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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 62 di martedì 7 ottobre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 18.

GREGORIO FONTANA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Brancher, Meloni, Menia e Vernetti sono in missione a decorrere dalla odierna seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (A.C. 1634-A) (ore 18,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università.
Ricordo che nella seduta del 6 ottobre 2008 il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis 1.1 (Ulteriore nuova formulazione) (vedi l'allegato A - A.C. 1634-A), interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 137 del 2008 (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione e per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione vedi l'allegato A - A.C. 1634-A della seduta del 3 ottobre 2008).

Sull'ordine dei lavori (ore 18,05).

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per rinnovare, ancora una volta, tramite lei, un invito fermo e sempre più preoccupato al Governo per venire a riferire al Parlamento sulla situazione dell'attuale crisi finanziaria. Abbiamo letto, nella tarda serata di ieri, una dichiarazione del Ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Elio Vito, nella quale si affermava che forse verrà il Presidente del Consiglio a riferire in Parlamento a fine mese: l'unica cosa che ricaviamo con certezza da questa dichiarazionePag. 2è che per il momento non viene il Ministro Tremonti, così come nessun altro. In questa circostanza dire che forse verrà qualcuno tra un mese, o comunque tra due o tre settimane, vista la gravità, l'incombere e l'impellenza dell'attuale crisi finanziaria, ci sembra come affermare che verrà qualcuno tra anni.
Vi sono ogni giorno nuovi Governi europei che assumono iniziative importanti - prima la Germania e l'Irlanda, oggi l'Olanda - per tutelare i risparmiatori e per fronteggiare questa crisi. Il nostro Governo, non solo non ha fino ad ora assunto iniziative, ma nemmeno ritiene doveroso venire in Parlamento, informare gli organi del Parlamento, e soprattutto il Paese, di quelle che sono le intenzioni, l'analisi della situazione del nostro Paese, il rischio del nostro sistema finanziario e il presumibile evolvere della crisi finanziaria. Ancora una volta, ma con fermezza non inferiore a preoccupazione, rinnoviamo questo appello (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Donadi sarà cura della Presidenza trasferire al Ministro per i rapporti con il Parlamento la sua richiesta.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento Dis. 1.1 del Governo - A.C. 1634-A)

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà per tre minuti.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, i deputati del Partito Repubblicano Italiano voteranno a favore del provvedimento e lo faranno nella speranza che ponga fine alle incertezze che, da troppo tempo, caratterizzano l'organizzazione della scuola italiana. È necessario voltare pagina rispetto ai continui ripensamenti degli anni passati, che non hanno certo contribuito a risolvere un problema da cui dipenderà la crescita complessiva, e non solo culturale, del Paese negli anni a venire. Speriamo che i cinque anni di questa legislatura possano costituire un «punto e a capo», ed impostare con serietà quella riforma che faccia compiere alla scuola italiana un salto di qualità per riportarla in linea con gli standard europei.
Non comprendiamo le critiche dell'opposizione che, nella migliore delle ipotesi, si basano su dati che non trovano riscontro nella realtà dei fatti, tendono a sottovalutare lo sforzo necessario per introdurre, in un comparto così delicato, quelle misure di razionalizzazione che sono nell'interesse degli studenti, che oggi imparano poco, e degli stessi insegnanti che hanno livelli retributivi troppo bassi. Se si partisse da questi elementi, e non da posizioni ideologiche, il confronto parlamentare sarebbe risultato più proficuo nell'interesse di tutte le componenti della scuola e, quindi, del Paese. Naturalmente, alcune norme - condividiamo i rilievi della Commissione bilancio - potevano essere migliorate, ma una ripresa del ruolo del Parlamento può avvenire solo se si esce da uno scontro pregiudiziale e, di fronte alla grave crisi internazionale, si ritrovano le ragioni profonde per un confronto produttivo.
Per queste ragioni i deputati del Partito Repubblicano Italiano voteranno la fiducia al Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà per tre minuti.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la posizione della questione di fiducia ed il ricorso continuo alla decretazione d'urgenza costituiscono un vulnus nei rapporti tra il Governo e i gruppi parlamentari. Le funzioni legislative del Parlamento appaiono esautorate dalla reiterazione di questi voti di fiduciaPag. 3su maxiemendamenti. Al di là delle obiezioni sul voto di fiducia non è ammissibile che una materia così complessa e delicata possa essere riformata e regolata attraverso la decretazione d'urgenza.
Nella sostanza, in relazione al territorio e all'esperienza della nostra provincia autonoma di Bolzano, la riforma in esame contiene però alcune norme che giudichiamo positivamente. Mi riferisco alle disposizioni in materia di cittadinanza e in ordine alla Costituzione che avranno un ruolo nell'elaborazione delle indicazioni provinciali per i curricula che già sono parte importante dell'esperienza della scuola nel territorio sudtirolese. Riteniamo a tale proposito essenziale che pari importanza sia riconosciuta alla conoscenza delle norme dello statuto di autonomia che sono a fondamento della convivenza tra i gruppi linguistici.
Manifestiamo consenso, inoltre, per l'esigenza di reintrodurre una valutazione degli apprendimenti scolastici con il voto in decimi, pur se riteniamo che tale misura debba essere sostenuta da un giudizio analitico globale sia nella scuola primaria sia per gli alunni della scuola secondaria di primo grado. Provvederemo noi, nell'ambito della nostra competenza in materia scolastica, con apposita legge provinciale.
Un giudizio positivo possiamo dare anche in merito alla valutazione del comportamento degli studenti. L'ipotesi che tale valutazione possa essere decisiva ai fini della bocciatura dello studente indubbiamente è un'ipotesi ultima e estrema da poter prendere in considerazione, ma costituisce indubbiamente una misura per favorire una maggiore disciplina in classe.
Non esprimiamo un giudizio positivo sul ritorno del maestro unico per cui, nell'ambito delle nostre competenze in materia scolastica, riconosciute anche dal presente provvedimento, non sarà introdotta alcuna innovazione nella scuola primaria della provincia di Bolzano (su questo punto noi non abbiamo intenzione di adeguarci). Per queste ragioni, come Südtiroler Volkspartei, esprimiamo un voto di astensione sulla fiducia posta dal Governo e sul provvedimento stesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà per sei minuti.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Movimento per l'Autonomia voterà la fiducia al Governo, un Governo sostenuto da una coalizione composta da un grande partito nazionale, il PDL, che fa riferimento al popolarismo europeo e a due movimenti territoriali, il Movimento per l'Autonomia al sud, e la Lega al nord. Noi riteniamo che questa coalizione potrà reggere quanto più si consolideranno i due pilastri su cui essa poggia: lo sforzo, che noi riteniamo fondamentale, di ridurre il divario tra il nord e il sud del Paese e l'attuazione del federalismo fiscale e del federalismo istituzionale.
Ma noi voteremo la fiducia, perché siamo convinti di dover continuare a sostenere l'azione riformatrice del Governo Berlusconi, che sta ottenendo risultati positivi per il Paese e per il nostro Mezzogiorno. La lotta alla criminalità, l'emergenza rifiuti finalmente avviata a soluzione, la razionalizzazione della spesa pubblica, il federalismo fiscale, una politica estera che ha ridato dignità internazionale al nostro Paese e il salvataggio dell'Alitalia sono solo alcuni degli aspetti positivi ascrivibili all'operato del Presidente del Consiglio e del suo Governo. È per questo che noi voteremo con convinzione la fiducia.
È di questi giorni la polemica sollevata dalle forze politiche di opposizione su un presunto abuso dello strumento della decretazione e su un eccessivo ricorso alla fiducia. Intanto credo che valga la pena sottolineare che a cinque mesi dal giuramento il Governo Berlusconi è ricorso alla fiducia per sei volte.
Nella legislatura precedente, sempre a cinque mesi dall'insediamento, il Governo guidato da Romano Prodi aveva fatto ricorso alla questione di fiducia per ben ventisette volte.Pag. 4
Anche in questa Camera abbiamo ascoltato le vestali della difesa della dignità del Parlamento. Ma riteniamo che si difenda la dignità del Parlamento, quando il Parlamento è in condizioni di legiferare e di produrre atti legislativi. È per questo che riteniamo che si debbano riformare gli strumenti regolamentari per consentire alle Camere di funzionare con efficienza e di dare al Paese le risposte che si attende in un contesto così difficile e drammatico.
Il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, meglio noto come riforma Gelmini, dal nostro punto di vista presentava tutti i requisiti di necessità e urgenza che la nostra Costituzione richiede. Il sistema formativo del nostro Paese vive un momento di crisi emerso in modo inequivocabile dalle indagini internazionali i cui dati sono stati resi noti recentemente dall'OCSE. Se a questi dati aggiungiamo i fenomeni di bullismo, purtroppo sempre più diffusi, possiamo facilmente renderci conto di quanto fosse necessario approvare una riforma che invertisse radicalmente una rotta indubbiamente sbagliata.
La riforma in sé presenta alcuni aspetti che senza indugio possiamo valutare positivamente. La reintroduzione del voto in condotta rappresentava un'esigenza vitale alla luce dei fenomeni di violenza che la cronaca registra quotidianamente. Lo stesso predecessore del Ministro Gelmini, l'onorevole Fioroni, ebbe a dichiarare che da qualche decennio l'Italia vive una terribile emergenza educativa e che serve qualcosa di diverso da un'ulteriore riforma escatologica della scuola italiana. Quei dati richiedono da parte della scuola un adeguamento ad essere seria. Fu proprio il Ministro dell'istruzione del Governo Prodi a rilevare per primo l'esigenza di una riforma che riportasse un minimo di serietà e di rigore in una scuola pubblica che si andava distinguendo per lassismo, impunità e permissivismo.
Riteniamo che il maestro unico sia un altro aspetto della riforma da condividere appieno, perché offre ai ragazzi un'importante figura di riferimento. È un modello già in vigore in altri Paesi europei. Infine, la riforma valorizza il merito, dà piena attuazione al principio dell'autonomia scolastica e consente alle famiglie di spendere voucher formativi nelle scuole pubbliche o private.
Tuttavia, signor sottosegretario, le rivolgiamo una questione: la riforma Gelmini non può non farsi carico del divario tra scuola del nord e scuola del sud che non è da attribuire alle capacità di apprendimento dei nostri ragazzi, né alla professionalità dei nostri insegnanti.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Occorre ridurre il divario. Abbiamo una forte preoccupazione per il rischio di tagli; abbiamo ascoltato le rassicurazioni del Ministro Gelmini.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ARTURO IANNACCONE. Tuttavia con quattro ordini del giorno da noi presentati intendiamo dare una risposta a tali questioni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mura. Ne ha facoltà per dieci minuti.

