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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 28 di giovedì 3 luglio 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

La seduta comincia alle 9,45.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Cosentino, Jannone, Migliavacca e Vietti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 9,48).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, la notizia di ieri sera, quella che apre i giornali di questa mattina, è la liberazione di Ingrid Betancourt. L'Assemblea di Montecitorio, proprio ieri, aveva approvato unitariamente le mozioni presentate da me e dalla collega Biancofiore, quindi non serve sottolineare con forza il piacere che abbiamo provato alla notizia. Siamo felici che Ingrid sia stata riconsegnata, in primo luogo alla sua famiglia, in secondo luogo al suo Paese, ma soprattutto alle sue battaglie per i diritti civili, per la libertà e la liberazione di tutti; perciò noi salutiamo con gioia questo evento.
Tuttavia, resta il fatto che noi, con le nostre mozioni, con l'iniziativa di questi giorni - peraltro vale la pena sottolineare che l'Italia è stato il Paese più impegnato, dopo la Francia, a sostenere la causa di Ingrid Betancourt - dobbiamo portare avanti le battaglie che avevano individuato in Ingrid una possibile candidata al premio Nobel per la pace. Pertanto, vorrei sottolineare a lei, signor Presidente, perché se ne faccia interprete nei confronti del Presidente Fini, che si è mostrato quanto mai sensibile, che il nostro impegno deve andare avanti, certamente anche su altri fronti - penso alla battaglia per il Tibet, a quella per i diritti civili in Cina e in ogni altro angolo del mondo - ma soprattutto per sostenere ancora la causa della candidatura di Ingrid Betancourt al premio Nobel per la pace. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, la Presidenza si associa alle sue parole. Ritengo anch'io significativo che proprio ieri la Camera dei deputati abbia, non solo approvato le mozioni pressoché all'unanimità, ma si sia confrontata ed abbia discusso sul grande significato che la testimonianza di Ingrid Betancourt in questi anni ha avuto in tutto il mondo. Credo che la notizia di ieri sera sia stata accolta da tutti, non tanto come una sorpresa, quanto finalmente come una liberazione, nel senso che, finalmente, persone che nel modo testimoniano con la propria vita la libertà e la passione per le proprie idee,Pag. 2diventano poi segno e testimonianza per tutti. Pertanto, onorevole Evangelisti, la ringrazio per il richiamo e il contenuto che ha voluto dare al suo intervento. Oggi, almeno da questo punto di vista, si può dire che è un altro giorno.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per garantire un adeguato ed efficiente sistema di smaltimento dei rifiuti nella regione Puglia, con particolare riferimento alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione - n. 2-00067)

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00067, concernente iniziative per garantire un adeguato ed efficiente sistema di smaltimento dei rifiuti nella regione Puglia, con particolare riferimento alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, onorevoli sottosegretari, questa mattina parliamo di rifiuti, in particolare del divieto da parte del presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, che è anche Commissario delegato per l'emergenza rifiuti, di realizzare la costruzione del termovalorizzatore di Trani.
Illustro i fatti. Il piano dei rifiuti adottato dall'allora Commissario delegato per l'emergenza rifiuti, che all'epoca era il presidente della regione Puglia, Raffaele Fitto, prevedeva la realizzazione nel territorio della regione di ben tre termovalorizzatori, uno dei quali a Trani. Tra l'altro, negli ultimi due anni, è emerso chiaro e forte il richiamo all'esigenza di costruire termovalorizzatori e l'emergenza rifiuti della Campania lo ha dimostrato. Sappiamo che in questo senso l'Italia è divisa in due: al nord continuano ad essere costruiti termovalorizzatori, che ormai sappiamo benissimo non essere fonte di inquinamento, né causa di malattie per i cittadini, mentre al sud continuiamo ad assistere all'unico rimedio allo smaltimento dei rifiuti, che è quello delle discariche.
Nel 2004, la gara per l'aggiudicazione della costruzione del termovalorizzatore di Trani fu vinta dalla società Rea di Trani, associazione temporanea di imprese a maggioranza pubblica (con una partecipazione al 51 per cento di Amet Trani che è la società che gestisce l'elettricità nella città), con la previsione di un investimento complessivo di circa 97 milioni di euro, di cui solo cinque sotto forma di cofinanziamento regionale tramite il P.O.R., Programma operativo regionale, della Puglia, e il resto a carico dell'azienda aggiudicataria. Quindi, si è avuto un grandissimo risparmio di risorse pubbliche.
Tuttavia, nel dicembre 2005, il nuovo Commissario delegato per l'emergenza rifiuti, Nichi Vendola (che era nel frattempo diventato il presidente della regione), con l'adozione dell'atto di aggiornamento, completamento e modifica del piano regionale di gestione dei rifiuti, ha espresso la contrarietà della nuova gestione commissariale alla realizzazione di termovalorizzatori sul territorio pugliese e, nel giugno 2006, ha revocato l'aggiudicazione della gara per la costruzione del termovalorizzatore di Trani.
Di conseguenza, la società aggiudicataria dell'appalto ha chiesto un risarcimento danni quantificato tra 180 e 190 milioni di euro, che, se riconosciuto, comporterebbe per la regione Puglia un aggravio di spesa maggiore di 38 volte rispetto alla spesa di 5 milioni di euro prevista per la realizzazione dell'impianto.
La contrarietà del nuovo Commissario alla realizzazione dei termovalorizzatori, inoltre, troverebbe la propria giustificazione nell'ipotesi che la Puglia possa raggiungere entro il 2010 la quota del 55 per cento di raccolta differenziata, un dato del tutto irrealistico se si considera che attualmente questa percentuale è ferma all'11 per cento. Noi sappiamo, invece, chePag. 3le leggi attualmente in vigore nel Paese prevedono almeno una percentuale del 35 per cento, obiettivo che avrebbe dovuto essere raggiunto da anni. Comunque, in Puglia la percentuale oggi è ferma all'11 per cento, per cui non si capisce come e in che maniera si possa raggiungere l'irrealistica percentuale del 55 per cento, dato che negli ultimi tre anni è aumentata di appena l'1 per cento.
Appare, quindi, del tutto evidente ed improrogabile la necessità di avviare la costruzione del termovalorizzatore di Trani e degli altri due previsti a Bari e a Brindisi, al fine di garantire alla regione un adeguato sistema di smaltimento di rifiuti che la metta al riparo da un eventuale «rischio Campania». Tengo, infatti, a sottolineare che, a fronte del divieto di costruzione di termovalorizzatori, il piano del Commissario straordinario prevede la costruzione di nuove discariche o l'ampliamento di quelle esistenti, motivo per il quale l'allargamento (già iniziato) nella città di Trani della discarica (tale città ne ha una) diventerà ancora più evidente, con il rischio di inquinamento e di disagio per i cittadini.
Dunque, chiediamo al Governo quali iniziative intenda assumere, nell'ambito dei propri poteri, affinché sul territorio della regione Puglia possano essere portate a completamento quanto prima le opere necessarie a garantire un adeguato ed efficiente sistema di smaltimento dei rifiuti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, l'interpellanza testè illustrata anche con completezza di argomenti dall'onorevole Carlucci pone l'accento sul fatto che il nuovo Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Puglia (che è lo stesso presidente della regione, ovvero Nichi Vendola) esprime contrarietà alla realizzazione di termovalorizzatori e ha modificato il piano regionale della gestione dei rifiuti predisposto dalla precedente struttura commissariale.
Si chiede, quindi, quali iniziative il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda assumere al fine di garantire un adeguato ed efficiente sistema di smaltimento di rifiuti in Puglia, considerato che, allo stato, la percentuale di raccolta differenziata - e lo ricordava poco fa l'onorevole Carlucci - risulta sensibilmente inferiore a quella programmata. Secondo i dati del Ministero, in realtà, i dati sono ancora più bassi rispetto a quelli forniti dall'interpellante.
Sulla vicenda, il Commissario delegato ha riferito che il piano regionale della gestione dei rifiuti adottato nel 2005 non esclude tout court l'incenerimento, ma ne limita il ricorso ai casi in cui sia accompagnato da recupero energetico e consente la costruzione di impianti dedicati solo al termine di una verifica sulla potenzialità e congruità degli impianti esistenti nella Regione, nonché sul relativo interesse da parte degli stessi impianti all'utilizzazione del CDR. Detta verifica sarebbe legata anche all'esigenza di ridurre le emissioni, a tutela dell'ambiente, nell'ambito di una rete integrata di gestione dei rifiuti che incentivi il recupero. In tale contesto di scelta programmatica è stata, pertanto, revocata nel 2006 da parte del Commissario delegato l'aggiudicazione della gara per la costruzione dell'impianto di incenerimento di Trani.
Riguardo al contenzioso aperto con la società aggiudicataria, il Commissario ha fatto presente che per i due ricorsi proposti dinanzi al TAR Lazio, contro il piano regionale e contro il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione della gara, uno è stato dichiarato inammissibile e l'altro è stato respinto nel merito. In tale sede, a difesa della struttura commissariale, è stato sostenuto che il nuovo piano di gestione dei rifiuti non esclude a priori, in modo assoluto, il ricorso all'incenerimento della frazione secca di rifiuti urbani, ma è volto a far sì che le scelte organizzative si basino su dati certi di fabbisogno e non condizionino, pregiudicandole, le altrePag. 4azioni in materia di prevenzione, riciclaggio e recupero, indicate dalla normativa comunitaria e nazionale come prioritarie rispetto allo smaltimento.
Allo stato, il Commissario delegato asserisce che, pur essendo in corso il giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato, è stato escluso in sede giurisdizionale il risarcimento del danno in favore della società, salvo il riconoscimento delle spese da essa effettivamente sostenute per la partecipazione alla gara.
Viene, infine, rappresentato dal Commissario che gli obiettivi regionali sulla raccolta differenziata, considerati irrealistici dagli interpellanti, sono comunque inferiori rispetto a quelli disposti dalla normativa nazionale e che sulla gestione dei rifiuti urbani, in relazione alle specifiche realtà, è in corso un costante confronto con le autorità locali.
Prendiamo atto di quanto asserito dalla struttura commissariale, ma secondo i documenti in possesso della Direzione generale per la qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, competente per materia, in relazione alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, attualmente prevista dal Piano di gestione dei rifiuti nella regione Puglia, emerge in maniera palese l'insufficienza dei risultati raggiunti, in modo generalizzato per tutte le province pugliesi. Con riferimento all'anno 2006, il rapporto rifiuti 2007 (l'ultimo disponibile), ufficializzato dall'Apat, fornisce le seguenti percentuali: Foggia 7 per cento, Bari 11,2 per cento, Taranto 7,1 per cento, Brindisi 8,7 per cento e Lecce 7,1 per cento.
Si tratta di percentuali evidentemente molto lontane dagli obiettivi di legge, che, sulla base dell'ultima legge finanziaria, prevedono - lo voglio ricordare - il raggiungimento entro il 31 dicembre 2008 della soglia del 45 per cento.
Da tali risultati emerge, dunque, che questa gestione dei rifiuti, teoricamente finalizzata al potenziamento delle attività di riutilizzo e riciclaggio, conduce, invece, allo smaltimento in discarica della quasi totalità dei rifiuti.
Occorre, pertanto, considerare che, per una gestione corretta dei rifiuti urbani, non si può prescindere dalla realizzazione di impianti di trattamento termico.
Al riguardo, si osserva anche che i rifiuti urbani presentano oggi poteri calorifici tali da renderne conveniente il recupero energetico, tanto che in Europa si riscontrano percentuali avviate a recupero energetico che vanno dal 10-12 per cento di Danimarca e Spagna al 30-40 per cento di Paesi come Francia, Svezia e Olanda: la percentuale dell'8,7 per cento di rifiuti urbani avviati a trattamento termico in Italia - questa è la percentuale media italiana - risulta in controtendenza e fra le più basse - se non la più bassa - dell'Unione Europea.
Ferma restando, come è ovvio, l'attuazione delle politiche di riduzione dei rifiuti alla fonte e di massimo sviluppo della raccolta differenziata, l'obiettivo di incrementare la quota di rifiuti sottoposti a termovalorizzazione rientra, come è noto, nella strategia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
È opinione ormai ampiamente condivisa nella comunità tecnico-scientifica che, sulla base delle migliori tecniche disponibili (BAT) - in questo caso non si tratta di una provincia, ma Best Available Technologies - non sussistano problematiche che ostino al controllo e all'abbattimento delle emissioni di inquinanti dagli impianti di termovalorizzazione. L'adozione delle BAT ha, infatti, drasticamente ridotto i valori di emissione dagli impianti di termovalorizzazione anche per gli inquinanti a più rilevante effetto sanitario, come le diossine e gli altri microinquinanti cancerogeni, consentendo il raggiungimento di emissioni tali da rendere il rischio di esposizione del tutto trascurabile, o comunque paragonabile ad altri rischi presenti e tranquillamente accettati nella vita quotidiana. L'applicazione delle BAT, in accordo alle indicazioni fornite dalla direttiva europea 96/61/CE su prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC), rappresenta un'ulteriore garanzia per il rispetto e la tutela dell'ambiente e della salute. Si evidenzia, a questo proposito,Pag. 5che sono in avanzata fase di predisposizione il decreto di recepimento integrale della Direttiva IPPC e le linee guida per l'applicazione delle BAT agli impianti di trattamento dei rifiuti ed agli impianti di termovalorizzazione.
In conclusione, riguardo alla questione rilevata dall'onorevole interpellante, nel rammentare che, ai sensi dell'articolo 17 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 16 gennaio 2008, il presidente della regione Puglia è confermato fino al 31 dicembre 2008 nell'incarico di Commissario delegato per provvedere in regime ordinario all'attuazione e al completamento delle iniziative necessarie per il definitivo superamento delle criticità nel settore della gestione dei rifiuti urbani. L'amministrazione che rappresento continuerà a monitorare l'attuazione del Piano regionale della Puglia, verificando che venga realizzata una corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti, che vengano rispettati gli obiettivi disposti dalla normativa comunitaria nazionale, anche al fine di valutare l'opportunità di proporre eventuali interventi correttivi.

