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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 17 di lunedì 16 giugno 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 14,35.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 3 giugno 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, La Russa, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni (ore 14,40).

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

ANGELO SALVATORE LOMBARDO, Segretario, legge:
CARMINE GONNELLA, da Londra, chiede che si possano candidare nella circoscrizione Estero solo quanti risiedono all'estero da un determinato periodo (19) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
ANTONINO PADALINO, da Bellaria Igea Marina (Rimini), chiede l'abolizione del certificato di sana e robusta costituzione per l'assunzione nel pubblico impiego (20) - alla XI Commissione (Lavoro);
ELISA D'ALESSIO, da Matera, e numerosi altri cittadini, chiedono modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di prevenzione del randagismo e di tutela degli animali d'affezione (21) - alla XII Commissione (Affari sociali);
ROBERTA BARTOCCI, da Roma, e numerosi altri cittadini, chiedono misure in favore della promozione e della difesa della scelta alimentare vegetariana e vegana (22) - alla XII Commissione (Affari sociali);
MASSIMO VITTURI, da Salzano (Venezia), chiede l'abolizione del diritto di accesso al fondo altrui per l'esercizio della caccia (23) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
l'istituzione di una Commissione parlamentare antimafia a carattere permanente (24) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
un rafforzamento del sistema carcerario e l'impiego di personale delle Forze armate come ausiliari di polizia penitenziaria (25) - alla II Commissione (Giustizia);Pag. 2
un riordino del sistema radiotelevisivo che limiti il numero massimo di emittenti di proprietà di un privato (26) - alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti);
l'attribuzione di nuove competenze ai tribunali militari (27) - alla II Commissione (Giustizia);
l'introduzione di un certificato che attesti le buone condizioni psicofisiche dei parlamentari (28) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
PAOLO ALBERTO PAOLI, da Prato, chiede l'emissione di un documento di identità catastale e l'attribuzione di un codice catastale ad ogni unità immobiliare (29) - alla VI Commissione (Finanze);
VINCENZO FESTA, da Siracusa, chiede nuove norme in materia di pagamento dell'ICI per le aree edificabili e di plusvalenze realizzate sulle medesime aree (30) - alla VI Commissione (Finanze);
PASQUALE GIUDICE, da Santa Marina (Salerno), chiede che, in caso di violazione delle norme sull'accesso ai documenti amministrativi, le spese relative a eventuali ricorsi siano a carico dell'amministrazione inadempiente e il responsabile del procedimento sia passibile di sanzioni (31) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
GIUSEPPE AMERISE, da Trebisacce (Cosenza), e numerosi altri cittadini, chiedono l'adeguamento delle pensioni degli ex dipendenti dell'IPOST agli stipendi del personale in servizio (32) - alla XI Commissione (Lavoro);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede: misure per impedire la riutilizzazione degli strumenti monouso utilizzati in campo sanitario (33) - alla XII Commissione (Affari sociali);
la possibilità di scontare la pena presso familiari e congiunti (34) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di parcheggio a pagamento (35) - alla IX Commissione (Trasporti);
l'introduzione di buoni per l'acquisto dei generi di prima necessità (36) - alla X Commissione (Attività produttive);
ANTONIO FORTUNATO, da Verona, chiede nuove norme in materia di società per azioni, con particolare riferimento agli obblighi degli amministratori, alla tutela dei soci di minoranza e ai limiti alle fusioni (37) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
COSIMO COVELLI, da Castrovillari (Cosenza), chiede il riconoscimento e la valorizzazione delle associazioni private che svolgono compiti di protezione civile (38) - alla VIII Commissione (Ambiente);
MARIANO SEVERINO SCIACCA, da Palermo, chiede l'estensione a ogni tipo di reato della possibilità di disporre intercettazioni giudiziarie (39) - alla II Commissione (Giustizia);
TOMMASO BADANO, da Sassello (Savona), chiede che le esclusioni dall'esenzione dal pagamento dell'ICI siano determinate in base al reddito familiare e non alla categoria catastale dell'immobile (40) - alla VI Commissione (Finanze).

Sull'ordine dei lavori (ore 14,42).

SILVANA MURA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché questa mattina, su un quotidiano nazionale, e precisamente la Repubblica, è riportata un'intervista al Ministro della difesa, l'onorevole La Russa, circa la decisione del Governo di voler destinare duemilacinquecento militari a compiti di pubblica sicurezza nelle principali città italiane. In quest'intervista, alla domanda se tale decisione fosse motivata da dati o statistiche che giustifichino l'esistenza di un'emergenza criminalità, il Ministro La Russa risponde quanto segue: «Io ascolto i cittadini, devo dare loro risposte, ePag. 3nessun politologo o statistico mi convincerà del contrario. Se anche la criminalità in termini assoluti o statistici non fosse cresciuta, è cresciuta nel Paese la percezione di una violenza diversa, a volte selvaggia (...)».
Signor Presidente, vengo al dunque del mio intervento. Riterrei molto grave se il Governo si apprestasse a varare una misura assolutamente emergenziale, come quella appunto di destinare un contingente dell'esercito a compiti di sicurezza nelle città, sulla base di percezioni e non su dati che di fatto giustifichino l'esistenza di un'emergenza. Voglio ricordare ai colleghi presenti in Aula che un provvedimento del genere fu adottato solo due volte sino ad oggi, prima dal Governo Badoglio subito dopo il 25 luglio del 1943, e poi a seguito dell'attentato all'onorevole Togliatti. I cittadini hanno tutto il diritto di sentirsi più o meno sicuri nelle nostre città, ma il Governo di un Paese non può adottare provvedimenti sulla base di percezioni, ma solo su dati di fatto.
Considerato inoltre che sull'impiego dei militari si registrano perplessità, manifestate dai membri dello stesso Governo, tra le quali quelle del Ministro dell'interno, l'onorevole Maroni, ritengo necessario che il Governo venga subito a riferire ufficialmente in Aula sui motivi che giustificherebbero l'impiego dei militari in servizio di ordine pubblico, e a fornire al Parlamento i dati ufficiali che testimonino l'esistenza di un'emergenza criminalità. Chiedo dunque alla Presidenza di avanzare questa mia richiesta al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Mura, la Presidenza avanzerà tale richiesta al Governo, e comunque esistono anche gli strumenti normali del sindacato ispettivo per chiamare il Governo a rispondere su questi temi. Peraltro penso che fra breve sarà all'esame dell'Aula anche il provvedimento, sul quale potremo pronunciarci. Comunque, la richiesta verrà inoltrata al Governo.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile (A.C. 1145-A) (ore 14,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1145-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Italia dei Valori ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Ghiglia, ha facoltà di svolgere la relazione.

AGOSTINO GHIGLIA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'VIII Commissione propone all'Assemblea l'approvazione del provvedimento in esame, che reca misure straordinarie per fronteggiare e, finalmente, risolvere la drammatica emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché ulteriori disposizioni connesse alla complessiva razionalizzazione delle amministrazioni del Ministero dell'ambiente e del Dipartimento della protezione civile.
Trattandosi di un provvedimento che ha avuto - e continua ad avere - l'attenzionePag. 4delle cronache quotidiane, credo opportuno illustrare in termini non troppo diffusi il senso del decreto-legge al nostro esame. Mi limito, in questa sede, soltanto a ricordare che il decreto introduce un nuovo modello per la gestione dell'emergenza campana, che pone fine alla fallimentare e costosissima esperienza dei commissari delegati e delle relative strutture, cui subentra un apposito sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nella figura di Guido Bertolaso.
È inoltre attribuito al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri il coordinamento della complessiva azione di gestione dei rifiuti nella regione Campania per la durata del periodo emergenziale, che viene prorogato fino al 31 dicembre 2009.
Rammento altresì che il provvedimento affida al sottosegretario il compito fondamentale di provvedere all'attivazione dei siti da destinare a discarica: in tale ambito, questi può utilizzare procedure espropriative per l'acquisizione di siti per lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti. Ai siti, alle aree e agli impianti comunque connessi all'attività di gestione dei rifiuti è attribuita la qualifica di aree di interesse strategico nazionale, rendendo in tal modo possibile il coinvolgimento, oltre che delle forze di polizia, anche delle Forze armate, sia pure con compiti specifici e ben delimitati, al fine di assicurare piena effettività agli interventi ed alle iniziative per fronteggiare l'emergenza.
Nel rinviare per il resto alla relazione che ho già svolto in Commissione in merito ai contenuti più specifici del provvedimento originario, mi soffermerò in questa sede sulle principali modifiche introdotte nel corso dell'iter del provvedimento nella stessa Commissione, anche a seguito dei pareri resi dalle altre Commissioni, riservandomi di svolgere ulteriori approfondimenti in seguito, in relazione all'andamento del dibattito.
Innanzitutto, con riferimento al sottosegretario preposto alla soluzione dell'emergenza in corso, la Commissione ha stabilito, con il nuovo comma 12-bis dell'articolo 2, che, entro 60 giorni dalla fine dello stato di emergenza, egli è tenuto a presentare al Parlamento una relazione che, oltre a quantificare gli oneri relativi agli interventi realizzati, indichi puntualmente e in modo motivato le esigenze in atto, le risorse disponibili e i soggetti cui verranno affidati gli oneri della gestione ordinaria del ciclo dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. A tale relazione - che potremmo definire una tantum - si affianca inoltre quella periodica e stabilizzata prevista dal nuovo articolo 19-bis, che dispone la presentazione da parte del Governo (entro il 31 dicembre 2008, e, successivamente, ogni sei mesi) di una relazione al Parlamento sullo stato di attuazione complessiva del provvedimento.
Sotto il profilo dei costi, in diversi articoli si è prevista l'introduzione di una serie di misure di invarianza che consentono di garantire la sterilizzazione di possibili aumenti incontrollati di spesa: si tratta perlopiù di norme finalizzate a garantire un'adeguata copertura degli oneri e il rispetto delle disposizioni generali in materia finanziaria.
Per quanto concerne invece lo specifico punto di cui all'articolo 3, vale a dire le misure di natura giudiziaria, è stato confermato l'impianto del testo, che prevede la competenza del tribunale di Napoli, per il quale è stato definito meglio il campo di intervento, che viene ora limitato ai soli reati - consumati o tentati - riferiti alla gestione dei rifiuti, e non anche ai reati in materia ambientale (articolo 3, comma 1).
Con una scelta che ha trovato l'assenso del Governo, inoltre, nel quadro previsto dall'articolo 6 per il recupero degli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti in impianti di compostaggio di qualità, si è estesa la possibilità di riconversione anche alla produzione di combustibile da rifiuti di qualità (CDR-Q) da utilizzarsi in co-combustione nei cementifici e nelle centrali termoelettriche. Nel contempo, sempre acquisito il consenso del Governo, la Commissione ha preso atto in modo pressoché unanime dell'assoluta e improrogabile necessità di superare la situazione di emergenza e di assicurare un'adeguataPag. 5capacità complessiva di smaltimento dei rifiuti prodotti in Campania attraverso l'introduzione dell'articolo 8-bis, che ha previsto l'estensione di finanziamenti e incentivi cosiddetti CIP 6 ai termovalorizzatori di Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa.
Vi è poi un nuovo testo dell'articolo 7, che è stato introdotto su iniziativa del Governo nel corso dell'iter in Commissione per garantire una razionalizzazione di una serie di strutture e organismi tecnici. In particolare, mediante l'accorpamento dell'APAT, dell'ICRAM e dell'INFS, viene creato l'Istituto di ricerca per la protezione ambientale (IRPA), i cui organi, modalità di funzionamento e procedure sono definiti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Si provvede, inoltre, al riordino della commissione istruttoria per l'autorizzazione integrata ambientale. Inoltre, nel rispetto del principio di autosufficienza regionale, secondo il quale i rifiuti vanno smaltiti nei territori dove sono prodotti, ai sensi del nuovo comma 7-bis dell'articolo 9 è vietato - fatte salve eventuali intese tra regioni in tal senso - il trasferimento, lo smaltimento o il recupero di rifiuti in altre regioni.
All'articolo 10, che contiene una deroga relativa alla disciplina degli scarichi, è stata apportata un'opportuna modifica richiesta anche dal Comitato per la legislazione, per effetto della quale la deroga in questione non potrà in alcun modo superare il 31 dicembre 2009 e sarà comunque soggetta ad una pianificazione di monitoraggi continui volti ad assicurare la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini.
Segnalo, quindi, che in riferimento alla raccolta differenziata la Commissione si è fatta carico delle effettive difficoltà che gli enti locali della regione Campania potrebbero incontrare nel rispettare gli obiettivi minimi ed ha pertanto lievemente modificato detti obiettivi, attribuendo peraltro al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il compito di stimolare l'adozione di comportamenti atti a favorire la raccolta differenziata (articoli 11 e 12).
Contestualmente, nelle iniziative di compensazione ambientale che il Ministero è tenuto a promuovere attraverso accordi con gli enti territoriali interessati sono state inserite anche iniziative volte alla bonifica dei siti inquinati, questione molto sentita soprattutto nei territori nei quali si ipotizza di realizzare le indispensabili discariche.
All'articolo 14 è stata recepita un'osservazione del Comitato per la legislazione nel senso di meglio precisare la norma di interpretazione autentica in materia di controlli di legittimità della Corte dei conti. Sono state poi specificate, anche con il contributo del parere della V Commissione Bilancio, le norme sulla funzionalità del Dipartimento della protezione civile previste dagli articoli 15 e 16.
All'articolo 17, relativo alla copertura finanziaria del provvedimento, sono state infine inserite norme volte a rendere più efficaci le misure di controllo della spesa. In particolare, il comma 3-bis introdotto nel corso dell'esame in Commissione prevede il monitoraggio degli impegni finanziari da parte del sottosegretario, nonché la copertura di eventuali eccedenze di spesa a valere sul Fondo per la protezione civile di cui alla legge n. 225 del 1992.
Prima di concludere la mia relazione, vorrei soffermarmi sui pareri espressi dalle Commissioni di settore e dal Comitato per la legislazione. Per quanto concerne quest'ultimo, desidero precisare che l'VIII Commissione ha potuto recepire solo una minima parte dei rilievi espressi nel parere, poiché vi è stata una valutazione di come fosse difficile, nell'ambito di un provvedimento che risponde ad esigenze di straordinaria eccezionalità, improntato a rendere possibile un'azione unitaria e coerente da parte del Governo, accogliere taluni rilievi e distinguere, in tal modo, tra profili che investono le diverse materie, con particolare riferimento alle norme derogatorie di cui all'articolo 18.
Quanto agli altri pareri parlamentari, faccio presente, in primo luogo, che tutte le Commissioni si sono espresse in senso favorevole sul provvedimento in esame,Pag. 6sebbene talune abbiano formulato rilievi sul contenuto di alcune specifiche disposizioni.
Rilevo, peraltro, che la VII Commissione cultura ha inserito nel proprio parere alcune condizioni, che appaiono tuttavia dirette soprattutto a rafforzare le competenze parlamentari e ministeriali di settore; per tali ragioni non si è ritenuto opportuno procedere al recepimento delle condizioni citate.
Analoga valutazione è stata svolta in ordine al parere della IV Commissione difesa, le cui pur legittime condizioni non sono state recepite, nella prospettiva di approfondire ulteriormente le questioni poste.
Al contempo, segnalo che tra i rilievi espressi dalle Commissioni in sede consultiva vi sono anche le osservazioni formulate nei pareri delle Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia); si tratta, a giudizio della maggioranza in Commissione, di indicazioni di natura generale particolarmente interessanti, ma che non sembrano, al momento, giustificare la necessità di apportare specifiche modifiche al testo del decreto-legge.
Infine, mi sia consentito di trattare per ultima la questione di maggiore attualità nelle ultime ore, ossia l'adozione da parte del Consiglio dei ministri, riunitosi lo scorso venerdì, di un nuovo decreto-legge in materia.
Si tratta di una scelta che il Governo ha spiegato essere motivata e seria e pertanto ci rimettiamo a tali valutazioni. In particolare, attendiamo serenamente di verificare se - come sembra - il Governo intenda effettivamente trasfondere il contenuto di tale nuovo provvedimento d'urgenza nell'ambito del decreto-legge n. 90.
Per quanto, tuttavia, concerne il mio specifico ruolo di relatore mi corre l'obbligo di riferire all'Assemblea che la questione è stata affrontata in Commissione prima della deliberazione del mandato e che, senza sostanziali difformità di vedute, tutti i gruppi, concorde anche il Governo, hanno chiesto di poter garantire alla Commissione stessa tempi adeguati di approfondimento nell'eventualità di un possibile accorpamento dei testi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, ho trovato la relazione dell'onorevole Ghiglia completa e non ho nulla da aggiungere. Egli, fra l'altro, ha preso atto delle modifiche, delle integrazioni, dei suggerimenti e dei pareri proposti anche dalle altre Commissioni. Pertanto, ci accingiamo a seguire, come doveroso, la discussione e ci riserviamo di intervenire in replica al termine della stessa.

PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, nella precedente legislatura e in quelle ancora prima ci siamo intrattenuti numerose volte in ordine a questo tema. Nonostante l'impegno del Parlamento e le leggi approvate, in qualche occasione con il consenso di maggioranza e opposizione, la situazione nella regione Campania relativamente allo smaltimento dei rifiuti si è andata sempre aggravando, malgrado tutti i Governi che si sono succeduti abbiano assunto iniziative con commissariamenti di lunga durata, che hanno portato dopo quattordici anni e sei mesi - quasi quindici - ad una situazione ormai di difficoltà insuperabile e che appare irreversibile. Ciò è tanto vero che il mancato smaltimento dei rifiuti in Campania è diventato un emblema, la prima pagina in tutti i giornali e le riviste del mondo. La bellissima città di Napoli e le altre meravigliose località della Campania sono state considerate un esempio da non seguire, un esempio negativo della nostra nazione davanti agli spettatori di tutto il mondo.Pag. 7
Ciò premesso, è stato necessario in passato procedere con urgenza attraverso decreti-legge. È ovvio che un intervento ulteriore, visto e considerato che non si sono ottenuti risultati positivi, si rendeva necessario anche nell'attuale legislatura. Tuttavia, sarebbe necessario non liquidare, come ha fatto il relatore, in una sola battuta la ragione di tutto ciò, affermando che prima si sbagliava, si nominavano commissari delegati che fallivano e adesso, invece, si procede in modo diverso e perciò si farà tutto bene e si risolverà il problema.
Ritengo che sarà molto difficile, anche con il provvedimento al nostro esame, risolvere il problema dei rifiuti in Campania, perché in fondo non si tratta di un problema organizzativo, di una questione che riguarda la scarsa capacità di questo o di quell'amministratore o le incapacità politiche. Si tratta, invece, a mio avviso e in profondità, di una questione culturale di grande rilievo nazionale che ha trovato nella regione Campania la prima reale verifica di quanto fossero sbagliate le culture o le pseudoculture sviluppatesi con riferimento a tali tematiche.
È chiaro che l'Europa e gli altri Paesi si sono mossi meglio e prima di noi perché, come è noto, la questione dei rifiuti è strettamente legata ai livelli di civiltà di un popolo e la stessa produzione quantitativa, ma soprattutto quella qualitativa, dimostra a che punto è arrivato il livello di vita di una popolazione. A tal proposito è evidente che non tutto il territorio italiano si è trovato nelle stesse condizioni degli altri grandi Paesi europei e che perlomeno una buona metà di esso è rimasta indietro. L'Italia, quindi, è stata preceduta anche a livello normativo e in modo concreto da queste nazioni e dalla stessa Unione europea.
Naturalmente noi italiani siamo molto bravi, abbiamo usato scorciatoie, siamo stati più realisti del re, siamo andati avanti e abbiamo fissato degli obiettivi, come se non si trattasse di una questione oggetto di comprensione generalizzata da parte dei cittadini, ma soltanto di raggiungere percentuali ed obiettivi che, più che i cittadini, avrebbero impegnato solo e soprattutto le classi dirigenti, varando norme spesso non attuabili. Nonostante tali difficoltà, abbiamo normative ormai datate. Tenete presente che l'Italia si è dimenticata dell'argomento in discussione per quarant'anni: dal 1941 al 1982 nessuna norma è stata varata dal Parlamento italiano relativamente allo smaltimento dei rifiuti, soprattutto di quelli urbani, mentre dal 1982 ad oggi si è registrata una corsa alla normazione.
Tuttavia, se è vero che in quegli anni il Parlamento e i Governi non hanno mai posto attenzione sull'argomento, nel Paese, nei centri di ricerca e nelle università, invece, lo stato della ricerca scientifica e tecnologica, nonché dell'attuazione e della trasformazione dei risultati delle ricerche in impianti e attività economiche, è avanzato e quindi il Paese si è trovato molto più avanti del Parlamento e del Governo.
Nel 1982, dopo ben quarant'anni, è stata emanata la prima normativa e nel 1984 un decreto interministeriale, sulla base delle indicazioni europee, ha tradotto i risultati effettivi delle ricerche e dei lavori di studiosi italiani in normative di legge che solo in parte sono state rese operative.
Ricordo che, negli anni Settanta, nelle università, non solo si sono sviluppati studi ma sono sorte anche cattedre riguardanti simili argomenti, tra l'attacco e qualche volta la derisione del mondo politico di allora. Ricordo che si diceva: «Viene fuori anche la cattedra sulla monnezza», mentre si sottovalutava il fatto che si trattasse, invece, di operazioni culturali molto importanti che poi avrebbero dovuto - esse sì - influenzare le scuole superiori, medie ed elementari e non associazioni pseudo-culturali, che hanno sempre fallito nelle proprie previsioni. Con tutto il rispetto per il club di Roma «Aurelio Peccei», sono convinto che anche i suoi membri hanno sbagliato tutto e oggi dobbiamo assolutamente registrare, nel nostro Paese, una carenza generalizzata e culturale su questo argomento.
Tuttavia, le normative emanate, dopo il 1982 e il 1984, a seguito di quelle europee,Pag. 8ci avrebbero dovuto imporre di predisporre i piani regionali di rifiuto in tutte le regioni e di realizzare una filiera di smaltimento che partisse dalle modalità di differenziazione dei rifiuti (sia in casa, sia in stabilimento) e poi si occupasse del trattamento delle varie linee, per arrivare al recupero di tanti materiali utili (che si chiamavano «materie seconde») e soprattutto energetici - attraverso l'incenerimento dei rifiuti che hanno la caratteristica di possedere un potere calorifero superiore a un certo livello in modo da rendere l'operazione conveniente - e infine alla discarica.
Naturalmente, sono rimasti tutti indietro, in particolare quelle regioni nelle quali è prevalsa la pseudo-cultura che afferma di dover raggiungere l'obiettivo «rifiuti zero»: questa è la Campania, dove non ci si è resi conto che, invece, questo obiettivo poteva essere un punto di arrivo molto lontano. Invece, lo si è voluto attuare subito, perché si è detto che le discariche non servono e che si devono chiudere gli altri impianti, che non sono stati costruiti, e si è sperato nella provvidenza, perché nel ciclo si è effettuata soltanto la preparazione del combustibile e la raccolta differenziata (per la quale si è assunto molto personale): con questi sistemi si è arrivati a triplicare il costo di smaltimento di un chilo di spazzatura rispetto a civilissime regioni italiane e anche al resto d'Europa.
Si è arrivati, quindi, a trascurare il fatto che, in grande misura, gli amministratori dovessero avere senso di responsabilità ed essere capaci di smaltire nel territorio di produzione (il principio «chi inquina paga», in altri termini): si può stabilire che ciò avvenga in un determinato ambito, ossia in una provincia o in un comprensorio.
Sono state avanzate molte ipotesi e si è arrivati all'ambito. Ebbene, almeno alcune regioni hanno scelto le province, hanno fatto la filiera di impianto e stanno bene. Questa mancanza di cultura si vede in Campania, ma riguarda anche altre regioni: ci sono almeno quattro o cinque regioni che possono seguire la Campania nel caso in cui si assumessero decisioni scellerate, come quelle adottate in Campania. Tant'è vero che tutto ciò ha portato qualche sindaco a dire di avere già contribuito e che i rifiuti solidi debbono esse smaltiti altrove. Ebbene, ritengo che abbiano fatto bene.
In passato avevamo già sostenuto il commissario delegato, Guido Bertolaso, che adesso è sottosegretario, ma gli è stato impossibile procedere a causa di questo retropensiero. Forse proprio durante il breve periodo di commissariamento Bertolaso, è stata approvata una nuova legge regionale campana, di cui una parte, basata su questo, è da cestinare del tutto. Credo, quindi, che oggi fosse necessario provvedere con un ulteriore intervento.
La situazione nella regione Lazio non è diversa: se il presidente Marrazzo agisse con superficialità e affermasse che, secondo le norme, occorre chiudere la discarica di Malagrotta, avremmo un problema immediato anche nella città di Roma, perché in quella discarica non finiscono solo i rifiuti di Roma. Forse adesso l'arrivo di rifiuti dalla regione è più limitato, ma in passato provenivano addirittura da tutta la regione.
Tutto ciò è vero, ma con questo decreto-legge necessario, su un argomento importante come questo, frutto di una scelta assunta all'inizio con un certo decisionismo, non si rinuncia a innovare anche su aspetti che non c'entrano nulla.
Perché non limitare l'intervento alle questioni fondamentali, che sono quelle di eliminare subito la spazzatura dalle strade della Campania e avviare il ciclo integrato dei rifiuti, partendo dalla raccolta differenziata, quella possibile?
Mi fanno ridere le dichiarazioni che parlano di raccolta differenziata al 50 per cento. Non siamo mica in Veneto, dove la raccolta differenziata è forse superiore al 50 per cento, ma ci sono anche molte infrazioni: molti rifiuti, che non sono solidi urbani, vengono fatti «emigrare». Invece, si sceglie sempre di inserire argomenti che non c'entrano nulla.
Mi sapete dire, infatti, per quale motivo bisogna intervenire anche per modificarePag. 9profondamente l'assetto dei compiti della procura. Ci sono le due procure di Napoli e Salerno; serviamoci di quelle!
Perché affidare tutto al procuratore generale di Napoli? Non l'ho capito.
Come dicono gli esperti - mi sembra che tutti siano consapevoli di ciò, compreso il Consiglio superiore della magistratura e grandi magistrati indipendenti -, quello che si tenta di inserire in questo decreto-legge non porta nessun vantaggio, ma anzi crea intasamenti.
È vero che vi è qualcuno che critica il fatto che spesso - l'ha fatto ieri lo stesso De Gennaro - l'azione delle procure ha ritardato la raccolta dei rifiuti. È possibile, ma evidentemente non si possono fare delle eccezioni; se vi sono delle gravi irregolarità, dei reati, le procure non possono stare a guardare, devono intervenire. È importante, allora, intervenire per evitare che vi siano queste gravi dissonanze e si commettano questi reati. Ritengo che bisogna tornare indietro sulla questione, rimettere la competenza nelle mani della magistratura normalmente competente, dandole fiducia e raccomandando alla stessa di collaborare con noi, con coloro i quali vogliono prevenire ulteriori reati: se si prevengono alcuni di essi, comunque se ne possono commettere di nuovi. La magistratura, quindi, aiuterà l'attività del sottosegretario per far sì che si prevengano ulteriori reati e che si eviti l'espansione dell'infiltrazione criminale che vi è stata e vi è ancora.
L'altra questione che non comprendo è perché bisogna creare un ulteriore istituto di ricerca in Italia dove ve ne sono alcuni che sono invidiati nel resto del mondo, non solo in Europa. Cosa c'entra creare un nuovo istituto di ricerca? Forse perché bisogna «mettere a posto» qualcuno? Neanche in Campania, neanche a Napoli, manca la cultura vera su questi argomenti. Cosa c'entra modificare con un decreto-legge la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale. Forse perché, prevedendo la riduzione da 60 a 50 dei componenti, si può realizzare lo spoil system? Infine, sono state apportate ulteriori modifiche che ci sembrano assolutamente non congrue. Non c'entrano niente. Mi risulta che la Commissione tecnica di verifica di impatto ambientale abbia lavorato rapidamente; forse occorrerà migliorare la qualità di qualche componente, ma non è che dobbiamo buttare il bambino con l'acqua sporca.
Esiste un altro aspetto che mi lascia perplesso: che bisogno vi era di intervenire con un decreto-legge per modificare una legislazione esistente che ha funzionato? Non è quella la causa dei ritardi di alcune regioni, in particolare della Campania.
Vi è poi un'altra questione da affrontare. Dobbiamo effettivamente riflettere sul ruolo del Parlamento. Ruolo che si è dimostrato fondamentale anche con riferimento a questo provvedimento, dato che indire degli appalti di termovalorizzatori senza pensare di considerare i finanziamenti ed incentivi, cosiddetti CIP 6, sarebbe stato un assurdo. È giusto, quindi, che la VIII Commissione abbia inserito i cosiddetti CIP 6 anche con riferimento ai tre ulteriori appalti di termovalorizzatori, essendo questo il modo per far partecipare le imprese che, altrimenti, non avrebbero partecipato, perché - lo sappiamo benissimo - non sarebbe stato conveniente. Inoltre, è anche giusto che i problemi fondamentali della città di Napoli vengano risolti nel comune di Napoli. Si tratta di una questione fondamentale, è assurdo pensare che i rifiuti dell'area napoletana (oltre due milioni e mezzo di persone) possano essere spostate in altre aree dove giustamente vi sono delle rivolte.
Ebbene, se Chiaiano non dovesse andare? Io ritengo che tecnicamente tutte le discariche possano essere utilizzate, perché anche se esse si trovano in terreni non adatti si possono realizzare degli interventi progettuali che modifichino l'assetto e la gestione. In tal modo vi è la possibilità di utilizzare come discariche anche questi luoghi, tuttavia dobbiamo garantire alle persone, e ai cittadini dei luoghi individuati dal provvedimento per realizzare le discariche, che nulla di negativo può avvenire per loro salute, e che possonoPag. 10anche ricevere delle agevolazioni forti - tale misura deve essere inserita per decisione del Parlamento - e visibili.
Perché queste persone devono pagare la TARSU? Anzi nel provvedimento in esame vi è un errore grave poiché dispone che quelli che non raggiungono una percentuale di raccolta differenziata vengono puniti con una tassa maggiorata. In realtà, si tratta dei comuni dove non si riesce nemmeno a raccogliere l'immondizia, ma quei cittadini pagherebbero ancora di più. Nei luoghi dove devono essere sistemate le discariche o i termovalorizzatori deve essere eliminata la TARSU o comunque la parte relativa allo smaltimento e al conferimento, lasciando invece quel 20 per cento che riguarda soltanto la spazzatura delle strade relativa al comune. Ma per il resto vi è un interesse da salvaguardare. Ciò deve valere per lo specifico comune individuato e per quelli limitrofi. Noi presenteremo degli emendamenti in questa direzione, e non solo su tali aspetti. Presenteremo degli emendamenti relativi al costo dell'energia, perché - come è noto - dove si realizzano degli inceneritori si produce energia. Allora, perché non dimezzare i costi dell'energia elettrica in quei comuni, almeno per il periodo di emergenza stabilito dal decreto, fino al 31 dicembre 2009 (poi si vedrà)? Credo che ciò rappresenterebbe un incentivo fondamentale. Inoltre, se la discarica di Chiaiano non dovesse essere politicamente o socialmente fattibile dovrebbe comunque spettare al comune di Napoli ed al sindaco di Napoli, oltre che la scelta del sito per l'inceneritore, quella per la discarica. Nessuno può pensare che non si può far lo smaltimento nel proprio giardino mentre lo si può fare nel giardino altrui. Inoltre, richiamo quella deroga relativa agli impianti di depurazione che non ho capito. Non ho compreso tale misura anche perché è limitata nel tempo. Per un certo periodo di tempo possiamo rendere impossibile a quell'impianto la gestione secondo le norme attraverso il rispetto le tabelle. Ciò varrebbe per un certo periodo di tempo e poi si tornerebbe al regime originario. Ma non funziona così. Affidatevi a chi capisce queste situazioni. Bisogna intervenire con un regolamento in modo tale che i grandi impianti di depurazione nel napoletano riescano a smaltire il percolato delle discariche con una tempistica e attraverso una modalità di rimescolamento tale da evitare che le acque reflue che si immettono nell'impianto possano far funzionare male l'impianto stesso.
Si tratta di questioni tecniche. Cosa c'entrano? Cosa c'è dietro a tale misura con la quale si inserisce una regolamentazione tecnica in una legge indispensabile per altri motivi (non per questi aspetti)?
Quindi, la situazione peggiora ulteriormente. Mi domando il motivo per cui in una normativa di questo genere, provvisoria ed emergenziale, si preveda, fino al 31 dicembre 2009, per un anno e mezzo, la stabilizzazione di dirigenti di prima, seconda e terza fascia. Sappiamo benissimo che queste problematiche esistono.
Dobbiamo fare a gara ad aiutare il Commissario, la Protezione civile, il sottosegretario per mandare in quella regione comandati, distaccati, persone che possono intervenire temporaneamente e che hanno svolto quel ruolo, non chi si è interessato di incendi oppure di altre questioni. Si devono inviare persone che hanno svolto bene quel ruolo per anni in altre regioni o in società private, con assunzioni temporanee, con incarichi che riguardino l'emergenza.
Mettiamo il fior fiore di coloro che se ne intendono, che hanno l'esperienza, che possono contribuire a migliorare la situazione, ma non approfittiamo di questo provvedimento per promuovere chi non ha i titoli. Alcuni dovrebbero entrare per concorso, altri in altro modo, ma non è giusto, non è pensabile.
Questa maggioranza - non capisco il perché - forse sta approfittando del fatto che vi è una vera necessità, urgenza, una vera emergenza, qualcosa che nessuno discute. A ciò si aggiungano altri elementi negativi che non dovremmo inserire. Si tratta di aspetti tipici della cultura legislativa del nostro Paese: se vi è un treno che passa, ci infiliamo e ci inseriamo purePag. 11questo. Sono modalità tipiche delle leggi finanziarie che speriamo non si usino più neanche nelle leggi finanziarie. Non vi è bisogno di legiferare in questa maniera.
Bisogna emanare bandi di assunzione di personale specializzato, temporaneo, che proviene da altra esperienza, da altre regioni, che siano comandati. Vi deve essere solidarietà nelle altre regioni.
Da questo decreto la solidarietà è scomparsa tant'è vero che, addirittura, anche nella fase transitoria, nella fase di emergenza...

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, la ascolterei un tempo infinito, ma - ahimè - il Regolamento dice che deve concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Sto per concludere. Abbiamo, quindi, la necessità di inserire anche un pizzico di solidarietà.
Non si esprime solidarietà, vietando che in questo periodo i rifiuti della Campania vengano spostati in altre regioni: non è possibile. Così come non è possibile nemmeno che, proprio in questo periodo, ancora una volta, al di là degli episodi, dei residui ospedalieri e dei camion di rifiuti radioattivi rinvenuti...

PRESIDENTE. Onorevole Misiti, la prego di concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo. Sappiate che il centro di rifiuti ospedalieri di Roma, cioè il forno dei rifiuti ospedalieri di Roma, ha smaltito tutti i rifiuti ospedalieri del centro Italia. È possibile farlo anche a Napoli (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cera. Ne ha facoltà.

