoramento.
Comunque, venendo alla questione delle famiglie, da una parte il problema è quello di sostenere economicamente, e da questo punto di vista fare alzare, il reddito familiare e, dall'altra, il miglioramento dei servizi. Per fortuna - dico io - il Governo, prima ancora che esplodesse questa crisi economica e finanziaria e la recessione a livello mondiale, nei primissimi giorni del suo mandato, ha varato una serie di provvedimenti di concreto e immediato favore per le famiglie.
Mi riferisco, innanzitutto, alla totale eliminazione dell'ICI sulla prima casa. Devo sottolineare questo aspetto perché questa mattina, in un dibattito televisivo con il Ministro ombra Lanzillotta, che ammetteva che questo Governo sta assumendo una serie di provvedimenti per le fasce più povere e disagiate della popolazione, ma, diceva che però non facciamo niente per i ceti medi, ho dovuto ricordare che una delle tasse più inique e odiose che esisteva era proprio quella dell'ICI sulla prima casa, ossia sulla casa di abitazione anche di operai, di impiegati e di pensionati perché la fascia dell'esenzione era talmente bassa che una persona normale con un reddito medio-basso doveva pagare l'ICI.
Naturalmente l'abrogazione dell'ICI ha voluto dire per milioni di famiglie italiane (più dell'80 per cento), proprietarie della casa in cui abitano, una liberazione di risorse che possono sicuramente favorire il loro reddito. Analogo effetto produce la rinegoziazione dei mutui sulla prima casa, il cui onere è diventato particolarmente gravoso per tante famiglie italiane.
In questa direzione si inquadra anche la detassazione degli straordinari che è andata a sostenere il reddito dei lavoratori, e quindi delle famiglie. A questo proposito ricordo che è stato approvato dalle Camere un ordine del giorno che impegna il Governo, al termine del periodo di sperimentazione della detassazione, aPag. 84differenziare l'intervento in base al numero dei componenti del nucleo familiare del lavoratore, applicando una disciplina diversa a favore dei lavoratori con un nucleo familiare numeroso, aumentando il tetto di reddito stabilito per usufruire della detassazione in relazione al numero dei componenti del nucleo familiare. Tornerò su questo aspetto con riferimento ad altri provvedimenti, come quello sul gas e l'elettricità, che comportano per le famiglie numerose che hanno almeno quattro figli un risparmio di decine di milioni di euro.
Ricordo anche che il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, nella manovra finanziaria prevede altri interventi di sostegno nei confronti delle famiglie, in primo luogo il Piano casa che ha l'obiettivo di garantire su tutto il territorio nazionale livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo. Lo stesso provvedimento prevede misure relative ai libri di testo scolastici, che verranno resi accessibili tramite la rete Internet, nonché l'abolizione dei limiti al cumulo fra pensione e redditi di lavoro per cui non ci saranno tagli agli assegni per i pensionati che decidono di continuare a lavorare. Questo è un modo per non penalizzare chi arrotonda la rendita di anzianità.
Inoltre, come è noto poiché se ne parla in questi giorni, si è prevista l'istituzione, con onere a carico dello Stato di una carta acquisti, che è volta a sostenere le famiglie e le persone anziane nella spesa alimentare e per le spese domestiche di luce e gas. Si presenta come una normale carta di pagamento anonima, come quelle che sono già diffuse ampiamente nel Paese, ma l'onere relativo agli acquisti effettuati con tale carta non verrà addebitato al titolare della stessa, bensì direttamente allo Stato.
La carta potrà essere utilizzata per effettuare acquisti in tutti i negozi abilitati e anche per avere sconti nei negozi convenzionati. Tramite la carta si potrà accedere direttamente alla tariffa elettrica agevolata. Questa carta, come è noto, vale 40 euro al mese (che corrispondono alle vecchie 80 mila lire) e per le domande che arriveranno entro il 31 dicembre la carta sarà inizialmente caricata con 120 euro relativi ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2008. Successivamente, nel 2009 sarà caricata ogni due mesi con 80 euro per una spesa di circa 450 milioni di euro.
In questi giorni sono partite le prime lettere ai destinatari che sono circa un milione e 300 mila persone. La carta spetta ai cittadini ultrasessantacinquenni e alle famiglie con figli di età inferiore ai tre anni che abbiano un reddito ISEE fino a 6 mila euro, e siano proprietari di una sola casa di abitazione. Per chi ha più di settant'anni la soglia di reddito aumenta a 8 mila euro.
Rispetto a certe polemiche faccio notare che questa è una misura che si riferisce proprio alle situazioni di maggiore disagio ed è finalizzata al sollievo di queste situazioni, consentendo di far fronte proprio ai bisogni di prima necessità, come quelli alimentari, che sono importantissimi per gli anziani e per le famiglie numerose, ed evita anche che questi aiuti possano essere finalizzati diversamente. È noto, infatti, che anche nelle famiglie vi possono essere casi in cui, pur essendovi disagi economici, non sempre le poche risorse disponibili sono utilizzate da qualcuno verso i maggiori bisogni. Oltre agli interventi descritti, il Governo riconferma l'intenzione di effettuare una politica fiscale che, nei riguardi delle famiglie, tenga conto del carico a cui sono assoggettate in base alle reali caratteristiche e alle esigenze di ciascun nucleo familiare, passando dalle detrazioni alle deduzioni, e arrivando, in corso di legislatura, anche al quoziente familiare.
Nel Libro verde sul futuro del modello sociale in Italia presentato dal Governo si vuole proporre un nuovo modello sociale, con l'affermazione della centralità della persona, in sé e nelle sue proiezioni relazionali a partire dalla famiglia. Si vuole, in altri termini, focalizzare l'attenzione sulla necessità di una graduale riarticolazione del sistema di protezione sociale italiano, scontato il nodo cruciale del debito (che purtroppo c'è) e quello di una congiuntura economica che vede probabilmente in tutto il mondo, in tutta l'EuropaPag. 85e anche in Italia un segno meno di tipo recessivo (quindi, purtroppo, di minori entrate). Ciò per fare fronte ad una spesa sociale che non è inferiore a quella degli altri Paesi europei, ma purtroppo è ridistribuita in maniera diversa e penalizza sostanzialmente più i giovani, esposti ai rischi del ciclo della vita, le giovani coppie e le famiglie numerose.
