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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 27 di mercoledì 2 luglio 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 26 giugno 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Bongiorno, Brancher, Brugger, Brunetta, Caparini, Casero, Cirielli, Conte, Cossiga, Cota, Donadi, Lo Monte, Martini, Mazzocchi, Meloni, Pescante, Romani, Rotondi, Soro, Stucchi, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 9,03)

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sotto indicate Commissioni.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge:
MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede modifiche alle norme relative ai benefìci previdenziali previsti per i dipendenti statali posti d'autorità a riposo nel periodo bellico e post-bellico (41) - alla XI Commissione (Lavoro);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
misure per contrastare le truffe via internet e la diffusione dei virus informatici (42) - alla IX Commissione (Trasporti);
misure per favorire la diffusione di nuovi presìdi sanitari nelle strutture ospedaliere (43) - alla XII Commissione (Affari sociali);
MARIANO SCIACCA, da Palermo, chiede l'introduzione di sanzioni penali contro la prostituzione (44) - alla II Commissione (Giustizia);
LUIGI PULISCIANO, da Lissone (Milano), chiede la soppressione del termine entro cui è possibile la rinuncia ai beni ereditati (45) - alla II Commissione (Giustizia);
VITTORIO FIRLI, da Montevarchi (Arezzo), chiede che i benefìci previdenziali previsti per i dipendenti statali ex combattenti siano estesi anche alle altre categorie di lavoratori (46) - alla XI Commissione (Lavoro);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
l'istituzione di una Commissione d'inchiesta in materia di sanità, il trasferimento allo Stato delle competenze regionaliPag. 2nella stessa materia e l'istituzione del «giudice per le questioni sanitarie» (47) - alla XII Commissione (Affari sociali);
la riforma dello Stato in senso presidenziale (48) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
la modifica dell'orario di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione (49) - alla XI Commissione (Lavoro);
norme a tutela delle persone anziane (50) - alla XII Commissione (Affari sociali);
norme a tutela della Costituzione (51) - alla I Commissione (Affari costituzionali)
LEONARDO BURGAY, da San Giusto Canovese (Torino), chiede norme per la definizione dell'arretrato del contenzioso pendente al 31 dicembre 2007 (52) alla II Commissione (Giustizia);
ROBERTO DI GAETANO, da Nodica (Pisa), chiede:
norme per limitare l'uso da parte dei minorenni di telefoni cellulari idonei alla registrazione e riproduzione di immagini (53) - alla IX Commissione (Trasporti);
modifiche al vigente regolamento di disciplina militare in materia di relazioni con i superiori, nonché il riordino delle carriere del personale non direttivo delle Forze armate (54) - alla IV Commissione (Difesa);
ALESSANDRO URZÌ, da Bolzano, e numerosissimi altri cittadini, chiedono provvedimenti legislativi per garantire il plurilinguismo della toponomastica nell'Alto Adige (55) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
EDOARDO MACRÌ, da Milazzo (Messina), chiede che le imposte sulle rendite finanziarie siano applicate al netto dell'inflazione (56) - alla VI Commissione (Finanze);
PAOLO EUGENIO VIGO, da Genova, chiede nuove norme per il censimento degli stranieri presenti sul territorio nazionale (57) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
LORENZO CIUFFREDA, da Foggia, e numerosi altri cittadini, chiedono la riapertura dei termini delle graduatorie per il concorso per docenti di strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado (58) - alla XI Commissione (Lavoro);
VITTORINO ZODIO, da Grosseto, chiede l'abrogazione delle norme contenute nella legge finanziaria per il 2008 relative all'applicazione dei coefficienti di capitalizzazione delle pensioni per gli iscritti al Fondo Volo (59) - alla XI Commissione (Lavoro);
ANTONINO MAMELI, da San Maurizio Canavese (Torino), chiede provvedimenti legislativi per la formale adozione dell'inno «Fratelli d'Italia» quale inno nazionale italiano (60) - alla I Commissione (Affari costituzionali).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 585 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, recante disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Approvato dal Senato) (A.C. 1250) (ore 9,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, recante disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Ricordo che nella seduta del 30 giugno si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche del relatore Stracquadanio e del Governo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1250)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1250),Pag. 3nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1250).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1250).
Avverto infine che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1250), che è distribuito in fotocopia.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, ci troviamo qui per votare su un decreto-legge che riguarda la materia dell'organizzazione del Governo e dei Ministeri. È noto che, su questa materia, vi sono stati diversi interventi sin dagli anni passati, a partire dal 1999, quando un atto legislativo che portava il nome del Ministro Bassanini stabilì una norma di carattere generale che poneva un limite al numero dei Ministeri.
Questo decreto-legge fa parte di un andamento oscillante del nostro ordinamento relativamente a questa materia, perché, come è noto, Bassanini fissò un numero ridotto di Ministeri; successivamente, nel 2001, il Governo Berlusconi ha derogato in prima applicazione a questo criterio, allargando le maglie del principio stabilito da quel Governo, da quella maggioranza, da quel Parlamento; ha fatto altrettanto, arrotondando con gli interessi, la composizione anche del Governo di centrosinistra nel 2006; infine, l'ultima legge finanziaria, con due norme - di cui risulta chiaro il senso politico, ma è abbastanza complessa la determinazione normativa - ha espresso una volontà precisa di ritorno al modello chiamiamolo Bassanini, ma disponendo, tra l'altro, una sorta di abrogazioni all'ingrosso di norme che regolano questa delicata materia.
Ci troviamo qui in seconda lettura e naturalmente, dato che il segnale è quello di tornare ad una maggiore sobrietà nella struttura di Governo, mi sembra - esprimo, almeno, una valutazione personale - che l'impianto di questo testo si possa condividere. Infatti, naturalmente, è logico che, nel momento in cui si torna ad una situazione più consona al disegno originario (quello voluto, come dicevo, dal Ministro Bassanini nel 1999), è difficile non essere favorevoli.
Dio mio, esiste già una deroga a questo principio del «dodici» e del «sessanta» - ossia, i due numeri che limitano i Ministri e, complessivamente, la formazione del Governo - perché con un decreto-legge successivo è stato istituito un altro sottosegretariato. Naturalmente, tutti alzano le mani perché, dal momento che il sottosegretariato riguarda Napoli, allora non si può dire di «no». Devo dire al Ministro Vito, il quale cortesemente sorride, che, naturalmente, poiché l'emergenza rifiuti a Napoli non era del tutto imprevista quando è stato emanato il decreto di formazione del Governo, si poteva comodamente prevedere quel sottosegretariato e mantenere, comunque, il numero a sessanta.
Tuttavia, non è di questo che intendo parlare, né vorrei parlare, particolarmente, della cortesia dianzi rivoltami dal Ministro Vito. Naturalmente, pur nel quadro delineato, questo decreto-legge fa fatica a muoversi con una certa coerenza, perché - come dicevo - la struttura normativa è molto complicata. Chi volesse capire quanti sono i nostri Ministeri, quali sono le loro denominazioni e le loro competenze, farebbe molta fatica ed è strano che in uno Stato proprio la struttura di fondo dei Ministeri sia così difficile da leggere, al punto che, in questo decreto-legge - e lo abbiamo segnalato come Comitato per la legislazione - sono presenti alcune anomalie, nel senso che vengono richiamate norme che sono già state abrogate.
Pertanto, non è perfetta la tecnica legislativa. Il Ministro Vito osserva che il Governo viene volentieri incontro a questo emendamento, sottolineato dall'onorevole Zaccaria (mi fa il pregio di citarmi, addirittura, come proponente, ma, in realtà, è una modifica proposta dal Comitato per la legislazione).Pag. 4Egli afferma che ciò comporterà un breve passaggio al Senato, ma, trattandosi di modifiche di carattere tecnico, non ci saranno impedimenti.
Ricordo i versi che recitano: «Timeo Danaos et dona ferentes». Non che voglia pensare che il Ministro Vito mi voglia somministrare qualcosa di avvelenato, ma credo che, sostanzialmente, non sia questo, signor Ministro - lo dico anche al relatore, che ha la cortesia di ascoltarci - il motivo per cui si torna al Senato; lo si fa, mi pare, per altre ragioni (ho sentito dire che c'è anche l'interesse del sottosegretario Giovanardi a vedere allargate le proprie competenze).
Sarebbe motivo di grande soddisfazione, sia ben chiaro, ma questa non è l'unica ragione per cui si torna al Senato; ci sono altri aspetti che, forse, premono di più al Governo, e, quindi, si torna al Senato.
Su questo, però, volevo aggiungere un'altra considerazione, legandomi al dibattito svoltosi in questi giorni in Aula e rivolgendomi, anche se in questo momento saranno pochi, ai colleghi di prima legislatura.
Sostanzialmente, non mi scandalizzo che interveniamo su questa materia con un decreto-legge, perché un decreto-legge in materia di organizzazione dei ministeri è, in qualche modo, ormai nella consuetudine, visto che il Governo deve insediarsi e definire ruoli e competenze.
Ricordo a tutti e a me stesso, però, la regola fondamentale che emerge dai preziosi rapporti del Comitato per la legislazione. Questo Parlamento, questa Camera ha un ritmo di produzione normativa di questa natura: vengono all'esame, ogni mese - ma sull'anno la tendenza si osserva meglio -, un numero complessivo di provvedimenti formato per un terzo da disegni di legge di conversione di decreti-legge, per un altro terzo da progetti di legge ordinaria di iniziativa parlamentare e del Governo e per il restante terzo da ratifiche parlamentari.
Penso che il Ministro Vito - tanto so che lei conosce questi aspetti, non si preoccupi, non deve prestare particolare attenzione - sappia bene che questo principio di un terzo, un terzo e un terzo è fondamentale, perché vuol dire che si bilanciano diversi interessi in gioco: le Comunità europee e l'ordinamento internazionale, e quindi le ratifiche, il Governo con i suoi decreti-legge (in genere ne vara quattro al mese) e i progetti di legge ordinaria dei parlamentari e del Governo stesso.
Chi abbia la bontà di vedere sul sito del Parlamento l'elenco dei decreti-legge in corso di conversione, vedrà che, in questo breve periodo di cinquanta giorni, ne abbiamo dodici, e penso non siano tutti.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Dieci!

ROBERTO ZACCARIA. Comunque, abbiamo un numero di decreti-legge che non si era mai visto a inizio legislatura. Credo che chi si trova in quest'Aula conosca meglio la parola decreti-legge che la parola leggi, perché vi invito a vedere, guardando l'ordine del giorno delle vostre Commissioni, se state esaminando dei disegni di legge ordinaria; avrete disegni di legge di conversione di decreti-legge e schemi di decreti legislativi.
Tra l'altro, all'esame della nostra Commissione - il Ministro lo sa perfettamente - abbiamo addirittura tre decreti legislativi che riguardano la sicurezza e che, a voler essere ottimisti, sono al limite della costituzionalità, perché si riferiscono, in chiave correttiva, a deleghe dei Governi precedenti, andando chiaramente al di là - questa è la mia osservazione, naturalmente - del contenuto delle direttive che danno corpo a queste deleghe.
Si potrebbe dire che esercitano un potere legislativo, da quel punto di vista, esaurito intervenendo, quindi, in carenza di potere legislativo.
E lo dico, signor Ministro, perché ieri abbiamo assistito a un dibattito di un certo interesse con riferimento al cosiddetto decreto fiscale, un altro decreto-legge: il presidente Soro, che ha introdotto la discussione sulla materia intervenendo sull'ordine dei lavori, seguito dai colleghiPag. 5Tabacci ed Evangelisti, ha avuto difficoltà dal punto di vista concettuale a definire il decreto fiscale. Ha osservato che viene inteso come un «collegato» alla legge finanziaria mentre un provvedimento collegato alla legge finanziaria era comprensibile quando la manovra finanziaria era discussa in sessione di bilancio, il DPEF ne individuava il perimetro e insieme erano discussi la legge finanziaria, quella di bilancio e i collegati. Dal punto di vista costituzionale, ora dovremmo invece cominciare a chiamare questo provvedimento «anticipato alla legge finanziaria»: non è un collegato, è un qualcosa che viene prima della legge finanziaria, e che in qualche misura merita un nuovo nome, perché chiamare «collegato» quanto anticipa qualcos'altro è molto difficile.
Ma l'aspetto più interessante è stato evidenziato poi dal collega Tabacci. Quando una Camera, un Parlamento come questo, prende l'abitudine nel primo mese e mezzo della sua attività di lavorare esclusivamente su decreti-legge, su decreti legislativi, mi domando se sia ancora valido quell'antico principio che a proposito del decreto fiscale è assolutamente pertinente (l'ha usato una volta anche il premier Berlusconi): «no taxation without representation». È il principio cardine dei Parlamenti dell'Inghilterra del periodo fondativo dello Stato. La Rivoluzione inglese nacque per questioni finanziarie: il re chiese ai contribuenti una tassa extra per poter fare una guerra; venne allora coniato il motto «nessuna tassa senza rappresentanza». Mi domando: c'è esercizio della rappresentanza quando il cuore del potere del Parlamento, che riguarda la manovra finanziaria, si esercita essenzialmente attraverso strumenti di questo tipo? Certo, bisogna fare i salti mortali, bisogna cercare di spostare di qualche giorno il termine per gli emendamenti; ma resta il principio di fondo che un Parlamento che lavora soltanto sugli atti del Governo, e che non esercita una potestà legislativa propria, è un Parlamento che non risponde alla propria funzione.
Sollevo almeno questa preoccupazione: stiamo camminando a un ritmo che non rispetta nessuno dei ritmi parlamentari degli anni precedenti. Lo dico perché non è che neghi la possibilità di esercitare un diverso indirizzo politico: in materia di asilo si può benissimo fare una legge, una delega nuova e dire che bisogna restringere il potere di impugnazione; in materia di ricongiungimento familiare la stessa cosa, così sulla libertà di circolazione e di soggiorno. Esercitate un indirizzo politico diverso, ma attraverso strumenti legislativi corretti!
Ieri è poi capitato di leggere (ed è difficile mantenere dentro di sé un sentimento serio di preoccupazione, in una situazione che rasenta la comicità) che mentre parliamo di un eccesso spaventoso di decreti-legge, il Presidente del Consiglio annuncia che emanerà un nuovo decreto-legge sulla materia delle intercettazioni. Non lo so: vogliamo non considerare rilevante questi annunci e confinarli nel limbo delle battute? Ma il rispetto con cui consideriamo il ruolo di questi soggetti, fa sì che una Camera si debba allarmare. Dovremmo trovare il modo di esercitare un'iniziativa su ciò, non possiamo andare avanti in questa maniera. Ricordo (e il Presidente Fini lo sa perfettamente) che siamo arrivati alla situazione diabolica di mettere insieme due decreti-legge in materia di rifiuti a Napoli, derubricando il secondo decreto-legge, pomposamente emanato con la firma del Capo dello Stato, a un emendamento portato al primo. È una cosa, dal punto di vista costituzionale, inaccettabile: il collega Giachetti lo ha già detto, ma fuori dall'Aula coloro che studiano le istituzioni inorridiscono! Non si può trasformare un decreto-legge numero due in un emendamento al decreto legge numero uno.
In questo modo, il sistema delle fonti, anzi, non chiamiamolo più sistema delle fonti: chiamiamolo sistema complessivo della normazione, viene compromesso.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Concludo, signor Presidente, con una notazione che la deve interessare e che riguarda un ulteriorePag. 6aspetto relativo al decreto fiscale. Il Ministro cosiddetto per la semplificazione mostra di ignorare - non la ignorerà personalmente - che nel nostro ordinamento, dopo la legge sulla semplificazione, vi è uno schema che prevede come tagliare le leggi: una delega in tre tranches di due anni ciascuna.
Ebbene: perdurante questa delega, per una parte già attuata dal Governo precedente con un censimento molto preciso delle leggi da abrogare, l'articolo 24 del decreto fiscale, con un'improvvisazione spaventosa (lo dico ai colleghi, che sono tutori delle leggi), abroga da solo 3.500 leggi, d'emblée, senza nessun passaggio parlamentare, con un atto di imperio. Si potrà discutere se si tratta di legge buone o cattive...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. Concludo, signor Presidente, ma voglio almeno che si rispettino le procedure in una materia che ha a che fare con il nostro ruolo: poiché noi non solo facciamo le leggi, ma sorvegliamo anche le leggi esistenti. Credo, dunque, che su questa più generale questione, che riguarda solo modalmente questo provvedimento, sul quale personalmente...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO ZACCARIA. ...credo che dovremmo esprimere un orientamento favorevole, sia necessario sollevare con forza un allarme (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,27).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1250)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, questo è un decreto-legge che evidentemente possiede tutte le caratteristiche di necessità ed urgenza, e dunque è uno dei pochi che andavano in questo momento discussi. Tuttavia, come ha messo in evidenza l'onorevole Zaccaria, noi oggi ci troviamo in una situazione in cui il Parlamento viene interessato da numerosissimi decreti-legge e questo riduce la possibilità che esso ha di legiferare, poiché vi è un altro legislatore che si trova in un palazzo qui vicino.
Ciò detto, ci sembra comunque che con questo decreto-legge si perda un'occasione. Noi esprimiamo, infatti, un giudizio positivo sul fatto che sono stati attuati i commi 376 e 377 dell'articolo 1 della legge finanziaria per l'anno 2008, riguardanti il numero dei membri del Governo (anche se vi è l'eccezione del sottosegretario di cui si è detto), e sul fatto che non si è proceduto ad un allargamento del numero di Ministri e sottosegretari, anche se qualcuno ha parlato della necessità che in un prossimo futuro vi sia questo allargamento. Noi speriamo, invece, che vi sia esclusivamente una ristrutturazione dei ministeri. Come è noto, infatti, dei dodici ministeri previsti non fa parte un autonomo Ministero della salute, che noi auspichiamo invece sia istituito, non in aggiunta al numero attuale, ma magari accorpando altri ministeri che possono esserlo.
Riteniamo che il Ministero della salute sia, per numerosi motivi, indispensabile (anzitutto per un motivo di carattere generale, trattandosi di un Ministero che gestisce, direttamente o indirettamente, una fetta grandissima del bilancio dello Stato) e riteniamo necessario che le strutturePag. 7del Ministero rimangano quelle attualmente in essere, senza essere ridimensionate od inserite in altre strutture.
È necessario che ciò si possa al più presto realizzare, e a tale proposito abbiamo presentato emendamenti che probabilmente trasformeremo in ordini del giorno, poiché ci rendiamo conto che non si può, in questa situazione parlamentare, cambiare la struttura della proposta iniziale del Governo. Riteniamo però - ed auspichiamo - che il Governo si impegni a rivedere la sua posizione: questa linea è stata in parte approvata dal Senato attraverso un emendamento dell'opposizione firmato dall'onorevole Bianco ed altri, e speriamo dunque che anche in questa sede si possa impegnare il Governo ad andare al più presto in questa direzione.
Auspichiamo, inoltre, che alla fine tale struttura del Governo sia mantenuta e che non si proceda ancora, magari operando qualche rimpasto, ad un cambio dei Ministeri. Senz'altro si fa fatica a capire nel nostro Paese le funzioni del singolo Ministero, ed anche in questo caso, che pure riteniamo positivo, degli accorpamenti è difficile capire - e leggendo il testo del decreto-legge ce ne si rende conto - a quale Ministero appartengano certe competenze. È, quindi, auspicabile che nella rivisitazione della struttura, con più calma e con più tempo (considerato che questo è il primo decreto-legge adottato subito dopo la composizione del Governo e che vi può essere stata fretta), sia finalmente stabilita, per un lungo periodo di tempo, la chiarezza delle funzioni e delle competenze delle direzioni generali e via dicendo.
Una questione fondamentale è rappresentata dal fatto che attraverso questi raggruppamenti si è però lungi dal ridurre consistentemente i costi delle attività ministeriali, dal momento che tali costi permangono anche perché, al di là di piccoli risparmi sulle macchine blu e di qualche altra misura, la struttura centrale dello Stato rimane quella di prima, anzi qualche volta è andata ampliandosi. Le direzioni generali di alcuni Ministeri, come dicevo, sono aumentate dopo l'attuazione del Titolo V che trasferiva alle regioni parecchie competenze. Riteniamo che ciò sia un errore e che quindi occorra una riduzione ed un assottigliamento delle direzioni generali per spostare risorse umane e grandi professionalità verso le regioni, che molto spesso difettano (mi riferisco ad alcune regioni, ma anche ad alcuni grandi comuni), nel formare i bilanci, di quel supporto tecnico-amministrativo necessario, cui i comuni, le regioni e le province suppliscono chiamando consulenze esterne (e questo è un vezzo che si è andato diffondendo con un'enorme incremento della spesa e dei costi della politica) e costituendo società a partecipazione degli enti locali e delle regioni in numero effettivamente esorbitante.
Ma ciò deriva proprio dal fatto che le competenze che si sono sommate in questi enti non sono state accompagnate anche dal trasferimento delle risorse umane e, spesso, di quelle materiali.
Pertanto, con il decreto-legge in esame certamente si compie un'opera giusta, ossia il mantenimento dei numeri previsti dalla legge Bassanini e ribaditi dalla legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244. Tuttavia, non si procede nella stessa direzione quando si affrontano i problemi della riduzione dei costi della politica.
Inoltre, devo aggiungere che abbiamo altre osservazioni in ordine al provvedimento in esame ma esse sono di piccolo spessore. Le osservazioni maggiori sono quella inerente al Ministero della salute e alla circostanza che la riduzione delle strutture amministrative avrebbe portato ad un miglioramento delle attività negli enti decentrati. Si sarebbe trattato di un federalismo più giusto e più corretto.
Riteniamo anche che il testo sia stato scritto in fretta. Quando si afferma che ad un Ministero con un nome nuovo, come ad esempio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si trasferiscono le funzioni e le risorse del Ministero dei trasporti, occorre ricordare che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non esiste ma il suo nome è stato solo inserito nel testo in esame. Pertanto ritengo che forse si sarebbe dovuto scrivere meglio conPag. 8un'espressione del seguente tenore: «Al Ministero delle infrastrutture sono trasferite le funzioni e le risorse del Ministero dei trasporti e prende il nome di Ministero delle infrastrutture e dei trasporti». Il modo con cui è stato scritto nel testo è perlomeno - in un certo senso - ambiguo. Allo stesso modo anche per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Tuttavia, tali questioni sono modificabili in quanto sono solo formali. È vero che le funzioni e le risorse da un Ministero si possono spostare ad un altro Ministero già esistente, allora spostiamole in un Ministero esistente e non in uno che esiste solo nominalmente e che oggi ancora non è stato creato e che si vuole istituire. Tuttavia, si tratta di piccoli cambiamenti che l'Assemblea può apportare o meno.
In ordine all'emendamento principale, Misiti 1.12, auspichiamo - come moltissimi altri - l'istituzione del Ministero della salute in sostituzione del Ministero dell'ambiente, inserendo quest'ultimo nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Tuttavia, siamo consapevoli che si tratta di un'espressione di volontà da parte nostra e anche di molti componenti della maggioranza e sono convinto che il Parlamento sarebbe senz'altro favorevole ad una simile soluzione se solo fosse libero di deliberare e non fosse - diciamo così - costretto dal legislatore di palazzo Chigi.
È chiaro che siamo anche disponibili a ritirare il nostro emendamento per proporre invece un ordine del giorno, insieme alle altre forze di opposizione, relativo all'istituzione del nuovo Ministero della salute. Se esso fosse accolto e fosse sancito l'impegno preciso di istituirlo al più presto siamo pronti a ritirare gli emendamenti e a fare in modo di collaborare.
Vi sono certamente altre questioni. Ad esempio, se non avessimo in qualche misura operato un intervento in ordine ai servizi segreti e addirittura sulla struttura dell'ufficio della Corte dei conti nell'ambito della struttura dei servizi segreti (ai commi 21 e 21-bis inseriti al Senato), avremmo avuto una buona occasione per ridurre il numero dei ministeri e dei sottosegretari. Probabilmente non avremmo ridotto di molto il costo della politica, però avremmo potuto prendere un impegno rivolto a realizzare tale proposito attraverso una riduzione anche delle direzioni generali di tali ministeri. Invece, è chiaro che reinserendo i commi 21 e 21-bis abbiamo perso l'occasione di convertire il decreto-legge in esame magari con il voto unanime da parte del Parlamento.
Abbiamo qualche remora ad appoggiare completamente il provvedimento in esame perché interviene su aspetti inutili che non vale la pena, al momento attuale, modificare.
Questi sono argomenti di una riforma di grande respiro: i servizi segreti, che nella XV legislatura sono stati riformati con un voto molto ampio del Parlamento e la riforma della Corte dei conti, che è stata approvata recentemente. In queste novità inserite dal Senato, viene privilegiata la decisione monocratica. Noi abbiamo bisogno di una Corte dei conti che gestisca i fondi speciali, diretti ai servizi segreti, in modo trasparente e collegiale. Non possiamo pensare di avere soltanto il parere e le decisioni di singole persone, anche se di alta responsabilità.
Quindi, ci dispiace di non poter sostenere pienamente una proposta che pure ha dei pregi. Potevate anche stabilire un ampliamento del numero dei ministri e dei sottosegretari; non l'avete fatto e questo è positivo. Tuttavia, se pensate di farlo successivamente, in quella fase saremo non solo vigili, ma anche decisamente contrari ad un ritorno al passato.
Gli emendamenti presentati sono molto limitati, avendoli presentati soprattutto noi del gruppo Italia dei Valori ed essendoci poche altre proposte emendative del Governo e del Partito Democratico.