ANGELO CERA. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati a discutere di una problematica che grava fortemente sull'onorabilità del nostro Paese e che riguarda direttamente la salute dei cittadini.
Confesso sinceramente, da cittadino italiano prima ancora che da uomo del Sud, che discutere della spazzatura in Campania mi reca un profondo senso di sconforto e delusione. Questa è una problematica che non ammette più perdite di tempo, contrapposizioni, polemiche, ma solo una soluzione netta e definitiva.
La responsabilità politica del ruolo che ricopriamo mi induce ad auspicare che sia davvero l'ultima volta che si discuta e si cerchino soluzioni risolutive ad un'emergenza catastrofica come quella che si deve fronteggiare oggi in Campania.
Sono ormai anni che si discute e si mettono sul piatto progetti di risoluzione della questione relativa alla gestione del ciclo dei rifiuti nel territorio campano, quattordici lunghi anni di scelte sbagliate, polemiche, contrapposizioni, palleggiamenti e scarichi di responsabilità bipartisan, a cui ora non si può più dare seguito.
Bisogna operare spediti verso la soluzione, perché non si possono più lasciare false speranze a milioni di cittadini soffocati da questa drammatica emergenza.
È una responsabilità a cui nessuno può sottrarsi, per rispetto a donne, uomini e bambini minacciati, nel diritto fondamentale alla salute, da anni di scelte dissennate, ma anche - se non soprattutto, e dobbiamo avere il coraggio di denunciarlo - di comportamenti conniventi, o almeno opachi, di tentennamenti e di mancate scelte.
Questo percorso va sviluppato, ricercando la condivisione con le popolazioni interessate, fermo però restando il condivisibile principio secondo il quale ogni territorio si deve assumere le proprie responsabilità per uscire dalla crisi (principio dell'autosufficienza regionale, che anche la Corte costituzionale ribadisce riferendosi al settore dello smaltimento dei rifiuti urbani ordinari).
Siamo disponibili a condividere tale responsabilità per superare una crisi gravissima, che ha fatto il giro del mondo e che disonora il nostro Paese.
La paralisi del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti ha provocato infatti l'accumulo di migliaia di tonnellate diPag. 12spazzatura per le strade, provocando rilevantissimi disagi alla popolazione e, oltre al gravissimo danno di immagine per il nostro Paese, si sono avute ripercussioni pesantissime anche sull'economia della regione, con la penalizzazione significativa del comparto turistico e gravi danni all'agricoltura.
Ciò non deve più accadere e non può più essere tollerato.
La realtà venutasi a creare in Campania è il frutto del fallimento delle istituzioni locali, ma anche delle difficoltà incontrate dalle gestioni commissariali che si sono succedute.
Sull'incancrenirsi del problema hanno influito anche le resistenze, sovente molto aspre, di fasce della popolazione che si sono opposte, anche con la forza, all'apertura di nuove discariche. Lo ripeto: ha pesato e pesa anche l'ombra di interessi della malavita organizzata che, come è dimostrato ormai da molteplici procedimenti giudiziari, ha organizzato sui rifiuti un business criminale che ha indotto la pubblicistica nazionale, negli anni scorsi, a coniare il termine di «ecomafia».
Il dramma di questa emergenza si evince dai numeri: 9 commissari in 14 anni, 7.300 tonnellate di rifiuti urbani prodotti ogni giorno, 6 milioni di ecoballe depositate nell'intero territorio in attesa di smaltimento, 2 miliardi di euro già bruciati per fronteggiare - senza risultati, ahimè - la situazione emergenziale, 20.000 netturbini assunti senza raggiungere alcun risultato; 135 euro circa è la cifra media pagata annualmente per l'intero ciclo dei rifiuti, di cui 96 circa per le attività di spazzamento, raccolta e trasporto; e tutti sappiamo, invece, quante sono le tonnellate di rifiuti che giacciono nel territorio campano.
Tutto ciò non è più accettabile: per Napoli e la Campania c'è bisogno di un risveglio vero e del rilancio che meritano. Per far questo, è necessario un impegno comune, forte e costruttivo da parte di tutte le forze politiche; anche da parte di quelle - mi permetto di accennarlo - che hanno fatto di tali argomenti battaglie strumentali a difesa dell'efficienza operativa del nord, dimenticando, magari, che qualche industriale operante nel loro territorio ha irresponsabilmente utilizzato la Campania, e gran parte del territorio del sud (come dimostra - vorrei rivolgermi al Governo - l'ultimo atto illecito scoperto a Foggia in questi giorni) come serbatoio abusivo per scaricare illecitamente i rifiuti industriali prodotti.
Nel merito del provvedimento, ho apprezzato l'atteggiamento costruttivo mostrato nello svolgimento dei lavori in Commissione ambiente ed il doveroso senso di responsabilità nell'affrontare una problematica di tale portata. Ciò mi induce a svolgere una serie di considerazioni razionali e puntuali e a condividere, in linea generale, il dispositivo del provvedimento. Tuttavia, faccio osservare che l'atteggiamento preclusivo mostrato dal Governo su alcuni punti del decreto-legge e alcuni tentativi di forzatura per inserire nel testo tematiche che fuoriescono dalle questioni prettamente inerenti all'emergenza potrebbero essere rimandati in futuro.
Le norme previste nel provvedimento in discussione sono in larga parte condivisibili e sostenute. Il commissario Bertolaso è un uomo di grande garanzia e affidare a lui grandi poteri per la gestione dell'emergenza non può che essere misura giudicata giusta. L'individuazione e la protezione delle discariche classificate come «aree strategiche di interesse nazionale», presidiate dalle forze dell'ordine per fronteggiare le infiltrazioni criminali, e la costruzione degli impianti di termovalorizzazione per porre in atto un proficuo ed efficace piano di smaltimento dei rifiuti, sono indispensabili. L'attivazione dei piani di raccolta differenziata per programmare, sensibilizzare ed educare i cittadini alle corrette abitudini in tema di raccolta del rifiuto è altrettanto indispensabile.
L'unica cosa che mi auguro e auspico è che, finalmente, si passi dalle parole ai fatti concreti e si possa iniziare a dare risposte serie ai cittadini campani. Da quest'emergenza, la regione dovrà uscire con un sistema di gestione dei rifiuti autosufficiente, in linea con le normative vigenti nazionali ed europee, che eviti ilPag. 13ripetersi d'emergenze così penalizzanti per la dignità di Napoli e della Campania.
Un'opposizione costruttiva non può esimersi dalla responsabilità di contribuire ad approvare norme utili a fronteggiare emergenze come questa, ma ha anche il compito di far rilevare al Governo i punti dubbi ed oscuri e di proporre migliorie, che rendano ancor più fluida e corretta l'esecuzione di quanto previsto dal testo.
In Commissione abbiamo fatto notare come, su alcune questioni, sarebbe stato più corretto aprire una discussione più ampia e, magari, un ravvedimento da parte del Governo. Mi riferisco alla costituzione della «superprocura», al tentativo di regolare alcune posizioni lavorative in seno all'amministrazione per assicurare la funzionalità e l'operatività (si veda l'articolo 16) o, ancora, al tentativo di non gravare ancora sui cittadini, aumentando le percentuali TARSU sulla mancata adozione dei piani di raccolta differenziata; mi riferisco, altresì, all'incompletezza che si evince relativamente a norme riguardanti le bonifiche dei territori dove sono previste discariche o al tema dell'accorpamento degli enti collegati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in un unico nuovo organo da istituire.
Cari colleghi, non si può tralasciare qualche considerazione in merito alla questione che riguarda l'intero settore nazionale dello smaltimento dei rifiuti e non allargare il dibattito, per non trascurare, come anche in altre aree del Paese e soprattutto del Mezzogiorno, vi siano criticità simili a quelle campane, e dove la situazione non può che degenerare in breve tempo se non vengono assunte decisioni ed iniziative serie. Basta ricordare i focolai che si stanno accendendo il Sicilia in questi giorni o gli allarmi lanciati sulla discarica della capitale.
Dico tutto ciò apertamente, in un'ottica di confronto propositivo con il Governo e la maggioranza, perché anche per noi e il nostro gruppo, oggi, prima di tutto, è in gioco la credibilità dello Stato e la sua capacità di dare risposte positive alle emergenze in atto nel Paese.
In conclusione, auspicando un chiaro e positivo confronto in questa Assemblea, confido che da questo decreto-legge si possa avviare un percorso che riconduca la Campania (e il suo popolo) al prestigioso ruolo che merita nell'ambito del Paese, per la sua storia, la sua cultura e le sue grandi risorse umane e naturali (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, il Partito Repubblicano Italiano voterà a favore del provvedimento, e non solo perché appartiene alla maggioranza parlamentare, ma per un'attenta valutazione del merito che spinge in questa direzione. Del resto, le argomentazioni portate dalle opposizioni non sono tali da determinare un ripensamento.
Sullo sfondo, vi è la drammatica situazione di Napoli, una città che, per la sua storia, per le sue bellezze naturali e monumentali e per la sua cultura, non merita certo le immagini che i media di tutto il mondo hanno diffuso: una città sommersa dai rifiuti, dove è impossibile vivere se non a rischio di malattie ed epidemie. Speriamo che questo non accada, ma il caldo imminente preoccupa per le conseguenze che potrebbe determinare. Ad ogni modo, la vita di migliaia di cittadini è resa già impossibile per i miasmi che si sprigionano e per il fenomeno della diossina, per non parlare delle altre mille sostanze ancora più pericolose che rischiano di sprigionarsi.
Si tratta, dunque, di una situazione allarmante, resa ancora più drammatica dal lungo periodo di inedia che ha caratterizzato l'amministrazione locale, incapace in tutti questi anni di aggredire un fenomeno da troppo tempo annunciato. Per questi ritardi non vi sono scuse. Essi dimostrano, semmai, che non basta l'uniformità del colore politico delle giunte locali per risolvere i problemi, specie quando le coalizioni sono state costruitePag. 14per vincere le elezioni, ma non per governare.
Al di fuori questo, resta comunque un problema di carattere più generale: Napoli è oggi il sintomo emblematico di mali più profondi; incarna il malessere cresciuto di tutto il Mezzogiorno che non riesce ad ottenere l'attenzione che merita. Tutti i dati a nostra disposizione dimostrano che i divari territoriali, anziché diminuire, si sono accresciuti: mancanza di risorse, carenza delle politiche di sviluppo, incapacità nell'aggredire i nodi strutturali di una società che potrebbe offrire al Paese intero una nuova e rinnovata occasione di crescita.
Il decreto-legge al nostro esame dovrebbe costituire il momento di una riflessione più ampia, capace di offrire al popolo del Mezzogiorno un momento di speranza e anche di attenzione. Non dimentichiamo, infatti, che la base elettorale del Governo è rappresentata soprattutto dal voto del Mezzogiorno, come correttamente ha riconosciuto l'onorevole Cicchitto nella sua dichiarazione di voto nel corso del dibattito sulla fiducia al Governo: speriamo solo che nel seguito della legislatura di ciò si abbia contezza.
Napoli, però, rappresenta anche la punta di un iceberg la cui base è ancora sottotraccia. Fenomeni come quello di cui stiamo discutendo sono latenti in gran parte delle città italiane: a Palermo si sono già manifestati e a Roma potrebbero emergere quanto prima, specie se non si farà fronte ai problemi aziendali e gestionali delle imprese chiamate a gestire il ciclo dei rifiuti.
Ecco, allora, che dalla soluzione che saremo in grado di garantire alla città di Napoli dipenderà un'intera filiera: se riusciremo a liberare Napoli dalla spazzatura avremo una maggiore probabilità che il fenomeno non si replichi in altre città italiane. Tutto ciò spiega l'urgenza, ma anche la necessità di una grande attenzione verso le soluzioni che il decreto-legge individua, che andranno poi gestite con intelligenza e, soprattutto, determinazione.
Qualche segnale negativo (mi riferisco alla compresenza di materiale radioattivo) si è già manifestato, suscitando allarme e preoccupazione non solo nella cittadinanza napoletana, ma in tutta Italia. Risolvere il problema significa far fronte all'emergenza ricorrendo alle soluzioni, anche di carattere straordinario, recate dal decreto-legge, consapevoli, tuttavia, della necessità di accelerare al massimo la realizzazione delle misure di carattere strutturale che consentiranno, in via esclusiva, di porre un punto a capo all'intera questione. Mi riferisco, come è evidente, alla realizzazione di nuovi termovalorizzatori, senza i quali il problema, nonostante la raccolta differenziata (che comunque è necessario coltivare), è destinato a ripresentarsi.
Su tale aspetto vorrei, tuttavia, sollecitare il Governo a compiere un più vasto giro di orizzonte. Mi risulta che all'estero si stiano sperimentando nuove tecnologie per la trasformazione dei rifiuti in risorse energetiche. Non si tratta soltanto dei tradizionali inceneritori, ma di qualcosa di più avanzato in grado di utilizzare tecniche ibride (calore più enzimi), con risultati di maggior eccellenza. Uno di tali sistemi è caratterizzato dalla cosiddetta pirolisi che ha, tra l'altro, il pregio di dimensionare gli impianti in funzione alle esigenze locali; se non vado errato, qualcosa di simile è stato sperimentato in qualche comune italiano. All'estero, invece, ulteriori perfezionamenti tecnologici sono in grado di produrre come derivati sostanze energetiche particolarmente pregiate. Sono convinto che il Governo non lascerà intentata alcuna strada. Nel frattempo, è necessario affrontare l'emergenza.
Tornando al decreto-legge, vorrei richiamare l'attenzione del Governo su due proposte di modifica in particolare. Per ciò che attiene la città di Napoli, è necessario farsi carico dei riflessi economici (specie per il turismo) che l'accumulo di immondizia ha determinato. In una città già afflitta da rilevanti problemi sociali non sarebbe male se il Governo disponesse, almeno, la sospensione dei pagamenti relativi alle imposte che gravanoPag. 15sulle attività economiche connesse con il turismo. La proposta emendativa che a tale proposito abbiamo presentato in Commissione è stata dichiarata inammissibile: mi auguro che la Presidenza della Camera, facendosi forte anche di molti precedenti, possa esprimersi nel senso dell'ammissibilità della proposta e ciò possa indurre anche il Governo ad accettarla, poiché essa non presenta difficoltà connesse a una maggiore spesa.
Aggiungo, infine, due ulteriori proposte. Per quanto riguarda l'istituendo segretariato generale, ritengo che sarebbe il caso di soprassedere. Personalmente sono favorevole all'istituzione di segretari generali in tutti i ministeri; tuttavia, nel caso in questione, pur comprendendo la ratio della norma, ritengo che a ciò si potrebbe provvedere in un secondo momento attraverso il regolamento di organizzazione del Ministero, al fine di evitare di ricorrere a un provvedimento di carattere legislativo che condizionerebbe la futura struttura del Ministero limitando l'azione dei successivi responsabili politici.
Per ciò che riguarda, infine, quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, del decreto-legge al nostro esame, ritengo che sarebbe opportuno estendere la portata della norma anche al personale non dirigente; anche tale ipotesi non comporterebbe oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
Infine, signor Presidente, desidero complimentarmi con il sottosegretario Bertolaso, che ha fatto finire l'emergenza nella mia Calabria. Mi auguro che questo sia il primo passo, che la Calabria sia la prima regione che possa fare da battistrada, da mosca nocchiera per far finire l'emergenza in tutte le regioni d'Italia.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Nucara. Tutti condividiamo questo auspicio.
È iscritto a parlare l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, prima di iniziare il mio intervento, volevo chiedere se era possibile pubblicare in calce al resoconto ulteriori considerazioni all'intervento stesso, consegnando il testo scritto agli uffici.

PRESIDENTE. A termini di Regolamento può farlo, ma a condizione che non svolga integralmente il suo intervento e che, quindi, una parte di esso venga consegnato in forma scritta: la Presidenza, sulla base dei criteri costantemente seguiti, ne consentirà la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.

ALESSANDRO BRATTI. È il motivo per cui ho fatto la richiesta.

PRESIDENTE. Questo vuol dire che non parlerà trenta minuti.