In questo caso anche il federalismo fiscale potrà dare un contributo. Ricordo che le politiche sociali oggi le fanno il Governo e il Parlamento, ma sono ampiamente spostate sulle regioni, le province e i comuni. Faccio alcuni esempi. Mi ritrovo con la delega sulla droga a disporre di circa 12 milioni di euro complessivamente per tutte le politiche antidroga nazionali. L'altro giorno sono stato in due città che mettono in opera sul territorio pregevoli interventi sociali: la sola città di Monza spende ogni anno 24 milioni di euro di spesa sociale, mentre, lo ripeto, il Dipartimento antidroga ha disposizione, per tutto il territorio nazionale, 12 milioni di euro. Ricorderò dopo il piano degli asili nido - è presente l'ex Ministro Bindi - che mette a disposizione non dello Stato, ma delle regioni, a cui sono trasferiti, 100 milioni di euro l'anno. Solo il comune di Parma spende 16 milioni di euro l'anno per fare gli asili nido e non sono quelli che derivano dallo Stato, sono 16 milioni aggiuntivi. Ciò per dire, quando si parla di spesa sociale, quanto sia necessario arrivare anche ad un monitoraggio complessivo e capire tra comuni, regioni, province e Stato come vengono indirizzate le risorse. È vero, l'ho detto, e confermo totalmente le risorse per gli asili nido, ma ho anche detto che per il resto sto svolgendo un monitoraggio per capire, essendo stati trasferiti gli altri fondi - in merito a colf, badanti, consultori, e famiglie numerose (dirò dopo cosa abbiano fatto nell'interesse di quest'ultime) -, cosa hanno realizzato le regioni. Vi sono, infatti, regioni che di quel trasferimento non hanno utilizzato assolutamente nulla. Ci sono alcune regioni che lo hanno utilizzato in determinate maniere, altre in maniera diversa. Quando ci confrontiamo sul problema della droga, che è un problema sociale rilevantissimo, come voi sapete, poiché il trasferimento è indistinto e non vi è finalizzazione, si osserva che alcune regioni hanno fatto una pregevole opera di sostegno, ad esempio, alle comunità di recupero; altre regioni non hanno dato assolutamente nulla. Questo è un grande problema, perché quando si parla di spesa sociale bisognerà anche avere un quadro complessivo per capire sul territorio nazionale, nelle singole regioni e nei singoli comuni, in sintonia col Governo, come e in che direzione sono utilizzate le risorse.
Probabilmente, infatti, vi sono località virtuose in cui si assommano azioni positive ed altre località italiane in cui, invece, nulla viene destinato in una certa direzione. È certo che proprio la crisi economica mondiale impone un'approfondita riflessione sui concreti strumenti di sostegno da individuare in una logica e con un approccio unitari, per alcune misure che devono essere anche di carattere universale (prima ricordavo l'obiettivo di arrivare al quoziente familiare).
In queste ore, in vista del Consiglio dei ministri di domani, ulteriori misure sono allo studio: si va dal bonus figli (del quale dovrebbero beneficiare le famiglie con reddito inferiore ai 20 mila euro e che sarà modulato sulla base del numero dei componenti) all'estensione degli ammortizzatori sociali ai lavoratori atipici, da nuove misure per i mutui a interventi sugli acconti IRPEF e IRES e all'ipotesi di riduzione dei prezzi per farmaci generici, da modifiche volte a semplificare e ad accelerare le procedure di rimborso dei crediti fiscali, nonché i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, al possibile blocco di tariffe di luce, gas, autostrade e ferrovie (questioni, però, che sono in discussione proprio mentre sto parlando e che verranno poi affrontate nel Consiglio dei ministri di domani).
Sempre per sostenere la famiglia, è allo studio del Governo e, segnatamente, proprio del Dipartimento per le politiche della famiglia, l'elaborazione di un meccanismo di credito agevolato per le famiglie con nuovi nati. È allo studio l'istituzione di unPag. 86apposito fondo presso la Presidenza del Consiglio, denominato Fondo di credito per i nuovi nati, finalizzato al rilascio di garanzie dirette alle banche e agli intermediari finanziari. In altri termini, si prevede un intervento pari a circa 5 mila euro per ciascuna nascita, così da supportare i nuclei familiari nelle spese riconducibili alle più tipiche esigenze del bambino nei suoi primi anni di vita, prevedendo una remunerazione del debito ad un tasso di interesse particolarmente conveniente (si ipotizza il 4 per cento).
Tale importo, differenziato sulla base della necessità delle richieste, permetterà, inoltre, di accedere al prestito anche a coloro che potrebbero non avere merito creditizio per importi fissati rigidamente. Ieri parlavo proprio con le varie consulte sull'usura, che mi segnalavano una situazione drammatica di decine di migliaia di famiglie, che, non potendo accedere al credito perché le banche non danno loro prestiti, finiscono in mano agli usurai, perché non sanno a chi rivolgersi per provvedere a esigenze che, certamente, sono proprie non delle famiglie ricche, ma delle famiglie disagiate.
È opportuno, pertanto, che lo Stato si faccia carico, onde impedire che tali famiglie finiscano in mano alla speculazione e all'usura, di permettere, anche a chi non ha immobili o garanzie reali, di accedere a misure alle quali le banche, di solito, non permettono di accedere (ciò mi sembra utile). Conosco l'obiezione: qualcuno ha detto che questa idea è ridicola e offensiva, ma allo stesso tempo il comune di Torino - di segno politico diverso rispetto a questo Governo - ha avuto la stessa idea, cioè ha stanziato fondi per garantire prestiti bancari e mutui per chi intende comprare la prima casa. Essendo pervenute, però, 1.400 domande, il 7 novembre il comune ha indetto una lotteria: ha estratto a sorte, tra le 1.400 persone (le coppie che hanno presentato domanda), i cento fortunati che, avendo vinto il biglietto della lotteria, possono chiedere un prestito in banca garantito dal comune di Torino. Quella è un'idea splendida.