SILVANA MURA. Signor Presidente della Camera, signora Ministra che non c'è, colleghi, anche per quanto riguarda la riforma di un settore fondamentale per il futuro del nostro Paese come la scuola, ci troviamo purtroppo ad affrontare il solito schema che il Governo impone al Parlamento dall'inizio della legislatura. Siamo di fronte ad un decreto-legge che umilia ed espropria le Camere della funzione legislativa e ad un voto di fiducia che impedisce a noi parlamentari di parlare e di proporre soluzioni alternative. È la sesta fiducia in cinque mesi e l'Italia dei Valori per la sesta volta in cinque mesi voterà convintamente contro questo ennesimoPag. 5atto di arroganza nei confronti del Parlamento, degli italiani e della scuola.
È un voto negativo, quello dell'Italia dei Valori, sia nei confronti del metodo che questo Governo continua ad utilizzare, ma anche e soprattutto nel merito di una riforma che danneggia certamente la scuola italiana, una riforma tanto irrazionale da colpire proprio il settore dell'istruzione che funziona meglio nel nostro Paese: quello della scuola primaria.
In un Paese che non è certo ai primi posti delle classifiche internazionali, relativamente al livello culturale e alla qualità dell'insegnamento, era lecito attendersi che una riforma seria della scuola investisse risorse, invece di sottrarne. Purtroppo il suo decreto-legge, signora Ministra che non c'è, va esattamente nella direzione opposta, tagliando, tagliando e ancora tagliando. D'altronde, era ingenuo attendersi altro da una riforma della scuola che si scrive Gelmini, ma si legge Tremonti: 8 miliardi di euro tagliati, 87 mila cattedre in meno e 45 mila unità di personale non docente in meno sono il regalo che il Governo Berlusconi fa agli studenti italiani e alle loro famiglie. È un Governo che si compone di un «Ministro unico» che decide, il Ministro Tremonti, e di tanti «Ministri bidelli» che eseguono gli ordini e ci mettono obbedientemente la faccia.
Devo riconoscere, signora Ministra che non c'è, che lei ha svolto questo compito, ingrato per chiunque, con una certa abilità e devo dire anche con grande entusiasmo. Con una mole spropositata di dichiarazioni mediatiche ha cercato di creare una cortina fumogena che con il grembiulino, il ritorno del voto in condotta e la reintroduzione dei voti al posto dei giudizi, ha cercato di nascondere che questo Governo non vuole rilanciare la scuola italiana, bensì la vuole «rottamare», magari a tutto vantaggio della scuola privata.
Lei in questo, signora Ministra che non c'è, è stata insuperabile, ma l'inganno è venuto alla luce lo stesso e immediatamente. Infatti, basta leggere il decreto-legge in esame per capirlo e per accorgersi che si basa su tre elementi fondamentali: norme assolutamente inutili, errori e misure profondamente dannose. Se ne sono accorti tutti nel Paese e subito, ad iniziare dalle molte mamme che, per protestare, sono scese in piazza oppure hanno occupato pacificamente scuole in tutta Italia, insieme ai loro bambini. Lo hanno fatto per difendere il diritto all'istruzione, ma anche per difendere il diritto alla qualità dell'insegnamento, che questa riforma non solo non garantisce più, ma compromette fortemente.
L'introduzione del maestro unico nella scuola primaria è il provvedimento che, in assoluto, caratterizza in maniera negativa questa riforma; quella del ritorno al maestro unico è una scelta che, oltre al taglio di posti di lavoro, produrrà una serie di conseguenze profondamente deleterie, la prima delle quali è quella di chiudere per sempre le porte dell'insegnamento a migliaia di docenti precari, che hanno studiato anni per svolgere questa professione ed ora si vedono sbattuta una porta in faccia, una porta che non si riaprirà mai più. Di fronte al dramma umano e professionale che queste persone stanno vivendo, cara Ministra che non c'è, la sua proposta di reimpiegarli nel settore turistico suona come una beffa crudele, mi consenta. Una soavità, la sua, che ricorda quella della regina Maria Antonietta di Francia che, a chi le raccontava delle rivolte che scoppiavano Parigi a causa della fame, rispondeva sorpresa: «Ma se il popolo non ha il pane, perché non mangia le brioches(Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Altra conseguenza, certamente dannosa, del ritorno al maestro unico è quella di un insegnamento di minor qualità: dalla riforma del 1990 gli insegnanti della scuola primaria sono stati formati per offrire un insegnamento settoriale. Dunque, i maestri che dal prossimo anno saranno chiamati a fornire un insegnamento globale non hanno una preparazione professionale che consenta loro di svolgere al meglio questo compito.
Ultima ma non ultima delle conseguenze negative di questa riforma sta nel fatto che il ritorno al maestro unico pone lePag. 6basi per l'eliminazione del tempo pieno. Questo è un colpo durissimo per le molte famiglie italiane nelle quali entrambi i genitori lavorano. Se i bambini non potranno essere lasciati a scuola fino alle ore 17, per molte famiglie italiane si imporrà un'altra voce di spesa oppure molte donne - perché tocca sempre a noi - dovranno rinunciare al proprio lavoro per occuparsi dei figli. Su questo mi farebbe piacere conoscere l'opinione di un'altra Ministra, della quale è difficile percepire la presenza, quella per le pari opportunità.
Come contorno all'introduzione del maestro unico, misura imposta dal «Ministro unico», lei, onorevole Ministra che non c'è, ha riempito le pagine del decreto-legge di una serie di provvedimenti assolutamente inutili o del tutto secondari, che avevano come unico fine quello di distogliere l'attenzione dei cittadini italiani. Questo suo modo di agire ricorda bene quello dei writer; sì, ha capito bene, signora Ministra che non c'è, proprio quella dei writer che il Governo ha annunciato di voler combattere: loro imbrattano le mura della città per lanciare un messaggio, per lasciare un segno della loro presenza e lei ci sembra fare altrettanto. Ha dunque reintrodotto per legge quello che già esisteva, come l'educazione civica, estesa però allo studio degli statuti regionali, come dazio impostole dagli amici della Lega.
Parliamone! Gli statuti regionali alle elementari!
Ha riproposto il voto in condotta, i voti numerici e tutta una serie di altre norme!
In questo lavoro non facile, però, non sono mancati errori gravi come quello della bocciatura con una sola insufficienza, errore al quale, sulle prime, avete risposto con la solita arroganza e che ora è stato corretto, ma con una formula molto confusa.
Non mancano in questa riforma anche palesi incongruenze: quella più evidente è rappresentata dal fatto che, da un lato, si ricorre al voto in condotta come strumento per contrastare il bullismo, ma, dall'altro lato, si licenziano i bidelli, abbandonando bagni e corridoi alla prepotenza dei bulli, i quali, senza controllo, continueranno ad imporre la loro legge fatta di violenza.
Questa riforma della scuola, così come tutti i provvedimenti adottati da questo Governo, è un gigantesco, luccicante spot, il cui contenuto è rappresentato esclusivamente dal vuoto.
L'Italia dei Valori ha a cuore la scuola italiana ed è dalla parte degli studenti, degli insegnanti e delle famiglie italiane, ed è per questo che assegna un bel quattro in condotta al Governo (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), negando la fiducia ad una riforma che vende fumo e ruba l'arrosto! In questo caso, però, l'arrosto è il diritto all'istruzione e ad un insegnamento di qualità (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitanio Santolini, alla quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'Unione di Centro non voterà la fiducia su questo provvedimento perché è molto grave e preoccupante che il Governo abbia deciso di porre la questione di fiducia su un decreto-legge che riguarda la scuola.
Eravamo stati molto critici due mesi fa quando il Ministro Gelmini, a fine agosto, firmò un decreto-legge che metteva mano alla riforma della scuola primaria ed eravamo critici per due fondamentali ragioni.
La prima ragione è che non vi era alcun carattere di urgenza nell'introdurre il voto in condotta o la votazione delle discipline in decimi. Nessuna misura contenuta nel decreto-legge ha obiettivamente carattere di urgenza e, dunque, era incomprensibile il varo di un provvedimento così importante in piena estate e, ripeto, sotto forma di decreto-legge. Si poteva e si doveva discutere sulla bontà del provvedimento, ma certamente il carattere di urgenza non sussisteva.
La seconda ragione delle nostre critiche stava nella certezza che un decreto-leggePag. 7avrebbe necessariamente strozzato il dibattito e non avrebbe consentito a tutte le componenti della scuola un confronto sereno sul futuro e sul destino dei nostri figli.
Dunque, nessun carattere di urgenza e la cancellazione di un confronto necessario per giungere a soluzioni condivise da tutte le componenti della scuola.
Ed ora ecco arrivare la fiducia: una scelta altrettanto grave, a nostro avviso, perché la scuola è cosa troppo importante e troppo seria per essere blindata da un'intesa tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero dell'istruzione.
È vero che la scuola ha urgente bisogno di una cura radicale, in profondità, ma non si possono cambiare il volto della scuola e le sue regole, senza un coraggioso dialogo tra coloro che hanno la responsabilità dell'educazione e della formazione delle nuove generazioni e gli studenti che sono i veri protagonisti della scuola. I mali della scuola non si curano a colpi di decreti-legge e di questioni di fiducia, e siamo molto preoccupati che questo decreto-legge e la relativa questione di fiducia siano solo i primi di una lunga serie, stando alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale vuole espropriare, sempre di più ed in modo sistematico, le prerogative e i compiti del Parlamento.
Ricordo che quando il Ministro Gelmini venne audito per la prima volta in Commissione cultura per l'esposizione del suo piano programmatico dichiarò: «Abbiamo discusso troppo e troppo a lungo di cicli, di modelli pedagogici (...). Abbiamo "imbullonato" e "sbullonato" leggi e decreti, badando più al colore politico che alla sostanza dei problemi. Oggi dovremmo tutti renderci conto che abbiamo bisogno di buona amministrazione, di buongoverno, di semplificazione e di chiarezza. Il Ministro prende qui l'impegno solenne di rispettare queste considerazioni».