ALESSANDRO BRATTI. Certo, Presidente.
Onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 90 del 2008, recante misure straordinarie per l'emergenza rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile, riprende un percorso straordinario, nel tentativo, speriamo positivo, di uscire dalla cronica situazione emergenziale relativa alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti, perdurante dal 1994 nel territorio della regione Campania.
Nella seconda relazione stralcio della Bicamerale sui rifiuti, approvata nella seduta del 19 dicembre 2007, veniva sottolineato che non era più differibile il rientro nel regime ordinario, per porre fine alle inefficienze della struttura commissariale ed organizzare la transizione.
Nell'articolo 1 del decreto-legge n. 90 si introduce un nuovo modello per la gestione dell'emergenza campana, che prevede un apposito sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tale scelta ci vede favorevoli, perché coerente con il percorso intrapreso dal Governo precedente. Il nostro Paese si è sempre caratterizzato per l'arretrato sistema, fin qui, della gestione dei rifiuti. È una realtà a tre velocità - nord, centro e sud - in cui solo la prima area geografica è in linea con le indicazioni europee, sia per quel che riguarda la percentuale di materia recuperata sia per la dotazionePag. 16impiantistica. Sono ancora cinque le regioni in gravissima situazione gestionale dei rifiuti, quasi tutte meridionali, ma anche in alcune regioni del nord è necessario realizzare al più presto una dotazione impiantistica idonea per evitare un'eventuale emergenza.
Il quadro sulla gestione dei rifiuti speciali e pericolosi è estremamente preoccupante: ben 26 milioni di tonnellate di questi sono scomparsi nel nulla nel 2004, mentre, al coinvolgimento delle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa da parte delle ecomafie, negli ultimi anni si è aggiunto il ruolo centrale del resto del Paese. I reati accertati dalle forze dell'ordine nel 2007 per violazioni della normativa sui rifiuti sono oltre 4.800, il 36 per cento dei quali commessi nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Per illegalità nel ciclo dei rifiuti è sempre in testa la Campania, dove lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, spesso di provenienza extra regionale, si è sommato alla catastrofica gestione commissariale di quelli urbani. Un balzo in avanti colloca, invece, il Veneto al secondo posto, confermando lo spostamento verso nord del baricentro di questi traffici, non solo come zona di procacciamento degli scarti industriali smaltiti illegalmente nelle regioni centrali e meridionali d'Italia, ma anche come sito finale. Diminuisce, però, il giro di affari relativo alla gestione illecita dei rifiuti, grazie all'attività di prevenzione e repressione messa in campo dalle forze dell'ordine, in particolare dal comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e dal Corpo forestale, e, soprattutto, all'applicazione dell'articolo 260 del codice dell'ambiente.
A questi dati si deve aggiungere l'operato del sistema delle agenzie ambientali, che hanno eseguito oltre 6 mila controlli nel settore dei rifiuti, registrando illeciti amministrativi e penali nel circa 20 per cento dei casi. In questo contesto si inserisce la triste vicenda oggetto del presente decreto-legge, che fin dall'inizio abbiamo condiviso, nonostante numerose forzature sia di carattere normativo sia tecnico.
Abbiamo più volte ribadito un uso improprio delle Forze armate per compiti di ordine pubblico, così come siamo preoccupati che, concentrando tutta l'attività sulla procura di Napoli, si assista ad una sorta di paralisi delle stesse attività.
In alcuni casi, le proposte successive alle deroghe sono assolutamente irrealizzabili e suscitano gravi perplessità: ad esempio, la procedura di valutazione di impatto ambientale per le discariche da attuarsi dalla conferenza dei servizi in sette giorni (tra l'altro, questa conferenza ha titolo di pronunciarsi solo se si pronuncia positivamente); oppure la richiesta di localizzare l'inceneritore di Napoli da parte del sindaco in trenta giorni: questa indicazione di tempi non si capisce da dove nasca, dato che normalmente per localizzare un'area idonea a questa tipologia di impianti occorrono diversi mesi. Si aggiunga che non è esplicitata la dimensione degli impianti di incenerimento - si intuisce che questi siano tra i più grandi mai realizzati nel Paese -, né, derogando dall'IPPC, se vi sia uno straccio di monitoraggio e controllo al fine di rassicurare la popolazione rispetto alle ricadute ambientali e sanitarie provocate dalla costruzione e dal funzionamento di tali impianti.
Nonostante le evidenti forzature, che derogano a diverse norme europee e leggi italiane, la condivisione del decreto-legge n. 90 del 2008 nasce anche dal fatto che, almeno nei principi, c'è un tentativo per andare verso una condizione di normalità e di gestione ordinaria, normalità che per il Partito Democratico significa la gestione integrata dei rifiuti così come declinata nella strategia tematica europea, con una grande attenzione all'innovazione, al recupero della materia attraverso la riduzione alla fonte, alla raccolta differenziata e alle nuove tecnologie.
Ma ciò che ci preoccupa molto, e che rischia di condizionare il nostro atteggiamento rispetto al decreto-legge in esame, è l'articolo 7, che, così come riformulato dal Governo, viene a riguardare le due commissioni autorizzatorie per i più importanti impianti e infrastrutture di interesse nazionale, la commissione VIA-VAS e laPag. 17commissione IPPC, ma soprattutto mette mano ad un pezzo importante del sistema dei controlli del nostro Paese. Si propone un istituto di ricerca per la protezione ambientale, che sarebbe un caso unico in Europa, abolendo l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) attraverso un accorpamento con l'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare e l'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Stiamo parlando di un sistema che coinvolge direttamente circa duemila fra tecnici, amministrativi e ricercatori, ma che tocca, per i delicati rapporti legati al tema dei monitoraggi e dei controlli ambientali, circa diecimila tecnici nel Paese.
Che sia necessario e fondamentale, nella logica dell'efficienza e del risparmio, arrivare in tempi brevi a riorganizzare questi ed altri enti tecnici ci vede pienamente in accordo e consenzienti. Che questo si debba fare attraverso un decreto-legge con motivazioni di urgenza, senza una discussione ed un confronto di merito nelle Commissioni competenti e in Aula, mi sembra sinceramente incomprensibile, a meno che non vi sia l'idea, attraverso una centralizzazione del sistema e la nomina di tecnici di fiducia, di voler esercitare un forte condizionamento politico sugli apparati tecnici e gli organi di controllo, o peggio, di sistemare un po' di amici attraverso uno spoil system mascherato. Risulta poi particolarmente disorientante il fatto che solo alcuni giorni fa il Governo, attraverso un'informativa alla Commissione riguardo all'incidente nucleare presso una centrale slovena, ha tessuto le lodi dell'Agenzia indicandola come esempio di grande efficienza e professionalità.
Che vi sia un legame concettuale tra il decreto-legge n. 90 del 2008 e il sistema dei controlli è certamente vero: infatti, ritornando al tema della legalità, ci si pone la domanda di come questa possa essere garantita. Le condizioni necessarie sono educazione ambientale, coinvolgimento dei cittadini attraverso una corretta informazione, attivazione di percorsi partecipativi, una legislazione chiara e applicabile, ma soprattutto i controlli.
Il controllo è un aspetto strategico che va inteso da un lato come uno strumento di informazione, promozione e rafforzamento della conformità degli impianti controllati alla normativa ambientale, dall'altro in quanto percorso utile ad accertare il rispetto della normativa vigente e delle prescrizioni ambientali fissate negli atti autorizzativi rilasciati dalle autorità competenti. Il controllo quindi non come atto punitivo né come balzello burocratico, ma come un percorso dettato dalla conoscenza e dall'informazione per addivenire, in un'ottica di collaborazione con le attività produttive, ad un miglioramento continuo dell'ambiente garantendo la qualità delle imprese. In tale quadro la presenza di un'agenzia ambientale nazionale, che svolge un'attività di indirizzo all'interno del sistema delle agenzie ambientali regionali, è fondamentale.
L'agenzia che come Partito Democratico vorremmo costruire, partendo dalla proposta di legge n. 1561 della scorsa legislatura, di cui fu relatore Sergio Gentili, riguardo all'istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e per il territorio, condivisa da molte regioni governate sia dal centrosinistra che dal centrodestra, avrebbe quindi un chiaro mandato: assicurare su tutto il territorio nazionale una definita, efficace, diffusa ed omogenea azione di prevenzione, controllo e monitoraggio dell'inquinamento ambientale, e fornire un'azione di supporto tecnico alla pubblica amministrazione.
In questo modo, non solo si tutela l'ambiente, ma si creano per le imprese condizioni di omogeneità di trattamento in tutto il territorio nazionale in tema di controlli, evitando fenomeni di dumping industriale e garantendo condizioni di legalità. Ciò significa garantire per il Paese i livelli essenziali di tutela ambientale, così come si garantiscono i livelli essenziali per la tutela sanitaria.Pag. 18
Altro aspetto fondamentale è la necessità improrogabile di costruire un sistema affidabile e terzo in grado di rassicurare i cittadini rispetto alle ricadute delle varie pressioni ambientali. Un sistema delle agenzie come noi lo immaginiamo eviterebbe molte delle situazioni emergenziali delle quali oggi siamo costretti ad occuparci. A ciò si aggiunga che il ripetersi di incidenti luttuosi nei luoghi di lavoro dimostra come vi sia anche la necessità di una conoscenza integrata dei processi produttivi, della tipologia degli impianti e delle materie prime. In questo senso, è importante che al personale delle aziende sanitarie, che esegue controlli per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, venga affiancato il personale delle agenzie di protezione ambientale: la professionalità dei tecnici delle agenzie - già ispettori nelle aziende soggette alla cosiddetta legge Seveso, e che esercitano già per legge le attività di controllo nelle aziende complesse sottoposte all'autorizzazione integrata ambientale - garantirebbe infatti una visione specialistica sul processo produttivo e sui rischi di incidenti acuti all'impianto, che si andrebbe ad integrare con quella dei tecnici delle aziende sanitarie locali, specializzati piuttosto sui rischi di carattere cronico per i lavoratori. Anche in questo caso, il ruolo di coordinamento dell'agenzia nazionale sarebbe essenziale. La costruzione di un sistema tecnicamente indipendente è fondamentale anche per realizzare quelle infrastrutture di cui il Paese ha bisogno.
Per riassumere, i principi ispiratori della nostra idea di agenzia sono i seguenti: il federalismo come modello organizzativo complessivo; la terzietà rispetto al binomio pubblico-privato; la multi-referenzialità nei confronti dei diversi soggetti istituzionali afferenti il campo dei controlli e della tutela ambientale e della salute; l'autonomia scientifica di gestione e di programma. Il Partito Democratico sostiene che l'ambiente non è un ostacolo allo sviluppo: una regione come l'Emilia Romagna, ad esempio, che è fra le più sviluppate d'Italia, possiede un sistema di controllo funzionante e presenta il maggior numero di imprese certificate ambientalmente; ma potrei citare anche il Veneto, che ha una delle agenzie ambientali più efficienti del Paese. L'argomento merita comunque una discussione approfondita, che non può essere relegata all'esame di un decreto-legge che si occupa di misure straordinarie per l'emergenza rifiuti in Campania.
Per quanto concerne l'ICRAM, vi è la necessità di accorpare tutti gli istituti italiani di ricerca che si occupano di tematiche - di interesse nazionale ed internazionale, così come di livello locale - riguardanti l'implementazione dei traffici marittimi, il risanamento ambientale e costiero e la sfida energetica. In questo senso, è sicuramente auspicabile la valorizzazione delle competenze e dell'esperienza delle oltre 200 unità di personale ICRAM, la stragrande maggioranza delle quali costituite da giovani ricercatori ancora precari o in corso di stabilizzazione, dislocati nella sede centrale di Roma e nelle varie realtà periferiche del territorio nazionale: ciò si può realizzare attraverso un maggior collegamento ed una maggiore integrazione con altre realtà scientifiche che hanno la medesima specificità in campo marino. A questo risultato è possibile arrivare solo aggregando istituti che possano effettivamente documentare un'esperienza scientifica sul mare, come l'istituto del CNR, l'Ismar, o l'ENEA di Santa Teresa, o ancora la stazione geologica Anton Dohrn di Napoli, costituendo un vero e proprio istituto di ricerca nazionale sul mare.
Chiediamo quindi al Governo di stralciare l'articolo 7 al fine di consentire che su questi argomenti si svolga una discussione trasparente, che possa permettere di garantire al Paese le soluzioni migliori possibili per evitare un pasticcio organizzativo che non trova alcuna legittimazione se non una ridondanza di consigli di amministrazione (a meno che, come si è ricordato, altri e poco nobili siano in realtà i disegni).
Sulla necessità di razionalizzazione, di riduzione, di efficientamento del sistema delle agenzie tecniche, degli enti di ricercaPag. 19e degli istituti di ricerca, siamo pronti ad aprire un confronto serio e trasparente per semplificare e rendere meno costosa la pubblica amministrazione. Crediamo che le professionalità all'interno degli organismi tecnici debbano essere di comprovata esperienza ed altamente qualificate, e soprattutto debbano garantire quella terzietà che è indispensabile per assicurare ai cittadini la massima tutela ambientale e sanitaria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Labocetta. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, collega relatore, in quest'Aula non dobbiamo certo attardarci nell'individuare le responsabilità del disastro rifiuti in Campania, anche perché tali responsabilità - quelle del presidente Bassolino - sono talmente evidenti e sotto gli occhi di tutti che mi sembrerebbe di sparare sulla Croce rossa qualora avessi l'intenzione di sottolineare questi aspetti (né certamente quest'Aula è un tribunale, come forse pensa qualcuno). Come è stato detto, l'annosa vicenda è certamente legata anche ad un fatto culturale, ma siamo nell'epoca della velocità, e quindi il Parlamento ed il Governo hanno il dovere di recuperare ogni ritardo, ponendo in essere scelte credibili e tecnicamente ineccepibili, con strumenti altamente sofisticati.
In Campania e per la Campania - a mio giudizio - non dobbiamo inventare nulla di particolare: le scelte operate dal Governo vanno sostenute con forza e convinzione. Il 20 aprile 2004 (e quindi quattro anni fa) il consiglio comunale di Napoli, in una seduta monotematica sulla materia, ossia sulla problematica dei rifiuti, discusse ma non decise. Si trovò di fronte una giunta, e soprattutto un sindaco (parlo della signora Jervolino), che non decise o non volle - o non poté - decidere (questo non lo so, ma così fu). Spiegammo all'epoca in quell'aula (ero, in quel periodo, consigliere comunale di Napoli) quali fossero nel mondo tutte le tecniche - le più sofisticate - per realizzare, così com'è stato fatto in tutte le capitali europee, termovalorizzatori d'avanguardia. Anche allora dicemmo al sindaco di Napoli, alla signora Jervolino, con molto garbo e con molta cortesia: queste sono le metodologie, a te il compito di scegliere il sito. Anche all'epoca parlammo di project financing, e la Jervolino in quell'occasione ci ringraziò, e mi inviò anche un biglietto di ringraziamento per il contributo culturale e di proposta, ma poi la strada ha preso tutt'altra direzione. Per questo oggi abbiamo il dovere morale, civile, politico e culturale - anche, e soprattutto, per salvaguardare la salute pubblica dei cittadini di Napoli - di decidere e di fare presto.