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di replicare.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, naturalmente mi dichiaro soddisfatta della risposta del sottosegretario perché ciò che afferma riguardo le competenze del Ministero per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare è molto incoraggiante. Purtroppo, sono molto preoccupata, invece, per i dati che ci sono stati riportati, addirittura peggiori rispetto a quelli da me conosciuti, sulla raccolta differenziata in Puglia. È verissimo che l'unico sistema di smaltimento dei rifiuti in Puglia resta quello delle discariche e che, nella zona di cui stiamo parlando, Trani e il suo circondario, esistono cave dismesse (è una zona di forte estrazione del marmo). Si tratta di moltissimi siti che sono diventati negli anni - è un fenomeno che continua a incrementarsi - discariche abusive. Considerati i numeri che ci sono stati testé riferiti circa la raccolta differenziata, evidentemente in Puglia si continua a risolvere lo smaltimento dei rifiuti attraverso le discariche. Da ciò deriva la mia preoccupazione anche perché, come abbiamo capito dalla risposta del sottosegretario, purtroppo l'unico responsabile dello smaltimento dei rifiuti e della sua gestione, che deve essere corretta, resta il presidente della regione, nonché Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Puglia: Nichi Vendola. Quello che cercheremo di fare è monitorare questa situazione ed eventualmente sottoporre ancora al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare gli eventuali problemi dei quali dovessimo accorgerci.

(Intendimenti del Governo circa le ipotesi di realizzazione di un sito di stoccaggio di gas naturale presso il comune di San Felice sul Panaro (Modena) - n. 2-00075)

PRESIDENTE. L'onorevole Bellotti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00075, concernente intendimenti del Governo circa le ipotesi di realizzazione di un sito di stoccaggio di gas naturale presso il comune di San Felice sul Panaro (Modena) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, nel comune di San Felice sul Panaro (provincia di Modena) in località Rivara, è allo studio un sito di stoccaggio di gas nel sottosuolo che avrebbe un volume pari a 3,2 miliardi di metri cubi, ad una profondità di circa 2.500-2.800 metri e un'estensione di 120 chilometri quadrati, coinvolgendo, per questo, anche il territorio di diversi comuni dell'area nord modenese. Gli abitanti dell'area interessata corrispondono a circa settantamila persone e il progetto, da quanto si evince dalla documentazione in nostro possesso, sarebbe di natura sperimentale, date le sue dimensioni, e la sua tipologia «in acquifero».
È un problema che dovrebbe essere affrontato in una sala universitaria, magariPag. 6in un comitato tecnico, piuttosto che in un aula parlamentare. In primo luogo, devo svolgere una premessa: i cittadini che ci hanno fatto presente questa situazione non esprimono sempre, come è stato nel passato, una volontà propria dei comitati del «no» che sappiamo bene quanti danni hanno prodotto nel nostro Paese, ma una viva preoccupazione. Impianti di questo genere che, in qualche maniera, si fondono nel territorio e ne costituiscono una forma di convivenza importante non possono, infatti, nascere con aziende create all'ultimo momento, con situazioni poco chiare, adombrando o nascondendo per certi aspetti questioni che poi riguardano in primis la sicurezza dei cittadini.
Quindi il gas - lo abbiamo affermato anche nella premessa della nostra interpellanza - rappresenta una forma assolutamente importante di sostegno in materia di politica energetica, e nessuno di noi è contrario all'estrazione del gas. Nella pianura padana sono presenti importanti giacimenti dove vengono eseguite queste estrazioni, tuttavia l'estrazione di cui parliamo rappresenta il primo caso in Italia, con la particolarità che non vi è una tecnologia italiana presente e che non c'è un impianto in Italia che abbia queste stesse caratteristiche, e nella stessa Europa esiste un impianto in Germania, a Kalle, che comunque non ha queste dimensioni e nemmeno questa profondità, per cui vi sono delle preoccupazioni tecniche, geologiche, ambientali e, soprattutto, procedurali.
Pertanto chiediamo quali siano le intenzioni del Governo in relazione a questi impianti, perché credo che non solo la vicenda dell'impianto di Rivara, ma lo stesso fatto di svolgere questa interpellanza ad inizio legislatura possono rappresentare l'occasione per chiarire quei percorsi di serenità, utili a stabilire un rapporto tra questi grandi impianti e il territorio e i cittadini, al fine di cercare veramente di realizzare quel connubio tra opere importanti per la comunità e le certezze e sicurezze che dobbiamo dare a chi vive su questi territori.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, l'interpellante chiede in sostanza di conoscere quale sia la posizione del Governo in merito al progetto per lo stoccaggio di gas naturale nella località di Rivara, comune di San Felice sul Panaro, in provincia di Modena. Deve essere primariamente chiarito che il Ministero dello sviluppo economico è l'amministrazione competente per il conferimento di concessioni per lo stoccaggio di gas naturale in sotterraneo, che avviene in effetti con decreto, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'intesa con la regione interessata alla realizzazione dell'impianto. Le disposizioni di legge che attribuiscono tale competenza sono, principalmente, la legge 17 gennaio 1974, n. 170, modificata dal decreto legislativo n. 164 del 2000, e la legge 23 agosto 2004, n. 239, nonché il decreto del Ministro per le attività produttive 26 agosto 2005, recante norme sulle modalità di conferimento della concessione di stoccaggio di gas naturale in sotterraneo e l'approvazione del relativo disciplinare tipo nel quale sono previste le modalità di attuazione delle attività di stoccaggio, gli obiettivi qualitativi, i poteri di verifica, le conseguenze di eventuali inadempimenti. Il decreto legislativo n. 164 del 2000 ha introdotto, per la prima volta in Italia, la possibilità di stoccare gas naturale in unità geologiche profonde, compresi gli acquiferi salini profondi, in analogia con quanto già avviene in altri Paesi, quali Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Danimarca e Russia.
A seguito della domanda presentata dalla Indipendent Gas Management Srl. nel luglio 2002, gli uffici del Ministero dello sviluppo economico hanno completato sull'istanza «Rivara Stoccaggio» l'istruttoria, acquisendo il parere favorevole del comitato tecnico per gli idrocarburiPag. 7e la geotermia, organo consultivo del Ministero sulle problematiche attinenti la ricerca, la coltivazione e lo stoccaggio in sotterraneo degli idrocarburi. Il comitato tecnico, ora commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie, opera con esperti del settore appartenenti al mondo accademico e con funzionari delle amministrazioni interessate, fra le quali il Ministero dell'ambiente e le regioni di volta in volta interessate. Il Ministero dello sviluppo economico, nel luglio 2005, ha invitato la società IGM a chiedere al Ministero dell'ambiente l'avvio del procedimento di screening ambientale per verificare la necessità o meno di una valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del decreto ministeriale 26 agosto 2005. La società IGM, su base volontaria, ha deciso di sottoporre direttamente il progetto a VIA e il 15 settembre 2006 ha pubblicato l'avviso sui quotidiani nazionali e locali per l'inizio del relativo procedimento.
In data 24 luglio 2007, l'assemblea plenaria della commissione VIA ha esaminato e condiviso il contenuto di un documento predisposto dal gruppo istruttore sulla base del SIA e delle successive integrazioni, dove sono state evidenziate una serie di lacune che non permettono di concludere la valutazione di impatto ambientale ma che rendono necessari ulteriori elementi informativi.
La direzione competente del Ministero dell'ambiente, sulla base del documento appena citato, ha provveduto, in data 3 agosto 2007, con determinazione dirigenziale, a comunicare alla Indipendent Gas Management la pronuncia interlocutoria negativa, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988.
A seguito della determinazione dirigenziale predetta, la Indipendent Gas Management non ha, comunque, ad oggi ancora presentato una nuova e ulteriore documentazione per il riavvio del procedimento. Qualora la società proponente intendesse predisporre e presentare la documentazione integrativa, del deposito della stessa presso i competenti uffici e del conseguente riavvio del procedimento di VIA sarà dato annuncio a mezzo stampa e il coinvolgimento delle istituzioni locali nel procedimento autorizzativo per quanto concerne la VIA avverrà con le modalità previste dalla normativa in materia.
Solo in caso di esito positivo della VIA, il Ministero dello sviluppo economico potrà dare inizio al procedimento per il conferimento della concessione, con approvazione del relativo programma lavori.

PRESIDENTE. L'onorevole Bellotti ha facoltà di replicare.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, esprimo soddisfazione per la risposta precisa, puntuale e organizzata del sottosegretario. Intendo aggiungere alcune ulteriori valutazioni, visto che, in qualche modo, la risposta del Governo lascia aperta la possibilità di ulteriori approfondimenti della questione.
Richiamando quanto osservato precedentemente, quella in cui ci troviamo non è una sede tecnica o scientifica, tuttavia vi sono questioni di carattere geologico-naturalistico che devono essere prese in assoluta considerazione. Stiamo parlando di una zona comunque sismica, stiamo parlando di una zona che, secondo quanto risulta dai trattati geologici esistenti, presenta delle fagliazioni, vale a dire smottamenti nella profondità del sottosuolo, che lasciano dubbiosa la popolazione. Su questa tipologia di impianti vi è anche il rischio di subsidenza. Provengo da una provincia interessata da questo fenomeno: ricordo che nel Polesine siamo andati sotto, anche per diversi metri, con l'abbassamento del terreno, quando vi erano garanzie tecniche che sostenevano l'esatto contrario.
Vi sono anche questioni concernenti la pressione delle iniezioni di gas. Vi è una storia, documentata anche da dichiarazioni dell'università di Modena, sulla presenza di acque salate e, in qualche pozzo, di gas più acqua salata, secondo dati del 1948. Inoltre sono state riscontrate presenze di nafta, già all'inizio del secolo scorso. Non tratto poi dell'argomento riPag. 8guardante l'impatto che tale impianto potrebbe avere sulle emissioni in atmosfera.
Dunque, quando si inizia una procedura di questo tipo su impianti che hanno tale valenza, ritengo che serva trasparenza assoluta, che significa avere le caratteristiche per affrontare la realizzazione di impianti di questo genere. Qualche dubbio sorge, perché come si può pensare che un'azienda, magari costituita ad hoc per realizzare questa tipologia di impianto, magari con capitale sociale di 10 mila euro, possa poi pensare di realizzare un impianto di stoccaggio del costo di 250 milioni di euro? È come se una piccola azienda artigianale volesse costruire un enorme grattacielo: nell'edilizia vi sono regole chiare e precise, da piccolo artigiano non si può pensare di costruire tutto.
Anche in questo caso ritengo che debbano essere rispettate regole basilari. Magari nelle nostre leggi e nei nostri regolamenti tali aspetti, almeno per quanto riguarda questo caso, non sono precisi. Saremmo stati molto più sereni se ad affrontare tale questione fosse stata l'ENEL, l'Edison, gruppi internazionali che hanno una solidità economico-tecnica adeguata per affrontare queste tipologie di impianti, nonché un'esperienza internazionale.
Tra l'altro, proprio nei decreti che citava lei, signor sottosegretario, le garanzie risultano chiare e precise, sia in termini economici, per quanto riguarda la ditta proponente, sia in termini sociali. Tali questioni devono essere rivisitate, proprio perché altrimenti incideremo - e abbiamo già inciso - sulla percezione di sicurezza del territorio. Vi sono interi comuni che oggi esprimono una preoccupazione forte.
Allora, la domanda che mi pongo e pongo al Governo, magari per la fase di elaborazione successiva, è la seguente: una piccola azienda può determinare un livello tale di instabilità sociale? Una piccola azienda può determinare, in questi anni, situazioni legate anche alle vicende economiche (infatti, si parla in termini di investire o meno all'interno di una realtà economica, a seconda magari del fatto che si realizzi oppure no l'impianto)? Non è fuori luogo pensare che tali speculazioni sociali possono essere rivisitate in maniera serena, ma anche forte, da parte del Governo.
Ripeto: la questione del gas e la questione della politica energetica in Italia sono state trascurate per troppi anni. Abbiamo bisogno - e l'attuale Governo credo ne abbia dato dimostrazione - di voler fare le cose in maniera seria, di porre il nostro Paese al pari con i Paesi europei. Per certi aspetti aggiungo anche che non ci possiamo sempre fermare di fronte all'emozione: nel 1987 le emozioni in qualche modo ci hanno fatto perdere il treno dell'energia nucleare, per cui noi e le nostre famiglie paghiamo bollette più care del 30 per cento.
Però non vi è dubbio che, comunque, nei vari passaggi nella realizzazione di questi impianti, dobbiamo tentare di mettere in piedi anche meccanismi legislativi un po' più robusti. Ribadisco - forse è una provocazione, ma mi rivolgo ad un Governo sicuramente amico e sicuramente sensibile su tali questioni - che non sempre la VIA è una garanzia per gli aspetti che riguardano questi impianti. In altri Paesi del mondo vi è una politica brother approchement, come la chiamano gli anglosassoni, vale a dire caratterizzata da un approccio fraterno e amichevole, che contempli cioè compensazioni adeguate per i luoghi in cui si realizzano tali impianti.
Credo che la popolazione debba essere sicuramente tranquillizzata e rasserenata per gli aspetti che riguardano la sicurezza e il futuro, quindi con una trasparenza assoluta anche di tutta la documentazione e di tutti i dati scientifici che servono.
Pertanto, la risposta che è stata data è assolutamente adeguata per la situazione che ci è stata rappresentata. Auspichiamo anche che la società proponente elimini questo rapporto molto conflittuale, fatto anche di denunce, che non aiutano a ricostruire un clima e un rapporto fiduciario.
Quindi, con l'aiuto del Governo, speriamo che tale situazione possa essere inPag. 9qualche maniera razionalizzata, con tutte le garanzie che il territorio chiede (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Orientamenti del Governo in merito all'ampliamento della base militare americana di Vicenza, anche alla luce della recente sentenza del tribunale amministrativo regionale del Veneto - n. 2-00060)

