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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 82 di lunedì 10 novembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

La seduta comincia alle 9,35.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 novembre 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Aprea, Bergamini, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Renato Farina, Fitto, Franceschini, Frassinetti, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lo Monte, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Molgora, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vitali e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (A.C. 1713); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (A.C. 1714) (ore 9,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011.
Ricordo che nella seduta di giovedì 6 novembre 2008 è iniziata la discussione congiunta sulle linee generali, che è proseguita nella seduta di venerdì 7 novembre.

(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 1713 e A.C. 1714)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vaccaro. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO VACCARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo all'avvio del terzo giorno di discussione generale sulla manovra finanziaria per il 2009. Il gruppo del Partito Democratico, con i numerosi e qualificati interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, ha già manifestato in maniera puntuale le sue riserve sull'intero impianto della manovra.
Prima di addentrarmi nell'analisi di quello che è stato previsto per il settore giustizia, vorrei ribadire l'invito ad allontanare dal dibattito odierno i toni polemiciPag. 2usati in qualche caso nel corso della presentazione in Aula di questo provvedimento.
Sappiamo bene che occorre operare riforme, tagli e razionalizzazioni, ma non possiamo trascurare di ricordare a chi ha la responsabilità di decidere che siamo nel pieno di un ciclo economico recessivo che, oltre a far arretrare la nostra economia, appesantirà l'azione complessiva del Governo e della sua maggioranza.
Cambiate rotta ed abbandonate questo approccio inadeguato, inefficace ed inconcludente che vi sta progressivamente isolando ed allontanando da ogni utile confronto; accogliete le proposte utili a rendere più incisive le politiche che vi siete proposti di attuare; valutate i nostri emendamenti caso per caso, una alla volta, ascoltando e verificando se e quanto possono essere utili al Paese; rifuggite definitivamente dalla tentazione, signor sottosegretario, di porre la questione di fiducia ed utilizzate l'importanza del provvedimento in esame per creare quel clima di confronto auspicato ad inizio legislatura: fatelo accettando di essere corretti e prendendo atto che questa manovra va rivista e puntualmente verificata!
Signor Presidente, utilizzerò i pochi minuti a mia disposizione per provare a dare qualche elemento di riflessione su quanto sta prevedendo il Governo per un settore, quello della giustizia, che tutti (anche se da diversi e talvolta lontanissimi punti di vista) riteniamo in grave difficoltà. Vediamo rapidamente cosa prevede per la giustizia questa manovra finanziaria e, soprattutto, come il Ministero della giustizia ha ridefinito le ipotesi di spesa alla luce di quanto disposto dal decreto-legge n. 112 del 2008.
Per il 2009 lo stato di previsione del Ministero reca spese complessive per 7,5 miliardi; rispetto alle previsioni derivanti dal disegno di legge di assestamento per il 2008, la diminuzione è pari al 3,6 per cento. La manovra opera una scelta tanto chiara quanto assurda, proponendo una concentrazione di tagli sul programma «amministrazione penitenziaria», che passa da uno stanziamento complessivo di 3 miliardi al nuovo stanziamento di 2,5 miliardi (circa 500 milioni di euro in meno, dunque, rispetto ai circa 3 miliardi dell'anno scorso in uno dei settori che viene da tutti riconosciuto come tra i più bisognosi di urgenti investimenti).
La gravità di questa scelta appare tanto più evidente alla luce del dibattito che in questi mesi abbiamo sviluppato in Commissione e che abbiamo ritrovato spesso sui media nazionali. Non oso nemmeno immaginare l'opinione di coloro i quali si batterono per scrivere l'articolo 27 della nostra Costituzione, il quale recita che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.
Infatti, la parte più consistente della diminuzione, circa 250 milioni di euro, riguarda proprio lo stanziamento per il mantenimento, l'assistenza e la rieducazione dei detenuti. Questa scelta incomprensibile fa il paio con quanto deciso con il decreto-legge n. 93 del 2008, con il quale, ricordiamolo, è stato quasi azzerato il programma straordinario per l'edilizia penitenziaria. Ai tagli concentrati sull'amministrazione penitenziaria fanno da contraltare contabile nel programma, gli aumenti nel settore della giustizia civile e penale, che contemplano un netto incremento: si passa da 4,5 miliardi di euro a disposizione a 4,7 miliardi. Allora, si potrebbe pensare ad una scelta difficile che favorisce gli investimenti in un settore ai danni di un altro per rendere magari più efficiente e - perché no? - più efficace la nostra giustizia. Invece no, come spesso accade studiando la manovra si comprende che dietro la scelta di concentrare i tagli in una sola direzione, e concentrare gli aumenti a favore di questo programma, altro non vi è che l'esigenza di coprire aumenti dovuti a maggiori oneri previsti da contratti.
Cosa dire? A parte i 26 milioni di euro di spese previste per la diffusione e la piena realizzazione del processo telematico, e i 12,4 milioni previsti per il decentramento dell'amministrazione giudiziaria, non vi è molto altro. Questa finanziaria si caratterizza, ancora una volta, in questo settore, più per quello che non c'è che perPag. 3quello che c'è. Appare chiaro che pesano troppo, e rischiano di assumere una dimensione drammaticamente calcolabile, i tagli sulle politiche di rieducazione dei detenuti e sull'edilizia penitenziaria. Purtroppo, avremo ancora un Ministero, soffocato da spese obbligatorie o correnti, impossibilitato a realizzare le riforme organizzative di cui vi è veramente bisogno. Ancora una volta varrà, anche per l'Italia, la citazione di Hernando de Soto che ci ricordava la presidente di Confindustria nella sua relazione di insediamento: Ciò che accomuna le aree del mondo che non riescono a svilupparsi, non è la carenza di iniziativa economica, è la mancanza di una relazione tra legge e mercato. Questa finanziaria, a nostro avviso, è la triste conferma di questa verità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, ho letto velocemente il resoconto stenografico della discussione sulle linee generali, svoltasi nelle due giornate precedenti. Ho notato con piacere che dai banchi dell'opposizione ci si è resi conto finalmente di qual è lo stato di salute di questo Parlamento. Il collega presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico in Commissione bilancio, l'amico Pier Paolo Baretta, ha evidenziato nel suo intervento cosa è accaduto nella V Commissione in questi dieci giorni antecedenti al dibattito in Aula; non voglio ritornarci. Non sono figlio di veggente, non ho la sfera di cristallo in mano, ma quanto è poi accaduto nel fine settimana scorso, era stato largamente anticipato: conoscendo, come si suol dire, «i miei polli», era facile immaginare dove saremmo arrivati.
Questa mattina mi interessa molto di più evidenziare dove sta andando questo Paese. La luna di miele mi pare che si possa dire tranquillamente - anche se, ovviamente, non ne sono felice - che sia finita: tra Paese e Governo è, ormai, iniziata la luna di fiele. Vi sono manifestazioni in tutte le piazze, categorie che si mobilitano, il consenso cala a vista d'occhio; questa è la fotografia che ormai viene evidenziata da più parti. Il Paese è alla deriva, non ha una guida, non sa da dove ripartire per uscire da questa grave crisi che l'attanaglia. I comuni sono senza soldi, la ricaduta sulla spesa sociale è pesante, soprattutto, per le categorie più deboli e le aziende sono in crisi. Si leggono titoli come: «L'Italia comincia a chiudere. In nove mesi via 337 mila imprese» o come: «Per le famiglie crescono i debiti e cala la ricchezza». L'OCSE fotografava, una settimana fa, il fatto che la povertà è crescente, e non solo negli ultimi mesi. Vi è un diagramma che descrive meglio di ogni altra parola - lo esibisco, e poi magari lo alleghiamo anche agli atti, se possibile - come negli anni di Governo del centrodestra, mentre cresce la forbice della povertà in Italia, diminuisce nei Paesi dell'OCSE; viceversa, in coincidenza con i Governi di centrosinistra diminuisce in Italia e cresce come media dell'OCSE. Vi sarà un perché, ed è, evidentemente, la politica dissennata di questo Governo e di questo maggioranza.
Le casse sono vuote, il Presidente del Consiglio però gira l'Italia e va dicendo che ce n'è per tutti. Ci sono 16 miliardi per le infrastrutture, che verranno stanziati, non si sa quando e non si sa come, 5 mila euro per ogni neonato, 13 miliardi (non si sa bene dove) per far fronte alla politica di minore inquinamento, così come richiesto dall'Unione europea e dal patto di Kyoto, soprattutto per realizzare motori meno inquinanti, e ci sono 150 milioni per le scuole private.
Dove vada a prenderli questi soldi il Presidente del Consiglio non si sa, ma evidentemente lui riesce a moltiplicare i pani e i pesci.
In compenso in estate avete varato una manovra che andava nella direzione esattamente opposta a ciò di cui il Paese incominciava ad avere bisogno, ma vi era un obiettivo unico e preciso, quello di soddisfare le promesse elettorali che, per accaparrarsi il consenso, il Presidente del Consiglio e i suoi accoliti hanno fatto. LaPag. 4prima era quella di eliminare l'ICI per tutti. Guarda caso questo era già stato fatto per le categorie meno forti dal precedente Governo Prodi, ma bisognava dare un segnale alle categorie forti; in altre parole - lo ripeto - si è andati esattamente nella direzione opposta.
Si è abolita l'ICI per tutti, e si è prevista la rinegoziazione dei mutui, misura che si è rivelata, come qualcuno aveva largamente previsto, assolutamente inefficace e inattuata: meno dell'1 per cento delle famiglie, che hanno mutui a tasso variabile, hanno rinegoziato detto tasso. Evidentemente vi era qualcosa, vi è qualcosa, nel marchingegno studiato che disincentiva.
Non parliamo poi dell'Alitalia, questione che è davanti a tutti. Tutto questo riguardava il decreto-legge n. 93 del 2008. Poi c'è stata l'anticipazione della finanziaria, la trovata, ultima, di giocare d'anticipo perché vi era una crisi che stava scoppiando. Che cosa si è fatto? Si è provveduto esclusivamente a tagliare, tagliare e ancora tagliare, attivando e incentivando una politica di recessione, e soprattutto non si è intervenuti laddove vi era più bisogno, cioè sulle famiglie più deboli; ciò avrebbe consentito da una parte il mantenimento di una media consona a quella europea dei consumi delle famiglie, dall'altra il sostegno alle imprese, soprattutto investendo in innovazione, ricerca e infrastrutture. Invece l'anticipazione della manovra (la vera finanziaria, che non è quella di cui stiamo discutendo) ha esattamente proceduto nella direzione dei tagli, in una politica assolutamente recessiva.
Poi c'era la ciliegina sulla torta, quella della Robin tax. Questa è davvero la barzelletta del secolo: si è intervenuto quando già tutti i segnali nazionali ed internazionali indicavano che la crisi petrolifera, o meglio la speculazione sui prodotti alimentari da una parte, e petroliferi dall'altra, lasciavano presagire una caduta dei consumi, come puntualmente è avvenuto. Ma no, bisognava intervenire, e il risultato qual è? Che l'erario non ha portato a casa un centesimo, e in compenso i consumatori, gli utenti della materia prima non hanno avuto alcun beneficio.
Non parliamo poi di quanto si prevedeva d'intervenire pesantemente, come era giusto in linea di principio in un momento normale e positivo ma non certamente in quello in cui si operava, nei confronti delle banche e delle assicurazioni. In discussione allora, e anche sul DPEF, si era tentato di correggere il tiro di questa politica economica-finanziaria dissestata del Governo. Ma si è voluto essere sordi perché non ci può essere confronto con un Governo e con una maggioranza attrezzati in questo modo.
Avevamo sostenuto la necessità di intervenire (e lo facciamo nuovamente in questa finanziare con i nostri emendamenti) su coloro che ogni giorno faticano ad arrivare alla fine della giornata e alla fine del mese, operando sugli ammortizzatori sociali, con l'abbattimento ulteriore della pressione fiscale sui ceti più deboli. Si tratta esattamente della politica annunciata, nei giorni scorsi e nella prima conferenza stampa, dal neoeletto Presidente degli Stati Uniti nei confronti del ceto medio.
Invece no. Ancora una volta si privilegiano le categorie alte, immaginando che queste possano essere volano nei confronti dell'economia complessiva: niente di più sbagliato. Noi abbiamo suggerito allora, nel corso dell'estate, quando eravamo ancora in tempo utile, e lo rifacciamo adesso perché la situazione si è andata incancrenendo, di intervenire nei confronti delle imprese. Per tale motivo abbiamo provveduto ad indicare - lo faremo anche su altri disegni di legge, ad esempio su quelli che discuteremo la prossima settimana, vale a dire quelli messi in campo per far fronte alla crisi finanziaria, probabilmente riaggiornati da un terzo decreto-legge - dove e come trovare gli strumenti per far fronte alla necessità del credito di cui le imprese, soprattutto medie e piccole, hanno bisogno. Nel provvedimento in esame non c'è una lira, non c'è un centesimo.Pag. 5
Per tale ragione affermiamo che la crisi in atto era prevista e prevedibile. Ci si è trastullati discutendo, invece, sulla crisi dei prodotti petroliferi quando già durante l'estate era in corso una crisi evidente che veniva dai subprime, dai derivati, dai credit default swap, dagli hedge fund. Anche sotto questo aspetto attendiamoci giornate terribili perché la crisi finanziaria non è ancora finita.
Già allora parlavamo del fatto che il vero problema della sicurezza dei cittadini - lo ripetiamo adesso - non è quella che sta un giorno o due nelle prime pagine della cronaca nera: anche questo è certamente un problema, quando si verificano gravi fatti di sangue. Ma la vera preoccupazione, oggi, in Italia, in Europa e nel mondo è l'insicurezza derivata dalla crisi finanziaria e dalla crisi produttiva. Dunque, il rischio è quello indicato dalla signorina trentenne in un noto programma televisivo non più tardi di dieci giorni fa. Intervistata, laureata con un master in cerca di occupazione da tre anni e, ahimè, avendo una famiglia a carico, diceva di essere costretta ad andare a cercare qualcosa da mangiare nell'immondizia. Non vorrei trovarmi molto presto, signor Presidente e rappresentante del Governo, di fronte al fatto che non solo, come già constatiamo nelle nostre strade e nelle nostre città, un numero sempre crescente di persone vada a cercare nell'immondizia qualcosa per potersi sfamare o per potersi vestire, ma anche che questo numero aumenti in modo smisurato. Questo è il rischio che corriamo.
La pressione fiscale non solo non è diminuita ma rischia di aumentare, l'inflazione programmata è ben inferiore a quella reale. Non parliamo poi di quanto non è stato fatto e di quanto non si prevede di fare per intervenire nelle regioni più deboli del Paese, cioè nel Mezzogiorno. Quindi, nulla per il rilancio dell'economia reale. Nel quinquennio 2001-2006, signor Presidente, l'Esecutivo, che era esattamente quello che ci governa ora, aveva fatto del mercatismo la sua filosofia. Aveva - ce lo ricordiamo un po' tutti - cantato le glorie del libero mercato senza regole. Mi ricordo l'espressione molto forte, molto «bella» dell'allora e ora Ministro dell'economia, che affermava che bisogna lasciare galoppare gli spiriti animali nelle verdi praterie del libero mercato. Questa era la frase esatta preannunciata dal Ministro di allora e di ora. Benissimo, vediamo quali sono i risultati di questi galoppi degli spiriti animali nelle verdi praterie del libero mercato: questi hanno messo in ginocchio il mondo. Da qui la necessità che a livello nazionale, a livello europeo e a livello mondiale si cominci davvero a ragionare ponendo in primo piano coloro che più hanno dato e che più continuano a dare. È ora di mettere le mani in tasca anche a chi più ha.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Quest'anno la sessione di bilancio è stata condotta in modo diverso dalla storicità.
Infatti, i disegni di legge finanziaria e di bilancio per l'anno 2009 sono innovativi rispetto agli anni passati e camminano sui binari stabiliti dalle linee essenziali previste inizialmente dal DPEF ed attuati dal decreto-legge n. 112 del 2008. Inoltre, per la prima volta il contenuto della manovra della legge finanziaria è stato ridotto all'essenziale, come previsto dall'articolo 11 della legge n. 468 del 1978, successivamente modificata, come dicevo, dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, che ha escluso dal contenuto della legge finanziaria le disposizioni finalizzate direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, oltre a quelle di carattere ordinamentale, microsettoriale e localistico.
I provvedimenti già approvati nell'estate scorsa ed i successivi collegati portano ad una previsione triennale 2009-2011 di stabilizzazione della finanza pubblica mediante essenzialmente il contenimento della spesa. I saldi rispettati sono quelli stabiliti ed introdotti in anticipo rispetto alla sessione di bilancio dal decreto-legge n. 112 del 2008, inPag. 6funzione delle previsioni del DPEF e nella successiva Nota di aggiornamento, tesa ad azzerare il deficit entro il 2011. La Nota di aggiornamento rivede al ribasso di 0,4 punti percentuali le stime di crescita del PIL nel 2008, portandola allo 0,1 per cento rispetto allo 0,5 fissato in giugno. Anche per l'anno 2009, il presunto tasso di crescita dello 0,9 è rivisto allo 0,5 per cento.
Nonostante l'ulteriore deterioramento della congiuntura internazionale, causata dall'acuirsi della crisi dei mercati finanziari internazionali, il Governo conferma l'obiettivo di indebitamento netto al 2,5 per cento per il 2008. Per gli anni successivi si prevede un leggero ritocco, che non dovrebbe comunque compromettere il pareggio di bilancio previsto entro il 2011.
Da questo punto di vista, il Governo ha scelto una politica di chiarezza, rigore e trasparenza, la stessa adottata in occasione del DPEF e del decreto-legge n. 112 del 2008. Essendo una manovra triennale, nel caso in cui non vi sia un cambiamento del quadro macroeconomico, non dovrebbero quindi essere necessarie, nel triennio di riferimento, ulteriori manovre correttive dei saldi. La presente finanziaria è detta «asciutta» proprio perché molte parti programmatiche, tipicamente rientranti nelle disposizioni in oggetto di dibattito, sono già state introdotte mediante altri provvedimenti paralleli, quali appunto il decreto-legge n. 112 del 2008 ed il disegno di legge n. 1441 (suddiviso in bis, ter e quater), che hanno dato al Paese nuove norme in campo infrastrutturale, di sviluppo economico, energetico e contabile.
Come dicevo, il bilancio prevede entrate finali per 464 milioni e spese finali per 517 milioni. Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra entrate finali e spese finali, sempre in termini di competenze, è pari a 33,5 milioni di euro. Riguardo alle spese finali, la riduzione è quasi interamente imputabile al forte decremento delle spese in conto capitale per 15,7 milioni ed al contenimento della spesa corrente di 477 milioni. Inoltre, l'anticipazione della manovra triennale, l'indicazione delle risorse resesi disponibili per il triennio 2009-2011 ed i tagli della spesa corrente programmati, hanno consentito a tutta la pubblica amministrazione di attenersi ad una politica di rigore da subito, che si è dimostrata tempestiva alla luce delle peggiorate condizioni delle previsioni macroeconomiche, di cui il Governo ha dovuto prendere atto con la Nota di aggiornamento già ricordata.
Gli ambiziosi obiettivi di finanza pubblica saranno raggiunti comunque senza aver aumentato la tassazione sui contribuenti, e questo è un passo in avanti rispetto alla storicità di quest'Aula. Anzi, con il disegno di legge finanziaria in esame sono state trasformate a regime norme di agevolazioni fiscali importanti per i contribuenti, fra le quali ricordo la detrazione dell'imposta ai fini IRPEF per le rette di frequenza degli asili nido e la riduzione delle accise sul gasolio e GPL per il riscaldamento in zone montane e nelle frazioni dei comuni ricadenti nella zona climatica E, parzialmente non metanizzati. Inoltre, sono state prorogate norme ed agevolazioni quali la detrazione fiscale al 36 per cento e la riduzione dell'IVA al 10 per cento per le spese di ristrutturazione di immobili ad uso abitativo, la detrazione dell'imposta lorda nella misura del 19 per cento per le spese di aggiornamento dei docenti.
Per la prima volta - lo ricordo - lo strumento alternativo all'aumento della pressione fiscale sui cittadini e le imprese, che è familiare alle politiche di sinistra, ossia la riduzione della spesa primaria, comporterà che l'incidenza della stessa sul PIL passerà dal 4,1 per cento del 2008 al 3,86 per cento del 2013, allineandosi così con i valori degli altri Paesi dell'Unione europea.
Quindi, mentre il Governo, sostenuto dalla maggioranza, sta sistemando definitivamente la finanza pubblica, non appena il contesto internazionale della situazione economica consentirà la ripresa dell'economia, saremo pronti a ripartire da ottime basi per poterci impegnare a destinarePag. 7risorse alla riduzione della pressione fiscale ed al sostegno degli investimenti e dello sviluppo.
Ricordo, inoltre, al sottosegretario, che il gruppo della Lega Nord porrà attenzione agli emendamenti proposti dal Governo riguardanti essenzialmente il Patto di stabilità. Mi riferisco, quindi, all'introduzione delle modifiche alla legislazione vigente (portando al 2007 l'anno di riferimento e cercando di escludere le spese delle calamità naturali), all'eliminazione del comma 8 dell'articolato che istituisce il Patto di stabilità riguardante le spese per l'alienazione di immobili e di azioni e, soprattutto, all'inserimento della clausola relativa all'esclusione dal Patto di stabilità di quegli investimenti che possono essere liquidati nei limiti delle disponibilità di cassa e di quegli investimenti già determinanti nelle annualità precedenti.
Punteremo, inoltre, sugli ammortizzatori sociali per il sistema aeroportuale, sull'editoria, sulle scuole paritarie e sulla detrazione fiscale al 36 per cento, a cui vorremmo aggiungere, oltre alla proroga, anche l'ampliamento per l'acquisto di immobili da parte di giovani coppie per l'abitazione della prima casa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, colleghi, sottosegretario Vegas, la manovra di bilancio avviata prima dell'estate taglia drasticamente le risorse per la politica estera e a ciò vorrei dedicare questo intervento. I citati tagli avranno effetti negativi sulla capacità dell'Italia di svolgere compiutamente il suo ruolo internazionale. L'Italia corre il rischio di non poter far fronte, in modo adeguato, alle responsabilità che ha nelle organizzazioni internazionali di cui fa parte e, certamente, non potrà mantenere gli impegni presi di contribuire, nella misura concordata, ad affrontare le emergenze umanitarie e le piaghe strutturali del mondo.
Il nostro Paese avrà, d'altra parte, la Presidenza del G8 nel prossimo anno e sarà un anno cruciale. Non pensiamo che la crisi economica e finanziaria possa essere affrontata ignorando le emergenze alimentari, ambientali e umanitarie che affliggono il pianeta, che si possano ignorare gli eccidi di popolazioni inermi in Africa centrale e il deteriorarsi della situazione in Afghanistan e che si possa non tenere conto delle economie emergenti in Asia ed America latina, per non dire della nuova Presidenza degli Stati Uniti.
Il mondo cambia e chiede di essere governato: tutto questo, niente di meno di questo, è la cornice in cui il nostro Paese, quando avremo la Presidenza del G8, dovrà prendere iniziative, raccogliere indicazioni e fare proposte. Occorrono intelligenza ed esperienza, che il nostro Paese ha, ma occorrono anche risorse e occorre il rispetto degli impegni presi. E qui non ci siamo. La manovra di bilancio del Governo Berlusconi, in assoluta controtendenza rispetto ai due anni del Governo Prodi, riduce in modo drastico - falcidia, direi - le risorse assegnate al Ministero degli affari esteri ed ai programmi che ad esso fanno capo. Tra un taglio e l'altro, la riduzione dal 2008 al 2009 è di oltre 500 milioni di euro: è un meno 20 per cento abbondante.
Non si tratta di ignorare le esigenze del contenimento della spesa e non si tratta nemmeno di polemizzare - come pure giustamente facciamo - sull'inadeguatezza della manovra a contrastare la crisi economica interna ed internazionale. Qui si tratta di riconoscere che non si è proceduto con il dovuto discernimento nella distribuzione delle risorse disponibili e che non si è avuto cura di mettere in sicurezza l'efficienza minima indispensabile dell'amministrazione degli esteri, ponendo le premesse per disattendere, in modo drammatico, alcuni impegni internazionali dell'Italia. Il Governo ha sostanzialmente dimezzato i fondi per la cooperazione allo sviluppo, da 713 a 389 milioni di euro. Di più: esso ha anche azzerato un contributo, pur modesto (meno di due milioni di euro), ma altamente simbolico, come quello dedicato allo sminamento umanitario.Pag. 8
Mentre il Presidente del Consiglio dei ministri al G8 di Tokyo prometteva 500 milioni di dollari l'anno per il fondo contro l'AIDS e la lotta alle pandemie, il Governo ci spiegava, in Commissione affari esteri, che l'Italia avrà difficoltà a reperire i 130 milioni di euro annui dovuti per il 2009 e il 2010.
Nel 2000 abbiamo sottoscritto solennemente gli obiettivi del millennio: lotta alla fame, alla povertà, alle pandemie, per l'istruzione e contro la discriminazione. In altre parole, ci siamo impegnati ad incrementare progressivamente le risorse da destinare alla lotta alla povertà e al sottosviluppo nel mondo fino allo 0,51 per cento del PIL nel 2010 e poi fino allo 0,7 per cento nel 2015. Nel 2007 eravamo allo 0,19 per cento, quest'anno sarà più o meno lo stesso, la metà, però, in termini percentuali di quanto destinano a questo scopo Francia, Germania o Regno Unito, i Paesi che con noi formano il cosiddetto G4 - organismo di cui ci vantiamo di fare parte - e che hanno confermato i loro impegni nonostante la crisi attuale.
Con i tagli della manovra, l'aiuto pubblico allo sviluppo dell'Italia scenderà in modo brusco: se va bene, allo 0,15 per cento, ma forse di più, i pessimisti dicono allo 0,09 per cento. Ora mi chiedo, e chiedo, con quale credibilità l'Italia possa assumere quel ruolo di impulso e di coordinamento nella promozione di politiche globali comuni che dovrebbe essere proprio del Paese che presiede il G8.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO BARBI. Mi avvio a concludere, signor Presidente. I colleghi della maggioranza e gli stessi rappresentanti del Governo in Commissione affari esteri hanno riconosciuto che la manovra andrebbe corretta per non pregiudicare parti essenziali della politica estera del nostro Paese. Il risultato è stato nullo. A nulla sono serviti i tentativi del Partito Democratico, prima in Commissione affari esteri e poi in Commissione bilancio, di restituire alla cooperazione almeno parte delle risorse tagliate.
Ci auguriamo che il Governo cambi idea e accolga le richieste dell'opposizione. Se da parte della maggioranza venisse la proposta di destinare risorse aggiuntive per la cooperazione, il PD sarebbe ovviamente disposto a votarla. In ogni caso, insisteremo per destinare risorse aggiuntive alla cooperazione così come chiediamo di ricostituire la dotazione finanziaria per lo sminamento umanitario. Sono proposte coerenti - e mi avvio davvero a concludere - con il senso di responsabilità che ci guida nell'augurarci che il nostro Paese possa distinguersi sulla scena internazionale per affidabilità, coerenza e rispetto degli impegni liberamente assunti.
Di qui, dunque, l'appello al Governo affinché corregga le decisioni prese e ridefinisca in modo credibile gli impegni relativi agli obiettivi del millennio: ne va della credibilità dell'Italia nella sua azione di promozione e difesa nel mondo dei valori di giustizia, umanità e pacifica convivenza tra i popoli (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Vegas, tre giorni fa sono stata in una scuola e ho parlato con gli studenti, i genitori e gli insegnanti; tra loro ho incontrato tantissima rabbia verso questo Governo e la sua politica che calpesta il futuro delle scuole e dei nostri figli. Ebbene, questa scuola non era a Roma, Milano, Bari o in un'altra città italiana. La scuola in cui sono stata è la scuola italiana di Madrid, da dove, in questi giorni, sta partendo una protesta via Internet che coinvolge diverse scuole italiane in Europa. Questa è la prova che l'onda della protesta contro questo Governo ed i suoi tagli alla scuola, alla formazione e al futuro dei nostri figli non si ferma alle frontiere, ma sta girando il mondo. Queste manifestazioni di protesta anche fuori dall'Italia - così come si è visto, per esempio, anche con una manifestazionePag. 9a Berna in occasione della visita del sottosegretario Mantica - e questa rabbia tra gli italiani nel mondo non possono stupire, perché noi italiani all'estero siamo fra i più colpiti da questo Governo.
I tagli in Italia sono tagli pesanti e sono tanti, ma ciò che questa maggioranza si permette di fare con gli italiani nel mondo non ha uguali. Nella manovra finanziaria è previsto di togliere ai connazionali all'estero più della metà dei fondi, ci tengo a sottolinearlo: più della metà, quasi due terzi! Quale altro Governo, con una manovra finanziaria, ha mai colpito un singolo gruppo in questo modo? Questi non sono tagli qualsiasi. Sono tagli con cui il Governo cancella il rapporto dell'Italia con le sue comunità all'estero.
La politica per gli italiani all'estero, con questi tagli, praticamente «chiude bottega». Il Governo taglia la rappresentanza, taglia la cultura, taglia la promozione del made in Italy, taglia il sostegno per le associazioni, taglia l'assegno sociale. Il Governo, con questa manovra finanziaria, dice ai connazionali nel mondo: non ci interessate più! Questo è un gravissimo sbaglio perché gli italiani all'estero sono un'importante risorsa del nostro Paese, una risorsa che questo Governo continua a trattare «a pesci in faccia».
I tagli più gravi all'estero, in pessima sintonia con le scelte del disegno di legge finanziaria che riguardano l'Italia, sono proprio nel campo della scuola e della formazione. Purtroppo, questa maggioranza non ha mai dedicato attenzione alla grande risorsa rappresentata dagli italiani all'estero. Se lo avesse fatto, capirebbe meglio quali danni stia procurando non solo alla nostra comunità, ma all'Italia intera, perché le scuole italiane all'estero, i corsi di lingua e cultura che adesso vengono colpiti dal Governo, sono fondamentali per i figli dei milioni di italiani nel mondo. Sono questi ragazzi italiani all'estero, con il loro bilinguismo e biculturalismo, la risorsa di cui parlavo e su cui dobbiamo puntare.
Le nostre scuole all'estero, le offerte di lingua e cultura italiana sono preziose per l'integrazione ma, soprattutto, sono un ponte eccezionale fra il mondo e l'Italia, un mondo che è importante non solo per la nostra cultura ma anche per il futuro della nostra economia, come Paese Italia. Altri Paesi puntano fortemente sulla presenza delle loro scuole all'estero, perché sanno che lì crescono i manager, i dirigenti e gli opinion maker di domani.
In un mondo globalizzato e di scambi internazionali, far crescere questi ragazzi con la cultura italiana nel cuore è un patrimonio inestimabile. Altri Paesi hanno capito benissimo il concetto dei ponti culturale all'estero. Questa maggioranza, purtroppo, continua a non capirlo. Altri Paesi crescono e hanno successo. Questa maggioranza, invece, taglia e l'Italia rimane indietro.
Non è una cosa marginale. Siamo dinanzi ad un problema di fondo della politica della destra. Questa maggioranza soffre di grave miopia, una miopia che porta il Governo a tagliare laddove sarebbe, invece, importante investire nelle scuole, nelle università e nella ricerca. Sta proprio qua la grande differenza tra questo Governo e noi del Partito Democratico. Per questa maggioranza la scuola, la cultura, l'università e la ricerca sono costi da tagliare, sono voci della contabilità. Per noi, invece, sono investimenti nel futuro dei nostri figli, nel futuro di tutti noi, in Italia come per gli italiani all'estero.
Ecco perché chiediamo al Governo di avere il coraggio di investire nel futuro. Non sprecare soldi per regalare l'ICI ai più abbienti, ma investire in formazione e cultura. Invece di una politica miope, caratteristica di questo disegno di legge finanziaria, vogliamo una politica che guardi lontano e che crei le basi per un domani migliore, per l'Italia e per gli italiani nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Servodio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, signor sottosegretario Vegas, comprendiamo la sua fatica in questi giorni ePag. 10confidiamo molto in lei e nella sua capacità di convincimento del Governo a rivedere alcune posizioni.
La manovra finanziaria, insolitamente snella, sembra dispensare provvidenze a costo zero. Questo perché le mele avvelenate - lasciatemi usare questa simbologia - sono tutte contenute nella legge di bilancio di previsione dello Stato, in cui pesanti e indiscriminati, a nostro avviso, sono i tagli che incideranno, come dicono alcuni economisti, pesantemente sull'economia e soprattutto sul potere d'acquisto delle famiglie.
Mi occuperò, in questa mia breve riflessione, del settore agricolo. Ricordo, onorevole Vegas, che nel primo trimestre del 2008 - sono dati ISTAT - il settore agricolo, a differenza di altri settori produttivi, ha contribuito ad un'inversione di rotta, con un aumento tendenziale dell'1,1 per cento del PIL. Questo dato, che evidentemente è il frutto degli sforzi, del lavoro e della caparbietà delle tante aziende sane che abbiamo nel nostro Paese, come è stato ripagato dal Governo? Con la manovra finanziaria dello scorso luglio, che ha avuto un effetto depressivo anche per il settore agricolo e con la manovra finanziaria oggi al nostro esame, nonostante quest'ultima contenga alcune delle misure già proposte dal Partito Democratico a luglio che, tuttavia, sono e rimangono molto insufficienti.
Il Governo, pertanto, ha di fatto vanificato questo sforzo, dando purtroppo prova di incoerenza perché ha evitato di mettere in campo interventi strutturali per il sostegno dei consumi, per la valorizzazione delle produzioni e il contenimento dei costi.
Con riferimento al bilancio, esso impone forti riduzioni di spesa derivanti, in gran parte, come dicevo prima, dalla manovra triennale approvata a luglio. All'epoca, sottosegretario Vegas, - ci sono stati anche alcuni ordini del giorno approvati e recepiti dal Governo - (a luglio), fu assunto un impegno, non solo da parte della maggioranza in Commissione agricoltura, ma anche da parte del Governo in Aula, per un recupero significativo di interventi per il settore nella manovra di ottobre.
Qual è il risultato? Il risultato, purtroppo, è deludente: al Ministero dell'agricoltura vengono sottratti stanziamenti di competenza di 459 milioni di euro (il 25,6 per cento in meno) e, se analizziamo la composizione della spesa, il bilancio per l'agricoltura è ancora più pesante, perché non solo vi è una riduzione della spesa corrente del 10,3 per cento, ma quella in conto capitale subisce una contrazione del 39,67 per cento.
Nella sostanza, sottosegretario Vegas, l'83 per cento dei tagli complessivi riguardano gli investimenti, non gli sprechi e gli interventi assistenzialistici, a fronte del bisogno di innovazione, di crescita dimensionale e di sostegno alle imprese colpite dalle calamità e dalle crisi di mercato. Le misure che mancano mettono in luce un dato politico preoccupante: nell'agenda di questo Governo l'agricoltura appare residuale, laddove, invece, il sistema agroalimentare può assumere un valore strategico per l'economia, lo sviluppo e l'occupazione nel nostro Paese.
Il carattere multifunzionale dell'agricoltura, sul quale la Comunità europea ci spinge a puntare, costituisce un elemento virtuoso per il territorio nel suo insieme, per le potenzialità di crescita nei settori quali l'ambiente, le energie alternative, il lavoro, il turismo e la salute. Mancano molte misure in questa manovra finanziaria di ottobre: innanzitutto, le agevolazioni in materia previdenziale, soprattutto per le aree sottoutilizzate che rischiano veramente, sottosegretario Vegas, di essere sempre più emarginate; il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale; le risorse per il cambio generazionale e mi riferisco anche al piano irriguo e agli accantonamenti in tabella A e B.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIUSEPPINA SERVODIO. Ci sconcerta il fatto che questi emendamenti presentati in Commissione agricoltura sono stati condivisi dalla maggioranza: il Governo èPag. 11sordo anche rispetto alla maggioranza. Tagliare non è una parola demoniaca e ci saremmo aspettati che questo Governo presentasse un piano, fatto realmente di tagli sugli sprechi e su tutti quegli enti e strutture inutili (l'altro giorno abbiamo parlato in Aula dell'UNIRE), senza tagliare gli investimenti. Invece, si tagliano le misure strutturali.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIUSEPPINA SERVODIO. Concludo dicendo, sottosegretario Vegas, che ci troviamo di fronte ad una grande riforma della PAC a livello europeo: come ci stiamo preparando? Dopo il 2013 i Paesi membri - concludo signor, Presidente - non avranno più le misure economiche per il proprio sistema agricolo. Qual è il nostro modello di agricoltura? Qual è la nostra strategia?
Ci auguriamo, sottosegretario, che il Governo possa recepire una serie di emendamenti per recuperare, almeno marginalmente, l'assenza di fiducia in un mondo agricolo che, invece, sta dimostrando di essere pronto ad innovare e a modernizzare il proprio modello (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Servodio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, mentre scrivevo una bozza dell'intervento per questi pochi minuti che ho a disposizione, pensavo che, rispetto ai miei illustri predecessori delle prime legislature (da Giorgio La Pira, a Dossetti, a De Gasperi) certamente avrei detto delle cose molto meno interessanti, però rispetto a loro mi avrebbero ascoltato più persone.
Infatti, mentre le loro parole erano affidate essenzialmente al lavoro dei resocontisti (che è un lavoro comunque indispensabile e straordinario anche oggi), il mio intervento oggi può essere ascoltato alla radio, su Gr Parlamento, attraverso radio radicale, sul canale televisivo in digitale della Camera dei deputati e, addirittura, in diretta sul nostro sito da tutti i computer d'Italia, non proprio da tutti, ma da quasi tutti; dipende da dove si abita e quindi dal funzionamento della connessione Internet che varia tantissimo a seconda delle zone.
È proprio di questo, signor Presidente, che vorrei parlare, visto che basterebbero pochi milioni di euro per risolvere il problema una volta per tutte, ma non sono sicuro che il Governo lo stia facendo.
Signor Presidente, noi siamo abituati a parlare di un'Italia a due velocità, pensando ad un nord che corre e ad un sud che annaspa dietro. Per quanto riguarda Internet, invece, le cose non stanno così: sono sicuro che in questo momento, se c'è qualche appassionato di dibattiti parlamentari in Puglia, non avrà grandi difficoltà a vederci e ad ascoltarci dal computer di casa. Ho seri dubbi, invece, che ci riescano a seguire da certe zone della provincia di Belluno o di Cuneo, dove collegarsi ad Internet è un'impresa, o da alcuni paesi della Valtiberina, dove a malapena si riesce ad accedere alla rete con il vecchio sistema della linea telefonica. Altro che dirette dal Parlamento: in certe zone d'Italia non si riesce nemmeno a scaricare la posta elettronica!
Citavo prima i miei illustri predecessori qui in Parlamento: in un'Italia da ricostruire, dopo la guerra, si sono trovati davanti alla sfida enorme di portare in ogni casa i servizi universali, come l'acqua potabile o l'energia elettrica. Può sembrare strano ma, come ha detto giustamente l'onorevole Paolo Gentiloni durante un dibattito in Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni, il servizio universale per l'Italia di oggi è l'accesso ad Internet; il fatto che gli abitanti di alcune zone del Veneto o del Piemonte, dell'Umbria o della Toscana, non possano accedere ad InternetPag. 12significa una condanna ad un divario economico, sociale e culturale. In termini tecnici, questo problema si chiama digital divide, ossia divario digitale, e io lo sollevo qui, in sede di discussione della manovra di bilancio, perché non mi è ancora ben chiaro cosa intenda fare il Governo per risolverlo.
Sono ormai due mesi che, nella IX Commissione, ci confrontiamo sullo sviluppo della banda larga. Nell'indagine conoscitiva abbiamo parlato a lungo delle reti di nuova generazione, quelle che permettono di andare su Internet a 100 megabit al secondo. Non fai neanche in tempo a pensarlo e sei già collegato! Il Giappone ha investito 50 miliardi di dollari, noi non potremmo farlo, anche volendo, perché l'Unione europea non ce lo permetterebbe. Tuttavia, anche il nostro Governo sta pensando ad un investimento da realizzare, in questo campo, mettendo insieme capitale pubblico e privato: è stato individuato come una priorità perché, si è detto, farebbe crescere il PIL dell'1 per cento, ma è chiaro che riguarderebbe solo pochi soggetti interessati, per lo più le grandi metropoli. Ora, cosa raccontiamo agli abitanti della provincia di Belluno? Che se fanno un salto a Roma o a Milano potranno provare l'ebbrezza dei 100 megabit al secondo, mentre magari loro non riescono neanche a connettersi da casa? Non è un problema di quattro gatti - tra l'altro, se Internet è davvero un servizio pubblico essenziale, anche i quattro gatti andrebbero ascoltati - perché riguarda oltre un comune su tre: il 35 per cento dei comuni ed il 10 per cento della popolazione italiana non riescono neppure a far funzionare l'ADSL dentro casa. Sono tutte quelle zone a cosiddetto market failure, fallimento di mercato, in cui il monopolista della rete fissa non ha alcun vantaggio nell'investire; ci sono molti casi di centrali telefoniche vecchie ed obsolete, ma evidentemente le proteste degli utenti non sono uno stimolo sufficiente a convincere Telecom a sostituirle.
Se sollevo il problema proprio ora, in sede di discussione sul disegno di legge finanziaria, non è dunque un caso. Il Governo precedente aveva, infatti, deciso di eliminare il digital divide entro il 2011 e per questo scopo aveva già stanziato 50 milioni di euro; peccato che siano finiti nel frullatore dell'ICI! I 50 milioni di euro già stanziati sono stati tolti perché dovevano contribuire (in parte trascurabile, fra l'altro) al pagamento di una promessa elettorale. Anche qui, mi permetto di sottolineare che siamo in presenza di una redistribuzione inversa delle risorse: hanno beneficiato maggiormente dell'abolizione dell'ICI gli immobili che valgono di più, cioè quelli delle grandi metropoli, mentre hanno risentito di questo taglio di 50 milioni di euro, necessario a colmare il digital divide, soprattutto i piccoli comuni che, se si va avanti così, tra poco spariranno dalla carta geografica d'Italia.
In conclusione, nel disegno di legge finanziaria si parla dell'utilizzo di 800 milioni di euro provenienti dai fondi Fas, i fondi europei per le aree sottoutilizzate, che verranno impegnati - cito - nell'adeguamento delle reti di comunicazione elettronica pubbliche e private. Sarò io probabilmente a non capire, ma la formulazione mi sembra piuttosto criptica, perché non è chiaro se questi soldi verranno utilizzati per colmare il digital divide. Leggendo l'articolo in oggetto, mi è venuto il dubbio maligno che possa essere interpretato anche in un altro modo: che questi 800 milioni di euro, largamente sufficienti a risolvere una volta per tutte il problema dell'Italia a due velocità, possano essere nuovamente scippati ai piccoli comuni e dati alle grandi città per aiutarle a raggiungere i famosi 100 megabit al secondo. Chiedo perdono se ho pensato male ma, come ama ripetere un mio altro illustre predecessore in quest'Aula, ora senatore a vita, «a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, la gravità della situazionePag. 13economica avrebbe richiesto da parte del Governo un eccezionale sforzo di programmazione e di rilancio della capacità produttiva del sistema attraverso l'applicazione di misure anticicliche e il potenziamento degli investimenti.
Gli strumenti di programmazione finanziaria sinora messi in atto dal Governo, a partire dal DPEF dello scorso giugno, si sono rivelati inefficaci e non hanno lasciato presagire alcun miglioramento della situazione. In particolare, per l'agricoltura, già il DPEF conteneva pochi e negativi riferimenti e, tra questi, indicava per il 2008 una forte contrazione del valore aggiunto (meno 2,2 per cento). Sono stati effettuati, poi, tagli al settore primario, con i decreti-legge n. 93 e n. 112 del 2008, con la promessa che, nella legge finanziaria per il 2009, si sarebbe provveduto a rilanciare il settore, con il ripristino dei fondi sottratti e con l'impegno a destinare nuove ed ulteriori risorse al comparto.
La legge finanziaria, invece, si è mossa ostinatamente nella stessa errata direzione. Al Ministero delle politiche agricole e forestali, infatti, nel 2009 vengono assegnate risorse pari a 1.333 milioni di euro, con una diminuzione degli stanziamenti di 459 milioni: un taglio secco del 25,6 per cento. L'incidenza percentuale degli stanziamenti del Ministero rispetto alle spese finali del bilancio dello Stato si riduce dallo 0,3 per cento allo 0,2 per cento.
Se si analizza, poi, la composizione della spesa - così come ha fatto la collega Servodio -, si nota che i tagli si concentrano soprattutto sugli investimenti: mentre la spesa corrente viene ridotta del 10,3 per cento, quella in conto capitale subisce una contrazione del 39,7 per cento. La previsione subisce un taglio di 423 milioni di euro, di cui 354 milioni si riferiscono alla spesa in conto capitale (investimenti fissi, acquisto di terreni, contributi agli investimenti delle imprese e delle famiglie). Nella sostanza, l'83 per cento dei tagli complessivi all'agricoltura riguarda gli investimenti in un settore che, per competere, avrebbe invece bisogno di innovazione, crescita dimensionale e sostegno alle imprese colpite da calamità.
Sono stati altresì azzerati gli stanziamenti per il Fondo di solidarietà nazionale e operati altri tagli indiscriminati in campi che necessitano di risorse, come è avvenuto per il piano irriguo, per le misure di internazionalizzazione delle imprese e per l'avvio di processi di ammodernamento del settore.
La finanziaria, in definitiva, non ha previsto alcun intervento per il sostegno dell'economia e dei consumi, a partire da quelli alimentari. Si è mossa in maniera miope e in una direzione diametralmente opposta rispetto a quella necessaria per rimettere in moto l'economia. Non si può nemmeno legiferare in questo settore, perché mancano i fondi nelle tabelle.
L'azione del Governo deve da subito mutare rotta, accogliere gli emendamenti presentati dal nostro gruppo per confermare le agevolazioni in materia previdenziale per il settore agricolo nelle aree sottoutilizzate del Paese e procedere immediatamente al rifinanziamento del Fondo di solidarietà, per dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio.
Inoltre, diventa urgente assicurare risorse e sostegno al ricambio generazionale, allo sviluppo dell'imprenditoria giovanile e femminile e ai processi di internazionalizzazione delle politiche di filiera. Inoltre, la riduzione dei consumi e la persistente difficoltà delle imprese di finanziarsi attraverso i normali canali bancari, insieme ad un aumento del costo dei fattori di produzione, stanno determinando una pesante crisi della liquidità e, dunque, di redditività delle imprese. Da qui deriva l'urgenza di misure ad hoc, come l'applicazione delle accise zero per il gasolio utilizzato in tutte le attività agricole e zootecniche e la riduzione al 4 per cento dell'aliquota IVA sui carburanti.
Infine, con questa finanziaria, il Governo, come già avvenuto nel periodo 2001-2006, trascura fortemente l'impattoPag. 14dell'inflazione sul potere d'acquisto delle famiglie e, in particolare, sui consumi alimentari.
L'ISTAT registra un'ulteriore accelerazione della crescita tendenziale dei prezzi alimentari (in particolare pane, pasta, frutta e ortaggi), che in un anno aumentano del 32 per cento. Questo Governo nulla ha detto riguardo alle modalità reali di contenimento delle previsioni inflazionistiche nazionali e internazionali. Non è stato detto, ad esempio, che andrebbero realizzati con urgenza investimenti infrastrutturali ed interventi di razionalizzazione delle filiere che causano un aumento del prezzo fino al 300 per cento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Concludo, signor Presidente. Il Governo non ha a cuore gli interessi degli italiani e lo dimostra il fatto che ha recentemente bocciato una proposta del PD per combattere il caro-vita e garantire la trasparenza dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli nelle filiere agroalimentari.
Nel corso della discussione del provvedimento collegato sullo sviluppo, infatti, il Governo ha bocciato l'ordine del giorno relativo alla proposta di adottare opportuni provvedimenti affinché nei mercati sia indicato il prezzo all'origine dei prodotti ortofrutticoli con la medesima evidenza del prezzo di vendita al consumo e del prezzo intermedio di acquisto all'ingrosso, il cosiddetto triplo prezzo.
Anche per la dimostrata disattenzione del Governo verso il mondo agricolo e verso il Mezzogiorno, voteremo contro questo disegno di legge finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto le scuole elementari Pistelli e Andrea Santoro di Roma, che assistono ai lavori dell'Assemblea (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, siamo di fronte ad una manovra che penalizza fortemente il bilancio della difesa e rischia di comprometterne l'efficienza operativa in modo assoluto. I tagli alle spese di esercizio dello stato di previsione del Ministero della difesa per il triennio 2004-2006, operati durante il precedente Governo di centrodestra, avevano già dato un colpo all'efficacia dello strumento militare e alla sicurezza del personale militare, sia in ambito nazionale che internazionale.
Le citate misure hanno influenzato direttamente l'adeguamento degli stanziamenti a legislazione vigente con una logica di progressivo decremento, da circa 20,3 miliardi di euro per il 2009 a poco più di 18,9 miliardi di euro per l'anno 2011. Sono state ridotte ulteriormente le risorse destinate all'esercizio.
Noi abbiamo dato inizio, a partire dal biennio 2007-2008 con i Governi di centrosinistra, ad una significativa inversione di tendenza, consentendo alle Forze armate sia di onorare gli impegni presi in campo internazionale che di porre le basi per conseguire un recupero, seppure minimale, in taluni settori vitali dell'organizzazione.
È tornato al Governo il centrodestra e, contraddicendo i pronunciamenti elettoralistici e le promesse elettorali, di nuovo sono cominciati i tagli e la politica dei tagli.
Il divario tra le esigenze dello strumento militare e le risorse messe a disposizione è enorme e rischia di compromettere irrimediabilmente le capacità operative dell'organizzazione della difesa.
Le previsioni di spesa ammontano a 1.887,9 milioni di euro, con un decremento rispetto al 2008 di 775,3 milioni di euro, ossia del 29 per cento. Risultano del tutto insufficienti per assicurare quel minimo di livello di adeguatezza, di attività di addestramento e formazione, di manutenzione delle scorte e dei materiali che sono necessari ad uno strumento militare che aderisce agli impegni internazionali, oltre a quelli che sono stati assunti dal nostro Paese nell'ambito della NATO, dell'Unione europea e dell'ONU.Pag. 15
Nel settore del personale non vengono ripianati i tagli effettuati dal decreto-legge n. 112 del 2008 sui fondi destinati al reclutamento dei volontari, per un valore pari al 7 per cento per il 2009 e per il 40 per cento rispetto all'anno 2010. Questa riduzione di stanziamenti ha imposto, tra l'altro, il conseguimento di economie di spesa per un importo non inferiore a 304 milioni a decorrere dall'anno 2010.
Gravissime conseguenze vi saranno, quindi, anche dal punto di vista sociale. Non solo la riduzione di nuovi arruolamenti, ma anche il mancato trattenimento dei militari che hanno prestato servizio nelle Forze armate o all'estero da sei a sette anni, che potrebbero essere congedati contro ogni loro legittima aspettativa. Queste misure prevedono, altresì, disposizioni per il blocco del turnover nelle pubbliche amministrazioni e potrebbero trovare applicazione anche al personale delle Forze armate, compreso quello in servizio nell'Arma dei carabinieri.
Tutto ciò è in aperta contraddizione con le esigenze organiche delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri, e determinerà gravissime conseguenze sugli organici, sui destini e le legittime aspettative delle famiglie.
Le previsioni su base triennale 2009-2011 evidenziano il rischio di un progressivo decadimento operativo delle Forze armate, con una riduzione prossima all'azzeramento delle esercitazioni.
Nel 2009, per l'Esercito, è previsto lo svolgimento di circa 2.880 esercitazioni, a fronte delle 7.550 realizzate nel 2008; per la Marina, la disponibilità è di circa 29.800 ore di moto, a fronte delle 45 mila del 2008; per l'Aeronautica, è prevista l'effettuazione di 30 mila ore di volo, a fronte delle 90 mila previste nel 2008.
Vi abbiamo sentito, un paio di settimane fa, colleghi della maggioranza, affermare il grande risultato dell'ottenimento della specificità nel collegato approvato sui lavori usuranti e sul pubblico impiego. È stato detto: intanto fissiamo il principio, poi arriveranno le risorse.
Alla prima prova dei fatti, abbiamo visto che le risorse non ci sono; non ci sono le risorse per riconoscere la specificità in termini economici, pensionistici e previdenziali per l'attività svolta...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO RUGGHIA. ...dai lavoratori delle Forze armate e dei corpi di polizia.
Da tutti i punti di vista, è una manovra deludente, che, purtroppo, determinerà gravi conseguenze sull'attività dello strumento militare. È un ridimensionamento totale non solo di risorse destinate alla difesa, ma anche delle ambizioni del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scarpetti. Ne ha facoltà.