Cari colleghi, sono napoletano e dunque un po' conosco le problematiche della terza città d'Italia: credo che in quest'Aula possiamo - e dobbiamo - dividerci su tante questioni, ma su questa materia non dovremmo farlo, perché la pubblica opinione, soprattutto quella partenopea, non capirebbe, a mio giudizio, né apprezzerebbe una divisione su tali temi.
Non parliamo certo, caro Presidente, per verità rivelata, ma ci confrontiamo sempre con le tesi degli altri, anche perché siamo convinti che la verità sta nel grembo di Dio - o forse, per qualcuno, nel grembo di Giove - e che sicuramente il confronto è cosa utile e significativa. La politica è ragionamento, riflessione, discussione, approfondimento. La politica non può essere una battuta o uno slogan, né può essere solo un fatto di emozione. La politica è approfondimento, e credo che il Governo abbia pesantemente approfondito e studiato le questioni che sono in questo momento all'attenzione dell'Aula.
Non credo che il Governo sia composto da sprovveduti o da irresponsabili, come probabilmente pensa qualcuno, tutt'altro: a mio giudizio, la nomina del sottosegretario Bertolaso rappresenta una scelta altamente qualificata, una scelta, come dire, di livello, al di sopra delle parti, e per tale ragione sosteniamo con forza e convinzione questi provvedimenti.
Mi permetto di segnalare brevemente al Governo un altro aspetto che ritengo assolutamente opportuno, necessario, direiPag. 20indispensabile. Oltre alla questione rifiuti esiste, cari colleghi, quella, altrettanto importante, delle bonifiche e della tutela delle acque.
Il 9 febbraio dell'anno in corso l'ex Presidente del Consiglio dei ministri, il professore Romano Prodi, con una sua ordinanza ha nominato commissario alle bonifiche per la regione Campania il professor Menegozzi - con cui non ho nulla di personale - il quale ha soltanto l'onere - leggendo l'ordinanza lo si percepisce molto chiaramente - a conclusione del suo mandato e della sua attività di presentare una breve relazione conclusiva. Egli opera in totale autonomia e con totale discrezionalità.
Credo, e chiedo, che il Governo vorrà ad horas affidare al sottosegretario Bertolaso o al Ministro dell'ambiente anche tale importantissima funzione e responsabilità. Personalmente ritengo che su tali materie si debba disporre di un solo interlocutore, ma si tratta del mio punto di vista. Non ne faccio una questione pregiudiziale, ma rappresento tale esigenza con forza e con convinzione al Governo e al Parlamento, anche per motivi di trasparenza e di velocità.
Potrei aggiungere molti altri argomenti, ma per il momento termino il mio intervento, ringraziando il Presidente e i colleghi per l'attenzione e la cortesia.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo, dopo il collega Misiti, per esprimere alcune riflessioni generali in merito al decreto-legge in esame, che comporta la discussione di un grave problema emergenziale che ormai da quattordici anni affligge la regione Campania e che ha visto avvicendarsi, nel tentativo di risolvere la questione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, numerosi interventi legislativi e diverse figure istituzionali, e in cui la decretazione d'urgenza ha rappresentato l'elemento di continuità legislativa che ha accompagnato i provvedimenti dei vari Governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese.
Ricordo, per esempio, il decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263, convertito nella legge 6 dicembre 2006, n. 290, in cui già il Governo Prodi aveva individuato nel capo dipartimento della protezione civile, il dottor Bertolaso, il commissario cui demandare tale delicata vicenda. Ricordo altresì il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, e la legge della regione Campania 28 marzo 2007, n. 4, che aveva anch'essa tentato di affrontare tale problematica ipotizzando la soppressione dei consorzi di bacino e attribuendo il servizio gestione integrato all'autorità d'ambito. Ricordo poi il decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, che aveva in qualche modo finanziato con 60 milioni di euro la realizzazione di alcune discariche, con la previsione degli incentivi CIP 6 per il termovalorizzatore, o meglio l'inceneritore, di Acerra.
Ma oggi stiamo discutendo di un ennesimo provvedimento che dispone effettivamente - come ricordava il relatore Ghiglia - la creazione della figura del sottosegretario di Stato, sempre individuato nella persona del dottor Bertolaso, cui per incidens va tutta la mia personale stima, poiché ne ho apprezzato le capacità in tante circostanze, e non ultima in occasione dell'alluvione che attanagliò alcune zone montane della mia regione, il Friuli Venezia Giulia, nell'agosto 2003, e a cui fu tributato circa due mesi fa dal presidente della regione Illy un pubblico ringraziamento per l'impegno assolto nella nostra regione. Ebbene, tale sottosegretario di Stato oggi accorpa nella sua persona dei poteri veramente eccezionali.
Alcuni commentatori hanno parlato di concentrazione di potere assoluto davvero senza precedenti e di militarizzazione dell'emergenza, così ad esempio si è espresso Rodotà in un bell'articolo apparso su la Repubblica il 27 maggio 2008. Si tratta di un intervento certamente urgente e necessario - che ci auguriamo tutti possa portare ai risultati sperati - nel quale però troviamo anche delle previsioni forse eccessive rispetto allo scopo e alle finalità legate alla situazione.
Da questo punto di vista noi dell'Italia dei Valori abbiamo già rimarcato in CommissionePag. 21il sospetto che, alla base di alcune norme del decreto-legge in esame, non vi siano in realtà le finalità connesse all'esigenza di risolvere l'emergenza, bensì altri disegni. Mi riferisco, ad esempio, a quell'elemento di sfiducia verso la magistratura, quasi di insofferenza al principio di diritto e al rispetto della legalità, che troviamo enunciato nelle norme contenute negli articoli 3 e 4 del decreto-legge, che derogano alla competenza ordinaria della magistratura inquirente attribuendo, anche per i procedimenti in corso, al pubblico ministero presso il tribunale di Napoli la competenza esclusiva per la regione Campania e per la sola materia comunque afferente alla gestione dei rifiuti, anche se per procedimenti connessi. In tal modo viene introdotta una serie di ampliamenti a questa competenza perché, come voi sapete, l'articolo 12 del codice di procedura penale prevede una connessione plurisoggettiva, monosoggettiva e teleologica, che consente di attribuire un'unica competenza non solo per i reati in materia ambientale, ma anche per tutti quelli che in qualche modo siano a questi connessi. Da questo punto di vista, i pubblici ministeri delle altre procure campane si vedranno dunque sottrarre ex lege le indagini a cui magari stanno già lavorando da tempo. Tutto ciò comporterà non solo un sovraffollamento dei procedimenti penali in capo al tribunale di Napoli e alla sua procura e la necessità di una ripartizione interna ad essa di tanti fascicoli - che occorrerà poi valutare in quale modo sapranno essere gestiti dai magistrati in sotto-organico rispetto al conseguente notevole impatto di lavoro - ma anche la complicazione della «trasmigrazione» di fascicoli dalle varie procure verso quella napoletana con inevitabili e prevedibili disguidi che, probabilmente, determineranno la decadenza di molti provvedimenti di sequestro preventivo che, in base al decreto-legge in discussione, decadranno se non confermati entro venti giorni dalla sua entrata in vigore.
Siamo quindi in presenza di una situazione un po' caotica che tradisce, nelle conseguenze, una stretta correlazione alle stesse finalità della norma e che si prefigura come un attentato all'articolo 25 della Costituzione che stabilisce il principio del giudice naturale precostituito per legge. Sotto tale profilo, vengono infatti in discussione anche diritti e garanzie dei cittadini che, da questo punto di vista, verrebbero snaturati e sottratti al giudice precostituito per legge perché, per i procedimenti in corso, verrebbe a cambiare il giudice in corso d'opera, cosa che la Costituzione vuole vietare in modo assoluto.
Inoltre, con riferimento alla norma dell'articolo 4 che riguarda la tutela giurisdizionale, sappiamo come la materia sia stata già regolata in altre situazioni emergenziali.
A questo proposito, vorrei ricordare una significativa sentenza della Corte costituzionale (la sentenza 11 maggio 2006, n. 191), che già in passato aveva dichiarato incostituzionale un'analoga norma, che prevedeva la sottoposizione ai giudici amministrativi - piuttosto che ai giudici ordinari - anche dei comportamenti della pubblica amministrazione, e quindi anche dei casi quindi in cui non fosse un provvedimento autoritativo della pubblica amministrazione ad incidere su posizioni soggettive, ma in cui semplicemente un comportamento in carenza di provvedimento andasse a toccare i diritti del cittadino. In questo caso, la Corte costituzionale ha esplicitato il principio che una norma siffatta «non si giustifica quando la pubblica amministrazione non abbia in concreto esercitato, nemmeno mediatamente, il potere che la legge le attribuisce per la cura dell'interesse pubblico». Da questo punto di vista, quindi, ritengo - da giurista piuttosto che da politico - che la norma in esame vada ad incidere sul principio del giudice naturale precostituito per legge (e, se vogliamo, anche sul principio della giurisdizione del giudice ordinario rispetto a quella del amministrativo), per la devoluzione al giudice amministrativo - e solo ad esso - anche della lesione di diritti dovuta a meri comportamenti della pubblica amministrazione.
Svolgo ancora alcune riflessioni critiche sull'impianto normativo di cui stiamo parlando,Pag. 22come ad esempio su tutta la fascia di norme derogatorie previste dall'articolo 18, che, a sua volta, introduce alcune antinomie. Se, infatti, da una parte si vuole che sia rispettata pienamente la normativa comunitaria tecnica di settore per la realizzazione delle discariche, dall'altra parte l'articolo 18 include tra le norme derogabili dal sottosegretario di Stato e dai capi missione quasi tutti gli articoli del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, che reca proprio l'attuazione della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti. Anche qui, pertanto, da un lato si evoca il principio del pieno rispetto della normativa comunitaria e, dall'altro, all'articolo 18 si individua una serie di deroghe che di fatto svuotano di contenuto questo stesso principio di diritto.
Vi è anche una serie di deroghe in materia di sicurezza del lavoro e di prevenzione incendi che sono di dubbia utilità, soprattutto oggi - voglio ricordarlo - che l'emergenza della sicurezza del lavoro si è palesata in maniera così drammatica, con i fatti di cronaca nera di queste ultime settimane. Purtroppo, l'elenco delle vittime del lavoro legate proprio all'omissione ed alla violazione delle norme di sicurezza è sempre drammaticamente lungo: in questa logica, avremmo potuto e dovuto aspettarci, da parte del Governo, una ben diversa sensibilità, anche nel momento in cui si affidano al sottosegretario Bertolaso poteri di deroga alla normativa di settore.
Vorrei anche sottolineare come queste norme - soprattutto quelle in merito alla deroga della competenza giudiziaria - abbiano subito forti critiche soprattutto in ambito giudiziario, non solo dai magistrati delle procure napoletane, ma anche dal CSM, che nella riunione dedicata proprio all'esame di questo provvedimento, ha approvato, con ventidue voti favorevoli e solo due sfavorevoli, un documento nel quale boccia il decreto-legge dell'Esecutivo sull'emergenza rifiuti.
Da questo punto di vista, secondo me, ciò è un elemento che dovrebbe far riflettere il Governo, da una parte, e la sua maggioranza, dall'altra, sull'opportunità di mettere in campo materie così delicate senza una riforma organica, ma con un provvedimento-catenaccio, che provoca queste reazioni da parte di un così importante organo di autogoverno della magistratura. Credo che, nella logica della leale collaborazione istituzionale e nel rispetto dei poteri dello Stato, l'atteggiamento dovrebbe essere ben altro e ben diverso.
Le ultime notazioni si riferiscono alle norme che introducono non tanto provvedimenti legati alla gestione delle discariche o al pur plausibile incremento della raccolta differenziata, ma all'importante obiettivo di evitare quello scandalo che ancora oggi ha decretato l'avvio di indagini penali molto allarmanti proprio all'interno dell'asset amministrativo già dedicato a questo settore.
Mi riferisco allo scandalo delle ecoballe, in realtà poco ecologiche, piuttosto che allo smaltimento di rifiuti in maniera indistinta e indiscriminata, in violazione delle relative norme. Si tratta, come dicevo, di quelle norme che, invece, afferiscono alla creazione di questi nuovi istituti di valenza ambientale, dove dovrebbero confluire - non si sa per quale ratio - le competenze più varie, da quelle della fauna selvatica a quelle della tutela ambientale, a quelle delle ricerche applicate per il mare, aspetti di cui già il ministro ombra Realacci, che vedo che annuisce, aveva stigmatizzato l'utilità e l'opportunità in sede di Commissione.
Ebbene, anche qui ci pare che l'atteggiamento sordo del Governo sulla segnalazione di queste storture, inefficienze e inopportunità lasci molto perplessi anche sulla finalità di questa norma. Che cosa si intende fare? Si vuole approfittare dell'autobus dell'emergenza rifiuti per attaccarci vagoncini nei quali mettere ulteriori istituti e carrozzoni o magari qualche clientela tipicamente partenopea? Penso che su questo punto anche i colleghi della Lega Nord debbano alzare un po' le antenne ed essere più vigili nell'evitare che il buon governo del nostro Paese venga ostacolatoPag. 23e che le storture che si sono già verificate in Campania non abbiano a perpetuarsi e magari ad amplificarsi.
Pertanto, il giudizio che esprimiamo su questo provvedimento è sospeso tra l'apprezzamento per il piglio decisionista e anche operoso di questo Governo - che peraltro, ricordando i provvedimenti che già il Governo Prodi aveva assunto in precedenza per cercare di risolvere questo annoso problema, non è isolato - e queste incongruenze, opacità e storture del provvedimento, che indurrebbero a una maggiore riflessione, compatibile anche con i suggerimenti del Comitato per la legislazione. Non dimentichiamo che tale Comitato, proprio sulla materia delle deroghe, ha precisato e puntualizzato alcune richieste non formali o di drafting legislativo, ma sostanziali.
Se la Camera si è dotata di quest'organo, sarebbe anche cosa buona e giusta prendere spunto dai suoi suggerimenti, quando sono pertinenti e perspicui, mentre nel caso in esame, con la scusa che si deve fare presto e subito, ci si dimentica di questi suggerimenti e si evita di dare contenuti specifici a queste norme di deroga, lasciando in qualche modo campo e mano libera non solo al sottosegretario, ma anche ai suoi capi missione.
Con tutta la buona fiducia e la stima che nutriamo nei confronti del dottor Bertolaso vi è da dire che certo in uno Stato di diritto, e non in uno Stato assoluto, anche le norme che designano i poteri di questi importanti istituti dovrebbero essere di garanzia non solo per il cittadino ma, anche in una logica giurisdizionale, di salvaguardia dell'effettività dei diritti e dei doveri di ciascuno. Con queste notazioni confido che il Governo, magari anche sulla base dei suggerimenti che verranno dall'opposizione, modifichi il provvedimento e che questa Aula sia in grado di portare le opportune correzioni e integrazioni per evitare che, nella logica dell'emergenza, passi tutto e il contrario di tutto.

