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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 18 di martedì 17 giugno 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 11,05.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'11 giugno 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Bindi, Bongiorno, Brancher, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Cirielli, Giancarlo Giorgetti, Giro, Lo Monte, Lusetti, Mazzocchi, Menia, Migliavacca, Molgora, Pescante, Scajola e Stucchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sul tragico incidente sul lavoro verificatosi in provincia di Catania, che ha causato la morte di sei persone.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo concernente il tragico incidente sul lavoro verificatosi in provincia di Catania, che ha causato la morte di sei persone.
Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Tempi specifici sono attribuiti alle componenti politiche del gruppo Misto.

(Intervento del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi.

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, darò in primo luogo alcune informazioni relative ai tragici fatti avvenuti a Mineo e svolgerò poi alcune considerazioni in ordine agli impegni che il Governo assume per una più efficace politica della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
In ordine alla dinamica del tragico incidente dobbiamo mantenere il riserbo e il rispetto per l'attività di indagine svolta dalla procura della Repubblica di Caltagirone e, in ogni caso, possiamo ricordare quanto segue.
In data 11 del corrente mese, in Mineo, Catania, contrada Muscolara, durante i lavori di pulitura di alcune vasche attinenti a un depuratore fognario, sono deceduti, come sapete, sei prestatori d'opera, dei quali quattro dipendenti comunali e due dipendenti della Carfì servizi ecologici Srl.
Come si è appreso dai vigili del fuoco e dai funzionari dell'ASL di Catania iPag. 2lavoratori testé menzionati, tutti impegnati nelle operazioni di spurgo di una tubazione di collegamento tra la vasca di decantazione e quella di raccolta dei liquami, presumibilmente sono deceduti a seguito di un improvviso getto di liquame e fango immesso ad alta pressione (circa centocinquanta litri al secondo) all'interno della vasca di decantazione.
Tale azione meccanica, accompagnata dalla formazione di gas pesanti, come acido solfidrico e metano, avrebbe causato la perdita di coscienza e quindi l'asfissia da annegamento dei lavoratori. Sembrerebbe, pertanto, ipotizzabile nella genesi dell'infortunio una sostanziale sottovalutazione del livello di rischio a cui i lavoratori coinvolti erano effettivamente esposti.
Tale mancata percezione sarebbe stata la causa sia del mancato utilizzo dei necessari dispositivi di protezione individuale, sia anche dell'adozione di non idonee modalità di intervento in situazioni di emergenza.
Aggiungo, per alcune informazioni che ho raccolto direttamente sul luogo, che anche se la dinamica non è stata ancora compiutamente ricostruita con particolare riguardo alla successione o meno della presenza dei lavoratori nella vasca di cui abbiamo detto, sembra comunque essere stata determinante nella sottovalutazione del livello di rischio la generosità di molti di questi lavoratori che, probabilmente, sono intervenuti nel luogo di morte successivamente ai primi o al primo che in esso erano entrati.
Quindi, se tali circostanze dovessero trovare conferma, il gravissimo infortunio mortale sarebbe ascrivibile a un'insufficiente formazione lavorativa che si sarebbe così rivelata tragicamente inadeguata.
I lavori di pulizia cui si è fatto cenno erano stati affidati alla società denominata Carfì servizi ecologici Srl, avente sede legale in Ragusa. A seguito di specifica delega della procura della Repubblica presso il tribunale di Caltagirone, l'ispettorato provinciale del lavoro di Catania, a mezzo del proprio nucleo carabinieri, ha posto in essere gli accertamenti di rito sia presso la sede legale della società affidataria dei lavori, sia presso il luogo dove è avvenuto l'incidente.
Dall'analisi della documentazione ad oggi esaminata, i lavoratori deceduti sono risultati tutti regolarmente assunti e non si sono evidenziate sostanziali violazioni della normativa lavoristica o assicurativo-previdenziale. L'ASL di Catania, su specifica delega dell'autorità giudiziaria, sta provvedendo alla verifica dell'osservanza da parte dei soggetti interessati delle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
La seconda informazione che voglio rendere è che, come è certamente doveroso fare in tutti i casi analoghi, ci siamo preoccupati di accelerare quanto più possibile l'iter affinché l'INAIL proceda alle prime erogazioni delle quali sono titolari i superstiti, in particolare mogli e figli, e al calcolo definitivo, rapportato al salario del lavoratore deceduto. Siamo peraltro in contatto con la regione siciliana che è intenzionata ad assumere alcuni ulteriori provvedimenti di sostegno alle famiglie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,16)

MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. In via generale, i tragici eventi di questi giorni - non mi riferisco soltanto a quello di cui abbiamo ora detto, ma anche a molti altri che purtroppo si sono aggiunti - ci hanno indotto ad accelerare un percorso che avevamo ipotizzato. Nel giorno successivo al tragico evento di Mineo, abbiamo ritenuto doveroso convocare il coordinamento delle regioni e le parti sociali per ipotizzare, con questi soggetti istituzionali e sociali, un piano straordinario per la salute e la sicurezza nel lavoro.
Riteniamo, infatti, necessario un intervento di questo tipo, se consideriamo le caratteristiche degli infortuni nel lavoro e, soprattutto, di quelli a carattere più grave, ancor più se guardiamo a quelli di carattere mortale.Pag. 3
Non voglio ripercorrere tutti gli elementi statistici di cui disponiamo, ma soltanto sommariamente ricordare che nel nostro dopoguerra possiamo individuare due fasi. La prima è caratterizzata da una fortissima ascesa degli infortuni in corrispondenza con i processi di industrializzazione, nel corso dei quali grandi masse di lavoratrici e di lavoratori si spostavano dalle campagne verso l'industria con poca formazione e in luoghi di produzione che non disponevano certo dei livelli di protezione attualmente, per fortuna, più diffusamente presenti. Ciò determinava un picco degli infortuni più gravi attorno alla metà degli anni Sessanta, quando addirittura gli infortuni mortali superavano le 4.000 unità. Da quel punto più alto, si determina la fase discendente della parabola in corrispondenza con le dinamiche sociali, l'aggiornamento della legislazione e l'avvio di maggiori attività di formazione.
Tuttavia, nel corso degli anni Novanta, tale fase discendente - che pur è continuata fino all'anno in corso, con l'eccezione dell'anno 2006, nel quale si riscontra invece una ripresa dimensionale del fenomeno, soprattutto nelle sue caratteristiche mortali - sembra tuttavia rallentare. È costante, continua, ma non tale da determinare un posizionamento dell'Italia tra i Paesi con una minore frequenza infortunistica, che si verifica a livelli che potremmo ritenere prossimi alla media europea, secondo i dati che ci fornisce Eurostat, ma tali appunto da non qualificare il nostro tra i Paesi certamente più virtuosi.
È ben vero - senza poter fare paragoni, perché non tutti i Paesi europei dispongono di un'analoga statistica - che il 50 per cento degli infortuni, il 50,5 secondo le ultime statistiche di cui disponiamo, si verifica sulla strada (mi riferisco tanto agli infortuni cosiddetti in itinere, da e per il luogo di lavoro, tanto a quelli che si realizzano svolgendo attività lavorativa sulla strada), il che sembra rappresentare un dato abnorme per il nostro Paese e, ciò che soprattutto segnalo, un dato in crescita. Nel 2007, e anche secondo i dati relativi al 2008, questo dato è in crescita, mentre la rimanente parte degli infortuni si conferma - come dicevo - in diminuzione, tanto da determinare un più generale andamento in diminuzione.
La seconda considerazione che riguarda la struttura dei nostri infortuni è che essa appare concentrata nell'economia sommersa, ancora caratterizzata da una dimensione abnorme e rilevante, tanto che possiamo - come brevemente dirò - far coincidere spesso le politiche di contrasto del lavoro sommerso con quelle rivolte a creare condizioni di maggiore sicurezza nel lavoro. Ma anche nell'ambito delle attività emerse continua una significativa incidenza, anche se in diminuzione, nell'agricoltura, nell'edilizia, nelle piccole imprese.
Guardando alle ragioni degli infortuni più gravi, avvalendoci in particolare di un rapporto che recentemente è stato avviato dall'ISPESL, il quale realizza una procedura di sorveglianza sugli infortuni mortali e gravi, constatiamo come larga parte degli infortuni sia dovuto, almeno nella dimensione del 60 per cento, ad «errore di procedura», secondo la voce che questo sistema di sorveglianza considera. A questa voce dell'«errore di procedura» se ne aggiungono altre che potremmo iscrivere nella categoria delle «ragioni comportamentali».
Lo stesso episodio di cui stiamo parlando, ancorché non fino in fondo analizzato nella sua dinamica, sembra rivelarci, fino ad ora, un'origine essenzialmente comportamentale. Con ciò intendo dire che questa categoria di infortuni non sembra potersi eliminare attraverso adempimenti formali, attraverso meccanismi sanzionatori collegati a questi adempimenti formali, attraverso soltanto l'attività ispettiva e di vigilanza, perché questi due tradizionali strumenti - gli adempimenti formali sostenuti da sanzioni e da attività di vigilanza - ragionevolmente non avrebbero prevenuto questo tipo di infortunio.
Pertanto ci sembra, ed è questa la ragione del piano straordinario, che al di là della disciplina regolatoria (che recentemente, come sapete, è stata codificata in un testo unico prevalentemente compilativoPag. 4della regolazione che si era via via accumulata nel tempo, a partire dal decreto legislativo n. 626 del 1994, varato dal Governo Berlusconi I) appare necessario un intervento di carattere molto più sostanziale, rivolto pertanto ai primari obiettivi di formazione, di informazione e di prevenzione.
L'incontro con le parti sociali e con le regioni si è concluso con questi impegni di lavoro concertato che sono stati per ora convenuti.
Mi riferisco, in primo luogo, ad un adeguato sistema di monitoraggio: il testo unico prevede un sistema informativo nazionale, ma quello che conta è disporre di un sistema di monitoraggio che sia quanto più utile a orientare e a verificare la congruità di un approccio che sia più per obiettivi che per regole. La definizione «approccio più per obiettivi che per regole» era contenuta nel Libro bianco ed era stata scritta direttamente da Marco Biagi, che aveva ribadito in più occasioni proprio la necessità che il formalismo non si rivelasse improduttivo e, soprattutto, che non determinasse una insufficiente attitudine a raggiungere obiettivi sostanziali.
Il sistema di monitoraggio in questo senso è importante. Si tratta del solito sistema di benchmarking che orienta le politiche che intendono raggiungere obiettivi e, pertanto, deve essere quanto più articolato possibile, deve fornirci informazioni continue per territorio, per merceologia produttiva, per dimensione di impresa, per origine dell'infortunio ed altro, informazioni cioè - insisto - che siano utili a orientare quanto più tutte le funzioni che si intendono mobilitare per raggiungere risultati, ma che si rivelino utili poi anche lungo il percorso di verifica di quali andamenti positivi si stiano registrando in alcuni dei segmenti informativi e di quali andamenti negativi, invece, debbano indurre a correggere l'approccio che è stato seguito. Solo un robusto sistema di benchmarking appare utile a orientare una linea quanto più «sostanzialista».
La seconda conseguente linea di lavoro, che abbiamo concordato di rafforzare, in particolare con le regioni, è quella relativa all'attività ispettiva. Com'è noto, l'attività ispettiva centrale è stata razionalizzata dalla cosiddetta legge Biagi, che ha voluto integrare i servizi ispettivi dell'INPS, dell'INAIL, del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e lo stesso Nucleo carabinieri, in modo che essi non si sovrappongano. Già il Governo Berlusconi, seguito coerentemente dal Governo Prodi, ha rafforzato il numero degli ispettori: il primo, infatti, ha avviato i relativi concorsi, il secondo ha proceduto alle assunzioni. Oggi questo insieme di funzioni ispettive centrali riunisce più di seimila ispettori che, se integrati il più possibile tra loro, possono raggiungere una capacità di controllo molto più efficace rispetto al tempo nel quale la loro attività si sovrapponeva più frequentemente, in assenza di un adeguato collegamento.
È, tuttavia, importante che le attività ispettive centrali si raccordino con le attività ispettive in capo alle aziende sanitarie locali, le quali appaiono invero dotate di unità largamente insufficienti e non sempre fornite anch'esse di competenze specifiche ed esperte.
Non vi nascondo che una riflessione che dovremo fare nel corso dell'attuale legislatura - e che per la parte che riguarda il Governo anticipo sin d'ora - è se non convenga ripensare a questo sistema ispettivo, riportando al centro tutte le capacità e le funzioni ispettive. Oggi le funzioni ispettive centrali si limitano all'edilizia e ad alcuni profili della radiologia (ma essenzialmente alla prima). Crediamo opportuno che siano sempre più persone esperte e continuamente aggiornate a dover svolgere tale funzione che non è soltanto repressiva, ma che deve realizzarsi anche in termini di accompagnamento e di formazione, perché le stesse funzioni ispettive appaiono idonee a realizzare una parte dell'attività formativa. Con le regioni stiamo verificando ora la possibilità di rafforzare un protocollo di intesa tale da creare il massimo di sinergia.
Ad esempio, mettendo a disposizione le funzioni ispettive centrali nel momento in cui le regioni si recano in luoghi di lavoroPag. 5(che non sono di loro competenza per quanto riguarda la salute e la sicurezza nel lavoro) per verificare altri profili (come la corretta qualificazione del rapporto di lavoro), al fine di procedere in tali contesti anche ad alcune verifiche di carattere ispettivo ancorché - come abbiamo detto - formalmente di competenza delle aziende sanitarie locali, dandone conto alle stesse affinché siano poste in condizione di procedere. Questo raccordo si tradurrà presto in intese, sia per quanto riguarda il sistema di monitoraggio, sia per quanto riguarda l'attività ispettiva, perché vi sono tutte le premesse (verificate anche nel corso di questo incontro) per una leale collaborazione tra Stato e regioni.
Il terzo profilo attiene alla formazione. Stiamo cercando di mobilitare, in un'unica fase formativa e anche informativa, un'idonea massa di risorse e di attività tale da raggiungere una dimensione critica utile a creare una diffusa e maggiore tensione in ordine ai risultati di riduzione della frequenza infortunistica.
Per quanto concerne l'informazione, stiamo cercando di raccordare le varie competenze di carattere pubblico e privato in modo da effettuare una campagna informativa quanto più percepita e diffusa, che raggiunga anche i luoghi dell'educazione scolastica. Non mi riferisco soltanto alla conoscenza, nell'ambito dei percorsi educativi, di specifiche tecniche relative alla prevenzione degli infortuni nel lavoro, ma anche ad una più diffusa conoscenza delle elementari nozioni di carattere scientifico che, purtroppo, il rapporto OCSE-Pisa (che realizza interviste a campione) rivela essere pochissimo presente nei nostri giovani rispetto a quelli di altri Paesi.
In ordine alla formazione, oltre le risorse stabilite dallo stesso testo unico in materia di sicurezza e salute sul lavoro (per le quali sono già state attivate le procedure di impiego), stiamo dialogando con i fondi bilaterali. È già previsto, ad esempio, per domani un incontro con tali fondi preposti all'impiego delle risorse raccolte attraverso il prelievo dello 0,30 per cento sul monte salari; si tratta dei fondi cosiddetti interprofessionali, i quali già in parte avevano programmato l'impiego di una parte delle risorse per attività di formazione riferite alla salute e alla sicurezza nel lavoro. Nel corso di questo incontro le stesse parti sociali (o almeno alcune di esse) hanno annunciato la volontà di realizzare piani di formazione e informazione che verrebbero, quindi, tutti ad integrarsi in un'unica operazione quanto più sinergica e priva di inutili sovrapposizioni.
Sono coinvolti, quindi, non solo il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - che peraltro su questo aspetto certamente rivela tutta la positività dell'unicità di direzione politica riferita agli ambiti che, come è noto, sono di competenza del Ministero - ma anche altre amministrazioni e ministeri, i corpi intermedi (come i fondi bilaterali) e le parti sociali. Insieme vorremmo realizzare un'azione diffusamente percepita e quanto più efficace in termini di informazione e di prevenzione.
Ovviamente in questa operazione ci si avvale degli enti esperti, come l'INAIL e l'ISPESL, le cui funzioni devono essere maggiormente raccordate. Allo stato non appare produttiva una fusione di questi enti che, peraltro, presentano caratteristiche diverse, tuttavia penso che a tal proposito debbano essere individuate migliori modalità di raccordo delle loro attività e delle loro intense competenze.
So che, per quanto riguarda l'INAIL, da tempo si sollecita una maggiore attività dell'istituto, rivolta alla formazione, all'informazione, alla prevenzione, alla diffusione delle tecniche della prevenzione e alla stessa rivalutazione delle rendite e degli indennizzi (per non parlare dell'assistenza che l'ente stesso potrebbe erogare per la reinclusione, nel mercato del lavoro, delle persone che sono state colpite da infortuni e che non per questo devono essere escluse dal mercato del lavoro). Stiamo verificando ciò, consapevoli del fatto che l'avanzo di gestione, per un verso, corrisponde alla paralisi degli investimenti immobiliari che tradizionalmente l'istituto realizzava (e che, almeno in parte, dovrebbero riprendere), per un altro,Pag. 6corrisponde a un necessario surplus legato alla funzione assicurativa dell'istituto, ma per un altro ancora può consentire di individuare spazi per l'incremento delle attività dell'istituto stesso. In ogni caso, ricordiamoci che l'afflusso di queste risorse alla Tesoreria unica determina, per ciascun impegno aggiuntivo dell'ente, obblighi di copertura di tali impieghi.
Concludo con una riflessione - ultima ma non ultima - sul Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Questo testo discende da una legge approvata a maggioranza nel corso della precedente legislatura, che ha registrato l'astensione di gruppi parlamentari alla Camera e la non partecipazione al voto al Senato (vorrei ricordare che la non partecipazione al voto era qualcosa di più e non qualcosa di meno di un dissenso).
Il relativo Testo unico, per ragioni che possiamo anche comprendere, è stato poi definito frettolosamente, non con riferimento ai tempi, perché il precedente Governo Berlusconi aveva depositato un Testo unico, che si era bloccato per un dissenso con le regioni in ordine a una certa interpretazione che le stesse avevano allora espresso (e che, per fortuna, non hanno poi confermato nella precedente legislatura), relativa a una presunta competenza rigidamente esclusiva nella materia della sicurezza e della salute. Vorrei ricordare, incidentalmente, che la riforma della Carta costituzionale elaborata durante il precedente Governo Berlusconi prevedeva di riportare alla competenza centrale tutta la materia della salute e della sicurezza. La bocciatura del referendum confermativo, ovviamente, ha fatto rientrare in vigore il testo con il quale oggi dobbiamo ovviamente confrontare le attività normative: un testo che, invero, presenta significative ambiguità a questo riguardo, laddove parla della tutela e della sicurezza del lavoro.
Il Testo unico, però, è stato emanato, durante il periodo elettorale, con il dissenso di tutte e quindici le organizzazioni dei datori di lavoro, dalla Lega delle cooperative alla Confesercenti, dalla Confcommercio alla Coldiretti.
Il punto in discussione non riguarda il fatto se occorrano adempimenti formali e sanzioni, ma l'argomento sul quale le parti dovrebbero interrogarsi (e noi abbiamo chiesto loro di incontrarsi, direttamente con l'assistenza tecnica del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali) riguarda il fatto se esista una soglia oltre la quale la richiesta di adempimenti formali sostenuti da sanzioni (che secondo i datori di lavoro sono in alcuni casi sproporzionate) determini una minore attenzione rispetto ai profili sostanziali, quali sono, certamente, quelli della formazione, dell'informazione e della prevenzione. Il problema concerne il fatto se si determini un'esasperata attenzione formalistica a quegli adempimenti dai quali discenderebbero, per violazioni esclusivamente formali, pesanti sanzioni, a scapito di un atteggiamento più concretamente rivolto a creare un ambiente sicuro e persone più formate, più autosufficienti nella loro capacità di evitare la condizione di rischio (tanto più in presenza, come ho detto, di un'origine ricorrentemente comportamentale degli infortuni).
Questa soglia, oltre la quale ciò si determina, con ogni probabilità c'è. Si tratta di stabilire dove essa si collochi e su questo le parti dovranno esercitarsi per cercare di produrre un avviso comune, perché rispetto al testo il Governo si è posto in una posizione di terzietà, invitando esse, in questa fase, a cercare un avviso comune, nella convinzione che, in questa materia, la collaborazione ha un valore in sé, la condivisione delle regole è premessa per la collaborazione stessa; il permanere di una lacerazione, quale quella ereditata rispetto alla posizione, da un lato, dei datori di lavoro e, dall'altro, delle organizzazioni dei lavoratori, non consente ragionevolmente di sviluppare l'implementazione di quelle norme e la loro effettività in un Paese che è già apparso dotato di una fortissima regolazione, ma largamente ineffettiva, anche perché tradizionalmente tarata sulla grande dimensione di impresa, nella quale vi sono capacità interne di corrisponderePag. 7a normative complesse, che non sono invece presenti nella diffusa piccola impresa.
Allora, questo è l'esercizio che abbiamo chiesto alle parti, con un'indicazione - che ribadiamo in questa sede - secondo la quale certamente, a nostro avviso, un'ipotesi di intesa tra le parti può essere data dalla cedevolezza di molte di queste disposizioni formali e di queste richieste di adempimenti formali nei confronti delle forme di collaborazione tra le parti, che si realizzano in modo paritetico. Mi riferisco soprattutto agli organismi bilaterali, per i quali c'è già significativa esperienza nell'edilizia e nell'artigianato, o anche ad altre forme di collaborazione paritaria, come i comitati paritetici nell'edilizia stessa, in modo che ove ci sia bilateralità, accordo tra le parti nel governare insieme i fattori che determinano salute e sicurezza dei lavoratori e, in conseguenza, si realizzi un cono di luce sull'attività produttiva - perché si realizza in quei casi una forma di controllo sociale sull'attività stessa - l'amministrazione può ragionevolmente fare un passo indietro in termini di richiesta di adempimenti e di relativi controlli, perché si presume che la convergenza delle parti in ordine ad alcune attività rivolte alla concreta prevenzione dell'infortunio determini qualcosa di più della richiesta di un adempimento formale.
Faccio un esempio: se è doveroso un documento di valutazione del rischio, questo può essere determinato in tutti i suoi aspetti da una disciplina pubblicistica, ove le parti non realizzano queste intese e queste forme di collaborazione; ma, ove queste forme di collaborazione ci sono, possono essere le parti stesse preposte ad individuare i modi con cui realizzare questo documento o addirittura, in altri casi, certa documentazione può essere superflua, in presenza di una forma di controllo sociale, di condivisione da parte degli attori sociali, dell'azienda o del territorio.
Questa cedevolezza della disciplina pubblicistica realizza una forma di sussidiarietà. Noi ci ispiriamo e ci ispireremo a questo criterio anche per altre ragioni: non solo perché convinti in generale del criterio della sussidiarietà, ma perché convinti anche dell'utilità delle forme di collaborazione tra parti sociali in generale e, in particolare, di quelle che si realizzano attraverso gli organismi bilaterali.
Il testo unico, quindi, potrebbe ricevere dalle parti indicazioni per modifiche che sono nelle previsioni della legge delega, la quale ha consentito ovviamente un congruo periodo di tempo per l'emanazione di decreti correttivi, che non possono che muoversi nell'ambito dei criteri di delega e, quindi, non possono allontanarsi ovviamente da essi. Si tratta di modifiche che vorremmo realizzare soprattutto sulla base di indicazioni convergenti, quanto più condivise da parte degli attori sociali, creando quel clima di collaborazione che ci appare fondamentale per scalfire davvero questa dimensione degli infortuni più gravi, di carattere mortale, che - come ho detto - dagli anni Novanta sembra essere più difficilmente ridimensionabile, nonostante la positiva e continua propensione a scendere, ma in misura troppo modesta per i valori nei quali - penso - tutti necessariamente crediamo.
Insomma, gli infortuni di questi giorni, in particolare la vicenda tragica di Mineo, mi hanno consentito - credetemi - di verificare come esistesse in quell'ambiente anche una buona cultura della sicurezza. Mi sono fermato, ad esempio, a parlare con dei parenti di alcune vittime: uno era un ingegnere - se non ho compreso male - preposto alla sicurezza nell'impianto di Priolo; un altro era un operatore sindacale che si occupava in particolare di profili di sicurezza. Mi è stato raccontato, addirittura, di come un preposto alla sicurezza pur essendo molto amico fin dall'infanzia di un altro lavoratore avesse rivolto un ammonimento formale, scritto, all'altro perché in un'occasione non aveva utilizzato il casco. Mi è stato raccontato questo episodio per testimoniarmi quale fosse l'attenzione che si era soliti prestare ai profili della sicurezza e per descrivermi un ambiente che culturalmente sembrava rivolgere una doverosa attenzione a questi aspetti.Pag. 8
Tutto ciò ci conferma la necessità di un approccio quanto più sostanziale se vogliamo aggiustare il percorso sin qui svolto e renderlo ragionevolmente più capace di ridurre drasticamente la dimensione degli infortuni. Presto, mi auguro, il Governo potrà anche ipotizzare degli obiettivi, - magari non da solo, ma misurandosi con le regioni e le parti sociali - per poi venire a riferire in Parlamento non solo rispetto a norme, a regole e a relative sanzioni, ma anche rispetto a quanto abbia avuto la capacità di avvicinarsi agli obiettivi di ridimensionamento delle dolorose morti sul lavoro che ha voluto porsi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, esprimo innanzitutto il cordoglio del gruppo del Popolo della Libertà per le vittime di un'altra strage sul lavoro. Nel consegnare agli atti della Camera i nomi dei sei lavoratori morti la scorsa settimana in Sicilia, facciamo auspici di non dover più compiangere esseri umani per i quali lavorare in condizioni di sicurezza è un diritto alienabile, anche se dovrebbe essere invece un diritto inalienabile. Voglio ringraziare il Ministro Sacconi per la sua relazione. Abbiamo apprezzato la tempestività con cui è intervenuto in questa vicenda convocando tempestivamente le parti sociali e le regioni per i problemi di loro competenza.
Il Ministro ha indicato nei suoi più recenti interventi e anche nell'informativa di oggi la linea di condotta che il suo Dicastero intende seguire e che per noi rappresenta la strada maestra della collaborazione e della solidarietà come valori in sé. Giustamente, il Ministro ha voluto sottolineare questo aspetto definendo la collaborazione e la solidarietà tra le parti sociali come dei valori in sé in questa lotta quotidiana contro gli infortuni e le morti sul lavoro.
