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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 26 di martedì 1 luglio 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 15.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Bindi, Bongiorno, Brancher, Brugger, Buonfiglio, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Leone, Lo Monte, Mazzocchi, Menia, Molgora, Palumbo, Pescante, Saglia, Scajola, Stucchi e Valducci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'incidente verificatosi oggi nei pressi della base militare di Grottaglie.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, a seguito di un incidente occorso ad un elicottero decollato dalla base di Grottaglie che stava compiendo un volo di addestramento operativo, questa mattina ha perso la vita il capo di I classe Paolo Di Giuseppe e altri due militari sono rimasti feriti.
In questo momento doloroso, la Camera dei deputati esprime il suo cordoglio più profondo e la sua sincera solidarietà all'ammiraglio di squadra Paolo La Rosa, Capo di Stato maggiore della Marina militare e ai familiari del militare deceduto e si stringe alle famiglie dei militari feriti, unendosi al comune auspicio di una loro piena e pronta guarigione (Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie (A.C. 1185-A) (ore 15,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie.
Ricordo che nella seduta del 26 giugno scorso si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1185-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il decreto-legge al nostro esame contiene indubbiamente talune misure positive per rafforzare il potere d'acquisto delle famiglie.Pag. 2
L'esenzione ICI per la prima casa comporterà un risparmio non indifferente per i cittadini. In proposito, riteniamo importante che, in sede di conversione, sia stata assicurata la certezza che il 50 per cento del mancato introito per i comuni vada a questi rimborsato entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione. Con un certo rammarico dobbiamo invece constatare che non è stato accolto il nostro emendamento mirante ad estendere l'esenzione anche alle prime case dei cittadini residenti all'estero iscritti al registro AIRE. Dal momento infatti che, fino ad oggi, tali abitazioni erano sempre parificate a quelle dei residenti, non appare giustificato il trattamento differenziato ora previsto, che esenta dall'ICI solamente la prima casa dei residenti. Abbiamo inoltre richiesto al Governo di interpretare il comma 6-bis dell'articolo 1, formulato oggi in un modo non proprio felice, nel senso da noi auspicato, non applicando sanzioni a chi, in buona fede e nel clima di grande incertezza normativa che vi è stato, aveva omesso di provvedere al versamento ICI entro il 16 giugno 2008. Speriamo quindi che il Governo risolverà le questioni suddette come promesso in occasione dell'accoglimento dei nostri ordini del giorno.
Accogliamo inoltre con favore la detassazione degli straordinari con applicazione dell'imposta sostitutiva del 10 per cento. Auspichiamo però che tale agevolazione, per ora adottata solo in via sperimentale, possa essere portata a regime, aumentando il tetto dei 3 mila euro lordi annui ed estendendola anche ai titolari di un reddito superiore a 30 mila euro, nonché al settore del pubblico impiego.
Anche le misure per consentire la rinegoziazione dei mutui vanno nella direzione giusta.
Ciò detto, riteniamo però che le misure proposte dal Governo siano ancora insufficienti per salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie: con gli interventi proposti, infatti, per quanto apprezzabili, non sarà possibile controbilanciare il significativo aumento del costo della vita che grava sulle famiglie e che è dovuto in particolare agli aumenti del carburante e degli alimentari. Si tratta in buona sostanza della classica goccia d'acqua nel deserto.
A nostro modo di vedere, il Governo avrebbe dovuto intervenire in modo più incisivo, introducendo, ad esempio, un nuovo sistema di tassazione, il cosiddetto quoziente familiare, secondo il modello francese, come del resto era stato annunciato da questa maggioranza in campagna elettorale. Ciò avrebbe indubbiamente comportato maggiori benefici per le famiglie numerose e meno abbienti, mentre l'esenzione dall'ICI elimina praticamente il pilastro più importante del finanziamento dei comuni e si applica indiscriminatamente anche a soggetti non bisognosi.
Riteniamo inoltre assai infelici le modalità di copertura. Per noi è infatti incomprensibile per quale motivo siano stati tolti in toto i fondi per il polo giudiziario di Bolzano, previsti nella finanziaria per il 2008. Questo atteggiamento non appare certamente lungimirante in quanto lo Stato, bloccando questo progetto, a lungo termine spenderà molto di più per affitti. Si impedisce, inoltre, la realizzazione delle sinergie che sarebbero state possibili, unificando in un'unica struttura gli uffici giudiziari attualmente sparsi per tutta la città di Bolzano. Pur riconoscendo lo sforzo del Governo e di questa maggioranza, non possiamo ignorare le carenze e le insufficienze del provvedimento in esame, per cui preannunzio che ci asterremo in sede di votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, illustre rappresentante del Governo, stiamo arrivando alla votazione di un provvedimento che punta a dare alcune prime risposte sul tema della liquidità delle famiglie e dei loro bisogni finanziari. Sappiamo che oggi le famiglie italiane si trovano in difficoltà economica, ed ormai non si parla più del fatto che non si arriva alla quarta settimana del mese, ma per molte persone si parla ormai dei problemi della terza.Pag. 3
Le difficoltà per i nostri cittadini sono aggravate non solo dalla crisi economica internazionale o dal caro petrolio, ma anche da tutti quei provvedimenti del precedente Governo Prodi che, con tasse e balzelli, hanno inasprito la pressione fiscale e diminuito il potere di acquisto dei nostri cittadini: dagli ultimi dati risulta, infatti, che sono circa 15 milioni i cittadini in difficoltà economica.
Indubbiamente non si tratta di una riforma strutturale, come qualcuno ha lamentato in Aula nei giorni scorsi, ma in fondo il provvedimento non ha neanche l'ambizione di volerlo intendere. Ricordiamoci infatti la dicitura del provvedimento: decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie. Dunque già nel titolo il Governo ha voluto sottolineare l'urgenza del problema, che riguarda alcune disposizioni e non una riforma complessiva ed esaustiva. Forse, se avessimo ascoltato l'UdC (che per fortuna non è più in maggioranza), si dovevano fare uno studio ed analisi più accurate, con approfondimenti e dibattiti il più possibile allargati, in modo che si riuscisse davvero a realizzare una riforma complessiva che accontentasse tutti. Ma per fortuna questo Governo, anche grazie all'apporto della Lega Nord Padania, è più pragmatico: c'è un problema da risolvere, con urgenza si attuano i primi provvedimenti e, nel frattempo, si studiano i passaggi successivi e più organici.
Il Paese non può più aspettare i tempi lunghi della politica, ma è la politica che deve adeguarsi ai tempi moderni e ai ritmi della società. Andiamo allora a vedere quali provvedimenti di urgenza si sono adottati. Il primo è quello che dovrebbe essere condiviso da tutti i gruppi parlamentari, se non altro perché entrambi gli schieramenti lo avevano nel loro programma elettorale. E se vogliamo che la gente restituisca fiducia alla politica, i politici devono fare gli uomini: quando promettono, devono mantenere, altrimenti sono politicanti! Il primo intervento, come dicevo, riguarda l'esclusione, a decorrere dall'anno 2008, dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale dall'imposta comunale sugli immobili - l'ICI -, nata nel 1992 come imposta straordinaria (infatti si chiamava allora ISI, imposta straordinaria sugli immobili). Ma essa è poi divenuta, come spesso è accaduto nel nostro Paese, un'imposta ordinaria. Già da allora la Lega Nord aveva fatto delle battaglie contro questa tassa ingiusta, ed è da allora che l'ICI è sempre stata considerata dai cittadini come una tassa ingiusta, perché va a colpire direttamente un bene primario qual è la casa, e perché si configura come una vera e propria tassa patrimoniale, che è di per sé odiosa ed iniqua. Essa è iniqua anche perché la prima casa non crea reddito; anzi, se vogliamo dirla tutta, un cittadino per comprare o costruire la sua casa ha già dovuto pagare le tasse dirette sulla creazione del proprio reddito personale e quelle indirette per l'acquisto della stessa.
Quante persone da noi in Padania si indebitano o fanno enormi sacrifici per costruirsi la casa o per far sì che i propri figli la possano avere! Da noi c'è la cultura della casa di proprietà, e inoltre le case sono tutte accatastate; quindi, per questo motivo e per il controllo dei nostri amministratori, tutti pagano questa imposta ingiusta. Non rientrano tra le unità immobiliari tutti gli immobili di lusso, le ville e i castelli.
Il minor gettito sarà rimborsato ai singoli comuni in aggiunta alla maggiore detrazione introdotta dalla legge finanziaria per il 2008. Le modalità di erogazione del rimborso verranno stabilite in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge.
Per il 2008, al fine di non penalizzare le entrate dei comuni, il Ministero dell'interno accredita ai comuni il 50 per cento del rimborso loro spettante entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. Pertanto, i comuni non saranno penalizzati dalla soppressione di tale imposta comunale e se è vero che si trattava di un'imposta locale che viene sostituita da un trasferimento, ricordiamoci tuttavia che viene eliminata unaPag. 4tassa ingiusta. Inoltre, il Governo sta predisponendo il federalismo fiscale. Affronterà in futuro i problemi relativi ai trasferimenti tra Stato ed enti locali. Si tratterà effettivamente di una riforma strutturale che richiederà di un po' di tempo per essere definita nel miglior modo possibile.
Il secondo provvedimento riguarda l'introduzione a titolo sperimentale per il periodo dal 1o luglio 2008 al 31 dicembre 2008 di un'imposta sostitutiva di quella sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento e compresa nel limite di tremila euro lordi annui per le prestazioni di lavoro straordinario, di lavoro supplementare e per quelle legate agli incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa o altri elementi di competitività connessi all'andamento economico dell'impresa. I redditi derivanti da tali prestazioni non concorrono alla formazione del reddito complessivo del percipiente o del suo nucleo familiare. L'imposta sostitutiva si applica con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore a trentamila euro nell'anno 2007. La misura ha un duplice effetto positivo: sgrava il reddito percepito dal lavoratore di un'importante fetta di imposta e premia la produttività del lavoro stesso.
La defiscalizzazione del lavoro straordinario e dei premi di produttività è una battaglia che da molti anni la Lega Nord sta portando avanti. Il nostro Governo ha accolto un ordine del giorno della Lega finalizzato a valutare la possibilità di riversare la quota addizionale comunale e regionale inclusa nell'aliquota sostitutiva IRE del 10 per cento alle regioni e ai comuni medesimi. Di fatto la norma originaria non disponeva il rimborso suddetto nonostante il mancato gettito fosse quantificato e coperto finanziariamente. Ciò comporterà che gli enti locali non dovranno perdere questo loro - seppure piccolo - introito.
Inoltre, il Governo si è riservato la possibilità dopo il periodo sperimentale di valutare se rendere tale aliquota sostitutiva permanente e applicabile anche al settore pubblico almeno per certe categorie lavorative, ad esempio per i vigili del fuoco, gli operatori sanitari, le forze di pubblica sicurezza e le guardie carcerarie.
Il terzo provvedimento cerca di limitare il peso dell'aumento dei tassi dei mutui, stabilizzando la rata mensile a carico dei proprietari. Il rialzo dei tassi di interesse dalla fine del 2005, a seguito delle politiche monetarie adottate dalla Banca centrale europea e la riduzione del potere di acquisto delle famiglie, hanno creato notevoli problemi di gestione finanziaria per molti mutuatari. Si introduce pertanto la rinegoziazione dei contratti di mutuo a tasso variabile, trasformandoli a tasso fisso. Tale rinegoziazione dovrà essere esente da imposte e spese per i clienti. Essa si applica a partire dall'ultima rata in scadenza successiva al 1o gennaio 2009. Inoltre, si è prevista una certa discrezionalità per le banche di adottare migliori condizioni per i clienti rispetto a quelle che saranno concordate con la convenzione fra il Ministero delle finanze e l'ABI. Indubbiamente si è riusciti a venire incontro alle esigenze di molte nostre famiglie, concedendo loro la possibilità di pagare una rata certa e sopportabile senza un aggravio dei costi né per lo Stato né per i cittadini.
L'ultimo punto riguarda la copertura finanziaria. Se è vero che quando si tagliano alcuni fondi qualcuno è scontento, riteniamo che complessivamente si è riusciti ad attuare dei tagli equi che riguardano molti settori nel territorio. In fondo, i vantaggi per i cittadini, con il provvedimento in esame, sono indubbiamente superiori ai sacrifici che si sono dovuti affrontare. Lo Stato è come una famiglia. Quando i soldi sono pochi si devono fare sacrifici e questi non si possono chiedere sempre allo stesso componente della famiglia.
In conclusione del mio intervento, non posso che esprimere il voto favorevole del gruppo della Lega Nord. In tempi rapidissimi, a pochi giorni dal suo insediamento, il Governo ha saputo infatti affrontare unoPag. 5dei temi più discussi della campagna elettorale, quello della diminuzione del potere d'acquisto delle famiglie. Certamente si tratta, come più volte ripetuto, di un primo e parziale intervento a cui siamo certi ne seguiranno altri. Si tratta del primo tassello di un mosaico che si comporrà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi con l'obiettivo di arrivare a definire la riforma del sistema fiscale in senso federalista. Beneficiaria di tale prima misura è stata la famiglia ed oggetto di interventi sono stati la casa e il lavoro, vale a dire due elementi fondanti della famiglia stessa. L'eliminazione dell'ICI sulla prima casa pone fine a 15 anni di ingiusta tassazione di un bene, l'abitazione di proprietà, che in Italia, oltre ad essere di gran lunga la forma di risparmio più diffusa, costituisce il presupposto economico e culturale per la formazione di nuove famiglie.
Si tratta di famiglie che, negli ultimi anni, stanno incontrando sempre maggiori difficoltà ad onorare le rate dei loro mutui a tasso variabile, e che ora, grazie alla possibilità di rinegoziazione, vedranno stabilizzarsi le loro uscite mensili. Inoltre, dal lato delle entrate, le famiglie godranno di un maggior reddito disponibile grazie alla detassazione delle prestazioni di lavoro straordinario.
In conclusione, confermando il voto favorevole del nostro gruppo, non posso che auspicare che il Governo possa proseguire sulla strada intrapresa con questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cambursano. Ne ha facoltà.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio dei ministri che non c'è, onorevole Ministro dell'economia e delle finanze che non c'è, colleghi, avevamo chiesto più volte che il Ministro Tremonti venisse in questa Aula in avvio di legislatura a dirci quale fosse lo stato di salute dei conti pubblici, quale politica economica intendesse attivare, come intendesse rispondere alle paure degli italiani e dare loro speranza.
Quando parlo di paure, signor Presidente, non mi riferisco solo a quelle che appaiono per un giorno o due in prima pagina (quelle che voi avete alimentato durante la campagna elettorale) ma che poi scivolano in diciassettesima pagina, cioè quelle relative ai fatti gravi che capitano nelle nostre città e nella nostra campagne. Mi riferisco anche e soprattutto a quelle paure che riempiono le prime sedici pagine dei quotidiani, cioè le paure legate alla crisi dovuta all'aumento della popolazione mondiale, crisi dovuta al giusto affaccio ai consumi di due miliardi e mezzo di persone (mi riferisco alla Cina, all'India e ad altri Paesi). Mi riferisco altresì alla crisi petrolifera e a quella alimentare, che hanno prodotto e creato inflazione, aumenti sconsiderati del costo della vita, e riduzione dei consumi di pane, pasta e di beni essenziali. Mi riferisco alla crisi ambientale e a quella finanziaria. Non abbiamo ancora superato quella dei subprime che già si affaccia una crisi definita una bomba che può scoppiare da un momento all'altro, cioè quella dei crediti in default, in altre parole quei quarantadue trilioni di euro che rischiano davvero di creare la fine della «finanziarizzazione» del mondo. Si tratta di paure che bussano, anzi che picchiano forte, alle porte degli italiani. Ma non vi è stato nulla di tutto questo, solo i sorrisi del Presidente del Consiglio che non c'è, oppure dobbiamo leggere lo schiaffo istituzionale del superministro (che anche in questo caso non c'è) come un modo poco elegante di nascondere la verità dei conti pubblici, lasciati in ordine dal Governo Prodi, a cui va la nostra riconoscenza e a cui dovrebbe andare anche la riconoscenza dell'intero Parlamento. A tal proposito, credo sia doveroso ricordare quanto scriveva, giovedì scorso su Il Sole 24 Ore, Fabrizio Galimberti quando affermava: quando era all'opposizione la maggioranza di oggi aveva stigmatizzato l'aumento della pressione fiscale degli ultimi due anni, peraltro realizzato in gran parte con la lotta all'evasione; oggi questo aumento viene incartatoPag. 6e portato a casa, senza neanche ringraziare chi ha lavorato per migliorare la situazione del Paese.
Di questo siete capaci. Qual è l'eredità lasciata? Un PIL che, nel primo trimestre del 2008, ha registrato un aumento dello 0,5 per cento, mentre nel quinquennio di Berlusconi eravamo abituati allo 0,0 o allo 0,3; un disavanzo ritornato ben inferiore al limite imposto dall'Unione europea, per anni cresciuto invece nel quinquennio precedente fino a raggiungere il 4,4 per cento (ricordo che un mese fa l'Unione europea ha ritirato la procedura di infrazione e questo lo si deve al Governo Prodi); un debito ritornato a diminuire, mentre tale diminuzione si era fermata nel quinquennio precedente e addirittura si era registrato un aumento; un extragettito che non si vuole riconoscere ma che sussiste, come è stato certificato dalla Ragioneria dello Stato e anche questo è stato lasciato in eredità dal Governo Prodi.
Dove li avete messi, che cosa ne fate? Non lo dite perché non li volete utilizzare per sostenere i salari, nel recupero del fiscal drag.
Colleghi, il Presidente del Consiglio il 13 marzo scorso, in quest'Aula, disse: il problema principale del nostro Paese è ricominciare a crescere dopo una lunga e deludente fase di stagnazione. Non possiamo che essere d'accordo con lui, peccato che questa lunga fase l'abbia governata lui. Far crescere il nostro Paese vuol dire raggiungere tre obiettivi: fare un'iniezione di domanda aggregata per contrastare la flessione del PIL, sostenere il potere d'acquisto delle famiglie in difficoltà e incentivare la crescita della produttività. Ebbene, i tre strumenti al nostro esame riescono a raggiungere questi tre obiettivi? Vediamoli. L'abolizione totale dell'ICI non aumenta la domanda aggregata, non fa crescere il PIL e a dirlo non sono io, ma il capo economista dell'OCSE, che lo scriveva il 4 giugno scorso; tantomeno incentiva la crescita della produttività, perché con la medesima non c'entra assolutamente nulla; non sostiene, oltre a quanto già avviene, il potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto quelle in difficoltà, perché queste sono già escluse dal pagamento dell'ICI grazie al provvedimento del Governo Prodi.
Si toglie l'ICI sostituendola con il trasferimento del prelievo sul reddito dei pensionati e dei lavoratori che magari vivono in affitto, senza che si dia loro alcun beneficio. Ecco perché abbiamo presentato emendamenti che ripristinavano l'aiuto alle famiglie che vivono in affitto. La risposta del Governo è stata «no»: si toglie ai poveri e si dà ai ricchi. Ma ai più poveri ci avete pensato ultimamente con la carta prepagata; in tal modo si divide l'Italia in tre categorie: i cittadini di serie A, i cittadini di serie Z e l'oligarchia. Sarebbe stato molto meglio aumentare le detrazioni IRPEF, e per questo abbiamo presentato l'emendamento dell'onorevole Borghesi a favore dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, e abbiamo proposto di attivare il quoziente familiare. La risposta ancora una volta è stata «no».
Questo intervento sull'ICI va contro l'autonomia fiscale dei comuni e soprattutto va nella direzione opposta al tanto proclamato federalismo fiscale. Bloccate ogni autodeterminazione dei comuni e delle regioni, rendete impossibile la programmazione pluriennale, penalizzate i comuni virtuosi. È qui presente in Aula il collega Corsini, già sindaco di Brescia, che ha tolto l'ICI ai cittadini di Brescia; ebbene, la città di Brescia sarà penalizzata più di ogni altra perché non avrà un euro di ritorno. Rischiate di portare le economie locali alla paralisi; anche questo a dirlo non è Renato Cambursano, ma l'agenzia di rating Fitch.
La stessa cosa si può dire sulla detassazione degli straordinari: non è detto che aumenti la crescita in un Paese che conserva uno dei tassi più bassi d'Europa di occupazione femminile, un tasso di disoccupazione elevato, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, e un tasso molto alto di lavoro nero. Sarebbe stato molto più utile incentivare l'occupazione stabile e l'aumento degli stipendi e dei salari, collegandoli alla crescita della produttività. Questo provvedimento sostiene il potere d'acquisto, ma di un'esigua minoranza di famiglie,Pag. 7perché sono esclusi i pubblici dipendenti, i lavoratori atipici, le donne che non possono prolungare l'orario di lavoro oltre una certa ora. Anche su questo abbiamo presentato proposte emendative, ma anche su questo avete risposto «no». Abbiamo proposto, in via subordinata, di allargare la possibilità almeno ai lavoratori delle forze dell'ordine e a quelli della sanità; ancora una volta la risposta è stata negativa.
Questo provvedimento stimola, invece, comportamenti elusivi, quale quello di far passare per retribuzione di ore di straordinario una parte della retribuzione normale, oppure ancora quello di chiamare ore di straordinario i futuri aumenti salariali. In questo caso si avrebbe oltre che il danno anche la beffa: i costi sarebbero maggiori e gli effetti sulla produttività minori.
In alternativa vi abbiamo proposto, con le nostre proposte emendative, di intervenire con sgravi sui premi di rendimenti, definiti in sede di contrattazione aziendale: ancora una volta, la risposta è stata «no». Tali provvedimenti incentivano il lavoro straordinario, ma minano la sicurezza dei lavoratori perché le ore più pericolose sono proprio le ultime dell'orario di lavoro. Poi non venite in Aula a piangere i morti sul lavoro! L'impatto distributivo è regressivo perché determina un maggior risparmio di imposta all'aumentare del reddito.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RENATO CAMBURSANO. Signor Presidente, concludo. La rinegoziazione dei mutui è un unico grande vantaggio per le banche: il mutuatario avrà semplicemente la proroga dei termini per pagare interessi sugli interessi. Sulle coperture finanziarie interverrà il collega Borghesi. La ringrazio, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.