Non capisco perché, invece, se lo Stato dà la possibilità, a chi ha un figlio ed ha necessità, di chiedere un prestito garantito dallo Stato, e lo consente a tutti quelli che sono nella stessa situazione, questa sia un'idea ridicola e vergognosa. Mi sfugge il passaggio logico in questo tipo di interpretazione.
Gli interpellanti si richiamano anche alla necessità di una migliore parametrazione dell'ISEE, ossia l'indicatore, costruito con una scala di equivalenza, che pesa le famiglie numerose. In sostanza, a parità di reddito, la maggiore numerosità della famiglia abbassa la soglia dell'indicatore e valorizza in questo modo la numerosità dei nuclei. Come sapete, però, le varie regioni applicano in maniera differenziata l'ISEE: vi sono regioni che, anche per gli aiuti alle famiglie numerose, fissano un determinato tetto di reddito ed altre che ne fissano uno più alto. È certo che in quelle che fissano un reddito molto basso, dove anche le risorse statali vengono indirizzate per le famiglie numerose, alla fine, poiché sono poche le famiglie che possono accedervi, il beneficio non va a quelle numerose.
Proprio per questo è in fase conclusiva, alla firma, un provvedimento che abbiamo studiato e concordato con l'associazione delle famiglie numerose, volto finalmente a prevedere agevolazioni tariffarie per il gas e l'elettricità per le famiglie numerose e in condizioni di disagio economico, del valore di diverse decine di milioni di euro.
Infatti, fino a questo provvedimento in Italia le nostre tariffe erano fatte in maniera tale che le famiglie numerose (evidentemente chi ha da quattro figli in poi consuma di più rispetto al single) avevano una soprattassa energetica, cioè pagavano con una soprattassa gli sconti tariffari per chi consumava poco, cioè i single. Era un'odiosa tassa che colpiva chi aveva più figli e che, avendo più figli, inevitabilmente aveva consumi elettrici e di gas più elevati.
In particolare, questi due provvedimenti permettono uno sconto sulle tariffe del gas e dell'elettricità per le famiglie con un ISEE pari o inferiore a 7.500 euro. Questi sconti vengono estesi a tutte lePag. 87famiglie con quattro o più figli, ossia alle famiglie numerose (la Costituzione dice che lo Stato deve provvedere con particolare favore alle famiglie numerose) con un ISEE che viene elevato a 20 mila euro, atteso che anche queste famiglie possono considerarsi per definizione, avendo quattro figli o più, disagiate, nel senso degli oneri che devono naturalmente sopportare per l'educazione e la cura dei figli.
Tutto ciò di cui ho parlato porta ad un unica conclusione: la necessità di sviluppare un modello dinamico di integrazione sociale, caratterizzato da un'offerta di interventi rivolti alla famiglia lungo tutto il percorso della vita che ne sostenga le fragilità, favorendo la promozione e lo sviluppo di reti familiari, nella consapevolezza che la famiglia non è un onere, ma è portatrice di opportunità umane e finanziarie.
Proprio l'altro giorno, con il professor Donati in un convegno nazionale che si è tenuto a Parma sottolineavamo però anche l'importanza delle reti, che responsabilizzano lo Stato, le regioni, i comuni, il privato sociale, le aziende. Per esempio, c'era la Barilla che illustrava le sue iniziative sugli asili aziendali, con una forma di compartecipazione a rete, che metta al centro la famiglia e possa creare le condizioni per il futuro, specialmente per quanto riguarda le giovani coppie, affinché possano costituirsi, avere dei figli e proiettarsi verso il futuro.
Sottolineo ancora una volta, concludendo, che queste misure guardano proprio, per la congiuntura economica favorevole e per la crisi che stiamo vivendo, alle famiglie più povere e sono finalizzate a dare un sollievo immediato alle esigenze di chi in questo Paese ha più difficoltà a rapportarsi con esigenze primarie, come quelle della spesa, del pagamento delle bollette del gas e della luce. Queste misure, quindi, hanno una forte valenza sociale, che questo Governo e questa maggioranza vogliono dare a questi provvedimenti.

PRESIDENTE. L'onorevole Bobba ha facoltà di replicare.

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, non sono soddisfatto e cerco di spiegarne le ragioni. Sono d'accordo con il Governo e con il sottosegretario Giovanardi che lo stato di disagio delle famiglie, in particolare di quelle che hanno a carico figli minori, un numero di figli elevato e anziani non autosufficienti, non origina né da questo né dal precedente Governo, ma è una situazione che perdura da molto tempo nel nostro Paese. Tuttavia il sottosegretario ha fatto proprio due esempi che credo sbagliati, perché ha parlato della questione dell'ICI e di quella degli straordinari. Forse con gli occhi del senno del poi oggi questo Governo non avrebbe adottato questi due provvedimenti, che si sono portati via gran parte delle risorse che potevano essere disponibili adesso per un intervento adeguato e serio proprio sulle famiglie in generale e su quelle numerose più in particolare.
Mi riferisco all'ICI. Al sottosegretario non sfugge che già per effetto della legge finanziaria del Governo Prodi il 40 per cento delle famiglie italiane non avrebbe più pagato l'ICI, ed erano proprio quelle che avevano case e redditi più modesti.
L'estensione generalizzata si è portata via 2 miliardi e mezzo, che certo non sono andati alle famiglie e alle persone più disagiate. Ancor di più sugli straordinari: guardandolo adesso, il provvedimento appare perfino ridicolo. Non solo era infatti intrinsecamente discriminatorio, nel senso che andava a sostenere le fasce di lavoratori che si trovavano già nelle imprese più competitive, dove vi era una maggiore possibilità di lavoro, ma oggi, alla luce dell'esplosione della cassa integrazione, andare a premiare gli straordinari sembra proprio la misura più incoerente che si possa intraprendere.
E così pure - terza questione - la social card annunciata questa mattina sui giornali. Il sottosegretario Giovanardi certo saprà che del milione e 300 mila persone che godranno di tale misura, circa un milione sono anziani, nelle due fasce dei 65-69 anni, con una soglia di 6 mila euro di reddito, e degli ultrasettantenni, con una soglia di 8 mila euro di reddito.Pag. 88Rimangono altre 300 mila persone; quanti sono, 80-90 mila nuclei familiari? Non possiamo certo «vendere» il provvedimento in esame come un provvedimento che andrà a sostegno delle famiglie!
