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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 35 di martedì 15 luglio 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 16,05.

GIANPIERO BOCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brancher, Cicu, Cirielli, Craxi, Jannone, Menia, Molgora, Pescante e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 14 luglio 2008, il deputato Jean Leonard Touadi, iscritto al gruppo parlamentare Italia dei Valori, ha chiesto di aderire al gruppo parlamentare Partito Democratico. La presidenza di tale gruppo, con lettera in data odierna, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (A.C. 1366) (ore 16,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'emendamento Dis. 1.1 (vedi l'allegato A della seduta del 14 luglio 2008 - A.C. 1366), interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 92 del 2008 (Per le modificazioni apportate dal Senato e per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nel testo modificato dal Senato vedi l'allegato A della seduta del 14 luglio 2008 - A.C. 1366).
Ricordo inoltre che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 14 luglio scorso, è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento Dis. 1.1 del Governo - A.C. 1366)

PRESIDENTE. Passiamo dunque alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.Pag. 2
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto-legge - come modificato in sede di conversione - presenta indubbiamente taluni punti interessanti che le minoranze linguistiche condividono: la stretta nei confronti degli stranieri, cittadini comunitari o non, che commettano reati sul territorio italiano; l'inasprimento della pena per i trasgressori dell'ordine di espulsione o per chi cerca di impedire l'identificazione della sua identità. Salutiamo inoltre l'attribuzione di maggiori poteri in capo ai sindaci in materia di pubblica sicurezza.
Vi sarebbero quindi state le condizioni per un nostro voto favorevole già durante la trattazione del disegno di legge in Senato. Sennonché, il Governo, con un'azione davvero irresponsabile, ha ritenuto di dover inserire la famosa norma «bloccaprocessi», con la palese finalità di impedire la prosecuzione dei procedimenti penali pendenti in capo al Presidente del Consiglio. Pur essendo vero che il Governo ha ora opportunamente modificato tale norma inaccettabile, la quale avrebbe comportato il blocco di oltre centomila processi solo per favorire una persona, non possiamo non manifestare il nostro grande disappunto per il modo di agire dell'Esecutivo.
Il Governo continua a mortificare il Parlamento: con il suo continuo ricorso al voto di fiducia impedisce infatti ai parlamentari di dare il loro apporto alla formazione delle leggi. Così sono decaduti anche i nostri emendamenti volti a migliorare il testo al nostro esame. In particolare, avevamo proposto di depenalizzare la guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico fra 0,5 e 0,8, trasformando l'ammenda in sanzione amministrativa, come viene praticato anche negli altri Paesi dell'Unione Europea. Riteniamo altresì iniqua e profondamente ingiusta l'applicazione della confisca in caso di guida in stato di ebbrezza. Anche noi crediamo che i trasgressori vadano severamente puniti ma tutte le sanzioni devono essere ragionevoli e proporzionate: così non è con la confisca, che da alcuni giudici viene ora applicata assurdamente anche retroattivamente, vale a dire a fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore del decreto-legge.
Anche in merito al neo-introdotto reato per chi affitta a clandestini, sarebbe stato opportuno chiarire che il locatore deve controllare il possesso del permesso di soggiorno al momento della stipula del contratto di locazione: egli non può infatti certamente essere incolpato per fatti successivi ed estranei alla sua sfera di controllo, come ad esempio la successiva perdita del posto di lavoro e del permesso. Speriamo quindi che le amministrazioni competenti e i giudici interpreteranno le predette disposizioni nel senso così auspicato.
Pur contenendo dunque il provvedimento in esame talune norme da noi condivise, per i motivi sopra evidenziati non sussistono le condizioni per un nostro voto favorevole: preannunzio quindi l'astensione della componente delle Minoranze linguistiche.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Milo. Ne ha facoltà, per sette minuti.

ANTONIO MILO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a votare affronta un vuoto normativo grave che i precedenti Governi non erano riusciti a colmare. In ordine al tema della sicurezza, che è questione centrale per tutte le forze politiche, il Governo ha scelto giustamente di intervenire con la decretazione d'urgenza, stante anche l'evolversi preoccupante del fenomeno della criminalità.
Tali fenomeni hanno necessità di continuo monitoraggio ed esame al fine di definire norme legislative che riescano a contrastarli e che forniscano gli strumenti necessari alle nostre forze dell'ordine per operare con professionalità ed efficienza. Non si tratta, pertanto, come si è detto negli ultimi giorni, di norme tese a chiudere le frontiere o a sfondo razziale, ma Pag. 3di un tentativo ragionato di governare i fenomeni che sorgono dall'incalzare dei processi derivanti dalla globalizzazione, impedendo che flussi incontrollati di immigrazione, spesso gestiti da organizzazioni criminali internazionali, possano creare sensazioni diffuse di rigetto e di esclusione.
Siamo consapevoli che molti immigrati giungono nel nostro Paese per trovare condizioni di vita migliori e contribuiscono, con il loro lavoro, alla crescita economica anche del nostro Paese. Ma proprio per tale ragione dobbiamo mettere in atto strumenti legislativi e normativi che ci consentano di avviare quel processo di integrazione sociale indispensabile per gli immigrati regolari che vivono nel nostro Paese e contemporaneamente procedere all'espulsione immediata nei confronti di chi delinque e di chi cerca di introdursi clandestinamente.
Per tale ragione noi del Movimento per l'Autonomia siamo convinti che la conversione in legge del provvedimento in esame sarà pregnante e apprezzata anche e soprattutto dagli immigrati che vivono e lavorano onestamente nel nostro Paese. Ci sembra giusto che il provvedimento abbia coinvolto i sindaci e gli amministratori locali, i quali potranno concorrere, dietro preventiva informativa al prefetto, ad assicurare la cooperazione tra le forze di polizia locali e quelle dello Stato, in modo da consentire una maggiore partecipazione delle amministrazioni locali alla tutela della sicurezza dei cittadini.
Riteniamo positivo anche quanto previsto, in materia di lotta alla mafia e alla grande criminalità organizzata, dalla normativa che rafforza i poteri della procura distrettuale e della direzione antimafia, garantendo una maggiore efficacia delle misure di prevenzione e ampliando, nel contempo, le norme in materia di confisca dei beni sequestrati. Tale punto rappresenta un aspetto concreto e indispensabile per colpire le grandi organizzazioni criminali nei loro interessi economici.
Noi vogliamo che il nostro Paese e il nostro Mezzogiorno trovino una strada di sviluppo sia per i grandi investimenti infrastrutturali, ma, in modo particolare, onorevoli colleghi, per debellare la grande criminalità organizzata che aggredisce le attività imprenditoriali più produttive, determinando, di fatto e soprattutto nel Sud, un blocco economico. Nel provvedimento in esame riscontriamo - pertanto per tale ragione preannunziamo il nostro voto favorevole - le condizioni per superare questa emergenza e portare il nostro Paese ed essere, anche per tale aspetto, un Paese normale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, anche oggi lei non c'è. Lei continua a chiedere al Parlamento la fiducia alla sua persona e al suo operato e tuttavia continua a non farsi vedere. Non venga a dirci che è impegnato altrove perché, mi creda, noi possiamo pure aspettare qualche ora o qualche giorno pur di vederla in aula, almeno il giorno in cui ci viene a chiedere di votare la sua fiducia, a meno che non ritenga che tutti all'interno del Parlamento siano suoi dipendenti. Nell'uno o nell'altro caso, comunque, noi dell'Italia dei Valori non siamo affatto disponibili a concederle la fiducia.
Infatti, noi riteniamo che lei si comporti come uno che ha due facce: una davanti ed un'altra dietro. Con quella davanti dice agli italiani che questo decreto-legge serve per combattere meglio la criminalità, ma con l'altra faccia, quella di dietro, spunta le armi e toglie i mezzi finanziari e gli strumenti operativi alla magistratura ed anche alle forze dell'ordine, a quelli, cioè, che la criminalità poi devono combatterla davvero e contrastarla tutti i giorni.
Ecco allora alcune perle del suo operato di cui è bene che i cittadini italiani prendano coscienza e conoscenza. Lei dice che con questo decreto-legge vuole dare sicurezza ai cittadini, ma contestualmente ha appena emanato un decreto con cui Pag. 4sono stati previsti, per il prossimo triennio, tagli per oltre 700 milioni di euro dai capitoli del Ministero dell'interno e di oltre un miliardo di euro dal Ministero della difesa, impedendo così l'acquisto di autovetture, carburante, munizioni, divise, insomma ogni strumento utile per garantire la sicurezza dei cittadini.
Lei dice che vuole utilizzare l'esercito in pattuglie miste con le forze dell'ordine, ma poi con altro decreto dispone una riduzione netta, nel triennio, dell'organico delle forze di polizia: circa 7 mila unità, a cui si aggiungono altre 9 mila unità che mancano per un totale di 15, 16 mila unità e che, unite alle altre forze di polizia, che pure vengono a mancare, assomma a circa 40 mila unità.
Lei dice che vuole la carcerazione per i clandestini e poi non solo nulla ha disposto per l'edilizia penitenziaria, ma addirittura ha tagliato i fondi attualmente stanziati per la manutenzione delle carceri; a meno che non pensi di mettere i delinquenti a villa Certosa non sappiamo proprio dove e come questi delinquenti dovrebbero essere messi da parte (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Peggio ancora ha fatto, signor Presidente del Consiglio che non c'è, e sta facendo con l'amministrazione della giustizia. Lei dice che vuole una giustizia più efficiente, ma poi si limita solo a caricare i magistrati di altro lavoro, senza assegnare loro le dovute risorse ed i necessari strumenti. Anzi, toglie loro anche quel poco che hanno. Infatti, per far fronte ai mancati introiti conseguenti all'eliminazione indiscriminata dell'ICI ha tolto, con il recente decreto-legge 27 maggio 2008 n. 93, quasi 60 milioni di euro dai fondi già assegnati dal precedente Governo al Ministero della giustizia ed oltre 100 milioni di euro da quelli già assegnati al Ministero dell'interno.
E come vuole farla funzionare la giustizia? Mi correggo: qualcosa per la giustizia lei ha fatto anche con questo decreto-legge, per la giustizia sua, quella cioè che serve a lei e agli amici suoi. Infatti, non so se ve ne siete accorti, ma il Presidente del Consiglio ha fatto inserire nel pacchetto sicurezza una norma che con la sicurezza non c'azzecca proprio nulla, ma che serve invece molto a lui e al suo complice David Mills, coimputato con lui nel processo di Milano per corruzione in atti giudiziari.
Mi riferisco alla possibilità, prevista nell'odierno decreto-legge, di richiedere il patteggiamento anche per i processi già in dibattimento e dopo che tale procedura era già stata respinta o comunque non richiesta nella fase precedente al dibattimento stesso. La ratio della norma originaria è nota: ridurre di un terzo la pena a coloro che non fanno perdere tempo alla giustizia, patteggiando la pena subito, prima del processo. Ma che c'azzecca richiedere un patteggiamento della pena dopo che un processo è già stato fatto? In tal modo non si risparmia tempo e il giudice semplicemente viene messo in condizione di non motivare la colpevolezza o meno dell'imputato che, appunto, chiede il patteggiamento all'ultimo minuto.
Lei, cioè, si è attaccato a questa norma con questo escamotage inserito nel provvedimento per inserirvi, anche questa volta, il solito emendamento «salva Premier», ma che dico, «salva amici del Premier», perché lei già si è salvato la settimana scorsa. Con l'odierno escamotage lei oggi cerca, vuole il patteggiamento di Mills, affinché il processo e nel processo il giudice non motivi sulla sua colpevolezza e affinché non debba motivare neanche sulla colpevolezza del complice, cioè sulla sua colpevolezza, signor Presidente del Consiglio.
La questione non è di poco conto perché non è soltanto un fatto giudiziario, ma anche un fatto grosso ma grosso grosso, come tutto il nostro Paese, di permanenza da parte sua al Governo in caso di condanna di Mills perché comunque ciò comporterebbe una sua condanna politica e morale. Non c'è che dire, davvero una bella trovata, signor Presidente del Consiglio!
Non importa se per ottenere ciò lei sta facendo emanare una norma che di fatto si traduce in un ulteriore indulto, in un ulteriore condono mascherato. Per pensare Pag. 5a sé, il Presidente del Consiglio addirittura rende impossibile mandare in galera - lo sappiano gli italiani - coloro che in questi anni hanno commesso reati gravissimi per i quali dovrebbero essere condannati addirittura a una pena effettiva fino a sette anni e mezzo.
Sì, è così: basta fare un po' di calcoli e questa sera li voglio fare, affinché restino nero su bianco! A chi risulta essere condannato fino a sette anni e mezzo di pena effettiva (quindi, anche per rapinatori, ladri, estorsori, spacciatori di droga e stupratori) con il patteggiamento, dovendosi applicare la riduzione di un terzo, la pena scenderebbe a cinque anni. Poi, siccome nel frattempo è stato emanato l'indulto, devono essere scontati ulteriori tre anni. Ne rimangono due, per i quali è previsto dalla legge l'affidamento ai servizi sociali. Ecco: 7 anni e mezzo ridotti a zero per fare in modo che non ci sia una condanna per un testimone imputato di corruzione in atti giudiziari. Ancora una volta è stata dimostrata la sua doppia faccia: a parole dice di voler combattere la criminalità, nei fatti non esita ad allargare le maglie della giustizia e mandare per strada fior fior di delinquenti pur di ottenere qualche vantaggio personale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Noi dell'Italia dei Valori ribadiamo il nostro dissenso su questo decreto-legge non solo perché lei ancora una volta lo ha travisato e raggirato a suo uso e consumo, ma anche per alcune perle d'ingiustizia sociale ivi contenute fra cui soprattutto l'aggravante razziale, quella prevede un aumento di pena nel caso in cui a commettere un delitto sia un extracomunitario. Noi riteniamo che i delinquenti siano tutti uguali e che per una giovane violentata o una vecchietta rapinata non faccia alcuna differenza se subisce la violenza o la rapina da un italiano o un extracomunitario: sempre lo stesso dolore e la stessa umiliazione prova e noi vogliamo punire i colpevoli allo stesso modo e non con lo sconto se questo è un ariano italiano.
Non ha senso poi neppure la norma «bloccaprocessi» nella sua attuale configurazione giacché rappresenta solo un rinvio di un'emergenza che c'è e che lascia i tribunali ingolfati allo stesso modo in cui si trovano oggi. Anzi, li ingolfano ancora di più, perché comunque dovranno farsi centinaia di migliaia di notifiche sia agli imputati che alle parti lese, per permettere loro di non usufruire del rinvio e fra un anno saremo sempre allo stesso punto di partenza. Ancora più assurda consideriamo la schedatura delle impronte digitali dei bambini extracomunitari (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Anzi, la consideriamo un vero e proprio comportamento xenofobo, che non fa onore al nostro Paese e che ci riporta ai tempi bui dell'olio di ricino, di cui lei ogni giorno di più si pone e propone come degno prosecutore.
Per tutte queste ragioni, l'Italia dei Valori le nega convintamente, con il cuore e con la mente, niente affatto pacatamente, la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, credo che sulla domanda di sicurezza proveniente dai cittadini italiani non ci si possa dividere tra destra, sinistra e centro. Siamo tutti noi consapevoli che, quando si parla di diritti dei cittadini e della loro libertà, il Parlamento sia chiamato a dare una risposta univoca. Sì, signor Presidente, si parla di libertà dei cittadini, perché non vi è libertà senza sicurezza, come non vi è vera pace senza libertà.
Le vittime della delinquenza nel nostro Paese sono spesso dimenticate e, aprendo questo mio breve intervento in dichiarazione di voto sulla questione di fiducia, vorrei rivolgere un pensiero grato a tutte le vittime della delinquenza, che nel nostro Paese tante volte subiscono il pregiudizio di un doppiopesismo, figlio di una certa cultura, di una certa sinistra ideologica, in base alla quale si è portati sempre a giustificare per le ragioni del degrado e dell'emarginazione episodi, fatti ed eventi di delinquenza.Pag. 6
Noi riteniamo che questa strada non sia da seguire e che oggi vada rimossa questa sorta di eredità del passato. Le vittime non possono essere dimenticate, ma debbono sempre essere una priorità per il legislatore. Noi oggi siamo legislatori e siamo impegnati a dare una risposta all'emergenza che vi è nel Paese. Le statistiche hanno una loro importanza, ma prima delle statistiche viene la percezione e in questo Paese tutta la gente - l'abbiamo ascoltata in campagna elettorale in ogni comizio e in ogni manifestazione politica - ci veniva a comunicare il suo bisogno di sicurezza.
Vorrei dire che per fortuna è stata stralciata da questo decreto-legge la norma «bloccaprocessi», che avrebbe comportato un pregiudizio proprio per queste vittime: non si può ad intermittenza essere feroci ed essere lassisti, bisogna avere una coerenza legislativa. Per fortuna, l'approvazione (a cui evidentemente non abbiamo concorso) del «lodo» per le alte cariche dello Stato ha evitato che ci fosse un'ulteriore beffa per coloro che si trovano ad essere vittime dell'illegalità.
In realtà, la paura, il sentimento di insicurezza colpisce proprio le fasce più deboli della popolazione. Direi che le forze politiche in questi anni si sono interrogate ed oggi appare chiaro che nelle grandi città, nell'hinterland della grande città, il cittadino si sente abbandonato, non si sente garantito dallo Stato. Ed allora pensa a scorciatoie, come le ronde, o nascono idee razziste. Il migliore antidoto al razzismo è uno Stato che faccia rispettare le leggi e che tuteli il cittadino: il razzismo nasce perché la gente non si sente tutelata e allora dà delle risposte sbagliate. Ma compito della classe politica non è coltivare il pregiudizio e alimentare il razzismo. Ecco perché, onorevole Presidente, noi siamo contrari alle impronte digitali per i bambini rom, poiché si vuole dare l'idea di uno Stato feroce in grado di tutelare, ma in realtà lo Stato feroce non tutela mai. Lo Stato che tutela è lo Stato giusto. Noi dovremo fare un'altra proposta, che non è quella di prendere le impronte dei bambini rom, ma è quella di prendere le impronte a tutti i nostri figli: inseriamo le impronte sulla carta di identità di tutti gli italiani accanto alle nostre immagini visive e stabiliamo in ciò un principio di libertà e di uguaglianza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Popolo della Libertà), come anche per i bambini rom, i quali certamente subiscono il pregiudizio per una situazione drammatica; è chiaro che siamo tutti con il Governo contro lo sfruttamento di questi bambini.
Dunque credo che bisogna dire «no» anche ad altre ricette che hanno alimentato il dibattito in questi giorni: ad esempio, il reato di immigrazione clandestina. Vedete, questo reato stabilisce un effetto immediato: il rallentamento delle espulsioni, l'intasamento dei tribunali e delle carceri. Credo che per questo reato, che certamente complica la situazione, anche per quanto riguarda il lavoro dei tutori della legge e la vita delle nostre amministrazioni, sia meglio procedere in via amministrativa. Credo che sia sbagliato che in questo decreto-legge si stabilisca che la condizione di immigrato irregolare costituisca una aggravante, perché tantissimi sono gli esempi che si potrebbero fornire a quest'Aula che dimostrano come in realtà si crea un vero e proprio paradosso.
Ma è anche vero che questo decreto-legge riprende al 90 per cento idee della passata legislatura, che la sinistra non ha avuto il coraggio di mettere nero su bianco. Proprio per questo motivo credo che sia stato inopportuno l'aver posto la questione di fiducia, perché su queste norme noi dovevamo discutere assieme. Il mio gruppo, quello dell'Unione di Centro, si è limitato a presentare dieci emendamenti: non volevamo fornire alibi al Governo per la posizione della fiducia che finisce per bloccare un dialogo mai così necessario per materie di questo tipo e che, nello stesso tempo, favorisce ancora una volta l'esproprio silenzioso del Parlamento che già si è avuto in questi mesi di legislatura. Credo che nessun ambito del nostro lavoro meriti la collaborazione comune Pag. 7più di questo; ed è per questo che il Ministro dell'interno, le forze di polizia e le forze dell'ordine sanno di poter contare sulla lealtà della nostra posizione. Non c'è maggioranza e opposizione che tenga quando si tratta di dare una mano allo Stato, di far rispettare le regole che lo Stato si dà.
Naturalmente vi sono norme condivisibili in questo decreto-legge. Vorrei accennarne qualcuna: l'inasprimento sanzionatorio per reati odiosi e di allarme sociale - ai colleghi del Governo dico, però, che non basta stabilire pene più severe - maggiori poteri ai sindaci in materia di sicurezza urbana e per contrastare l'immigrazione clandestina, norme giuste sulla sicurezza stradale, che colpiscono i guidatori in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti e norme, che noi certamente condividiamo, di contrasto alla mafia. Tuttavia, vorrei terminare il mio intervento con un'osservazione di fondo.
In questi mesi di inizio legislatura tutti noi abbiamo discusso molto di sicurezza; non troviamo in questo decreto-legge tutto il compendio di ciò su cui abbiamo discusso, ma certamente il dibattito politico è imperniato sulla sicurezza, perché la domanda dei cittadini è sulla sicurezza. Cari colleghi del Governo, signor Presidente del Consiglio, signor Ministro dell'interno, che senso ha discutere dal mattino alla sera di nuove norme sulla sicurezza, di nuove fattispecie di reato per battere la delinquenza, quando poi vediamo venire meno il sostegno reale alle forze dell'ordine, che operano senza mezzi e vediamo che il capitolo del Ministero dell'interno è eroso dai tagli indiscriminati (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Italia dei Valori)?
Nei prossimi giorni discuteremo dei provvedimenti economici... (Commenti). Ciò che ho affermato è vero ed è facilmente dimostrabile: non è che questi 300 miliardi servano a molto, ma servono a qualcosa e certamente le tabelle sono indiscutibili.
Ebbene, onorevoli colleghi, è chiaro che i tagli da un certo punto di vista sono doverosi, considerata la situazione economica del Paese. Non me la prendo più di tanto con quel Ministro a cui tocca l'ingrato compito di essere garante del fatto che i conti pubblici siano in ordine, ma non si può operare tagli indiscriminati e non essere selettivi su questi aspetti, perché se la sicurezza è un'emergenza nazionale non possiamo accettare l'idea di tagliare i fondi per la sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Se non fosse vero ciò che vi dico ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER FERDINANDO CASINI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Come stavo dicendo, vi consiglio, domani mattina, di parlare con Oronzo Cosi, con il SIULP, con il SAP e con tutti i sindacati di polizia che manifesteranno davanti a questa Camera, di fronte all'inoppugnabile realtà dei tagli ai fondi per la polizia.
Signor Ministro per i rapporti con il Parlamento, signor Ministro della giustizia, termino dicendovi che noi evidentemente siamo obbligati, per coerenza con gli impegni presi con i nostri elettori, a votare contro questa fiducia, ma su questo provvedimento vi daremo una mano. L'unica cosa su cui voi dovete rispondere non solo al Parlamento, ma al Paese, sono i tagli, perché con i tagli che esistono oggi non si può fare un'efficace politica contro la criminalità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.