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, la prego di concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Quindi, ringraziando il Presidente che mi ha dato la parola, concludo dicendo che il gruppo delPag. 9l'Italia dei Valori, anche in questo caso, fornirà il suo contributo nella discussione degli emendamenti per migliorare il testo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, mi riferisco soprattutto agli emendamenti che il gruppo Italia dei Valori ha presentato e che concernono alcuni aspetti di natura finanziaria, come per esempio l'emendamento Costantini 1.1, il quale recita: «Gli schemi dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, attuativi del riordino dei ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri previsti dal presente decreto, sono corredati, ove necessario, dalla relazione tecnica e sottoposti per il parere alle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione della richiesta, i decreti possono essere comunque adottati». Mi riferisco agli aspetti finanziari, in quanto volevo ricordare che il disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame non era corredato da una relazione tecnica. Inoltre, la relazione illustrativa afferma che dalle norme del decreto-legge non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato e che, viceversa, sono previste apposite misure per la riduzione della spesa pubblica.
Vorrei brevemente ricordare che il comma 376 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008 ha disposto che il numero dei ministri sia stabilito in dodici, che il numero complessivo dei componenti del Governo non possa essere superiore a sessanta e che la composizione del Governo sia resa coerente con quanto disposto dall'articolo 51 della Costituzione, laddove impone l'adozione di appositi provvedimenti per la promozione delle pari opportunità. Inoltre, il comma 377 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, prevede l'abrogazione delle disposizioni non compatibili con la riduzione dei ministeri.
Si tratta, quindi, di disposizioni che disciplinano talune competenze del Ministero dello sviluppo economico, la facoltà di mantenere gli incarichi dirigenziali conferiti nell'ambito delle strutture trasferite con la temporanea indisponibilità di un corrispondente numero di incarichi, al fine di assicurare l'invarianza della spesa. Inoltre, vi sono altri interventi, come l'attribuzione al Presente del Consiglio delle funzioni statali e delle corrispondenti risorse finanziarie in materia di sport e turismo.
La norma di attuazione, il cui merito è disposto dalla legge finanziaria per il 2008, individua i dodici Ministeri; ma voglio ricordare che, nel prospetto riepilogativo degli effetti dell'articolato, con riferimento ai commi 376 e 376 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2008, si prevede che non è scontato alcun effetto sui saldi di finanza pubblica. Quindi, in realtà, se da questo provvedimento possano o meno derivare incrementi della finanza pubblica è un tema che noi dobbiamo porci.
Da questo punto di vista, va detto che, in attuazione di quanto disposto dalla legge finanziaria, vengono disciplinati ai fini dell'adeguamento delle strutture di Governo il trasferimento tanto delle attribuzioni quanto delle risorse (i commi 2 e 7), e viene demandata l'immediata ricognizione in via amministrativa delle strutture trasferite ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Viene invece rinviata - e questo mi sembra vada sottolineato - ad appositi regolamenti l'adozione di misure di limitazione della spesa, quelle che riguardano gli assetti organizzativi e il numero delle strutture di primo livello delle amministrazioni che sono oggetto di adeguamento funzionale, che dovrebbero portare a ridurre di almeno il 20 per cento le nuove strutture al termine del processo di riorganizzazione. Così come viene rinviato a regolamenti la somma dei limiti delle spese strumentali e di funzionamento che sono previste per i Ministeri di origine e quelli di destinazione. Per quanto riguarda, tra l'altro, l'onere specifico relativo ai contingenti che sono assegnati agliPag. 10uffici di diretta collaborazione, si prevede che questo debba essere comunque inferiore, per non meno del 20 per cento, al limite di spesa complessivo relativo all'assetto previgente.
Da questo punto di vista, ad esempio per quanto riguarda il trasferimento di risorse e funzioni dal soppresso Ministero per la solidarietà sociale al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il comma 4 prevede che siano interessati da questa specie di devoluzione (fatto salvo quanto disposto dal comma 14, in tema di attribuzione al Presidente del Consiglio dei ministri) i compiti di vigilanza dei flussi di entrata dei lavoratori esteri non comunitari e neocomunitari, nonché i compiti di coordinamento delle politiche di integrazione degli stranieri immigrati.
In materia di personale si dispone poi che con decreto del Presidente del Consiglio si determinino criteri e modalità per individuare le risorse umane relative alle funzioni trasferite; si ribadisce inoltre, anche in questo caso, che da tale riordino non debbano derivare revisioni di trattamenti economici complessivi ai dipendenti trasferiti oppure a quelli di destinazione e si dispone, sempre con questo continuo richiamo al rispetto del vincolo di non onerosità, l'applicabilità delle disposizioni relative al collocamento fuori ruolo dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche che abbiano incarichi di collaborazione diretta presso la Presidenza del Consiglio o presso i singoli Ministeri.
Pur essendo questo provvedimento tendenzialmente destinato, come scritto nella relazione illustrativa, a determinare una riduzione della spesa dei Ministeri che saranno oggetto di riorganizzazione, senza relazione tecnica diventa complicato verificare quali saranno gli effetti che discenderanno dalla riorganizzazione. Pertanto, sarebbe necessario non limitarsi a dire che ci sarà un'invarianza e che non deriveranno nuovi oneri per la finanza pubblica: è difficile dirlo perché se non abbiamo una relazione che riesca a darci quantomeno delle indicazioni di massima, anche di carattere quantitativo, dell'impatto finanziario della nuova normativa, diventa arduo capire effettivamente quale sarà l'effetto di questo provvedimento.
Ad esempio, mi riferisco agli effetti finanziari di cui al comma 16, che prevede la riduzione del 20 per cento delle spese strumentali e di funzionamento. La portata di tale comma non appare chiaramente definita né dal punto di vista applicativo, perché non si capisce se è limitata alle strutture di primo livello o se è estesa a tutte le spese strumentali e di funzionamento, né dal punto di vista quantitativo perché non viene mai indicata la spesa totale sulla quale la riduzione va ad incidere. Inoltre, la previsione non è chiara neanche dal punto di vista del tempo perché, come dicevo prima, la misura di risparmio è rinviata ai regolamenti di organizzazione, che non hanno un termine prefissato; quindi non è dato sapere quando, di fatto, la riduzione avrà effetto. Le stesse considerazioni valgono anche con riferimento al comma 17, dove si immagina un risparmio del 20 per cento della spesa relativa ai contingenti assegnati agli uffici di diretta collaborazione. Pertanto, si sarebbe dovuto chiedere effettivamente una relazione tecnica su questi aspetti.
In generale, sotto il profilo metodologico, va osservato che, considerato anche quanto è avvenuto nella precedente legislatura, nella quale con il decreto-legge n. 181 del 2006 si era proceduto al riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri, non è possibile effettuare il riscontro degli effetti finanziari relativi ad una serie di provvedimenti attuati, se non si compie una verifica complessiva. In questo caso, non riusciamo a sapere in anticipo quale sarà l'effettiva organizzazione amministrativa, che dovrebbe poi determinare quei risparmi di spesa di cui ai commi 16 e 17, proprio perché non conosciamo i decreti attuativi, li conosceremo in futuro, e quindi è solo in futuro che potremo conoscere se effettivamente sarà possibile o meno risparmiare quei costi. Ecco perché con il nostro emendamento volevamo dare forza all'idea che fosse necessario corredare il provvedimento di una relazionePag. 11tecnica e sottoporlo al parere delle Commissioni competenti per materia, soprattutto per misurare gli effetti di carattere finanziario che oggi non siamo ancora in grado di valutare.
In merito, tra l'altro, all'estensione applicativa delle disposizioni che riguardano il collocamento fuori ruolo di quei dipendenti che abbiano incarichi di diretta collaborazione, è vero che vi è una clausola di non onerosità, ma osservo che anche sotto questo aspetto non abbiamo avuto elementi di conoscenza diretti per suffragare un'effettiva assenza di conseguenze di carattere oneroso. Ciò perché la progressione di carriera di questo personale di servizio potrebbe subire delle accelerazioni, a noi non note, così come, ad esempio, si potrebbe verificare un aumento del fabbisogno di risorse necessarie per svolgere le funzioni attribuite all'amministrazione.
Inoltre, vi è anche da sottolineare che il comma 19 vieta di rivedere i trattamenti economici dei dipendenti trasferiti: nella fase di riordino delle strutture ciò rappresenta un impegno importante, perché evidentemente preclude il manifestarsi di meccanismi di adeguamento stipendiale. Anche sotto tale profilo noi non abbiamo cognizione, non sappiamo che tipo di logica sarà applicata a questo trasferimento, perché non sappiamo se, nel medio periodo, il trasferimento verso amministrazioni che corrispondono trattamenti economici più elevati, non comporti una tendenza alla crescita della spesa di quel personale che è stato trasferito. Quindi, l'emendamento da noi presentato appare opportuno perché, ad oggi, non siamo in grado di valutare appieno quale possa essere l'impatto in termini finanziari del provvedimento che stiamo esaminando.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Livia Turco che aveva chiesto di parlare. Si intende vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo perché sono state portate un'insieme di proposizioni estremamente interessanti da parte degli esponenti della sinistra, pienamente condivisibili e da sottolineare. In realtà, la Costituzione del 1948 nei sessant'anni di vita ha prodotto una serie di problemi che oggi vengono al pettine. Credo che abbiamo la più bella Costituzione del mondo, ma dopo sessant'anni le varie istituzioni dello Stato hanno imparato a barare sulla Costituzione stessa.
Mi spiego meglio: se un avvocato si rivolge ad un giudice di prima istanza lo chiama «signor giudice», se si tratta del tribunale «onorevole tribunale», se è l'organo d'appello «eccellente corte d'appello» e se è la Cassazione «suprema Corte». Quando si tratta della Corte costituzionale la chiama «sovrana Corte». La Corte costituzionale ritiene che questo appellativo sia vero e si è posta al di sopra di tutto.
Nei primi anni di istituzione della Corte costituzionale, infatti, la Corte rispondeva all'assetto costituzionale, ovvero dichiarava le norme o conformi alla Costituzione o non conformi. Si è svolta una dialettica con la Corte di cassazione e ogni tanto la Corte costituzionale affermava che se la norma è interpretata nel modo A è costituzionale, se invece è interpretata nel modo B non lo è. Ebbene, dopo due o tre volte che la Cassazione giustamente continuava ad interpretare la norma, la Corte costituzionale la cassava. Successivamente, forse perché si confondevano gli interventi tra la Corte costituzionale e la Corte di cassazione, cosa si è verificato? Si è verificato che la Corte costituzionale ha adottato le sentenze interpretative di rigetto con cui afferma che la norma deve essere interpretata nel modo A. È sufficiente sfogliare un codice per rinvenire le sentenze della Corte costituzionale che hanno «valore di legge».
Riporto questo esempio per capire che la Corte costituzionale «fa le leggi», ma anche l'Esecutivo, che dovrebbe amministrare lo Stato, «fa le leggi». Del resto i capi di tutti i partiti di maggioranza sono presenti all'interno dell'Esecutivo: tanto vale che facciano le leggi in quella sede ePag. 12portino in Aula i decreti. I peones presenti in Aula cosa devono fare? Cercano di trovare il piccolo finanziamento da sbandierare sul proprio per territorio e, quindi, in Aula ci si occupa di conversione dei decreti-legge del Governo e di piccola amministrazione da poter spendere sul territorio.
La magistratura ovviamente - che ritiene in base ad un cavillo presente all'interno della Costituzione di essere un potere autonomo e quindi al di sopra delle leggi - ci insegna (come ci ha insegnato oggi) in che modo noi dobbiamo fare le leggi. La magistratura pensa di andare al di sopra della Corte costituzionale e durante l'iter di un provvedimento ci dice che il nostro lavoro è incostituzionale. La morale è che vi è un imbrattamento delle rispettive funzioni istituzionali l'uno con l'altro e una confusione terribile.
Riallacciandomi agli interventi precedenti, il provvedimento in esame dovrebbe e deve portare ad un riassetto costituzionale dello Stato, il quale non può che avere come cardine il Parlamento. Il Parlamento deve riacquistare la dignità di ciò che la Costituzione gli assegna, nonché la funzione di Aula in cui i parlamentari (ovvero i rappresentanti dei singoli cittadini) devono discutere sul futuro del Paese.
Questo è il problema, signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli deputati dell'Italia dei Valori. Voglio portare, al riguardo, un altro esempio: il Presidente Berlusconi quando ha predisposto il provvedimento grazie al quale vengono sospesi i processi, cosa ha fatto? Ha fatto una cosa che dovevamo anticipare noi in Parlamento. Il Presidente Berlusconi se predispone, come membro del Governo, un tale provvedimento può essere, infatti, tacciato di essere uno che vuole sospendere il suo processo. Se invece lo facessimo noi, come legittimamente ci aspetta, questa accusa non potrebbe essere più portata perché, fino a prova contraria, la sovranità risiede nel Parlamento; questo è il punto.
Alla luce di ciò, inviterei il Governo a sollecitare le competenze legislative di Camera e Senato e di trattenere per sé le competenze amministrative tanto più che ne ha tutta le possibilità dato che i rappresentanti dei partiti che hanno votato la fiducia siedono in quest'Aula. Sicuramente la giustizia è un criterio che non serve ad amministrare, è una questione di carattere costituzionale che deve essere devoluta a questa Aula. Quindi, visti gli interventi di questa mattina - mi rivolgo agli onorevoli colleghi della sinistra - dobbiamo sederci attorno a un tavolo per ridare dignità alla Camera. Dignità che è stata persa quando il suo predecessore, signor Presidente, aveva mandato Le Iene e altre cose, al fine di dileggiare questo Parlamento che non è difeso da nessuno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere della Commissione.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, Relatore. Signor Presidente, esprimerò il parere anche a nome del collega Mannino, relatore anch'egli del provvedimento. La Commissione formula un accorato invito al ritiro dell'emendamento Misiti 1.12, perché abbiamo un ordine del giorno che verrebbe pregiudicato da un eventuale voto contrario ed inoltre perché la materia è di interesse e di rilievo per tutti, come è emerso in Commissione. Pregiudicarlo con un voto contrario rappresenterebbe, pertanto, la perdita di un'opportunità. Pertanto, nel caso in cui non venisse accolto questo accorato invito al ritiro, il parere è contrario.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Misiti 1.13 e 1.14, non per ragioni di sostanza ma perché la formulazione della norma, così come è nel decreto-legge, è resa obbligata dalla successione delle leggi ed è chiarissima. Introdurre queste modificazioni produrrebbe quelle confusioni che l'onorevole Misiti paventa: il rimedio provocherebbe il male che vuole sventare.
La Commissione, inoltre, esprime parere contrario sull'emendamento Costantini 1.1 per una ragione molto semplice: l'emendamento in questione è stato riPag. 13preso da un decreto precedente, quello che ha realizzato lo «spacchettamento» dei ministeri nel 2006; in quel caso, la ragione era l'incremento della spesa che poteva derivare dall'aumento del numero dei ministeri, mentre nel nostro caso abbiamo un'indicazione precisa nel decreto che porta ad una riduzione del costo. Pertanto, non vi è una ragione di rendere più macchinosa la procedura per il definitivo assetto delle strutture di Governo.
La Commissione, invece, esprime parere favorevole sull'emendamento 1.100 (nuova formulazione) del Governo e sugli emendamenti 1.101 e 1.102 del Governo, che risolvono solo un problema di stesura del testo, e raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.200 che raccoglie le indicazioni del collega Zaccaria. La Commissione, invece, esprime parere contrario sugli emendamenti Amici 1.10 e 1.11 per la semplice ragione che la volontà espressa di aumentare il risparmio è difficile da realizzare.
Per tale motivo, invito i colleghi che li hanno presentati a ritirarlo, altrimenti il parere è contrario. La Commissione formula un invito al ritiro degli emendamenti Costantini 1.18, 1.20, 1.3 e 1.19, altrimenti il parere è contrario, mentre raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.201, per il quale propone una riformulazione dovuto ad un errore di natura tecnica. Quindi, si tratta di una correzione - e chiedo alla Presidenza di poter leggere il nuovo testo -, in modo che, il riferimento normativo sia esplicitato in modo chiaro. Ho qui il testo della riformulazione. Lo leggo per intero?

PRESIDENTE. Prego onorevole, lo legga.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, Relatore. «Al comma 22, alinea, sostituire le parole: "a tale articolo" con le seguenti: "mediante decreti dei rispettivi organi di governo di cui all'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, informandone gli organi di amministrazione del personale interessato, al predetto articolo 13"». È questa l'esplicitazione della modifica che proponiamo.

PRESIDENTE. Il Governo?

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo formula un invito al ritiro dell'emendamento Misiti 1.12, perché, come è già accaduto al Senato - poi ne parleremo - intenderebbe accogliere l'ordine del giorno che è stato presentato dall'onorevole Turco. Il Governo, come diceva il relatore, altresì formula un invito al ritiro degli emendamenti Misiti 1.13 e 1.14, altrimenti il parere è contrario, perché sono lessicalmente sbagliati, in quanto riattribuiscono delle funzioni che non sono state soppresse. Per quanto riguarda l'emendamento Misiti 1.13, il decreto attribuisce al nuovo Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le funzioni del soppresso Ministero dei trasporti, quindi non possono esser attribuite funzioni che già persistono nel Ministero delle infrastrutture. Stesso discorso riguarda l'emendamento successivo, Misiti 1.14, in quanto il decreto attribuisce al nuovo Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca le funzioni del soppresso Ministero dell'università e della ricerca e quindi non possono essere riattribuite anche le funzioni del Ministero che persiste.
Il Governo formula inoltre un invito al ritiro dell'emendamento Costantini 1.1, in quanto accoglierebbe, se presentato, un apposito ordine del giorno con il quale si impegna il Governo a illustrare e a presentare al Parlamento le linee guida di attuazione del presente decreto. Si tratta di un decreto-legge all'esame parlamentare e si ritiene che rappresenterebbe un aggravio della procedura inviare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ricognizione delle strutture governative al parere delle Commissioni, e dunque il Governo si impegnerebbe, informando le Camere.
Il Governo raccomanda l'approvazione dei suoi emendamenti 1.100 (nuova formulazione), 1.101, 1.102 ed esprime parere favorevole sull'emendamento 1.200 della Commissione, mentre formula un invito al ritiro degli emendamenti Amici 1.10 e 1.11, altrimenti il parere contrario, inPag. 14quanto nel frattempo è intervenuto - come l'onorevole Amici sa - il decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, che comporta un'ulteriore riduzione del personale dei Ministeri. Il Governo esprime parere contrario sugli emendamenti Costantini 1.18, 1.20, 1.3, 1.19, mentre esprime parere favorevole sull'emendamento 1.201 della Commissione come testé riformulato.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Misiti 1.12.
Chiedo all'onorevole Misiti se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 1.12, formulato dal relatore e dal rappresentante del Governo.

AURELIO SALVATORE MISITI. Sì, signor Presidente, ritiro il mio emendamento 1.12.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Misiti 1.13.
Chiedo all'onorevole Misiti se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 1.13.

AURELIO SALVATORE MISITI. Sì, signor Presidente, ritiro il mio emendamento 1.13.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Misiti 1.14.
Chiedo all'onorevole Misiti se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 1.14.

AURELIO SALVATORE MISITI. Sì, signor Presidente, ritiro il mio emendamento 1.14.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Costantini 1.1.
Chiedo all'onorevole Costantini se acceda all'invito al ritiro del suo emendamento 1.1.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, valuto favorevolmente la disponibilità del Governo ad accogliere un ordine del giorno, però ci tengo a svolgere alcune sottolineature, perché il provvedimento adottato dal Governo riproduce alla lettera il testo del decreto-legge adottato dal precedente Esecutivo. Era prevista l'adozione di uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per fotografare la situazione amministrativa all'esito del provvedimento di riordino dei Ministeri.
Inoltre, era previsto un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze relativo al riposizionamento delle risorse finanziarie: una situazione perfettamente identica.
In Commissione affari costituzionali, la motivazione contraria è stata basata su due ragioni: la prima è che siamo in presenza di un decreto-legge e, quindi, la procedura di trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del parere renderebbe il meccanismo troppo farraginoso.
La seconda motivazione è quella riproposta in questa sede dal relatore e legata ad una differenza rispetto al precedente provvedimento: prima vi sarebbe stato un incremento della spesa che avrebbe reso necessario l'esame delle competenti Commissioni parlamentari, in questo caso vi sarebbe, invece, esclusivamente un'attività di tipo ricognitivo.
Tutte e due i rilievi e le motivazioni sono però infondate. Infatti, anche nella precedente occasione si trattava di un decreto-legge e, addirittura, la previsione del parere delle competenti Commissioni parlamentari era stata introdotta anche in quel caso attraverso un emendamento. Del resto ritengo che l'espressione di un parere in un tempo così ristretto, 30 giorni, sia perfettamente compatibile anche con questa sede.
È infondato anche il secondo rilievo: infatti anche nel precedente provvedimento, pur essendovi una più profonda riorganizzazione dei servizi, era previsto il vincolo dell'invarianza della spesa. Quindi ci troviamo in una situazione assolutamente identica rispetto alla precedente, con una retrocessione del potere di controllo parlamentare su un provvedimento certamente significativo: si tratta, infatti,Pag. 15di verificare la definizione dei nuovi Ministeri e soprattutto di consentire al Parlamento di esaminare i profili finanziari di questo provvedimento.
Non comprendo le ragioni per le quali questa stessa Assemblea, da un lato, ventiquattro mesi fa, ha introdotto il vincolo del controllo parlamentare su tali provvedimenti e, dall'altro lato, a distanza di ventiquattro mesi, ha dichiarato di voler retrocedere rispetto ad una decisione del Governo. Pertanto, le motivazioni che sono state rappresentate, purtroppo, non hanno senso e non sono fondate. Nonostante questo, accedo con favore all'invito del Ministro Vito al ritiro dell'emendamento 1.1, di cui sono primo firmatario, e presenterò un ordine del giorno che preveda in qualche modo l'impegno del Governo ad inviare comunque alle Commissioni parlamentari il provvedimento, se non per l'espressione di un parere, almeno per consentire al Parlamento di esercitare un'attività di controllo e di verifica che considero importante.
Pertanto, accedo all'invito al ritiro dell'emendamento 1.1 da me presentato.

PRESIDENTE. Prendo atto, quindi, che l'emendamento Costantini 1.1 è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 (Nuova formulazione) del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 485
Votanti 484
Astenuti 1
Maggioranza 243
Hanno votato
484).

Prendo atto che i deputati Scelli e Nirenstein hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.101 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 484
Votanti 482
Astenuti 2
Maggioranza 242
Hanno votato
482).

Prendo atto che il deputato Baldelli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.200 della Commissione...
Scusate, prima di procedere alla votazione dell'emendamento 1.200, è necessario passare alla votazione dell'emendamento 1.102 del Governo. Revoco, quindi, l'indizione della votazione sull'emendamento 1.200 della Commissione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.102 del Governo, accettato dalla Commissione.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
477).

Prendo atto che il deputato Mannino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.Pag. 16
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.200 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 487
Votanti 486
Astenuti 1
Maggioranza 244
Hanno votato
486).

Prendo atto che i deputati Corsini, Piccolo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Passiamo all'emendamento Amici 1.10.
Chiedo ai presentatori dell'emendamento se accedano all'invito al ritiro formulato dal Governo.

SESA AMICI. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro dell'emendamento 1.10 e del successivo emendamento 1.11, di cui sono prima firmataria, ma colgo l'occasione per una brevissima considerazione.
L'emendamento 1.10 al nostro esame, come sa bene il Ministro Elio Vito, è allineato rispetto alla discussione che, invece, prevede la riduzione al venti per cento delle spese per la riorganizzazione delle strutture di Governo. Tale emendamento era legato ad un contesto politico che credo sia giusto sottolineare, perché deve rappresentare un esempio di ragionamento politico anche nel prosieguo dell'attività legislativa.
Il contesto era una riduzione dei costi della politica, che è concetto diverso dalla riduzione dei costi della democrazia. Su tale aspetto continuo a mantenere un elemento di distinzione assai netta, perché ridurre i costi della politica significa porre mano ad una razionalizzazione che abbia a cuore due categorie: l'efficacia e l'efficienza.
La riduzione dei costi della democrazia sarebbe lesiva, se comportasse invece il non rispetto delle autonomie funzionali di Parlamento e di Governo.
Alla luce anche della riscrittura degli aspetti finanziari che saranno in discussione nel decreto finanziario, è del tutto evidente che gli emendamenti 1.10 e 1.11, che recano la mia prima firma e di cui volevo solo ricordare la natura, vengono entrambi ritirati.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che gli emendamenti Amici 1.10 e 1.11 sono stati ritirati.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Costantini 1.18.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, credo che sull'emendamento in esame sia opportuno un supplemento di riflessione.
Il comma 21 del provvedimento sottoposto alla nostra attenzione sopprime il comma 2 dell'articolo 3 della legge sui servizi di informazione e sicurezza, approvata dal Parlamento nel 2007.
Il comma 2 stabilisce un principio molto chiaro: l'autorità delegata ai servizi di sicurezza non può esercitare funzioni di Governo ulteriori, rispetto a quelle ad essa delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri, a norma della presente legge.
Si tratta di un principio chiaro, che, considerata la delicatezza della materia, la Camera ed il Parlamento hanno inteso condividere un anno fa, e del quale sono ancora profondamente convinto.
Vi sono ragioni di opportunità, che rendono incompatibile l'esercizio della delega ai servizi di sicurezza, rispetto all'esercizio di qualunque altra funzione di Governo.
La motivazione rappresentata dal Governo rispetto alla contrarietà sull'emendamento in esame mi è parsa un po' debole.
Il Governo sostanzialmente ha affermato: «Siamo un po' stretti con i sottosegretari, dobbiamo abrogare questa norma per consentire di cumulare più funzioni».
O si è sbagliato un anno fa, quando si è affermato tale principio - ma secondo me non si è sbagliato - o si sta sbagliandoPag. 17adesso, eliminando e rimuovendo questo principio semplicemente perché, quanto a numero di sottosegretari, il Governo «è un po' stretto».
Vorrei capire meglio le ragioni di tale soppressione ed eventualmente, all'esito, mi riservo anche di ritirare il mio emendamento 1.18.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Costantini che offre l'opportunità al Governo di chiarire la questione, come abbiamo già fatto in Commissione.
Non è in discussione tanto il numero dei sottosegretari: il Governo ha inteso, con questa abrogazione, rispettare ed attuare lo spirito della recente riforma dei servizi di informazione e di sicurezza, che prevede appunto l'unicità della delega all'Autorità vigilante di controllo sui servizi di informazione e sicurezza.
Si è posto però un problema interpretativo sulla norma, in quanto la delega, come noto, è stata attribuita al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ricopre anche le funzioni di segretario del Consiglio dei ministri; quindi, non esercita altre deleghe, ma ricopre anche le funzioni di segretario.
Vi era il timore che questa ulteriore funzione potesse essere in contrasto con l'unicità stabilita dalla legge sui servizi di informazione e sicurezza, ma, nei fatti, il Governo non ha inteso né derogare al numero dei sottosegretari, come è stato fatto poi per il sottosegretario alla Presidenza sui rifiuti (si poteva operare una deroga al comma 376 dell'articolo 1 della legge finanziaria) né stabilire una contrarietà al principio dell'unicità della delega.
Vi era il timore però, in via interpretativa, che potesse contrastare e per questo si è preferito stabilire tale norma. Ma di ciò è stata data informazione - rassicuro l'onorevole Costantini - anche nella seduta del Copasir, presieduta dal senatore Rutelli, e non vi sono state obiezioni su questa procedura.

PRESIDENTE. Onorevole Costantini?

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, non ritiro il mio emendamento 1.18 e insisto per la sua votazione per una ragione molto semplice, che voglio spiegare: il ragionamento svolto dal Ministro avrebbe un senso se la proposta non fosse quella di abrogare il principio.
In altre parole, in realtà, con il comma 21 del provvedimento in esame viene completamente rimosso il principio.
Ciò significa che in futuro sarà certamente possibile individuare un sottosegretario o un altro soggetto a cui attribuire più funzioni.
L'errore probabilmente è stato quello di proporre un meccanismo di totale abrogazione, di cancellazione del principio. Credo invece che sarebbe stato utile preservare quel principio in questa sede.
Perciò insisto sulla richiesta di votazione del mio emendamento 1.18.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantini 1.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 325
Astenuti 175
Maggioranza 163
Hanno votato
57
Hanno votato
no 268).

Passiamo all'emendamento Costantini 1.20.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Pag. 18

CARLO COSTANTINI. No, signor Presidente, insisto per la votazione dell'emendamento 1.20, a mia prima firma, nonché dei due successivi emendamenti, 1.3 e 1.19, di cui sono primo firmatario, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, in questo caso parliamo del dipartimento della sezione distaccata della Corte dei conti presso il DIS, il dipartimento per l'informazione e la sicurezza. Al Senato è stato introdotto un comma - il 21-bis - che interviene in maniera estemporanea su una materia molto complessa: il controllo di contabilità rispetto all'attività del dipartimento dell'informazione e della sicurezza. Ebbene, si è intervenuti, introducendo una serie di deroghe francamente inaccettabili.
In primo luogo, vi è una valutazione di principio che credo sia utile sottolineare: nel momento in cui si interviene per disciplinare le strutture di Governo, considero straordinariamente inopportuno, nella stessa sede, intervenire sulle strutture di controllo di organismi che fanno parte del Governo. Vi è un'incompatibilità assoluta per materia: un conto è un provvedimento che serve a disciplinare le strutture del Governo, un conto è un provvedimento che serve a disciplinare il funzionamento degli organismi di controllo sulle stesse strutture di Governo. Vi è, quindi, un'incompatibilità di fondo, rispetto a questa disposizione, aggravata da una serie di deroghe.
La prima deroga è quella di consentire al Presidente della Corte dei conti - che non è l'organismo preposto rispetto alla legislazione vigente - di adottare con atto monocratico il regolamento attraverso il quale garantire il funzionamento dell'ufficio distaccato della Corte dei conti presso il dipartimento dell'informazione e della sicurezza.
Vi è, poi, un'altra evidente anomalia: nell'articolo 29 della legge istitutiva dei servizi di sicurezza, era previsto che questa disposizione fosse inserita in un provvedimento organico all'interno del regolamento di contabilità. In questo modo, si è espunta una parte di ciò che dovrebbe essere disciplinato all'interno del regolamento di contabilità e lo si è inserito in un provvedimento che, ripeto, a me sembra assolutamente incompatibile per materia.
Vi è, infine, un'ultima postilla che serve a sottolineare la limitazione dell'attività di controllo del DIS, poiché il richiamo alla funzione di controllo, senza specificazione, correrebbe il rischio di determinare un'interpretazione, per effetto della quale questa sezione distaccata potrebbe esercitare un controllo su tutta l'attività di Governo e non solo del DIS.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, data la delicatezza della materia, anche in questo caso il Governo ritiene opportuno fornire alcuni chiarimenti all'onorevole Costantini.
Come è noto, la recente legge di riforma dei servizi ha istituito, per il controllo degli atti sui servizi di informazione e sicurezza, una sezione distaccata della Corte dei conti. Tuttavia, la recente legge di riforma non diceva alcunché sulle modalità e sul regolamento di organizzazione di tale sezione distaccata. Il Governo li ha inseriti con una proposta emendativa al Senato, richiamandosi ai principi generali di ordinamento della Corte dei conti. Per questo motivo, inviterebbe al ritiro dei due emendamenti Costantini 1.20 e 1.3, altrimenti resterebbe la sezione distaccata, ma non potrebbe esercitare quelle funzioni di controllo e di legittimità sugli atti che, giustamente, l'onorevole Costantini sollecita.
Infine, invita al ritiro anche dell'emendamento Costantini 1.19, perché, paradossalmente, estenderebbe a tale sezione distaccata il controllo di legittimità su tutti gli atti della presente legge e, quindi, suPag. 19tutti gli atti del Governo e dei Ministeri. Avrebbe, di conseguenza, una funzione addirittura opposta a quella auspicata dall'onorevole Costantini.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantini 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 500
Votanti 296
Astenuti 204
Maggioranza 149
Hanno votato
33
Hanno votato
no 263).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantini 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 305
Astenuti 186
Maggioranza 153
Hanno votato
46
Hanno votato
no 259).

Prendo atto che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Favia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che il deputato Cardinale ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantini 1.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 484
Votanti 293
Astenuti 191
Maggioranza 147
Hanno votato
36
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che i deputati Marinello, Delfino e De Girolamo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che i deputati Sanga e Savi hanno segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.201 della Commissione, nel testo riformulato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, non ho compreso le ragioni né della disposizione del comma 22, né di questo emendamento. A mio avviso, sembra che si tratti di una norma ad personam, nel senso che, dietro questo provvedimento, mi sembra quasi che emerga con chiarezza un riferimento personale, e vi spiego perché.
La norma interviene sugli uffici di diretta collaborazione e fa espresso riferimento ai magistrati e agli avvocati dello Stato, ribadendo il principio che, anche per loro, è possibile il trasferimento rispetto alla Presidenza del Consiglio dei ministri o ai ministeri. Fondamentalmente, ci dice da quale organo dovrebbe provenire questa persona.
La norma ci dice anche dov'è destinata questa persona, perché il comma 22 introduce una deroga al principio edPag. 20estende anche al sottosegretario di Stato la possibilità di beneficiare di questa disposizione.
Sempre il comma 22 interviene sulla normativa prevista dall'articolo 13 della legge n. 317 del 2001, che stabilisce la possibilità per l'amministrazione di provenienza di esercitare un motivato diniego al trasferimento della persona interessata. Anche in questo caso, evidentemente preoccupati dalla possibilità di diniego, si interviene rafforzando la motivazione e chiedendo che essa, oltre ad essere chiara, debba essere anche specifica.
Con questo emendamento, si interviene ancora di più, una seconda volta, e mi sembra affermarsi il principio che il diniego dell'amministrazione di provenienza non debba più essere espresso dall'organismo collegiale, ma dal presidente dell'organismo stesso.
Francamente, vorrei capirci di più. Qual è la ragione per cui un provvedimento così specifico, così mirato, deve essere introdotto in un provvedimento come questo? Evidentemente, corro il rischio di sbagliarmi, ma la lettura sistematica di questa serie di modifiche mi fa pensare ad un provvedimento calato su misura su una singola persona.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO, Relatore. Signor Presidente, essendo il proponente di questo emendamento posso rassicurare l'onorevole Costantini che non avevo in mente nessuna persona cui esso potesse applicarsi in modo specifico, né una né dieci.
La ragione è una sola: nella formazione dei Governi gli incarichi dei magistrati amministrativi e contabili sono a livello del gabinetto. La costituzione del gabinetto del ministro è atto che si deve compiere nelle immediate ore successive alla nomina del ministro.
Rimettere questa decisione sull'autorizzazione del magistrato amministrativo o contabile in capo all'organismo collegiale richiede dei tempi per la manifestazione dell'autorizzazione tali da impedire i primi atti di funzionalità del Governo stesso.
Si è voluta dare, invece, ai presidenti dei singoli organi la facoltà di autorizzare o meno il distacco; se non è autorizzato, però, il diniego deve essere motivato. Deve essere ben espresso e cogente il motivo per cui non viene autorizzato. È una ragione di efficienza e di funzionalità governativa e non c'è nessun riferimento personale a chicchessia.

CALOGERO MANNINO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALOGERO MANNINO, Relatore. Signor Presidente, concordo con il collega Stracquadanio in merito alle precisazioni che ha voluto dare su questa questione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.201 della Commissione, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 506
Votanti 502
Astenuti 4
Maggioranza 252
Hanno votato
298
Hanno votato
no 204).

Prendo atto che il deputato Porfidia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale.