LIDO SCARPETTI. Signor Presidente, forse nemmeno i più critici rispetto alla manovra di luglio potevano immaginare la rapidità con cui, purtroppo per il Paese, si confermano appieno i limiti e le inadeguatezze delle misure che furono allora previste. Nonostante questo, il Governo continua a dire che la manovra va bene e che la finanziaria non si cambia.
Eppure, l'economia reale è in sofferenza, per usare un eufemismo. La disoccupazione aumenta, i redditi non tengono più, dall'inizio dell'anno hanno chiuso i battenti 337 mila imprese ed anche chi aveva espresso giudizi positivi sulla manovra di luglio la ritiene ora insufficiente e chiede sostegno alle imprese.
Il terremoto finanziario sta producendo effetti pesanti sull'economia reale, sia sulle imprese, in particolare in rapporto al credito, sia sui redditi e sui consumi. I tagli lineari stanno producendo tutti gli effetti negativi, a partire dalla scuola e dall'università.
All'appello dei bilanci degli enti locali per il 2008 mancano un miliardo e 400 milioni di euro e per il 2009 ancora non si sa nulla, nonostante le rassicurazioni del Governo.
Si parla tanto della necessità di federalismo, ma alla prova dei fatti, per ora, si manifestano, molto più prosaicamente, tagliPag. 16di una dimensione tale da rendere difficile ad enti locali e regioni la chiusura dei bilanci, tant'è che ormai la protesta degli amministratori locali non riguarda soltanto amministrazioni di un preciso colore politico.
Improvvisamente al Governo si è diventati più realisti del re: niente più finanza creativa, non ci sono soldi, si dice. La carenza di risorse è sicuramente un problema, ma non è vero fino in fondo. I fatti ci dicono che quelle poche risorse che potevano essere disponibili si sono spese, ma si sono spese male.
La soluzione di Alitalia costa agli italiani - ancora non ci sono calcoli precisi, perché le situazioni di tensione provocheranno inevitabilmente ulteriori costi - circa 2 miliardi di euro; l'eliminazione di tutta l'ICI sulla prima casa è stimata in 3,5 miliardi di euro. Sono le scelte politiche che sono state sbagliate.
Lo avevamo detto che, in periodo di vacche magre, era bene destinare le risorse ai redditi più bassi, anziché favorire i ceti più abbienti attraverso l'eliminazione totale dell'ICI, come oggi non si hanno ancora i conti esatti di quanto costi ai cittadini italiani, ed anche ai lavoratori di Alitalia, non aver consentito, sull'altare della presunta italianità (vedremo, con il partner estero, come finirà anche questa storia), l'acquisizione da parte di Air France.
Forse, se si potesse tornare indietro, se si potesse mettere il calendario a marzo sulla vicenda Alitalia, l'allora Governo, l'allora opposizione ed anche parte delle organizzazioni sindacali avrebbero ragionato in modo diverso.
Di fronte al drastico peggioramento di tutti gli indicatori economici il Governo continua a ripetere testardamente che la manovra non si tocca; anzi, con un atteggiamento e un'arroganza inusitati, la manovra viene blindata e sterilizzata senza accettare il confronto: è grave sul piano politico ed è grave sul piano istituzionale.
Noi abbiamo avanzato proposte verso le quali, per la verità, nei giorni scorsi vi è stato anche un timido segnale di apprezzamento da parte di alcuni esponenti della maggioranza. Forse anche per questo si è voluto blindare il disegno di legge finanziaria, perché le proposte che noi avanziamo non sono velleitarie, ma vogliono tentare di invertire il ciclo.
Innanzitutto, proponiamo di detassare le tredicesime, i salari, gli stipendi e le pensioni per un importo pari allo 0,5 del prodotto interno lordo, perché in questo Paese va rilanciata la domanda; chiediamo poi di irrobustire gli ammortizzatori sociali per la cassa integrazione a favore di chi non ha un lavoro.
Leggevo ieri nelle pagine di cronaca della mia città - una città che, per la verità, non ha mai vissuto grosse tensioni sociali - che un lavoratore che ha perso il posto di lavoro è disponibile a vendere il proprio rene. Si tratta di un caso estremo, ma la dice lunga su un segnale di forte impoverimento di tanti strati sociali di lavoratori, anche di ceto medio, che dovrebbe preoccupare tutti, perché a rischio può essere la coesione sociale.
Altre proposte sono quelle di sostenere le piccole e medie imprese con interventi sul fronte del credito e con incentivi e di rilanciare gli investimenti. Sono proposte fuori dal mondo o fuori dal mondo è chi continua a pensare che tutto va bene?

PRESIDENTE. Onorevole Scarpetti, la prego di concludere.

LIDO SCARPETTI. Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, io credo che non tutto vada bene e mi pare che se ne accorgano anche gli italiani. Non è un caso che da vari giorni non stiamo più assistendo allo sbandieramento di sondaggi che beatificano l'azione del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, avrei voluto dire al sottosegretario Vegas che ci saremmo ritrovati qui in Aula dopo una profonda e adeguata discussionePag. 17in Commissione, invece non siamo riusciti a farlo. Infatti, nonostante la sua buona volontà, in Commissione bilancio è finita come tutti sanno: la discussione che avevamo sperato di svolgere con il Governo e con la maggioranza è naufragata nel momento in cui abbiamo iniziato ad entrare nel merito delle questioni più dirimenti e più importanti. Mi auguro che tale discussione potrà essere svolta in Aula, perché in questo confronto sono mancate le risposte del Governo ai tanti quesiti posti anche dalla maggioranza, ma soprattutto è mancata la disponibilità al confronto e a fornire risposte chiare e inequivocabili sui quesiti che noi vi poniamo dal luglio scorso.
È a partire dalla discussione sul decreto-legge n. 112 che formuliamo domande e voi - anche con un po' di presunzione - girate la testa dall'altra parte. Non so se il Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti si stia rendendo conto fino in fondo di quanto sta accadendo nel Paese; quello che è sotto gli occhi di tutti (ed è inequivocabile) è che, da luglio ad oggi, vi è stata una evidente contrazione di liquidità dei mercati; vi è stata una interruzione di fatto dei principali comparti industriali che toccheremo con mano solo da gennaio in poi. Buona parte delle prenotazioni di cassa integrazione di questi giorni sono figlie della programmazione dolorosa che molte imprese stanno realizzando in questi giorni.
Ma voi ci rispondete che la legge finanziaria, siccome è stata costruita con il decreto-legge n. 112 prima e blindata poi a settembre, è inemendabile, perché questa è la riforma che il centrodestra propone al Paese. Delle due l'una: o siete incoscienti, oppure avete deciso fino in fondo di perseguire un percorso di politica economica tutto incentrato sulla restaurazione di alcuni oggettivi interessi di conservazione!
Le passo in rassegna le cose che restano sullo sfondo dopo questi mesi di lavoro del Governo Berlusconi.
Avete definito quello sull'ICI un provvedimento sul potere d'acquisto delle famiglie, ma penso che le famiglie, dopo quattro mesi, si siano rese conto che il loro potere d'acquisto non è migliorato: avete certamente aiutato chi aveva case di adeguata proprietà, e chi aveva un attico o un appartamento in via Condotti certamente ha sorriso ed avrà avuto l'opportunità di fare qualche cena in più, ma certamente le famiglie italiane non si sono accorte dell'intervento sul potere d'acquisto!
Ad un certo punto, nel decreto-legge n. 112 avete pronosticato che gli italiani avrebbero scoperto il metodo per costituire un'impresa in un giorno, mentre in realtà avete cancellato un po' di libri contabili ed avete aperto un percorso nuovo che probabilmente ha già avuto un impatto sui conti pubblici.
Tale impatto è legato alla percezione - che il Paese ha - che le imposte tutto sommato si possono anche non pagare, e le percezioni che noi abbiamo rispetto al gettito fiscale lo confermano.
Anche a tale riguardo, in Commissione bilancio ed in Aula aspettiamo da mesi risposte sul gettito reale, ma in Parlamento non abbiamo ancora ascoltato i dati reali del gettito.
Sulle banche vi siete affannati ad intervenire con il decreto «salva-banche» in un momento nel quale il Paese chiedeva certezze: avete adottato ben due decreti-legge e lavorate ininterrottamente sul terzo (ed aspettiamo ancora novità sull'ultimo passaggio legato al decreto «salva-banche»), ma né i risparmiatori né le piccole e medie imprese, nei tre tentativi che avete fatto, sono state oggetto della vostra attenzione!
Da settimane vi sottolineiamo come riteniamo necessario che il contributo di tutto il Parlamento sul «salva-banche» possa venire solo quando avremo conosciuto i dati reali che con questa manovra finanziaria non conosciamo.
Si tratta infatti - lo ribadisco - di una finanziaria fatta a settembre e rispetto alla quale lei si ostina a dirci che i saldi non sono modificabili, mentre da settimane le ricordiamo che i tassi di interesse da settembre ad oggi hanno vissuto sulle montagne russe e che nel momento attualePag. 18si trovano evidentemente nella fase più bassa del ciclo (il progetto di bilancio che presentate in Parlamento prevede 294 miliardi tra rimborso del debito e costo del debito oneroso rispetto ai 274 dell'anno scorso)!
Non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta su qual è il delta, il differenziale sui tassi di interesse da settembre ad oggi e su quanto esso incide sul nostro debito pubblico, perché siamo convinti che potevano essere valutati e calcolati alcuni miliardi di euro in meno rispetto alle previsioni che avete fatto. Anche in questo caso la risposta è: non la pensiamo come voi, ma non c'è nessuna spiegazione tecnica e politica!
Sulle banche - lo abbiamo detto più volte - pretendiamo che vengano garantiti i risparmiatori italiani che sono stati raggirati: chi ha comprato obbligazioni Lehman Brothers deve riottenere il proprio capitale, mentre devono rimettercelo le banche che hanno venduto ad operatori non qualificati tagli di obbligazioni che non andavano vendute in quel modo!
Il vostro decreto-legge che, in qualche modo, prima o poi, dovremo discutere, dovrà prevedere tutto ciò, come pure dovranno essere previsti i fondi per le piccole e medie imprese, e allo stesso modo, ci auguriamo che, con un po' di coraggio, possiate prendere atto che è arrivato il momento di fare ciò che alcune banche stanno facendo in maniera isolata, ciò che il Governatore della Banca d'Italia ha richiamato alcune settimane fa e che il Partito Democratico, per la verità, afferma, da tre mesi: il superamento dell'Euribor sui mutui a tassi variabili sulle abitazioni. Noi, questa misura, con un emendamento, la proporremo, e proporremo un meccanismo come quello previsto dal Governo Prodi nel 1997 che consentì alle banche, finalmente, di fissare i tetti antiusura.
Vi siete occupati dell'Alitalia - anche questo è rimasto sullo sfondo del Paese - e tutti sanno come andata a finire: avete spalmato un miliardo e 400 milioni di euro sulle spalle dei contribuenti e ancora in questi giorni l'azienda sta mostrando la propria propensione ad interpretare il mercato, scaricando gli effetti di questa situazione su migliaia di lavoratori; si prevede, infatti, una cassa integrazione che consentirà ad alcuni lavoratori, certamente sfortunati perché perdono il posto di lavoro, ma molto più fortunati di altri che lo hanno perso senza avere una cassa integrazione in deroga per sette anni e all'80 per cento. Le modalità con le quali si interviene con gli ammortizzatori sociali diventano quindi delle modalità che rendono il nostro Paese una sorta di puzzle.
Per non parlare, poi, della scuola, dell'università. Propagandate una riforma e poi non avete il coraggio di sospendere i concorsi ancora in corso; noi vi saremmo venuti incontro se aveste avuto il coraggio di sospendere i concorsi in corso.
Concludo, ricordando al sottosegretario Vegas e al relatore Giudice, che, in Aula, almeno in sede di dichiarazioni di intenti, ci aspettiamo dalla maggioranza e dal Governo una risposta chiara e definitiva sull'utilizzo improprio del FAS, diventato il bancomat del Ministro dell'economia e delle finanze, e sul perché avete detto «no», più volte, al credito di imposta automatico per le imprese del Mezzogiorno e sul perché vi ostinate a non prendere in considerazione le proposte del Partito Democratico sulla detassazione delle tredicesime, delle pensioni minime e dei salari minimi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, sottosegretario Vegas, lei, da venerdì, sta ascoltando una serie di interventi del Partito Democratico che affermano la stessa cosa, e sarebbe opportuno che lei la riferisca al Ministro e al Presidente del Consiglio: questa è una manovra sbagliata, i tecnici direbbero che è una manovra prociclica, invece che - come dovrebbe essere in questo momento dell'economia - anticiclica. Si tratta di una manovra in cui la parola chiave è tagli.Pag. 19Una manovra impostata su tagli di spesa che, spesso, sono indiscriminati, che colpisce quantità e qualità dei servizi sociali e che contiene - lo abbiamo visto - tagli pesanti nel settore della scuola, della ricerca, dell'università, ovvero nel settore del futuro; e, infatti, non a caso, ha provocato - è proprio il caso di dirlo - un «onda» di protesta del Paese. Vi sono tagli ai Fondi per la sicurezza, vale a dire per le forze dell'ordine (proprio voi che della sicurezza avevate fatto, in campagna elettorale, uno dei vostri leitmotiv). Sono previsti tagli consistenti per la sanità per svariati milioni di euro nel triennio, tagli ai fondi destinati all'edilizia sanitaria pubblica. Complessivamente, vi è una forte riduzione degli investimenti pubblici per le infrastrutture, dal 3,9 al 3,2 per cento del PIL, proprio quando la crisi imporrebbe un nuovo incremento. Tra tutti - devo dirlo - mi indigna il taglio alla cooperazione allo sviluppo - è stato ricordato prima dal collega Barbi - e al poco più che simbolico contributo previsto per le azioni di sminamento. Colpisce, per miopia, il taglio al comparto culturale in un Paese che della cultura e del turismo culturale dovrebbe fare uno dei suoi punti di forza.
È già stato detto: propagandisticamente durante la campagna elettorale si era detto che si sarebbe tagliata interamente l'ICI, e così si è fatto (tutta l'ICI sulla prima casa), e ciò riguarda il 60 per cento dei proprietari che rimaneva dopo il 40 per cento (formato dai ceti meno abbienti) per il quale aveva provveduto il Governo Prodi; quindi questo ulteriore taglio riguarda la parte più benestante. Adesso però bisogna recuperare quei quattrini, che comportano il taglio di servizi essenziali, senza contare i problemi creati ai comuni, non essendo pieno il rimborso che essi ricevono per il mancato introito.
A pagare, oltre ai poveri che (sono dati ISTAT della settimana scorsa) stanno purtroppo aumentando nel nostro Paese sono anche le famiglie del ceto medio, le più numerose, l'ossatura della nazione. Non c'era bisogno inoltre dei dati OCSE (anche questi della settimana scorsa), per sapere che l'Italia è uno dei Paesi in Europa dove le diseguaglianze sono maggiori e anzi si stanno accentuando. Ci vorrebbe allora una politica che concentrasse le risorse disponibili, sapendo che non sono infinite, sulle aree di sofferenza e di difficoltà: tra l'altro un'azione del genere servirebbe anche per sviluppare i consumi che sono fermi nel nostro Paese. Ebbene, il grave errore di questa finanziaria sbagliata è quindi rappresentato dalla mancata detassazione dei redditi medi e medio-bassi e dall'assenza di misure a loro sostegno. Dovremmo, ad esempio, detassare le tredicesime, fin da ora, e aumentare le detrazioni sul lavoro dipendente, ma non lo si vuole fare. Detassare gli straordinari - vedete un po' - è un esempio e va bene, certo, per incentivare la produttività, ma non serve in una fase di crisi come questa. Chi fa oggi gli straordinari?
Questo accade perché è una manovra che è stata impostata mesi fa, ma il contesto, lo scenario internazionale è cambiato, e come è cambiato. La stessa Robin Hood tax aveva previsto di alimentarsi dalle banche, che invece oggi sono difficoltà, e dai petrolieri, ma in estate il valore del barile era oltre centocinquanta dollari e oggi è meno della metà, quindi lo scenario è cambiato. È cambiato radicalmente. Come si fa a non vederlo e a far finta che non sia cambiato?
La manovra di luglio è datata e la si ripropone sostanzialmente anche se superata dagli eventi, senza contare - lo ripeto e sottolineo una volta di più - che è sbagliata anche perché sottovalutava la crisi economica e sprecava risorse per operazioni legate alla propaganda della campagna elettorale, mi riferisco ad esempio a quella dell'ICI, m anche a quella relativa all'Alitalia per la quale, fra l'altro, ai fini del prestito ponte, poi capitalizzato per 300 milioni di euro, si sono utilizzati i fondi previsti dal documento programmatico Industria 2015; un prestito che poi l'Unione europea, fra qualche settimana, dichiarerà aiuto di Stato. Invece ci si è dimenticati di famiglie ed imprese, ovvero il motore della nostra economia.Pag. 20
Potrei andare avanti ma il mio tempo si sta esaurendo. Concludo però ricordando - visto che ai tempi dell'esame del decreto-legge n. 112 del 2008 avevo citato i tagli che erano stati operati al sud - che nella mia regione, la Lombardia, sono fermi i prolungamenti delle linee 2 e 3 della metropolitana milanese, le nuove linee 4 e 5 (tanto per citare solo due esempi). E dire che in un'area così congestionata e inquinata la metropolitana è indispensabile. Siamo fermi a quello che aveva dato il Governo Prodi, e allora, anche in questo caso, fermare la locomotiva Italia (è quanto critichiamo nell'operato di questo Governo che si dice a trazione nordista) - caro sottosegretario Vegas, che comunque ringrazio per l'attenzione - significa una volta di più fermare il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bonavitacola. Ne ha facoltà.

FULVIO BONAVITACOLA. Signor Presidente, le parole ormai famose con cui il nuovo Presidente degli Stati Uniti ha salutato la sua elezione (secondo le quali nulla ormai è impossibile in quel grande Paese) sembrano adattarsi perfettamente alla situazione economica internazionale. Abbiamo visto che in questi mesi è particolarmente vero ed attuale: nulla è impossibile. La comunità si sta interrogando sulla natura di questa crisi, in particolare sui caratteri di grande novità. Per la prima volta, anche di fronte agli studiosi più esperti di economia, si pone il tema di che cosa sia l'economia artificiale e in che misura essa sopravanzi e in qualche modo addirittura sostituisca l'economia reale. Il fallimento delle grandi banche, la paura dei risparmiatori, l'incertezza degli imprenditori: di fronte a tutto questo vi sono almeno due elementi che accomunano la condotta della comunità scientifica più avveduta e - direi - anche della politica più avveduta sul piano internazionale.
Si tratta di due atteggiamenti ispirati al principio di umiltà. Il primo è evitare supponenza, saccenteria, riconoscere i grandi dubbi che accompagnano questa fase della crisi economica e finanziaria internazionale. L'altro elemento è il dialogo, la consapevolezza che nei singoli Stati e nella comunità internazionale occorre ricercare soluzioni che, proprio per i caratteri nuovi della crisi, necessitano di approfondimenti, ricerca, discussione, apertura anche a chi la pensa diversamente. L'unica eccezione in questo panorama è l'Italia e il suo illuminato Ministro dell'economia, il quale si è vantato di aver approvato la finanziaria in undici minuti. Il Governo ha preteso nel luglio scorso di imporre non una «minifinanziaria» ma un'anticipazione sostanziosa della finanziaria, evitando emendamenti in Commissione e ponendo la questione di fiducia in Aula. Si pretende quindi di ripetere di nuovo la stessa farsa. Direi che dietro questo comportamento, più che un autoritarismo formale dovuto alla violazione delle regole, vi è un autoritarismo che esprime quasi una devianza culturale, un atteggiamento di chi ritiene di avere in tasca la verità universale e di esserne, in qualche modo, il portatore e il diffusore nei confronti dell'umanità.
Riteniamo che tutto questo sia sbagliato e, quindi, quando rivendichiamo le prerogative del Parlamento, lo facciamo non solo e non tanto per la difesa delle regole che devono presiedere al funzionamento delle istituzioni e ad un corretto rapporto democratico tra l'Esecutivo e l'Assemblea parlamentare. Lo diciamo piuttosto anche per una ragione sostanziale: riteniamo che, in questo momento, proprio per i caratteri nuovi di questa crisi, sia necessario il confronto. Infatti non ci piace l'idea di una discussione sulla finanziaria che somiglia un po' a un'immagine da cortile, nel quale qualcuno ha chiuso i soldi in cortile e gli altri cercano di entrarvi per portar via qualcosa: non è così.
Riteniamo che ciò che manca in questo momento nel respiro complessivo dell'azione di Governo è una strategia politica: infatti la politica deve riappropriarsi delle proprie funzioni e delle proprie prerogative. Non possiamo concepire una manovraPag. 21finanziaria come la difesa della diligenza, per usare un'espressione che ha usato il Ministro Tremonti: «evitiamo l'assalto alla diligenza». Ma in questo caso il problema non è evitare l'assalto alla diligenza, ma di capire dove va questa diligenza, quali sono le sue mete e in che modo vuole arrivarci. Noi riteniamo che ciò manchi. Voglio portare un esempio: pensiamo al riconoscimento internazionale che le infrastrutture oggi costituiscono per ogni singolo Paese ma in generale per gli scambi di traffici economici a livello globale della cosiddetta economia globale. Le infrastrutture sono decisive e strategiche. Stamattina ho ascoltato alla radio che la Cina si accinge a varare un piano di grandi infrastrutture in quel Paese per 580 miliardi di dollari. Ebbene, il tema delle infrastrutture sembra quasi una sorta di optional che non ci possiamo permettere rispetto alla gravità e alla ristrettezza della crisi.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Bonavitacola.

FULVIO BONAVITACOLA. Invece è proprio vero il contrario. Una politica di investimenti nelle infrastrutture è essenziale. Pensiamo - porto un solo esempio concludendo, signor Presidente - che cosa rappresenta la portualità: la condizione per essere una grande rete dell'economia globale è avere strutture portuali efficienti alle quali si arriva e dalle quali si parte: tutto questo manca non solo nella finanziaria ma direi nella cultura politica che esprime il Governo in questa fase. Su questo ovviamente condurremo una battaglia convinta nelle aule parlamentare e anche fuori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario Vegas, all'evidenza dei fatti sembra che questo Governo si sia messo sulla strada che ci allontana dai principi sanciti nella nostra Carta costituzionale e che voglia rimuovere quel principio di solidarietà, tanto caro a La Pira, che ha trovato casa nella costruzione di una rete solidale tra istituzioni, cittadini e corpi sociali.
Con questa finanziaria il Governo chiude ogni forma di solidarietà verso le comunità italiane all'estero, calpestando i diritti delle stesse all'istruzione ed all'assistenza (per quelle più povere, per gli indigenti), e alle altre forme di intervento che il Governo Prodi, pur impegnato in un grande sforzo di risanamento della finanza pubblica, non aveva assolutamente sottovalutato.
Nel nostro Paese ci troviamo di fronte ad un rischio grave, alla fatica ed alla difficoltà di lavorare insieme per risolvere i problemi, al localismo che divide estremizzando, ad un Governo che investe poco in solidarietà in un momento in cui ve n'è molto bisogno, ad un Governo che disegna uno Stato sempre più debole: il Governo lo fa con le scelte che hanno ispirato la formulazione della finanziaria per il 2009. Abbiamo bisogno di politiche che diano respiro alle famiglie, confrontate con una crescente povertà, mentre sono alle prese con la loro stessa ridefinizione.
Le famiglie avrebbero bisogno di aiuto per costruire reti di solidarietà, invece il rapporto Caritas-fondazione Zancan sulla povertà individua due fasce di popolazione in particolare situazione di disagio: le famiglie con figli e le persone non autosufficienti. Addirittura in Italia si registra un grado di povertà delle famiglie con tre o più figli pari al 30,02 per cento, di cui una parte consistente al sud. In questa realtà il Governo cosa fa? Saccheggia i 12,866 miliardi di euro dei fondi FAS destinati al Mezzogiorno: essi rappresentano la misura compensativa con cui lo Stato ha sostituito l'intervento straordinario nel Mezzogiorno, per colmare il gap di sviluppo di infrastrutture, servizi ed occupazione tra nord e sud. Allora cosa diciamo a quelle famiglie, come facciamo ad infondere fiducia nel futuro, fiducia in uno Stato che dovrebbe essere percepito vicino? Che dire poi dei tagli alla promozione della lingua e della cultura italianaPag. 22nel mondo o agli italiani ultrasessantacinquenni che vivono all'estero in estrema povertà?
Voglio qui denunciare come in Germania, dove i problemi scolastici sono più acuti, oltre a venir compromessa la diffusione della lingua e della cultura italiana ed il suo progressivo inserimento nei curricula scolastici locali, si andranno a vanificare i positivi risultati finora raggiunti per un'efficace integrazione scolastica e professionale delle nuove generazioni, grazie all'azione di sostegno e di recupero scolastico a favore di tutti quegli scolari italiani che ancora rischiano l'emarginazione nel sistema scolastico e formativo locale. Decliniamo ogni responsabilità se, di conseguenza, i 15 mila scolari italiani in Germania e i 16 mila in Svizzera, a partire da gennaio 2009 non potranno più usufruire dei corsi di lingua e cultura italiana e di sostegno scolastico. Su indicazione del Ministero degli affari esteri sono stati realizzati interventi di prevenzione dell'insuccesso scolastico degli alunni italiani e corsi di lingua e cultura italiana nelle scuole locali, con progetti ed iniziative sviluppati in collaborazione con le autorità scolastiche tedesche, impegnando personale e risorse. L'abbandono di tali progetti provocherà una grave perdita di credibilità nei riguardi di tutte le istanze italiane presenti sul territorio. È proprio nei momenti di crisi che il nostro Paese ha potuto contare sul sostegno delle comunità italiane all'estero, con le quali occorre sviluppare maggiori sinergie. Vorrei ricordare al sottosegretario Vegas, per esempio, uno studio dell'università di Mannheim di questi giorni sulle imprenditorie etniche: lo sa lei, sottosegretario, che la comunità italiana in Germania produce un fatturato di 15,1 miliardi di euro l'anno, al 60 per cento nel settore della ristorazione?
Il tempo stringe e quindi non vorrei dilungarmi troppo, mi riservo al più, signor Presidente, di consegnare il testo integrale del mio intervento affinché rimanga agli atti. Lancio qui un appello al Governo, affinché trovi una soluzione sugli emendamenti che sono stati presentati, se saranno discussi in aula, che non prevedono aumenti di spesa, per spostare risorse e far fronte a questa grave emergenza che il Governo ha determinato e che diventerà distruttiva con i successivi passi della manovra finanziaria approvata in luglio, vale a dire nel 2010 e nel 2011. Si distruggerà un legame fondamentale con l'Italia, un legame che per questo Paese produce in termini di risorse economiche cose che il Governo probabilmente non ha mai quantificato (basti pensare al turismo di ritorno ed al sostegno per il nostro sistema aziendale).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCO NARDUCCI. Pochi giorni fa - ho concluso, signor Presidente - abbiamo approvato la legge sull'internazionalizzazione delle imprese. Mi chiedo, signor sottosegretario Vegas, come farà, visto anche l'entusiasmo con cui in quella legge si considera la rete diplomatico-consolare, nel momento in cui, in tre anni, sul bilancio del Ministero degli affari esteri si taglia un miliardo di euro? Chi aiuterà le nostre imprese nel mondo, con quali strumenti, con quali risorse e, soprattutto, con quali risorse umane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la maggioranza, dopo avere approvato la manovra economica dell'estate, si appresta ora a discutere in Aula i disegni di legge finanziaria e di bilancio, come arrivati dal Consiglio dei ministri, senza essere riuscita a proporne la benché minima modifica in Commissione, non dico di un punto e virgola, ma almeno di una virgola. Del resto, il Ministro Tremonti,Pag. 23già il 29 ottobre, con una nota ufficiale diffusa da via XX settembre, aveva negato ogni ipotesi di emendamento e confermato l'invarianza della finanziaria che, a sua volta, è funzionale a garantire l'invarianza, per così dire, dell'innovativa manovra estiva. Il tutto, si dice, a garanzia dell'obiettivo del risanamento e del rispetto del Patto di stabilità e di crescita europeo.
Tuttavia, mentre in quest'Aula si consuma l'immobilismo, a celebrazione della preveggenza tremontiana, il mondo fuori è diventato un altro mondo. È arrivato lo tsunami della crisi finanziaria e il suo impatto sull'economia reale già fa sentire, con netta evidenza, i suoi effetti recessivi su imprese e famiglie. Certo, la crisi è globale, ma siamo l'unico Paese del G7 - lo certifica il Fondo monetario internazionale - già in recessione nel 2008 (cioè da quest'anno) e siamo anche il Paese in cui le disparità di reddito tra ricchi e poveri sono maggiori che nella media dei paesi OCSE e dove è a rischio di povertà il 14 per cento delle famiglie con figli. Anche l'ISTAT, qualche giorno fa, ha certificato una povertà strutturale del nostro Paese, le cui cifre fondamentali sono: il 15,5 per cento come rapporto di incidenza povertà-figli, il 65 per cento di famiglie povere al sud e il 14 per cento di famiglie operaie che vive sotto la soglia della povertà.
Se, dunque, già oggi, chi ha un lavoro e percepisce un reddito non ce la fa, come se la caveranno queste famiglie quando l'onda della crisi finanziaria si sarà scaricata sulla costa? Vi è ancora qualcuno nella maggioranza che pensa che la salvezza sarà la carta sociale inventata da Robin Hood (quando i profitti di banchieri e petrolieri navigavano a gonfie vele) che, però, vedrà - ahimè - la luce solo a partire dal prossimo anno? Difficile, oltre che insano, sperare che a gennaio il prezzo del petrolio risalga vertiginosamente e le borse impazziscano di gioia in giro per il mondo. Se è così (e credo sia così, perché anche lo stesso Ministro Tremonti ha dichiarato, dieci giorni fa, che parlare di recessione è un eufemismo e che, magari fosse solo recessione, ma che si tratta di una rottura della linea di sviluppo), allora, forse, Robin Hood deve mostrare maggiore flessibilità di quella che ha praticato sinora.
Occorre da subito - è stato detto anche da chi mi ha preceduto - correggere la politica economica del Governo: è una precisa responsabilità della maggioranza farlo in quest'Aula, mentre è responsabilità di noi che siamo minoranza fare proposte per il bene del Paese. Occorre subito approvare delle misure a sostegno delle famiglie in condizioni di bisogno e a sostegno delle imprese e dei lavoratori maggiormente esposti alla crisi.
Del resto, non ci vuole molta fantasia: basta guardare a ciò che stanno facendo i partner europei e al piano dell'Unione Europea per la ripresa dell'economia. Il tema per noi fondamentale da declinare è senz'altro quello della riduzione della pressione fiscale per le imprese e per i lavoratori, a partire dai redditi più bassi. A chi ostinatamente mette avanti a tutto l'argomento della spesa pubblica e del Patto di stabilità, ha già risposto con autorevolezza ed efficacia il premio Nobel, Paul Samuelson, che mi permetto di citare: «Se li dimentichi quei vincoli. Non si può ragionare come se questo fosse un normale aggiustamento ciclico, che può essere accomodato con piccoli spostamenti. La svolta è epocale (...). Dovrà cambiare filosofia, dovrà mettere la recessione davanti al pericolo di inflazione. È questione di intelligenza, non di regole. Allo stesso modo, sono certo che i Governi nazionali ignoreranno Bruxelles. Mi fanno sorridere le rivendicazioni dei burocrati, che sventolano i manuali. Ragazzi: la casa brucia, altro che manuali».
Peraltro, anche il Consiglio europeo, il 15 e 16 ottobre scorsi, ha dichiarato che il patto di stabilità e crescita va «riveduto» in considerazione delle «circostanze eccezionali che attraversiamo».
Prima che scada il tempo che ho a disposizione, vorrei tuttavia concentrarmi, in particolare, su un tema specifico: la necessità di correggere in quest'Aula le norme relative al patto di stabilità interna. Gli effetti sugli enti locali della manovraPag. 24finanziaria del Governo Tremonti-Berlusconi sono devastanti, non solo sul piano quantitativo, ma anche su quello qualitativo.
Attraverso i tagli dei trasferimenti e il rigore punitivo del patto di stabilità, si delinea una vera e propria controriforma del ruolo dei comuni e delle province, che metterà in discussione, purtroppo, oltre all'autonomia finanziaria degli enti, i diritti sociali dei cittadini a partire dai più deboli. Si tratta di un taglio gigantesco. Inoltre, con i vincoli del patto di stabilità, gli enti locali non sono in grado di chiudere i bilanci a meno di non voler subire un ricatto: o si tagliano i servizi per i cittadini (chiaramente le fasce più deboli), o si bloccano gli investimenti, o si esce dal patto di stabilità subendone le sanzioni conseguenti. Insomma, con questo provvedimento si sta consumando un gravissimo attacco all'autonomia finanziaria dei comuni e degli enti locali, che contrasta in maniera evidente con la propaganda governativa sul federalismo fiscale. Del resto, appare anche logico che chi vuole trasformare tutti gli eletti in nominati attraverso le liste bloccate, non ami molto una classe dirigente locale eletta direttamente dai cittadini.
Tuttavia, il fatto paradossale è che - come ho cercato di dimostrare in Commissione bilancio - gli effetti del patto e il peso delle sanzioni sono destinati a colpire anche, e direi soprattutto, i comuni virtuosi, quelli che realizzano - udite, udite - investimenti con avanzi di amministrazione. Lo sanno bene i miei colleghi parlamentari della maggioranza del Veneto, pressati dai loro amministratori locali, lo sanno perché pressati anche dalle imprese, in particolare dalle piccole imprese di costruzione, le quali lavorano per i comuni e le province e attendono per mesi i pagamenti di quanto è loro dovuto perché gli enti locali si trovano di fronte alla necessità, per rispettare il patto, di non onorare le scadenze di contratto, tenendo le risorse derivanti dalle tasse dei cittadini ferme in tesoreria.
Il presidente dell'ANCE ci rappresenta, poi, conseguenze negative ulteriori per le imprese di costruzioni rispetto all'esposizione per i ritardi nei pagamenti da parte degli enti locali. A causa di questi ritardi, infatti, l'impresa, in questo momento di stretta creditizia, ritarda a sua volta i pagamenti all'INPS, alla cassa edile e all'INAIL; per cui essa avrà un documento unico di regolarità contributiva negativo, con la conseguenza che non potrà partecipare a gare, né iniziare altri lavori, ed i pagamenti relativi ad altri rapporti in corso saranno sospesi.
Pertanto, lascio a voi immaginare gli effetti, già alla fine del 2008 e per il 2009, di questo dissennato patto di stabilità e delle nuove sanzioni introdotte nella «lungimirante» manovra estiva.
Quali proposte facciamo, allora, visto che siamo qui per contribuire al miglioramento delle manovre? Le abbiamo già presentate in Commissione bilancio e mi auguro che in questa sede possano essere discusse e approvate, senza rimandare quanto è necessario fare in altri luoghi che non siano quest'Aula? Primo: consentire agli enti locali virtuosi di effettuare i pagamenti relativi a spese per investimenti regolarmente assunti; consentire loro di pagare nei limiti delle loro disponibilità di cassa, al fine di evitare danni erariali per ritardato adempimento all'ente e, quindi, al bilancio pubblico dello Stato, al comparto delle pubbliche amministrazioni, e insieme consentire, così, un'immissione sana di liquidità a favore delle imprese. Secondo: alleggerire il peso della manovra sul comparto comuni che complessivamente è già in attivo. Dobbiamo, infatti consentire agli enti locali, alle istituzioni che stanno più vicine ai cittadini sui territori, in questa fase di crisi economica e di recessione già in atto, di poter sostenere le fasce più deboli della popolazione e di poter continuare ad effettuare gli investimenti necessari alle comunità locali, oltre che a sostenere l'economia locale.
Comunque, se non volete proprio «alleggerire» questa manovra, bisogna almeno distribuirla meglio, perché il contributo del singolo ente locale al risanamento non può prescindere da una serie di presupposti a partire dalla considerazionePag. 25della misura pro capite dei trasferimenti statali che percepisce. Vi sono enti che ricevono 90, 80 euro pro capite, e città che ricevono 600 euro ad abitante: non è possibile che contribuiscano allo stesso modo. Così pure, si deve tener conto della percentuale della spesa del personale sulla spesa corrente: non è possibile penalizzare chi offre servizi ai cittadini con un terzo dei dipendenti di comuni di pari dimensione.
Inoltre, bisogna tener conto dell'effettiva responsabilità storica nella creazione del disavanzo pubblico, per esempio, finalmente - lo dico al Ministro Calderoli - attraverso la previsione di una concertazione di veri e propri patti di stabilità e crescita su base regionale per distribuire in modo più equo gli obiettivi di risanamento nel comparto locale, come già accade per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di di Bolzano.
Non ci devono infatti essere cittadini di serie A e di serie B in questo Paese, a seconda del comune e della regione in cui risiedono.
E se il peso del dissesto di enti locali male amministrati se non può essere scaricato sui cittadini di quei comuni male amministrati, non può neppure essere scaricato sui cittadini e sulle imprese dei territori bene amministrati. Se proprio si vuole continuare a premiare gli amministratori che dissipano, allora lo Stato assuma i relativi oneri a proprio carico, anziché chiedere ai comuni virtuosi di essere extravirtuosi.
Concludo: la crisi potrà essere una straordinaria occasione di rigenerazione del nostro Paese, una stagione di riforme in qualche modo indotte per necessità più che per virtù, ma solo attraverso una collettiva assunzione di responsabilità e, dunque, di riconoscimento dei comportamenti virtuosi e di sanzione verso i comportamenti che tali non sono...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SIMONETTA RUBINATO. ...a partire da ogni livello della politica e della pubblica amministrazione, perché se riusciamo ad aumentare la produttività della pubblica amministrazione nell'erogare servizi strategici, quali sicurezza, giustizia, formazione, sanità e welfare a sostegno delle famiglie, allora si metteranno davvero le basi, in questo Paese, per un sicuro e duraturo aumento della produttività, della ricchezza e del benessere per tutti e non solo per pochi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, nelle moderne democrazie di fronte alla crisi finanziaria che mezzo mondo sta attraversando si provvede a ripensare le politiche di welfare, si ridisegnano le politiche di welfare.
In questo disegno di legge finanziaria ci saremmo aspettati di vedere almeno un piccolo barlume di ridisegno del welfare, alla luce delle difficoltà finanziarie (che rischiano di essere ora difficoltà economiche) che stanno attraversando il Paese. Visti i tagli, si potrebbe semplicemente affermare che si tratta di una manovra finanziaria fuori contesto, che non si preoccupa minimamente di invertire le tendenze che sono in atto e anzi, cinicamente, il Governo ne approfitta per assestare un colpo, che rischia di essere mortale, alle politiche di welfare, ancora esili, che sono state poste in essere nei due anni che abbiamo alle spalle.
A tale proposito faccio un primo esempio: le politiche assistenziali. Tutti sappiamo cosa è avvenuto con il Fondo nazionale per le politiche sociali. Una legge importante (la legge 8 novembre 2000, n. 328), purtroppo, ha dovuto fare i conti, nel quinquennio 2001-2006, con la totale disattenzione del Governo di centrodestra guidato da Berlusconi.
Non vi è stato alcun intervento per adempiere ad una misura che avrebbe riportato il nostro Paese ad un livello assimilabile a quello di altri Paesi, ove i diritti sociali sono garantiti attraverso i livelli essenziali di assistenza. Questi sonoPag. 26stati mantenuti nel cassetto e, di male in peggio, sono stati addirittura ridotti i finanziamenti che inizialmente erano stati previsti, sin dall'approvazione della legge del 2000.
Il primo provvedimento che varò il Governo Prodi, nel 2006, fu il rifinanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali, perché i comuni e le regioni che avevano già attivato i servizi si sarebbero trovati, grazie ai tagli imposti dalla legge finanziaria del 2006, con un disavanzo acclarato, in quanto non arrivavano i finanziamenti del Fondo nazionale per le politiche sociali che, nel frattempo, era stato decurtato di 300 milioni di euro. Ebbene, non si può affermare che le situazioni del 2006 fossero rosee. Tutti ricordiamo che nel 2006 verso l'Italia era stata aperta una procedura di infrazione dall'Europa e quindi la legge finanziaria del 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) ebbe un contenuto gravoso.
Tuttavia, pur in condizioni difficili, è stato ripristinato il fondo sociale che ora, inopinatamente, viene ancora tagliato per l'anno 2008. Le regioni, in queste settimane, dicono al Governo che se non viene ripristinato il fondo sociale del 2008 (l'anno corrente) con i servizi che sono già attivati, avremo una immediata chiusura di servizi importanti per i disabili, per gli anziani, ma ho l'impressione talvolta, che il Ministro dell'economia non sappia a cosa serve il fondo sociale.
Peraltro, il suo collega di Governo, Ministro Brunetta, si affretta a rassicurare gli italiani che a proposito dei disabili non saranno toccati i loro diritti. Invece, il modo per far venir meno i diritti è proprio questo: tagliare il fondo sociale significa che non ci sono più risorse per finanziare i Ceod, i centri occupazionali diurni per i disabili, e allora la via più immediata è tenersi il bambino disabile in casa, oppure portarlo in un istituto.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Concludo, signor Presidente. Voglio solo citare il secondo taglio che riguarda la famiglia: 97 milioni di euro per progetti importanti attivati nel 2007 su questioni che sono ormai vitali per le famiglie (la formazione delle badanti, l'aiuto per le famiglie numerose, il potenziamento dei consultori). Magari parliamo delle politiche di integrazione per gli immigrati che sono difficili, dei problemi della violenza, del disagio giovanile, ma intanto si tagliano quelle misure che erano rivolte (quelle sì) ad un welfare a misura delle novità che stanno irrompendo nelle società moderne.
Insomma, si tratta di una manovra finanziaria che segna un arretramento e una conservazione, come è stato detto prima, il contrario di quello che sarebbe necessario fare in tempi di crisi, quando bisogna aguzzare l'ingegno, non con la social card, ma con l'innovazione dei sistemi sociali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Miotto, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signora Presidente, signor sottosegretario, colleghi, giovedì 6 novembre, mentre tutti i giornali del mondo davano la notizia della vittoria del neopresidente degli Stati Uniti, Obama, la Padania - la voce del Nord (come si sottotitola), titolava la sua prima pagina, su una striscia dal fondo verde: «la Lega cancella l'ultimo regalo al Sud».
La Padania si riferiva alla bocciatura, nella commissione Bilancio, di un emendamento al disegno di legge finanziaria che puntava a rendere automatico il credito di imposta nel Mezzogiorno. Se oggi dovessimo usare una metafora calcistica, tanto cara al Presidente del Consiglio, potremmo dire che la Lega fa il cappotto al Mezzogiorno. E dunque Mezzogiorno è la parola incriminata, che evoca disastri, perdite, conti in rosso, sprechi e che turbaPag. 27il sonno alla Lega, al punto tale che solo pronunciarla fa star male.
Forse bisognerebbe tagliare la parola in due parti (voi nei tagli siete bravissimi): «mezzo», che evoca macchine, produttività, efficienza e che quindi fate vostra, e solo «giorno» che, ahimè, cala sui buoni e sui cattivi e non può essere cancellato (o forse sì: dalla nebbia che rende tutto uguale). Vedete, io mi vergogno un po' in questo Parlamento ad essere una parlamentare del Meridione. Mi vergogno perché mi sono chiesta: vuoi vedere che avvengono tutti questi tagli perché noi siamo ricchi?
Vuoi vedere che siamo così ricchi da non essercene accorti e che i tagli sono il frutto di una giustizia «compensativa» che finalmente toglie al sud per dare al nord? Bravi! Siete riusciti (con pochi decreti-legge, dal n. 112 del 2008 a quello sullo «sviluppo», chiamiamolo così, che definisco più o meno ciclici, diciamo «mestruali», come avviene per le donne, un po' fastidiosi dal momento che meglio sarebbe approvarli senza neppure portarli in Assemblea) ad intervenire sulle famiglie, sui lavoratori, sulle imprese, sulla scuola, sull'università, sulla ricerca e, in particolare, sulle politiche sociali (ha ragione la collega Miotto), che subiscono una riduzione degli investimenti che non si era mai vista prima d'ora.
Potremmo dire così: nel disegno di legge finanziaria non è tanto ciò che c'è, quanto piuttosto quello che non c'è e perfino la tanto sbandierata social card è stata ridotta nei finanziamenti (mi pare di 25 milioni di euro in meno). Più che di social card allora parlerei di tessera della pasta, mi piace di più. Infatti, con gli aumenti previsti forse i meno abbienti potranno cucinarsi solo un piatto di spaghetti, forse una volta al mese, rimandando a quello successivo l'acquisto del pane, quindi spesa «mestruale». L'evangelico «dacci oggi il nostro pane quotidiano» può benissimo tramutarsi in dacci oggi il nostro pane mensile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nastri. Ne ha facoltà.