Ha ragione il sottosegretario Giovanardi quando dice che sono penalizzati i più giovani: ricordo che nella scorsa legislatura il qui presente onorevole Lucà, presidente della Commissione affari sociali, aveva svolto un importante studio da cui si evinceva che il rischio povertà, o meglio la condizione di povertà dei minori, era sostanzialmente tre volte superiore a quella presente nella popolazione in generale; il che significa che la nostra redistribuzione delle risorse è alquanto sfavorevole proprio per i più giovani, e che dunque abbiamo creato o alimentato e allargato una diseguaglianza di tipo generazionale.
Ancora, il sottosegretario giustamente dice che il Governo vorrà intraprendere una misura più larga rispetto alle questioni fiscali, ma oggi è difficile annunciare come primo passo quello del credito agevolato alle famiglie numerose. Ma queste ultime danno già fin troppo! Non abbiamo più niente da chiedere loro! Cosa dobbiamo ancora chiedere loro? Contribuiscono in modo più che proporzionale al futuro di questo Paese, e andiamo ancora a chiedere loro qualcosa! Devono essere messe al centro, quelle in particolare, ma tutte le famiglie con figli minori; altrimenti non facciamo che alimentare la disuguaglianza che ho prima indicato, ed è difficile immaginare che non succeda il contrario. Mi sembra quindi che questa misura di per sé, in linea teorica, potrebbe anche non essere sbagliata, ma nella condizione attuale delle famiglie italiane, e in particolare di quelle numerose, mi sembra del tutto irrilevante, meno di un pannicello caldo!

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Tutte le famiglie, non solo quelle numerose!

LUIGI BOBBA. A proposito poi della questione delle tariffe, fa benissimo il sottosegretario Giovanardi ad insistere su di essa, ma voglio ricordare che questa misura era già stata intrapresa dall'altro Governo. È presente in Aula l'allora Ministro della famiglia Rosy Bindi, che attraverso un'azione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas aveva già dato indicazioni specifiche per evitare quella tassa così ingiusta, così odiosa e così al limite dell'assurdo, per cui chi ha più figli viene a pagare proporzionalmente di più l'energia elettrica, il gas e le altre tariffe. Benissimo dunque che il Governo vada avanti su tale strada, ma voglio ricordare che essa era già stata intrapresa, in modo più che positivo, dal precedente Governo.
Due ultime considerazioni e ho concluso. A proposito dell'ISEE, è vero quel che ha affermato il sottosegretario, ma è anche vero che, sempre nel precedente Governo, era stato istituita una commissione dal Ministro Bindi tesa a rivedere le cosiddette scale di equipollenza, che di fatto, così com'erano congegnate, non andavano effettivamente a coprire il carico dei bisogni crescenti con l'aumento della numerosità del nucleo familiare. È vero che le regioni lo applicano in modo indifferenziato rispetto alle soglie, ma è anche importante qual è la scala di partenza che si utilizza nella determinazione del quoziente che poi ci dà il cosiddetto reddito ISEE; e credo che rivederlo nel senso di un maggior favore (basta prendere il modello francese come parametro di riferimento) sarebbe un'opera di pura e semplice giustizia, perché evidentemente l'aumento di un componente del nucleo familiare produce dei maggiori costi che quella scala di equipollenza oggi non va a coprire.
L'ultima osservazione che voglio fare - è qui presente anche l'onorevole Capitanio Santolini, che a lungo ha seguito questi temi come presidente del forum delle famiglie - è la seguente: il tema vero, onorevole Giovanardi, è che noi spendiamo un terzo di quello che spende la Francia, ed è evidente che poi le differenze si riflettono nel tasso di natalità, nel tasso di occupazione femminile, nella possibilitàPag. 89di conciliazione tra lavoro e famiglia, nell'assegno alla nascita, nel sistema fiscale.
Non mi sembra che il Governo abbia intrapreso quella marcia che aveva indicato nel suo programma elettorale e che diceva: famiglia più forte, Italia più forte. Mi sembra, invece, che oggi le famiglie italiane siano più deboli e che dunque sia più debole anche il Paese.

(Orientamenti del Governo in merito all'adesione della Turchia all'Unione europea - n. 2-00214)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Amico ha facoltà di illustrare l'interpellanza Fava n. 2-00214, concernente orientamenti del Governo in merito all'adesione della Turchia all'Unione europea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), che ha testé sottoscritto.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, questa interpellanza a firma dei deputati della Lega Nord riguarda il processo di adesione della Turchia all'Unione europea.
Il fondamento giuridico del processo di allargamento va ricercato nell'articolo 49 del Trattato sull'Unione europea, dove viene stabilito che ogni Stato europeo che rispetti i principi fondamentali può domandare di diventare membro dell'Unione. L'avvio dei negoziati di adesione della Turchia è stato stabilito con il Consiglio europeo del 3 ottobre 2005 ma per la prima volta, rispetto ai negoziati con altri Paesi, lo stesso Consiglio lo ha definito un processo aperto, il cui esito non può considerarsi scontato.
In altri termini, il negoziato non porterà necessariamente all'adesione ma, eventualmente, anche a forme alternative di partenariato, potrà essere sospeso in qualsiasi momento e non avrà orizzonti definiti di durata. I principi che la Turchia dovrà rispettare per chiedere l'adesione all'Unione europea sono stati stabiliti nel Consiglio europeo del 1993.
Sono i cosiddetti criteri di Copenhagen necessari per l'adesione che consistono: di criteri politici, e quindi stabilità delle istituzioni democratiche, Stato di diritto, tutela dei diritti umani, rispetto e protezione delle minoranze; di criteri economici, e quindi l'esistenza di un'efficiente economia di mercato e di una capacità di competere in seno al mercato europeo in linea con i criteri esposti nel Trattato di Maastricht; infine di criteri legislativi, e quindi la capacità di assumersi gli impegni connessi con la membership, implementare la legislazione comunitaria che si concretizza nel negoziare i cosiddetti capitoli e, per ciascuno di essi, essere in grado di recepire una quota sufficiente di diritto comunitario (direttive e regolamenti) e di assicurare la sua effettiva applicazione attraverso strutture amministrative e giudiziarie appropriate.