Pag. 21

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1250)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1250).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Il Governo è favorevole e accoglie come raccomandazione, per non assumere impegni sulla specificità di tempo, ma per valutare, come si è detto anche al Senato, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, l'evolversi dell'attuazione della riforma Bassanini, l'ordine del giorno Livia Turco n. 9/1250/1 (ce n'è uno analogo, che vedremo successivamente, dell'Italia dei Valori).
Il Governo accoglie, altresì, come raccomandazione gli ordini del giorno Zaccaria n. 9/1250/2 e Duilio n. 9/1250/3, che riprendono puntualmente alcune questioni poste dal Comitato per la legislazione, e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Tassone n. 9/1250/4.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Costantini n. 9/1250/5, che fa riferimento all'emendamento ritirato, e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Misiti n. 9/1250/6, che riprende la stessa questione, sul dicastero della salute, dell'ordine del giorno Livia Turco n. 9/1250/1.
Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1250/7, non perché sia intenzione del Governo proporre nuove deroghe, ma perché non è in grado, in questo momento, di poter escludere che ciò accada in futuro.
Soprattutto, il Governo aveva già detto, sia al Senato sia in Commissione, che intende rispettare quanto previsto dal comma 376 dell'articolo 1 della legge finanziaria del 2007, però intende anche rimettersi alle valutazioni che emergeranno nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, anche dal Parlamento, sulla possibilità di corrispondere adeguatamente alla necessità che il Governo sia rappresentato in tutte le sedi e in tutte le Commissioni parlamentari di Camera e Senato. Perciò il Governo non è in grado in questo momento di assumere tale impegno negativo, e non accetta l'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1250/7, mentre invece accoglie come raccomandazione l'ordine giorno Di Giuseppe n. 9/1250/8.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Livia Turco n. 9/1250/1, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Zaccaria n. 9/1250/2, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Duilio n. 9/1250/3, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Tassone n. 9/1250/4, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Costantini n. 9/1250/5, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Misiti n. 9/1250/6, accolto come raccomandazione dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1250/7, non accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/1250/8, accolto come raccomandazione dal Governo.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1250)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

Pag. 22

SESA AMICI. Signor Presidente, sulla dichiarazione di voto che svolgerò a nome del gruppo del Partito Democratico non mi tratterrò moltissimo, visto il tipo di argomentazioni che sono già state svolte sia nel corso della discussione sulle linee generali sia in Commissione. Mi preme però sottolineare due aspetti.
Siamo di fronte ad un decreto-legge che reca disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge finanziaria del 2007; si tratta di norme di attuazione, relative a tali due commi, sul numero definitivo che riguarda la composizione del Governo, attualmente fissato in dodici ministeri e quarantasette sottosegretariati. Il dispositivo riguardava non semplicemente una questione normativa, ma era legato ad una delle disposizioni che, già nel corso delle legislature passate, erano previste dalla cosiddetta legge Bassanini, mai del tutto attuata.
La discussione, come si è potuto evincere anche dalla formulazione degli emendamenti, ha teso a rilevare due questioni, su cui è bene che i colleghi dell'Aula riflettano. La prima: abbiamo avuto un inizio di legislatura abbastanza complesso, un'eccessiva decretazione di urgenza (come ricordava anche il collega Zaccaria nella discussione sul complesso degli emendamenti); ciò pone un tema squisitamente politico all'intera Aula: la salvaguardia dei compiti e del ruolo del Parlamento nel proprio ambito legislativo, e l'eccesso di delegazione da parte del Governo, con la conseguenza di immettere elementi di riflessione nella discussione intorno alle riforme istituzionali. E lo debbo dire con estrema franchezza, nonostante si tratti di osservazioni espresse a titolo personale: nella relazione, il collega di maggioranza ha sottolineato come per lui molte di queste materie dovrebbero avere una fonte normativa diversa da quella che la Costituzione invece riserva, anche in termini di organizzazione del Governo, alla Costituzione stessa. Credo che ciò rimanga un dato di opinione personale, ma proprio perché di opinione personale si tratta, ritengo che sia giusto ribadire in questa sede che con riguardo alla Costituzione e alle modifiche delle fonti normative bisogna procedere con grande cautela. La cautela non è espressione di moderatismo, ma è fondamentalmente questione di rispetto della forma di Governo, che vede questa Repubblica fondata proprio sul ruolo del Parlamento.
Il secondo aspetto è che in questo strumento la definizione dei dodici ministeri ha posto una serie di perplessità, che sono state accolte tramite la discussione degli ordini del giorno, e di questo ringrazio il Ministro Elio Vito: soprattutto perché il tema sollevato da più forze dell'opposizione era relativo alla questione dell'accorpamento del Ministero della salute. È del tutto evidente all'Aula che quando si parla del Ministero della salute si interviene su una delle materie più sensibili, che riguardano il rispetto e la cura dei cittadini, la loro assistenza. La riforma del Titolo V ha attribuito allo Stato competenze non esclusive, bensì concorrenti con quelle delle regioni.
Pur tuttavia, credo che la definizione di taluni principi essenziali (compresi i livelli di assistenza) da salvaguardare sull'intero territorio nazionale debba rimanere in capo allo Stato, e che essa debba anche servire come guida per un ripensamento delle strutture di Governo: intorno a questo tema, infatti, si concentra la capacità di dare risposte non in termini burocratici ad un bisogno organizzativo, ma ad un bisogno di ordine politico, poiché la salute, l'assistenza e la sanità hanno a che vedere con la quotidianità di un bisogno primario e di un diritto universalistico dei cittadini e delle cittadine italiani.
Infine, desidero sottolineare che su questo provvedimento, sia al Senato sia qui alla Camera, noi abbiamo assunto un atteggiamento che ci porterà ad esprimere un voto favorevole, proprio perché si tratta dell'attuazione di una norma contenuta nella legge finanziaria, e nonostante vi sia un elemento che, in altra situazione, ci avrebbe preoccupato. In modo evidente, il Ministro Vito ha infatti esplicitato che questa sarà una norma provvisoria, e chePag. 23essa dovrà essere verificata alla luce della capacità del Governo di rispondere efficacemente alle esigenze dell'attuazione del proprio programma. In pratica, il Ministro Vito ha dichiarato che, di qui a non so quanti mesi, saremo costretti politicamente ad una nuova riflessione, poiché il Governo deciderà di riaprire la questione della sua organizzazione strutturale.
Ebbene, in vista di questa riflessione l'auspicio del Partito Democratico è che si colga che, quando si affrontano questioni simili, ciò deve avvenire sulla base di due considerazioni molto chiare. In primo luogo, si deve badare all'efficienza perché sia data una risposta concreta alle esigenze di attuazione di programmi di Governo che oggi sono di questa maggioranza e domani potrebbero essere di una maggioranza diversa: guai ad immaginare che la discussione sulle strutture di Governo sia piegata a logiche che troppe volte hanno penalizzato l'efficacia della legislazione di questa Repubblica! In secondo luogo, occorre considerare che anche gli strumenti organizzativi dei ministeri devono poter rispondere a logiche stabilite entro ordinamenti normativi chiari: il rispetto della legge n. 165 del 2001, i concorsi, la capacità di valutazione dei dirigenti, il fatto che anche gli uffici di diretta collaborazione operino secondo un criterio di efficienza e non semplicemente di appagamento di esigenze personali e di tipo politico.
È compito di chi governa avere a cuore questi aspetti, poiché è grazie ad essi che vi potrà essere una dialettica politica tra maggioranza ed opposizione. In quest'ottica, la risposta molto concreta che si richiede a chi oggi fa opposizione è quella di stare al merito delle questioni e di evitare che, nel corso di un inizio di legislatura tormentoso come questo, si compiano errori che saranno un danno non solo per chi li compie ma addirittura per l'intero Paese. Nonostante queste perplessità, preannuncio dunque il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastore. Ne ha facoltà.

MARIA PIERA PASTORE. Signor Presidente, con questo provvedimento si dà attuazione a quanto stabilito dalla legge finanziaria per l'anno 2008 per quanto attiene alla struttura di Governo. Tale legge aveva infatti previsto l'indicazione di dodici ministeri, ma non ne aveva definito la denominazione e la ripartizione delle attribuzioni.
Se il precedente Governo avesse voluto dare un segnale forte di attenzione nei confronti delle rivendicazioni dei cittadini o se avesse voluto dare almeno un segnale di cambiamento, avrebbe dovuto ridurre immediatamente il numero dei ministri e dei sottosegretari: invece, il Governo più affollato della storia della Repubblica ha preferito decidere per il futuro e vincolare così il Governo successivo. Fra l'altro, non è la prima volta che ciò accade: anche nel 2001, il Governo Berlusconi si trovò ad affrontare un analogo provvedimento. Sarebbe invece naturale che ogni Governo decidesse della propria struttura e composizione.
Giustamente, si è molto discusso e si discute ancora dei costi della politica. In quest'ottica, stabilire un numero determinato di ministeri va senz'altro nella direzione di ridurre i costi della pubblica amministrazione. I temi dei costi della pubblica amministrazione, del costo della vita, del potere d'acquisto delle retribuzioni, rimangono in modo preoccupante di stretta attualità, e ad essi si aggiungono anzi i dati sull'inflazione e sull'aumento dei tassi di interesse. È quindi necessario adottare seri provvedimenti che investano anche la struttura di Governo: del resto, i commi 376 e 377 dell'articolo 1 della legge finanziaria per l'anno 2008 trovarono ampia convergenza.
Con il decreto-legge n. 85 si individuano la denominazione e le competenze dei Ministeri, si disciplinano gli uffici di diretta collaborazione, si definiscono le competenze della Presidenza del Consiglio. Inoltre, si prevede che all'interno dellaPag. 24struttura ministeriale siano poi adottati regolamenti di organizzazione, al fine di contenere ulteriormente le spese. Siamo favorevoli, ma ritengo importante sottolineare che la riforma costituzionale che nel 2006 fu sottoposta a referendum, la cosiddetta devoluzione fortemente voluta dalla Lega Nord, avrebbe prodotto risparmi ancora maggiori. La Lega Nord si esprime quindi a favore del provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, svolgerò una qualche valutazione finale formulando quindi un'espressione di voto per quanto riguarda il provvedimento al nostro esame. Ci troviamo continuamente, ad inizio di legislatura, a dover affrontare il tema della struttura del Governo. Nel 2001, nella XIV legislatura, si operò l'accorpamento di alcuni Ministeri (ad esempio, le infrastrutture e i trasporti), ma poi, nella successiva legislatura, questi ed alcuni altri Ministeri sono stati, come si suol dire, «spacchettati».
Nel 2001, recuperando la cosiddetta legge Bassanini proprio in virtù e in previsione dell'accorpamento dei Ministeri, fu indicata e normata la presenza di Viceministri. Loro ricorderanno, signor Presidente e signor Ministro, che si discusse molto sul ruolo dei Viceministri, che secondo alcuni dovevano essere mutuati dalla composizione del Gabinetto inglese, secondo quindi la visione anglosassone. Ma poi, ovviamente, ci si attestò ad avere Viceministri che erano sottosegretari di Stato che assumevano la qualifica di Viceministro dopo la delibera e l'attribuzione delle deleghe da parte del Consiglio dei ministri e del decreto del Presidente della Repubblica.
Al di là di un commento che pure posso fare, signor Ministro, oggi ci troviamo non in presenza di Viceministri, bensì ci troviamo di fronte all'accorpamento di Ministeri anche se non ci sono i Viceministri che avrebbero dovuto corrispondere funzionalmente all'organizzazione e all'efficienza dei Ministeri. Tutto ciò ci porta a porre una domanda, signor Presidente e signor Ministro: nel momento in cui si stabilisce la riorganizzazione dei Ministeri bisogna certamente, non sul piano formale, stabilire ruoli e competenze dei Ministeri e capire se questi ruoli, queste competenze e questi accorpamenti rispondono efficacemente ad un oggettivo raggiungimento di un traguardo e di un obiettivo di gestione da parte del Governo.
Certamente si è detto che vi sono competenze primarie della regione, ma tutto questo ci deve far riflettere in ordine al fatto se le competenze in alcune materie da parte della regione possano far deflettere il Governo ed affievolire il potere di gestione e di governo nell'assunzione di una responsabilità, soprattutto riconoscendo ai Ministeri una funzione regolatrice di sintesi e, quindi, di attuazione di una complessiva politica nazionale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 10,45)

MARIO TASSONE. Quando svolgo questo riferimento penso, ad esempio, alla Salute. Lei, signor ministro, ricorderà che nel 2001 furono adottati alcuni decreti-legge di istituzione di nuovi Ministeri che erano stati esclusi, anche allora, dalla «Bassanini»: il Ministero della salute, che fu affidato a Sirchia, ed il Ministero delle comunicazioni, che andò a Gasparri. Quanto al Ministero della salute che ora sparisce, va bene che la competenza è delle regioni, ma il Ministero ed il Ministro rappresentavano l'autorità nel campo della salute rispetto ad una competenza forte sul territorio nazionale. Esso viene ora ad essere «imboscato» o previsto all'interno del Ministero del lavoro, così come viene ad essere attribuito il ruolo dell'ex Ministero del commercio internazionale al Ministero dello sviluppo economico.
Posso anche seguire un certo ragionamento però abbiamo, ad esempio, per quanto riguarda il Ministero del commercio estero,Pag. 25o meglio l'ex Ministero del commercio estero, delle presenze nelle nostre delegazioni diplomatiche di incaricati commerciali. Come si fa ad organizzare tutto ciò? Ritengo che possa creare una qualche disfunzione ma soprattutto dovremmo compiere una riflessione ulteriore in maniera serena rispetto anche ad alcune competenze affidate alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Per non dire che rimane in ombra e non chiarita, ormai da tanto tempo, tutta la tematica inerente la Protezione civile. Il dottor Bertolaso è il sottosegretario di Stato per l'emergenza in Campania. La Protezione civile non ha una gestione politica su questa materia complessa e delicata ma vi è una distribuzione di competenze e di ruoli tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero degli interni. Non si è mai potuta raggiungere una sintesi in grado di fornire una funzionalità o almeno una razionalità, un dato di certezza al mondo della protezione civile così complesso, articolato e delicato, cui poc'anzi facevo riferimento.
Tuttavia, vi è un altro tema importante che è stato qui riproposto e che ha echeggiato in Assemblea: i servizi di sicurezza. Si è varata la riforma. Abbiamo il Dis, l'Aise e l'Aisi, ma non vi è alcuna responsabilità sul piano politico e si è parlato sempre di un Ministro senza portafoglio per la sicurezza o di un sottosegretario ad hoc. Lei giustamente ha fatto riferimento al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, segretario del Consiglio dei ministri, che va benissimo come persona. Tuttavia, vi è un sovraffollamento di ruoli. Non possiamo abbandonare i servizi segreti alle incombenze di una persona o di un membro di Governo che ha già tanto da fare, perché significherebbe sottrarli ad un controllo politico e del Governo. Non si tratta di avere le carte, i bolli o i visti in regola ma occorre capire funzionalmente come avviene tutto il processo e come si articola il processo di controllo non soltanto da parte del Copasir, ossia l'organo parlamentare, ma da parte del Governo che deve avere una costante, continua e preminente gestione dei servizi. Infatti, il Cesis era presieduto da un coordinatore che era sovrapposto anche gerarchicamente agli altri due direttori generali, con un indirizzo ed una responsabilità da parte del Governo. In questo modo, signor Ministro, la responsabilità del Governo è certamente presente ma si tratta di una responsabilità affievolita rispetto alla capacità di seguire tutta l'attività dei servizi e vi è qualche disfunzione, perplessità e soprattutto preoccupazione che avverto al momento.
Signor Presidente, signor Ministro, voglio sottoporre all'attenzione dell'Assemblea alcune ultime questioni. Ritengo che dobbiamo capire cosa significa «politiche giovanili». Il Ministero delle politiche giovanili viene ad essere ricomposto attraverso lo «spacchettamento» di competenze dell'ex Ministero del lavoro. Inoltre, vi è qualcosa per quanto riguarda la salute e poi vi sono delle sovrapposizioni all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri per quanto riguarda il servizio civile e altri tipi di competenze.
Voglio rilevare ciò perché percepisco che sussiste una situazione d'incertezza e di confusione. Ma poi vi è un dato. Quando si riorganizza e si pone mano ad una regolamentazione del Governo non vi è dubbio che bisogna dare una priorità ed una dignità all'attività di Governo. Si tratta di una questione che ho posto più volte all'attenzione dell'Assemblea e voglio riproporla anche adesso. I servizi generali e quelli delle poste dovrebbero essere soggetti al controllo e all'indirizzo da parte del Ministero delle comunicazioni, anzi dell'ex Ministero delle comunicazioni.
Tuttavia, le Poste sono una società per azioni, così come, nel campo delle infrastrutture e dei trasporti, lo sono le Ferrovie. Pertanto, abbiamo una duplice competenza: quella del Ministero dell'economia, che partecipa all'interno delle Ferrovie e quella delle Poste, dove certamente anche la capacità di sintesi del Governo è affievolita e vi è una confusione.
Tutto ciò ci porta a ricordare che un tempo esisteva un Ministero delle partecipazioni statali, con un ministro che rispondeva al Parlamento. In questo caso,Pag. 26per quanto riguarda le Ferrovie, le Poste o altri enti, non vi è nessuno che risponda: quando gli conviene operano in regime civilistico, quando gli conviene di più essi svolgono un servizio pubblico.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho concluso. Con questi appunti e commenti, esprimeremo un voto favorevole al provvedimento in esame, per dare autorevolezza non soltanto al Governo, ma alla politica e, quindi, al Parlamento, che deve operare un controllo serio ad un Governo che abbia una sua capacità di gestione e soprattutto di operatività.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Rinuncio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, intervengo molto brevemente per sottolineare come il gruppo Italia dei Valori non possa esprimere una posizione di contrarietà rispetto al provvedimento in esame per due ragioni, la prima delle quali è obiettiva ed è legata allo sforzo di rispettare il dimensionamento numerico del Governo e di ciò diamo atto alla maggioranza. La seconda considerazione è legata ad una neutralità quasi imposta, rispetto ad un provvedimento che rappresenta un onere specifico di chi ha vinto le elezioni, che ha il dovere di organizzarsi nel modo che ritiene più opportuno per fare in modo che le promesse elettorali offerte ai cittadini diventino fatti concreti. Tale responsabilità implica una sorta di neutralità dell'opposizione che prende atto delle decisioni del Governo e si riserva, evidentemente in una fase successiva, di esprimere giudizi e valutazioni sulla positività di questo assetto.
Restano tuttavia delle perplessità per il merito di alcune scelte. Vi è la sparizione del Ministero della salute, che implica una disattenzione forte rispetto ad un principio garantito dalla Carta costituzionale. Inoltre, vi è quella che personalmente considero un'anomalia per la situazione attuale che vi è in Italia: l'accorpamento del Ministero delle telecomunicazioni a quello dello sviluppo economico. Oggi il sistema delle telecomunicazioni opera in regime di sostanziale monopolio. Pertanto, avrei preferito valorizzare l'aspetto infrastrutturale, che implica l'accessibilità per tutti e la possibilità per le imprese di confrontarsi con il mercato e con la libera concorrenza. Tutto ciò in Italia non è possibile e di conseguenza guardo con sospetto e diffidenza all'accorpamento di tale Ministero al Ministero per lo sviluppo economico. Avrei cercato di valorizzare - lo ripeto - maggiormente l'aspetto infrastrutturale.
Vi sono poi le decisioni estemporanee che hanno accompagnato alcune proposte emendative di cui abbiamo discusso prima e una preoccupazione - che al momento può restare tale - per la revisione del dimensionamento numerico della struttura di Governo. Oggi voi incassate il merito di avere rispettato le disposizioni della legge «Bassanini», però se con la mano destra incassate tale merito, con la mano sinistra incominciate già a lavorare per una revisione di tale assetto: si parla di incremento del numero dei sottosegretari, si dice - non so se a ragione o a torto - che un limite numerico così stringente non consenta la presenza di sottosegretari ai lavori delle commissioni di Camera e Senato.
In qualche modo, se da una parte si incassa questo merito, dall'altra si cominciano a costruire delle condizioni per un provvedimento che con ogni probabilità determinerà una elevazione del limite numerico. Se ciò dovesse accadere, lo considererei poco serio. In tal caso, avrei preferito confrontarmi oggi in questa sede su una scelta diversa e avrei preferitoPag. 27fornire anche il mio contributo. Mi auguro che la decisione, quanto meno per la parte relativa al dimensionamento numerico, accompagni il Governo per tutto l'iter della legislatura. Con queste forti perplessità il gruppo Italia dei Valori confermerà il voto favorevole già espresso al Senato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santelli. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, intervengo brevemente per evidenziare due riflessioni, annunciando il voto favorevole al provvedimento. Con la prima ritengo che il Governo, attuando questo provvedimento, abbia dato prova - e di questo bisogna dargliene atto - di serietà e responsabilità politica. Tutti conosciamo, mi riferisco all'intervento dell'onorevole Costantini, qual è stata la situazione politica in cui sono «nati» i commi 376 e 377 dell'articolo 1 della scorsa legge finanziaria. Sicuramente non si trattava di una riforma a regime, ma di un segnale di una parte politica al Governo allora in carica. Tanto premesso, c'erano tutte le basi affinché questo Governo, nel momento in cui si insediava, già di per sé potesse modificarne la struttura. Al contrario, la decisione di dare comunque attuazione alla norma in vigore, mettendola alla prova dei fatti per valutarne la necessità politica o al contrario l'esigenza di riforma, ritengo che sia un segnale di correttezza politica oltre che del Governo anche del Parlamento nei confronti dell'intero Paese.
È inutile discutere in questa sede la necessità di riforme successive; le vedremo se arriveranno, ma in questa sede siamo tutti consapevoli, se vogliamo evitare la demagogia, che la struttura prevista, per come è congeniata, probabilmente non consentirà un corretto svolgimento dei lavori in Parlamento. Allo stato, però, costituisce serietà politica riuscire a discuterne ed operare a norma di legge, mettendo alla prova dei fatti la legislazione vigente.
La seconda riflessione è che il decreto-legge presentato dal Governo ha comunque trovato un dibattito parlamentare attento e soprattutto scrupoloso nella definizione di quali sono allo stato le rispettive competenze. Credo che debba essere sottolineato lo sforzo di tutti per rendere il sistema realmente efficiente, al di là di quella che poteva essere anche una legittima strumentalizzazione di parte. Di questo bisogna dare atto al Parlamento in senso lato e alle opposizioni che hanno scelto questa strada. Ci auguriamo che su questi temi, che riguardano la struttura istituzionale del Paese, si possa sempre trovare, non dico la convergenza, ma per lo meno una correttezza di dialogo, come quella registrata su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Coordinamento formale - A.C. 1250)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1250)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1250, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, recante disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di GovernoPag. 28in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244» (1250):

Presenti e votanti 498
Maggioranza 250
Hanno votato 494
Hanno votato no 4
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Abrignani, Laura Molteni, Fava e Compagnon hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Pagano ha segnalato di aver erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 11)