MAINO MARCHI. Signor Presidente, arriviamo al voto finale sul provvedimento in esame in condizioni molto diverse rispetto a quando è iniziato il suo iter in questa Camera. Allora comprendeva misure su Alitalia che poi sono confluite in un altro decreto-legge, allora si preannunciava un confronto di merito nelle Commissioni riunite e in Assemblea, che poi si è fermato ai primi tre articoli nelle Commissioni, e non si è potuto tenere in Aula perché il Governo ha posto la questione di fiducia, non per il numero delle proposte emendative dell'opposizione (ridotte a circa settanta) ma per evitare di discutere e di votare su questioni - le coperture finanziarie - che vedevano forti divisioni nella maggioranza. Soprattutto, allora non eravamo a conoscenza del DPEF, né del decreto-legge e del disegno di legge adottati dal Governo contestualmente al primo. Alla luce di questi atti del Governo, che rendono evidente come quelle contenute nel decreto-legge in esame siano le uniche misure per le famiglie che saranno assunte in questa legislatura - esclusa l'attivazione a favore dei più disagiati di un Fondo destinato ad acquisti di generi alimentari e al pagamento di bollette - si pone subito il problema se questi sono gli interventi più efficaci per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie. Se ci si chiede quali siano le famiglie che maggiormente hanno perso potere d'acquisto, sia negli ultimi tempi, per effetto dell'aumento dei prezzi dei prodotti energetici ed alimentari e dei costi dei mutui, sia nel lungo termine, si ha la stessa risposta: quelle con redditi medio-bassi. Le stesse che, avendo una maggiore propensione marginale al consumo, se avessero un aumento di reddito, potrebbero maggiormente destinarlo al consumo, e perciò contribuire alla ripresa dell'economia italiana che, soprattutto sul versante della domanda interna e dei consumi, ha visto le sue peggiori performance. Noi riteniamo che tra le misure che potrebbero maggiormente contribuire alla salvaguardia del potere di acquisto di tali famiglie vi siano, in primo luogo, quelle di detrazioni fiscali a vantaggio dei redditi da lavoro dipendente e delle pensioni.Pag. 8 Si tratta sostanzialmente delle indicazioni che forniva il comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008, nel momento in cui prevedeva di destinare l'eventuale extragettito a detrazioni fiscali sul lavoro dipendente, in particolare a favore dei lavoratori a reddito più basso, in quanto lo stesso comma 4 dispone che la misura dell'incremento della detrazione debba essere, in ogni caso, non inferiore al 20 per cento per le fasce di reddito più basso. Di tutto questo non vi è traccia, né nel decreto-legge n. 93 del 2008, né nelle complessive proposte del Governo di politica economica per i prossimi anni.
In questo decreto-legge, invece, troviamo l'abolizione dell'ICI sulla prima casa, per la parte rimasta dopo la riduzione prodotta dalla legge finanziaria per il 2008 varata dal Governo Prodi, che in pratica aboliva l'ICI totalmente fino a 300 euro, vale a dire per il 40 per cento delle famiglie, quelle con reddito e patrimonio medio-bassi. Inoltre, quella misura era accompagnata da un'altra relativa a detrazioni fiscali per l'affitto e a detrazioni maggiori per i redditi più bassi: in questo decreto-legge non è prevista alcuna misura per l'affitto e il vantaggio dell'abolizione totale dell'ICI va alle famiglie con redditi medio-alti.
La seconda misura riguarda la riduzione del carico fiscale, in via sperimentale, su straordinari e premi di produzione. Tale misura non coinvolge tutti i lavoratori; infatti lascia fuori, per scelta politica, tutto il pubblico impiego, comprese le forze dell'ordine, gli operatori sanitari e i vigili del fuoco, e di fatto le donne, che sono quelle che hanno minori possibilità oggettive di fare straordinari.
Sulla terza misura, che non taglia gli interessi sui mutui, come ancora pochi giorni fa affermava il Gr1, è ormai chiaro che lo Stato e le banche non ci mettono un euro. A pagare il sollievo, che oggi può venire e che può essere significativo per chi non ce la fa, saranno domani gli stessi mutuatari, con il prolungamento del mutuo e con gli interessi su ciò che oggi non si paga. Si tratta, quindi, di misure inadeguate mentre l'inflazione galoppa in Italia più che altrove, forse perché si è già preventivamente cominciato a scaricare i costi della Robin Hood tax sui consumatori.
A tutto ciò si deve aggiungere che il DPEF e il decreto-legge di accompagnamento rendono evidente che dallo slogan elettorale «totale eliminazione dell'ICI sulla prima casa senza oneri per i comuni» si passa di fatto a quasi tutti gli oneri a carico dei comuni e tutti a carico degli enti locali. Il contributo, infatti, sarà di 1 miliardo 650 milioni di euro con il taglio di trasferimenti che gli enti locali dovranno dare alla manovra nel 2009 e il minor gettito ICI e l'aumento dei trasferimenti nel 2008 di 1,7 miliardi di euro. Quindi, ciò che si dà nel 2008 si toglie nel 2009.
Quando i comuni avranno le casse vuote, saranno soprattutto le famiglie a basso reddito (che ricevono ben poco o nulla dal decreto-legge in esame) a pagare i tagli ai servizi e alle prestazioni, o a contribuire maggiormente a ciò che i comuni non riusciranno più a fare come prima.
Di conseguenza, signori del Governo, cambiamo almeno il titolo del decreto-legge e chiamiamolo per quello che è: Disposizioni fiscali per corrispondere urgentemente alle promesse elettorali.
Un altro aspetto da sottolineare è relativo alle coperture finanziarie. Il decreto-legge, infatti, determina minori entrate a cui si fa fronte con il taglio di spese, sia di parte corrente sia - in misura consistente - in conto capitale. Bisogna sottolineare che da oggi al 2013 non vi saranno altri tagli di tasse, ma se ne aggiungeranno diverse, che solo in minima parte alimenteranno il Fondo per i poveri. Si è svolta una campagna elettorale sull'eccesso di pressione fiscale, sull'esigenza di portarla sotto il 40 per cento e lo sostenevamo anche noi. Tuttavia, voi ora vi proponete di passare dal 43,3 per cento al 42,9 in cinque anni: siete diventati il partito delle tasse!
Tornando a trattare del decreto-legge, non riteniamo sia corretta questa scelta di copertura finanziaria. Sempre nel DPEF ilPag. 9Governo ammette i risultati del Governo Prodi per il risanamento delle finanza pubblica e ne conferma gli obiettivi. Ci aspettano manovre impegnative nei prossimi anni. La riduzione della spesa pubblica (con il metodo dello spending review per incidere sul funzionamento della macchina amministrativa e non sulle prestazioni a favore dei cittadini) deve servire per portare il debito pubblico al 90 per cento e per raggiungere il pareggio di bilancio. Le tasse si possono ridurre con i risultati già conseguiti dal contrasto all'evasione fiscale. Ciò è stato realizzato nel 2007 e con la finanziaria per l'anno 2008: pensioni più basse (ed è significativo che proprio oggi arrivi la quattordicesima del Governo Prodi ai pensionati), provvedimenti per gli incapienti, riduzioni ICI, IRAP, IRES, detrazioni per l'affitto, crediti di imposta ed altro. Tutto ciò si poteva realizzare anche in questa fase, utilizzando l'extragettito che esiste. Tuttavia, non si vuole procedere in tale modo per non riconoscere questo ulteriore risultato del Governo Prodi e per non fare i conti con il comma 4 della legge finanziaria per il 2008, rendendo evidente che ICI e straordinari sono alternativi a detrazioni e deduzioni fiscali per i lavoratori e i pensionati.
Vi è, inoltre, il modo con cui si taglia la spesa, in quanto si tagliano gli investimenti più che la spesa corrente e ciò rappresenta un'evidente dequalificazione della spesa. In particolare, sono da sottolineare i tagli alle infrastrutture in Sicilia e in Calabria, si azzerano inoltre gli investimenti per il trasporto pubblico locale (per poi rimetterli nel decreto-legge appena presentato) e sembra quasi non vogliate che resti traccia dell'opera del Governo Prodi. Tuttavia, i tagli alle metropolitane di Torino e Bologna, alla tramvia di Firenze o ai Fondi per la ristrutturazione della rete idrica restano. Nonostante le diverse integrazioni di Fondi, sono colpite molte scelte della finanziaria per l'anno 2008.
Il dialogo ha bisogno di affidabilità, ma mi chiedo come possa essere affidabile chi ha tagliato il fondo dell'otto per mille destinato allo Stato quando era al Governo; ha chiesto di ripristinarlo totalmente quando era all'opposizione e ha tagliato totalmente il parziale ripristino realizzato dal Governo Prodi ora che è di nuovo al Governo.
E che dire dei Fondi per la sicurezza? In tutti gli atti della manovra del Governo si tagliano sia le spese per il personale, sia le spese per il funzionamento. Queste, signori del Governo, sono alcune delle motivazioni - altre verranno illustrate da altri deputati del Partito Democratico - che ci portano a votare contro la conversione in legge di questo decreto-legge, sia per le scelte che compie sia per la prospettiva di politiche del Governo in cui è inserito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per dichiarare il voto contrario del gruppo dell'UdC al provvedimento che stiamo esaminando. È stata una decisione molto meditata. Siamo partiti da una domanda che voglio rivolgere anche a quest'Aula: il buon governante è colui che fa le cose che piacciono alla gente o piuttosto colui che fa le cose utili per il Paese e per i cittadini italiani? Nessuno può dichiararsi contrario all'abolizione di una tassa, specialmente dell'ICI, o alla detassazione degli straordinari. A tutti, a chiunque governa, piacerebbe poter tagliare non solo l'ICI ma magari anche l'IRPEF. Il problema però non è questo, è un altro. Qual è la priorità, oggi, per i cittadini italiani? Il provvedimento prioritario è l'abolizione dell'ICI e la detassazione degli straordinari o, piuttosto, un provvedimento di vero aiuto alle famiglie? Mi rivolgo, soprattutto, a quelle famiglie che hanno il problema della quarta settimana, se non addirittura della terza settimana, che non hanno le risorse per arrivare a fine mese e per far fare una vita dignitosa ai propri figli. Noi pensiamo che la priorità sia quella di destinare dellePag. 10risorse a questi soggetti a cui questo provvedimento non dà nulla. Al di là del titolo, salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, questo provvedimento non ha nulla per le famiglie. Se avessimo avuto il tempo, se non fosse stata posta la questione di fiducia immediatamente, avremmo chiesto di cambiare questo titolo, perché questo provvedimento poco c'entra con le famiglie.
Per spiegare meglio tutto ciò, voglio raccontare tre storie, che sono molto significative a mio parere: la storia del signor Rossi, della famiglia Verdi e quella della mia famiglia. Cosa succede a queste famiglie con il provvedimento? Il signor Rossi ha un reddito di 30 mila euro, vive in una casa di 80 metri quadrati nella periferia di una grande città e lavora nel settore privato. Questo single avrà un vantaggio fiscale da questo decreto-legge di circa 300 euro. La famiglia Verdi ha un reddito di 50 mila euro, i due genitori lavorano nel settore pubblico e hanno una casa di 110 metri quadrati nella periferia di una grande città. Questa famiglia non pagava prima l'ICI, continua a non pagarla grazie alle agevolazioni che gli riconosceva anche prima il comune, non ha accesso al provvedimento degli straordinari e non avrà, dunque, alcun beneficio da questo provvedimento. Poi vi è la famiglia Galletti, la mia famiglia, che ha un reddito medio-alto. Al reddito di parlamentare sommo, infatti, anche quello di libero professionista, mia moglie lavora nel settore privato con un reddito di 30 mila euro e ho una casa di proprietà nel centro di Bologna di medie dimensioni come il mio reddito mi permette. Avrò un beneficio, in termini di ICI, di 1.500 euro e accederò, grazie agli straordinari di mia moglie, ad un ulteriore beneficio fiscale di 300 euro. Avrò, quindi, un beneficio di 1.800 euro in totale. Vi ringrazio molto, colleghi, di avermi dato questo beneficio, ma non sono il soggetto che va aiutato oggi in Italia. Il soggetto da aiutare è la famiglia Rossi, che stenta ad arrivare alla fine del mese (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico). Per questo il provvedimento è profondamente sbagliato.
Voglio aggiungere che ho letto, molti di voi lo avranno fatto, il DPEF da pagina 1 a pagina 60, in tutte le sue righe. In quel provvedimento la parola famiglia non è citata una sola volta, eppure è stato scritto dallo stesso Ministro che in campagna elettorale aveva promesso l'introduzione del quoziente familiare già a partire dal prossimo anno. Non vi è traccia nei prossimi tre anni di quel quoziente familiare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Capisco che all'interno di quella maggioranza vivano culture diverse e che la cultura cattolica in questo momento è soccombente. Ma voi, amici, avete un sottosegretario alla famiglia che si chiama Giovanardi: invece di occuparsi dei problemi della tossicodipendenza con spot mediatici, come quello sui parlamentari drogati, che è ridicolo e offensivo, che si occupi dei problemi della famiglia! Giovanardi, se ci sei, batti un colpo, perché così non si va da nessuna parte (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico)!
Il provvedimento sugli straordinari è di entità talmente piccola che si fa fatica a credere che possa aiutare la competitività, da una parte, e aiutare la famiglia, dall'altra parte. Avevamo chiesto una sola cosa: di allargare quel provvedimento anche alle forze dell'ordine. Quante volte in campagna elettorale e in questi mesi abbiamo parlato del lavoro importante che svolgono le forze dell'ordine con stipendi bassi e inadeguati al rischio e al lavoro che svolgono. Vi avevamo dato anche una modalità di copertura credibile, responsabile: avevamo suggerito di pagare un po' di più tutti, di portare la cedolare secca dal 10, come l'abbiamo prevista, al 12 per cento e di estendere quel provvedimento ai lavoratori del settore sicurezza. Non avete voluto adottare nemmeno questa misura. Ancora una volta, ci presentate un provvedimento spot, mediatico, senza contenuto.Pag. 11
Mi preoccupa molto anche il provvedimento sulla rinegoziazione del mutuo perché, amici e colleghi, misura fortemente il tasso di liberismo di questa maggioranza. In pochi mesi abbiamo dato 300 milioni all'Alitalia, come aiuto di Stato: dite quello che volete, ma è un aiuto di Stato, mentre in un Paese liberale non si danno aiuti di Stato alle società che operano nel libero mercato.
Con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in esame in Commissione stiamo concedendo 500 milioni al comune di Roma. Tutti abbiamo a cuore le sorti del comune di Roma: è un interesse della nazione non avere una capitale in difficoltà anche dal punto di vista economico. Tuttavia, ancora una volta, si tratta di un provvedimento che con la cultura liberale ha poco a che vedere.
Con il provvedimento sulla rinegoziazione dei mutui costruiamo per legge un cartello delle banche, chiediamo alle banche di accordarsi per stipulare convenzioni con i cittadini. Non funziona così. Nei Paesi liberali, le leggi mettono in concorrenza le banche tra di loro, non le istigano a trovare un cartello e una proposta fissa, univoca per i cittadini risparmiatori. Questo la dice lunga sul tasso di liberismo di questo Governo.
In conclusione, secondo me e secondo noi dell'Unione di Centro, con questo provvedimento, il Governo non vuole fare altro che allungare la luna di miele con i propri elettori.
Ritengo, però, che la luna di miele presto finirà e, allora, sarà evidente la poca responsabilità dei provvedimenti che voi oggi state approvando (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Causi. Ne ha facoltà.