Questa lista di criteri deve essere rispettata da uno Stato per poter richiedere l'adesione all'Unione europea. Vediamo, dunque, cosa la Turchia al momento rispetta e cosa non rispetta.
In base alle informazioni che abbiamo, basate sul rapporto della Commissione sui progressi della Turchia verso i criteri di Copenhagen del 2008, ci troviamo di fronte ad una situazione che non è sicuramente adeguata. Per quanto riguarda i criteri politici, nel rapporto della Commissione, si afferma che la Turchia ha bisogno di un consistente programma di riforme politiche, costituzionali e del sistema giudiziario. Per quanto riguarda i criteri economici, si richiedono riforme per eliminare i punti di debolezza strutturale. Per quanto riguarda i criteri legislativi, si apre un altro rapporto. I criteri legislativi sono stabiliti in 35 capitoli, ognuno dei quali, deve essere aperto, e trattato tra l'Unione europea e il Paese che richiede l'adesione, che deve rispettare tutte le richieste per ogni singolo capitolo; a quel punto il capitolo viene accettato. In questo momento, nessuno dei 35 capitoli soddisfa le richieste; ne abbiamo solo 5 aperti. Quindi, su 35 capitoli solamente 5 sono in discussione. La Turchia sta cercando di muoversi per raggiungere lo standard europeo, ma sono ancora da affrontare 22 capitoli, e addirittura 8 sono ancora congelati,Pag. 90non è neanche possibile aprirli e cominciare a trattarli perché la Turchia prima deve portare avanti degli atti e dei comportamenti che possano permettere di aprire questi capitoli (tanto per citarne uno: il problema del riconoscimento di Cipro, Paese membro dell'Unione europea, che la Turchia si rifiuta ancora di riconoscere).
Signor sottosegretario, in base alle informazioni che abbiamo, riteniamo che il processo per poter richiedere ufficialmente l'adesione della Turchia all'Unione europea sia ancora molto lungo. Abbiamo notato che vi sono state delle affermazioni da parte del Governo che vanno in senso diverso, e per questo, con questa interpellanza, chiediamo di sapere se il Governo è a conoscenza di fatti nuovi che possano aver portato in avanti il processo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come il Presidente del Consiglio ha avuto modo di ribadire proprio il 12 novembre scorso, nel corso del vertice italo-turco di Smirne, il Governo italiano sostiene le prospettive europee della Turchia. Siamo infatti convinti che l'integrazione della Turchia in Europa aumenterà il peso economico del Vecchio Continente e rafforzerà la capacità di proiezione dell'Unione europea in un'area che è per noi di vitale interesse come quella del Mediterraneo e del Medio Oriente. Siamo convinti che, in quanto grande Paese musulmano, democratico e saldamente ancorato all'Unione europea, la Turchia potrà senz'altro svolgere un ruolo significativo come modello e ponte nei confronti del mondo musulmano.
Questa non è una posizione inedita, dato che il sostegno italiano alle aspirazioni di Ankara è stato formalmente ribadito in molteplici occasioni anche nel corso delle precedenti legislature. Un'ampia illustrazione della posizione italiana nella materia è stata, ad esempio, effettuata dall'allora Ministro degli affari esteri, onorevole Gianfranco Fini, in una informativa resa alla Camera il 3 dicembre 2004, alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles del successivo 17 dicembre, che avrebbe deciso l'avvio dei negoziati di adesione della Turchia all'Unione europea. Nell'occasione l'onorevole Fini ribadì che:«la prospettiva europea per la Turchia e' un'opzione alla quale il Governo italiano tiene in modo particolare. Per essa ci siamo impegnati con costanza negli ultimi mesi e intendiamo continuare a farlo con convinzione». Tale linea politica è stata costantemente seguita da tutti i Governi che si sono da allora succeduti. Penso di poter rinviare, a tal proposito, alle successive relazioni annuali del Governo al Parlamento sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, che hanno sistematicamente confermato il sostegno dell'Italia alle aspirazioni europee di Ankara.
Lo stesso concetto è stato ribadito dal Ministro Frattini lo scorso 2 luglio, in occasione delle comunicazioni sulle linee programmatiche del suo Dicastero di fronte alla Commissione Affari esteri ed emigrazione del Senato ed alla Commissione Affari esteri e comunitari della Camera, riunite in sessione congiunta. Le dichiarazioni rese dal Ministro Frattini lo scorso 5 novembre, in occasione del Foro di dialogo italo-turco, cui hanno partecipato anche i Ministri della difesa, delle infrastrutture, dell'interno e dello sviluppo economico, si collocano quindi nell'alveo di una politica consolidata del Governo a sostegno del partner turco, politica che proprio in questi giorni, come si accennava prima, ha trovato conferma al più alto livello politico nel Vertice italo-turco.
Come il Presidente del Consiglio ha avuto modo di affermare pubblicamente, subito dopo il Vertice di Smirne, il Governo si adopererà per convincere i Paesi dell'Unione che frenano sulla possibilità che Ankara faccia parte della UE, dell'importanza strategica di questo Paese. Ciò non vuol dire che il Governo abbia emesso un «assegno in bianco» a favore della Turchia. Infatti, nel corso del Vertice Italia-Turchia,Pag. 91così come in occasione del precedente Foro di dialogo italo-turco, abbiamo anche ribadito la necessità che Ankara rilanci con forza il processo di riforme interne verso l'adeguamento dell'acquis comunitario.
Il processo di riforme avviato in Turchia a partire dal 2002 ha prodotto in questi anni innegabili e rilevanti risultati riconosciuti da tutti gli Stati membri e dalla Commissione europea nei suoi rapporti annuali, l'ultimo dei quali è stato depositato il 5 novembre. Grazie all'approvazione di successivi pacchetti di riforme, che includono anche importanti emendamenti costituzionali, la Turchia si presenta oggi come un Paese profondamente diverso rispetto a pochi anni fa, avendo cominciato ad affrontare anche questioni di particolare sensibilità: basti pensare all'abolizione della pena di morte, ai progressi sul fronte della libertà di stampa e della libertà di associazione, al riconoscimento del prevalere del diritto internazionale su quello interno, all'abolizione delle corti di sicurezza dello Stato, alla legge sulle fondazioni.