Seguito della discussione delle mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00001 e Biancofiore ed altri n. 1-00017 sulle iniziative per la liberazione di Ingrid Betancourt e degli altri ostaggi sequestrati dalle Farc.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00001 e Biancofiore ed altri n. 1-00017 sulle iniziative per la liberazione di Ingrid Betancourt e degli altri ostaggi sequestrati dalle Farc (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta di lunedì 30 giugno 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni ed è intervenuto il rappresentante del Governo.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
Prego i colleghi in aula di prestare attenzione.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, come ho già avuto modo di dire nel corso della discussione sulle linee generali, il Governo è favorevole alle iniziative parlamentari perché in questo momento una decisione unitaria del Parlamento rappresenterebbe uno strumento di forza e di pressione sul campo internazionale e in particolare sui due soggetti chiamati in causa.
Per quanto riguarda la mozione Evangelisti ed altri n. 1-00001, vorremmo chiedere all'onorevole Evangelisti se ritenga possibile eliminare dal secondo capoverso del dispositivo le parole: «anche di fronte allo stesso Governo colombiano»; per il resto il parere del Governo è favorevole.
Per quanto concerne la mozione Biancofiore n. 1-00017 vi è il pieno consenso del Governo e quindi il parere è favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, il 23 febbraio 2002 è la data in cui la senatrice Betancourt viene presa in ostaggio dalle FARC e da allora sono trascorsi sei anni di sofferenze, privazioni e dolore. Insieme a lei altre tremila persone sono state sequestrate da questo gruppo pseudorivoluzionario e tremila famiglie ogni giorno chiedono la loro liberazione. Tutto ciò è opera delle FARC che, come dicevo prima, sono un gruppo pseudorivoluzionario che ha sequestrato tremila e più persone e ha fatto del sequestro e del narcotraffico la sua principale attività criminale e terroristica, in un Paese, come la Colombia, che è attraversato da forti tensioni interne, e in una situazione molto complessa che naturalmente non si presta a facili soluzioni. In questa situazione che diventa sempre più difficile, i vari tentativi di mediazione fatti per liberarePag. 29gli ostaggi, anche a livello internazionale - basti pensare all'intervento della Francia e di altri Paesi - hanno portato, purtroppo, a risultati negativi. A tutt'oggi, la situazione è di forte stallo.
Occorre ricordare, signor Presidente, che tutta la storia delle FARC testimonia un costante rifiuto da parte delle stesse di negoziare con il Governo colombiano: tutte le proposte di dialogo, anche quelle molto concrete, sono state respinte o rilanciate a condizioni inaccettabili, tali da mettere in pericolo la vita degli ostaggi e dei negoziatori. Non dimentichiamo che la stessa visita della senatrice Betancourt nei territori allora sotto il controllo di questa organizzazione, era stata fatta come contatto politico e con l'obiettivo di instaurare un dialogo tra il futuro potenziale Presidente, perché all'epoca la senatrice era candidata alle elezioni presidenziali, e gli stessi guerriglieri. Alla Betancourt, potenziale Presidente e disponibile interlocutrice con cui intraprendere un confronto, è stato preferito dalle FARC avere un ostaggio eccellente, un'arma di ricatto e una calamita per l'attenzione a livello internazionale. Tutto questo dura da più di sei anni.
La figura di Ingrid Betancourt è quella di una donna che ha dimostrato un grande coraggio e un grande amore per il suo Paese. Ella ha assunto subito delle posizioni critiche e scomode verso la corruzione del Governo e il narcotraffico, purtroppo dilagante in quel Paese. Ha scelto la politica attiva per dare un senso concreto alle sue battaglie e per la trasparenza nel campo dei diritti umani. Era già stata minacciata di morte e la coscienza dei rischi a cui era sottoposta l'avevano spinta ad allontanare i propri figli dalla Colombia. Oggi è una donna molto provata dalla mancanza di libertà, dalla lontananza dei propri figli e, probabilmente, dalla malattia, che sconta un silenzio lungo sei anni, in una giungla dalla quale, per molto tempo, non si sono avute nemmeno certezze sul fatto che fosse ancora in vita. Nella lettera che ha scritto alla propria famiglia, risalente ormai al 2003, ha fatto capire chiaramente di non essersi arresa.
Le ultime immagini video di cui disponiamo ci trasmettono, tuttavia, una donna provata, stremata e smagrita. Una donna, però, diventata simbolo della condizione di tutti gli altri ostaggi e naturalmente della brutalità dei sequestratori. Ci associamo, quindi, all'appello per candidare al premio Nobel per la pace la senatrice Ingrid Betancourt, in quanto pensiamo che insieme all'iniziativa diplomatica questo possa essere uno strumento di pressione verso coloro che la tengono in ostaggio. L'attribuzione del premio Nobel, quindi, inteso come culmine di una campagna di sensibilizzazione internazionale ad esso mirata e come strumento già utilizzato e che ha salvato altre vite. A tal proposito ricordo Rigoberta Menchù e San Suu Ky (le cui battaglie sono lontane dall'essere finite) che continuano a dare la loro vita e il loro impegno al proprio popolo. Il Nobel per la pace ha portato alla loro liberazione di fronte a tutti gli occhi del mondo, occhi che nemmeno i loro aguzzini hanno potuto ignorare.
Con questa premessa noi della Lega Nord esprimeremo un voto favorevole su entrambe le mozioni, sperando che i 3 mila e più ostaggi in mano alle FARC e la stessa Ingrid Betancourt siano al più presto liberati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Adornato. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, il nostro auspicio è che oggi la Camera dei deputati segni un momento importante della mobilitazione internazionale a favore della liberazione di Ingrid Betancourt e credo che lo possa segnare arrivando ad un voto comune sulle mozioni in esame. Da questo punto di vista mi pare che possa essere accolto dai presentatori della mozione Evangelisti edPag. 30altri n. 1-00001 l'invito del Governo, in quanto ritengo che il fatto più significativo sia di votare insieme: dividersi su mozioni che chiedono la liberazione di Ingrid Betancourt darebbe una prova quanto meno di dilettantismo del Parlamento italiano.
Noi dell'Unione di Centro voteremo entrambe le mozioni, proprio in omaggio allo spirito di cui parlavo. Non sappiamo quanto il Governo italiano potrà influire sulla vicenda, ma certamente se così fosse è chiaro che il quadro che si compone intorno allo scandalo internazionale deve essere esaminato con attenzione, in quanto credo che vi sia un filo esiguo e tirarlo troppo da una parte e dall'altra può pregiudicare l'obiettivo.
Ad esempio, la mozione Evangelisti ed altri n. 1-00001 sembra voler imputare al Governo colombiano una responsabilità diretta di non negoziare. Questa è solo una sfumatura - tant'è che noi non abbiamo difficoltà a votare la mozione - che non serve e che può essere taciuta in Aula, in quanto votiamo tutti per lo stesso obiettivo. Tuttavia, volendo discutere di politica internazionale e se effettivamente il Governo italiano debba avere un ruolo, questo rappresenta un aspetto delicato e importante. Infatti, il Governo di Alvaro Uribe nasce proprio con un consenso popolare che punta a rompere il clima di compromesso e di negoziazione che il Presidente precedente Pastrana aveva con il gruppo terrorista delle FARC.
Le FARC da 18 mila si sono ridotte a 8 mila unità, alcuni dei loro capi sono stati eliminati e il 4 febbraio milioni di colombiani hanno appoggiato il Governo nella nuova strada volta ad assicurare alla Colombia anche un futuro economico diverso. Ad una parte della sinistra non può fare ombra che gli Stati Uniti appoggino Uribe proprio per contrastare l'ipotesi che l'America latina segua il modello Chavez. D'altra parte, nella mozione della maggioranza sembra non volersi considerare per nulla l'ipotesi di negoziato e questa, a nostro avviso, è un'altra sfumatura non di poco conto. È evidente, infatti, che nella decisione di non trattare con i gruppi terroristici delle FARC uno spazio di negoziato (che il Governo francese ha voluto perseguire) sussiste.
Mi rivolgo ai rappresentanti del Governo: se il Governo italiano vorrà avere un ruolo perlomeno di appoggio al Governo francese in questa vicenda, i punti del negoziato da sottolineare per entrare nel merito della vicenda e non solo per fare uno spot politico, peraltro giusto a favore delle Betancourt, sono due. Il Governo colombiano, come il Governo italiano è a conoscenza, è disposto a rilasciare i guerriglieri detenuti perché il Governo francese si è detto disposto a riceverli nel proprio territorio. Che i detenuti rilasciati non tornino a combattere è una delle condizioni del negoziato, è il primo punto. Il secondo punto consiste nel fatto che le FARC chiedono che la Betancourt venga rilasciata in una zona smilitarizzata. Si tratta di una richiesta che hanno già rivolto in altre circostanze in anni precedenti per poi occupare proprio la zona smilitarizzata per continuare a coltivare cocaina e a realizzare campi di addestramento. Peraltro, proprio in una zona militarizzata la Betancourt venne sequestrata. Mi sembra, avendo chiari questi due paletti, che il Governo Uribe stia lavorando bene per la Colombia e che il negoziato, peraltro autorizzato dal Governo Uribe, può e deve svolgersi nelle condizioni richiamate. Sarebbe inutile dividersi tra chi sostiene il Governo colombiano e chi non lo sostiene, sebbene è proprio questa la sfumatura che differenzia le due mozioni presentate. Sarebbe meglio unificare l'atteggiamento del Parlamento italiano intorno all'obiettivo della liberazione della Betancourt e del sostegno agli sforzi del Governo francese in questa direzione.
Infine, ritengo significativo assegnare il premio Nobel a Ingrid Betancourt e non so perché nella mozione Evangelisti ciò non sia presente essendo questo un tema lanciato proprio dal collega (Commenti del deputato Evangelisti). Tale aspetto è, infatti, presente nella mozione della maggioranza ma non in quella del collega Evangelisti. Questo può essere il terzoPag. 31obiettivo che la Camera dei deputati può porre, tenendo presente un aspetto che di solito il meccanismo simbolico, mediatico e politico ci fa dimenticare: quando vi è una vittima eccellente di sequestri o di attentati ci dimentichiamo delle altre che si trovano nelle stesse condizioni.
Ingrid Betancourt è un simbolo e una combattente della libertà mondiale, su di lei vanno accesi i riflettori ma non possiamo dimenticare che ci sono altri quarantaquattro detenuti politici. È vero che ve ne sono anche altri tremila - mi riferisco al collega della Lega - ma molti sono stati sequestrati solo per denaro, si tratta di vicende altrettanto drammatiche ma che non ineriscono ad un atteggiamento politico mondiale. Esistono, quindi, altri quarantaquattro detenuti politici insieme a Ingrid Betancourt e mi domando, come è stato ventilato da alcune associazioni internazionali, se a Stoccolma non si possa prevedere - così come è avvenuto per Peres, Arafat e Rabin -, tenendo la Betancourt come simbolo della libertà di quel Paese, di quel popolo, di quelle persone, un premio, diretto a svolgere attività di pressione internazionale anche per gli altri detenuti, destinato alle persone che si trovano nella sua stessa posizione.
Con queste precisazioni invito i presentatori delle due mozioni a ragionare sulla possibilità di votarle insieme. Ritengo che abbiamo il dovere di fornire un atto significativo, unitario, politico del Parlamento italiano a favore della liberazione di Ingrid Betancourt.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Biasi. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, il Partito Democratico vorrebbe votare a favore di una sola mozione unitaria sulla liberazione Ingrid Betancourt. Ci auguriamo che il Parlamento trovi una unità di intenti e di azione su una materia così drammatica e attuale come quella dei diritti umani. Sarebbe assai grave erigere steccati ideologici su una materia che richiede il rispetto dell'universalismo dei diritti della persona, attitudine nella ricerca costante di alleanze internazionali per soluzioni efficaci e condivise e unità della nazione sulla politica estera. Non posso che ribadire ciò che ho affermato nella discussione sulle linee generali delle mozioni che stiamo per votare.
Una concezione moderna della democrazia ci impone di guardare non a ciò che ci divide ma a ciò che ci unisce, tanto più su temi che connotano la qualità di una democrazia planetaria segnata dalla consapevolezza del destino comune dell'umanità. Finché Ingrid Betancourt non sarà libera neanche noi saremo liberi. Abbiamo tutti - credo - negli occhi e nel cuore le malinconiche e drammatiche immagini di Ingrid Betancourt silenziosa e triste nella sua prigione fatta di foresta: una donna davvero stremata, ferma certo nelle sue convinzioni ma vittima di una solitudine forse senza fine. Sei anni di prigionia ne hanno minato il fisico e acuito il dolore morale, ma penso che non abbiano piegato la forza dei suoi ideali. Ingrid è una donna che lotta per la democrazia del suo Paese, una donna che non ha esitato a mettere a rischio la sua vita per consegnare al mondo e a suoi cittadini una nuova Colombia. Infatti così ha scritto: da dieci anni mi batto per il mio popolo, è pericoloso; i miei figli sono stati minacciati, per due volte hanno tentato di uccidermi; sono consapevole del pericolo ma non mi faranno indietreggiare perché la speranza è là davanti a me. Oggi alla parola speranza purtroppo va aggiunta la capacità di resistere, e perché la comunità internazionale sia davvero forza di speranza e strumento di resistenza occorre fare presto.
Da tempo il nostro Paese è attento e partecipe. Ne sono la prova le numerose mobilitazioni di tanti comuni, associazioni, gruppi di donne, istituzioni e Governi. Non dobbiamo permettere che un impegno così alto e nobile si trasformi in una propaganda senza valore, anche se sappiamo che in materia di diritti umani è ancora esigua la cogenza delle normative internazionali. L'Italia è stata più volte tra i PaesiPag. 32facilitatori dell'azione diplomatica per la soluzione pacifica e negoziata della vicenda colombiana. È evidente che nessuna indulgenza può esserci nella ferma condanna del terrorismo, anche di quello colombiano (delle FARC ma non solo) nella sua commistione con il narcotraffico e con i metodi inaccettabili dei gruppi paramilitari. Occorre dunque il massimo della fermezza nella lotta al terrorismo e il massimo della volontà di aprire un dialogo di pace.
La vicenda colombiana non è un affare interno della Colombia, e non potrebbe esserlo visto che ben ventiquattro Paesi sono impegnati nella cooperazione internazionale verso la Colombia, come dimostra la recente conferenza di Londra dei Paesi donatori. Allo stesso modo è decisiva la solidarietà europea, di un'Europa che deve saper ritrovare la sua missione nell'universalismo dei diritti umani, nel loro riconoscimento, nel riconoscimento nell'azione per la pace e per la cooperazione.
L'Italia può fare molto, innanzitutto unendo i suoi sforzi a quelli di Spagna e Francia per la liberazione di Ingrid Betancourt e per l'individuazione di concreti interventi mirati a sostenere una possibile apertura di negoziati di pace, dall'aiuto agli sfollati interni, di cui la Colombia detiene il triste primato mondiale, all'offerta di collaborare allo sminamento, dramma che lascia il segno indelebile su intere generazioni. Inoltre occorre avere il coraggio e la forza perché si riaccenda la speranza e cessino le violenze e i sequestri e si possano ricongiungere le famiglie.
Ma per tutto questo è necessaria una lotta senza quartiere al narcotraffico, rivolta non solo alla coltivazione ma anche al traffico e al consumo. Tutto questo è una parte dell'impegno per la liberazione di Ingrid Betancourt e delle altre vittime, per vedere finalmente voltata pagina in quel Paese, una pagina di violenza che ha causato moltissimi lutti tra contadini, sindacalisti, difensori dei diritti umani, militari, religiosi e semplici cittadini. È chiaro dunque che la soluzione dei problemi internazionali, delle guerre e del terrorismo è un tutt'uno con l'impegno incessante per la giustizia sociale, l'uguaglianza e l'affermazione di diritti umani, battaglia che non è fatta dal fervore di parole altisonanti, ma da passi continui e incessanti verso l'obiettivo, come ha dimostrato l'impegno italiano per la moratoria ONU sulla pena di morte.
La mamma di Ingrid Betancourt, la signora Yolanda Pulecio, dopo il suo viaggio in Italia ha scritto a Walter Veltroni: si è detto che Ingrid si è trasformata in un simbolo che ha permesso al mondo intero di conoscere la tragedia che vive la Colombia; il mio impegno per la sua liberazione e di quella di tutti sequestrati è una lotta per i diritti di tutti e per un mondo più giusto; l'Italia che rappresenta così tanto per la sua storia, per le sue tradizioni culturali di civiltà e anche per le dolorose tragedie che ha vissuto, può fare molto adesso e quando Ingrid recupererà la sua libertà, lo spero moltissimo.
Sono parole che suonano per noi come un imperativo categorico al quale non possiamo sottrarci, perché l'indifferenza sarebbe la peggiore delle soluzioni per un Paese civile che abbia a cuore i diritti umani universali.
Come ho detto, si possono intraprendere molte azioni diplomatiche verso la Colombia, ma di diplomazia si può anche morire. Occorre accompagnare le scelte istituzionali ad una mobilitazione delle coscienze dell'opinione pubblica italiana e mondiale, raccogliendo e facendo proprie alcune proposte, come quella, assai significativa, lanciata dal quotidiano l'Unità per l'assegnazione del premio Nobel a Ingrid Betancourt come possibilità per affrettare la sua liberazione. È una campagna che il Parlamento - ritengo - dovrebbe fare propria.
I diritti umani nel mondo a noi contemporaneo sono il nuovo codice dell'umanità. Ragione di Stato, scelte economiche, mercato globale, relativismo etico non possono che fare un passo indietro di fronte all'affermazione della dignità della persona, all'universalismo della libertà umana, alla consapevolezza del comune destino che ci lega. Ingrid Betancourt è un simbolo, come Benazir Bhutto, Aung San Suu Kyi e Rigoberta Menchú,Pag. 33dell'abnegazione delle donne nella lotta per il riconoscimento dei diritti umani, della libertà e della democrazia. È un simbolo che parla, però, anche a nome delle donne senza nome, di tutte quelle donne che ogni giorno muoiono di guerra, torture, soprusi, povertà, malattia, autoritarismo e fondamentalismo, che muoiono di violenza. Lasciatemi ricordare l'importante riconoscimento internazionale del delitto di stupro come arma di guerra. Finalmente un altro passo in avanti per l'affermazione della dignità del corpo e dell'anima delle donne. Donne senza nome che scrivono la storia delle miserie del mondo e che, come Ingrid, mettono a disposizione la loro vita per la libertà di un mondo liberato dalle miserie, un mondo in cui, come scrive il poeta Constantin Kavafis, «mio» e «tuo» sono parole terribili che non abbiamo mai pronunciato.
Mai come oggi il destino di Ingrid Betancourt e degli altri sequestrati è nelle nostre mani: sta a noi, a partire da questo Parlamento, passare dalla speranza alla realtà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nirenstein. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, molte parole sono state pronunciate e sono molto lieta che tali parole siano consimili come i valori ai quali si ispira il comune desiderio di vedere finalmente libera la nostra prigioniera, che ormai da così tanti anni è preda di una situazione inaccettabile e assolutamente contraria al punto più elementare del diritto, la trasparenza e il controllo delle proprie condizioni.
Perché vede, signor Presidente, Ingrid Betancourt vive la condizione dei rapiti, purtroppo oggi piuttosto comune nel mondo, che abolisce la Convenzione di Ginevra, cancella la Croce Rossa internazionale, impedisce ogni informazione, diritto basilare nelle democrazie, e, quindi, non soltanto ci tiene tutti quanti in uno stato di pena e di angoscia, come per una persona cara e con la quale condividiamo il valore basilare della lotta per la democrazia, ma ci pone anche in una condizione di oscurità in cui non si sa bene come agire.
Ritengo che per questa ragione nascano le controversie, comunque di poca importanza, che, anche secondo l'auspicio del sottosegretario Scotti, possono essere cancellate nell'ipotesi di un voto comune o di un voto per entrambe le mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00001 e Biancofiore ed altri n. 1-00017, da parte di tutto quanto il Parlamento, che sottolineino un elemento basilare: vi sono obiettivi più importanti di ogni altra cosa ovvero vedere Ingrid Betancourt libera e, in generale, ribadire il bisogno di liberare i rapiti, i prigionieri per le loro idee politiche, di cui non si conosce la sorte.
La seconda questione è che vi sono colpevoli più colpevoli e questi sono i terroristi. È vero che il terrorismo si può combattere in un modo o nell'altro. È vero che talvolta i terroristi nel passato sono stati scambiati per combattenti per la libertà e, in seguito, nel corso del tempo, sono state riviste molte posizioni e tale fatto ci deve essere maestro.
Ma ciò che ormai è evidente agli occhi di tutti è che, se anche talvolta la trattativa può portare ad individuare alcune soluzioni, una cosa è certa: chi è più vicino alla fonte della violenza, chi la deve per forza guardare negli occhi, sa suggerire le soluzioni che possono servire in quella o nell'altra circostanza; soluzioni, che naturalmente sono soggette poi al giudizio del consesso internazionale, il quale però deve sempre tenere presente che vi è un colpevole più colpevole - e questo colpevole è il terrorismo - e che vi sono cause, i cui obiettivi sono più importanti di ogni pensiero, che a volte può risultare causidico e minuscolo rispetto alla necessità di questa lotta.
Di conseguenza, penso sia giusto ritenere che una condanna eventuale, sottintesa o lumeggiata nell'altra mozione, neiPag. 34confronti della politica del governo colombiano, non abbia senso in questa sede; non è questo il luogo adatto.
Ciò che ha senso qui è che tutti insieme auspichiamo la liberazione di Ingrid Betancourt e ci sforziamo di innalzarne, agli occhi del mondo intero, la figura morale, chiedendo per lei il premio Nobel.
Queste mi sembrano i due argomenti essenziali e su ciò mi pare che tutti possiamo concordare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi permetta innanzitutto di ringraziare tutte le colleghi e tutti i colleghi che hanno voluto sottoscrivere e sostenere la mozione che stiamo discutendo, nonché esprimere un apprezzamento per il contributo ulteriore, apportato alla nostra discussione e ai nostri lavori, dalla mozione di cui la collega Biancofiore è la prima firmataria: infatti, ha fatto compiere un passo avanti alla nostra riflessione, con quell'esplicito riferimento al premio Nobel, in relazione al quale, insieme ad altri colleghi, ci siamo attivati per poter costituire un comitato di parlamentari a sostegno di tale candidatura.
Mi preme però anche sottolineare che la mozione Biancofiore ed altri n. 1-00017 - per la quale auspico comunque un voto unanime di tutta l'Assemblea di Montecitorio - pecca, almeno nell'approccio, di un certo ideologismo.
Mi preme anche rimarcare al collega Adornato - ringraziandolo insieme a tutti gli altri colleghi per gli interventi che hanno proposto - che l'ipotesi della candidatura di Ingrid Betancourt al premio Nobel per la pace è successiva alla presentazione della nostra mozione, che di fatto è stata il primo atto della Camera, il 29 aprile.
Poi, successivamente, è cresciuta la sensibilizzazione e la mobilitazione nel Paese, ed oggi siamo appunto qui a mettere sotto i riflettori la causa di Ingrid Betancourt, come in passato è stata quella di Aung San Suu Kyi o di altri combattenti per i diritti umani in Iran anziché in America latina.
Qual è il senso di questa nostra iniziativa? Ingrid Betancourt oggi è un simbolo, che non rimane chiuso nella foresta che la vede prigioniera, ma è un simbolo per chi, a tutte le latitudini, in ciascuno dei continenti, si batte per la liberazione umana, per i diritti, per la dignità delle donne e degli uomini.
Per questo sono davvero grato a tutti per l'attenzione, ma mi preme rivolgere un particolare ringraziamento al Presidente della Camera, l'onorevole Gianfranco Fini, perché si è mostrato quanto mai sensibile e disponibile: la prossima settimana, infatti, arriveranno in Italia la madre, la senatrice Yolanda Pulecio de Betancourt, insieme all'altra figlia, la sorella Astrid, e il Presidente Fini si è dichiarato disponibile a ricevere i familiari di Ingrid Betancourt (come faranno anche il sindaco di Roma, il Ministro dell'interno e spero anche il Capo dello Stato, a cui, insieme ai colleghi Antonione, Biancofiore, Furio Colombo, Adornato e Dozzo, ci siamo permessi di rappresentare l'opportunità di un ricevimento anche al Quirinale).
Come dicevo, il Presidente Fini non soltanto si è reso disponibile ad incontrare i familiari, ma anche a permettere un incontro nella sala del Mappamondo a tutti i colleghi che lo vorranno con la madre e la sorella di Ingrid Betancourt. Credo che quel giorno sarà davvero importante essere presenti, indipendentemente dal numero, per consegnare brevi manu, alla madre e alla sorella di Ingrid, le mozioni che stiamo per approvare.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENZO SCOTTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo prende atto della volontà unitaria del Parlamento di convergere su un impegno comune e, quindi, nel votare le due mozioni, abbiamo concordato con iPag. 35presentatori le seguenti riformulazioni: per quanto riguarda la mozione Evangelisti ed altri n. 1-00001, al secondo capoverso del dispositivo, sopprimere le parole: «anche di fronte allo stesso Governo colombiano».
Per quanto riguarda, invece, la mozione Biancofiore ed altri n. 1-00017, al primo capoverso della premessa, dopo le parole «del gruppo terrorista», sopprimere la parola «narco-comunista». Il gruppo terrorista, infatti, è definito tale dall'Unione europea e resta nella black list dell'Unione europea stessa.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione delle rispettive mozioni proposta dal Governo.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo, quindi, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Evangelisti ed altri n. 1-00001, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 493
Votanti 486
Astenuti 7
Maggioranza 244
Hanno votato
485
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati Amici, Bragantini e Crosio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Biancofiore ed altri n. 1-00017, nel testo riformulato, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 476
Votanti 471
Astenuti 5
Maggioranza 236
Hanno votato
471).

Prendo atto che i deputati Calderisi, Bernini, De Girolamo, Polidori, Mazzarella, Bragantini, Crosio, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana e Traversa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,33).

MARCELLO DE ANGELIS. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCELLO DE ANGELIS. Signor Presidente, vorrei ricordare all'Assemblea una ricorrenza importante che cade nella giornata odierna: il 2 luglio 1993, un convoglio di nostri militari che si trovavano in Somalia per proteggere la popolazione civile da una guerra tra fazioni armate che solamente oggi, dopo quindici anni, tende a scemare, furono vittime di un'imboscata a nord di Mogadiscio, in una località che era stata da noi rinominata «check point Pasta».
Quel giorno vi furono tre morti e trentasei feriti. Tra questi ultimi, di cui alcuni molto gravi, uno - l'allora sottotenente paracadutista Gianfranco Paglia - siede oggi con noi in quest'Aula.
I nomi di quei tre caduti non vengono spesso ricordati. Si tratta di un episodio tragico della nostra storia militare che è stato, in qualche modo, rimosso dalla nostra memoria. Ho visto i giornali di oggi e, a parte Il Tempo che scrive poche righe, gli altri giornali non lo ricordano.
Pertanto, vorrei chiederle il permesso di ricordare i nomi di questi tre caduti, in modo che, almeno così, possano restare aPag. 36memoria nel nostro resoconto e magari, nei prossimi anni, qualcuno più degno e più autorevole di me troverà una maniera più degna e più giusta di ricordarli.
Dunque, se me lo consente, leggo solo i nomi: sottotenente dei Lancieri di Montebello, Andrea Millevoi, sergente maggiore paracadutista Stefano Paolicchi del 9o reggimento Col Moschin, e il paracadutista Pasquale Baccaro, del 186o reggimento della Brigata Folgore (Generali applausi - L'Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).

PRESIDENTE. Onorevole De Angelis, credo che l'applauso di tutta l'Assemblea sia la più bella dimostrazione del fatto che questi nostri soldati non vengono dimenticati.

EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Desidero dare atto che l'onorevole Fiano aveva accettato di intervenire a fine seduta, ma poiché è testé intervenuto l'onorevole De Angelis sull'ordine dei lavori, concedo la parola anche all'onorevole Fiano.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, intervengo per denunciare il rischio che nella città di Roma, a seguito del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, chiuda il museo di via Tasso; è un pericolo che spero quest'Assemblea tutta insieme vorrà evitare.
In via Tasso, a Roma, quando a comandare la polizia di sicurezza tedesca era Herbert Kappler, famoso alle cronache del nostro Paese, passarono circa 2 mila tra uomini e donne, che furono sottoposti, durante l'interrogatorio, a torture e violenze terribili.
Le mura di quella casa, di quel luogo di tortura, sono ancora sporche di quello stesso sangue sul quale si è temprata la storia della nostra Repubblica. In quel luogo, Kappler e i suoi aiutanti volevano strappare a coloro che passavano di lì informazioni sull'organizzazione clandestina della resistenza, sui luoghi di accoglienza di ebrei e militanti italiani o alleati, sui luoghi dove si producevano stampa clandestina e documenti falsi.
Il direttore di questo museo, Antonio Parisella, ci dice che l'attuazione di quel decreto, così come è stato presentato, prevedrebbe la chiusura di questo luogo storico della città di Roma e dell'intero Paese.
Il Partito Democratico, con la prima firma di Walter Veltroni, presenterà un'interrogazione al Governo. Mi auguro che l'intera Assemblea, e anche lei, signor Presidente, in nostra rappresentanza, agisca presso il Governo perché questa vergogna non si abbia ad attuare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMEONE DI CAGNO ABBRESCIA. Signor Presidente, purtroppo le morti sul lavoro continuano. Vorrei segnalare che qualche ora fa è morto a Bari Giuseppe Gigante, un operaio che lavorava nella zona industriale presso lo stabilimento della Firestone, e un altro collega è rimasto ferito. Vorrei rivolgere alla famiglia e all'intera città il ricordo della nostra assise e di tutto il Parlamento.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Di Cagno Abbrescia. Certamente ci associamo alle sue parole.

Discussione di una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato De Luca (Doc. IV, n. 2-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato De Luca (nell'ambito del procedimento penale n. 4296/99 RGNR - Doc. IV, n. 2-A).Pag. 37
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 1o luglio 2008.
La Giunta propone di negare l'autorizzazione.

(Esame - Doc. IV, n. 2-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole Paolini.

LUCA RODOLFO PAOLINI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una richiesta di autorizzazione all'acquisizione dei tabulati telefonici del deputato Francesco De Luca, avanzata dalla procura della Repubblica di Milano e pervenuta alla Presidenza della Camera in data 12 maggio 2008, nell'ambito del procedimento penale n. 4296/99 RGNR.
L'ipotesi accusatoria è la seguente: al deputato De Luca si contestano le ipotesi di reato di cui agli articoli 56, 110 e 319-ter del codice penale. Si ipotizza, in sostanza, un concorso nel tentativo di corrompere il magistrato relatore in Cassazione di una causa penale a carico di esponenti di un clan camorristico.
Elementi di tale clan, condannati in corte d'assise di Milano per associazione camorristica e per tre omicidi, erano stati, invece, assolti dall'accusa per gli omicidi dalla corte d'assise d'appello di Milano, la quale non aveva ritenuto le dichiarazioni indizianti dei pentiti corroborate da elementi individualizzanti di riscontro.
Contro la sentenza d'appello avevano interposto ricorso per Cassazione sia gli imputati (contro la conferma della condanna ex articolo 416-bis), sia la procura generale di Milano (contro la conferma dell'assoluzione per gli omicidi).
Secondo l'accusa, l'avvocato difensore degli imputati avrebbe cercato di influire illecitamente sull'esito del processo, avvalendosi della mediazione di due persone, tra cui il deputato De Luca.
Tale ipotesi sarebbe sostenuta, sempre secondo l'accusa, anche da alcune telefonate intercettate sull'utenza dell'avvocato e del terzo soggetto; sul telefono dell'avvocato, inoltre, sarebbero transitate anche alcune conversazioni del De Luca che confermerebbero l'ipotesi investigativa. Il pubblico ministero ha dunque chiesto di acquisire i tabulati allo scopo di svolgere ulteriori riscontri sulle telefonate intercorse tra gli interessati, come suo potere ai sensi dell'articolo 132 del testo unico n. 196 del 2003, trattandosi di conversazioni risalenti a meno di 24 mesi fa.
Nel 2007, una sentenza della V sezione penale della Corte di cassazione ha rigettato tutti i ricorsi, di fatto confermando la pronuncia d'appello.
Il magistrato richiedente quindi reitera - ai sensi dell'articolo 4, comma 4, della legge n. 140 del 2003 - una domanda già avanzata nella XV legislatura, pervenuta nel marzo 2008, a Camere ormai sciolte. Per vero, in tale occasione la domanda di autorizzazione ex articolo 4, comma 1, della stessa legge, era riferita a tre utenze: una intestata al De Luca; una a tal Alfonso Caputo; e una al Senato della Repubblica.
L'esame - seppur iniziato, come ci si accinge ad illustrare - non è stato completato dalla Giunta della scorsa legislatura in ragione della sopravvenuta convocazione delle nuove Camere.
Tuttavia, nella seduta del 14 marzo 2008, la Giunta assunse all'unanimità una decisione di ordine procedurale: essa ritenne radicata la sua competenza a deliberare sulla domanda dell'autorità giudiziaria solo in parte.
A mente della sentenza della Corte costituzionale n. 390 del 2007 e su proposta dell'allora presidente Giovanardi, essa deliberò che avrebbe avuto titolo a pronunziarsi ex articolo 4, comma 1, della legge n. 140 del 2003 solo per l'acquisizione dei tabulati dell'utenza telefonica del deputato De Luca; per quel che concerneva le utenze intestate a terzi (fatta salva l'eventuale necessità di chiedere l'autorizzazione del Senato per l'utenza a questo intestata, in virtù dell'immunità di sede), la Giunta si ritenne competente a deliberarePag. 38solo per l'eventuale uso probatorio nei confronti del De Luca (ex articolo 6, comma 2, della stessa legge) e non già per l'acquisizione e l'uso in confronto di terzi.
Sicché - nel concordare sul rinvio dell'esame riferito all'utenza intestata al De Luca - la Giunta aveva anche unanimemente deliberato di dichiararsi incompetente a decidere sull'uso investigativo e probatorio nei confronti di terzi delle utenze intestate a terzi, e di restituire gli atti al pubblico ministero procedente.
Peraltro, giova ricordare che il De Luca, regolarmente invitato a comparire innanzi alla Giunta, si è avvalso di tale facoltà e ha respinto gli addebiti, in particolare sottolineando di non avere mai contattato il magistrato estensore della sentenza di cassazione.
In questa legislatura, la Giunta ha esaminato la presente domanda nelle sedute del 4 e 11 giugno 2008. I membri hanno potuto consultare la documentazione pervenuta a corredo della domanda. L'interessato, come di consueto informato della possibilità di essere ascoltato dalla Giunta, si è avvalso ancora di tale facoltà sia attraverso l'invio di una memoria stesa dal suo difensore, sia intervenendo personalmente nella seduta dell'11 giugno.
Egli ha dichiarato di non aver mai compiuto gli atti che gli vengono contestati, affermando di non avere nulla da nascondere e auspicando anzi una pronuncia della Giunta nel senso della concessione dell'autorizzazione richiesta. Ha inoltre illustrato che anche un'altra delle utenze telefoniche elencate dal magistrato richiedente, quella intestata ad Alfonso Caputo, era ed è in effetti nella sua esclusiva disponibilità, tanto che su di essa riceve i messaggi di convocazione degli organi parlamentari.
Nella memoria, il difensore del De Luca ha altresì fatto presente che, poiché tecnicamente il tentativo di corruzione consiste nella proposta corruttiva al pubblico ufficiale da corrompere, l'ipotesi di reato sarebbe qui del tutto infondata. Dato infatti che negli atti non vi è traccia di tale proposta, si assisterebbe tutt'al più in questo caso ad un inesistente reato di tentativo di istigazione alla corruzione.
Nella citata seduta dell'11 giugno si è svolto un ampio dibattito, che si è concluso con la proposta per l'Assemblea di negare l'autorizzazione. Se ne dà conto nei resoconti allegati alla presente relazione. È opportuno però - qui di seguito - chiarire alcuni passaggi in punto di diritto che spiegano in modo più esauriente la decisione della Giunta.
In merito all'autorizzazione ad acquisire i tabulati, è affiorato durante il dibattito il tema del rapporto tra tabulati ed intercettazioni. È noto al riguardo che si tratta di strumenti investigativi diversi, sottoposti a disciplina giuridica diversa.
Nell'un caso si tratta di documenti costituiti che rivelano solo i dati esteriori della conversazione; nell'altro, si tratta di elementi costituendi, che rivelano anche il contenuto della conversazione. Questi sono unanimemente ritenuti maggiormente invasivi della riservatezza di quelli. Una simile differenza non è sfuggita alla Corte costituzionale nella sentenza n. 81 del 1993, laddove essa ha stabilito che - sebbene gli uni e le altre rientrino nell'ambito di tutela dell'articolo 15 della Costituzione - spetta al legislatore graduare quella tutela. Laddove invece la legge n. 140 del 2003 accomuna intercettazioni e tabulati (questi ultimi peraltro ovviamente non menzionati affatto nell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione), forse essa non è perfettamente allineata al dato costituzionale.
Da un componente della Giunta si è ritenuto che il vero obiettivo degli inquirenti nella presente procedura sarebbero le intercettazioni delle conversazioni captate sulle utenze degli interlocutori del De Luca e che i tabulati sarebbero pertanto difficilmente scindibili dalle registrazioni. Certamente verosimile nel quadro investigativo, questo rilievo non è però decisivo sul piano parlamentare, giacché se poi l'autorità giudiziaria vorrà usare processualmente i tabulati dei terzi e le intercettazioni contro il De Luca, dovrà pur sempre avanzare una nuova domanda di autorizzazione.Pag. 39
Persuasivi appaiono i rilievi del De Luca circa la scarsa fondatezza - almeno allo stato degli atti - dell'accusa. In effetti, è la stessa imputazione (tentativo di concorso in corruzione) che appare precaria: la corruzione è infatti un reato a concorso necessario, tale per cui si può configurare solo con la partecipazione di almeno un corruttore e di un intraneus corrotto. Come anche la difesa del De Luca ha messo in luce, ormai dal 1990 il codice penale prevede una figura tipica di reato: l'istigazione alla corruzione. Essa è tipizzata nell'articolo 322 del codice penale, come modificato nel 1990, e consiste nel fatto di chi propone l'accordo corruttivo ma se lo vede respinto. Tale definizione legislativa aveva ed ha proprio lo scopo di chiarire i dubbi sulla possibilità di configurare il tentativo di corruzione e sulle sue precise modalità. In precedenza, si discuteva infatti sulla possibilità di concepire atti idonei e non equivoci volti a perfezionare l'accordo corruttivo, poiché non era chiaro dove passasse la linea di demarcazione tra il tentativo punibile e la mera aspirazione penalmente irrilevante.
In questo caso non vi è prova alcuna di un contatto o che una proposta sia stata non solo rifiutata ma neanche rivolta al giudice di cui si tratta (persona peraltro destinataria di più d'una lode, sul piano etico e professionale, nel corso dell'esame in Giunta). In sostanza, gli elementi contenuti nella documentazione pervenuta rivelano solo preliminari e forse non autentici scambi di intese tra soggetti vari che non sfoceranno mai in un approccio con il pubblico ufficiale: a malapena - dunque - un tentativo di istigazione, penalmente indifferente. Del coinvolgimento del magistrato relatore della causa d'interesse per il clan, infine, neanche il più vago accenno.
Nonostante quindi la disponibilità del deputato De Luca, il quale ha espressamente richiesto la concessione dell'autorizzazione, è appena il caso di ricordare che le prerogative parlamentari non sono disponibili: la Giunta si è quindi determinata, a maggioranza, a proporre che l'Assemblea deliberi per il diniego dell'autorizzazione.

PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Samperi. Ne ha facoltà.

MARILENA SAMPERI. Signor Presidente, io concordo con l'analisi del relatore sulla scarsa verosimiglianza dell'ipotesi accusatoria nei confronti del De Luca - manca infatti ogni riscontro di contatti che l'onorevole abbia avuto con il magistrato che ha redatto la sentenza in Cassazione - così come concordo sul fatto che l'ipotesi di reato è del tutto infondata; ma non è di questo che si deve occupare la Giunta. Essa non può infatti entrare nel merito del procedimento; noi dobbiamo solo sottolineare il fatto che la magistratura non ha chiesto l'autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni: ha chiesto soltanto di poter utilizzare i tabulati per ragioni di cautela investigativa. Tali tabulati potrebbero essere di ausilio per la completezza dell'istruttoria e potrebbero quindi anche venire incontro alle giuste aspettative dell'onorevole De Luca, il quale peraltro ha chiesto che la Giunta e la Camera concedano l'autorizzazione.
La risposta positiva della Camera sarebbe comprensibile a tutti, anche ai cittadini che seguono con attenzione questi problemi. Noi del gruppo del Partito Democratico abbiamo ritenuto che nella fattispecie, proprio perché la richiesta di utilizzazione dei soli tabulati serve ai fini dell'investigazione e dell'acquisizione di maggiori elementi per la completezza delle indagini, sia il caso di concedere l'autorizzazione relativa soltanto ai tabulati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, intervengo soltanto su un punto, e cioè quello del corretto rapporto tra poteri costituzionali. La Giunta per le autorizzazioni - e il Parlamento, quindi - non possono sostituire la magistratura nel fare i processi e nell'emettere le sentenze. IlPag. 40punto su cui la Giunta e il Parlamento sono chiamati ad intervenire è soltanto quello della verifica se vi sia o meno fumus persecutionis, e cioè, ad esempio, l'eventualità in cui i fatti addebitati siano totalmente al di fuori di una qualunque ipotesi di contestazione di reato. Ma la Giunta e il Parlamento non possono sostituirsi al giudice nel valutare la rilevanza della prova e nell'emettere le sentenze. Non mi pare che a questo principio costituzionale di corretto rapporto tra i poteri dello Stato si sia attenuta la Giunta, come risulta dalla relazione. Ne leggo solo alcuni passi salienti: «concludendo sul punto, non appare verosimile configurare un tentativo di corruzione per il tramite dell'articolo 56 del codice penale; men che meno può configurarsi il tentativo di istigazione (...)» (e questa è già una sentenza bella e buona); in secondo caso, «non è prova alcuna che un contatto o una proposta sia stata (...) neanche rivolta al giudice (...)»; «in sostanza, gli elementi contenuti nella documentazione pervenuta rivelano solo preliminari e forse non autentici scambi di intese tra soggetti vari (...)».
In questo modo la Giunta - e quindi l'Aula - oggi si arroga il potere di emettere una sentenza in sostituzione del potere che, per Costituzione, è deputato ad emettere sentenze e a formulare giudizi, e cioè la magistratura. Il potere politico si lamenta delle invasioni di campo della magistratura, a mio giudizio ingiustificatamente, ma poi è esso a entrare a piedi giunti e a piedi uniti, in maniera molto pesante, sulle attività della magistratura, arrogandosi il potere di decidere al posto di essa. Questo, signor Presidente, è un punto fondamentale che credo dovrebbe essere sempre tenuto presente nei corretti rapporti tra istituzioni dello Stato, in modo particolare tra poteri costituzionalmente rilevanti e garantiti. Per questa ragione, signor Presidente, per evitare anche in futuro, oggi e in avvenire, che vi siano invasioni di campo, è necessario riaffermare che i giudici devono fare i giudici e i politici devono fare i politici. Per questa ragione, signor Presidente, per il rispetto dei rapporti tra poteri costituzionali, Italia dei Valori voterà contro la proposta della Giunta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, può sembrare banale il caso che stiamo esaminando ma non lo è affatto. Esso coinvolge uno di noi in maniera esemplificativa di fronte ad una vicenda che potrebbe «toccarci» in ogni momento. Il caso in esame propone due aspetti da considerare, uno di carattere formale e uno di carattere sostanziale. L'aspetto formale è tutto sommato semplice. Nei confronti di un parlamentare si può intervenire intercettandolo o acquisendo i tabulati delle sue telefonate solo previa autorizzazione dell'organo di appartenenza. Nel caso di specie non è presente tale autorizzazione e potremmo chiudere definitivamente il discorso. La realtà è che tali elementi sono stati già acquisiti e ora si vogliano utilizzare. Tuttavia, il magistrato non indica alla Camera per chi e per che cosa li vuole utilizzare. Vuole soltanto poter indagare ed è proprio ciò che dobbiamo evitare perché se al posto dell'onorevole De Luca vi fosse il cittadino X o Y il problema oggi non si porrebbe affatto. Il magistrato avrebbe immediatamente archiviato la posizione per assoluta inesistenza di qualsiasi ipotesi di reato. Il fatto, invece, che sia prospettabile un'accusa nei confronti di un parlamentare lo induce a richiedere di poter andare più avanti.
Per tale ragione la posizione che ha esternato per conto del Partito Democratico l'onorevole Samperi mi pare assolutamente non condivisibile. Afferma che dobbiamo evitare di assecondare la proposta della Giunta per ragioni di cautela investigativa. Ma quando mai ragioni di cautela investigativa possono non essere considerate il vero e proprio presupposto del cosiddetto fumus persecutionis che costituisce l'elemento cardine nelle valutazioni che dobbiamo, in questo consesso,Pag. 41esprimere? Credo proprio che il fatto stesso che si voglia avallare per ragioni di cosiddetta cautela investigativa la richiesta del pubblico ministero costituisce la conferma più precisa, più specifica e assolutamente indubbia che siamo di fronte ad un'ipotesi di utilizzo del fumus persecutionis che è proprio ciò che la Camera deve ad ogni modo evitare.
Ma non basta il rilievo di carattere formale. Ve ne è uno anche di carattere sostanziale. Già il relatore ha illustrato in termini molto chiari che l'ipotesi di reato teoricamente prospettata dal magistrato non esiste nel nostro ordinamento né è avallabile. A fronte di ciò, a maggior ragione, non è quella la ragione per cui il magistrato chiede di poter intervenire con l'acquisizione dei tabulati e dei relativi dati. Pertanto, se quella non è l'ipotesi avallabile, siamo dinanzi ad un magistrato che chiede di poter indagare per il solo gusto di indagare senza avere la certezza che vi sia una qualche prospettazione accusatoria suscettibile di essere convalidata. Si indaga soltanto perché indagabile teoricamente è un parlamentare ed è questo ciò che dobbiamo avallare. In questa sede dico «no», assolutamente «no»!
Noi abbiamo un dovere: il dovere di proteggere una funzione. Si tratta di proteggere non un privilegio, ma una funzione, quella parlamentare. Se essa viene violata attraverso dei comportamenti che sono indicati come illeciti è giusto che il magistrato vada avanti, ma se non viene in alcun modo avallata tale ipotesi, come nel caso di specie, non è giusto che la Camera conceda l'autorizzazione all'utilizzo dei tabulati telefonici. Qui si tratta di proteggere non una persona, l'onorevole De Luca, ma una funzione, di esprimere un voto che sia in linea con il ruolo del parlamentare e le sue funzioni, di andare oltre la posizione personale e decidere se il ruolo di parlamentare nel nostro consesso abbia ancora un significato o non lo abbia più. Non si tratta, pertanto, di avallare una serie di valutazioni sulla suddivisione dei poteri, come ha prospettato l'onorevole Palomba, ma soltanto di esprimere un giudizio chiaro in ordine alle prerogative che garantiscono il nostro ruolo.
Per tali ragioni, assecondo la richiesta del relatore ed esprimo voto favorevole sulle sue conclusioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Mi provoca sempre un grosso imbarazzo parlare dopo l'onorevole Paniz, che è chiaro ed esaustivo. Voglio soltanto precisare che, quanto detto dall'esponente del Partito Democratico, per cui sarebbe necessario assecondare il volere del deputato oggetto della richiesta in esame, è totalmente sbagliato. Infatti, non vi sono privilegi per i deputati, ma vi è una prerogativa della Camera d'appartenenza. Quindi, si tratta di un diritto indisponibile.
Votando a favore sulla proposta della Giunta, non voglio fare un piacere personale al deputato cui si riferisce la richiesta, ma voglio difendere la prerogativa di questo Parlamento, che sta veramente cadendo in una situazione di subordine rispetto agli altri poteri dello Stato, mentre in realtà dovrebbe essere la sede della democrazia. Infatti, il potere deriva dal popolo e, pertanto, ogni altro ordinamento o istituzione (come il Consiglio superiore della magistratura o la Corte costituzionale) che intenda legiferare, lo fa in maniera abusiva.
In conclusione, voteremo a favore sulla proposta avanzata dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. Dell'impostazione dell'onorevole Paniz, che pure stimo molto e con il quale simpatizzo grandemente, non mi convince l'approccio. Infatti, l'onorevole Paniz ci ha ricordato, onorevoli colleghi, che l'onorevole De Luca è «uno diPag. 42noi». Questo «uno di noi» è sinceramente quanto di più lontano esista dalla mia sensibilità e quanto di peggio possiamo offrire al Paese in un momento nel quale il Paese discute della cosiddetta «casta» e dei suoi privilegi. Prima un rappresentante del Governo sostiene che ci sia droga in Parlamento, adesso un'autorevole rappresentante della maggioranza dichiara che un collega è «uno di noi» e, dunque, va protetto. Sinceramente, tutto ciò mi crea qualche perplessità. Quindi, vi ricordo che voi in questi giorni state chiedendo le impronte digitali ai bambini rom e giustificate ciò sostenendo che sia necessario per motivi di sicurezza e di rispetto della legalità.
Vi chiedo soltanto se vi sembri coerente chiedere le impronte digitali ai bambini rom e allo stesso tempo non concedere nemmeno l'acquisizione dei tabulati telefonici di un collega.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. IV, n. 2-A)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Ricordo che l'oggetto della deliberazione è la proposta della Giunta. Pertanto, chi intende votare per la concessione dell'autorizzazione deve esprimere un voto contrario, mentre chi intende votare per il diniego dell'autorizzazione deve esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di negare l'autorizzazione all'acquisizione dei tabulati telefonici nei confronti del deputato De Luca.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Presenti 537
Votanti 385
Astenuti 152
Maggioranza 193
Hanno votato
341
Hanno votato
no 44).

Prendo atto che i deputati Favia e Mariani hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che i deputati Nicola Molteni e Grimoldi hanno segnalato che hanno erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che il deputato Mazzarella ha segnalato che non è riuscito a votare e avrebbe voluto astenersi e che il deputato Misiti ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro.

Discussione del disegno di legge: S. 692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (A.C. 1366) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 12,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 1366)

PRESIDENTE. Avverto che, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, sono state presentate le questioni pregiudiziali Soro e altri n. 1, Soro e altri n. 2, Vietti e altri n. 3, Donadi e altri n. 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 1366).
Avverto che, a norma dei commi 3 e 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali, ha luogo un'unica discussione. In tale discussione potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppiPag. 43diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis comma 3, quarto periodo, del Regolamento ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
L'onorevole Bressa ha facoltà di illustrare le questioni pregiudiziali Soro ed altri n. 1 e Soro ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, oggi siamo chiamati a discutere i presupposti di costituzionalità di questo decreto-legge, non a discutere il merito del provvedimento, ma gli effetti che esso ha per il sistema, qual è il prezzo che il Paese sarà chiamato a pagare se questa legge dovesse essere approvata, perché di «prezzo salatissimo» si deve parlare.
Si tratta di un decreto-legge che nasce per l'apprestamento di un quadro normativo più efficiente per contrastare fenomeni di illegalità diffusa che fin dall'inizio, come vedremo, è viziato da elementi di incostituzionalità. Un decreto-legge che, per effetto di alcuni emendamenti presentati e approvati al Senato (tra i quali il cosiddetto blocca processi), viene completamente stravolto, al punto da divenire l'esatto contrario di ciò per cui era stato pensato: uno strumento di inefficienza normativa e giudiziaria che finirà col favorire fenomeni di illegalità diffusa, diventando così un perfetto esempio di irragionevolezza che, come diceva Carlo Mezzanotte, costituisce un limite generale alla legislazione, il criterio di misurazione della legalità e dell'adeguatezza della scelta politica consacrata nell'atto che tende ad evitare l'arbitrio del legislatore, vietando di porre disposizioni incompatibili con il sistema. Ma su questo aspetto tornerò.
L'aver costruito questo capolavoro con un emendamento non è stato casuale: è stato volutamente fatto per aggirare il filtro costituzionale del Capo dello Stato che ne avrebbe sicuramente eccepito l'estraneità. Ma ciò è in contrasto con l'articolo 77, secondo comma, della Costituzione. Ci sono due sentenze recentissime della Corte costituzionale, la n. 171 del 2007 e la n. 128 del 2008, che stabiliscono che è viziato l'emendamento inconferente, cioè che non c'entra niente con le finalità del decreto, e che la mancanza di straordinarietà e urgenza vizia il decreto-legge e la relativa legge di conversione. Questo vostro decreto-legge contiene entrambi i vizi evidenziati.
Ma se passiamo dalle procedure alle norme sostanziali, cari colleghi, ed è bene che prestiate un po' di attenzione, c'è da non credere a quello che avete fatto. Alcuni esempi rendono meglio l'evidenza di quello che sto sostenendo. Primo esempio: all'articolo 2-bis del decreto-legge, che costituisce il primo emendamento che avete presentato al Senato, avete stabilito che il giudice assegna precedenza assoluta - ripeto, precedenza assoluta - ai processi relativi ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni. In un decreto che vuole garantire meglio la sicurezza pubblica e contrastare più efficacemente i reati che costituiscono allarme sociale qual è la ratio di stabilire la soglia dei dieci anni di pena? Sapete qual è l'effetto pratico di questa norma? Secondo voi, colleghi della maggioranza che vi accingete a votare questo provvedimento, tra chi violenta una ragazza che sta aspettando il treno e tre studenti che in gita scolastica cedono una dose di hascisc ad un loro coetaneo, quale processo deve assolutamente essere fatto per primo? Ovvio, quello contro i tre studenti, perché la condanna va dai 6 ai 22 anni, mentre per lo stupro si va dai 5 ai 10 anni.
Dov'è la ragionevolezza? Ragionevole è ciò che in qualche modo è giustificabile; se non esiste un seppur minimo legame giustificativo tra regola e caso, la regola stessa appare intrinsecamente arbitraria, in sé per sé, non in rapporto ad altre regole. Ma tutto questo non ha importanza, perché questo decreto-legge è necessario, come dice il Ministro Alfano, perché è tempo di definire con chiarezza chi sia il titolarePag. 44della politica criminale; questione certamente non nuova e molto seria, ma c'è modo e modo per affrontarla.
Nel 1977, il Consiglio superiore della magistratura emanò alcune direttive per consentire la trattazione sollecita dei processi più gravi, che in quel contesto erano i processi per terrorismo. Più avanti alcuni presidenti e procuratori generali, utilizzando la legge sull'applicazione dei magistrati, emanarono circolari contenenti indicazioni di priorità e criteri organizzativi per garantire più efficienza senza discriminazioni. Nel 1993, il Ministro Giovanni Conso, un soggetto titolare di responsabilità politica, indicava l'opportunità di perseguire con criteri di priorità le infrazioni penali relative alla lesione dei diritti della proprietà intellettuale per superare una delicata situazione...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bressa. Pregherei i colleghi di non intrattenersi in conversazione ai banchi del Governo e di consentire all'onorevole Bressa di parlare.

GIANCLAUDIO BRESSA. Il Ministro Conso aveva indicato l'opportunità di perseguire con criteri di priorità le infrazioni penali relative alla lesione di diritti della proprietà intellettuale, per superare una delicata situazione sul piano dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti. Quindi, quello che voi dite di voler fare, ossia definire la titolarità della politica criminale, si può fare, ma non come lo state facendo voi. La determinazione per atto legislativo dei criteri di priorità per l'esercizio dell'azione penale va tenuta nettamente distinta dalla sospensione per atto legislativo dei processi penali, cosa che voi avete introdotto con l'altro emendamento approvato al Senato e che oggi è l'articolo 2-ter del provvedimento in esame. La prima è in sé legittima: una maggioranza può dettare criteri che attengono ai caratteri della politica criminale del Governo. La seconda è illegittima: una maggioranza non può stabilire quali processi non si celebreranno, perché si violano due disposizioni costituzionali, l'articolo 112 sull'obbligatorietà dell'azione penale e l'articolo 111 sulla giusta durata del processo, e inoltre perché è realizzato con modalità lesive dei principi costituzionali di razionalità e di ragionevolezza.
Un esempio spiega meglio di ogni richiamo alla dottrina e alla giurisprudenza. Un soggetto qualsiasi ha sequestrato una persona, ha compiuto un furto in appartamento, uno scippo, uno stupro, ha praticato l'usura, ha sfruttato la prostituzione, ha corrotto un giudice, ha truffato o è incorso in bancarotta fraudolenta, ha detenuto materiale pedopornografico, ha maltrattato o molestato un familiare, ha realizzato un traffico di rifiuti, incendiato un bosco, adulterato sostanze alimentari (e si potrebbe continuare...): se ha fatto tutto questo prima del 30 giugno 2002 non è una cosa tanto grave, visto che prevedete l'immediata sospensione del processo! Sono 100 mila i processi che si fermeranno con buona pace dei diritti delle vittime e delle ragioni delle parti civili.
Tutto ciò per consentire di perseguire i reati più gravi? Ma quali sono i reati più gravi? Dov'è finito l'allarme sociale che voi invocate a motivazione di questo decreto-legge? Ma stiamo scherzando? Purtroppo no, state votando un disegno di legge che consentirà queste nefandezze.
Perché? Dov'è la razionalità nel definire questa differenziazione temporale che viola l'articolo 3 della Costituzione che sancisce il principio di eguaglianza? L'imperativo di razionalità che deriva dal diritto come ordinamento, in primo luogo, impone al legislatore di essere coerente con se stesso; ma a quale coerenza ci si deve richiamare: la coerenza alla Costituzione o quella dell'appartenenza politica ad una maggioranza? Visto che con questo provvedimento violate ripetutamente la Costituzione, è chiaro che la vostra scelta è tutta e solo politica; non importa se si scassa il sistema, importante è difendere dal processo una persona e una sola. E gli italiani? Pazienza! Ma è anche per questo che ve la voterete da soli, soli anche rispetto al Paese e alle sue attese.
Illustro un'ultima questione di costituzionalità, ultima solo per trattazione, perPag. 45ché in realtà questo è il vizio costituzionale primigenio: l'aggravante della pena per essere clandestino. Facciamo un esempio: una persona straniera entra in Italia con visto turistico, viene assunta da una famiglia italiana per accudire un congiunto, il suo lavoro è decisivo per l'equilibrio familiare, ma per effetto di quella micidiale macchina di produzione di clandestini che è la legge cosiddetta Bossi-Fini non riesce a regolarizzarsi. È così sfortunata che la sua richiesta il giorno del click day non rientra tra i 170 mila fortunati su 730 mila domande. La sua vita, già ridotta dalla legge Bossi-Fini ad una sorta di lotteria sociale, subisce un'ulteriore ingiustizia perché l'essere diventata clandestina, contro la sua volontà e quella del suo datore di lavoro, fa sì che il codice penale per lei sia cambiato, sia diventato più duro. Per la prima volta nella storia repubblicana, vieni punito per quello che sei e non per quello che fai!
Badate che in questa condizione di lavoratori regolari, ma irregolari dal punto di vista del permesso di soggiorno, e quindi punibili con l'aggravante, vi sono almeno 560 mila persone, solo facendo riferimento ai dati delle domande non accolte forniti dal Ministero dell'interno. Ma noi tutti sappiamo che sono molti di più, e molti di noi lo sanno anche per esperienza diretta personale. È un'autentica aberrazione che cancella gli elementi fondanti il diritto penale di un ordinamento liberale, democratico e moderno che non è forgiato ad arbitrio del legislatore, ma è volto alla tutela di beni autentici presenti nella società, regolando fatti provabili in sede processuale, socialmente e rilevantemente dannosi.
Si tratta di un'aberrazione proprio perché gli esseri umani sono in principio uguali davanti alla legge, indipendentemente dalle condizioni personali e sociali. Questo principio ha una pregnanza particolarmente elevata quando è in questione l'applicazione di norme penali per le quali le esigenze dell'eguaglianza formale si manifestano con particolare forza.
Voi state per approvare una legge arbitraria (quindi incostituzionale nella forma più grave), in quanto violate i principi giuridici fondamentali e fondanti che appartengono, ancora prima che al diritto positivo, alle condizioni e alle strutture culturali che sono presupposte allo stesso diritto positivo, senza le quali il diritto diventa impensabile, inconoscibile, inintellegibile, non ordinabile e non comunicabile. In questo modo si arriverebbe alla fine della società del diritto.
Come potete capire il dialogo non c'entra, in quanto contano questioni più profonde, radicali e dirimenti. Non stupitevi se non votiamo a favore del decreto-legge in esame, ma stupitevi piuttosto dell'insostenibile leggerezza culturale e politica del vostro essere maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Vietti ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 3.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi...

PRESIDENTE. Pregherei gli onorevoli deputati di allontanarsi dai banchi del Governo, tranne ovviamente coloro che hanno il diritto di sedersi. Parlo anche a lei onorevole, se si vuole allontanare. Prego onorevole Vietti.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, mi auguro che mi permetterà di recuperare questo tempo. Come è noto il nostro sistema istituzionale prevede una serie di vagli preventivi e successivi di costituzionalità delle leggi. Vi sono preposti il giudice delle leggi che valuta le leggi successivamente e il Presidente della Repubblica che effettua un vaglio all'atto della promulgazione, ma tutto ciò non esonera la Camera dei deputati dal compito e dal diritto e dovere di esprimere essa stessa una valutazione sulla costituzionalità o meno dei provvedimenti che intende adottare. Credo che anche un modesto studente di giurisprudenza al primo anno, all'esame di diritto costituzionale, sarebbe in grado di risponderePag. 46alla domanda se e quali profili di incostituzionalità vi sono nel decreto-legge sicurezza e, in particolare, nel cosiddetto «articolo blocca processi».
L'estraneità per materia è clamorosa, in quanto è stata inserita in un provvedimento in cui si vuole aumentare la garanzia della sicurezza (e dunque si inaspriscono le pene e le sanzioni) una norma che sospende i processi per gli stessi reati per cui vengono aumentate le sanzioni. Dunque, non soltanto estraneità, ma contraddittorietà palese della materia. L'effetto è il blocco di quasi metà dei processi pendenti e altrettanto plateale è la violazione dell'articolo 111 della Costituzione sulla ragionevole durata.
La scelta dei reati per cui i processi devono o non devono proseguire è assolutamente arbitraria ed egualmente arbitraria e incomprensibile è la scelta dello spartiacque temporale (il 2002) a cui si fanno risalire i processi che si sospendono. L'effetto - come è stato detto in modo efficace - è un'amnistia occulta. È inutile scomodare l'articolo 3 della Costituzione per sottolineare come si introduce un doppio binario e un differente sistema sanzionatorio e probatorio, in quanto si introducono percorsi in un caso agevolati e nell'altro resi più difficili.
Se tutto ciò è così evidente, vorrei porre una domanda non giuridica, ma squisitamente politica. Qual è la ragione di una forzatura così smaccata all'interno di un provvedimento che l'opposizione aveva valutato positivamente e che contiene tante norme largamente condivisibili? Perché questa forzatura?
Andrea Manzella, qualche giorno fa, ha parlato della necessità di eliminare la paura dal nostro ordinamento. Ebbene colleghi, io leggo dietro questa forzatura un forte sentimento di paura. Si tratta di quella paura che Manzella afferma che ci dovrebbe spingere a ritrovare l'equilibrio perduto di un sistema che, nel 1994, è stato sconquassato quando abbiamo inserito un meccanismo elettorale maggioritario dentro un impianto costituzionalmente proporzionale. Tutto ciò ha determinato un vuoto di garanzie che ha generato una paura in grado di produrre dei mostri, che in questo caso, si chiamano la tirannide giudiziaria e la metastasi della democrazia, che altro non sarebbero che i magistrati. Questi sono i mostri prodotti dalla paura dovuta all'assenza di garanzie.
Mi permetto allora di affermare: anziché forzare ancora questo squilibrio che abbiamo prodotto nel sistema delle garanzie e utilizzare la necessità e l'urgenza per fare dei regolamenti di conti di carattere personale, anziché utilizzare il sistema delle prepotenze, delle furbizie, dei mercanteggiamenti, degli statuti speciali, dei salvacondotti personali ovvero continuare a far diventare la paura legge, perché non torniamo alla via maestra? La via maestra è quella di ripristinare un sistema di sicurezze costituzionali che allontanino la paura e ripristinino le garanzie per tutti e non solo per il Presidente del Consiglio!
Onorevoli colleghi, noi siamo il legislatore che, in questo momento, sta svolgendo la valutazione della costituzionalità sulle leggi che deve approvare. Ci possiamo ricordare che dobbiamo scrivere regole di carattere generale e astratto e non occuparci delle biografie giudiziarie?
Mi permetto di approfittare di questa occasione per lanciare l'ennesimo appello alla maggioranza e al Governo: abbiate il coraggio di rimuovere questa norma che prima che incostituzionale è irragionevole e dannosa, di stralciarla; fornite una prova di onestà intellettuale e di coraggio. A questo punto, noi siamo disponibili a riannodare il discorso di una immunità compatibile con la Costituzione e con la sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2004. Torniamo a ragionare sull'articolo 68 della Costituzione e sull'immunità del Parlamento europeo. Se farete questo gesto di coraggio e di lungimiranza, noi saremo pronti anche a votare questo decreto-legge in cui riconosciamo una prevalenza di aspetti positivi, ma se non lo farete, se farete prevalere una logica assolutamente miope, temo - lo dico seriamente - che l'incendio che viene appiccato con questo articolo non si limiterà a bruciare una parte della nostra procedura penale. Bruceranno insieme il rapportoPag. 47corretto con cui il Parlamento legifera, la scelta degli strumenti della decretazione d'urgenza, il rapporto tra decreto-legge e le sue forme emendative e il ricorso alla fiducia.
Brucerà alla fine l'autorevolezza e la credibilità, non di Silvio Berlusconi, ma del Presidente del Consiglio e insieme ad esse bruceranno l'autorevolezza e la credibilità delle istituzioni di cui noi siamo parte, come maggioranza ed opposizione, e io credo che questo non ce lo possiamo permettere. Finché siete in tempo ripensateci (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Donadi ed altri n. 4, di cui è cofirmatario.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente del Consiglio che non c'è (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per favore! Prego, onorevole Di Pietro...

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente del Consiglio che non c'è (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di non disturbare l'oratore! Prego, prosegua pure onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente del Consiglio che non c'è (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. La prego di proseguire, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. ...ancora una volta lei fa l'incallito furbacchione. Lei utilizza lo strumento del decreto-legge per farsi ancora una volta i cavoli suoi.

MATTEO BRIGANDÌ. Presidente, il turpiloquio no!