GAETANO NASTRI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, con l'A.C. 1713 è stata introdotta un'innovazione significativa nel dibattito parlamentare sulla sessione di bilancio e in quello costituzionale materiale dominato dalla prassi che regola i rapporti tra i massimi poteri della Repubblica. Da molti anni si discute in entrambi gli schieramenti politici dell'inadeguatezza dei meccanismi della legge finanziaria, destinata ad impegnare per mesi i lavori per di entrambe le Camere.
Quello che è ritenuto più grave nel corso del tempo è che la legge finanziaria è diventata non più una norma chiara, lineare e trasparente, attraverso la quale il Parlamento definisce l'allocazione delle risorse tra i grandi comparti di spesa della pubblica amministrazione, quale presupposto indispensabile per il controllo sulla gestione che viene esercitata in sede di approvazione del bilancio consuntivo. Il disegno di legge finanziaria, invece, secondo un'interpretazione che ne è stata data fino ad ora, diventa la sede in cui maggioranza e opposizione aprono una trattativa per il soddisfacimento di interessi ed esigenze particolari, territoriali, di categoria.
Si tratta di esigenze che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono legittime e comprensibili, ma che appesantiscono il documento di bilancio, stravolgendone la struttura e la finalità. Non a caso negli anni recenti le leggi finanziarie sono state spesso approvate con la pratica del cosiddetto maxiemendamento governativo, ossia quella per cui il Governo di turno, chiedendo le trattative intorno all'allocazione delle risorse, poneva la fiducia su un testo costituito da un solo articolo con migliaia di commi. Tale modo di procedere giustamente criticato ad ogni livello, deprecato ex post tanto dal centrodestra quanto dal centrosinistra, non ha mai trovato rimedio. È stato il Governo Berlusconi ad introdurre di fatto una significativa innovazione. Ciò è avvenuto inPag. 28primo luogo con il decreto-legge n. 112 del 2008, quando nel luglio scorso il Parlamento è stato chiamato - dopo un'ampia discussione - a definire i saldi di bilancio di una manovra di respiro triennale in grado di dare certezza agli operatori, alle imprese e ai cittadini.
In quella sede, si sono varati i presupposti per una vera legge finanziaria che non sia più una norma omnibus in grado di comprendere di tutto e di più, ma di svolgere il ruolo per il quale era stata originariamente prevista, ossia una manovra volta a dare stabilità al bilancio dello Stato, nel rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti dall'Unione europea. Che ciò sia avvenuto nel luglio scorso quando la crisi finanziaria internazionale era soltanto alle prime battute è il segnale di quanto sia lungimirante il comportamento del Governo e, segnatamente, del Ministro dell'economia.
L'Italia non è certo tra i Paesi che possono affrontare una bufera finanziaria di questa portata con animo tranquillo, vista la rilevanza in termini assoluti e relativi del proprio debito pubblico. La debolezza strutturale della propria economia, la non ancora completa attivazione di riforme atte a consentire una piena competitività nell'agone internazionale, un'incertezza, un ritardo, un momento di debolezza potevano avere conseguenze pericolose, innescando un attacco speculativo ai danni nel nostro Paese.
Ciò non è stato, tanto che per stessa ammissione delle autorità monetarie internazionali, solitamente così severe verso l'Italia, saremo tra i Paesi che meno soffriranno l'impatto di una congiuntura indubbiamente pesante che rischia di portare l'economia mondiale ad una generalizzata recessione.
Il merito di ciò è indubbiamente da ascrivere alla manovra triennale dello scorso luglio che nel disegno di legge, oggi in discussione, ha il suo naturale completamento, anzi, è a quella cornice normativa ed economica che si dà, con l'attuale legge finanziaria, una compiuta articolazione; la necessaria attenzione al rigore dei conti pubblici - priorità assoluta per l'Italia - non ha fatto venire meno l'attenzione alle esigenze delle imprese, in particolar modo alle realtà piccole e medie, ed a quelle delle fasce deboli che già nei provvedimenti di luglio avevano trovato una parziale, ma significativa soddisfazione. Mi riferisco alle numerose norme riguardanti le cosiddette riforme a costo zero, ovvero la semplificazione delle procedure e dei rapporti tra il sistema produttivo e la pubblica amministrazione, il miglioramento dell'efficienza della macchina statale, nonché lo snellimento degli iter procedimentali.
Non mancano neppure le misure all'insegna dell'equità, ovvero indirizzate ad un riequilibrio nella distribuzione delle risorse, con la cosiddetta Robin Tax, che è stata la prima fonte per alimentare il provvedimento della social card operativo già dalle prossime settimane. Così come altre significative misure di sostegno alla congiuntura sono in fase di discussione, inserite in altri provvedimenti all'esame delle Camere o in preparazione da parte del Governo non appena si avrà l'esatta definizione della misura in cui la stessa Unione europea permetterà di derogare al patto di stabilità e crescita per far fronte ad una situazione oggettivamente eccezionale.
Se in questa fase si riterrà opportuno ricorrere ad ampliare il deficit pubblico in funzione anticongiunturale, ritengo che ciò possa avvenire in misura principale per i finanziamenti di infrastrutture di uso comune, ad esempio i grandi assi di collegamento a livello continentale, come i corridoi Lisbona-Kiev e Genova-Rotterdam, con riferimento ai quali l'Italia presenta ancora una notevole insufficienza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 11,35)

GAETANO NASTRI. Un'iniziativa straordinaria per la dotazione infrastrutturale del nostro Paese avrebbe una capacità di risorse anticiclica immediata, fornendo risorse al comparto delle costruzioni attualmente in sofferenza e in grado diPag. 29mobilitare investimenti e crescita del prodotto interno lordo in molti settori collegati e, nel contempo, offrirebbe nel medio e lungo periodo gli strumenti per una maggiore competitività del sistema Paese.
Ritengo che tale impostazione sia di gran lunga preferibile a quella che vorrebbe delle misure spot, probabilmente più popolari nell'immediato, ma di effetto scarso o quasi nullo. Intanto, si deve osservare che un bilancio solido, sano, che conferma gli obiettivi di riduzione del debito secondo il programma a suo tempo stabilito addirittura dal precedente Governo, costituisce un presupposto indispensabile per consentire all'Italia di affrontare a piè fermo le sfide che si presentano sulla scena internazionale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, è vero, come ha detto il relatore, l'onorevole Giudice, che lo strumento del disegno di legge finanziaria era diventato nel corso degli anni un oggetto da riformare e che su di esso si concentravano aspettative e tensioni molto alte, tanto da essere denominato «l'ultimo treno per Yuma». Però, Presidente, quel treno arrivava a destinazione e, soprattutto, era un treno vero, con contenuti e scelte reali. Se ben manovrato, anche in condizioni difficili, come con Prodi, Padoa Schioppa e Visco, ci ha condotto dalla partenza, ossia dall'apertura della procedura di infrazione comunitaria per deficit eccessivo, a cui ci aveva portato il precedente Governo di centrodestra, fino alla destinazione, vale a dire alla chiusura di tale procedura, tenendo la sessione di bilancio nei binari giusti e senza andare fuori controllo.
Onorevole Giudice, diamo a Padoa Schioppa ciò che è di Padoa Schioppa e a Tremonti ciò che è di Tremonti: è stato il risultato del 2007 a farci chiudere quella procedura, come ricordava l'onorevole Vannucci nel suo intervento, citando, tra l'altro, affermazioni dell'attuale Governo.
Ora si è cambiato nei fatti lo strumento: anche la finanziaria da reale è diventata virtuale, una fiction: L'insostenibile leggerezza del non essere, con il sottosegretario Vegas a cui è stata assegnata la parte dell'ultimo giapponese a difesa di una finanziaria finta. È una finanziaria finta anche sul ruolo del Parlamento; non basta che vi sia una nuova struttura contabile per valorizzarne il ruolo, soprattutto perché il Parlamento può esser un luogo fondamentale, di confronto sulla riduzione della spesa pubblica se si segue la procedura dello spending review costruita dal ministro Padoa Schioppa. Questo significa valutare ogni centro di spesa, ogni aspetto della legislazione che determina spesa, l'organizzazione della pubblica amministrazione, nonché riformare conseguentemente, scegliendo, selezionando, facendo scelte politiche tra opzioni diverse.
Tutto ciò non ha nulla a che fare con i tagli lineari che hanno caratterizzato i primi mesi di questo Governo e con i tagli, prima, e la determinazione dei cambiamenti, poi (li chiamo così per non parlare di controriforme), come è avvenuto per la scuola.
Con queste modalità, al Parlamento resta solo un ruolo di approvazione o bocciatura, senza discussione vera sul merito. Aggiungo: le scorciatoie non risolvono. Il ruolo proprio della finanziaria si ritroverà quando il Parlamento sarà riformato per essere in grado di legiferare con tempi e procedure adeguati, altrimenti si snellisce e si asciuga la finanziaria e poi si rincorrono i problemi con mille decreti-legge.
Questa finanziaria è virtuale per un aspetto fondamentale: il Ministro Tremonti ha previsto, dall'inizio della legislatura, l'ipotesi di una crisi economica internazionale peggiore di quella del 1929, però ha completamente sbagliato la politica economica per affrontare una crisi di quella natura. Fino a poco tempo fa, il Presidente del Consiglio diceva che i risparmiatori italiani non perderanno un euro e che la crisi finanziaria non avrà effetto sull'economia reale. È in questa idea l'errore di fondo: non basta organizzarePag. 30il salvataggio delle banche per evitare perdite ai risparmiatori. L'economia reale è in recessione: questa è la realtà. Quell'idea ha portato fuori strada e ha portato a pensare che bastava agire sulla finanza pubblica per mettere il Paese al riparo dalla crisi.
Non è così, nemmeno per la finanza pubblica. Prendiamo i bilanci delle province: le entrate fondamentali sono legate all'immatricolazione e alle assicurazioni delle auto e ai consumi elettrici. Queste entrate, in una condizione di recessione, riduzione della produzione e caduta dei consumi, possono subire una contrazione consistente, tale da far saltare i bilanci di tutte le province.
Se sarà così, nel 2009 lo Stato dovrà intervenire già in corso d'anno con la prossima legge finanziaria: è un piccolo esempio che evidenzia i collegamenti stretti tra evoluzione dell'economia e finanza pubblica. Questo Governo che fa? Insiste affinché il Parlamento approvi una finanziaria basata su un'impostazione che non affronta i problemi dello sviluppo, della crescita, dell'innovazione, dell'accesso al credito per le imprese (soprattutto micro, piccole e medie) e i problemi delle famiglie, dei lavoratori e dei pensionati, alle prese con la perdita del potere d'acquisto.
In tutto il mondo i Parlamenti parlano di questo e si confrontano con i Governi; in questa Camera, per tutta la sessione di bilancio, non ci si è potuti confrontare né con il Presidente del Consiglio né con il Ministro dell'economia e delle finanze. Fuori di qui, però, è tutto un annuncio di prossimi decreti-legge. Ogni tanto ne spunta qualcuno e alla fine ne siamo sommersi. Il quadro unitario si è perso e i saldi sono da rivedere. Ormai siamo in una farsa o in un incubo.
Le imprese, i lavoratori e le famiglie non possono aspettare: bisogna intervenire subito. Le imprese hanno bisogno ora di interventi per favorire l'accesso al credito, come la concessione di garanzie dello Stato ed un fondo interbancario di garanzia per le micro, piccole e medie imprese. Esse avrebbero bisogno ora che si ripristini la Visco-sud, che in luglio avete sostanzialmente soppresso, e avrebbero bisogno ora di investimenti pubblici che sono stati tagliati.
La relatrice, onorevole Moroni, ci ha detto che nel bilancio 2009 la riduzione delle spese finali è quasi interamente imputabile al forte decremento delle spese in conto capitale. Questo non è riduzione della spesa pubblica, ma è taglio del presente e del futuro. I lavoratori hanno bisogno che si aumentino i finanziamenti per gli ammortizzatori sociali, per far fronte alle tante situazioni di crisi aziendali e occupazionali, al fine di estenderli ai precari. Le famiglie hanno bisogno di riduzione delle tasse sui redditi per aumentare il potere d'acquisto, in particolare quelle con redditi medio-bassi: si tratta di misure che servono anche per l'economia, per la ripresa dei consumi e per la crescita.
Bisogna evitare un Natale con il danno e le beffe: il danno dell'inflazione e le beffe del Governo. Pensate, un lavoratore a basso reddito che vive in affitto ed ha un po' di risparmi come socio Coop non ha visto nulla della riduzione dell'ICI - mentre magari ne hanno beneficiato i suoi colleghi con maggiori redditi e la casa in proprietà o il suo datore di lavoro - e, a causa della recessione non ha fatto straordinari e non beneficia della detassazione. Se, però, il suo datore di lavoro gli fa per Natale un'erogazione liberale - non superiore a 250 euro circa -, da quest'anno paga le tasse, così come se ha un sussidio per esigenze personali o come vittima dell'usura, perché queste entrate servono allo Stato per coprire l'eliminazione dell'ICI per la prima casa e le detassazioni degli straordinari. Da ultimo, pagherà più tasse sugli interessi del prestito sociale.
Questo lo chiamate Robin Hood? Purtroppo, nella finanziaria virtuale quest'ultima parte non è fiction, ma è una realtà: abbiamo bisogno di altro, ossia di tassi di riferimento per calcolare le rate dei mutui a tasso variabile sulla prima casa vicini al tasso BCE per il rifinanziamento delle banche, più conveniente dell'Euribor. CiòPag. 31serve perché il decreto-legge di primavera sui mutui è sostanzialmente inutile e inutilizzato.
Abbiamo bisogno di rendere più pesanti le tredicesime, riducendo le tasse e, poi, di farlo stabilmente per lavoratori dipendenti e pensionati. Sappiamo che ciò comporta un peggioramento dei saldi di bilancio, ma serve al Paese, per rilanciare l'economia. Si può rimodulare il percorso per il pareggio di bilancio, nell'ambito di una maggiore flessibilità del Patto di stabilità, che si sta discutendo in Europa. Si può fare ed è necessario che il Governo lo faccia. Infine, faccio riferimento al patto di stabilità interno. Le critiche ai decreti-legge n. 93 e n. 112 del 2008 su questo aspetto sono note. Ogni volta che ci si mette mano, il patto è peggiore per comuni e province. Servono modifiche, ma non improvvisazioni, che sarebbero più dannose che utili. Non si migliora il patto a saldo zero. Il Governo metta sul tavolo un minimo di disponibilità finanziaria e, prendendo spunto dalle proposte ANCI e dagli emendamenti presentati, anche da quelli dichiarati inammissibili, si faccia un lavoro comune nel Comitato dei nove per un miglioramento. Come sempre, per ciò che è utile per il Paese, il Partito Democratico e - sono convinto - tutta l'opposizione sono pronti a fare la propria parte e a dare il proprio contributo. Più complessivamente, però, per il bene del Paese, questa finanziaria non serve, va modificata profondamente, così come va cambiata la politica economica del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, l'anno scorso di questi tempi eravamo, per utilizzare un'espressione colorita, che rende molto l'idea, nel cuore dell'assalto alla diligenza. Per fortuna, quest'anno alcune cose sono cambiate.

ROBERTO GIACHETTI. È cambiata la diligenza!

SIMONE BALDELLI. È cambiata la diligenza, nel senso che è cambiato il Governo e forse non c'è più, come dice l'onorevole Giachetti, la diligenza intesa come qualcosa da assaltare, ma come comportamento finalmente diligente, che, a legislazione vigente, grazie all'iniziativa del Governo, ci ha fatto superare alcune impasse. Oggi affrontiamo il disegno di legge finanziaria, che si compone di tre articoli, con tabelle annesse, ma sappiamo che la manovra finanziaria propriamente detta è stata già affrontata in un'altra fase politica, prima della pausa estiva.

PRESIDENTE. Onorevole Cicchitto, per favore.

SIMONE BALDELLI. È evidente che, da quella fase ad oggi, ci sono stati elementi di riflessione di natura economica che lasciano aperte diverse questioni. Non è un caso che, nella nota di aggiornamento, il Governo abbia rivisto al ribasso le prospettive di crescita. Vi è stata la messa in sicurezza dei conti pubblici, effettuata con il decreto legge n. 112 del 2008 e con le misure ad esso connesse, e nel frattempo quest'Aula del Parlamento sta continuando a lavorare sui provvedimenti collegati, che sono stati licenziati - signor Presidente, mi permetta di dirlo con un certo orgoglio - dalla totalità di questa Assemblea, quindi, nello specifico, dalla maggioranza, ma anche con il contributo, in alcuni aspetti importanti e determinanti, dell'opposizione. Pensiamo all'ultimo collegato sullo sviluppo, all'A.C. n. 1441-ter, che introduce materie importanti, come l'avvio di una fase che prepara l'inserimento del nucleare di terza generazione, una tutela delle imprese italiane per quanto riguarda l'internazionalizzazione ed un'importante lotta alla contraffazione, nonché al collegato sul lavoro e ad altre materie ancora.
Ma, al di là di questo lavoro, ci sono stati elementi nuovi, relativi alla crisi finanziaria. Su questa crisi e di questa crisi effettivamente cominciamo a conoscere i numeri soltanto in questi ultimi giorni, in particolare a seguito dell'ultimo verticePag. 32Ecofin. Si riesce ad avere, a livello continentale, una misura di eventuali ripercussioni. Eppure, già il Governo in questo senso è intervenuto con un decreto-legge che non è, come dice spesso la sinistra, a favore delle banche, ma a tutela del risparmio e, quindi, dei cittadini, che in queste banche investono i propri risparmi. Chiaramente, a legislazione vigente, questa finanziaria non è propriamente una manovra.
Pur tuttavia, ci troviamo oggi a dibattere su questioni di natura politica, economica e sociale. Abbiamo ascoltato ancora molti colleghi trattare il tema del potere di acquisto delle famiglie, su cui pure il Governo è intervenuto con la norma che agevola e detassa lo straordinario e i premi aziendali, ma sappiamo benissimo che questa rimane una questione all'ordine del giorno.
Verrebbe da domandarci se coloro che parlano di potere di acquisto delle famiglie possono effettivamente farlo a pieno titolo, considerando che sono coloro che hanno sostenuto una maggioranza che ha bruciato un tesoretto e che ha, sostanzialmente, inasprito la pressione fiscale nei confronti di lavoratori, famiglie ed imprese (ma questa è una polemica che preferisco lasciare a margine di questa discussione).
Credo che vi siano stati elementi importanti che sono emersi da questa discussione e anche nel dibattito in Commissione; sono elementi che sollevano questioni concrete, a cui mi auguro che il Governo dia risposte anche in sede di replica, ma nella convinzione che stiamo, in qualche modo, seguendo la strada giusta, avendo fatto una manovra prima di luglio con delle condizioni che, in qualche misura, sono cambiate.
Il Governo avrà modo di trarre le proprie conseguenze dagli ultimi dati emersi dal confronto in sede di Ecofin e di tradurre, evidentemente, queste conseguenze in azioni concrete. Crediamo però che, in questa fase, si debba rimanere fortemente convinti che la salvaguardia dei conti pubblici, da un lato, l'impostazione di manovra che abbiamo attivato con il decreto-legge n. 112 del 2008, dall'altro, la messa in sicurezza attraverso i tagli agli sprechi e questo genere di impostazione che si è avviata all'inizio dell'anno, dando nuovo corso a una fase economica che si è conclusa con la fine del Governo Prodi, devono essere sostenuti con coerenza, ancora una volta dando fiducia a questo Governo e dando un segnale di forte apprezzamento per la coerenza e per l'impostazione complessiva di questa legge finanziaria.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 1713 e A.C. 1714)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 1713, onorevole Giudice.

GASPARE GIUDICE, Relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 1713. Signor Presidente, sarà una replica estremamente breve, anche perché sui singoli punti credo di dover intervenire in occasione dell'analisi dei singoli emendamenti.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato e in parte ho letto, laddove non ero presente nella giornata di venerdì, gli interventi dei colleghi, in particolare dei colleghi dell'opposizione.
Su tali interventi ho individuato certamente un atteggiamento costruttivo su alcuni punti. Ricordo, richiamando il mio intervento di apertura su questo disegno di legge finanziaria, che l'augurio del relatore, ma dell'intera Commissione, è quello che il Parlamento dibatta sul provvedimento in esame, invitando il Governo ad evitare di porre la questione fiducia.
Credo che i temi che si stanno trattando siano molto importanti e che vada colta la grande rivoluzione di una legge finanziaria asciutta e secca, che rinvia ai collegati una serie di problematiche localistiche e particolari.Pag. 33
Su questo punto, invito il Governo a far sì che il Parlamento, prima della fine di quest'anno, possa disporre di un documento riassuntivo della manovra finanziaria, partendo dal decreto-legge n. 112 del 2008 e dai collegati.
Mi riferisco ai disegni di legge nn. 1441-bis, 1441-ter e 1441-quater, che questo ramo del Parlamento ha licenziato in maniera molto costruttiva, senza porre la questione di fiducia (lo ricordava il collega Baldelli), al collegato sul lavoro e a quello sulle attività produttive.
È in procinto di essere trasmesso dal Senato il collegato sugli enti locali e la sanità, e dovrà arrivare il collegato sulle infrastrutture. È chiaro che la manovra e i saldi della manovra sono la sintesi, partendo dal decreto-legge n. 112 del 2008, di tutti questi collegati e credo che il Governo su questo ci debba certamente un documento riassuntivo ai fini della chiarezza dei saldi finali della legge finanziaria.
Proprio su questo tema credo che, tra le molte istanze che vengono dal Parlamento e che troveremo nel fascicolo degli emendamenti, alcune questioni (che sono assolutamente condivisibili) possano trovare uno spazio di accoglimento non in questo disegno di legge finanziaria, ma certamente nei collegati che impegneranno il Parlamento nelle prossime giornate. Su tali questioni, signor sottosegretario, vorremmo che lei si impegnasse, perché è necessario comprendere che la strada dei collegati è molto importante.
Vorrei, infine, parlare di una questione che non troviamo nel fascicolo, ma che è stata oggetto di discussione presso la Commissione bilancio durante l'esame di un emendamento del relatore (che poi non è stato riproposto, considerato che è stato conferito un mandato sul testo licenziato dal Governo) relativo alla vicenda della Corte dei conti. Quale relatore avevo, appunto, presentato tale proposta emendativa poiché avvertivo l'esigenza di adeguare l'ordinamento della nostra Corte dei conti a quello vigente nella maggior parte delle democrazie per gli organismi di supporto al controllo parlamentare della spesa. Credo che il controllo parlamentare della spesa sia uno degli obiettivi che in questa legislatura questa maggioranza deve assolutamente porsi. Tale adeguamento mi sembra del tutto doveroso, anche alla luce del chiaro disposto dell'articolo 100 della nostra Costituzione. Le funzioni attribuite alla Corte impongono di completare il quadro delle garanzie spettanti alla Corte dei conti nel suo ruolo di organo ausiliario del Parlamento, predisponendo le condizioni per il più efficace assolvimento di tale ruolo e assicurando, al contempo, l'indipendenza dell'istituto di fronte al Governo, come testualmente richiede alla legge dello Stato il terzo comma dell'articolo 100 della nostra Costituzione.
Anche se, a mio parere, sarebbe stato utile anticipare qui una norma - anche transitoria - che desse un segnale e avviasse una più ampia riforma, posso tuttavia convenire con il Governo sulla necessità di una più ampia riforma nel nuovo quadro del coordinamento della finanza pubblica. In tal modo, sarebbe possibile associare la riorganizzazione dell'istituto alla modulazione di tali garanzie in funzione delle diverse attribuzioni spettanti alla Corte, distinguendo, a tal fine, con chiarezza le funzioni della Corte medesima propriamente afferenti al suo ruolo di supporto delle attività di controllo delle due Camere sui conti pubblici e sulla qualità e la razionalizzazione della spesa in ambito nazionale e le altre funzioni ad essa assegnate dalla Costituzione e dalla legge, con particolare riguardo a quelle di natura giurisdizionale.
Vorrei, quindi, assumere e condividere con il Governo, a nome dell'intera Commissione, un impegno ad affrontare adeguatamente la materia a breve termine nell'ambito della necessaria riforma della normativa di contabilità generale dello Stato nel nuovo quadro del coordinamento della finanza pubblica e del federalismo fiscale. Credo sia una strada da percorrere, perché ritengo che il controllo della spesa sia un ruolo centrale per il Parlamento.
Per quanto riguarda le altre tematiche, signor sottosegretario, le affronteremoPag. 34volta per volta analizzando l'articolato e le proposte emendative sia della maggioranza, sia dell'opposizione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza sul disegno di legge n. 1714 rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Baretta.

PIER PAOLO BARETTA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, intervengo brevemente perché il dibattito di questi due giorni ha sicuramente aiutato il Parlamento e il Comitato dei nove (ma credo anche il Governo) a riflettere sulla necessità che su questo disegno di legge finanziaria, per quanto ridotto rispetto alla tradizione e modificato, il Governo intervenga per apporre alcuni elementi di novità.
Vi sono dei punti di dissenso sull'impostazione che restano tali, ma vi sono anche delle possibili convergenze sulla condizione della situazione attuale. Certo, non mi aspetto che tali convergenze arrivino a coincidere nelle opinioni, ma certamente la drammaticità e la gravità della crisi presuppongono che da questo disegno di legge finanziaria emergano, perlomeno, delle linee di tendenza. Cosa ci aspettiamo che emerga dal prossimo lavoro che dobbiamo affrontare?
Siccome tutti ci aspettiamo che tra qualche settimana, tra qualche giorno, il Governo ponga in essere altri interventi, presupponiamo almeno che vi sia un impegno in questa finanziaria per la salvaguardia dei redditi più bassi.
Ci aspettiamo che sugli ammortizzatori sociali non si attendano altri appuntamenti e che sul Patto di stabilità si tenga conto dell'opinione trasversale dei sindaci e degli amministratori, di tutte le tendenze politiche.
Insomma, pur coscienti della situazione di difficoltà (e confermiamo le nostre critiche all'impostazione e all'errore di non aver corretto il decreto-legge n. 112), pensiamo di predisporci ad un atteggiamento volto a comprendere se nelle prossime ore, in questa differenza di quadro e di opinioni, si possa almeno rendere produttivo il lavoro che ci attende.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito di questi giorni è stato in parte come percorso da un certo livello di nostalgia del tempo andato nel quale le leggi finanziarie rappresentavano il momento in cui ogni anno, in Parlamento, si concentravano tutti i desideri e tutte le spinte (quasi una sorta di «catalogo di Leporello» di conquiste desiderate il più delle volte e mai raggiunte), non prendendo atto del fatto che in realtà la finanziaria di una volta non esiste più e che il sistema è sostanzialmente cambiato. Forse anche per questo non c'è o non si può più parlare di «assalto alla diligenza», forse anche perché, fortunatamente, le «ombre rosse» non ci sono più.
Il disegno di legge finanziaria è diventato semplicemente il momento nel quale si fissano i saldi che già sono stati definiti con la legislazione precedente, con la quale si è provveduto anche a definire i meccanismi legislativi di contenimento (nel nostro caso, della spesa).
Pensiamo a cosa sarebbe potuto avvenire se il Governo - ed il Parlamento, che lo ha approvato e sul quale gli ha dato fiducia - non avesse presentato a giugno il decreto-legge n. 112 e se quest'ultimo non fosse stato convertito; pensiamo in quale più pericolosa situazione si sarebbero trovate l'economia italiana e la finanza pubblica italiana, se non avessimo in qualche modo cercato di preparare l'ombrello per il temporale che si annunciava imminente.
Si potrà dire che ciò non è sufficiente, ma già qualcosa di importante è stato fatto!
La legge finanziaria, in realtà, mantiene ancora il nome di un istituto legislativo trentennale, ma non è più quella di prima, è qualcosa destinata a cambiare (forse ancora non c'è la percezione assoluta ePag. 35concreta di quanto si è verificato, ma penso che con un po' di tempo ci si potrà arrivare).
Anche per questo, mi permetto di osservare, riguardo alle critiche mosse relativamente ad una blindatura della finanziaria medesima, che ciò non si è verificato: è vero, infatti, che la Commissione non ha approvato modifiche al testo (ed è questa la prima volta nella storia, credo, che ciò si verifica), ma le modifiche al testo, in ogni caso, non sarebbero significative in un quadro normativo che è sostanzialmente cambiato rispetto al passato.
Non si tratta, quindi, di una blindatura del Governo, ma semplicemente del prendere atto da parte della Commissione (e della maggioranza della Commissione) che le condizioni di esame parlamentare della finanziaria - e il contenuto stesso della finanziaria - fanno sì che la finanziaria sia un qualche cosa di diverso rispetto al passato (ragion per cui anche il suo contenuto deve essere necessariamente molto limitato).
D'altronde, la legge finanziaria è quel quadro legislativo che consente di fissare i saldi di finanza pubblica agli obiettivi della spesa e delle entrate pubbliche, mentre la normativa di dettaglio - sempre nell'ambito di tale quadro - non potrà che essere delegata alle norme di settore, ai provvedimenti collegati, ai decreti-legge che il Governo ha assunto o ha in animo di assumere in particolari settori (ad esempio, quello delle infrastrutture od altro).
È, quindi, in quella sede che - sempre nell'ambito del quadro finanziario complessivo (lo ripeto forse fino alla noia) - potranno essere assunte molte decisioni, alcune delle quali sono state sollecitate anche in questa sede.
Certamente, l'approvazione di una finanziaria snella, che deriva anche da alcune norme inserite nel decreto-legge n. 112 del 2008, deve portare con sé una revisione complessiva dello strumento della finanziaria e, oserei dire, anche del bilancio dello Stato.
Non a caso in quest'Aula sono state sollecitate da alcuni interventi richieste di modifica della legge di contabilità (la famosa legge n. 468 del 1978).
Il Governo è assolutamente d'accordo e ritiene, anzi, che debba essere il Parlamento, con una propria iniziativa legislativa - che mi risulta sia stata già presentata -, a modificare queste regole di carattere generale, prevedendo, non solo, una struttura più snella per la legge finanziaria, ma soprattutto dando maggior valore e importanza al bilancio dello Stato che non regolamenta le differenze, di anno in anno, ma regolamenta la sostanza, il grosso della spesa pubblica e non le variazioni. Il bilancio dello Stato dovrà assumere una maggiore importanza, anche attraverso una maggiore elasticità nel momento gestionale, con più ficcanti poteri di controllo da parte del Parlamento, oltre che, ovviamente, degli organismi di controllo amministrativo a ciò specificamente deputati come la Corte dei conti.
Rispetto a questo tema, mi permetto di osservare al relatore, onorevole Giudice, che è sicuramente interesse del Governo potenziare il sistema di controllo della Corte dei conti - vedremo successivamente in che modo ci sarà la possibilità di condividerlo anche con la Corte medesima - garantendo ad essa un ruolo più importante nell'ambito della revisione della legge n. 468 del 1978 (quella sarebbe la sede opportuna) volto a riconoscergli un rilievo maggiore. Lo ripeto: se si perde un po' di controllo ex ante, è indispensabile assumere maggiore controllo ex post, e su questo tema i Regolamenti parlamentari potranno fare molto per andare in questa direzione.
L'obiettivo principale del Governo, in questa fase storica, è quello di mantenere salda la rotta per quanto concerne la tenuta dei conti pubblici. Rispetto a questo tema, il dibattito ha dimostrato che, in parte, vi è una condivisione dell'obiettivo, ma con molti distinguo indirizzati verso un aumento della spesa in molti, e particolari, settori.
In sostanza, molti hanno affermato che è giusta questa politica generale, peròPag. 36sarebbe il caso di aumentare la spesa in questo o quel settore; i sacrifici dovrebbero essere messi a carico sempre di qualcun altro. Insomma, si condivide l'obiettivo generale, ma non quello particolare. Tale considerazione è difficile da ritenere valida, perché se esiste una via per il risanamento, e noi sappiamo che in questa fase - e poi dirò il perché - il risanamento è indispensabile, non vi può essere un free rider del risanamento di un settore nei confronti degli altri; tutti debbono, chi più, chi meno, in ragione della loro partecipazione alla spesa pubblica, partecipare anche a questo meccanismo di risanamento.
Perché perseguire il risanamento della finanza pubblica e, soprattutto, la stabilizzazione della medesima? Certo, si è parlato di modifiche, di allentamenti del Patto di stabilità europeo, della necessità di spingere l'acceleratore sulla crescita, sulla spesa pubblica, sugli aiuti alle famiglie più deboli. Tutti questi sono obiettivi assolutamente condivisibili, ma che non potranno essere conseguiti, se non si otterrà una seria stabilizzazione della spesa pubblica, e ciò per un semplice e banale ragionamento: la spesa pubblica e, soprattutto, il debito, sono in questo momento fattori di preoccupazione sia all'interno, sia all'estero. Ogni anno, per il servizio del debito, noi paghiamo circa 82 miliardi di euro, che banalmente tradotti sono circa 200 milioni di euro al giorno, circa 9 milioni di euro l'ora. È una cifra, assolutamente, impressionante che potrebbe rischiare di essere aumentata se accedessimo ad un metodo di «finanza allegra » di incremento della spesa. Non dobbiamo tanto rispondere al Patto di stabilità europea, quanto all'andamento dei mercati, che tra l'altro, in questa fase, ci penalizzano con un differenziale dei tassi di interesse del debito pubblico italiano, rispetto agli omologhi titoli di Stato tedeschi, di quasi un punto percentuale. È francamente troppo, bisogna proseguire nella strada del consolidamento, della solidità finanziaria e della stabilità in Italia, per diminuire questo differenziale e alleggerire il costo del debito pubblico.
Non dimentichiamoci che più ci costa il debito pubblico meno risorse abbiamo per intervenire nei settori che ci interessa sostenere, il primo dei quali è l'aiuto e il sostegno alle famiglie più deboli e alle imprese; obiettivo indispensabile per cercare di rilanciare e di agganciarci alla sviluppo, quando sarà possibile fare ciò. Tuttavia l'obiettivo fondamentale della diminuzione della pressione fiscale, che troppo è aumentata negli ultimi anni nel nostro Paese, non potrà essere realistico se faremo spese in disavanzo, se ci sarà un meccanismo di finanza «allegra», se dunque si tornerà ad un sistema di «tasse e spendi», perché è chiaro che, a quel punto, il costo del debito sarà talmente in crescita da costringerci a pompare risorse per soddisfarlo, e quindi a non indirizzare queste risorse verso la spesa buona, alla diminuzione della pressione fiscale. È questo il motivo per il quale il Governo ha come primo obiettivo quello della stabilità finanziaria; obiettivo rispetto al quale tutti i pur legittimi obiettivi che sono stati sollevati in quest'Aula risultano per certi aspetti subordinati.
D'altronde - concludo su questa parte signor Presidente - gli obiettivi di incremento della spesa in qualche settore e di diminuzione della pressione fiscale in qualche altro settore (obiettivi - lo ripeto - tutti in sé condivisibili) non sono stati suffragati, negli interventi che si sono svolti in questa Aula e peraltro neppure negli emendamenti presentati sempre all'attenzione dell'Assemblea, da proposte condivisibili di diminuzione della spesa in altri settori. In qualche caso si è proposto l'aumento della pressione fiscale tout court, in altri tagli della tabella C che è già ridotta al minimo e quindi non può essere ulteriormente tagliata se non a costo della penalizzazione del funzionamento di molti comparti dell'amministrazione. In altri casi ancora si è detto che le risorse potrebbero derivare da un semplice allentamento del Patto di stabilità europea. Ma, come mi sono permesso di cercare di dimostrare, l'allentamento del Patto di stabilità europea non può essere funzionale all'incremento della spesa perchéPag. 37avremmo degli effetti sulla finanza pubblica assolutamente perniciosi sotto questo profilo.
Alcuni problemi sono stati sollevati relativamente a questioni concrete. Vorrei rispondere direttamente all'onorevole Beretta: certamente il Governo non ha in animo di cambiare o stravolgere la finanziaria - ci mancherebbe - però qualche leggera modifica, o direttamente nel testo, o in provvedimenti collegati che sono già presenti in Parlamento o che potranno essere adottati entro la fine dell'anno, potrà essere recepita (trattasi, comunque, di cambiamento moderato, ovviamente, assolutamente coperto sotto il profilo finanziario oppure neutro sotto lo stesso profilo). Mi riferisco, per esempio, alle questioni dell'infrastrutture. Sono state sollevate questioni concernenti le strade provinciali delle regioni meridionali. Tali questioni potranno trovare riferimento nell'apposito collegato sulle infrastrutture. Così anche le questioni in materia di finanziamenti delle televisioni locali (anche in questo caso il problema potrà essere risolto).
Vi sono altri problemi di maggior rilievo, come quello sollevato con riferimento ad agevolazioni o a trattamento fiscale dei nostri cittadini all'estero, e come quello relativo al FAS, che è ovvio che non debba essere utilizzato permanentemente per coprire altre spese, quindi è logico trovare un meccanismo di definizione delle sue modalità di utilizzo attraverso strumenti interministeriali (o vedremo come).
Vi sono però altri temi di particolare rilievo, che in ogni caso troveranno una definizione. Il primo è quello che concerne il Patto di stabilità interno. Si è sostenuto in questa Aula che il Patto di stabilità interno sarebbe eccessivamente penalizzante e che debba essere rivisto. Il Patto di stabilità interno sicuramente presenta degli aspetti critici che penso possano essere risolti direttamente in quest'Aula, ma sicuramente non si può eludere il tema principale, cioè quello della partecipazione degli enti decentrati alla manovra complessiva. Quindi, è chiaro che se si imposta una manovra complessiva, dell'ordine che è stata prevista (con il decreto-legge n. 112), è difficile pensare che qualche livello istituzionale non debba partecipare pro quota, agendo sul proprio livello di spesa in proporzione al complesso della spesa pubblica, a questo tipo di manovra.
Non possiamo dimenticare che la spesa pubblica complessiva è composta per quasi il 50 per cento dalle spese di regioni ed enti decentrati. Quindi non avrebbe senso caricare tutto su una parte e niente sull'altra: potrà essere poco piacevole ma è la realtà.
Detto questo, il meccanismo che è stato previsto e che tengo a chiarire, non fa altro che reiterare per i prossimi anni ciò che era stato previsto negli anni precedenti: un meccanismo con riferimento annuale, per quanto riguarda i parametri da adottare, e con riferimento alla competenza per la spesa corrente, e alla cassa per la spesa in conto capitale. Si tratta di un meccanismo che non è stato modificato rispetto al passato per mantenere un certo livello di stabilità nell'impostazione dei bilanci degli enti locali. È un meccanismo, tuttavia, che presenta, sotto il profilo della logica, molti rilievi di criticità. Ripeto: non è stato modificato esclusivamente per mantenere una continuità in un settore che era stato variato alquanto nei tempi passati.
Questo meccanismo, tuttavia, soprattutto per il fatto che quest'anno per la prima volta entra in funzione il sistema del riferimento alla cassa per la spesa in conto capitale, mostra criticità non banali. Per tale motivo, ritengo che il relatore sarà in grado di presentare un emendamento che modifichi o cerchi di attenuare questo aspetto con riferimento alle spese per investimento dei comuni virtuosi; ovviamente a condizione che siano stati virtuosi e che esso non sia lo strumento per eccedere nella spesa corrente ma piuttosto per erogare le spese di investimento che erano state programmate e anche, se vogliamo - su questo punto condivido anche alcuni rilievi che sono stati sollevati dall'opposizione -, per fornire un po' di liquidità al sistema delle imprese localiPag. 38che in momenti di difficoltà, come l'attuale, ha assolutamente bisogno di avere un aiuto anche sotto il profilo della spesa pubblica.
L'ultima questione di grande rilievo, concerne le scuole paritarie e le scuole private. Non vi è dubbio che un primo problema derivi dalla sentenza della Corte Costituzionale, la n. 50 del 2008, che ha posto alcuni vincoli riguardanti il metodo di distribuzione dei finanziamenti e non l'entità o l'esistenza dei finanziamenti in sé. Quindi per quanto concerne il 2008, il problema può essere risolto in via amministrativa. Per quanto riguarda il 2009, in ordine ai tagli che sono stati fatti a tutti i comparti dei Ministeri, mi permetterei di sottolineare il fatto che molti rappresentanti dell'opposizione hanno detto che si tratta di tagli lineari ma, in realtà non è così perché il meccanismo assolutamente innovativo del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 prevede un taglio nella totalità dei trasferimenti ma non la linearità del taglio. Lo stesso decreto, inoltre, affida ai Ministeri di settore una valutazione della bontà del mantenimento dei finanziamenti a questo o a quel comparto della loro amministrazione, a questa o quella missione, attribuendo loro la responsabilità specifica: è anche questo il fatto innovativo che, congiunto con la innovazione della struttura del bilancio, dovrà offrire un bilancio molto più efficiente, molto più mirato alla sostanza e non tanto alla forma, non tanto all'involucro finanziario.
Nell'ambito, quindi, di ciascun Ministero, si colloca la responsabilità ministeriale di ciascun Ministro di attuare le riduzioni di spesa cum grano salis, oserei dire. Ciò non significa che il bilancio, così com'è stato presentato, attualmente rappresenti il taglio rimasto sotto forma orizzontale. Per quale motivo? Perché l'articolo 60 del decreto-legge n. 112 consente in corso d'opera ai singoli Ministri di attuare queste razionalizzazioni in modo da farle emergere nel corso dell'anno. Perché ho detto questo? Per dire che questo è uno strumento, già fornito al Ministro dell'istruzione, per valutare l'opportunità, nell'ambito della riduzione complessiva della spesa, di come ripartire questa spesa anche con riferimento agli istituti di carattere privato. Ciò detto, se esiste un problema di insufficienza complessiva di finanziamento, il Governo è disponibilissimo a rivederla, eventualmente implementandola per la cifra che sarà necessario entro l'anno, in modo che con l'anno prossimo le scuole possano agire a regime.
Deve essere detta, tuttavia, un'ultima parola conclusiva sul settore scolastico. Di fronte alle proteste che vi sono state, invito semplicemente i colleghi ad una riflessione: non si capisce perché il costo medio di un alunno italiano nelle scuole, dalle elementari alle superiori, sia di circa mille euro superiore rispetto a quello che si registra non solo in Europa ma nei Paesi OCSE.
Insomma, gli alunni in Italia forse costano un po' di più della media europea e bisognerebbe domandarsi se non sia il caso, considerato che si parla tanto di adeguamento alle medie europee, di adeguarsi anche quando la spesa è eccedente rispetto alla media europea.
In sostanza - e concludo, signor Presidente - voglio ringraziare tutti i numerosi intervenuti a questo importante dibattito, ribadendo come l'intenzione del Governo sia quella di prevedere un meccanismo di legislazione finanziaria che fa della finanziaria il perno su cui ruota tutta la legislazione di carattere economico, ma non più l'oggetto, il totem da colpire - eravamo partiti con l'assalto alla diligenza - con le frecce degli indiani: la finanziaria è lo strumento non più costruito sulla sabbia, ma questa volta solido, sul quale tutta la legislazione economica si dovrà reggere. Ciò è tanto più importante in una circostanza economica globale nella quale aumenta il rischio ed aumentano le incertezze: dare riferimenti certi, tenere dritta la barra e soprattutto non dare la sensazione che si insegua qualcosa senza avere la certezza di punti di riferimento, credo che ciò sia l'obiettivo principale non di questo, ma di qualunque Governo che miri a tranquillizzare l'opinione pubblica e i mercati; occorre, quindi, dare un punto diPag. 39riferimento affidabile agli operatori ed agli investitori, ai risparmiatori ed ai cittadini, nell'obiettivo che occorrerà superare questo difficile, difficilissimo momento. Se non si costruisce un sistema di finanza pubblica solido non vi potrà essere - come invece tutti auspichiamo e come tutti operiamo per raggiungerlo - un concreto sviluppo nel nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il seguito dell'esame dei disegni di legge di bilancio e finanziaria avrà luogo a partire dalle 16.

Discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00037, Bertolini ed altri n. 1-00052 ed Evangelisti ed altri n. 1-00058 sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo (ore 12,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00037, Bertolini ed altri n. 1-00052 ed Evangelisti ed altri n. 1-00058 sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Volontè, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00037. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Onorevole Presidente Leone, non so se convenga aggiornare questa discussione magari di qualche minuto: vedo che vi sono ancora molte discussioni su ipotesi emendative. Come lei, noi siamo uomini di mondo e sappiamo che queste cose possono succedere, soprattutto dopo una brillante ed intelligente valutazione come quella che è stata fatta dal caro sottosegretario Vegas sui temi della finanza globale, ma anche interna al nostro Paese.
Sono certo che il sottosegretario Scotti sia qui a nome del Ministro Frattini che, con qualche problema, si è avvicinato a questa materia, visto che in Aula, più di una volta, dal mese di settembre - lei, Presidente Leone, ne è testimone - abbiamo chiesto al Ministro degli affari esteri di portarci una parola di conforto rispetto alle preoccupazioni che tutti i giorni, ahimè, continuano ad assillare non solo la nostra mente, ma...
Quanti minuti ho a disposizione, signor Presidente? Così aspetto qualche minuto che si calmi la situazione e poi proseguo.

PRESIDENTE. Onorevole colleghi, se non siete interessati...

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, computi pure questo tempo nella nostra quota, siamo generosi...

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, si intrattenga con altro nel frattempo.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, vorrei intrattenermi con l'attenzione anche da parte del Governo, però vedo che...

PRESIDENTE. Sottosegretario Scotti, presti attenzione per cortesia.

LUCA VOLONTÈ. Lasciamo questo nostro intervento ai posteri e a chi, nei prossimi anni, avrà la cortesia e l'attenzione di considerare che, in quest'Aula, esiste almeno una coerenza tra coloro che hanno chiesto con forza la presenza del Ministro D'Alema, durante le alterne vicende che hanno riguardato i massacri di cristiani nel Medio Oriente, come anche nel sud-est asiatico, durante la scorsaPag. 40legislatura, e chi fa esattamente lo stesso nei confronti di un altro Ministro di un altro Governo. Dobbiamo rilevare - ahimè - una medesima superficiale attenzione agli stessi temi e non lo diciamo per polemica nei confronti della Farnesina.
Vi è un segnale importante che è stato messo in atto da parte del Ministro Frattini e, cioè, il colloquio tra il segretario generale della Farnesina nel mese di settembre e l'ambasciatore indiano. Si tratta, evidentemente, di un dato positivo che, invece, non avevamo riscontrato, per esempio, a proposito della vicenda, che aveva riguardato il Governo indonesiano e la decapitazione di tre innocenti cristiani nello scorso anno, sulla quale né D'Alema né Prodi erano intervenuti. In questo caso, almeno, è stato dato l'incarico ad un funzionario (seppure il più alto in grado) di tenere un breve colloquio con l'ambasciatore indiano in Italia. Tuttavia, questo colloquio, com'era prevedibile, non poteva che portare a ciò che ha portato e, cioè, allo zero assoluto. Non è necessario essere parlamentari di lungo corso per capire che il più grande dei funzionari certamente non può indurre qualche timore nel rappresentante di un altro Paese e nel Paese ospitante. Vi era bisogno - l'abbiamo detto allora e lo ribadiamo oggi - di un maggiore impegno e vi è bisogno di un maggiore impegno, perché la situazione e la crisi sono tutt'altro che superate.
La nostra mozione (che è stata depositata all'attenzione dei colleghi parlamentari il 18 settembre scorso e che speriamo venga conclusa prima del 18 novembre, ma, comunque, prevedibilmente, dopo tre mesi) fa riferimento ad attentati, ad incendi di chiese, a suore stuprate, a bambini decapitati, a decine di migliaia di persone che, per il solo fatto di essere cristiane, hanno dovuto lasciare non solo le proprie attività, ma anche le proprie case, a volte, le proprie famiglie, ed hanno dovuto nascondersi - come ancora oggi, sono nascoste - nelle foreste nei dintorni dei villaggi per evitare di essere massacrate.
La nostra mozione parla di mesi terribili, che non sono per nulla passati. Ancora qualche giorno fa, prima di domenica scorsa, per l'ennesima volta, sempre ad Orissa, è stato procurato un attentato mortale nei confronti del partito fondamentalista indù. Anche in quel caso, si è tentato, purtroppo, di accusare i cristiani e temiamo che possa riprendere una escalation di violenza nei confronti dei cristiani, pur avendo, in questi tre mesi, già scoperto quel solerte Governo (che, appunto, ci ha messo tre mesi per scoprirlo) che il primo attentato (quello che diede origine, poi, a questa nuova stagione di caccia nei confronti dei cristiani) venne compiuto, invece, da fondamentalisti maoisti. Tale notizia, peraltro, è stata assolutamente dimenticata dai quotidiani occidentali, forse perché alcuni dei direttori dei quotidiani italiani militavano nella falange maoista del nostro Paese o dell'estrema sinistra.
Tuttavia, questi sono i fatti e dobbiamo prendere atto che, al di là delle buone intenzioni del gesto significativo, ma sempre privo di un grande segno positivo da parte del nostro Esecutivo, nessun altro Governo europeo si è mosso nella direzione di chiedere un reale, efficace e totale rispetto dei diritti umani in India. Dobbiamo, soprattutto, prendere atto che la riunione dei Ministri degli esteri europei con il Governo indiano (la riunione bilaterale che si è svolta qualche settimana fa) non ha prodotto, ancora una volta, alcun effetto nei confronti del Governo indiano.
È stato detto che la situazione sta degenerando anche in questi giorni e ciò accade in un contesto straordinariamente drammatico. Il rapporto presentato la settimana scorsa dall'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre - il rapporto internazionale più attento ai problemi della libertà religiosa, non esclusivamente nei confronti dei cristiani - rappresenta un'ennesima denuncia di come l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani, in alcuni Paesi, sia sistematicamente dimenticato e non attuato e di come la libertà religiosa sia una parvenza di libertà non solo nei Paesi strettamente legati all'introduzione del Corano come legge civile, ma anche, purtroppo - ahimè, dobbiamoPag. 41prenderne atto - in alcuni Paesi di religione induista e, in questo caso, in alcuni Stati della Repubblica federale indiana. Purtroppo, questo è ormai un dato di fatto da molti anni.
Si è parlato in questi giorni di pogrom e non possiamo certamente dire che ciò che è accaduto nel 1938, nella notte dei cristalli, non sia stato l'inizio di un pogrom. Di fatto, però, il pogrom sta continuando, non solo complessivamente nei confronti dei cristiani, ma è in atto, di fatto, sotto i nostri occhi, un pogrom a motivazione religiosa in India e l'Europa - che oggi celebra, o in questi giorni ha celebrato, la sua repulsione nei confronti del pogrom nazista - non dice una parola, non profferisce alcuna voce nei confronti di ciò che sta accadendo sotto i suoi occhi a qualche migliaia di chilometri di distanza.
Allo stesso modo (colgo qui l'occasione, anche se non è strettamente legato all'argomento alla nostra mozione, della presenza del rappresentante del Ministero degli affari esteri) non stiamo spendendo alcuna parola per risolvere un altro pogrom, attuato questa volta in nome della razza tutsi, in Congo. Su di esso non stiamo profferendo alcuna voce, come sempre facciamo e come purtroppo accadde negli anni Ottanta, anche in presenza di laghi di sangue che scorrono sotto i nostri occhi.
Dunque, cosa chiediamo? Certamente non attribuiamo la bacchetta magica al Ministro Frattini, né, tanto meno, alla forza e alla solerzia del sottosegretario Enzo Scotti o del Presidente Berlusconi, tuttavia chiediamo una presa di posizione dignitosa, seria e importante su questi temi. Davanti ai partner europei e, in questo caso, davanti al Governo indiano, non si può andare con lo stesso metro con cui si è mosso il Governo Prodi davanti alla Cina: da un lato, in Italia, far esprimere alcuni ministri a favore dei diritti umani e poi, una volta atterrati a Shanghai, o incontrato il Premier indiano, magari con un «codazzo» di imprenditori, fare finta che di questi temi si sia già parlato e non valga la pena approfondirli in un rapporto serio sul piano bilaterale. Sono questi i problemi che poi innescano il dumping sociale, sono questi i problemi da cui nascono quelle schiavitù che rendono poco competitive le nostre imprese e intollerabili, appunto, queste privazioni sul piano internazionale.
Quest'anno cade il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. È di tutta evidenza che questo sessantesimo anniversario stia per concludersi in maniera più funesta di quanto si poteva sperare all'inizio dell'anno, poiché proprio le grandi crisi internazionali di questi ultimi mesi dimostrano come questo sessantesimo anniversario sia stato «sbugiardato» e poco valorizzato con atti concreti dalla stessa Organizzazione internazionale.
Pertanto, onorevole sottosegretario Scotti, in questo frangente, chiediamo a lei - che tutti conosciamo per la sua esperienza e la sua straordinaria intelligenza politica - e al Ministero degli affari esteri di intervenire con durezza, chiarezza e serietà in tutte le sedi, a partire dalle iniziative che il nostro Governo vuole assumere nei confronti - come ho già detto - del Governo indiano e a partire dalle iniziative che il nostro Governo può e deve prendere sul piano europeo, così come sul piano delle Nazioni unite.
Noi crediamo, infatti, che la Dichiarazione universale dei diritti umani sia una cosa seria. Noi, il nostro Paese crede che questa Dichiarazione, tutta, dall'inizio alla fine, debba essere rispettata: facciamo di essa e della libertà religiosa dei Paesi con cui abbiamo rapporti bilaterali un punto centrale di giudizio. Non ci basiamo solo sulla «scatola di carne Simmenthal». Non possiamo basarci esclusivamente sul commercio al minuto. Dobbiamo basarci anche sulla qualità dei nostri rapporti bilaterali, affinché possa diventare dirimente, per noi, il rapporto con gli altri, a partire dal rispetto e dalla tutela dei diritti previsti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e della libertà religiosa in particolare.
Non possiamo far finta di adeguarci ad un mondo occidentale che, forse, si illudePag. 42ancora di essere il baricentro geopolitico mondiale: esso vive in un mondo che non esiste più e dentro il quale, se non ritrova una sua identità, un'identità forte che parta anche dai princìpi di civiltà che vuole difendere, certamente non sarà per le materie prime, o per la libertà dei commerci, che diventerà interessante per le altre potenze geopolitiche mondiali.
Pertanto, onorevole sottosegretario - lo dico a nome del mio gruppo e la invito a riflettervi impegnando anche il Governo -, questo deve essere un impegno importante che parta dall'emergenza che si sta verificando in India e che riguardi un po' una riformulazione e un ripensamento della politica estera del nostro Governo, come aveva auspicato non solo l'Unione di Centro, quando era all'opposizione anche nella scorsa legislatura, ma tutto il centrodestra. In questa sede vedo autorevolissimi esponenti dell'allora centrodestra - oggi del Popolo della Libertà - che non possono non concordare con me (forse il Ministro degli affari esteri, allora impegnato in altre faccende - era commissario europeo - potrebbe anche non aver percepito tale problema). Ricordo che tutto il centrodestra, allora, chiese ciò che noi stiamo chiedendo adesso.
Vi è una questione indiana, dove il massacro dei cristiani è all'ordine del giorno, dove si verifica una caccia al cristiano che si è aperta nel mese di agosto e su cui la comunità internazionale non ha fatto nulla. Il Governo ha compiuto solo un primo passo cui non è seguito alcunché. Inoltre, vi è una questione irachena in cui i cristiani, ancora una volta e soprattutto nel Kurdistan, vengono massacrati quotidianamente. Non possiamo rimanere con le mani in mano se teniamo, non solo per ragioni di fede che possono anche prescindere dalla nostra discussione, ma per ragioni di lealtà, ai valori su cui si fonda la nostra Costituzione e la laicità, non solo del nostro Paese, che sta alla base della nostra appartenenza agli organismi internazionali.
In conclusione, signor Presidente, la ringrazio per l'attenzione che lei ha sempre prestato a questi temi e ringrazio anche, in questo senso, il sottosegretario Enzo Scotti per l'attenzione che vorrà porre alla nostra mozione e anche al dibattito che ne seguirà, in cui interverranno anche altri colleghi, e sopratutto al voto che ci vedrà impegnati al più presto. Nel contempo mi auguro, sinceramente, che ciò avvenga prima che un'altra suora, un altro sacerdote o un altro gruppo di bambini vengano arsi, come purtroppo sta accadendo anche in queste ore (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bertolini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00052. Ne ha facoltà.

ISABELLA BERTOLINI. Signor Presidente, purtroppo devo fare presente al collega Volontè che è proprio di questi minuti la notizia che due suore cattoliche sono state rapite nel nord del Kenya. Pertanto, le persecuzioni continuano e credo, perciò, che la nostra discussione sia di grande attualità.
Ritengo che le mozioni che illustriamo oggi, anche se è vero che i fatti cui ci riferiamo sono accaduti alcuni mesi fa, siano ancora attuali e pongano alla nostra attenzione una grandissima tragedia che si sta consumando, non solo in India ma anche in tanti altri Paesi del mondo, che è, appunto, la persecuzione dei cristiani. Dispiace, come diceva il collega Volontè, constatare che vi è una quasi assoluta indifferenza dell'opinione pubblica, dei Governi, degli organismi internazionali e, devo in fondo ammettere, anche della nostra Assemblea.
Mi auguro che anche questa discussione possa, in qualche modo, contribuire a rompere quel silenzio che si è creato su tutte queste tragedie, per richiamare soprattutto l'attenzione delle istituzioni, degli organi di informazione ma, in particolare, della gente comune e di tutti quei cittadini, cristiani e non, che forse guardano con troppa superficialità a ciò che sta accadendo.
Tutti abbiamo seguito, in questi ultimi mesi, con sconcerto e, devo dire, conPag. 43orrore e con grande apprensione le vicende che si sono verificate nello stato di Orissa in India e nella città di Mosul in Iraq dove abbiamo visto cristiani - esseri umani - vittime di intolleranze e di crudeli violenze, uccisi, torturati, minacciati, arsi vivi e costretti anche ad abbandonare le loro case e quel poco che possedevano.
Dobbiamo dire, però, che le violenze in India - si tratta, forse, di un errore della comunità internazionale - sono iniziate molto tempo prima, perché era il luglio del 2007 quando un sacerdote cattolico venne percosso a sangue nella sua abitazione. Dopo pochi giorni fu ucciso un indù convertito e devastata una scuola di suore. Trascorsero poche settimane e furono saccheggiati dei collegi cattolici, mentre il 21 agosto del 2007, sui muri delle città indiane, apparvero dei manifesti indù che incitavano proprio al massacro dei cristiani.
Ci fu, poi, un autunno fatto di violenze, fino ad arrivare ad un Natale definito di sangue, quando nello stato dell'Orissa tre persone furono uccise, alcune chiese cristiane bruciate, diverse parrocchie distrutte e un orfanotrofio raso al suolo.
Ma è soprattutto dall'agosto di quest'anno che gli atti di violenza contro i cristiani in India sono ripresi e sono aumentati. Dal 24 agosto, infatti, alla fine di settembre, sono stati uccisi oltre sessanta cristiani, distrutte e danneggiate centottanta chiese, incendiate oltre quattromila case di cittadini cristiani, distrutte tredici scuole cattoliche, centri sociali, pastorali, conventi, orfanotrofi, in un clima generale di violenze fisiche e anche psicologiche.
I cristiani, infatti, oggi non possono più pregare insieme in India, devono bruciare le loro Bibbie, i loro libri di preghiera e sono anche costretti a subire intimazioni come quella di radersi i capelli e altre violenze e prevaricazioni di tipo fisico. Le persone in fuga in India ormai sono oltre cinquantamila e più di diciottomila sono i feriti negli ospedali. L'ultimo episodio drammatico risale al 28 ottobre scorso, quando è deceduto padre Digal che il 25 agosto era stato oggetto di un pestaggio feroce che lo ha portato, per l'appunto, alla morte.
Il pretesto, come diceva il collega Volontè, per dare avvio a tutta questa escalation di violenze è stato l'omicidio che è avvenuto il 23 agosto del 2008 ai danni della guida spirituale dei fondamentalisti indù e di cinque suoi importanti collaboratori nel distretto di Kandhamal, dove si è scatenata una vera e propria violenta campagna di odio interreligioso. È chiaro a tutti ormai che la comunità cristiana era del tutto estranea a questo delitto, perché l'attentato è stato rivendicato da un gruppo maoista e questa rivendicazione è stata considerata valida. Tuttavia, le violenze anticristiane non si sono fermate ed evidentemente tutto ciò era una scusa.
La Conferenza episcopale indiana, alla fine di agosto, per protesta aveva disposto la chiusura di venticinquemila scuole cattoliche nella nazione, ma la violenza non si era ugualmente fermata. Gli episodi di persecuzione nei confronti dei cristiani iniziati nella provincia di Orissa si erano poi estesi ad altre regioni dell'India, compresa anche la capitale Nuova Delhi, e hanno causato numerose vittime e feriti e indotto migliaia di fedeli ad abbandonare le loro case e i loro villaggi.
Dobbiamo rilevare - questo ci dispiace dirlo, ma è la realtà, signor sottosegretario - che le forze dell'ordine e lo stesso Governo indiano non sono mai intervenuti con efficacia e con la giusta determinazione per punire i responsabili di queste violenze, cercando addirittura, in molti casi, di porre sotto silenzio la gravità di questo fenomeno.
I vescovi europei hanno chiesto alla Comunità europea e ai Governi che la compongono di intervenire per fermare quanto sta accadendo con un documento ufficiale nei giorni scorsi. È solo dopo la decisione del Governo dell'Orissa, che nei giorni scorsi ha chiuso addirittura i campi profughi, dove queste persone avevano trovato un rifugio, praticamente cacciandoli e lasciandoli senza cibo, senza assistenza e senza alcun riparo, che finalmente si comincia a parlare di vero ePag. 44proprio genocidio e a reclamare un intervento immediato delle Nazioni Unite.
Le violenze contro i cristiani non sono casi isolati, ma sono spesso il frutto di atteggiamenti sistematici di sospetto, di discriminazione, di intolleranza spesso ingiustificati se non addirittura incoraggiati o alimentati da diversi Governi. Atti di cristianofobia si sono verificati nella Corea del Nord, in Arabia Saudita, in Sudan, in Darfur, in Nigeria, in Somalia, nello Yemen, in Afghanistan, in Iraq e in molti Paesi dell'America Latina. Questo accade nonostante in tutti questi Paesi in via di sviluppo dell'Asia e dell'Africa i cristiani siano quasi sempre impegnati in attività che perseguono scopi umanitari a favore delle popolazioni locali, che versano in condizioni sociali ed economiche quasi sempre davvero drammatiche.
Tutto ciò è stato documentato dal rapporto 2008 sulla libertà religiosa nel mondo redatto e pubblicato dall'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre. Da questo rapporto emerge con tragica evidenza riportata dalle cifre e dai dati che gran parte degli abitanti della terra non è libera di professare la propria fede religiosa, di cambiarla, di diffonderla e di manifestarla. Ancora oggi il possesso di un simbolo religioso, in alcune zone del pianeta, può costare la vita a una persona, dare luogo a discriminazioni, a prevaricazioni sistematiche, ma oltre alle limitazioni illegali e alle persecuzioni che spingono alla fuga, in molti casi cova un odio sociale che, una volta scatenato, può provocare veri e propri massacri come quelli che si sono verificati di recente in India.
Allora dobbiamo avere - lo dico al Governo - più coraggio, più forza e più determinazione nel chiedere il rispetto della libertà di pensiero, di culto, di coscienza, di religione in tutto il mondo. Papa Benedetto XVI, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha ricordato che i diritti umani devono includere anche il diritto di libertà religiosa, inclusa quella rituale, di culto, di educazione, di diffusione di informazioni, come pure la libertà di professare o di scegliere una religione.
È perciò inconcepibile che dei credenti debbano sopprimere una parte di sé stessi, la loro fede, per essere dei cittadini attivi. Non dovrebbe essere mai necessario rinnegare il proprio Dio per poter godere dei propri diritti. Il mondo occidentale a mio avviso non ha reagito in modo adeguato alle ripetute violazioni al principio della libertà religiosa perpetrate in moltissime parti del mondo a danno soprattutto dei cristiani. L'Europa, l'ONU, le organizzazioni internazionali non possono semplicemente limitarsi a condannare queste tragedie, ma debbono assumere concrete iniziative nei confronti di quei Governi che non tutelano i diritti di libertà dei cristiani.
Anche l'Italia non può rimanere immobile di fronte alle minacce alla libertà religiosa. La mozione che ho presentato, insieme a molti colleghi del Popolo della Libertà, chiede al Governo italiano di assumere iniziative per contrastare la persecuzione delle comunità cristiane attivandosi presso le autorità indiane, affinché sia garantito il diritto alla libertà, alla sicurezza e alla vita. Si chiede, inoltre, al Governo di promuovere anche in ambito internazionale un documento dell'Assemblea generale dell'ONU, che garantisca il rispetto dei diritti individuali e la dignità umana per i fedeli cristiani in tutti i Paesi del mondo.
Infine, si chiede all'Unione europea di non limitarsi a condannare il massacro dei cristiani solo verbalmente (come già opportunamente ha fatto), ma di porre in essere azioni adeguate nei confronti dei Paesi dove la libertà religiosa non viene rispettata. Nei giorni scorsi l'editorialista Galli della Loggia su un importante quotidiano ha dedicato un articolo a mio avviso molto efficace al dramma delle persecuzione dei cristiani nel mondo e ha affermato che «dall'India alle Filippine, dall'Iraq al Pakistan si susseguono gli assassini di sacerdoti e di fedeli cristiani, per lo più cattolici, anche se numerosi sono i protestanti. Di fronte a queste uccisioni, l'opinione pubblica occidentale ha un'unica reazione ormai scontata: gira la testa dall'altra parte».Pag. 45
Con questo dibattito e votando queste mozioni - c'è la nostra disponibilità naturalmente a votare anche quelle dell'opposizione - dimostriamo che non vogliamo girare la testa dall'altra parte, ma che vogliamo esprimere unanime e durissima condanna per quanto sta avvenendo in India e nel mondo contro i fedeli cristiani, i loro diritti e la loro libertà e chiediamo al Governo italiano di fare la sua parte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00058. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, illustrerò la mozione sottoscritta da chi parla e anche da tutti gli altri colleghi del gruppo dell'Italia dei Valori, ma non prima di avere espresso un ringraziamento al collega Volontè che, in questo modo, ha voluto richiamare l'attenzione del Parlamento e di tutto il nostro Paese sui gravi fatti ricordati. È però curioso che ci si ritrovi qui, in aula, a Montecitorio a discutere di questi rilevantissime questioni proprio nel settantesimo anniversario di quella che poco fa è stata ricordata come la notte dei cristalli. Si tratta di un'espressione che nella stessa Germania oggi viene messa in dubbio perché considerata quasi una sorta di eufemismo, dal momento che la cancelliera Merkel preferisce chiamarla la notte dei pogrom, perché la storia ne ha conosciuti troppi.
Quindi, se esprimo un ringraziamento all'onorevole Volontè, ma anche alla collega Bertolini di cui ho appena finito di apprezzare l'apertura, voglio evidenziare un fatto. Non c'è una sostanziale differenza tra le mozioni presentate. Quello che però vorrei richiamare e sottolineare è che mentre è giustissimo, direi doveroso, e forse è poco, richiamare l'attenzione nei confronti delle persecuzioni contro i cristiani nelle varie parti del mondo, è importante che il nostro grido d'allarme e la nostra denuncia riguardino ogni persecuzione. Infatti, la più volte richiamata Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo riguarda ogni fede religiosa, riguarda ogni credo. Quindi, dobbiamo fare riferimento a questa. Siamo convinti che senza libertà religiosa non possa esistere alcuna libertà e che questo sia un principio fondante di ogni democrazia liberale.
È un principio che deve essere difeso con forza e convinzione, anche se dirlo oggi fa un po' specie e fa male leggere dai giornali e vedere dalle immagine televisive gli scontri e i pugni volati nel corso di una penosa rissa che si è svolta nel Santo Sepolcro, là dove è morto ed è stato sepolto Gesù Cristo, tra cristiani armeni e cristiani greco-ortodossi. Allora, voglio sperare che questa nostra discussione possa illuminare tutti noi su quello che abbiamo di fronte.
È stato sottolineato in particolare, ed anche il mio intervento vuole prendere le mosse da questo, che negli ultimi mesi in India, in particolare nello Stato di Orissa, si è registrata una sistematica persecuzione anticristiana, con atti di violenza inconcepibili non solo contro religiosi, ma anche edifici e interi villaggi a maggioranza cristiana. Il fenomeno delle persecuzioni contro i cristiani, però, non si sta registrando soltanto in India; purtroppo si va intensificando e diffondendo sia in Asia sia in Africa: infatti, atti di cristianofobia si sono verificati anche in Laos, in Nigeria, in Etiopia, nelle Filippine, in Corea del Nord, in Arabia Saudita, in Sudan, in Darfur, in Somalia, nello Yemen, in Afghanistan, in Iraq e persino in alcuni Paesi dell'America latina.
In Iraq, nell'area contesa tra curdi e sunniti, con epicentro la città di Mosul, nel mese di ottobre sono state uccise 14 persone e, in particolare tra il 2004 il 2008, oltre 50 mila famiglie cristiane sono stata costrette a fuggire.
Sempre in India, da recenti notizie di cronaca, soprattutto nello Stato dell'Assam, la persecuzione colpisce anche gli immigrati islamici provenienti dal Bangladesh: il bilancio degli scontri, scatenati dalle locali tributi indù, è finora di 53 morti e di circa 100 mila sfollati.Pag. 46
Nel 2002, nello Stato di Gujarat si era consumato un vero e proprio massacro di musulmani realizzato sempre dagli indù: si parla di oltre 2 mila persone uccise e oltre 150 mila costrette ad abbandonare case, moschee e villaggi per sfuggire alla furia degli assassini.
Come dicevo, l'India però non è il solo Paese nel quale si stanno verificando atti di persecuzione religiosa: purtroppo questo è un fenomeno in rapida espansione. La collega Bertolini (non so se mi è sfuggito un riferimento analogo anche da parte del collega Volontè) ha citato il rapporto 2008 presentato dall'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre sulla libertà religiosa, che ha evidenziato i Paesi nei quali si verificano limitazioni legali alla libertà religiosa che comprende Afghanistan, Algeria, Bahrein, Bangladesh, Bielorussia, Bolivia, Egitto, Eritrea, persino i Paesi della Terra Santa (Israele e i territori palestinesi) e Messico. Tale rapporto ha anche evidenziato i Paesi nei quali si verificano gravi limitazioni legali alla libertà religiosa, e tra questi vi sono la Cina, Cuba, la Corea del Nord, l'Iran, la Nigeria, la Birmania, il Laos, l'Arabia Saudita, il Pakistan e il Sudan: tutti Paesi verso i quali poi siamo troppo tiepidi, come qui è stato ricordato, quando si tratta di mettere insieme i diritti umani, quelli civili e gli interessi delle nostre aziende.
Pertanto, l'incremento degli episodi di violenza e intolleranza a sfondo etnico non possono prescindere da un'adeguata iniziativa politica e diplomatica; quindi, quando si verificano questi gravi episodi che coinvolgono anche le società, direttamente o indirettamente, economicamente più avanzate, con l'aggravante di una matrice fondamentalista, il quadro diventa quanto mai preoccupante.
Concludendo, la sfida dell'integrazione etnica e religiosa e del confronto interculturale deve essere innanzitutto un'opportunità di pace e di sviluppo globali e deve rappresentare un'occasione di crescita e maturazione delle comunità locali. Cito, a tal proposito, il documento dell'ultima assemblea generale del Sinodo dei vescovi che afferma: «il dialogo dei cristiani con i musulmani e con i membri di altre religioni diventa un'urgenza e permette di conoscersi meglio e di collaborare nella promozione dei valori religiosi, etici e morali, contribuendo alla costruzione di un mondo migliore».
Per la costruzione di più ampi e condivisi orizzonti di pace e di sicurezza mondiali, è imprescindibile la reciproca apertura tra le culture e le religioni, nel rispetto dei valori di laicità e tolleranza.
Per questo motivo, chiediamo al Governo, più in generale, di attivarsi nelle sedi internazionali affinché vengano garantiti i diritti fondamentali della persona e le libertà religiose; chiediamo al Governo, altresì, di porre in essere azioni adeguate volte a contrastare la persecuzione delle comunità cristiane e di qualsiasi altra rappresentanza religiosa in India, in Iraq e in ogni altro Paese ove si verifichino atti di intolleranza, anche intervenendo presso le autorità nazionali dei singoli Paesi, affinché sia fatta chiarezza e siano adottate adeguate misure di sicurezza nei confronti di tutte - mi permetto di sottolineare «tutte» - le minoranze religiose (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, Popolo della libertà, Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cavallaro. Ne ha facoltà.

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, intervengo a sostegno della mozione Volontè ed altri n. 1-00037 e colgo l'occasione, come già ha fatto il collega Evangelisti, per ringraziare il collega Volontè per l'iniziativa che egli ha assunto e alla quale ho ritenuto di dovere aderire, insieme a molti colleghi del mio gruppo, per l'importanza e il significato che essa riveste per la nostra presenza internazionale e per la nostra stessa coscienza di cittadini democratici che operano in politica, cristianamente ispirati.
Proprio di recente il Santo Padre, Benedetto XVI, che su questo tema è ormai più volte intervenuto, ha proclamato la celebrazione dell'Anno Paolino dal 28 giugno di quest'anno fino al 29 giugno dell'annoPag. 47prossimo. Quest'anno, essendo dedicato a celebrare i due millenni della venuta sulla terra dell'apostolo Paolo - che è definito dalla tradizione «l'apostolo delle genti» - è l'esempio più fulgido di quanto la forza della fede si accompagni all'insopprimibile bisogno dei cristiani - ma anche dello spirito della religione - non solo di testimoniare la propria fede, ma anche di svolgere un'opera di proselitismo che, nel caso dei cristiani, prende il nome specifico di evangelizzazione.
Credo che, in questa fase di illustrazione delle mozioni, sia importante non ascrivere le persecuzioni ad un generico - e facilmente deprecabile e censurabile, ma troppo privo di sostanza e di analisi - odio verso la religione, perché, in realtà, molto spesso le persecuzioni verso i cristiani - in particolare, in questo caso, verso i cattolici - trovano origine non tanto e non solo in uno spirito anti-religioso, ma, anzi, nell'attività che, spesso, in molte realtà, i cristiani svolgono, e che non svolgono in forme antagoniste alle istituzioni locali. I cristiani in tutto il mondo, infatti, e i cattolici in particolare, si riconoscono nell'insegnamento loro impartito di dare a Cesare quel che è di Cesare, ma operano - questo sì - incomprimibilmente per migliorare la condizione non solo materiale degli uomini e delle donne e per realizzare nelle persone umane la loro integrale natura, che ne comprende la dimensione spirituale.
Il problema, quindi, non riguarda il fatto che i cristiani non rispettino (in questo universo più comodo, parallelo rispetto ad una vita certamente molto più impegnativa e che somiglia molto di più a quella di duemila anni fa dell'apostolo Paolo) una sana laicità e, quindi, che sia necessario tutelarla, perché l'opera, in particolare, dei cristiani non è mai né contro l'uomo né contro le sue istituzioni.
In particolare, non a caso, la mozione, che ha come primo firmatario il collega Volontè, fa riferimento all'articolo 18 della Dichiarazione dei diritti umani, che sancisce il diritto di tutte le fedi - quindi non soltanto della religione cattolica - di poter essere praticate in piena libertà e di poter manifestare la propria religione, ma anche il diritto ad operare affinché la propria fede possa essere conosciuta da altri individui e da altri popoli. Quindi, dobbiamo agire affinché venga consegnato alla storia del passato ogni proselitismo violento ed intransigente, ogni forma di intolleranza, che peraltro sovente nasconde un rapporto non limpido con la religione e, in realtà, sottende il suo indebito uso come strumento di suggestione di massa o come rivendicazione di un potere che ha altri fini ed altri scopi.
Per contro, i Governi nazionali e le istituzioni internazionali devono non solo riconoscere passivamente o peggio quasi tollerare distrattamente le pratiche religiose e quelle di proselitismo - beninteso civilmente e sobriamente proposte nel rispetto della persona umana - ma agire attivamente nella loro promozione e difesa, nella consapevolezza che il cittadino ispirato è una ricchezza ed una risorsa anche per l'organizzazione civile dei popoli.
Con questa mozione si è discusso e si discute specificamente del caso dell'India (peraltro, abbiamo appreso dalle cronache che, proprio in questi momenti, siamo di fronte ad un altro caso di gravissima intolleranza religiosa, con un grave pericolo di vita per due religiose), ma non c'è dubbio che questo scenario si evidenzia ormai in troppe parti del mondo. La persecuzione dei cristiani, non solo in India, ha ragioni sovente articolate e complesse, intrise di motivazioni che nulla hanno a che vedere con la pur deprecabile intransigenza religiosa e spesso si fa, invece, solo braccio armato di forti ostilità sociali, culturali e politiche, prima e più che religiose. In particolare, sul tema del rapporto delle comunità cristiane con l'India, un pregevole dossier del Servizio studi del Senato, peraltro redatto non nell'immediatezza di questi ultimi fatti, ma già nel novembre del 2007, chiarisce ed illustra la difficile situazione delle comunità cristiane in India e la necessità di un forte sostegno internazionale, affinché quel grande Paese, tuttora assai travagliato ed articolato al proprio interno, soprattuttoPag. 48nella sua organizzazione sociale e nei rapporti fra religione ed organizzazione sociale, assuma, sia a livello centrale di Stato, sia a livello di singoli Stati, efficaci misure di protezione dei cristiani, che evitino ogni rischio di confronto violento fra etnie e religione. Analoghe iniziative occorre assumere anche in altre situazioni internazionali e soprattutto occorre far sì che non si diffonda alcuno spirito di protezione, o vengano acuite le divisioni religiose, di cristallizzazione quasi della protezione ghettizzata dei cattolici o di isolamento degli stessi. Certo, anche noi non possiamo non notare come vi sia un cosiddetto assordante silenzio di gran parte della comunità internazionale, dei grandi mezzi di informazione e degli stessi Governi, che si dimostrano troppo spesso più preoccupati delle sorti delle relazioni economiche e degli affari, piuttosto che della sorte delle persone, della loro libertà, non solo religiosa, e della loro stessa vita.
Quindi, anche sotto questo profilo, occorre che il Governo con maggiore forza e maggiore energia - ritengo soprattutto agendo non sono individualmente, ma all'interno della comunità europea e delle organizzazioni internazionali - dia vita ad una nuova stagione, nella quale il rispetto dei diritti umani comprenda e, anzi, parta dal presupposto della tutela della libertà religiosa. La libertà religiosa è la libertà e, attraverso il sostegno e la difesa della libertà religiosa, si difendono tutte le altre libertà e la libertà integrale della persona. In questo momento, si parla da più parti di un vento nuovo che, dopo le elezioni americane, dovrebbe percorrere il mondo. Di questo sono non solo soddisfatto e consapevole, ma convinto che questo vento nuovo, anche in questa forma, in questo caso non debba prendere soltanto la veste di un compiacimento per un nuovo disegno di regole economiche, ma anche e soprattutto di regole morali e religiose, e che il rispetto della libertà religiosa sia uno dei primi compiti che anche un nuovo ordine mondiale delle organizzazioni internazionali debba proporsi.
In questo momento, non soltanto in India, ma, com'è stato ricordato, certamente in Afghanistan, in Corea e in più parti del mondo, i cristiani sono sottoposti ad attacchi e violenze. Molti sono costretti, ripercorrendo i viaggi drammatici dell'apostolo Paolo, a rifugiarsi nelle foreste ed a vivere una vita che non è più di una comunità attiva, ma di una comunità che è costretta, come ricordava la collega Bertolini, talvolta a nascondere la propria identità religiosa, perché il prezzo è la vita.
Occorre, dunque, riflettere anche su questo fatto: per i cristiani il martirio è un'ipotesi che può essere praticata, ma i cristiani non hanno del martirio una concezione necessitata; anzi, per essi è il momento estremo e sommo che deve essere a loro concesso soltanto quando in nessun altro modo è possibile testimoniare la propria fede.
Credo, quindi, che sia compito degli Stati, dei Governi e di tutti noi, anche e soprattutto di coloro che non necessariamente credono e non hanno una fede, fare in modo che i cristiani e tutti coloro che sono religiosamente ispirati possano testimoniare la loro esistenza e la loro fede nella libertà e nella tutela della loro vita.
Mi auguro che il Governo, molto più che in passato e certamente molto più di quanto si sta ora facendo, assuma delle adeguate iniziative e mi auguro, soprattutto, che di questo argomento si continui a discutere, perché non c'è dubbio che questo è uno di quei temi nei quali la conoscenza, la consapevolezza e la vicinanza, anche personale e morale, a coloro che soffrono può dare una risposta, ma non c'è dubbio che non basti la declamazione e occorrano anche misure concrete.
Credo, infine, di dover segnalare un altro punto fondamentale: non è certo con iniziative bellicose o che dimostrino uno spirito di parte o fazioso, specialmente da parte della religione cattolica, che può risolversi questo problema; anzi, a mio giudizio, i Governi nazionali e le organizzazioni internazionali devono sostenere e proteggere tutti coloro che nei rispettivi Paesi fanno della tolleranza, della vita religiosa e dello spirito di inclusione la loro prospettiva di vita, perché è attraversoPag. 49la crescita delle organizzazioni religiose e di un sentimento di amore e di rispetto per la vita e per gli altri che può sicuramente realizzarsi una nuova dimensione nazionale ed internazionale della comunità umana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati oggi ad esprimere il nostro parere sulle tre mozioni presentate e illustrate dai colleghi Bertolini, Evangelisti e Volontè sulla persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altri Paesi del mondo.
Dobbiamo subito notare, però, che queste violenze, perpetrate ai danni di centinaia di cristiani, non sembrano suscitare - me lo consenta, signor Presidente - attenzione da parte dell'opinione pubblica e tanto meno dai mass media.
Questo ci deve indurre, a parer mio, al di là delle lodevoli parole espresse da tutti i proponenti, a fare alcune riflessioni. Signor Presidente, la violenza non è soltanto fisica, talvolta, ma anche culturale; una violenza culturale fatta sui cristiani anche e soprattutto qui nel nostro Paese.
L'occasione per alcune brevi riflessioni ci è offerta proprio dalla presenza del sottosegretario Scotti, al quale ci unisce una cultura che si basa proprio sui valori cristiani e cattolici.
Viviamo in una società, in un Paese come l'Italia, dove i valori fondamentali del vivere civile, quei valori che fanno parte delle nostre tradizioni e della nostra cultura, che sono anche fortemente laici, come qualcuno ha sottolineato, e che si richiamano a quell'ispirazione costituita dalla religione, dal cristianesimo nella sua declinazione biblico-giudaica, che per anni sono stati a fondamento di una legge naturale e che hanno costituito l'identità di questa nostra nazione e di questo nostro Paese, sono stati annullati da una lenta ma inesorabile marcia di una cultura laicistica, che vuole che lo Stato si basi soltanto su una legge positiva, attraverso la quale tutto può essere consentito e tutto può essere vietato.
Se una società si basa su questa interpretazione laicista, è evidente che anche i mass media seguano questa cultura.
Collega Volontè, ho molto apprezzato il suo intervento, ma oggi in quest'Aula siamo soli e domani sugli organi di stampa lo saremo ancora di più. Pagare giornalmente lo scotto di essere cristiani con la connivenza e il silenzio dei mass media consente ad altre religioni in Italia non di aver garantita, come deve essere, la libertà di culto, ma di essere strumentalizzate per annullare sempre di più i valori del cristianesimo.
Pochi giorni fa in una rete televisiva privata un giornalista ha dichiarato che mentre sui nostri valori cristiani si può fare ironia e satira, su altre religioni (cito testualmente) «è bene non farlo se vogliamo dimostrare la nostra accoglienza e la libertà di culto».
Collega Bartolini e collega Volontè, noi non ci meravigliamo se oggi la discussione su queste mozioni ci vede soli: se me lo consentite, anche questo fa parte di una cultura che ormai serpeggia anche tra i nostri parlamentari. In centottanta (non so se li avete contati) hanno firmato le tre mozioni, ma poi non partecipano con la loro presenza in Aula per dimostrare non con una firma, ma con la propria persona lo sdegno per quanto sta accadendo ai cristiani nel mondo.
Forse, se invece di vedere una giovane suora cristiana violentata in India avessimo assistito a una eguale efferata (non vi è dubbio) e deplorevole azione nei confronti di una donna musulmana che esprimeva liberamente la propria religione in Italia, oggi in quest'Aula sarebbero presenti una miriade di parlamentari con una stampa attenta ad ogni intervento. Questo ci deve far riflettere su come procedere nella testimonianza dei nostri valori.
Ho molto apprezzato l'intervento del collega Cavallaro, ma dobbiamo anche comprendere come si difende l'identità del nostro Paese.
In questi giorni abbiamo assistito a una gara (mi sembra che proprio il collegaPag. 50Cavallaro abbia accennato al discorso degli Stati Uniti) tra chi sosteneva uno dei due candidati alla carica di Presidente degli Stati Uniti. Quando Obama ha vinto, tutti hanno sostenuto che il nuovo Presidente rappresentava la discontinuità con il passato; nessuno, però, ha sottolineato come Obama abbia concluso il proprio discorso alla Nazione richiamando una continuità sull'identità dell'America, quell'identità che unisce i democratici e i repubblicani e che Obama ha voluto indicare invocando su di lui e sul popolo americano la protezione di Dio.
Il coraggio della continuità dei valori cristiani di Obama deve essere presa ad esempio per noi italiani. Essere cristiani e difendere questi valori, anche dagli scanni di quest'Aula, vuol dire che la nostra identità si fortifica se abbiamo anche la capacità di far comprendere alle altre Nazioni che, se si vuole vivere in un clima di pace e di collaborazione tra i popoli, non è consentito a nessuno, in India o in altri Paesi, discriminare o perseguitare coloro che si professano cristiani.
Il nostro Governo deve far comprendere a livello internazionale che la non-violenza è il presupposto per qualsiasi rapporto di reciprocità economica e religiosa. La non-violenza è l'unica via per costruire una società globale dove sia rispettata la dignità di ogni essere umano, senza distinzione di razza o casta, credo o classe.
Il dibattito di oggi su queste tre mozioni deve rappresentare per tutti noi non solo un momento di riflessione per promuovere la sacralità della vita, ma deve essere l'inizio di un percorso che ci veda uniti, maggioranza e opposizione, per combattere a livello nazionale e internazionale ogni tipo di violenza.
Il cardinale Tauran ha giustamente sottolineato come la non-violenza sia centrale per ogni nostra credenza come modo per promuovere la verità, la luce, il rispetto reciproco, la libertà e l'armonia e per affermare la verità che si trova nel rispetto delle religioni. Queste parole devono rappresentare per tutti noi, a prescindere dalla religione professata, un modello di vita e un monito per tutti coloro che vogliono imbavagliare la religione, la libertà e l'espressione. Riflettere su queste parole significa anche riflettere sui dettami della nostra Costituzione che ci indica come tutte le regioni siano egualmente libere davanti alla legge.
Tale principio deve essere garantito reciprocamente da tutti i Paesi. L'interesse verso la libertà religiosa come base per costruire la pace deve essere per noi, rappresentanti dei cittadini, un interesse prioritario, che ci deve vedere uniti nel mettere in atto tutti gli strumenti e tutte le iniziative atte a fermare questa violenta campagna di odio interreligioso.
Serve un confronto su base internazionale, perché non si tratta di un semplice problema religioso, ma dei diritti dell'uomo e della donna. È necessario un intervento sul piano diplomatico da parte del Ministro Frattini; servono azioni del nostro Governo presso le autorità nazionali indiane affinché vengano attuate le opportune misure per garantire il diritto alla libertà, alla sicurezza, alla vita della comunità cristiana.
Per queste ragioni - e mi avvio alla conclusione -, condividiamo in pieno le mozioni di iniziativa degli onorevoli Bertolini, Volontè ed Evangelisti e confidiamo sul fatto che, almeno su questi temi, maggioranza e opposizione abbiano la stessa visione, onde tutelare i diritti individuali della persona umana.
Sta a noi, onorevoli colleghi, far comprendere ai nostri cittadini come la democrazia si garantisca soprattutto attraverso la libertà. Dobbiamo fare in modo che ognuno possa professare la propria religione.
Sta a noi far comprendere ai cittadini che tramandare ai nostri figli le tradizioni e i valori di questa cultura ebraico-cristiana vuol dire essere certi di non ricadere in un passato che ha visto la persecuzione e l'annientamento di un popolo solamente ed unicamente perché professava la propria religione.
Sta a noi, caro collega Cavallaro, con l'unità fra tutti coloro che credono neiPag. 51valori del cristianesimo, fare in modo che non si verifichi più «la notte dei cristalli».