PRESIDENTE. L'onorevole Bosi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00060, concernente orientamenti del Governo in merito all'ampliamento della base militare americana di Vicenza, anche alla luce della recente sentenza del tribunale amministrativo regionale del Veneto (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, intervengo molto succintamente solo per sottolineare che l'interpellanza urgente in esame nasce dalla preoccupazione che è sorta a seguito del pronunciamento del TAR del Veneto, il quale ha ritenuto gli atti relativi all'ampliamento della base di Vicenza insufficienti sotto il profilo documentale, delle autorizzazioni, delle intese e via dicendo.
Ricordo che questo è un impegno già assunto dal Governo Berlusconi nel periodo 2001-2006 e successivamente ribadito dal Governo Prodi.
È importante per l'Italia, come anche per la regione e per la zona di Vicenza, che questa base venga mantenuta ed ampliata. Del resto, non vi sono alternative: o viene ampliata o si trasferisce. Noi vogliamo che essa venga mantenuta e che sia ampliata.
Pertanto, vorremmo sapere come il Governo intenda procedere di fronte a tale ostacolo di tipo giuridico ed anche, magari, capire perché vi è stata la carenza a livello documentale, che ha consentito il citato pronunciamento del TAR nella sospensiva concessa agli istanti, cioè al comitato che si oppone all'ampliamento della base.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Guido Crosetto, ha facoltà di rispondere.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, l'interpellanza in discussione riporta all'attenzione la vicenda dell'ampliamento della base militare Dal Molin presso l'aeroporto di Vicenza, che trae origine da una richiesta avanzata dagli Stati Uniti al Governo italiano nel 2004, finalizzata ad unificare a Vicenza l'intera 173a brigata aviotrasportata, trasferendovi la parte dislocata in Germania.
L'onorevole Bosi pone in evidenza l'intervenuta ordinanza del TAR del Veneto, che accogliendo un ricorso di sospensiva presentato dal Codacons ed altri comitati, ha sospeso, cito testualmente, «l'efficacia dei provvedimenti impugnati, inibendo nei confronti di chicchessia l'inizio di ogni attività diretta a realizzare l'intervento e ciò sotto l'intervento ed il controllo degli organi del comune di Vicenza competenti in materia di edilizia e urbanistica».
È opportuno fare due considerazioni di carattere generale, che si ritengono utili per delineare, con la chiarezza che la delicata materia esige, l'ambito in cui dover inserire tale questione e da cui muove, essenzialmente, la decisione del Governo italiano di corrispondere favorevolmente alla predetta richiesta americana.
La richiesta statunitense di ampliamento della base militare Dal Molin rientra nell'ambito di quanto previsto dall'Accordo bilaterale Italia-Stati Uniti del 1954, che disciplina l'uso e la concessione delle infrastrutture a supporto delle Forze armate statunitensi e sancisce, tra le altre attività concordate, la realizzazione di programmi finanziati esclusivamente dagli Stati Uniti, da eseguirsi a cura di un'apposita commissione mista «costruzioni» dei due Paesi che hanno sottoscritto l'Accordo.
La richiesta dell'ampliamento della base Dal Molin non è finalizzata ad una variazione della natura dell'insediamento ma soltanto ad una modifica nella suaPag. 10dimensione, motivo per il quale essa risulta coerente con la politica estera e militare del nostro Paese. L'unificazione della 173a brigata aviotrasportata in Vicenza s'inquadra, infatti, nel piano complessivo di ristrutturazione delle Forze armate statunitensi all'estero, per ragioni di razionalizzazione delle risorse e nel più ampio contesto della lotta al terrorismo in esito al mutato quadro geo-strategico.
Ciò posto, la disponibilità di massima a tale concessione, comunque subordinata alla formazione di un apposito piano di transizione relativo a tempistica, azione e costi, che fu manifestata nel 2004 dall'Esecutivo pro tempore e confermata, poi, dal successivo Governo Prodi, muove, pertanto, dalla preventiva e necessaria valutazione di compatibilità della richiesta stessa con la disciplina contemplata in materia di infrastrutture concesse in uso a Paesi alleati e con la politica militare dell'Italia, che contribuisce attivamente, nell'ambito del sistema di alleanze, alla risposta collettiva della comunità internazionale nel contrasto al terrorismo.
In tale quadro, si inserisce, nel frattempo, l'attività di dissenso che diversi comitati, fra cui anche quelli ricorrenti presso il TAR del Veneto contrari al progetto in questione, hanno svolto, a più riprese, per le preoccupazioni e le tensioni manifestate da una parte della comunità locale in ordine all'impatto sociale, urbanistico ed ambientale.
Conseguentemente, nell'ottica di individuare una soluzione che potesse contemperare le esigenze di quella parte della cittadinanza contraria all'insediamento con l'esigenza di soddisfare le consolidate aspettative degli Stati Uniti, il precedente Governo Prodi ha provveduto alla nomina del professor Paolo Costa quale Commissario straordinario di Governo. Egli, infatti, è diventato l'interlocutore principale delle amministrazioni interessate, delle istituzioni locali e delle comunità territoriali, con l'obiettivo di approfondire il confronto e il dialogo sulla realizzazione dell'ampliamento della base statunitense, al fine di garantire il rispetto dell'impegno preso e le istanze delle realtà della zona.
Ciò premesso, per quanto concerne la questione centrale, sollevata con l'interpellanza in argomento, riguardante l'ordinanza del TAR, il Governo intende adoperarsi, con il massimo impegno e determinazione, nella direzione di una soluzione idonea a superare le obiezioni, in punto di diritto, che appaiono a fondamento della predetta ordinanza, consentendo così l'attuazione dei lavori di ampliamento della base americana che, come già stabilito dal citato commissario straordinario, dovevano avere inizio il 1o luglio.
In tale ottica, l'Avvocatura generale dello Stato di Roma, su incarico del Governo, ha proposto ricorso al Consiglio di Stato, avverso l'ordinanza in argomento, per inibire gli effetti ed i contenuti della sospensione e perché, nel merito, sia confermata la piena legittimità di tutti i provvedimenti relativi al progetto di ampliamento della base militare Dal Molin.
Al riguardo, si segnala che, nell'ambito dell'udienza per la discussione dell'istanza cautelare in appello, svolta presso il predetto organo il 1o luglio, è stato deciso il suo aggiornamento al 29 luglio prossimo, onde permettere al comune di Vicenza, costituitosi parte durante l'udienza stessa, di presentare la propria memoria.
A conclusione di quanto illustrato, preme evidenziare che il Governo italiano ritiene fondamentale mantenere fede ad un impegno assunto con un Paese alleato ed amico come gli Stati Uniti d'America, nella consapevolezza che quell'amicizia e quell'alleanza sono tra i fondamenti strategici della nostra sicurezza.

PRESIDENTE. L'onorevole Bosi ha facoltà di replicare.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, ringrazio anche l'onorevole sottosegretario per la risposta che ha dato. La condivido nella parte che conferma l'importanza della base americana e la necessità di procedere al suo ampliamento, per ragioni di sicurezza internazionale, per il mantenimento degli impegni assunti nell'ambito della NATO ed anche - perché non dirlo? - per l'economia della zona.
Trovo invece meno chiara e meno puntuale la parte della risposta che si riferiscePag. 11al perché si è giunti a questo pronunciamento di sospensiva del TAR, evidentemente non solo per responsabilità del Comune, ma, immagino, anche a causa degli atti documentali di supporto.
Voglio ricordare al rappresentante del Governo una cosa importante: gli insediamenti militari che hanno un'importanza strategica possono bypassare tutte le autorizzazioni di tipo urbanistico ed anche le procedure previste dalla legge, nazionale e regionale, per gli altri insediamenti di tipo edilizio.
Credo non sia assolutamente il caso di rinunciare a questa possibilità, che giustamente la legge consente, allorché un insediamento non è un insediamento qualunque, ma ha specifiche caratteristiche di importanza strategica nazionale o addirittura internazionale. Ritengo che tutti i Governi, anche quello attuale, possano trovarsi, in certi momenti, nella condizione di dover utilizzare il disposto di questa disciplina normativa. Questo non significa, del resto, che non debbano essere intrattenuti buoni rapporti a livello diplomatico con i governi locali o addirittura, in qualche caso, persino con le popolazioni. È chiaro, però, che questa è una possibilità da percorrere solo in via diplomatica. Non può invece arrestarsi il procedere a causa di questioni che, se valgono per insediamenti di edilizia residenziale o di qualunque altro tipo, certamente non possono valere per insediamenti che hanno un valore strategico per la sicurezza nazionale o addirittura, come in questo caso, per la sicurezza internazionale.
Pertanto, vedremo come il Consiglio di Stato obietterà al pronunciamento del TAR. Tuttavia, evidentemente, qualche difetto procedurale forse vi è stato perché, qualora fosse stata utilizzata quella normativa, non credo che alcun TAR d'Italia avrebbe potuto dichiarare la sospensiva del provvedimento.