ANTONIO DI PIETRO. Oddio, è vero che l'articolo 77 della Costituzione ammette che in casi straordinari di necessità e urgenza il Governo può adottare, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, ma certamente i nostri padri costituenti non pensavano mai che tra i casi straordinari di necessità e urgenza vi dovesse essere anche quello di un Presidente del Consiglio in carica che, per paura di una condanna penale per corruzione in atti giudiziari, si emanasse, da sé medesimo, con il suo consiglio di amministrazione, una legge per sospendere il suo processo.
Dica la verità, signor Presidente del Consiglio che non c'è, lo sapeva e lo sa pure lei che una furbata del genere non si può fare. Per questo ha usato un altro trucchetto. Non ha inserito nel testo originario (il decreto-legge da sottoporre al vaglio preventivo del Presidente) la norma che sospende processi in corso, ma l'ha fatta introdurre da qualche suo dipendente successivamente in Parlamento come emendamento. Bravo furbacchione! Così ha raggirato, sì, ha proprio raggirato anche il Capo dello Stato a cui spettava il primario compito del vaglio costituzionale, a norma del quinto comma dell'articolo 87 della Costituzione.
Per queste ragioni noi, deputati dell'Italia dei Valori, chiediamo alla Camera dei deputati di non procedere all'esame del decreto-legge n. 92 del 2008, perché quanto disposto dall'articolo 2-ter del decreto in questione viola l'articolo 77 della Costituzione. Sappiamo bene che la maggioranza di questo Parlamento farà finta di non leggere, di non vedere, e di non riflettere sull'articolo 77 della Costituzione, ma il problema è proprio qui: la Costituzione, a una maggioranza parlamentare che ha deciso di servire gli interessi personali del capo del Governo, interessa poco.
Ugualmente chiediamo, affinché questa nostra richiesta pregiudiziale rimanga agli atti, che sia dichiarata l'incostituzionalitàPag. 48del predetto articolo 2-ter del decreto n. 92 del 2008, sempre rispetto all'articolo 77 della Costituzione, per estraneità assoluta della norma che dispone la sospensione dei processi. Perché questo? Perché quando avete varato questo decreto-legge avete detto che questo provvedimento doveva servire ad apprestare un quadro più efficiente per contrastare fenomeni di illegalità diffusa collegati all'immigrazione illegale e alla criminalità organizzata. Ora, ci dica, signor Presidente del Consiglio che non c'è, che ci azzecca la sospensione del processo a suo carico con il fatto che così facendo si riesce a combattere meglio la criminalità organizzata o l'illegalità diffusa? O forse ci azzecca, ci azzecca (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Ancora una chicca, signor Presidente del Consiglio che non c'è, di cui dovrebbe proprio spiegarci la ratio: perché ha scelto proprio la data del 30 giugno 2002 come parametro temporale per individuare quali processi sospendere? Che cavolo sarà mai successo di così importante prima di tale data che deve essere sospeso ad ogni costo, altrimenti la giustizia non funziona più? E perché mai, se gli stessi reati sono avvenuti dopo tale data, non importa più e possono essere perseguiti?
Se lo scopo dichiarato di alleggerire il lavoro dei giudici da reati a basso contenuto di allarme sociale fosse vero, ciò dovrebbe valere sia per i reati commessi prima sia per quelli commessi dopo il 30 giugno 2002. Anche per questa ragione, quindi, chiediamo la pregiudiziale declaratoria di incostituzionalità, che sappiamo voi non approverete ma sappiamo anche che resterà agli atti, cosicché, in seguito, quando la Corte costituzionale ne prenderà atto, qualcuno rifletterà su come ha usato il proprio mandato.
Riteniamo, inoltre, che sia del tutto incompatibile con l'ordinamento costituzionale una norma che riconduce un aggravamento obbligatorio della pena alla mera sussistenza di uno status personale. Mi riferisco all'articolo 1, comma 1, lettera f) del decreto-legge in esame, dove è introdotta una circostanza aggravante comune: trovarsi nel territorio nazionale, vale a dire l'aggravante della nazionalità della persona sottoposta ad indagine. Vorrei ricordare che gli articoli 2 e 7 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ma anche gli articoli 3, 10 e 11 della Costituzione non pongono differenza tra nazionalità, sesso, razza e quant'altro. Stabilire un'aggravante semplicemente perché il fatto è commesso da uno straniero, piuttosto che da un italiano, è un'illogicità, una incongruenza e anche una disparità di trattamento inaccettabile in uno Stato di diritto. Andando avanti di questo passo stabiliremo anche aggravanti anche per chi è di colore nero invece che di colore bianco, per chi è di razza ebrea invece che di razza ariana, per chi è zingaro invece che cittadino italiano (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Dunque, mi sembra che questa norma contenga tutti i parametri per una dittatura alle porte. Riteniamo che sia incostituzionale tale norma e, in particolare, l'articolo 2-bis del decreto-legge anche perché, dando precedenza ad alcuni reati rispetto ad altri, viola l'articolo 112 della Costituzione.
L'articolo 112 della Costituzione è quello che a voi e a lei, signor Presidente del Consiglio che non c'è, non piace, e che stabilisce il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale; ma a noi dell'Italia dei Valori piace perché l'obbligatorietà dell'azione penale pone tutti in modo uguale di fronte alla legge; non tutti, quindi, meno qualcuno.
Noi riteniamo che l'articolo 3 della Costituzione, secondo il quale tutti devono essere uguali di fronte alla legge, sia un articolo di cui essere fieri e che non deve essere calpestato, neanche per ragioni di urgenza, quali sono quelli di salvaguardarsi dai processi in corso. Riteniamo, signor Presidente del Consiglio che non c'è, che la sospensione riguardante un numero ingente di dibattimenti, creerà un'ulteriore dilatazione dei tempi della giustizia e, quindi, in questo senso, violerà ancora una volta l'articolo 111 della Costituzione.Pag. 49
Vogliamo che anche questo resti agli atti, perché con questa norma non si dà più efficienza alla giustizia, ma si rallenta il corso della giustizia e si impedisce di avere giustizia, soprattutto alle parti lese per le quali il procedimento non prevede la possibilità che venga negata la sospensione su loro richiesta. Le parti lese devono soltanto subire ciò che il legislatore stabilisce e, quindi, non possono difendersi in alcun modo. Si dice che la parte civile costituita può trasferire l'azione in sede civile, come se in sede civile vi fosse la stessa possibilità di acquisire la prova dei fatti penalmente rilevanti che in sede penale.
Non capiamo proprio per quale ragione questa norma assegna al presidente del tribunale - mi riferisco al comma 8 dell'articolo 2-ter del decreto-legge - e non al giudice naturale il compito di accogliere la richiesta dell'imputato: il presidente del tribunale in via amministrativa e non il giudice naturale assegnato e precostituito per legge.
Vogliamo che resti agli atti anche questo - sebbene sappiamo che a voi non interessa nulla, così come buona parte della Costituzione -, e cioè che questa disposizione viola l'articolo 25, primo comma, della Costituzione, perché viola la disposizione sull'assegnazione al giudice naturale precostituito per legge e viola anche il diritto di difesa, quello che tanto decantate, ma che boicottate quando non vi serve (articolo 24 della Costituzione).
Che dire poi della violazione dell'articolo 79 della Carta costituzionale, con riferimento alla sospensione facoltativa, quella cioè ancorata alla prossimità della prescrizione, quella che costituisce una sorta di vera e propria amnistia occulta, applicata al di fuori dell'articolo 79 della Costituzione, appunto, senza prevedere nemmeno un termine preciso per la ripresa dell'attività processuale dopo la sospensione. Si dice: si sospenda, poi anche se non si riprende più, non fa niente. Sicché, alla fine, si realizza un'amnistia occulta senza che una legge sull'amnistia occulta lo possa decidere. Insomma - e concludo - signor Presidente del Consiglio che non c'è, non crediamo, a differenza di altri colleghi, che la vostra sia una scelta politica: crediamo che sia una scelta personale ed un uso personale delle funzioni pubbliche, che lei e il suo Governo state portando avanti.

PRESIDENTE. Concluda, prego.

ANTONIO DI PIETRO. Per noi dell'Italia dei Valori deve essere chiaro che la via maestra non è quella di ripristinare una generale garanzia costituzionale per tutti: per noi la via maestra è l'articolo 3 della Costituzione, per cui tutti sono uguali di fronte alla legge e lei, signor Presidente del Consiglio, si faccia giudicare come tutti gli altri, e la smetta di cercare, attraverso la legge, di sfuggire alle maglie della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, intervengo per respingere le questioni pregiudiziali presentate in ordine alle misure urgenti, contenute nel provvedimento in esame, in materia di sicurezza pubblica.
Le motivazioni della necessità ed urgenza, per disporre di un quadro normativo più efficiente per contrastare fenomeni di illegalità, legati all'immigrazione illegale e alla criminalità organizzata, sono semplicemente dettate dall'esigenza che l'allarme sociale impone, affinché tali questioni siano risolte. A tal riguardo, voglio ricordare il rapporto sulla criminalità in Italia, pubblicato nel sito del Ministero dell'interno e che è frutto delle scelte politiche sbagliate e scellerate dell'allora maggioranza, guidata da Prodi, e che vedeva come supporter anche l'onorevole Di Pietro.
Riguardo agli immigrati, ne abbiamo presenti nel nostro Paese per una percentuale uguale al 6 per cento della popolazione complessiva e, guarda caso, compiono il 34 per cento dei reati complessivi, vale a dire uno su tre. In carcere, ormai,Pag. 50un detenuto su due è immigrato. Un omicidio su tre è compiuto per mano straniera, come il 70 per cento dei borseggi, il 50 per cento delle rapine in casa, il 40 per cento degli stupri, il 40 per cento dei furti d'auto. Allora, vi è la necessità impellente di mettere ordine sotto tale aspetto. Quindi, ben vengano questi pacchetti sicurezza, che non vanno fuori dalla Costituzione, ma la rispettano in pieno, e che prevedono norme più sicure sulle espulsioni - cosa dimenticata anche dall'Italia dei Valori, quando faceva parte della maggioranza - sugli allontanamenti, sulle identificazioni certe, sulle aggravanti per quanto riguarda la presenza clandestina di chi viene nel nostro Paese per fare shopping turistico, delinquenziale però, non in cerca di mercanzie di un certo pregio.
Dobbiamo ristabilire l'equilibrio tra i diritti e i doveri e proprio per questo, oltre al pacchetto sicurezza sottoposto alla nostra attenzione, vi sono decreti legislativi «a rimorchio» che riguardano norme certe sui ricongiungimenti familiari e sullo status di rifugiato.
Infatti, nel nostro Paese, abbiamo concesso troppi privilegi ed il buonismo, va da sé, fa più male ai buoni che non a chi viene nel nostro Paese a delinquere, perché sfrutta aperture che i buoni non possono avere in quanto possiedono meno mezzi e non sono organizzati dalle associazioni criminali, le quali traghettano i criminali nel nostro Paese.
Pertanto, in questo decreto-legge, vi è tutta una serie di normative che mettono ordine su tali questioni, non da ultimo la questione dei ricongiungimenti familiari che, guarda caso, anche con le aperture del precedente Governo Prodi, hanno portato nel nostro Paese centinaia di migliaia di cittadini comunitari - mi riferisco ai rumeni - i quali entrano, fanno i ricongiungimenti dopo aver ottenuto da sindaci compiacenti la residenza senza rispettare alcuna normativa; scattano, così, i ricongiungimenti con i familiari anziani, reddito zero e assegno sociale! L'INPS chiedeva altri cinquanta milioni di euro proprio per dare risposte a queste persone che, però, fanno anche «le furbe» utilizzando norme troppo buoniste. Queste persone, infatti, chiedono il ricongiungimento, ottengono gli assegni sociali per gli anziani, li fanno tornare in Romania e, con la delega, qua, vi è qualcuno che raddoppia lo stipendio a beneficio suo. Mi sembra che qualcosa non quadri!
Sulle identità certe - come abbiamo sentito in precedenza, relativamente anche alle impronte da prendere ai minori sui rom - vi è la necessità urgente di verificare le identità certe di questi bambini, perché, altrimenti, un giorno, quel bambino sarà figlio di genitori in un campo rom a Milano e, magari, tre settimane dopo, lo stesso bambino sarà figlio di genitori diversi che genitori non sono, ma che lo hanno comprato, e si troverà in un campo nomadi a Palermo! Se noi non sappiamo se questo bambino è quel bambino, alla fine facciamo solo il gioco di chi tratta con gli esseri umani! Dunque, l'identità certa è necessaria, per chi non lo ha capito, per chiarire anche questi aspetti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, servono indirizzi chiari! Va da sé che vi è anche la necessità di prevedere che i giudici diano la precedenza a determinati procedimenti relativi ai delitti di maggior allarme sociale...

PRESIDENTE. Onorevole Dussin, il suo tempo è terminato, la invito a concludere.

LUCIANO DUSSIN. Concludo immediatamente, signor Presidente.
Sono di questi giorni alcuni errori giudiziari clamorosi: a Verona hanno già rilasciato due soggetti che trattavano con i bambini rom, schiavizzandoli, perché hanno detto che non vi è alcuna possibilità di fuga, quando queste persone avevano appena dichiarato per la novantaseiesima volta generalità false...

PRESIDENTE. Deve concludere, la prego, onorevole Dussin.

Pag. 51

LUCIANO DUSSIN. Ho concluso. Pertanto, in questo sistema, dobbiamo cercare chiarezza! Questi decreti offrono chiarezza, non devono essere strumentalizzati e le pregiudiziali se le votino... (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Dussin.
Ha chiesto di parlare l'onorevole La Loggia. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, non rispondo agli insulti, ovviamente, né alle espressioni offensive che dovrei definire indecenti, ma che, per rispetto delle istituzioni, mi limito a definire soltanto inappropriate. Le respingo, naturalmente, le respingo con sdegno! Certo, se si dovesse dare finalmente una prova, da parte di tutti noi, di conoscere cosa siano esattamente le istituzioni e di rispettarle, come è doveroso che sia, tutto il clima politico ne trarrebbe giovamento e i cittadini, che ne hanno il diritto e il dovere, potrebbero coltivare il loro giusto rispetto nei confronti delle istituzioni.
Qualunque attacco personale è sempre da respingere, in qualche caso - come in questa circostanza - anche di più. Quando, da parte di alcuni, si tenta di sovvertire ancora una volta l'ordine democratico del nostro Paese, è ovvio, ma va ribadito, che da parte nostra non vi può essere alcun cedimento nel garantire la sovranità popolare e la integrità delle sue scelte!
Quanto alla presunta incostituzionalità, non varrebbe nemmeno la pena di replicare, vista la strumentalità e la pretestuosità delle affermazioni contenute in tutte le pregiudiziali che sono state presentate.
Ma solo per amore dell'arte, come si suole dire, e per corrispondere all'incarico ricevuto dal mio gruppo, occorre precisare che la norma in questione, che prevede che, al fine di assicurare la rapida definizione dei processi pendenti alla data di efficacia del presente decreto, nella trattazione dei procedimenti e nella formazione dei ruoli di udienza, anche indipendentemente dalla data del commesso reato o da quella dell'iscrizione del procedimento, si tiene conto della gravità e della concreta offensività del reato e del pregiudizio che può derivare dal ritardo per la formazione della prova e l'accertamento dei fatti, nonché dell'interesse della persona offesa, non è da giudicare incostituzionale.
Sapete perché? Perché quando avete scritto e votato voi della sinistra la disposizione, in occasione del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, nessuno gridò allo scandalo né invocò presunte questioni di costituzionalità, né qui né fuori di qui.
In effetti, è una norma assolutamente in linea con la Costituzione e oggi - ascoltate bene, se credete - per una norma sostanzialmente identica, solo più precisa e meglio articolata, state sollevando un polverone che non fa onore né all'istituzione né ai cittadini che qui rappresentiamo.
Non si violano, allora, i numerosi articoli della Costituzione da voi citati. In particolare, non si viola il quinto comma dell'articolo 87, che prescrive il vaglio da parte del Presidente della repubblica dei decreti-legge, in quanto l'articolo 2-ter non è norma immediatamente esecutiva, ma entra in vigore soltanto con la legge di conversione e, quindi, ha il vaglio del Parlamento, come tutte le leggi ordinarie.
Non è vero che si violano l'articolo 77 e l'articolo 3 della Costituzione, in quanto i requisiti di necessità e urgenza ci sono tutti, data la gravità dell'insicurezza pubblica, che penalizza i cittadini onesti che hanno quindi tutto l'interesse a vedere conclusi i procedimenti sui reati più gravi e, in più, a rendere più rapida l'azione civile, che, altrimenti, resterebbe ferma per anni, come nella maggior parte dei casi qui riportati ed in questione.
Non è vero che gli emendamenti che hanno introdotto gli articoli 2-bis e 2-ter sono eterogenei rispetto alla finalità del decreto-legge, in quanto sono diretti a rafforzare il contrasto giudiziario nei confronti dei reati più gravi.
Ed ancora, non si viola l'articolo 111 della Costituzione sulla ragionevole durata dei processi, in quanto, se alcuni processi sono rallentati, altri sono accelerati, e,Pag. 52quindi, l'effetto complessivo del provvedimento sulla durata media dei processi è, ovviamente, neutrale.
Non è vero che si viola l'articolo 25, comma 1 della Costituzione, perché nessuno viene distolto dal giudice naturale. Non è vero che si viola l'articolo 24 della Costituzione ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, ancora trenta secondi, se mi consente.

PRESIDENTE. Il suo tempo è terminato, quindi non glielo posso consentire.

ENRICO LA LOGGIA. Non è vero, infine, che si viola l'articolo 79 della Costituzione, perché non siamo di fronte ad alcuna amnistia occulta, in quanto per i processi sospesi si sospendono anche i termini di prescrizione.
Posso continuare, ma il tempo, evidentemente, è esaurito e credo che tutti i rilievi che sono stati qui posti sono soltanto pretestuosi e strumentali.
Quanto al parere espresso dal CSM, lasciatemi dire che esso probabilmente avrebbe fatto bene ad astenersi, nel pieno rispetto... (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole La Loggia.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente chiedo di poter pubblicare in calce al resoconto della seduta odierna il testo di mie considerazioni integrative.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Soro ed altri nn. 1 e 2, Vietti ed altri n. 3 e Donadi ed altri n. 4.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia - Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Presenti e votanti 567
Maggioranza 284
Hanno votato 265
Hanno votato no 302.

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (A.C. 1386) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali) (ore 12,52).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle disegno di legge n. 1386: Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.

(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 1386)

PRESIDENTE. Avverto che, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, sono state presentate le questioni pregiudiziali Donadi ed altri n. 1, Soro ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A - A.C. 1386).
L'onorevole Borghesi ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Donadi ed altri n. 1.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, Italia dei Valori ritiene che vi siano molteplici profili di incostituzionalità nelPag. 53decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, che reca numerose disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività. È evidente che siamo in presenza di un atto molto ampio e complesso, che - come è già stato ampiamente dichiarato - anticipa di fatto la manovra di finanza pubblica, varata di norma annualmente con la legge finanziaria e le relative disposizioni di bilancio.
Del resto, nello stesso DPEF si legge che la manovra di bilancio sarà anticipata all'estate; c'è quindi un'ammissione di colpevolezza in tal senso, perché è evidente che così facendo il Governo interrompe una tradizione, una prassi e anche una legge che faceva sì che la legge finanziaria fosse discussa dopo l'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria. Anche chi condivide l'esigenza di una riforma della sessione di bilancio non può non vedere che in questo modo si sottrae al Parlamento il diritto di indicare i limiti e i contenuti della manovra di bilancio.
Non so, signor Presidente, se le cose che lei sottolineava prima non valgono più, però mi parrebbe...

PRESIDENTE. Prego gli onorevoli colleghi che non sono interessati ad uscire dall'Aula e a consentire all'onorevole Borghesi di svolgere il suo intervento.

ANTONIO BORGHESI. Quindi, di fatto, viene sottratto al Parlamento il diritto di indicare i limiti e i contenuti di massima della manovra di bilancio: senza aver presentato e discusso in Parlamento le linee generali, c'è un provvedimento complesso che si proietta sugli anni futuri, senza un quadro generale condiviso. Non è quindi una manovra correttiva, come spesso è accaduto a metà dell'anno per adeguare gli andamenti finanziari agli obiettivi, ma è un intervento molto esteso con effetti che si ripercuoteranno per molti anni a venire.
Queste misure vengono adottate al di fuori di qualsiasi quadro programmatico, senza che il Parlamento abbia potuto valutarne la pertinenza e l'efficacia rispetto agli obiettivi che lo stesso Governo è chiamato a fissare, e che non erano ancora stati illustrati al Parlamento. Sarà di fatto il DPEF a recepire i contenuti del decreto-legge, che è entrato in vigore prima; è quindi un quadro che viene completamente ribaltato. Non vi è un benefico effetto di semplificazione e snellimento delle procedure, ma un'azione che sottrae di fatto al Parlamento il diritto di indicare i limiti della manovra di bilancio. In questo senso non si ravvisano neppure, nelle disposizioni del provvedimento in esame, quei requisiti di necessità ed urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione.
Inoltre, il Governo, col decreto-legge in esame, non corregge l'andamento tendenziale dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2008: predispone misure finanziarie riferite allo sviluppo economico per i prossimi tre anni, che potrebbero tranquillamente essere approvate con un disegno di legge ordinario entro il 31 dicembre 2008; sono misure che in molti casi non hanno neanche lontanamente i requisiti di necessità ed urgenza.
Ma non basta: il decreto-legge interviene su una molteplicità di materie. È anche facile, dalla semplice lettura...
Noto che, nonostante i suoi plurimi richiami, vi sono persone che interloquiscono con i membri del Governo, signor Presidente. La pregherei ancora una volta di richiamarli. Credo che sia un rispetto dovuto a tutti, anche al deputato Borghesi.

PRESIDENTE. Onorevole Taglialatela, onorevole Buonfiglio, vi prego di non parlare con i rappresentanti del Governo.

ANTONIO BORGHESI. Si tratta dunque di una molteplicità di materie non sempre riconducibili alla manovra di bilancio.

PRESIDENTE. Onorevole De Camillis, vale anche per lei.

ANTONIO BORGHESI. Grazie, Presidente. Ma vi è molto di peggio. Il decretoPag. 54di fatto attribuisce al Governo o a singoli ministri una serie di deleghe. Noi ne abbiamo contate un numero molto elevato. All'articolo 7 vi è una delega sulla strategia energetica nazionale, che non si sa bene cosa abbia a che fare di per sé con la manovra di bilancio; all'articolo 11 ve ne è una sul piano casa (nessuno discute sulla necessità di un piano casa, ma lascia perplessi che si introduca una delega in proposito in una manovra di bilancio); all'articolo 28 ve ne è una per la razionalizzazione di strutture tecniche statali (anche qui, si prevede un decreto di un ministro per una razionalizzazione che sarà pure opportuna, ma si prevede una delega senza conoscere i limiti di questo intervento); all'articolo 29 ve ne è una per il trattamento dei dati personali; all'articolo 35 ve ne è una perfino sulla semplificazione della disciplina per l'installazione degli impianti all'interno degli edifici, che mi chiedo cosa abbia a che fare con la manovra di bilancio; all'articolo 37 ve ne è una su certificazioni e prestazioni sanitarie; all'articolo 38 ve ne è una sulla cosiddetta impresa in un giorno; all'articolo 39 ve ne è una per gli adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro; all'articolo 43 ve ne è una per la semplificazione degli strumenti di attrazione degli investimenti; all'articolo 44 ve ne è una per il riordino delle procedure di erogazione dei contributi all'editoria; all'articolo 62 ve ne è una per il contenimento dell'indebitamento delle regioni e degli enti locali; all'articolo 64 ve ne è una per l'organizzazione scolastica, poiché naturalmente il Ministro è un po' dimezzato e già il Ministro dell'economia e delle finanze ha deciso che sarà lui a stabilire come saranno gli interventi sulla scuola; all'articolo 68 ve ne è una per la riduzione degli organismi collegiali; all'articolo 78 ve ne è una con riferimento a disposizioni urgenti per Roma capitale; all'articolo 80 ve ne è una sulla verifica delle invalidità civili; all'articolo 81 ve ne è una per i settori petrolifero e del gas. In altri termini, andiamo in piena contraddizione con quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 72 della Costituzione, che dispone che per la delegazione legislativa si debbano adottare le normali procedure di esame e di approvazione diretta dei disegni di legge da parte delle Camere. Non ho contato tutte queste deleghe ma credo saranno almeno una ventina.
Infine, particolarmente grave è l'articolo 60, il quale attribuisce ai singoli Ministri e in particolare al Ministro dell'economia e delle finanze il potere di disporre con propri decreti la rimodulazione delle riduzioni delle missioni di spesa di cui al comma 1 del medesimo articolo: dunque, d'ora in avanti questo Parlamento non potrà più dir nulla sul bilancio dello Stato poiché sarà di fatto il Ministro dell'economia e delle finanze a suo parere a stabilire come rimodularlo. Anche questa disposizione lede, ad avviso dell'Italia dei Valori, in una con la riserva di legge prevista dall'articolo 81, primo comma, della Costituzione, l'equilibrio costituzionalmente sancito tra i poteri di Governo e Parlamento in materia di politica di bilancio. Più in generale, come ho anticipato, l'applicazione di questa norma priva il Parlamento della possibilità di assumere le reali decisioni in ordine ad un bilancio determinato e determinabile, e delega di fatto poteri in misura rilevante ai singoli Ministri, per di più attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza e quindi con una sorta di autoreferenzialità da parte del Governo che veramente ci dice che ci stiamo avviando verso un regime. Mi chiedo quando questo Parlamento sarà sciolto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Bersani ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Soro ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, cari colleghi, io non sono un costituzionalista o un esperto di diritto, ma credo che anche un bambino vedrebbe gli strappi e le forzature che stanno avvenendo su questo decreto e sull'intera manovra di finanza pubblica.
Ognuno può vedere la disomogeneità assoluta di materie di questo decreto monstre;Pag. 55ognuno vede che è un lungo elenco di norme che non c'entrano nulla con le esigenze di straordinaria urgenza; ognuno vede che il Governo si attribuisce potere di delegificazione e attribuisce a un Ministro il potere di cambiare le leggi di bilancio; ognuno vede che il decreto è in un rapporto improprio con il DPEF, che cioè si è messo il «carro davanti ai buoi»; ognuno vede, infine, che il decreto è uno strumento, una manovra di finanza pubblica quanto a sostanza, a comunicazione esterna e a meccanismi di emendabilità, ma non lo è, invece, per i tempi e i metodi di discussione. È come quei ritratti un po' translucidi che ti facevano vedere Papa Giovanni, ma poi ti spostavi di un millimetro e veniva fuori Krusciov. Ma che cos'è, allora, questo benedetto decreto? Chi riesce ad afferrare questo Proteo?
Il capogruppo Soro e gli altri colleghi dell'opposizione hanno già definito questo modo di procedere un'umiliazione del Parlamento. Ieri l'onorevole Tabacci faceva osservare un po' l'astrattezza di questo approccio, perché si partirebbe dal presupposto di essere qui senza vincoli di mandato, ma evidentemente non è così. Preferisco anch'io andare quindi al concreto: lasciamo stare l'umiliazione del Parlamento; questa è un'umiliazione dell'opposizione, è un'umiliazione dell'opposizione! Voi ci sottoponete un atto di 90 articoli, che è stato approvato in nove minuti e mezzo senza essere letto dai Ministri in Consiglio dei ministri e che è stato scritto in nove giorni. Adesso noi dovremmo, in pochi giorni, esaminarlo e presentare emendamenti entro venerdì: ma come, visto che nell'intreccio con il DPEF questo oggetto non si sa come prenderlo? E poi già pensate alla fiducia! Stiamo parlando di una manovra triennale, stiamo parlando della manovra di legislatura. Ma, attenzione, l'umiliazione dell'opposizione, che non viene messa in condizione di far valere le proprie ragioni, di rappresentare i suoi interessi e di condurre la sua battaglia - vincente o perdente che sia -, è un'incrinatura che si crea all'inizio della legislatura. Bisogna che tutti siamo consapevoli che da questo passaggio non può venire niente di buono. Si tratta di un'incrinatura grave, e vi pregherei - se qualcuno avrà la bontà di replicare a queste parole - di non usare, per favore, toni zuccherosi, di non spiegarci il perché e il per come comunque c'è possibilità di discutere: siamo tutti adulti, almeno su questo rispettiamoci, e diciamo le cose come sono.
E tanto più grave è questo strappo, quanto più grave è il dissenso che abbiamo su queste misure e quanto più grave è la rilevanza delle politiche da fare oggi per questo nostro Paese. È evidente che voi volete fare in fretta e furia, anche per non pagare dazio politico e per sfuggire al punto politico. Ma non sfuggirete nel Paese al punto politico: potrete sfuggire qui, ma nel Paese no! E il punto politico, sul quale con tutte le nostre forze vi inchioderemo, è il seguente: voi per due anni non avete fatto dialogo, non avete presentato proposte alternative. Voi, mezzogiorno e sera, per due anni avete detto: «Governo delle tasse» e «Governo della miseria», e avete promesso riduzione delle tasse e soluzione per la quarta settimana (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Adesso voi dite bel bello che per tre anni le tasse non calano ma aumentano, e la quarta settimana getta un'ombra inquietante sulla terza settimana, perché in questa manovra non c'è nulla per la quarta settimana!
Pensate di sfuggire a questo punto? Non ci riuscirete. Pertanto, credo che sia inutile dopo un po' l'uso - per l'amor di Dio, riuscito - delle lune di miele e di queste bellissime armi di distrazione di massa che avete messo in giro e di cui va riconosciuta la capacità. Avete battezzato «potere d'acquisto» la manovra sull'ICI. Ma scusate, ci stiamo rivolgendo a ceti medio-alti e tale manovra non sposterà un «ni» sulla questione dei consumi.
Per il resto ci parlate, come ha fatto stamattina il Ministro Tremonti, di speculazione, di globalizzazione e devo ammettere con contenuti un po' approssimativi e con un tono che comincia ad essere un pochino anche fastidioso. Posso discutere di globalizzazione, ma adesso dobbiamoPag. 56capire che «la massaia non ci fa il brodo», con la nostra discussione sulla globalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Continuate con queste armi di distrazione di massa: taglieremo 3.700 leggi: stiamo dicendo di seppellire dei morti! Il giorno dopo, infatti, non cambia nulla, non cambia uno «iota» nella vita del nostro Paese.
Si dice che aumenta il prezzo della benzina e perciò è meglio passare al nucleare. Ma di macchine che vanno a energia nucleare non ne ho ancora viste. Cerchiamo un attimo di tornare al punto della situazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Potrei continuare così, ma preferisco non farlo.
Credo che si debba fronteggiare il problema che vi propongo e da cui non sfuggirete. Dovete rispondere alla seguente domanda: ma come diavolo pensate di far crescere il PIL risollevando i consumi, rinvigorendo il potere d'acquisto senza fare nulla per i redditi, le retribuzioni e le pensioni e stabilendo l'inflazione programmata all'1,7 per cento? Di cosa si tratta? Non voglio banalizzare tale questione perché gli anziani non vanno mai banalizzati ma non hanno bisogno della credit card. Adesso vi informo che ieri tre milioni di pensionati hanno percepito 400 euro a titolo di quattordicesima. Volete almeno creare la quindicesima retribuzione? Noi, la quattordicesima, gliela abbiamo data. Non dategli la credit card, ma la quindicesima (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Parlate della Robin Hood tax. In qualsiasi luogo della letteratura economica - per quanto se ne possa sapere - si è benissimo a conoscenza che a fronte di una domanda così rigida su quei beni tali tasse saranno immediatamente scaricate sui consumatori e tale vicenda sta già cominciando. Ma perché invece non lavorate per far passare i soldi dai luoghi della rendita, dai luoghi protetti, direttamente verso i consumatori? Lavorate sulla portabilità del mutuo e sulla surroga non su quell'accordo che avete concluso (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Lavorate sul massimo scoperto in banca, sulla class-action, lavorate su questa invece di eliminarla e qualche miliardo di euro girerà da quei settori verso le tasche dei consumatori. Non tirateli verso l'erario con un'operazione il cui peso viene scaricato immediatamente sui consumatori.
Infine, parlo dello stimolo alla crescita. Ma dove è la soluzione, la riduzione selettiva del carico fiscale? Non voglio dilungarmi e mi fermo qui. Guardate che nell'anno in corso e soprattutto negli ultimi giorni gli imprenditori italiani si stanno accorgendo di alcune novità riguardanti IRES, IRAP e cuneo fiscale. Nei tempi del risanamento noi ci siamo occupati di questi tre argomenti. Volete fare qualcosina anche voi? Oppure pensate di prendere i soldi in DUSS 2015 e metterli in Alitalia? O pensate di fermare e rovinare il credito di imposta sugli investimenti nel Mezzogiorno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)?
Pertanto, crescita, «no»; aumento dei consumi, «no»: ma neanche il risanamento finanziario si determina con i tagli lineari. Capisco che è poi difficile porre mano alle riforme. Queste non si fanno con i tagli lineari, non si risparmia con i tagli lineari. Quel che esce dalla porta tornerà dalla finestra. Vi pronostico il sistema che avremo: tra un anno o due i conti non torneranno e avremo fatto una manovra depressiva, prociclica in questa situazione.