Questi progressi vanno però consolidati ed estesi. Le riforme non hanno ancora inciso in maniera soddisfacente in alcuni settori chiave. Basti pensare al tema importantissimo della libertà religiosa, al pieno rispetto della libertà di espressione o alle misure di sviluppo socio-economico per la regione del sudest a prevalente etnia curda. Le stesse autorità turche sono consapevoli di quanto precede, e non a caso il Governo di Ankara ha annunciato il varo del terzo programma nazionale per l'adozione dell'acquis comunitario (da discutere prossimamente con l'opposizione e le organizzazioni non governative), dopo quelli del 2002 e del 2004, anche con l'obiettivo di confermare il suo impegno per le riforme interne e per la prospettiva europea.
Nelle previsioni governative tale programma di armonizzazione legislativa dell'acquis comunitario dovrebbe realizzarsi entro il 2013 e prevede l'adozione di ben duecento misure legislative. Il Governo italiano esprime il suo più vivo incoraggiamento nei confronti di questi ulteriori sforzi riformistici, che saranno fondamentali per mantenere un momentum soddisfacente nel processo di avvicinamento della Turchia all'Unione europea, nella consapevolezza, d'altra parte condivisa dalle autorità di Ankara, che la piena adesione della Turchia all'Unione non è per domani, ma anche nella convinzione che è questo lo scenario da perseguire, con pazienza, determinazione e buona volontà.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Amico ha facoltà di replicare.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la Lega Nord è un movimento politico, un grande movimento politico che fa parte di questa maggioranza e ne fa parte a pieno titolo. È un movimento politico che ha dimostrato, anche nella legislatura dal 2001 al 2006, di essere fedele, quando partecipa, e di essere molto affidabile. La Lega Nord però non è il PdL, è un movimento politico autonomo che ha le sue idee, i suoi valori, che cerca di portare avanti. Si è presentato davanti agli elettori portando queste idee ed ha ricevuto più di tre milioni di voti. Su questo tema probabilmente le nostre idee non sono del tutto coincidenti con quelle di un'altra parte della maggioranza, ma questo è naturale, altrimenti saremmo lo stesso partito, lo stesso movimento politico. Se avessimo le stesse idee, se avessimo gli stessi valori identici, saremmo la stessa cosa.
Non lo siamo, ma questo è il bello della democrazia: anche chi non la pensa esattamente in modo uguale si può mettere insieme, può trovare un percorso comune con degli obiettivi comuni, come il federalismo, e cercare di portarli a compimento. Su questo tema - l'abbiamo già detto in passato e l'ho ribadito prima - probabilmente abbiamo alcune differenze.
Quindi, l'interpellanza urgente in esame intendeva, a seguito delle ultime dichiarazioni, ribadire anche un po' questa nostra caratteristica. Infatti, un conto è dichiarare che si è a favore del completo ingresso - siamo già d'accordo sul completoPag. 92ingresso della Turchia nell'Unione europea - un altro conto è dichiarare che siamo favorevoli ad aiutarli a predisporre tutti quegli atti e ad arrivare ad un percorso che li possa portare a rispettare i criteri di Copenhagen ed eventualmente chiedere l'ingresso nell'Unione europea. Infatti, come abbiamo visto e come ha stabilito il Consiglio europeo del 2005, non è detto che con la Turchia vi debba essere l'adesione completa: si possono trovare anche altre forme di partenariato.
Quindi, dal nostro punto di vista, in questa fase sarebbe auspicabile, se si vuole e se si pensa che la Turchia possa in futuro fare questa richiesta, aiutarla a portare avanti le riforme, ma in modo molto fermo. Infatti, riteniamo molto diseducativo dire a qualcuno che ancora non rispetta i criteri e che dovrà fare un lungo percorso per rispettarli: «Stai tranquillo che sarei accettato, stai tranquillo che farai parte dell'Unione europea». Infatti ciò - mi scusi signor sottosegretario - è molto diseducativo. Noi dobbiamo spronarli, se li vogliamo, a fare le riforme, non dire loro: «State tranquilli che tanto vi accettiamo». È questo punto di base che in questa fase dovrebbe essere rimarcato. Quindi, se vi è tale volontà cerchiamo di portarla avanti, ma basandoci sui fatti, altrimenti vi è il rischio che si aprano sterili polemiche: «Sì alla Turchia, no alla Turchia, forse alla Turchia».
Allora, evitiamo queste cose e cerchiamo di lavorare sui fatti, basiamoci sui fatti. I dati concreti sono che vi sono criteri da soddisfare e dunque parliamo di quello. Quando i criteri saranno soddisfatti si potrà aprire il discorso «sì» o «no», perché solo in quel momento la Turchia presenterà formalmente la richiesta di adesione: abbiamo soddisfatto tutti i criteri, ci accettate sì o no?«. A quel punto si apre e potremmo aprire anche tra noi nella maggioranza, ma anche con i colleghi dell'opposizione, perché questa sarà una cosa che coinvolgerà tutto il Paese, un dibattito per dare una risposta. Tale dibattito dovrà anche occuparsi di come dare una risposta: se dare una risposta con mandato parlamentare o se dare una risposta addirittura coinvolgendo, come noi in passato abbiamo chiesto, il popolo, mediante una consultazione popolare che possa fare esprimere tutti cittadini rispetto ad un ulteriore allargamento, che secondo noi potrebbe anche portare problemi. Abbiamo visto l'ultimo allargamento dell'Unione europea alla Romania ed alla Bulgaria, che probabilmente è stato un po' affrettato, e quindi diciamo di fare attenzione su questi temi. Ma non vogliamo neanche costituire un «caso» all'interno di un Governo che sta lavorando bene e che sta rispondendo alle esigenze dei cittadini.