Condividiamo quindi innanzitutto il fatto che lei, signor Ministro, abbia promosso un piano nazionale sulla sicurezza, e ci auguriamo che sia largamente condiviso e partecipato dai grandi soggetti sociali. Sono altrettanto condivisibili le priorità, che lei ha ribadito e indicato in quest'Aula, dell'informazione, della prevenzione e della formazione. La lotta contro la piaga degli infortuni può essere combattuta con un qualche successo - ha fatto bene, signor Ministro, a comunicare anche dati statistici che dimostrano come il nostro Paese, purtroppo, in questa vicenda sia allineato con altri Paesi europei, tra l'altro del nostro stesso livello di qualità sociale - non solo intensificando, come è giusto e doveroso per le istituzioni, la vigilanza, la sorveglianza e le sanzioni, ma anche chiamando tutti i soggetti responsabili e i protagonisti a comportamenti conformi non solo alle leggi, ma anche ad una cultura radicata della sicurezza. Ciò deve avvenire a partire - lo voglio ribadire con forza - dal rafforzamento dei poteri e delle tutele dei delegati alla sicurezza, previsti dal decreto legislativo n. 626 del 1994, operanti nelle aziende e sul territorio.
La invito poi, signor Ministro, a riflettere sugli aspetti ordinamentali della sicurezza del lavoro, che lei ha voluto sfiorare nell'ultima parte del suo intervento. È aperto un dibattito sulla ristrutturazione degli enti previdenziali, e sono d'accordo con lei, signor Ministro, sul fatto che non vadano compiute delle forzature e delle operazioni amministrative sotto l'impulso delle vicende quotidiane che incombono, ma la invito anche a non escludere prospettive diverse nel campo della tutela degli infortuni, delle malattie professionali e delle morti sul lavoro, ricordandole una bella relazione della Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali della XV legislatura, presieduta dall'onorevole Cordoni, ove viene indicato l'obiettivo di arrivare ad un polo della sicurezza, incentrato sull'INAIL, nel quale far confluirePag. 9tutti gli enti preposti a questi compiti. Ciò dovrebbe avvenire anche assegnando al polo della sicurezza compiti oggi affidati alle ASL, ma che queste ultime non svolgono in modo adeguato anche nelle aree del Paese in cui le ASL stesse funzionano meglio, avendo esse una cultura medica, ospedaliera e curativa, e difettando molto sul versante della medicina del lavoro e di quelle competenze e funzioni che sono chiamate a svolgere in nome di una omnicomprensività della salute che rappresenta un po' un regalo avvelenato della riforma sanitaria del 1978 (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boccuzzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, intendo innanzitutto esprimere il cordoglio da parte di tutto il gruppo Partito Democratico, cordoglio espresso in maniera diretta, con la sua presenza, il giorno seguente all'incidente dall'onorevole Enrico Letta. L'11 giugno scorso, a Mineo, in provincia di Catania, sei operai morivano mentre stavano svolgendo il loro lavoro. Quando si perdono vite umane è sempre un grande dolore, ma ancora più incomprensibile ci appare la morte quando avviene in una circostanza, come quella del lavoro, in cui dovrebbe essere sempre garantita la sicurezza. In Italia gli infortuni mortali nel 2006 sono stati 1.341, e 1.260 nel 2007, ovvero circa quattro al giorno: un vero stillicidio.
Noi abbiamo un dovere, non solo morale, verso coloro che escono di casa per andare a guadagnare il pane, un regalo per i propri figli, per la loro moglie e per la propria mamma, o per regalarsi un sogno, e non vi fanno ritorno, lasciando i propri sogni e le proprie aspettative all'interno delle fredde mura di un'azienda, di un cantiere edile, di una discarica, o di qualunque realtà lavorativa dove ancora oggi si muore di lavoro.
Sono fermamente convinto che l'Italia sia una Repubblica democratica fondata sul lavoro (sicuro, aggiungo io). Abbiamo un'ampia e adeguata legislazione, da ultimo il nuovo testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, un provvedimento di ampio equilibrio, che pone già nel suo testo come obiettivo la formazione, l'informazione e la prevenzione.
Valutazioni diverse sono figlie di una visione miope e non piena della legge nel suo complesso. Non rallentiamone l'applicazione: farlo sarebbe un delitto. Accanto a questo, al più presto devono essere sbloccate le assunzioni dei tecnici della prevenzione ASL, oggi in numero non adeguato per poter fare le dovute ispezioni. Prendo come esempio la Sicilia: a Catania abbiamo solo due tecnici, a Messina uno. L'intera regione ne conta soltanto 44 per 250 mila imprese, ovvero un tecnico ogni 6.580 realtà lavorative, per una media, che riguarda l'intero Paese, di un controllo ogni 33 anni e, in alcuni comparti come quello agricolo, di uno ogni 60 anni. Dobbiamo reagire perché si raggiunga uno stato delle cose civile. Dobbiamo accelerare in questa direzione e non rimanere nell'impossibilità di ribaltare la situazione, come tartarughe sul dorso.
Mi permetto, infine, di ricordare Salvatore Tumino, Salvatore Smecca, Giuseppe Zaccaria, Giuseppe Palermo, Giovanni Natale Sofia, Salvatore Pulici. Avevano un solo sogno: vivere la loro vita e veder crescere i propri figli. Quel sogno gli è stato negato, strappato via.
Chiedo a lei, signor Presidente, la possibilità di far osservare un minuto di silenzio per sei angeli volati via, ma che rimarranno per sempre nel cuore delle loro famiglie e di chi ha voluto loro bene (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi,Pag. 10anche il gruppo della Lega Nord Padania si associa al cordoglio e il pensiero va a chi rimane, perché la morte è l'atto finale a cui non si può più porre rimedio.
Quindi, noi in questa sede, come legislatori, abbiamo l'obbligo di fare in modo di trovare il punto di equilibrio per cui le morti, che ultimamente in questo Paese sono sempre più frequenti, anziché aumentare, diminuiscano velocemente e cessino.
Non userò la retorica che ho sentito. Non è una nota polemica, la morte è per tutti, tutti, quando si esce al mattino abbiamo questo problema, anche chi fa lavori meno pesanti e meno rischiosi come anche il nostro. Tutti abbiamo questo problema.
Dunque, richiamo alcuni dati, per aggiungerli a quelli già forniti dal Ministro Sacconi, che hanno dato un quadro completo e hanno fatto capire perfettamente come il Governo si vuole orientare su questo cammino, nella risoluzione di questo grave problema. I rapporti dell'INAIL sugli infortuni del lavoro dicono che annualmente vi sono almeno un milione di casi, con 1.200-1.300 morti: un dato incredibile.
Il ripetersi di questi infortuni sul lavoro, le cosiddette morti bianche, ha fatto sì che la sicurezza e la salute sul lavoro diventassero una vera emergenza sociale. Addirittura il Presidente della Repubblica si è espresso sull'episodio di Mineo, con le parole più pesanti che potesse dire: «questa ulteriore strage - egli ha affermato -, quest'altro gravissimo episodio di carenza di tutele e di misure di prevenzione, da parte di soggetti pubblici e privati, ripropone l'imperativo assoluto di interventi e controlli stringenti per la sicurezza sul lavoro e per spezzare la drammatica catena di morti bianche». Questo è un intervento sostanziale e pesante, nel quale il nostro Presidente dice come ci dobbiamo muovere. Lo abbiamo fatto sin dagli anni Settanta con ripetuti interventi e ripetuti tentativi di creare un testo unico di legge, fino al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, che, comunque, può considerarsi un'occasione mancata. Avrebbe dovuto rappresentare un passo avanti nella tutela dei lavoratori sui luoghi di lavoro, attraverso certezze e semplificazioni burocratiche ed ispirandosi a logiche innovative di prevenzione e formazione continua, informazione e consulenza, e con l'integrazione dei vari organismi preposti alla vigilanza (la ASL, l'INAIL, l'ispettorato del lavoro).
Invece, il solo elemento di novità che caratterizza il testo di certo non contribuisce a diminuire il numero degli incidenti e a migliorare le condizioni di sicurezza sui posti di lavoro, ma costituisce un eccessivo inasprimento dell'apparato sanzionatorio, che non tiene conto del criterio di proporzionalità tra adempimenti formali e sostanziali.
Quindi, signor Presidente, signor Ministro e colleghi, esprimo una riflessione ad alta voce: prima di adottare un testo unico per disporre di un sistema dinamico, facilmente comprensibile e certo nelle indicazioni dei principi e dei doveri, volto ad eliminare la complessità e talora la farraginosità di un sistema cresciuto, occorrerebbe un modello alluvionale: infatti, ogni volta che accade qualcosa tutti corrono a cercare di mettere a posto la situazione, tentando di creare sempre più la fascia di controllo, quindi la parte alta, con meno riscontro sul lavoratore; ci inventiamo poi commissioni, commissari e quant'altro, sempre più organi di controllo, che appesantiscono addirittura il datore di lavoro e i lavoratori: non so se siete mai entrati in un cantiere, ma c'è da mettersi le mani nei capelli relativamente a quanto abbiamo già legiferato in tal senso.
Quindi, secondo me sarebbe il caso e mi chiedo se non siate intenzionati a capire perché accadono gli infortuni sul lavoro, tenendo conto che la sicurezza sul posto di lavoro è molto migliorata rispetto ad un passato non certo remoto.
Allora, non è forse il caso di chiedersi se sono cambiate le condizioni di lavoro? Se non è cambiato il lavoratore? Se, anziché affidarsi ai corsi di formazione teorici, non sarebbe meglio ritornare ai vecchi e pur sempre validi apprendistati?Pag. 11Queste sono le domande che ci dobbiamo porre: fa più la pratica che la grammatica.
E su tale onda - mi scusi, signor Presidente, formulo l'ultimo concetto - considerato che le morti bianche non sono né di destra né di sinistra, non sono padroni e non sono operai, e queste condizioni sono cambiate, seguo l'insegnamento, così si può dire, del Ministro, che cerca di predisporre un ampio tavolo, e dico a tutti: la morte riguarda tutti, non solo una parte o l'altra (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mannino. Ne ha facoltà.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente e signor Ministro, innanzitutto esprimo il cordoglio del gruppo dell'Unione di Centro alle famiglie delle vittime di Mineo.
Purtroppo, l'episodio di Mineo non è l'unico: nella stessa Sicilia, soltanto qualche giorno dopo, si è verificato un ulteriore episodio di morte per incidente sul lavoro.
È una sequela ininterrotta, che turba la coscienza di tutta la società italiana e chiama Parlamento e Governo ad atti di grande responsabilità.
Credo che su questa materia non debba esercitarsi la retorica, anzi sia necessario un esercizio sorvegliato di saggezza.
Se il Parlamento e il Governo vogliono affrontare realmente il problema, devono rendersi conto di alcune questioni, che sono peraltro già state evidenziate nella relazione introduttiva del Ministro, verso la quale manifesto apprezzamento, ma anche nell'intervento dell'onorevole Cazzola, che richiamo subito.
Gli incidenti sul lavoro si possono riportare a due fondamentali categorie: quelli che dipendono dalla struttura dell'organizzazione del lavoro e dell'impresa, e quelli che dipendono dai comportamenti.
Credo che, per gli uni come per gli altri, occorra mettere insieme prevenzione, informazione e formazione.
L'onorevole Cazzola - lo richiamo ancora una volta - ha espresso un concetto estremamente assennato, che userò per valutare anche la parte finale della relazione del Ministro: negli anni Settanta la furia iconoclasta, che ha portato all'organizzazione del moloch del sistema sanitario italiano, ha liquidato l'ENPI, ente nazionale prevenzione infortuni. Secondo la ricostruzione del Ministro - ma vorrei ricordare la sua parte politica, quale ruolo esercitò in quella circostanza, insieme ad altri - sino a metà degli anni Sessanta la curva degli incidenti era ascendente e successivamente è diventata discendente.
Ciò significa che, in qualche modo, le strutture preposte all'organizzazione della prevenzione riuscivano a funzionare, ed eravamo in un tempo storico in cui l'Italia conosceva un'accelerazione del suo sviluppo industriale e, quindi, una dilatazione dell'apparato industriale. Prevalentemente, gli incidenti sul lavoro avvengono nel settore edile, ma non solo in quel settore. Pertanto, una struttura centralizzata, con presenza periferica, una struttura unica di pensiero e - vorrei dire - di Governo per questi problemi, in qualche modo, rendeva un servizio. Oggi, il decentramento e la dispersione presso il sistema sanitario, l'attribuzione delle competenze alle regioni, la mancanza di un coordinamento vincolante ed il richiamo ad una collaborazione volontaria o facoltativa non consentono di avere ciò che sarebbe necessario.
Non ipotizzo la ricomposizione di strutture centrali, ma ritengo che, in questa materia, un'agenzia presso il Ministero del lavoro che unifichi funzioni e competenze - che toccano, a volte, anche argomenti di ricerca - sia necessaria. L'organizzazione di un cantiere e di un'impresa, infatti, comporta aspetti che riguardano la tecnologia e l'utilizzo delle tecnologie, e che non possono non trovare una preventiva valutazione nella sede della definizione delle norme di prevenzione.
In conclusione, l'ultimo punto: informazione e formazione. Signor Ministro, lei ha svolto osservazioni sul testo unico che condivido. Occorre, tuttavia, passare dall'annuncio ai fatti. Occorre che, su questa materia, tutte le parti politiche dismettanoPag. 12il pregiudizio ideologico (che porta a guardare le questioni in termini conflittuali), valutando onestamente quella che deve essere la responsabilità dell'impresa, e valutando, altresì, con molto senso di responsabilità, che, se si vuole veramente tentare di ridurre l'incidenza degli infortuni sul lavoro, occorre attivare una politica permeata dallo spirito della sussidiarietà e, cioè, della collaborazione tra le parti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho apprezzato la sensibilità del Ministro Sacconi, che ha voluto presenziare ai primi funerali delle vittime di Mineo. È un segno di doverosa solidarietà alle famiglie che, in questa sede, mi permetto di rinnovare, personalmente e a nome dell'Italia dei Valori, anche in vista delle altre esequie, in programma per questo pomeriggio. Ringrazio, altresì, il Ministro, per il carattere non formale dell'informativa che ha inteso rendere al Parlamento.
Tuttavia, signor Ministro, ciò non mi impedisce di ribadire in questa sede un forte disappunto per il suo intervento, qualche giorno fa, all'assemblea dei giovani industriali di Santa Margherita Ligure, in cui preannunciava, come primo atto in materia di sicurezza sul lavoro, una rivisitazione al ribasso delle norme e delle sanzioni previste dal recente testo unico di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, varato dal Governo Prodi, sanzioni da lei testualmente definite «sproporzionate».
Signor Ministro, non mi sento meno responsabile di lei di fronte all'ennesima strage e all'ennesima tragedia, che racconta di morti sul luogo del lavoro. Un bollettino di guerra che, stante a una fonte autorevole qual è «Articolo 21», parla di 435 morti dall'inizio dell'anno, di 485 mila infortuni e di 12.126 invalidi. Si tratta di numeri che vanno ad ingrossare le statistiche, ma dietro i quali si celano volti, nomi, vite e famiglie spezzate, esistenze interrotte per quella che dovrebbe essere la più nobile delle azioni umane, cioè il lavoro. Produrre ricchezza, contribuire alla crescita, al commercio, essere soggetti fondamentali ed organici dello sviluppo del Paese: questo dovrebbe rappresentare l'impegno lavorativo e professionale; questo dovrebbe essere nell'immaginario collettivo. Invece, ci troviamo ad assistere attoniti ad un body counting, degno dei teatri di guerra, dei Paesi instabili, dei romanzi di fine Ottocento, delle lotte postbelliche, e non certo di un Paese sviluppato come il nostro.
Dallo scorso dicembre ad oggi, le cosiddette morti bianche hanno costantemente accompagnato la nostra vita quotidiana. Abbiamo guardato il dolore delle famiglie e degli amici che, a Torino, hanno manifestato in corteo contro la Thyssen, in ricordo di quei sette operai bruciati vivi. Ancora, il 18 gennaio, a Porto Marghera, abbiamo dovuto fare i conti con la dura realtà, con la certezza che anche questo 2008 sarebbe stato macchiato dal sangue dei lavoratori. Non è trascorso neanche un mese, infatti, e il 7 febbraio è stata la volta di una triste terna: a Cuneo, ad Avellino e a Treviso, ancora tre morti. All'inizio di marzo è stata la volta di cinque operai morti a Molfetta nella pulitura di un'autocisterna, seguita, appunto, dai sei ragazzi che, a Mineo, lo scorso mercoledì, hanno perso la vita soffocati nel depuratore comunale.
Si tratta di una serie tragica, che lascia ancora più sgomenti di fronte alla solidarietà, alla vicinanza e al forte senso civico che ha caratterizzato queste perdite: operai che si sono aiutati a vicenda, che hanno cercato di trarre in salvo i propri colleghi e che, a rischio della propria vita, hanno deciso di offrirsi per la salvezza degli altri. Questa non è retorica, collega Chiappori, sono purtroppo i tragici eroi dei giorni nostri. Certo, ma non è questo il punto.
Non è il riconoscimento del loro sacrificio che deve togliere il sonno a noi, che siamo parte della classe dirigente di questo Paese, la classe dirigente, politica, economicaPag. 13ed istituzionale dell'Italia. È il loro ricordo, è il pensiero di uomini che, usciti una mattina per andare al lavoro, non hanno fatto più ritorno, è l'idea di esistenze anche molto giovani che si sono fermate, che lasciano famiglie e che avrebbero potuto non morire. Tutto ciò non può permetterci, dunque, di dormire sonni tranquilli. Tutti - ciascuno di loro - avrebbero potuto non morire, avrebbero potuto continuare a vivere e a lavorare, sarebbero potuti tornare a casa. Tutti, nessuno escluso. E invece no!
Ci comportiamo come se ormai fossimo assuefatti alle statistiche, come se dietro quei numeri che sempre più spesso leggiamo come semplici dati, non vi fosse null'altro che un indicatore per definire l'Italia un Paese vivibile, civile e sviluppato. Al contrario, dietro quei numeri, ci sono persone, ci sono le nostre figlie e i nostri figli, le nostre madri e i nostri padri, ci siamo noi tutti, italiani ed immigrati, anche i 140 morti affogati...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Le chiedo trenta secondi, signor Presidente. Come dicevo, dietro quei numeri, ci sono anche i 140 morti affogati nel canale di Sicilia dieci giorni fa e di cui solo oggi abbiamo avuto notizia. Si tratta di immigrati legali e anche clandestini, ed è per questo che serve un impegno concreto e tempestivo, uno scatto di orgoglio che, nel quotidiano, nel cosiddetto Paese reale, vada a chiudere la morsa sugli incidenti del lavoro, sulle morti bianche e su questo lavoro listato costantemente al lutto.
Concludo dicendo in positivo che occorre prevenire, certo, ma anche reprimere, garantire il rispetto dei diritti, pur senza allentare il mercato del lavoro e la produttività, attraverso un set di sanzioni dure, ma soprattutto serie, e non soltanto verso gli imprenditori stranieri, com'è successo a Settimo Milanese la settimana scorsa, quando due ragazzi egiziani sono morti cadendo da un'impalcatura...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Ho concluso, signor Presidente. Occorrono non solo atti amministrativi o sanzioni pecuniarie, ma la detenzione. È necessario che gli imprenditori, ma anche gli amministratori pubblici - dal più grande al più piccolo - capiscano che non si gioca con la vita dei lavoratori e che nessun introito può giustificare la perdita di una vita umana (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto esprimere il mio cordoglio e quello del Movimento per l'Autonomia alle famiglie delle vittime.
Lo aveva detto il Presidente della Repubblica Napolitano, celebrando la ricorrenza del 1o maggio presso la sede dell'INAIL a Roma: non può continuare così, non ci si può rassegnare come di fronte ad una inevitabile fatalità, dobbiamo tutti rimboccarci le maniche. Ciononostante, è successo ancora una volta, in provincia di Catania: sei operai non hanno fatto più ritorno a casa. Altri, qualche giorno dopo, sono caduti da un'impalcatura a Settimo Milanese; erano extracomunitari e lavoravano in nero, e altri ancora. Si tratta dell'ennesima strage che un Paese civile e moderno non può consentire! La precarietà dei sistemi di sicurezza sui luoghi di lavoro è ormai evidente, e affrontarla e risolverla diventa priorità assoluta!
Questo Governo è chiamato ad affrontare una nuova emergenza: quella delle morti bianche e degli infortuni sul lavoro.
Abbiamo il dovere istituzionale e politico di reagire e lo possiamo fare sin da subito, applicando in modo rigoroso le norme già esistenti, affinché i controlli nelle aziende, nelle fabbriche e in ogni posto di lavoro siano capillari, dimostrando tolleranza zero nei confronti di chi sfrutta i lavoratori, indipendentemente dal fatto che siano extracomunitari o italiani, e li fa lavorare in condizioni diPag. 14precarietà in termini di salute e di sicurezza.
Dobbiamo intervenire duramente per garantire condizioni di lavoro più umane, civili e rispettose della vita e della dignità dei lavoratori. La sicurezza è lo sviluppo di una cultura della prevenzione, la sensibilizzazione, la formazione professionale, ma anche l'adozione di incentivi finanziari per promuovere la salute e la sicurezza sul luogo del lavoro; sono sgravi fiscali o la preferenza accordata nell'ambito di gare d'appalto ad imprese sicure e ad aziende certificate dal punto di vista della sicurezza; è l'introduzione di un sistema bonus-malus nelle polizze assicurative e contributi per la sicurezza sociale, nonché incentivi per la sostituzione di attrezzature obsolete e non sicure. Ancora, sicurezza è il potenziamento degli organici degli ispettorati del lavoro e delle ASL, affinché possano sviluppare l'attività di controllo e di prevenzione; infine, è un sistema di sanzioni più severe e certe. Sono questi alcuni aspetti sui quali siamo chiamati a legiferare in tempi rapidi.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Commercio.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Concludo, signor Presidente. Il presidente della regione Sicilia, onorevole Lombardo, si è già attivato in tal senso affermando, al termine dell'incontro avuto con le organizzazioni sindacali convocate dopo l'incidente di Mineo, non solo di voler dare impulso all'emanazione di atti amministrativi e legislativi per far fronte all'emergenza, ma anche di prevedere l'insediamento del coordinamento degli enti competenti in materia di sicurezza. Tale tavolo permanente, previsto dalla normativa sulla sicurezza del lavoro, avrà il compito di verificare le carenze e di confrontare esigenze e iniziative legislative, indicando le priorità.
Il tempo delle parole è dunque finito. Dobbiamo fermare la tragica catena di morte, con la consapevolezza che il 14 e il 15 aprile scorso ci siamo assunti grandi responsabilità e, tra queste, la salvaguardia della vita sul luogo di lavoro.