Se fosse qui il Ministro Gelmini, vorrei chiedere: «Signor Ministro, cosa ha fatto lei con questo decreto se non "imbullonare" e "sbullonare" leggi e decreti? Cosa c'entrano le novità che lei introduce nella scuola primaria con l'amministrazione, il buongoverno, la semplificazione e la chiarezza? O lei pensa che esprimere una valutazione in decimi anziché con un giudizio sia l'unico modo per fare chiarezza»? Poi, signor Ministro, le ricorderei che, nel citato intervento in Commissione, lei ha proseguito dichiarando: «Proporrò modifiche legislative solo laddove sia strettamente necessario (...). Soprattutto, cercherò di preservare e di mettere a sistema quanto di buono fatto dai miei predecessori». Signor Ministro, le vorrei ricordare che di tutti gli ambiti della scuola quello della scuola primaria era il meno disastrato, e lei lo sa. Perché non ha rispettato quanto di buono fatto dai suoi predecessori? Il sospetto è che lei fosse davvero intenzionata a procedere in forma graduale e armonica rispetto al passato, introducendo delle novità con gradualità. Ma le decisioni del ministro Tremonti - decisioni a quanto pare irremovibili - l'hanno indotta a cambiare rapidamente atteggiamento e a fare letteralmente i conti con risorse che non ci sarebbero più state. Da qui, un generale ridimensionamento, una forzata razionalizzazione, una drastica riduzione delle spese, con una spruzzatina di misure inutili, ma ad effetto. Il sospetto è che l'unico ministro del Governo Berlusconi sia il Ministro Tremonti, che l'ha costretta a rimangiarsi anche un'altra affermazione fatta in Commissione dove lei disse: «Va (...) detto (...) che la coperta è corta, ma che la scuola è una priorità, anzi "la priorità". Non si tratta di un capitolo di bilancio qualsiasi, perché da essa dipende il futuro del Paese e il Governo dovrà tenerne conto». Signor Ministro Gelmini, se lei fosse qui osserverei: «Il Governo non ne ha tenuto conto, e allora lei, come fa»? Io nutro anche un altro sospetto: che la fiducia venga messa anche perché, in seno alla maggioranza, ci sono molte critiche e perplessità sul decreto in esame e in questo momento non vi potete permettere discussioni, riserve e attacchi da parte di nessuno, fuori e dentro il Palazzo. E così, il decreto elimina ogni polemica e la fiducia completaPag. 8l'opera. La scuola non merita un trattamento del genere. Se è vero come è vero che in Commissione cultura siamo stati costretti ad audire oltre venti sigle in rappresentanza di tutti i soggetti della scuola in una sola giornata, questo non significa fare buone leggi (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico). Questo mi porta ad un'ultima considerazione amara, trattandosi proprio della scuola; insisto: della scuola. A proposito del modulo della scuola primaria, devo ricordare che esso fu introdotto nel 1990 dal ministro Mattarella, dopo una lunga sperimentazione - è vero - ma dietro una formidabile pressione dei sindacati che, a seguito della diminuzione degli alunni, ponevano un serio problema di organico. Oggi si fa una riforma per questioni di bilancio, senza una vera ricerca scientificamente fondata su cosa sia meglio per gli alunni e per le loro famiglie. In altre parole, sempre considerazioni altre portano alle riforme e mai, mai, si fanno riforme a partire dalla scuola, dalla sua realtà e dai suoi veri bisogni. Non ci sono strumenti valutativi fondati su cosa sia meglio e così si procede in ordine sparso e senza una visione, senza un progetto, senza una programmazione e senza un'organizzazione vera che siano in grado di dare alla scuola la dignità che merita e che ha perduto.
Per tali ragioni, noi non voteremo la fiducia al Governo, nella speranza che davvero la scuola diventi, anche per questo Esecutivo, la priorità, come ha dichiarato il Ministro Gelmini. Noi saremo qui a vigilare perché ciò avvenga e denunceremo tutti i colpi di mano che potranno nuocere alla scuola e a quella parola dimenticata che è «educazione» (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, Ministro, ho sentito parlare di esproprio del Parlamento, ho sentito gridare allo scandalo parlando di decretazione d'urgenza con riferimento al decreto-legge n. 137 del 2008 sulla scuola. Occorre, però, dire che solo chi non ha frequentato a lungo le aule scolastiche, solo costoro possono gridare allo scandalo.
Infatti, ormai, questa polemica si potrebbe giustificare se la questione scuola non avesse raggiunto i limiti del non ritorno. Ormai tutti: stampa, media, critici, opinionisti, sono concordi nel ritenere la scuola e la questione educativa un'emergenza. Solo qui dentro, da certi banchi, mi sembra di capire che non si consideri la scuola un'emergenza.
Ormai siamo arrivati ad una situazione in cui tutti devono riconoscere che esiste il problema e, se esiste, va risolto. È diventato un problema scottante, allora ben venga anche la decretazione d'urgenza, se serve a risolvere, se serve a guarire questa scuola malata. Le sue malattie hanno nomi precisi: si chiamano lassismo, buonismo e permissivismo, spesso mascherati da termini quali inclusione, tolleranza, partecipazione.
Infatti, cosa abbiamo visto in questi giorni? In nome della partecipazione abbiamo visto gli insegnanti indurre i bambini delle elementari a occupare - ascoltate bene - a occupare le aule scolastiche.
Gli insegnanti non dovrebbero contestare le scelte politiche gravando e appoggiandosi sugli studenti, dovrebbero proporre riforme per aumentare le possibilità di apprendere per gli studenti. Negli ultimi trent'anni, però, purtroppo, le politiche portate avanti dai sindacati hanno comportato solo un aumento delle spese al fine di creare occupazione senza aumentare il livello di formazione per gli studenti.
Occorre, quindi, dare atto al Ministro di essersi distanziato dalle politiche portate avanti in questi anni durante i quali una gran parte dei docenti ha sostenuto idee faziose senza contribuire assolutamente alla crescita della scuola.
In questi ultimi trent'anni, la scuola si è retta su un equivoco: la scuola dell'obbligo è stata interpretata come obbligo di promozione e i risultati, purtroppo, siPag. 9sono visti, sono sotto gli occhi di tutti. La scuola italiana è relegata agli ultimi posti nella classifica delle indagini OCSE-PISA anche se il nord ed il nord-est, invece, si attestano su posizioni elevate. Sarebbe, però, importante che gli insegnanti aprissero un dibattito serio sulla scuola anziché gridare allo scandalo per la decretazione d'urgenza. Infatti, i veri nodi da sciogliere per superare gli effetti distorsivi determinati dalla pluralità degli insegnanti sono altri e cioè la formazione dei docenti nelle nuove discipline, l'organizzazione della didattica per un apprendimento attivo, la flessibilità nell'impiego degli organici e, ancora, le grandi questioni del reclutamento e della mobilità.
Non si discute sulla necessità di eliminare gli sprechi dove effettivamente ci sono e d'altra parte il Quaderno bianco sulla scuola predisposto dal precedente Governo ne evidenzia con chiarezza molti.
Come mai, ad esempio, con lo stesso numero di alunni per docente, il Piemonte, così come il Veneto e la Lombardia, garantiscono il tempo pieno al 50 per cento dell'utenza e il Molise a meno dell'uno per cento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Come mai il numero dei disabili, in alcune regioni, è triplo rispetto ad altre? Possibile che esistano disabili solo in alcune zone?
Sono tutte domande che richiedono delle risposte, ma ci vuole tempo per sondare, verificare e risolvere. L' emergenza, tuttavia, incalza: siamo già ad ottobre e non possiamo aspettare oltre.
Quindi, il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, cerca di porre rimedio a questa situazione. Ritengo che il punto qualificante, entrando nel merito del decreto-legge, sia l'introduzione della disciplina denominata «Cittadinanza e Costituzione», intesa però non come la vecchia educazione civica, relegata in qualche nozione impartita nei ritagli di tempo, ma come educazione alla legalità. Infatti, quest'ultima implica educazione a riconoscere i diritti ma anche i doveri del cittadino, che si traducono in educazione alla responsabilità, concetto questo ormai desueto e sconosciuto in un corpo sociale in cui la responsabilità non è mai individuale, ma è sempre della società, è sempre di qualcun altro.
Siamo consapevoli dell'importanza del legame con il territorio e per questo abbiamo fatto inserire - a fianco dello studio della Costituzione - lo studio degli statuti regionali, al fine di promuovere la conoscenza del pluralismo istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
In questa ottica, in quella dell'educazione alla legalità, ben venga anche il voto in condotta, come determinante nella promozione o nella bocciatura di uno studente. Ritengo di poco pregio l'affermazione che il profitto non può essere inficiato dal comportamento. Invece, poiché la persona è una ed è un'entità unica e non suddivisa in compartimenti stagni, il comportamento è complementare al profitto, per cui quanto più uno studente ottiene voti lusinghieri, tanto più il suo comportamento deve attestarsi su posizioni ottimali. È molto più deprecabile il comportamento scorretto di uno studente intellettualmente dotato che la vivacità di un ragazzo dalle condizioni sociali disagiate. Si obietta che il voto in condotta non serva per lo studente discolo, per colui che non ha niente da perdere. Invece, a parte la funzione deterrente del voto in condotta e della ventilata bocciatura per un'insufficienza in condotta, occorre ricordare che i ragazzi chiedono regole e paletti e vogliono sapere fino a dove possono spingersi. In assenza di indicazioni precise nessun ostacolo li frena e il risultato è la deriva dei comportamenti, la denigrazione dell'insegnante, del compagno di classe, soprattutto se più debole, e l'irrisione delle istituzioni, dal vigile, al genitore, al docente.
Con il decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, la scuola rivendica il proprio ruolo di fonte autorevole del sapere, dell'apprendimento, del vivere civile e la strada da percorrere è quella del rigore, della serietà e della chiarezza. Naturalmente ci muoviamo con il buon senso e abbiamo ritenuto improponibile la bocciatura nellaPag. 10scuola primaria anche per una sola insufficienza. Proprio per tale ragione abbiamo proposto e ottenuto che la bocciatura nella scuola primaria fosse prevista solo in casi eccezionali - lo ripeto: solo in casi eccezionali - e comprovati da specifica motivazione e comunque prevedendo sempre la collegialità della decisione - nella scuola primaria, all'unanimità; nella scuola secondaria di primo grado, a maggioranza -, onde sventare qualunque tentazione arbitraria.
Inoltre, particolare attenzione abbiamo portato alla condizione dei bambini e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento e con disabilità, per i quali la votazione in decimi sarebbe penalizzante, oltre che non rispondente alle esigenze di valutazioni differenziate per competenza e progressioni.
Anche la votazione in decimi risponde all'esigenza di chiarezza e di rigore. I giudizi, purtroppo, gettavano fumo negli occhi degli studenti e dei genitori e diventavano spesso solo un esercizio accademico di ricerca di sinonimi o di perifrasi. Per lo più, non gratificavano nemmeno gli insegnanti, costretti a rimanere per ore in classe a stilare i giudizi.
Purtroppo, la scuola degli anni passati alla qualità privilegiava la quantità; era importante che l'insegnante rimanesse in classe, magari a stilare...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLA GOISIS.... per ore e ore, sacrificando l'impegno dell'insegnamento sull'altare della burocratizzazione della scuola.