PRESIDENTE. Si è verificato un piccolo incidente: l'onorevole Laboccetta aveva assicurato di aver ricevuto il consenso dell'onorevole Margiotta per uno scambio di turno con il suo intervento previsto per ultimo nella lista degli iscritti. Alla Presidenza risulta che un tale consenso non vi era stato o che comunque vi è stato un fraintendimento. Mi auguro che non si verifichino più casi del genere, che turbano il regolare andamento dei lavori.
È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, vorrei precisare al collega Laboccetta la scarsa correttezza del suo comportamento, del quale ovviamente mi scuso per lui, in quanto collega.
Signor Presidente, colleghi deputati, l'emergenza rifiuti in Campania rappresenta un grave danno per il Paese e giustamente il Governo l'ha immediatamente assunto come una questione prioritaria del Paese stesso. Tale assunzione, che era doverosa, è apprezzabile, ed è stata apprezzata anche da parte dell'opposizione, in particolare dal Partito Democratico. Le immagini televisive che fanno il giro del mondo mostrano una realtà negativa che naturalmente non penalizza la sola Campania. Chi vede quelle immagini a New York, in Giappone, o in qualsiasi altra parte del mondo, considera che quel problema non riguarda solo la Campania, ma l'intero Paese. Bisognava, dunque, affrontare la situazione così come doveva essere affrontata ovvero con piglio decisivo. Si tratta, infatti, di una situazione che determina danni al turismo e che ha determinato danni persino al comparto agroalimentare.
Già nella quindicesima legislatura, ad onor del vero, la maggioranza dell'epoca affrontò la situazione con ben due decreti-legge di cui, in entrambi casi, fui relatore. Ricordo bene - lo voglio specificare - che diverso fu l'atteggiamento dell'opposizione: in un caso vi fu un ostruzionismo serrato che ci portò perfino ad approvare il provvedimento di necessità e urgenza ponendo la questione di fiducia. Questa volta abbiamo intrapreso il dibattito con ben altro spirito di collaborazione. Alcune positivitàPag. 24vi sono e sia noi che, con maggiore autorevolezza, il ministro dell'ambiente ombra per il Partito Democratico, l'onorevole Ermete Realacci, le abbiamo subito sottolineate. Ad esempio, molto positiva è stata la scelta del dottor Bertolaso come sottosegretario. Devo ricordare che noi stessi individuammo il dottor Bertolaso come la persona più adatta ad affrontare il problema tanto che il Governo precedente lo nominò commissario. Così come ricordo che fu, purtroppo, grazie a uno scontro tra lo stesso Bertolaso e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'epoca, Pecoraro Scanio, riguardo una precisa scelta (quella di Valle della Masseria a Serre), che si determinarono probabilmente le dimissioni di Bertolaso e la perdita di un anno. Si tratta di una vicenda della quale obiettivamente fu colpevole, in quel caso, il ministro Pecoraro Scanio e gli stessi Verdi e che avuto un effetto negativo sull'andamento dell'emergenza rifiuti in Campania. Non nascondiamo di nutrire un giudizio complessivamente negativo, senza voler dividere in buoni e cattivi, su coloro i quali, soprattutto in sede locale, si sono occupati, in questi anni, dell'emergenza rifiuti in Campania.
È evidente che, se siamo in questo stato, vi è un fallimento della classe dirigente locale, e peraltro non solo della classe dirigente politica. Alcuni si sono cimentati negativamente sul problema, altri se ne sono estraniati: entrambi i comportamenti evidentemente sono colpevoli.
Non abbiamo sottaciuto un giudizio positivo sul decreto in esame all'inizio del suo iter parlamentare, perché esso contiene la consapevolezza che si esca dallo stato dell'emergenza rifiuti solo quando si sia completato in modo virtuoso il ciclo dei rifiuti medesimi, attraverso la raccolta differenziata (e nel provvedimento vi sono misure su tale raccolta), e finalmente con la realizzazione delle discariche, almeno in fase transitoria fino all'entrata in funzione dei termovalorizzatori (e vi è l'individuazione precisa di tali discariche). Anche riguardo a tale aspetto ricordo che, anche nel precedente decreto-legge, che varammo l'anno scorso, vi erano queste indicazioni, ma non si riuscì a dare attuazione alle stesse; quindi ci auguriamo che questa volta ciò sia possibile. Vi sono inoltre misure precise e corrette in materia di termovalorizzatori, così come in materia di CDR: l'altro grave problema dell'emergenza rifiuti in Campania è rappresentato dalla scarsa funzionalità o nella cattivissima funzionalità di alcuni di questi impianti. Tutti questi problemi sono affrontati nel decreto in esame ed è il motivo per cui, soprattutto all'inizio, abbiamo guardato allo stesso in termini positivi.
Abbiamo iniziato il lavoro in VIII Commissione con spirito positivo di collaborazione, presentando emendamenti che avessero come unico obiettivo quello di migliorare il testo e di renderlo più efficace e più efficiente. Devo dire che, nel lavoro della scorsa settimana in Commissione, nonostante la buona volontà del relatore sottolineata nella relazione iniziale, abbiamo registrato un clima che ci delude fortemente, sia da parte del Governo sia da parte della maggioranza. Sono stati respinti quasi tutti gli emendamenti che avevamo presentato. È vero che due o tre sono stati accolti: per esempio, si è deciso di inserire la parola «bonifiche» nel testo del decreto, laddove si parlava solo di «compensazioni ambientali» e si tratta di un emendamento presentato dall'onorevole Realacci che però chiedevamo fosse completato con una giusta previsione di spesa e non rimanesse soltanto un'enunciazione di principio (il che non è avvenuto). Inoltre, sono stati respinti altri emendamenti. Avevamo chiesto di precisare meglio il ruolo delle stesse Forze armate. Da ciò che si legge in merito all'ultima decretazione del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, vi sarà invece un'accentuazione di tale ruolo. Avevamo chiesto - lo diranno sicuramente i colleghi esperti della materia, come la collega Ferranti - di rivedere il complesso delle disposizioni contemplate dall'articolo 3, laddove si tratta della superprocura di Napoli. In quella sede, avevamo utilizzato gli stessi argomenti che, in pratica ritroviamoPag. 25scritti nella relazione di maggioranza della Commissione giustizia. Avevamo chiesto inoltre di introdurre commissari ad acta per la raccolta differenziata in tutti i casi in cui non fosse raggiunto il risultato e anche questa nostra proposta non è stata accolta, e potrei continuare a fare altri esempi in tal senso.
Ecco il primo motivo di delusione: un atteggiamento di mancanza di apertura alle nostre proposte migliorative. Il secondo motivo di delusione è ancor più grave, dal mio punto di vista, ed è ben riassunto nell'intervento del collega Bratti. In merito all'articolo 7, un emendamento del Governo rivede integralmente il sistema degli enti che afferiscono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e sostanzialmente sopprime l'APAT, istituendo un nuovo ente, l'Istituto di ricerca per la protezione ambientale. Si tratta di misura legittima, poiché anche noi nella scorsa legislatura avevamo avviato un ragionamento sul riordino di tali sistemi di controllo.
Non riteniamo, però, che vi fossero i presupposti perché ciò accadesse nel bel mezzo di un provvedimento di urgenza oltretutto su una vicenda così spinosa e delicata, che dovrebbe unire maggioranza ed opposizione.
Insomma, si poteva pensare ad un disegno di legge di riordino di tutto il sistema che potesse essere discusso, come è giusto che sia, dalle diverse Commissioni.
Infine, terzo motivo di delusione, ci troviamo, venerdì scorso, addirittura all'adozione di un nuovo decreto-legge, mentre è ancora in piedi la discussione e l'iter normale sul decreto-legge che stiamo esaminando questa sera.
Così come avevamo richiesto che sull'articolo 7 vi fosse un giudizio di inammissibilità, che purtroppo non si è verificato, allo stesso modo chiediamo che, alla luce dei fatti nuovi, anche l'iter di questo decreto-legge sia ripensato nei tempi e nei luoghi, in modo da poter dare la possibilità alla Commissione di riprendere a questo punto un esame congiunto di entrambi i decreti-legge.
Dunque, concludendo - qui il dato è più politico - pare che anche in questo caso, a fronte della conclamata volontà di dialogo tra maggioranza e opposizione, vi sia, da parte nostra, una unilaterale volontà di collaborare con spirito sereno e costruttivo e, dall'altra, invece, arroccamento, colpi di mano e anche qualche furbizia.
È gravissimo che ciò accada su un tema che dovrebbe vedere tutti uniti nella soluzione di un gravissimo problema, che pesa come un macigno sull'immagine e sulla credibilità internazionale del Paese.
Ci auguriamo, dunque, e in base a questo decideremo l'atteggiamento da tenere sul voto finale, che i lavori dell'Assemblea di questi giorni e i prossimi lavori in Commissione mostrino maggioranza e Governo davvero dialoganti, volenterosi di emendare e correggere gli errori, le forzature, le omissioni che sin qui hanno caratterizzato l'azione di maggioranza e di Governo intorno a questo decreto-legge.
Ci auguriamo che così sia e, da parte nostra, faremo di tutto perché ciò avvenga (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Guido Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, ovviamente noi rappresentiamo al Governo la più ampia disponibilità a portare a termine l'approvazione di questo provvedimento e la rappresentiamo nel modo in cui siamo capaci di farlo: in genere lo facciamo sempre con proposte positive e con la presentazione di emendamenti.
Quindi, alla proposta dell'opposizione o, per meglio dire, della minoranza, di una collaborazione, in questo caso dopo anni di mancanza di impegno sul territorio e una presenza politica nelle amministrazioni per la quale si deve assumere le responsabilità magari insieme anche ai quattordici anni di commissariamento che vi sono stati, replichiamo che la valutazione positiva, da parte del Governo, di alcuni emendamenti della Lega Nord Padania sia imprescindibile per un risultato proficuo nel prosieguo dei lavori.Pag. 26
Ritengo che serva proprio su questo punto una certezza e una chiarezza di impegno che va nel senso del rispetto anche nei confronti delle altre realtà del nostro Paese.
Consideriamo questa situazione un'emergenza e un'emergenza deve rimanere, così come tale va considerata e gestita soprattutto con riferimento agli articoli 3 e 4 con le modifiche che abbiamo sentito e appena avvertito dal Governo.
Quindi, esprimiamo sicuramente disponibilità a essere comprensivi per quanto riguarda alcune esigenze della procura, ma sicuramente vorremmo mano ferma nell'intervenire anche con le forze di sicurezza intorno alle discariche con il controllo ed eventualmente con la gestione dell'impiantistica che in questi momenti viene lasciata in sospeso da parte di Fibe e quant'altro.
L'impegno politico che avevamo assunto in campagna elettorale deve rimanere e vogliamo portare a termine un provvedimento senza che, tuttavia, vada ancora a gravare ulteriormente sulle tasche di tutti i cittadini.
Proprio per questo dico al collega Monai, del gruppo Italia dei Valori, che quando noi avanziamo proposte lo facciamo attraverso emendamenti e le formuliamo in modo tale che vadano a modificare in concreto un testo, quindi non con una propaganda pura e sorda, ma in modo costruttivo.
Abbiamo presentato una proposta in Commissione, che in questo caso reiteriamo in Assemblea, e confidiamo sulla valutazione da parte del Governo, per dare un segno che vada nel senso della giustizia nei confronti di tutti i cittadini.
La copertura finanziaria deve avvenire con un impegno che abbia la stessa energia che ha permesso di trovare le varie soluzioni (mi riferisco a quella del coinvolgimento della protezione civile, soluzione che troviamo corretta perché semplifica tutta la parte burocratica, e anche alcune deroghe, seppure ampie, vanno considerate proprio alla luce del caso di emergenza, nonché all'individuazione di un commissario unico, e via discorrendo).
Ma, soprattutto, è nell'impiantistica che dobbiamo trovare la soluzione ai problemi: sono previsti dieci impianti, con più di un impianto di incenerimento, in modo particolare il raddoppio di quello della città di Napoli.
La forza dell'attuale Governo è anche quella di sostenere che l'impiantistica e gli impianti vadano portati a termine, anche se vi sono - da molti, parecchi, troppi anni - momenti di ostruzionismo puro e, soprattutto, di scialacquamento di risorse e finanza pubblica.
Non siamo disponibili ad andare oltre la data del 31 dicembre 2009, come abbiamo rimarcato.
Siamo favorevoli ad offrire un sostegno, fin da subito, alla raccolta differenziata e, a tal proposito, abbiamo proposto non il commissariamento ad acta, ma il commissariamento di intere amministrazioni comunali, per quanto riguarda quelle amministrazioni o quei sindaci che, in virtù di un falso consenso che raccolgono sul territorio, non attuano la raccolta differenziata. Si tratta di un impegno minimo per ogni utente cittadino, che sicuramente si accollerebbe volentieri; alcune province della regione Campania hanno già anche raggiunto, tra l'altro, risultati ottimi; quindi ciò significa che vi sarebbe la disponibilità in loco: piuttosto, invece, manca la disponibilità amministrativa, perché magari si vuole intervenire con facili assunzioni e gestioni particolari, per quanto riguarda la raccolta e lo smaltimento.
Poi va trovata una soluzione al problema del luogo in cui vanno conferiti questi rifiuti.
Siamo favorevoli al provvedimento in esame e siamo intenzionati a percorrere questa strada.
Vorremmo fosse chiarito un punto, magari attraverso il completamento del nuovo decreto-legge, quando ne avremo anche presa visione, e se sarà presentata una proposta emendativa la valuteremo in Assemblea o comunque prima in Commissione. Sicuramente vorremmo capire l'articoloPag. 277 e auspichiamo che, in quella fase, ci vengano fornite le ampie garanzie che abbiamo chiesto al Governo, in modo particolare al Ministro Prestigiacomo.
Con questo intendimento, abbiamo fatto in modo che il testo venisse modificato, prima in Commissione poi in Assemblea, affinché possa trovare un ampio consenso anche nella stessa Assemblea.
Siamo disponibili a valutare e riconsiderare gli ulteriori emendamenti che abbiamo proposto e fin d'ora ribadiamo che l'impegno che ci eravamo assunti è un impegno che trae anche spunto dai comportamenti di alcune regioni in questo settore virtuose, luoghi dove noi governiamo e abbiamo già affrontato tale tema. L'abbiamo affrontato al meglio e lo abbiamo risolto: lo si risolve soprattutto con una riduzione dei rifiuti.
La Campania ha una grande produzione soprattutto di rifiuti umidi e, quindi, è ancora più facile risolvere il problema: con il compost e con impianti di compostaggio appositi si potrà eliminare oltre il 50 per cento degli stessi rifiuti; per la parte rimanente, si potrà agire con la raccolta differenziata. In questo modo, si potranno risolvere ampi problemi. Inoltre, con un paio di impianti di incenerimento nella regione - massimo tre - sicuramente tutto sarà risolto. Sono convinto, infatti, che con un paio di impianti - così come sono stati previsti - la questione dei rifiuti in Campania verrà risolta. Non vi è - e non vi è stata - volontà, soprattutto in questi anni, di risolvere il problema: vi sono state ampie discussioni, che molte volte abbiamo ascoltato nella scorsa legislatura, che ora si ripetono in quest'Aula.
Serve una decisione: attraverso essa - così com'è stata tracciata sia nel decreto-legge proposto sia nell'altro provvedimento annunciato e non ancora pubblicato - sicuramente si troveranno le soluzioni, che dovranno essere corrette in Aula. Noi abbiamo avanzato le nostre proposte emendative; le abbiamo suggerite anche allo stesso relatore, ma, in modo particolare, al Governo. Confidiamo che almeno un paio - quelle sottoscritte da tutto il gruppo - vengano recepite.
Questo è il segnale ed il messaggio che mandiamo all'Aula: ci approntiamo a dare una soluzione definitiva ad uno dei problemi e alle negatività del nostro Paese, nonché ad un comportamento ed un atteggiamento che, per troppi anni, si sono reiterati, in virtù di un falso ideologismo, che voleva rappresentare il meglio nel settore dell'ambiente nel nostro Paese e che, invece, si è autocensurato in quest'Aula e nel Paese nel peggiore dei modi. Raccolgo, altresì, l'invito di altri colleghi di alcune regioni, altrettanto virtuose in tale settore, in relazione a questo tema. Tuttavia, per quanto riguarda la loro proposta alternativa al testo in oggetto, vorrei affermare che non si può trattare di una proposta volta a sconvolgere l'impianto, poiché esso ha una caratteristica fondamentale: l'intenzione di decidere e risolvere il problema.
Pertanto, non c'è più il tempo per le ampie discussioni e per gli ampi dibattiti. C'è solo il tempo di un'azione molto forte ed energica, che prevede anche un impatto non da poco, cioè quello di vedere l'esercito italiano svolgere compiti non propriamente suoi.
Buon lavoro al Governo e buon lavoro al relatore, che ha sicuramente colto nel segno le nostre proposte; confidiamo nel lavoro dei prossimi giorni (Applausi di deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pionati. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PIONATI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto, dall'Aula della Camera, vorrei ringraziare i militari che nella discarica di Pustarza, nella mia provincia, in Irpinia, hanno impedito di stoccare rifiuti parzialmente radioattivi.
A mio avviso, questa è contemporaneamente una buona ed una cattiva notizia. Una buona notizia, perché è stato evitato uno scempio, anche per la salute delle persone; una cattiva notizia, perché ciò ci fa immaginare cosa vi fosse nelle discariche della Campania, quando non vi erano tali controlli e quando l'esercito non verificavaPag. 28il contenuto dei camion che andavano in quei luoghi a scaricare. Onestamente, a mio avviso, vi è molto da preoccuparsi.
Con questo dibattito, stiamo affrontando un progetto importante che, a mio avviso, dal punto di vista generale, tenta - o tenterà - di portare la Campania fuori dal Medioevo per riconsegnarla all'età moderna. Pertanto, di fronte a tale sfida, l'UdC non può che fare la propria parte e condividere la propria parte di responsabilità, così come tutte le forze politiche responsabili: di fronte a questa, che è un'emergenza nazionale - com'è stato affermato da più parti - è necessario, infatti, fare appello al proprio, singolo senso di responsabilità.
Complessivamente giudichiamo questo progetto valido perché, dal mio punto di vista, per la prima volta, dopo quindici anni di mala gestione dell'emergenza rifiuti, si affronta il capitolo in termini complessivi. In altre parole, si guarda all'emergenza, al medio periodo e alla soluzione definitiva del problema: è un modo giusto e intelligente di affrontare l'emergenza, soprattutto per fare in modo che non sia più tale. Infatti, la cosa paradossale che è accaduta in Campania, è che l'emergenza è stata cronicizzata, invece di essere risolta: un'emergenza che dura da quattordici anni, onestamente, non può più essere definita tale, ma diventa un'altra cosa, diventa un tumore, un cancro.
Apprezziamo molto anche la figura del sottosegretario Bertolaso - con cui, nei mesi e negli anni scorsi, ho anche polemizzato - il quale, rispetto al passato, questa volta ha il vantaggio di poter finalmente operare con le mani libere (cosa che, in passato, non gli è mai stata concessa e consentita). Proprio questo modo intelligente di guardare complessivamente all'emergenza rifiuti per dare una risoluzione definitiva al problema, fa emergere tutta l'incapacità e l'insufficienza: si è parlato di fallimento della classe politica locale, la quale, negli anni passati - per vincoli, peso ideologico, interessi (che poi la magistratura accerterà) -, non è stata in grado di far prevalere.
In passato mi sono distinto per la richiesta di dimissioni di Bassolino (che, ovviamente, non rinnovo poiché ritengo che non trovi spazio), ma voglio precisare che tale questione non era mai stata posta in termini politici, di contrapposizione politica, di scontro o di propaganda, perché questo modo di procedere non è né nella mia natura, né nella natura delle questioni che stiamo affrontando e discutendo. La richiesta era stata avanzata proprio in relazione all'incapacità dimostrata dalla classe dirigente della Campania di risolvere il problema, per superare, a mio avviso, il nodo strutturale che ha impedito alla Campania, fino ad oggi, di uscire dall'emergenza, ossia la mancanza di fiducia, da parte dei cittadini, nell'istituzione regionale.
Bisogna riattivare - e credo che, in questo momento, ciò stia avvenendo nella nostra regione - un circolo virtuoso di fiducia, da parte del cittadino, verso l'istituzione che lo rappresenta. Quando un presidente di regione si reca a Pianura e dice ai suoi cittadini che trasformerà la discarica in un campo da golf e poi ritorna, dopo qualche mese, e dice a quegli stessi cittadini di Pianura che si è sbagliato e che la discarica dev'essere riaperta, è chiaro che, in una terra anche di passioni come la Campania, c'è da aspettarsi una reazione violenta. Infatti, essere presi in giro una volta va bene, ma per quattordici anni è un po' troppo!
Pertanto, ripeto, proponevo l'allontanamento Bassolino dal suo incarico, non per una questione di valutazione politica (fosse anche stato un presidente di regione dell'UdC avrei detto lo stesso), ma poiché ritengo che in Campania sia fondamentale ripristinare un rapporto di fiducia leale tra cittadino e istituzione che lo rappresenta, e probabilmente, questa volta, siamo di fronte a questa possibilità. Ovviamente, il provvedimento è perfettibile. Stiamo facendo di tutto, anche in Commissione, per portare il Governo e la maggioranza su una posizione di ragionevolezzaPag. 29rispetto ad alcune indicazioni integrative che stiamo proponendo mediante emendamenti e ci sono, soprattutto, a mio avviso, due ombre che vanno dissolte attraverso il dibattito e il confronto parlamentare.