ROBERTO COTA. Signor Presidente, quando si promette si mantiene: deve essere questa la prima differenza tra la vecchia e la nuova politica. È questa la lezione uscita dalle urne lo scorso aprile perché la gente è stufa di chi dice e non fa, di chi promette e non mantiene.
Oggi parliamo di sicurezza e di contrasto all'immigrazione clandestina, anche Pag. 8quella comunitaria. Noi lo sostenevamo da tempo; tuttavia, il tema è emerso con prepotenza in un giorno di novembre dell'anno scorso, quando a Roma fu barbaramente uccisa la signora Giovanna Reggiani. Allora, fu il sindaco di Roma Veltroni ad accorgersi, dopo tanto tempo, del problema e ad affermare, quando il PD era forza di Governo, che occorreva tolleranza zero e un decreto-legge. Ebbene, sono stati varati due decreti-legge, lasciati poi decadere per le note beghe all'interno dell'allora maggioranza. Il leader che ne fece le spese fu proprio Walter Veltroni, allora prigioniero della sinistra radicale ed oggi la storia si ripete perché è ancora prigioniero di qualcuno: in questo caso, dell'onorevole Di Pietro.
La differenza rispetto a tutti coloro che parlano - e abbiamo sentito anche gli ultimi interventi - è che in campagna elettorale noi abbiamo promesso e oggi cominciamo mantenere qualcosa. Si tratta di fatti e non di parole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Il decreto-legge in esame contiene: misure per rendere più facili le espulsioni anche per i cittadini comunitari; l'aggravante dello stato di clandestinità; norme che puniscono chi cede l'immobile al fine di trarne profitto ad immigrati clandestini; misure più severe per la guida in stato di ebbrezza; norme sulla distruzione immediata di merci contraffatte. Il provvedimento in esame, inoltre, conferisce più potere ai sindaci, che possono ora adottare provvedimenti anche in materia di incolumità e di sicurezza pubblica e contiene disposizioni che consentono l'accesso della polizia locale alle banche dati relative a documenti e veicoli rubati.
Non è vero che il provvedimento in esame non è stato oggetto di discussione parlamentare, infatti al Senato sono state introdotte delle modifiche anche a seguito del dibattito e delle proposte dell'opposizione. Ad esempio, è stato inserito di reato di fraudolenta alterazione al proprio corpo per impedire l'identificazione e sono state inserite misure più severe per colpire chi dichiara false generalità e norme che attribuiscono ai sindaci il potere di segnalare chi è clandestino. Anche in questa Camera sono state introdotte delle modifiche attraverso l'emendamento che oggi il Governo presenta, in quanto si mira ad eliminare la norma sul blocco dei processi ed è stata mantenuta, invece, una norma che attribuisce delle priorità per i reati più gravi (e ciò è giusto) senza alcuna sospensione automatica dei processi.
Vorrei dire in quest'Aula che sono profondamente colpito ed indignato per il fatto che in tutta la discussione non si è mai posto l'accento sul perché vi sono migliaia di processi anche per reati giudicati gravi e commessi prima del 2002, per i quali non si è ancora arrivati ad una sentenza neppure in primo grado (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Mi chiedo se questi argomenti non interessano (perché non si può fare strumentalizzazione politica) e se di questi argomenti non debba occuparsi il Consiglio superiore della magistratura, in quanto è evidente che qualcosa non funziona (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Devo dire la verità: in questo periodo sul decreto-legge in esame ne abbiamo sentite di tutti i colori. Abbiamo sentito, infatti, che è razzista l'aggravante di clandestinità. Ma se oggi vogliamo colpire l'immigrazione clandestina è chiaro che lo status di clandestino deve costituire un'aggravante per chi commette un reato. Mi sembra assolutamente logico.
Si è detto che è razzista l'identificazione all'interno dei campi nomadi. Vorrei ricordare, tuttavia, all'onorevole Di Pietro e a quanti hanno parlato a vanvera che non si tratta di identificare i rom per una ragione etnica o razziale, bensì si tratta di identificare chi vive all'interno dei campi nomadi. Su tale aspetto vi è una profonda differenza, caro onorevole Minniti, che non vedo in Aula, tra quanto ha scritto e detto il Ministro Maroni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e quanto, invece, era contenuto nei precedenti patti sulla sicurezza (sottoscritti dal precedente Governo) che parlavano - essi sì - d'identificazione dei rom.Pag. 9
È evidente che avete la memoria corta. Parlate di razzismo e qualcuno si riempie la bocca affermando che vi è lo sfruttamento dei minori. Mi chiedo come sia possibile controllare che i bambini vadano scuola e che non delinquano se non sappiamo chi sono questi bambini. Questi sono i misteri di una politica che la gente non comprende più. I cittadini vogliono ricominciare, invece, a sentirsi padroni a casa propria. Oltre ai soldi pagati ad uno Stato percepito come nemico, si sentono colpiti in un bene primario come la sicurezza.
Sono stufi di aspettare a fiutano da lontano il buonismo d'accatto di certi discorsi completamente slegati dalla realtà.
Certo, quello che oggi mettiamo è un primo tassello, se volete incompleto: tutto il «pacchetto sicurezza» si compone di una serie di provvedimenti, di un decreto-legge, di un disegno di legge, di una serie di decreti attuativi e di ordinanze che, ad esempio, riguardano l'identificazione all'interno dei campi nomadi. Non riesco veramente a capire, però, perché oggi l'opposizione voti contro il provvedimento in discussione. Lo affermo credendo che, considerata la situazione in cui versa il Paese, l'esigenza di intervenire e di riformare sia così indifferibile da auspicare il concorso di tutti. Ad esempio - mi riferisco al prossimo futuro - o si approva il federalismo o il sistema va a picco: lo sappiamo tutti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, spero che l'atteggiamento di oggi sia soltanto uno strascico della vecchia contrapposizione ideologica e strumentale. Lo affermo anche con la consapevolezza che, quando bisogna centrare l'obiettivo, bisogna prima conoscere il percorso che si deve compiere e non demordere mai. L'azione della Lega è stata a tutti chiara: la si è vista nel lavoro del Ministro dell'interno e dei nostri parlamentari. Dare più poteri ai sindaci, ad esempio, è un obiettivo che abbiamo perseguito e che anche molti amministratori non leghisti invocano. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori Ministri, questa è la strada giusta e da essa non torneremo indietro. Vogliamo dirlo in maniera chiara a tutti i cittadini che ci ascoltano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Andremo avanti e chiediamo che il nostro Ministro vada avanti con coraggio, come sta facendo.
Per questi motivi voteremo in maniera convinta la fiducia sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, siamo giunti al voto sul «decreto sicurezza»: un voto di fiducia. Dobbiamo riflettere sul fatto che questa settimana due saranno le fiducie: dopo il blitz fuori da ogni regola sul «lodo Alfano», avremo due fiducie su provvedimenti delicati come la manovra economica triennale e il «pacchetto sicurezza». Dobbiamo riflettere, perché questo non è più un esproprio del Parlamento, ma una bestemmia contro il Parlamento, umiliato e svuotato delle sue funzioni costituzionali.
Con riferimento al merito del provvedimento, il decreto-legge in esame nasce per garantire maggiore sicurezza ai cittadini: per garantire maggiore sicurezza a Silvio Berlusconi, però, lo avete modificato strada facendo, prevedendo di bloccare centomila processi per impedirne uno. Peccato, però, che questa vostra invenzione abbia effetti collaterali grotteschi: a causa delle due nuove norme votate dal Senato, tre ragazzini che in gita scolastica cedono un grammo di droga a un loro coetaneo vanno processati subito, mentre per chi ha violentato una donna, per chi ha rapito un bambino o rapinato un appartamento, per chi ha truffato migliaia di risparmiatori il processo può aspettare. Prima di essere travolti dal ridicolo - un tragico ridicolo - avete modificato le due norme in questione. Il Partito Democratico può essere soddisfatto di avere vinto una battaglia parlamentare che ha impedito di Pag. 10sfasciare il sistema giudiziario, ma voi di cosa potete dirvi soddisfatti, dopo che per tre settimane avete preso in giro il Paese, facendo e dicendo tutto e il contrario di tutto? Solo questa vostra contorsione meriterebbe un voto di sfiducia, ma vi sono argomenti più veri e profondi per votare contro, motivi che derivano dalla vostra politica per la sicurezza.
Le misure per garantire la sicurezza ai cittadini vanno giudicate non solo per la loro efficacia, ma anche per il significato politico-culturale che portano con sé. Siamo tutti d'accordo sul fatto che vi è insicurezza e che la paura cresce, siamo tutti d'accordo che sono i più deboli e indifesi a sopportarne le conseguenze più pesanti, siamo tutti d'accordo con i contenuti del «pacchetto Amato», che noi abbiamo commesso l'errore di non approvare, così come siamo tutti d'accordo con quelle norme, contenute nel decreto-legge in esame, che consentono maggiore certezza della pena e rigore verso alcuni reati. Ma qui ci si deve fermare e l'analisi deve farsi più critica.
Non basta dire che il pacchetto sicurezza non risolverà i problemi - ed è vero - perché le carceri si riempiranno e le espulsioni per via giudiziaria saranno più lente e difficili da attuare, ma occorre andare al cuore del problema e dire che la cultura politica e istituzionale di questo Governo di destra è, oltre che inefficace, sbagliata e pericolosa. Stiamo assistendo ad un crescendo, settimana dopo settimana, di quello che Jonathan Simon chiama il Governo della paura.
Non c'è solo questo decreto-legge, vi sono tre decreti legislativi del Governo Berlusconi di attuazione di direttive comunitarie che contengono un vero e proprio giro di vite in chiave xenofoba e che riguardano il ricongiungimento familiare, l'asilo e il diritto di libera circolazione. Vi sono le tre ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri che - state bene ad ascoltare - utilizzando la legge istitutiva del servizio nazionale della protezione civile - fate attenzione, si è usato uno strumento inusuale, per non dire orrendamente inappropriato - dichiarano in tre città l'emergenza rom e autorizzano la schedatura, attraverso le impronte digitali, anche dei bambini. Questo avete fatto, e non quello che hai blaterato tu qualche istante fa, Cota (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Sarà vero che la storia non si ripete, ma alle leggi razziali si arrivò nel 1938 dopo un censimento dei cognomi ebraici. State attenti a non ripetere la stessa tragica strada. Quando si cerca di trasformare la persona in gruppo, in una massa, e si cerca di annullare l'individualità, il miracolo irripetibile che ogni individuo rappresenta, si calpesta la dignità umana, il principio costituzionale che ci vuole tutti uguali davanti alla legge.
Di fronte a questo occorre ritrovare il coraggio dell'indignazione, il coraggio di dire che è vergognoso quello che in Italia si sta facendo. Quando i problemi si affollano e la politica annaspa (basti pensare al costo della vita reale, in cui il pieno di benzina costa 80 euro, mentre l'inflazione programmata del Governo è all'1,7 per cento, o che nei prossimi tre anni ci saranno tagli per 5 miliardi di euro alla sanità e per 8 alla scuola e si sta smontando lo Stato sociale, e a fronte di ciò non vi è un euro in più per stipendi, salari e pensioni) ecco scattare magicamente l'allarme sicurezza. Se la nostra quotidianità diviene preda della paura e scatta l'identificazione della vittima delle azioni criminali con il cittadino comune, che è sempre per sua natura vulnerabile, si apre la strada a interventi sempre più pesanti e punitivi da parte dello Stato e ci si avvia verso l'esercizio di un potere esecutivo del Governo sempre più invasivo e totalizzante, con un appannamento della fiducia nella perdurante validità del patrimonio di principi e valori di cui la nostra Costituzione è espressione.
Due esempi bastano a spiegare quanto sto dicendo. Il primo riguarda l'uso delle Forze armate per pattugliare le città. Il problema non è solo la militarizzazione della sicurezza, mai verificatasi fino a oggi in Italia, ma è la confusione di ruoli e di idee, è il messaggio che si manda di allarme e sfiducia nelle forze di polizia. Pag. 11Per quanti problemi ci siano - e ci sono - le nostre città non sono assediate, non c'è bisogno del VII Cavalleggeri che tra squilli di trombe venga a liberarci, anche perché se dopo l'intervento dei militari italiani le cose non dovessero sostanzialmente cambiare, e non cambieranno perché esercito e polizia sono funzionalmente non assimilabili, cosa facciamo, chiediamo l'intervento dei marines (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)?
Siete grotteschi in questa vostra pretesa di fare la faccia feroce. Ci sarebbe bisogno di più patti per la sicurezza tra Governo e comuni, di più forze di polizia sulla strada e di maggiore coordinamento tra loro, ma in attesa di queste soluzioni sarebbe bastato non tagliare per oltre un miliardo nei prossimi tre anni le risorse per la sicurezza del Ministero dell'interno, non bloccare le assunzioni di personale per le forze di polizia, riconoscere maggiori risorse per il loro lavoro straordinario: tutte cose che potevate fare in queste settimane e che non avete fatto, al punto tale che proprio per questo, il 17 luglio, in tutta Italia, tutte le organizzazioni sindacali del comparto sicurezza manifesteranno contro il Governo Berlusconi minacciando lo sciopero bianco (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Il secondo esempio riguarda l'aggravante di clandestinità per i reati. Cosa significa l'aggravante di clandestinità? Vuol dire che per la prima volta nel nostro ordinamento una pena viene aumentata non per quello che fai ma per quello che sei, non per il reato che commetti ma perché sei uno straniero. Ecco affacciarsi in tutta la sua inciviltà una pericolosissima ossessione: la paura dell'altro, la paura dello straniero. Jean-Paul Sartre ha inchiodato alle sue paure la cultura occidentale quando diceva che l'inferno è l'altro. Voi trasformate questo tabù della cultura occidentale in legge dello Stato per decreto. Sicuramente si tratta di una via più rapida rispetto alla fatica e alla responsabilità di politiche di integrazione, a cominciare dalla scuola, di accoglienza, di cittadinanza, di asilo, di risanamento delle periferie o di revisione della madre di tutti i problemi, quell'infernale macchina di produzione di irregolari che è la legge Bossi-Fini.
Vi rendete conto che nel 2007 a fronte di 730 mila domande di regolarizzazione sono stati dati 170 mila permessi di soggiorno? Stiamo parlando di 730 mila persone che lavorano, nelle case, nelle famiglie e nelle aziende. Stiamo parlando di badanti, operai, operatori di assistenza e muratori. Secondo voi stanno girando per il Paese 560 mila clandestini, perché non hanno vinto la lotteria della regolarizzazione? Ma dove pensate di essere? Che idea vi siete fatti del Paese? Tutte queste sono persone che ci aiutano a mandare avanti la famiglia, l'azienda e il Paese, e che, tanto più restano irregolari, tanto più saranno sfruttati da regolarissimi cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Questa vostra è un'ignobile scorciatoia, una via segnata, più che dall'efficacia delle misure, dalla faccia feroce che volete mostrare al mondo. Ecco, l'unico vero deterrente di questo vostro decreto è la faccia feroce. Peccato che, nonostante questo, gli sbarchi in questi mesi siano quintuplicati, perché, cari colleghi della maggioranza, la vostra faccia feroce non può nulla rispetto alla forza più elementare, diffusa e capillare: la forza della disperazione, della miseria e dell'istinto di sopravvivenza di chi scappa dalla fame, dalla morte e dall'oppressione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). È ridicolo quello che state facendo, è tragicamente ridicolo.
Credo che sia arrivato il tempo per noi di riprenderci la responsabilità della nostra cultura, per cui nessun essere umano è illegale, e ha invece il diritto di avere diritti. Essere sensibili al rischio presente, come noi siamo, ma indifferenti al destino futuro non appartiene alla nostra storia. Ecco perché anche quando si parla di sicurezza non è vero che siamo tutti uguali e la pensiamo tutti allo stesso modo. La sicurezza dei cittadini è un bene che tutti vogliamo preservare, ma è come lo facciamo Pag. 12che ci fa diversi, ed è per questo che noi voteremo «no» a questo vostro provvedimento.
Aldo Moro ci ha lasciato la grande lezione che tra il realismo della preoccupazione e l'idealismo della forza dei diritti emergenti non c'è contraddizione, sono le due facce di una stessa realtà, nella quale la ricchezza del nuovo e dell'umano che avanza non deve essere soffocata ma composta. Il contributo del Partito Democratico oggi vuole essere nei comportamenti parlamentari proprio questo: non dimenticare questa lezione di grande civiltà e di Governo.
Per questo il nostro «no» al provvedimento non è - come voi dite - figlio della confusione, ma precisa e motivata ragione di passione politica e civile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, il gruppo del Popolo della Libertà dà oggi il suo «sì» convinto alla questione di fiducia che il Governo pone sul decreto sicurezza. Non è un «sì» ovvio, perché rappresentiamo la parte principale della maggioranza che sostiene il Governo, ma è un «sì» motivato dalla bontà di questo provvedimento. Credo che gli esponenti dell'opposizione intervenuti oggi in Aula abbiano utilizzato solo argomenti parziali, guardando il merito del provvedimento per cercare di limitarne invece le sue qualità e le sue potenzialità. Questo decreto risponde ad esigenze chiare dei cittadini.
Cominciamo con qualche numero e con qualche cifra, cari colleghi. Non è vero che il problema della sicurezza è solo una percezione, solo un problema psicologico spesso alimentato dai media, come qualcuno dice, o da chi vuole militarizzare la nostra Nazione. Il problema della sicurezza è una tragica realtà. Negli ultimi anni sono aumentati del 14 per cento i delitti in Italia. Nel 2006 abbiamo avuto tre milioni di delitti denunciati nel nostro Paese, un incremento del 69 per cento delle rapine, del 54 per cento dei furti in ville ed appartamenti, 44 mila arresti nel 2006 per droga, con un incremento del 14 per cento. Secondo uno studio del Ministero dell'interno metà degli italiani ha installato in casa una porta blindata, un terzo degli italiani lascia le luci accese quando esce di casa, un quarto degli italiani ha installato delle inferriate alle finestre dell'abitazione in cui vive con la propria famiglia e i propri figli.
Queste non sono percezioni, sono dati, dati di fatto che limitano la libertà dei cittadini, che incidono sulla libertà, che incutono paura, che limitano la sicurezza e che pretendono, più che chiedere, una forte risposta da parte del Governo.
Ma andiamo a vedere cosa prevede questo provvedimento, contro il quale oggi voi vi scagliate. Ci aspettavamo che almeno avreste spiegato le ragioni del vostro «no», ma avete parlato di altro, avete parlato di processi, non avete parlato del merito del provvedimento in esame. Vediamo cosa c'è scritto: c'è scritto che dobbiamo rendere più incisive e più veloci le espulsioni degli immigrati clandestini, affidando alcune procedure al questore, prevedendo il processo per direttissima con una pena da uno a quattro anni per chi, dopo il decreto di espulsione, non si allontana, prevedendo il processo penale per chi, per sottrarsi ad una legge, declina false generalità, moltiplicando e cambiando denominazione ai centri di identificazione ed espulsione.
Ebbene, voi che cosa rispondete rispetto al problema della clandestinità? È una grande piaga. Voi volete far credere che noi siamo contro l'immigrato in quanto tale, ma vi sbagliate di grosso. Gli immigrati regolari in Italia solo il 4,5 per cento della popolazione e, secondo i dati, delinquono meno degli italiani, in proporzione. Quindi il problema non è l'immigrato, ma la clandestinità che è criminogena e spinge l'immigrato nelle maglie della criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).Pag. 13
Non vogliamo cacciare gli immigrati, ma combattere la clandestinità. Anche su questo, caro collega Bressa, qualche numero: nel 2006 in Italia vi sono stati 90 mila arresti, di cui 48 mila nei confronti di immigrati. Dunque, com'è possibile che il 4,5 per cento della popolazione rappresenti il 52 per cento degli arrestati e il 42 per cento della popolazione carceraria? Eppure, se andiamo a distinguere i dati tra regolari e clandestini scopriamo che i regolari delinquono meno degli italiani e gli altri, invece, delinquono talmente tanto da portarci a questi dati. Il 52 per cento dei borseggi è opera di clandestini, come il 38 per cento dei furti e il 42 per cento delle rapine. Ecco la ragione per la quale abbiamo introdotto l'aggravante della clandestinità. È semplicissimo, lo dicono i numeri: la clandestinità è criminogena e, quindi, l'aggravante deve servire come deterrente per evitare la clandestinità. Non puniamo per quello che sono, ma puniamo per quello che hanno fatto, cioè per essere entrati in maniera irregolare all'interno di un Paese che ha delle leggi e che ha sottoscritto dei trattati internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Siete voi che con la vostra solidarietà «pelosa» volete che entrino, senza preoccuparvi se il giorno dopo hanno un datore di lavoro, una casa, un'assistenza sanitaria o se finiscono in mano al caporalato della criminalità organizzata.
Non capisco perché votate contro un decreto-legge che rende più duro l'articolo 416-bis del codice penale e rende più veloce il sequestro dei beni ai mafiosi, perché votate contro un provvedimento che garantisce maggior controllo sul territorio, dà più potere ai sindaci, alla polizia municipale, dà la possibilità alla polizia municipale di collegarsi alla banca dati del Viminale, finanzia piani di controllo del territorio.
Non capisco perché votate «no» ad un provvedimento che contiene la norma che prevede l'ergastolo per chi uccide un appartenente alle forze dell'ordine. Non comprendiamo perché votate «no» ad una norma che prevede sanzioni più severe per chi guida sotto l'effetto di alcolici o di droghe. Non comprendiamo perché votate «no» ad un provvedimento che mette a disposizione tremila militari, preferibilmente carabinieri (c'è scritto nel provvedimento, se lo leggete), tra quelli a disposizione del Ministero della difesa, per godere di un maggior controllo e una maggiore sicurezza nella città.
Non riesco a capire, so solo che un cittadino onesto, quando vede più soldati per strada, più carabinieri per strada, deve essere contento. Chi è che ha paura, cari amici del Partito Democratico, che vi siano tremila militari in più a controllare il territorio? Gli onesti non possono aver paura di questa misura, sono i disonesti che devono temere questa presenza, e non si capisce perché siete contrari. Peraltro, vi sono precedenti che riguardano Governi di centrosinistra che avevano destinato uomini delle Forze armate al controllo del territorio, anche in misura numericamente maggiore. Dunque, non si comprendono proprio i motivi del vostro «no» a questo decreto-legge.
Avete cominciato dicendo che avreste votato «no» perché in esso era previsto il reato di immigrazione clandestina. Poi è stato eliminato il reato di immigrazione clandestina e ci avete detto che avreste votato «no» perché c'era l'aggravante, ma vi abbiamo spiegato, numeri alla mano, per quali ragioni è indispensabile prevedere l'aggravante all'interno del nostro ordinamento.
Poi avete detto «no» perché utilizza i militari nelle pattuglie, per il controllo del territorio nelle città, e vi abbiamo risposto che li avete utilizzati anche voi, con i vostri Governi.
Poi avete detto «no» perché ci siamo permessi di pensare di prendere le impronte ai bambini rom. Ma secondo voi, siamo incivili noi, che vogliamo che quel bambino non venga più sfruttato, maltrattato e non gli venga più negata l'infanzia, la felicità, i giochi, la scuola, l'istruzione, a volte l'alimentazione? Noi vogliamo sapere di chi è figlio, dove dorme, dove va a scuola, qual è il futuro di quel bambino.
Siamo noi incivili...