PRESIDENTE. A conclusione dello svolgimento dell'informativa urgente, permettetemi di esprimere anche il cordoglio della Presidenza della Camera alle famiglie delle vittime.
Nell'esprimere tale cordoglio, desidero ricordare che all'articolo 41 della Costituzione i nostri padri costituenti scrivevano: «L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (...)».
Onorevole Boccuzzi, la sua richiesta, ovviamente, non solo è accolta formalmente, ma anche sostanzialmente. Ritengo, però, che sia opportuno per tutti che il minuto di silenzio venga osservato alla ripresa dei lavori alle ore 15, anche per dar modo ad altri colleghi di partecipare non formalmente al cordoglio.
È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 12,19).

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, il mio intervento sull'ordine dei lavori ha qualcosa a che fare con il dibattito appena conclusosi, riguardante gli infortuni sul lavoro.
Credo che la nostra Assemblea dovrà presto (almeno questo è il mio auspicio) occuparsi dell'istituto che dovrebbe avere quale primo compito istituzionale quello di ridurre il fenomeno infortunistico attraverso interventi di prevenzione sui luoghi di lavoro, cioè l'INAIL. Questa sigla è risuonata poco in Aula, ma se andassimo sul suo sito ci renderemmo conto che l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro gode, in realtà, di ottima salute, tanto che nel corso degli ultimi anni ha accumulato un bel «tesoretto». Sempre nel sito dell'INAIL, è possibile leggere che quel denaro potrebbe trovare utilizzo proprio nel sostegno alle azioniPag. 15di prevenzione e di miglioramento della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
Tutto ciò non viene fatto e credo che dovremmo riflettere sul fatto che l'INAIL gode e opera in situazione di monopolio in Italia.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, le ho concesso la parola sull'ordine dei lavori non conoscendo, ovviamente, l'argomento su cui verteva il suo intervento. Esso ha ripreso tematiche oggetto, evidentemente, dell'informativa urgente e non posso non ricordare a lei e a tutti noi che, per prassi consolidata, nel corso dell'informativa urgente è possibile un solo intervento per gruppo e non sono consentiti interventi diversi da quelli dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Leone e Valducci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, all'VIII Commissione (Ambiente):

«Conversione in legge del decreto-legge 17 giugno 2008, n. 107, recante ulteriori norme per assicurare lo smaltimento dei rifiuti in Campania» (1303) - Parere delle Commissioni I, II, IV, V, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

L'assegnazione del disegno di legge alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, in sede consultiva, decorrerà dal momento della costituzione della medesima Commissione.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dall'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

In ricordo delle vittime dei recenti incidenti sul lavoro.

PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Onorevoli colleghi, anche facendo seguito all'informativa urgente che si è svolta questa mattina, desidero rivolgere un pensiero commosso ai morti sul lavoro della settimana scorsa: ai 6 operaiPag. 16di Mineo si sono aggiunte altre 4 vittime, tra le quali due lavoratori egiziani a Settimo Milanese.
Credo che sia espressione sincera dello stato d'animo di tutta la Camera dei deputati rivolgere alle famiglie delle vittime il sentimento del cordoglio della nostra Assemblea e la viva partecipazione al loro dolore. Ritengo altresì che si tratti di una vera e propria emergenza sociale, di fronte alla quale è dovere - non soltanto della nostra Assemblea, ma di tutte le coscienze libere del nostro Paese - reagire. Infatti, come ha autorevolmente dichiarato il Capo dello Stato, di fronte alla quotidiana tragedia rappresentata dalle morti bianche non ci si può limitare a deprecare gli eventi, ma si ha il dovere di intervenire.
Mi auguro che nel corso della legislatura, come già accaduto in passato, la Camera dei deputati sia consapevole di questa necessità e non manchi di rappresentare un esempio e un punto di riferimento per il Governo, le autorità preposte e tutti coloro impegnati a garantire la dignità del lavoratore e, quindi, la sicurezza dei lavoratori sul loro posto di lavoro.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio per ricordare le vittime di questa perdurante tragedia, con il fermo auspicio che si limiti nel futuro la scansione temporale di questi eventi così luttuosi (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio).

Sull'ordine dei lavori (ore 15,09).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, oggi è una giornata di tristi incombenze. Come tutti i colleghi, lei sa che domenica mattina è stato trovato ucciso da 15 coltellate un consigliere provinciale dell'Italia dei Valori di Lecce. Si chiamava Peppino Basile. Noi abbiamo fiducia nel lavoro della magistratura e degli inquirenti.
Vogliamo credere che dietro questa brutale aggressione, questo brutale evento, non vi sia alcun riferimento all'attività politica del nostro amico e che non vi siano elementi riconducibili alle organizzazioni criminali. Tuttavia, ci sembra doveroso in questa sede, in questo momento, in concomitanza con i funerali che si stanno svolgendo nella sua città di origine, Ugento, ricordarne l'umanità, che si caratterizzava nel suo impegno a difesa dei più deboli e degli ultimi, nonché l'impegno per la legalità, la trasparenza e la democrazia, impegnandoci a portare avanti la sua battaglia (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile (A.C. 1145-A) (ore 15,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali ed ha avuto luogo la replica del Governo, mentre il relatore vi ha rinunciato.

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori per sottoporre alla suaPag. 17cortese attenzione una questione che ritengo chiami in causa profili di carattere sia istituzionale che politico e che, pertanto, ritengo di particolare rilevanza non solo per i lavori odierni, ma per il prosieguo dei lavori della nostra istituzione in questa legislatura. Mi riferisco al vaglio dell'ammissibilità sulle proposte emendative riferite ai decreti-legge. Ce ne offre l'occasione la presenza, nel testo del provvedimento in esame, segnatamente dei commi 3 e 3-bis dell'articolo 7, introdotti nel corso dell'esame in Commissione a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Governo. L'emendamento citato, operando un riordino di enti di ricerca, come l'ICRAM e l'INFS, ma soprattutto dell'APAT e dell'insieme del sistema nazionale delle agenzie di protezione dell'ambiente, è da ritenersi estraneo e non attinente alla materia del decreto-legge in esame.
Noi non siamo pregiudizialmente contrari a processi di razionalizzazione e di modernizzazione degli enti coinvolti, ma realizzare un blitz, senza coinvolgere gli enti regionali e, più in generale, le autonomie locali e lo stesso sistema agenziale risulta un'operazione generica, affrettata e solo in parte giustificata dai possibili risultati in termini di risparmio. Ad oggi, il quadro degli enti di ricerca ha un'impostazione omogenea, anche se permangono delle sovrapposizioni fra alcuni enti nazionali ed è per questo necessario avviare un'azione di verifica, e se del caso di razionalizzazione, ma solo a valle dei necessari approfondimenti, con particolare riguardo alla valutazione dei rapporti fra costi e benefici.
Ricordo ai colleghi che nella precedente legislatura la stessa operazione di immissione in un provvedimento di materia estranea, su questo tema, era stata tentata dal Ministro Pecoraro Scanio; ad essa aveva reagito concordemente tutta l'opposizione. Oggi mi sembra che le parti si siano invertite. Debbo dare però atto al gruppo parlamentare della Lega che le nostre stesse perplessità sono state espresse, in sede di Commissione, dalla Lega stessa, che non comprendendo, come noi, le ragioni di tale emendamento, sul medesimo si è astenuta.
Signor Presidente, capisco che tanti colleghi non sono molto interessati a tale questione, ma le nostre perplessità circa la possibilità di ritenere queste disposizioni strettamente attinenti alla materia disciplinata dal decreto-legge, come richiede l'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, sono state già manifestate e argomentate sia in Commissione sia nella lettera che l'onorevole Vietti le ha inviato.
La ringraziamo per la cortese risposta e ne prendiamo atto, tuttavia insistiamo a sottoporre alla sua attenzione la questione che, benché di specie, presenta un rilievo di carattere generale, e come tale noi la prospettiamo al Presidente della Camera.
Vi è in primo luogo un problema di rapporti tra Governo e Parlamento. Esiste un equilibrio che deve essere attentamente preservato e che richiede all'Esecutivo di non sottoporre alle Camere proposte emendative del tutto eterogenee rispetto alla materia in discussione, da esaminare assai spesso in tempi ristretti, non compatibili con le questioni che sono affrontate.
Il Governo è qui rappresentato da uno dei più illustri membri di questo Parlamento: mi auguro che anche il Governo si faccia carico di questo problema. Abbiamo, infatti, una giurisprudenza della Corte costituzionale che non consente la reiterabilità dei decreti-legge, e non è un caso che il Presidente della Repubblica sottoponga, prima di apporre la sua firma, i decreti-legge ad una sorta di vaglio di ammissibilità. Se poi quello che esce dalla porta rientra dalla finestra, consentendo una pratica emendativa che reinserisce argomenti palesemente estranei alla materia della decretazione d'urgenza, stiamo svilendo non il ruolo dell'opposizione, colleghi della maggioranza, bensì il ruolo del Parlamento rispetto all'Esecutivo.
È un problema su cui noi siamo impotenti: abbiamo una sola difesa, rappresentata dal Presidente della Camera dei deputati. Se il Presidente della Camera dei deputati riesce a svolgere in modo ineccepibilePag. 18e inflessibile il vaglio di ammissibilità, noi tutti siamo protetti: non noi dell'opposizione, ma è protetto il Parlamento, da una pratica che svuota completamente il potere del Parlamento stesso.
Onorevole Presidente, so che lei ha giustamente detto, nella lettera che ci ha inviato, che gli emendamenti sono stati dichiarati ammissibili dai presidenti di Commissione. So, inoltre, che ai presidenti di Commissione, che ella ha giustamente richiamato, compete un primo esame di ammissibilità degli emendamenti. A parte che potrei citare esempi e precedenti di vagli esercitati, seppure in circostanze eccezionali, dai Presidenti della Camera, anche rispetto al sindacato non svolto dai presidenti di Commissione, in questo caso mi permetto di dirle che siamo di fronte a una grande questione politica.
Aggiungo un'ultima considerazione: non ci dobbiamo nascondere dietro un dito, in queste ore la maggioranza ha preannunciato una serie di provvedimenti. Non voglio eccepire sulla bontà o meno di questi provvedimenti: non mi compete in questa sede, mi competerà in altre sedi. Tuttavia, voglio dare atto in linea teorica al Governo che tutte le ipotesi di provvedimenti che il Governo stesso volesse presentare devono avere una corsia preferenziale nella discussione in Parlamento. Come parte dell'opposizione dichiaro fin d'ora, onorevole Presidente, che il mio gruppo, il gruppo dell'Unione di Centro, sarà disponibile a riconoscere la corsia preferenziale alle iniziative che il Governo vorrà assumere.
Ma affinché il Governo non si serva di sotterfugi, queste iniziative vanno assunte alla luce del sole, con disposizioni legislative che seguano il percorso normale dei singoli provvedimenti, seppure con una procedura d'urgenza. Se il Governo utilizza l'escamotage dell'immissione in provvedimenti, in ordine a cui palesemente vi è un'estraneità di materia, di norme eterogenee, allora credo che bisogna elevare un grido di allarme, che io elevo in nome del Parlamento, non dell'opposizione. Mi rifiuto, infatti, di pensare che colleghi così capaci della maggioranza siano estranei oggi a tale problema.
Signor Presidente, lei è l'arbitro di questa partita, sono convinto che non si trasformerà in giocatore (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Casini. Credo che sulla medesima questione intenda parlare il presidente Soro. Successivamente cercherò di rispondere, come del resto è mio dovere e non per atto di cortesia, a entrambi i colleghi.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, lei sa che nei giorni scorsi ho scritto una nota con la quale la invitavo a valutare, anche alla luce dei precedenti, la possibilità di un intervento successivo all'approvazione, da parte della Commissione, di un testo contenente una parte dell'articolato - introdotta con un emendamento del Governo - estranea non solo alla materia, ma soprattutto ai profili tipici del decreto-legge - ossia al carattere di necessità e di urgenza - sui quali si era espresso in via preliminare il Capo dello Stato, nel momento in cui aveva valutato e ritenuto coerente con i requisiti di necessità e di urgenza il decreto-legge in discussione.
Lei mi ha cortesemente risposto valutando come straordinario l'intervento del Presidente della Camera con riferimento al giudizio di inammissibilità su un testo proveniente dalla Commissione, come tale corpo unico, dal quale solo in via straordinaria può essere espunta una parte del provvedimento. Non discuto, naturalmente riconosco al Presidente della Camera un giudizio sul quale non si apre una discussione.
La discussione che ha richiamato il collega Casini riguarda la qualità dei rapporti fra le istituzioni - il Governo e il Parlamento e, aggiungo, il Capo dello Stato - e la qualità della fiducia che deve esistere, da parte di tutti i parlamentari, nei confronti di quell'alta funzione diPag. 19sorveglianza affidata ai Presidenti delle Camere, in un tempo nel quale, signor Presidente, questo episodio non è l'unico, come lei sa e come è stato anticipato.
Siamo in un tempo in cui, in un mese, il Governo ha legittimamente approvato e presentato al Parlamento otto decreti-legge, tutti dettati da ragioni di probabilmente condivisibile necessità ed urgenza, sui quali si è articolata e si articolerà una fisiologica discussione fra le parti in questo Parlamento. Appartiene al diritto e al dovere delle maggioranze e dei Governi attuare il proprio programma utilizzando gli strumenti che la Costituzione affida loro. Non appartiene alla corretta relazione fra le istituzioni, invece, l'introduzione artificiosa, il sotterfugio dell'aggirare il vaglio del Capo dello Stato sul profilo della necessità ed urgenza di un provvedimento, per introdurne surrettiziamente un altro - legittimamente proponibile al Parlamento con iter separato - in un decreto-legge, considerato un treno veloce dentro il quale far viaggiare tutto. Credo che i Presidenti della Camera e del Senato non debbano consentire ciò, perché si altera il rapporto fiduciario all'interno di questo Parlamento, si rischia di introdurre un conflitto fra le istituzioni e si creano le premesse per non potere arrivare a una diversa regolazione dell'iter parlamentare dei decreti-legge.
In tempi non sospetti, abbiamo dato la disponibilità ad un'attività di revisione dei Regolamenti parlamentari, che servisse anche a ridare un carattere di efficienza all'attività legislativa ed anche, segnatamente, all'esame dei decreti-legge. Naturalmente, però, se il decreto-legge viene stravolto e considerato come un qualunque treno attraverso il quale far viaggiare tutto e il contrario di tutto, viene meno anche la disponibilità dell'opposizione a condividere una fase di riforma dei Regolamenti parlamentari volta a creare efficienza, perché si mette in gioco la tenuta stessa di una coesione costituzionale alla quale credo che prima di tutto lei, signor Presidente, debba in quest'Aula garantire continuità, insieme al rispetto delle regole, al di là dell'ammissibilità del provvedimento in esame.
Ne va della qualità generale di questa legislatura che, pur essendo nata con propositi costituenti, in queste prime settimane, sta rischiando di assumere il carattere di una brutta legislatura. Non è ciò che volevamo. Non rinunciamo a proporre la nostra disponibilità per un esercizio serio, responsabile e rigoroso dell'opposizione, ma la maggioranza non può dilatare il tavolo di un qualunque dialogo, rendendo impossibile la percezione dei ruoli. Quello che percepiamo in queste ore sono i segni di una stagione che volevamo lontana e superata. La preghiamo, signor Presidente, di fare uso del potere che la Costituzione le affida, ma anche del buonsenso al quale in molte occasioni noi ci siamo richiamati (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Soro, prima di fornire a lei e al presidente Casini i chiarimenti che sono stati richiesti, chiedo al rappresentante del Governo se intende intervenire.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, gli interventi dei presidenti Casini e Soro meritano sicuramente un'attenta riflessione da parte del Governo.
Il presidente Casini sa che personalmente non posso e non intendo tradire le cose che ho sempre affermato in questa Aula solo perché ho cambiato ruolo. La correttezza dei rapporti tra Governo e Parlamento, la qualità delle leggi e il fatto che i decreti-legge contengano norme non solo urgenti, e come tali controfirmate dal Capo dello Stato, ma anche strettamente omogenee nel loro contenuto originario, sono aspetti che sono stati sempre condivisi non solo nel mio operato, ma anche in quello di tutto il Governo.Pag. 20
Vorrei rassicurare anche il presidente Soro che se è vero che, in questa fase di avvio della legislatura, il Governo è dovuto ricorrere a un certo numero di decreti-legge, ciò è avvenuto perché vi erano delle emergenze rispetto alle quali il Governo ha ritenuto non solo di dover, ma di non poter fare a meno, di intervenire attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, come è stato, tra l'altro, riconosciuto dal Capo dello Stato. Il decreto-legge in esame, sull'emergenza dei rifiuti in Campania, è uno di quelli in cui sono più evidenti, agli occhi di tutto il Parlamento e non solo del Paese, le ragioni di necessità e urgenza che ci hanno costretto a vararlo. Proprio per tali aspetti, presidenti Casini e Soro, il Governo, pur riconoscendosi nelle determinazioni assunte dal presidente Alessandri in ordine all'ammissibilità degli emendamenti presentati - emendamenti che, tra l'altro, presidente Soro, mi risulta fossero stati illustrati in qualche forma ai componenti della Commissione stessa - al fine di rendere più celere l'esame del provvedimento, il Governo ha preannunciato, poco fa, in sede di Comitato dei nove di voler presentare, proprio per rispetto della Commissione, presidente Casini, un emendamento che riprende integralmente i contenuti del decreto-legge che si è reso necessario varare venerdì scorso del Consiglio dei ministri. Per tale ragione, il presidente della Commissione si accinge a proporre all'Aula il rinvio in Commissione del testo stesso.
Mi rimetterei, quindi, alle decisioni che verranno prese in sede di valutazione da parte della Commissione ambiente, che dovrà esaminare il nuovo emendamento del Governo. Il Governo non avrebbe nulla in contrario qualora dovessero emergere delle ragioni per le quali, ai fini di un esame compiuto e più celere dei provvedimenti originali e strettamente inerenti alla materia dei rifiuti, altre questioni, pur meritevoli di approfondimenti e ritenute necessarie, dovessero seguire un altro iter parlamentare. Ciò avverrebbe solo al fine di assicurare la rapida conversione in legge del decreto originario e dell'emendamento che il Governo si accinge a presentare. Naturalmente, signor Presidente, tutto ciò avverrebbe senza rimettere in discussione la dichiarazione di ammissibilità che è di competenza del Presidente della Camera e della Commissione, nella quale il Governo si è pienamente riconosciuto.