(Orientamenti del Ministro della giustizia in merito al concerto da esprimere per la nomina del dottor Antonio Franco Cassata a procuratore generale presso la corte di appello di Messina - n. 2-00070)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00070, concernente orientamenti del Ministro della giustizia in merito al concerto da esprimere per la nomina del dottor Antonio Franco Cassata a procuratore generale presso la corte di appello di Messina (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, stiamo parlando della futura nomina a procuratore generale presso la corte di appello di Messina del dottor Antonio Franco Cassata, nei confronti del quale, nel maggio 2008, la competente commissione del CSM ha proposto la nomina ed oggi il Ministero della giustizia è chiamato ad esprimere il proprio concerto.
Vorremmo, da questi banchi, fare alcune «fotografie» e, con una sequenza quasi fotografica, illustrarvi chi è il dottor Antonio Franco Cassata, affinché voi, nella vostra responsabilità, possiate decidere se dare o meno il concerto alla nomina a procuratore generale presso la corte di appello di Messina di tale magistrato.
Abbiamo molto rispetto della magistratura e di tutti i suoi componenti, l'abbiamo sempre difesa, però riteniamo che sia necessario che, quando si occupano cariche di questo genere, chi deve assegnare questo incarico, deve prendere atto non solo dei fatti soggettivi che riguardano la persona, ma anche dell'ambiente in cui egli viene a trovarsi ad operare e delle eventuali incompatibilità o inopportunità che questa nomina possa essere effettuata.
Pertanto, permettetemi di fare alcune «fotografie» della situazione che, lì, si sta verificando: chi è il dottor Antonio Franco Cassata? Egli si trova alla procura generale di Messina, dove svolge funzioni di sostituto dal 1989; da sempre si trova lì e da sempre svolge, appunto, attività di pubblico ministero alla procura generale. Egli è stato anche già, per molto tempo, presidente di un circolo culturale a Barcellona Pozzo di Gotto, che si chiama Corda fratres: un circolo culturale di cui è stato presidente e, per sua stessa ammissione, il principale animatore; un circoloPag. 12culturale che era ben frequentato: era frequentato da importanti esponenti della massoneria, della realtà che conta nel luogo ed anche da tale Giuseppe Gullotti.
Giuseppe Gullotti non è un personaggio qualsiasi; è un boss incontrastato della mafia barcellonese, che è anche il mandante (riconosciuto con sentenza passata in giudicato, mica si manda a dire!) dell'omicidio del giornalista Beppe Alfano, avvenuto a Barcellona Pozzo di Gotto l'8 gennaio 1993. Tale Giuseppe Gullotti, appunto, era anch'egli socio e frequentatore di questo circolo culturale.
Oddio, lo stesso circolo culturale Corda fratres era frequentato anche da un altro socio importante, tale Rosario Cattafi - lo ricordo anch'io, pensi un po', nelle mie indagini - già indagato dalla procura della Repubblica di Caltanissetta nell'indagine sui mandanti occulti delle stragi di Capaci e via d'Amelio, ma, soprattutto, destinatario nel 2000 della misura di prevenzione antimafia della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, con provvedimento definitivo.
Perché ha ricevuto tale misura antimafia? Perché Cattafi aveva legami accertati con «piccoli» personaggi: Benedetto Santapaola, Pietro Rampulla, Angelo Epaminonda, Giuseppe Gullotta e altri ancora, tutti boss di buon calibro. Questo è l'ambiente in cui si trova ad operare e a fare anche circolo culturale il dottor Antonio Franco Cassata. Lo ripeto, egli gestisce anche un museo etno-antropologico a Barcellona Pozzo di Gotto, una realtà che riceve finanziamenti dalla regione Sicilia, dal comune di Barcellona Pozzo di Gotto e dalla provincia di Messina; insomma, riceve finanziamenti da enti importanti i cui rappresentanti e dirigenti operano nel territorio dell'ufficio giudiziario. Ci si chiede se possa essere assegnato un ruolo a chi esercita attività in un museo etno-antropologico, per cui riceve da parte di enti finanziamenti che devono essere controllati anche dalla magistratura.
Ma vediamo un'altra «fotografia». Il dottor Cassata ha uno strano comportamento durante la latitanza di Giuseppe Gullotti (lo ricordate? È il mandante dell'omicidio di Beppe Alfano). Nel settembre del 1994 il dottor Cassata viene avvistato da due carabinieri mentre conversa in strada con una signora che si chiama Venera Rugolo: è la figlia di Francesco Rugolo, ma, soprattutto, è la moglie di Giuseppe Gullotti, cioè è la moglie del mandante dell'omicidio di Beppe Alfano. Nei giorni successivi il dottor Cassata, presso il proprio ufficio, esercita pressione nei confronti dei due carabinieri, affinché la loro relazione di servizio venga soppressa: ne nasce un'indagine. Sia chiaro, il dottor Cassata ammette l'incontro con la moglie di Gullotti, ma dice: «ma no, si trattava di un fatto occasionale, abitiamo tutti lì in paese! Stava lì con il bambino nella carrozzina e io ho dato una carezza al neonato».
Gli accertamenti successivi del Consiglio superiore della magistratura hanno permesso di accertare - per affermazione dei due carabinieri nell'esercizio delle loro funzioni - che quando il dottor Cassata colloquiava con Venera Rugolo si trovavano da soli e non vi era alcuna carrozzina. Non sappiamo di cosa parlassero, non vogliamo accusare nessuno, ma certamente vogliamo illustrarvi il quadro di relazioni e la situazione ambientale in cui egli da tempo si trova. Non faccio alcuna accusa (anche se poi chiederemo qualcosa di specifico), ma vi invitiamo a riflettere sull'opportunità che, in un contesto così delicato e in una realtà territoriale così martoriata, persone con tali frequentazioni possano poi assumere il ruolo di procuratore generale.
Vi illustro qualche altra «fotografia». Nel 1974 il dottor Cassata è protagonista di un viaggio in auto a Milano. Non va da solo, ma in compagnia di un certo Giuseppe Chiofalo: anch'egli è un boss della mafia. Non lo sostiene una persona qualsiasi, lo fa rilevare inizialmente un senatore che conosce entrambi, Carmelo Santalco, e poi lo stesso Chiofalo, messo alle strette, il 20 febbraio del 2004, quando viene sentito dal tribunale di Catania, ammette che, in effetti, quel viaggio vi è stato.Pag. 13
Vi invito a riflettere, quindi, prima di prendere una decisione di questo genere, e, anzi, vi vorrei illustrare anche qualche altra «fotografia».
Nel 1998, il dottor Cassata esercitava pressioni presso un altro magistrato del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, il dottor Daniele Cappuccio. Cosa chiede, egli più anziano, a questo magistrato Daniele Cappuccio? Gli chiede di fargli il favore di rinviare la trattazione dell'udienza preliminare a carico di un certo Giuseppe Cannata. Chi è Giuseppe Cannata? È un consigliere comunale di Barcellona Pozzo di Gotto, quel comune da cui riceve i finanziamenti l'ente culturale di cui ho parlato.
Perché deve rinviare l'udienza preliminare (questo Giuseppe Cannata è sotto processo)? Perché, nel frattempo, Cannata deve essere nominato vicepresidente del consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto. Cassata, quindi, chiede a Cappuccio di fargli il favore di rinviare l'udienza, in modo da far prima diventare Cannata vicepresidente del consiglio comunale, e poi, eventualmente, di rinviarlo a giudizio.
Per l'amor di Dio! La discrezionalità delle scelte rimane in mano ai magistrati, ma mi chiedo sempre se è opportuno, in questo momento, affidare l'incarico di procuratore generale a una persona che, nell'ambiente in cui si trova ad operare, ha queste rappresentazioni.
Vi illustro un'altra «fotografia», che risale al 1997 e che risulta da un'intercettazione di una conversazione telefonica (a proposito di conversazioni telefoniche, sulle quali si dice che non si deve più sapere nulla: non avremmo conosciuto questa vicenda). C'era una vicenda giudiziaria che riguardava un carabiniere che faceva da autista al dottor Cassata. Quest'ultimo va da un ufficiale dei carabinieri e gli dice di cercare di frenare le indagini sul suo autista; anzi, siccome c'era un denunciante, egli direttamente interloquì con un complice del suo autista, prospettandogli la necessità di intimidire il denunciante. Dice al complice del suo autista, del suo carabiniere, di andare a intimidire il denunciante del carabiniere, in modo che la smetta di denunciarlo.
In effetti, il suo interlocutore, quello cui si rivolge, segnalandogli l'opportunità di intimidire il teste, il denunciante, va a intimidirlo. Il denunciante non si intimidisce e va dai magistrati; denuncia questa intimidazione e questa persona patteggia la pena per il reato di minacce nei confronti del denunciante di questa vicenda.
Vale a dire, Cassata si fa promotore di dire ad una persona sottoposta ad indagine di andare da chi lo denuncia a fargli capire che è meglio che la smetta; questo ci va, i fatti accertano che vi è stata minaccia e quello che ha minacciato patteggia.
Certo, non vogliamo nasconderci che il 21 maggio 2002, su La Gazzetta del Sud, un giornale locale, viene riportata la notizia che Gullotti voleva la morte del procuratore generale Cassata (Gullotti era quello che era socio, con Cassata, del famoso circolo culturale Corda fratres).
Questa notizia viene fuori perché, in dichiarazione spontanea, il giorno prima, al tribunale di Catania, Luigi Sparacio, quell'altro boss di cui parlavamo prima, affermava che il dottor Cassata era inavvicinabile e per questo Gullotti nel 1990 lo voleva uccidere; tutto ciò che si raccontava, quindi, era falso, perché - pensate un po' - Sparacio, spontaneamente, ha detto che Cassata non era amico di Gullotti, tanto che Gullotti lo voleva uccidere! Sennonché - questo è un fatto di cui neanche aveva avuto conoscenza il Consiglio superiore della magistratura, quando ha proceduto, ex articolo 2, per poi archiviare, nei confronti di Cassata - si accertò che le dichiarazioni spontanee, precedentemente rese nel processo a carico, fra gli altri, di diversi magistrati, tra cui il magistrato Lembo, difeso dallo stesso Cassata in ambito disciplinare, erano false.
Insomma, queste le testuali dichiarazioni di Sparacio nel corso del verbale di udienza del 5 novembre 2004: «Se ho fatto quelle dichiarazioni, cioè se ho detto che Gullotti voleva la morte del procuratore generale Cassata, era per mandare messaggi. Non è vero: volevo mandare un messaggio».

PRESIDENTE. La invito a concludere.

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ANTONIO DI PIETRO. Capisco che mi devo avviare alla conclusione; avrei molte altre cose da dire.
Tante altre «fotografie» si possono dare di questa realtà fattuale. Una per tutte: bisognerebbe rileggere il dialogo tra Sonia Alfano e un ministro al di sopra di ogni sospetto, in cui si racconta di quanto sia stato difficile il lavoro di un altro magistrato, il giovane sostituto procuratore De Feis, che insieme a un giovane ufficiale dei carabinieri, tale Cristaldi,...

PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

ANTONIO DI PIETRO. ...ha tentato di fare chiarezza in quel territorio; l'unica cosa che hanno ottenuto è che sono stati trasferiti.
Allora, mi chiedo e le chiedo, riservandoci di fare ulteriori «fotografie» di questa realtà: in una situazione così delicata, in situazione così compromessa, è davvero necessario o piuttosto è inopportuno (come noi pensiamo) nominare procuratore generale della corte d'appello di Messina Antonio Franco Cassata? Come intende valutare tutti gli elementi di cui oggi ci facciamo carico di dare segnalazione? E, in particolare...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Ho concluso. Vorrei soltanto dire che, in particolare, chiediamo se non ritenga doverosa l'adozione di un'attività ispettiva presso gli uffici giudiziari suddetti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli interpellanti traggono argomento dalla recente proposta della quinta commissione del CSM di nominare il dottor Antonio Franco Cassata procuratore generale presso la corte d'appello di Messina, per porre in evidenza talune circostanze emerse nell'ambito di un procedimento avviato nei suoi confronti ai sensi dell'articolo 2 del regio decreto n. 511 del 1946.
Tali circostanze, secondo gli interpellanti, pur non essendo state ritenute dall'organo di autogoverno tali da giustificare il trasferimento d'ufficio del dottor Cassata per incompatibilità ambientale (il procedimento è stato, infatti, definito nel 2003 dal plenum del CSM con l'archiviazione su proposta conforme della prima commissione), non possono tuttavia - essi dicono - non destare apprensione. Esse, infatti, sarebbero indicative di una possibile contiguità tra il dottor Cassata, nella sua qualità di sostituto procuratore generale presso la corte d'appello di Messina, con esponenti della criminalità organizzata.
In particolare, dette circostanze sono emerse nel corso di un'audizione resa il 6 novembre 2001 dinanzi alla prima commissione referente del Consiglio superiore della magistratura dall'avvocato Ugo Colonna, il quale riferiva, tra l'altro, di illecite pressioni e di rapporti del dottor Cassata con esponenti della criminalità organizzata di Barcellona Pozzo di Gotto e, in particolare, con il boss Giuseppe Gullotti, ritenuto il capo delle cosche di quella città.
Tali dichiarazioni hanno dato origine al procedimento penale n. 478 del 2002 a carico del dottor Cassata per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, definito però con decreto di archiviazione del GIP di Reggio Calabria il 18 aprile 2002 in accoglimento della richiesta formulata dalla locale procura distrettuale.
Nella parte espositiva dell'interpellanza vengono, inoltre, stigmatizzate alcune condotte poste in essere dal dottor Cassata riconducibili, da un lato, ad illecite frequentazioni dello stesso e, dall'altro, ad illecite pressioni esercitate nei confronti di colleghi.
Con riferimento alla prima tipologia di comportamenti, gli interpellanti ricordano, in primo luogo, che «il boss incontrastato della mafia barcellonese Giuseppe Gullotti, al momento in cui si rese responsabilePag. 15quale mandante (come riconosciuto con sentenza passata in giudicato) dell'omicidio del giornalista Beppe Alfano avvenuto a Barcellona Pozzo di Gotto l'8 gennaio 1993, era socio e frequentatore del circolo culturale Corda Fratres, del quale il dottor Cassata, già presidente, era per sua stessa ammissione il principale animatore».
Tale circostanza è stata recisamente negata dal dottor Cassata, il quale - come segnalato dal PM di Reggio Calabria nella richiesta di archiviazione datata 5 aprile 2002 - ha per contro dichiarato di non sapere che Gullotti, «iscritto alla Corda Fratres nell'anno 1980, quando era celibe, incensurato e studente universitario, fosse mafioso»: ciò sino al 1993, anno in cui «provvide immediatamente alla sua espulsione dal circolo», atteso il contenuto di una relazione della Commissione parlamentare antimafia che lo indicava come personaggio emergente della mafia barcellonese. Il Gullotti, all'epoca libero e non ancora indagato, avrebbe assunto il comando di un clan dopo l'arresto di tale Carmelo Mirone.
Del resto, come è stato osservato nella menzionata richiesta di archiviazione, l'assunto difensivo del Cassata è stato ritenuto credibile, apparendo inverosimile ipotizzare che il dottor Cassata, ove consapevole della caratura criminale del Gullotti, potesse aver attivato legami con un personaggio appartenente alla criminalità organizzata dando agli stessi il carattere dell'ufficialità attraverso l'iscrizione ad una associazione pubblica da lui presieduta.
Né sembra indurre ad una diversa conclusione l'ulteriore circostanza, riferita dagli interpellanti, secondo cui, «durante la latitanza di Giuseppe Gullotti, sottrattosi ad una misura cautelare emessa nel procedimento relativo all'omicidio Alfano, il dottor Cassata, nel settembre 1994, era stato avvistato da due carabinieri mentre conversava in strada con Venera Rugolo, moglie di Giuseppe Gullotti». Sempre secondo gli interpellanti, nei giorni successivi a quell'incontro con la moglie del Gullotti, il magistrato avrebbe esercitato pressioni nei confronti di uno dei due carabinieri che avevano redatto al riguardo apposita relazione di servizio per ottenerne la distruzione.
Tale incontro infatti, come osservato dal PM di Reggio Calabria, non sembra indicativo di alcunché: lo stesso dottor Cassata lo ha in effetti ammesso, facendo peraltro presente che esso fu del tutto occasionale, in quanto la Rugolo all'epoca gestiva due negozi che si trovavano ai lati della sede di ingresso della Corda Fratres; il magistrato ha, inoltre, precisato di essersi trovato solo e senza scorta perché poteva fruire della tutela solo per gli spostamenti di ufficio. Tale circostanza è stata confermata dal maresciallo dei carabinieri Antonino Campolo, autore della relazione di servizio di cui sopra si è detto. Questi ha, infatti, riferito che la relazione fu redatta per finalità cautelative, in quanto il magistrato era privo di tutela, e di aver spiegato ciò allo stesso magistrato, che si era in un primo momento rammaricato per quella relazione, non avendone compresa l'esatta ragione.
La tesi difensiva della occasionalità ha trovato il necessario riscontro proprio in considerazione dell'obiettiva vicinanza fra i due negozi gestiti dalla donna e la sede dell'associazione culturale, nonché nel fatto che l'ormai nota estrazione criminale del Gullotti avrebbe consigliato ogni cautela nell'accettare frequentazioni pubbliche nel centro cittadino con la moglie di un pericoloso boss. Tuttavia, ciò che ha indotto l'autorità giudiziaria a ritenere del tutto infondati i sospetti di una possibile contiguità del dottor Cassata con ambienti malavitosi è la deposizione resa dal dottor Marcello Minasi, sostituto procuratore generale presso la corte d'appello di Messina, incaricato della trattazione del processo d'appello relativo all'omicidio del giornalista barcellonese Giuseppe Alfano.
Tale magistrato ha, infatti, dichiarato di essere riuscito ad ottenere la condanna di Giuseppe Gullotti, assolto in primo grado, proprio grazie alle informazioni fornitegli dal collega Cassata, il quale gli aveva fatto notare come la causale mafiosa del delitto fosse riconducibile al Gullotti, all'epoca dei fatti unico capomafia barcellonese, essendo priva di fondamento la tesi,Pag. 16accolta dal giudice di primo grado, secondo cui vi sarebbero stati più capi in contrasto tra loro, essendo in realtà costoro, all'epoca del delitto, detenuti o defunti.
Dalla deposizione del dottor Minasi è inoltre emerso che, in occasione della presentazione del libro dal titolo Gli insabbiati di Luciano Mirone, il dottor Cassata rivolse al collega Minasi un pubblico elogio perché era riuscito a far arrestare e condannare il Gullotti quale mandante dell'omicidio del giornalista Alfano e, per tale motivo, aveva rilasciato ad un quotidiano locale dichiarazioni di compiacimento proprio all'indomani della sentenza.
A questo proposito, il dottor Minasi ha ricordato di aver ringraziato il dottor Cassata per il suo sostegno, invitandolo però nel contempo ad una maggiore cautela visto che risiedeva nella stessa città controllata dal Gullotti. Non a caso il dottor Cassata, come riferito dagli interpellanti, avrebbe prodotto al CSM un articolo apparso il 21 maggio 2002 su La Gazzetta del Sud dal titolo: «Gullotti voleva la morte del procuratore generale Cassata». Tale articolo riportava le dichiarazioni spontanee rese il giorno prima al tribunale di Catania da tale Luigi Sparacio nel corso del processo a carico, tra gli altri, del magistrato Giovanni Lembo e, alla luce di quanto sin qui evidenziato, la successiva ritrattazione da parte dello Sparacio non rende per ciò solo poco credibile la reale esposizione del Cassata a pericoli per la sua incolumità personale.
Secondo gli interpellanti, inoltre, il predetto magistrato avrebbe avuto contatti anche con altri esponenti della criminalità organizzata barcellonese, tra cui Rosario Cattafi, già indagato dalla procura della Repubblica di Caltanissetta nell'ambito dell'indagine sui mandanti occulti delle stragi di Capaci e via D'Amelio, e Giuseppe Chiofalo, con il quale il dottor Cassata avrebbe condiviso un viaggio in auto a Milano nel 1974.
In particolare, nell'atto di sindacato ispettivo si sottolinea l'esistenza di un presunto collegamento tra il dottor Cassata ed il Cattafi, visto che anche quest'ultimo era socio della Corda Fratres. Tuttavia, tale circostanza è risultata infondata: infatti, come accertato ed evidenziato dalla procura distrettuale di Reggio Calabria nella successiva richiesta di archiviazione avanzata in data 14 maggio 2002 all'esito del procedimento penale n. 1796 del 2002 originato dalla riapertura delle indagini autorizzate dal GIP con provvedimento del 24 aprile 2002, Cattafi Rosario Pio, personaggio gravato da precedenti penali anche di natura associativa, «non risulta iscritto al circolo Corda Fratres». Il procedimento in questione è stato, pertanto, definitivamente archiviato con decreto del GIP il 28 maggio 2002.
Quanto, poi, al presunto viaggio in auto con il boss Chiofalo, si deve rilevare che l'episodio è stato riferito in un esposto, risultato generico e privo di concreti riscontri, del senatore barcellonese Carmelo Santalco, il quale ha altresì fatto presente che il dottor Cassata gestisce a Barcellona Pozzo di Gotto un museo etno-antropologico che riceve considerevoli finanziamenti dalla regione siciliana e da enti locali, quali il comune di Barcellona Pozzo di Gotto e la provincia di Messina, operanti proprio nel territorio dell'ufficio giudiziario di pertinenza di detto magistrato. Si deve rilevare che l'esposto in questione è stato archiviato dalla procura generale della Corte di Cassazione, «non essendo emersi, in seguito agli accertamenti compiuti, comportamenti non dovuti, pregiudizievoli per il prestigio dell'ordine giudiziario».
Il procuratore generale di Messina ha al riguardo osservato di non poter escludere che la causa dell'accanimento dell'esponente nei confronti del dottor Cassata sia da individuare nel risentimento per mancati interventi a favore del figlio, coinvolto nel maxiprocesso cosiddetto «Mare Nostrum». Risulta, peraltro, documentato che la realizzazione del museo di cui sopra si è detto è, in realtà, da attribuire al padre del dottor Cassata, avendone quest'ultimo proseguito l'arricchimento con nuove acquisizioni e nuove iniziative e che i contributi, successivi all'edificazione del museo ed al suo allestimento,Pag. 17sono stati destinati esclusivamente al funzionamento di tale struttura.
Gli interpellanti si soffermano, infine, su alcune pressioni a loro dire esercitate dal dottor Cassata nei confronti di colleghi e, in particolare, dei dottori Daniele Cappuccio e Andrea De Feis, rispettivamente GUP e PM presso il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, nonché nei confronti del titolare - identificato nel dottor Siciliano - del procedimento penale riguardante «un carabiniere che al tempo gli faceva da autista», il carabiniere Napolitano.
In particolare, quanto al primo episodio, dalle stesse dichiarazioni del dottor Cappuccio è emerso che il dottor Cassata ebbe a chiedergli, nel 1998, il differimento oltre l'estate di un processo che riguardava due imputati di estorsione per fatti non connessi alla criminalità organizzata, al fine di non pregiudicare uno dei due imputati, tale Cannata, che era in procinto di assumere un incarico presso il consiglio comunale. Tale vicenda è stata ritenuta dalla competente autorità giudiziaria penalmente irrilevante, non essendo in alcun modo sintomatica di una eventuale contiguità del dottor Cassata con il Gullotti o con altri esponenti della criminalità organizzata locale in quanto, come sottolineato dallo stesso dottor Cappuccio, i due imputati non risultavano coinvolti in reati di mafia. Sul piano strettamente disciplinare, si segnala che la vicenda è stata anche oggetto di un'inchiesta amministrativa disposta dal Ministro pro tempore in data 16 ottobre 1998, all'esito della quale si è disposta l'archiviazione, su conforme parere dello stesso ispettorato generale, in quanto il comportamento tenuto dal magistrato, ancorché inopportuno, non aveva integrato un'ipotesi di interferenza disciplinarmente rilevante, dovendosi intendere per tale, secondo una consolidata giurisprudenza, una condotta non occasionale, tale da realizzare una forma di pressione psicologica sul collega interessato, volta ad ottenere un provvedimento «favorevole» alla parte: ipotesi non verificatasi nel caso di specie.