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Enzo Scotti.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli deputati, voglio innanzitutto ringraziare gli onorevoli Volontè, Bertolini ed Evangelisti per aver presentato queste mozioni e per provocare un voto del Parlamento che serva di supporto e forza all'azione del Governo nelle sedi internazionali.
Il Parlamento - mi auguro all'unanimità - esprimerà un indirizzo che credo sia fondamentale ed importante in questo momento in cui la violenza nei confronti dell'uomo, della donna e dei fanciulli è rilevante nel mondo (come quotidianamente le cronache ci testimoniano) e, in particolare, la violenza contro ogni manifestazione religiosa risulta insopportabile.
Credo che facciano onore al Paese l'attenzione rivolta dal Parlamento a questi temi e la precisa volontà che l'Italia assuma sempre più - com'è nella sua tradizione e nella sua cultura - un ruolo ed un peso determinanti in sede internazionale su tali temi.
Dobbiamo cercare di coinvolgere tutti insieme i cittadini del nostro Paese perché si abbia coscienza che tali questioni sono fondamentali e determinanti per la convivenza civile nel mondo e che, accanto ai grandi temi che travagliano in questo momento le cancellerie del mondo, questi non hanno minor peso e minore importanza.
Il Governo esprimerà al momento opportuno l'opinione sulle singole mozioni, però posso dire sin d'ora che ne apprezza il contenuto e le indicazioni che vi sono espresse.
Come dicevo prima, per cultura e tradizione il nostro Paese è fortemente impegnato a favore della promozione e della protezione dei diritti umani nel mondo. Io stesso ho presentato al comitato dei diritti umani della Commissione affari esteri una relazione sul comportamento del Governo in questo momento nei vari fori internazionali, proprio perché cresca in tutti e nel Paese questa consapevolezza.
Tra pochi giorni celebreremo il sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Mi auguro che nelle scuole italiane, questo giorno, sia ricordato come importante e fondamentale per la crescita, non solo economica, ma civile e umana del nostro pianeta.
L'Italia, quindi, non manca di adoperarsi con forza in tutte le sedi per contrastare l'intolleranza religiosa e tutelare la libertà religiosa. In tale azione, l'Italia non è sola, anche gli altri partner europei hanno mostrato, di recente, una grande attenzione in questa direzione. I diritti umani e le libertà religiose sono, infatti, principi fondamentali dell'Unione europea che verranno anche riaffermati con l'entrata in vigore della Trattato di Lisbona, approvato all'unanimità da questo Parlamento.
Tuttavia, l'azione del nostro Paese si colloca, in primo luogo, nell'ambito delle Nazioni Unite - come è stato anche ricordato dai presentatori delle mozioni e dagli onorevoli Cavallaro e Mazzocchi - e nel quadro degli strumenti pattizi, quali il comitato dei diritti umani che è l'organo indipendente che vigila sul rispetto del Patto internazionale sui diritti civili e politici, il cui articolo 18 sancisce, appunto, il diritto alla libertà di religione.
Alla sessantatreesima Assemblea generale delle Nazioni unite, l'Italia e i partner comunitari, presenteranno una risoluzione sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza religiosa; si tratta di una delle iniziative prioritarie per l'Italia e per l'Unione europea. La risoluzione raccomanda agli Stati di varare una legislazione con efficaci garanzie per la libertà di pensiero e credo religioso. La proposta esorta, inoltre, gli Stati ad intraprenderePag. 52ogni azione necessaria per contrastare atti di violenza, intimidazione, e coercizione, motivati dall'intolleranza religiosa, per garantire il diritto all'associazione e all'assemblea a fini di culto, e per fare osservare l'obbligo di protezione nei confronti dei luogo di culto e dei siti religiosi; questo è il contenuto della risoluzione.
Anche sul piano bilaterale, l'Italia non manca di adoperarsi, in tutte le occasioni utili, per combattere l'intolleranza religiosa, ovunque essa appaia, e per difendere la libertà di culto nel mondo. Lo conferma, più di qualsiasi dichiarazione di principio, l'atteggiamento tenuto in questi mesi dal Governo nelle situazioni di crisi menzionate dalle mozioni; a cominciare dall'India, ma più in generale, in tutti i frangenti in cui la libertà religiosa e le minoranze cristiane si siano trovate in pericolo.
Vorrei ricordare telegraficamente gli avvenimenti degli ultimi mesi verificatisi in India e illustrare l'azione che il Governo ha posto in essere per contrastare le violenze anticristiane. Il pretesto di queste violenze - come è stato ricordato -, con epicentro nello Stato di Orissa, è stato l'assassinio, il 23 agosto, di cinque esponenti del Consiglio mondiale indù, che la propaganda degli estremisti ha attribuito ad elementi cristiani, nonostante la rivendicazione dei guerriglieri maoisti naxaliti. Le violenze hanno causato circa ottanta morti, distruzioni, danni a centinaia di case e a luoghi di culto, e diverse migliaia di sfollati ospitati in centri di accoglienza. Gli attacchi contro le minoranze cristiane si sono estesi ad altri Stati dell'Unione indiana.
L'Italia e l'Unione europea si sono mosse: il 1o settembre, su istruzione del Ministro degli affari esteri, il segretario generale della Farnesina ha convocato l'ambasciatore indiano a Roma per esprimergli la forte preoccupazione del Governo italiano. Alla riunione informale (Gymnich) dei Ministri degli esteri, il 5 e 6 settembre 2008, ad Avignone, la Presidenza francese ha inserito, su proposta del Ministro Frattini, le violazioni dell'Orissa nell'ordine del giorno del vertice Unione europea-India di Marsiglia del 29 settembre.
Nella conferenza stampa del vertice il Premier indiano Singh ha ribadito che la libertà religiosa è un bene che il suo Paese vuole tutelare. Un riferimento alla libertà religiosa è stato inserito, su richiesta europea, nel comunicato finale del vertice Unione europea-India. L'attenzione italiana ed europea su queste drammatiche vicende non è calata dopo il vertice. La materia continua, infatti, ad essere oggetto di approfondimenti ed azioni coordinate tra le ambasciate dei Paesi dell'Unione europea operanti in India, ed è evocata ad ogni occasione utile nei confronti con gli interlocutori indiani.
Il Governo centrale indiano sembra, dal canto suo, aver piena consapevolezza della gravità della questione, come dimostra tra l'altro il tono delle severe dichiarazioni di condanna più volte espresse anche dai massimi vertici governativi, a conferma di un incondizionato impegno a favore della libertà religiosa delle minoranze. Ma è nostro vivo desiderio che sia approfondito il dibattito in India relativamente alle ulteriori misure cui il Governo centrale potrebbe e dovrebbe ricorrere qualora le competenti autorità locali non riuscissero a ristabilire un pieno rispetto della legalità.
Il nostro vivo auspicio è che le misure che il Governo indiano ha adottato, e che potrà adottare in futuro, pongano definitivamente termine alla violenza e consentano di rilanciare il dialogo tra componenti della società in linea con le pratiche di pacifica convivenza della grande democrazia indiana.
Voglio, infine, dare alcune informazioni in relazione al caso delle due suore rapite in Kenya evocato dall'onorevole Bertolini. Si tratta di Maria Teresa Olivero e Caterina Giraudo, prelevate questa notte da missioni a Elwak, a 600 chilometri a sud di Nairobi, probabilmente da uomini armati provenienti dalla Somalia. Il Governo italiano e il Ministero degli affari esteri si sono subito attivati attraverso tutti i canali opportuni e in stretto contatto con laPag. 53Nunziatura del luogo. Abbiamo chiesto alla stampa un necessario riserbo per consentire di condurre al meglio i contatti per risolvere rapidamente il caso (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
Saluto gli studenti e gli insegnanti della scuola elementare Scherillo di Napoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Sull'ordine dei lavori.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, l'oggetto dell'intervento che intendevo svolgere sull'ordine dei lavori riguarda una questione sulla quale è già intervenuto in modo puntuale il sottosegretario Scotti, ovverosia il rapimento delle due religiose italiane in Somalia.
Ritengo a questo punto, anche in ossequio alla linea di riserbo scelta dalla Farnesina, che non sia il caso di procedere ad ulteriori approfondimenti né tanto meno ritengo opportuna la richiesta di informativa al Governo, giacché, da un lato, il sottosegretario per gli affari esteri, in diretta sostanzialmente, ci ha fornito informazioni in ordine alla vicenda, dall'altro, perché evidentemente siamo certi che il Governo stia facendo quanto in suo potere (avendo già attivato l'Unità di crisi alla Farnesina) per una soluzione rapida e felice di questa vicenda.
A nome del mio gruppo esprimo solidarietà e vicinanza alle famiglie delle due suore rapite, sia alle famiglie parentali, sia a quelle religiose, con l'auspicio che questa vicenda riesca a risolversi nel più breve tempo possibile e nel miglior modo possibile.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, colgo anch'io l'occasione della presenza del sottosegretario Scotti intanto per ringraziarlo di queste prime notizie che ci sono state fornite. Credo - diversamente dal collega Baldelli - che varrà la pena, nei prossimi giorni, che il Ministero degli affari esteri possa fornire, magari anche alle Commissioni, un'informativa su quello che sta accadendo.
Ricordo soltanto a noi stessi, qui presenti, che molte azioni furono intraprese per creare attenzione e solidarietà sul caso di un tale giornalista, Mastrogiacomo, che certamente non si trovava in Afghanistan per missioni di carità nei confronti delle popolazioni ma per interesse del proprio quotidiano e, con grande solerzia, allora, addirittura il Presidente del Consiglio intervenne nei confronti del Presidente della Repubblica afghana, Karzai, per poter addivenire ad una soluzione politicamente rapida della vicenda.
Sono certo che tutto ciò accadrà anche nel caso di queste due suore rapite in Kenya. Per tale motivo mantengo la richiesta rivolta al Governo di trovare modo, non nelle prossime ore ma nei prossimi giorni, una volta acquisiti elementi e avendo anche notizie positive da poter comunicare, di tener presente e aggiornato il Parlamento sugli sviluppi della situazione in Kenya, evidentemente su tutto ciò che potrà esser reso noto al Parlamento, anche per dare contezza dell'impegno dell'Esecutivo esattamente nella stessa direzione in cui gli Esecutivi precedenti si sono mossi in casi non analoghi ma addirittura di minore gravità rispetto a quello che stiamo vivendo in queste ore.

PRESIDENTE. Onorevole Baldelli e onorevole Volontè, l'attenzione del Governo è stata già rilevata. La Presidenza, comunque, farà la sua parte.
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 16,10.

Pag. 54

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Boniver, Buttiglione, Caparini, Castagnetti, Jannone, Leo, Lucà, Antonio Martino, Mura, Palumbo e Paolo Russo sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Inversione dell'ordine del giorno.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, effettivamente intervengo sull'ordine dei lavori per proporre all'Aula un'inversione dell'ordine del giorno nel senso del passaggio al quinto punto concernente il seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00037, Bertolini ed altri n. 1-00052 ed Evangelisti ed altri n. 1-00058 sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo.
Signor Presidente, si tratta di mozioni che hanno fatto registrare una sostanziale convergenza sul tema delle persecuzioni dei cristiani in India e in altre parti del mondo. Su queste mozioni si è avviata stamani la discussione sulle linee generali, una discussione partecipata ed importante. Credo che, a questo punto, vi possano essere anche le condizioni per procedere all'inversione dell'ordine del giorno cominciando i lavori pomeridiani della seduta di oggi proprio da tale punto.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Baldelli, che ha seguito con intelligenza ed attenzione la nostra discussione sulle linee generali di stamani. Io sono il primo firmatario di una delle mozioni, non l'unico evidentemente, ma in questa direzione penso che vi sia assoluto consenso. Tra l'altro, sono ancora più urgenti la discussione ed evidentemente le procedure che ci porteranno alla votazione di queste mozioni: l'urgenza è dovuta anche a quanto è accaduto proprio in queste ore in Kenya, per esempio, con il rapimento di due suore italiane.
Quindi, l'approvazione di documenti - che all'origine riguardavano la persecuzione nei confronti dei cristiani in alcune regioni dell'India e che immagino anche nelle riformulazioni che proporrà il Governo si estenderà, a partire da questi casi, anche ad altri casi più ampi - può diventare uno strumento utile non solo per dare un segnale all'opinione pubblica da parte del Parlamento italiano in questa materia, ma anche per dare la possibilità al Governo, con il conforto parlamentare, di prendere iniziative che possano essere più efficaci di quelle finora assunte dal nostro Esecutivo.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni sulla richiesta formulata dall'onorevole Baldelli e sulla quale si è già registrato l'orientamento favorevole dell'onorevole Volontè, primo firmatario della mozione n. 1-00037, ritengo che possiamo procedere nel modo indicato, nel senso di passare al seguito della discussione delle mozioni sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo.
(Così rimane stabilito).

A questo fine, anche per consentire al Governo di essere presente nella personaPag. 55del sottosegretario Roccella, che è stato dallo stesso Governo indicato, sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 16,15, è ripresa alle 16,45.

Seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00037, Bertolini ed altri n. 1-00052 ed Evangelisti ed altri n. 1-00058 sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Volontè ed altri n. 1-00037, Bertolini ed altri n. 1-00052 ed Evangelisti ed altri n. 1-00058 sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e di persecuzione nei confronti dei cristiani in India e in altre parti del mondo (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate ed è intervenuto il rappresentante del Governo.
Avverto che è stata testé presentata la risoluzione Cota e Gibelli n. 6-00010 (Vedi l'allegato A - Risoluzione).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sulla risoluzione presentata.

EUGENIA MARIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, il nostro Paese è da sempre impegnato a favore della promozione e della protezione dei diritti umani e della libertà religiosa nel mondo, princìpi che sono, tra l'altro, fondanti dell'Unione europea, affermati anche nel Trattato di Lisbona che è stato approvato all'unanimità da questo Parlamento.
Dal rapporto del 2008 sulla libertà religiosa nel mondo, stilato dall'associazione Aiuto alla Chiesa che soffre, vediamo con la tragica evidenza delle cifre che gran parte degli abitanti della Terra non sono liberi di professare la propria fede religiosa. In alcune zone del mondo portare con sé un simbolo religioso può costare la vita e dare luogo a discriminazioni e prevaricazioni sistematiche. Ma oltre alle limitazioni legali e alle persecuzioni che inducono tante persone alla fuga e all'esilio, in molti casi esiste un odio sociale che, una volta scatenato, può portare a veri e propri massacri come quelli che si sono verificati in India - citati in alcune delle mozioni presentate - contro la minoranza cristiana.
Il nostro Paese non può rimanere indifferente di fronte alle minacce alla libertà religiosa che è, come sappiamo, il fondamento di ogni libertà. Il diritto a praticare la propria fede è la garanzia che permette la libertà di coscienza e di pensiero e che difende l'intangibilità dello spazio più intimo dell'uomo: quello della coscienza.
L'Europa, cosciente che è nelle proprie radici cristiane che si è definito e difeso lo spazio libero della coscienza, e che è stato pagato un prezzo di guerre, un prezzo storico già molto alto per arrivare a garantire la libertà religiosa, non può assistere ad episodi come quelli citati nelle mozioni...

PRESIDENTE. Onorevole sottosegretario, non vorrei interromperla, tuttavia, pur comprendendo che i pareri debbano essere motivati, devo farle presente che questa mattina il Governo ha già svolto il suo intervento; quindi, la pregherei di limitarsi ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sulla risoluzione presentata.

EUGENIA MARIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Certamente, la ringrazio,Pag. 56signor Presidente. Concludo dicendo che il nostro Paese non può assistere indifferente a questi massacri e alle persecuzioni dei cristiani nel mondo.
Pertanto, per quanto riguarda la mozione Volontè ed altri 1-00037, il Governo esprime parere favorevole sul primo capoverso del dispositivo ed esprime, altresì, parere favorevole sul secondo capoverso del dispositivo, a condizione che venga riformulato nel modo seguente: «ad attivarsi di concerto con i partners europei presso le sedi istituzionali europee ed internazionali, affinché venga squarciato il velo di silenzio intorno a questa vicenda e affinché la comunità internazionale, anche attraverso risoluzioni dell'ONU, intervenga repentinamente per evitare che proseguano impunemente le gravi ferite inferte alla libertà religiosa e ai diritti umani in tante parti del mondo».
Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Bertolini ed altri n. 1-00052. In particolare, il Governo esprime parere favorevole rispetto al primo capoverso del dispositivo; esprime, altresì, parere favorevole sul secondo capoverso del dispositivo se così riformulato: «impegna il Governo a promuovere, sostenere ed agevolare, di concerto con i Paesi dell'Unione europea, l'approvazione di un documento ufficiale dell'Assemblea generale dell'ONU, nel quale si chieda il rispetto dei diritti individuali e la garanzia della dignità umana per i fedeli di tutte le religioni in tutti i Paesi del mondo».
Il Governo esprime parere favorevole sul terzo capoverso del dispositivo, se riformulato con le seguenti parole: «ad attivarsi presso l'Unione europea affinché, nell'esprimere la più ferma condanna contro le violenze e le persecuzioni dei cristiani in ogni parte del mondo, ponga in essere azioni adeguate nei confronti dei Paesi nei quali la libertà religiosa non è rispettata».
Il Governo esprime, infine, parere favorevole sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00058.
In ordine alla risoluzione Cota e Gibelli n. 6-00010, il Governo esprime parere favorevole, a condizione che il primo capoverso del dispositivo sia così riformulato: «ad adoperarsi, direttamente e attraverso l'Unione europea, per verificare e monitorare la condizione dei cristiani nei Paesi in cui essi costituiscono una minoranza e ad adottare le opportune iniziative di carattere politico per ottenere da parte di tali Paesi una effettiva tutela delle minoranze cristiane presenti sul loro territorio».
Il Governo esprime, altresì, parere favorevole sul secondo capoverso del dispositivo se così riformulato: «a considerare l'opportunità di adottare forme strutturate di monitoraggio sulla condizione dei cristiani nel mondo, anche al fine di valutare le iniziative diplomatiche da intraprendere e di orientare le valutazioni sulle priorità degli interventi in materia di cooperazione allo sviluppo».

PRESIDENTE. Non posso non sottolineare che, per quanto riguarda la risoluzione Cota e Gibelli n. 6-00010 più che di fronte ad una riformulazione ci troviamo dinanzi ad una vera e propria riscrittura del testo. Ritengo che tale riformulazione debba, quanto meno, essere messa a disposizione e a conoscenza di tutti i parlamentari, perché in caso contrario diverrebbe difficile l'espressione del voto.
Prima di procedere alle dichiarazioni di voto, chiedo ai presentatori se intendano accettare le riformulazioni proposte dal Governo.
Avverto, inoltre, che è posta in distribuzione la riformulazione della risoluzione Cota e Gibelli n. 6-00010.

PRESIDENTE. Chiedo dunque ai presentatori della mozione Volontè ed altri n. 1-00037 se accettano la riformulazione proposta.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, voglio ringraziare, come già ho avuto modo di fare nell'introduzione alla discussione avvenuta stamattina, il sottosegretario, il Ministro degli affari esteri e nel caso di specie anche il sottosegretario Roccella.
Intendo solo comunicare al Governo, vista la presenza autorevole di molti sottosegretariPag. 57e del Ministro Vito, che si era in qualche modo fatto presente, per quanto riguarda la riformulazione proposta in ordine alla mozione n. 1-00037 di cui sono primo firmatario, che vi fossero le parole «anche di concerto». Chiedo, in altri termini, se si possa introdurre, nella riformulazione proposta dal Governo, la parola «anche», in modo da poter attribuire ancora più protagonismo all'azione europea svolta di concerto con gli altri Paesi dell'Unione. Questo era stato, in qualche modo, non solo condiviso, ma addirittura concordato con l'Esecutivo. La riformulazione, a nostro avviso, è assolutamente condivisibile.
Tuttavia, ci terremmo che fosse aggiunta la parola «anche» prima delle parole «di concerto con gli altri Paesi europei», perché questo darebbe più valore alla discussione e al voto che si esprimerà in quest'Aula tra qualche minuto e renderebbe ancora più evidente l'azione positiva e propositiva che il nostro Esecutivo si impegna ad intraprendere anche nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

PRESIDENTE. Sottosegretario, il Governo accetta questo suggerimento e quindi propone la riformulazione aggiungendo la parola «anche», come è stato richiesto dall'onorevole Volontè?

EUGENIA MARIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori della mozione Bertolini ed altri n. 1-00052 accettano la riformulazione proposta dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo della risoluzione Cota e Gibelli n. 6-00010.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare che la riformulazione proposta dal Governo ci trova favorevoli. Come lei, signor sottosegretario, ha precisato, la riformulazione affronta un tema particolarmente delicato ed è giusto che i presentatori, rispetto alle sue precisazioni, ricordino all'Assemblea che lo spirito delle iniziative...

PRESIDENTE. Onorevole Gibelli, si sistemi il microfono perché non la sentiamo.

ANDREA GIBELLI. Confermo che il nostro gruppo è favorevole alla riformulazione, perché quanto è stato sottolineato dal Governo corrisponde allo spirito della nostra iniziativa, ne comprendiamo le ragioni e, quindi, la riformulazione in realtà è in linea con i contenuti che erano alla base del nostro documento. Come lei ha sottolineato, è corretto che l'Aula prenda coscienza della forma, ma vorrei sottolineare che nel merito la riformulazione è assolutamente in linea con il documento che abbiamo presentato.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci siamo convinti a presentare questa mozione fin dall'inizio del mese di settembre perché colpiti, come immagino molti di voi (i documenti presentati lo dimostrano), non solo emotivamente, ma anche razionalmente da quello che stava accadendo nello Stato di Orissa, per l'ennesima volta in una nazione che ha sottoscritto, come tante altre, l'articolo 18 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo (di cui celebriamo il sessantesimo anniversario), e dice di volervi dare attuazione, come tutte le altre, e che, invece, consente all'interno del proprio territorio, o nulla fa per impedire, la violazione non solo di un principio teorico, quello della libertà religiosa, ma anche e soprattutto del diritto umano di professare, cioè credere, in qualcosa che va oltre se stessi, in Dio.
Ciò che è accaduto in India, nello Stato di Orissa e poi via via, dal mese di agostoPag. 58in poi, in molti altri Stati di quella Repubblica, è sotto gli occhi di tutti e tutti lo ricordiamo. Ancora oggi sentiamo e leggiamo notizie sconcertanti su quello che sta continuando ad accadere sotto gli occhi di quel Governo e davanti all'opinione pubblica internazionale, che sembra impedita da non si sa quale giudizio ad intervenire.
Non è intervenuta l'Assemblea delle Nazioni Unite, anche se abbiamo ascoltato oggi dal sottosegretario agli esteri che è intenzione dell'Italia e di altri Paesi europei presentare nella prossima Assemblea dell'ONU una risoluzione sul divieto per gli Stati non solo teorico, ma anche pragmatico, di perseguitare per motivi religiosi, e quindi di non dare attuazione alla libertà religiosa all'interno del proprio territorio.
Proprio in questi giorni stanno riesplodendo la rabbia e il massacro contro i cristiani per un'ennesima escalation di violenze, che ha provocato anche la morte di un ennesimo altro leader del partito induista. Sarebbe lungo, ma lo facciamo in una sola battuta, spiegare a noi tutti come mai in India i cristiani sono perseguitati. Lo si può dire brevemente: i cristiani sono quella religione, in tutti i Paesi, ma in India ancor di più, per la quale non c'è nessuna divisione di appartenenza di ceto, di società, di casta. In India proprio alcune interpretazioni della religione induista - soprattutto di questo partito dell'estremismo induista - vogliono mantenere queste divisioni di casta e vedono proprio per questo i cristiani come un impedimento e un disordine rispetto a quell'ordine sociale su cui era vissuta una parte di quella società.
Non è né più né meno di quello che ci racconta Tertulliano nei suoi diari e nei suoi scritti tra il II e il III secolo. Da sempre i cristiani sono perseguitati nelle varie nazioni del mondo e nei vari secoli perché sono coloro che disturbano l'ordine sociale. In questo caso il disturbo dell'ordine sociale è la libertà e l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Di fronte a ciò che sta accadendo non solo in India, ma anche in Indonesia (ricordiamo tutti il caso dei tre cristiani decapitati un anno fa), in Iraq e in numerosi altri paesi, a partire da quelli del Corno d'Africa (si pensi alla Somalia), siamo rimasti molto colpiti e siamo costernati per il fatto che l'Unione europea non intraprenda un'azione comune per la difesa dei diritti di queste minoranze e, più in generale, per il rispetto della Dichiarazione dei diritti dell'uomo, di cui tra qualche giorno tutti, anche in quest'Aula, ci riempiremo la bocca, ma che concretamente, durante questo anno 2008, non ha trovato nemmeno un'applicazione in più rispetto all'ordinaria disapplicazione.
L'impegno che chiediamo oggi al Governo - e che è stato confermato con un parere favorevole sul nostro atto di indirizzo come su quelli presentati da parte di altri gruppi parlamentari - è stimolare il nostro Paese perché non solo difenda una minoranza, ma difenda in toto il principio di libertà religiosa nei rapporti bilaterali, oltre che nei rapporti multilaterali, con gli altri Paesi. Per questo, abbiamo guardato con grande interesse ad un primo passo, che purtroppo non ha portato ad un'azione più compiuta, da parte del nostro Governo nei confronti dell'ambasciatore indiano.
Guardiamo con apprensione ed interesse all'azione europea che, purtroppo, ha prodotto soltanto due righe nel documento finale dell'incontro bilaterale Europa-India di qualche settimana fa, ma si è fermato a quel livello e non ha fatto un passo oltre. L'Europa, come l'Italia, possono invece intraprendere azioni molto importanti politicamente e - siccome nessuno di noi è amante esclusivamente della teoria - anche economicamente nei confronti di quelle nazioni che non rispettano i diritti umani e il principio di libertà religiosa. Diversamente, avremmo poco da rappresentare per il mondo del XXI secolo: se l'Europa non si metterà a difendere questi principi fondamentali, non avendo grandi risorse economiche, né grandi investimenti di capitale umano, avrà ben poco da portare all'utilità comune nei confronti degli altri centri di interesse geopolitico nel prossimo secolo.Pag. 59
Il nostro invito al Governo e l'attenzione che chiediamo all'Assemblea per un voto favorevole sono proprio in questa direzione. Quest'anno si celebrano i sessant'anni della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Uno degli interventi più significativi in apertura dell'anno è stato quello di Sua Santità Benedetto XVI all'Assemblea generale dell'ONU, che è stato salutato nel mese di febbraio scorso da una standing ovation non tanto ed esclusivamente per il prestigio religioso e personale che questo Pontefice ha fra le nazioni, quanto per il suo contenuto.
Il contenuto di tale intervento richiamava la responsabilità di tutte le nazioni e degli organismi internazionali ad intervenire sempre e comunque con un'azione proattiva a difesa delle libertà, anche all'interno di quei Paesi in cui i diritti umani non vengono rispettati e le popolazioni vengono vessate dal potere costituito.
Noi non chiediamo al Governo di mandare le truppe italiane in India, come non gli chiediamo di mandarle in Congo o in Kenya, a riprendere le due suore, gli chiediamo però di agire con grande determinazione nei rapporti bilaterali e di essere un grande stimolo sia all'interno del contesto europeo, affinché l'Europa tenga ben presente la difesa dei diritti, e della libertà religiosa in particolare, nei rapporti con le altre realtà geopolitiche globali, sia, come il Governo sta già facendo, e ci auguriamo che lo faccia ancor di più, nell'ambito delle Nazioni Unite.
Svolgo un'ultima considerazione sul tema specifico della libertà religiosa. Giovanni Paolo II, di cui celebriamo quest'anno il trentesimo anniversario dell'elezione al soglio pontificio, diceva che la libertà religiosa è il primo diritto, perché sta nel cuore della persona, è ciò che costituisce la persona e che fa pensare alla persona guardando se stessa, cioè a qualcos'altro da sé. È per questo che la libertà religiosa, tante volte dimenticata anche nelle dichiarazioni ufficiali dei Governi e degli organismi internazionali, deve ritrovare una sua centralità, a partire dalla discussione che stiamo svolgendo e dall'approvazione di un documento che muove dal caso indiano, ma che, anche alla luce delle riformulazioni opportune che il Governo ha proposto, allarga lo spettro a tutte le crisi internazionali che hanno la libertà religiosa come oggetto di violazione.
Ritengo che questo sia un momento importante, sebbene vi sia un'assoluta disattenzione di quest'Aula: meglio essere in tanti disattenti, che però speriamo votino favorevolmente, che essere in tre, come quando abbiamo cominciato questa discussione stamani. Non mi impressiona né il numero, né la disattenzione; mi impressionerebbe, invece, un voto favorevole da parte di tutta l'Assemblea, perché, al di là delle opinioni e dell'interessamento personale su questi temi, darebbe un segnale esterno, sia alla nostra opinione pubblica sia agli altri Governi e Parlamenti europei, molto importante nella direzione che vogliamo perseguire (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 17,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa delle dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, la Lega Nord accoglie con favore questa iniziativa, che attende da tempo. Oggi il tema delle persecuzione dei cristiani nelPag. 60mondo ha trovato ampia testimonianza sui media, nazionali ed internazionali, ma in realtà è un problema che si trascina da tempo. La cosa triste, voglio usare questa espressione, è che da troppi anni le persecuzioni dei cristiani nel mondo sono passate come in un dimenticatoio della storia, perché in genere si confondeva questo tipo di persecuzioni con una sorta di retaggio nei confronti del colonialismo europeo. Invece, le cose sono assolutamente distinte tra loro, sono assolutamente distinte - lo voglio dire alla sinistra - anche da tutto quello che è accaduto negli ultimi 10-15 anni nelle cosiddette guerre che ci sono state nei Paesi arabi e musulmani, che spesso vengono indicate come uno dei motivi per cui i cristiani nel mondo vengono perseguitati, in virtù di un'assimilazione culturale rispetto a un Occidente che continua la propria politica di tipo coloniale.
In realtà, ciò che è accaduto in India - e prima in Turchia e in altri Paesi del Medio Oriente e dell'est asiatico - dimostra che, invece, le ragioni di contrasto e di persecuzione nei confronti dei cristiani sono assolutamente più antiche e molto diverse rispetto a quanto, invece, in tante occasioni e attraverso la banalizzazione della questione viene proposto. Un grande Presidente degli Stati Uniti, Wilson, dopo la Prima guerra mondiale aveva detto che è più importante il diritto della pace.
Tale affermazione, oggi, è molto più vera di quando è stata pronunciata, anche rispetto al contesto in cui è stata detta, in quanto, soprattutto attraverso gli organismi internazionali, si è cercato di trovare una giustificazione che ponesse comunque i cristiani nella condizione di non essere tutelati in maniera assolutamente inequivocabile.
Vorrei fare alcune denunce che dimostrano ciò, e il caso dell'India deve essere assolutamente preso ad esempio. Oggi votiamo un documento al riguardo, e la Lega Nord da tempo - e per questo motivo il nostro movimento accoglie con favore questa discussione - addirittura nel non lontano 2006 aveva proposto una mozione che chiedeva al Governo di istituire un osservatorio su tale tema, per un motivo molto semplice. Noi occidentali, infatti, ci riempiamo la bocca del diritto internazionale e facciamo riferimento al principio della reciprocità soprattutto quando si vuole parlare del tema a casa nostra. Voltiamo, così, letteralmente la faccia rispetto a ciò che sta accadendo nel mondo in ordine al cosiddetto diritto internazionale che, a volte, presenta dei risvolti imbarazzanti, anche con Paesi che riteniamo amici dell'Occidente e del nostro Paese.
Indico due esempi tra tutti, proprio in riferimento a quell'affermazione, che è lettera morta, secondo cui il diritto è più importante della pace. Oggi, infatti, non in nome della pace, ma in nome del pacifismo (che, strisciante, ha preso il posto della pace) si contraddice il diritto internazionale. Non si guardano, ad esempio, l'ONU e la Carta dei diritti dell'uomo (che dovrebbe essere il punto di riferimento per tutti), che mi pare sia sottoscritta da più di 170 Paesi, i quali oggi tacciono rispetto alle persecuzioni dei cristiani nel mondo.
Tuttavia, quei Paesi, con la nostra gravissima complicità, non denunciano che, ad esempio, nel 1990 più di 40 Paesi a maggioranza islamica hanno sottoscritto la Carta dei diritti dell'uomo islamico, ritenendo la Carta dei diritti dell'uomo (che doveva essere universale) troppo filocristiana e filoccidentale. Quei Paesi ne hanno scritta un'altra, a misura di una cultura che in realtà è assolutamente intollerante e che chiede cittadinanza anche a casa nostra. Verrà il giorno, Presidente, in cui dovremmo discutere anche di ciò. Dovremmo discutere - cito il secondo esempio - il fatto che in un Paese ritenuto amico dell'Italia e dell'Occidente, l'Egitto, la comunità cristiana (che è la comunità cristiana copta, che è autoctona e che è più antica dell'Islam in quel Paese) oggi è discriminante e i suoi appartenenti sono considerati come cittadini di serie B in casa propria. Infatti, nel 1994 (e non nel 1294!) la Repubblica egiziana ha deciso che l'Islam non è più una delle fonti delPag. 61diritto, ma è la fonte del diritto. Quindi, chi è fuori dall'Islam è fuori dal diritto di quel Paese.
Noi dovremmo cominciare ad avere il coraggio di puntare il dito diplomatico, non solo attraverso queste mozioni, anche nei confronti dei Paesi che si dicono amici dell'Occidente e che, invece, non lo sono. Questa riflessione deve partire oggi, e noi la riproporremo.
Riteniamo i dispositivi proposti nelle mozioni in esame e nella risoluzione Cota n. 6-00010 un legittimo punto di partenza, ma ritorneremo sul punto, perché preferiamo avere un incidente diplomatico in più piuttosto che una verità internazionale in meno (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bertolini. Ne ha facoltà.

ISABELLA BERTOLINI. Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare i colleghi intervenuti questa mattina nel dibattito e, in particolare, il Governo per l'attenzione con cui ha seguito le nostre mozioni e il dibattito e per il contributo che ha fornito. Le osservazioni e le richieste di riformulazione sono state accettate, almeno per quanto riguarda la mozione a prima firma mia, la n. 1-00052, perché esse la rendono ancora più efficace di quanto non fosse.
Il tema affrontato dalle mozioni - alcune delle quali sono state depositate ormai oltre due mesi fa - rimane drammaticamente di attualità, ancora di più oggi che è arrivata la tristissima notizia del rapimento in Kenya di due suore, sui primi sviluppi del quale il Governo ci ha già rapidamente informato stamattina.
Credo che la tragedia che si sta consumando ormai da troppo tempo in India e in altre parti del mondo abbia raggiunto dimensioni che non possono più essere né ignorate né sottaciute dalle istituzioni e dalla politica ma che, soprattutto, non dovrebbero essere ignorate dai cittadini; è per questo che compito della politica è anche sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica, alzando anche voci di condanna nei confronti di quello che sta accadendo e, soprattutto, nei confronti degli autori di queste violenze. Questa è l'occasione giusta - lo abbiamo fatto con le nostre mozioni - per condannare quelle autorità e quei Governi che non sono intervenuti tempestivamente come avrebbero dovuto per cercare di fermare o di sedare queste risposte e queste violenze. Mi riferisco, in particolare, al Governo indiano. L'India è un teatro di eventi drammatici a partire dal 2007 e lo è ancora di più dall'estate scorsa, dall'agosto del 2008, in cui sono avvenute violenze inaudite e sono state perpetrate uccisioni dalla parte più integralista del mondo indù contro le minoranze cristiane. Non si tratta, purtroppo, di episodi isolati, ma ormai di un vero e proprio massacro di massa che vede oggi migliaia di profughi in fuga dai campi che, oltretutto, sono stati chiusi: sono persone disperate, in preda alla fame e alla disperazione, senza un posto dove andare; oltre sessanta persone sono state uccise; centinaia di feriti e migliaia di case sono state incendiate e distrutte; sono state perpetrate violenze di ogni tipo e torture fisiche e psicologiche.
Credo che sia necessario - è quanto chiediamo con la nostra mozione - che si assumano iniziative da parte dell'Italia e dell'Europa nei confronti del Governo indiano che, nonostante le sollecitazioni, non ha risposto in modo adeguato a quanto già accaduto nei territori e, soprattutto, non ha dato risposte adeguate nei confronti della comunità internazionale; l'India, invece, dovrebbe impegnarsi a garantire e tutelare i diritti fondamentali della persona, come peraltro prevede la sua Costituzione, che evidentemente non viene rispettata.
Tutto il mondo occidentale, ma soprattutto l'Italia e l'Europa, non possono rimanere quindi indifferenti di fronte a questo attacco alla libertà di religione, che è una delle libertà fondamentali dell'uomo ed è attualmente a rischio in molti Paesi: ciò rischia di rappresentare anche una minaccia non solo per la libertà religiosa, ma anche per la pace e lo sviluppo dellaPag. 62democrazia in tanti Paesi dove oggi ancora pace, libertà e giustizia non esistono e dove anche l'Italia è da tempo impegnata a lavorare.
Infatti, atti di cristianofobia - perché ormai possiamo parlare di una vera e propria fobia nei confronti dei cristiani - si sono verificati anche in Paesi come l'Arabia Saudita, la Corea del Nord, la Somalia e soprattutto l'Iraq. Per questo è necessario rompere quel silenzio che a volte uccide molto più degli atti di violenza che si compiono ormai quotidianamente: è un impegno di responsabilità e una battaglia di civiltà nella quale ci dobbiamo sentire impegnati, sia le forze politiche sia quelle sociali.
Dobbiamo accogliere l'appello del Santo Padre e il grido di aiuto che ci arriva anche dai vescovi della Conferenza episcopale indiana, che hanno tentato di reagire, ma che sono stati soffocati nel loro grido di aiuto e di dolore. Il nostro Governo, già nel settembre scorso, si è attivato tramite il Ministro degli affari esteri, Frattini - di questo noi prendiamo atto - ponendo la questione in sede europea. Il Presidente di turno dell'Unione europea, Sarkozy, si era fatto portavoce di questa iniziativa con il Governo indiano. Oggi credo che in quest'Aula, con la votazione di queste mozioni, vogliamo rafforzare questo impegno dell'Esecutivo con una pronuncia unanime della Camera dei deputati.
Dobbiamo lavorare tutti insieme per fare in modo che sia fermata l'intolleranza religiosa nel mondo per difendere il diritto alla vita e la libertà di ogni uomo e tutelarne la dignità. Purtroppo, nel mondo sono ricominciate molte guerre di religione, in molti posti, ma c'è una particolarità dappertutto: i cristiani, come è stato autorevolmente detto, sono sempre vittime e mai carnefici. Forse è questo che determina un generale disinteresse rispetto alla loro sorte. Con questo voto e con l'impegno di tutta l'Aula e, soprattutto, del Governo, dal quale ci aspettiamo iniziative davvero significative, oggi possiamo dimostrare una profonda sensibilità politica, condivisa da tutto il Parlamento, a difesa della libertà religiosa di tutti i cristiani nel mondo contro quella indifferenza che, purtroppo, oggi è complice di moltissime violenze (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, come rappresentante del Partito Democratico, che interpreta la laicità nel modo più corretto, voglio denunciare che nel mondo la libertà di professare la propria religione è gravemente ostacolata ed alcune volte perseguitata. Accennerò brevemente ad alcune aree geografiche colpite dalle più violente persecuzioni contro i cristiani negli ultimi tempi e ad alcune figure di cristiani assassinati nel compimento della loro missione umanitaria ed evangelizzatrice: India 2008, 60 cristiani uccisi e 18 mila feriti, 177 scuole distrutte, 4.300 abitazioni di cristiani distrutte, 50 mila cristiani fuggiti nelle foreste; Iraq 2008, nella città di Mosul, il vescovo muore dopo essere stato rapito; a Baghdad, le religiose irachene chiudono la casa madre e si disperdono nei villaggi; in Vietnam e nel Laos continua una feroce persecuzione decennale contro i cristiani; in Kenya, questa notte, due suore italiane sono state rapite.
Voglio ricordare ora alcune figure di donne cristiane, che hanno dedicato la vita ai poveri, agli ultimi, alla difesa dei diritti umani, e sono state assassinate in questi anni, diventando dei simboli a livello mondiale, perché assassinate proprio in quanto cristiane. Suor Dorothy Stang in Brasile, per dieci anni ha lottato in difesa della foresta amazzonica e dei contadini poveri e senza terra, a nome della commissione diocesana di appartenenza. Nel 2005 è stata assassinata dai sicari dei latifondisti con quattro colpi di pistola. Il mese scorso a Kabul Gayle Williams, una giovane britannica di una ONG umanitaria, viene assassinata perché cristiana. Suor LionellaPag. 63aveva fondato in Somalia un ospedale per curare le bambine sottoposte a mutilazioni sessuali e nel 2006 viene uccisa a colpi di pistola, insieme ad un musulmano, sua guardia del corpo. Graziella Fumagalli, che sempre in Somalia curava i malati di tubercolosi, viene assassinata in quanto di religione cristiana.
La mia sensibilità di parlamentare eletto all'estero mi pone l'obbligo di ricordare che l'Italia è una delle nazioni che mandano nel mondo il maggior numero di religiose e di religiosi, che compiono opere di grande importanza, a favore dello sviluppo, della salute e dell'alfabetizzazione degli oppressi.
Voglio per questo ricordare che ogni anno decine di religiose e religiosi italiani muoiono in ogni angolo del mondo anche a causa dell'odio anticristiano ed è nostro dovere ricordare queste persone, di cui dobbiamo essere orgogliosi e a cui dovremmo garantire sostegno materiale, morale e politico.
Si sta delineando a livello planetario una cultura di intolleranza illiberale, oscurantista e razzista, che non esita ad uccidere per negare la libertà di coscienza, di espressione e ogni forma di libertà che abbia a che fare con la dimensione dello spirito.
Non vogliamo che, in un'epoca di piena globalizzazione, qualcuno sia costretto a tornare nelle catacombe. Per questo, chiediamo che il Governo ponga in essere, a livello internazionale, tutte le iniziative atte a garantire ai cristiani e ad ogni confessione religiosa la più piena libertà di espressione.
L'Unione europea, che si pone come paladina intransigente dei diritti umani e vuole garantire le libertà civili in Europa come nel mondo, deve porsi in prima linea nella sensibilizzazione di tutti i Governi alla difesa della libertà religiosa, che è la madre di tutte le libertà, poiché è nella coscienza stessa di ogni persona e di ogni popolo.
Il Partito Democratico condivide la mozione che vede l'onorevole Volontè come primo firmatario e la voterà, auspicando che il Governo faccia tutto quanto è possibile affinché si ponga fine a questo scempio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo dopo il collega Narducci per sottolineare la concordanza di valutazione con lui, in particolare in relazione alla mozione che vede l'onorevole Volontè come primo firmatario.
Voglio osservare che in quella mozione, accanto ad una ricostruzione equanime e giusta di fatti che sono di una palmare, evidente ed assoluta drammaticità, si torna su un punto essenziale, al quale vorrei dedicare questi pochissimi secondi del mio intervento.
Ci troviamo di fronte all'ennesimo vulnus nei confronti della difficilissima e sempre più martoriata vicenda dei diritti umani nel mondo. I diritti religiosi sono parte integrante e fondamentale del complesso dei diritti umani. Facendo riferimento all'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, tutte le fedi debbono essere praticate in piena libertà e occorre operare perché la fede possa essere conosciuta.
Estrapolo così, sinteticamente, questi due punti, che mi paiono essenziali per osservare che ciò che è accaduto e sta purtroppo ancora accadendo in India cozza fortemente con questi due capisaldi e pilastri della costruzione «onusiana» dei diritti umani.
Penso che, naturalmente, questa considerazione si possa associare ad altre, al fatto che in quel grandissimo Paese, che è - non dobbiamo mai dimenticarlo, naturalmente - la culla della democrazia nell'oriente di questo nostro difficile mondo, si sta vivendo una fase molto complessa e molto difficile, di passaggio da una struttura sociale con stringenti valenze politiche, quella castale, ad una struttura diversa, più consona, più legata alla concezione che noi abbiamo, ovviamente, delPag. 64libero dispiegarsi dell'articolazione delle forze politiche, economiche, sociali e quant'altro.
Naturalmente appare abbastanza evidente che il messaggio cristiano, per il suo fondamentale egualitarismo, si trova ad entrare in cozzo, in conflitto con concezioni gerarchiche e sostanzialmente medievali che ancora, nella sostanza, in quel Paese - o almeno, in alcune realtà di quel Paese - convivono con forme diverse, più larghe e più mature di democrazia. Proprio in questo contrasto c'è anche da riflettere per cogliere tutte le sfaccettature della questione.
Ritengo che dobbiamo restare fermi alla linea generale che la mozione, ripeto, coglie nella sua essenzialità, e a quella mozione diamo la nostra adesione, dicendo e sottolineando che naturalmente ci aspettiamo che il Governo - come recita la mozione stessa, ma lo voglio dire perché questo punto è essenziale - debba fare di più.
La questione per la quale queste mozioni sono oggi in discussione nasce dal fatto che - dobbiamo dirlo - abbiamo registrato e dobbiamo ancora registrare l'insufficienza anzitutto di un'azione coordinata ed unitaria dell'Unione europea, capace di scendere sul versante della convinzione e dell'incidenza politica (di questo si tratta e ha fatto bene il collega Volontè a dire che non andiamo alla ricerca di altro, perché naturalmente è così). Insomma, abbiamo bisogno di un qualcosa in più da parte della politica e dobbiamo augurarci che, da questo punto di vista, il Governo italiano faccia fino in fondo la sua parte. Naturalmente il terreno sul quale dobbiamo lavorare è quello della tolleranza e della richiesta della tolleranza, intesa come grande virtù da declinare nelle forme della legge, del regolamento, dell'accordo, dell'intesa; ma nello stesso tempo l'intesa deve presupporre il confronto, essa può passare soltanto attraverso il confronto.
Questa è una questione che se mi consente, signor Presidente, per qualche verso rende più difficile l'accettazione della mozione - o meglio, della risoluzione - che ci ha presentato la Lega, perché in quella risoluzione che per tanti versi è condivisibile (dirò poi il punto sul quale troviamo un elemento di insuperabilità nel dire di «sì») c'è qualcosa che non ci convince, c'è insomma l'idea che in qualche modo si possa rispondere a colpo con colpo.
Non credo che sia così; credo che la storia di questi anni, la storia di una vicenda travagliata e difficile che riguarda i rapporti tra Occidente ed Oriente (tra occidentalismo ed orientalismo, come alcuni grandi scrittori e grandi interpreti della storia contemporanea di questi ultimi anni ci hanno detto) sfugge - se vogliamo arrivare a soluzioni condivise e quindi utili - all'idea del colpo contro colpo, del colpo a colpo.
Ritengo che dobbiamo guardare ad essa in una visione anche più ampia, che riguarda il modo con il quale ci siamo atteggiati e dobbiamo atteggiarci nei confronti del fenomeno del terrorismo in generale. Vi è insomma un substrato politico di necessità di comprensione, di dialogo e di confronto che è ineliminabile e che deve essere al primo posto di qualunque ragionamento che svolgiamo quando affrontiamo temi così difficili e nudi nella loro drammaticità, non solo politica ma anche umana.
Mi riferisco ai cristiani che devono lasciare alcune zone dell'Iraq e che vengono spinti lontano da una sorta - dobbiamo avere il coraggio di dirlo - di pulizia etnica. Mi domando - è la domanda che ci siamo posti tutti in questi anni - se siamo giunti a questo anche perché lì, in quelle zone lontane del mondo, abbiamo rotto degli equilibri senza avere la capacità di costruirne altri, esponendo, quindi, le minoranze (in quel caso una minoranza storica tra le più importanti e significative della religione cristiana nel Medio Oriente) al rischio di scomparsa. Lo affermo, perché questo ci rimanda all'attualità.
Abbiamo bisogno di un mondo diverso, in cui queste questioni vengano affrontate in modo diverso. Ci auguriamo, naturalmente, senza ombra di retorica, che laPag. 65nuova Presidenza americana parli le parole giuste, che non possono essere quelle del fondamentalismo religioso che ci ha abituato a conoscere una certa America neocon degli ultimi anni. Non è innescando quel tipo di confronto che il dialogo interreligioso nel mondo e, quindi, l'esorcizzazione di fenomeni come quelli di cui discutiamo, possono essere tenuti a bada.
Ci auguriamo che cominci un linguaggio nuovo, che vi siano nuovi concetti in cui si possano trovare risposte anche a questioni così difficili. Concludendo, Signor Presidente, dopo avere espresso queste considerazioni critiche in riferimento agli ultimi due capoversi della parte dispositiva della risoluzione della Lega...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO TEMPESTINI. ..., i due impegni per il Governo, previsti dalla risoluzione nella formulazione originaria, non ci trovano d'accordo. Esiste una formulazione del Governo, sulla quale si può discutere, che corregge significativamente l'approccio della parte conclusiva della risoluzione e sulla quale possiamo dare, nello spirito dell'intervento che ho svolto, una valutazione positiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, il mio intervento sarà brevissimo, perché posso rinviare all'illustrazione della mozione Evangelisti ed altri n. 1-00058, sottoscritta dai deputati del gruppo dell'Italia dei Valori.
Tuttavia, una considerazione si impone, perché questa mattina il dibattito era stato quanto mai positivo, costruttivo e convergente.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,35)