La prima ombra riguarderà la risposta del nostro Governo ai rilievi preannunciati dall'Unione europea. È chiaro che bisogna tenere nel debito conto quanto ci suggerirà l'Europa, poiché ci troviamo in un contesto internazionale nel quale dobbiamo restare per avere solidarietà e non solo sanzioni. Inoltre, poiché purtroppo, nel mondo, l'immagine compromessa è quella dell'Italia intera, è quindi altrettanto chiaro che bisogna recuperare - proprio sul piano della comunicazione e dei rapporti internazionali - un'immagine che al momento, appunto, è compromessa.
La seconda ombra che, a mio parere, va dissolta è quella relativa alla «superprocura». È chiaro che a Napoli ci troviamo in una condizione di difficoltà, di emergenza assoluta, e quindi ciò può giustificare, in alcuni casi particolari, il ricorso a strumenti di emergenza. Tuttavia, in questo caso, le ombre sono maggiori delle luci e sicuramente si creerebbe un precedente difficile da spiegare, da giustificare e da gestire.
In qualità di campano che ha convissuto, come tutti i campani, da ormai più di un decennio con tale problema, in attesa di poter tradurre i miei suggerimenti in proposte emendative, mi permetto anche di fornire alcuni suggerimenti al dibattito che si sta sviluppando sul tema nella mia regione e nel Paese. Il primo suggerimento è quello di non puntare alla militarizzazione del territorio. Così come è avvenuto a Pustarza, il ricorso all'Esercito in sostituzione ad altri organismi (anche di carattere civile) che in passato avrebbero dovuto effettuare i controlli che oggi vengono affidati ai militari è una cosa giusta, buona e sacrosanta; altra cosa è pensare di utilizzare la forza in maniera strutturale per risolvere l'emergenza rifiuti in Campania: non è possibile. Chi conosce il territorio e le realtà sa che così non si può assolutamente procedere. La militarizzazione e l'uso della forza potrebbero essere sicuramente utili e fattibili (ritorniamo al problema dell'emergenza che si è dilatata) in ambiti temporali molto ristretti: si può militarizzare una città in occasione di una finale di calcio europea oppure una regione per la visita di un Capo di Stato internazionale, per motivi di sicurezza, ma certamente non si può a causa dei rifiuti militarizzare una regione per tre anni, tanto durerà, all'incirca, la prospettiva che apre il decreto-legge in esame. Che facciamo, scortiamo tutti i convogli, perimetriamo con il filo spinato le discariche e poniamo l'esercito in condizioni di massima allerta? Non mi sembra il caso.
La chiave è un'altra, quella che si sta sviluppando nel corso delle ultime settimane nel territorio: il dialogo e l'opera di convincimento di comunità e amministrazioni locali. Si dice il vero quando si sostiene che la camorra agita la piazza, ma non esiste solo la camorra. Ricordo che quando ad Ariano Irpino si trattò di lottare per evitare l'ennesima riapertura di una discarica che, come al solito, Bassolino aveva considerato definitivamente esaurita (quella di Difesa Grande), in piazza c'era il vescovo di Ariano: onestamente, mi pare difficile immaginare che vi sia una connessione tra il vescovo di una città così nobile per tradizione civile e culturale e la camorra. Vorrei tentare di indurre alla ragione. La camorra senz'altro agisce inducendo all'agitazione, ma in piazza si trova anche molta gente esasperata che manifesta in maniera civile, con cognizione di causa e vantando anche qualche motivazione seria per protestare, come per l'esempio di Pianura di poc'anzi. Dobbiamo convincere queste persone che per la prima volta c'è davvero una via di uscita all'emergenza e che c'è un sacrificio che viene chiesto ma, a differenza di quanto è avvenuto nel passato e di quanto ha fatto Bassolino, si tratta di un sacrificio che prevede un termine preciso e che, pertanto, arrecherà un carico di sofferenze sopportabile per la comunità.
Credo che ciò stia già avvenendo. Noto che anche a Pustarza la discarica è stata aperta senza l'uso della forza e che iPag. 30cittadini si sono convinti e sono ormai passati dall'ostilità molto forte dei primi giorni a una serie di manifestazioni pacifiche che non creano ostacolo all'utilizzo della discarica. Sono convinto che tale processo sia in atto e che sia compito di tutto il Parlamento, della maggioranza, dell'opposizione e del Governo insieme far sì che esso prosegua. Infatti, esso rappresenta l'unica via di uscita strutturale alla mentalità che deve cambiare per garantire al problema una prospettiva di definitiva soluzione. Occorre che la gente si convinca e partecipi alle scelte e che non veda lo Stato come uno Stato di polizia che impone le regole, anche se a fin di bene; si dice che il fine giustifica i mezzi, ma non sempre è così.
Tra l'altro, ritengo che tale modo di procedere sia anche lo strumento migliore per isolare la camorra. La camorra non può essere indotta a convincimento, perché agisce solo in una logica di interesse: la troveremo sempre a soffiare sul fuoco. Le persone ragionevoli e per bene, invece, potranno essere convinte come, lo ripeto, è avvenuto nell'alta Irpinia, e ciò consente di distinguere tra chi sta in piazza perché difende dei diritti sacrosanti e chi, invece, sta in piazza solo per difendere il malaffare: con un'opera di convincimento intelligente e responsabile il primo si convince e non manifesta più e ciò porta, anche da un punto di vista fisico, a isolare i facinorosi e i camorristi.
Ovviamente, il punto di conclusione di tutto il discorso sotteso a questo provvedimento è la provincializzazione del ciclo dei rifiuti. Bisogna far capire - qui sta il salto, anche culturale, che il Governo si è impegnato a fare, secondo me in maniera opportuna - che ogni provincia, piccola o grande che sia, deve attrezzarsi per completare al proprio interno il ciclo dei rifiuti.
È qui che, secondo me, sta anche una delle chiavi di lettura del malessere: se si punta, solo per un problema di minore densità di popolazione, su una zona della regione, come l'Irpinia, che ha puntato tutte le sue carte residue di sviluppo economico sulla valorizzazione del territorio, sulle risorse enogastronomiche e sul turismo, come ad una maxi discarica della regione, è chiaro che, prima o poi, l'insurrezione c'è; la reazione, anche violenta, c'è. Bisogna far capire che ogni comunità - ripeto - piccola o grande che sia, deve risolversi in prospettiva i propri problemi; l'emergenza, quindi, può essere transitoria, si può chiedere un sacrificio all'Irpinia per un anno o due, così come alla provincia di Benevento, ma poi Napoli deve risolversi, com'è stato detto, i propri problemi di rifiuti, così come noi risolveremo i nostri. Questo è anche un problema di equità, di giustizia. È come se, per fare un esempio, la Lombardia, non riuscendo più a smaltire al proprio interno il ciclo dei rifiuti, utilizzasse l'Umbria solo perché la popolazione umbra è estremamente più ridotta rispetto a quella lombarda. Sarebbe una cosa non solo ingiusta, ma uno scempio, perché l'Umbria è una perla in Italia e vive di turismo. Non è, quindi, un problema che può essere affrontato e risolto soltanto con statistiche relative alla densità di popolazione e al territorio disponibile per discariche, perché, se si entra in questo circuito, la cosa diventa veramente insostenibile. La provincializzazione, quindi, è l'esito finale della soluzione del problema.
Vorrei concludere con un appello, che rivolgo a tutto il Parlamento, alle forze di maggioranza e di opposizione, e al Governo, perché credo che risolvere oggi, bene, l'emergenza rifiuti in Campania sia positivo e fondamentale non solo e non tanto come strada e strumento per ridare alla Campania una dignità e al Paese un'immagine diversa nel mondo, ma anche per tracciare una via d'uscita rispetto a tante altre regioni italiane, come ricordava prima il collega Cera, che sono vicine al punto di crisi attraversato negli anni passati dalla Campania.
Se in Campania riusciamo a identificare, attraverso questo provvedimento, un circuito virtuoso di soluzione del problema, credo che avremo dato a tutto il Paese una prospettiva di soluzione di analoghi problemi prima che esplodano e che arrivino alla forma patologica cui sono arrivati in Campania. Il punto è proprioPag. 31questo: evitare che si passi dall'emergenza alla malattia cronica, e, quindi, che la patologia diventi inguaribile. Cerchiamo di tener presente anche questa prospettiva nell'arco e nell'ambito dei nostri lavori parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli deputati, il decreto-legge che stiamo esaminando in sede di conversione reca sicuramente misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e si inquadra in una situazione urgente, come hanno detto tutti quelli che mi hanno preceduto, che interessa il territorio della Campania e che impone di porvi rimedio rapidamente e con decisione, per riportare quella regione in una situazione propria di un Paese civile, superando così i rilevantissimi disagi per le popolazioni, il danno per l'immagine del Paese tutto e le ripercussioni negative sull'economia, con particolare riferimento al settore dell'agricoltura e a quello turistico.
Riteniamo, però, altrettanto fermamente - lo ha detto chi mi ha preceduto del Partito Democratico - che l'adozione di interventi legislativi eccezionali e temporanei non debba essere la strada, che purtroppo sembra che il Governo voglia perseguire, per derogare al rigoroso rispetto dei principi costituzionali e delle regole ordinamentali che ne costituiscono l'attuazione.
In realtà, il decreto-legge contiene un gruppo sostanzioso di norme che sconvolgono l'assetto organizzativo degli uffici giudiziari (mi occuperò proprio di questa parte in quanto capogruppo alla Commissione giustizia del Partito Democratico), e introducono una disciplina processuale speciale, con una vigenza temporalmente limitata connessa alla situazione di emergenza, che non può trovare giustificazioni nemmeno sotto il profilo di quelle esigenze di efficacia e di funzionalità dell'esercizio della giurisdizione che tanto vengono sbandierate. Mi riferisco, in particolare, all'attribuzione in via esclusiva al procuratore della Repubblica di Napoli delle funzioni di pubblico ministero delle indagini preliminari per i reati in tema di gestione di rifiuti e per quelli connessi relativi alla regione Campania, anche in deroga a tutti principi organizzativi di cui al decreto legislativo sull'ordinamento giudiziario del 20 febbraio 2006, n. 106, recentemente approvato; all'attribuzione poi ad un giudice non meglio precisato, giudice collegiale, magistrati del tribunale di Napoli, della competenza a procedere alle misure cautelari personali e reali, alla sottrazione al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria di un sequestro preventivo di urgenza che invece dovrebbe, appunto, essere consentito laddove vi sia urgenza e di provvedere come in caso di situazioni di emergenza; consistenti deroghe tutte con efficacia limitata nel tempo e nel territorio (quindi solo la regione Campania) che derogano ai principi fondamentali dell'ordinamento, dell'organizzazione giudiziaria e del sistema processuale penale, e che di fatto, come dicevo poc'anzi, non rispondono nemmeno a quelle esigenze di immediatezza e di efficacia dell'attività di intervento urgente che l'intervento del Governo deve e dice di tener presenti.
In via transitoria il decreto prevede inoltre che le nuove norme derogatorie si applichino in via retroattiva anche ai procedimenti pendenti in fase di indagine, che dovranno pertanto essere tutti trasmessi, anzi già sono in fase di trasmissione, entro dieci giorni alla procura della Repubblica, al GIP, al GUP competenti in base alle nuove regole. E anche al termine della stato di emergenza, dopo la cessazione dell'efficacia delle norme eccezionali, continueranno in realtà ad applicarsi ai procedimenti relativi ai fatti connessi sotto il vigore delle stesse. Dal punto di vista dell'organizzazione giudiziaria, dell'efficacia ed efficienza del sistema giustizia già tanto gravemente in crisi, le norme del decreto in esame, in particolare l'articoloPag. 323, creano una sorta di superprocuratore a Napoli, con competenza per un'unica materia, quella della gestione dei rifiuti, estesa alla regione anche nel territorio di un diverso distretto, Salerno, svincolata quindi dall'ordinario criterio di ripartizione delle competenze sul territorio, che non solo pone seri dubbi di costituzionalità riguardo alla compatibilità delle deroghe alle competenze territoriali dei pubblici ministeri, dei GIP, rispetto agli articoli 25, primo comma, e 102, secondo comma, della Costituzione, che prevedono appunto il divieto di sottrazione al giudice naturale e il divieto di istituire giudici straordinari e giudici speciali, ma si pone in contrasto anche col profilo della tanto auspicata - per lo meno così nei programmi - efficienza dell'azione giudiziaria, e con la soluzione immediata del problema rifiuti a Napoli. A meno che non sia sottesa un'altra filosofia, quella di scegliersi il pubblico ministero, e quindi di scegliersi il giudice, e quindi di sottrarre alcuni indagini ad alcuni magistrati anziché ad altri; ma non vogliamo credere che questo sia veramente l'intento.
Pensiamo solo alle conseguenze inevitabili (e vogliamo sollecitare che a questo pensino anche il Governo e il relatore) dell'intasamento dell'attività degli uffici giudiziari della procura del tribunale di Napoli, che ad oggi, dall'entrata in vigore del decreto-legge, si trova a gestire la trasmissione di mille procedimenti per competenza delle singole sedi del territorio campano. In realtà, se le finalità del Governo sono quelle di garantire un'efficace azione repressiva attraverso la previsione di un'azione unitaria della direzione di contrasto giudiziario alle attività illecite connesse alla gestione dei rifiuti, allora si può ricorrere, senza sconvolgere il sistema, mantenendosi garanti delle sue regole, all'istituto della competenza delle procure distrettuali, che già da tempo sono istituite presso i tribunali del capoluogo, appunto Napoli e Salerno in Campania, competenti a svolgere le funzioni di indagini preliminari nel giudizio di primo grado in relazione a procedimenti addirittura di criminalità organizzata, terrorismo, reati di criminalità informatica.
E così si può prevedere, come accade nei procedimenti di criminalità organizzata e di terrorismo, che le funzioni di giudice per le indagini preliminari siano esercitate da un magistrato del tribunale del capoluogo nel cui ambito ha sede il giudice competente, senza inventare una figura di giudice a composizione collegiale a Napoli destinata ad operare solo per le misure cautelari in tema di gestione dei rifiuti, mediante una disciplina del tutto carente, che non esplicita nemmeno se contro quelle misure è poi esperibile il riesame, l'appello, e dinanzi a quale organo.
La problematica delle garanzie in tema di libertà ed esercizio del potere coercitivo, onorevoli colleghi e signor Presidente, involge in realtà linee di fondo dell'intero sistema processuale penale, e non può essere certo affrontata in un provvedimento la cui logica è l'emergenza, l'eccezionalità e la temporaneità, con il rischio di sconvolgere il sistema.
Le disposizioni che introducono, modificano, escludono alcune condotte delittuose, di cui agli articoli 2 e 3, sono inoltre generiche. Abbiamo constatato che è stato recepito un emendamento che riguardava i reati da cosiddetto danno ambientale, perché ci si è accorti che si sarebbe invasa la procura della Repubblica di Napoli con una serie di reati che nulla hanno a che fare con la gestione dei rifiuti. Ma quella dei reati riguardanti la gestione dei rifiuti è una definizione talmente lata, larga e non rispettosa del principio di determinatezza delle fattispecie di reato che non solo presenta dubbi di costituzionalità, ma appare gravemente ingestibile, proprio perché quelli che devono essere individuati sono i reati di gestione dei rifiuti connessi alla particolare emergenza, e quindi non tutta una serie di reati bagatellari che pure stanno invadendo la procura della Repubblica di Napoli, dal momento che i magistrati, a seguito di un'individuazionePag. 33così lata, hanno trasmesso nei dieci giorni tutti i procedimenti che riguardavano la gestione dei rifiuti.
In particolare, se si intende perseguire il risultato di far fronte alla straordinaria gravità del contesto socio-economico ed ambientale derivante da una situazione di emergenza in atto, collegata al mancato smaltimento dei rifiuti e suscettibile di compromettere gravemente i diritti fondamentali delle popolazioni della regione Campania, bisogna evitare di allargare i margini di incertezza e definire con sufficiente determinazione i reati riferiti alla gestione dei rifiuti, i quali radicano la competenza speciale ed esercitano la forza attrattiva in sede distrettuale, e ciò al fine di evitare questioni e conflitti di competenza e trasferimenti di competenza di reati di minore rilevanza commessi nelle varie sedi del territorio campano, che nulla hanno a che vedere con la problematica della gestione dei rifiuti.
Altro punto di forte criticità è costituito dall'articolo 4, che devolve al giudice amministrativo tout court la giurisdizione su tutte le controversie attinenti la gestione dei rifiuti e l'installazione delle discariche - dilatando irragionevolmente per l'intero territorio nazionale la competenza del giudice amministrativo - anche qualora siano denunciate lesioni dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione.
Tra l'altro, la Corte costituzionale, nella recente pronuncia n. 191 del 2006, aveva chiarito che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si può giustificare in relazione ai principi costituzionali degli articoli 24 e 111 della Costituzione (che, ovviamente, mirano a concentrare dinanzi ad un unico giudice l'intera tutela del cittadino rispetto alle modalità di esercizio della funzione pubblica), e può riguardare anche i comportamenti della pubblica amministrazione che causano danno ingiusto, ma solo se siano collegati all'esercizio, anche se illegittimo, di un pubblico potere, mentre essa non si giustifica, né è compatibile con i principi costituzionali, quando la pubblica amministrazione non abbia esercitato in concreto il potere che la legge attribuisce per la cura dell'interesse pubblico, e quindi quando ci troviamo di fronte a comportamenti, sia pure della pubblica amministrazione, posti in essere in carenza di potere o in via di mero fatto. In tali casi, non possiamo accettare norme che derogano, come dicevo poc'anzi, a principi cardine del nostro ordinamento. E ciò senza citare l'articolo 4, secondo comma, che introduce in via transitoria una procedura anomala di caducazione di tutti i provvedimenti d'urgenza adottati dal giudice ordinario e una convalida, una conferma, da parte del giudice amministrativo entro termini perentori che non si sa chi deve attivare, in quali termini e secondo quali procedure.
Si crea una confusione e un caos di rimessa nei confronti dei cittadini o di chi ha ottenuto quei provvedimenti cautelari che non possono sostanzialmente essere inseriti in un decreto di questo genere, né sono compatibili con esso.
Per non parlare del potere attribuito al Ministero della giustizia di redistribuire i magistrati in servizio al fine di potenziare gli uffici di Napoli: verosimilmente, ci si è resi conto del caos organizzativo che si sarebbe creato a Napoli e allora, quasi si trattasse di prefetti, si attribuisce al Ministro della giustizia un potere che non è suo, perché la Costituzione attribuisce tale potere al Consiglio superiore della magistratura, organo di autogoverno della magistratura, cui spettano in via esclusiva le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti dei magistrati. Il Ministro è competente solo nella distribuzione dei posti in organico - non nella redistribuzione dei magistrati - e del personale amministrativo. Pertanto l'articolo 3, comma 7, non presenta alcun significato, se non quello apparente di dare una risposta - ma si tratta di una risposta meramente apparente, che non può legittimare provvedimenti conseguenti - a un carico abnorme di lavoro che l'ufficio della procura di Napoli e il suo procuratore capo, dominus assoluto di tali procedimenti, verrebbero a trovarsi.
Per tali motivi il Partito Democratico ha perseguito una linea costruttiva, che ha già manifestato apertamente in Commissione,Pag. 34proponendo una serie di emendamenti, nonché un parere condizionato in Commissione giustizia, affinché se ne tenesse conto nel contenuto delle osservazioni del parere di maggioranza. Tali emendamenti avrebbero consentito al provvedimento in esame di rimanere nell'ambito e nel rispetto rigoroso dei principi fondamentali, sia pure con una forzatura del sistema, perché le procure distrettuali non sono competenti in materia di reati di gestione dei rifiuti, ma lo diverrebbero solo per la regione Campania e nell'attuale momento di emergenza, se questa è la logica di un coordinamento di indagini. Gli emendamenti che abbiamo proposto non sono stati tuttavia recepiti e non hanno trovato accoglimento, se non in minima e irrilevante parte (il relatore ha accettato che nell'articolo 3, comma 1, si facesse riferimento non solo ai delitti tentati ma anche a quelli consumati, così come da noi proposto, ma non siamo andati oltre).
Pertanto, tali emendamenti sono stati riproposti in Assemblea, e riguardano l'articolo 2 e, soprattutto, gli articoli 3 e 4, e sicuramente il loro accoglimento, o meno, costituirà la motivazione principale in grado di condizionare l'orientamento del voto del gruppo del Partito Democratico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