PRESIDENTE. Onorevole Goisis, la prego di concludere, il suo tempo è terminato.

PAOLA GOISIS. Riguardo al maestro unico dico solo due parole: siamo contrari alle compresenze, perché dove ci sono compresenze, ossia tre insegnanti in un'ora, è molto meglio che ci sia un insegnante; gli altri insegnanti andranno a coprire nuove esigenze delle famiglie, il tempo pieno, il tempo prolungato...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Goisis.

PAOLA GOISIS. Allora, poiché vogliamo la scuola dell'efficienza, del rigore e della serietà, noi voteremo con convinzione la fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Coscia. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

MARIA COSCIA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, lei mi consentirà, anche se non mi ascolta in questo momento, di rivolgermi alla signora Ministra, sperando comunque che lei riferirà i nostri interventi.
Ieri il Governo ha posto l'ennesima questione di fiducia su un decreto-legge dopo che il Presidente del Consiglio ha parlato di opposizione «sfascista»; si tratta di un attacco di una gravità inaudita non solo all'opposizione, ma a tutto il Parlamento e forse, proprio per questo, il Ministro Vito, che è un parlamentare di lungo corso, ha invece motivato la richiesta di fiducia con l'urgenza di procedere in tempi stretti all'approvazione di questo provvedimento. Ha riconosciuto, dunque, che non vi è stato da parte dell'opposizione un comportamento ostruzionistico; d'altra parte questa è la realtà dei fatti. Noi abbiamo condotto una forte battaglia parlamentare sul merito del provvedimento, in tutti i nostri trentanove interventi effettuati durante la discussione sulle linee generali e sul complesso degli emendamenti abbiamo ricercato con pazienza e con determinazione un confronto perché per noi era, ed è, prioritario batterci per il bene dei nostri bambini e del Paese. Ma lei, Ministro Gelmini, non ha voluto confrontarsi sul merito delle questioni da noi poste, non solo in tutto il dibattito parlamentare e anche nella sua replica finale, nella quale non ha tenuto conto delle nostre posizioni e delle proposte contenute nei nostri emendamenti, ma ha continuato con dichiarazioni ed interviste anche domenica,Pag. 11in un talk show senza contraddittorio, a raccontare bugie agli italiani e ad occultare il vero scopo di questo decreto-legge: tagliare circa otto miliardi di euro ed oltre 130 mila posti di lavoro in tre anni nella scuola pubblica.
Infatti, con la conversione in legge di questo decreto volete portare a compimento l'attacco più pesante che sia mai stato portato alla qualità della scuola pubblica italiana e, in particolare, alla scuola primaria, un attacco che avete già imposto al Parlamento con i voti di fiducia e con l'approvazione a maggioranza della manovra economica estiva. È del tutto evidente ormai che il punto centrale è contenuto nell'articolo 4 del decreto-legge, quello relativo al maestro unico perché gli altri articoli sono chiaramente finalizzati solo a cercare di spostare l'attenzione degli italiani su altri argomenti. Per questo motivo vi è stata dunque una chiusura totale ad accogliere ogni nostro emendamento tendente a migliorare gli altri articoli, come ad esempio l'articolo 1 che introduce la sperimentazione di «Cittadinanza e Costituzione». Sono stati, infatti, espressi pareri contrari su tutti i nostri emendamenti che, tra l'altro, prevedevano un monte ore da dedicare alla sperimentazione e l'acquisto di apposito materiale didattico.
Riguardo all'articolo 2 abbiamo cercato di dare un senso alla reintroduzione del voto in condotta chiedendo di inserire la valutazione del comportamento degli alunni all'interno di un patto educativo per promuovere una condivisione ed una corresponsabilità tra la scuola, le famiglie e gli studenti sulle regole e sulle norme, anche disciplinari. Volevamo così rafforzare sia gli strumenti educativi sia quelli sanzionatori per educare i ragazzi al rispetto delle regole della convivenza, al senso di responsabilità, al rispetto della legalità, all'assunzione di rapporti e comportamenti corretti e ispirati al rispetto di sé e degli altri, ad avere comportamenti solidali e di aiuto e sostegno verso chi è in difficoltà.
Sull'articolo 3, che reintroduce i voti numerici, abbiamo cercato di dare un contributo costruttivo senza pregiudizio sul problema della valutazione degli apprendimenti, che non risiede tanto nella forma utilizzata quanto nella chiarezza dei criteri valutativi e degli esiti di apprendimento da perseguire, ma anche su questi punti siamo stati inascoltati.
Tuttavia, riteniamo molto importante la correzione di un impianto assurdamente punitivo nei confronti dei bambini della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, per i quali veniva addirittura prevista, dal comma 3 dell'articolo 3 del provvedimento, la bocciatura per un'insufficienza in una sola materia. Non tanto per noi, quanto per i bambini italiani, siamo contenti di aver contribuito a modificare, almeno in parte, questa assurda vessazione. Poco importa se non ci viene neanche riconosciuto il merito di aver sollevato per primi e con forza la questione.
Torniamo alla questione centrale del decreto-legge in discussione, quella riguardante il maestro unico: francamente, signor Ministro, mi sarei aspettata che almeno nelle conclusioni lei avesse difeso la vera ragione di questa scelta. Lo ha fatto, invece, il Ministro Tremonti, il vero autore del decreto-legge in esame: in una trasmissione televisiva, incalzato da una giornalista, ha detto finalmente la verità, ossia che è vero che la scuola primaria funziona, ma che è una scuola che non possiamo permetterci, perché troppo costosa. A proposito dei costi, vorrei ricordare che la spesa per l'istruzione nel nostro Paese è nella media europea rispetto al PIL e che non è vero che la spesa pubblica italiana è destinata al personale per il 97 per cento, ma solo per il 75 per cento circa.
Avete anche tentato di supportare questa scelta sbagliata con i dati negativi del Libro bianco sulla ricchezza degli apprendimenti in matematica e nella lettura dei ragazzi italiani, ma, guarda caso, si tratta dei ragazzi quindicenni e non dei bambini della scuola primaria, che invece si collocano ai primi posti nel mondo. Conosciamo bene il Libro bianco, i punti positivi e i punti critici che vengono individuatiPag. 12nella scuola italiana e su tutto questo volevamo confrontarci per contribuire, con idee e proposte, a definire scelte efficaci per affrontare i nodi critici.
Per quale ragione, dunque, non si affrontano le vere criticità e si attacca la scuola primaria, che è quella che viene certificata a livello internazionale come scuola di eccellenza? Per quale motivo si vuole demolire il punto di forza del nostro sistema di istruzione?
La scuola elementare riformata, del modulo e del tempo pieno, è stata costruita, giorno per giorno e anno dopo anno, da circa vent'anni (e dopo anni di sperimentazioni). Si partì, è vero, da una scuola che aveva già dato una buona prova di sé nel perseguire gli obiettivi fondamentali in quella fase storica del nostro Paese e cioè di insegnare a scrivere, a leggere e a far di conto. La scuola elementare riformata, però, ha dovuto rispondere a nuove sfide educative e formative: l'inserimento dei bambini disabili, l'integrazione in tempi brevi di migliaia di alunni immigrati, le difficoltà e le crisi delle famiglie nei contesti sociali, l'emergere di nuove forme di povertà e di marginalità, l'irrompere della società dell'immagine e della conoscenza. La nuova scuola è stata chiamata contemporaneamente a sostenere, per lungo tempo da sola, l'impatto con la società multimediale e con un vorticoso rumore mediatico in un orizzonte globalizzato.
Per esemplificare, occorrono oggi discipline che sono fondamentali, insieme all'italiano, alla storia, alla geografia e alla matematica, ossia inglese, scienze, tecnologia, informatica, arte e immagine, scienze motorie e sportive, musica e, infine, cittadinanza e Costituzione.
Che ne sarà del tempo pieno? Intanto lo riducete per poi abolirlo, ma davvero pensate che riducendo il tempo-scuola a ventiquattro ore settimanali, quattro ore al giorno e con un solo maestro, si possa continuare a soddisfare i bisogni educativi e formativi dei bambini di oggi e degli anni che verranno? Noi siamo veramente molto preoccupati per i possibili danni irreversibili di tali scelte.
In questi giorni, poi, è anche successo l'inverosimile. Per le scuole autonome, oltre al danno, anche la beffa: secondo il maxiemendamento da voi presentato saranno le scuole, con i fondi di istituto, a pagare le ore aggiuntive necessarie per il maestro unico. Ieri, nell'attesa che la Commissione bilancio sciogliesse la riserva, abbiamo aspettato ore. La Commissione non poteva esprimere il proprio parere, che poi è stato approvato a maggioranza per un vero e proprio «pasticcio» del Governo, che non è stato neanche in grado di presentare tempestivamente la relazione tecnica, che comunque non è stata convincente.
Considerate la scuola pubblica solo una spesa e, come tale, da tagliare. Perseguite un disegno minimalista, di una scuola, cioè, che deve limitarsi a trasmettere il minimo delle conoscenze e indurre a ricercare nel mercato la formazione di qualità. Volete, dunque, alimentare le diseguaglianze e colpire i più deboli.