Pag. 14

FURIO COLOMBO. Sì!

ITALO BOCCHINO. ...che diciamo questo, o sono incivili coloro che vogliono vedere i bambini vendere fiori agli angoli delle strade o chiedere l'elemosina, sfruttati e magari picchiati la sera, perché non sono riusciti a racimolare tanta elemosina quanta gliene era stata ordinata la mattina (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)?
Personalmente, farei prendere le impronte digitali anche ai miei figli, anche a me stesso, anche a tutti noi: non riesco a capire dov'è lo scandalo. Perché la persona onesta deve temere di dare le sue impronte digitali? Perché la persona onesta deve temere di avere tremila carabinieri in più, nelle strade delle città dove viviamo? Ecco perché è irrazionale il vostro «no».
Poi, alla fine, avete detto «no» per una ragione chiara ed evidente: perché vi eravate impegolati nella famosa vicenda della norma sulla sospensione dei processi, quella che voi chiamate «bloccaprocessi»; tuttavia, come avete visto, anche in quel caso l'arma si è spuntata: la norma non è più quella che contestavate, ma è quella che voi avevate ipotizzato, è quella che il CSM aveva giudicato come migliorabile, è quella che addirittura l'Associazione nazionale magistrati auspicava tra le modifiche possibili.
Anche qui, spiegateci che scandalo c'è, nel momento in cui vi sono due processi, di cui uno è sicuramente destinato alla prescrizione, e quindi non produrrà alcuna condanna, e un altro rischia invece la prescrizione, nel preferire di portare avanti il processo che rischia la prescrizione, per salvarlo, anziché portare avanti entrambi e perdere entrambe le possibilità di arrivare ad una condanna. Dov'è lo scandalo, considerato che anche i Governi Prodi e D'Alema avevano dato vita a norme per la sospensione dei processi? Dov'è lo scandalo, se risponde alla circolare che fece il procuratore Maddalena e a quanto auspicava il CSM?
Concludo dicendo che il vostro «no» è per noi e per gli italiani veramente incomprensibile, figlio di confusione politica, ma anche figlio di una vostra distorsione culturale che viene dal 1968, per cui, a vostro giudizio, chi delinque è vittima della società, che non gli ha fornito gli strumenti per vivere nella rettitudine. Per noi, la situazione è completamente diversa: per noi chi delinque ha rinunciato a quella responsabilità verso la società che ogni cittadino deve avere (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto a nome dei gruppi per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baccini, appartenente al gruppo Misto, al quale ricordo che ha un minuto di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MARIO BACCINI. Signor Presidente, mi sembra che il provvedimento che stiamo esaminando sia un provvedimento che va nella linea dell'interesse generale e del bene comune dei cittadini.
Certo, è un passo in avanti, bisogna completare le procedure, ma appare evidente il sostegno alle forze dell'ordine, che quotidianamente sono impegnate per la tutela della sicurezza, e che argomenti di questo tipo non possono essere - come ricordava il presidente Casini - né di destra, né di sinistra, né di centro.
È per questa ragione che credo che il provvedimento in esame vada sostenuto, e quindi annuncio il mio voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mario Pepe (PdL). Ne ha facoltà, per un minuto.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, se oggi il Parlamento viene escluso dal processo di formazione del provvedimento in esame, il Parlamento stesso non è esente da colpe: abusando dello strumento emendativo, ha perso l'occasione di dare un contributo a questo importante provvedimento.Pag. 15
Signor Presidente, la sicurezza dei cittadini è un problema complesso: non si risolve solo inasprendo le pene, soprattutto in un Paese dove l'80 per cento dei reati rimane impunito.
Signor Presidente, la sicurezza dei cittadini passa attraverso il controllo del territorio e una giustizia veloce, ma passa anche attraverso le carceri! Queste ultime sono diventate scuole di malavita e oggi, su centomila persone che vi entrano, quindicimila vi restano solo tre giorni. Inizia così, signor Presidente, l'apprendistato criminale.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, mi lasci concludere, perché in quest'Aula ho osservato un lungo Ramadan della parola. Signor Presidente, vorrei rivolgere un invito ai colleghi, affinché per il futuro possano cambiare atteggiamento, se vogliamo...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

MARIO PEPE (PdL). ...che il Governo non diventi sempre più un Governo legislatore ed il Parlamento sempre più un guscio vuoto (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rita Bernardini. Ne ha facoltà, per un minuto.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, noi della delegazione radicale all'interno del Partito Democratico affermiamo che il Parlamento non può permettersi di non valutare subito quanto è avvenuto in Abruzzo. I fatti accaduti colorano e connotano meglio ciò che dobbiamo votare oggi.
Noi sosteniamo che questo, come il fascismo, è un regime. Occorre un grande dibattito per affrontare una realtà che è sempre peggiore e contro lo Stato di diritto; un dibattito vero, non di regime, su ciò che accade qui e in Abruzzo.
D'altra parte, dobbiamo dire che questo è un Parlamento nominato: noi tutti qui siamo stati nominati e non eletti secondo regole democratiche, e il modo in cui si discute, con le ripetute richieste di fiducia, è conforme al fatto che siamo stati nominati.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RITA BERNARDINI. Questo non è più un Parlamento, ma un «tacimento», un «azzittimento».

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà, per un minuto.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, sarò più breve di un minuto. Tutti - ed io personalmente - siamo schierati in prima persona con il Governo. Vorrei solo sottolineare che la vicenda dello «sbloccaprocessi» ha una sfumatura che trovo poco gradevole: a un indirizzo del Governo (e, quindi, legittimo) se sospendere o meno determinati processi è stato devoluto un indirizzo della magistratura. Non trovo simpatico né gradevole rispetto all'assetto costituzionale di questo Paese che si dia tale potere alla magistratura, che deve essere un ordine.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, parlo a nome del popolo rom, a nome dei rom (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà): in questo potente Parlamento della sesta potenza mondiale del mondo, si sta per prendere una decisione contro un popolo di 150 mila persone, metà delle quali italiane, metà delle quali donne, metà delle quali bambini (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!Pag. 16
In questo caso, ho il privilegio dell'età: c'ero quando queste cose sono accadute ai bambini ebrei in Italia e nessuno si è alzato per dire quello che sto dicendo io adesso in Parlamento. C'ero quando nessun prefetto Mosca - come è accaduto in questi giorni a Roma - ha avuto il coraggio di dire «no», e voglio dire «bravo» al prefetto che ha avuto il coraggio di dire «no» (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)! Ci fossero stati burocrati e funzionari che avessero avuto quel coraggio! In base alla mia memoria di allora, vorrei esprimere l'umiliazione che ho provato quando ho visto nelle edicole italiane, l'altra settimana, questo settimanale, Panorama, con il titolo: «Nati per rubare» (Mostra la copertina del settimanale).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FURIO COLOMBO. L'ho visto quando avevo otto anni, era il 1938: si chiamava «La difesa della razza» (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, deve concludere.

FURIO COLOMBO. Vorrei chiedere a tutti coloro che dovranno occuparsi di queste ignobili impronte digitali, di fare obiezione di coscienza, se si fa per le ragazze che vanno in ospedale a chiedere aiuto ... (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Colombo, il suo tempo è terminato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, a partire dalla vicenda che non è solo abruzzese, noi delegazione radicale nel gruppo del Partito Democratico chiediamo che si svolga in quest'Aula un dibattito sullo stato del diritto - ripeto, sullo stato del diritto - perché lo Stato di diritto, manifestamente, non c'è, né si può ridurre la responsabilità di tale situazione ad un dibattito sulla criminalità ordinaria.
Ogni regime, infatti, ha, o ha avuto, i suoi fatti di criminalità ordinaria, ma non è contro questi che i liberali o i democratici lottano e hanno lottato. Essi lottano contro un sistema di potere che in Italia si chiama partitocrazia, vera e propria associazione a delinquere!
Chiediamo verità, giustizia, senso istituzionale che è senso della legalità, perché se è giusto che vengano perseguiti i reati, è decisivo che si restauri, se non addirittura si instauri, la regola del rispetto della legge!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Anche per questo, l'iniziativa non violenta di Marco Pannella, volta a scongiurare l'esecuzione di Tarek Aziz, è attinente all'attualità italiana e, nell'assenza di questi temi, ci asteniamo dal dibattito (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

In morte di Bronislaw Geremek (ore 17,12).

ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, ho chiesto la parola per ricordare in quest'Aula un amico, un patriota europeo, polacco, un ebreo: Bronislaw Geremek, che ieri è morto a Varsavia (Il Presidente si leva in piedi e con lui l'Assemblea e i membri del Governo - Applausi).
Scampato al ghetto di Varsavia ancora bambino, insieme con la madre, allevato e Pag. 17protetto da una famiglia cristiana, Geremek ha vissuto una tradizione di patriottismo polacco in cui l'identità ebraica si coniugava naturalmente con il rispetto, l'attenzione, la simpatia e un atteggiamento naturale di dialogo verso la storia cristiana del suo Paese.
Grande intellettuale, cresciuto alla scuola delle Annales, ha coniugato la grande tradizione della storia sociale francese con una particolare attenzione per gli studi sulla mentalità, nella convinzione che non capiamo la storia, se non capiamo il modo in cui gli uomini l'hanno vissuta. Egli ha studiato la storia della fame, la storia della povertà, la storia delle classi emarginate, inizialmente forse spinto da una giovanile adesione al marxismo, più tardi nella convinzione che l'orrore del comunismo non fa in modo che non esista un problema sociale, un problema di emarginazione, che percorre tutta la storia europea.
L'ho incontrato nell'università clandestina, quando, al tempo dell'oppressione comunista, si cercava di preservare la memoria della verità sull'uomo e della verità sulla storia della nazione, negli scantinati, sotto le chiese, a Nowa Huta, a Massimiliano Kolbe, in tanti altri luoghi.
Era un animatore, un leader, un trascinatore di uomini. L'ho incontrato nell'ambito dei club degli intellettuali cattolici polacchi, a Varsavia e a Cracovia, intorno alla straordinaria figura di Karol Wojtyla, di cui è stato un grande estimatore ed amico.
È stato uno dei fondatori di Solidarnosc. Solidarnosc nasce dall'iniziativa di Lech Walesa e della classe operaia, ma anche degli intellettuali, quegli intellettuali del club degli intellettuali cattolici di Varsavia che andarono ai cancelli a chiedere di entrare per soffrire e, verosimilmente, per essere mandati in galera insieme con gli operai in rivolta.
Poi Ministro degli esteri, grande difensore della libertà contro le deviazioni dell'ultima fase della storia polacca, in difesa del diritto a non sottoporsi ad una preventiva dichiarazione di fedeltà, il diritto di avere una privatezza della propria vita e anche il perdono per i propri peccati passati, il diritto a non dare le proprie impronte, non digitali, ma le impronte del proprio passato su domanda del potere.
Non posso non ricordare anche la solidarietà umana e politica che mi ha dato al tempo della mia vicenda europea, quando lui, ebreo, ha dato battaglia per difendere il diritto di un cristiano a partecipare alla costruzione europea. L'Europa è stato l'orizzonte della lotta di allora: abbiamo combattuto contro il comunismo, per la libertà e per l'Europa. Credo che la sua morte sia un segnale di un cammino per la Polonia verso l'Europa, e per l'Europa verso una più piena riacquisizione dei valori della sua storia, perché l'Europa per cui allora abbiamo combattuto non era l'Europa dei burocrati: era l'Europa che recuperava la coscienza della propria cultura, delle proprie radici ebraiche, cristiane, illuministe, non l'una contro l'altra, ma affratellate insieme da una comune percezione della dignità della persona umana e del rispetto per l'uomo (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Buttiglione, la Presidenza si associa alle sue nobili e sincere parole in ricordo di un grande patriota non soltanto polacco ma europeo, quale è stato Geremek.

Sull'ordine dei lavori.

GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, prendo la parola per ricordare la figura di un giornalista che si definiva giornalaio, di una persona che ha sdoganato una politica più «terra terra» e che ha portato, con la televisione, nelle famiglie una politica diversa: Gianfranco Funari (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà), che è stato comunque un grande, che ha fatto qualcosa di speciale in senso molto positivo Pag. 18e, per alcuni versi, anche negativo; è stato, però, un grande. Credo che bisogna ricordarlo, perché ha fatto qualcosa di buono per la politica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

Si riprende la discussione (ore 17,15).