MARCO CAUSI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il primo articolo del decreto-legge che oggi la Camera è chiamata a convertire, abolisce ciò che restava dell'imposta comunale sugli immobili relativa alla prima casa. Abolisce, cioè, i pagamenti ICI sulla prima casa superiori a 300 euro.
Ricordiamoci, infatti, che la legge finanziaria del Governo Prodi aveva già introdotto una detrazione che, sommata a quella vigente, abbatteva l'ICI proprio fino a 300 euro.
Con questa misura restano nelle tasche delle famiglie italiane non solo i circa mille milioni di euro già previsti dalla legge finanziaria per la detrazione, ma anche altri 1700 milioni di euro, secondo le stime del Governo. Descritta così, quella in esame potrebbe apparire una misura da accogliere con favore da parte di tutte le componenti politiche di questo Parlamento.
Perché, dunque, il Partito Democratico ha espresso e continua ad esprimere una forte perplessità e una netta contrarietà a questo provvedimento? Per tre buoni motivi, che hanno a che fare con l'impatto macroeconomico della misura, con l'efficienza complessiva del sistema tributario e con la sua equità.
L'impatto macroeconomico di questa misura, in termini di sostegno alla domanda interna di consumo, sarà infatti - e dico purtroppo - molto modesto.
Per capire la ragione di questa affermazione basta soltanto considerare qualche numero: le famiglie italiane sono 23.543.000; di esse, il 73 per cento - e cioè poco più di 17 milioni - è proprietaria della casa in cui abita. Nel 40 per cento di questi casi, il valore catastale della casa genera un ammontare di ICI inferiore a 300 euro; quindi, quasi 7 milioni di famiglie - quelle che abitano nelle case di minor valore, più o meno fino a 60.000 euro di valore catastale - non avrebbero più pagato l'ICI fin dalla rata di giugno, per effetto della vigente legislazione introdotta dal centrosinistra.
Chi sono, allora, i beneficiari della misura aggiuntiva voluta dal nuovo Governo, e cioè della totale esenzione dall'ICI per tutte le famiglie? Chi sono i beneficiari, oltre al collega Galletti?
Non certo le famiglie che non possiedono una casa e abitano in affitto, chePag. 12sono oltre 6.200.000, alle quali questo Governo e questa maggioranza parlamentare hanno negato qualsiasi beneficio, impedendo la discussione e la votazione dell'emendamento presentato dal Partito Democratico, che avrebbe almeno aumentato la detrazione riconoscibile alle famiglie che abitano in affitto, a valere sull'imposta sui redditi.
Non certo sono beneficiari di questo provvedimento le 7 milioni di famiglie che non avrebbero pagato l'ICI con le norme già vigenti.
Restano, quindi, come uniche beneficiarie del provvedimento, le rimanenti famiglie italiane. Si tratta di meno della metà delle famiglie, il 44 per cento esattamente, quelle che abitano in case per le quali l'ICI da pagare supera la soglia dei 300 euro.
È chiaro che qui si pone un punto di equità: è vero, infatti, che possono ben darsi casi di famiglie a reddito basso che abitino in appartamenti di elevato valore, ma è molto più probabile il caso opposto. Comunque tutte le statistiche disponibili ci dicono una cosa molto semplice: che il valore dell'immobile abitato rappresenta il principale indicatore, il più veritiero, del benessere familiare, ancor più del reddito percepito e ancor più, ovviamente, del reddito dichiarato.
Accanto alla questione dell'equità, questi numeri, difficilmente confutabili, dicono chiaramente che i soldi che volete mettere nelle tasche delle famiglie, per un verso, vanno a finire a meno della metà delle famiglie italiane e, per l'altro verso, vanno a finire nelle tasche delle famiglie che ne hanno meno bisogno e manifestano livelli più bassi di propensione al consumo, la quale, com'è noto, decresce all'aumentare del reddito e della ricchezza posseduta. Ed è esattamente questo che inficia gravemente la previsione del Governo, cioè di ottenere, con tale misura, una scossa positiva sui consumi. In generale, infatti, le famiglie beneficiate non sono quelle che avrebbero, relativamente alle non beneficiate, bisogno di un sostegno al loro potere d'acquisto. Insomma, l'esatto contrario di Robin Hood.
Anche le ricadute territoriali del provvedimento confermano quanto sto commentando, ossia che siamo di fronte a un Robin Hood alla rovescia: le coperture del decreto-legge in esame cancellano risorse a importanti investimenti infrastrutturali, soprattutto concentrati sulla viabilità e sulla mobilità su ferro in Sicilia e in Calabria.
Il provvedimento sottoposto alla nostra attenzione è profondamente antimeridionalista, anche dal lato della distribuzione dei benefici, atteso che il valore degli immobili - e quindi l'ICI dovuta - è inferiore nel sud rispetto al centro-nord.
In verità, la distribuzione territoriale dei benefici è perversa anche all'interno del centro-nord, poiché vengono avvantaggiate le grandi aree urbane, le città di maggiori dimensioni, dove i valori catastali sono più elevati, rispetto alle famiglie che vivono nelle aree rurali, nelle aree a urbanizzazione diffusa e nei piccoli centri.
È evidente, allora, che un obiettivo sacrosanto come quello del sostegno al potere d'acquisto - e sacrosanto soprattutto alla luce delle notizie sempre peggiori che ci riserva l'attuale fase macroeconomica - non verrà purtroppo raggiunto da questa misura.
Quell'obiettivo potrebbe sì essere raggiunto, anche a parità di risorse impegnate, con i provvedimenti alternativi che il Partito Democratico propone, cioè attuando le previsioni della vigente legge finanziaria, che dispone la restituzione dell'extragettito sotto forma di aumenti delle detrazioni per il lavoro e di sostegno alle pensioni.
Allora sì, che la platea delle famiglie beneficiarie sarebbe quella giusta, non tanto e non soltanto in base a considerazioni distributive ma, soprattutto, in relazione al sostegno alla domanda interna di consumo.
È chiaro ormai, signori rappresentanti del Governo, che non volete riconoscere l'extragettito e che volete nasconderlo, tanto che avete presentato un DPEF ed una prima manovra triennale, in cui la pressione fiscale resta costantemente al di sopra del 43 per cento fino a tutto il 2012,Pag. 13con buona pace dei programmi elettorali ed anche del buon senso economico. In relazione al DPEF che avete proposto, infatti, la manovra sull'ICI rischia di restare l'unico ed il solo intervento di stimolo fiscale che avete in programma di attuare, pur essendo - come abbiamo visto - il più inefficace e pur comportando nuove ed inedite distorsioni all'efficienza complessiva del sistema fiscale.
Vorrei affrontare, a questo punto, un aspetto delicato, ma di grande rilievo politico, che ha a che fare con gli effetti perversi a medio e lungo termine del provvedimento: si tratta di effetti distorsivi, come sempre accade quando si fa demagogia sulle tasse e non si fa, invece, sui sistemi di tassazione, una razionale discussione pubblica. L'ICI, infatti, è un'imposta reale destinata al finanziamento dei servizi e dei beni pubblici di prossimità; è la base dell'autonomia finanziaria dei comuni italiani, che con questo provvedimento rischiamo di colpire in modo grave, con effetti negativi sulla quantità, sul costo dei servizi erogati e sulla stessa sostenibilità dei loro bilanci, producendo una fotografia delle difficoltà che, naturalmente, sarà l'esatto specchio della geografia dei beneficiari che poco fa abbiamo tracciato. Vi saranno perdite di gettito autonomamente riscosso, che colpiranno soprattutto i comuni di maggiori dimensioni del centro nord, quelli - per intenderci - più esposti sul fronte del contrasto al disagio sociale, sul fronte della sicurezza e della realizzazione di grandi interventi infrastrutturali necessari per la competitività del Paese.
È chiaro il paradosso: una stagione politica, in cui in modo ampiamente convergente tutte le forze politiche del Paese avevano assunto l'obbiettivo di un federalismo moderno, solidale e sostenibile, viene, invece, aperta con una drastica riduzione dell'autonomia dei comuni e con un provvedimento che - si può essere facili profeti - renderà sempre più difficile ed incerta la garanzia di quel Governo di prossimità, indispensabile per la coesione del Paese e per la stessa solidità delle istituzioni repubblicane. Non solo, infatti, le somme previste per compensare i comuni sono insufficienti ma, soprattutto, non si sa come evolveranno nel tempo. Per i comuni, era già difficile tenere il passo della domanda di servizi e d'investimenti attraverso il gettito di un'imposta reale...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARCO CAUSI. ...che, quindi, non cresce in sintonia con il tasso d'inflazione, ma i comuni italiani si erano attrezzati ed avevano recuperato molte aree di elusione e di evasione; avevano fortemente...

PRESIDENTE. Onorevole Causi, la prego di concludere.

MARCO CAUSI. Mi avvio alla conclusione, Signor Presidente.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole.

MARCO CAUSI. Il Governo e la maggioranza hanno accolto due ordini del giorno del Partito Democratico e si sono impegnati sulle proposte di sostituzione dell'ICI con altri tributi propri. Ebbene, incalzeremo il Governo e la maggioranza su questo impegno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Causi, il suo tempo è terminato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando mercoledì scorso l'onorevole Commercio, a nome del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia, ha preannunciato il nostro voto favorevole sulla questione di fiducia, perché il Governo aveva assunto un impegno solenne a ripristinare gli stanziamenti per gli investimenti infrastrutturali al sud, al termine del suo intervento, i colleghi dell'Italia dei Valori hanno applaudito polemicamente, così come viene riportato dal resoconto stenografico dell'Assemblea.Pag. 14
Non ho gradito questo comportamento, non ho gradito questo pessimo esempio di malcostume parlamentare, perché il Movimento per l'Autonomia si è trovato di fronte ad un bivio: o corrispondere in maniera acritica ad un malinteso principio di fedeltà alla coalizione, o sviluppare un'intensa azione parlamentare per evidenziare che la copertura finanziaria di un provvedimento giusto e sacrosanto, gradito agli italiani, correva il rischio di avvenire attraverso la sottrazione di risorse per la realizzazione di importanti infrastrutture del Mezzogiorno e, in particolare, di quelle da realizzare in Calabria, in Sicilia e nelle isole minori.
Ebbene, grazie alla nostra azione parlamentare, il Governo si è impegnato a ripristinare questi fondi e siamo convinti che la nostra azione parlamentare... Vedo che l'onorevole Misiti continua a sorridere di scherno, come ha fatto la volta precedente l'onorevole Evangelisti, talis praenomen. Ormai vi conosciamo tutti, per gli interventi a titolo personale che ci avete costretto ad ascoltare in quest'Aula, e sarebbe interessante conoscere - visto che si fa tanto riferimento ai precedenti parlamentari - la percentuale di interventi a titolo personale che si sono tenuti in passato in quest'Aula.
Non mi stancherò di ripetere che bisogna provvedere con rapidità e con decisione ad una riforma del Regolamento parlamentare, perché in due mesi questo Parlamento ha approvato solo due decreti-legge, per giunta ereditati dal Governo Prodi e soggetti al vostro ostruzionismo parlamentare, e ci accingiamo a votare questo decreto-legge per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie in virtù del voto di fiducia. Come corrispondere all'alto richiamo del Presidente della Repubblica Napolitano, se non si provvederà ad una modifica del Regolamento parlamentare, che consenta a questo Parlamento di corrispondere alle esigenze, alle urgenze e alle necessità del nostro Paese e del nostro popolo?
Da questa vicenda, cari onorevoli colleghi, ho appreso anche un'altra cosa: la moralità in politica non è l'onestà, o non è solo l'onestà, come direbbe qualche ex PM prestato alla politica, perché è nella natura stessa del politico essere onesto! La moralità in politica significa far coincidere ciò che si dice, con ciò che si fa!
Tutti abbiamo ascoltato, durante la campagna elettorale, in quello che è stato definito da tutti il terzo ramo del Parlamento - Porta a Porta - l'onorevole Di Pietro, il quale solennemente annunciava che, in virtù dell'alleanza con il Partito Democratico, subito dopo le elezioni avrebbe fatto un unico gruppo con il Partito Democratico. Ebbene, cos'è questo, visto che l'onorevole Di Pietro - che non è presente - ci ha accusato del reato di prostrazione politica, perché abbiamo votato la fiducia al Governo in virtù di un impegno solenne a ripristinare i fondi per le opere nel Mezzogiorno?
Ciò che Di Pietro ha detto a Veltroni, il raggiro, che tipo di reato è? Di Pietro in virtù della dottrina cattolica è venuto meno all'ottavo comandamento, «non dire falsa testimonianza», e, secondo Dante, Di Pietro - che non c'è - starebbe nell'ottavo cerchio, decima bolgia, insieme ai falsari di parola, che per il contrappasso sono tormentati dalla febbre che li fa delirare falsando i sensi, così come in vita confusero le parole false con le parole vere.
Ebbene, noi del Movimento per l'Autonomia condividiamo lo spirito del provvedimento al nostro esame, che produrrà pure dei fenomeni che in qualche misura dovranno essere corretti, come è stato ricordato da un collega che mi ha preceduto, ma di cui non si può negare che contiene l'abolizione di una tassa sulla prima casa che è sempre stata odiata da tutti i cittadini italiani, da quelli che sono proprietari di un piccolo appartamento fino a quelli che, come l'onorevole Galletti (bontà sua), sono proprietari di un appartamento di dimensioni superiori.
Nel provvedimento vi è, altresì, una risposta all'esigenza di aumentare la produttività del nostro Paese con la detassazione degli straordinari: piaccia o non piaccia, si tratta di una misura per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, soprattutto a favore di quei dipendentiPag. 15privati (in modo particolare degli operai) che tutti noi riteniamo non dispongano di un salario sufficiente ad affrontare le difficoltà che in questo momento si presentano a tutte le famiglie italiane.
Infine, si consideri la misura adottata sui mutui. Le banche stanno per prendersi le case degli italiani, cosa avrebbe dovuto fare il Governo rispetto ad un rischio così evidente, così drammatico? Tante famiglie si trovano in condizioni oggettive di difficoltà, non potendo pagare a fine mese la rata del mutuo. Ebbene, il Parlamento avrebbe dovuto aspettare il principio di concorrenza fra le banche per verificare se poi gli italiani la casa se la conservano, o se invece se la lasciano portare via dalle banche? È un'altra la nostra concezione: abbiamo preferito dare una risposta ai problemi della gente, quella del nord come quella del sud.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Concludo, signor Presidente, rivolgendomi all'onorevole Vietti, che ha detto che il nostro ordine del giorno è un «piatto di lenticchie». Le dispute gastronomiche con l'onorevole Vietti sono antiche, risalgono a quando frequentavamo una locanda di via Bissolati dove si mangiavano spaghetti alla carbonara. Egli confonde un piatto di lenticchie con un ordine del giorno chiaro, preciso e puntuale, che noi ringraziamo il Governo di aver accolto, e siamo convinti che il sud non sarà penalizzato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia e applausi polemici dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rubinato. Ne ha facoltà.

SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame reca nel titolo, lo hanno già ricordato molti colleghi, «disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie». Nella relazione illustrativa il Governo spiega che si tratta di interventi mirati al sostegno della domanda e all'incremento della produttività del lavoro per contrastare la sofferenza della povertà, la disoccupazione giovanile, l'impoverimento del ceto medio e la crescente divisione tra nord e sud del Paese. Un ottimo titolo e un eccellente obiettivo, peccato solo che il tutto sia stato declinato concretamente in quattro misure del tutto inadeguate a conseguire quell'obiettivo, se non addirittura in contraddizione con esso.
Non abbiamo capito, in particolare, quale sollievo abbia portato al potere d'acquisto delle famiglie la misura volta a ricapitalizzare la ormai fallimentare gestione di Alitalia, mettendo, al contrario, ancora una volta, le mani in tasca ai contribuenti e alle imprese.
Voglio, comunque, dare atto al Governo di avere accolto un emendamento di chi vi parla, volto a ripristinare le risorse già destinate dalla finanziaria per il 2008 al Fondo di solidarietà previsto per i mutui sulla prima casa. È un intervento, esso sì, che, a differenza di questo accordo fra banche benedetto dal Governo, consentirà alle famiglie in difficoltà di tirare il fiato, con la possibilità di sospendere, per un periodo sino a 18 mesi, il pagamento delle rate del mutuo, senza oneri a loro carico. Si darà così ad esse anche maggiore forza nella rinegoziazione delle condizioni del prestito, a condizione - lo chiedo in questa sede - che il Ministro Tremonti, che aveva inizialmente azzerato il Fondo, ora che è stato ripristinato, proceda speditamente all'emanazione del relativo regolamento attuativo.
Ciò premesso, voglio motivare il voto negativo sul provvedimento, soffermandomi, in particolare, sull'esenzione ICI per la prima casa. Autorevoli commentatori hanno censurato questa misura come una vittoria dell'apparenza sulla sostanza, definendola tecnicamente un'illusione tributaria, ossia un'errata percezione che fa credere ai cittadini di conseguire benefici superiori o costi inferiori rispetto a quella che poi scopriranno essere la realtà. ComePag. 16ha detto il professor Gilberto Muraro, non è la prima e non sarà l'ultima, ma è probabilmente la più vistosa illusione tributaria che si ricordi in tempi recenti, il che, tradotto, significa che si ingannano gli italiani; se, infatti, la riduzione del gettito sarà, come si assicura, compensata ai comuni con trasferimenti dal centro, dov'è la reale riduzione della pressione fiscale a beneficio dei cittadini? Con l'aggravante che, trasformando un tributo in un sussidio, salta il principio di responsabilità e di efficienza che sta alla base del federalismo. È questo il punto, illusione tributaria a parte: quello che ci preoccupa non è che sono stati rimessi dei soldi in tasca ai cittadini (anzi, questo è anche un bene, in questo momento). Quello che ci preoccupa di più è che si è fatto un passo indietro sulla strada, tutta in salita, dell'attuazione di un federalismo fiscale responsabile.
Non pensavamo che un Esecutivo che ha promesso di affrontare il nodo del federalismo fiscale inaugurasse la sua azione con l'abolizione totale dell'ICI sulla prima casa sostituendola con ulteriore finanza derivata e alimentando l'inefficienza di un sistema fiscale in cui, all'accentramento del prelievo, si accompagna, ancora, il decentramento della decisione sulla spesa.
Un buon Governo non si misura solo sulle cose che fa e sul mantenimento delle promesse, ma anche su come fa le cose. A parte l'inidoneità della procedura prevista, come rilevato dagli stessi uffici in sede tecnica, a garantire agli enti locali il medesimo profilo quantitativo e temporale di gettito atteso a legislazione vigente, è palese l'incompatibilità di questa misura con l'obiettivo, proclamato da tanti componenti della maggioranza, di rafforzare l'autonomia degli enti locali, specie se sono virtuosi.
Sappiamo tutti che questa misura fiscale incide su una situazione di finanza locale estremamente complessa, irrazionale ed iniqua, a causa delle mancate riforme del sistema dei finanziamenti centrali ai comuni. La non applicazione delle riforme che sono state comunque approvate, come il decreto legislativo n. 244 del 1997, ha cristallizzato, sino ad oggi, un'irragionevole allocazione delle risorse tra comuni e ha impedito di riportare su basi di razionalità le dotazioni delle risorse finanziarie dei singoli enti, calibrando adeguatamente i trasferimenti in relazione ai valori standardizzati dei loro fabbisogni e delle risorse fiscali proprie e premiando lo sforzo fiscale. Sono decenni che si dice di volerlo fare e non lo si fa.
Con la misura in esame, si conferma questa irragionevolezza ed iniquità, sostituendo un tributo locale con ulteriore finanza derivata e aggravando quel perverso meccanismo centralista ed antifederalista di accentramento del prelievo, che incentiva, cari colleghi della Lega, l'irresponsabilità degli amministratori locali, affievolendo l'efficacia del controllo degli amministrati, e che indebolisce l'autonomia locale, non riequilibrando il flusso di risorse che dal nord va al sud.
Si poteva fare in modo diverso? Si poteva lasciare l'ICI nelle tasche dei cittadini, rispettando i principi del federalismo? Certo, si poteva fare! Per esempio, si poteva stabilire, a fronte del minor gettito ICI, una compensazione non con ulteriore finanza derivata, ma con il passaggio ai comuni di quote di tributi, in particolare con un aumento della compartecipazione dinamica all'IRPEF.
Tra l'altro, le dichiarazioni che ho sentito di autorevoli colleghi leghisti, prima che il provvedimento in esame arrivasse in Parlamento, andavano tutte nel senso di assicurare che la compensazione sarebbe stata fatta, appunto, con un aumento della compartecipazione dinamica all'IRPEF. Non è andata così: un'ulteriore sconfitta per la Lega; anzi, un emendamento del collega Reguzzoni è stato dichiarato inammissibile con una generica motivazione, del tutto pretestuosa: non sono stati giudicati ammissibili gli emendamenti che non recano disposizioni puntuali direttamente preordinate ad assicurare effetti compensativi.
Perché la Lega non si è opposta ad una così evidente violazione del principio dell'autonomia fiscale? Ho sentito rispondere: in vista dellaPag. 17riforma complessiva del sistema fiscale in senso federale è accettabile una temporanea sospensione dell'autonomia tributaria dei comuni. Non credo sia così. Delle due l'una: o la Lega non è in grado di incidere in maniera sufficiente sulle decisioni della maggioranza, su questo tipo di decisioni della maggioranza, oppure alla Lega, come a molti altri, non interessa davvero un sistema fiscale veramente autonomista e pluralista, nel quale ogni Governo possa imporre direttamente e semplicemente tasse proporzionate ai servizi offerti ai cittadini, dovendone poi rispondere ai cittadini stessi, ma si ha invece in mente un sistema fiscale di stampo centralista, con la semplice sostituzione delle regioni allo Stato nazionale. Lo conferma il fatto che dal prossimo anno lo sconto ICI sulla prima casa sarà tutto a carico dei nostri comuni, grazie alla manovra finanziaria da ultimo approvata dal Consiglio dei ministri, per cui la compensazione tanto sbandierata si realizzerà a rovescio, a danno dei territori, e ancora una volta a carico soprattutto degli enti che hanno in questi anni rispettato i patti di stabilità e contribuito al risanamento della finanza pubblica, pur non avendo mai partecipato a costituirne il deficit.
E si dimentica ancora una volta che i comuni sono davvero in prima linea, oggi più che mai, non il provvedimento del Governo, nel fronteggiare le crescenti pressioni legate all'invecchiamento della popolazione, ai fenomeni delle nuove povertà, dell'immigrazione e dell'integrazione culturale, ai dissesti del territorio e dell'ambiente. Si dimentica ancora una volta che sono i comuni, i più virtuosi (ovviamente tra i comuni a questi mi riferisco, non a chi dilapida e contribuisce a costruire il deficit pubblico), il più grande committente nel Paese di appalti per investimenti in scuole e in infrastrutture, una spesa questa sì buona, che si è notevolmente rallentata in questi anni, con ovvi riflessi negativi anche sul sistema economico. Eppure le amministrazioni locali hanno governato in questi anni in uno stato di criticità permanente, con risorse via via decrescenti e mai certe, con vincoli crescenti e patti di stabilità stravolti ogni anno, che hanno impedito loro di delineare una seria programmazione e di incidere sullo sviluppo del tessuto sociale locale. Ebbene, quando lo Stato mette le mani in tasca ai comuni gestiti in modo virtuoso, in realtà mette le mani in tasca ai cittadini, e in particolare alle famiglie, agli anziani, ai più poveri e ai più deboli, che oggi trovano risposte solo nel sistema di welfare locale. Questi sono i fatti che seguiranno, purtroppo, all'illusorio provvedimento in discussione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SIMONETTA RUBINATO. Concludo, signor Presidente. Il nostro voto non può che essere negativo, perché con il provvedimento in esame il nuovo Governo inaugura il passaggio dalla finanza creativa alla finanza dell'illusione, per non dire dell'inganno. Se questo è l'inizio, temo che il Paese e gli italiani avranno un brutto risveglio dopo la luna di miele (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,20).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 1185-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

Pag. 18

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi, prima di argomentare sul voto negativo di Italia dei Valori al provvedimento in esame, per le motivazioni che poi illustrerò, non posso non rispondere al collega del Movimento per l'Autonomia che mi ha preceduto e rivolgergli alcune semplici osservazioni. La prima di queste è che il nostro sarcasmo di fronte alla dichiarazione di fiducia da parte del Movimento per l'Autonomia non è stato per nostro divertimento, per nostro sollazzo, ma semplicemente perché il rappresentante del Movimento per l'Autonomia in Commissione ha votato contro il parere del relatore sul provvedimento!
Quindi il problema riguarda la vostra coerenza, e non il fatto che l'Italia dei Valori abbia sottolineato questo elemento di incoerenza.
Al collega che è intervenuto poco fa, il quale, non avendo argomentazioni per poter sostenere un decreto che evidentemente al suo gruppo non sta bene, poiché taglia tutti i fondi per le infrastrutture alla Sicilia e alla Calabria, ha dedicato tanto spazio all'onorevole Di Pietro - ha parlato delle sue falsità - dico che, dal momento che non mi risulta che l'onorevole Di Pietro sia mai stato condannato per falso, farebbe meglio a rivolgersi al suo Presidente del Consiglio, che invece ha commesso un reato di falsa testimonianza (come è stato accertato, anche se poi è stato amnistiato), e che dunque in fatto di falsa testimonianza ne sa ben di più di quanto non possa saperne l'onorevole Di Pietro. Anzi, siccome recentemente continua a giurare sui suoi figli, vorrei ricordare che quella volta in cui rese una falsa dichiarazione ai giudici aveva giurato davanti a Dio e agli uomini: mi chiedo dunque se nella sua scala di valori fa differenza fra Dio e i figli, visto che adesso continua a giurare sui figli.
Per venire al provvedimento al nostro esame esso, come è noto, reca nel titolo «disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie»: francamente, però, di interventi sul potere d'acquisto delle famiglie ne vedo assai pochi, anche perché immagino che se devo salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie salvaguardo quelle famiglie che sono state taglieggiate da un'inflazione sui beni di prima necessità, che non è né all'1,7 per cento inserito da «Robin» Tremonti nel suo Documento di programmazione economico-finanziaria, né al 3,7 per cento fornito dall'ISTAT, ma veleggia in realtà ben oltre il 5 per cento. Dunque, si immagina che se si vuole salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie, si interviene per loro. Invece, cosa fa il Robin Hood alla rovescia, lo sceriffo di Notthingham Tremonti? Estende un intervento che era stato fatto dal Governo Prodi e che mirava proprio a questa fascia più debole delle famiglie a tutti coloro che hanno una casa, e lo estende per l'intero importo. Così, si fa un regalo a tutti gli stilisti che abitano in piazza di Spagna e che hanno quella come prima casa: questo è il risultato! Si fa un regalo al sottoscritto, che però di questo regalo poteva non avere bisogno! Non andiamo a toccare minimamente il potere d'acquisto delle famiglie che non riescono ad arrivare alla quarta settimana: questa è la verità!
Aggiungendo quel che vediamo dalla lettura del decreto-legge sulla manovra economica, che è una finanziaria anticipata, di stampo recessivo, andremo ancora a peggiorare la situazione di queste famiglie. Mi chiedo per quale ragione la Germania, la Spagna e la Francia siano tutte intervenute - o stiano tentando di intervenire - sul governatore della Banca centrale europea perché non aumenti i tassi di interesse, mentre da nessuna parte è scritto che è intervenuta l'Italia per questo. L'aumento del tasso di interesse andrà ancora una volta a colpire i redditi più bassi e le imprese, e quindi sarà tutt'altro che un intervento a favore dello sviluppo! In questo modo, aggiungiamo recessione a recessione ed otteniamo quello che gli economisti chiamano la stagflazione, cioè una delle bestie più brutte che esistano e che noi abbiamo conosciuto solo intorno al 1973, all'epoca della crisi petrolifera, e che da allora non abbiamo più conosciuto.Pag. 19
Ma questo intervento sull'ICI, oltre a dare ai ricchi togliendo in qualche modo ai poveri, innesca anche problemi giganteschi con i comuni.
Questa era l'unica vera imposta di stampo federalista che esisteva nel nostro Paese, come abbiamo cercato di suggerire. Nella passata legislatura anche la Lega era d'accordo sul fatto che bisognasse trovare un altro meccanismo e non quello dell'abolizione tout court dell'ICI sulla prima casa, che andrà a favorire, nonostante l'intervento compiuto in Commissione, i comuni meno virtuosi, dal momento che quelli virtuosi - i quali, proprio usando il federalismo e la tassa federale, l'hanno abbassata al minimo - saranno danneggiati da questo intervento.
Si va a creare certamente una situazione di incertezza per tutti i comuni relativa al quantum e al quando percepiranno il rimborso di ciò che in questo momento gli è stato tolto, e, come dicevo, quelli meno virtuosi finiranno con l'essere ancora una volta avvantaggiati. Avevamo suggerito una soluzione diversa, ed avevamo proposto di lasciare l'imposta così com'è, di non toccare i comuni, bensì di utilizzare l'importo pari all'ICI sulla prima casa trasformandolo in un credito d'imposta da utilizzare in dichiarazione dei redditi. Questa era la strada lineare, che non avrebbe tolto nulla ai comuni, non avrebbe creato contenzioso, né avrebbe creato una somma di costi fissi relativi alla gestione di questa tassa! I grandi comuni hanno infatti strutture, impiegati, consulenti e un apparato dedicato alla gestione di questa tassa, che oggi verrà gestita soltanto per le case diverse dalla prima abitazione. Così si andrà a creare per questi comuni un danno anche dal punto di vista dei costi, perlomeno per tutto il tempo in cui essi non provvederanno a spostare i dipendenti, gli impiegati e ad adeguare la struttura ad una tassa che rende molto meno.
Per quanto riguarda invece gli straordinari poteva essere interessante l'idea di una detassazione degli straordinari, ma, così com'è stata fatta, bisognava che vi fosse la capacità - e noi abbiamo cercato, in Commissione, di farlo - di inserire alcuni paletti per evitare gli abusi: ci saranno infatti abusi nel tentativo di spostare la retribuzione dalla parte ordinaria alla parte straordinaria per poter usufruire di queste agevolazioni. Il primo ad essere colpito da questo tipo di agevolazione sugli straordinari sarà il personale femminile, cioè le donne, le quali, per svariati motivi, che è inutile ripetere, fanno meno straordinari degli uomini, e quindi in proporzione saranno colpite di più: ecco un altro risultato sbagliato di questo tipo di intervento!
Se poi parliamo dei mutui, vorrei fare un preannuncio: leggendo oggi la manovra non so se molti dei colleghi presenti hanno capito che l'azienda Italia, con quel decreto, viene di fatto commissariata, e viene posto nelle mani del Ministro «Robin Tremonti» (Robin alla rovescia, ovviamente) un potere che mai nessun ministro dell'economia ha avuto, addirittura quello di modificare il bilancio dello Stato senza bisogno di alcun controllo da parte del Parlamento.

PRESIDENTE. Onorevole Borghesi, la invito a concludere.