Questa settimana abbiamo approvato il disegno di legge sulla sicurezza: un altro passo importante per rispondere alle tante richieste che in campagna elettorale ci sono arrivate dai cittadini. Una maggioranza che sta andando così bene non si perda in polemiche che, forse, non è neanche il momento di trattare. Il nostro auspicio è quello di basarci sui fatti e, quindi, sui criteri che devono essere rispettati dalla Turchia. C'è una apertura ad aiutarli nel caso in cui abbiano bisogno di suggerimenti su come arrivare a soddisfare alcuni di tali criteri, però il nostro auspicio è che in futuro ci si fermi più sui dati concreti e sulla realtà, che è ancora molto, molto lontana dalla possibilità di un'adesione della Turchia all'Unione europea. La ringrazio comunque per la sua esposizione, signor sottosegretario, e porgo i saluti a tutto il Governo.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 18,47).

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguentePag. 93disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla XIII Commissione (Agricoltura):
S. 1175 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare» (Approvato dal Senato) (1961) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo del Partito Democratico ha chiesto alla Presidenza il rinvio dell'esame della mozione sul cosiddetto «pacchetto clima», preannunciata dal medesimo gruppo in vista della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo ed iscritta in calendario su segnalazione dello stesso, riservandosi di procedere in un momento successivo alla sua presentazione. Il relativo esame, a partire dalla discussione sulle linee generali, prevista per lunedì prossimo, non avrà pertanto luogo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 1o dicembre 2008, alle 15,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1083 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, recante disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali (Approvato dal Senato) (1891).
- Relatore: Simonetti.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali (1813-A).
- Relatore: Gibiino.

La seduta termina alle 18,50.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO GIANPAOLO DOZZO SULLE MOZIONI CONCERNENTI IL CONTRIBUTO DELLA PRESIDENZA ITALIANA ALLA DEFINIZIONE DELL'AGENDA DEL G8 DEL 2009

GIANPAOLO DOZZO. Il G8, nato come gruppo informale di incontro, non inquadrato nei consolidati schemi della diplomazia internazionale, si è andato negli anni sempre più formalizzando e, per certi versi, ha visto calare il suo potenziale di risoluzione di alcuni nodi internazionali.
Ciò è apparso evidente nel corso dell'ultimo vertice in Giappone, dove è stato riconosciuto che non è più possibile affrontare i principali temi attinenti alla governance mondiale, senza coinvolgere in una strategia a geometria variabile quei paesi (Cina, India, Brasile, Sudafrica) che per tasso di sviluppo, impatto sulla economia globale e popolazione sono ormai diventati dei protagonisti a livello mondiale.Pag. 94
Penso quindi che occorra formulare delle proposte che vadano verso un allargamento del numero dei partecipanti a tale consesso, sia per riconoscere loro il diritto di esprimere le proprie posizioni e di partecipare a determinate scelte, sia per vincolare questi paesi ad alcuni doveri.
Senza questo coinvolgimento, il mondo occidentale, e l'Europa in particolare, rischiano di proporre politiche teoricamente valide ma poi, alla verifica degli effetti, sostanzialmente vane.
Ciascuno dei punti affrontati dalle mozioni in esame, e cito solo ad esempio le tematiche ambientali, la lotta al commercio di armi, la riforma dei mercati finanziari, travalicano per loro stessa natura i confini statali e continentali, e sarebbe pura retorica pensare di portare anche un minimo miglioramento, una benché minima soluzione a tali problemi, senza una reale partecipazione alle decisioni da parte di queste nuove potenze economiche.
Ne è chiara dimostrazione il grande carico di aspettative e anche l'impatto in parte positivo, che ha caratterizzato il vertice allargato del G20 di pochi giorni fa.
Per questo credo che l'appuntamento del prossimo luglio in Italia sia una occasione da non perdere per stabilire alcune questioni importanti.
Innanzitutto perché è il vertice di più alto livello che si svolge nel pieno di una crisi finanziaria e produttiva internazionale, crisi che sta diffondendo timore e incertezza a livello globale, ed è anche il primo a cui prenderà parte il nuovo Presidente che guiderà gli Stati Uniti per i prossimi 4 anni.
Il problema di stabilire una governance mondiale veramente efficace è complesso e articolato, e secondo alcuni esperti una vera governance non è nemmeno possibile.
La velocità dei cambiamenti produttivi, la mancanza di frontiere climatiche, l'immaterialità della moneta e lo sviluppo dei trasporti e della logistica pongono il dubbio che non sia possibile «governare» le crisi, e questa in particolare, ma forse solo attutirne gli effetti sulle persone, ed in particolare sulle categorie più deboli.
Il contributo che la Lega si propone di dare tramite questa mozione è quello di impegnare il Governo affinché l'agenda del G8 sia improntata alla massima concretezza, affrontando alcuni temi veramente significativi e sui quali sia possibile cominciare ad agire da subito.
Auspichiamo che il prossimo G8 sia scevro dalla retorica che spesso accompagna questi vertici e che prenda le mosse, senza preamboli, dall'urgenza della crisi finanziaria e produttiva.
Spero che a luglio il Governo italiano potrà presentare, al summit, i risultati, che ci aspettiamo positivi, del pacchetto di misure a sostegno dei consumi delle famiglie che in questi giorni si stanno mettendo a punto.
Occorre però, nei mesi che ci separano dal G8, monitorare gli effetti di tali interventi, e nel contempo coordinare e raffrontare tali iniziative con quelle assunte dagli altri paesi al fine di cercare con questi il massimo coordinamento.
E stante i segnali di difficoltà che provengono dalle aziende, strette tra la morsa del credito e la frenata degli ordini, credo sia opportuno guardare con maggiore realismo al piano sul clima e l'energia della Commissione UE, su cui è chiamato ad esprimersi il Consiglio Europeo di dicembre.
È un piano ambizioso che rende nobile l'impegno europeo ma che è stato elaborato quando la portata di questa crisi non era ancora evidente nella sua interezza.
Oggi le misure proposte, se richieste solo all'Europa e non anche ai concorrenti internazionali, aggraverebbero la situazione della nostra economia.
L'obiettivo generale dell'Unione europea, in materia di lotta ai cambiamenti climatici, è stato approvato dal Consiglio europeo nel marzo 2007 e prevede, entro il 2020, la riduzione del 20 per cento, rispetto al 1990, delle emissioni di gas ad effetto serra e il raggiungimento della quota del 20 per cento di energie rinnovabili sul totale dei consumi energetici dell'UE.