Noi vogliamo costruire un nuovo futuro per il nostro Paese, come dimostrano i nostri interventi e le nostre proposte emendative, che avete fatto decadere con il ricorso alla questione di fiducia. Noi non difendiamo lo status quo e non vogliamo sottrarci ad un confronto sul tema del contenimento e della qualificazione della spesa anche nella scuola, ma, per affrontare questo tema in modo efficace e produttivo per il Paese, pensiamo che il punto di partenza non possa essere: «prima si taglia e poi si fa il progetto». Per noi la scuola, l'università, la ricerca, l'educazione e la formazione delle giovani generazioni sono una priorità e la leva fondamentale per la crescita e per costruire un futuro per il nostro Paese.
È un Paese invecchiato, ripiegato su se stesso, che per superare la crisi e le difficoltà di oggi e guardare al futuro deve investire sui propri giovani, sulle loro intelligenze, sui loro talenti. Per far questo, c'è bisogno di una scuola pubblica forte, di qualità, inclusiva, capace di dare pari opportunità e riconoscere il merito a tutti e a ciascuno. Per questo, noi non ci rassegniamo e continueremo con pazienzaPag. 13e determinazione a dare voce in Parlamento, anche con gli ordini del giorno che abbiamo già presentato, non sono alle nostre posizioni, ma anche e soprattutto alle tante realtà associative che rappresentano la scuola italiana e che abbiamo ascoltato nelle audizioni informali in VII Commissione, delle cui osservazioni e proposte non avete voluto tener conto.
Vogliamo continuare a dare voce al mondo della scuola, alle famiglie, agli studenti, agli insegnanti e agli altri operatori scolastici, che, in tante iniziative, assemblee, manifestazioni, stanno, in maniera crescente, esprimendo il loro dissenso.
Vogliamo rappresentare la scuola italiana, che difende i propri punti di forza, che vuole cambiare e innovare, nonché perseguire soluzioni efficaci per affrontare i punti critici e le proprie debolezze, non ritornando al passato, ma affrontando le nuove sfide dell'oggi, guardando al futuro dei nostri figli e del nostro Paese.
Per tutte queste ragioni, voteremo contro la fiducia al Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, sottosegretario, anche a prescindere dalla bontà intrinseca del provvedimento che stiamo esaminando (che noi, come Popolo della Libertà, condividiamo profondamente e conseguentemente voteremo la fiducia sul provvedimento), le motivazioni addotte in questa sede dalla minoranza, molto spesso approssimative e prive di un confronto effettivo sui contenuti, ci inducono ad essere più che mai convinti della bontà di questo provvedimento, che fa riferimento a istanze profondamente sentite dalla società italiana, che noi vediamo invece assolutamente ignorate dalla minoranza in questa sede. Ciò soprattutto in riferimento ad alcuni obiettivi di fondo, che la scuola italiana deve proporsi e che il Governo Berlusconi, il Ministro Gelmini e la Commissione nella sua interezza hanno saputo cogliere.
Ritengo che la riforma o questo principio di riforma, per come si è configurata, non debba essere banalizzata. Signor Presidente, colleghi, non è tanto questione di grembiule, di voto in condotta, di ripristino di alcuni principi fondamentali, che fino a qualche tempo fa presiedevano alla formazione scolastica, quanto, invece, di misurarsi fino in fondo sulla qualità degli studi e sul livello della scuola italiana, in confronto alla realtà europea, con la quale noi diciamo tutti i giorni di volerci misurare. Allora, in questo contesto, credo che debba essere apprezzato lo sforzo del Governo di introdurre degli elementi di novità significativi, che non significano una restaurazione e un ritorno puro e semplice al passato, come è stato detto, ma significano, invece, un recupero di quei valori fondanti di una comunità nazionale, che la scuola deve sapere tutelare, cosa che purtroppo ultimamente non è avvenuta. Si tratta, in sostanza, di rimettere in sintonia la scuola italiana con un Paese che vuole voltare pagina, guarda avanti e intende collocarsi in una dimensione profondamente diversa. Dunque, in questo senso, non si capiscono - o per lo meno si comprendono profondamente - certe pregiudiziali ideologiche, che non dovrebbero, invece, trovare spazio, anche dietro motivazioni politiche, in un'Aula come questa. Sono pregiudiziali ideologiche che sgombrano il campo da un problema che esiste, che è fondamentale, che viene posto in ogni Paese europeo e che differenzia l'Italia da altre realtà europee.
Una riforma portante e significativa della scuola dovrebbe trovare un accordo bipartisan. Siamo tutti d'accordo, perché sarebbe assurdo che ogni cinque anni, al cambio di un Governo, subentrasse una nuova riforma. Chi opera nella scuola - la presidente Aprea della Commissione cultura ne è buon testimone - sa quali sono i turbamenti dei docenti di fronte ad un cambiamento continuo di riforme e di programmi, reiterate nel tempo.
Ma il problema fondamentale qual è? È che la sinistra è, ancora oggi, radicalizzataPag. 14in posizioni estreme e ideologiche che prescindono da un confronto con la realtà e obbliga la maggioranza, il Governo e il Ministro Gelmini a procedere su una linea che è di confronto, ma anche di assunzione precisa di responsabilità. È questo, infatti, che ci chiede il Paese; è questo, non mediazioni fini a se stesse, che prolungherebbero l'agonia di un sistema scolastico che, tranne alcune eccezioni, sta veramente mostrando sintomi di decadenza.
In questo contesto - non sto a contestare tutte le motivazioni addotte in questa sede dai colleghi dell'opposizione - credo che il ripristino e l'inserimento di elementi di conoscenza della cittadinanza e della Costituzione sia un elemento fondamentale, sul quale invito i colleghi a soffermarsi adeguatamente. In questo momento di smarrimento di senso di appartenenza ad una collettività nazionale, quale maggiore segnale che inserire nei programmi di insegnamento proprio questa materia, che significa non un apprendimento mnemonico di alcuni articoli della Costituzione, ma conoscere il perché della propria condizione di italiani, il significato di una storia e di una tradizione che si è codificata nel corso dei secoli e si è realizzata, oggi, nella Carta costituzionale e in tutta una tradizione culturale e spirituale, che ha reso grande il nostro Paese.
Su questo mi sarei aspettato una maggiore comprensione da parte della sinistra, come pure mi sarei aspettato, e ci saremmo aspettati noi del Popolo della Libertà, una maggiore comprensione anche nei confronti del necessario ripristino di una disciplina, che non significa ghettizzare le aule o instaurare una sorta di caserma prussiana - mi si consenta questo termine - all'interno degli edifici scolastici. Significa soltanto favorire, sì, quel processo di integrazione che voi colleghi della sinistra reclamate in ogni momento, quella possibilità di dialogo e di confronto, ma nel rispetto di alcune regole precise, delle quali si era persa memoria e conoscenza. Da qui, il voto di condotta credo che debba essere valutato in termini estremamente positivi; ha una funzione pedagogica essenziale.
Nel momento in cui, per varie ragioni, la famiglia è in crisi e non riesce a riaffermare quel minimo di autorevolezza, non di autorità, che si richiede a un genitore, la scuola ha il diritto-dovere di recuperare questa autorevolezza nelle aule, il senso del rispetto, che non è rispetto ad una gerarchia comunque motivata, ma prima di tutto verso se stessi e poi verso gli altri. Insieme si collabora per edificare una comunità scolastica. Tutto questo, che è contenuto del provvedimento che stiamo esaminando, a nostro modo di vedere non è stato valutato adeguatamente.
Si parla anche di tagli: ma quali tagli, cari colleghi? Misuriamoci, piuttosto, sul numero di docenti e di operatori della scuola, che sono ridotti ad una condizione di proletarizzazione unica in Europa. Misuriamoci, allora, sul necessario processo di razionalizzazione, che non significa tagliare, ma migliorare la qualità della scuola; significa diversificare l'approccio a questi problemi e, soprattutto, significa ipotizzare una scuola non come ammortizzatore sociale, ma una scuola che sappia educare le giovani generazioni ad alcuni valori forti, che le rendano consapevoli di avere una loro identità ben precisa.
Su questo è inutile stare a lamentare il ritardo culturale - non se ne abbiano a male i colleghi della sinistra - della sinistra medesima, che ancora oggi ricalca schemi obsoleti sulla difesa della scuola pubblica. Parliamoci chiaro: chi è che vuole danneggiare la scuola pubblica? Siamo tutti intenzionati a fare in modo che la scuola pubblica aumenti la sua qualità, aumenti tutta una serie di prestazioni a favore delle famiglie e degli studenti; diverso è il concetto di servizio pubblico. Ora vedo, invece, che si è ancora ancorati ad una mentalità ottocentesca, che non ha più ragione d'essere.
Credo, invece, che tale provvedimento si faccia carico anche di questa novità, così come occorre dire, a proposito del maestro unico come punto di riferimento, che questa figura che, direi, ha appassionato tante generazioni non è stato oggi ripristinatoPag. 15per un disegno economico finalizzato al risparmio, ma perché da buona parte degli osservatori del settore - e invito i colleghi a verificare la legislazione scolastica dei Paesi europei, che prevedono una figura prevalente di docente - si è ritenuto che tale figura abbia un ruolo significativo nella scuola primaria, elementare (chiamiamola come vogliamo).
In questo contesto, la realtà dei fatti si incaricherà di smentire le accuse rivolte in questa sede: non è vero che il tempo pieno sarà tagliato, perché sappiamo tutti che il monte ore a disposizione consentirà, lasciato libero dall'insegnante unico, di occupare quello spazio che viene proprio riservato a questa attività nelle scuole di ogni ordine e grado.