ANTONIO BORGHESI. Forse dopo ciò - non lo so - può darsi che nella mente di qualcuno vi sia l'idea di sciogliere anche il Parlamento, così ci saranno ancora meno problemi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le motivazioni per cui il gruppo del Partito Democratico voterà contro questo provvedimento sono già state bene espresse dagli onorevoli Marchi, Causi e Rubinato. Mi soffermerò su due questioni in particolare, che reputo importanti e significative rispetto non solo all'ingiustizia contenuta in questo provvedimento, ma anche al prosieguoPag. 20della politica economica di questo Governo ed alla necessità di cambiarla.
In particolare, mi riferisco al fatto che, in una fase come quella che attraversiamo, se hai poche risorse - e noi, lo Stato italiano, abbiamo poche risorse -, un principio di buon senso, oltre che di cultura politica diffusa, dice che bisogna dare di più a chi ha di meno, e di meno a chi ha di più.
E qualche volta bisogna dare niente a chi ha di più e possibilmente molto a chi ha di meno o niente. Il provvedimento in esame fa l'esatto contrario. Concede di più a chi ha di più e di meno o niente a chi ha poco o niente. A chi è in affitto non concede nulla e lo stesso vale per chi vive nelle zone disagiate del Mezzogiorno, dove l'incidenza dell'ICI è pari a 13 euro a Reggio Calabria e a 30 euro a Palermo. Dico ciò solo per darvi un'idea.
Complessivamente anche sulle misure relative agli straordinari ricordo che solo il 36 per cento degli uomini svolge prestazioni di lavoro straordinario mentre tra le donne solo il 25 per cento. Ciò significa che scegliamo un segmento e non invece l'intera platea del mondo del lavoro che ora avrebbe bisogno di interventi. Pertanto, se le cose stanno così, se abbiamo poche risorse e se queste vengono destinate a chi ha di più occorre varare dei provvedimenti che abbiano una simile natura, vale a dire che si rivolgano ad una platea ampia e che possano mettere in moto non solo la questione dell'equità nella distribuzione del reddito ma anche in grado di rilanciare la domanda. La linea cui si ispirava la legge finanziaria del 2008 era tentare di fornire tutto ciò che abbiamo ai redditi medio-bassi, da lavoro e da pensione, perché si tratta dell'unica sistema per essere giusti e al contempo l'unico mezzo per alzare la domanda nel nostro Paese, cercando di rilanciare la crescita.
Il provvedimento in esame non fa nulla di ciò. Esso si muove su una linea che è contraddittoria perché anche nella parte più innovativa presenta contraddizioni evidenti. Favorire oggi il salario di produttività è giusto. Penso che il provvedimento avrebbe avuto bisogno proprio di un maggior legame tra il salario di produttività e la contrattazione e invece non avrebbe dovuto favorire qualsiasi dazione liberale che qualunque imprenditore concede, perché così non si incentiva affatto la contrattazione di secondo livello ma solo un modo di gestione paternalista all'interno delle imprese.
Pertanto, se tutto ciò è vero, incoraggiare la trattativa in corso tra le parti sociali per disporre di un salario di produttività diffuso avrebbe significato porre dei paletti molto chiari, stabilire un legame tra produttività, contrattazione e detassazione al fine di incentivare il secondo livello di contrattazione e tentare, attraverso tale strada, di produrre un aumento del valore reale delle retribuzioni e degli stipendi. Ma in realtà non si sta facendo ciò. Così si programma una diminuzione reale del valore degli stipendi e delle retribuzioni perché insieme al provvedimento in esame si prevede un'inflazione programmata pari all'1,7 per cento per il 2008 e all'1,5 per cento per il 2009, mentre l'inflazione reale è quella è. Ciò significa, lo ripeto, programmare la diminuzione del valore reale degli stipendi, delle pensioni e dei salari e ciò non solo non è giusto ma è anche un modo per scoraggiare la domanda.
Ritengo che bisognerebbe effettivamente rivisitare l'accordo del 1993 non come suggerisce il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ma proprio cercando di fare in modo che i due livelli si accompagnino, che vi sia un livello nazionale che tuteli dall'inflazione e un secondo livello che rechi un grande aiuto alla questione della produttività. L'inflazione programmata gestita bene negli anni Novanta ha dato al nostro Paese un grande risultato difendendo il valore reale delle retribuzioni e facendoci risparmiare, come ha affermato la Corte dei conti, settanta miliardi di interessi sul debito pubblico: è stata una vicenda importante. Criticare oggi tale accordo e trattarlo male significa non rispettare la storia del nostro Paese e non capire che abbiamo effettivamente bisogno di un nuovo accordo. Per agevoPag. 21larlo è necessario un clima propizio e non misure sporadiche come quelle contenute nel provvedimento in esame. È necessario un atteggiamento che produca l'effetto che noi tutti desideriamo, ossia un aumento del valore reale delle retribuzioni.
Allora penso che dobbiamo muoverci e insistere, facendo una battaglia di pressione sul Governo, perché la maggioranza possa riflettere su questi aspetti, e perché possa capire l'errore contenuto in questo provvedimento e perché possa muoversi, in attesa degli altri provvedimenti, per fare in modo che esso vengo corretto. Il massimo - guardate - in questo provvedimento si raggiunge con la previsione della copertura finanziaria, perché per tale provvedimento sbagliato, iniquo (in quanto distribuisce la ricchezza in maniera iniqua) si prevede una copertura in maniera incredibile, ovverosia utilizzando fondi destinati alle zone deboli del Paese: su 2 miliardi e 700 milioni (il costo di questo provvedimento) ben 2 miliardi e 200 milioni sono sottratti ad investimenti previsti per il Mezzogiorno, per la Sicilia e la Calabria.
Un collega leghista nel suo intervento ha affermato che lo Stato è come una famiglia: se hai un problema, a quel punto, qualcuno della famiglia deve assumersi il carico di quel problema. Bene! È giusto! Ma se una famiglia ha un figlio forte ed uno debole un padre intelligente che fa? Cerca di aiutare il figlio debole ed invita anche il figlio forte ad aiutare quello che è più debole, altrimenti tutti insieme finiscono a catafascio. Invece questo provvedimento fa esattamente il contrario: il padre scemo che aiuta il figlio forte a danno del figlio debole, finendo così per determinare una condizione intollerabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico),
Il Movimento per l'Autonomia si è accontentato di un ordine del giorno e ognuno si può anche accontentare visto che c'era un vecchio detto che diceva: chi si accontenta gode. Ma ce n'è un altro che dice: chi si accontenta è pazzo. State attenti - lo dico senza intento polemico - non c'è nessuna traccia di questi fondi nel decreto che anticipa la manovra finanziaria. Non c'è nessuna traccia di questi fondi nel DPEF e in nessun altro provvedimento. C'è il rischio vero che noi perdiamo 2 miliardi e 200 milioni di investimenti previsti per la Sicilia, la Calabria e il Mezzogiorno. Questo - lo dico ai colleghi del nord, del centro e del sud - è intollerabile considerato che serve a finanziare l'abolizione dell'ICI e la detassazione degli straordinari! Bisognava farlo con un'altra tassa, quella che il Ministro Tremonti ha chiamato Robin Hood tax, che vale 5 miliardi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Potevate utilizzare 2 miliardi e 700 milioni di quella tassa per coprire, se vi piaceva, un'altra tassa, ma non dovevate colpire gli investimenti destinati a favore della parte debole del Paese, perché facendo così voi danneggiate l'intero Paese e non solo quella parte. È chiaro che a questo punto, prima o poi, nonostante il voto, tutto questo avrà una ripercussione complessiva sul Paese.
Svolgo un'ultima considerazione. Se guardate l'andamento dello sviluppo della Germania e della Spagna vi accorgerete che in questo momento questi Paesi crescono più di noi perché le loro zone deboli crescono il doppio o il triplo di quanto non faccia il nostro Mezzogiorno. È quella la risorsa a disposizione del nostro Paese. Se vuole avere un futuro, l'Italia, nel suo complesso, deve puntare sulle sue zone deboli, altrimenti vi sarà una condanna che riguarderà la nazione nel suo insieme (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, scegliendo la strada del voto di fiducia il Governo ha interrotto all'improvviso e bruscamente un confronto parlamentare che meritava di essere svolto, vista l'importanza del provvedimento in questione. Si tratta di una scelta drastica motivata esclusivamente da ragioni interne alla maggioranza visto che - lo voglioPag. 22ricordare - il Partito Democratico e l'insieme delle opposizioni avevano deciso di ridurre ad una manciata la nostra parte di emendamenti da discutere in Assemblea, proprio allo scopo di consentire il dibattito di merito. Due risultano essere le principali ragioni che hanno indotto l'Esecutivo ad adottare subito, all'inizio di legislatura, la procedura della fiducia.
La prima è stata esplicitata dall'onorevole Marina Sereni che, nella sua dichiarazione di voto a nome del Partito Democratico, ha affermato come evidentemente il Governo temeva di non reggere il voto della propria parte politica, visto il numero e la qualità degli emendamenti che proprio i deputati della maggioranza avevano presentato. Ma d'altra parte non poteva che essere così, visto che è stata fatta la scelta, sbagliata politicamente e socialmente, di finanziare quello che restava dell'ICI con tagli indiscriminati ed insensati che vanno dal San Gallicano (voglio ricordare, signor Presidente, che su questo punto il Governo non ha accolto nemmeno il relativo ordine del giorno) agli ospedali lombardi ed emiliani finanziati con i fondi dell'INAIL (il recupero parziale prospettato nell'annunciata manovra di bilancio non risolve per nulla il problema), al taglio di infrastrutture importanti per lo sviluppo dei territori, da Firenze alle Marche, fino alla clamorosa decisione di tagliare i fondi stanziati per la Sicilia e la Calabria. All'insegna dello slogan «no strade, no ponte», perché non farete nemmeno il ponte sullo stretto. Con questa politica, mettete il sud al di fuori di ogni circuito virtuoso di investimenti infrastrutturali ed espansivi.
L'elenco dei tagli è lungo e non intendo quindi dilungarmi, eppure non posso sorvolare in questa sede e in questa occasione, signor rappresentante del Governo, sul fatto che avete considerato inammissibile alla discussione - lo ripeto, inammissibile - la nostra proposta di trovare insieme una modulazione delle coperture per non trascurare, come invece voi fate, quella parte di cittadini che non è particolarmente appassionata al dibattito sull'ICI, semplicemente perché non possiede case di proprietà e vive in appartamenti in affitto. È giusto togliere l'ICI sulla prima casa di proprietà, ma è del tutto ingiusto lasciare fuori da qualsiasi intervento di sostegno coloro che sulla loro prima casa di abitazione pagano non un mutuo (che, in ogni caso, alla fine del sacrificio consente di conservare l'immobile), ma un affitto che spesso ormai è il corrispettivo quantitativo di un mutuo.
Ma vi è una seconda motivazione che sottende il ricorso alla fiducia. Signor Presidente, siamo di fronte ad una imposizione al Parlamento di un calendario dei lavori stressato e ansiogeno il cui obiettivo è quello di approvare una sequenza di provvedimenti importantissimi senza che su di essi vi sia il doveroso approfondimento. Si tratta di un argomento molto serio che va discusso in quest'Aula. La velocità della decisione politica è importante e il lavoro parlamentare deve assecondarla, ma la velocità così come, signor Ministro Tremonti, la semplicità di Tolstoj, non costituiscono un valore in sé; affinché non divengano sterile fretta o semplicismo bisogna sempre misurarsi con la complessità. Nel vostro caso, al contrario, pur di tessere senza intoppi una trama economica e sociale peraltro sbagliata, state tentando di attribuire alla rapidità un significato indipendente dal contesto e dal contenuto: sette minuti in Consiglio dei ministri, sette giorni in Parlamento.
Signor Presidente, non è soltanto una questione di procedura quella che sto ponendo, ma una questione istituzionale e politica che attiene alle prerogative del Parlamento, ma anche alla stessa governabilità del Paese. Quello che si sta ponendo non è, come si tenta di far passare, un problema di rapporti tra maggioranza ed opposizione, bensì un problema di rapporti tra Parlamento e Governo che riguarda tutti.
Vi è infine un altro punto molto importante per i cittadini che risulta estraneo alla vostra azione di Governo, sempre al netto della propaganda, che riguarda il potere di acquisto delle famiglie e delle pensioni. Annunciato in campagna elettorale, addirittura sbandierato nel titoloPag. 23del provvedimento in corso di discussione, a cosa si riduce? La questione dell'ICI, lo sappiamo, per i redditi popolari e medi era già stata risolta in buona parte dal Governo Prodi, voi avete aggiunto la ricontrattazione dei mutui. Essa, oltre a consentire alle banche di fare cartello e minare la portabilità, peggiora la condizione complessiva del mutuatario perché lo espone, in cambio di un beneficio congiunturale che non sottovaluto, ad una strozzatura della sua esposizione strutturale. Nemmeno sul massimo scoperto avete dimostrato disponibilità, nonostante l'esplicita esortazione dell'Autorità garante.
Avete aggiunto la detassazione del lavoro straordinario, misura per certi versi utile a quella parte di imprese e di Paese che la può utilizzare, ma che non incide per nulla sul primato negativo di lavoro femminile che il nostro sistema ha ancora rispetto all'Europa. Si tratta di una misura che tocca marginalmente la quota impressionante di lavoro nero, che rappresenta la vera priorità lavorativa e fiscale. Avete prodotto un intervento sperimentale, privo di qualsiasi legame con le relazioni sindacali, e dal cui beneficio avete escluso il lavoro pubblico; in particolare, penso a categorie quali i vigili del fuoco, gli infermieri, le forze dell'ordine, vale a dire proprio coloro che lo straordinario lo fanno non per scelta, ma per necessità di servizio, per garantire la sicurezza e il buon funzionamento della vita civile. In ogni caso, il lavoro straordinario incide ben poco sul problema complessivo del potere di acquisto delle famiglie.
È necessaria a questo punto una considerazione di carattere politico. È del tutto evidente che avete preferito la linea dei tagli - in alcuni casi davvero insostenibile - e del rifiuto dell'intervento sui salari e sulle pensioni, pur di non utilizzare l'extragettito che il Governo Prodi ha realizzato e del quale continuate a negare l'esistenza e la consistenza. Esistenza e consistenza che, invece, si evincono anche dalla semplice lettura dei dati da voi pubblicati.
Capisco l'esigenza di sfruttare l'ondata montante di marea che ha accompagnato il risultato elettorale, prima che, ritirandosi le acque - com'è inevitabile che sia - affiorino agli occhi e nelle tasche degli italiani i detriti che si stanno accumulando nell'azione di Governo. Capisco questa tattica post-elettorale ma non la condivido, non la considero all'altezza della responsabilità che il Paese vi ha dato, né condivido questo modo di governare.
Ciò che emerge, in definitiva, dalla gestione che avete avuto di questo provvedimento è che non siete interessati al metodo e al confronto costruttivo e, soprattutto che, nonostante le apparenze, non siete in sintonia con il merito della condizione effettiva del Paese. Stiamo attraversando una situazione difficile e destinata a peggiorare se, come risulta dall'aggravarsi dei dati dell'inflazione, si scaricano sui lavoratori, sui cittadini, sui pensionati e, soprattutto, sui giovani le conseguenze della grande emergenza globale che è data dall'aumento preoccupante dei prezzi del petrolio, delle materie prime e dei prodotti alimentari. Ci attende un periodo nel quale al Paese serve ben altra strategia politica, economica e sociale di quella affrettata e superficiale che ci state proponendo in questo avvio di legislatura.
Signor Presidente, per questo insieme di motivazioni le annuncio il voto contrario del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, ci apprestiamo finalmente a votare questo primo provvedimento economico a sostegno delle disposizioni per la salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie. Rispetto agli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto devo dire che noi andiamo in una direzione ovviamente diversa, tant'è che inizio il mio intervento con l'esprimere quel plauso, giusto e necessario, rivolto al Governo, al MinistroPag. 24Tremonti e, per la parte che riguarda i temi del lavoro, al Ministro Sacconi.
Considerando gli interventi che ho avuto modo di ascoltare, sia nelle Commissioni, sia in Aula anche quest'oggi, credo che abbiamo certamente visioni diverse rispetto all'osservanza del programma, ossia di quel documento che si sottoscrive con i propri elettori, e ai bisogni reali del Paese. Quindi, il plauso va nella direzione di mettere in risalto non solo i contenuti del provvedimento che ci apprestiamo a votare, ma anche l'idea necessaria e giusta di dare delle risposte ad un impegno che ci eravamo assunti anche durante la campagna elettorale.
Mi sembra opportuno riconoscere il lavoro che i presidenti delle Commissioni, gli onorevoli Giancarlo Giorgetti e Gianfranco Conte, e i due relatori, Laura Ravetto e Maurizio Fugatti, hanno svolto nella loro gestione dell'esame nelle Commissioni, nonché gli interventi - che credo i colleghi abbiano dimenticato - che nel corso delle diverse sedute delle Commissioni ci hanno portato ad approfondire questo decreto-legge così importante.
Devo anche ricordare le varie audizioni svolte in momenti di confronto con le diverse realtà organizzate, con il sistema produttivo, con il mondo sindacale, con i rappresentanti dei comuni e degli enti locali. Ricordo gli aspetti salienti e mi riferisco all'abolizione dell'ICI, alla detassazione degli straordinari, alla rinegoziazione dei mutui e a ciò che nei giorni scorsi si è verificato in termini di convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e l'ABI. Anche perché ho la sensazione che una parte del Parlamento non riesca a raccogliere le grida di sofferenza e di dolore che ci giungono da parte delle famiglie italiane rispetto ai temi che oggi trattiamo.
Ho ascoltato alcuni colleghi che si sono succeduti anche richiamando i valori cattolici, fondamentali e importanti, di cui credo che tanti di noi si sentano portatori e non vi è un diritto di prelazione su tali temi da parte di alcuna rappresentanza politica (o «di maglietta» che si possa indossare). Mi dispiace aver letto, nei giorni scorsi, su settimanali importanti che il provvedimento in esame, che richiama la politica economica rappresentata dal Governo, nel rivolgersi alle famiglie (indipendentemente dalle future scelte relative al quoziente familiare) non si occupi delle famiglie, nel momento in cui si parla di rinegoziare i mutui e di alleviare mensilmente le famiglie rispetto all'impegno di spesa che devono sopportare. Penso a ciò che significa per ogni famiglia italiana (si parla dell'85 per cento dei proprietari di case) andare nella direzione di abolire l'ICI.
In ordine al primo intervento in materia di lavoro (certo parziale, relativo ad un periodo ben limitato nel tempo e su un segmento del mondo del lavoro) è stato più volte ricordato dal Ministro Tremonti, dal Ministro Sacconi e da diversi altri Ministri (al di là delle competenze specifiche) che questo rappresentava un primo aspetto a cui noi avremmo dato e voluto dare delle risposte.
Voglio anche ricordare il richiamo al taglio della spesa pubblica (si tratta certamente di parole difficili e poco colte nel corso del Governo precedente), quelli che sarebbero dovuti essere gli impegni da parte del Governo che ci ha preceduto e quel periodo che ci ha fatto vivere il Governo guidato da Prodi e da quella parte di compagine che oggi è stata riconfermata nelle Aule del Parlamento italiano. Ricordo, quindi, cosa significhi il taglio alla spesa pubblica e il tema delle coperture. Credo che su tale aspetto ci potremmo soffermare lungamente, ma ritengo che i nostri concittadini - chi ci ascolta abbiano - bisogno di ricevere risposte vere, di avere un Governo che decida e che riesca a cogliere i bisogni reali della nostra gente.
Inoltre, credo che tutti durante la campagna elettorale ci siamo confrontati e che sia emerso in tante occasioni che vi fosse un documento di programma fotocopia, che richiamasse argomenti diversi e in parte anche uguali a ciò che oggi affrontiamo. Qualcuno un po' ingenuo che ci sta ascoltando potrebbe immaginare di avere un voto fotocopia rispetto alla nostra posizione già espressa dal presidente del nostroPag. 25gruppo, onorevole Cicchitto, ovvero di essere favorevole al provvedimento in esame. Mi rendo conto che così, purtroppo per chi ci ascolta, non sarà, anche perché ci avete abituato, a cominciare dal documento di programma che vi ha portato per poche migliaia di voti (e sarebbero comunque da verificare) ad inserirvi nel governo del Paese, a quanto per voi valga l'impegno con le persone che vi hanno sostenuto.
Vorrei soltanto ricordare ciò che è accaduto nei primi cento giorni del Governo Prodi e quali sono stati i provvedimenti di così grande importanza.
Vorrei ricordare il decreto cosiddetto mille proroghe, lo «spacchettamento» dei Ministeri, le finte liberalizzazioni i cui effetti non si colgono ancora oggi e gli altri provvedimenti che potremmo richiamare in questa occasione che hanno connotato, nei mesi successivi, il continuo scontro tra il Governo e quella parte politica che non è stata rieletta all'interno del Parlamento italiano. Come hanno affermato diversi esponenti del Partito Democratico, forse si sarebbe dovuti andare in direzioni diverse, probabilmente le ricette economiche proposte sono diverse rispetto alla nostre e sarà anche per questo che gli italiani ci hanno premiato anche di recente in competizioni elettorali locali. Credo che i frutti delle vostre ricette economiche abbiano portato gli italiani ad essere ancora più poveri di quanto non lo fossero prima. Si parlava di non riuscire ad arrivare alla quarta settimana, ebbene voi sapete bene altrettanto quanto noi che oggi i nostri concittadini non arrivano alla terza settimana, non riescono ancora a raccogliere quelli che sarebbero dovuti essere i benefici della vostra politica economica. Tutto ciò è normale per chi è abituato a vivere in città governate dal centrosinistra. A tale proposito, basta ricordare quei giornali economici come Il Sole 24 ore che, in più occasioni, hanno ricordato che a livello d'imposta locale le città che detenevano un primato negativo rispetto a temi come quelli trattati oggi sono Roma, Firenze, Siena e Bologna. Si tratta di città che dovrebbero essere esempi di buon Governo e di quel virtuosismo che alcuni colleghi richiamavano. I nostri concittadini non hanno bisogno dei vostri richiami alle alchimie di «Palazzo» come è avvenuto a proposito della votazione della fiducia. Vi è necessita di risposte, concrete e veloci anche perché il Paese è sì in sofferenza, ma voi siete state tra quelli che l'hanno posto in sofferenza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO BERNARDO. Ecco perché - e non voglio trattare il tema della sindrome da Berlusconi che soffre l'Italia dei Valori, - il nostro è un voto favorevole al provvedimento che stiamo per votare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Correzioni di forma - A.C. 1185-A)

GIANFRANCO CONTE, Presidente della VI Commissione. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE, Presidente della VI Commissione. Signor Presidente, intendo sottoporre all'attenzione dell'Assemblea una mera correzione di forma. Nel testo (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prestate attenzione, per favore.

GIANFRANCO CONTE, Presidente della VI Commissione. Nel testo sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia deve essere espunto, nelle modifiche all'articolo 5, dopo il comma 11-bis, il riferimento al comma 11-ter in quanto il medesimo risulta incongruente, trattandosi di un capoverso dell'emendamento e non di un comma da inserire nel testo del decreto-legge. Conseguentemente va eliminato il medesimo riferimento 11-ter contenuto nel comma 7, alinea. Se l'AssembleaPag. 26lo consente, chiederei di apportare questa correzione puramente formale.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal presidente della VI Commissione si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).