(Votazione della questione di fiducia - Emendamento Dis. 1.1 del Governo - A.C. 1366)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.
Indico la votazione per appello nominale sull'emendamento Dis. 1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 92 del 2008, sulla cui approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue sorteggio)

La chiama avrà inizio dal deputato Benamati.
Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,20)

(Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,35)

(Segue la chiama)

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'emendamento Dis. 1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge, n. 1366: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, sulla cui approvazione, senza subemendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti 597
Votanti 589
Astenuti 8
Maggioranza 295
Hanno votato 322
Hanno votato no 267
(La Camera approva).

Si intendono conseguentemente precluse tutte le ulteriori proposte emendative presentate.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

Hanno risposto sì:
Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Allasia Stefano
Angeli Giuseppe
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Baldelli Simone
Balocchi Maurizio
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca GiorgioPag. 19
Barbaro Claudio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocchino Italo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bragantini Matteo
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo
Brigandì Matteo
Briguglio Carmelo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Buonfiglio Antonio
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Caldoro Stefano
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Ceroni Remigio
Cesaro Luigi
Chiappori Giacomo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Comaroli Silvana Andreina
Commercio Roberto Mario Sergio
Consiglio Nunziante
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Cota Roberto
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
Distaso Antonio
Divella Francesco
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti TommasoPag. 20
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gibelli Andrea
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Giudice Gaspare
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Granata Benedetto Fabio
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
Latteri Ferdinando
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Monte Carmelo
Lo Presti Antonino
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Maccanti Elena
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Melchiorre Daniela
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molteni Laura
Molteni Nicola
Mondello Gabriella
Montagnoli Alessandro
Moroni Chiara
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Mussolini Alessandra
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara Francesco
Orsini Andrea
Pagano Alessandro Saro Alfonso
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa AlfonsoPag. 21
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (PdL)
Perina Flavia
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pirovano Ettore
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Salvini Matteo
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scelli Maurizio
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Taddei Vincenzo
Taglialatela Marcello
Tanoni Italo
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Traversa Michele
Tremonti Giulio
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vegas Giuseppe
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco
Zorzato Marino

Hanno risposto no:

Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Amici Sesa
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni BattistaPag. 22
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Benamati Gianluca
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cera Angelo
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciocchetti Luciano
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Corsini Paolo
Coscia Maria
Costantini Carlo
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
Delfino Teresio
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Giuseppe Anita
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
Di Pietro Antonio
Donadi Massimo
Duilio Lino
Esposito Stefano
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Formisano Anna Teresa
Franceschini Dario
Froner Laura
Gaglione Antonio
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni ManuelaPag. 23
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Grassi Gero
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lolli Giovanni
Lo Moro Doris
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mannino Calogero
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Melandri Giovanna
Melis Guido
Merlo Giorgio
Merloni Maria Paola
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misiti Aurelio Salvatore
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo
Morassut Roberto
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oppi Giorgio
Orlando Andrea
Orlando Leoluca
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (PD)
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Piffari Sergio Michele
Pionati Francesco
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcino Gaetano
Porfidia Americo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Quartiani Erminio Angelo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria LorenzoPag. 24
Rigoni Andrea
Romano Francesco Saverio
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossomando Anna
Rota Ivan
Rubinato Simonetta
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Ruvolo Giuseppe
Samperi Marilena
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Scilipoti Domenico
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tullo Mario
Turco Livia
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Vietti Michele Giuseppe
Viola Rodolfo Giuliano
Volontè Luca
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zazzera Pierfelice
Zinzi Domenico
Zunino Massimo

Si sono astenuti:

Beltrandi Marco
Bernardini Rita
Brugger Siegfried
Farina Coscioni Maria Antonietta
Mecacci Matteo
Turco Maurizio
Zamparutti Elisabetta
Zeller Karl

Sono in missione:

Berlusconi Silvio
Bossi Umberto
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Frattini Franco
Jannone Giorgio
La Russa Ignazio
Miccichè Gianfranco
Molgora Daniele
Villecco Calipari Rosa Maria

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito, a partire dall'esame degli ordini del giorno, è rinviato alla seduta di domani.

Discussione delle mozioni Vietti ed altri n. 1-00011 e Lussana ed altri n. 1-00025 sull'introduzione nel sistema fiscale di misure a favore dei nuclei familiari, in relazione alla petizione popolare firmata da oltre un milione di cittadini (ore 18,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Vietti ed altri n. 1-00011 (Nuova formulazione) e Lussana ed altri n. 1-00025 sull'introduzione nel sistema fiscale di misure a favore dei nuclei familiari, in relazione alla petizione popolare firmata da oltre un milione di cittadini (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Pag. 25
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Avverto altresì che sono state presentate in data odierna le mozioni Donadi ed altri n. 1-00026, Bindi ed altri n. 1-00027 e Taglialatela ed altri n. 1-00028 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Pezzotta, che illustrerà anche la mozione Vietti n. 1-00011, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, il 12 maggio dello scorso anno convennero a Roma, in piazza San Giovanni, circa un milione e mezzo di persone, in rappresentanza di centinaia di migliaia di famiglie, per chiedere politiche audaci per la famiglia. Ricordo che a quella manifestazione parteciparono molti esponenti politici, tra cui l'attuale Presidente del Consiglio, l'onorevole Berlusconi.
Sono passati diversi mesi, si sono svolte le elezioni, è cambiato il Governo, ma di politiche audaci per la famiglia ne abbiamo viste poche; anzi, abbiamo visto scomparire lo stesso Ministero per le politiche per la famiglia. Nel frattempo, le condizioni di vita delle famiglie si sono aggravate, ma nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nell'anticipo della manovra non abbiamo potuto notare grandi interventi in questa direzione. Abbiamo discusso molto di giustizia e soprattutto di norme che sono indirizzate a salvaguardare i politici, ma di famiglia molto poco, anzi troppo poco. Eppure, come ha scritto recentemente un economista, la famiglia meriterebbe un Nobel per l'economia. I danni che si arrecano ad una società in cui il valore delle famiglie non viene sostenuto in modo adeguato sono evidenti: l'indebolimento sociale ed economico della famiglia genera, infatti, un impoverimento nelle relazioni e nella stessa coesione sociale. Sono convinto che non possiamo parlare di crescita e di sviluppo se il valore economico delle famiglie non viene correttamente colto e se mancano azioni responsabili a suo sostegno.
Sempre restando sul terreno puramente economico, non si stanno ancora calcolando le ricadute negative dell'assenza di politiche di sostegno alla natalità a fronte dell'accentuarsi, anche nel nostro Paese, della crisi demografica. Altro che trattenere gli immigrati o espellerli fuori dai nostri confini, se continuiamo così saremo obbligati ad invitarli a venire!
Va inoltre tenuto presente che oggi, stando all'indagine svolta dall'ISTAT sui redditi e sulle condizioni di vita in Italia, il 50 per cento delle famiglie vive con meno di 1.900 euro al mese, per l'esattezza con meno di 1.872 euro. Il 14 per cento dichiara di arrivare con difficoltà alla fine del mese e ogni spesa imprevista scombina i budget familiari. Le famiglie numerose, con più di tre figli minori, e i nuclei monoparentali, con figli a carico, sono in difficoltà o sono sul crinale della povertà. Mi riferisco ai dati rilevati dall'ISTAT nel periodo 2005-2006, ma in quello 2007-2008 (anche se non vi sono ancora dati precisi) sappiamo tutti che le condizioni non sono migliorate, anzi, i segni di peggioramento sono sempre più evidenti.
Tutto questo sta raffreddando i consumi e contribuisce a deprimere la nostra situazione economica, già in difficoltà. A tutto ciò dobbiamo aggiungere la questione sociale e il crescere di condizioni di depauperamento dei salari. Questo è il quadro della situazione che ha tenuto viva la mobilitazione delle famiglie italiane iniziata il 12 maggio del 2007 con il family day. Da qui l'urgenza di realizzare una politica fiscale familiare di ampio respiro, Pag. 26come afferma la mozione che abbiamo presentato come deputati dell'Unione di Centro.
Ciò implica una riqualificazione delle spese sociali ed una politica che è sicuramente in contrasto con le modalità dei tagli indiscriminati alle spese che si sta verificando. Bisognerebbe, invece, scegliere delle priorità e tra queste i bisogni delle famiglie. Nella nostra mozione sottolineiamo che nella Costituzione esiste un obbligo di solidarietà che si esprime nella progressività, ma se tale meccanismo è naturale nel caso dei soggetti senza carichi familiari, diversa è la condizione di chi ha una famiglia a carico, dove ogni quota supplementare di reddito realizzato è comunque tassata.
Il tema dell'equità fiscale verso le famiglie riguarda il fatto che le stesse famiglie sostengono i costi della riproduzione della popolazione, ossia del ricambio tra le generazioni ed è proprio questo loro rilevante ruolo sociale che dovrebbe essere maggiormente riconosciuto. Lo Stato italiano, invece, non solo non riconosce adeguatamente tale ruolo, ma penalizza la famiglia con figli e chi ha più figli. È inutile lamentarsi perché il Paese è in declino sul piano economico e sociale quando si è fatto troppo poco per rendere giustizia alle famiglie, soprattutto da quando si è iniziato a tagliare le misure universalistiche degli assegni familiari che, invece, andrebbero aumentate.
Il problema non è di fare della beneficenza, di dare aiuti come la card dei poveri e agevolazioni alle famiglie (in particolare a quelle numerose), ma di realizzare una politica familiare di vera giustizia sociale. Esiste una chiara distinzione tra chi pensa di valorizzare le famiglie per scopi politici (strumentalizzandole) e chi, come noi, ritiene che questa sia una ragione di equità e di giustizia sociale.
Dobbiamo avere la capacità di tenere distinte la lotta alla povertà dalle politiche familiari. La povertà è un tema gravissimo nel nostro Paese, in quanto sta aumentando e per contrastarla ciò che serve - come noi dell'Unione di Centro abbiamo posto nel nostro programma elettorale - è un piano di contrasto generale alla povertà e non l'adagiamento su misure episodiche e di emergenza che certo sono meglio di niente, ma che non intaccano il problema.
Sono anche convinto che con la logica del «meno peggio» si possono affrontare alcuni problemi, ma se ciò diventa la prassi costante, essa è deleteria dal punto di vista politico e morale.
In data 20 maggio il Presidente della Repubblica ha trasmesso alle Camere la petizione «Firma per un fisco a misura di famiglia», promossa dal Forum delle associazioni familiari. Una petizione che ha inteso dare continuità alla mobilitazione di piazza San Giovanni e che ha raccolto più di un milione di firme. La petizione chiede di introdurre in Italia un sistema fiscale basato non solo sull'equità verticale, ma anche su quella orizzontale e, inoltre, che il reddito imponibile sia calcolato non solo sul reddito percepito, ma anche tenendo conto dei componenti le famiglie.
A nostro avviso, la ragione di fondo per la quale si deve perseguire l'equità fiscale verso le famiglie sta nel fatto che oggi esiste una struttura istituzionale perversa: tra lo Stato e le famiglie operano meccanismi sistemici di sussidiarietà alla rovescia, secondo i quali sono le famiglie a sussidiare le carenze dello Stato, anziché lo Stato a sussidiare le funzioni sociali delle famiglie. Le famiglie sono penalizzate quando non si tiene conto dei carichi fiscali e pertanto, come primo passo verso l'equità fiscale, si richiede un sistema di deduzioni dal reddito pari al reale costo di mantenimento di ogni soggetto a carico, sulla base di scale di equivalenza indipendenti.
Si tratta di un sistema semplice, di immediata applicazione, che mantiene intatte le progressività del prelievo e che può sostituire al meglio l'attuale sistema di detrazione. Nell'ambito di una futura complessiva riforma del sistema fiscale, si prevede anche l'introduzione di strumenti quali il quoziente familiare pesato, ovvero realizzato adottando una metodologia che eviti gli effetti perversi della redistribuzione verticale dei redditi dal basso verso Pag. 27l'alto, che abbia alla base, come soggetto imponibile, non più l'individuo ma il nucleo familiare. Devo anche rilevare che, in campagna elettorale, la maggioranza aveva promesso l'introduzione del quoziente familiare. Fino ad ora non ne abbiamo visto traccia. Ricordo anche che il Presidente del Repubblica, nel suo messaggio di invio della petizione, aveva sottolineato la necessità che il Parlamento affrontasse i temi della politica della famiglia, confidando che, in sede di programmazione dei lavori parlamentari, potesse essere assicurato un esame tempestivo delle iniziative legislative che saranno presentate in materia (e che noi chiediamo siano presentate).
Lo stesso Presidente della Camera, l'onorevole Fini, aveva dichiarato di condividere pienamente queste considerazioni e aveva ricordato di aver comunicato al Capo dello Stato che la petizione sarebbe stata affidata alle Commissioni competenti non appena queste sarebbero state costituite e che i temi oggetto della stessa sarebbero stati posti all'attenzione della Conferenza dei presidenti di gruppo. Non ci risulta, allo stato attuale, che ciò sia avvenuto e pertanto, attraverso la mozione Vietti n. 1-00011, nella nuova formulazione, chiediamo che il Governo si impegni ad avanzare sulle promesse fatte e sulle dichiarazioni rese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Laura Molteni, che illustrerà anche la mozione Lussana n. 1-00025, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, innanzitutto evidenzio che uno dei principi cardine che da sempre ispira la linea politica e programmatica della Lega Nord è la protezione, la valorizzazione e lo sviluppo dei nuclei familiari, come istituzione e come base irrinunciabile per garantire la salvaguardia dei valori necessari per l'educazione dei figli.
La famiglia è intesa come società naturale fondata sul matrimonio, così come prescrive la Costituzione all'articolo 29, e nei termini espressi dagli articoli 30 e 31 della stessa Costituzione, che stabilisce che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli (anche se nati fuori dal matrimonio) e che la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica; enuncia inoltre in modo inequivocabile il regime preferenziale che deve avere la famiglia quale nucleo fondamentale della società con particolare riguardo alle famiglie numerose. La famiglia è intesa - come riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo adottata in sede ONU nel dicembre 1948 - come un nucleo fondamentale della società e dello Stato e come tale deve essere riconosciuta e protetta. La famiglia è quella intesa ai sensi dell'articolo 31 della Costituzione, il quale stabilisce che, in tema di formazione della famiglia, la Repubblica la agevola con misure ed altre provvidenze.