FABIO EVANGELISTI. Si era partiti da una considerazione positiva sulla proposizione del collega Volontè, che ha avuto il merito di porre all'attenzione dell'Aula di Montecitorio questo dramma che si sta vivendo in varie parti del mondo. Vi sono stati, successivamente, gli interventi di altri colleghi che hanno convenuto sulla necessità di impegnare il Governo a far sì che vi sia la tutela delle minoranze cristiane nel mondo. Però, il dibattito, e anche i pareri del Governo, hanno voluto significare qualcosa di più.
Nel mondo vi è senz'altro da tutelare le minoranze cristiane, ma se si fa un riferimento, come è stato fatto nelle mozioni, all'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU (laddove si afferma che ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione e che tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti), questo riferimento non può riguardare soltanto la religione cristiana.
Questo riferimento impone che vi sia la tutela di tutte le minoranze religiose, nel mondo sviluppato ed in quello meno sviluppato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
Allora, davvero bisogna richiamare il sinodo dei vescovi che, soltanto poche settimane fa, ha voluto specificare che il dialogo dei cristiani con i musulmani e con i membri di altre religioni diventa un'urgenza e permette di conoscersi meglio e di collaborare alla promozione dei valori religiosi, etici e morali, contribuendo alla costruzione di un mondo migliore.
Fino a qui credo che non vi sarebbe stato alcun problema. Avremmo tutti votato a favore delle tre diverse mozioni presentate, perché, al di là di qualche sfumatura, l'intento era davvero unico.
Poi nel pomeriggio c'è stata però la novità di questa risoluzione presentata, quasi fuori tempo massimo, dalla Lega. Qui davvero si fa fatica, di fronte allaPag. 66serietà, alla complessità e all'altezza del problema in questione, a ragionare in termini così provincialisti.
Il rischio è che, di fronte alla serietà della questione che ci è stata posta dal collega Volontè, si faccia la fine dei monaci armeni e di quelli greco ortodossi, che si sono presi a pugni nel Santo sepolcro. Noi non seguiremo questa logica e non seguiremo la provocazione insita nella risoluzione proposta dalla Lega, perché per questo aspetto fortunatamente si può oggi persino arrivare a ringraziare il Governo, il quale ha imposto una riformulazione della risoluzione che di fatto la sconfessa. Infatti, laddove si chiedeva «un osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo» - anche qui, quanto provincialismo! - per arrivare a definire le quote di ingresso di lavoro per gli extracomunitari, il Governo ha proposto la seguente riformulazione: «prendere le opportune iniziative attraverso l'Unione europea a monitorare». Laddove addirittura si parla - e pensate quanta miseria anche culturale! - di Stati persecutori (come se vi fossero Stati persecutori), qualora fosse vero, l'iniziativa del Governo dovrebbe svolgersi al livello delle Nazioni unite per impedire la presenza nel consesso delle Nazioni unite di tali Stati persecutori dei cristiani. Proprio perché la faccenda non sta in piedi, il Governo propone la seguente riformulazione: «a considerare l'opportunità di adottare forme strutturate di monitoraggio».
Si tratta di una sconfessione in piena regola che ci fa, una volta tanto, sospirare di sollievo e votare convintamente (insieme al centrodestra e alle forze del centro) le mozioni che sono state presentate, con l'unica eccezione della risoluzione presentata dalla Lega perché, nonostante la riformulazione, tale risoluzione otterrà dal nostro gruppo soltanto l'astensione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mario Pepe (PdL). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, siamo tutti addolorati per quanto sta accadendo ai cristiani nel mondo, ma guai a prendere iniziative solo in difesa dei nostri fratelli cristiani (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!
Non dobbiamo andare lontano: dobbiamo seguire l'esempio del nostro Papa Giovanni Paolo II, il quale in un momento del suo pontificato chiamò intorno a sé tutte le religioni, anche quelle che potevano sembrare considerate dal Vaticano come eretiche o scismatiche, non soltanto gli ebrei e i musulmani, ma anche gli indù e gli animisti australiani. Li chiamò per pregare, ciascuno nella propria lingua, il proprio Dio, perché le religioni sono aspetti diversi di un'unica medaglia. In quel momento il Papa riconosce e conferisce dignità ad un'altra religione, che è la religione della libertà, ed è questa la religione che dobbiamo difendere e promuovere nel mondo, perché siamo ancora troppo pochi a credere e a professare questa fede (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, intervengo per un minuto per esprimere il voto favorevole dei parlamentari radicali sulle mozioni presentate, ma anche per cercare di chiarire quanto già è stato accennato dal collega Evangelisti e da altri: la questione della libertà religiosa non può essere limitata alla libertà religiosa dei cristiani. Sappiamo, ad esempio, che vi sono intere popolazioni perseguitate, ad esempio, di religione buddhista, in Cina, Vietnam, Birmania. Questo Parlamento ha saputo anche ricevere il Dalai Lama e porgergli gli onori, ma oggi nessuna parola di condanna è stata espressa per le violazioni della libertà religiosa in quel Paese. Lo dice l'esponente di un partito che da anni è stato a fianco delle minoranze cristiane, ad esempio, in Vietnam, che non solo sono state abbandonate dopo il conflittoPag. 67armato, ma spesso anche dalle stesse gerarchie cattoliche del nostro Paese.
Non si può parlare, cara onorevole Bertolini, di cristianofobia: quest'ultima è la risposta sbagliata all'argomento usato dai movimenti estremisti musulmani che parlano di islamofobia solo per giustificare la repressione e il potere di gerarchie religiose che limitano ogni forma di dissenso e di diverso credo religioso. Non vorremmo che, parlando oggi di cristianofobia, si arrivasse piano piano anche nel nostro Paese ad accusare coloro che su tematiche come l'aborto e l'eutanasia hanno posizioni diverse da quelle delle gerarchie cattoliche. La libertà religiosa riguarda tutti come anche la libertà di espressione e la libertà di non avere nessuna religione (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, vorrei ricordare che ho sollevato il medesimo problema circa dieci giorni fa con l'interpellanza urgente n. 2-00151.
Intervengo, a titolo personale, rapidamente per dichiararmi assai d'accordo con le mozioni presentate e per sottolineare come non intendano difendere soltanto la religione cattolica, ma qualsiasi religione, e la libertà dei cittadini di professare qualsiasi religione.
La realtà delle cose, come anche l'episodio odierno, dimostra tuttavia che la persecuzione dei cristiani si allarga a macchia d'olio. Così come da un anno a questa parte in India e specialmente nella regione di Orissa, si stanno verificando udienze inaudite a carico della minoranza cristiana.
Gli organi di informazione - bisogna dirlo chiaramente - si sono occupati marginalmente di questi fatti. C'è stato un silenzio ambiguo in Occidente e tutte le associazioni per i diritti umani e le libertà religiose hanno taciuto in modo imbarazzante. Questa è la realtà dei fatti, che non possono essere disconosciuti, ed è necessario prendere atto che questo vento così prevalentemente rivolto contro i cristiani e contro qualsiasi libertà religiosa aumenta ed è assolutamente intollerabile.
I cristiani sono sotto attacco e anche il Santo Padre, Benedetto XVI, esprime allarme e grande sofferenza sia per i cristiani che per i non cristiani, ma specialmente per le persecuzioni dei cristiani non solo in India, ma in Iraq - lo voglio ricordare - nel nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo ed in altre nazioni.
Appare urgente, quindi, che il nostro Governo intervenga per ribadire con forza nelle sedi opportune la posizione dell'Italia in assoluta difesa dei diritti della libertà religiosa, di qualsiasi religione, coinvolgendo anche i nostri parlamentari europei affinché nel vertice bilaterale Europa-India facciano presente queste nostre perplessità e queste nostre preoccupazioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pirovano. Ne ha facoltà.

ETTORE PIROVANO. Signor Presidente, vorrei ricordare ai colleghi che non siamo all'Assemblea delle Nazioni Unite. Vorrei anche ricordare sempre ai nostri colleghi che parlano di pochezza culturale nei confronti della risoluzione a prima firma Cota, che non mi risulta che i seguaci di Confucio, di Maometto o di Buddha dissertino nei loro liberi Parlamenti circa i diritti dei cristiani.
Noi siamo stati eletti dai cittadini italiani in una nazione che è di chiara derivazione cristiana e credo che ciò che la gente si aspetta da noi è che quanto meno difendiamo i diritti dei cristiani, di una religione presente nella nostra terra da duemila anni. Tenete per voi la pochezza culturale, perché ritengo che non abbiate ancora capito perché siete stati eletti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

Pag. 68

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo soltanto per aggiungere la mia firma alla mozione Volontè ed altri n. 1-00037.

EUGENIA MARIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EUGENIA MARIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, il Governo ha espresso parere favorevole sulla risoluzione dell'onorevole Cota, ma essendo stata presentata a ridosso della discussione, chiediamo che sia così riformulato il sesto capoverso delle premesse: «esemplare a questo proposito la situazione degli Stati musulmani; molti non sanno che nella stragrande maggioranza di questi stati la sharia, nella sua accezione più radicale, è assurta al rango di legge costituzionale». Sempre nelle premesse chiediamo che sia così riformulato anche l'ultimo capoverso: «l'India è uno Stato dove purtroppo alcune situazioni di fanatismo rendono difficile la libertà religiosa, in particolare per i cristiani».

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, in realtà, per senso di responsabilità, ritengo che i tempi non siano maturi per considerare, in una risoluzione del Parlamento, che si citino i Paesi che applicano la sharia come legge costituzionale.
Se il nostro Governo ritiene che ciò possa urtare la sensibilità diplomatica di Paesi che non fanno mistero di applicare la sharia a casa propria, ne prendiamo atto, ribadendo che ripresenteremo il provvedimento in esame e in quell'occasione non vi saranno né «se» né «ma» sul fatto che - come ho concluso il mio intervento a nome del mio movimento politico - preferiamo un incidente diplomatico in più che una verità in meno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Accettiamo la riformulazione per togliere dall'imbarazzo il Ministero degli affari esteri, ma la traduzione in arabo del termine «legge» per 40 Paesi musulmani è inequivocabilmente il termine «sharia»; non vogliamo creare problemi con loro, mi sembra già tanto; tuttavia, ciò dimostra che questo Paese non è ancora maturo per chiamare con un nome ed un cognome il problema fondamentale: la colpa per cui si perseguitano i cristiani nel mondo sono le nostre paure, non sono gli estremismi in Medio Oriente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 17,50)

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, la riformulazione chiesta dal Governo è stata testé accolta dai colleghi della Lega Nord, seppure con motivazioni che sono certamente divergenti da quelle per le quali noi concordiamo con la riformulazione proposta dal Governo, cioè il mancato richiamo esplicito, in una risoluzione, alle nazioni e agli Stati, in particolare quelli che sono alleati dell'Italia e del Patto atlantico in una realtà difficile come quella mediorientale. Tuttavia, vorrei chiedere, per chiarezza, se la riformulazione del Governo comprende quindi anche il non esplicito richiamo, nel settimo capoverso, all'Arabia Saudita, giacché questa è ricompresa nella formulazione più generale del sesto capoverso, laddove si richiama l'applicazione della sharia in una serie di Stati musulmani.

PRESIDENTE. Chiedo al rappresentante del Governo se voglia fornire il chiarimento che è stato testé richiesto.

Pag. 69

EUGENIA MARIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, leggo nuovamente l'ultima formulazione della risoluzione Cota e Gibelli n. 6-00010, così com'è stata accettata dal Governo. Il terzultimo capoverso delle premesse viene così modificato: «Esemplare a questo proposito è la situazione degli Stati musulmani. Molti non sanno che nella stragrande maggioranza di questi Stati la sharia, nella sua accezione più radicale, è assurta a rango di legge costituzionale».
Il capoverso successivo viene abolito, mentre l'ultimo capoverso viene modificato nel seguente modo: «L'India è uno Stato dove, purtroppo, alcune situazioni di fanatismo rendono difficile l'esercizio della libertà religiosa, in particolare per i cristiani».

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei intervenire semplicemente per dichiarare il voto favorevole del Partito Democratico sulla riformulazione del Governo, così come già aveva indicato il collega Tempestini.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione la mozione Volontè ed altri n. 1-00037, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(È approvata).
Pongo in votazione la mozione Bertolini ed altri n. 1-00052, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(È approvata).
Pongo in votazione la mozione Evangelisti ed altri n. 1-00058, accettata dal Governo.
(È approvata).
Pongo in votazione la risoluzione Cota e Gibelli n. 6-00010, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(È approvata).

Seguito della discussione del disegno di legge: Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (A.C. 1714) (ore 17,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1714: Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali con le repliche del relatore di minoranza e del Governo, avendo il relatore per la maggioranza rinunciato alla replica.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati al seguito dell'esame è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Ricordo che, dopo l'esame degli articoli e degli emendamenti ad essi riferiti, non si procederà alla votazione finale del disegno di legge di bilancio. L'esame degli ordini del giorno e il voto finale avranno luogo dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge finanziaria.
Ricordo che, come di consueto, nel fascicolo degli emendamenti relativi al disegno di legge di bilancio sono stati pubblicati solo gli emendamenti dichiarati ammissibili presso la Commissione bilancio in sede referente, purché ivi respinti e ripresentati ai fini dell'esame in Assemblea.

Pag. 70

(Esame degli articoli - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).
Avverto che prima della seduta sono stati ritirati dal presentatore gli emendamenti Ghizzoni Tab. 2.2, Toccafondi Tab. 2.17, Tab. 2.19 e Tab. 4.3.
Avverto che la Commissione ha presentato gli emendamenti Tab. 2.200 e Tab. 2.201, il cui testo, già inviato ai gruppi, è in distribuzione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1, con l'annessa tabella 1 (Vedi l'allegato A - A.C.1714), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 con l'annessa tabella 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 446
Votanti 441
Astenuti 5
Maggioranza 221
Hanno votato
243
Hanno votato
no 198).

Prendo atto che i deputati Borghesi, Tabacci e Mazzuca hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Ciccanti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2, con l'annessa tabella 2, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, come ho avuto modo di dire durante il mio intervento nella fase della discussione sulle linee generali, siamo in presenza di una proposta di bilancio di previsione che raccoglie l'idea di una situazione completamente diversa da quella nella quale ci troviamo a discutere.
In effetti, è a tutti evidente che la situazione economica nella quale ci apprestiamo a ragionare in termini di bilancio dello Stato sia radicalmente cambiata da quando questa proposta è stata presentata. A noi sembra che non possa che essere questa la sede in cui si corregge ciò di cui non si è tenuto conto nel momento in cui il bilancio è stato formulato.
Io guardo cosa fa il resto del mondo e mi chiedo se noi siamo rimasti come quei giapponesi che, alla fine della guerra, si erano nascosti nella foresta e credevano di essere ancora in guerra vent'anni dopo.
Guardo quello che sta pensando di fare la Francia: 22 miliardi di euro alle piccole e medie imprese; abolizione della taxe professionelle sulle attività produttive (una specie di IRAP più o meno simile almeno alla nostra IRAP) quando si tratti di nuovi investimenti; 400 milioni di euro per favorire l'industria; 5 miliardi di euro agli enti locali; 175 miliardi di investimenti in tre anni nelle infrastrutture; 330 mila nuovi contratti di lavoro sovvenzionati per il 2009, per attenuare i contraccolpi della disoccupazione.
Andiamo a guardare cosa fa uno Stato come la Spagna: 40 miliardi di euro per ilPag. 71periodo 2008-2010, che comprendono anche, in più, un fondo di 100 miliardi di euro per la liquidità del sistema creditizio; una moratoria di due anni sul 50 per cento delle ipoteche sulla casa per i disoccupati con famiglia; deduzioni per l'acquisto della casa per chi ha un reddito fino a 33 mila euro; un allargamento da quattro a sei anni delle deduzioni per l'acquisto di una casa con il conto risparmio-casa; una deduzione dei contributi fino a 1.500 euro all'anno per chi assume a tempo indeterminato disoccupati con famiglia; nessun versamento dei contributi per chi assume nei settori hi-tech; aumento dal 40 al 60 per cento della capitalizzazione del sussidio di disoccupazione per creare un'attività in proprio; nuovi investimenti nella formazione.
Stiamo parlando dei nostri partner europei, ma che sono anche i nostri concorrenti europei.
La Germania: crediti a tassi di interesse agevolati per le imprese (15 miliardi di euro); regole più favorevoli per il calcolo dell'ammortamento sui nuovi investimenti; nuovi sussidi fiscali per la ristrutturazione delle abitazioni in senso ecologico (3 miliardi di euro); deduzione per chi fa il lavoro casalingo da 600 a 1.200 euro all'anno; crediti federali ai comuni per nuovi investimenti in infrastrutture (3 miliardi) e nuovi investimenti nella rete viaria.
Inoltre, aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo da sette miliardi, nel 2007, a dieci miliardi, nel 2009; al contempo, il periodo in cui i lavoratori a tempo determinato ricevono sussidi aumenta da dodici a diciotto mesi.
Infine, andiamo a guardare la Gran Bretagna, dove sono stati versati cinquanta miliardi di sterline per la ricapitalizzazione delle banche, con una garanzia di 250 miliardi di sterline per i nuovi debiti, a breve e medio termine, emessi per incoraggiare i prestiti interbancari, chiedendo, tuttavia, alle banche degli interventi per ridurre i salari e i bonus per i dirigenti; inoltre, si favorisce il credito alle imprese e, in questo senso, le banche vengono indotte, se vogliono beneficiare di questo intervento dello Stato, a mantenere lo stesso livello dei crediti alle imprese esistente nel 2007.
Tutti gli altri Paesi stanno varando interventi, e non mi sta bene che mi si risponda che arriveranno o che vi saranno anche i nostri interventi, soprattutto per le piccole e medie imprese e per le famiglie. Ma chi li ha visti? Forse dobbiamo chiederli alla trasmissione Chi l'ha visto questi interventi.
La verità è che questa è la sede appropriata per intervenire a favore delle famiglie, delle imprese (in particolare delle piccole e medie imprese). Ci sembra che in questo bilancio vi siano solo tagli rilevanti, di sette miliardi alle infrastrutture, di quasi due miliardi all'istruzione, di un miliardo e 780 milioni ai trasferimenti alle imprese, e tagli nei trasferimenti alla ricerca; sembra che sia solo questa la logica che informa il bilancio.
Penso che sia una risposta non solo inadeguata ma che rasenta ... Vorrei usare una parola che evito di usare, ma certamente dimostra l'inadeguatezza del Governo ad affrontare la gravità della situazione nella quale si trova oggi il nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 ci conferma, con azione reali e concrete, che anche in un quadro critico a livello economico internazionale il Governo ha confermato il percorso indicato nel DPEF. Infatti, per il 2008 (ma anche per il 2009) l'indebitamento netto è stato confermato.
Occorre affermare che il nostro Paese ha una vera e propria zavorra che impedisce il rilancio della sua economia: questa zavorra si chiama debito pubblico nazionale, pari al 104 per cento del PIL e, in termini numerici, 1.600 miliardi di euro. Solo per il pagamento degli interessi, nel 2008, il nostro Paese verserà una cifra pari ad 82 miliardi di euro - ripeto: solo per interessi - ovvero, come ci confermava ilPag. 72sottosegretario Vegas, 224 milioni di euro al giorno spesi dal nostro Paese solo per il pagamento degli interessi.
Va anche segnalato che circa la metà di questi, 45 miliardi di euro, sono pagati ad investitori stranieri. Se il nostro rapporto tra debito pubblico e PIL fosse, come ci chiedono i Trattati di Maastricht, al 60 per cento, avremmo circa 38 miliardi di euro l'anno da investire in atti concreti.
Nel nostro Paese, fra debito e crescita, si confonde la causa con l'effetto. Vi è l'idea che non cresciamo e, quindi, non vi sono avanzi per diminuire il debito. Forse, invece, la questione è esattamente all'opposto: abbiamo un debito che non ci consente di crescere.
Per avere più risorse in maniera stabile - il bilancio di previsione per l'anno 2009 ci conferma questo - vi è solo una strada: abbattere il debito pubblico. Solo così potremo arrivare ad avere un quoziente familiare, una reale parità scolastica e tanti altri elementi che il nostro programma di Governo prevede e che il nostro Esecutivo conferma.
Proprio con riguardo a una di queste materie, la questione delle scuole non statali, come più volte ho avuto modo di dire sia in Commissione sia in Aula, il bilancio previsionale 2009 effettua una riduzione di questo fondo di circa il 25 per cento. Sarebbe un taglio che andrebbe a incidere sulle famiglie, su questi istituti e anche sul livello economico di spesa del nostro Paese.
Abbiamo chiesto con forza il reintegro del fondo riportandolo al livello del 2008; lo abbiamo fatto in Commissione bilancio durante la discussione e, infine, con vari emendamenti.
Prendiamo atto che, in una fase in cui si discute di legge finanziaria, senza la questione di fiducia e a fronte di un tema che abbiamo sollevato con forza, senza voler fare assalti a nessuna diligenza, il Governo ha manifestato in Aula parole chiare sulla questione del reintegro di tali fondi alle scuole non statali, dichiarando la volontà al reintegro del fondo entro la fine dell'anno, con adeguata copertura finanziaria, una dichiarazione che favorisce la soluzione del problema senza incidere obbligatoriamente sulla spesa corrente.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, La Commissione formula un invito al ritiro dell'emendamento Contento Tab.2.1, mentre esprime parere contrario sugli emendamenti De Torre Tab.2.3, Ferranti Tab.2.4 e Tab.2.5, Ghizzoni Tab.2.6, Tab.2.7 e Tab.2.8, Narducci Tab.2.9, Ghizzoni Tab.2.10, Garavini Tab.2.11, Gianni Farina Tab.2.12, Fedi Tab.2.13, Garavini Tab.2.14, Lolli Tab.2.15, Boccia Tab.2.16, Rubinato Tab.2.18, Ceccuzzi Tab.2.20 e Tab.2.21, Antonino Russo Tab.2.22, Peluffo Tab.2.23 e Coscia Tab.2.24.
La Commissione accetta l'emendamento del Governo 2.1 e raccomanda l'approvazione del suo emendamento Tab. 2.200, nonché del suo emendamento Tab. 2.201. Sul subemendamento Rosato Tab.0.2.200.1 la Commissione si rimette al parere del Governo.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore. Sul subemendamento Rosato Tab.0.2.200.1 il parere è contrario.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Contento Tab.2.1.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Contento Tab.2.1 formulato dal relatore.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, posso anticipare che accedo all'invito al ritiro, segnalando però che questo emendamento era il frutto di un intervento e di un lavoro svolto nella Commissione giustizia, tra l'altro ripreso poi da emendamenti successivi anche dai colleghiPag. 73dell'opposizione. Intendevamo segnalare al Governo ed avvertirlo dell'esigenza di un intervento per quanto riguarda l'edilizia penitenziaria.
Sappiamo che in passato ci sono stati interventi, ad esempio con il condono, per svuotare le carceri, che hanno dimostrato la loro completa inefficacia e abbiamo ritenuto di sottolineare al Governo l'esigenza di reperire risorse in questa direzione. Lo facciamo anche in questa occasione e ci riserviamo eventualmente di presentare un ordine del giorno sul punto che speriamo possa essere accolto dal Governo perché la questione rimane, comunque, in tutta la sua importanza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, facciamo nostro l'emendamento Contento Tab.2.1.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Contento Tab. 2.1, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 459
Votanti 447
Astenuti 12
Maggioranza 224
Hanno votato
200
Hanno votato
no 247).

Passiamo alla votazione dell'emendamento De Torre Tab. 2.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Pasquale. Ne ha facoltà.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, questo nostro emendamento vuole porre in qualche modo riparo ai tagli effettuati sulla missione relativa alla scuola, per quanto riguarda i programmi 2, 3, 4 e 5, relativi rispettivamente alle scuole dell'infanzia, alla scuola primaria, alla scuola secondaria di primo e secondo grado. Sono tagli relativi al funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni scolastiche. Quindi, ribadisco che il macroaggregato riguarda il funzionamento delle istituzioni scolastiche. Con l'emendamento in esame vogliamo riportare la cifra a quella che era stata stanziata lo scorso anno. Quindi, non si tratta di aumentare il finanziamento per il funzionamento delle scuole, ma di mantenere il precedente. Facciamo notare, inoltre, che non si tratta di finanziamenti per la retribuzione del personale, che sembra sia tanto invisa al nostro Governo, ma per mandare avanti e per non chiudere le nostre scuole.
Il Governo ha tagliato circa 50 milioni di euro, ma vi chiediamo di ripristinare almeno 14 milioni di euro con riferimento al programma n. 5. Avremmo voluto poter ripristinare 50 milioni di euro, ma non siamo riusciti a ritagliarne di più per coprire questo emendamento. Infatti, il Governo ha ridotto gli investimenti per l'istruzione in modo effettivamente molto consistente (ha tagliato i finanziamenti all'edilizia scolastica, nonché quelli alla legge n. 440 del 1997 per il supporto dell'autonomia). Inoltre, ha tagliato - come ricordava il collega Toccafondi - i finanziamenti per le scuole paritarie, le borse di studio e il diritto allo studio.
Quindi, per riuscire a ritagliare questi 14 milioni di euro abbiamo dovuto effettivamente molto faticare. Tuttavia, vi chiedo di poterci permettere con questo emendamento di ripristinare almeno 14 milioni di euro su 50 milioni di euro per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, che sono già molto in affanno - vi garantisco che è così - e che diversamentePag. 74si troverebbero in grossissime difficoltà, a tal punto, in alcune situazioni, da non riuscire ad andare avanti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento De Torre Tab. 2.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 457
Votanti 451
Astenuti 6
Maggioranza 226
Hanno votato
202
Hanno votato
no 249).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti Tab. 2.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo emendamento cerca di ripristinare una possibilità di investimenti nelle risorse e negli strumenti della giustizia. In realtà, sappiamo che vi sono stati dei tagli lineari. Sappiamo anche come la risorsa giustizia abbia avuto in passato e attualmente abbia ancora più bisogno di una possibilità di investimento. Chiediamo che siano corrette le attribuzioni di spesa, prevedendo un aumento per il programma di giustizia civile e penale. Sono risorse che possono essere utilizzate e che chiediamo siano utilizzate per gli investimenti nel campo dell'informatica, del personale, dell'ufficio del processo. In questo senso, chiediamo che l'emendamento in esame venga accolto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti Tab. 2.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 462
Votanti 455
Astenuti 7
Maggioranza 228
Hanno votato
205
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che la deputata Mariani ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti Tab.2.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, con questo emendamento vogliamo rappresentare la necessità di avere delle risorse maggiori, anche se ovviamente sempre contenute, per un miglioramento dell'edilizia giudiziaria, penitenziaria e minorile. Sappiamo, infatti, perché questa è stata anche una delle informazioni fornite dal Ministro proprio alla Commissione giustizia in un suo intervento, quanto l'edilizia carceraria sia insufficiente non solo nella sua quantità, ma anche nel suo modo di essere, e quindi anche con riferimento al rispetto dei diritti delle persone e a quell'efficacia che la pena deve avere nel recupero del condannato.
Pertanto, chiediamo che questo nostro emendamento possa essere approvato, in quanto ragionevole e necessario per un miglior funzionamento dei servizi della giustizia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti Tab.2.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 75

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 462
Votanti 451
Astenuti 11
Maggioranza 226
Hanno votato
198
Hanno votato
no 253).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ghizzoni Tab. 2.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ghizzoni. Ne ha facoltà.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, desidero illustrare brevemente l'emendamento Tab.2.6 e il successivo Tab.2.7, a mia prima firma, che è strettamente connesso al primo.
I due emendamenti intendono potenziare il finanziamento per il funzionamento e gli investimenti delle istituzioni appartenenti al sistema dell'alta formazione artistica musicale, che raccoglie le accademie nazionali di arte drammatica e di danza, le accademie di belle arti statali e quelle legalmente riconosciute, gli istituti superiori per le industrie di arti grafiche, i conservatori di musica e gli istituti musicali pareggiati.
Sono meravigliata per l'espressione del parere contrario a questi emendamenti, che è contraddittorio rispetto all'accoglimento di un ordine del giorno, da me presentato in sede di conversione in legge del cosiddetto decreto taglia ICI. Ricordo che in quell'occasione il Governo accolse come raccomandazione l'impegno a potenziare il sistema dell'AFAM, anche attraverso lo stanziamento di fondi aggiuntivi.
Signor Presidente, quale momento più opportuno, quale occasione più appropriata per ottemperare a questo impegno se non l'approvazione del disegno di legge di bilancio per il 2009? A noi pare ancora più opportuno, soprattutto alla luce del fatto che il cosiddetto decreto taglia ICI ha sostanzialmente azzerato le risorse aggiuntive previste in favore di queste istituzioni di alta cultura, tutelate dalla Costituzione, previste dalla legge finanziaria per il 2008.
Sono evidenti le conseguenze negative di questi tagli indiscriminati, perché in questo modo il sistema dell'AFAM sarà impossibilitato ad attuare i previsti interventi per il miglioramento dell'offerta formativa, per la formazione e l'aggiornamento del personale, per l'attivazione di contratti di collaborazione e per nuovi insegnamenti connessi alla riforma, vale a dire interventi di adeguamento del sistema AFAM alle prescrizioni previste dalla legge n. 508 del 1999.
Credo che un segnale di attenzione sia finalmente giunto alle istituzioni di alta cultura nel Consiglio dei Ministri di giovedì scorso, che ha approvato l'assunzione di 110 docenti per il sistema dell'AFAM, ma per far fronte contemporaneamente alle esigenze didattiche e culturali dell'anno accademico 2008-2009 è necessario dare risorse aggiuntive e, quindi, approvare questi emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ghizzoni Tab.2.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 460
Votanti 453
Astenuti 7
Maggioranza 227
Hanno votato
204
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ghizzoni Tab.2.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

(Segue la votazione).

Pag. 76

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 456
Votanti 449
Astenuti 7
Maggioranza 225
Hanno votato
202
Hanno votato
no 247).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ghizzoni Tab. 2.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ghizzoni. Ne ha facoltà.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, desidero illustrare l'emendamento Tab.2.8 insieme all'emendamento Tab.2.10, a mia prima firma, perché è strettamente connesso al primo.
Prima di entrare nel merito del contenuto dell'emendamento - siamo nell'ambito dei beni culturali - desidero ricordare all'Aula, e in particolare ai colleghi della maggioranza, che grazie a questa manovra l'incidenza percentuale, sul totale generale del bilancio dello Stato, del Ministero per i beni e le attività culturali è pari allo 0,3 per cento, a fronte dello 0,4 per cento del 2008. In un anno, quindi, per questo Ministero abbiamo tagliato risorse pari allo 0,1 per cento.
Il nostro Paese, culla d'arte e di cultura, non merita certo una tale colpevole disattenzione e credo che il Governo debba fare di più. Voglio anche ricordare a quest'Aula che in occasione della presentazione delle linee programmatiche del proprio Dicastero, il Ministro Bondi ha chiesto ai componenti della VII Commissione (a tutti i componenti, sia di maggioranza, sia di opposizione) un aiuto affinché non venissero sottratte risorse al Ministero per i beni e le attività culturali.
Signor Presidente, abbiamo accolto quell'appello accorato rivolto nella VII Commissione, ora il Governo e la maggioranza devono fare la loro parte. E possono farla accogliendo i miei due emendamenti Tab.2.8 e Tab.2.10, che hanno l'obiettivo di riportare le risorse destinate alle istituzioni culturali, secondo il dettato della legge n. 534 del 1996, al livello della precedente finanziaria, ovvero al livello di quest'anno. Gli effetti del bilancio in discussione sono, infatti, pesantissimi sui due capitoli 3670 e 3671, poiché le risorse messe a disposizione sono state decurtate di una percentuale che oscilla tra il 40 e il 50 per cento.
È facile comprendere, quindi, l'effetto che avranno questi tagli sul funzionamento di istituzioni prestigiosissime, anche a livello internazionale. Signor Presidente, l'elenco è molto lungo, tuttavia credo che valga la pena ricordare che tra le istituzioni che beneficiano di queste risorse vi sono l'Accademia nazionale di Santa Cecilia, la Giunta centrale per gli istituti storici, l'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte, l'Istituto storico italiano per il Medioevo, la Società geografica italiana, l'Accademia della Crusca e molti altri. Si tratta di istituti che possiedono patrimoni documentali e bibliografici di straordinario valore scientifico, svolgono un'intensa attività di ricerca e costituiscono un pilastro della cultura italiana.
Con la consapevolezza di questo valore, nella finanziaria per l'anno 2008, l'ultima del Governo Prodi, furono destinati più di 3 milioni di euro aggiuntivi per il sostegno della loro attività. Con il bilancio in parola le risorse, in particolare nel capitolo 3671, sono state praticamente dimezzate.
Signor Presidente, se non vi è un ripensamento sui contenuti dei due emendamenti da noi proposti, per molte delle istituzioni (non solo quelle che ho citato) non vi sarà altra strada che quella della chiusura o dell'interruzione della loro attività. Vi chiedo, dunque, di non chiudere le porte alla cultura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ghizzoni Tab.2.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).Pag. 77
Onorevole Marsilio, la prego di non votare per il collega assente.

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 444
Votanti 435
Astenuti 9
Maggioranza 218
Hanno votato
200
Hanno votato
no 235).

Prendo atto che il deputato Vessa ha segnalato che si è astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Narducci Tab. 2.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedi. Ne ha facoltà.

MARCO FEDI. Signor Presidente, ci accingiamo a votare una serie di emendamenti che, come indicato in sede di discussione generale da esponenti del Partito Democratico intervenuti sui temi relativi alle comunità italiane nel mondo, riguardano capitoli di bilancio della direzione generale italiani all'estero e politiche migratorie relativamente, per quanto concerne l'emendamento Narducci Tab.2.9 e l'emendamento Garavini Tab.2.11, al capitolo 3153 per la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
Si tratta di un capitolo che è stato decurtato, e ciò rischia di mettere la diffusione della lingua italiana nel mondo in condizione di non poter promuovere il sistema Italia all'estero, come è nelle ovvie intenzioni dei presentatori di questi emendamenti.
Il mio emendamento Tab.2.13, invece, cerca di recuperare risorse con riferimento agli organismi di rappresentanza, che oggi sono i comitati degli italiani all'estero. Senza un recupero di risorse, questi organismi non saranno in condizione di svolgere il proprio ruolo di rappresentanza delle comunità italiane nel mondo. Analogamente, l'emendamento Garavini Tab.2.14 recupera risorse a uno degli organismi di coordinamento dei Comites, ossia l'Intercomites. Senza questa dotazione, non si sarà in grado di svolgere neanche il lavoro di coordinamento tra i comitati dei diversi Paesi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Narducci Tab.2.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 449
Votanti 442
Astenuti 7
Maggioranza 222
Hanno votato
199
Hanno votato
no 243).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ghizzoni Tab.2.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 440
Votanti 432
Astenuti 8
Maggioranza 217
Hanno votato
197
Hanno votato
no 235).

Prendo atto che la deputata Negro ha segnalato che non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Garavini Tab.2.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per estendere a tutti i colleghi in Aula quanto già questaPag. 78mattina ho avuto modo di affermare in sede di discussione sulle linee generali, al fine di ricordare che i tagli che questa manovra finanziaria prevede in modo così radicale per la scuola interessano non soltanto gli istituti in Italia, ma anche le scuole dei nostri connazionali all'estero.
Proprio di recente sono stata invitata dagli studenti dell'istituto Enrico Fermi di Madrid, i quali mi hanno raccontato come anche all'estero e in Europa stanno vivendo con grande sofferenza i tagli che la nostra manovra finanziaria prevede nel mondo della scuola. Ciò interessa, in modo particolare, anche tutti quegli istituti che ci rappresentano e che interessano i figli dei nostri connazionali. Si tratta di istituti che spesso hanno dato istruzione e continuano a darla, anche all'intellighenzia dei Paesi all'estero, e che rappresentano il modo per fare onore al nostro Paese.
Con il mio emendamento Tab.2.11, quindi, facciamo ancora appello al Governo e alla maggioranza affinché essi si facciano carico di evitare questi radicali tagli, che interessano i nostri connazionali nella misura addirittura del 60 per cento e che non sono accettabili. Chiediamo ancora una volta, quindi, che il Governo svolga una riflessione e che accetti l'emendamento Tab.2.11.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garavini Tab.2.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 446
Votanti 437
Astenuti 9
Maggioranza 219
Hanno votato
194
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che la deputata Pedoto ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Gianni Farina Tab.2.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 448
Votanti 440
Astenuti 8
Maggioranza 221
Hanno votato
197
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che il deputato Realacci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fedi Tab.2.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 446
Votanti 438
Astenuti 8
Maggioranza 220
Hanno votato
197
Hanno votato
no 241).

Prendo atto che la deputata Pedoto ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che il deputato Vessa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Garavini Tab.2.14.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, chiedo ancora la parola per illustrare il mio emendamento Tab.2.14, che fa riferimento ai tagli previsti nella manovra finanziariaPag. 79riguardo ai principali organi di rappresentanza dei connazionali all'estero. Con l'emendamento chiediamo che vengano ripristinati quei fondi che, invece, sono stati anch'essi tagliati in una misura consistente: esso fa riferimento al regolare funzionamento degli Intercomites, che sono appunto organi di raccordo dei rappresentanti direttamente eletti dai nostri connazionali sul territorio. Chiediamo, pertanto, di votare a favore del mio emendamento Tab.2.14.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garavini Tab. 2. 14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 448
Votanti 439
Astenuti 9
Maggioranza 220
Hanno votato
191
Hanno votato
no 248).

Prendo atto che il deputato Misiti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lolli Tab. 2. 15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rossa. Ne ha facoltà.

SABINA ROSSA. Signor Presidente, la somma degli interventi previsti nella legge di bilancio e nel precedente decreto-legge n. 112 del 2008 denota un'idea dello sport diametralmente opposta alla nostra. Ancora una volta, il mondo dello sport viene sottovalutato e messo ai margini. Viene considerato un sovrappiù, da usare come vetrina quando si vincono le medaglie, senza investire nello sport di alto livello, che richiede invece attenzione, programmazione e sostegno economico, senza credere, d'altro canto, che quello sport, praticato da milioni di cittadini, è un fenomeno sociale, di cui realmente tenere conto, perché è un grande elemento di socialità, uno strumento di prevenzione sanitaria ed un formidabile mezzo di integrazione sociale, un linguaggio universale.
Questo Governo colpisce sia lo sport come diritto sociale, sia lo sport di alto livello. Questo emendamento va in difesa di un settore che viene ancora una volta relegato ad una funzione secondaria, che ci allontana sempre più da un'Europa in cui nei Governi di quasi tutti i Paesi sono previsti i Ministeri dello sport, che investe cifre consistenti sullo sport sociale, che offre agli studenti un numero doppio delle ore di educazione fisica, che crede realmente nello sport di alto livello.
L'emendamento Lolli Tab. 2. 15, alla tabella 2 del bilancio, prevede il ripristino di 46 milioni di euro per l'anno 2009. Nella tabella in questione, alla missione giovani e sport, programma, attività ricreative e sport, vengono previsti 46 milioni di euro in meno nelle somme da assegnare alla Presidenza del Consiglio dei ministri per gli investimenti in materia di sport, che nel 2008 erano stati utilizzati, tra le altre cose, per il Fondo per lo sport di cittadinanza, con la somma di 35 milioni di euro, e per il contributo aggiuntivo al Comitato Paralimpico, con 1 milione euro.
Sono voci che sono state eliminate con il decreto-legge n. 93 del 2008 sull'ICI. Abbiamo presentato altri due emendamenti, che però non sono stati ammessi, in quanto vertevano su parti non rimodulabili del bilancio, ma che cercavano di evitare il taglio di 113 milioni di euro portato al CONI. Si tratta di fondi che erano stati garantiti dal Governo in Commissione, anche con l'approvazione del comma 9 all'articolo 63 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008, che estendeva al triennio 2009-2011 il contributo statale a favore del CONI, stabilito in 450 milioni di euro.
Il Governo ha, quindi, deciso con la legge n. 133 del 2008 di confermare talePag. 80finanziamento, salvo poi non prevederlo nella legge di bilancio. Con questo emendamento, chiediamo al Governo di reintegrare almeno questo fondo per gli investimenti futuri e dimostrare con i fatti un'inversione di tendenza, che ha visto la chiusura della gran parte degli investimenti e delle risorse destinati allo sport (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lolli Tab. 2. 15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 452
Votanti 447
Astenuti 5
Maggioranza 224
Hanno votato
193
Hanno votato
no 254).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Boccia Tab. 2. 16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare al Governo che questo emendamento è la seconda parte di una riflessione che avevamo già sottoposto all'Aula in occasione del decreto-legge sullo sviluppo, che, in qualche modo, aveva consentito proprio qui in Aula un confronto sulle risorse da stanziare perle emittenti locali.
In quell'occasione, dopo una discussione anche abbastanza ampia, il Governo, come spesso è accaduto nei provvedimenti che abbiamo approvato e che noi dell'opposizione abbiamo subito, ci rinviava ad una prossima fase.
In realtà, questo succede ormai da cinque mesi; in tutti i provvedimenti di natura economica, la soluzione del sottosegretario Vegas è: ci penseremo nel provvedimento successivo. È successo così con il DPEF, con il decreto-legge sull'ICI, con il decreto-legge sullo sviluppo e succederà anche in questi giorni tra bilancio e legge finanziaria.
Sulle TV locali - lo ricordo soprattutto ai colleghi della Lega e ai colleghi della maggioranza che hanno a cuore, in qualche modo, le dinamiche e il pluralismo dell'informazione sul territorio - il sottosegretario Romani prima e il sottosegretario Vegas poi, in Aula, ci ricordarono che erano impossibilitati a seguire la proposta che il Partito Democratico aveva fatto e, in qualche modo, rinviarono a provvedimenti successivi.
Rieccoci qui! Questa volta chiediamo al Governo di assumersi la responsabilità di prevedere, all'interno della stessa missione, quindi non modificando i saldi e non modificando nulla, l'aumento di 10 milioni di euro per un comparto che ha subito tagli per oltre 110 milioni di euro nella triennalità, che sono stati parzialmente rimborsati con 40 milioni, in realtà caricati sul 2008, anno per il quale le emittenti locali non avevano chiesto risorse. Essendo aziende, che dovrebbero stare a cuore al sottosegretario Romani, avevano già fatto i programmi e le previsioni per il 2008 e non avevano chiesto risorse per tale anno, perché le risorse che il Governo sta dando quest'anno a quelle imprese saranno inevitabilmente tassate, e quindi buona parte di quelle imprese perderanno il 50 per cento di quei 40 milioni. Morale: il Governo ha, di fatto, tagliato oltre 100 milioni a queste aziende e gliene ha restituiti 40, di cui 20 tornano all'erario sotto forma di imposta. Oggi chiediamo al Parlamento di spostare 10 milioni all'interno della missione Comunicazioni, da un capitolo di Poste Italiane, che è un'azienda che ha utili e profitti sui quali paga le imposte, alle TV locali.
Dentro questo spirito di collaborazione che ha caratterizzato, in qualche modo, il tentativo che abbiamo fatto, anche con laPag. 81relatrice, onorevole Moroni, che ringrazio per gli sforzi fatti, c'è stato un muro del Governo su questo provvedimento.
Mi auguro che almeno in Aula, con la riflessione ulteriore che altri colleghi di maggioranza e opposizione possono fare, il Governo possa cambiare idea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giulietti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, intervengo solo per concordare con questa impostazione data dall'onorevole Boccia e per rivolgermi ai molti colleghi del centrodestra che, in modo assolutamente non strumentale, hanno affrontato questi temi in questi anni, a parti rovesciate.
Mi rendo conto che, quando si arriva a un provvedimento di questa natura, ci sono legittime esigenze di maggioranza e di opposizione, anche di blindatura e di coerenza formale, che non condivido, ma che comprendo che un Governo e una maggioranza possano portare.
Il ragionamento fatto dall'onorevole Boccia - lo dico al sottosegretario Romani - è, però, un ragionamento che regge, perché si propone non di scassare un provvedimento, ma di operare all'interno della stessa missione uno spostamento necessario per il comparto delle radio e delle televisioni locali. Parliamo di imprese che hanno spesso dimensione provinciale e regionale; che hanno bisogno di una certezza di bilancio; che hanno subito, talvolta, dei tagli, anche in momenti diversi (quindi, non è una questione di contrapposizione).
A me pare che si tratti di un emendamento coerente e fattibile. Nelle scorse settimane, sull'editoria, grazie anche a parlamentari del centrodestra (penso agli onorevoli Raisi, Granata e a tanti altri), si è operato con intelligenza in Commissione bilancio e si è arrivati poi ad un provvedimento positivo sui diritti soggettivi. Ero assente ma avrei votato a favore (non mi sarei astenuto, né avrei votato contro), perché si trattava di un passaggio che apriva un percorso positivo.
Credo che un voto favorevole all'emendamento Boccia Tab. 2.16 sia tranquillo e sostenibile, abbia una coerenza nelle poste di bilancio, sia giustificato, non comporti alcun tipo di contrapposizione né di rischio e mi parrebbe la prosecuzione del lavoro positivo delle scorse settimane.
Avremo lo stesso problema con l'editoria nei giorni di domani e dopodomani: è una grande questione, non basta ripristinare un diritto soggettivo ed avere un fondo di bilancio che non c'è! Corriamo il rischio, inconsapevolmente, di rafforzare il duopolio e a me non piace né nella versione Mediaset né in quella RAI: c'è il rischio di qualcosa che si chiuda sempre di più.
Un segnale di questa natura, moderato, che dia un minimo di apertura nella direzione di un percorso che si potrà schiudere non sarebbe una vittoria di parte, ma la prosecuzione di un lavoro che ci ha visto assieme in tante occasioni e con diverse maggioranze. Anche per questo mi permetto non solo di dichiarare il voto favorevole del mio gruppo, ma vorrei che vi fosse un voto favorevole anche da parte dei colleghi del centrodestra, proprio perché ciò corrisponde ad un impegno comune di questi anni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia Tab. 2.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 451
Votanti 445
Astenuti 6
Maggioranza 223
Hanno votato
199
Hanno votato
no 246).