Analoghe considerazioni possono valere anche con riferimento agli altri due episodi citati dagli interpellanti, ove ugualmente non è stata rilevata un'ipotesi di interferenza disciplinarmente rilevante.
In particolare, il dottor Cassata avrebbe esercitato delle pressioni sul dottor De Feis, all'epoca dei fatti magistrato delegato ad una indagine relativa all'amministrazione comunale di Terme Vigliatore, perché non venisse formalmente acquisita agli atti del procedimento penale un'informativa del 29 aprile 2005 dei carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, dalla quale potevano emergere elementi coinvolgenti il dottor Olindo Canali, magistrato in servizio presso la medesima procura di Barcellona Pozzo di Gotto.
In relazione a tale episodio, alla luce della ricostruzione compiuta dall'ispettorato generale, non sono stati ravvisati profili di possibile rilievo disciplinare. Infatti, si deve in primo luogo segnalare che nessun addebito è emerso a carico del dottor Canali e, inoltre, quanto al dottor Cassata, lo stesso dottor De Feis, in occasione della sua escussione innanzi alla procura della Repubblica di Reggio Calabria, ha chiarito che si trattò di un incontro del tutto informale ed occasionale cui parteciparono egli stesso, il procuratore capo, il dottor Cassata ed il dottor Canali. Nel corso dell'incontro si discusse sull'opportunità di acquisire agli atti l'informativa della polizia giudiziaria. Il dottor De Feis ha testualmente precisato come, nell'occasione, il dottor Cassata si fosse rivolto a lui con tono «... certamente non intimidatorio in senso diretto», quanto piuttosto «... sgradevole ... e comunque invadente ...» e come la sua opinione contraria all'acquisizione dell'informativa, anche per la parte riguardante il dottor Olindo Canali, avesse avuto carattere eminentemente tecnico e di opportunità e fosse, quindi, priva di connotati di interferenza od intimidazione. La vicenda è stata, pertanto, valutata in senso liberatorio dalle competenti articolazioni ministeriali ed archiviata dal Ministro pro tempore il 26 marzo 2008.
Quanto, infine, all'ultimo episodio, relativo ad una presunta interferenza del dottor Cassata nella vicenda giudiziaria concernente il suo autista, il carabinierePag. 18Napolitano, nel decreto di archiviazione emesso dal GIP di Reggio Calabria del 21 giugno 2002 (su conforme richiesta della locale procura) viene sottolineato che si è trattato, in sostanza, «di un interessamento del Cassata, animato da sentimenti di familiarità nei confronti del carabiniere Napolitano (del quale fu anche testimone alle nozze), al solo scopo di comporre una vicenda nata da alcune denunce sporte nei confronti del Napolitano a seguito di una relazione extraconiugale che questi aveva intrattenuto con altra donna. Giova ricordare - aggiunge il GIP - che qualsivoglia interessamento del Cassata non può comunque che essere interpretato nell'ottica del benevolo rapporto umano instauratosi con il carabiniere, e non certo di una illecita strumentalizzazione dei suoi poteri, essendo, peraltro, risultato pienamente improduttivo; il Napolitano fu poi condannato con decreto penale esecutivo per il reato di cui all'articolo 660 del codice penale, come egli stesso dichiara, e fu trasferito d'ufficio».
Alla luce di quanto sino ad ora riferito, non può che osservarsi che le vicende menzionate dagli interpellanti sono già state tutte ampiamente valutate in senso liberatorio sia in sede penale, sia in sede disciplinare e che, per converso, la prospettazione dei fatti delineata nell'atto di sindacato ispettivo è stata smentita dalle risultanze documentali acquisite ed è risultata priva di concreto riscontro. Al riguardo, si richiamano testualmente le considerazioni svolte dal GIP di Reggio Calabria nel decreto di archiviazione del 18 aprile 2002 in merito ai rapporti intercorsi tra il dottor Cassata e l'avvocato Ugo Colonna, le cui dichiarazioni hanno dato adito al sospetto di una possibile contiguità tra il primo e la criminalità organizzata barcellonese: «(...) le numerose notizie date sul suo conto sono state smentite, altre ancora sono rimaste prive di adeguato riscontro. Del resto, i contrasti tra il dottor Cassata e l'avvocato Colonna risultano pacifici (...). Ciò può aver determinato un'enfatizzazione delle notizie, spesso vaghe, di seconda mano, generiche, apprese dall'avvocato Colonna, con conseguente debolezza del quadro d'insieme dei suoi rilievi».
Conclusivamente, sulla base di tali considerazioni, non possono esservi margini per una nuova valutazione di carattere disciplinare delle circostanze sopra riferite e risultate prive di fondamento.
In definitiva, onorevole Di Pietro, lo sviluppo delle fotografie dei fatti (come lei dice) non sembra definire lo stesso quadro di eventi.
Comunque, per un'ulteriore valutazione di tali circostanze, da compiere, secondo gli interpellanti, in occasione del concerto che il Ministro della Giustizia sarà chiamato ad esprimere per la nomina del dottor Cassata quale procuratore generale della Repubblica di Messina, si ritiene di non poter prescindere dalle motivazioni, ancora non note, che la quinta commissione del CSM ha posto a base della sua proposta. Si osserva, peraltro, che ai fini del concerto assumono particolare rilievo e costituiscono oggetto di specifica valutazione le capacità organizzative e gestionali del magistrato e che, nel caso di specie, i fatti sopra evidenziati erano già noti allo stesso CSM, che li aveva valutati in senso favorevole all'interessato.
Infine, quanto all'ultimo quesito proposto nell'atto di sindacato ispettivo, non può che rilevarsi che non vi sono i presupposti per una verifica ispettiva in ordine a fatti risalenti nel tempo, la cui veridicità, peraltro, come ripetutamente segnalato, è stata già esclusa dalla competente autorità giudiziaria.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Signor sottosegretario, la ringrazio per l'analitica esposizione dei fatti, anche se avevo chiesto qualcos'altro. Noi non chiediamo di rifare i processi né di condannare disciplinarmente o di iniziare un'azione per una condanna disciplinare nei confronti del dottor Antonio Franco Cassata. Di questo se ne sono occupati e se ne occuperanno - nella maggior parte dei casi se ne sono già occupati - gli organi competenti. LaPag. 19ragione per cui oggi siamo intervenuti è riflettere insieme su un tema importante che credo non possiamo disconoscere. È vero o non è vero che è stata approvata una norma, peraltro criticatissima, che prevede che, dopo quattro anni, i dirigenti delle procure devono ruotare ed essere trasferiti, perché è opportuno che in un territorio non si crei un'ambientalità tale da determinare una sorta di conoscenza continua, che non garantisce neanche l'apparenza dell'indipendenza della giurisdizione?
Pertanto, insieme a lei, vorrei rileggere non ciò che noi interpellanti abbiamo esposto, ma quel che lei ha esposto. Proviamo a rivedere insieme tutte queste fotografie, perché viste singolarmente possono apparire sfocate, ma tutte insieme fanno rilevare che siamo in un territorio, quello di Calabria e Sicilia, con magistrature, l'una che indaga sull'altra da tempo immemorabile.
È un ufficio giudiziario che molte volte viene messo sotto la lente di ingrandimento da denunce di cittadini coraggiosi e di testimoni di giustizia. Sui fatti di tale ufficio vi è poi un altro ufficio giudiziario, dall'altra parte della sponda dello stretto, che valuta e decide, e viceversa.
In questo rimpallo di valutazioni, si crea una situazione delicatissima. Pertanto, se è vero, com'è vero, il principio secondo il quale ci deve essere una rotazione, mi chiedo se una persona che dal 1989 è nello stesso ufficio e svolge di fatto sempre le stesse funzioni, nella realtà di un ufficio giudiziario chiamato molte volte a giudicare colleghi dall'altra sponda, sia idonea a ricoprire il posto in questione. Di tutto questo insieme di elementi, che sono emersi, lei stessa ha dato atto.
Lei ha affermato che non ci sono fatti disciplinarmente rilevanti. Forse tali fatti non sono disciplinarmente e penalmente rilevanti, ma lo sono dal punto di vista ambientale, in questa contiguità esistente.
Il giovane sostituto ha affermato che certamente c'è chi ha tenuto un comportamento sgradevole e invadente, ma cosa potrebbe dire di più. In molte decisioni, è stato detto che il comportamento è stato inopportuno, ma tutto sommato! È una progressione continua di pacche sulla spalla, di cui prendiamo atto, che rispettiamo. Ci mancherebbe altro, ma mi chiedo e chiedo al Ministro della giustizia, nella sua funzione concertante - l'avrei chiesto e vorrei chiederlo, ma non posso e non devo, anche alla V commissione del CSM - se risulti, rispetto ad una situazione così debordante di accadimenti continui, che vi sia stato o meno un certo comportamento, se si intendeva o meno fare qualcosa, se si trattava o meno di un'amicizia, se frequentava qualcuno e via seguitando.
Anche affermare: «ma io ho gioito quando è stato condannato» non è una giustificazione. Sapete quante ne ho sentite di persone (anche coloro che hanno fatto il mio mestiere lo possono dire) affermare di gioire quando veniva condannato qualcuno per poi scoprire che erano complici? Non voglio accusare qualcuno in questo caso specifico, ci mancherebbe altro, ma voglio dire che è ininfluente un'affermazione di questo genere, perché ne abbiamo sentiti anche di politici attuali affermare: «la mafia mi fa schifo» per poi essere condannati per favoreggiamento ai mafiosi, anche nello stesso territorio siciliano. Ecco perché mi chiedo e vi chiedo se non si possa dare una mano a venir fuori da un verminaio continuo e se all'interno di una realtà territoriale contigua tra Sicilia e Calabria non si possa creare un'occasione favorevole di ricambio generazionale della classe dirigente della magistratura. Vorrei chiedere al Ministro della giustizia, che ha competenza a decidere, se non sia questa l'occasione propizia, visto che si parla tanto di funzionalità del sistema giustizia, di far camminare quei giovani magistrati che vogliono darsi da fare o quegli anziani magistrati che tanto si sono dati da fare piuttosto che continuare a insistere con questa burocrazia basata sull'età che avanza nella quale, per caduta, «oggi tocca a me e domani tocca te»? Non credo che sia opportuno, in una situazione di questo genere, procedere alla nomina di un socio del circolo Corda fratres (questo nome importante la dice tutta su questa fratellanza di conoscenze e di partecipazioni). Insomma, hoPag. 20apprezzato molto la sua relazione, l'ho ascoltata con molta attenzione, conosco anch'io queste soluzioni, sapevo che, ogni fatto preso singolarmente, sarebbe stato chiuso con una frase del tipo: «va bene, per questa volta va bene così ». Ma questa frase: «per questa volta va bene così» non produce il sospetto che sia opportuno agire? Il nostro appello è che si svolga una riflessione profonda sulle nomine delle alte cariche della magistratura, perché riteniamo che, a volte, il mero accadimento burocratico, per cui dopo diversi anni si assume un certo ruolo, permette di far assumere funzioni e posizioni importanti a persone che si trovano - o si sono trovate - ad operare in una realtà sulla quale difficilmente possiamo avere la certezza dell'indipendenza di giudizio.
Immaginate, per un solo istante, questi finanziamenti che pervengono a questo museo etno-antropologico che, certo, è stato fatto dal padre, si tratta di una cosa buona giusta ed i finanziamenti sono finiti proprio per cose buone e giuste. Stiamo parlando, però, dello stesso magistrato che dovrà giudicare eventuali comportamenti della provincia e del comune. Avete visto cosa è successo con il consigliere comunale che doveva diventare presidente del consiglio comunale? È stato chiesto al magistrato di aspettare prima di rinviarlo a giudizio, al fine di consentire l'elezione a vicepresidente del consiglio comunale. Allora, in una situazione di questo genere anche l'apparenza comporta trasparenza. Quello che chiedo e vi chiedo è se non sia il caso, non di stabilire soluzioni disciplinari sulle quali sono state già prese decisioni che rispettiamo, ma di operare un ricambio. Stiamo parlando di una persona nei cui confronti le autorità competenti hanno rilevato non esservi fatti penalmente rilevanti, di una persona che ha operato ed opera a più livelli in una realtà territoriale deve svolgere il ruolo di procuratore generale ma anche una serie di attività associative, conoscitive e di frequentazione, che comportano di dover valutare fatti di cui è parte. Mi chiedo, quindi, se non vi sia bisogno di questo ricambio.
È un appello che le rivolgo nel rispetto di quelle sue argomentazioni che - lo ripeto - non sono campate in aria, ma documentate (per questo le rispetto); tuttavia, proprio per le affermazioni che lei ha svolto, invito il Ministro della giustizia a riflettere se non sia proprio questa la ragione per procedere ad uno scatto di qualità e verso una nuova dirigenza in un territorio che ha bisogno di venir fuori da un verminaio che da troppi anni lo sta abbattendo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative normative per la partecipazione del Ministero della giustizia al piano interministeriale di impiego delle risorse finanziarie dell'INAIL - n. 2-00077)