LAURA RAVETTO, Relatore per la V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO, Relatore per la V Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel momento in cui quest'Aula si appresta ad approvare la conversione di questo decreto-legge sento la necessità, al di là della consuetudine parlamentare, di ringraziare sentitamente tutti quelli che hanno partecipato alla discussione e all'approvazione del provvedimento. In particolare, ringrazio le Commissioni riunite, quelle competenti, che hanno, anche attraverso modifiche significative del testo, perfezionato i suoi meccanismi operativi. Ringrazio il Governo, in particolare Ministro Tremonti che, pur nella sua linea di coerente fermezza, ha dimostrato disponibilità a recepire molte delle osservazioni espresse durante i lavori e tutti i deputati che hanno partecipato alla discussione.
Ritengo che la funzione politica sia spesso, talvolta a ragione, messa in discussione dall'opinione pubblica. Ma ritengo, altresì, che la volontà che tutti abbiamo dimostrato nella discussione di questo provvedimento sia la migliore dimostrazione che la politica vera è altro dalla casta ed esiste.

MAURIZIO FUGATTI, Relatore per la VI Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI, Relatore per la VI Commissione. Signor Presidente, anch'io come la collega relatrice per la V Commissione, onorevole Ravetto, intendo brevemente ringraziare tutti i componenti delle Commissioni V e VI per il lavoro svolto. Ritengo che, al di là delle contrapposizioni e delle posizioni politiche di parte che sono legittime e naturali, soprattutto all'interno delle Commissioni riunite una parte di lavoro sia stato svolto tentando di recepire anche le istanze che venivano da parte delle opposizioni.
L'auspicio è che anche per i prossimi provvedimenti, eventualmente in maniera più ampia e più esplicita, si possa continuare su questa linea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

(Coordinamento formale - A.C. 1185-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1185-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1185-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie.» (1185-A):

Presenti 538
Votanti 534
Astenuti 4
Maggioranza 268
Hanno votato 283
Hanno votato no 251

(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Pag. 27

Prendo atto che i deputati Pagano, Beccalossi e Guzzanti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Tullo, Fadda e Mazzarella hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che il deputato Pezzotta ha segnalato di aver erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

Sull'ordine dei lavori (ore 17).

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, vorrei sottoporre a lei e ai colleghi della maggioranza un aspetto a mio avviso non secondario nell'organizzazione dei nostri lavori.
La Camera è impegnata in queste ore e in questi giorni nell'esame di un complesso di provvedimenti di assoluto rilievo, sia sul piano dell'ordinamento costituzionale sia sul piano dei conti pubblici.
Il Presidente della Repubblica, nei giorni scorsi, ha richiamato l'attenzione dei Presidenti della Camera e del Senato, pregandoli di attivarsi per far sì che i parlamentari possano esprimere compiutamente e responsabilmente i loro giudizi ed esercitare in modo non residuale la propria funzione.
Accade che in queste ore stiamo discutendo e dovremmo votare due decreti-legge, esaminare e discutere delle mozioni, mentre nelle Commissioni è in corso l'esame del Documento di programmazione economico-finanziaria. La I Commissione ha iniziato l'esame del decreto-legge sulla sicurezza, di cui a nessuno sfugge il rilievo, non solo sul piano della complessità della materia ma anche del dibattito politico.
In queste ore, la Commissione bilancio ha deciso di fissare per venerdì 4 luglio il termine per la presentazione di emendamenti alla manovra economica contenuta nel decreto-legge che si intende collegato alla legge finanziaria, alla sessione di bilancio, assimilato ad un decreto-legge collegato. Questo si fa, si intende e si presume perché il Documento di programmazione economico-finanziaria lo indica come parte sostanziale della manovra che viene anticipata a luglio, rispetto alla sessione autunnale.
È evidente - ho già sottoposto la questione alla sua attenzione - l'anomalia di un decreto-legge che viene considerato collegato in quanto previsto in un Documento di programmazione economico-finanziaria, che al momento non esiste perché è all'esame del Parlamento. Pertanto, si fa discendere il vincolo alla disciplina della sessione di bilancio per effetto della previsione di un documento che la Camera ancora non ha approvato. Ma dentro tale anomalia ve n'è una ancora più grande: si ritiene di assimilare l'esame del decreto-legge sulla manovra alla sessione di bilancio per quanto previsto dall'articolo 123-bis del Regolamento di questa Camera. Pertanto, si ritiene che gli emendamenti presentati in Commissione e non approvati dalla stessa possano essere ripresentati in Assemblea.
Ma in Assemblea nessun emendamento può esser presentato, se prima non è presentato alla Commissione.
I termini ristrettissimi di tempo fanno sì che una manovra di 92 articoli, complessa quanto una manovra finanziaria (d'altra parte, è riconosciuto dallo stesso Governo che si anticipa la legge finanziaria), richiama la regolamentazione della sessione di bilancio, per quanto riguarda la non reiterabilità di emendamenti in Assemblea, ma non vi è assimilazione alla disciplina della sessione di bilancio, che prevede 45 giorni per l'esame della legge finanziaria e della manovra di bilancio, e 35 giorni nella seconda lettura.
Le due cose difficilmente si tengono insieme e, quindi, dovrei chiedere a lei, signor Presidente, di svincolare - e questa è la richiesta principale - l'esame del decreto-legge che prevede la manovra economica, dalla disciplina della sessione di bilancio, e quindi di prevedere il pieno dispiegarsi dei tempi previsti per un qualunquePag. 28decreto-legge (che comunque affidano all'esame delle Commissioni 15 giorni, non poche ore). In subordine - ma è una subordinata residuale e devo dire mortificante per il Parlamento - dovrei chiederle di allungare i termini per la presentazione di emendamenti, affinché vi sia comunque una parvenza di normalità nell'esame di un provvedimento così complesso.
Non è possibile fissare per venerdì il termine per la presentazione degli emendamenti, perché ciò significherebbe pretendere una sostituzione del lavoro del Parlamento con un'altra attività.
Richiamo la sua responsabilità, signor Presidente, per garantire anche l'opposizione nei lavori del Parlamento e ricordo che la dignità del Parlamento va preservata sempre, anche quando forse disturba la programmazione che il Governo ha deciso di darsi per il mese di luglio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, mi rivolgo direttamente a lei come custode del prestigio di questa Assemblea.
La settimana scorsa il Capo dello Stato, - lei aveva dato lettura del suo messaggio in un'Assemblea molto disattenta - trasmettendo il decreto-legge proposto dal Governo, aveva evidenziato il possibile ingorgo sulla manovra economica.
In Commissione bilancio siamo di fronte ad un decreto-legge con 92 articoli: potrebbero essere almeno una quindicina di decreti-legge, ognuno con la sua materia specifica, se si vuole giustificare le ragioni di urgenza e di specificità.
Vi è un DPEF che resta sulla carta e rischia di diventare una finzione.
Abbiamo cominciato oggi con le relazioni dei due relatori, abbiamo incardinato il decreto-legge e non abbiamo ancora cominciato le audizioni sul DPEF.
È come se il Governo avesse cambiato le procedure relative alla legge di bilancio, tant'è che stamani, in un cordiale chiarimento con il sottosegretario Vegas, ho sollevato tale problema.
Egli mi ha risposto: «Ma poiché il Parlamento, nelle due legislature passate, ne ha sempre parlato ma non è mai arrivato ad una conclusione, ci abbiamo pensato noi, abbiamo trovato noi la risposta, innovando sul piano dei contenuti della legge di bilancio; e, quindi, abbiamo provveduto noi, non solo a fare un DPEF di copertura, ma anche ad adottare un decreto-legge che anticipa la manovra complessiva». Ed ha aggiunto: «Questo lo abbiamo fatto per evitare, come accaduto nel 1992, che possa accadere qualcosa a settembre». Ma non c'è più la lira, c'è l'euro: non accadrà nulla a settembre!
Qui c'è il tentativo di commissariare il Parlamento, questo è ciò che accade (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)! E io, onorevole Vegas, parlando al suo Governo, non glielo posso consentire!
Voi non potete commissariare il Parlamento, e ciò a prescindere da chi oggi è in maggioranza e da chi è all'opposizione! Vi sono ragioni che fanno intendere che, se questo Parlamento fosse davvero fatto di colleghi che operano - come prescrive la Costituzione - senza vincolo di mandato, questa iniziativa non sarebbe mai passata. È evidente: poiché vi è una trasformazione costituzionale in atto, vi è il presidenzialismo, il leaderismo e poiché, ormai, si sono risolti tutti i problemi - in fondo si è votato! - si lasci fare al Governo! Ma questa è una concezione giacobina e non da Montesquieu, non è una concezione liberale, non vi è l'equilibrio dei poteri, ma la pretesa di affermare che, poiché si è votato, lo si è fatto una volta per sempre! E poiché si è votato, la maggioranza ha diritto di governare e, per essa, il Governo ha diritto di imporre con i provvedimenti anche le modifiche della manovra di bilancio! Questo non è consentito. Ciò non è possibile!
Ebbene, nel decreto-legge in oggetto vi è un articolo - l'articolo 60 - che mette il Ministro dell'economia in condizioni diPag. 29cambiare le scelte del Parlamento con un semplice decreto. In altre parole, accade questo: oggi si vota, dopodiché l'onorevole Tremonti, che ha commissariato anche il suo Governo, con un semplice decreto è in condizione di cambiare le poste del bilancio. Ma vi sembra una cosa normale? Come mai, in tutti questi anni, dalla legge n. 468 del 1978 in poi, nessuno aveva mai pensato ad un'ipotesi del genere? Giustamente, lei ha ricordato che un timido tentativo del Governo Prodi aveva trovato la sua opposizione (ed anche la nostra), ma non è confrontabile con il tentativo in atto da parte del Ministro Tremonti. È del tutto diverso (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)! È un commissariamento inaccettabile!
Mi rivolgo a lei, signor Presidente, vi è uno «sfondamento» della funzione legislativa e mi chiedo: ma un Parlamento di eletti consentirebbe davvero tutto ciò? Penso di no, ma un Parlamento di nominati, dal leaderismo esasperato e senza un profilo politico adeguato sì, lo consentirebbe, anzi, si piegherebbe, come se fosse una norma da subire (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori)! In questo modo, prevale un'affermazione di legittimazione: siamo stati votati e ciò senza il controllo di legalità.
Veniamo ora alle procedure.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

BRUNO TABACCI. Il problema della procedura è un problema di sostanza e non di forma. Viviamo all'interno di un assetto giuridico che si tiene nel corso del tempo: non è pensabile che un voto annulli un processo giuridico nella sua sostanza.
Pertanto, signor Presidente, le chiedo di recuperare tali condizioni: non basta, certo, il richiamo del Capo dello Stato; forse compete a lei, che ieri è stato al Quirinale, di vigilare sulle procedure con le quali siamo chiamati «a tambur battente» a cambiare le regole del gioco. Ebbene, questo non possiamo accettarlo (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho molto apprezzato gli interventi del presidente Soro e del collega Tabacci. Quest'ultimo, in un certo momento, ha persino alzato i toni ed ha parlato di commissariamento del Parlamento, un'espressione forte, forse anche un tantino ardita. Tuttavia, signor Presidente, quando la situazione è grave, è necessario alzare i toni.
Pertanto - lo affermo, però, pacatamente - non credo che sia possibile riproporre in quest'Aula il «lasciateci lavorare». Ho visto e letto che il Ministro Tremonti si è vantato che la discussione in seno al Consiglio dei Ministri per licenziare la manovra complessiva ed il decreto-legge che accompagna il DPEF sia durata soli nove minuti e mezzo. Signor Presidente, le diciamo che non svolgeremo questa discussione in nove minuti e mezzo e nemmeno in nove giorni e mezzo! Per questo motivo, le chiediamo, quale arbitro di questa partita, di permetterci di confrontarci in Commissione e in Aula. Se a qualcuno può piacere, infatti, lavorare senza controlli della magistratura e senza controlli sulla RAI, non può essere permesso di evitare, persino, il controllo del Parlamento.
Tuttavia, in particolare, oltre alle considerazioni che hanno svolto i colleghi Soro e Tabacci e con le quali mi dichiaro assolutamente d'accordo, le vorrei rivolgere una precisa domanda, signor Presidente Fini, per quanto riguarda i nostri lavori di oggi e di domani: adesso è previsto il seguito della discussione concernente il decreto-legge recante disposizioni urgenti relative al termine per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria; successivamente, tra l'altro, è previsto il seguito dellaPag. 30discussione relativa al decreto-legge recante disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo; domani, oltre al question time - ossia, la sessione dedicata alle interrogazioni a risposta immediata - è programmato anche l'esame delle questioni pregiudiziali di costituzionalità riferite al decreto-legge recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
Le chiedo, pertanto, se non ritenga utile, anche per avviare, intanto, il lavoro di approfondimento e di studio dedicato al decreto-legge relativo alla manovra economica, di permettere a noi tutti, questa sera - una volta esaurita la discussione sul decreto-legge relativo alla proroga dei termini per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria - di concludere i nostri lavori e di riprendere domani con il decreto-legge concernente l'adeguamento delle strutture di Governo e le altre incombenze, in modo da concludere i nostri lavori in serata con la votazione delle mozioni per la liberazione di Ingrid Betancourt ed in modo che vi possa essere, poi, alla fine, la possibilità di operare in Commissione nella giornata di giovedì (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo anche a nome del collega Conte, perché le riflessioni che sono state portate in quest'Aula da parte dei colleghi dell'opposizione hanno, evidentemente, interessato anche noi come responsabili, in qualità di presidenti delle Commissioni bilancio e finanze, cui il decreto-legge è stato assegnato.
Vorrei rispondere con pacatezza, evitando toni di polemica politica, per cercare di offrire un contributo, per quanto possibile, ai nostri lavori - cioè al lavoro delle Commissioni bilancio e finanze - nei prossimi giorni.
All'onorevole Soro, vorrei dire semplicemente questo: anche noi ci siamo posti il problema della strettezza dei tempi per quanto riguarda la presentazione delle proposte emendative. Ci siamo posti la seguente domanda: privilegiare la fase della presentazione degli emendamenti, oppure cercare di privilegiare la fase dell'esame degli stessi? Alla fine, abbiamo concluso che era, ed è, più importante privilegiare, per quanto riguarda i relatori e tutti i colleghi, data la ristrettezza dei tempi, la fase dell'esame degli emendamenti. Per questo motivo, il termine per la presentazione dei medesimi è stato fissato alle ore 19,30 di venerdì.
Naturalmente, ci troviamo ad operare entro un calendario che è stato definito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo. È chiaro che, se questo calendario venisse modificato, non avremmo nulla in contrario. Anzi, per noi e per gli uffici sarà molto più agevole poter valutare anche l'ammissibilità e valutare poi nel contenuto, per quanto riguarda i relatori, le formulazioni delle proposte emendative che giungeranno dai colleghi dell'opposizione e della maggioranza. Pertanto, in questo senso, da parte nostra, ritengo che vi sia tale disponibilità. Se, tuttavia, non dovessero cambiare i tempi, il termine di venerdì sera, purtroppo, resta l'unica proposta che permette un esame serio degli emendamenti che, per quell'ora, saranno presentati.
Al collega Tabacci vorrei dire che in questi anni, di fatto, nella prassi, la disciplina dell'esame della legge di bilancio si è venuta concretizzando con un esproprio, se vogliamo, del Parlamento, realizzato da Governi di destra come di sinistra, perché la soluzione con cui, alla fine, si è sempre intervenuti è stata quella del voto di fiducia in Aula.
Vorrei inoltre aggiungere che, con riferimento all'articolo 60 contenuto nel decreto-legge, esso non fa che riprendere - pedissequamente - una proposta emendativa introdotta nelle Commissioni bilancio e finanze da parte del relatore. Si è trattato di un tentativo, ovviamente, parziale per cercare di reintrodurre la vocePag. 31del Parlamento nell'ambito di decisioni che, altrimenti, sarebbero state rimesse esclusivamente nelle mani del Ministro dell'economia e delle finanze.
Pertanto, il Parlamento ha fatto uno sforzo e, naturalmente, vorrei sottolineare questo a tutti i colleghi che nel corso di questi anni hanno tentato, nelle file della maggioranza e dell'opposizione, in senso alternato, nell'ambito della Commissione bilancio, di introdurre e portare avanti riforme della legge di bilancio, senza grande esito.
Ecco, qui vi è una sfida che riguarda tutti noi e che riguarda il Parlamento, posta nell'ambito del citato articolo 60, così come, peraltro, contenuto nel decreto-legge che ci apprestiamo ad approvare.
Le modifiche sono introdotte in via sperimentale e in attesa che la riforma di bilancio (che a questo punto grava sulla nostra responsabilità) sia approvata. Nella contingenza, l'appello che rivolgiamo alla Presidenza, per quanto possibile, è quello di ampliare i tempi di lavoro in Commissione e, in caso contrario, di tenere fermo il termine per la presentazione degli emendamenti. La responsabilità che abbiamo tutti è quella di arrivare a regole condivise in materia di bilancio, regole che possano superare anche quelle che oggi vengono introdotte in via emergenziale per iniziativa del Governo e anche del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Come è noto ai colleghi, il calendario è stato predisposto dalla Conferenza dei presidenti di gruppo cercando di tenere nel doveroso conto quanto il Capo dello Stato aveva espressamente sottolineato nella sua lettera che è stata portata a conoscenza del Parlamento.
Si tratta, in buona sostanza, di soddisfare due esigenze, quella del Governo di svolgere la propria azione e quella del Parlamento di veder pienamente garantite le proprie prerogative. I colleghi presidenti di gruppo sanno che la predisposizione del calendario è stata decisa in base a tali due oggettive necessità. Essi sanno anche che i tempi previsti dal nostro Regolamento sono stati pienamente rispettati per quel che riguarda, ad esempio, la necessità che decorrano almeno 15 giorni dal momento in cui un provvedimento d'urgenza assegnato alla Commissione giunga in Aula. Nel caso di specie, saranno diciotto i giorni trascorsi dal momento in cui il provvedimento relativo alla manovra economica è stato presentato fino al momento in cui esso verrà sottoposto all'esame dell'Aula.
È altresì evidente (lo ricordava testé il presidente Giorgetti) che il termine per la presentazione degli emendamenti in Commissione fissato dalla presidenza della Commissione deve tener conto della data di inizio dei nostri lavori in Aula. Lo spostamento di tale termine, auspicato, seppure in via subordinata, dal presidente Soro e (se ho ben compreso) dall'onorevole Tabacci, è certamente possibile, ovviamente sempre tenendo conto che occorrerà poi lasciare un termine congruo per l'esame in Commissione, oltre che per il successivo esame in Aula.
In ogni caso, come è stato ricordato, soltanto la Conferenza dei presidenti di gruppo può procedere in tal senso, ed è la ragione per la quale (anche per rispondere al presidente Evangelisti) ritengo opportuna la convocazione della suddetta Conferenza dei presidenti di gruppo alle ore 18, anche al fine di procedere a quella inversione dell'ordine dei lavori che è stata richiesta dal presidente Evangelisti.
In ogni caso, proseguiamo ora con le dichiarazioni di voto sul disegno di legge di conversione in materia di magistratura ordinaria, non prima, però, (e me ne scuso) di aver dato la parola all'onorevole Argentin che aveva chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori.
La Conferenza dei presidenti di gruppo è comunque convocata per le ore 18.
Prego, onorevole Argentin, ha facoltà di parlare.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, il mio intervento sarà veramente breve. Vorrei soltanto sottoporre all'attenzione del Governo, del Presidente e dell'intera Assemblea un grosso problema che la città di Roma sta vivendo in questoPag. 32momento. Si tratta delle grandi difficoltà legate alla mancanza del pagamento della fornitura di energia elettrica, che ha comportato l'impossibilità di utilizzare ascensori o respiratori per tutte le persone anziane e i disabili che vivono all'interno delle case popolari.
Mi riferisco al problema tra Alemanno e lo IACP, che non viene considerato più rispetto all'obiettivo, ma che si risolve in una stretta dietro a chiacchiere e a demagogia, e sta bloccando il mondo della disabilità (ma non solo), ed anche il mondo degli anziani che al momento vivono «agli arresti domiciliari», senza nemmeno avere la possibilità di scendere per andare a fare la spesa, che pertanto è diventata, anche questa, un lusso.
Così come nel corso di precedenti riunioni del Governo è stata prestata attenzione a quel bambino che non trovava un farmaco (che poi è riuscito a reperire proprio grazie all'intervento del Governo), allo stesso modo chiedo che Alemanno, in qualità di sindaco di Roma e il presidente dello IACP, trovino la soluzione a tale problema, perché c'è troppa gente alla quale, a causa di chiacchiere e demagogia, è oggi negato il diritto alla mobilità.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Argentin. Credo che tutta la Camera si associ all'auspicio, che lei ha rivolto, che le autorità competenti trovino una soluzione al problema che ha denunciato.