Pag. 82

Prendo atto che i deputati Tassone e Romele hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato di Biagio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Rubinato Tab. 2.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo per assicurarmi innanzitutto che sia stata aggiunta la mia firma, come avevo segnalato all'inizio della seduta, e per svolgere una dichiarazione di voto favorevole da parte del nostro gruppo sull'emendamento della collega Rubinato Tab. 2.18, che riprende l'identico emendamento del collega Toccafondi Tab. 2.17. Con grande intelligenza entrambi questi colleghi, Toccafondi e Rubinato, hanno riposto alla nostra attenzione un elemento fondamentale di discussione su cui chiederei, appunto, un minimo di attenzione.
Non voglio fare battute, ma mi sovviene che qualche settimana fa l'attuale Presidente del Consiglio si sia accorto di questo taglio di 134 milioni di euro contro le scuole paritarie ed abbia pubblicamente affermato che tale disguido sarebbe stato corretto durante la votazione nei due rami del Parlamento del provvedimento che stiamo per adesso esaminando (e cioè, il bilancio di previsione). Non è dunque esclusivamente la dichiarazione di un esponente dell'opposizione o delle opposizioni; a fronte di una serie di lamentele per questo taglio drammatico nei confronti delle scuole materne paritarie, il Presidente del Consiglio, qualche settimana fa, ha riconosciuto che non solo questo taglio c'era, ma che lo avrebbe ricostituito.
Oggi ci troviamo a votare questo emendamento al nostro esame, e cioè a dar seguito non solo a ciò che chiede la Federazione italiana delle scuole materne, ma anche alle reali intenzioni pubbliche espresse dal Presidente del Consiglio. Mi attendo quindi che l'emendamento della collega Rubinato Tab. 2.18 che ho avuto il piacere di firmare (così come era stato formulato anche da parte del collega Toccafondi) e che abbiamo sottoscritto interamente come gruppo dell'UdC venga approvato e trovi il consenso da parte di tutta la maggioranza del Parlamento (da parte di chi ne è stato il presentatore, e cioè la collega Rubinato ed il suo gruppo parlamentare, del nostro gruppo parlamentare, degli altri gruppi parlamentari e certamente del gruppo parlamentare del Popolo della Libertà che costituisce il riferimento più ampio del Presidente del Consiglio, il quale aveva assicurato una ricostituzione dei fondi).
Diversamente, caro Presidente e cari colleghi, diventerà difficile seguitare a dire che ci sono stati degli errori in materia di finanziamento alle scuole paritarie quando, nemmeno davanti alle paritarie che si occupano delle scuole materne, si ha il coraggio di rimettere i soldi che sono stati sottratti.
Si tratta di una battaglia - lo dico a chi, da qualche anno, ha avuto il modo e l'onore di rappresentare il popolo italiano in questa Aula - che non è esclusivamente di questo Esecutivo. Molti esponenti che siedono nei banchi dell'attuale maggioranza, infatti, hanno compiuto nella scorsa legislatura questa battaglia, con me e con altri, nei confronti del Ministro Padoa Schioppa, prima ancora del Ministro Visco e dello stesso Ministro Tremonti (nel secondo Esecutivo guidato dal Presidente Berlusconi) che casualmente, già allora, aveva fatto cadere la sua forbice nei confronti dello stesso capitolo di bilancio di quelle scuole paritarie materne che riguardano decine, se non centinaia, di migliaia di famiglie italiane. È facile, poi, riempirsi la bocca con la creazione degli asili, con i finanziamenti volti a garantire la possibilità alle mamme di affidare i propri figli alle scuole materne, quando già si tagliano queste realtà di privato sociale, questo servizio pubblico, non svolto dallo Stato, che agisce nel territorio.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUCA VOLONTÈ. Mi dispiace essermi accalorato, ma è un argomento che nonPag. 83riguarda la teoria politica con cui si sta assieme, e neanche la campagna elettorale, ma il concreto svolgimento di vita e di servizi che le famiglie italiane, da domani, possono, o non possono, avere a disposizione. Questo voto è anche a favore della coerenza del Presidente del Consiglio: pensateci voi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, è già stata illustrata, da chi mi ha preceduto, la gravità di questo taglio; io vorrei calarlo ancora di più nella realtà. Se a livello nazionale vi sono 531.258 bambini su 1.652.689 che frequentano scuole d'infanzia non statali, significa che in questo momento stiamo applicando un taglio gravissimo di un quarto dello stanziamento previsto in bilancio nel 2008 a carico di un terzo delle famiglie italiane. In alcune regioni, ciò è ancora più grave. Io provengo dalla regione Veneto, dove i bambini che frequentano le scuole paritarie per l'infanzia, non statali, sono quasi il 70 per cento, della popolazione scolastica dai tre ai sei anni. Il taglio previsto per il Veneto è di 9 milioni di euro per questo anno e poi crescerà nei prossimi anni. È chiaro, allora, che queste scuole o devono chiudere, oppure devono aumentare le rette. Nella realtà, non è in discussione solo il principio della parità giuridica tra le scuole statali e paritarie non statali. È in discussione il principio della parità di trattamento delle famiglie italiane, dei bambini dai tre ai sei anni, perché in molte zone del Paese non vi è un'alternativa alla scuola d'infanzia paritaria non statale, alla scuola comunale, alla scuola tenuta dalla parrocchia, dal comitato dei genitori o da una IPAB. Si tratta di scuole che sono nate in applicazione di un sano principio di sussidiarietà, tutelato dalla Costituzione. Molte comunità che hanno avuto la capacità di trovare le risorse sul territorio stesso per garantire un servizio alle famiglie, si vedono per così dire «premiate» con un taglio del tutto indiscriminato e ingiustificato. Vi deve essere la consapevolezza piena che qui si sta minando il principio di parità di trattamento delle famiglie e del diritto all'istruzione prescolastica dei bambini. Tra l'altro, la situazione, in concreto, è ancora più grave di quello che potremmo pensare essere la conseguenza di questo taglio, per un motivo molto semplice: questo taglio si interseca con le conseguenze negative di un'altra normativa «cappio», quella del Patto di stabilità. Si dà il fatto che le regioni, specialmente quelle che hanno un'alta percentuale di bambini che frequentano queste scuole, come il Veneto, solitamente stanziano dei contributi a loro favore.
Così fanno anche i comuni dove si trovano queste scuole (in alcuni comuni del trevigiano vi sono solo queste scuole e, per esempio, in provincia di Treviso - il dato che conosco meglio - il 75 per cento dei bambini hanno solo queste scuole come offerta di un servizio all'infanzia). Tuttavia, il patto di stabilità sta bloccando l'erogazione concreta, i pagamenti alle scuole, sia da parte della regione, sia da parte dei comuni, per i vincoli alla spesa.
Pensate che in Veneto, solo da una settimana - e siamo ad ottobre -, è stato finalmente liquidato un primo acconto da parte della regione a queste scuole. Senza tenere conto che tali scuole hanno dovuto sostenere quest'anno la prevista applicazione dell'aumento contrattuale agli insegnanti (un aumento considerevole). Con questa manovra il Governo non solo non tiene conto, ma addirittura taglia di un quarto il finanziamento già previsto per il 2008 in un momento in cui il rinnovo del contratto ancora non sussisteva. Lo dico per dare il senso della gravità delle conseguenze per il fatto che, nonostante le parole di rassicurazione del Premier, non si sia trovato il modo per reperire 133 milioni di euro, che - ripeto - non servono all'adeguamento dovuto per gli aumenti del contratto da conferire agli insegnanti, ma semplicemente a mantenere ciò che era lo stanziamento nel bilancio 2008.Pag. 84
Si riescono a trovare le risorse per molte altre questioni che forse non sono così urgenti come questa. Si riescono a trovare risorse per i banchieri, si riescono a trovare risorse per i concessionari autostradali, ma non si riescono a trovare le risorse per garantire l'apertura di questo servizio essenziale sul territorio per le famiglie, nonostante che l'attuale maggioranza, su questo tema, si sia molto spesa in campagna elettorale e abbia dato, a parole, ampie garanzie. Evidentemente, nonostante le promesse elettorali, questo tema non è una priorità nell'agenda di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Toccafondi. Ne ha facoltà.

GABRIELE TOCCAFONDI. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione gli interventi sull'emendamento in esame e devo dire che condivido moltissime argomentazioni sollevate. Sono le mie stesse argomentazioni sollevate in Commissione, come il Governo sa, però manca un passaggio fondamentale e chiave sull'argomento. Oggi in Aula il Governo ha usato parole chiare: sulla questione del reintegro di tali fondi alle scuole non statali, il Governo ha dichiarato la propria volontà e l'impegno a reintegrare tale fondo entro l'anno con un'adeguata copertura finanziaria. Non si tratta solo di una questione formale, ma assolutamente di sostanza, perché gli emendamenti - si sa - vanno ad incidere su altre spese di altri Ministeri, non sempre piacevoli, soprattutto nel contesto di questa finanziaria, così diversa da quelle degli anni precedenti.
Quindi, è chiaro che è molto più utile se il reintegro della spesa lo fa direttamente il Governo e non il Parlamento, che andrebbe ad incidere esclusivamente su altri capitoli di spesa anche molto, molto importanti. Però, Presidente, mi lasci anche dire che oggi con gli interventi in Aula, soprattutto da parte del Partito Democratico, dobbiamo prendere atto che il Partito Democratico è per il pieno riconoscimento della scuola privata e che lavorerà per noi in questi cinque anni per la reale parità scolastica e sarà anche al nostro fianco per spiegare ai manifestanti che non è vero che si taglia alla scuola pubblica per dare alla scuola privata. In questo senso, sono decisamente soddisfatto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole De Pasquale. Ne ha facoltà.

ROSA DE PASQUALE. Signor Presidente, vorrei dire a nome del PD, che il Partito Democratico non è per la scuola privata ma per la scuola pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico ). Infatti, sosteniamo questo emendamento perché da quando è in vigore la legge n. 62 del 2000, che delinea il sistema nazionale di istruzione, viene individuata nell'ambito della scuola pubblica tanto quella statale quanto quella paritaria, con eguale dignità e che conduce ad eguali diritti e doveri.
Infatti, in tutte le regioni della nostra Italia vi sono diverse zone in cui lo Stato non è in grado di garantire l'apertura di scuole materne e primarie quante sarebbero necessarie per coprire tutta la richiesta delle famiglie. In questi casi, che sono davvero numerosi, il sistema integrato di scuola pubblica, come normato dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, garantisce un servizio che nasce proprio nelle singole comunità territoriali...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole De Pasquale.

ROSA DE PASQUALE. ...tramite una sinergia tra le diverse componenti (regioni, enti locali, comuni, associazioni, famiglie e quant'altro), che possono così assicurare anche la qualità del servizio offerto e garantire sul territorio spesso l'unico luogo di socializzazione, educazione e istruzione pubblica. Volevo dire...

PRESIDENTE. Onorevole De Pasquale, la ringrazio, ma il tempo a sua disposizione è terminato.

Pag. 85

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo brevemente per rivolgere un invito, anche alla luce delle considerazioni che abbiamo ascoltato.
Mi permetto soltanto di dire all'onorevole Toccafondi che dovremmo cercare di non scivolare troppo sulla considerazione secondo la quale è bene che il Parlamento non intervenga sui provvedimenti. Infatti, va benissimo che il Governo presenti le sue proposte: ma se il Parlamento eventualmente matura la possibilità di modificarle, magari migliorandole e raccogliendo le esigenze che unanimemente sono state prese in considerazione, probabilmente ciò è utile e forse è anche questa la funzione del Parlamento e della nostra Assemblea. Altrimenti, non si capisce bene perché dovremmo stare qui, se non semplicemente per prendere atto delle proposte del Governo e - mi consenta, onorevole Toccafondi - anche delle sue promesse, che a lei ispireranno tutta la fiducia del mondo, ma mi consentirà anche di dire che tutta questa fiducia in noi, forse, non la ispirano. Tuttavia, se lei ha presentato un emendamento sostanzialmente identico a quello presentato dall'onorevole Rubinato e poi lo ha ritirato, evidentemente anche lei ha qualche dubbio sul fatto che fosse necessario intervenire.
Vorrei chiedere al Governo, al sottosegretario Vegas e anche al Ministro Vito se, alla luce di un dibattito - ripeto - sul quale non mi pare che vi sia una strutturale divergenza di vedute, non sia il caso di prendere in considerazione l'ipotesi di modificare il parere e di rimettersi all'Assemblea su un argomento di questo tipo, sul quale ritengo che sia diffuso il consenso anche da parte di tanti deputati della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, prima di affrontare la questione da un punto di vista - se mi consentite - ideologico, ritengo che dobbiamo partire da un dato della realtà. In prevalenza la legge 10 marzo 2000, n. 62, affronta il tema delle scuole dell'infanzia comunali, oltre che delle scuole dell'infanzia né statali né comunali; in realtà, non c'è da parte dello Stato nel nostro territorio una capacità di rispondere a tutta la domanda esistente e tanto meno è prevista la generalizzazione della scuola dell'infanzia. Tant'è che in gran parte del Paese suppliscono i comuni e nel Mezzogiorno suppliscono realtà private.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIA COSCIA. È dunque vero che per migliaia e migliaia di bambini viene messo in discussione il diritto allo studio e a frequentare una scuola importante come la scuola dell'infanzia. Ecco perché insistiamo per il voto favorevole sull'emendamento Rubinato Tab. 2.18.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, desidero apporre la mia firma all'emendamento Rubinato Tab. 2.18 e segnalare un tema a quest'Assemblea. È stata posta la questione del taglio per il 2009 e il Governo ha assunto in Aula un impegno di cui bisogna prendere atto. Segnalo che il taglio sale al 42 per cento delle risorse nel triennio 2009-2011: quindi vi è un intero comparto, che copre il 42 per cento delle spese per i bambini che frequentano la scuola dell'infanzia e una quota consistente di quelle per la scuola primaria, che oggi non ha certezze sul futuro.
Le risorse mancanti rischiano di scaricare costi aggiuntivi sugli enti locali, con le difficoltà che conosciamo o, peggio ancora, sulle famiglie, che oggi usufruiscono di un servizio pubblico offerto da una grande realtà privata, ma anche comunale: infatti, il comparto delle scuole non stataliPag. 86è una realtà ampia e variegata, laica, religiosa e comunale e questo servizio rischia di essere messo in difficoltà.
Se il Parlamento è convinto - ed io credo che lo sia - che le scuole statale e paritaria non costituiscano un costo da tagliare, ma una risorsa da valorizzare, credo che un segnale vada dato approvando l'emendamento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, intervengo solo per rimarcare il fatto che non stiamo parlando di scuola privata, ma di scuola paritaria. La scuola paritaria è quella che, soprattutto nella scuola materna, assicura la copertura delle domande delle famiglie. Ciò significa che quando le scuole paritarie chiuderanno - infatti, con questi tagli dovranno chiudere -, le famiglie non troveranno nella scuola pubblica un sostituto, perché le scuole pubbliche sono piene, e dovranno tenere a casa i figli: stiamo parlando di questo, stiamo parlando del venir meno di un servizio sul territorio.
Così capita in tante zone del Paese: in Emilia-Romagna, ad esempio, questo servizio è diffuso e la copertura piena viene assicurata proprio dalle scuole paritarie. Le famiglie avranno come unica soluzione quella di cercare servizi alternativi, che sono molto più costosi della scuola paritaria.
Allora, ancora una volta non cogliamo l'occasione per varare provvedimenti a favore della famiglia, ma adottiamo addirittura provvedimenti contro la famiglia. Trovo che questo non si possa inserire nel contesto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, penso che tutti noi abbiamo assistito, in queste settimane, alle proteste che si sono levate su questo tema e su questi tagli specifici e credo che quanto hanno detto i colleghi dovrebbe fare riflettere la maggioranza: continuate a parlare di interventi a favore delle famiglie, del potere delle famiglie, a favore delle classi più deboli, ma continuate a tagliare anche i servizi minimi indispensabili alle famiglie. Ciò non solo attraverso questa strada, perché i comuni che stanno facendo i loro bilanci sono costretti giorno per giorno a tagliare anche gli ulteriori servizi a favore delle famiglie.
Questo è un Governo contro le famiglie, contro le classi deboli ed in questo caso anche contro la scuola paritaria, che è di supporto alla scuola pubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma sull'emendamento in esame e per ribadire semplicemente, a futura memoria, per quando in quest'Aula parleremo di costi standard, che le scuole materne sono una dimostrazione di come il basso costo non significa una maggiore copertura del servizio. Noi, non votando l'emendamento in esame, scaricheremo la differenza sulle tariffe, e quindi sulle famiglie, oppure direttamente sulle casse dei comuni, che quindi dovranno intervenire.
La valutazione economica che ad oggi si fa sulle scuole materne, e più in generale anche sugli asili nido, ci porta a dire che più basso è il costo e più alto è il servizio coperto mentre, di fatto, laddove si interviene tagliando, così come ha fatto il Governo, si scaricherà inevitabilmente il costo di questo servizio sulle tariffe e quindi sulle famiglie e sulle casse dei comuni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bobba. Ne ha facoltà.

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, intervengo anch'io per aggiungere la miaPag. 87firma all'emendamento in esame, perché non si può negare a mezzo milione di bambini il diritto di accedere alla scuola dell'infanzia, facendoli diventare di fatto diseguali rispetto a tutti gli altri: si tratta del principio di uguaglianza e del diritto alla scuola e allo studio per tutti, garantito attraverso il sistema regolato dalla legge n. 62 del 2000, che introduce appunto le scuole paritarie nel più generale sistema pubblico. Dunque, è un taglio assolutamente inaccettabile che produce disuguaglianze ancora più inaccettabili.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma all'emendamento Rubinato Tab. 2.18 e per ricordare che siamo a dieci anni dall'approvazione della legge concernente la scuola paritaria. In occasione di un grandissimo dibattito in quest'Aula, l'allora opposizione di centrodestra sosteneva la necessità di andare oltre e di dare più forza e più sostegno a questa libertà di scelta. Oggi, in questa finanziaria, vedo negata tale prospettiva.
Signor Presidente, come membro dell'intergruppo per la sussidiarietà, vorrei, altresì, domandare ai tanti colleghi che ne fanno parte quale coerenza vi sia rispetto ad un impegno e ad una realtà scolastica che attui pienamente questo principio. Sottoscrivendo l'emendamento in oggetto, mi auguro che quella condivisione comune sulla libertà scolastica, sulla libertà di scelta dei familiari e sulla sussidiarietà trovi qualche accoglimento in relazione all'espressione del voto su di esso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, anche io vorrei apporre la firma all'emendamento in oggetto e rivolgere un appello ai colleghi della maggioranza che hanno dei bambini piccoli, che vanno negli asili e che sanno che in quelli statali semplicemente non vi è posto per tutti. Qui non si tratta di stabilire se una scuola è privata o pubblica, ma si tratta di dire se essa svolge un servizio pubblico oppure no. Chi è genitore di bambini piccoli sa cosa sto dicendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'emendamento Rubinato Tab. 2.18, sottolineando il principio della sussidiarietà, che sta alla base della difesa di questo emendamento.
Non è un caso che una delle riforme principali che tiene unita questa maggioranza è quella in materia di federalismo fiscale, già in discussione al Senato. In relazione al federalismo fiscale, è necessario avvicinare il più possibile i benefici al contribuente: il beneficiato e il contribuente devono trovarsi, in qualche modo, uno di fronte all'altro in termini più vicini possibile. Ebbene, questo già avviene per quanto riguarda la scuola paritaria: un milione e mezzo di bambini oggi frequentano la scuola paritaria. Con i tagli lineari che sono stati operati dal Ministro Tremonti in nove minuti e mezzo, senza procedere cioè ad un taglio selettivo della spesa pubblica, ben 500 mila bambini dovranno vedersi chiuse le scuole a causa di tale taglio indiscriminato.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

AMEDEO CICCANTI. Io, che faccio parte dell'intergruppo per la sussidiarietà, rivolgo un appello a tutti colleghi, anche del Popolo della Libertà e della Lega Nord, che ne fanno parte, affinché votino l'emendamento in oggetto. È necessario, infatti, dare una risposta che ci è stata chiesta dalla società civile, anche in ragione di quella sussidiarietà orizzontale per la quale ci battiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale,Pag. 88l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, anche io chiedo di apporre la mia firma a questo emendamento e vorrei semplicemente ricordare che qui si tratta anche di questioni economiche e non solamente di questioni di principio, giustamente richiamate dai colleghi.
Oggi, un bambino che frequenta una scuola non statale costa allo Stato circa 500 euro. Se questo bambino viene iscritto alla scuola statale, costerà 6 mila euro: è un problema di semplici conti che potrebbe fare chiunque. Pertanto, poiché tutti noi abbiamo ricevuto delle mail, in cui si sostiene che diamo i soldi ai ricchi e ai preti e che la scuola statale versa in gravi condizioni e noi ci prestiamo a queste operazioni, a quelle persone, che sono ideologicamente collocate, va spiegato questo semplice conto.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Non credo che la destra, che ha sempre difeso la libertà delle famiglie e la scuola non statale, possa essere assommata a questa ideologia, quasi sempre di sinistra, che voleva negare l'esistenza e la sussistenza delle scuole non statali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, sono compiaciuto della convinzione unanime dell'Assemblea sulla funzione sociale delle scuole paritarie. Senza entrare nel merito dei problemi toccati anche dal collega Toccafondi, che condivido, ricordo però, soprattutto ai colleghi del Partito Democratico, un minimo di coerenza. È la prima volta da sette anni, da quando sono in questo Parlamento, che sento parlare con questa enfasi giusta della scuola paritaria (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Tuttavia, nelle Assemblee e nelle manifestazioni di questi giorni, voi vi distinguete per attaccare il Governo perché avrebbe penalizzato la scuola pubblica.
Un'ultima considerazione. Cercate anche di volgere lo sguardo alle realtà dove governate voi: in Emilia Romagna non vi è una legge sul diritto allo studio e le scuole materne sono totalmente penalizzate da parte dell'intervento pubblico. Pertanto, cerchiamo di distinguere la demagogia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) dalla consapevolezza della gravità dei problemi che sono oggetto della nostra attenzione. Siamo seri (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, devo confessare di non aver compreso il perché di questo taglio. Avrei capito se fosse stato un taglio riferito a disfunzioni o a sprechi, invece qui stiamo mettendo in discussione quella che potremmo definire una libertà di insegnamento. Dico all'onorevole Garagnani, che è intervenuto prima di me, che qui non è il caso di attaccare, ma di votare! Pertanto lo invito ad essere coerente e a votare come me: cioè, a votare a favore (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, il tema non è attaccare chi presenta l'emendamento, però ricordo all'onorevole Garagnani che la legge n. 62 del 2000 è una legge del Governo di centro-sinistra che era presieduto dall'onorevole D'Alema (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Vorrei concludere. Non sono abituato a sentir parlare di assenza di cifre in cui si dice che le regioni rosse non sostengono: vi sono leggi ben precise sull'assistenza e ilPag. 89diritto allo studio sia in Toscana, sia in Emilia Romagna. Quindi se le ripassi, voti con noi e si metta a ripassare meglio la lezione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rubinato Tab. 2.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 451
Votanti 442
Astenuti 9
Maggioranza 222
Hanno votato
198
Hanno votato
no 244).

Prendo atto che il deputato Nizzi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che la deputata Picierno ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto votare a favore.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ceccuzzi Tab. 2.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, con questo emendamento vogliamo porre l'attenzione dell'Aula su un segmento molto importante del trasporto pubblico locale ed in particolare quello ferroviario.
Recentemente è stato istituito un Fondo di copertura del disavanzo di circa 104 milioni di euro che produce il servizio Intercity, perché è un segmento che comunque integra il trasporto pubblico regionale, ma, essendo a lunga percorrenza, esso non è ricompreso nel trasporto di mobilità regionale che - com'è noto - è il trasporto maggiormente a carattere locale. Il servizio Intercity rischierà, nei prossimi anni, di essere marginalizzato, se non addirittura di essere soppresso, perché si tratta di una categoria commerciale che Trenitalia intende dismettere, concentrandosi - com'è noto - sull'alta velocità e sul servizio Eurostar, anche nell'imminenza dell'ingresso di un secondo gestore. L'imminenza dell'ingresso del secondo gestore rende assolutamente sovraffollate e persino impraticabili le nostre linee (le quali, va ricordato, sono soltanto due) che vanno da Milano a Napoli.
In conseguenza di questo si intende far pagare ai pendolari il prezzo della modernizzazione del sistema, che nel nostro Paese è in assoluto ritardo e a rischio di grave congestionamento, spostando sulla linea lenta la categoria dei treni intercity. Tale spostamento andrà a congestionare ulteriormente il trasporto locale.
Con il trasferimento di venti milioni di euro si intende segnalare anche - favorendo al contempo l'acquisto di nuovo materiale rotabile - le condizioni disumane in cui versa molto materiale rotabile, in particolare in alcune regioni del centro Italia che, pur essendo attraversate dalla linea ad alta velocità, rischiano di essere marginalizzate proprio dall'intensificazione del servizio di alta velocità.
Pertanto, ci batteremo perché i treni intercity non vengano spostati sulle linee lente, il che comporterebbe sopprimere questo tipo di servizio nei confronti dei pendolari, e sopratutto perché il Governo mantenga il fondo di 104 milioni di euro che, con questi 20 milioni, intendiamo rimpinguare.
Naturalmente, voglio segnalare che l'emendamento in esame muove delle risorse tra tabelle, in modo assolutamente faticoso e non leggibile. Voglio ricordare che con il decreto-legge n. 112 del 2008 è stato, di fatto, impedito al Parlamento di emendare il bilancio di previsione e la legge finanziaria. Siamo costretti, così, ad operare all'interno di missioni e di programmi che risultano però più leggibili, grazie alla riforma della struttura del bilancio varata dal Governo precedente. Tuttavia, il decreto-legge n. 112 ha, di fatto, impedito al Parlamento di operarePag. 90scelte selettive all'interno delle missioni e dei programmi. Pertanto, queste risorse si possono spostare solo nella misura in cui, successivamente, intervengano ordini del giorno approvati dall'Assemblea che impegnino il Governo a destinare, in maniera precisa, queste risorse.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 19,20)

FRANCO CECCUZZI. Ci aspettiamo, quindi, una risposta non soltanto oggi, su questo emendamento, ma anche una risposta di prospettiva, perché sarebbe inaccettabile che il secondo gestore - che deve introdursi nel mercato, e ricordo che vi sono condanne da parte dell'Antitrust nei confronti di Trenitalia e di Rete Ferroviaria Italiana - entrasse a discapito dei pendolari che sarebbero così allontanati dalla linea veloce. In questo modo la guerra e la competizione tra i due gestori avverrebbe a danno di coloro che usano il treno per recarsi al lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma all'emendamento in esame. Come tutti i colleghi sanno, oggi l'Italia è paralizzata da uno sciopero che riguarda sia i treni, sia i servizi di trasporto locale. È esattamente il contrario di ciò che si deve fare. Dobbiamo potenziare questi servizi perché vi è un problema molto serio in ordine al taglio dei treni pendolari che, invece, andrebbero fortemente rafforzati.
In questo momento, in cui tanta gente lascia la propria autovettura anche per il costo della benzina e per le difficoltà economiche, avere un servizio che peggiora in quantità e in qualità non è utile a nessuno, né al Paese, né alle famiglie, né ai cittadini e neanche alle politiche di sostenibilità ambientale di questo Paese.
Pertanto, è necessario, in questa o in altra sede, trovare le risorse adeguate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, intervengo per apporre la mia firma all'emendamento in esame e per rilevare che la scelta che il Governo compie di sottofinanziare le risorse per il trasporto pendolare è sbagliata e penalizzante per gli utenti del servizio, ma anche per la tutela dell'ambiente, perché costringe molti pendolari a non servirsi di un trasporto pubblico, che potrebbe essere più efficiente, e a rivolgersi, invece, a un servizio di carattere privato, magari su gomma.
Pertanto, penso che l'emendamento in esame debba essere preso in seria considerazione anche perché il problema dei collegamenti, come quelli dei treni intercity o interregionali che devono rientrare nell'alveo del servizio universale, va affrontato seriamente così come quello per il trasporto regionale che è, a sua volta, sottofinanziato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ceccuzzi Tab. 2.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 446
Votanti 440
Astenuti 6
Maggioranza 221
Hanno votato
198
Hanno votato
no 242).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ceccuzzi Tab. 2.21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ceccuzzi. Ne ha facoltà.

Pag. 91

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, mi corre l'obbligo di sottolineare ancora la difficoltà operativa per l'Aula, ma per tutti i deputati, naturalmente anche in Commissione, dopo il famoso articolo del decreto n. 112 del 2008, che ha di fatto inibito la possibilità di emendare in modo mirato e selettivo la legge finanziaria e il bilancio dello Stato.
A questo scopo ho dovuto presentare un emendamento che si muove all'interno della missione che sarebbe poi necessario mirare all'interno dell'intervento e dell'investimento che si intende sottoporre all'attenzione Parlamento e del Governo attraverso un ordine del giorno.
Tuttavia, nell'ambito di questa missione, grazie alla riforma che è stata operata dal Governo precedente, che rende molto più leggibile, molto più trasparente e molto più fruibile il bilancio dello Stato, non solo per quest'Aula, ma per tutti i cittadini che volessero leggerlo, abbiamo scoperto che ci sono 3 milioni 670 mila euro di residuo in un capitolo che riguarda le spese in gestione al provveditorato delle opere pubbliche di Firenze per la tutela del carattere storico, monumentale ed artistico della città di Siena.
Quindi, abbiamo scoperto queste risorse; se voi non le rimpinguerete perché vi esprimerete contro questo emendamento come maggioranza e come Governo, sappiate, tuttavia, che, ne siamo a conoscenza e, se le farete sparire, ce ne accorgeremo.
In secondo luogo, alla voce relativa agli interventi per il restauro e il risanamento conservativo in Venezia insulare, nelle isole della laguna e nel centro storico di Chioggia si può leggere «zero».
Pertanto, vorrei dire che su due leggi speciali (Siena e Venezia) che riguardano due centri storici patrimonio dell'Unesco approvate dal Parlamento nei primi anni Sessanta, questo Governo investe dei residui che gli ha lasciato il Governo precedente.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ceccuzzi Tab. 2.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 449
Votanti 447
Astenuti 2
Maggioranza 224
Hanno votato
197
Hanno votato
no 250).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Antonino Russo Tab.2.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 446
Votanti 443
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato
200
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che la deputata Lorenzin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Peluffo Tab.2.23.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Peluffo. Ne ha facoltà.

VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati, nel presentare l'emendamento segnalo da subito quello che mi sembra essere un evidente errore materiale. Infatti, oggetto dell'emendamento non è la cifra di diecimila euro, come erroneamente riportato nel trasmettere il testo, bensì di 10 milioni di euro.
Infatti, a tanto ammonta il taglio previsto dal Governo nei trasferimenti all'ANAS.Pag. 92Questi tagli riguardano, nello specifico, il completamento delle opere della viabilità collegata al nuovo polo esterno di Fiera Milano a Rho-Pero e riguardano le opere per l'interscambio connesso al polo esterno che sono necessarie per facilitare la stessa viabilità.
Questo taglio appare paradossale, quanto meno. Il nuovo polo di Fiera Milano, infatti, è stato inaugurato in pompa magna nel marzo 2005 dall'allora Presidente del Consiglio Berlusconi (oggi Presidente del Consiglio) con un'inaugurazione pressoché simbolica. Infatti, la fiera chiuse e venne riaperta a settembre quando fu completata la metropolitana, prima opera di collegamento, mentre le altre opere di collegamento erano ancora da completare.
Ancora oggi (siamo quindi quasi alla fine del 2008) ci sono i cantieri in corso ed opere ancora da completare e sarebbe proprio il caso di concludere i lavori con tre anni di ritardo, anche perché mi sembra che questo non sia il miglior viatico per l'Expo 2015. È, infatti, utile ricordare che l'Expo assegnato Milano per il 2015 insisterà sullo stesso territorio e avrà bisogno di altre opere infrastrutturali.
Allora, mi sembra essere poco credibile parlare di infrastrutture per l'Expo se non completiamo neppure, e in ritardo, quelle previste per la fiera inaugurata nel 2005.
Per questo invitiamo a votare a favore dell'emendamento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Peluffo Tab.2.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 444
Votanti 438
Astenuti 6
Maggioranza 220
Hanno votato
196
Hanno votato
no 242).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Coscia Tab. 2.24.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pes. Ne ha facoltà.

CATERINA PES. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo che alla tabella 2 dai finanziamenti per la missione «Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche» vengano sottratti 50 milioni di euro da destinare alla missione «Istruzione scolastica» e al programma «Istruzione primaria» di cui alla tabella 7. Siamo, infatti, convinti che il sistema dell'istruzione in generale - e, in particolare, la scuola primaria - non possano subire ulteriori tagli e che, anzi, debbano essere sostenuti.
In quest'Aula, nelle settimane scorse abbiamo a lungo discusso e ci siamo confrontati. Il Partito Democratico ha espresso chiaramente il proprio punto di vista relativamente ai tagli apportati al sistema dell'istruzione primaria. Siamo convinti che, reintroducendo questi 50 milioni di euro da destinare alla scuola primaria si possa in qualche modo agevolare la non chiusura del tempo pieno nella scuola primaria. Il problema è che con i tagli previsti dal decreto-legge n. 137 del 2008 la scuola primaria rischia realmente di vedere completamente chiuso il sistema del tempo pieno.
Chiediamo - in questo momento mi riferisco al relatore e ai membri del Governo - che venga ripensato il sistema di distribuzione dei fondi e che, nel ripensamento di tale sistema, si tenga conto in particolare che la scuola non può ancora sostenere tagli, ma che, anzi, è necessario un forte intervento a sostegno del nostro sistema di istruzione. È necessario un forte intervento a sostegno della scuola primaria che - ricordiamo, lo abbiamo detto più volte - è sicuramente il fiore all'occhiello della nostra scuola.
Quindi, invito veramente il Governo ad un ripensamento affinché questi 50 milioniPag. 93di euro vengano stornati e distribuiti alla scuola primaria alla missione «Istruzione primaria», dal momento che comunque anche il Paese - lo vediamo ormai da più parti espresso in tanti modi - lo chiede.
Quindi, lo chiede il Partito Democratico, il Paese, i giovani, gli insegnanti, i presidi. Veramente chiediamo ancora al Governo che ripensi a tutto questo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Coscia Tab. 2.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 449
Votanti 443
Astenuti 6
Maggioranza 222
Hanno votato
197
Hanno votato
no 246).

Passiamo al subemendamento Rosato 0.2.200.1.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, sentito il parere del Governo, che è contrario, intervengo per formulare all'onorevole Rosato un invito al ritiro del suo subemendamento.

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Rosato se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, abbiamo voluto porre un problema relativo alla quantificazione degli stanziamenti per i nostri servizi, ma accolgo l'invito al ritiro, invitando il Governo naturalmente a mantenere fede a quest'impegno di progressione nel lavoro dei prossimi mesi.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 2.200 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 454
Votanti 439
Astenuti 15
Maggioranza 220
Hanno votato
438
Hanno votato
no 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Tab. 2.201 della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, intervengo per anticipare che la Commissione formula un invito al ritiro degli identici emendamenti Volontè Tab.7.1 e Binetti Tab.7.2, che, a loro volta, sono analoghi all'emendamento della Commissione Tab. 2.201, anche se recano una cifra leggermente più alta, perché sarebbero di fatto ricompresi dall'emendamento della Commissione stesso.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Moroni, stiamo esaminando l'emendamentoPag. 94Tab.2.201 della Commissione, gli emendamenti ai quali lei ha fatto riferimento sono successivi.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Certo, ma dal momento che ci accingiamo a votare l'emendamento della Commissione, chiedo adesso ai presentatori di ritirarli. Poiché se venisse approvato l'emendamento della Commissione, tali emendamenti potessero essere preclusi, mi sembra corretto chiederne il ritiro in questo momento.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Volontè Tab.7.1 e Binetti Tab.7.2 formulato dal relatore.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non ritengo di poter ritirare l'emendamento perché capisco, in quanto sono stato anch'io parte della maggioranza, che la differenza tra 5 milioni di euro e 4 milioni di euro possa sembrare una piccola cosa, ma per il diritto allo studio non è così. Quindi, non accedo all'invito al ritiro e insisto per la votazione. Certamente un milione di euro su 5 milioni di euro non è una piccola cosa perché è il 20 per cento, e le assicuro che per il diritto allo studio un milione di euro non è una quisquilia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab.2.201 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 447
Votanti 442
Astenuti 5
Maggioranza 222
Hanno votato
441
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.1 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 451
Votanti 443
Astenuti 8
Maggioranza 222
Hanno votato
255
Hanno votato
no 188).

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, credo che le votazioni che abbiamo svolto sugli emendamenti all'articolo 2 ci diano, ancora una volta, la dimostrazione che, in realtà, nessuna discussione viene aperta dal Governo sulle proposte emendative. Infatti, così come in Commissione, dove si è stabilito che il provvedimento doveva uscire esattamente uguale a come vi era entrato, salvo le correzioni tecniche (ma quelle non contano), siamo ancora una volta in presenza del fatto che oggi iniziamo a esaminare il disegno di legge in un'Aula dove, però, c'è una sordità totale da parte del Governo e della maggioranza rispetto a proposte che, in molti casi, rispondono semplicemente a esigenze di buon senso.
Su una questione importante come quella della scuola paritaria ci siamo trovati di fronte a una specie di muro, a un atteggiamento di totale chiusura rispetto a qualunque discussione, anche se poi magari approviamo emendamenti milionari per i servizi. Qualcuno dovrebbe pure spiegare perché ripristiniamo le stesse somme dell'anno precedente, mentre all'atto dell'assestamento di bilancio la spesa effettiva era stata molto più bassa: allora servono o no queste somme? Invece, nonPag. 95riusciamo a recuperare qualche decina di milioni di euro per le scuole paritarie, per gli interventi, come osservavano prima i colleghi, che riguardano i mezzi di trasporto, né piccole somme a favore di determinate attività culturali, nell'ambito del sostegno alle attività culturali.
Eppure è un grido di allarme generalizzato quello che sale dal Paese. Capisco che in una situazione di difficoltà come quella attuale si debbano per forza riconsiderare e riorganizzare anche gli enti di natura culturale che magari in passato non erano stati abituati ad essere virtuosi. Tuttavia, come sempre, se qualcuno immagina che le ristrutturazioni si possano realizzare in un minuto, dovrebbe spiegarmi la ristrutturazione dell'Alitalia, dato che a mio avviso più che una ristrutturazione è una specie di modalità con cui in realtà si caricano sui cittadini le perdite, per rendere più accettabile la parte positiva a chi ha deciso di investire.
Quindi, mi domando se vi sia qualcuno che immagina che determinate fondazioni, ad esempio, degli enti lirici, possano passare improvvisamente da una spesa cento ad una spesa dieci; o se vi sia qualcuno che possa immaginare che un'università possa improvvisamente passare da una spesa cento ad una spesa cinquanta. Evidentemente no, in quanto gli interventi dovrebbero avere la necessaria gradualità. Non dimentichiamoci, infatti, colleghi, colleghe e soprattutto rappresentanti del Governo, che quello che si realizzerà in realtà, lo andremo ad accertare con il consuntivo del 2009, non oggi...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO BORGHESI. Concludo. Quindi, non oggi, ma quando andremo realmente a vedere se i tagli saranno diventati tali, dove effettivamente vi saranno stati dei tagli e dove, negli assestamenti, si sarà costretti per forza a rimpinguare i conti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, come si è visto dal dibattito noi ci siamo applicati con serietà e rigore su questo articolo. Abbiamo presentato una serie di emendamenti, molti dei quali con cifre contenute, su un insieme di materie che sembrano essere interessanti per il Paese e tutti, ovviamente, con precisa copertura.
È stato citato più volte, anche dai colleghi, l'esempio del dibattito svoltosi poco fa sulla scuola, ma non solo quello: ci siamo dedicati ad affrontare i temi dei trasporti, della cultura e dello sport. Su tutti questi emendamenti il Governo e la maggioranza hanno espresso un no secco. Non è stato accolto nessun emendamento, e in alcuni casi francamente questo atteggiamento non solo non è comprensibile, ma è grave e sbagliato, in quanto non tiene conto nemmeno delle questioni di merito sollevate e mostra un atteggiamento quasi di carattere pregiudiziale.
Per queste ragioni noi esprimeremo un voto negativo sull'articolo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, con l'annessa tabella 2, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 449
Votanti 444
Astenuti 5
Maggioranza 223
Hanno votato
259
Hanno votato
no 185).

Prendo atto che i deputati Galletti, Libè e Occhiuto hanno segnalato che hanno espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3, con l'annessa tabella 3, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).Pag. 96
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione accetta l'emendamento Tab.3.100 del Governo, mentre il parere è contrario sull'emendamento Palagiano Tab.3.1. La Commissione, inoltre, accetta l'emendamento Tab.3.101 del Governo.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Tab.3.100 del Governo.

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

RENATO CAMBURSANO. Sul complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. Non può parlare sul complesso degli emendamenti, in quanto i pareri sono già stati espressi.

RENATO CAMBURSANO. Le chiedo scusa. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Onorevole sottosegretario per l'economia e le finanze, credo che ormai sia ben noto a tutti quanto sta avvenendo in questo Paese, e purtroppo non solo in esso. L'articolo 3 riguarda misure relative allo sviluppo economico. È fotografia chiara, ormai, che nel nostro Paese siamo in recessione. Siamo l'unica economia in recessione nell'Occidente: lo ha fotografato il Fondo monetario internazionale in questi giorni, siamo a meno 0,2 per cento, contro l'attivo di tutti gli altri Paesi.
È vero che le previsioni per il 2009 sono disastrose, ma, se si raffrontano con quelle di altri Paesi, probabilmente siamo a livelli leggermente superiori. Questo, però, è relativo, come ha evidenziato oggi un quotidiano che non è sicuramente dalla nostra parte, Il Giornale, che ha affermato che una recessione più contenuta rispetto ad altre, ma che parte già da un punto negativo maggiore, non può non preoccuparci ancora di più.
Credo, quindi, che sia necessario incentivare tutti gli interventi che vanno nella direzione di sostenere le nostre imprese, che incominciano a chiudere: è altra notizia di oggi, infatti, che in nove mesi 337 mila imprese hanno chiuso i battenti. Allora, che cosa si vuole fare? Dopo l'approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008, nell'estate scorsa, che tagliava pesantemente ogni iniziativa rivolta al sostegno alle imprese, sino ad arrivare a tagliare rami verdeggianti (rischiando addirittura di tagliare la pianta dell'economia e dell'economia sociale del Paese), si procede ulteriormente con tagli, senza avere in evidenza alcunché di positivo.
Noi abbiamo provveduto - concludo, signor Presidente - a presentare proposte innovative nella manovra finanziaria, con la speranza che esse venissero recepite dal Governo: ad esempio, quella di poter contare su risorse che detiene Cassa depositi e prestiti, forte del fatto che la parte consistente delle risorse recuperate da Poste italiane Spa non è utilizzata nella gestione separata di Cassa depositi e prestiti. Si potrebbe attingere, quindi, a quei 100 miliardi che vengono restituiti al Ministero dell'economia e delle finanze, per far ripartire proprio l'economia, sia in termini di consumi sia in termini di sostegno alle attività produttive e all'infrastrutturazione.
La risposta del Governo è stata negativa. Ecco perché, signor Presidente, ci aspettiamo un colpo di reni da questo Governo sull'articolo 3.