PRESIDENTE. Onorevole Garagnani, deve concludere.

FABIO GARAGNANI. In ultimo - e concludo, signor Presidente - voglio solo dire che il confronto in Commissione c'è stato ed è stato estremamente significativo. Esso ha portato il relatore a presentare un emendamento sulla salvaguardia delle SSIS sul quale ci siamo trovati tutti d'accordo, mentre per quanto gli interventi sull'edilizia scolastica e sulla messa in sicurezza di tutti gli edifici ricordo che questo è un problema che hanno denunciato il Ministro Gelmini e il Presidente Berlusconi e di cui ci siamo fatti carico.
Esso, infine, ha portato anche a razionalizzare le spese, ma il tutto allo scopo di avviare nel prossimo anno scolastico un recupero veramente all'insegna della novità della scuola italiana, di cui si avverte prepotentemente il bisogno.
Alla luce di tutto ciò, ritengo che il gruppo parlamentare del Popolo della Libertà possa, con legittima soddisfazione, motivare il proprio voto favorevole sulla questione di fiducia posta, perché si tratta di un provvedimento, se si vuole, iniziale, ma che contiene in nuce alcune prospettive veramente significative per la rinascita della scuola italiana (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

Per un richiamo al Regolamento (ore 19,03).

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, le chiedo scusa se approfitto della presenza dei colleghi e della sua cortesia per un richiamo al Regolamento. Di qui a poco voteremo la questione di fiducia. Nei giorni scorsi si è discusso molto sul fatto che tra fiducie, maxiemendamenti e decreti-legge sia in corso, sostanzialmente, uno svuotamento del Parlamento (ma non è questo il tema su cui mi voglio soffermare). Nutro preoccupazioni non come membro di un partito che sta all'opposizione, ma come membro del Parlamento, e sotto sotto vedo un'atmosfera strisciante che si sta radicando nel Paese, in base alla quale, tutto sommato, se il Parlamento viene espropriato, non è male, perché è bene che il decisionismo del Governo si esplichi a trecentosessanta gradi, e in fondo la presenza del Parlamento è quasi vista come un ingombro.
In questo contesto, che è chiaro a tutti i colleghi e su cui vi è una sensibilità dell'opposizione (ma sono convinto che esiste anche una sensibilità profonda da parte dei parlamentari più avvertiti della maggioranza), lei, nei giorni scorsi, recandosi alla festa del Popolo della Libertà (ma questo ha poca importanza), ha affermato che bisogna lavorare di più. Discutiamo pure di tutto ma è impensabile - lei ha detto testualmente - che un deputato o un senatore pensi di lavorare solo dal martedì al giovedì; bisogna lavorare dal lunedì al venerdì, ed eventualmente anche il sabato mattina.
Onorevole Presidente, lei è un politico che tutti noi stimiamo e che è troppo intelligente per non capire che, in questoPag. 16clima ed in questo contesto, la circostanza che il Presidente della Camera di fatto solleciti i parlamentari a lavorare di più - sottinteso: poiché battono la fiacca - è un'affermazione che contribuisce esattamente a radicare nel Paese quel clima, in base al quale il Parlamento è inutile ed i deputati non fanno il loro lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
Voglio dirle allora una cosa sola: per quanto riguarda il mio gruppo, poiché lei predispone il calendario, in mancanza di un accordo nella Conferenza dei presidenti di gruppo - come è giusto e come è suo dovere -, nel modo in cui ritiene, io le dico: convochi pure la Camera il venerdì, il sabato, ma, se è possibile, la convochi, senza fare discorsi di questo tipo, che contribuiscono ad alimentare un qualunquismo antiparlamentare che non serve né a noi, né alla maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Casini, la ringrazio per la pubblica attestazione di stima e sa che è ricambiata. È evidente che le parole che ho pronunciato e che lei ha correttamente riportato, possono essere interpretate in modo libero, così come conviene ad un Paese democratico. A mio modo di vedere, se il Presidente della Camera invita i parlamentari, i deputati a lavorare in modo più proficuo o, comunque, a trascorrere nelle aule del Parlamento e in Commissione un tempo maggiore, non significa contribuire a delegittimare il Parlamento e, men che meno, a trasmettere un'immagine negativa della nostra istituzione. A mio modo di vedere, significa dare quell'esempio che credo i cittadini italiani tutti vogliano dai deputati che sono in quest'Aula a rappresentare l'interesse nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Misto-Movimento per l'Autonomia).