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, mi è venuto il dubbio di non aver capito benissimo la parte finale dell'intervento del Ministro, però - nella speranza di aver capito bene - voglio dire al Ministro Vito che, per quanto riguarda il mio gruppo, noi siamo favorevoli a dare una mano al Governo perché possa speditamente realizzarsi una doppia operazione: l'unificazione dei due provvedimenti sostanzialmente in un unico esame (cosa che immagino vi apprestate a proporre); una rapida conversione da parte di questa Assemblea, perché non è sufficiente l'unificazione se poi la relativa conversione è ritardata.
Per quanto ci riguarda, se vengono eliminate queste norme di carattere ordinamentale che in qualche modo - è chiaro a tutti - sono estranee alle motivazioni di urgenza del decreto-legge cui lei ha fatto riferimento, per noi la strada è spianata perché in questo caso si prefigurerebbe un rapporto serio e di collaborazione tra di noi.

ANTONELLO SORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, intervengo brevemente solo per segnalare che le obiezioni che noi abbiamo sollevato non riguardano il merito del provvedimento, che legittimamente ci può trovare divergenti, né abbiamo contestato - onorevole Vito - il diritto e il dovere del Governo di proporre e di fare uso dell'istituto del decreto-legge: è legittimo ePag. 21non lo contestiamo. Contestiamo l'aggiramento della natura del decreto-legge e delle autorizzazioni preliminari al decreto-legge attraverso l'immissione di provvedimenti estranei, non solo per materia, e qualche volta anche discutibili sul piano della costituzionalità (non mi riferisco al provvedimento in esame).
Il Presidente della Camera ha intuito che il richiamo che viene fatto non riguarda esplicitamente e solo questo provvedimento, e naturalmente il nostro richiamo vale prescindendo dalla disponibilità, che peraltro sussisteva, ad approvare rapidamente i decreti-legge, e ha valore a prescindere - Presidente e Ministro Vito - in quanto riguarda la qualità delle regole che vigono nella relazione tra il Governo e il Parlamento, ed in quella fra il Governo, il Parlamento e il Presidente della Repubblica: ha carattere più generale e come tale non è oggetto di scambio.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di prestare un attimo di attenzione perché mi sembra evidente che le questioni che sono state poste, come è stato detto in modo molto chiaro sia dal presidente Casini sia dal presidente Soro, sono questioni importanti, che attengono in primo luogo al doveroso - per tutti - rispetto delle regole e, in qualche modo, sono questioni che devono essere affrontate soprattutto perché siamo all'inizio della legislatura e avere reciproca certezza circa la volontà di rispetto delle regole è già di per sé garanzia di un buon inizio di legislatura e di un buon lavoro. Desidero ringraziare il Ministro Vito per la sensibilità istituzionale che ha mostrato nello stesso momento in cui ha ritenuto fosse suo dovere intervenire - i colleghi più esperti sanno che non aveva alcun obbligo di farlo - per fornire al presidente Casini e al presidente Soro delle precise indicazioni circa la volontà del Governo di attenersi in modo scrupoloso al rispetto di quegli articoli della Costituzione e dei nostri Regolamenti che prevedono in modo esplicito quali debbano essere le condizioni per ricorrere alla decretazione d'urgenza. Sarà ovviamente il prosieguo della discussione a verificare se si potrà dar corso - come è stato auspicato dal Ministro Vito e come mi sembra di aver compreso, negli interventi degli autorevoli esponenti dell'opposizione, da loro non escluso - ad una discussione del provvedimento che sia finalizzata ad un'approfondita, quanto sollecita deliberazione.
Ciò detto, avverto comunque il dovere di rispondere - chiedo scusa ai colleghi - circa le obiezioni che sono state avanzate e che riguardano il ruolo del Presidente della Camera. Se si tratta di un doveroso rispetto per tutti delle regole è chiaro che vi sono dei doveri in capo al Governo, vi sono dei doveri in capo al Parlamento, vi sono dei doveri in capo al Presidente della Camera.
Sono state sollevate obiezioni in particolar modo con riferimento al contenuto dell'articolo 7 del provvedimento in esame, ed in particolare è stata affermata la mancanza di collegamento con le disposizioni oggetto del provvedimento, ragion per cui è stato chiesto - in particolar modo dal presidente Casini, ma per lettera anche dal presidente Soro - al Presidente della Camera di esercitare pienamente i poteri a lui conferiti dal Regolamento al fine di garantire il rispetto delle norme che disciplinano l'omogeneità dei contenuti dei decreti-legge, anche a seguito della fase emendativa in sede referente.
Ritengo che, soprattutto per il futuro, la questione debba essere esaminata sotto due distinti profili, uno procedurale e uno di merito.
Con riferimento al primo profilo, quello procedurale, devo ricordare in primo luogo che l'articolo 96-bis, comma 7 del Regolamento, con specifico riferimento ai decreti-legge, prescrive che siano dichiarati inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia dei medesimi decreti-legge. Ciò vale anzitutto per i presidenti delle Commissioni, nel corso dell'esame in sede referente, oltre che per le valutazioni sull'ammissibilità degli emendamenti presentati direttamente per l'esame in Assemblea.Pag. 22
Al fine di garantire che vi sia omogeneità nelle valutazioni, la costante prassi applicativa, da ultimo consolidata nelle analoghe circolari dei Presidenti della Camera e del Senato del gennaio 1997, prevede che, prima che si concluda l'esame in sede referente, in caso di dubbio, il presidente della Commissione, d'ufficio ovvero su richiesta di un membro del collegio, rimetta la questione dell'ammissibilità al Presidente della Camera.
La procedura richiamata si inquadra ovviamente, nell'ambito dello svolgimento dell'esame in sede referente proprio perché è in quella sede che viene consolidato il testo da sottoporre alla deliberazione dell'Assemblea. In questo contesto, al presidente della Commissione, attraverso il vaglio degli emendamenti presentati in tale sede, compete un ruolo fondamentale ai fini della definizione delle materie da sottoporre all'esame dell'Assemblea. Ciò, del resto, è espressamente sancito dal Regolamento che, all'articolo 86 comma 1, stabilisce che per la fase di esame in Assemblea sono ammissibili oltre agli emendamenti già respinti in Commissione, solo quelli che incidono su argomenti già considerati nel testo della Commissione o negli emendamenti presentati e giudicati ammissibili in tale sede.
Nel caso di specie, nel corso dell'esame in Commissione, la questione dell'ammissibilità dell'emendamento presentato dal Governo è stata oggetto di specifica considerazione da parte del presidente del collegio. Secondo quanto risulta, durante i lavori in Commissione il dibattito su tale emendamento si è concentrato sui profili di merito della scelta legislativa operata senza che i rilievi circa l'estraneità di materia dello stesso, pur da taluno avanzati, si traducessero in una richiesta di rivalutazione dell'ammissibilità da parte della presidenza della Commissione o di una richiesta di investire della questione la Presidenza della Camera.
Il testo attualmente all'esame è, dunque, il risultato di una valutazione ponderata e consapevole, adottata in sede referente. La prassi conosce casi - li richiamava il Presidente Casini - di intervento della Presidenza della Camera successivi alla conclusione dell'esame in Commissione, come, del resto, precisato anche dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 23 marzo 1988.
Si tratta, tuttavia, anche sulla base delle considerazioni sopra svolte circa il ruolo dei presidenti delle Commissioni, di un rimedio del tutto straordinario, cui si è fatto ricorso soltanto in presenza di disposizioni manifestamente in contrasto con i parametri regolamentari. In questo senso, la Presidenza della Camera si è costantemente orientata, come risulta dal numero assolutamente esiguo di casi. Si tratta di quattro in tutto l'arco degli ultimi ventuno anni circa. Per la precisione: 21 aprile 1993, 25 novembre 1999, 10 giugno 2003, e 24 gennaio 2007, in cui la procedura in questione ha avuto applicazione. In particolare, il 21 aprile 1993 è stato espunto un articolo aggiunto in Commissione riguardante l'interpretazione autentica di una norma sull'attribuzione della qualifica di dirigente superiore. Il 25 novembre 1999 è stato espunto un articolo volto a prorogare termini per l'esercizio di deleghe in materia di riforma delle Forze armate. Il 10 giugno 2003 sono stati espunti due articoli, uno volto ad adeguare in via stabile la struttura del dipartimento per la protezione civile e l'altro sulle competenze del capo del dipartimento per la protezione civile in caso di calamità naturale. Da ultimo, il 24 gennaio 2007, furono espunte dal decreto-legge di proroga, alcune disposizioni introdotte dalla Commissione che, oltre a riguardare materie palesemente estranee rispetto a quelle trattate nel decreto-legge, non recavano proroghe di termini ovvero incidevano su norme di delega.
Quanto ai profili di merito, rilevo preliminarmente che le disposizioni in esame sono volte a modificare l'articolo 7 del decreto-legge, che già nel testo originario conteneva norme che, secondo quanto rilevato dal Comitato per la legislazione nella parte premissiva del proprio parere, sono solo indirettamente riconnesse alla finalità del decreto-legge. Tale articolo, nel suo testo originario,Pag. 23infatti, disciplinava la composizione della Commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale e le strutture di vertice del Ministero dell'ambiente.
Per quanto riguarda, in particolare, l'emendamento presentato dal Governo, ora confluito nel testo, esso reca modifiche testuali e puntuali al comma 2 dell'articolo 7 del testo, sostituisce il comma 3 e introduce il comma 3-bis. Il comma 3 è volto a sopprimere enti e istituti riconducibili al Ministero dell'ambiente. Il comma 3-bis ridisciplina la composizione della Commissione istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Mentre per quanto concerne la prima (comma 2) e l'ultima parte (comma 3-bis) dell'emendamento, esse appaiono riconducibili al testo del provvedimento, una valutazione più articolata può essere effettuata con riferimento al nuovo comma 3, che presenta effettivamente profili problematici. Al riguardo, richiamo tuttavia le specifiche valutazioni svolte dal presidente della Commissione ambiente nel corso dell'esame in sede referente, allorché, avendo espressamente valutato la questione, ha rilevato che l'emendamento, a suo avviso, non poteva essere in modo univoco considerato non strettamente attinente alla materia disciplinata dal decreto-legge, secondo le stesse valutazioni compiute su analoghe proposte emendative di singoli deputati, che erano già state dichiarate ammissibili dalla stessa Presidenza.
In effetti, la disposizione appare volta a riorganizzare enti vigilati dal Ministero, che operano nei diversi settori dei controlli ambientali, intervenendo in una materia che, complessivamente considerata, non appare estranea a quella oggetto dei primi due commi dell'articolo 7, tanto più che le competenze di istituto di uno dei tre enti interessati incidono sulla materia dei rifiuti, trattata in via principale dal decreto-legge.
Alla luce di quanto sopra detto, tenuto conto anche dell'andamento dei lavori in Commissione, la Presidenza non ritiene, conclusivamente, che sussistano i presupposti per intervenire sul testo della Commissione espungendo, come richiesto dal presidente Casini e dal presidente Soro, le disposizioni sopra richiamate.
Intendo comunque, anche in questa sede - come già fatto per iscritto, rispondendo ai gruppi dell'Unione di Centro e del Partito Democratico - ribadire l'impegno della Presidenza in ordine al rispetto dei principi regolamentari in materia di ammissibilità degli emendamenti e su questo tema mi riservo di richiamare, in modo esplicito, l'attenzione dei presidenti delle Commissioni, per quanto riguarda l'esercizio delle loro competenze in ordine all'ammissibilità degli emendamenti.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, ovviamente non intendo minimamente riaprire un dibattito, però siccome lei ha fatto riferimento all'articolo 96-bis del Regolamento, mi deve consentire di precisarle una brevissima questione, se possibile anche di aiuto per il futuro, naturalmente senza alcuna confusione di ruoli (il suo è quello di Presidente, il mio è quello di umile deputato).
Però, signor Presidente, il tema si risolve perché il Ministro Vito ci ha annunciato una sua decisione. Ciò sicuramente, come sottolineavano il presidente Casini e il presidente Soro, risolve una parte del problema, cioè toglie l'impedimento. Ciò che rimane aperto, signor Presidente - credo che sia utile avere svolto questa discussione e credo che sarebbe utile un ulteriore approfondimento - è il fatto che non si risolve il tema di chi, qui dentro, deve garantire che non possano accadere questioni sulle quali l'opposizione sostiene che vi sia un'estraneità di materia - e quindi sostanzialmente un mini-golpe all'interno di un decreto - mentre la maggioranza sostiene che lo si possa fare. Qui c'è un arbitro che deve decidere.
Signor Presidente, mi permetto semplicemente di dirle che nel suo speech, chePag. 24ricalca ovviamente quanto lei ha scritto al presidente Soro e immagino anche ai colleghi dell'Unione di Centro, lei fa riferimento sostanzialmente a un procedimento che si è concluso in Commissione e che, salvo rarissimi casi, non ha visto l'intervento della Presidenza.
Signor Presidente, poiché abbiamo anche il dovere, qualora si verifichino determinate condizioni, di innovare - ovviamente non nel cambiare le procedure, ma nell'attuarle -, a me dispiace che lei, di quel comma 7 dell'articolo 96-bis del Regolamento abbia citato solo la parte che, indubbiamente, prevede che «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge». Signor Presidente, tale previsione ha un seguito nel successivo comma, che investe lei direttamente, qualora avverta, nella sua coscienza e nel suo ruolo, la possibilità che effettivamente quanto deciso in Commissione non corrisponda ad una esatta e precisa analisi. Tale previsione le dà un'ulteriore possibilità ed è una facoltà, una responsabilità che lei può assumersi. Infatti, la seconda parte - che lei non ha citato - del comma 7 dell'articolo 96-bis del Regolamento prevede che: «Qualora ritenga opportuno consultare l'Assemblea, questa decide senza discussione per alzata di mano». Pertanto, signor Presidente, lei ritiene che per non interferire nelle decisioni assunte dalla Commissione - poiché ciò è accaduto molto raramente -, la Presidenza non debba intervenire e debba invece «prendere per buono» quanto già stabilito; ma se gli argomenti sono stati portati in ragione della funzione che lei deve svolgere in questa sede - che è solo quella di tutela del Parlamento, come afferma giustamente il presidente Casini -, lei ha un'opportunità.
A me spiace che in quest'occasione (mi auguro che in futuro ciò possa invece accadere) lei non abbia sentito il dovere di dare alla sovranità dell'Assemblea - sappiamo benissimo quali sono le posizioni dei gruppi, ma non importa, qui siamo singoli deputati - l'opportunità di dirimere tale questione.
Eventualmente, in merito all'altro argomento, dopo l'intervento dell'onorevole Zaccaria, interverrò per un ulteriore richiamo.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Giachetti. È di tutta evidenza che ciò che lei richiama corrisponde alla lettera ed alla sostanza dell'articolo citato. Credo di essere stato, comunque, sufficientemente chiaro - sia nella risposta scritta, che ho doverosamente inviato al presidente Soro e all'onorevole Vietti, sia nel discorso in quest'Aula - nell'esplicitare che quanto deciso dalla presidenza della Commissione, a mio modo di vedere, sia meritevole di un giudizio che, da parte della Presidenza, non può essere di censura.
Pertanto, al di là dei quattro casi citati nell'arco di ventuno anni, non ritengo di avvalermi di quanto prevede l'ultimo paragrafo del comma 7 che lei ha citato, perché non si tratta di una questione che attiene alla coscienza del Presidente nello sconfessare o meno quanto deciso dalla presidenza della Commissione. Ecco la ragione per la quale non ritengo che si debba dar corso a una votazione in questa sede.
Ribadisco, comunque, che, per avviare nel modo migliore i lavori di questa legislatura, sarà cura della Presidenza invitare i presidenti di Commissione ad essere estremamente rigorosi, nel momento stesso in cui esercitano il loro diritto-dovere di giudicare ammissibili o meno gli emendamenti, nel rispetto del Regolamento oltre che, ovviamente, della Costituzione.