PRESIDENTE. Onorevole Bersani, la invito a concludere.

PIER LUIGI BERSANI. Pertanto, è davvero grave che, davanti ad un provvedimento che incardina i binari di tutta la legislatura, non ci sia il modo di discutere sul serio nell'interesse di questo Paese. Voi tranciate il dibattito in questo modo. Questi binari durano una legislatura e se li avete sbagliati sono guai seri per tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni)!

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PRESIDENTE. Spero che l'onorevole Bersani mi permetterà di pregarlo di prendere atto che la Conferenza dei presidenti di gruppo, nella riunione di ieri, proprio per consentire ad ogni deputato di poter discutere un provvedimento così complesso nel tempo necessario, ha spostato da venerdì a lunedì il termine per la presentazione degli emendamenti in Commissione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Posso capire che non sia sufficiente, ma l'onorevole Bersani, che è un parlamentare attento, sa di aver detto, nel corso del suo intervento, una cosa che era vera fino alla riunione di ieri della Conferenza dei capigruppo. È unicamente questo il senso della mia doverosa precisazione.
L'onorevole Tabacci ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Vietti ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sussistono una pluralità di elementi formali e sostanziali, procedurali e di merito a sostegno della pregiudiziale di costituzionalità oggi in discussione. Il decreto legge n. 112 del 2008 - è già stato ricordato da altri colleghi - è con tutta evidenza un provvedimento abnorme, nella forma e nella sostanza. È un provvedimento che non ha alcun effettivo precedente. Non ci sono precedenti nella storia parlamentare, anche se ieri il relatore in Commissione si è sforzato di ricordare che queste polemiche ci sono a seconda di chi è in maggioranza o di chi è all'opposizione. Un precedente di questo tipo non esiste nella storia parlamentare ed ha come obiettivo conclamato - e per nulla dissimulato - quello di annichilire il dibattito parlamentare, ridurlo ad una muta ratifica (senza possibilità di alcun approfondimento) e svuotarlo di ogni effettivo contenuto di controllo dell'azione del Governo.
In una democrazia moderna, evoluta, liberale, nelle democrazie occidentali, il potere costituente è nettamente distinto dai poteri costituiti. Attorno alla trama costituzionale, ogni democrazia tesse un complesso di leggi ordinarie e sviluppa convenzioni, consuetudini e prassi che danno modo ai poteri costituiti di venire esercitati nel rispetto di principi e di garanzie, in un sistema di pesi e di contrappesi che sono il sale della democrazia stessa. Le democrazie decidono e debbono decidere, ma a differenza dei regimi autoritari ciò avviene all'interno di procedure che è inaccettabile - perché fondamentalmente eversivo - considerare semplicemente un freno, un ostacolo all'efficienza e alla produttività del sistema. Quante insofferenze alle procedure! Si dà un cattivo segnale, se si pensa che le regole del gioco siano una sorta di optional.
Il rapporto tra Governo ed Assemblee rappresentative in materia di finanza pubblica è all'origine del sistema democratico. La nostra Costituzione, all'articolo 81 ed in altre disposizioni, attribuisce una sicura rilevanza a questo fondamentale snodo nella dialettica democratica. Già la Corte costituzionale nel 1963 ha affermato che l'autorizzazione a riscuotere le entrate ed il controllo della spesa sono affidate alle Camere elettive e sono la loro ragione d'essere!
Questo provvedimento è il classico elefante in una cristalleria che fa strage di regole e di procedure. Tra l'altro, fa anche giustizia di tutta questa fase un po' melensa dell'avvio della legislatura, che era stata da molti definita come una fase costituente. Anche i giornali hanno fatto i corifei, immaginandosi che sarebbe stato quel che non ha potuto essere semplicemente perché non poteva essere. Quella a cui assistiamo, più che una fase costituente, è una fase «destruente».
In attuazione dell'articolo 81 della Costituzione, la legge di contabilità generale dello Stato e i Regolamenti parlamentari definiscono gli strumenti a disposizione del Governo e definiscono le prerogative del Parlamento, in merito alla manovra annuale di bilancio.
Orbene, il Governo ha presentato il DPEF che dovrebbe consentire alle Camere di organizzare una sessione macroeconomica concentrandosi sugli obiettivi di finanza pubblica da perseguire nel triennio e valutando i mezzi alternativi,Pag. 58quelli che possono essere più utili. Il decreto-legge n. 112 si è invece sovrapposto al DPEF, come si è visto anche ieri plasticamente in Commissione: è cominciata la discussione sul decreto-legge n. 112 ancora prima che si avviassero le consultazioni e le audizioni in ordine al DPEF. Una manovra più scoperta di questa non c'è! In un colpo solo si è cancellata una procedura parlamentare, per quanto reformanda e problematica. A tal proposito credo che molti di noi pensano che sia giunto il momento di procedere ad una riforma complessiva del sistema delle regole parlamentari in materia di legge di bilancio; ma questo non lo può fare il Governo, come ho cercato di spiegare anche ieri al sottosegretario Vegas.
Ma non solo, il Governo con il decreto-legge di ben 84 articoli, ci propone una manovra triennale, al di fuori della sessione di bilancio, necessaria e sufficiente a conseguire pressoché integralmente gli obiettivi in termini di saldi indicati all'articolo 1 e ribaditi dal DPEF. Vedete, in passato il combinato disposto di questi strumenti, utilizzati in dosi e in equilibri diversi, non aveva mai condotto alla paradossale situazione di un Parlamento obbligato a digerire un'intera manovra, per di più triennale e non solo sotto il profilo programmatico, attraverso un decreto-legge omnibus in scadenza il 24 agosto e condannato quindi ad essere convertito con ogni probabilità prima dei canonici sessanta giorni, tramite un maxiemendamento su cui porre la fiducia, perché questo è il film che abbiamo di fronte. A quanto sembra, c'è il rischio che sia ulteriormente implementato, in corso d'opera, dalle norme di un disegno di legge che il Consiglio dei Ministri ha approvato da giorni, ma che non si è ancora avuto la cortesia di far giungere alle Camere. Per cui questo decreto-legge sarà appesantito in corso d'opera dai contenuti di quel disegno di legge - che non seguirà, con ogni probabilità, l'iter normale - e quindi si appesantirà con un maxiemendamento sul quale il Governo porrà la fiducia. Questo significa semplicemente umiliare il Parlamento, eludere il confronto, impedire ogni approfondimento ed ogni ponderata valutazione.
Ma vediamo rapidamente alcune obiezioni di merito. Il decreto-legge manca radicalmente dei caratteri di necessità ed urgenza e si conferma un mero espediente per umiliare l'opposizione e la maggioranza parlamentare; sì, anche la maggioranza parlamentare, e lo si è capito nettamente dalle parole del «Superministro Tremonti», poiché decide tutto lui: non si capisce cosa ci stia a fare la rappresentanza parlamentare, ancorché di maggioranza. La stessa relazione tecnica ci dice impunemente che l'effetto correttivo sull'indebitamento netto per il 2008 è di appena 491 milioni di euro; questo a fronte di una manovra complessiva pari a 35 miliardi. È dunque risibile la motivazione legata allo stesso indebitamento netto, al saldo. Ma quali erano gli ostacoli a procedere con un disegno di legge in grado di alimentare il confronto e la discussione? Non lo so, ma presumo sia la fretta di commissariare il Parlamento: non ci dovrebbe essere alcunché di diverso.
Ma c'è di più. Il decreto-legge, oltre a spaziare in ogni ambito dell'ordinamento e a contenere norme di carattere ordinamentale ed organizzatorio, con effetti limitati e spesso assai incerti sui saldi, modifica in maniera rilevante la stessa disciplina di contabilità. In particolare, il bilancio dello Stato e l'assestamento vengono a svolgere una funzione del tutto nuova ed estremamente problematica alla luce dell'articolo 81 della Costituzione, ai sensi del quale con il bilancio non si possono prevedere nuove entrate e nuove spese. L'articolo 60, al quale ieri ho dedicato un accenno, dispone invece che con il bilancio e l'assestamento (con il solo limite delle missioni di spesa che sono 34 in tutto) i Ministri possono liberamente rimodulare le spese relative ai singoli programmi di spesa, anche quando le spese risultino già quantificate in modo rigido dalla legislazione di spesa.
Ricordo che attualmente il bilancio è redatto a legislazione vigente e che in Parlamento sono dichiarati inammissibiliPag. 59gli emendamenti volti a modificare le dotazioni delle unità previsionali di base, la cui dotazione è stabilita con legge.
Ma l'articolo 60 fa di più e consente che nel corso dell'anno le rimodulazioni fra i programmi possano avvenire anche con semplici decreti ministeriali, consentendo quindi ad un decreto di modificare una dotazione di spesa stabilita in modo rigido e predeterminato dalla legge. Questo è il vero vulnus che si determina all'interno di questo procedimento! Capisco che il Governo sia poco interessato alla questione, lo era molto di più al provvedimento precedente, però quando si tratta di questioni di principio, anche se attengono alla semplice manovra economica, e non riguardano certo i processi sui quali vi sono interessi più accentuati, ritengo che noi non dovremmo venire meno alla logica ad essi sottesa. La filosofia del provvedimento è sempre quella di comprimere i poteri del Parlamento in relazione al controllo delle entrate e delle spese, assicurando al Governo campo libero, in spregio all'articolo 81 della Costituzione.
Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Questa mattina il Ministro Tremonti, in audizione, ci ha sfidato a tagliare la spesa, proprio lui che aveva promesso che avrebbe tagliato le tasse! È abbastanza divertente questo mutamento di personalità: sfida l'opposizione a tagliare le spese e le dice di presentare delle proposte emendative in quanto se saranno migliori le accoglieranno, dice come un venditore ...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

BRUNO TABACCI. In realtà è come gli almanacchi di Leopardi; sarà migliore l'anno che verrà. Un venditore di almanacchi: ecco quello che è il Ministro Tremonti. Ha vinto le elezioni promettendo quel che non poteva, e ora se la cava vantando virtù profetiche sui limiti della globalizzazione e sulla pesantezza della crisi mondiale ...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tabacci.

BRUNO TABACCI. Lui prevede sempre, proprio perché dice tutto e il contrario di tutto; è liberista e statalista ad un tempo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leo. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, suscita stupore e meraviglia la soluzione adottata dai colleghi dell'opposizione di presentare questioni pregiudiziali di costituzionalità. Francamente ci aspettavamo un apprezzamento per la scelta di contestualizzare il documento di programmazione economico-finanziaria con la manovra vera e propria; abbiamo assistito, infatti, negli ultimi provvedimenti, ad un disallineamento temporale tra un DPEF che enunciava principi e una legge finanziaria che si discostava nettamente da quest'ultimo perché modificava il quadro economico nel lasso temporale compreso da giugno a settembre. Quindi, queste scene non le vedremo più, la legge finanziaria per il 2009 sarà di molto semplificata e ritengo che per il triennio avremo un quadro di finanza pubblica stabile.
Riguardo ai motivi di urgenza, i colleghi dell'opposizione rilevano che tali motivi non sussistono in ordine all'emanazione del provvedimento in esame; l'urgenza, invece, sta proprio nell'andamento dei conti pubblici per il 2008. Non dimentichiamo che la regressione della crescita economica, unita al calo del gettito tributario, ha reso necessario un intervento immediato e correttivo per il 2008 e con effetto per il triennio successivo. È ciò che ha fatto il Governo Berlusconi e non mi si venga a parlare di extragettito.
Continuate ad affermare che vi è un extragettito da distribuire; andiamo dunque a leggere bene i dati della Ragioneria generale dello Stato e vediamo che questo extragettito non è strutturale. L'extragettito deriva da entrate straordinarie e da una sorta di condono che il Governo di centrosinistra ha introdotto: si chiamaPag. 60accertamento con adesione, con il quale si prevedono grosse riduzioni del carico fiscale per i famosi noti, grandi imprenditori e sportivi professionisti; questi hanno ridotto il carico fiscale. L'extragettito non deriva da entrate strutturali, né da maggiori imposte dirette o indirette - l'IVA, come si suol dire, si è impiantata -; quindi l'extragettito deriva da vantaggi dati a certe categorie di contribuenti e ciò prende il nome di accertamento con adesione. Inoltre, colleghi dell'opposizione, ricordiamo che dovevamo far fronte a degli impegni comunitari e dimostrare all'Unione europea la credibilità della nostra manovra e ai mercati finanziari che non facevamo «manovre tampone»: è questo l'obiettivo che si è inteso perseguire.
Inoltre, la contestualizzazione tra il DPEF e la manovra economica è correlata al fatto che anche talune spese importanti che sono ridotte (quelle per la pubblica amministrazione) richiedono un lasso temporale tra il varo del provvedimento e l'entrata in vigore della disposizione, il quale doveva essere tenuto in debito conto. Le pregiudiziali...

PRESIDENTE. Scusi onorevole Leo. Prego gli onorevoli colleghi di sgomberare l'emiciclo e di consentire all'onorevole Leo di parlare e a chi vuole ascoltare di farlo.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, grazie. Mi auguro che mi farà recuperare questo tempo.

PRESIDENTE. Certamente.

MAURIZIO LEO. Un altro aspetto contestato nelle pregiudiziali è che i decreti-legge non possono introdurre deleghe. Nulla di meno veritiero, in quanto non si tratta di deleghe introdotte dai decreti-legge, ma di norme primarie a cui corredo vi sono dei decreti attuativi e dei regolamenti: né più né meno di quello che è successo con le ultime leggi finanziarie per gli anni 2007 e 2008. Quindi, non si tratta di una delega introdotta surrettiziamente attraverso lo strumento del decreto-legge, ma di provvedimenti attuativi.
Inoltre, la contestazione sull'articolo 60 del provvedimento e la violazione dell'articolo 81 della Costituzione non sussistono, in quanto si tratta solo di rimodulare le missioni di spesa e di attuare ciò quasi in conformità e nell'alveo del provvedimento già adottato con la finanziaria per l'anno 2007. Quindi, le censure non hanno assolutamente fondamento.
Vorrei brevemente ricordare i tratti salienti del provvedimento, che contiene molti aspetti positivi e riassumibili in quattro obiettivi: riduzione del costo complessivo dello Stato, miglioramento dell'efficacia della pubblica amministrazione nel quadro di una riforma federale della struttura dello Stato, diminuzione degli oneri burocratici e sostegno allo sviluppo economico. In materia fiscale si stanno introducendo misure di perequazione e non di tassazione.
Onorevole Bersani, lei ci dice che è stato ridotto il carico fiscale per le imprese, ma chiediamo alle piccole e medie imprese e al tessuto economico reale del Paese se hanno pagato meno imposte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Rivolgiamoci alle piccole imprese che si sono viste ridotte gli ammortamenti anticipati, gli interessi passivi e che hanno pagato più imposte per gli studi di settore.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO LEO. È necessario attuare una semplificazione, una razionalizzazione del carico fiscale e non abbassare la guardia sulla lotta all'evasione fiscale. Noi vogliamo fare una seria lotta all'evasione fiscale, introduciamo misure di riduzione ... (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il suo tempo è terminato onorevole Leo.

MAURIZIO LEO. Concludo, signor Presidente. Volevo solo aggiungere che dobbiamo muoverci in questa direzione e che dobbiamo seguire la manovra delineata dal Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

Pag. 61

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, in sintonia con quanto appena affermato dal collega Leo e condividendo anche alcune affermazioni degli interventi svolti da Borghesi, Bersani e Tabacci (ad esempio quando si riconosce la necessità di una riforma della sessione di bilancio), devo rilevare che con le questioni pregiudiziali in esame siamo di fronte a un'incoerenza di fondo. Mentre si effettuano affermazioni di principio (come dicevo condivisibili), successivamente si ha la volontà manifesta di introdurre degli effetti dilatori nel tempo.
Come si può affermare che non esiste l'urgenza nel campo dell'economia del Paese con il prezzo del petrolio (e di conseguenza dei carburanti) che subiscono delle impennate ormai giornaliere, con i rincari, con l'inflazione? Affermare che non esiste una necessità di urgenza vuol dire essere davvero alieni rispetto alle condizioni del Paese e vuol dire marciare a un ritmo che non è quello del mondo dell'economia reale. Noi, invece, dobbiamo assolutamente adattarci all'economia reale e non apparire come un contesto avulso.
Ed ecco apparire la seconda contraddizione, in quanto anche nella rivendicazione delle prerogative (che per certi versi potrebbero apparire condivisibili) bisogna effettuare gesti di coerenza. La riforma dei meccanismi, del funzionamento può riportare autorevolezza al Parlamento ma non la si ottiene certamente attraverso quello che sembra un «piagnisteo istituzionale».
Nei testi delle questioni pregiudiziali leggo frasi come: « si sottrae al Parlamento il diritto»; «tale disposizione sembra ledere l'equilibrio costituzionale tra i poteri di Governo e Parlamento»; «impedisce un vaglio appropriato e circostanziato da parte del Parlamento».
«Si appropria di una competenza abrogativa propria del Parlamento». Insomma, queste non sono rivendicazioni, ma un «piagnisteo».
Onorevole Bersani, lei che ha fama di essere una persona concreta e che ci ha appena rimproverato di non avere fatto nella scorsa legislatura alcuna proposta, sappia che questo oggi è un banco di prova. L'opposizione non solo può, ma deve presentare delle proposte di modifica ai Regolamenti parlamentari, perché se a queste affermazioni non si darà corso, vorrebbe dire far passare il principio che il Regolamento venga modificato dalla maggioranza e ciò credo non sia voluto da nessuno. Presentate, quindi, delle proposte di modifica, ad esempio, della sessione di bilancio, altrimenti le rivendicazioni per avere a disposizione tempi maggiori, dati i tempi scarsi validi per presentare gli emendamenti, o sull'impossibilità di studiare i testi suonano davvero come «piagnistei» e come tali vengano visti nel Paese.
Ha affermato, onorevole Bersani, con una oratoria che le riconosco, che la massaia non fa il brodo con le discussioni sulla globalizzazione malgrado oggi ne abbiamo svolta una interessante e funzionale. Però la massaia non fa il brodo neanche con la vostre lagnanze sulla mancanza dei tempi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Ritengo, invece, che il provvedimento del Governo, sul quale avremo modo di entrare nel merito nel corso della discussione sia in Aula che in Commissione, sia doveroso, giusto e opportuno. Per citare solo alcuni aspetti, il provvedimento comporterà meno adempimenti, eliminerà una serie di adempimenti anche fiscali che il precedente Governo aveva introdotto e una serie di leggi e di enti inutili e sbloccherà importanti e significativi investimenti, ad esempio, per quanto riguarda l'export.
Ebbene, la Lega non solo appoggia quello che il Governo sta realizzando, ma ritiene opportuno e utile ciò che il Governo ha realizzato in soli cinquanta giorni. La Lega, casomai, chiederà di avere più coraggio e di andare ancora più forte. È con questa consapevolezza, coscienti che altrimenti saremmo sordi e ciechi alle istanze che vengono dalla società, che noi votiamo contro queste proposte pregiudizialiPag. 62(Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Donadi ed altri n. 1, Soro ed altri n. 2 e Vietti ed altri n. 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti 567
Votanti 564
Astenuti 3
Maggioranza 283
Hanno votato 258
Hanno votato no 306
(La Camera respinge - Vedi votazionia ).

Sull'ordine dei lavori (ore 13,35).

ANTONIO BOCCUZZI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio mettere a conoscenza tutto il Parlamento di una vicenda che fa rabbrividire, accaduta nei giorni scorsi in Umbria. Leggo un breve passo di una lettera della sorella di una delle vittime dell'oleificio di Campello sul Clitunno: «Mio fratello non si merita dopo quel volo di cinquanta metri che gli ha tolto la vita di essere incolpato per quello che è successo alla Umbria Olii. Il risarcimento? È lui in credito, avendo pagato con la vita una normale giornata di lavoro». Commenta con queste parole Lorena Coletti, sorella di Giuseppe Coletti, la richiesta di risarcimento chiesta dall'imprenditore Giorgio Del Papa alle famiglie delle vittime del 25 novembre 2006. Quel giorno persero la vita quattro operai all'interno di un'oleificio di Campello sul Clitunno.
Onorevoli colleghi, non sembra possibile la richiesta di risarcimento ai parenti delle vittime di un incidente sul lavoro. Chiedere 35 milioni di euro ai parenti di chi ha perduto la vita in quell'azienda equivale ad uccidere nuovamente i quattro operai. Ognuno si deve assumere le responsabilità del proprio ruolo e si deve rispettare la memoria delle vittime di quell'incidente. Noi abbiamo il dovere di stare vicino alle famiglie di chi ha subito già un grande dolore e riportare saggezza a chi ha perso il senso di civiltà che dovrebbe contraddistinguere ogni essere umano (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

MATTEO MECACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, visto che vi è stato un disguido al momento della votazione sulle mozioni riguardanti Ingrid Betancourt, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della dichiarazione di voto a nome della delegazione radicale, che era in dissenso rispetto al gruppo del Partito Democratico.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sospendo la seduta che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Bonaiuti, Bongiorno, Brancher, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cirielli,Pag. 63Colucci, Cota, Crimi, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Lo Monte, Lucà, Mantovano, Mazzocchi, Meloni, Mussolini, Pescante, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stucchi, Tremonti, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per i rapporti con il Parlamento, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministro per le politiche europee ed il Ministro dell'interno.

(Orientamenti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in merito alla realizzazione di centri polifunzionali, con particolare riferimento allo svolgimento di corsi di guida sicura - n. 3-00066)

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00066, concernente orientamenti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in merito alla realizzazione di centri polifunzionali, con particolare riferimento allo svolgimento di corsi di guida sicura (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, signor Ministro, nella precedente, come nell'attuale legislatura, sono stati adottati e sono in discussione (anche in questo periodo) provvedimenti repressivi che consentano di garantire la vita e i diritti di coloro che per lungo tempo sono state le persone meno tutelate: le vittime della strada. Altrettanto importanti e, secondo noi, anche di maggiore efficacia sotto il profilo della sicurezza da garantire, sono le politiche di prevenzione e di educazione stradale. Noi riteniamo fondamentale, oltre che reprimere severamente i responsabili di reati (come è ovvio), operare affinché vi siano sempre meno vittime sulla strada.
Strutture come i centri di guida sicura, come quello realizzato a Bolzano, che svolgono corsi di educazione stradale e di guida sicura, se rese obbligatorie per coloro che devono acquisire la patente, sono a nostro avviso il percorso da compiere. A tal proposito chiedo al Governo quali iniziative intenda prendere.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il Governo non può che essere, in linea di principio, favorevole a tutte quelle iniziative che hanno lo scopo di aumentare i livelli di sicurezza stradale. Si ritiene però che la previsione dell'obbligo di frequentare corsi di guida sicura, prima di sostenere l'esame per la patente di guida, possa rappresentare un elemento che crei anche qualche problematica alla luce della normativa esistente, che tuttavia il Governo vuole affrontare. È opportuno infatti rilevare che molte delle attività svolte dai centri di guida sicura già vengono effettuate dalle autoscuole, che hanno il compito di espletare corsi volti ad assicurare le istruzioni di base per la sicurezza stradale e la conoscenza delle regole di comportamento da tenere nel traffico, sulla base di programmi stabiliti dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. La previsione obbligatoria, richiesta dagli interroganti, di corsi di guida sicura potrebbe quindi rappresentare una duplicazione, oltre che un onere aggiuntivo per i candidati al conseguimento della patente.
Si rammenta, inoltre, che, per quanto riguarda la possibilità per detti centri di organizzare corsi per il recupero dei punti o per il rilascio del certificato di idoneitàPag. 64alla guida del ciclomotore, la materia, già dettagliatamente disciplinata, non prevede allo stato questa possibilità. L'attuale normativa non contempla inoltre l'obbligo di effettuare un numero minimo di ore di lezioni di guida presso un'autoscuola. Conseguentemente la previsione dell'obbligo di frequenza di corsi di guida sicura dovrebbe inserirsi in un quadro formativo organico che dovrebbe tenere conto di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nella formazione, e quindi, allo stato attuale, in un approccio complessivo si potrebbe pensare di coinvolgere nuovi soggetti nell'espletamento della citata formazione, nel cui ambito potrebbe essere concepita la possibilità di realizzare dei centri polifunzionali e dei progetti sperimentali. Quanto precede richiederebbe evidentemente alcune modifiche legislative al codice della strada, le quali potranno essere valutate compiutamente dal Governo nella sua collegialità ed essere rimesse nella sede più propria, quella parlamentare, per il relativo vaglio.

PRESIDENTE. L'onorevole Brugger ha facoltà di replicare.

SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, sostanzialmente ritengo che la risposta del Ministro sia molto prudente, nel senso che non sono del tutto soddisfatto della risposta stessa, perché riteniamo che nel dibattito sulla sicurezza stradale in Italia sia fondamentale che centri polifunzionali, come quello di Bolzano, che peraltro è all'avanguardia in Italia e in linea con le più qualificate esperienze in Europa, possano e debbano avere compiti e responsabilità di primo piano nella politica di prevenzione e sicurezza.
A nostro avviso non è una duplicazione, anzi è una qualificazione. Ricordo, in particolare, tre funzioni: in primo luogo, la previsione di corsi di guida sicura obbligatori prima di sostenere l'esame per la patente di guida per qualsiasi categoria di veicoli e, in questo contesto, le istruzioni base per la sicurezza stradale e le regole di comportamento da tenere nel traffico per i neopatentati. Su questa materia, a mio avviso, si potrebbe e, forse, dovrebbe anche realizzare una specie di coordinamento con le scuole guida. La seconda funzione è la possibilità di organizzare - mi pare di grande attualità - corsi per il recupero dei punti persi o per l'idoneità tecnica di cui all'articolo 128 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in caso di perdita totale del punteggio a causa di violazione del codice della strada. La terza funzione che potrebbero rivestire tali centri potrebbe consistere nell'organizzazione di corsi per il rilascio del certificato di idoneità per la guida di ciclomotori per i minori.
Quanto meno sarebbe importante che, nelle aree dove già vi sono i centri, tali funzioni siano rese obbligatorie. È bene che il Ministro affermi che si può pensare ad una modifica normativa, ma sarebbe un progetto da realizzare e Bolzano si offre come sede anche per un progetto pilota. Spero che il Ministro riesca a percorrere questa strada.

(Iniziative del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in relazione alla recente sentenza del TAR del Lazio sui test di ammissione alle facoltà di medicina e chirurgia del 4 settembre 2007 - n. 3-00067)

PRESIDENTE. L'onorevole Picierno ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00067, concernente iniziative del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in relazione alla recente sentenza del TAR del Lazio sui test di ammissione alle facoltà di medicina e chirurgia del 4 settembre 2007 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

PINA PICIERNO. Signor Presidente, abbiamo appreso che il TAR del Lazio in una recente sentenza, come lei ricordava, ha di fatto annullato i test di medicina e chirurgia che si sono svolti il 4 settembre scorso e che, peraltro, erano assurti agli onori della cronaca per le gravissime irregolarità che ne avevano caratterizzato loPag. 65svolgimento. Vorrei ricordare che un'apposita perizia ha accertato che 18 quesiti su 80 erano sbagliati o imprecisi.
Chiediamo, quindi, al Ministro quali soluzioni intenda adottare, al fine di evitare che siano pregiudicati e lesi i diritti degli studenti che hanno partecipato in quella data al concorso di ammissione a test, sia quelli che sono stati ingiustamente esclusi a causa di quesiti evidentemente sbagliati, sia quelli ammessi sulla base della suddetta prova.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, effettivamente la vicenda concernente le prove di ammissione alle facoltà di medicina e chirurgia del 4 settembre 2007 è ben nota e, in relazione alla situazione venutasi a creare, già il precedente Ministro era intervenuto con decreto del 21 novembre 2007, annullando due quesiti dalla griglia, il n. 71 e il n. 79, che in effetti non erano stati correttamente formulati.
Il Governo, non appena si è avuta notizia della sentenza del TAR del Lazio, alla quale fa riferimento l'interrogante, con la quale è stata annullata la prova di ammissione al corso di laurea specialistica in medicina e chirurgia svoltasi presso l'università La Sapienza di Roma per l'anno accademico 2007-2008, ha provveduto a richiedere all'Avvocatura generale dello Stato di proporre appello con la massima sollecitudine, nel contempo chiedendo la sospensione dell'esecutività della stessa sentenza.
Prima del pronunciamento del citato tribunale amministrativo, infatti, erano intervenute numerose pronunce del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali per la Puglia e per la Sardegna che erano stati concordi nel rigettare ricorsi su analoghe situazioni e nel sostenere che, come si evince dal contenuto dell'ordinanza n. 1835 del 2008 del Consiglio di Stato, l'annullamento d'ufficio dei quesiti n. 71 e n. 79 non ha in alcun modo alterato la par condicio tra i partecipanti alla selezione, essendo stata disposta per tutti i candidati.
In ragione dei citati precedenti, è stato quindi proposto appello. L'impugnativa si accompagna, come dicevo, alla richiesta di sospensione dell'esecutività della sentenza, al fine di salvaguardare innanzitutto i diritti di quegli studenti che, dopo essersi regolarmente immatricolati al corso di laurea in questione, hanno già in molti casi sostenuto esami e che, secondo quanto stabilito dal TAR, dovrebbero essere invece chiamati a ripetere la prova preselettiva, esattamente come i ricorrenti che, esclusi, hanno proposto con successo il ricorso.
Il Ministero, naturalmente, continua a seguire la vicenda all'esame della magistratura amministrativa con il massimo scrupolo e il Governo, dal canto suo, all'esito della vicenda giurisdizionale assumerà ogni iniziativa, anche di carattere amministrativo, che si riterrà più opportuna.
Comunque posso assicurare per il futuro agli interroganti e agli studenti - che devono comunque riacquistare la certezza della correttezza delle prove a cui vengono sottoposti - che per l'anno in corso si è provveduto a variare integralmente la composizione della commissione di nomina ministeriale che predispone le prove per l'accesso alle facoltà di medicina e chirurgia, odontoiatria e veterinaria.
Aggiungo, infine, che è intenzione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, onorevole Mariastella Gelmini, di far compiere una verifica riguardo alle tipologie dei test, per renderli congruenti col tipo di percorso universitario a cui la selezione dà accesso.