In morte del professor Leopoldo Elia.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Onorevoli colleghi, ritengo doveroso ricordare in Aula, e in modo solenne, la figura del professor Leopoldo Elia, deceduto nella serata di domenica. La sua scomparsa apre nel mondo della cultura, della dottrina giuridica e delle istituzioni, un vuoto che non è retorico definire grande. Come studioso, il suo contributo alla scienza costituzionalistica è stato fondamentale. La fecondità del suo insegnamento universitario e il suo rigore scientifico e metodologico, sono stati, e continueranno ad essere, il punto di riferimento di intere generazioni di studiosi. Come uomo delle istituzioni, tutti coloro che lo hanno conosciuto, ne ricordano le alte doti di equilibrio e il profondo senso dello Stato. Il prezioso patrimonio di esperienze maturate, ricoprendo importanti incarichi istituzionali, ed il confronto con gli avversari politici, condotto costantemente con la sua mite saggezza e la sua forte attitudine al dialogo, rappresentano un esempio che non può andare smarrito. Con Leopoldo Elia, l'Italia perde un interprete autorevole di quel patriottismo costituzionale che riflette pienamente gli ideali di fondo e i valori che improntano la prima parte della nostra legge fondamentale. La Costituzione, egli amava ricordare da erede quale era della grande tradizione di Mortati, Esposito e Crisafulli, va vissuta e difesa nella piena consapevolezza che essa sia un bene ineguagliabile su cui si fonda la coscienza morale e civile del popolo italiano; mi piace sottolineare la forza di questa espressione: «coscienza morale e civile del popolo italiano». È un insegnamento che deve costituire un preciso orientamento di fondo per tutto il Parlamento, specie in tempi quali quelli attuali, in cui la necessità di riformare la seconda parte della Costituzione è da più parti evidenziata.
A nome dell'intera Camera dei deputati e mio personale rinnovo alla famiglia, e in particolar modo alla figlia, signora Alessandra, dipendente della Camera dei deputati, i sentimenti del più profondo cordoglio (Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

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WALTER VELTRONI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

WALTER VELTRONI. Signor Presidente, ci sono dei momenti nella vita di questa Aula in cui le legittime e persino salutari divisioni tra di noi, il pluralismo delle opinioni e talvolta anche i conflitti devono lasciare il posto alla consapevolezza che ci sono dei valori e talvolta degli uomini che sono condivisi. Leopoldo Elia è stato uno di questi, e le sue parole lo hanno ricordato nel modo migliore.
Presidente della Corte costituzionale, Ministro, capogruppo oltre che parlamentare nell'Aula del Senato, uomo delle istituzioni nel senso pieno del termine, con quello spirito al quale lei ha voluto fare riferimento. Uomo delle istituzioni inteso anche come custode dei confini della Costituzione. C'è una frase che il professor Elia ha usato nella sua ultima intervista che dice che la nozione di confine è essenziale alla stessa nozione di Costituzione, perché questa, nella sua essenza, è costituita da un complesso, da un nucleo di principi che la identificano; quindi se si violano questi principi supremi si passa il confine e si realizza il passaggio del Rubicone.
Entro quei confini...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Veltroni. Pregherei, per una elementare forma di rispetto, i colleghi che non sono interessati ad uscire dall'Aula o a stare seduti. Almeno in circostanze come queste credo che sia doveroso il rispetto nei confronti dell'oratore e nei confronti di ciò che viene detto, ricordando il professore Elia (Applausi). Prego, onorevole Veltroni.

WALTER VELTRONI. Entro quei confini il professor Leopoldo Elia, il senatore Elia, immaginava i cambiamenti possibili della nostra Costituzione, gli adeguamenti necessari perché la nostra Carta fondamentale fosse in grado di rispondere alle lezioni del tempo. Non c'era in lui nessun atteggiamento di conservatorismo, anzi, in una posizione assunta il primo marzo scorso, il professore Elia aveva parlato della necessità di intervenire sulla Costituzione per garantire la stabilità e la capacità di Governo. Aveva parlato della proposta e revoca dei Ministri, della fiducia monocamerale e della sfiducia costruttiva. Era cioè lungo una linea che ha attraversato, dalla Costituente ad oggi, il pensiero dei principali costituzionalisti italiani, convinto che ci volesse un felice equilibrio tra la sfera del Governo e la sfera del controllo parlamentare. Era un conservatore dei principi, ma, quando si parla dei principi della Costituzione, la parola conservazione assume un significato opposto a quello che tradizionalmente e nel linguaggio comune questa parola assume. È come un po' per i valori ambientali. Conservare l'ambiente è un valore, un valore che richiede coraggio e innovazione. Conservare i principi della Costituzione significa tradurre quello che lei giustamente, Presidente, ha chiamato il patriottismo costituzionale di Leopoldo Elia, cioè l'idea di un Paese unito su principi e valori dentro i quali devono fluire le differenze, i contrasti e le contraddizioni. Ma quella di Leopoldo Elia era una fedeltà creativa. Era la fedeltà alla Costituzione, a quella Costituzione nata in un momento particolare della storia nazionale, in un momento straordinario della storia nazionale, e che però si metteva in movimento per cercare di tenere in relazione cambiamenti della società e regole della nostra democrazia.
Era un grande giurista ed era un uomo con una grande passione civile. Ha cominciato la sua esperienza politica con le Cronache sociali di Dossetti. È stato un uomo che da giovane ha seguito con particolare attenzione la lezione di Aldo Moro. E mi faccia dire - è l'ultima cosa che voglio dire in questa Aula, parlando di Leopoldo Elia - che era un uomo che apparteneva a quella grande tradizione del cattolicesimo democratico che, un anno fa, vedeva la scomparsa di uno dei suoi altri protagonisti, cioè il professor Pietro Scoppola.
Moro, Scoppola e Leopoldo Elia: una grande tradizione di pensiero e di culturaPag. 18che ha saputo, nella storia di questo Paese, unire fedeltà ai valori della democrazia e della libertà, capacità di interpretare il proprio tempo, voglia di armonizzare crescita sociale e conflitto contro ogni forma di diseguaglianza.
Al dolore della famiglia, al dolore della sua ultima famiglia politica che noi siamo stati, credo si possa in questo caso associare davvero, con riconoscenza, il dolore e la gratitudine di tutti gli italiani (Applausi).

GIUSEPPE CALDERISI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, con Leopoldo Elia scompare una figura di grande giurista e costituzionalista, tra i massimi esponenti della cultura giuridica italiana. La sua indubbia competenza, la sua conoscenza del diritto pubblico e della nostra Carta costituzionale, sono state messe al servizio delle istituzioni e della politica con grande impegno, dedizione e passione civile, prima come Presidente della Corte costituzionale, poi come senatore, deputato e Ministro per le riforme elettorali e istituzionali.
La scomparsa di Leopoldo Elia suscita profonda commozione in me e in tutti coloro che lo hanno conosciuto da vicino. Personalmente, lo ricordo anche come un avversario che, pur avendo una concezione diversa dello sviluppo del percorso costituzionale, l'ha sempre illustrata in modo limpido, oltre che da uomo probo e mite.
Alla sua famiglia e al suo partito va il sincero cordoglio mio e di tutto il gruppo del Popolo della Libertà (Applausi).

SAVINO PEZZOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, colleghi, aderisco con molta partecipazione e anche con un po' di commozione alle parole del Presidente Fini in merito alla commemorazione, al ricordo dell'onorevole, professor Leopoldo Elia. Lo ricordo più come professore e maestro. Infatti, per molti di noi che vengono da una militanza politica di un certo tipo che si pone dentro l'alveo, il canale del cattolicesimo democratico, sicuramente Leopoldo Elia rappresenta molto di più del costituzionalista e del politico: è stato un maestro di pensiero. È stato un maestro di rigore morale, maestro anche dal punto di vista del modo in cui le leggi devono essere rispettate, in particolare la Costituzione. Troppe volte anche nel nostro Paese sulla Costituzione si è un po' lassisti: tutti penserebbero come riformarla. Leopoldo Elia ci ha insegnato che la Costituzione «non si tocca», per usare una certa espressione. Ci ha insegnato, inoltre, come la Costituzione mantenga una sua validità proprio nella misura in cui le si sia fedeli anche nelle piccole cose. Credo che questo sia un grande insegnamento.
Ricordiamo la militanza di Leopoldo Elia come democratico cristiano, anche in questa veste attraverso la sua visione della Costituzione sicuramente erede di quel pensiero costituzionalista che ha attraversato il movimento cattolico nel nostro Paese: quello che parte da Mortati ma si rifà al pensiero sturziano, all'idea degasperiana della democrazia, all'idea morotea della politica come mediazione e capacità di tradurre nelle cose i principi contenuti nel dettato costituzionale. Per tale ragione, ricordare Leopoldo Elia per noi significa ricordare una storia, un patrimonio di idee, un patrimonio di battaglie e di combattimenti perché in questo Paese la democrazia e la Costituzione fossero oggettivamente rispettate.
Mi unisco alla famiglia e al suo dolore, anche nel sentimento di una fede che abbiamo condiviso. Ritengo che non dobbiamo limitarci alla commemorazione; credo sia nostro compito, dopo aver commemorato e ricordato l'uomo, essere fedeli al suo insegnamento, e pertanto essere, in quest'Aula, custodi della Costituzione (Applausi).