ROBERTO ZACCARIA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, credo che la questione che intendo porle sia in qualche modo collegata, anche se subordinata, a quella posta dal presidentePag. 25Casini e dal presidente Soro. Si tratta di una questione importante. Il richiamo al Regolamento si riferisce all'articolo 96-bis che lei ha citato (ma ad un'altra parte del testo) e all'articolo 16-bis del Regolamento.
Un suo predecessore illustre, circa undici anni fa, nel 1997, inserì nel Regolamento di questa Camera - invero, è stata la Camera ad inserirlo, ma l'iniziativa fu del Presidente Violante - un organismo, che lei ha citato nello speech che abbiamo appena ascoltato, che risponde al nome di Comitato per la legislazione. Tale Comitato - forse non tutti i colleghi lo conoscono perfettamente, ma certamente lo conoscono i più anziani - ha una funzione molto importante. Esso sovraintende ad una problematica di fondo: la qualità della legislazione.
La qualità della legislazione, a volte sembra essere un po' dimenticata, perché si ritiene che il valore politico della decisione debba avere prevalenza assoluta in Parlamento. Il Comitato, invece, è un organismo - come lei sa molto bene, visto che lo ha appena citato - che ha un rilievo esterno nelle università, per esempio molto maggiore di quel che noi stessi pensiamo, perché è considerato un presidio, un «garante» della buona legislazione.
Pertanto, signor Presidente, dato che lei ha avuto il garbo di presiedere direttamente questa seduta, la investo di una nuova questione, che, come dicevo, è collegata al tema poc'anzi sollevato dal presidente Casini e dal presidente Soro. È stato detto dal Ministro Vito: siamo di fronte ad alcune emergenze. È corretto: vi sono alcune emergenze, ma proprio perché le risposte in termini costituzionali hanno carattere eccezionale, come è il caso della decretazione d'urgenza, occorre che il rispetto dei paletti costituzionali sia molto rigoroso.
Le dico per quale motivo intervengo e quale sia la proposta che le faccio: l'articolo 96-bis del Regolamento della Camera, al comma 1, configura il ruolo del Comitato per la legislazione come una sorta di «rompighiaccio». Il Comitato per la legislazione è il primo soggetto della Camera che interviene ed esprime un parere sui decreti-legge e sulla loro conversione: il Comitato si pronuncia sul testo entro cinque giorni, prima che si pronuncino tutte le altre Commissioni di merito; prima anche della Commissione affari costituzionali.
Attenzione, si tratta di un passaggio un po' delicato, ma credo che sia importante ricordarlo: il Comitato per la legislazione si pronuncia (e si è pronunciato anche sul decreto-legge relativo all'emergenza rifiuti a Napoli) sul rispetto delle regole «sulla specificità, omogeneità e sui limiti di contenuto dei decreti-legge». Ebbene, si tratta di una valutazione alquanto diversa rispetto a quel parametro contenuto nell'articolo 96-bis, comma 7, il quale con riferimento all'ammissibilità parla di materia «strettamente attinente». Sull'ammissibilità degli emendamenti e degli articoli aggiuntivi, infatti, si giudica con quei parametri - cioè, con la «stretta attinenza» - mentre, con riferimento al giudizio del Comitato per la legislazione, i paletti sono di altra natura o, comunque, ulteriori: il decreto-legge deve essere, infatti, specifico e omogeneo, e deve rispettare i limiti di contenuto dei decreti-legge, ossia i limiti previsti dalla legge n. 400 del 1988, che è una legge fondamentale (Ciampi l'ha definita: ordinamentale).
Lei ha correttamente citato il parere del Comitato per la legislazione; effettivamente, noi, nell'ambito del Comitato, avevamo mosso un piccolo rilievo, relativo al fatto che in questo decreto-legge vi fosse qualcosa d'altro, qualcosa che, in qualche modo, andava al di là del nucleo centrale: però si trattava, come dire, di un leggero difetto. Quello che è avvenuto poi è molto più preoccupante. Mentre il Comitato aveva espresso il parere su un testo «pulito», durante i lavori in Commissione è stato inserito l'articolo 7, quello che i colleghi Casini e Soro hanno richiamato e criticato vivamente. Se all'inizio nel testo si poteva cogliere un leggero difetto nel decreto, alla fine dell'esame in Commissione è stato inserito un emendamento molto ingombrante.Pag. 26
Non si tratta tanto del profilo, che lei ha citato, della stretta attinenza al testo: lo so che le agenzie in materia ambientale sono attinenti alla materia dei rifiuti, ma del fatto che non si può, mediante decreto-legge, intervenire in materia ordinamentale. Credo che lei abbia chiarissima questa differenza. Una volta, Spadolini varò la riforma del Ministero dei beni culturali mediante decreto-legge; ciò è considerato, nei manuali, un errore gravissimo. In questo caso, siamo allo stesso livello: viene fatto un errore di «grammatica», e quel che è più grave è il fatto che su questo errore commesso dopo il parere del Comitato, quest'ultimo non possa più esprimersi.
In sintesi, signor Presidente, visto che un altro articolo del Regolamento della Camera - l'articolo 16-bis - prevede che qualsiasi Commissione abbia il diritto di chiedere, su richiesta di un quinto dei suoi componenti (quindi, si tratta di una garanzia per l'opposizione), che il testo vada al Comitato per la legislazione per l'espressione di un parere, io le chiedo di voler estendere questa prerogativa di cui dispone la Commissione durante la fase referente, anche alla fase dei lavori dell'Assemblea. Questa prerogativa, infatti, è una garanzia della minoranza (la mia argomentazione è, dunque, diversa da quella portata da Casini): essa fa parte dello statuto dell'opposizione.
Dunque, se l'opposizione ha il diritto, in Commissione, con una maggioranza ridotta (di un quinto dei componenti) di chiedere un pronunciamento del Comitato per la legislazione su qualsiasi proposta di legge, sarebbe giusto estendere questa prerogativa anche ai casi dei decreti-legge, laddove il parere inizialmente dato sia stato formulato su un testo sostanzialmente diverso. La mia proposta è quella di consentire, anche durante i lavori dell'Assemblea, che la Commissione - con la maggioranza prevista, ossia un quinto dei suoi componenti - possa nuovamente trasferire il testo, per una valutazione, al Comitato per la legislazione. Dico questo perché la Commissione, anche durante i lavori d'Aula non perda il «contatto» con il «proprio» provvedimento. Mi pare più facile questa strada piuttosto che quella di estendere la portata dell'articolo 16-bis, comma 4, all'Assemblea. Anche durante i lavori dell'Assemblea, come avviene per le Commissioni bilancio e affari costituzionali, il Comitato per la legislazione potrebbe essere attivato su richiesta di una minoranza. Questo è in sintesi, signor Presidente, il caso che le sottopongo.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Zaccaria. Il problema che lei pone, che non è nuovo, certamente merita di essere approfondito nelle sedi competenti, vale a dire nella Giunta per il Regolamento, in modo tale che, al di là del fatto che si decida o meno di modificare gli attuali Regolamenti, sia la Giunta per il Regolamento, in un quadro di riflessione complessiva sulle funzioni e sul ruolo del Comitato per la legislazione, ad affrontare il tema che lei ha testé posto.
In merito alla questione relativa alla mancata espressione di un nuovo parere del Comitato sul testo del disegno di legge di conversione, desidero dirle che, in via generale, il Comitato per la legislazione esprime i suoi pareri alle Commissioni permanenti e non all'Assemblea, come risulta chiaramente dal complessivo impianto regolamentare costituito dagli articoli 16-bis e 96-bis. L'articolo 96-bis del Regolamento dispone che i disegni di legge di conversione, contemporaneamente alla loro assegnazione alle Commissioni competenti, siano sempre assegnati direttamente anche al Comitato per la legislazione, che rende, quindi, il proprio parere alle Commissioni. L'esame del Comitato non può, dunque, che svolgersi sul testo ad esso direttamente assegnato dal Presidente della Camera. Si tratta di una disciplina del tutto alternativa rispetto a quella prevista dall'articolo 16-bis del nostro Regolamento per tutti gli altri progetti di legge, disciplina speciale caratterizzata, tra l'altro, da un termine per l'espressione del parere del Comitato (cinque giorni) significativamente più breve del termine assegnato in via generale alle Commissioni per concludere la fase referente (quindiciPag. 27giorni). Tale disciplina particolare prevale su quella generale, la cui applicazione non può, dunque, essere invocata nel caso di specie, tanto più considerando che la funzione consultiva del Comitato è già stata esercitata lo scorso 4 giugno.
In ogni caso, proprio perché - come lei richiamava - si tratta di una questione relativa al ruolo del Comitato per la legislazione, che è certamente un organismo importante al fine di bene organizzare i nostri lavori, sarà cura della Presidenza invitare la Giunta per il Regolamento ad una definitiva e più puntuale definizione delle funzioni e del ruolo del Comitato per la legislazione medesimo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1145-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1145), nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1145).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A - A.C. 1145).
Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1145), che è distribuito in fotocopia.
Avverto che prima della seduta sono stati ritirati dai presentatori i seguenti emendamenti: Palomba 2.54 e 2.57; Piffari 7.53, 7.63, 7.65, 7.66, 7.69, 9.1, 9.52, 9.54, 9.4, 11.1 e 11.39; Porcino 16.50; Piffari 16.51 e 16.52.
Avverto, altresì, che agli emendamenti Palomba 3.50, Piffari 7.68 e 7.58 ha aggiunto la firma l'onorevole Di Pietro, mentre agli emendamenti Piffari 11.51, 11.52, 11.53, 11.58, 11.59 e 13.52 ha aggiunto la firma l'onorevole Barbato e all'emendamento Paladini 16.16 ha aggiunto la firma l'onorevole Piffari.
Avverto, infine, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già presentate in Commissione e per le quali sono già stati rilevati in tale sede profili di inammissibilità, in quanto non strettamente attinenti alla materia oggetto del decreto-legge, e che pertanto non sono state poste in votazione in Commissione: l'articolo aggiuntivo Romano 5.01, che è diretto a prevedere ulteriori autorizzazioni all'esercizio di impianti produttivi su tutto il territorio nazionale, in deroga alla normativa in materia di autorizzazione integrata ambientale; gli emendamenti Romano 11.29 e 11.34, che mirano a ricomprendere le autorità d'ambito della regione Sicilia e la stessa regione Sicilia tra i beneficiari delle specifiche misure e risorse che il decreto-legge in esame pone in capo al CONAI; gli articoli aggiuntivi Romano 11.01 e 11.02, che introducono modifiche di natura generale alla vigente disciplina normativa della TARSU e ad una disposizione del «codice ambientale» in materia di fissazione della tariffa per la gestione dei rifiuti; l'emendamento Romano 18.3, che disciplina le agevolazioni tariffarie per gli impianti di termovalorizzazione nella regione Sicilia; l'articolo aggiuntivo Nucara 18.02, che - pur collegato, nella finalità enunciata dal presentatore, alle conseguenze prodotte dall'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania - è volto a dettare misure straordinarie per il settore turistico della stessa regione.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, non previamente presentate in Commissione: l'emendamento Tortoli 7.52, volto ad istituire l'agenzia di controllo nucleare, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico; l'articolo aggiuntivo Marinello 13.010, volto a introdurre ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza rifiuti in comuni non campani, ricadenti nelle aree individuate dall'obiettivo «convergenza» del regolamento 2006/1083/CE del Consiglio dell'11 luglio 2006.