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00077, concernente iniziative normative per la partecipazione del Ministero della giustizia al piano interministeriale di impiego delle risorse finanziarie dell'INAIL (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, l'interpellanza è abbastanza chiara e pone una domanda precisa al Ministero per il lavoro, la salute e le politiche sociali, riguardo alla possibilità di inserire anche il Ministero della giustizia nel piano di impiego delle risorse che l'INAIL mantiene inutilizzate nel conto di tesoreria centrale.
Quattordici miliardi di euro, quindi 28 mila miliardi delle vecchie lire, costituiscono evidentemente un bel tesoretto. Questo tesoretto risulta essere stato scarsamente utilizzato in questi anni, nonostante da più parti se ne sia sollecitata un'efficace finalizzazione. Prima di ascoltare la risposta del sottosegretario vorrei illustrare alcuni dati...

PRESIDENTE. Prego i colleghi di lasciar ascoltare al Governo l'onorevole che sta illustrando l'interpellanza.

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ANTONINO LO PRESTI. Intendo illustrare alcuni dati di carattere tecnico che possono sicuramente arricchire l'eventuale risposta del rappresentante del Governo, che mi aspetto politicamente rilevante. L'INAIL nel 2007 ha chiuso il suo bilancio con un avanzo di esercizio di 1,7 miliardi di euro, a fronte di un monte contributivo (gli introiti) di 7,8 miliardi di euro ed una spesa corrente, per prestazioni e oneri assistenziali, di 5,7 miliardi di euro. Si tratta di un saldo assolutamente positivo che va ad implementare il già cospicuo patrimonio dell'INAIL. Tale patrimonio è costituito da ben 13 miliardi di valore tra beni immobili e beni mobili, come titoli di credito e quant'altro, che è in costante crescita. Inoltre, vi sono riserve tecniche, che evidentemente devono essere accantonate per sopperire ad esigenze straordinarie (ci auguriamo che in futuro esse rimangano tali e mai debbano essere impiegate per far fronte purtroppo a crisi dovute all'aumento degli infortuni sul lavoro), che ammontano ad 1,8 miliardi di l'euro.
Quindi - lo ripeto - ci troviamo di fronte a 28 miliardi che giacciono inutilizzati. Mi chiedo - questo argomento potrebbe costituire l'oggetto di un'apposita interpellanza - per quali ragioni, nonostante questa grande disponibilità, non si sappia mai il modo in cui impiegare tali somme e come mai, nel corso degli anni, non sono mai state chiare le intenzioni dei vari organi di Governo in merito all'impiego di tali risorse. Tuttavia, intendo porre questa precisa richiesta e, pur rendendomi conto del fatto che sia necessario un intervento normativo, è chiaro che nulla è immutabile.
Nell'ambito di queste rilevanti risorse che dovrebbero essere impiegate per sostenere con finalità specifiche le attribuzioni del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, mi chiedo perché non si possa, in un immediato futuro, intervenire in un comparto così delicato e sofferente, dal punto di vista delle risorse, come la giustizia, facendo rientrare anche il comparto stesso nel progetto di utilizzazione di tali somme. È, infatti, veramente un sacrilegio mantenerle assolutamente inutilizzate, senza fornire le risposte che il Paese attende da più parti in settori vitali come la giustizia, l'istruzione, il lavoro. In particolare, per gli ultimi due la legge prevede questa specifica finalizzazione, ma da tempo non sono mai stati interessati congruamente da tale intervento. Questa è la domanda che poniamo.
Ci attendiamo una risposta sicuramente interlocutoria, ma che apra almeno la speranza alla possibilità di rendere più concrete, fattuali, operative e finalizzate congruamente risorse che sono assolutamente importanti e che, peraltro, non verrebbero mai minimamente a creare un depauperamento del patrimonio dell'INAIL, perché, come ho spiegato con i dati che ho fornito ad integrazione di questa mia interpellanza, si tratta di un patrimonio in costante crescita, con garanzie assolute per i prossimi cinquant'anni di realizzare le sue finalità.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, onorevole Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, con riferimento a quanto sollevato dagli onorevoli interpellanti, è opportuno anzitutto precisare che l'utilizzo delle somme eccedenti la normale liquidità di gestione degli enti previdenziali è disciplinata dalla legge, che ha introdotto nel corso del tempo molteplici e frammentari vincoli di destinazione, mentre i piani di impiego rappresentano soltanto atti di attuazione delle disposizioni legislative. Gli atti medesimi sono adottati dagli enti in parola nell'ambito dell'autonomia finanziaria e contabile loro riconosciuta e vengono approvati dal Ministero che rappresento, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, che opera una valutazione di conformità alla normativa e ai principi finanziari, contabili e di bilancio, ai fini di assicurare il mantenimento dell'equilibrio e la correttezza della gestione.Pag. 22
Appare altresì opportuno, al fine di una maggiore chiarezza espositiva, fornire alcune precisazioni in ordine all'evoluzione del quadro normativo che regola gli investimenti immobiliari che possono essere effettuati dagli enti previdenziali con i fondi disponibili. Per fondi disponibili, ai sensi della legge 30 aprile 1969, n. 153, articolo 65, si intendono le somme eccedenti la normale liquidità di gestione, che la normativa vigente fino al 31 dicembre 2007 consentiva di destinare nella misura del 55 per cento ad investimenti immobiliari a reddito, secondo le seguenti percentuali: 15 per cento per iniziative di pubblico interesse con particolare riguardo ai settori sanitario, dell'istruzione e della ricerca, assicurando una equilibrata distribuzione degli investimenti sul piano nazionale (decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104); 15 per cento per investimenti in campo sanitario (legge 28 dicembre 1995, n. 549); 25 per cento per iniziative destinate alle università e istituti pubblici di ricerca (legge 14 gennaio 1999, n. 4). Le disposizioni relative a tali investimenti, vigenti fino al 31 dicembre 2005, sono state ulteriormente prorogate al 31 dicembre 2009 dal comma 438 dell'articolo della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
La legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, commi 488 e 492, prevede, tra l'altro, che gli enti previdenziali, a decorrere dal 1o gennaio 2008, possono effettuare investimenti immobiliari esclusivamente in forma indiretta e nel limite dei 7 per cento dei fondi disponibili e che, dalla stessa data, non si applicano le percentuali fissate da precedenti disposizioni per gli impieghi delle risorse disponibili.
La legge 28 febbraio 2008, n. 31 di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, articolo 22-quater, ha sostituito il comma 489 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con una diversa formulazione che ripristina la possibilità di realizzare gli investimenti in argomento in forma diretta, sempre nel limite del 7 per cento dei fondi disponibili.
Il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, articolo 5, comma 5, abrogando l'articolo 22-quater (oltre all'articolo 47-quinques relativo alla realizzazione della cittadella della polizia di Napoli) ha ripristinato sostanzialmente il limite e la forma previsti per gli investimenti nella finanziaria 2008.
Il decreto-legge n. 112 del 2008, articolo 63, comma 11, consente all'INAIL, nel rispetto del limite del 7 per cento dei fondi disponibili, di procedere, in forma diretta, alla realizzazione di investimenti per infrastrutture di interesse regionale nel limite di 75 milioni di euro per l'anno 2008.
Da quanto esposto, si evince chiaramente come il repentino susseguirsi delle disposizioni in materia non ha consentito all'INAIL di poter effettuare in maniera diretta alcuni investimenti di particolare valenza sul piano nazionale e territoriale.
Ai sensi della legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 301, le finalità degli investimenti sono individuate annualmente con decreto dei Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle salute e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (evidentemente la denominazione dei Ministeri è quella precedente). Il Ministro della salute, con proprio decreto, individuava i singoli interventi di edilizia sanitaria, da realizzare in ciascun anno, in relazione alla programmazione sanitaria, nazionale e regionale. Sicché, l'eventuale destinazione degli investimenti immobiliari dell'istituto ad infrastrutture per l'amministrazione della giustizia, così come richiesto dagli interpellanti, dovrebbe formare oggetto di specifico atto di indirizzo interministeriale, come previsto dalla citata legge n. 266.
In tal senso, nell'ambito del quadro normativo delineato, della sua evoluzione e anche dei limiti e del dimensionamento di carattere finanziario, l'indicazione degli interpellanti deve essere oggetto di un'opportuna valutazione, perché individua una positiva finalizzazione degli investimenti, rispetto ad un comparto fondamentale come quello della giustizia.

PRESIDENTE. L'onorevole Lo Presti ha facoltà di replicare.

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ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, sono assolutamente soddisfatto, e ringrazio il sottosegretario per aver articolato una risposta così esauriente ed esaustiva, anche dal punto di vista della cronologia degli atti normativi che hanno regolato e regolano questa materia. Ho apprezzato molto l'apertura e la disponibilità a procedere ad una modifica di questa norma della legge n. 266 del 2005, che potrebbe appunto aprire le porte ad un inserimento del comparto giustizia nell'ambito del concerto oggetto della nostra interpellanza.
Quindi, mi posso ritenere assolutamente soddisfatto. Chiedo soltanto una collaborazione attiva da parte del Ministero rappresentato dal sottosegretario, nel senso di poter concertare con il Ministero il passaggio parlamentare necessario per poter arrivare a questa modifica normativa.
Credo che mi farò carico, anche previa consultazione con gli uffici del Ministero, di una proposta di modifica sostanziale alla legge di cui abbiamo discusso, affinché si possa arrivare ad un tempestivo ed immediato inserimento anche del Ministero della giustizia, e soprattutto si possa arrivare anche alla costruzione di un impianto normativo certo, che stabilisca coordinate precise, nell'ambito delle quali si possano produrre piani di impiego certi, definiti e anche congruamente alimentati. Ringrazio dunque il sottosegretario e mi riservo di agire poi di concerto, nel senso che ho testé preannunziato.

(Iniziative per una moratoria relativa alla distruzione di embrioni umani a fini di ricerca e per la promozione di una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico - n. 2-00069)

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00069, concernente iniziative per una moratoria relativa alla distruzione di embrioni umani a fini di ricerca e per la promozione di una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, come notiamo anche oggi, l'argomento in esame è stato oggetto di grande dibattito durante la campagna elettorale e di grande assenza del dibattito nella sede opportuna, che è quella del Parlamento.
Mi limito a poche parole, per ricordare i termini della nostra interpellanza. È certamente auspicabile che il Governo italiano contribuisca alla ricostruzione di un'intesa in sede europea, dopo quanto accaduto due anni fa di questi tempi (mi riferisco all'iniziativa improvvida del Ministro Mussi, che scelse di togliere la firma di adesione dell'Italia dalla cosiddetta minoranza di blocco in sede europea sulla sperimentazione embrionale), che ponga fine, in questo senso, alla ricerca che comporta la distruzione di embrioni umani.
Tra l'altro, l'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, afferma il diritto alla vita di ogni essere umano, così come l'articolo 6, comma 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1966 e ratificato dall'Italia nel 1978 in seguito ad autorizzazione disposta con la legge 25 ottobre 1977, n. 881, e come anche l'articolo 6 della Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1990 e ratificata dal nostro Paese nel 1991 in seguito ad autorizzazione disposta con la legge 27 maggio 1991, n. 176.
Onorevole sottosegretario, come lei sa, si va diffondendo nel mondo la pratica dell'aborto selettivo, a danno prevalentemente delle concepite di sesso femminile, che va provocando in alcune aree geografiche un forte squilibrio fra i sessi. Proprio la settimana scorsa, un report internazionale metteva ancora l'accento sulla straordinaria crisi epocale che colpirà l'India - come anche la Cina - nei prossimi anni, per questa scelta improvvida dell'aborto a dannoPag. 24delle bambine. Nel rendiconto economico del report 2007 dell'United Nation Population Fund, l'agenzia che si occupa della popolazione del mondo, il 38 per cento degli impegni economici sono stati stanziati per l'assistenza ai diritti riproduttivi, di fatto, dunque, per rendere più sicuro l'aborto nei Paesi di tutto il mondo.
Con la nostra interpellanza, quindi, invitiamo il Governo a promuovere, nelle sedi europee, una moratoria che consenta di sospendere, per un congruo periodo di anni, la distruzione di embrioni umani ai fini di ricerca consentendo, nel frattempo, ai laboratori e agli scienziati del settore di poter usare le linee cellulari staminali embrionali già esistenti, senza dover interrompere gli studi più avanzati, e a finanziare ancora più cospicuamente quei ricercatori - in Italia, fra tutti, ricordiamo il centro di Terni, guidato da Angelo Vescovi - che fanno ricerca di altissimo livello, senza usufruire della distruzione degli embrioni. Inoltre - si tratta, quindi, di un doppio impegno - chiediamo al Governo se non ritenga di farsi promotore dell'adozione di una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico e affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta ad abortire.
La prima delle due iniziative - cioè, quella relativa all'impegno europeo - era stata assunta grazie ad una serie di editoriali di un quotidiano importante, Avvenire (di cui, tra l'altro, il sottosegretario, prima di ricoprire l'attuale incarico, fu una delle protagoniste), mentre la seconda è stata oggetto di una parte importante di riflessione prima, durante e dopo la campagna elettorale. Entrambe le iniziative implicano impegni precisi.
In questa sede, è presente il sottosegretario al welfare, che si occupa, tra l'altro, anche dei temi relativi alle questioni eticamente sensibili: pertanto, chiediamo a lei, se gli impegni che assumerà saranno presi anche a nome del Ministro degli affari esteri, il quale, in questo senso, dovrebbe essere un attore importante insieme al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Mariastella Gelmini; nello stesso tempo, le chiediamo di muovere speditamente il Governo in questa direzione, tenuto conto del fatto che in entrambi i rami del Parlamento non solo vi è un'ampia maggioranza del Governo presieduto da Silvio Berlusconi, ma che ampie fette dell'opposizione - vale per l'UDC, come anche per importanti settori del Partito Democratico - hanno condiviso in questi mesi, nelle settimane di campagna elettorale e negli anni precedenti, proprio battaglie in tal senso.
Pertanto, ogni mossa, la più celere possibile, può evitare che si prosegua con questo sterminio vero e proprio di concepiti e di bambini e, nello stesso tempo, ogni azione in questa direzione troverà - e ha già trovato negli anni precedenti - un ampio sostegno da parte tutto il Parlamento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, onorevole Eugenia Maria Roccella, ha facoltà di rispondere.