LEOLUCA ORLANDO. Chiedo di parlare.

Pag. 19

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, desidero ringraziarla per la sensibilità da lei dimostrata nel ricordare il professor Leopoldo Elia. Lo faccio con la commozione di tanti che lo hanno conosciuto e hanno avuto il privilegio di poterlo considerare il proprio maestro, lui che era maestro anche di coloro che non condividevano le sue opinioni. Leopoldo Elia rimane nella storia del nostro Paese, ma oggi a noi tocca registrare un vuoto.
È un vuoto lasciato nella scienza, nella politica e nella vita del nostro Paese.
Leopoldo Elia aveva una straordinaria capacità di ascoltare e chi lo ha conosciuto ricorda forse più i suoi silenzi che le sue parole, perché aveva la capacità, col silenzio, di incutere rispetto nel proprio interlocutore. Però, quando poi parlava, le sue parole erano incisive e dolci, come era forte e dolce la sua personalità.
Non potrò mai dimenticare le numerose lezioni che ha dato a molti di noi, non potrò mai dimenticare la sua capacità di dimostrare che è possibile - sì, è possibile - avere una fede religiosa e non aver paura del nuovo, che sì, è possibile avere responsabilità di Governo e non aver paura dell'innovazione, che sì, è possibile stare in un partito che governava da tanti anni ed essere un riferimento di cambiamento, che sì, è possibile essere avanti negli anni ed essere un riferimento per i più giovani.
È per ciò che credo che questa Camera, assolvendo ad un dovere, ricorda Leopoldo Elia e ricorda un uomo e un costituzionalista, che è stato anche maestro di diritto per molti di noi, compagno di militanza politica per un tempo della mia vita e della vita di molti di noi e ci ha insegnato come, prima di modificare una Carta costituzionale, occorre chiedersi se l'abbiamo attuata. Credo che chiedersi se abbiamo attuato ancora oggi la nostra Carta costituzionale sia un modo concreto per rispettare l'insegnamento di Leopoldo Elia (Applausi).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, conobbi Leopoldo Elia quando andai all'università, nel 1968: è stato il mio maestro di diritto costituzionale. Nella sua vita ha fatto tante cose e le conosciamo tutti, ma è dall'ultima proposizione che ha pronunciato l'onorevole Orlando che vorrei riprendere, per riportare brevemente un ricordo: egli arrivava e ci insegnava molte cose, soprattutto il rispetto e il rigore per la scientificità e per la scientificità del diritto e ciò in ambito costituzionale, dove il diritto è un po' meno diritto e si fonde un po' di più alla storia e alla filosofia del diritto.
È stato un uomo grandissimo, secondo me il più grande costituzionalista che conosca ed i cui testi abbia letto. Ma è importante la riflessione di Leoluca Orlando: dobbiamo chiederci se la Costituzione è stata attuata tutta. Proprio per il dibattito degli ultimi giorni, il vecchio interrogativo di Leopoldo Elia è attualissimo: i discorsi che lei, signor Presidente della Camera, sta facendo col Presidente del Consiglio, ribadiscono questa dialettica che egli proponeva.
Pertanto, la cosa più seria che posso dire in quest'aula, in questo momento, è che, pur cercando di trovare soluzioni costituzionali adeguate al divenire nel nostro Paese, dobbiamo cercare di riproporre nel binario costituzionale ciascuna delle istituzioni di questo Stato, perché così si può dare onore a questo Stato e avere di nuovo un criterio di democrazia che sia condivisibile da tutti. Grazie a Leopoldo Elia per il suo insegnamento (Applausi).

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo si associa alle parole e alle espressioni di cordoglio che lei ha espresso inPag. 20questa Camera e che sono state condivise dai rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari.
Mi permetta di aggiungere solo due brevi considerazioni: è stata ricordata la straordinaria figura morale, istituzionale e direi anche politica del professor Elia; egli è stato deputato e senatore, presidente di gruppo parlamentare e presidente della Commissione affari costituzionali, Ministro per le riforme istituzionali nel Governo Ciampi. L'onorevole Veltroni ricordava quello di cui anch'egli si vantava: il suo amore per la Costituzione, la sua difesa della Costituzione, la sua fedeltà ai principi costituzionali. Ma egli è stato anche protagonista, da uomo politico, della fase di transizione e di cambiamento del sistema politico, egli che proveniva ed era anche espressione della democrazia dei partiti, concetto oggi così poco attuale e presente nella nostra vita politica.
Credo che faremmo buon onore alle parole e agli studi del professore Elia, come ricordava giustamente l'onorevole Calderisi, e che non tutti hanno condiviso (è stato fiero, legittimo avversario della riforma della Costituzione prodotta dal Governo di centrodestra nel 2005). Noi faremmo onore al professor Elia innanzitutto discutendo di questi temi, per quanto sia ancora possibile oggi, con quella mitezza e con quella pacatezza che era un tratto della sua autorevolezza politica ed istituzionale. Oggi sembra, quasi, che l'autorevolezza si debba contraddistinguere per l'assenza di pacatezza. Invece, Leopoldo Elia ci insegnava ad essere ascoltato attraverso quel tono mite che tutti quanti, e anch'io, abbiamo avuto modo di conoscere.
Infine, credo che la difesa della Costituzione passi oggi non solo, onorevole Orlando, da una verifica se quella Costituzione sia ancora attuale, ma anche da una difesa della Costituzione e dei nuovi princìpi del sistema politico - come aveva capito anche il professor Elia - che oggi è cambiato. Il sistema politico è cambiato: non c'è più la democrazia dei partiti e i cittadini, gli elettori, ritengono di partecipare al processo decisionale votando direttamente il Governo che deve risolvere i problemi del Paese e dandogli un mandato a risolvere i problemi del Paese.
Credo, dunque, che gli faremmo onore difendendo la Costituzione, nella nuova democrazia, della decisione politica che viene oggi richiesta dai cittadini (Applausi).

Si riprende la discussione (ore 19,28).

(Votazione della questione di fiducia - Emendamento Dis. 1.1 del Governo - A.C. 1634-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della questione di fiducia.
Indico la votazione per appello nominale sull'emendamento Dis. 1.1 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 137 del 2008, sulla cui approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati, nonché ulteriori richieste avanzate da membri del Governo.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Razzi.
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 19,35).

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'emendamento Dis.1.1 (Ulteriore nuovaPag. 21formulazione) del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge, n. 1634-A: Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, sulla cui approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti 578
Votanti 576
Astenuti 2
Maggioranza 289
Hanno risposto 321
Hanno risposto no 255.

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono conseguentemente precluse tutte le ulteriori proposte emendative presentate.

Hanno risposto sì:
Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Angelucci Antonio
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Bergamini Deborah
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bragantini Matteo
Brancher Aldo
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Chiappori Giacomo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cosenza GiuliaPag. 22
Costa Enrico
Cota Roberto
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Giudice Gaspare
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Granata Benedetto Fabio
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Latteri Ferdinando
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Monte Carmelo
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Maccanti Elena
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano AlfredoPag. 23
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Miccichè Gianfranco
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minasso Eugenio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molgora Daniele
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara Francesco
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (Pdl)
Perina Flavia
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pirovano Ettore
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Polidori Catia
Porcu Carmelo
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Russo Paolo
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Salvini Matteo
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scelli Maurizio
Simeoni Giorgio
Simonetti RobertoPag. 24
Sisto Francesco Paolo
Soglia Gerardo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Taddei Vincenzo
Taglialatela Marcello
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Traversa Michele
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vegas Giuseppe
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco
Zorzato Marino

Hanno risposto no:
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Amici Sesa
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Benamati Gianluca
Berretta Giuseppe
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bordo Michele
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calearo Ciman Massimo
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cera Angelo
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciocchetti Luciano
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia GraziaPag. 25
Delfino Teresio
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
Di Pietro Antonio
Drago Giuseppe
Duilio Lino
Esposito Stefano
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farinone Enrico
Favia David
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Franceschini Dario
Froner Laura
Galletti Gian Luca
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Grassi Gero
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lolli Giovanni
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mannino Calogero
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Melandri Giovanna
Melis Guido
Merlo Giorgio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo
Morassut Roberto
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo NazzarenoPag. 26
Orlando Leoluca
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (Pd)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pionati Francesco
Pisacane Michele
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Quartiani Erminio Angelo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Romano Francesco Saverio
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossomando Anna
Rota Ivan
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Servodio Giuseppina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Livia
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vico Ludovico
Vietti Michele Giuseppe
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Zaccaria Roberto
Zazzera Pierfelice
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Si sono astenuti:
Brugger Siegfried
Zeller Karl

Sono in missione:
Berlusconi Silvio
Bossi Umberto
Brambilla Michela Vittoria
Brunetta Renato
Cossiga Giuseppe
Evangelisti Fabio
Giorgetti Alberto
Melchiorre Daniela
Stucchi Giacomo
Tremonti Giulio
Vernetti Gianni

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito, a cominciare dall'esame degli ordini delPag. 27giorno presentati, avrà luogo nella seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 8 ottobre 2008, alle 10,30:

(ore 10,30 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (1634-A).
- Relatore: Aprea.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 20,45.