Oggigiorno, soprattutto in questi ultimi anni, è sempre più presente una politica della disgregazione della famiglia che non tiene conto della famiglia quale pilastro della società su cui si fondano il sistema educativo, le comunità locali, le strutture di produzione del reddito. Non si considera o si considera poco il ruolo della famiglia nel contenimento delle forme di disagio sociale e quale punto di riferimento e di sviluppo di tutta la nostra società; famiglia che necessita di una serie di strumenti idonei per poter essere sostenuta adeguatamente. In Europa, se analizziamo l'esempio della Francia, vediamo che a seguito di politiche positive per la famiglia, intesa quale parte integrante dello Stato al centro di una politica di sicurezza sociale, vi è stata una inversione del trend demografico negativo.
Agli atti delle Camere vi è una petizione firmata da un milione di cittadini, che recita «Firma per un fisco a misura di famiglia», che mira alla necessità di introdurre un sistema fiscale non solo basato sull'equità verticale, ma anche su quella orizzontale, con un reddito calcolato non solo sul percepito ma anche tenendo conto del numero dei componenti la famiglia. Si tratta di una petizione che è stata trasmessa alle Camere dal Presidente Pag. 28della Repubblica e per la quale si evidenzia la necessità di affrontare in tempi rapidi i temi e le politiche per la famiglia. Inoltre, voglio evidenziare che agli atti di questa Camera esiste una proposta di legge della Lega Nord, ossia l'atto Camera n. 664, «Legge quadro sulla famiglia e per la tutela della vita nascente» con la quale si vuole - sottolineo, si vuole perché senza volontà politica non si fa nulla - affrontare la prima e più importante esigenza della famiglia: quella di esistere. Con l'articolo 31 della Costituzione - lo ribadisco - si sancisce che: «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi (...)». È giunto oggi il momento di intervenire sulla famiglia con strumenti e politiche adatte anche in termini economici. Bisogna, quindi, porre in essere una serie di strumenti che intervengano fino al compimento del terzo anno di età del bambino, va incentivata la natalità anche attraverso strumenti di sostegno economico, va affermato il principio della sussidiarietà non solo verticale, ma anche orizzontale dove il privato sociale può esercitare un ruolo importante di collaborazione con le istituzioni e le realtà locali, con il riconoscimento di un ruolo di rappresentanza delle associazioni familiari. Va riconosciuto, inoltre, il concepito quale componente la famiglia, va assicurata la libertà di scelta alle famiglie nell'individuazione dei servizi di prima infanzia e di tutti i beni ed i servizi necessari per la cura e l'assistenza dei figli minori, va introdotto un sistema fiscale nuovo, basato sul quoziente e vanno riformati i consultori familiari per meglio tutelare il valore sociale della genitorialità e del concepito.
Su quelli che sono i diritti individuali che derivano dall'istituzione matrimoniale bisogna aprire una parentesi. I diritti individuali non sono assoluti, ma derivati e subordinati alla condizione di essere sposati. Il sistema fiscale italiano oggi opera come se la capacità contributiva della famiglia non fosse quasi influenzata dalla presenza dei figli. Dai dati dell'ISTAT e di altri istituti si rileva purtroppo una situazione abbastanza evidente, che va affrontata in tempi brevi. Oggigiorno tanti si chiedono: come fa una famiglia a rischio di povertà a pensare di mettere in cantiere figli, di sostenerli e di provvedere ad essi nei modi adeguati così come previsto anche dalla Costituzione?
Penso che il nostro Stato debba e possa intervenire valutando un nuovo sistema fiscale. Inoltre voglio ricordare che le nostre famiglie sono quelle che hanno fatto grande il nostro Paese, e se si è sviluppato un certo tipo di imprenditoria nel nostro Paese è grazie all'attività di famiglie operose che, soprattutto in certe aree geografiche, hanno aperto piccole aziende, piccole attività, e hanno sviluppato un'ampia ed elevata cultura di impresa. Certe regioni (ad esempio la Lombardia) riferite al nord ovest e al nord est, sono diventate nel corso del tempo i motori economici, le regioni traino del nostro Paese. Voglio ricordare un altro aspetto importante: la famiglia dev'essere vista anche dal punto di vista del rispetto del diritto naturale dei minori ad avere una madre ed un padre, una mamma e un papà.
Tornando al sistema fiscale, voglio evidenziare che nell'attuale regime fiscale italiano è come se la capacità contributiva della famiglia non fosse influenzata dalla presenza dei figli e dall'eventuale scelta di uno dei coniugi di dedicare parte del tempo alla cura, alla crescita e all'educazione dei figli stessi. In altri Paesi europei non è così, il sistema fiscale è diverso: a parità di reddito vi è una differenza consistente tra chi ha e chi non ha figli a carico. Il sistema fiscale deve prevedere un meccanismo di tassazione diverso e va riformulato sulla base del quoziente familiare e sul principio delle libertà di scelta. Si avrà in tal modo un sistema che permetterà al nucleo familiare di avere una maggiore disponibilità di reddito e permetterà al contribuente di scegliere quale meccanismo di calcolo impiegare per le proprie imposte, utilizzando il sistema fiscale tradizionale oppure il sistema di calcolo basato sul quoziente.Pag. 29
È inoltre importante introdurre nuove deduzioni dal reddito imponibile ai fini dell'IRPEF per favorire le famiglie numerose, che in questo momento sono in difficoltà. La difficoltà è di oggi, e i tempi nei quali vanno affrontate le nuove politiche sulla famiglia devono essere brevi, per dare una risposta reale alle esigenze concrete del Paese.
Va inoltre garantito il diritto di ogni persona a formare una famiglia o ad essere inserito in una comunità familiare e il sostegno al diritto delle famiglie al libero svolgimento delle loro funzioni sociali. Deve essere riconosciuta l'altissima rilevanza sociale e personale della maternità e della paternità. Occorre anche sostenere in modo più adeguato la corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura e di educazione dei figli, e promuovere e valorizzare la famiglia come struttura sociale primaria di fondamentale interesse pubblico, attuando le condizioni necessarie affinché nell'ambito della stessa famiglia possa realizzarsi compiutamente la compresenza di più generazioni, favorendo la permanenza delle persone anziane nel nucleo familiare.
Per questo investire oggi nelle politiche familiari significa investire sulla qualità della struttura sociale e, di conseguenza, sul futuro stesso della nostra società. Questi interventi richiedono uno sforzo economico rilevante, ma, proprio perché esso è ritenuto prioritario, chiediamo che il Governo si impegni a far sì che siano adottate in tempi brevi misure dirette al sostegno della natalità e della famiglia, in particolar modo per i nuclei familiari con persone diversamente abili, al fine di invertire il trend il demografico negativo che vede l'Italia tra i Paesi europei e mondiali con il più basso tasso di natalità, inserendo tra gli obiettivi prioritari del Governo i contenuti delle proposte di iniziativa popolare che intervengono in materia.
Sottolineo che il progetto di legge n. 664 di cui parlavo inizialmente, presentato dalla Lega Nord Padania, «Legge quadro sulla famiglia e per la tutela della vita nascente», è calendarizzato nei lavori della Commissione XII (Affari sociali) perché venga discusso da qui a settembre.
Mi aspetto, quindi, che si proceda in tempi brevi all'individuazione di strumenti economici e fiscali adatti a sostenere la famiglia, oltre che all'individuazione di tutti gli strumenti necessari affinché si esca da uno stato sociale preoccupante che, purtroppo, oggi vede alcune famiglie a rischio di povertà (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti, che illustrerà anche la mozione Donadi ed altri n. 1-00026, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per poter illustrare la mozione n. 1-00026, presentata dal gruppo dell'Italia dei Valori, a prima firma degli onorevoli Donadi e Borghesi. Ma prima di illustrare tale mozione, mi corre l'obbligo di dover evidenziare il dato politico che ci troviamo oggi di fronte. Siamo in questa sede chiamati a misurarci e confrontarci sulla base di un'iniziativa dei colleghi Vietti, da una parte, e Lussana, dall'altra, l'uno per il gruppo dell'UdC e l'altra per la Lega Nord Padania, che hanno riproposto all'attenzione del Parlamento il documento che aveva raccolto oltre un milione di firme di cittadini e che era stato posto a base del family day.
Vorrei dire ai colleghi presentatori che ho apprezzato molto l'equilibrio dell'onorevole Pezzotta: nutriamo grande rispetto per il milione di cittadini che ha sottoscritto quella petizione, abbiamo il massimo dell'attenzione per il problema sollevato. Tuttavia, di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno. Quindi, vorrei davvero che si prestasse estrema attenzione ai contenuti di queste proposizioni, che nascono evidentemente da un fatto politico. Recita, infatti, il programma della coalizione che ha vinto le elezioni e che oggi governa con il Premier Berlusconi: la famiglia sarà il centro privilegiato del rapporto fiscale basato sul criterio del quoziente familiare. Ebbene, oggi abbiamo Pag. 30sentito che la Lega Nord Padania ripropone esattamente questo punto, però i colleghi Taglialatela, Baldelli, Di Virgilio, Osvaldo Napoli, Barani, Antonino Foti, Cazzola affermano un altro principio: lasciano da parte il quoziente familiare e si limitano soltanto ad approvare il contenuto del DPEF, presentato qualche giorno fa.
Trattiamo, quindi, il tema della tassazione dei redditi familiari e, in particolare, dell'utilizzazione della famiglia e non dell'individuo come unità impositiva ai fini IRPEF. L'idea sottostante è che in questo modo sarebbero risolti i problemi di iniquità, a parità di reddito complessivo, delle famiglie monoreddito rispetto a quelle bireddito, legati all'attuale meccanismo di tassazione individuale, dimenticando i problemi che verrebbero a crearsi.
Il quoziente familiare, infatti, è un criterio di tassazione che tiene conto della presenza di altri familiari oltre il coniuge. Il reddito cumulato della famiglia viene diviso per un quoziente ottenuto sommando i coefficienti assegnati a ciascun componente del nucleo. Ad esempio, in Francia, dove si utilizza questo sistema di tassazione, il peso di ogni coniuge è pari a 1, di ogni figlio è pari invece a 0,5, ma dal terzo figlio in avanti si risale ad 1. A questo quoziente si applicano, quindi, le aliquote e l'imposta unitaria moltiplicata per il numero dei componenti, in modo da ottenere l'imposta complessiva.
Così come per le altre categorie di tassazione per parti, il quoziente familiare consentirebbe, dunque, di parificare il trattamento delle famiglie monoreddito a quelle bireddito.
Le motivazioni teoriche sottostanti derivano da un'ipotesi a nostro avviso semplicistica - e tra l'altro messa fortemente in discussione di recente, proprio nei suoi assunti teorici - cioè che la famiglia sia un'unità omogenea e che, quindi, garantisca un identico livello di benessere per ogni suo componente.
Ma, sul piano pratico, le riserve all'adozione del sistema del quoziente familiare sono ancora più rilevanti. In primo luogo, va sottolineato che in un sistema progressivo come il nostro si genera un problema di equità verticale, perché agevola fiscalmente le famiglie a più alto reddito e, addirittura, il vantaggio fiscale cresce al crescere del reddito. Quindi, si va contro la teoria della progressività delle imposte. Soprattutto, però, tale meccanismo finirebbe per disincentivare l'offerta di lavoro del coniuge con reddito più basso. I dati, infatti, dimostrano che effettivamente ciò si è verificato, nei Paesi che hanno adottato questo sistema.
Bisogna quindi tener presente il fatto che con il sistema attuale - ovvero senza il quoziente familiare - l'imposta è, a parità del reddito del nucleo, sempre maggiore per il nucleo monoreddito. Quindi, è più conveniente che lavorino entrambi i coniugi, anziché uno solo dei due, che svolga un doppio lavoro. Con l'introduzione del quoziente familiare, invece, avverrebbe esattamente il contrario. Tra l'altro, il disincentivo al lavoro femminile sarebbe tanto più grave in un Paese come l'Italia, in cui il tasso di occupazione femminile è molto basso e il suo incremento dovrebbe essere invece un obiettivo da perseguire.
A questo riguardo, va inoltre sottolineato che il nostro è un Paese nel quale appare evidente la contrapposizione frontale tra natalità e lavoro: uno dei motivi di impedimento principale alle nascite è proprio il lavoro. In particolare, le donne lavoratrici avvertono nettamente di trovarsi di fronte ad un'evidente costrizione, che le obbliga a scegliere tra lavoro e maternità, costrette cioè a scegliere se ridurre il proprio tenore di vita, sacrificando le proprie legittime aspettative lavorative, oppure soddisfare il proprio naturale senso di maternità.
In secondo luogo, vi è un'alta ragione a favore del mantenimento del sistema di tassazione individuale, cioè il fatto che una famiglia monoreddito e una bireddito, che appunto abbiano lo stesso reddito, non sostengono gli stessi costi. Il lavoro di entrambi i coniugi comporta infatti spese per la cura dei figli, spese per la cura degli anziani, spese per la cura della casa, che la famiglia monoreddito normalmente non Pag. 31sostiene. Ancora una volta, questa controindicazione è particolarmente significativa per un Paese come il nostro, in cui l'offerta di servizi pubblici per l'infanzia e la non autosufficienza è particolarmente scarsa.
In terzo luogo, una significativa motivazione per non adottare il sistema del quoziente familiare è quella legata ai costi: esiste infatti una simulazione del Secit - applicata sul sistema in vigore dal 2005 ed ovviamente formulata in maniera tale da non avere effetti troppo regressivi - con cui si è arrivati a determinare una perdita di gettito, per il sistema-Paese, di 13,5 miliardi di euro l'anno. Ciò significherebbe, rovesciando il ragionamento, che quanto più si volesse contenere l'onere, tanto più si dovrebbero inasprire le aliquote.
In quarto e ultimo luogo, in una logica di Stato liberale, che voglia davvero considerarsi tale, resta da valutare che i diritti dovrebbero essere calibrati sempre sul cittadino e non sui corpi intermedi. In questo senso, il nostro Paese marca un evidente ritardo culturale nei confronti dei Paesi a democrazia avanzata, restando legato a quella che si potrebbe definire una dimensione familiare della democrazia, nella quale la famiglia diventa snodo centrale anche per l'aggregazione ideale e la rappresentazione politica, diventando, soprattutto al sud, il primo grande fulcro di aggregazione di interessi.
In conclusione, a noi dell'Italia dei Valori sembra decisamente irragionevole e immotivato introdurre in Italia un sistema di quoziente familiare, perché risolverebbe sì alcune iniquità a sfavore delle famiglie monoreddito, introducendone però altre ben più gravi, creando distorsioni sull'offerta di lavoro ed essendo enormemente oneroso.
A costi molto più bassi sarebbe, invece, possibile intervenire sul sistema attuale, ripristinando il vecchio schema precedente l'introduzione dei due moduli fiscali: mi riferisco alle detrazioni, anche prevedendo, magari, un loro incremento rispetto ai carichi fiscali.
Per concludere, signor Presidente, visto che le mozioni presentate dai colleghi della Lega Nord e dell'UdC partono dalla petizione trasmessa dal Presidente della Repubblica alla Camera, vorrei ricordare che, più di una volta, autorevolmente, il Presidente della Repubblica, come anche il Governatore della Banca d'Italia, hanno invitato ad operare per una più equilibrata distribuzione del reddito e della ricchezza nel nostro Paese, agendo, tra l'altro, sulla leva fiscale, anche al fine di un sostegno al ciclo economico. Il Documento di programmazione economico-finanziaria, presentato dal Governo Berlusconi per gli anni 2009-2013, invece, prevede un aumento programmatico della pressione fiscale, che non potrà diminuire fino all'anno 2013.
Per queste motivazioni, che rappresentano il cuore della contraddizione interna alla maggioranza che si esplica con i due citati documenti, non siamo d'accordo; ovviamente, questo non ha grande rilievo politico. Il grande rilievo politico consiste nel fatto che all'interno della maggioranza vi sia chi sostiene il quoziente familiare e chi non lo sostiene. Con la mozione Donadi ed altri n. 1-00026 s'impegna il Governo, ferme restando le competenze riservate al Parlamento, a prendere le necessarie iniziative a tutela delle famiglie, con particolare riferimento ad incrementare significativamente le detrazioni che, a differenza delle deduzioni fiscali, favoriscono i redditi più bassi; a restituire il drenaggio fiscale, in particolare ai contribuenti con più basso reddito; a sostenere, anche con agevolazioni fiscali, l'assunzione delle lavoratrici; ad avviare un piano pluriennale per l'apertura di migliaia di asili nido; ad incrementare le risorse a disposizione del Fondo per le non autosufficienze. In questo modo, a nostro avviso, si andrebbe davvero incontro alle esigenze delle famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bindi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00027. Ne ha facoltà.