LUDOVICO VICO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, lei ha aperto i lavori, questo pomeriggio, ricordandoci del capo di prima classe Paolo Di Giuseppe. Ma oggi per Taranto è una giornata triste, perché, due ore fa, è rimasto vittima di un incidente, nello stabilimento Ilva, un operaio, Antonio Alagni, che è stato schiacciato da un carico sganciatosi da una gru all'interno del suo cantiere.
Il pensiero, penso, del Presidente e dell'Aula non può che andare alle famiglie di queste due vittime. Forse, c'è un filo rosso che unisce queste due vittime: il lavoro, il dovere, la vita. Per noi, invece, è la responsabilità collettiva, che deve porre, ancora una volta, all'attenzione istituzionale l'ineluttabile questione della sicurezza, così come era accaduto alla vigilia del varo del testo unico.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vico. Mi associo, a nome di tutta l'Assemblea, alle sue parole e al suo cordoglio (Applausi).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 maggio 2008, n. 95, recante disposizioni urgenti relative al termine per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria (A.C. 1212-A) (ore 17,27).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 maggio 2008, n. 95, recante disposizioni urgenti relative al termine per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria.
Ricordo che nella seduta del 26 giugno si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1212-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, preannuncio il voto favorevole dell'Italia dei Valori su questo provvedimento. Alcune considerazioni, però, intendo farle, per l'importanza che le diverse categorie rientranti all'interno della più generale categoria della magistratura onoraria rivestono nell'ordinamento giudiziario e per le funzioni che svolgono.Pag. 33
Come si sa, esistono diverse tipologie di magistratura onoraria: c'è quella dei viceprocuratori onorari e dei giudici onorari, a proposito della quale vorrei richiamare l'attenzione del sottosegretario, affinché vengano trovati gli strumenti per coprire una dimenticanza che in questo caso è stata fatta. Si parla soltanto dei giudici onorari dei tribunali per i minorenni, mentre bisogna ricordare che ci sono anche i consiglieri onorari delle sezioni specializzate minorili presso le corti d'appello.
Ma, a parte questa categoria della magistratura onoraria, vorrei ricordare che ce n'è una di grandissima importanza, che è quella rappresentata dai giudici di pace. Essi, illustre sottosegretario, come lei sa, svolgono una funzione assolutamente essenziale all'interno del nostro ordinamento giudiziario. Attualmente, sono circa 4 mila; la legge istitutiva risale al 1992, il reclutamento ha avuto luogo nel 1993 e l'entrata in funzione nel 1994.
Quelli che hanno ricoperto le funzioni, quindi, in data più risalente, oramai esercitano le funzioni stesse da 14 anni. Questa categoria è rimasta assolutamente non disciplinata sotto molti profili e in molti settori. Essa ha svolto una funzione di assoluta importanza all'intero del nostro ordinamento, in quanto ha consentito di coprire dei vuoti di organico con l'assegnazione di funzioni, in materia civile prima, e, successivamente, in materia penale, che sono assolutamente essenziali e senza le quali, oggi, l'ordinamento giuridico e l'ordinamento giudiziario entrerebbero in fortissima crisi.
Illustre sottosegretario, è giunto il momento di mettere mano con determinazione al riordino complessivo di questa categoria. Non si può continuare a sfruttare delle persone che per tanto tempo hanno reso un servizio importante, lasciandole però in una tale situazione di precarietà. Non voglio accennare al fatto che debbano essere inseriti nel ruolo organico della magistratura. Questo è al di fuori delle nostre considerazioni, non lo chiediamo e, ovviamente, non lo vogliamo. Tuttavia, all'interno di una previsione più generale di carattere ordinamentale è evidentemente necessario superare alcune situazioni limite che attualmente sussistono, come, ad esempio, le differenze molto forti di retribuzione. Infatti, vi sono delle situazioni nelle quali i giudici di pace percepiscono una retribuzione che, come lei sa, è a cottimo (si tratta di una categoria che oramai è superata anche negli ordinamenti giuridici europei). Essi percepiscono, in base al numero di sentenze, una retribuzione che non consente loro di vivere una vita minimamente dignitosa, considerato che non possono esercitare la funzione di avvocati. Invece, in altre situazioni riescono ad avere delle retribuzioni anche importanti.
Vi è infine la considerazione che queste persone lavorano e stanno lavorando per lungo tempo senza avere alcuna copertura di carattere assistenziale. Ecco perché, signor sottosegretario, nel preannunciare un voto favorevole a questo provvedimento, invitiamo il Governo, anche per l'ampiezza del termine concesso (un anno e mezzo), a voler mettere mano con determinazione a questa riforma. Noi daremo la collaborazione necessaria (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Unione di Centro ribadisce di condividere la necessità di convertire in legge questo decreto e, pertanto, ne annuncio il voto favorevole. Come già si è riconosciuto da più parti in quest'Aula, il sistema di giustizia non può privarsi di punto in bianco del sostegno della magistratura onoraria, che è divenuta anno dopo anno ormai indispensabile. Le funzioni svolte dai giudici onorari di tribunale, benché istituiti per supporto ed esigenze di carattere temporaneo, sono ormai in gran parte le stesse dei magistrati ordinari.
Di fronte a carichi di lavoro giudiziario sempre più cospicui, qualunque interruzionePag. 34dell'operato dei giudici onorari avrebbe provocato conseguenze estremamente negative per l'amministrazione della giustizia in tutto il Paese. Se il provvedimento, infatti, non venisse convertito, i giudici onorari di tribunale dovrebbero cessare immediatamente la loro attività, anzi, avrebbero già dovuto farlo dall'inizio di giugno. Inoltre, sorgerebbe il problema della validità delle stesse sentenze emesse in tutta l'attività svolta nelle ultime settimane.
Signor Presidente, l'Unione di Centro - lo abbiamo ribadito in diverse occasioni già in questa legislatura - non vuole l'ingolfamento della macchina giudiziaria e nemmeno che l'intero sistema giustizia proceda con il freno a mano tirato. Se, da una parte, con il voto favorevole dell'Unione di Centro diamo il nostro contributo affinché sia garantita la funzionalità dei tribunali, dall'altra non possiamo non evidenziare tutte le nostre perplessità di fronte a talune decisioni del Governo su questioni che attengono alla giustizia.
Penso ad alcune norme molto discutibili inserite nel decreto-legge in materia di sicurezza, che sono oggetto di dibattito e confronto in questi giorni in Commissione. Penso alla scelta di istituire una sorta di «superprocura» a Napoli per i reati ambientali della Campania nel decreto-legge sull'emergenza rifiuti, che rischia di intasare l'attività giudiziaria nel capoluogo campano. Restiamo in attesa di nuove puntate su questo argomento, di nuovi provvedimenti con corsie preferenziali, che rispondono a logiche, a nostro giudizio, estranee all'interesse generale.
Signor Presidente, il nostro senso di responsabilità e il nostro senso delle istituzioni è tale da saper mettere da parte gli schieramenti e le appartenenze quando è ora di affrontare temi cruciali come l'efficienza della giustizia. Vogliamo qui sottolineare la coerenza con cui l'Unione di Centro ha sempre sostenuto la necessità di evitare il più possibile l'intasamento delle aule dei tribunali e, più in generale, del lavoro della magistratura. Lo abbiamo detto a chiare lettere ieri, quando abbiamo criticato la scelta del Governo di introdurre per decreto-legge il reato di immigrazione clandestina (eventualità per ora scongiurata). Lo confermiamo oggi, votando invece favorevolmente alla conversione di un decreto-legge che sventa il pericolo di una paralisi del sistema giustizia di cui francamente non sentiamo il bisogno.
A tal proposito, vale la pena ricordare al Governo il suo impegno preso accogliendo un ordine del giorno formulato dalla maggioranza, che l'Unione di Centro ha sottoscritto senza pregiudizi dopo averlo integrato, a dimostrazione che la nostra opposizione guarda ai fatti e non agli schieramenti.
L'Esecutivo, attraverso l'ordine del giorno Vitali n. 9/1212/1, si è impegnato nella seduta del 26 giugno a formulare una proposta organica di riforma della magistratura onoraria tale da consentire al Parlamento di approvarla entro il 31 dicembre 2009, astenendosi dal ricorso ad ulteriori proroghe. Nonostante le sempre più estese attribuzioni, infatti, la situazione della magistratura ordinaria è stata icasticamente definita di protratta precarietà: non esiste un modello unitario per questi magistrati non togati, assunti per assolvere a funzioni e compiti diversissimi e per un tempo determinato, ma in realtà - come si vede - continuamente prorogato; è ancora tutto da definire per loro un ruolo organico coerente e composito.
Va dunque ribadita l'urgenza di una riforma completa della magistratura onoraria, tante volte annunciata e mai condotta a termine. Si tratterebbe, signor Presidente, di una di quelle riforme, queste sì, urgenti e realmente utili al funzionamento della giustizia e davvero sentite dai cittadini: una riforma alla quale siamo disposti a collaborare con serietà e dalla quale potranno derivare vantaggi concreti per il bene comune in un'ottica di recupero e valorizzazione delle diverse professionalità, in funzione di una giustizia efficiente per tutti cittadini, e in cui vi siano meno sprechi, meno burocrazie e tempi più rapidi nei processi.

Pag. 35

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, con il presente provvedimento ci apprestiamo ad uniformare al 31 dicembre 2009 la data di scadenza di tutte le categorie di magistrati onorari assegnati ai diversi uffici giudiziari, in attesa di una riforma organica e complessiva, che il Governo stesso si è impegnato a presentare, per evitare di lasciare il destino di questa figura ancora avvolto nell'incertezza e nella precarietà. Preannuncio fin da subito che il voto del gruppo della Lega Nord Padania sarà favorevole a questo provvedimento.
In Commissione giustizia, il gruppo della Lega Nord ha apportato al provvedimento stesso un contributo a nostro avviso importante e significativo, attraverso la presentazione di un emendamento, accolto dal Governo, che peraltro ne ha presentato uno identico, diretto a salvaguardare la posizione di ulteriori 1.100 giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari, le cui funzioni erano prossime alla scadenza definitiva, fissata per il 31 dicembre 2008. Tale magistratura onoraria, infatti, non risultava essere stata interessata dal decreto in esame. Con tale emendamento si è provveduto a far sì che, come previsto per i magistrati onorari in scadenza al 31 dicembre 2007, anche i giudici onorari e i vice procuratori onorari che esercitano le funzioni alla data di entrata in vigore della legge di conversione, il cui mandato scade il 31 dicembre 2008, e per i quali non era consentita alcuna conferma, siano ulteriormente prorogati nell'esercizio delle rispettive funzioni sino alla riforma organica della magistratura, e comunque non oltre il 31 dicembre 2009.
La Lega Nord ritiene che la riforma della magistratura onoraria sia non più prorogabile e rappresenti un problema che non riguarda più solamente questa categoria, ma investe tutta la magistratura, sia per i riflessi che può avere sul piano ordinamentale, relativamente - ad esempio - alla durata dell'incarico, alle retribuzioni, alla rappresentanza dell'organo di autogoverno, sia per la ripartizione di competenze per materia con la magistratura ordinaria, visto che questo aspetto dovrà necessariamente essere rivisto una volta che si andrà ad incidere sulle competenze dei giudici di pace e sulle attribuzioni di competenze specifiche ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari.
Nel corso degli anni abbiamo assistito al sempre maggiore ausilio da parte dei magistrati onorari nei ranghi della giurisdizione, in quanto l'eccessivo carico giudiziale della magistratura togata ha reso quest'ultima incapace, o parzialmente incapace, di assolvere da sola alle crescenti esigenze di giustizia. Ciononostante, il modello del magistrato onorario è rimasto incentrato unicamente su un ruolo di integrazione suppletoria rispetto alle mancanze, alle assenze, agli impedimenti dei magistrati professionisti, secondo la scelta operata dal legislatore del 1998, nonostante il ruolo sempre più indispensabile svolto dalla magistratura onoraria di fronte alle croniche insufficienze delle strutture.
In aggiunta, poi, svolgendo un ruolo indefettibile all'interno degli uffici giudiziari italiani, la magistratura onoraria è stata guardata spesso con una certa diffidenza, e talune perplessità sono state espresse sulla preparazione professionale e sul livello qualitativo dei magistrati onorari. Tali dubbi e perplessità hanno spesso portato a percepire la magistratura onoraria come una magistratura di serie B, dedicata ed interessata unicamente ad una giustizia minore.
Tuttavia, in un Paese come il nostro, dove il vertiginoso aumento delle cause e del contenzioso giudiziario ingolfa ormai eccessivamente le aule di giustizia portando il sistema ad una situazione di collasso, è ormai urgente e necessario pervenire ad un generale ed organico piano riformatore della magistratura onoraria, anziché continuare ad intervenire sporadicamente in modo settoriale e aPag. 36colpi di proroghe, generatrici unicamente di situazioni di precarietà e di instabilità della categoria.
Tale categoria, per il ruolo e la funzione che svolge nel sistema giudiziario del Paese, non merita di vivere in una situazione di incertezza. Questa magistratura rappresenta una risorsa per il sistema giudiziario. Questa magistratura risulta e si rivela profondamente coinvolta nei problemi concreti della giustizia, risulta particolarmente legata alla specificità della domanda presente sul territorio, e concorre ad una prospettiva di arricchimento pluralistico e democratico della giustizia. L'istituzione e l'affermazione dei giudici onorari - e in particolar modo dei giudici di pace - costituisce ormai il reticolo di base della giurisdizione, complementare ed integrativo alla magistratura togata, capace di dare vita ad una giustizia conciliativa vicina alle istanze ed ai bisogni dei cittadini, i quali troppo spesso nutrono un senso di diffidenza e di scarsa fiducia nei confronti degli organi di giustizia.
A tal proposito, ricordiamo che sempre con maggior convinzione bisogna avvertire la consapevolezza che al centro del sistema giustizia vi è la persona, che cerca tutela dei propri diritti ed alla quale vanno fornite risposte concrete, immediate e, soprattutto, certe. Frequente e viva è, infatti, tra gli operatori del diritto - legislatore compreso - la tendenza a considerarsi il centro del processo riformatore del sistema giustizia; invece, all'inizio e alla fine di un processo civile o penale, vi è la persona, l'uomo, il cittadino, che sente lesi i propri diritti e che chiede alla Stato una risposta ai propri bisogni in termini di giustizia e di garanzia.
Fondamentale nel quadro giudiziario del Paese è il ruolo e la funzione dei circa 4.700 giudici di pace. Secondo i dati statistici più recenti, i giudici di pace definiscono poco meno di due milioni di procedimenti all'anno, con una media circa di 500 procedimenti per ciascun magistrato. La durata dei processi dinanzi ai giudici di pace si è stabilmente attestata in tempi inferiori ad un anno (in media 340 giorni), ovvero un terzo del tempo necessario per la definizione dei processi dinanzi ai tribunali, al punto che questa magistratura non viene interessata dal fenomeno, largamente diffuso, dei processi per equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,43).

NICOLA MOLTENI. A tal proposito, l'occasione è tale per evidenziare - e riportare quindi all'attenzione dell'Aula parlamentare - che nel corso della passata legislatura il gruppo della Lega Nord ha presentato al Senato, a firma del senatore Castelli e di tutti gli altri senatori del gruppo, un disegno di legge, in data 15 febbraio 2007, già peraltro oggetto di discussione nell'Aula parlamentare e indicativamente sostenuto da un vasto consenso politico, volto alla determinazione delle misure per la nomina elettiva dei giudici di pace (nomina elettiva costituzionalmente prevista dall'articolo 106, secondo comma, della Costituzione), e ciò nella convinzione della necessità che la giustizia diventi sempre più vicina ed accessibile ai cittadini.
A tal riguardo valutiamo altresì positivamente l'ordine del giorno Vitali n. 9/1212/1 al presente disegno di legge di conversione, presentato dalla maggioranza e ovviamente condiviso dal gruppo della Lega Nord, all'interno del quale si invita il Governo a provvedere ad un intervento immediato in materia di giudici onorari, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 106, secondo comma, della Costituzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,45).