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ANGELO ALESSANDRI, Presidente della VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, le chiedo, anche alla luce degli elementi emersi nel corso dei lavori del Comitato dei nove, che si è da poco riunito, che il provvedimento al nostro esame possa essere brevemente rinviato in Commissione.
Come è noto, nell'ultimo Consiglio dei Ministri il Governo ha deliberato un secondo decreto-legge, che contiene ulteriori previsioni in materia di smaltimento dei rifiuti nella regione Campania.
Il Governo ha prospettato l'opportunità, che è stata condivisa dalla maggioranza della Commissione, di emendare il testo del presente decreto-legge al fine di recepire tali ulteriori contenuti.
Appare, altresì, utile che la Commissione possa nuovamente prendere in considerazione alcune previsioni del testo al nostro esame, anche per verificare se sia necessario apportare ulteriori modifiche connesse agli annunciati sviluppi della procedura di confronto in sede comunitaria.
Al fine di poter procedere all'esame di tali questioni, nonché delle eventuali ulteriori questioni connesse a quelle che ho indicato e - aggiungo - a quelle che sono emerse anche durante il recente dibattito in Aula, proporrei all'Assemblea di sospendere i nostri lavori su questo provvedimento, per poterli riprendere in Commissione a partire dal pomeriggio di oggi, con l'intesa che la Commissione stessa sarà pronta a presentare un nuovo testo all'Assemblea per domani, mercoledì 18 giugno, alle 16,30. La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. A seguito della proposta di rinvio del testo in Commissione, testé avanzata dal presidente della Commissione ambiente, con l'impegno della Commissione stessa di essere pronta per le ore 16,30 di domani, darò la parola, ove ne sia fatta richiesta, ad un oratore contro e ad uno a favore, secondo quanto previsto dall'articolo 41, comma 1, del Regolamento.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, mi riferisco di nuovo all'articolo 96-bis. Senza dilungarmi, osservo che anche in questo caso si pone un problema di forme, le quali, alcune volte, incidono sulla sostanza.
Nella fattispecie la questione può riguardare noi, signor Presidente, ma vorrei dire ai colleghi della maggioranza, che si lamentano, che domani potrebbe riguardare loro, chissà.
Il tema è questo, signor Presidente: ci troviamo nella condizione per la quale abbiamo all'ordine del giorno un provvedimento, un decreto-legge, che notoriamente, dal momento in cui viene emanato e pubblicato, ha effetti di legge.
Cominciato l'iter di esame del disegno di legge di conversione di questo decreto-legge, si è sviluppata tutta un'attività emendativa, sino ad arrivare ad oggi; contemporaneamente, venerdì, il Governo annuncia un altro decreto-legge, che interviene sulla medesima materia.
Lei, oggi, giustamente e ovviamente lo affida alla Commissione ambiente e - sembra tutto normale - il presidente della Commissione ambiente chiede il ritorno del provvedimento in Commissione, per integrarlo.
Attenzione, signor Presidente, attraverso cosa? Attraverso la trasformazione di un decreto-legge, sostanzialmente, in un emendamento. Signor Presidente, sappiamo che ci sono materie urgenti, per cui non è intento di nessuno perdere tempo o far perdere tempo, però sulle procedure bisogna stare attenti.
La pregherei di concedermi solo pochi altri secondi per segnalarle la delicatezza di un fatto: un decreto-legge ha una procedura particolare, che è protetta dallaPag. 29Costituzione e che richiede una tempistica dell'esame, una specificità, alcuni criteri addirittura di costituzionalità.
Essa viene disciplinata in un intero articolo del nostro Regolamento, il 96-bis, che, al terzo comma (non sarà questa l'occasione, signor Presidente), non a caso, dà la possibilità ai gruppi parlamentari di presentare una questione pregiudiziale, per esempio, che va discussa in tempi precisi e che è preliminare a qualunque tipo di approfondimento del decreto-legge. Signor Presidente, sappiamo che l'Assemblea è sempre sovrana, rispetto a qualunque tipo di valutazione possa dare la Commissione affari costituzionali, che presumo interverrà, spero, sull'emendamento al decreto-legge che la maggioranza sta trasformando, perché un vaglio di costituzionalità del decreto-legge in esame da qualche parte dovrà esserci. Un conto è però la specificità della Commissione affari costituzionali, un conto è la previsione del Regolamento e della Costituzione che l'Assemblea si esprima sulla costituzionalità di un decreto-legge. Se prendiamo un decreto-legge, lo trasformiamo in un emendamento, lo appiccichiamo ad un decreto-legge che ha già ricevuto il vaglio di costituzionalità, e, a proposito del quale, è stata ritenuta non necessaria una pregiudiziale di costituzionalità da parte dell'opposizione, perché così com'era andava bene, bypassiamo completamente una previsione costituzionale e una previsione regolamentare.
Ripeto, nella fattispecie probabilmente questo problema non si pone, ma domani si potrebbe porre! Signor Presidente, leggiamo sui giornali (ancora non l'abbiamo esaminato, dal momento che oggi, come da lei comunicato, è stato pubblicato il decreto-legge) che in esso si prevede l'utilizzo dei militari - la faccio breve - anche in funzione di ordine pubblico. Contemporaneamente però sui giornali ci viene detto che non saranno militari, bensì 3.000 carabinieri. A quel che mi risulta (sono ignorante in materia) i carabinieri già sono utilizzati per l'ordine pubblico, quindi non si capirebbe perché si avverte la necessità di un decreto-legge. Si emana un decreto-legge per introdurre una previsione in più, a fronte di una questione che magari oggi si risolve con i carabinieri, mentre domani si risolve per qualche altro motivo, avendo oggi avuto il via libera per l'utilizzo dei militari in operazioni di ordine pubblico. Non è un fatto marginale, anche dal punto di vista della costituzionalità!
Signor Presidente, la inviterei ad una riflessione, anche attraverso gli uffici: oggi stiamo facendo un'operazione - probabilmente la Camera ha visto di tutto, quindi lei mi sfornerà adesso 67 precedenti in cui ciò è accaduto; però ogni giorno ha la sua pena - che trasforma sostanzialmente un decreto-legge in emendamento, facendo bypassare a questo emendamento alcune forche caudine che sono previste dalla Costituzione e dal nostro Regolamento. Questo, al di là del fatto che, nel merito, le cose possono andare, perché vi è la necessità, l'urgenza di provvedere sul provvedimento dei rifiuti, mentre in termini di principio e di forma del nostro procedimento è un problema sulla quale la pregherei di riflettere.

PRESIDENTE. Daremo corso alla riflessione auspicata. I precedenti sono assai più dei 67 che lei citava a memoria.
Prendo atto che nessuno chiede di parlare contro.
Non essendovi obiezioni, la proposta di rinvio in Commissione, formulata dal presidente della Commissione ambiente, si intende approvata.
A seguito del rinvio in Commissione il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani alle ore 16,30.

Seguito della discussione delle mozioni Damiano e altri n. 1-00006, Cazzola ed altri n. 1-00012, Delfino ed altri n. 1-00013 e Paladini e Donadi n. 1-00014 concernenti iniziative relative alla delega legislativa in materia di lavori usuranti (ore 16,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame delle mozioni DamianoPag. 30e altri n. 1-00006 (Nuova formulazione), Cazzola ed altri n. 1-00012, Delfino ed altri n. 1-00013 e Paladini e Donadi n. 1-00014 concernenti iniziative relative alla delega legislativa in materia di lavori usuranti.
Avverto che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Delfino e altri n. 1-00013. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A - Mozioni).

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, il Governo avrebbe auspicato una convergenza - possibilità emersa durante il dibattito - su un dispositivo comune tra le varie mozioni presentate.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Viespoli. Pregherei i colleghi di prestare attenzione.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Ciò non si è realizzato, quindi esprimo il parere sulle diverse mozioni.
Sulla mozione Damiano e altri n. 1-00006 (Nuova formulazione) il parere è contrario perché essa, soprattutto nella premessa, ribadisce una valutazione, legittima, di merito sul protocollo e sui provvedimenti conseguenziali. Sulla premessa noi abbiamo un'opinione diversa; per questo, a meno che l'onorevole Damiano non ritenga, anche rispetto al dispositivo, di modificarla, esprimo parere negativo sull'intera mozione.
Esprimo viceversa parere favorevole sulla mozione Cazzola ed altri n. 1-00012 e sulla mozione Delfino ed altri n. 1-00013 (Nuova formulazione), mentre esprimo parere contrario sulla mozione Paladini e Donadi n. 1-00014, anche se, nella premessa di quest'ultima, vi sono valutazioni e considerazioni condivisibili per talune parti. Se dunque si richiederà una votazione per parti separate della premessa, è evidente che, su alcune di esse - soprattutto quelle relative all'esigenza di diffondere la cultura della sicurezza e il rispetto dei controlli, quindi sull'ultima parte della premessa della mozione - il parere è senz'altro positivo; la valutazione negativa riguarda invece alcune riflessioni sulla presunta inattività del Governo sul terreno degli interventi sulla sicurezza, poiché credo che l'iniziativa di questi giorni dimostri il massimo dell'attenzione. Questi sono i pareri, signor Presidente: spero di essere stato sufficientemente chiaro.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Per quanto tempo, signor Presidente?

PRESIDENTE. Per dieci minuti.

TERESIO DELFINO. La ringrazio. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, come hanno fatto anche altri gruppi, noi abbiamo presentato una nostra mozione perché riteniamo che la questione che stiamo trattando presenti un grande valore sociale. Si tratta infatti di una questione che viene da lontano, e che è stata già affrontata con il protocollo del 23 luglio 2007, che interveniva più in generale sul sistema previdenziale, ma aveva anche l'obiettivo, fra gli altri, di perequarlo alle particolari situazioni dei lavori usuranti.
Oggi, con questa mozione, noi - come le altre forze politiche e la stessa maggioranza - cerchiamo di svolgere un momento importante di riflessione e di approfondimento non tanto su tutta la materia che fu affrontata da quel protocollo (che pure sicuramente determinò grande innovazione), ma soprattutto su un temaPag. 31puntuale per andare incontro all'esigenza di provvedere al riconoscimento delle attività particolarmente logoranti, usuranti e di fatica.
In proposito, noi riteniamo certamente importante raccogliere gli elementi condivisi su un trattamento specifico in ordine ai lavori usuranti, anche se è indubbio che questo tema non possa essere affrontato solo singolarmente, poiché si colloca in un quadro più generale. Nella scorsa legislatura, il gruppo dell'UdC partecipò attivamente al confronto parlamentare su questa materia, e vogliamo dare atto al Ministro di allora, il collega Damiano, di aver avuto determinazione nel portarla all'attenzione delle forze sociali e del Parlamento: certamente infatti questo è un tema che incide su uno degli elementi di civiltà del lavoro nel nostro Paese. Il lavoro manuale, infatti, sovente non viene più percepito ed apprezzato dalle nuove generazioni: ecco perché è per noi assolutamente evidente che le attività che costano maggiore fatica e che incidono in termini più logoranti, sotto il profilo fisico e non solo, debbano trovare la possibilità di essere riconosciute e maggiormente tutelate.
Nel corso del confronto parlamentare sul provvedimento del passato Governo Prodi e del Ministro Damiano, noi avevamo rilevato la necessità di apportare alcune importanti modifiche, sostenendo già allora l'esigenza di un confronto, di una concertazione e di un dialogo più ampio.
In particolare, avevamo anche chiesto che la definizione delle categorie di lavoratori che potevano essere interessate a questi provvedimenti e a questi benefici fosse esaminata con criteri di equità e con molta puntualità. Avevamo un'opinione non completamente congruente con la maggioranza di allora, ma ritenevamo - e riteniamo anche oggi - che tale tema debba essere portato avanti con determinazione, decisione e forza anche in termini di volontà e di tempo, con modalità che entro l'anno consentano di chiudere questa importante questione.
Prendiamo dunque atto, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, del parere favorevole che è stato espresso dal rappresentante del Governo sulla nostra mozione n. 1-00013 (Nuova formulazione), con la quale diciamo chiaramente che ci riserviamo, nel contesto dell'esame del provvedimento che il Governo porterà all'attenzione del Parlamento, di elaborare e dare un contributo più intenso e puntuale.
Ma oggi non possiamo che registrare con soddisfazione che questa nostra sollecitazione, nelle modalità in cui l'abbiamo rappresentata nella nostra mozione, è stata accolta positivamente dal Governo. Vorremmo rappresentare, signor Presidente e onorevoli colleghi, l'esigenza inderogabile che questa materia venga definita entro il 31 dicembre 2008, certamente nel rispetto della tutela dei diritti dei lavoratori - di lavoratori, peraltro, che hanno a che fare con un lavoro particolarmente logorante ed usurante -, ma anche nel rispetto di quell'equilibrio finanziario del sistema previdenziale a cui siamo molto attenti.
Non avevamo condiviso quanto era stato deciso con il Protocollo - ossia l'eliminazione dello scalone - e ripetiamo il concetto anche in questa occasione. Nondimeno riteniamo anche, in relazione al complesso delle mozioni che vengono all'attenzione del Parlamento e del Governo, che questo tema è largamente sollecitato e che una sua definizione deve essere portata avanti con decisione.
Pertanto, concordiamo, nella nostra espressione di voto, con le mozioni che vanno in questa direzione, mentre certamente non possiamo che esprimere una posizione diversa, signor sottosegretario, rispetto alle mozioni che intendono riproporre tout court quel testo e quel decreto legislativo sulle quali, anche in coerenza con quanto avevamo sostenuto nella precedente legislatura, ci asterremo in sede di votazione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