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ROSY BINDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, ci troviamo questo pomeriggio ad avviare una discussione molto importante per tutte le famiglie italiane. Lo facciamo consapevoli dell'urgenza dell'argomento in questione, e lo facciamo anche per onorare l'impegno di un milione di cittadini, che hanno sottoscritto una petizione, e in ascolto, naturalmente, delle preoccupazioni che sono state rivolte anche dal Presidente della Repubblica a questa nostra Assemblea.
Siamo davvero consapevoli che il tema è di grande attualità: lo è da molti anni nel nostro Paese e lo sta diventando ancora di più, in relazione all'aggravarsi della situazione economica e sociale di molte famiglie italiane. Il ritardo con il quale si sono affrontati - e si continuano, forse, a non affrontare - alcuni problemi strutturali nella vita del nostro Paese ha creato un aggravamento, soprattutto nelle realtà più deboli e più povere del Paese stesso. A ciò si è aggiunto, poi, l'inasprirsi della situazione economica internazionale, che colpisce in maniera indiscriminata, e soprattutto colpisce chi è più debole.
Ogni giorno, rapporti di Autorità indipendenti come l'ISTAT o la Banca d'Italia ci forniscono dati preoccupanti sulla vita delle famiglie italiane, e in particolare sulle famiglie monoreddito con figli, quelle che vivono nelle aree metropolitane o nel Mezzogiorno, che fanno fatica ad affrontare persino le spese delle bollette, quelle della visita medica imprevista, la spesa quotidiana.
In Sicilia il 30 per cento delle famiglie è povero, in Basilicata lo è il 28 per cento, in Campania e in Puglia il 25 per cento; e stiamo assistendo negli ultimi mesi a un'ulteriore e progressiva erosione del potere di acquisto dei redditi, con un'inflazione che ormai è giunta al 4 per cento. Certamente, non aiuta un Governo che prevede nel proprio Documento di programmazione economico-finanziaria un'inflazione programmata all'1,7 per cento, penalizzando davvero così i lavoratori e le famiglie italiane.
Mentre affrontiamo questo tema, nella consapevolezza che esso rappresenta, come dicevo prima, un problema strutturale da molti anni nella vita del nostro Paese, vorrei qui ricordare che l'andamento demografico del nostro Paese e il tasso di fertilità delle donne italiane sono all'1,34 per cento, con una popolazione che mantiene un saldo positivo sfiorando i 60 milioni di abitanti grazie quasi esclusivamente all'incremento delle nascite nelle famiglie extracomunitarie. In Italia nascono meno bambini di quelli desiderati, e da molti anni - diciamolo pure - tutte le maggioranze politiche si sono ostinate a non affrontare questo argomento. In Italia solo il 3,8 per cento della spesa sociale è destinata alla famiglia, contro una media europea dell'8,2: è una percentuale molto bassa, e se la spesa media dell'Unione europea a sostegno delle politiche per la famiglia è pari al 2 per cento del PIL, in Italia solo nell'ultimo biennio è stata in grado di superare di poco la soglia dell'1 per cento. Se non riusciremo ad invertire questa tendenza, nel 2050 per ciascun bambino con meno di cinque anni di età ci saranno 20 ultrasessantacinquenni.
D'altra parte, l'Europa ci dice che nei Paesi nei quali si è investito a sostegno dei nuclei familiari, i risultati positivi ci sono stati: si è assistito a tassi di natalità più alti, che hanno peraltro coinciso con una maggiore occupazione femminile, con un più efficace contrasto alla povertà e con un superamento delle disuguaglianze generazionali.
Discutiamo, quindi, di un tema molto importante, al di là dell'emergenza di molte situazioni. Quello che preoccupa è che lo stiamo facendo sapendo che rischiamo davvero di fare dell'accademia in uno scambio interessante fra di noi, senza sperare che, almeno per quest'anno, si possa assistere ad un'inversione di tendenza; anzi, assisteremo ad un'inversione di tendenza in senso negativo rispetto a quelle che sono state le scelte del Governo degli ultimi due anni.
Mentre ci troviamo qui a discutere della mozione in esame e delle altre che Pag. 33sono state presentate, in ossequio, come dicevo, ad una petizione popolare e anche alla volontà del Presidente della Repubblica, in Commissione bilancio si discute una manovra finanziaria scritta e riscritta dal Governo, che verrà approvata in spregio a ogni Regolamento parlamentare, sicuramente incostituzionale proprio sotto il profilo dell'iter legislativo che è stato imposto dall'esterno al Parlamento, nel quale certamente segnali positivi a favore delle famiglie italiane, delle famiglie con figli non ce ne sono; anzi, ci sono molti segnali negativi, che finiranno per rendere la vita delle famiglie italiane molto ma molto più complicata.
Ci auguriamo, dunque, che davvero questo nostro discutere le mozioni che abbiamo presentato - al di là di quello che sarà il parere del Governo - non sia vuoto, ma possa fare in tempo ad incidere su un percorso che ci sembra andare, invece, in senso esattamente opposto.
Eppure, come dicevo, negli ultimi due anni, il Governo Prodi qualche segnale positivo in questo senso lo aveva dato. Vorrei, infatti, ricordare a tutti che, pur in una situazione economico-finanziaria molto difficile, in due anni sono stati investiti quasi 6 miliardi di euro a sostegno delle famiglie con figli, trasformando il sistema delle deduzioni in detrazioni fiscali e ricalcolando gli assegni al nucleo familiare in modo da eliminare l'andamento a gradini e le connesse trappole della povertà, che penalizzavano i lavoratori: un provvedimento che ha portato, soprattutto nelle famiglie con figli a reddito medio-basso, vantaggi economici indiscutibili, ancorché in parte temperati da una mancata armonizzazione del fisco nazionale con l'imposizione fiscale e l'aumento delle aliquote comunali e regionali (ciononostante, i vantaggi vi sono stati per molte famiglie con reddito inferiore a 40 mila euro lordi annui). I vantaggi di quella costosa manovra avrebbero anzi forse potuto essere maggiori, se non fosse stato necessario destinare molte risorse a correggere le distorsioni introdotte nelle aliquote IRPEF dal secondo modulo Tremonti e soprattutto dal sistema delle deduzioni (che, al contrario delle detrazioni, finivano per avvantaggiare i redditi più alti e svantaggiare quelli più bassi).
Vale la pena poi ricordare che la famiglia fu al centro dell'azione del Governo Prodi non soltanto con questo impegno di natura fiscale, ma anche attraverso il piano casa, attraverso gli 800 milioni di investimento per la costruzione di asili nido, attraverso un intervento legislativo sulle politiche di welfare, soprattutto a favore della tutela della maternità delle lavoratrici precarie, attraverso l'approvazione della legge n. 188 del 2007 sul cosiddetto divieto di licenziamento preventivo in bianco: una legge, quest'ultima, che guarda caso è stata puntualmente abolita dai primi provvedimenti del Ministro Tremonti. Perché questa è una maggioranza che indubbiamente in campagna elettorale ha fatto molta retorica intorno al tema della famiglia, ma le cui prime misure si sono qualificate sicuramente come atti che non vanno a favore delle famiglie, soprattutto di quelle più deboli e più povere: e l'emblema ne è proprio l'abolizione di quella legge, che era stata considerata per donne e famiglie davvero un importante traguardo raggiunto dopo molti anni. In questo Paese, infatti, non solo non vi sono risorse per la famiglia, ma soprattutto non vi è una cultura a tutela della maternità: in questo nostro Paese una donna che rimane incinta viene licenziata, una donna che aspetta un figlio fa fatica a trovare lavoro, una donna che resta incinta perde il proprio lavoro ed è costretta a subire umiliazioni nella propria carriera lavorativa. Ci chiediamo, dunque, oggi se queste misure potranno ancora continuare ad avere un sostegno ed un supporto.
Intanto, non abbandoniamo il percorso compiuto negli ultimi anni che - lo ricordo - aveva anche messo fine alle misure tampone e una tantum, come quella del cosiddetto «bonus bebé» finanziato, peraltro, con il dimezzamento del Fondo delle politiche sociali che, invece, il Governo Prodi aveva non solo riportato a un miliardo annuo, ma addirittura ad un miliardo e mezzo.Pag. 34
Ebbene, oggi ci troviamo di fronte al tentativo di fornire una risposta alla mozione presentata da un milione di cittadini. Essi ci chiedono un fisco amico per la famiglia e ci indicano anche un percorso preciso, una soluzione tecnica, per intervenire con la leva fiscale a favore delle famiglie. Credo che il Parlamento potrebbe, intanto, trovare un punto di unità nell'affermazione di questa necessità improcrastinabile. Oggi è necessario un fisco che tenga conto della composizione dei nuclei familiari e del fatto che le famiglie con figli fanno più fatica ad arrivare alla fine del mese e che, a parità di reddito, le famiglie con figli incontrano sicuramente maggiori difficoltà.
Vorrei, inoltre, che il Parlamento e possibilmente anche il Governo, ascoltando il dibattito parlamentare, rispondessero con la disponibilità a discutere sullo strumento tecnico. Temo, infatti, che il nostro dibattito si concluderà con il Governo che si limiterà ad esprimere un parere favorevole sulle mozioni contenenti la soluzione tecnica del quoziente familiare (peraltro, ricordo che tale soluzione era contenuta anche nel programma del PdL e della Lega che hanno vinto le elezioni), ma non darà seguito, di fatto, all'impegno che le mozioni in esame contengono.
Credo, invece, che sarebbe molto più corretta una diversa soluzione. Peraltro, risposte non ve ne saranno, in quanto non sono previste nei provvedimenti presentati dal Governo; anzi, non vi sono neanche le misure che noi avevamo annunciato. Noi avevamo assicurato - e lo avremmo fatto - che, se fossimo rimasti al Governo, avremmo immediatamente utilizzato i cinque miliardi di extragettito per diminuire la pressione fiscale delle famiglie italiane e per concedere respiro alle loro possibilità di reddito attraverso lo strumento del fisco, ben sapendo che l'aumento dei salari e degli stipendi non sarebbe stato immediato e che l'inflazione, nel frattempo, avrebbe continuato ad aumentare.
Invece, nel DPEF leggiamo che le tasse non diminuiranno per i prossimi cinque anni, in barba al fatto che le elezioni sono state vinte sostenendo che si sarebbero diminuite le tasse. Tuttavia, si dirà di «sì» ad uno strumento tecnico che non verrà mai applicato. Penso che sarebbe più corretto, visto che comunque le tasse non diminuiranno, aprire tra di noi un dibattito almeno sulla bontà degli strumenti.
Nella nostra mozione avanziamo critiche allo strumento del quoziente familiare tramite motivazioni tecniche che, in parte, sono state anche esposte dal collega Evangelisti, ma che non posso fare a meno di ricordare (lo farò tra poco).
Nel contempo avanziamo una proposta alternativa che, per quanto ci riguarda, riteniamo essere meno costosa (in tempi come quelli che stiamo vivendo credo sia un aspetto non da poco), ma soprattutto più equa e capace di realizzare davvero l'equità orizzontale e verticale invocata anche dalla mozione presentata da un milione di cittadini. Infatti, il quoziente familiare è uno strumento tecnico - al di là di un termine evocativo davvero molto positivo e anche molto affascinante - che non appartiene alla tradizione del nostro ordinamento fiscale. Vorrei ricordare che cambiare impostazione fiscale costa molto. In Francia, dove si applica il quoziente familiare, vi è un sistema fiscale completamente diverso dal nostro.
Ricordo che, per esempio, c'è una tassa patrimoniale che noi non ci sogneremmo mai di introdurre. Tecnicamente il quoziente familiare consiste nel sommare i redditi dei coniugi e dividere il risultato per un numero rappresentativo dei membri del nucleo familiare pesati in modo diverso. Per esempio, nel sistema francese i pesi sono: 1 per il marito, 1 per la moglie, 0,5 per ogni figlio o altro familiare a carico, 0,5 ulteriore per ogni figlio dopo il secondo e 0,5 ulteriore per ogni membro portatore di handicap. Al reddito pro capite così ottenuto si applica l'imposta e per ottenere l'importo complessivo si rimoltiplica per il denominatore del quoziente.
Sulla base di questo sistema, però, i contribuenti più ricchi andrebbero a beneficiare del passaggio a scaglioni di reddito inferiore dovuto alla divisione del reddito per i membri del nucleo familiare Pag. 35con un consistente sconto di aliquota, mentre i contribuenti che già oggi si collocano nei primi scaglioni non usufruirebbero affatto di sconti di aliquota significativi, anzi subirebbero un aggravio di imposta.
Le ragioni di questi effetti regressivi possono essere chiariti in termini generali, confrontando gli sconti di aliquota consentiti dal quoziente con le detrazioni per carico che vengono soppresse. I contribuenti più ricchi godono del passaggio a scaglioni di reddito inferiori dovuto alla divisione del reddito per i membri del nucleo familiare con un consistente sconto di aliquota, mentre gli altri, come dicevo, non hanno la possibilità di usufruire di sconti significativi.
Per ogni figlio a carico, quindi, il contribuente con reddito elevato gode di uno sconto di imposta molto superiore a quello di cui godono i contribuenti con redditi bassi e medi che, per i primi, sopravanza largamente le detrazioni perdute, mentre, per i secondi, risulta ad esse nettamente inferiore, producendo così un aggravio di imposta.
In altre parole, con il quoziente familiare il figlio dei ricchi costa, a spese dei più poveri, molto di più al fisco di quanto non costi il figlio dei poveri. Ora, mi pare evidente che il figlio dei ricchi costi di più alla propria famiglia, ma credo che per il sistema fiscale debba essere esattamente il contrario: è il figlio della famiglia e del nucleo familiare povero che deve costare di più. Questo sistema è ancora più iniquo nella misura in cui fa pesare sui redditi più bassi i vantaggi maggiori dei redditi più alti.
Va rilevato, inoltre, che a guadagnare di più sono i contribuenti con elevati redditi e coniuge privo di reddito: la riduzione di imposta dovuta al quoziente risulta tanto più consistente quanto maggiore è il differenziale tra il reddito alto (generalmente del marito) e il reddito basso o nullo (generalmente della moglie) che, sommato al primo e diviso per il numero dei familiari, fa scendere di scaglione il reddito elevato e quindi l'aliquota. È quanto accade per esempio per il dirigente o il professionista con moglie casalinga.
Lo sconto di aliquota risulta, invece, molto più modesto quando ambedue i coniugi lavorano e quindi il differenziale è più contenuto (per esempio, la coppia di impiegati) e addirittura nullo quando ambedue i redditi si collocano nelle fasce più basse (per esempio una coppia di operai). È evidente che il quoziente familiare è anche uno strumento che scoraggia in qualche modo l'occupazione femminile, o meglio, la scoraggia per chi si può permettere di non lavorare, ma certamente non per chi non può non lavorare.
Il fatto che in Italia le donne siano costrette a scegliere tra lavorare ed avere un figlio non sta a dimostrare che il lavoro è nemico della maternità. È esattamente il contrario: nei Paesi con più alto tasso di occupazione femminile c'è anche il più alto tasso di fecondità perché in quei Paesi il lavoro non è nemico della famiglia; infatti, aumentando il reddito c'è la possibilità di concedersi il secondo o il terzo figlio. L'incremento di fertilità delle donne dell'ultimo anno è dovuto alle immigrate, ma anche alle donne quarantenni con un lavoro in regioni del nord Italia che, dopo aver raggiunto una stabilizzazione di carriera al lavoro, si sono concesse il secondo figlio.
Questo comporta certamente di usufruire della leva fiscale, ma non solo. Per aiutare le famiglie la strada principale è aumentare il reddito con il lavoro delle donne ed è assicurare una rete di servizi per la conciliazione della vita del lavoro con la vita della famiglia, sia per i padri, sia per le madri, per esempio, rivedendo ed investendo in maniera consistente nei congedi familiari.
La politica per la famiglia e per la natalità non può essere affidata soltanto alla leva fiscale, che finisce per andare a vantaggio solo e prevalentemente dei redditi medio-alti. Tuttavia, la stragrande maggioranza degli italiani - quelli che non vivono sotto la soglia di povertà relativa o a rischio di povertà, ma comunque si affollano intorno ad un reddito medio di Pag. 3625 mila euro lordi l'anno - oltre che della leva fiscale necessita di una rete di servizi e di una organizzazione della vita della società davvero amica della famiglia e della maternità.
Per esempio, il forte investimento in congedi parentali, come ha fatto la Germania, si è dimostrata la strada migliore rispetto all'uso esclusivo della leva fiscale. La stessa Francia, che è la patria del quoziente familiare, ha temperato gli investimenti nel quoziente familiare, indirizzandoli verso la politica dei servizi e la politica di conciliazione. Basta guardare al lavoro svolto dalla presidenza tedesca e al rilancio intorno al tema dell'alleanza per la famiglia per cogliere che non è soltanto e mai la leva fiscale che riesce a dare le risposte che desideriamo.
Quindi, avanziamo queste critiche e chiediamo al Governo, nonché agli altri gruppi, sia della maggioranza che dell'opposizione, che hanno presentato non solo una mozione per un fisco amico della famiglia (che sappiamo non ci sarà nei prossimi anni), ma che indicano anche uno strumento tecnico preciso di discutere insieme, almeno questo, visto che il tempo ci è stato dato.
Per esempio, noi proponiamo - e abbiamo proposto anche nel nostro programma elettorale, anche grazie al lavoro svolto dalla conferenza nazionale della famiglia del maggio del 2007 - la cosiddetta «dote fiscale». Tale istituto consiste nell'unificazione universalistica per le famiglie con figli da 0 a 18 anni sia dell'assegno familiare che della detrazione fiscale a partire dai redditi più bassi da 2.500 euro all'anno con una decrescenza progressiva molto dolce con l'aumentare del reddito. Viene così assicurato a tutte le famiglie con figli, in base al numero dei figli e al reddito, comunque un fisco che davvero tenga conto, sempre in maniera proporzionale - del resto questo è il principio della nostra Carta costituzionale - del fatto che lo stesso e le politiche pubbliche possono davvero aiutare le famiglie italiane con figli e comportare anche un'inversione di tendenza rispetto alle politiche di questi ultimi anni.