EUGENIA MARIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, prima di entrare nel merito dell'interpellanza in esame sembra utile ricostruire i principali passaggi relativi alla «questione etica» nel programma quadro.
Prima del Consiglio che ha dato origine alla «minoranza di blocco» sui temi etici, l'Italia aveva già posto una riserva all'articolo 6 del progetto di decisione sul settimo programma quadro che allora circolava: questo per marcare il proprio dissenso dalle modalità proposte dalla Commissione nei programmi specifici circa la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Al Consiglio competitività del 28 novembre 2005 fu presentata ufficialmente una dichiarazione finalizzata ad evitare che il settimo programma quadro potesse finanziare ricerche sulle cellule staminali umane che implicassero un'ulteriore distruzione di embrioni per la produzione di cellule staminali. Tale dichiarazione, che è stata redatta nella sua versione originale dal MIUR, dopo un'opportuna limatura, è stata condivisa e sottoscritta da altri cinque paesi: Austria,Pag. 25Germania, Italia, Malta, Polonia e Slovacchia.
L'intervento del Ministro Moratti nel corso del Consiglio di novembre 2005, ribadiva ancora, con maggior precisione, la posizione dell'Italia in materia. Ne leggo uno stralcio: «Non possiamo accettare che la soluzione di un problema così importante venga lasciata alla decisione dei comitati di programma. Ritengo che della questione etica debbano essere coinvolti i due co-legislatori, Consiglio e Parlamento. Sul fondo, vorremmo che i fondi europei non sostengano ricerche che comportano la distruzione di embrioni umani. Questa eventualità dovrebbe essere lasciata alla sussidiarietà e alla decisione dei singoli Stati membri, nel rispetto dei rispettivi valori umani, civili e religiosi. Su questo punto torneremo in seno di discussione dei programmi specifici. Per questo, oggi, insieme ad altre delegazioni, vogliamo lasciare agli atti di questo Consiglio la dichiarazione che abbiamo distribuito, con la quale fra l'altro riaffermiamo esplicitamente il diritto di ritornare sull'argomento al momento che questo Consiglio sarà chiamato a prendere una posizione formale sul programma quadro, dopo il parere dunque del Parlamento europeo, sulla base anche dei progressi che noi auspichiamo potranno essere fatti nel prosieguo dell'esame dei programmi specifici.»
Come hanno già ricordato gli interpellanti, durante la scorsa legislatura il Ministro Mussi ha ritenuto opportuno ritirare l'adesione dell'Italia alla minoranza di blocco contraria all'utilizzo dei fondi europei per ricerche che comportano la distruzione degli embrioni umani.
Il settimo programma quadro (2007-2013), in vigore dal 1o gennaio 2007, non esclude la possibilità di finanziare attività di ricerca con distruzione di embrioni umani, come si evince dall'articolo 6 del testo finale, che recita: «1. Tutte le attività di ricerca svolte nell'ambito del settimo programma quadro sono realizzate nel rispetto dei principi etici fondamentali. 2. I seguenti settori di ricerca non sono finanziati a titolo del presente programma quadro: le attività di ricerca volte alla clonazione umana a fini produttivi; le attività di ricerca volte a modificare il patrimonio genetico degli esseri umani che potrebbero rendere ereditabili tali modifiche; le attività di ricerca volte a creare embrioni umani esclusivamente a fini di ricerca o per l'approvvigionamento di cellule staminali, anche mediante il trasferimento di nuclei di cellule somatiche. 3. Qualsiasi ricerca sulle cellule staminali umane, sia allo stato adulto che embrionale, può essere finanziata, in funzione sia dei contenuti della proposta scientifica che del contesto giuridico esistente nello Stato membro o negli Stati membri interessati.»
Questa posizione riflette anche la posizione del Parlamento europeo. La Commissione europea si è tuttavia impegnata a non finanziare ricerche che comportino la produzione di linee di cellule staminali derivanti dalla distruzione di embrioni, mentre continuerà a finanziare attività di ricerca su cellule staminali embrionali preesistenti.
Il nostro Paese, in una dichiarazione unilaterale, ha ribadito che la ricerca dovrà limitarsi alle cellule staminali embrionali preesistenti, sottolineando l'esigenza di proseguire la ricerca per la produzione di cellule staminali non derivanti da embrioni, così da porre su basi nuove e meno controverse la discussione sugli aspetti etici della ricerca.
Come abbiamo precedentemente ricordato, il settimo programma quadro è in vigore dal 1o gennaio 2007; nel frattempo molti progetti di ricerca sono già stati finanziati e in fase di attuazione: l'avanzamento dei lavori è tale da rendere poco plausibile la possibilità del ritorno alla situazione preesistente, anche per i mutati orientamenti in materia che sembrano essersi manifestati in alcuni Paesi che avevano precedentemente aderito a tale minoranza di blocco (come la Germania).
Il Governo italiano si impegna, però, a fare tutto il possibile per sostenere, a livello nazionale e internazionale, nelle sedi istituzionali opportune, quegli indirizzi di ricerca scientifica che non comportano la distruzione di embrioni umani, nello spirito della normativa vigente nel nostro Paese e, soprattutto, alla luce dellePag. 26nuove scoperte riguardanti le cellule staminali pluripotenti indotte, citate dagli interpellanti.
In tal senso, le iniziative parlamentari già avviate a livello europeo in favore di una moratoria della ricerca che distrugge gli embrioni sono seguite dal Governo con grande interesse. Sarà cura del Governo italiano informare il Parlamento e l'opinione pubblica italiana sull'evolversi della situazione in Europa a questo riguardo.
Allo stesso modo, il Governo italiano non mancherà di compiere tutti i passi e di intraprendere tutte le iniziative utili a impedire che l'aborto venga usato come strumento di controllo delle nascite e che venga esercitato coercitivamente, in coerenza anche con quanto già dichiarato dal programma di azione della Conferenza del Cairo, nella quale è stato esplicitamente affermato il principio per cui in nessun caso l'aborto può essere usato come metodo di pianificazione familiare, come, del resto, affermato anche dalla nostra normativa sull'interruzione volontaria di gravidanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, sono moderatamente soddisfatto e ringrazio l'onorevole Roccella per le notizie che ci ha fornito. Certamente, non può essere attribuito al sottosegretario per il lavoro, la salute e le politiche sociali la mancanza di precisione, ma (lo dico sinceramente) mi aspettavo che i Ministeri degli affari esteri, per le politiche europee e anche dell'istruzione, della università e della ricerca fornissero al sottosegretario qualche dato che dimostrasse un impegno un po' più concreto. Non è sufficiente confermare che vi sarà un impegno, dopo che da quaranta giorni a oggi non si parla più di questo argomento e dopo che, invece, per diversi mesi lo scorso anno tutte le forze politiche avevano assunto degli impegni cogenti, cioè degli impegni immediati per poter mettere in campo delle iniziative. Non vi è solo da seguire con grande interesse - come è stato giustamente detto, probabilmente il dato viene dal Ministro per le politiche europee - le iniziative per la moratoria europea, occorre diventare parte attiva in tal senso.
Mi chiedo, allora, e chiedo anche al sottosegretario, di impegnarsi per sollecitare una maggiore determinazione attiva dei Ministri competenti, affinché il grande interesse diventi una grande azione a favore, per esempio, della moratoria rispetto all'Europa. La stessa cosa non si può non chiedere nei confronti del Ministro Frattini. Parliamoci chiaro, signori: se vogliamo attivare una linea virtuosa di rapporti con altri Paesi e intraprendere delle azioni in tale direzione, anche a livello delle Nazioni Unite, occorre mettere in campo un'azione diplomatica, e anche di confronto serio, a partire dalla quota di bilancio che l'Italia destina agli organismi internazionali (compreso l'ONU) attraverso la quale tali percorsi virtuosi possano portare all'introduzione e alla migliore applicazione della condanna da parte delle Nazioni Unite dell'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico. Non possiamo fermarci a degli impegni generici, non da parte del sottosegretario Roccella, ma da parte dei ministri competenti, cioè proattivi in questa direzione; diversamente, tra un mese o due, quando ci ritroveremo qui per fare il punto delle azioni, dovremo prendere atto che alle buone parole e ai tanti impegni presi personalmente e ufficialmente dai partiti in campagna elettorale non è seguito alcun fatto.
La mia soddisfazione moderata, quindi, è certamente un apprezzamento per l'impegno e le notizie che ci ha fornito il sottosegretario Roccella, ma, nello stesso tempo, è uno stimolo forte, determinante e impegnativo da parte nostra affinché il sottosegretario Roccella possa far presente ai Ministri competenti che, per quanto riguarda la nostra formazione politica - ma immagino, se ci fossero stati i colleghi, tutte le forze politiche - questa determinazione venga messa in campo.
È evidente che ci sono tanti problemi per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tanti problemi da affrontare da parte del Ministro degliPag. 27affari esteri, tanti, forse ancor di più, da parte del Ministro per le politiche europee, ma il Governo precedente ci ha messo sessanta giorni per togliere la firma dalla minoranza di blocco, non sessanta mesi.
Ora, non mi aspetto che vengano ricostruite improbabili minoranze di blocco, ma mi aspetto che in sessanta giorni ci sia un'azione altrettanto determinata per far sì che si passi da un grande interesse all'introduzione, invece, di una moratoria in Europa, per far sì che l'impegno all'ONU diventi una cosa concreta, non un impegno teorico da parte del Ministro Frattini.
Questo si può chiedere, mi sembra legittimo poterlo chiedere e mi sembra anche auspicabile che il Governo, in una prossima occasione o pubblicamente, se vorrà farlo attraverso i Ministri competenti o lo stesso sottosegretario Roccella, lo faccia sapere all'opinione pubblica, prima che si concluda l'attività parlamentare, nei mesi di luglio ed agosto.
Ciò per dare il segnale che, quando e qualora, negli ultimi due anni, ci si era opposti ad una certa azione del Governo precedente e si erano, addirittura, fatte presenti delle ipotesi positive per l'Europa e per le Nazioni Unite, non si parlava solo ed esclusivamente per raggiungere l'obiettivo di vincere le elezioni, ma si avevano veramente a cuore le cose che si stavano dicendo (cosa di cui non ho alcun dubbio, per quanto riguarda il sottosegretario qui presente).
Mi aspetto che questi dubbi possano venire dipanati, anche a fronte - lo ripeto per l'ennesima volta - di un'azione attiva dei ministri competenti, sia in sede europea sia in sede di Nazioni Unite, dove contiamo, in un caso e nell'altro, non poco, ma abbiamo un peso specifico per tante ragioni (sia in sede europea sia in sede di Nazioni Unite).
C'è da aspettarsi, quindi, coerentemente, che, tra i tanti impegni dei nostri Ministri, ci sia anche quello di favorire l'introduzione di una moratoria su scala europea e di introdurre una risoluzione, far votare, portare all'attenzione dell'ONU una risoluzione importante, che condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico.
Questo per due ragioni, come ho detto prima: quella politica generale e quella, ancora più importante, che, nel frattempo che si guarda con interesse o si prendono impegni generici, ci sono centinaia di migliaia di bambini che vengono accoppati; non stiamo parlando della sperimentazione sulle farfalle, di cui, pure, molti esponenti del mondo ambientalista possono essere preoccupati.
Quello che sta a cuore a noi, invece, è credere fermamente, come molti esponenti di maggioranza e opposizione, che parliamo di embrioni umani, cioè di persone, fin dal concepimento, e che ogni ritardo in questa direzione può andare a nocumento della vita di queste persone.
Lo ripeto quindi ancora una volta: un ringraziamento nei confronti del sottosegretario Roccella, e nello stesso tempo però una richiesta forte di impegno attivo per quanto lei stessa potrà fare e per quanto lei stessa potrà comunicare ai colleghi del Governo Berlusconi più interessati, non sul piano culturale ma sul piano della possibilità di azione da mettere in campo, su questi due temi: il Ministro Ronchi, il Ministro Gelmini e il Ministro Frattini. Da loro ci aspettiamo un'azione in più; e non è solo quella di osservatori che hanno grande simpatia e rispetto delle evoluzioni che si stanno svolgendo, e delle discussioni che si possono svolgere all'interno del Parlamento, dell'Assemblea generale dell'ONU, ma che diventino loro stessi, come dicevo prima, una forte parte attiva in questa direzione.
D'altronde, solo per ricordare un fatto, qualche mese fa l'Italia è stata protagonista, protagonista determinante in questi anni e anche negli ultimi mesi, quanto a una valutazione positiva nei confronti della risoluzione che impegna i Paesi delle Nazioni Unite a non usare la pena di morte; e non capisco perché il Governo Berlusconi in situazione analoga (anzi forse ancor più grave, perché i bambini non hanno commesso niente di illecito nei confronti degli altri, se non avere la volontà di nascere) non possa muoversi finPag. 28da subito in questa direzione, per arrivare al compimento di un'approvazione da parte della stessa Assemblea delle Nazioni Unite nei prossimi anni.
Per far questo però, lo ripeto e ho concluso, non basta osservare con attenzione ciò che si svolge, ma bisogna entrare in prima persona nel dibattito, e attraverso delle azioni positive; in questo il Governo - qualora dovesse decidere, spero presto, di intraprenderle (è stato confermato qui anche in un cenno dell'analisi del sottosegretario Roccella) - troverà la stragrande maggioranza del Parlamento e la stragrande maggioranza del Paese al suo fianco. Non so se troverebbe la stessa sintonia se l'atteggiamento, invece, dovesse essere quello, sempre ed esclusivamente, di semplice osservatore, davanti a situazioni oramai anche sul piano internazionale sempre meno gestibili.
Grazie, signor Presidente; ringrazio anche il sottosegretario Roccella per la cortesia.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella costituzione di una Commissione permanente.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di ieri, mercoledì 2 luglio 2008, la I Commissione permanente (Affari costituzionali) ha proceduto all'elezione della deputata Soaud Sbai a segretario, in sostituzione del deputato Antonino Lo Presti, che ha cessato di far parte della Commissione.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 7 luglio 2008, alle 11,30:

1. - Discussione del documento:
Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 (Doc. LVII, n. 1).
- Relatori: Toccafondi, per la maggioranza; Baretta, di minoranza.

2. - Discussione della mozione Vico ed altri n. 1-00007 concernente iniziative in materia di marchio d'origine ed etichettatura dei prodotti.

La seduta termina alle 12.