PRESIDENTE. L'onorevole Picierno ha facoltà di replicare.

PINA PICIERNO. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatta. Credo che la decisione di ricorrere sia assolutamente sbagliata. Aggiungo anche che l'annullamento della graduatoria, come saprà bene il Ministro Vito, per quanto riguardaPag. 66La Sapienza è esplicito, perché l'ateneo era parte del giudizio, ma la caducazione del decreto di Mussi comporta evidentemente l'annullamento di tutte le altre graduatorie, che erano poi conseguenza di quel decreto. Quindi, vi è un problema che riguarda tutti gli atenei che hanno effettuato il test l'anno scorso.
Aggiungo anche che mi sarei aspettata - lo dico con rammarico - una risposta non soltanto giuridica, perché qui non si tiene in debito conto il fatto che tanti ragazzi, tantissimi ragazzi, hanno subito un vero e proprio furto: è evidente che sottrarre a ragazzi di vent'anni un anno di formazione e di università costituisce un vero e proprio furto di futuro, con l'aggravante che a commettere tale furto è lo Stato. Infatti, mi consentirete di ricordare che il concorso lo elabora, lo somministra e lo corregge il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e gli atenei sono soltanto i luoghi di svolgimento dello stesso concorso.
Pertanto, davvero mi sarei aspettata una soluzione diversa, che tenesse in debita considerazione il fatto che ci stiamo occupando delle vite di ragazzi di vent'anni che volevano, nella vita, fare appunto i medici, mentre è stata loro preclusa tale possibilità, a causa di un errore del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Questo è un fatto grave, che a mio avviso non si può risolvere cercando il cavillo per ricorrere in appello (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

(Iniziative in relazione alla decisione della Commissione europea sul blocco anticipato della pesca del tonno rosso - n. 3-00068)

PRESIDENTE. L'onorevole Bonino ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00068, concernente iniziative in relazione alla decisione della Commissione europea sul blocco anticipato della pesca del tonno rosso (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

GUIDO BONINO. Signor Presidente, signor Ministro, siamo tutti a conoscenza di quale sia lo stato della bilancia agroalimentare italiana, in modo particolare per quanto riguarda la pesca. Orbene, il 12 giugno 2008 la Commissione europea ha adottato misure di emergenza nei confronti di un'attività particolare, la pesca del tonno rosso. Per quanto ci riguarda tale provvedimento non è adeguatamente motivato, al punto che le Nazioni interessate (Italia, Francia, Grecia e Cipro) hanno protestato contro di esso. La Francia ha iniziato una procedura nei confronti della Commissione per far recedere, tramite il Consiglio, dal provvedimento stesso.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, ha facoltà di rispondere.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, rispondo all'interrogazione presentata dagli onorevoli Cota ed altri, che ringrazio anche per la tempestività nel porre l'attenzione di tutti su questo argomento cogente, che abbiamo già discusso, a livello comunitario, nel Consiglio dei ministri del 23 e 24 giugno scorsi.
Il motivo del contendere è presto definito: abbiamo una quota nazionale di pesca attribuita, per il tonno rosso, di 4.162 tonnellate. Agli inizi di giugno, il commissario europeo Borg ha emanato un provvedimento per la sospensione della pesca, i cui effetti sono stati disastrosi: per noi, insieme a Francia, Grecia, Malta e Cipro, esso ha, infatti, comportato l'interruzione della pesca entro il 16 giugno, e per la Spagna entro il 23 giugno. I dati in nostro possesso dimostrano che abbiamo pescato una quota pari a circa il 48 per cento della nostra quota attribuita.
Da parte del commissario Borg abbiamo voluto rassicurazioni rispetto al fatto che la nostra quota ancora non sia esaurita. Il commissario Borg - con una posizione, fra l'altro, molto discutibile nei nostri confronti e nei confronti della Francia e degli altri Stati membri - ha sostenuto che le prove in suo possesso sonoPag. 67molto importanti; ha parlato di dichiarazioni dei giapponesi rispetto all'importazione del tonno rosso dall'Italia (vorrei ricordare, però, che le importazioni dall'Italia non implicano l'aver pescato quel tonno rosso in Italia); ha parlato di dichiarazioni da parte della Turchia, rispetto ad alcune irregolarità delle flotte italiane (ricordo che, comunque, ci rivolgiamo ad una flotta che oggi è interessata da 64 imbarcazioni, che praticano pesca a circuizione, più altre 34 che praticano la pesca con i palangari). Pertanto, al commissario europeo abbiamo detto di avere la necessità di ricevere i dati in loro possesso che, ancora oggi, non abbiamo potuto visionare; dopodiché, qualora i dati, confrontati con i nostri, non dessero alcun risultato sul fronte della risoluzione di questo contenzioso, avvieremo da subito una procedura di fronte alla Corte di giustizia europea.
Questo è ciò che abbiamo annunciato al commissario Borg che, ad oggi, resta fermo sulle proprie posizioni e che, ovviamente, si ritrova tutti i citati Stati membri contro. Riteniamo che tale provvedimento sia stato fatto «a gamba tesa», in un momento di grandissima difficoltà del comparto della pesca.

PRESIDENTE. L'onorevole Bonino, ha facoltà di replicare.

GUIDO BONINO. Signor Presidente, non posso che ringraziare il Ministro per la sua precisa e puntuale risposta, che ha anticipato, in parte, anche ciò che la stampa ed Internet stavano divulgando. Ritengo opportuno che egli segua da vicino il provvedimento e l'eventuale ricorso, come già ha provveduto a fare la Francia. Pertanto, unendoci alla Francia e agli altri Paesi interessati, probabilmente avremo la possibilità di mettere in condizioni l'Unione europea di assumere provvedimenti con dati obiettivi e non con valutazioni - come ella ha ben presentato - basate su supposizioni.
Pertanto, mi dichiaro soddisfatto e ringrazio nuovamente il Ministro per la sua risposta dettagliata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Interpretazione fornita dal Governo alla direzione generale per la concorrenza della Commissione europea in merito all'articolo 8-novies, in materia di sistema televisivo, del decreto-legge n. 59 del 2008 - n. 3-00069)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00069, concernente l'interpretazione fornita dal Governo alla direzione generale per la concorrenza della Commissione europea in merito all'articolo 8-novies, in materia di sistema televisivo, del decreto-legge n. 59 del 2008 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata).

ANTONIO DI PIETRO. Noi dell'Italia dei Valori vorremmo sapere come il Governo in carica intenda rispettare la sentenza della Corte di giustizia europea, giacché il 31 gennaio 2008 essa ha condannato lo Stato italiano, perché non rispetta il principio di libera prestazione dei servizi né i criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori nell'assegnazione delle frequenze. La Commissione europea, la settimana scorsa, ha rivolto ben venti domande specifiche per chiedere come il Governo intenda dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia europea.
Poiché il Governo italiano, nell'ultimo decreto-legge - nonostante recasse espressamente il titolo esecuzione di sentenze e di provvedimenti dell'Unione europea - non ha voluto dare corso alla risoluzione di questo problema, vogliamo sapere, adesso, in modo chiaro chiaro, che cosa intende fare, rispetto alle domande rivolte dalla Commissione europea?

PRESIDENTE. Il Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, ha facoltà di rispondere.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Di Pietro per questa interrogazione a risposta immediata, con la quale chiede al Governo di fornire elementi in merito alla tematica delle autorizzazioniPag. 68a trasmettere e all'attribuzione delle frequenze con la modalità digitale, con particolare riferimento ai rilievi formulati in sede comunitaria sulla legislazione preesistente e sulle norme recentemente approvate.
Si evidenzia in modo preliminare che, avendo la Commissione europea inviato il questionario al quale si fa riferimento nel testo dell'interrogazione lo scorso 25 giugno ed essendo, dunque, in corso l'elaborazione delle risposte ai quesiti posti, non è, allo stato, possibile fornire una risposta definitiva sulle specifiche tematiche oggetto del questionario.
Ciò premesso, occorre in primo luogo precisare che, con parere motivato del 18 luglio del 2007, la Commissione europea aveva formulato rilievi di incompatibilità comunitaria con riferimento agli aspetti inerenti al titolo per l'esercizio dell'attività di operatore di rete in tecnica digitale su frequenze terrestri e al regime dei trasferimenti di impianti di frequenza al fine della realizzazione delle reti digitali terrestri.
In merito al primo profilo, la Commissione europea ha rilevato che il regime transitorio delle licenze individuali del testo unico della radiotelevisione sarebbe in contrasto con le disposizioni della direttiva di autorizzazione, in quanto, ai sensi del quadro comunitario, il titolo per esercitare l'attività di operatore di reti è l'autorizzazione generale e non la licenza individuale.
Le modifiche introdotte su iniziativa del Ministero dello sviluppo economico si manifestano, appunto, idonee a rimuovere questa censura, in quanto l'articolo 8-novies, comma 1, della legge n. 101 del 2008 modifica l'articolo 15, comma 1, del testo unico della radiotelevisione, al fine di precisare che l'attività di operatore di rete in tecnica digitale è assoggettata al solo regime dell'autorizzazione generale, ciò anche con riferimento al periodo transitorio.
Coerentemente con tale impostazione, il successivo comma 2, per un verso abroga esplicitamente il comma 12 dell'articolo 25, il quale, nel periodo transitorio, prevedeva, quale titolo abilitante, la licenza individuale in luogo dell'autorizzazione generale e, per l'altro verso, dispone la conversione delle attuali licenze individuabili in autorizzazioni generali da effettuarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
È così del tutto venuta meno la necessità della preventiva approvazione dell'attività dell'operatore di rete da parte della pubblica autorità, caratteristica della licenza individuale o, più in generale, dei regimi concessori in cui la Commissione europea, nel parere motivato, aveva ravvisato una ragione di contrasto con la direttiva del 2002.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Concludo, signor Presidente. L'attività di operatore di rete televisiva digitale terrestre è oggi, pertanto, da ritenersi subordinata al solo titolo abilitativo dell'autorizzazione generale con effetto immediato e ciò conferma che chiunque può chiedere tale autorizzazione, avendo così accesso al comparto televisivo.
In conclusione, con riferimento al tema della gestione delle frequenze, la Commissione europea ha rilevato, sostanzialmente, che in Italia la transizione al digitale terrestre non poteva essere legalizzata per mezzo dell'assegnazione di diritti d'uso su nuove frequenze...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. ...questo è un punto per noi importante, in ragione della situazione di sostanziale saturazione dello spettro e, in tali circostanze, l'accesso al mercato di operatori di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

Pag. 69

ANTONIO DI PIETRO. No! Signor Presidente del Consiglio dei ministri che non c'è, lei ha fatto arrampicare sugli specchi il suo Ministro, perché lei avrebbe dovuto dire solo una cosa: la Corte di giustizia delle Comunità europee ha emesso una sentenza di condanna e noi dobbiamo rispettare quella sentenza e, quindi, adeguarci, non riempire di numeri noi, la Corte di giustizia delle Comunità europee e la Commissione europea!
Lei, signor Presidente del Consiglio dei ministri che non c'è, avrebbe dovuto far dire, oggi, che è dal 1985 che sta facendo il «furbacchione»! Lo ha fatto con Craxi, quando si è fatto varare un provvedimento ad hoc per rendere lecito quel che era illecito, e lo ha fatto anche pagando bene, attraverso il conto corrente All Iberian. Lo ha rifatto nel 1994, quando la Corte costituzionale ha dichiarato abusiva la frequenza Retequattro, e lo ha rifatto nel 1999, quando ha vinto la causa Europa 7.
La verità è una, e una sola, signor Presidente del Consiglio dei ministri che non c'è e che fa dire un sacco di numeri e fa dare i numeri al suo Ministro: lei è un imprenditore dell'informazione abusivo, al pari di quegli immigrati clandestini che lavorano in nero!
Come tale, anche a lei dovrebbe applicare quell'obbligo di espulsione dalle istituzioni democratiche per palese conflitto di interesse (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Lei deve dare esecuzione a un provvedimento giudiziario della Corte di giustizia delle comunità europee, solo questo deve fare! Oggi noi siamo in mora perché la Corte di giustizia delle comunità europee ha dichiarato di doverlo fare immediatamente. La Commissione europea le ha dato un termine che è già scaduto ed entro il quale avrebbe dovuto rispondere per dire: obbedisco! Lei non obbedisce neanche alla Corte di giustizia delle comunità europee, neanche al giudice europeo, non solo a quello italiano! Ecco perché lei è un abusivo delle istituzioni democratiche, signor Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Orientamenti del Ministro dell'interno in merito all'opportunità di rivedere le annunciate misure di identificazione dei minori rom per evitare che si trasformino in forme di discriminazione sulla base dell'etnia - n. 3-00070)

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vietti n. 3-00070, concernente orientamenti del Ministro dell'interno in merito all'opportunità di rivedere le annunciate misure di identificazione dei minori rom per evitare che si trasformino in forme di discriminazione sulla base dell'etnia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, si tratta di una polemica che infiamma le cronache da molti giorni. Richiamando al Ministro tutte le Costituzioni e le convenzioni internazionali sulla tutela dei bambini e pensando che sia giusto tutelarli, come molte volte è stato dichiarato alla stampa, il problema è che si potrebbe affrontare tutto ciò in maniera diversa, nel senso di evitare l'idea di discriminazione in base all'etnia e alla razza, in quanto sono dei bambini e vanno tutelati.
Se è giusta l'intenzione di tutelarli e anche di evitare episodi di criminalità che possono essere certamente negativi, il problema è quello di fornire dei riscontri propositivi: prima mandare questi bambini a scuola, prima intervenire per consentire loro di integrarsi nel consesso nazionale e poi, evidentemente, se delinquono o se vi sono delle ragioni oggettive, schedarli (so bene che non si tratta di una schedatura, come il Ministro ha precisato) ed emanare dei provvedimenti come quello delle impronte digitali.
La mia domanda è se il Ministro intenda recedere da tale decisione.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere.

Pag. 70

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Santolini che mi dà l'opportunità di precisare, ancora una volta, la portata della nostra iniziativa. Si tratta di un'ordinanza di protezione civile firmata dal Presidente del Consiglio il 30 maggio, quindi è in vigore già da un mese. Considero le polemiche degli ultimi giorni infondate e strumentali, inoltre non tengono conto dei contenuti dell'ordinanza. Non vi è alcuna violazione delle norme europee, delle carte dei diritti dei minori, non vi è alcuna violazione di alcuna norma: vi è la necessità di procedere all'identificazione di chi vive negli oltre 700 campi nomadi abusivi esistenti in Italia, al fine di garantire un'identità, cioè un diritto fondamentale, soprattutto ai minori. Nessuna schedatura, ma un censimento che consenta l'identificazione dei minori.
Il suggerimento e la richiesta di procedere ad un programma di scolarizzazione, sollecitato, oltre che dall'onorevole Santolini, anche da alcuni interventi giornalistici molto critici (direi anche offensivi nei confronti del sottoscritto), rappresentano una norma già contenuta nell'ordinanza. Sono meravigliato del fatto che un giornalista che ha il dovere di informare non senta il dovere di informarsi prima di scrivere certe cose. Nell'ordinanza, oltre al monitoraggio dei campi, all'identificazione e al censimento delle persone, si prevede, tra le azioni che devono svolgere i commissari, la realizzazione dei primi interventi idonei a ripristinare livelli i minimi delle prestazioni sociali e sanitarie. In molti campi abusivi, infatti, vi sono condizioni subumane, in cui i bambini sono costretti a vivere con i topi.
Sono previsti, poi, interventi finalizzati a favorire l'inserimento e l'integrazione sociale delle persone, con misure di sostegno e progetti integrati per i minori, e il monitoraggio delle iniziative poste in essere nei campi autorizzati per favorire la scolarizzazione, l'avviamento professionale e il coinvolgimento nell'attività di realizzazione o di recupero delle abitazioni.
Mi pare che l'iniziativa che il Governo ha preso sia un'iniziativa lodevole, che vuole, da una parte, porre fine all'indecenza dei campi nomadi abusivi, e, dall'altra, garantire sicurezza ai cittadini italiani, ma anche e soprattutto ai minori che vivono in questi campi.
Con il Ministro dell'istruzione stiamo studiando il programma di scolarizzazione ed è evidente che non posso accedere alla richiesta dell'interrogante di fare prima il programma di scolarizzazione e poi il censimento, per il semplice motivo che adesso le scuole sono chiuse. Inizieranno a settembre; utilizziamo, quindi, i mesi di luglio e agosto per procedere al censimento e all'identificazione, dopodiché, le assicuro, seguirà un efficace programma di scolarizzazione dei minori (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, questo chiarimento era utile e mi dichiaro parzialmente soddisfatta della risposta del Ministro, perché è bene sapere, come è stato dichiarato, che sono previsti degli interventi di scolarizzazione, progetti integrati, il monitoraggio e il censimento (sono tutte cose positive).
L'aspetto negativo e irrisolto è che - tutti i pedagogisti e gli psicologi sono d'accordo - gli adulti lanciano un messaggio negativo a questi bambini, cui vengono prese le impronte digitali. Prima ti metto in condizione di essere sospettato o comunque non censito (comunque sei diverso o una persona fuori dal consesso) e quindi ti prendo le impronte. Il messaggio degli adulti è negativo e questo non si supera con un intervento, ex post, di scolarizzazione.
Secondo - è l'altra obiezione che facciamo, per cui sono parzialmente soddisfatta - non si capisce perché si interviene solo nei confronti dei bambini rom. È vero che sono quelli che, magari, hanno più situazioni a delinquere o a rischio, ma perché solo i rom, quando sono tanti i bambini che corrono il rischio di accattonaggioPag. 71o di abbandono? Perché ci si muove solamente in questa direzione e perché, invece, non si interviene in maniera massiccia su tutti quelli che corrono questi rischi o non sono identificati (e non sono solo i rom)?
Bisognerebbe avere una visione più ampia, più «corretta» nei confronti di questi bambini, e, quando vanno a scuola, non considerarli schedati o, comunque, monitorati, come dice il Ministro, per poter, poi, accedere ai programmi di recupero (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Santolini. Prima di passare all'ultima interrogazione, mi preme precisare quanto segue: l'onorevole Di Pietro, nella replica al Ministro Ronchi, ha più volte fatto riferimento all'assenza del Presidente del Consiglio.
Ricordo che, per quanto riguarda le interrogazioni a risposta immediata, l'articolo 135-bis del nostro Regolamento prevede in maniera esplicita che l'interlocuzione è con il Ministro o i Ministri competenti per le materie sulle quali vertono le interrogazioni presentate; pertanto, doverosamente, ai sensi del Regolamento, doveva rispondere all'interrogazione dell'onorevole Di Pietro non il Presidente del Consiglio, ma il Ministro per le politiche comunitarie, Andrea Ronchi.

(Iniziative per ripristinare la legalità all'interno dei campi nomadi e per garantire ai minori rom una vita normale e dignitosa - n. 3-00071)

PRESIDENTE. L'onorevole Sbai ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cicchitto n. 3-00071, concernente iniziative per ripristinare la legalità all'interno dei campi nomadi e per garantire ai minori rom una vita normale e dignitosa (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, signor Ministro, la polemica pretestuosa, basata su preconcetti politici e ideologici, portata avanti dall'opposizione contro l'iniziativa del Ministro Maroni diretta a combattere l'illegalità, purtroppo largamente presente nei campi nomadi, fa perdere di vista gli obiettivi reali di questa iniziativa.
La situazione attuale penalizza, in particolare, molti piccoli nomadi che possono essere sottratti da queste forme di sfruttamento e consente il permanere nel nostro Paese di isole di illegalità all'interno delle quali può avvenire di tutto.
In quali tempi, signor Ministro, ed in quali modi si intende ripristinare la legalità anche nell'ambito dei campi nomadi e come si intende restituire a tutti i minori nomadi una dignità che qualcuno non ha compreso e una normale e dignitosa vita in Italia?

PRESIDENTE. Il Ministro dell'interno, Roberto Maroni, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor Presidente, come ho detto nella risposta all'interrogazione precedente, sono oltre 700 i campi attualmente censiti in Italia e la maggior parte di questi sorgono intorno alle città di Roma, Napoli e Milano ma in particolare si trovano anche in tante altre città, tra cui Brescia, Pavia, Padova, Genova, Bologna, Reggio Emilia e Bari. Queste sono le città intorno alle quali si registra la maggior presenza di campi nomadi.
Come ho già detto, abbiamo formulato un'ordinanza di protezione civile per affrontare e risolvere quella che il Governo precedente aveva definito emergenza nomadi (in particolare, l'allora Ministro dell'interno Amato). Da qui la denuncia - che condivido - di un atteggiamento ipocrita nei confronti della nostra iniziativa, così come rilevato anche da molti giornali. Mi riferisco, per esempio, al commento di Magdi Cristiano Allam apparso sul Corriere della Sera che condivide la denuncia di ipocrisia che ho rivolto all'atteggiamento, come scrive Magdi Cristiano Allam, «(...) di chi non vuol vedere che si tratta di un provvedimento che mira ad emancipare i piccoli rom daPag. 72una diffusa situazione di degrado materiale e di sfruttamento disumano (...)». È questa la realtà che vogliamo eliminare per sempre nei campi in cui si vive in modo disumano.
In ordine ai tempi voglio ricordare che abbiamo incaricato, come ho affermato, dal 30 maggio scorso i tre prefetti di Milano, Roma e Napoli di procedere alla formulazione di un programma di azione. Il censimento dei minori nei campi nomadi non riguarderà solo i rom poiché questo è un altro errore che è stato compiuto, un'altra imprecisione, perché non si tratta solo dei rom, ma di tutti coloro che vivono nei campi nomadi. Infatti, vi sono rom italiani, romeni, extracomunitari e cittadini extracomunitari appartenenti ad altre nazioni. Di tutti costoro intendiamo fare il censimento per vedere chi si trova nei campi nomadi, chi ha diritto di rimanere, in condizioni umane. Chi non ha diritto di rimanere verrà rimpatriato secondo le leggi italiane e le direttive europee. Questa prima operazione verrà conclusa entro il 15 ottobre. Poi si procederà ai provvedimenti necessari e prevediamo di affrontare e risolvere la questione in tempi molto rapidi, al più tardi entro la prima metà del prossimo anno, per fornire una risposta di civiltà all'inciviltà dei campi nomadi abusivi, dove si trova di tutto tranne che condizioni di vita decorose.

PRESIDENTE. L'onorevole Sbai ha facoltà di replicare.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro e prima di dichiararmi soddisfatta vorrei solo aggiungere che l'accertamento dell'identità deve essere - come ovviamente sarà - espletato sicuramente nel pieno rispetto della dignità personale e, in particolare per il minore, deve essere effettuato dove è necessario e con la collaborazione di assistenti sociali.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Giovedì 3 luglio 2008, alle 9,30:

Svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta termina alle 15,40.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO MATTEO MECACCI SULLE MOZIONI EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00001 E BIANCOFIORE ED ALTRI N. 1-00017

MATTEO MECACCI. Presidente, la delegazione dei deputati radicali nel gruppo Partito Democratico sostiene con forza tutte le iniziative internazionali volte alla liberazione di Ingrid Betancourt e delle decine di prigionieri nelle mani delle FARC e di altri gruppi paramilitari in Colombia.
Nello stesso tempo però riteniamo che il sostegno militare e politico alla guerra alla droga condotta dal Governo colombiano da parte del nostro Governo come da parte dell'Unione europea e degli Stati Uniti - ribadito anche in queste mozioni - non sia parte della soluzione per un conflitto che dura da oltre quarant'anni, ma sia parte integrante del problema.
Solo regolamentando la produzione e il commercio di droga si può sperare di mettere davvero in difficoltà i gruppi armati che in Colombia, come in Afganistan e in altri paesi, si autofinanziano con il commercio illegale di droga.
Per questo ci asteniamo su entrambe le mozioni che, pur prendendo iniziative lodevoli a favore della liberazione di Ingrid Betancourt, confermano una scelta politica a favore di una «guerra ideologica alla droga» che noi radicali non possiamo sostenere.

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CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ENRICO LA LOGGIA IN SEDE DI ESAME DELLE QUESTIONI PREGIUDIZIALI PRESENTATE AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1366

ENRICO LA LOGGIA. Non rispondo agli insulti né ad espressioni offensive che dovrei definire indecenti, ma che per rispetto delle istituzioni definisco inappropriate. Le respingo, le respingo con sdegno. Certo se si desse finalmente una prova da parte di tutti noi di conoscere cosa siano esattamente le istituzioni e di rispettarle, come è doveroso che sia, tutto il clima politico ne trarrebbe giovamento. Qualunque attacco personale è sempre da respingere. In qualche caso, come in questa circostanza, anche di più, quando da parte di alcuni si tenta di sovvertire ancora una volta l'ordine democratico del nostro Paese. È ovvio, ma va ribadito, che da parte nostra non ci può essere nessun cedimento nel garantire la sovranità popolare e le sue scelte.
Quanto alla presunta incostituzionalità non varrebbe nemmeno la pena di replicare, vista la strumentalità delle affermazioni contenute nelle pregiudiziali, ma solo per amore dell'arte, come si suol dire, e per corrispondere all'incarico ricevuto dal mio gruppo occorre fare alcune precisazioni sulla norma in questione, la quale prevede che: «Al fine di assicurare la rapida definizione dei processi pendenti alla data di efficacia del presente decreto, nella trattazione dei procedimenti e nella formazione dei ruoli di udienza, anche indipendentemente dalla data del commesso reato o da quella delle iscrizioni del procedimento, si tiene conto della gravità e della concreta offensività del reato, del pregiudizio che può derivare dal ritardo per la formazione della prova e l'accertamento dei fatti, nonché dell'interesse della persona offesa.»
Essa non è da giudicare incostituzionale, e sapete perché? Perché quando l'avete scritta e votata voi della sinistra (decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51), nessuno gridò allo scandalo né invocò presunte questioni di costituzionalità, né qui né fuori da qui. In effetti è una norma assolutamente in linea con la Costituzione. Oggi per una norma sostanzialmente identica, solo più precisa e meglio articolata, state sollevando un polverone che non fa onore né all'istituzione né ai cittadini che qui rappresentiamo.
Non si violano i numerosi articoli della Costituzione da voi citati. In particolare: non si viola il comma 5 dell'articolo 87, che prescrive il vaglio da parte del Presidente della Repubblica dei decreti-legge, in quanto l'articolo 2-ter non è norma immediatamente esecutiva, ma entra in vigore soltanto con la legge di conversione e quindi è sottoposta al vaglio del Parlamento, come tutte le leggi ordinarie; non è vero che si viola l'articolo 77, né l'articolo 3 della Costituzione, in quanto i requisiti di necessità e di urgenza ci sono tutti, data la gravità dell'insicurezza pubblica che penalizza i cittadini onesti, che hanno quindi tutto l'interesse a vedere conclusi i procedimenti per i reati più gravi; non è vero che gli emendamenti agli articoli 2-bis e 2-ter sono eterogenei rispetto alle finalità del decreto-legge, in quanto sono diretti a rafforzare il contrasto giudiziario nei confronti dei reati più gravi; non si viola l'articolo 111 della Costituzione sulla ragionevole durata dei processi, in quanto, se alcuni processi sono rallentati, altri sono accelerati e quindi l'effetto complessivo del provvedimento sulla durata media dei processi è ovviamente neutrale; non è vero che si viola l'articolo 25, comma 1, della Costituzione, perché nessuno viene distolto dal giudice naturale; non è vero che si viola l'articolo 24 della Costituzione, perché non viene colpito affatto il diritto di difesa; non è vero che si viola l'articolo 79 della Costituzione, perché non siamo di fronte a nessuna amnistia occulta in quanto per i processi sospesi si sospendono anche i termini di prescrizione; non è vero che viene violato l'articolo 112 della Costituzione, perché l'obbligatorietà dell'azione penale non viene affatto messa in discussione; non è vero che si viola l'articolo 81Pag. 74della Costituzione, in quanto dalle modifiche introdotte al Senato, in particolare per effetto degli articoli 2-bis e 2-ter, non derivano maggiori oneri per la finanza pubblica: dato che si sospendono alcuni processi per accelerarne altri l'effetto, sotto il profilo finanziario, è del tutto neutrale.
Tutti i rilievi di costituzionalità sono pretestuosi e rivelano un pregiudizio di carattere politico nei confronti dell'azione del Governo e della maggioranza che lo sostiene, di forte contrasto nei confronti della criminalità organizzata e non.
Quanto al Consiglio superiore della magistratura, bene avrebbe fatto ad astenersi da valutazioni e giudizi che vanno oltre i poteri ad esso assegnati.
Per questi motivi voteremo contro le pregiudiziali presentate.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1250 - em. 1.100 485 484 1 243 484 54 Appr.
2 Nom. em. 1.101 484 482 2 242 482 53 Appr.
3 Nom. em. 1.102 478 477 1 239 477 53 Appr.
4 Nom. em. 1.200 487 486 1 244 486 53 Appr.
5 Nom. em. 1.18 500 325 175 163 57 268 50 Resp.
6 Nom. em. 1.20 500 296 204 149 33 263 50 Resp.
7 Nom. em. 1.3 491 305 186 153 46 259 50 Resp.
8 Nom. em. 1.19 484 293 191 147 36 257 50 Resp.
9 Nom. em. 1.201 506 502 4 252 298 204 50 Appr.
10 Nom. ddl 1250 - voto finale 498 498 250 494 4 50 Appr.
11 Nom. moz. Evangelisti e a. 1-01 rif. 493 486 7 244 485 1 46 Appr.
12 Nom. moz. Biancofiore e a. 1-17 rif. 476 471 5 236 471 46 Appr.
13 Nom. Doc. IV, n. 2-A 537 385 152 193 341 44 34 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 15
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. ddl 1366 - quest.preg. nn.1,2,3,4 567 567 284 265 302 28 Resp.
15 Nom. ddl 1386 - quest.preg. nn.1,2,3 567 564 3 283 258 306 25 Resp.