Tali impegni sono stati tradotti dalla Commissione in un pacchetto di propostePag. 95su clima ed energia posto al centro delle discussioni del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2008 in cui il presidente di turno, quello francese, ha presentato il piano.
Il Governo italiano ha chiesto un riesame aggiornato di vari aspetti del pacchetto, alla luce delle mutate condizioni dell'economia mondiale. Questo perché i costi addizionali derivanti dall'applicazione del pacchetto arriverebbero all'1,14 per cento del PIL nel 2020, mentre il costo cumulato nell'intero periodo 2011-2020 sarebbe pari a 181,5 miliardi di euro, con una media annua di circa 18,2 miliardi di euro.
Inoltre, il costo complessivo per l'Italia sarebbe in termini assoluti il più alto fra i 27 Stati membri, e in termini percentuali sul PIL il terzo più alto dopo Lettonia e Spagna.
Ed è per questi dati che non si possono riproporre formule di impegno in materia ambientale che risultano datate, come si intende fare in alcune mozioni presentate.
In materia di commercio internazionale, il Doha round si è concluso nel luglio scorso con l'ennesimo clamoroso fallimento, del resto come è avvenuto negli ultimi 7 anni. Fallimento dovuto alla ricerca di un equilibrio fatto di troppe concessioni, a scapito dell'agricoltura europea.
Il che pare insensato, perché sappiamo che accanto alla crisi economica si sta consumando, in Asia ed in Africa, una vera crisi alimentare, dovuta ai tanti motivi che hanno causato un'impennata dei prezzi dei prodotti agricoli.
È quindi assurdo penalizzare l'agricoltura europea mentre tutte le produzioni dovrebbero essere premiate ed incentivate per riequilibrare l'offerta sul mercato.
Includere, per esempio, le nostre produzioni tradizionali, come il riso che copre tanta parte della pianura padana, o le patate, nella lista dei prodotti tropicali sui quali eliminare ogni tutela significa semplicemente che queste produzioni, già oggi poco redditizie, saranno abbandonate in Italia ed in Europa, facendo svanire non solo metodi produttivi affinati e consolidati nell'arco di generazioni, ma soprattutto rischiando l'abbandono di territori agricoli e la loro conversione purtroppo ad altre destinazioni.
In ogni caso, così come ha funzionato fino ad oggi, è tutto il sistema del WTO che si dimostra inadeguato.
Ci sono troppi partners, e l'esempio cinese è solo il più macroscopico, che beneficiano delle liberalizzazioni stabilite dai negoziati senza avere dato sino ad oggi alcun segnale concreto di contrasto al fenomeno che danneggia forse più di tutti proprio il nostro paese: la falsificazione, la contraffazione di prodotti.
Lo spregio che viene attuato nei confronti della ricerca, della creatività delle nostre imprese e il sistematico furto di proprietà intellettuale compiuto a danno di esse è divenuto ancor più insostenibile in forza di questa crisi economica produttiva.
Sono convinto che non abbia senso continuare a liberalizzare prima di avere sconfitto questa piaga, perché equivarrebbe ad autodanneggiarsi, a consegnare tanta parte del sistema produttivo alla concorrenza subdola, sleale e alla fin fine impunita.
Il tema della cooperazione allo sviluppo è sempre, e non potrebbe non essere, centrale nell'agenda del G8.
Tornando agli obiettivi di concretezza che mi auguro animeranno l'evento del prossimo luglio, spero che si giungerà a parlare non solo di «quanto» devolvere alla cooperazione, ma anche di «come» devolvere.
Spero si vogliano evitare impegni utili solo alle coscienze dei paesi ricchi.
Credo che sia necessario verificare dove realmente i fondi siano stati e saranno impegnati, se questi aiuti abbiano raggiunto le popolazioni bisognose, oppure se siano stati usati a favore di governi non democratici o di organizzazioni che poco o nulla hanno a che vedere con gli aiuti o i progetti umanitari.
Come per gli altri temi, anche per quello dell'accesso all'acqua occorre allargare l'analisi di scenario e comprendere nuovi attori, non membri del G8, ma suPag. 96cui occorrerà intervenire per andare al cuore del problema, prima che esso si trasformi in scintilla di guerre.
I paesi dell'Asia Centrale sono in perenne conflitto tra loro per lo sfruttamento dei bacini dell'Amu Darja e del Sir Darja, ponendo in pericolo la possibilità di accesso ai fiumi da parte dei civili.
Creano altrettanto allarme le continue lotte tra India e Bangladesh per il Gange e la questione delle risorse idriche africane e i conseguenti rapporti tra Egitto, Sudan ed Etiopia.
Non vanno infine trascurate nel processo di pacificazione del Medio Oriente le tensioni per lo sfruttamento del fiume Giordano, indispensabile per l'agricoltura israeliana.
Nella prima mozione a prima firma Fassino, poi riformulata si fa riferimento alla Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.
La Convenzione ONU risale al 1990, è stata ratificata da 39 stati e non da 37 come si sostiene nella mozione, il che sottende che l'Italia sia in netto ritardo per la ratifica, ma mi risulta che nessun paese europeo e occidentale l'abbia ratificata, quindi molto probabilmente occorre valutare il perché di questa impasse.
Spero che, visto il comportamento anche degli altri paesi, tutti estremamente cauti verso la convenzione, l'interesse del PD non sia dovuto solamente alla necessità di fare un omaggio alle organizzazioni che alcuni anni fa hanno promosso una raccolta di firme in favore della Convenzione.

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Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1857 - voto finale 519 485 34 243 281 204 50 Appr.
2 Nom. em. 1-00065/1 Mecacci n.f. 502 500 2 251 498 2 48 Appr.
3 Nom. moz. Fassino ed altri n. 1-65 n.f. 524 260 264 131 258 2 45 Appr.
4 Nom. moz. Cicchitto ed altri n. 1-66 524 288 236 145 286 2 45 Appr.
5 Nom. moz. Evangelisti ed altri n. 1-67 526 483 43 242 202 281 45 Resp.
6 Nom. moz. Vietti ed altri n. 1-68 n.f. 526 265 261 133 261 4 45 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.