NICOLA MOLTENI. La figura dei giudici di pace, con il passare degli anni, ha assunto sempre più un ruolo crescente, al punto che oggi il loro contributo risulta indispensabile per il funzionamento della giustizia. Proprio nell'amministrazione della cosiddetta giustizia bagattellare - maPag. 37non solo, e non necessariamente, minore - riteniamo che proporre una forma di partecipazione popolare nell'amministrazione della giustizia rappresenti una concreta applicazione dei principi costituzionali, in corrispondenza delle peculiari tradizioni di ogni comunità.
Pertanto, richiamando integralmente il contenuto del disegno di legge di cui sopra, presentato dal gruppo della Lega Nord al Senato, e condividendo al contempo l'ordine del giorno della maggioranza, il gruppo della Lega Nord invita il Governo ad attivarsi in tempi rapidi per addivenire, nell'ottica della riforma organica della magistratura, alla determinazione di quanto statuito nell'articolo 106, secondo comma.
In conclusione, in ragione della consapevolezza del ruolo innovativo e dell'indiscutibile contributo dato dai magistrati onorari per scongiurare parzialmente il collasso della giurisdizione, riteniamo necessaria una riforma della funzione onoraria attraverso l'adozione di un ordinamento che ne disciplini lo status e sia capace di disegnare con chiarezza le funzioni che ad essa vanno attribuite, per risolvere i problemi relativi alle modalità di reperimento, stabilire requisiti per la nomina e un giusto trattamento economico, sancire le incompatibilità, la disciplina e l'autogoverno, onde giungere alla consacrazione di una funzione che, con professionalità, riveste un ruolo da comprimario nell'amministrazione della giustizia.
Pertanto, abbiamo la consapevolezza che la magistratura onoraria, incentrata anche e soprattutto intorno alla figura del giudice di pace, rappresenta una risorsa preziosa per il sistema giustizia, che non deve andare assolutamente dispersa anzi deve essere potenziata, riorganizzata ma soprattutto valorizzata attraverso la partecipazione popolare nell'amministrazione della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

PIETRO TIDEI. Signor Presidente, preannunzio a nome del mio gruppo, il Partito Democratico, il voto favorevole al provvedimento in esame per due motivi principali. Il primo motivo è che tale provvedimento unifica e uniforma la scadenza prevista da due provvedimenti legislativi, ciò per evitare, ovviamente, una disparità di trattamento all'interno della magistratura onoraria. Il secondo, peraltro già preannunziato da altri colleghi, è rappresentato dal pieno convincimento e soprattutto dall'augurio che entro il 30 dicembre 2009 si proceda ad una riforma radicale ed organica della magistratura onoraria.
Proverò a riassumere brevemente lo scenario che sta alla base del provvedimento in esame e soprattutto quali sono i presupposti, nell'ambito dell'attuale legislatura, per cui si intravede la possibilità concreta di mettere effettivamente mano alla riforma della giustizia nel suo complesso, non solo di quella onoraria. Comincio proprio con l'indicare, signor Presidente, la linea rossa del 2009 come termine temporale ultimo per assumere finalmente una decisione sul ruolo della magistratura onoraria. Tuttavia, mi resta proprio difficile pensare che la riforma generale della magistratura onoraria possa prescindere da quella complessiva della magistratura, di cui ovviamente la parte onoraria - anche ciò è stato già affermato da alcuni colleghi - rappresenta solo una gamba, sebbene di estrema importanza.
Mi resta però - devo ammetterlo in maniera assolutamente critica - ancora più difficile pensare come tali riforme, che sono del tutto auspicabili, possano trovare un terreno di confronto favorevole nel momento in cui appaiono all'orizzonte in maniera puntuale e in un certo senso persino prevedibili i primi preoccupanti tratti del disegno del capo del Governo in ordine alla magistratura. Mettere concretamente mano alla riforma della giustizia non è un'impresa che possa andare d'accordo con chi la giustizia - diciamolo chiaramente - la pensa fatta in casa e soprattutto pro domo sua, cosa a cui abbiamo purtroppo assistito negli ultimiPag. 38giorni. Pertanto, il provvedimento che ci accingiamo a votare stasera è accompagnato da una cornice a tinte davvero fosche. Infatti, in ordine alla questione complessiva della giustizia abbiamo non solo profondi dubbi ma anche notevoli certezze, pertanto ci batteremo in tutti i modi per contrastare il disegno prevaricatore del Governo e della maggioranza.
Si può affermare che il provvedimento in esame rappresenta una proroga e auspichiamo che possa essere l'ultima. Infatti, esso unifica le scadenze di tutti i magistrati onorari ma soprattutto è un provvedimento urgente senza cui le aule di giustizia oggi sarebbero già sicuramente ferme da oltre un mese. Dopo il voto però - di ciò dobbiamo esserne ben consapevoli - per un altro anno la magistratura onoraria resterà nel limbo. È stato affermato che siamo in regime di proroga e quelli che erano stati gli impegni assunti già da dieci anni dai diversi Governi che si sono succeduti non sono stati puntualmente mantenuti e pertanto ci avviciniamo ormai ad un altro anno di limbo, di proroga, e dunque di grande incertezza. Perciò dobbiamo essere tutti consapevoli che stiamo alimentando una delle più straordinarie forme esistenti in natura di precariato intellettuale. La cellula staminale della magistratura onoraria, prevista peraltro dalla Costituzione, immersa come abbiamo già affermato nel brodo primordiale della giustizia è diventata, in dieci anni, un vero e proprio organo vitale nell'ambito del complesso organico giudiziario. Ma proprio per tale ragione - tutti abbiamo sentito che nessuno si dissocia da tale convincimento - ritengo che ormai sia improcrastinabile una vera e propria riforma della magistratura onoraria perché essa è importante e rappresenta una gamba essenziale di quella ordinaria.
Quindi attribuivamo al Governo il dovere di entrare in questa Aula con una proposta di soluzione definitiva, optando tra la scelta di conferire stabilità, laddove ovviamente sia possibile, mediante l'applicazione e l'individuazione di norme per l'accesso stringenti e chiare e non delle semplici sanatorie, decidendo di considerare tale categoria quale organo complementare rispetto alla magistratura togata, oppure di considerarla (come poteva essere possibile) come un organo le cui funzioni vengono esercitate in via occasionale e temporanea. Ma sappiamo tutti che non è così, perché in dieci anni abbiamo visto che non si tratta né di occasionalità né di temporaneità. Il Governo non lo ha fatto e si è presentato, insieme alla maggioranza, purtroppo con questa proroga sic et simpliciter.
Da parte nostra - lo abbiamo già detto - è l'ultima volta che consentiamo a questa maggioranza di stralciare questo argomento rispetto alla riforma più generale, cioè alla riforma con la «R» maiuscola. La riproposizione di un'ulteriore proroga tra un anno non avrebbe davvero alcun senso e troverebbe - lo dichiariamo sin d'ora - la nostra netta opposizione. Basti pensare a quanto anche l'attività della magistratura onoraria risenta di tutti gli altri fattori che è opportuno rivedere per aggiungere efficienza alla macchina della giustizia.
Il Partito Democratico quindi voterà, signor Presidente, a favore del provvedimento in esame, e lo facciamo per mero senso di responsabilità, ricordando però la proposta, avanzata dal mio gruppo, di un articolato e urgente intervento attraverso lo strumento della legge delega, che abbiamo già avuto modo di trattare durante il dibattito. Ma, come si vede, da parte nostra non vi è alcuna apertura di credito sul tema della giustizia nei confronti del Presidente Berlusconi e del suo Governo; nessuna apertura di credito soprattutto dopo gli avvilenti e preoccupanti atteggiamenti del Governo e della maggioranza sui temi della giustizia e sugli interessi privati - diciamolo con grande chiarezza - che ostinatamente si cerca di far prevalere in quest'aula rispetto a quelli pubblici e generali. Si tratta di una vergogna - lo diciamo - che umilia e disonora il Parlamento e lo Stato italiano di fronte al mondo civile (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

Pag. 39

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, colleghi deputati, prorogare significa rinviare. Rinviare significa non prendere delle decisioni. Noi riteniamo che il Governo dovrebbe verificare le carenze di personale e coprire i posti vacanti con dei concorsi pubblici e non prorogare ulteriormente le funzioni della magistratura onoraria, come è previsto dal disegno di legge al nostro esame.
Come è noto a tutti, il ricorso alla magistratura onoraria nasce dall'esigenza di decongestionare gli uffici giudiziari, a causa dell'eccessivo carico di liti pendenti nonché di una vasta serie di disfunzioni del sistema giudiziario, civile e penale.
I cosiddetti giudici non togati sono stati infatti inseriti nel nostro ordinamento al fine di ovviare a carenze croniche del sistema di giustizia, cui ormai da decenni si deve mettere mano per un riordino generale che mai potrà passare attraverso l'istituzionalizzazione della magistratura onoraria. Ciò vale per diversi ordini di motivi. I vice procuratori onorari, i giudici onorari dei tribunali, sono reclutati non a seguito di un concorso per uditore giudiziario regolarmente bandito dal Ministero della giustizia, bensì sulla base di titoli, al fine di occuparsi delle questioni civili e penali di minor valore economico e comunque per reati con pene più lievi. Tale competenza, in realtà assai limitata al momento dell'introduzione di tale figura, è andata via via aumentando, andando ad erodere sempre di più la cognizione dei magistrati ordinari, a causa della lamentata congestione degli uffici giudiziari. Ma non è con la legislazione d'emergenza che si risolvono i problemi della giustizia italiana. Come si può mai pensare di decongestionare gli uffici giudiziari aumentando il ruolo della magistratura onoraria a scapito della qualità della giustizia? In quale Paese civile si è mai sentito che i giudici di pace vengono pagati a cottimo, ossia più sentenze firmano, più guadagnano? Questo è ciò che attualmente avviene in Italia, dove i giudici di pace, a scapito della qualità delle sentenze, sono incoraggiati a chiudere nel più breve tempo possibile le cause civili pendenti, con la concessione di un premio alla produttività che non potrebbe trovare mai applicazione in un lavoro tanto delicato come quello cui è chiamato chi fa giustizia.
Non dimentichiamo poi che oggi in Italia quasi chiunque può diventare magistrato onorario, esercitando le funzioni di giudice di tribunale o di procuratore di udienza. È infatti sufficiente la laurea in legge per poter concorrere a tale importante e delicato ruolo. Nulla contro chi, e sono tanti, svolge con abnegazione e zelo il proprio compito di operatore della giustizia, ma queste considerazioni sono rivolte a chi, governando il Paese, finge di occuparsi dei problemi della giustizia rattoppando le tante falle che qua e là si presentano all'interno del nostro sistema giudiziario, ormai ridotto ad un immenso carrozzone non più in grado di svolgere il minimo del lavoro indispensabile.
I magistrati onorari hanno dato e continuano a dare il loro importante contributo all'amministrazione della giustizia in Italia, ma tale aiuto non può continuamente essere procrastinato a danno dei cittadini i quali, di contro, hanno il diritto di avere una giustizia amministrata in modo professionale da soggetti vincitori di concorso pubblico, che non abbiano ciclicamente la pistola della mancata conferma a fine anno puntata alla tempia. L'Italia, onorevoli colleghi, ha bisogno di una magistratura di ruolo capace di poter programmare la propria azione e la propria organizzazione anche del ruolo di udienza, rispettando e tutelando i diritti dei cittadini italiani, liberi da condizionamenti tipici del ricatto politico più bieco che penalizza l'intera collettività.
Perciò il Governo, a nostro giudizio e a mio giudizio personale, dovrebbe verificare immediatamente tutte le carenze di personale e non prorogare, che significa rinviare, ma far coprire i posti vacanti con concorsi pubblici per evitare che ci sia una magistratura che abbia delle difficoltà, affinché possa essere tranquilla e serenaPag. 40nel proprio giudizio e nel proprio lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo Popolo della Libertà su questo provvedimento. È chiaro che si potrebbe agevolmente liquidare il dibattito sul provvedimento che dobbiamo licenziare limitandolo ad una disamina e ad un giudizio della norma in sé, dei suoi effetti e della sua ratio. In realtà la proroga della magistratura onoraria si presta ad una ben più articolata analisi che investe necessariamente il peso oggi ricoperto da tale figure giurisdizionali, il loro impiego, lo status di magistrato onorario, il rapporto tra questi operatori del diritto ed i colleghi togati, e molte altre questioni all'ordine del giorno.
Per razionalizzare la disciplina susseguitasi negli anni in modo non sempre lineare e coerente siamo chiamati a stabilire una ulteriore e generale proroga, per continuare ad applicare fino a tale data le disposizioni in materia di ordinamento giudiziario che regolano l'impegno dei magistrati onorari presso tribunali e procure. Come osservato, tuttavia, il provvedimento in esame ha prospettive di più ampio respiro con riferimento al complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria. Ferme restando l'utilità e l'opportunità della proroga, grazie alla quale si scongiura la paralisi della macchina giudiziaria, visto il peso della magistratura onoraria e delle incombenze di centinaia di uffici giudiziari, occorre sottolineare come la tematica in esame sia estremamente delicata e vada necessariamente affrontata in una prospettiva de iure condendo. Un intervento di ridefinizione e riqualificazione dell'intero settore è auspicabile con lo scopo di scongiurare il perpetuarsi della condizione di precariato intellettuale nella quale si trovano i magistrati non professionali.
Nel corso dei lavori in Commissione gli stessi rappresentanti del Governo hanno precisato che questo decreto-legge è finalizzato, come detto, in primo luogo ad uniformare la scadenza delle varie categorie dei giudici onorari, ed è altresì prodromico rispetto ad una riforma organica della magistratura onoraria. Il rischio, infatti, per una categoria che sta assumendo sempre maggiore peso, è che il permanere di questa situazione poco chiara faccia male non soltanto ai giudici onorari, che quotidianamente amministrano la giustizia, ma alla giustizia stessa e quindi ai cittadini che ad essa si rivolgono.
La magistratura onoraria nel nostro Paese infatti non ha più un ruolo complementare ed occasionale, ma svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente viene dai cittadini. A fronte di ciò tuttavia, oggi ci troviamo davanti a diverse categorie di giudici onorari, con altrettanto diversi criteri di selezione, con diverse retribuzioni e con diverse durate dei rapporti di lavoro. A fronte di questa instabilità ed incertezza, la magistratura onoraria ha assunto ormai numeri di tutto rispetto: la giurisdizione in Italia si caratterizza, ormai da anni, per la presenza determinante di oltre diecimila magistrati onorari; secondo le stime del Ministero circa il 70 per cento della giurisdizione sarebbe affidata a queste figure.
È chiaro che i giudici onorari hanno necessità, quindi, di un'organizzazione, di una disciplina, nonché, per alcuni versi, anche di una valorizzazione. Certamente tale processo non sarà né rapido né agevole.
Vi è un altro profilo che andrà certamente preso in esame: mi riferisco al rapporto tra magistrato onorario e magistrato togato all'interno del procedimento, in particolare di quello penale. Pur dando atto della progressiva crescita di professionalità legata al massiccio impiego dei membri non togati della magistratura, è essenziale l'intervento di almeno un magistrato di carriera nel procedimento in cui sia delegato un magistrato onorario. Infatti, il processo di valorizzazione della magistratura onorariaPag. 41che intendiamo percorrere non deve dar luogo ad alcuna abdicazione delle prerogative riservate ai togati.
Non mi dilungo su questo tema e preannuncio il voto favorevole del gruppo PdL sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale - A.C. 1212-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1212-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1212-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 30 maggio 2008, n. 95, recante disposizioni urgenti relative al termine per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria.» (1212-A):

Presenti 529
Votanti 527
Astenuti 2
Maggioranza 264
Hanno votato 525
Hanno votato no 2

(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Nizzi, Rota, Vernetti e Vassallo hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Come annunciato dal Presidente Fini, sospendo la seduta per consentire lo svolgimento della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, fissata alle 18, al piano Aula. Al termine della riunione, la Presidenza darà le opportune comunicazioni.

La seduta, sospesa alle 18, è ripresa alle 18,40.

Sull'ordine dei lavori e modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto di organizzare i lavori per la giornata di domani, mercoledì 2 luglio, secondo le seguenti modalità:

ore 9 (con eventuale prosecuzione dopo lo svolgimento del question time):
Seguito e conclusione dell'esame del disegno di legge n. 1250 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, recante disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Approvato dal Senato - scadenza: 15 luglio 2008);
seguito dell'esame delle mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00001 e Biancofiore ed altri n. 1-00017 sulle iniziative per la liberazione di Ingrid Betancourt e degli altri ostaggi sequestrati dalle Farc;
esame del Doc. IV, n. 2 - Domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato De Luca.

ore 12:
Esame delle questioni pregiudiziali presentate ai disegni di legge n. 1366 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezzaPag. 42pubblica (Approvato dal Senato - scadenza: 25 luglio 2008) e n. 1386 - Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (da inviare al Senato - scadenza: 24 agosto 2008).

ore 15:
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time).

L'organizzazione dei lavori relativa all'esame del disegno di legge di conversione n. 1386 è stata così modificata:
l'esame in aula avrà luogo a partire da martedì 15 luglio (il termine per la conclusione dell'esame in Commissione è fissato a lunedì 14 luglio) e proseguirà nelle giornate di mercoledì 16, giovedì 17 e venerdì 18 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni).

L'organizzazione dei tempia per l'esame del Doc. IV, n. 2, sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 2 luglio 2008, alle 9:

(ore 9 ed eventualmente al termine dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 585 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, recante disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Approvato dal Senato) (1250).
- Relatori: Mannino e Stracquadanio.

2. - Seguito della discussione delle mozioni Evangelisti ed altri n. 1-00001 e Biancofiore ed altri n. 1-00017 sulle iniziative per la liberazione di Ingrid Betancourt e degli altri ostaggi sequestrati dalle Farc.

3. - Discussione di una domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato De Luca. (Doc. IV, n. 2-A).
- Relatore: Paolini.

(ore 12)

4. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
S. 692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (Approvato dal Senato) (1366).

5. - Discussione del disegno di legge (per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (1386).

(ore 15)

6. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 18,45.

Pag. 43

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DOC. IV, N. 2

Doc. IV, n. 2 - Domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato De Luca

Tempo complessivo: 2 ore e 30 minuti (*).

Relatore 15 minuti
Richiami al regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 23 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 42 minuti
Popolo della libertà 30 minuti
Partito Democratico 26 minuti
Lega Nord Padania 14 minuti
Unione di Centro 12 minuti
Italia dei Valori 11 minuti
Misto 9 minuti
Movimento per l'Autonomia 7 minuti
Minoranze linguistiche 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 10 minuti per il gruppo di appartenenza del deputato interessato.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1185-A - voto finale 538 534 4 268 283 251 42 Appr.
2 Nom. ddl 1212-A - voto finale 529 527 2 264 525 2 42 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.