PRESIDENTE. Onorevole Bindi, la prego di concludere.

ROSY BINDI. Signor Presidente, sto concludendo. Ricordo, inoltre, che la dote fiscale comporterebbe un'aggiunta di 5,5 miliardi di euro per poter raggiungere quel risultato al quale ho fatto riferimento, mentre l'introduzione del quoziente familiare verrebbe a costare 13 miliardi di euro. Credo che non si possa non tener conto anche di questo aspetto, ma che soprattutto si possa aprire in maniera serena e laica un confronto tra di noi. Infatti, credo che sarebbe già un grande risultato poter ottenere una volontà del Parlamento pressoché unanime sulla necessità di rimodulare le nostre scelte fiscali e le nostre politiche a favore delle famiglie con una disponibilità a discutere l'appropriatezza e l'efficacia degli strumenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Leoluca Orlando).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Taglialatela, che illustrerà anche la sua mozione 1-00028. Ne ha facoltà.

MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, spero che la discussione che questa sera stiamo svolgendo in Assemblea sia sgombra da pregiudizi e metta nella condizione il Parlamento di esaminare e di approvare, nel corso di questa legislatura, gli strumenti certamente indispensabili per proteggere la famiglia, attribuendo ad essa la possibilità di una vita economica e, quindi, di un trattamento fiscale adeguato anche ai contenuti dei programmi della campagna elettorale, nonché alle impostazioni delle petizioni e alle tante richieste, intervenute anche fuori dalle aule parlamentari, di una politica fiscale di attenzione nei confronti della famiglia.
Voglio ricordare che non giova a nessuno avere un pregiudizio nei confronti di quelle che saranno poi le decisioni di questo Governo. Mi dispiace che la collega Bindi e il collega Evangelisti, nel corso del loro intervento, si siano soffermati soprattutto Pag. 37sugli aspetti a loro giudizio negativi e sul pessimismo di una mancata volontà da parte del Governo di rendere concreti i progetti e le proposte avanzati durante la campagna elettorale. Mi piace ricordare che alcuni di quei progetti, alcune di quelle proposte e alcune di quelle promesse elettorali già sono state mantenute e presentano, in buona misura, dei contenuti certamente a favore della famiglia e di una protezione della stessa da un punto di vista economico e fiscale. Certamente, l'abolizione dell'ICI sulla prima casa, la detassazione degli straordinari, l'intervento che il Governo ha effettuato per contrastare l'aumento del costo dei mutui, rappresentano una risposta che è intervenuta nei primi trenta giorni di questo Governo rispetto a quanto era stato promesso durante la campagna elettorale.
Avendo ascoltato la relazione del Ministro Tremonti in Commissione ed in Aula, avendo avuto occasione di leggere il Documento di programmazione economica e finanziaria e anche la risoluzione del capogruppo Cicchitto in ordine al DPEF, mi sento tranquillo, nella consapevolezza che, per quanto riguarda un diverso regime fiscale e l'applicazione del coefficiente familiare, questa sarà la legislatura nella quale si darà concretezza alle proposte, proprio in ragione di una volontà che è condivisa in larghissima misura all'interno del Paese e a larga maggioranza all'interno dell'Aula, una maggioranza che è ancora più larga di quanto non siano i componenti numerici del centrodestra e delle forze politiche che hanno vinto le elezioni.
Si tratta di avere la consapevolezza che tutte le modifiche, i programmi e le riforme che intervengono in materia fiscale hanno dei costi notevoli e hanno bisogno di essere valutati in ragione di un tempo che, ovviamente, è quello che, da un lato, le manovre economiche e, dall'altro, le situazioni economiche internazionali andranno a determinare. Ma certamente non è giusto accusare, dopo sessanta giorni, il Governo, che ha già reso concrete manovre e provvedimenti a difesa della famiglia, di comportarsi in maniera esattamente contraria; allo stesso modo, non è giusto lanciare l'accusa in quest'Aula che ci si appresta a votare un provvedimento con il vizio della incostituzionalità. Mi sembra che accuse di questo tipo debbano rimanere fuori dall'Aula e debbano, tra l'altro, essere valutate, tenendo conto che il principio di costituzionalità viene votato dall'Aula stessa, ma naturalmente viene valutato anche al di fuori della stessa dagli organismi preposti. Immettere all'interno del ragionamento sempre e comunque il vulnus che da parte di questo Governo vi sia la volontà di modificare le regole, di infrangerle e di utilizzarle a proprio uso e consumo, certamente non porta un vantaggio per una valutazione serena di provvedimenti che mi pare, dagli interventi che ho ascoltato, siano in larga parte condivisi.
Sono convinto che la discussione di questa sera sia un'occasione positiva; si tratta di una discussione positiva determinata anche dalle centinaia di migliaia di firme che sono state raccolte specificamente per affermare il diritto e la necessità di una riforma sul regime fiscale che preveda il coefficiente familiare. Si tratta ovviamente di fare in modo che le condizioni e il tempo all'interno di questo Parlamento, nelle attuali condizioni economiche, consentano di rendere concrete e attualizzate le proposte che sono state formulate durante la campagna elettorale, che non sono state affatto smentite né dal Ministro Tremonti, né dalla nostra mozione.
La nostra è una mozione scarna che ovviamente si affida soprattutto alle volontà e alle determinazioni del Governo. Essa fa riferimento al DPEF, all'interno del quale vi è lo specifico riferimento all'utilizzo di ogni ulteriore gettito fiscale in favore di politiche fiscali per la famiglia.
Noi del Popolo della Libertà siamo convinti che anche da questo punto di vista sapremo vincere una scommessa insieme a tutti gli italiani: quella di proteggere la famiglia non solo sul piano morale e della sicurezza - come stiamo facendo con altri provvedimenti che sono in corso di approvazione in queste ore alla Camera - ma anche attraverso la protezione di Pag. 38carattere economico che certamente rappresenta un aspetto di estrema importanza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, le mozioni che sono oggi all'attenzione del Parlamento si riferiscono ad un tema di grandissimo rilievo, ossia il funzionamento della principale imposta del nostro sistema fiscale (ossia l'imposta personale sui redditi) e le sue possibili prospettive di riforma, nella direzione di un maggior riconoscimento delle attività di cura che il nucleo familiare organizza ed eroga al suo interno. Tali attività, tra cui soprattutto quelle rivolte ai figli, agli anziani e ai componenti della famiglia portatori di disabilità, non hanno una rilevanza soltanto di tipo privato, ma anche, evidentemente, di tipo sociale ed è giusto e corretto, quindi, l'obiettivo di sostenerle.
Il Partito Democratico persegue tale obiettivo con proposte fiscali mirate. Non a caso, nella passata legislatura, il centrosinistra si è fatto promotore di un aumento delle detrazioni e degli assegni familiari realizzato con le leggi finanziarie per il 2007 e per il 2008 che, poco prima di me, l'onorevole Bindi ha richiamato. Anche in questa legislatura, il Partito Democratico ha avanzato ulteriori proposte di riforma altrettanto ambiziose e aggressive di quelle sostenute da altre forze politiche. Non è quindi l'obiettivo da perseguire a farci discutere; si tratta semmai di dibattere sugli strumenti migliori con cui realizzarlo e sull'inquadramento di questo processo nel più generale scenario evolutivo degli strumenti di politica economica e fiscale. Si apra, dunque, questa discussione, si entri nel merito del funzionamento strutturale del nostro sistema fiscale, si quantifichino le diverse proposte e si metta a disposizione del Parlamento un materiale istruttorio e valutativo tale da poter pervenire a decisioni sagge e sostenibili.
Voglio ricordare che, in questo lavoro, non partiamo da zero: pochi mesi fa è stato pubblicato il Libro bianco sull'imposta sui redditi delle persone fisiche e sul sostegno alle famiglie, a cura della Scuola superiore dell'economia e delle finanze (la scuola Ezio Vanoni) e del Ministero dell'economia e delle finanze. Alla stesura di tale rapporto hanno partecipato i più autorevoli studiosi ed esperti italiani di questa materia, anche con orientamento diverso fra loro. Ripartendo da lì, dalla grande mole di analisi già effettuate, il Governo potrà corrispondere, anche abbastanza velocemente, alle richieste di ulteriore istruttoria che provengono su questa materia da tutti i settori del Parlamento.
Occorre però chiarire sin da subito due questioni preliminari. La prima è che noi non riteniamo che obiettivi sociali così importanti, come la cura dei figli e delle persone più deboli e svantaggiate, possano essere integralmente trasferiti a carico delle famiglie. Mentre è giusto riconoscere il ruolo sociale della famiglia in questa attività, al tempo stesso va ricordato che la famiglia non può essere lasciata da sola di fronte a tali problemi, semplicemente riconoscendo ad essa qualche beneficio fiscale o monetario aggiuntivo.
La società nel suo insieme deve farsi carico di questi obiettivi tramite politiche attive e servizi che sempre più devono assumere una rilevanza di tipo universale. Penso, ad esempio, ai servizi di fascia materna-infantile per i quali ancora tarda il riconoscimento della rilevanza universale e per i quali restiamo ancora ben lontani dagli obiettivi del Trattato di Lisbona, in particolare in vaste zone del sud del Paese e lo stesso vale per gli anziani non autosufficienti o per i portatori di disabilità.
Il beneficio monetario fiscale non sarà mai sostituibile all'esistenza, all'accessibilità e all'efficienza di una ampia rete di servizi reali garantiti dal settore pubblico, al cui interno sperimentare forme sempre più moderne di sussidiarietà orizzontale e verticale, dentro rigorosi paletti di efficienza e di valutazione dei costi standard.Pag. 39
Non posso nascondere, a questo proposito, le grandi preoccupazioni che oggi emergono per la stessa sopravvivenza di queste reti di welfare (la cui dimensione è necessariamente locale) alla luce dei pesanti tagli che il cosiddetto decreto economico proposto dal Governo per il prossimo triennio apporta a regioni ed enti locali. Non vorrei che in Parlamento prevalesse - certamente non prevale da parte dell'onorevole Pezzotta che so essere d'accordo con me su queste considerazioni - da parte della maggioranza e del Governo l'ipocrisia di aprire una discussione meramente accademica sulla riforma dell'imposta sui redditi con scopi di sostegno alla famiglia, mentre con altri provvedimenti la stessa maggioranza e lo stesso Governo stanno facendo passare a colpi di decretazione d'urgenza una politica economica di vera e propria macelleria del welfare di cittadinanza nel Paese, a partire dalla scuola e dai servizi di prossimità. Si tratta di una politica che rischia di avere fin dai prossimi mesi pesanti ricadute sulle famiglie in termini di costi e di disponibilità dei servizi pubblici essenziali.
La seconda questione preliminare da chiarire è di capire che il futuro dell'imposta personale sui redditi in Italia non si può discutere senza far riferimento all'intera struttura del sistema fiscale. Il Partito Democratico è pronto a dare un contributo ad una discussione seria e ponderata su questo tema. È necessario, tuttavia, superare una fase, purtroppo ormai troppo lunga, in cui è facile fare demagogia sulle tasse per avere facilmente consensi senza poi porsi il problema di quale fine farà l'intero assetto del sistema delle entrate e delle spese pubbliche. Dovrebbe farci riflettere il recentissimo caso dell'ICI, le immediate difficoltà che i comuni hanno denunciato e il fatto che in questi giorni al Senato della Repubblica si discuta di come recuperare ulteriori 700 milioni di euro sottostimati dal Governo per il taglio dell'ICI alla prima casa.
Se, quindi, passiamo ad un'analisi obiettiva è evidente a tutti l'eccessivo peso che l'imposta personale sui redditi ha assunto, nel corso del tempo, nel nostro Paese. Osservando i valori medi del decennio 1995-2005, si tratta del 10,4 per cento del prodotto interno lordo contro una media europea dell'8,5 per cento (in Germania si arriva al 9,3 per cento e in Francia si scende al 5,3 per cento). Lo squilibrio è ancora più forte ove si pensi che tale imposta è soprattutto concentrata a colpire i redditi da lavoro dipendente e da pensione, mentre molte altre categorie di reddito sono state nel corso del tempo escluse dall'imposta (il cosiddetto fenomeno dell'erosione), ovvero assoggettate a forma di tassazione separata ed inoltre riescono ancora oggi a nascondersi e ad eludere ed evadere gli sforzi dell'amministrazione fiscale.
Ridurre l'incidenza dell'imposta personale sui redditi è, quindi, un obiettivo largamente corretto e condivisibile, ma se dobbiamo essere onesti, occorre allora guardare agli squilibri di segno opposto che pesano sul nostro sistema fiscale e cercare in primo luogo nella correzione di questi squilibri le fonti per finanziare riforme che, come dicevo, possono anche assumere connotazioni ambiziose e aggressive, almeno nel medio periodo.
Ad esempio, in Francia - il Paese a cui oggi guardano con grande simpatia tutti i proponenti del quoziente familiare - ai cinque punti in meno di PIL assorbiti dall'imposta personale sui redditi fanno da contrappeso un'imposizione indiretta pari al 16 per cento del PIL, contro il 12,4 per cento in Italia, e contributi sociali pari al 18,6 per cento del PIL, contro il 12,6 per cento in Italia. Si tratta, quindi, di quattro punti in più di imposte indirette e sei punti in più di contribuzione sociale.
Fra le imposte che, in Francia, riequilibrano la bassa incidenza dell'imposta personale vi sono, ad esempio, l'imposta patrimoniale sugli immobili oppure le imposte per il finanziamento dei comuni, che sono basate sui metri quadrati occupati e sui valori di reddito per le famiglie e di fatturato per le imprese. Si tratta, quindi, di imposte simili alla nostra ICI e alla nostra IRAP, ossia ad imposte contro le quali l'attuale maggioranza è sempre stata fieramente opposta. È evidente che, se Pag. 40vogliamo affrontare una riforma strutturale del sistema fiscale di quelle dimensioni, occorre pensare a tutto il sistema fiscale.
Ritengo, quindi, che la coerenza delle diverse iniziative in campo debba essere valutata con la piena consapevolezza degli obiettivi finali in termini di struttura del sistema fiscale. Uno dei motivi della bassa incidenza in Italia delle imposte indirette - lo sappiamo tutti - è l'ampia diffusione di fenomeni come l'economia sommersa, l'elusione e l'evasione, soprattutto con riguardo alle imposte indirette. Ad esempio, l'obiettivo di aumentare di uno o due punti percentuali di PIL il gettito delle imposte indirette, grazie alla lotta all'evasione, e di destinare quanto ottenuto alla riduzione dell'imposta personale è un obiettivo credibile e coerente, sul quale si può e si deve lavorare, non solo nel breve, ma anche nel medio e nel lungo periodo.
Peraltro, è proprio questa la norma che il centrosinistra ha inserito nella legge finanziaria per il 2008, norma tuttora vigente: ogni aumento di gettito dovuto al contrasto all'evasione sia restituito sotto forma di riduzione dell'imposta personale, a partire dal momento in cui sono effettuate le detrazioni per i redditi da lavoro e da pensione.
Come abbiamo già più volte affermato, riteniamo che già oggi esistano risorse per un intervento immediato di questo tipo, che, peraltro, avrebbe un effetto congiunturale positivo, considerato l'andamento negativo dei consumi e del potere d'acquisto. Il Governo, invece, nega l'esistenza di questo margine, probabilmente per poterlo usare in un altro momento. Lo stesso Governo, in alcune norme del cosiddetto decreto finanziario, «taglia le unghie» ad alcuni strumenti messi in campo per il contrasto all'evasione, la cui efficacia, invece, sarebbe così importante non solo sotto il profilo dell'equità, ma anche per sostanziare nel tempo il recupero di risorse da destinare poi alla riduzione dell'imposta personale, con prevalente attenzione alla questione della cura familiare.
In conclusione del ragionamento strutturale, la nostra proposta di aggiustamento dell'imposta personale si basa su sei mosse. In primo luogo, riteniamo che vada ridotta l'aliquota minima, oggi al 23 per cento, e quella intermedia, oggi al 38 per cento. In secondo luogo, riteniamo importante distinguere la detrazione del lavoro oggi esistente in due parti, una da destinare a tutti i lavoratori autonomi e dipendenti e l'altra (quella per le spese di produzione del reddito) da destinare ai soli lavoratori dipendenti. In terzo luogo, riteniamo che vada attenuata la decrescenza di queste detrazioni all'aumentare del reddito. In quarto luogo, proponiamo di introdurre - lo ha affermato prima di me l'onorevole Bindi - una dote fiscale dei figli, che riassorba gli attuali assegni per il nucleo familiare e le detrazioni IRPEF, incrementando in modo significativo il sostegno dello Stato alle famiglie, indipendentemente dalle condizioni lavorative delle persone. Questa detrazione dovrebbe decrescere all'aumentare del reddito, ma non deve scomparire nemmeno nel caso di redditi più elevati. In quinto luogo, riteniamo che vada utilizzato lo stesso strumento della detrazione anche per altri obiettivi di sostegno ai redditi familiari, ad esempio per l'affitto della casa di abitazione per le famiglie non proprietarie; abbiamo esentato le famiglie proprietarie dal pagamento dell'ICI per la prima casa e sarebbe molto sensato usare una detrazione per le famiglie non proprietarie, ovvero ancora per introdurre ulteriori strumenti di incentivo al lavoro femminile. Infine, in sesto luogo, abbiamo previsto la possibilità di percepire queste detrazioni anche per i contribuenti a basso reddito la cui capienza fiscale è troppo bassa, attraverso il sistema dell'imposta negativa, ossia con trasferimenti diretti in busta paga per i lavoratori dipendenti e sulla dichiarazione annuale per i lavoratori autonomi, tramite strumenti appositi, collegati a programmi di formazione e di reinserimento lavorativo per chi sta invece ai margini del mercato del lavoro.
Non credo che questa linea d'azione sia da considerarsi contrapposta a quella di chi propone il quoziente familiare, piuttosto è, forse, più realistica, può essere Pag. 41modulata meglio nel tempo e tiene conto, accanto all'obiettivo dell'equità orizzontale, anche di quello dell'equità verticale. Ma ancor più di questo, la nostra proposta tiene conto dell'obiettivo di uguaglianza delle opportunità perché ciò che lo Stato riconosce come obiettivo meritorio, sia esso la cura dei figli o l'accesso al bene casa, non deve aumentare all'aumentare del reddito, ma deve essere tendenzialmente uguale per tutti, semmai con una specifica attenzione per i redditi bassi e medio-bassi che sono, comunque, ancora oggi quelli più penalizzati dalla nostra imposta personale sul reddito, nonostante gli importanti interventi della passata legislatura. Inoltre, temo che una piena applicazione del sistema del quoziente, come ad esempio nel caso francese, potrebbe costare ben di più delle cifre dichiarate nello studio del Secit che fa un'ipotesi di un'introduzione minimale del quoziente familiare; si richiederebbe, quindi, una riforma ben più complessiva dell'intero sistema. Una riforma di questo genere, a parità di gettito, rischia tra l'altro di implicare un aumento della aliquote e del numero degli scaglioni.
Non voglio ulteriormente dilungarmi in particolari tecnici, concludo affermando che il Partito Democratico è disponibile a discutere qualsiasi intervento immediato e di medio e lungo termine affinché l'imposta personale sui redditi in Italia possa essere ridotta e che ciò avvenga soprattutto in riferimento al sostegno alle famiglie e all'azione di cura delle famiglie che hanno una rilevanza sociale. Voglio, inoltre, sottolineare che questa discussione su come sostenere la famiglia con strumenti fiscali efficaci e immediatamente attivabili va posta all'interno di una logica di non ipocrisia. Abbiamo appena approvato in questo ramo del Parlamento il DPEF che mantiene costante la pressione fiscale per i prossimi tre anni. Credo che per discutere una riforma, soprattutto se deve essere di ampia portata, il Parlamento debba dotarsi del massimo grado di autonomia rispetto al Governo. Non basta, infatti, chiedere al Governo di assumere un impegno all'interno di un impianto di politica economica che non prevede una rilevante riduzione dell'imposta personale, come previsto nel DPEF che abbiamo approvato non meno di una settimana fa. Occorre che il Parlamento si metta in condizione di poter discutere di riforme anche aggressive e di ampia portata che non potranno non coinvolgere, accanto alle imposte personali, anche altri pezzi del sistema fiscale di questo Paese. Occorre uscire da una azione politica che vede solo la previsione di imposte separate e guardare, invece, agli effetti complessivi che una riforma strutturale può introdurre nel Paese. Tutto ciò è necessario, soprattutto alla luce del fatto che in questo Paese, nel corso degli anni, l'imposta personale sul reddito è arrivata ad assumere un peso ipertrofico e squilibrato a confronto degli altri Paesi europei (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, devo dire che essere in Aula a discutere di mozioni che riguardano la famiglia rappresenta un momento importante per me personalmente e anche per tutto il partito nel quale mi riconosco. Allorché, quindici anni fa, nel 1993, nacque il Forum delle famiglie, queste stesse cose furono scritte in una petizione che raccolse allora un milione di firme, anche se non vi era nessuno che ci ascoltava, ci dava retta e che si prendeva la briga di capire cosa aveva in testa questo network di associazioni che per la prima volta in Italia affrontava in maniera organica e con proposte concrete il problema delle famiglie. Si trattava di una petizione di dieci punti - lo ricordo perfettamente perché allora ero la responsabile di questa organizzazione - che sono ancora qui ad essere declinati dopo quindici anni.
La differenza è che siamo in un'aula parlamentare, e non è poco, mentre allora eravamo in una piccola stanza di un hotel che ci ospitava, e abbiamo cercato di lanciare questa sfida al Paese e alla classe Pag. 42politica. Il fatto che ora, a quindici anni di distanza, si sia qui e vi siano tante mozioni che intendono in qualche modo richiamare la necessità di politiche per la famiglia non può che riempirci di soddisfazione. Questa è la premessa. In questi quindici anni la questione famiglia è diventata una questione prioritaria nel Paese ed è diventata - non ho paura a dirlo - la prima questione sociale, mentre non è diventata la prima questione politica e lo dico con estremo rammarico. È una storia che viene da lontano e sono d'accordo con il Ministro Bindi quando afferma che la situazione in cui ci troviamo è frutto di una lunga dimenticanza. Mi ricordo che nel 1985 l'allora Ministro De Michelis propose di trasformare gli assegni familiari da una misura universale ad una misura legata al reddito, e non mi pare che ci fu una grande protesta in quell'epoca o dibattiti parlamentari per impedire questa autentica ingiustizia. Da allora è cominciata proprio una specie di pendio scivoloso che ha sempre più penalizzato le famiglie, e in particolare quelle con figli. Inoltre nel corso degli anni le cifre raccolte per gli assegni familiari, comunque legati al reddito, non andavano alle famiglie - è stato scritto più di una volta su Il Sole 24 Ore - ma erano girate e raccolte per pagare le pensioni a vario titolo e in vario modo: uno scippo di 200 mila miliardi nel corso degli anni, equivalenti a dieci manovre finanziarie. Dunque lo Stato è fortemente debitore nei confronti delle famiglie, ma non mi pare che abbia intenzione di saldare questo debito.
Le politiche familiari sono una questione su cui siamo tutti d'accordo e vanno affrontate in maniera incisiva e molto seria, e vanno declinate in maniera altrettanto seria, cominciando dall'individuare, signor Presidente, il soggetto titolare di diritti quando si parla di famiglie e di politiche familiari: quindi un uomo ed una donna legati da un matrimonio e con dei figli. Altrimenti la legge che noi vogliamo applicare diventa inapplicabile perché è troppo generica, perché è aleatoria, e perché non stabilisce i confini, considerato che tutte le leggi di questo Stato quando individuano dei soggetti che hanno titolo per accedere ad un certo regime devono definire quali sono questi soggetti, ovverosia chi ne ha diritto.
Detto questo, ritengo che le politiche devono superare alcuni tabù ideologici che ancora oggi in questa Aula sono echeggiati. In primo luogo, occorre superare il luogo comune per cui mancano le risorse. Ci siamo stancati di sentire dire i Governi, da quindici, da trenta anni che non vi sono risorse. La scorsa legislatura il Governo ha trovato le risorse per il cosiddetto e famoso cuneo fiscale a favore delle imprese, e non erano esattamente pochissimi soldi, ed eravamo comunque in una congiuntura difficile; i precedenti Governi non hanno trovato i soldi e questo pare che non trovi i soldi. Il collega di Forza Italia, che è intervenuto prima, ha usato sempre il futuro: si interverrà, si farà, si provvederà. Per ora, non c'è assolutamente nulla, e lo sappiamo perché i documenti li abbiamo letti tutti e siamo tutti qui a discutere di queste questioni. Quindi non si può invocare la mancanza di risorse.
In secondo luogo - si tratta di un'altra questione ideologica ed è stata richiamata dal collega dell'Italia dei Valori - non si può continuamente ricorrere al problema delle politiche legate al reddito e dell'equità verticale. È vero che la Costituzione parla di equità verticale ed è vero che bisogna prendere dai ricchi per dare ai più poveri - su questo siamo tutti perfettamente d'accordo - ma quando si parla di politiche familiari bisogna parlare di equità orizzontale e non bisogna tirare fuori il discorso dell'equità verticale, perché è un'altra cosa.
L'equità verticale si deve perseguire con alcuni sistemi e con alcuni mezzi, mentre l'equità orizzontale è altro e riguarda le famiglie che a parità di reddito hanno un figlio, tre figli, cinque figli o nessun figlio.
Si tratta di un discorso culturale, che ancora in quest'Aula non è passato. Non è ancora arrivata l'idea che le politiche familiari non devono essere assistenziali, non devono essere legate al reddito, almeno Pag. 43in maniera tendenziale, e, soprattutto, devono essere legate al principio di sussidiarietà.
Detto ciò, ci sarebbe molto da rispondere ai colleghi che mi hanno preceduto, ma non c'è il tempo per poterlo fare e, quindi, andrò rapidamente. Sono d'accordo con l'onorevole Bindi, quando propone di unificare il sistema fiscale, e sono d'accordo sulla necessità di affrontare seriamente - questo lo hanno detto tutti - un dibattito sugli strumenti. Infatti, siamo tutti d'accordo sulle analisi, siamo tutti bravissimi a farle, il problema sono gli strumenti e il modo con cui affrontare e superare la questione. Dunque, il Governo dice una cosa, un'opposizione ne dice un'altra, la maggioranza ne dice un'altra ancora, l'Italia dei Valori una quarta e una quinta, e noi ancora una diversa. Cerchiamo di affrontare tali questioni al di là delle ideologie e di intraprendere anzitutto un discorso culturale che diviene, poi, anche tecnico, politico e specifico.
In particolare, non sono d'accordo con l'onorevole Bindi quando parla di detrazioni: siamo molto più favorevoli alle deduzioni, per il semplicissimo fatto che, al di là del profilo tecnico, dal punto di vista culturale le detrazioni si riferiscono alle tasse mentre le deduzioni riguardano l'imponibile: significa dire alle famiglie che i soldi spesi per i figli non sono tassati, che non devono pagare tasse sui soldi spesi per i figli, che questi soldi non sono tassabili. Questa è la logica delle deduzioni, che noi condividiamo.
La seconda questione riguarda il problema del quoziente familiare: anche noi non siamo particolarmente innamorati del quoziente familiare, siamo molto più favorevoli alle deduzioni e abbiamo presentato anche proposte di legge in questo senso. Siamo, quindi, pronti a discutere. Ma il quoziente familiare di cui, comunque, saremmo disposti a trattare, è un quoziente familiare modificato e calibrato in modo da cercare di ovviare agli squilibri, evidenziati dall'onorevole Bindi, che portano a favorire i redditi più alti. È necessario un quoziente familiare corretto, pesato, che possa compensare questi aspetti.
Dunque il problema - ripeto - è culturale, ma richiede anche un forte investimento per la famiglia. Abbiamo calcolato che la nostra proposta sulle deduzioni riguarda circa un punto e mezzo del PIL: non è poco, è un investimento serio e coraggioso da spalmare in un'intera legislatura. Il sottosegretario Giovanardi, che è presente e che ringrazio di essere qui in questa occasione, continua a dire che l'hanno promesso e lo faranno, che certamente sarà approvato. Per ora, sottosegretario Giovanardi, nei documenti che ci sono stati presentati - nel decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, nel DPEF - non è possibile...

PRESIDENTE. Onorevole Capitanio Santolini, lei mi incanta, ma devo invitarla a concludere...