Pag. 97

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, si può affermare che, nell'emendamento Tab.3.100 del Governo, non si muove un euro se non dopo che lo si è tolto nell'ambito dello stesso emendamento. Aggiungerei, quindi, che in esso non accade nulla. Eppure, la strategia del Governo in carica aveva contemplato che già nel Documento di programmazione economico-finanziaria non ci fosse un solo capitolo dedicato alle politiche di coesione, ovvero al Mezzogiorno: il Governo, invece, ha sempre utilizzato, prima in quel Documento e poi come dirò, un modesto generico elenco di interventi per lo sviluppo.
Nel disegno di legge n. 1441-ter, poi, il Governo è intervenuto pesantemente con un nuovo lessico, sostituendo la parola «Mezzogiorno» con la parola «convergenza». L'emendamento Tab.3.100 del Governo in discussione è perfettamente a costo zero, per effetto dei tagli che derivano dalle tre misure decise dalla maggioranza e dal Governo con il decreto-legge n. 112 del 2008.
Colleghi, vorrei ricordare che il Ministero per lo sviluppo economico, con il decreto-legge n. 112, ha subito una decurtazione delle risorse per complessivi 8 miliardi 699 milioni di euro nel triennio.
Di questa cifra, signor Presidente, onorevoli colleghi, l'89 per cento del taglio è a carico della missione «Sviluppo e riequilibrio territoriale», che - come tutti sappiamo - dispone le risorse per le aree di convergenza e di sviluppo territoriale.
In questo emendamento - mi sia consentito dirlo - riappare un nuovo lessico: si dice «politiche di sviluppo e di coesione». Già questo lessico meriterebbe un'astensione, ma dal punto di vista del contenuto osserviamo che alla missione 1, programma 1.3, si parla di incentivi allo sviluppo industriale per le politiche di sviluppo e di coesione. La stessa cosa avviene per la ricerca e per l'innovazione. Allo stesso modo, apprezziamo, nella missione 4, il programma 4.2, in direzione del made in Italy e, nella missione 3, il programma 3.1, che riguarda la vigilanza sui mercati a favore del consumatore. Ma nella sostanza non c'è un euro in più, e questo ci induce a preannunciare il nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che dall'eventuale approvazione dell'emendamento Tab. 3.100 del Governo risulterà precluso, per sopravvenuta carenza di copertura, l'emendamento Palagiano Tab. 3.1.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 3.100 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 442
Votanti 419
Astenuti 23
Maggioranza 210
Hanno votato
246
Hanno votato
no 173).

L'emendamento Palagiano Tab. 3.1 è, quindi, precluso.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 3.101 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 441
Votanti 439
Astenuti 2
Maggioranza 220
Hanno votato
249
Hanno votato
no 190).

Pag. 98

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, con l'annessa tabella 3, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 447
Votanti 442
Astenuti 5
Maggioranza 222
Hanno votato
251
Hanno votato
no 191).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4, con l'annessa tabella 4, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione accetta gli emendamenti Tab. 4.100 e Tab. 4.101 del Governo, mentre esprime parere contrario sugli emendamenti Mosella Tab. 4.1 e Tab. 4.2.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 4.100 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 449
Votanti 285
Astenuti 164
Maggioranza 143
Hanno votato
271
Hanno votato
no 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 4.101 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 443
Votanti 434
Astenuti 9
Maggioranza 218
Hanno votato
267
Hanno votato
no 167).

Prendo atto che il deputato Favia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mosella Tab. 4.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, intervengo rapidamente, perché la scelta del Governo mi sembra veramente un controsenso ed è abbastanza singolare. Questi due emendamenti a mia firma, Tab. 4.1 e Tab. 4.2, riguardano sostanzialmente - inviterei soprattutto i colleghi della maggioranza a prestare un attimo di attenzione - dei tagli che vengono effettuati a discapito dei nuclei antisofisticazione dei Carabinieri, in un momento in cui le frodi alimentari mi sembrano un tema abbastanza preoccupante per l'Italia, dove sempre di più ci sono situazioni pericolose per la sanità del Paese e per i cittadini.Pag. 99
Allora, anche viste le cifre, mi sembra veramente un fatto molto singolare. L'ho fatto notare in Commissione, mi è sembrato di trovare da parte dei colleghi della maggioranza quanto meno il buonsenso nei confronti di questa proposta, volta ad evitare un taglio che non andrebbe, neanche in prospettiva, a dare alcuna garanzia a un sistema che, invece, andrebbe potenziato e aiutato ad operare al meglio nell'interesse di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere questi emendamenti e per ricordare che far funzionare i nuclei antisofisticazione dei carabinieri è anche una delle maniere più efficaci per tutelare non solo i cittadini, ma anche le nostre imprese, perché spesso le sofisticazioni rappresentano una concorrenza sleale che viene dall'estero. Non si può difendere il made in Italy se non funzionano i controlli.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mosella Tab. 4.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 443
Votanti 436
Astenuti 7
Maggioranza 219
Hanno votato
187
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mosella Tab. 4.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 439
Votanti 433
Astenuti 6
Maggioranza 217
Hanno votato
188
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che il deputato Miglioli ha segnalato che non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, con l'annessa tabella 4, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 444
Votanti 439
Astenuti 5
Maggioranza 220
Hanno votato
249
Hanno votato
no 190).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5, con l'annessa tabella 5 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5, con l'annessa tabella 5.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 442
Votanti 437
Astenuti 5
Maggioranza 219Pag. 100
Hanno votato
251
Hanno votato
no 186).

Prendo atto che la deputata Lorenzin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6, con l'annessa tabella 6, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione accetta gli emendamenti Tab. 6.101 e Tab. 6.100 del Governo.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo raccomanda l'approvazione dei propri emendamenti Tab. 6.101 e Tab. 6.100.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 6.101 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 437
Votanti 413
Astenuti 24
Maggioranza 207
Hanno votato
411
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 6.100 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 434
Votanti 429
Astenuti 5
Maggioranza 215
Hanno votato
429).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6, con l'annessa tabella 6, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 445
Votanti 440
Astenuti 5
Maggioranza 221
Hanno votato
250
Hanno votato
no 190).

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7, con l'annessa tabella 7, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, ribadisco l'invito al ritiro sugli identici emendamenti Volontè Tab. 7.1 e Binetti Tab 7.2. Faccio presente che questo è uno dei temi di cui si è dibattuto in Commissione e che è stato fatto proprio dalla CommissionePag. 101con un suo emendamento, seppure con una cifra più bassa. Mi rendo conto che un milione in più o in meno non è indifferente, ma certamente è un tema al quale la Commissione ha dato risposto con quell'emendamento. Ribadisco, quindi, l'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Binetti Tab. 7.2 formulato dal relatore.

PAOLA BINETTI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor presidente, questo emendamento serve a prendere in considerazione i diritti degli studenti e, in qualche modo, a sostenerli nei collegi universitari e in tutta una serie di benefici che vanno incontro alla possibilità da parte loro di affrontare gli studi con maggiore serenità e tranquillità, anche e soprattutto per gli studenti fuorisede.
Mi sembra che, in un momento in cui stiamo dibattendo una politica universitaria che sia più attenta alla possibilità di avere livelli di prestazioni intellettuali alte, alla possibilità di scegliere facoltà di più alto profilo e alla possibilità di mobilitarsi, togliere agli studenti questo piccolo aiuto, questa risorsa, possa essere veramente grave e, soprattutto, che si inserisca in un discorso che è molto difficile da spiegare in questo momento anche all'opinione pubblica universitaria.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Volontè Tab. 7.1 formulato dal relatore.

GIAN LUCA GALLETTI. No, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Volontè Tab. 7.1 e Binetti Tab. 7.2, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 443
Votanti 426
Astenuti 17
Maggioranza 214
Hanno votato
181
Hanno votato
no 245).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7, con l'annessa tabella 7.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 442
Votanti 440
Astenuti 2
Maggioranza 221
Hanno votato
246
Hanno votato
no 194).

Prendo atto che la deputata Farina Coscioni ha segnalato che si è astenuta mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8, con l'annessa tabella 8 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo, dunque, ai voti.Pag. 102
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8, con l'annessa tabella 8.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 446
Votanti 441
Astenuti 5
Maggioranza 221
Hanno votato
254
Hanno votato
no 187).

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9, con l'annessa tabella 9, e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Mariani Tab. 9.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Mariani Tab. 9.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA MARIANI. Signor Presidente, preciso intanto che non si tratta di 10 mila, ma di 10 milioni, e soprattutto voglio ricordare che questo emendamento è stato presentato per incrementare un Fondo nel programma che fa riferimento alla «conservazione dell'assetto idrogeologico» che è stato ridotto, rispetto all'assestamento del 2008, del 50 per cento.
Sono stati sottratti ben 241 milioni di euro ad un importante programma che viene incontro a molte delle esigenze delle nostre regioni e dell'intero Paese e che riguarda il tema della difesa del suolo e dell'assetto idrogeologico.
Vogliamo segnalare quanto sia importante rifondere questo capitolo, anche alla luce degli incroci con altri capitoli del bilancio che sono stati tagliati; mi riferisco a quelli che richiamano i temi della protezione civile e che fanno riferimento alle calamità naturali, che non trovano le risorse necessarie neanche per le aree che solo nel 2008 sono state purtroppo soggette a calamità (mi riferisco, ad esempio, alla regione Piemonte ed alle province di Torino e di Cuneo, che non hanno visto neanche nella protezione civile le risorse che occorrevano per i primi interventi di emergenza). Riteniamo che, con tutti i tagli che lo stato di previsione per il 2009 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare reca (si parla di tagli che si aggirano intorno al 35 per cento), l'assetto idrogeologico e il tema della difesa del suolo per un territorio come quello della nostra nazione facciano rilevare quanto sia superficiale e non approfondito l'occhio che dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare doveva venire al tema dell'assetto e della tutela del suolo per le nostre regioni.
Anche in questo programma ed anche in questa definizione si sottolinea quanto sia stata abbandonata la ricerca delle motivazioni che sui temi ambientali e dell'assetto territoriale doveva essere invece tenuta in conto dal Governo, soprattutto con riferimento a territori che a seguito di calamità naturali e di eventi che nel corso degli ultimi anni si sono succeduti lasciano le nostre regioni da sole a dover recuperare rispetto a danni che toccano direttamente i cittadini italiani e le infrastrutture del nostro Paese. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 103

PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Mariani. Per correttezza procedurale voglio precisare che l'emendamento, così com'è formulato, è identico a quello presentato in Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, chiedo di poter sottoscrivere l'emendamento Mariani Tab. 9.1, aggiungendone anche le ragioni.
In quest'Aula, in occasione di eventi calamitosi (grandi piogge, scismi e quant'altro), gli impegni che vengono presi da tutto il Parlamento - maggioranza e opposizione - e dai rappresentanti del Governo sono solenni, però poi quando si tratta di mettere mano al portafoglio si tolgono risorse, anziché aggiungerne.
Ha fatto bene la collega a ricordare quanto è avvenuto, tra la fine di maggio e i primi di giugno, in Piemonte, tant'è vero - lo voglio ricordare a tutti quanti i parlamentari piemontesi (e non soltanto a quelli piemontesi) - che la presidente della giunta regionale e i due presidenti delle province interessate - la provincia di Cuneo e quella di Torino, che sono di colore politico diverso - hanno richiamato i parlamentari piemontesi tutti a vigilare e a chiedere il rispetto degli impegni da parte del Governo.
Ma eccola, allora, la risposta del Governo: tagliare le risorse per non essere poi in grado di far fronte a quanto viene chiesto dal territorio in occasione di eventi così disastrosi! Complimenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ghiglia. Ne ha facoltà.

AGOSTINO GHIGLIA. Signor Presidente, intervengo solo per informare l'onorevole Cambursano, che evidentemente non è «sul pezzo», che oggi la presidente della regione Piemonte Mercedes Bresso ha dichiarato di aver ricevuto dal Governo, proprio per l'alluvione in Piemonte, i primi 22,5 milioni di euro e che gli altri 78 milioni, come da impegni del Governo, sono già alla firma del Presidente del Consiglio. Talvolta, quindi, informarsi, prima di parlare, non è peccato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

RENATO CAMBURSANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

RENATO CAMBURSANO. A titolo personale.

PRESIDENTE. Onorevole Cambursano, non può intervenire a titolo personale perché è già intervenuto per il gruppo. Potrà parlare su un prossimo emendamento.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani Tab. 9.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 437
Votanti 433
Astenuti 4
Maggioranza 217
Hanno votato
187
Hanno votato
no 246).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9, con l'annessa tabella 9.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 434
Votanti 430
Astenuti 4
Maggioranza 216
Hanno votato
244
Hanno votato
no 186).

Pag. 104

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10, con l'annessa tabella 10, e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1714).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI. Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione accetta gli emendamenti Tab. 10.100 e Tab. 10.101 del Governo.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo raccomanda l'approvazione dei propri emendamenti Tab. 10.100 e Tab. 10.101.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Tab. 10.100 del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, credo che questo emendamento del Governo rifletta un atteggiamento un po' schizofrenico. Vorrei, insieme, passare in rassegna le somme in gioco. Si tolgono 26 milioni di euro agli investimenti per i sistemi stradali e autostradali per darli alla logistica. Si potrebbe affermare che un settore vale l'altro, ma attenzione: sulle strade vi sono problemi giganteschi che dal territorio continuano a sollecitarci. Avete spiegato a determinate regioni del nord, come il Veneto, dove un assessore regionale afferma che l'ANAS non gli dà i soldi, che all'ANAS avete tolto 3 miliardi di euro per il prossimo anno? Avete spiegato che l'ANAS non avrà i quattrini previsti per completare quelle strade (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia.

ANTONIO BORGHESI. Sembra di no, poi però i vostri assessori chiedono i soldi al Governo e all'ANAS.
Si tolgono circa 7,5 milioni di euro agli investimenti in aeroporti e infrastrutture aeroportuali e si passano alla mobilità locale. È interessante, perché due pagine dopo, si toglie proprio alla mobilità locale, non solo quello che avevate appena garantito, ma molto di più, per passarlo ad altri interventi. È previsto che si tolgano anche 15 mila euro. Spero che il Governo non faccia quell'errore capitato prima in qualche emendamento e che, per caso, non manchino tre zeri: che il Governo si premuri di spostare 15 mila euro mi fa un po' sorridere.
Si tolgono al funzionamento dei sistemi idrici, idraulici ed elettrici - Dio sa quanto ne abbiamo bisogno del settore idrico - quasi 2 milioni di euro per metterli a disposizione nel funzionamento della gestione sicurezza del mobilità stradale. Vi sarà bisogno anche in questo settore, ma toglierli di lì per prevederli qui, non capisco dove via sia questo grande risultato. Si tolgono 16 milioni di euro allo sviluppo della mobilità locale, alla quale prima ne avevamo garantiti 7, per metterli a disposizione del trasporto marittimo e delle vie acquee interne. Se ne tolgono altri 5 per metterli ancora a disposizione dello sviluppo e sicurezza del trasporto marittimo e delle vie acquee interne, e subito dopo si fa una bella operazione.
Allo sviluppo della mobilità locale si tolgono niente meno che 43 milioni di euro per passarli ai sistemi portuali ai quali prima avevamo tolto qualche cosa (mi pare altre quisquilie). A questo punto il «meno» per lo sviluppo della mobilità locale incomincia ad essere pesante, e con che cosa facciamo fronte ai problemi legati alla mobilità locale? Chi lo sa? Qualcuno ce lo dirà successivamente. Infatti non basta, togliamo altri 17 milioni di euro per darli al trasporto marittimo e alle vie d'acqua interne. Per carità, non c'è dubbio che anche le vie d'acqua internePag. 105abbiano bisogno di risorse, però voi in tal modo svuotate il capitolo di bilancio della mobilità locale (un capitolo sul quale invece bisognerebbe investire molto di più) e gli portate via i soldi per spostarli su altri settori. In altri termini, la possiamo chiamare schizofrenia di bilancio del Governo.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 10.100 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 433
Votanti 424
Astenuti 9
Maggioranza 213
Hanno votato
394
Hanno votato
no 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tab. 10.101 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 434
Votanti 428
Astenuti 6
Maggioranza 215
Hanno votato
244
Hanno votato
no 184).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10, con l'annessa tabella 10, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 432
Votanti 425
Astenuti 7
Maggioranza 213
Hanno votato
243
Hanno votato
no 182).

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11, con l'annessa tabella 11 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11, con l'annessa tabella 11.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 440
Votanti 435
Astenuti 5
Maggioranza 218
Hanno votato
246
Hanno votato
no 189).

Prendo atto che il deputato Misiani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

(Esame dell'articolo 12 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12, con l'annessa tabella 12 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12 con l'annessa tabella 12.
(Segue la votazione).

Pag. 106

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 430
Votanti 426
Astenuti 4
Maggioranza 214
Hanno votato
242
Hanno votato
no 184).

(Esame dell'articolo 13 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13, con l'annessa tabella 13 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata.
Nessuno chiedendo di parlare invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

CHIARA MORONI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Duilio Tab. 13.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Duilio Tab. 13.1, formulato dal relatore.

LINO DUILIO. Signor Presidente, sono un po' imbarazzato - lo confesso - anche per la simpatia nei riguardi della relatrice per la maggioranza sul disegno di legge di bilancio, perché questo emendamento faceva parte di un pacchetto di emendamenti.
Infatti si trattava di tre emendamenti sullo stesso tema, uno presentato in sede di discussione di bilancio, gli altri due in finanziaria. Memore di quanto accaduto in Commissione, avendo quindi buona memoria, e ricordando che era stato espresso un parere favorevole sull'emendamento presentato in sede di discussione della finanziaria (che verte sullo stesso tema), e immaginando che l'invito al ritiro appena espresso preluda alla conferma di quel parere favorevole, ritiro l'emendamento in esame, e spero di avere immaginato bene.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'articolo 13.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 13, con l'annessa tabella 13.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 428
Votanti 424
Astenuti 4
Maggioranza 213
Hanno votato
239
Hanno votato
no 185).

Prendo atto che i deputati De Pasquale e Porfidia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

(Esame dell'articolo 14 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 14 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 14.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 433
Votanti 429
Astenuti 4
Maggioranza 215
Hanno votato
244
Hanno votato
no 185).

Pag. 107

(Esame dell'articolo 15 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 15 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 15.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 435
Votanti 431
Astenuti 4
Maggioranza 216
Hanno votato
243
Hanno votato
no 188).

(Esame dell'articolo 16 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 16, con le annesse tabelle A e B (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 16 con le annesse tabelle A e B.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 432
Votanti 427
Astenuti 5
Maggioranza 214
Hanno votato
241
Hanno votato
no 186).

Prendo atto che il deputato Scelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 17 - A.C. 1714)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 17, con i relativi allegati 1 e 2 (Vedi l'allegato A - A.C. 1714), al quale non sono state presentate proposte emendative. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 17, con i relativi allegati 1 e 2
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 430
Votanti 425
Astenuti 5
Maggioranza 213
Hanno votato
241
Hanno votato
no 184).

Prendo atto che il deputato Mannino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Essendosi concluso l'esame degli articoli e degli emendamenti ad essi riferiti, sospendiamo l'esame del disegno di legge di bilancio.
Come già ricordato, l'esame degli ordini del giorno e del voto finale sul disegno di legge di bilancio avranno luogo dopo la conclusione del disegno di legge finanziaria.
Avverto che lo svolgimento dei restanti punti all'ordine del giorno avrà luogo in altra seduta.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,13).

MARIO PEPE (PdL). Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, intervengo a fine seduta per richiamare l'attenzione dell'Assemblea sull'ennesima tragedia italiana. Ieri mattina un'esplosione provocata da una fuga di gas haPag. 108sbriciolato la villetta di due anziani coniugi tra l'Anagnina e Vermicino. Emilio Caramoni, 82 anni, e Bruna Radicioni hanno perso la vita.
Signor Presidente, non dobbiamo considerare questa tragedia lontana da noi e dalla nostra vita. Per tale ragione auspico che il Parlamento proceda nell'esame delle proposte di legge in materia di sicurezza degli immobili dalle fughe di gas. Tra queste ve n'è anche una da me presentata che giace da tre legislature negli uffici. È una proposta di legge che non costa niente ai cittadini, non costa nulla allo Stato e servirà per evitare tragedie come quella di via Ventotene e quella di ieri.

PRESIDENTE. Avverto i colleghi informalmente che domani la seduta inizierà alle 10.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, approfitto di questa chiusura di seduta per ricordare a lei, dopo l'importante voto di oggi in Assemblea - mi riferisco a quello sulle mozioni riguardanti la cristianofobia - di far presente al Governo, come abbiamo già fatto nella mattinata di oggi, di tenere informata la nostra Assemblea, anche tramite comunicazioni in Commissione, se non ritiene opportuno farlo in Aula, riguardo al rapimento delle due suore italiane di stanza in Kenya.
Infatti, come è stato fatto nei confronti di padre Bossi e ancora di più - mi spiace doverlo citare, ma costituisce un esempio non so per chi felice o infelice - il giornalista Mastrogiacomo, il quale ha interessato il dibattito radiotelevisivo e massmediatico praticamente ad horas, tutti i giorni fino a quando non è stato liberato, confidiamo che il Governo - ci ha rassicurato oggi il sottosegretario Enzo Scotti - si impegni nella stessa direzione e tenga informato il Parlamento, per quanto è possibile, non sui dettagli delle trattative, ma su come stanno procedendo i contatti e tutti gli sforzi che si stanno facendo per la liberazione, onde evitare, come lei sa, Presidente Leone, di trovare riportate su alcuni quotidiani, come purtroppo nel passato è accaduto per altri casi simili, le radiocronache di ciò che il Governo si stava apprestando a comunicare al Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, la sua richiesta e le sue preoccupazioni saranno fatte presenti al Governo.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 20,15).

PIETRO FRANZOSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO FRANZOSO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione a risposta scritta, la n. 4-00611, presentata l'11 luglio 2008, anche perché riguarda il comune di Taranto, che è stato oggetto di un dissesto finanziario. Questa amministrazione non è in grado di dare le risposte adeguate, tanto che ha approvato il conto consuntivo con il parere contrario dei revisori dei conti. Questa risposta si rende ormai non più rinviabile, atteso lo stato di disagio totale in cui versa la città.

PRESIDENTE. Onorevole Franzoso, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo alla interrogazione da lei richiamata.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 11 novembre 2008, alle 10:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (1713).
- Relatori: Giudice, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

Pag. 109

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 (1714).
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011.
- Relatori: Moroni, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

3. - Discussione del disegno di legge:
S. 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Approvato dal Senato) (1802).
- Relatori
: Stefani, per la III Commissione e Cicu, per la IV Commissione.

4. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali (1813-A).
- Relatore: Gibiino.

La seduta termina alle 20,20.

TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI GIUSEPPINA SERVODIO, FRANCO NARDUCCI ED ANNA MARGHERITA MIOTTO IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 1713 E 1714

GIUSEPPINA SERVODIO. La manovra finanziaria è insolitamente «snella» e sembra dispensare provvidenze a costo zero. Questo perché le mele avvelenate - lasciatemi usare questa simbologia - sono tutte nella legge di bilancio di previsione dello Stato in cui pesanti ed indiscriminati sono i tagli che incideranno pesantemente sull'economia e sulle famiglie.
Per quanto riguarda il settore agricolo, ricordo che nel primo trimestre del 2008 - dati Istat - il settore, a differenza di altri settori produttivi, ha contribuito ad una inversione di rotta con un aumento tendenziale di + 1,1 per cento del PIL.
Questo dato frutto degli sforzi, del lavoro e della caparbietà di tante aziende agricole sane come è stato ripagato dal Governo?
Con la manovra finanziaria dello scorso luglio - che ha avuto un effetto depressivo anche per il settore agricolo - e con la manovra finanziaria oggi al nostro esame; nonostante questa contenga alcune delle misure già proposte a luglio dall'opposizione, ma purtroppo ancora molto, molto insufficienti, il Governo ha di fatto vanificato questo sforzo, dando purtroppo prova di incoerenza e di irresponsabilità, perché ha eluso di mettere in campo interventi strutturali per il sostegno dei consumi, per la valorizzazione delle produzioni e il contenimento dei costi.
Il bilancio infatti impone forti riduzioni di spesa derivanti in gran parte dalla manovra triennale approvata lo scorso luglio. All'epoca fu assunto un impegno da parte della maggioranza in Commissione agricoltura e da parte del Governo in Aula per un recupero significativo di interventi per il settore nella manovra di ottobre.
Qual è il risultato? Al Ministero dell'Agricoltura, vengono sottratti stanziamenti di competenza di 459 milioni di euro (-25,6 per cento).
Inoltre, se si analizza la composizione della spesa, il bilancio per l'agricoltura è ancora più pesante, infatti, mentre la spesa corrente viene ridotta del 10,3 per cento, quella in conto capitale subisce una contrazione del 39,67 per cento.
Nella sostanza l'83 per cento dei tagli complessivi riguardano gli investimenti a fronte del bisogno di innovazione, di crescita dimensionale, di sostegno alle imprese colpite da calamità e da crisi di mercato.Pag. 110
Le misure che mancano mettono in luce un dato politico preoccupante. Nell'agenda di questo Governo l'agricoltura appare residuale, laddove invece il sistema agroalimentare può assumere un valore strategico per l'economia, lo sviluppo e l'occupazione nel nostro Paese.
Il carattere multifunzionale che ha l'agricoltura - sul quale la Comunità Europea ci spinge a puntare - costituisce un elemento virtuoso per il territorio nel suo insieme e per le potenzialità di crescita nei settori quali l'ambiente, le energie alternative, il lavoro, il turismo e la salute.
Quali sono le misure che mancano? La conferma delle agevolazioni in materia previdenziale nelle aree sotto utilizzate del paese che rischiano di essere sempre più emarginate; il rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale per dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e potenziare il ruolo delle polizze assicurative; l'incremento delle risorse a sostegno del ricambio generazionale e lo sviluppo delle imprese giovanili e femminili, dei processi di internazionalizzazione, delle politiche di filiera e dell'associazionismo; il finanziamento per la realizzazione del piano irriguo nazionale; adeguati accantonamenti in tabella A e B per le leggi di spesa del dicastero delle politiche agricole (vedi legge sulle agroenergie - biologico - Commissione).
Il gruppo del Partito democratico della Commissione Agricoltura, con la presentazione di alcuni emendamenti, si è impegnato affinché tali misure potessero entrare nella legge finanziaria. Ahimè senza alcun successo - a causa di un'incomprensibile rigidità del Governo - che, in un modo assolutamente anomalo, non ha aperto alcun margine di dialogo per modifiche migliorative del testo che giunge in Aula, caso più unico che raro, senza emendamenti approvati.
Ci sconcerta il fatto che le stesse proposte emendative del Partito democratico sono state condivise anche dalla maggioranza in Commissione Agricoltura: il Governo è sordo anche rispetto alla sua maggioranza? Ci sconcerta anche il fatto che alle dichiarazioni del Ministro Zaia di operare cambiamenti, di fatto l'unico cambiamento sono i tagli indiscriminati e l'assenza di qualsiasi politica innovativa e riformatrice.
Tagliare non è una parola demoniaca: occorre tagliare, ma gli sprechi, gli interventi assistenzialistici e, se il Governo avesse presentato un piano credibile di riforme, anche per quanto riguarda enti e strutture cosiddetti «carrozzoni» e non più funzionali ad un'agricoltura moderna, avrebbe trovato nell'opposizione e nel partito democratico un consenso pieno.
Si tagliano invece le misure strutturali necessarie per innovare il modello dell'agricoltura italiana: per esempio la ricerca, il ricambio generazionale e la proiezione internazionale delle imprese agricole.
Le nostre critiche non sono pregiudiziali perché i dati finanziari sono chiari. Avvertiamo con preoccupazione che il Governo stenta a proporre e a perseguire un modello innovativo di politica per l'agricoltura.
Chiudo ricordando che siamo alla vigilia di un passaggio cruciale: la riforma PAC che imporrà maggiori responsabilità agli Stati membri chiamati ad assumere strategie di intervento nuove, anche perché dopo il 2013 le misure economiche della comunità europea non saranno più le stesse e si preannunciano orientamenti comunitari completamente diversi rispetto all'oggi e al passato. Non possiamo andare in Europa solo a rivendicare. Abbiamo il dovere di fare la nostra parte.
Ci auguriamo che il Governo - in sede di esame degli emendamenti - superi questa posizione di sottovalutazione del ruolo strategico dell'agricoltura italiana, condividendo in Aula gli emendamenti dell'opposizione che - ripeto - hanno visto protagonisti anche i colleghi della maggioranza della Commissione Agricoltura.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, Signor Sottosegretario Vegas, all'evidenza dei fatti sembra che questo Governo si sia messo sulla strada che ci allontanaPag. 111da quei principi sanciti nella nostra Carta costituzionale e che voglia rimuovere quel principio di solidarietà tanto caro a La Pira, che ha trovato casa nella costruzione di una rete solidale tra Istituzioni, cittadini e corpi sociali. Con questa finanziaria il Governo chiude ogni forma di solidarietà verso le comunità italiane all'estero, calpestando i loro diritti costituzionali all'istruzione, all'assistenza e alle altre forme di intervento che il Governo Prodi, pur impegnato in un grande sforzo di risanamento della finanza pubblica, non aveva assolutamente sottovalutato.
Nel nostro Paese ci troviamo di fronte ad un rischio grave, alla fatica e alla difficoltà di lavorare insieme per risolvere i problemi, al localismo che divide estremizzando, ad un Governo che investe poco in solidarietà in un momento in cui ce n'è molto bisogno, ad un Governo che disegna uno Stato sempre più debole. Il Governo lo fa con le scelte che hanno ispirato la formulazione della finanziaria 2009.
Abbiamo bisogno di politiche che diano respiro alle famiglie confrontate con una crescente povertà, mentre sono alle prese con la loro stessa ridefinizione. Avrebbero bisogno, le famiglie, di aiuto per costruire reti di solidarietà, e invece?
Il rapporto Caritas - Fondazione Zancan sulla povertà individua due fasce di popolazione in particolare situazione di disagio e cioè le famiglie con figli e le persone non autosufficienti. Addirittura, in Italia si registra un grado di povertà delle famiglie con 3 o più figli pari al 30,02 per cento di cui una parte consistente al Sud. In questa realtà, il Governo cosa fa? Saccheggia i 12,866 miliardi di euro dei fondi FAS destinati al Mezzogiorno. Essi rappresentano la misura compensativa con cui lo Stato ha sostituito l'intervento straordinario nel Mezzogiorno per colmare il gap di sviluppo, di infrastrutture, servizi e occupazione tra Nord e Sud.
Allora cosa diciamo a quelle famiglie? Come facciamo ad infondere fiducia nel futuro, fiducia in uno Stato che dovrebbe essere percepito vicino?
Che dire poi dei tagli alla promozione della lingua e della cultura italiane nel mondo, o degli italiani ultra-sessantacinquenni che vivono all'estero in estrema povertà e che ora vedono drasticamente ridotto il minimo di assistenza che lo Stato aveva fin qui garantito?
Io qui voglio denunciare come in Germania, dove i problemi scolastici dei figli degli italiani sono più acuti, oltre a venir compromessi la diffusione della lingua e della cultura italiane e il suo progressivo inserimento nei curricola scolastici locali, si andranno a vanificare i positivi risultati finora raggiunti per un'efficace integrazione scolastica e professionale delle nuove generazioni, grazie all'azione di sostegno e recupero scolastico a favore di tutti quegli scolari italiani che ancora rischiano l'emarginazione nel sistema scolastico e formativo locale.
Noi decliniamo ogni responsabilità se, di conseguenza, circa 15 mila scolari italiani in Germania e 16 mila in Svizzera, in una prospettiva di pochi anni, non potranno più usufruire dei corsi di lingua e cultura italiana e di sostegno scolastico. Su indicazione del Ministero degli affari esteri sono stati realizzati interventi di prevenzione all'insuccesso scolastico degli alunni italiani e corsi di lingua e cultura italiane nelle scuole locali, con progetti e iniziative sviluppati in collaborazione con le Autorità scolastiche tedesche, impegnando personale e risorse. L'abbandono di tali progetti, provocherà una grave perdita di credibilità nei riguardi di tutte le istanze italiane presenti sul territorio.
È proprio nei momenti di crisi che il nostro Paese ha potuto contare sul sostegno delle comunità italiane all'estero, con le quali occorre sviluppare maggiori sinergie. Io vorrei ricordare per esempio al sottosegretario Vegas uno studio dell'Università di Mannheim di questi giorni sulle imprenditorie etniche. Lei sa signor sottosegretario, che la comunità italiana in Germania produce un fatturato di 15,1 miliardi di euro l'anno, riconducibile al 60 per cento al solo settore della ristorazione? Il tempo stringe e quindi non vorrei dilungarmi troppo, tutt'al più mi riservo di consegnare, signor Presidente, il mio intervento per la registrazione agli atti.Pag. 112
Io lancio qui veramente un appello al Governo affinché trovi una soluzione sugli emendamenti che sono stati presentati - se saranno discussi in aula - per spostare risorse senza causare aumenti di spesa e far fronte a questa grave emergenza che il Governo ha determinato e che diventerà distruttiva con i successivi passi della manovra finanziaria approvata in luglio, vale a dire nel 2010 e nel 2011. Si distruggerà un legame fondamentale con l'Italia, un legame che per il nostro Paese produce in termini di risorse economiche cose che il Governo probabilmente non ha mai quantificato, basti pensare al turismo di ritorno, basti pensare al sostegno per il nostro sistema imprese. Abbiamo approvato pochi giorni fa la legge sull'internazionalizzione delle imprese. Io mi chiedo signor sottosegretario Vegas, come si farà, visto anche l'entusiasmo con cui in quella legge - concludo signor Presidente - si parla della rete diplomatico-consolare, nel momento in cui in tre anni sul bilancio del Ministero degli affari esteri si taglia un miliardo di euro. Chi aiuterà le nostre imprese nel mondo, con quali strumenti, con quali risorse, soprattutto con quali risorse umane? La rete diplomatica e consolare è la risorsa fondamentale per favorire l'affermazione dell'eccellenza italiana nel quadro di una mondializzazione che pone sfide sempre più complesse.
Il 15 novembre ci presentiamo al G20 con in dote una finanziaria che opera drastici tagli sul versante della spesa da sostenere per ottemperare agli impegni internazionali del nostro Paese, già assunti da tempo, come quelli per il raggiungimento degli obiettivi del Millennio. Ma se tagliamo così drasticamente la cooperazione allo sviluppo si evidenziano le contraddizioni macroscopiche tra l'aspirazione del Governo a voler essere protagonista in politica estera e il nostro disimpegno, per altro già evidenziato dai rappresentanti di alcune organizzazioni internazionali auditi in seno alla III Commissione affari esteri e comunitari della Camera.
Le difficoltà sono incalzanti ma il metodo perseguito dal Governo non sembra porre le giuste basi di partenza. È necessaria una via condivisa e non unilaterale per affrontare la crisi in atto. Ci sia confronto parlamentare vero e un confronto reale con i corpi intermedi della società per stabilire le priorità. Si trovino soluzioni condivise per operare scelte adeguate per costruire il bene comune.
Per far fronte a queste situazioni imbarazzanti sia dal punto di vista politico che economico invitiamo caldamente il Governo a riconsiderare alcune scelte errate oltre che dannose per gli interessi dell'Italia.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, le moderne democrazie di fronte alla crisi finanziaria che sta attraversando mezzo mondo, stanno ripensando le politiche di welfare e si ridisegnano i modelli di welfare come elemento determinante per la fuoriuscita dalla crisi.
In questo disegno di legge finanziaria ci saremmo aspettati di vedere almeno un piccolo barlume di ridisegno del welfare italiano, alla luce del fatto che le difficoltà finanziarie rischiano ora di creare una crisi economica e sociale di vaste proporzioni. Invece, visti i tagli, si può semplicemente affermare che si tratta di una manovra finanziaria «fuori contesto», che non si preoccupa minimamente di invertire le tendenze che sono in atto ed anzi, cinicamente, il Governo ne approfitta per assestare un colpo, che rischia di essere mortale, alle politiche di welfare, ancora esili, che sono state poste in essere nei due anni del Governo Prodi, che abbiamo alle spalle.
Si riduce il fondo per le politiche sociali, si decurta in modo abnorme il fondo per le politiche familiari, si fa scomparire nel triennio il fondo per la non autosufficienza e non si migliora di un centesimo il fondo per gli assegni familiari.
Le politiche assistenziali, finora sostenute con il fondo per le politiche sociali sono a rischio di sopravvivenza. Tutti sappiamo quale sia stato il percorso ad ostacoli incontrato dal Fondo nazionale per le politiche sociali: creato con unaPag. 113legge importante, attesa da oltre un secolo - la legge 8 novembre 2000, n. 328 -, ha dovuto fare i conti, nel quinquennio 2001-2006, con la totale disattenzione del Governo di centrodestra guidato da Berlusconi.
Non vi è stato alcun impegno per dare applicazione a quella legge, innanzitutto per approvare i LEAS (livelli essenziali di assistenza sociale) per dare cioè un contenuto al profilo dei diritti universali da riconoscere a ciascun cittadino, ma di male in peggio, sono stati addirittura ridotti i finanziamenti che inizialmente erano stati previsti, all'atto dell'approvazione della legge nel 2000.
Il primo provvedimento che varò il Governo Prodi a luglio del 2006, fu il rifinanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali, perché i Comuni e le Regioni che avevano già attivato i servizi si sarebbero trovati, grazie ai tagli imposti dalla legge finanziaria del 2006, con un disavanzo acclarato di almeno 300 milioni di euro, o, in alternativa, di fronte alla prospettiva della drastica riduzione dei servizi. Eppure non si può affermare che la situazione dei conti pubblici nel 2006 fosse rosea! Tutti ricordiamo che nel 2006 verso l'Italia era stata aperta una procedura di infrazione dall'Europa e quindi la legge finanziaria del 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) ebbe un contenuto impegnativo.
Tuttavia, pur in condizioni difficili, venne istituito il fondo per le politiche familiari, il fondo per gli asili nido, vennero aumentati gli assegni familiari e venne ripristinato il fondo nazionale per le politiche sociali che ora, inopinatamente, viene decurtato per l'anno in corso (2008) di 300 milioni ed ulteriormente ridotto per l'anno 2009. Le Regioni, in queste settimane, dicono al Governo che se non viene ripristinato il fondo sociale del 2008 nella iniziale previsione, si rischia la chiusura di servizi essenziali per i disabili, per gli anziani; verrebbero a mancare le risorse finora assicurate per il funzionamento dei servizi per l'infanzia come le scuole materne e gli asili nido, peraltro determinando una condizione di strangolamento finanziario per la molteplicità dei soggetti del terzo settore impegnati in questi campi in modo insostituibile: talvolta ho l'impressione che il Ministro dell'economia non conosca la destinazione del fondo sociale!
Peraltro, il suo collega di Governo, Ministro Brunetta, si affretta oggi in una nota a sua firma, a rassicurare gli italiani che a proposito delle misure vessatorie riguardanti la legge 104, ai disabili non saranno limitati i diritti. Invece, qui viene platealmente smentito: il modo per far venir meno i diritti è anche quello di tagliare il fondo sociale perché vengono meno le risorse, per esempio, per finanziare i Ceod, i centri occupazionali diurni per i disabili, e, senza servizi, il bambino disabile ritorna segregato in casa o negli istituti.
Perciò mi auguro che il Governo ci ripensi e ripristini il fondo sociale, almeno nella misura prevista inizialmente nel 2008, prima della sforbiciata effettuata con la manovra economica di luglio (legge n. 133).
C'è nella finanziaria 2009, inoltre, una pesantissima diminuzione del fondo per le politiche familiari, tagliato per circa il 30 per cento. Circa 100 milioni di euro in meno avranno come conseguenza l'azzeramento di alcune misure, sperimentate a partire dal 2007, in ragione della necessità di innovare le politiche sociali e promuovere interventi in settori che conoscono esigenze nuove come la formazione delle badanti, l'aiuto per le famiglie numerose, il potenziamento dei consultori. Bisogna avere un bel coraggio per parlare dei ritardi delle politiche familiari nel nostro Paese o dissertare sulle deboli politiche di integrazione per gli immigrati quando si opera con tagli di queste proporzioni!
Abbiamo invece davanti a noi la sfida di una riqualificazione dei servizi, di una estensione delle tutele, della universalizzazione di alcuni diritti; dai problemi della società multietnica, ai temi della violenza sulle donne e sui minori, alla estensione del disagio giovanile siamo interpellati per un sistema di welfare più efficace, con servizi più strutturati, dobbiamo abbandonarePag. 114l'approccio assistenzialistico ed episodico del «bonus» una tantum; insomma occorre un pensiero aggiornato sulle questioni del welfare mentre il Governo si attarda su ricette logore ed inadatte ad affrontare le criticità attuali. Ne è dimostrazione esemplare, la previsione di azzerare perfino il timido avvio del fondo per la non autosufficienza avviato dal Governo Prodi. Ed è altrettanto grave la decisione di non finanziare il piano triennale per la costruzione di asili nido e servizi per l'infanzia: il traguardo di Lisbona è ancora lontano e senza interventi concreti non si creeranno le condizioni per aiutare le famiglie in cui il desiderio di maternità non entri in conflitto con la necessità o la scelta di poter lavorare per entrambi i genitori.
Infine voglio sottolineare la esigenza di cambiare le modalità che oggi sottopongono la spesa sociale ai vincoli del patto di stabilità: anche su questo versante le Regioni chiedono un intervento deciso del Governo e debbo dire che sorprende leggere oggi una intervista del Ministro Sacconi che chiude ogni discussione sul punto: è incomprensibile questo arroccamento nel momento in cui si sommano i tagli imposti dal Governo alle difficoltà che attraversano i Comuni: con la leva finanziaria in verità si attua una seconda decurtazione alle capacità di spesa di Regioni e Comuni, limitandone peraltro ogni autonomia, come fanno tutti i centralisti!
Insomma, si tratta di una manovra finanziaria che segna un grave arretramento per le politiche sociali ed è espressione di quell'orientamento conservatore che abbiamo visto manifestarsi fin dall'inizio della legislatura: esattamente il contrario di quello che sarebbe necessario fare in tempi di crisi, quando bisogna aguzzare l'ingegno, non con la social card, ma con l'innovazione dei sistemi sociali che non sono un costo, ma la leva per contribuire a fuoriuscire dalla crisi.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1714 - articolo 1 446 441 5 221 243 198 59 Appr.
2 Nom. Tab. 2.1 459 447 12 224 200 247 56 Resp.
3 Nom. Tab. 2.3 457 451 6 226 202 249 56 Resp.
4 Nom. Tab. 2.4 462 455 7 228 205 250 56 Resp.
5 Nom. Tab. 2.5 462 451 11 226 198 253 56 Resp.
6 Nom. Tab. 2.6 460 453 7 227 204 249 56 Resp.
7 Nom. Tab. 2.7 456 449 7 225 202 247 56 Resp.
8 Nom. Tab. 2.8 444 435 9 218 200 235 56 Resp.
9 Nom. Tab. 2.9 449 442 7 222 199 243 56 Resp.
10 Nom. Tab. 2.10 440 432 8 217 197 235 56 Resp.
11 Nom. Tab. 2.11 446 437 9 219 194 243 56 Resp.
12 Nom. Tab. 2.12 448 440 8 221 197 243 56 Resp.
13 Nom. Tab. 2.13 446 438 8 220 197 241 56 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. Tab. 2.14 448 439 9 220 191 248 56 Resp.
15 Nom. Tab. 2.15 452 447 5 224 193 254 56 Resp.
16 Nom. Tab. 2.16 451 445 6 223 199 246 56 Resp.
17 Nom. Tab. 2.18 451 442 9 222 198 244 55 Resp.
18 Nom. Tab. 2.20 446 440 6 221 198 242 55 Resp.
19 Nom. Tab. 2.21 449 447 2 224 197 250 55 Resp.
20 Nom. Tab. 2.22 446 443 3 222 200 243 55 Resp.
21 Nom. Tab. 2.23 444 438 6 220 196 242 55 Resp.
22 Nom. Tab. 2.24 449 443 6 222 197 246 55 Resp.
23 Nom. Tab. 2.200 454 439 15 220 438 1 55 Appr.
24 Nom. Tab. 2.201 447 442 5 222 441 1 55 Appr.
25 Nom. em. 2.1 451 443 8 222 255 188 55 Appr.
26 Nom. articolo 2 449 444 5 223 259 185 55 Appr.
INDICE ELENCO N. 3 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. Tab. 3.100 442 419 23 210 246 173 55 Appr.
28 Nom. Tab. 3.101 441 439 2 220 249 190 55 Appr.
29 Nom. articolo 3 447 442 5 222 251 191 55 Appr.
30 Nom. Tab. 4.100 449 285 164 143 271 14 55 Appr.
31 Nom. Tab. 4.101 443 434 9 218 267 167 55 Appr.
32 Nom. Tab. 4.1 443 436 7 219 187 249 55 Resp.
33 Nom. Tab. 4.2 439 433 6 217 188 245 55 Resp.
34 Nom. articolo 4 444 439 5 220 249 190 55 Appr.
35 Nom. articolo 5 442 437 5 219 251 186 55 Appr.
36 Nom. Tab. 6.101 437 413 24 207 411 2 55 Appr.
37 Nom. Tab. 6.100 434 429 5 215 429 55 Appr.
38 Nom. articolo 6 445 440 5 221 250 190 55 Appr.
39 Nom. Tab. 7.1, 7.2 443 426 17 214 181 245 55 Resp.
INDICE ELENCO N. 4 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. articolo 7 442 440 2 221 246 194 55 Appr.
41 Nom. articolo 8 446 441 5 221 254 187 54 Appr.
42 Nom. Tab. 9.1 437 433 4 217 187 246 54 Resp.
43 Nom. articolo 9 434 430 4 216 244 186 54 Appr.
44 Nom. Tab. 10.100 433 424 9 213 394 30 54 Appr.
45 Nom. Tab. 10.101 434 428 6 215 244 184 54 Appr.
46 Nom. articolo 10 432 425 7 213 243 182 54 Appr.
47 Nom. articolo 11 440 435 5 218 246 189 54 Appr.
48 Nom. articolo 12 430 426 4 214 242 184 54 Appr.
49 Nom. articolo 13 428 424 4 213 239 185 54 Appr.
50 Nom. articolo 14 433 429 4 215 244 185 54 Appr.
51 Nom. articolo 15 435 431 4 216 243 188 54 Appr.
52 Nom. articolo 16 432 427 5 214 241 186 54 Appr.
INDICE ELENCO N. 5 DI 5 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 53)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nom. articolo 17 430 425 5 213 241 184 54 Appr.