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MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il tema che stiamo oggi dibattendo ha origini lontane, e cioè il 1992, per poi proseguire nel 1995 con la cosiddetta riforma Dini, che demandava ai sindacati la definizione dei cosiddetti lavori usuranti.
Ma i sindacati al tempo non diedero una risposta, e quindi la stessa riforma prevedeva che il Governo dovesse prendersi carico di definire tali lavori. L'inerzia del Governo di centrosinistra di allora ha fatto sì che soltanto nel 1999, con il decreto Salvi, si andassero a definire i primi lavori usuranti (i lavori in galleria e quelli in cassoni ad aria compressa, i lavori svolti dai palombari e quelli svolti ad alte temperature e ad esposizione all'amianto, e via dicendo).
Faccio questa premessa per arrivare alla situazione attuale, e cioè al Protocollo sul welfare del 2007, che aggiunge alle categorie appena elencate i lavori notturni e quelli a linea catena ed il lavoro concernente il trasporto pubblico.
Quanto a questo tipo di concertazione, il precedente Governo di centrosinistra e il precedente Ministro del lavoro continuano a sostenere di aver ricevuto il consenso di tutte le parti sociali, mentre a nostro avviso non è così.
Come ho già detto ieri nella discussione sulle linee generali, voglio riportare le parole di un importante esponente di Confindustria, Bombassei, che, non solo non si trova d'accordo con lo «schema Damiano» sui lavori usuranti, ma oltretutto avvisa che non vi è stata una discussione al riguardo. Infatti, è comprensibile che, in un confronto con le parti sociali, non tutti trovino l'accordo, ma non è comprensibile che Confindustria dichiari che «il ministro Damiano, dopo tre mesi di silenzio, ci ha fatto vedere un testo molto diverso da quello che avevamo discusso nell'ambito dell'osservatorio che avrebbe dovuto varare questo importante provvedimento».
Quindi, evidentemente, il problema non risiede nella mancanza di accordo tra sindacati, Confindustria o altro, ma nel fatto che il precedente Governo non si è assolutamente confrontato, a dispetto di ciò che viene detto in questi giorni. Pertanto, un altro segnale della mancata concordia in questa vicenda è anche la Commissione lavoro del Senato che nella scorsa legislatura non raggiunse il numero legale per approvare questo schema di decreto legislativo. In quella Commissione - lo ricordo - vi era una maggioranza di centrosinistra. Quindi, le ipotesi sono due: o vi è stato un grave atto di irresponsabilità da parte dell'allora maggioranza, che ha fatto mancare il numero legale, oppure anche all'interno di quella maggioranza non vi era una comune visione d'intenti.
Dunque, credo che da parte dell'attuale Governo serva un maggiore confronto per definire quali effettivamente siano i lavori usuranti. A tal proposito, vorrei portare un esempio su tutti, considerando i membri delle forze dell'ordine che operano sul territorio, non quelli che stanno seduti all'interno degli uffici. Mi riferisco a coloro i quali garantiscono la sicurezza dei nostri cittadini ogni giorno e ai quali è richiesto, come recita il decreto legislativo n. 374 del 1993, «un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee».
Quindi, non comprendo la ragione per la quale all'interno di questo «schema Damiano» venga considerata usurante - giustamente o meno, non voglio entrare nel merito - la guida degli autobus e non, per esempio, chi invece ogni giorno a rischio della propria vita tutela i nostri cittadini. L'aspetto che però ci preoccupa ancora maggiormente sono le promesse fatte in quest'ambito ai cittadini che non godono invece di una copertura finanziaria. Capisco che questa misura doveva essere varata in un periodo preelettorale e che fosse necessario presentarsi agli elettori, annunciando che sarebbero andati in pensione prima. Tuttavia, adesso il periodo elettorale è finito e penso che, quindi, anche il centrosinistra e il Partito Democratico non si rendano conto che dobbiamo confrontarci con la realtà dei conti pubblici. Tale realtà ci dice che il decreto-leggePag. 33in esame prevedeva un tetto di spesa, ma non il numero di unità di lavoratori coinvolti e che godevano di questo tipo di intervento.
Dunque, rischiamo di promettere a tutti questi lavoratori di andare in pensione tre anni prima (o in alcuni casi uno o due anni prima) senza garantirglielo, continuando pertanto con la solita politica di fare promesse senza poterle mantenere, che ha caratterizzato la precedente legislatura. Quindi, vista l'importanza della materia che stiamo trattando, il gruppo Lega Nord Padania voterà favorevolmente la mozione Cazzola ed altri n. 1-00012, di cui siamo cofirmatari, al fine di impegnare il Governo a predisporre al più presto gli strumenti legislativi necessari ad attuare ogni utile procedura e confronto per dare soluzione entro fine anno al tema in discussione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, il tema dei lavori usuranti, che l'Italia si trascina da lungo tempo, è molto delicato e di rilevanza sociale. È un tema sul quale anche l'attuale Governo deve porre particolare attenzione, considerato che sono tali tutte quelle professioni oggettivamente pericolose non solo per l'alto rischio di infortuni, ma anche per i danni permanenti che possono arrecare alla persona umana.
Non siamo di fronte a facili prepensionamenti e per questo motivo deve essere riconosciuta a tali categorie di lavoratori una tutela che implichi non un semplice impegno, mentre in questa sede mi sembra che si parli esclusivamente e solamente di semplici impegni.
Credo che questo Governo debba compiere comunque uno sforzo, con senso di responsabilità, per raccogliere una grande eredità e non per fare cadere nel nulla tutto il lavoro svolto dal precedente Governo Prodi, il quale, dopo un lungo ed estenuante periodo di concertazione con le parti sociali, era giunto a predisporre il decreto legislativo n. 247 del 2007 e ad adottare gli schemi di decreti legislativi che salvaguardassero tutti i lavoratori.
Il fatto che la delega in materia sia scaduta non significa che si debba voltare pagina ed ignorare un problema così delicato. Non bisogna tralasciare l'evidente relazione tra il lavoro usurante e gli elevati rischi a questo connessi. Non a caso, nel decreto sono state specificate le mansioni particolarmente usuranti che richiamano anche la tabella A del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano sotto il profilo dell'incidenza stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione, del rischio professionale di particolare intensità e delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività, con particolare riferimento alle componenti socioeconomiche che la connotano.
Nella nostra mozione abbiamo evidenziato un'apertura, naturalmente a determinate categorie. Prima è intervenuto il rappresentante della Lega ed io mi auguro che alcune rilevanti categorie che, nell'esercizio delle proprie funzioni - mi riferisco specialmente alle forze dell'ordine - si trovano in questa evidente relazione tra lavoro usurante e gli elevati rischi ad esso connessi, non siano addirittura escluse a priori dalla possibilità di rientrare nelle categorie dei lavori usuranti, in considerazione delle peculiarità dei turni rotativi e notturni. È chiaro che tale condizione creerebbe, sotto certi aspetti, una sperequazione anche all'interno di alcune categorie; auspico pertanto che il Governo con questa attività possa porre rimedio a tale situazione.
Non solo: un altro fatto che deve essere sottolineato è che i lavori usuranti sono connessi ad un altro problema molto importante, quello della sicurezza sui luoghi di lavoro, ed è ciò a cui si riferiva prima il sottosegretario, nella parte che si vorrebbe approvare e portare avanti in riferimento alla peculiarità del concetto. Le morti bianche, infatti, ne sono un esempio, e poiché il numero dei decessi per infortunioPag. 34sul lavoro supera di gran lunga la media europea, il nostro Paese non può continuare a piangere vittime innocenti, travolte da terribili incidenti sul lavoro. La politica e le istituzioni che la rappresentano non possono continuare ad apparire disorientate, timide e impotenti di fronte a tali stragi, né sono più sufficienti gli appelli e le generiche assunzioni di responsabilità.
Signor Presidente, occorre una tutela più sostanziale, in grado di assicurare la salute, la sicurezza e la dignità dei lavoratori nel modo più efficace possibile. I temi della salute e della sicurezza devono essere considerati delle priorità in questo Paese e non devono essere solamente, di fatto, ascoltati e di volta in volta portati avanti in maniera così surrettizia.
Il testo unico in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro che individui compiti, obblighi e responsabilità civili e penali per le aziende non basta. Si deve lavorare per promuovere definitivamente e per far crescere in maniera radicata nel Paese la cultura della responsabilità sociale e delle imprese in cui, al centro della visione strategica di impresa, vi sia la volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche di impatto sociale ed etico che al loro interno hanno nelle zone di attività. Di conseguenza, il passaggio da una responsabilità singola o individuale ad una responsabilità collettiva accompagnerebbe le istituzioni e le organizzazioni pubbliche e private in un percorso di costruzione condivisa, dove le giuste istanze economiche dovrebbero coniugarsi con le attenzioni sociali e ambientali nell'ottica di uno sviluppo sostenibile.
Tuttavia, non bastano solo le misure preventive, occorre un intervento efficace del Governo nazionale, volto a intensificare i controlli cui sono deputati Stato e regioni, delineandone in modo specifico le rispettive competenze ed evitando così inutili sovrapposizioni, perché la problematica che molte volte sorge in Italia è proprio quella delle sovrapposizioni fra gli enti.
È importante, oggi, che il Governo si impegni, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, ad attuare gli strumenti necessari affinché la delega prevista dalla legge n. 247 del 2007 possa essere esercitata entro il 31 dicembre 2008, non solo per la tutela dei lavori usuranti, ma anche per la salvaguardia del principio di responsabilità sociale dell'impresa, per l'aumento delle risorse destinate anche alla formazione e, soprattutto, per recepire in materia di lavoro notturno il trattamento più favorevole ai lavoratori, già presente in alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro. Per questo motivo, oggi, con la mozione in esame chiediamo l'impegno del Governo in tal senso (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, con la mozione sui lavori usuranti abbiamo inteso sollevare un problema politico a mio avviso molto rilevante e di alto valore sociale, ovvero il riconoscimento della fatica nel lavoro e del valore sociale retributivo del lavoro manuale.
In secondo luogo, vogliamo sollevare un altro problema, anch'esso rilevante: quando si parla di fatica nel lavoro e, soprattutto, di una fatica che si esprime nel lavoro rischioso - si pensi, ad esempio, al lavoro nella siderurgia e nelle miniere o a quello ripetitivo della catena di montaggio -, corriamo il rischio di mettere il lavoratore in condizioni estremamente difficili, soprattutto se l'attività si protrae per gran parte della vita lavorativa delle persone e si svolge ancora in età avanzata. Non possiamo lamentarci poi del fatto che nel Paese il tema degli incidenti sul lavoro, anche con conseguenze mortali, continui a funestare la nostra situazione lavorativa.
Quindi, noi abbiamo voluto intervenire con forza per impedire che la delega sui lavori usuranti, scaduta il 31 maggio scorso, potesse non produrre alcun effetto, vanificando l'utilizzo di un'importantePag. 35risorsa (quasi 3 miliardi di euro nel prossimo decennio) che va a vantaggio dei lavoratori che svolgono un lavoro faticoso.
Del resto, già nella giornata di ieri lo stesso onorevole Cazzola (che ha presentato un'altra mozione) ha riconosciuto come questa misura abbia già ricevuto una certificazione da parte della Ragioneria dello Stato e, quindi, una copertura di carattere finanziario.
Pensiamo che sia importante raggiungere un obiettivo frutto della nostra iniziativa, facendo in modo che la delega sia esercitata nel più breve tempo possibile, ovvero al massimo entro la fine di quest'anno.
Continuiamo a sostenere la bontà delle nostre ragioni. Il nostro è un dissenso di merito, in quanto il Governo, nel momento in cui vuole riformulare la delega - l'intenzione è già stata autorevolmente espressa -, di fatto, modifica il testo puntando, in primo luogo, ad una ridefinizione e ad una riduzione dei beneficiari.
Non vi è dubbio - voglio dirlo con chiarezza - che, nel caso in cui, come ipotizza il Governo, si dovesse andare in una direzione che preveda di ritornare al riconoscimento dello sconto sul diritto di andare in pensione fino a tre anni prima ai lavoratori addetti ai turni notturni e si facesse riferimento alle cosiddette ottanta notti lavorate sulla base dell'anno, bisogna sapere che concretamente la gran parte dei lavoratori che svolgono lavoro a turni non sarebbe compresa in questo beneficio. Escluderemmo i lavoratori tessili, chimici e metalmeccanici, ma anche quelli che svolgono turni avvicendati di quindici notti sulla base di cinque giorni settimanali.
Non ha senso, quindi, approvare una norma che non preveda una ricaduta, per quanto riguarda il lavoro notturno, di qualche efficacia. Non è un caso che, nella definizione del decreto, abbiamo voluto prevedere uno scaglionamento dei benefici. Abbiamo cioè introdotto un principio in base al quale il beneficio massimo fosse riconosciuto ai lavoratori che svolgono più di settantotto notti sulla base dell'anno e benefici inferiori (due anni e un anno) ai lavoratori che svolgono almeno sessantaquattro notti sulla base dell'anno. Soltanto in questo modo, scaglionando i benefici, siamo in grado di produrre un risultato concreto di riconoscimento della possibilità di andare in pensione a coloro che svolgono effettivamente un lavoro usurante.
In conclusione, un altro argomento che è stato sollevato nella giornata di ieri è un presunto conflitto fra generazioni a scapito di quelle più giovani. Vorrei soltanto ricordare che il Governo Prodi, con il Protocollo del 23 luglio 2007, ha previsto misure come la totalizzazione dei contributi, la contribuzione figurativa piena commisurata alla retribuzione percepita, il riscatto della laurea, la ridefinizione dei coefficienti di trasformazione in grado di garantire un tasso di sostituzione alle nuove generazioni al netto della fiscalità con una previsione del 60 per cento, nuovi ammortizzatori sociali e un fondo di rotazione per il credito a vantaggio dei giovani: sono misure che rappresentano la testimonianza concreta di una legislazione che ha avuto come obiettivo non quello di contrapporre le generazioni, ma di sanare una distanza fra le vecchie e le nuove generazioni, a partire dai temi della previdenza, che durava da molto tempo.
Per questo motivo, riteniamo che la nostra proposta sia perfettamente coerente con la logica di difesa e di applicazione integrale del Protocollo del 23 luglio in riferimento al decreto sui lavori usuranti. Siamo comunque disponibili a verificare un'eventuale proposta di riformulazione del Governo riguardo al dispositivo, sulla quale ci riserviamo di esprimere una nostra opinione conclusiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

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PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, ad integrazione dei pareri già resi e a seguito dei colloqui informali intercorsi, intendo avanzare ai presentatori della mozione Damiano ed altri n. 1-00006 una proposta di riformulazione del dispositivo, alla quale il Governo subordina il parere favorevole.
La riformulazione consiste nell'eliminare le seguenti parole del dispositivo: «dare attuazione ai principi ed alle finalità previste, in materia di lavori usuranti, dal Protocollo del 23 luglio 2007, così escludendo il rischio di vanificare un'importante conquista sociale», sostituendole con le seguenti: «a determinare un nuovo termine per l'esercizio della delega non oltre il 31 dicembre 2008». Il parere rimane contrario sulle premesse.

PRESIDENTE. Onorevole Damiano, accetta la riformulazione proposta dal Governo?

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, ritengo accettabile la proposta del sottosegretario Viespoli di riformulazione del dispositivo, che consente di determinare un nuovo termine per l'esercizio della delega, non oltre il 31 dicembre 2008, perché riteniamo che ciò ci consenta di cogliere un obiettivo al quale abbiamo lavorato, ossia quello di impedire la decadenza di un decreto estremamente importante per riconoscere il valore del lavoro manuale in questo Paese.
Chiediamo, quindi, una votazione per parti separate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, con il collega Cazzola ed altri abbiamo presentato la mozione n. 1-00012, nella quale si è riconosciuta la maggioranza.
Ritengo che questo dibattito non solo sia stato tempestivo, ma anche molto utile, trattandosi di una materia, quella dei lavori usuranti, che attende una risposta dal 1992. Senza tornare sulle considerazioni svolte nel corso della discussione sulle linee generali, ci teniamo a sottolineare l'importanza delle conclusioni di questo dibattito e la convergenza che è avvenuta tra alcuni gruppi parlamentari.
Da parte di tutto il Parlamento - lo possiamo affermare in quanto questa sollecitazione al Governo è avvenuta già attraverso la Commissione lavoro, che mi onoro di presiedere - vi è la considerazione che non si possa trascurare un tema come quello di lavori usuranti, che attende una risposta che il Governo dovrà fornire in tempi brevi.
Per questa ragione la scadenza della delega al 31 maggio e l'impossibilità di intervenire attraverso provvedimenti già all'esame della Camera ha fatto slittare i tempi rispetto alla decisione del Governo di prorogare i termini della delega.
Domani si svolgerà un Consiglio dei ministri: l'auspicio è che il voto di oggi, che coinvolgerà gran parte dei gruppi parlamentari, possa essere interpretato dal Governo come una sollecitazione forte. Domani il Consiglio dei ministri potrà, attraverso i provvedimenti importanti che avrà all'esame, inserire all'interno di un disegno di legge o, meglio ancora, di un decreto-legge la proroga per il decreto legislativo sui lavori usuranti, che dovrebbe comprendere, secondo le sensibilità del Popolo della Libertà, anche il tema dei lavoratori autonomi.
Se, da un lato, vi sono lavori faticosi che riguardano i lavoratori dipendenti - penso, ad esempio, ai metalmeccanici e a coloro che svolgono turni di notte, a tutta la questione relativa alla turnistica e al numero di ore che si trascorrono sul posto di lavoro durante la notte -, vi sono anche mansioni altrettanto faticose nel campo del lavoro autonomo.
Per tali ragioni l'opinione delle gruppo del Popolo della Libertà in sede di dichiarazione di voto è conforme alle indicazioni espresse dal rappresentante del Governo.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

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(Votazioni)

PRESIDENTE. Avverto che, in riferimento alla mozione Damiano ed altri n. 1-00006 (Nuova formulazione), i presentatori hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo. Pertanto, il dispositivo della mozione è stato riformulato nel senso di prevedere l'impegno: «ad adottare con la massima urgenza, ferme restando le prerogative del Parlamento, le iniziative normative volte a determinare un nuovo termine per l'esercizio della delega non oltre il 31 dicembre del 2008». Su tale dispositivo vi è il parere favorevole del Governo, che è invece contrario sulla premessa.
Avverto, inoltre, che è stata chiesta la votazione per parti separate della mozione Damiano ed altri n. 1-00006 (Nuova formulazione), nel testo riformulato, nel senso di votare separatamente la premessa dal dispositivo.
Avverto, altresì, che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Damiano ed altri n. 1-00006 (Nuova formulazione), limitatamente alla premessa, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 504
Votanti 473
Astenuti 31
Maggioranza 237
Hanno votato
210
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che il deputato Vignali ha segnalato che non è riuscito ad esprimere parere contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Damiano ed altri n.1-00006 (Nuova formulazione), limitatamente al dispositivo, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 504
Votanti 501
Astenuti 3
Maggioranza 251
Hanno votato
501).

Prendo atto che i deputati Nizzi e Di Caterina hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere parere favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Cazzola ed altri n. 1-00012, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 506
Votanti 501
Astenuti 5
Maggioranza 251
Hanno votato
310
Hanno votato
no 191).

Prendo atto che i deputati Melandri e Rota hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Paladini ha segnalato che ha erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozionePag. 38Delfino ed altri n. 1-00013 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 503
Votanti 329
Astenuti 174
Maggioranza 165
Hanno votato
307
Hanno votato
no 22).

Prendo atto che i deputati Vassallo e Melandri hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere il voto e che il deputato Borghesi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario. Prendo altresì atto che il deputato Sarubbi ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Paladini e Donadi n. 1-00014, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 511
Votanti 475
Astenuti 36
Maggioranza 238
Hanno votato
207
Hanno votato
no 268).

Prendo atto che i deputati Vassallo e Sarubbi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi. Prendo infine atto che il deputato Borghesi ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
È così esaurito l'esame delle mozioni all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per le questioni regionali (ore 16,42).

PRESIDENTE. Comunico che, in data 16 giugno 2008, il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali la senatrice Simona Vicari in sostituzione del senatore Alberto Balboni.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per l'infanzia.

PRESIDENTE. Comunico che, in data 16 giugno 2008, il Presidente il Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per l'infanzia il senatore Alberto Balboni in sostituzione della senatrice Simona Vicari.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

PRESIDENTE. Comunico di aver chiamato a far parte della Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale il deputato Giorgio Jannone in sostituzione del deputato Settimo Nizzi, dimissionario.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria.

PRESIDENTE. Comunico di aver chiamato a far parte della Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria il deputato Settimo Nizzi in sostituzione del deputato Giorgio Jannone, dimissionario.

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Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 18 giugno 2008, alle 10,30:

1. - Informativa urgente del Governo sui recenti fatti accaduti presso la Clinica Santa Rita di Milano.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(ore 16,30)

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile (1145-A/R).

La seduta termina alle 16,45.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Damiano ed al 1-6 n.f. p.I 504 473 31 237 210 263 54 Resp.
2 Nom. Moz. Damiano ed al 1-6 n.f. p.II 504 501 3 251 501 54 Appr.
3 Nom. Moz. Cazzola ed altri 1-12 506 501 5 251 310 191 54 Appr.
4 Nom. Moz. Delfino ed altri 1-13 n.f. 503 329 174 165 307 22 54 Appr.
5 Nom. Moz. Paladini e Donadi 1-14 511 475 36 238 207 268 54 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.