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Ha ragione, concludo. In quei documenti non c'è ancora nulla. Dunque, cerchiamo di essere molto concreti e di andare su misure specifiche da discutere, senza strozzare il dibattito, come avviene in questi giorni sul decreto fiscale. Cerchiamo, inoltre, di ragionare anche sulle politiche del lavoro, sulle politiche di conciliazione dei tempi della famiglia, sulle politiche scolastiche, dove le famiglie scelgono pochissimo, e sulle politiche dei servizi locali, con una legge quadro che possa indirizzare anche gli enti locali verso una politica a favore della famiglia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e signor rappresentante del Governo, sono primo firmatario di una proposta di legge, sottoscritta da altri colleghi, per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare, ovvero quello che più semplicemente, in altre occasioni, abbiamo Pag. 44pensato di considerare la possibile modifica del sistema fiscale vigente, che penalizza la famiglia monoreddito con figli a carico.
Onorevoli colleghi, la Corte costituzionale, con la sentenza del 14 luglio 1976, n. 179, già aveva invitato il Parlamento a correggere quella distorsione ma, nonostante la reiterazione della sollecitazione, la situazione è rimasta invariata, anche se il Parlamento, con l'articolo 19 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, aveva delegato il Governo a predisporre appositi decreti legislativi il cui iter tuttavia, pur iniziato, non si è mai concluso.
Certo, sulle inadempienze probabilmente ha pesato la considerazione che l'introduzione del quoziente familiare comporta una forte diminuzione delle entrate.
Onorevoli colleghi, penso che sia possibile introdurre nel nostro sistema il quoziente familiare come uno dei possibili strumenti, non l'unico, ma uno dei più equi, anche in riferimento a deduzioni e detrazioni.
Infatti, tutta la letteratura specifica - ivi comprese le numerose indagini del Parlamento - è concorde nel ritenere il sistema fiscale francese tra i più significativi per la famiglia, mentre quello italiano si caratterizza per una singolare contraddizione: esso si fonda sulla tassazione a base individuale che, a parità di reddito, penalizza le famiglie monoreddito e, contemporaneamente, determina le tariffe sulla base del reddito familiare, se non addirittura sul patrimonio della famiglia.
Il quoziente familiare ha indubbiamente un possibile effetto indotto, come è stato già detto, di politiche demografiche.
Penso che vada rispettata la famiglia, prima di tutto come una scelta di vita.
Quindi, occorre che ci muoviamo su diversi binari paralleli, in questo caso almeno due: quello del quoziente familiare, che è riferito ai diritti della famiglia, e quello delle deduzioni e delle detrazioni, che attengono ai diritti dell'individuo.
L'armonizzazione dei diversi strumenti, la cui combinazione non è neutra, dipende dal valore sociale che si annette all'investimento nelle generazioni future, al contrasto delle povertà, agli obiettivi di carattere demografico.
Questi obiettivi oggi sono affrontati con un sistema esclusivo di deduzioni e di detrazioni, con una specie di scala di corrispondenza opportunamente graduata in funzione del reddito.
Non si riescono, però, a risolvere alcune contraddizioni: in primo luogo, la cosiddetta trappola della povertà per gli incapienti e, in secondo luogo, il fatto che vi sia un livello in cui l'aumento del reddito lordo corrisponde a una diminuzione del reddito netto e il fatto incontestabile che le famiglie monoreddito siano penalizzate.
Aggiungiamo che il sistema delle deduzioni e detrazioni è sostanzialmente rigido e che la migliore delle scale di corrispondenza non è neutra rispetto alle possibili scelte delle famiglie, un problema che non è risolto neppure con un incremento dei servizi.
Rimane il problema di riconoscere che le famiglie sono un possibile luogo della decisione di consumo, della loro libera scelta, un problema che si affronta meglio anche con il contributo del quoziente familiare.
Quando parliamo di quoziente familiare mi si permetta di specificare che deduzioni e detrazioni non colgono il cuore del problema. I problemi dell'inflazione e dello shock domanda-offerta sono tutt'altre questioni rispetto al quoziente familiare: siamo sul terreno dei diritti individuali.
Credo che occorra investire sulla famiglia come luogo unitario e naturale di rilevazione e di soluzione dei bisogni, perlomeno perché la famiglia è un centro di decisione sui consumi e i figli sono una scelta individuale da aiutare, ma sono anche un investimento della comunità e sono un bene sociale.
Quoziente familiare, deduzioni, detrazioni e assegni non solo non sono incompatibili e non sono alternativi, ma si possono integrare. Quoziente familiare e servizi non sono alternativi: ci vuole l'uno Pag. 45e ci vogliono gli altri. Posso, però, sottolineare che è diverso il grado di libertà per la famiglia, per chi sceglie la famiglia.
Arrivo al centro di due questioni e di due obiezioni che vi sono, che sono autorevoli e che oggi sono state anche sostenute in questa importante sede. Quindi, esaminerei con rapidità tali problemi con più attenzione: il quoziente familiare sarebbe contro l'occupazione femminile e il quoziente familiare costa troppo.
Sarei tentato di rispondere alla prima obiezione che, se la scelta fosse secca tra due opzioni, non capisco perché dovrebbe essere posposta la scelta dei figli. Anche sul piano economico, considerato che il tasso di natalità così basso e l'invecchiamento della popolazione sono il primo ostacolo allo sviluppo del nostro Paese, preferisco pensare che si tratti di vocazioni assolutamente compatibili; anzi, il quoziente familiare permette di avere le risorse necessarie per ottenere alcuni servizi di supporto alla cura familiare.
Quando si parla del costo e delle risorse, è realistico circoscrivere intanto l'applicazione, escludendo i livelli di reddito per i quali la struttura familiare non è rilevante o è addirittura nulla: ad esempio, nella proposta di legge, si può applicarlo ai redditi fino a 73 mila euro, andando a regime in cinque anni, iniziando dai redditi più bassi e destinando a questo fine parte delle risorse recuperate con la lotta all'evasione (che riproponiamo a questo Governo, anche se tutti gli atti, come è stato rilevato, vanno nella direzione opposta).
Come strutturare, quindi, la proposta stessa all'interno di questo dibattito? Che alla determinazione del reddito familiare concorrano tutti i redditi dei componenti della famiglia (coniugi, figli non maggiorenni o equiparati, gli altri soggetti di cui all'articolo 443 del codice civile che non abbiano un reddito superiore all'assegno sociale); che si divida il reddito familiare per la somma dei coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia (1 al primo percettore di reddito, 0,65 al coniuge, 0,5 al primo figlio, 1 al terzo e al quarto, 0,5 agli altri). Si applicano a questo risultato le aliquote vigenti e i relativi collegati e si sommano le imposte dei singoli.
In conclusione, penso che sia possibile comporre un sistema armonico, fatto di quoziente familiare, di deduzioni, di detrazioni e di assegni, compresa la proposta importante del Partito Democratico relativa alla dote fiscale. La composizione pone a questo dibattito una domanda a cui il Governo viene chiamato a rispondere, affinché anche la stessa discussione sulle mozioni in oggetto non sia stata pura retorica. Il punto è: come questo Governo intende assumere la questione di un tratto della politica fiscale nei confronti della famiglia, anche attraverso lo strumento del quoziente familiare e quel sistema armonico - di cui parlavo in precedenza - come scelta per far andare avanti il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, intendo intervenire questa sera anche che per rispetto agli onorevoli Bindi, Capitanio Santolini, Vico e Pezzotta che amabilmente sono rimasti anche dopo il loro intervento in Aula.
Intervengo, altresì, perché credo che, meglio di domani, questa sera pacatamente si possano affrontare alcune questioni sottostanti le mozioni in discussione che, peraltro, sono state già sollevate da alcuni di coloro che sono intervenuti nel dibattito.
Innanzitutto, vorrei dire una cosa che questo Governo e questa maggioranza hanno già affermato sulle politiche familiari.Pag. 46
Qualche volta la politica economica si intreccia con le politiche familiari in maniera estremamente vasta. Se definiamo famiglia qualsiasi nucleo esistente nel nostro Paese, è evidente che le considerazioni macroeconomiche che vanno fatte riguardano 58 milioni di italiani, perché ognuno di loro vive in una famiglia come quella prevista dalla Costituzione, fondata sul matrimonio, o in famiglie di fatto, o vivono purtroppo soli, come single, o in altre combinazioni: tutte situazioni che teoricamente hanno bisogno di sostegno, di aiuto, di risorse, specialmente nel momento in cui vi sono problemi collegati alla globalizzazione, alla crisi economica internazionale, a realtà con le quali tutti i cittadini devono confrontarsi.
Ma stiamo parlando, viceversa, di una specificità. Vorrei che questo fosse chiaro, l'onorevole Capitanio Santolini l'ha detto, io lo condivido: la specificità è quella delle politiche familiari, cioè indirizzate a quelle realtà di persone che, come la Costituzione indica, accettano diritti ma anche doveri, che si assumono impegni pubblici verso la società, fondando quindi il loro rapporto su una potenziale stabilità, all'interno della quale si suppone che possano anche nascere, crescere ed essere educati i futuri cittadini.
La famiglia è dunque anche il luogo dove c'è natalità, e c'è soprattutto la funzione indispensabile - insieme ad altre agenzie educative - di formare i nuovi cittadini di questo Paese. Cosa non banale: basta leggere l'ultimo libro di Piero Angela, che vent'anni fa si iscriveva al partito di coloro che erano preoccupati dell'eccessivo popolamento del nostro pianeta e lanciavano grida di allarme in difesa del controllo delle nascite e di una politica di restrizione, e oggi giustamente, con grande onestà intellettuale, fatti due conti dimostra che se continua così in due o tre generazioni l'Italia, l'Italia fatta dagli italiani, si estingue, in una drammatica progressione geometrica di tracollo della natalità.
Devo dire anche che non credo che il problema sia solo economico. Siamo in un Parlamento dove, giustamente, si sottolineano le difficoltà, ma - proverò ancora una volta ad affrontare l'argomento - di fronte alle stragi del sabato sera, mortalità da traumi, da incidenti stradali, trasgressione, sballo, droga, ubriachi, alle tre del mattino forse non è il caso che nei locali pubblici si continuino a somministrare alcolici. Finora questo Parlamento non è mai riuscito - perché non si è mai trovata una maggioranza - ad assumere provvedimenti di questo tipo; si dice infatti: stiamo scherzando? E la libertà dei sedicenni, dei diciassettenni, dei ventenni, dei trentenni, non di andare in discoteca o di andare a divertirsi, ma di continuare a farlo anche alle tre, alle quattro, alle cinque del mattino? Probabilmente stiamo parlando poi delle stesse famiglie che si trovano ad avere qualche difficoltà economica, nel momento in cui si rappresenta una situazione nella quale molte volte manca l'indispensabile ma molte volte c'è il superfluo, e non è che il pubblico faccia molto per affrontare questi problemi, che oltre tutto hanno un enorme impatto economico. Abbiamo fatto un conto, con gli amici della Polizia stradale, dei benefici dei provvedimenti degli ultimi sei mesi, quelli introdotti dal Governo Prodi, poi rafforzati nel decreto-legge n. 92 del 2008: i 280 morti in meno, i 140 giovani in meno, solo dal punto di vista economico hanno fatto risparmiare alla collettività un miliardo di euro. Sono 2 mila miliardi di lire risparmiati - a parte le vite umane - di spesa sociale e di spesa sanitaria; e in più ci sono 280 persone che vivranno una loro vita compiuta. Quando si parla di famiglia si parla di questioni economiche, ma bisognerebbe allargare lo sguardo anche ad altri problemi (mi riferisco anche alla droga e alle tematiche che ci hanno appassionato e continueranno ad appassionarci anche in futuro).
Poi, naturalmente, occorre considerare le politiche specifiche nel merito. In proposito, ho dato atto al Ministro Bindi, ricevendo anche qualche critica in Aula, di aver sostenuto la continuità di tali politiche. Alcune di esse, fra l'altro, vengono da lontano, come quelle relative ai tempi di conciliazione, che sono importantissimi Pag. 47per permettere di conciliare l'attività lavorativa soprattutto delle donne con la maternità e con il mantenimento del posto di lavoro: una politica importante e non ancora sufficientemente conosciuta (siamo in un campo in cui vi sono le risorse, ma non vi è ancora la domanda sufficiente per esaurire tutte quelle che sono state stanziate). Ma sono state messe in campo anche altre politiche (ne abbiamo parlato anche l'altro giorno in Commissione): quella sulla qualificazione delle colf, quella sull'aiuto ai non autosufficienti in famiglia, quella delle tariffe, quella di qualificazione dei consultori.
In proposito, devo dire comunque che bisognerà lavorare insieme per trovare formule che permettano allo Stato centrale di non essere solo un erogatore di risorse che poi le regioni spendono come ritengono più opportuno senza che vi sia la possibilità di monitorarne l'utilizzo. Ad esempio, per restare alle politiche che riguardano i problemi delle famiglie, mi ha colpito l'applicazione che è stata data della norma che prevedeva un abbattimento diretto delle tariffe di gas, luce e rifiuti solidi urbani per le famiglie con più di quattro figli. Quante volte si è evidenziato come vi sia in questo campo una progressività alla rovescia: più si hanno figli, più consumano gas, luce e acqua e più si producono rifiuti! Ebbene, molte regioni hanno adoperato i fondi per quel beneficio in maniera diversa, mentre altre hanno predisposto iniziative sperimentali solo su taluni comuni, allargando l'applicazione a tutta una serie di servizi che però non sono essenziali.
Insomma, vi è la difficoltà di una politica nazionale che fa fatica a rapportarsi con regioni ed enti locali per darsi obiettivi comuni. È chiaro, comunque, che bisogna continuare a lavorare per questi obiettivi, così come bisogna lavorare sugli asili nido (anche se, in questo caso, il problema riguarda non solo la costruzione, ma anche la gestione).
A ciò si aggiungono le questioni legate più specificamente ai contenuti delle mozioni che sono state presentate. In proposito, oggi in Aula ho visto scontrarsi due tesi che si contrappongono da dieci anni: quella universalistica e quella, invece, più assistenzialistica. Si ritiene che, vista la drammaticità della situazione demografica italiana (dalla denatalità all'invecchiamento della popolazione), la politica demografica sia un valore in sé, e che quindi debba essere riconosciuto il valore sociale di mettere al mondo dei figli. In questo senso, ad esempio, la Germania - che è molto avanti su questo fronte - fa scontare anticipatamente ai single il fatto che, quando saranno anziani, essi graveranno sulla pubblica assistenza, non avendo familiari che possano assisterli.
Dall'altra parte, si insiste molto sulla questione del reddito. Devo dire, però, all'onorevole Bindi che questa vicenda delle famiglie ricche e delle famiglie povere forse è datata. Negli ultimi trent'anni - o, diciamo, dagli anni Cinquanta - vi è stato un trend che fortunatamente ha visto evolvere tutte le famiglie italiane. Ma al giorno d'oggi non sarei così convinto che la ricchezza e la povertà siano situazioni così stabilizzate: che cioè una famiglia possa essere definita povera e un'altra ricca e che nei prossimi vent'anni la prima resterà povera e la seconda resterà ricca. Credo che vi sia una situazione di grande mobilità, per cui, ad esempio, una famiglia benestante che lavora nel commercio, nell'impresa o nella libera professione, nel giro di un anno o due può trovarsi ad essere molto più indigente di una che abbia magari un reddito fisso, ma garantito. Basta esaminare le percentuali di mortalità delle piccole imprese del commercio per capire che chi negli ultimi anni ha avuto un reddito abbastanza alto e si trova magari ad avere tre figli, per quanto apparentemente benestante (e per quanto magari gli studi di settore lo indichino come tale!), in realtà poi non lo sia.
Pertanto, vi è anche la difficoltà, nel sistema italiano, di andare a verificare - nell'ambito del lavoro dipendente e di quello autonomo, nonché in caso di famiglie numerose e con figli da mantenere - il problema di quanto tale aspetto debba essere collegato al reddito o alla verifica del reddito reale.Pag. 48
Il problema delle deduzioni, invece, si fa carico di un principio: quello che spendi per i figli deve essere dedotto dal tuo reddito. Mi sembra un principio sul quale come maggioranza e Governo abbiamo convenuto, così come abbiamo convenuto sul quoziente familiare. Vi è poi tutta una serie di problemi tecnici da affrontare. Ma poiché le mozioni in esame sono state sostanzialmente presentate - mi riferisco soprattutto alla mozione Vietti ed altri n. 1-00011 - in qualche modo in appoggio al milione e più di firme che sono state raccolte dal Forum delle famiglie e presentate al Capo dello Stato, che poi le ha trasmesse alla Camera, non ho difficoltà a dire che condividiamo gli indirizzi contenuti in tale appello (non perché lo dico io, ma perché lo ha autorevolmente ribadito il Presidente del Consiglio e anche il Ministro dell'economia, che si sa quanto sia importante, chiunque sia il Ministro dell'economia pro tempore, in una situazione del debito pubblico come quella che ha l'Italia).
Certamente vi è il problema dei tempi in cui tali misure entreranno in vigore a regime. Si è sostenuto per il quoziente familiare un termine di cinque anni, e per le deduzioni sono già state assunte iniziative a livello parlamentare. In atti di indirizzo votati dal Parlamento si propone di utilizzare le risorse possibili a favore, appunto, di queste politiche familiari. Debbo ricordare, per amore di verità, che sono già state stanziate risorse e che esse sono già effettive. Infatti, è chiaro che la totale eliminazione dell'ICI è sicuramente una misura che in qualche modo allevia il carico fiscale di tantissime famiglie italiane. Nella stessa direzione va il taglio delle imposte sugli straordinari, e mi sembra che in un ordine del giorno la Camera abbia giustamente impegnato il Governo, al termine del periodo di sperimentazione, a differenziare l'intervento in base al numero dei componenti del nucleo familiare del lavoratore favorendo, pertanto, i lavoratori con un nucleo familiare numeroso e aumentando il tetto di reddito stabilito per usufruire della detassazione in relazione al numero dei componenti del nucleo familiare. Inoltre, ricordo la rinegoziazione dei mutui sulla prima casa, sapendo bene quanto il problema della casa sia importante per le nuove coppie; il piano casa, per i nuclei familiari a basso reddito; l'abolizione del divieto di cumulo fra i redditi da pensione e quelli da lavoro.
Pertanto, il Governo conferma l'indirizzo e l'orientamento favorevole alla deduzione e - in prospettiva - ad introdurre nel nostro sistema il quoziente familiare, convinto - ma credo che tale aspetto oggi abbia messo d'accordo tutti coloro che sono intervenuti - che una politica di forte sostegno alla famiglia sia la condizione necessaria e sufficiente per dare un futuro al nostro Paese.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia.

PRESIDENTE. Comunico che, in data odierna, il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia la senatrice Rita Ghedini, in sostituzione della senatrice Tamara Blazina, dimissionaria.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 16 luglio 2008, alle 9:

(ore 9 e al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata)

1. - Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di Pag. 49un procedimento civile nei confronti del deputato Bossi (Doc. IV-quater, n. 1).
- Relatore: Gava.
Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Sandro Bondi, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter, n. 1/A).
- Relatore: Belcastro.
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del senatore Fabrizio Morri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-quater, n. 2).
- Relatore: Aniello Formisano.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (1366).
- Relatori: Bruno, per la I Commissione e Bongiorno, per la II Commissione.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Vietti ed altri n. 1-00011, Lussana ed altri n. 1-00025, Donadi ed altri n. 1-00026, Bindi ed altri n. 1-00027 e Taglialatela ed altri n. 1-00028 sull'introduzione nel sistema fiscale di misure a favore dei nuclei familiari, in relazione alla petizione popolare firmata da oltre un milione di cittadini.

(ore 15)

4. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

5. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (1386).

La seduta termina alle 20,40.