MAURO PILI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, sarebbe davvero troppo facile, e persino scontato, il tentativo di alcuni di derubricare il decreto-legge oggi all'attenzione della Camera come uno dei tanti provvedimenti ordinari che hanno segnato la contraddittoria e travagliata vicenda dell'emergenza rifiuti in Campania.
I colleghi più navigati mi suggeriranno di non cadere nella facile illusione che il decreto-legge in esame risolverà tutti i problemi emergenziali della Campania: li ringrazio preventivamente. Anch'io, che navigato non sono, mi limito però a considerare il decreto solo uno strumento d'azione, da non confondersi né con l'azione né, soprattutto, con il risultato.
Cercherò, con poche e brevi considerazioni, di spiegare le ragioni che mi inducono a non ritenere che il provvedimento in esame sia l'ennesimo di una lunga serie. La prima considerazione è questa: il Presidente Berlusconi e il Governo hanno scelto di indicare l'emergenza rifiuti in Campania come priorità nazionale da affrontare senza tergiversare, senza sonnacchiose procedure e silenziose complicità.
Se questo è il primo elemento che il Governo Berlusconi ha voluto porre all'attenzione del Paese, ve ne è un secondo che mi consente di affermare che quello in discussione non sarà l'ennesimo decreto-legge: mi riferisco al fatto che con esso si chiude l'episodio commissariale, durato quattordici anni, con ben nove commissari.
Vi è un terzo elemento di rottura rispetto al passato, che ci porta ad affermare che la strategia nuova ed efficace ha un principio sacrosanto, nuovo ed inedito nelle procedure che riguardano la vicenda Campania: quello dell'assunzione della responsabilità e non del rinvio, che è figlio di quell'ambiguità politica, silenziosa e complice, nonché dell'interessata assuefazione alla cronicità dell'emergenza.
Riguardo al primo degli elementi di novità, quello della priorità nazionale, sottolineo che è invalsa in molti la teoria che il caso Campania fosse un'emergenza locale; così è stata affrontata, attenti a non sporcarsi le mani e senza assumere, invece, la piena responsabilità politica e istituzionale, come ha fatto il Governo Berlusconi. Al contrario, non si sono assunte nel passato le responsabilità politiche e istituzionali necessarie, con due risultati: si è stati travolti dall'emergenza, e dall'opinione pubblica. Il Governo Prodi, e il centrosinistra che ha governato in questi anni tale emergenza, sono stati travolti dall'incapacità di decidere e di incidere su un tema così rilevante, nonché travolti dall'opinione pubblica, non soltanto locale, regionale e nazionale, ma anche internazionale.
Il Presidente Berlusconi ha scelto la strada opposta: quella dell'assunzione direttaPag. 35e coraggiosa della responsabilità politica ed istituzionale. Quando un Primo Ministro, come ha fatto Berlusconi, si reca sul luogo dell'emergenza e coordina le decisioni, dimostra di volersi assumere appieno e personalmente la responsabilità di una vicenda che ha radici politiche lontane e precise. È un Presidente del Consiglio che non ricerca consenso, perché un leader politico molto spesso è portato a stare lontano dalle questioni difficile e irrisolvibili; in questo caso, invece, è scesa in campo l'autorevolezza e l'assunzione di una piena responsabilità istituzionale e politica.
Avere indicato il caso Campania come emergenza nazionale non significa avere sminuito l'azione del Governo, come qualcuno ha sostenuto, ma semmai aver scelto la strada della concretezza, perché su questa vicenda si misura la concretezza di un Governo, dell'economia e dell'immagine di un'intera realtà economica come quella italiana, rappresentata dall'Italia del made in Italy, dei beni culturali e paesaggistici, e dall'infrastruttura della comunicazione del Belpaese. L'immagine del nostro Paese nel mondo costituisce un'infrastruttura crollata sull'incedere di immagini devastanti irradiate in ogni angolo del globo!
Per questa ragione, il decreto-legge in discussione non è come tanti altri decreti, è diverso: è il decreto con cui il Governo si assume la responsabilità della gestione dell'emergenza, è il decreto della piena autorevolezza delle istituzioni, della politica e dello Stato che hanno saputo scegliere, ma è anche il decreto che pone fine al commissariamento - va detto con estrema chiarezza - anticipando tutti i tempi, anche quelli del precedente decreto-legge Prodi, che ha stabilito di travalicare delle regole, ma mai quelle che hanno impedito di risolvere il problema.
Il provvedimento in esame, infatti, pone termine al commissariamento non solo come fatto simbolico, perché è la chiara indicazione del Governo di voler incardinare nell'alveo istituzionale una gestione che, nella sua perenne straordinarietà, ha trasformato l'emergenza in ordinarietà. Un'emergenza ordinaria che si autorigenerava per diventare cronica e indelebile: è questo il limite, reale e verificato, in tanti anni di emergenza. Per questo motivo la scelta del Governo Berlusconi ha rotto gli schemi del passato, con una decisione che ha saputo mettere insieme la responsabilità politica con quella operativa.
Non è un caso che a fare sintesi tra l'azione politica e quella operativa sia stato chiamato l'uomo che più di tutti, in questi anni, ha saputo fronteggiare, con autorevolezza e capacità non solite, le più gravi emergenze del Paese (e non solo). Mi riferisco, ovviamente, al commissario Bertolaso.
In questo caso, il compito è duplice: un'emergenza pari ad una calamità naturale (o peggiore) da affrontare in termini contingenti ed urgenti, ma nel contempo anche strutturali e futuri. Contingente e strutturale rappresentano un binomio che il decreto-legge in esame ha saputo per la prima volta mettere in campo nell'azione in Campania: da una parte guidare con autorevolezza ed urgenza la contingenza, ma dall'altra tracciare quella necessaria azione strutturale e infrastrutturale che possa mettere nell'alveo della corretta soluzione del tema e del problema la questione dell'emergenza rifiuti in Campania. Forse, però - mi rivolgo al commissario Bertolaso - vi è un'emergenza più difficile e complessa, quella istituzionale, frutto di mala politica e di malaffare. Permettetemi di dire che questa è forse la questione più rilevante e più delicata. Al sottosegretario Bertolaso sento di dover rivolgere, a nome mio e, credo, dell'intero Popolo della Libertà (e, per le affermazioni che ho ascoltato, dell'intero Parlamento), auguri non retorici per il compito che gli è stato affidato e sostegno per una missione che tutti - non nascondiamoci - sottovoce sostengono essere una missione impossibile. Mi permetto di dire che la missione non è facile: le insidie - passatemi questo richiamo - sono dentro ogni sacchetto (il caso delle possibili scorie nucleari è agli occhi dell'opinione pubblica). Gli apparati del malaffare, però, sono in piena attività, ma so anche quanto lo Stato debba esserePag. 36più forte di qualsiasi condizionamento e il Governo, dal Presidente Berlusconi al sottosegretario Bertolaso al sottosegretario Menia - che rappresenta il Ministro dell'ambiente -, deve sapere che vi è una maggioranza decisa e determinata a sostenere la linea dura per risolvere questo problema.
Apro un inciso: si tratta di una sfida anche per riscattare il sud e per rimettere in marcia il Mezzogiorno del nostro Paese. Oggi la questione rifiuti è l'immagine logora e condizionante della questione meridionale nel nostro Paese, che fa trasparire istituzioni conniventi e latitanti, l'assenza totale dello Stato e della sicurezza per l'impresa e per coloro che vogliono investire, l'assenza totale di competitività nel sud. Questa immagine è quella che emerge non soltanto nel Paese, ma anche nel resto d'Europa e del mondo. Si tratta di tre reali deterrenti, letali per qualsiasi - seppur flebile - azione di ripresa economica.
Alla sfida sull'emergenza, dunque, se ne aggiunge un'altra, quella politica, istituzionale ed economica che il Governo Berlusconi lancia per il Mezzogiorno del Paese. Se, come noi crediamo, si risolve l'emergenza rifiuti, si rilancerà un'azione politica, sociale, istituzionale ed economica per l'intero Mezzogiorno del nostro Paese.
Alle prime due rilevanti novità (la priorità nazionale e la fine della gestione commissariale) permettetemi di aggiungere la terza: una strategia nuova ed efficace, che vorrei sintetizzare come quella del decidere e del fare. Il decreto-legge in esame decide e fa: mette in campo un'azione politico-culturale tecnica e risolutiva per quanto riguarda l'emergenza rifiuti. La prima grande innovazione che mi sento di condividere con il Governo (che l'ha proposta nel decreto-legge) e che, nei lavori della Commissione, è stata rafforzata, è il concetto secondo il quale l'emergenza va affrontata laddove essa si verifica. Non più passi falsi di chi tenta di mettere sotto il letto la sporcizia, sapendo di potersela dimenticare: una scelta sostanziale e strategica, rafforzata dall'approvazione in Commissione ambiente - con il parere favorevole del Governo - dell'emendamento presentato dai colleghi della Lega - a firma mia e di altri colleghi del Popolo della Libertà - che fa divieto di trasferire i rifiuti della Campania in altre regioni nel periodo dell'emergenza.
Si tratta di una scelta, che per quanto mi riguarda, costituisce un'inversione strategica rispetto alla gestione, inaccettabile, del Governo Prodi, che con arroganza, con pressappochismo, con la complicità della stessa regione sarda - fatemi passare questo richiamo regionalista - impose il trasferimento navale dei rifiuti della Campania in Sardegna. Si tratta di una scelta folle, la cui insostenibilità era appunto strategica, tecnica e culturale. Determinava costi tripli rispetto al trasferimento dei rifiuti in Germania e, per giunta, con l'utilizzo di mezzi navali dismessi e riattivati a costi inaccettabili. A dire il vero, ho manifestato la mia totale contrarietà anche avverso l'ultimo vascello di rifiuti approdati in Sardegna, anche se consapevole che si trattava di una decisione già assunta dal precedente Governo, che però, a mio avviso, poteva, anzi doveva, essere bloccata.
Con la nuova strategia, che il Governo ha proposto in questo decreto-legge, si pone però fine a quella gestione e a quel tipo di scelte. La strategia contempla un primo elemento: le discariche. Sappiamo tutti che il cosiddetto decreto Ronchi aveva avversato giustamente, accogliendo anche le direttive dell'Unione europea, la cancellazione della politica delle discariche, che avevano di fatto messo in campo un consumo abnorme del territorio nazionale, ma soprattutto anche i rischi che le discariche non controllate e non verificate, negli anni, potevano, per i percolati, creare davvero gravi problemi sul piano ambientale.
Le discariche occorre farle. Si sapeva perfettamente che occorreva farle per gestire l'emergenza, per poter pianificare e mettere in corso quella strategia futura che nel decreto-legge è ben presente. Dunque, nel provvedimento si prevedono tre aspetti fondamentali. Il primo riguarda la possibilità e la necessità di fare le discariche,Pag. 37senza più logoranti intese, ma con decisioni. Nel precedente provvedimento del precedente Governo era invalsa la tesi secondo la quale tutto andava deciso attraverso intese. La parola «intesa» aveva il significato e raggiungeva l'obiettivo di non decidere mai, perché vi era sempre qualcuno che non intendeva raggiungere intese.
Sostengo la tesi che è molto più forte e autorevole un Governo che individua e realizza le discariche necessarie, piuttosto che un Governo che non interviene e lascia aperto il far west delle discariche abusive e notturne. Dunque, ha fatto bene il Governo a indicare i siti delle discariche e i modi operativi per realizzarle, compreso l'ausilio delle forze dell'ordine e, se è necessario, delle Forze armate, per tutelare quei siti strategici nazionali.
Vi è un altro elemento che volge a definizione: quello dei termovalorizzatori. Se le discariche rappresentano il contingente, nel decreto-legge vi è la strategia legata alla realizzazione, al ripristino e alla messa in piena attività di impianti di termovalorizzazione per il futuro. Anche sotto questo profilo - devo dire che, con onestà intellettuale, il collega del Partito Democratico ha richiamato poc'anzi un fatto emblematico - l'emergenza nasce dal mancato riconoscimento da parte del Governo Prodi dello sgravio fiscale CIP 6 per i termovalorizzatori, che avrebbe consentito di realizzare, facendo concorrere più imprese, quell'impianto che avrebbe consentito anche la produzione di energie alternative. La concessione del CIP 6 andava concepita come sgravio fiscale energetico per le fonti alternative e averla bloccata ne ha condizionato la realizzazione.
Auspico che il Governo confermi quella scelta e possa davvero, attraverso il riconoscimento del CIP 6, dare alla regione Campania - ma anche, nel rispetto delle azioni che qualcuno richiamava, a altre regioni italiane - la possibilità di fronteggiare l'emergenza con la realizzazione di termovalorizzatori a produzione di energia di fatto alternativa, utilizzando anche questi sgravi energetici.
Il Partito Democratico è stato polemico - lo richiamo soltanto per un attimo - rispetto alla scelta fatta dal Governo sulla competenza dell'autorità giudiziaria nei procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania.
Mi permetto di dire che non distinguerei tra magistrati buoni e cattivi e che chi lo fa sta mettendo in dubbio l'onestà intellettuale dei giudici di Napoli rispetto a quelli di altre procure. Credo che il Governo sia ben lungi dal pensare di fornire una tale interpretazione a questa norma, mentre semmai vi è stato il buonsenso, che sarebbe dovuto venire in maniera bipartisan, quello sì, di affermare che forse su un tema così delicato come quello dei rifiuti in Campania vi è la necessità dell'unitarietà dei processi penali. Ci si è resi conto che vi è una rete fitta, molto spesso unica, che porta alla gestione del malaffare e della malapolitica nel settore dei rifiuti. È prevalso, quindi, il buon senso così come è avvenuto con l'istituzione della procura nazionale antimafia. Il caso dei rifiuti della Campania è paragonabile in termini di immagine e di impianto della criminalità organizzata a quello della mafia. Per tali motivi bisognava far di tutto per razionalizzare e rendere unitario il procedimento penale su quella materia.
Vi è un ultimo aspetto previsto all'articolo 7 - mi rivolgo al sottosegretario e al relatore del provvedimento - che vorrei analizzare e che riguarda la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale. Devo dire che questo è l'unico aspetto sul quale mi permetto di sottolineare al Governo che forse occorrerebbe uno sforzo maggiore. Con il sostenere la riduzione del numero dei componenti della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale da sessanta a cinquanta mi sembra si persegua un tracciato amministrativo e istituzionale non proprio consono alle esigenze della materia. Affermo con estrema chiarezza che forse è indispensabile rilanciare il responsabile unico interno del procedimento che si può avvalere, all'interno della stessa struttura pubblica, di quelle consulenze necessarie perché la valutazione dell'impatto ambientale possaPag. 38essere sintetizzata non da cinquanta componenti, ma che possa avere qualcuno che ne risponde. Ciò sarebbe auspicabile perché altrimenti, come spesso capita in una commissione tecnica di cinquanta componenti, nessuno ne risponderebbe e magari si bloccherebbe l'intervento. Reputo che sarebbe meglio su questo tema riflettere se il percorso vecchio della commissione tecnica possa essere rivalutato, non in termini di limitazione della pluralità di soggetti, ma di efficacia e di efficienza dello stesso procedimento.
Non mi soffermo sulla raccolta differenziata. Ho sentito, però, che qualcuno ha richiamato la necessità di ridefinire gli obiettivi minimi di raccolta per andare incontro alle difficoltà che avrebbero i comuni. Ritengo che «l'asticella» di questo obiettivo debba essere tenuta alta e che abbassare il livello significa non raggiungere nemmeno il minimo. Parto dal presupposto che occorre perseguire l'impossibile e per cercare di realizzare perlomeno ciò che è possibile; è una regola fondamentale. Aggiungo, rispetto a quello che il collega Guido Dussin ha richiamato rispetto alle questioni finanziarie, che vi sono, sulla raccolta differenziata, quarantasette milioni di euro previsti per gli anni 2008, 2009 e 2010. Ritengo che sia importante, anche in termini educativi - lasciatemi passare il termine - che queste risorse vadano inquadrate nel Programma operativo regionale (POR) della Campania. Credo che non si possa dimenticare un aspetto fondamentale: in questo Paese vanno premiati coloro che fanno e non quelli che non fanno e, in questo caso, la classe politica della regione Campania è stata totalmente incapace di intendere e di volere su un tema così delicato.
Concludo, ricordando che i colleghi del centrosinistra e il collega Realacci, in Commissione e in Aula, hanno riproposto il tema delle bonifiche. Mi permetto di affermare che non si tratta di una partita che si può chiudere con la semplice richiesta di nuove risorse finanziarie o aggiungendo la parola bonifica alle compensazioni. Reputo che vi sia un'emergenza più rilevante: quella di capire di quali aree stiamo parlando.
Infatti, se stiamo parlando di aree private che sono state utilizzate per discariche abusive (sono quelle che ovviamente necessitano di maggiore bonifica) si tratta allora di aree private la cui competenza alla bonifica non può essere a carico dello Stato e dei fondi pubblici, ma deve essere rintracciata - è quanto stabilito dalle norme comunitarie e dallo stesso cosiddetto decreto Ronchi - in capo a coloro che ne hanno esercitato la proprietà, il titolo e la concessione. Se si tratta di quelle pubbliche anche in questo caso va individuato il soggetto che ne è responsabile. Credo che affrontare in termini generali e generici il tema delle bonifiche senza codificarlo significhi generare il terzo guadagno per il malaffare dei rifiuti. Il primo è per chi ha gestito le discariche abusive e quindi ne ha tratto un abusivo, illegittimo e illegale guadagno. Il secondo deriva dal fatto che lo Stato mette i propri soldi, paga e magari bonifica lo stesso soggetto che ha guadagnato inquinando. Il terzo consiste nel fatto che i terreni bonificati magari tornano a coloro che li hanno gestiti abusivamente e a coloro che li hanno bonificati che diventano nuovamente proprietari. Credo che questo argomento meriti - lo dico ai colleghi della Commissione competente - un apposito disegno di legge o una proposta di legge che possa inquadrare tutte le fattispecie delle bonifiche e non lasciare la questione in termini generici.
Questo decreto-legge dunque - concludo colleghi - segna un'inversione di tendenza. La segna nell'autorevolezza politica e istituzionale, con l'assunzione di piena responsabilità da parte del Governo, che assume la scelta di decidere e di fare. Per quanto mi riguarda, l'emergenza - usando le parole dello stesso Presidente Berlusconi - sarà solo una passeggera follia, un ricordo di una passeggera follia, ma spero anche di un'ordinaria mala politica e di malaffare che questo GovernoPag. 39ha tutti i requisiti per cancellare per sempre (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, all'inizio di questo dibattito il relatore, l'onorevole Ghiglia, ci ha comunicato che il provvedimento in esame potrebbe cambiare - se ho inteso male sarò contento di essere corretto - e che potrebbe essere modificato anche a seguito di nuovi provvedimenti del Consiglio dei ministri di cui, allo stato, non conosciamo i contenuti. Quindi, spero che si svolga un dibattito che abbia come riferimento provvedimenti concreti, perché sarebbe - lo dico ovviamente in termini ironici - disdicevole rifare una discussione di carattere generale.
Venendo al merito del provvedimento, credo che tutti siamo perfettamente consapevoli del fatto che l'emergenza rifiuti in Campania ha assunto dimensioni tali da non consentire alcuna dilazione. Devono quindi essere assunte quelle decisioni che riescono ad alleviare una situazione insostenibile per tutti i cittadini campani, ai quali per troppo tempo è stato reso impossibile vivere in condizioni di normalità nelle proprie case, strade e quartieri. Tutti i soggetti coinvolti nella gestione di questa crisi hanno la piena responsabilità di contribuire alla risoluzione immediata della situazione, quindi l'opposizione, che rappresentiamo, ha il dovere di non assumere posizioni pregiudiziali nei confronti del Governo. In sostanza, dobbiamo rispondere a tutti quei cittadini che ogni mattina faticano ad uscire dal proprio portone a causa delle montagne dei rifiuti accatastati ai margini delle strade, e che giustamente temono gli effetti che questa situazione può avere sulla propria salute e su quella dei propri figli.
Come ha recentemente ribadito il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, occorre conciliare urgenza e legalità per fronteggiare rifiuti e - direi - camorra. La denuncia puntuale e pertinente del Capo dello Stato, che ci esorta ad abbandonare sterili polemiche e a lavorare per il conseguimento di un obiettivo importante e di alto valore civile, è stata tratta peraltro dalla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta, approvata il 13 giugno 2007, in cui è scritto che il settore dei rifiuti rappresenta ormai uno dei terreni privilegiati della criminalità organizzata per l'investimento di capitali illeciti mediante il controllo ovvero la gestione diretta di una porzione rilevante delle imprese del settore; che la criminalità organizzata è passata nel settore dei rifiuti da soggetto esterno al circuito istituzionale e gestionale, interessato ad inserirsi nei canali di erogazione della spesa pubblica, a soggetto sempre più presente negli snodi decisionali.
A fronte di simili emergenze e del degrado in cui versano interi territori e al conseguente rischio di epidemie e dell'immagine negativa del Paese a livello internazionale con ricadute ben visibili nell'economia e nel settore del turismo occorre, quindi, un'azione coordinata e straordinaria di tutte le forze politiche affinché venga abbandonato ogni interesse di parte e venga affermato il bene comune e, quindi, l'interesse del Paese che si deve conciliare con il benessere delle popolazioni locali.
Queste osservazioni preliminari non ci esimono, tuttavia, dal sollevare alcune forti perplessità relativamente al decreto-legge oggi in discussione.
Non vorremmo, infatti, che il Governo inauguri una modalità di lavoro che il Partito Democratico rifiuta con massima decisione: quella di inserire, con il pretesto dell'emergenza, norme che nulla o poco hanno a che fare con il tema su cui si sta deliberando e che consentono di introdurre comportamenti e precedenti inaccettabili e non giustificabili. Norme che si insinuano tacitamente e che restano oscurate dall'importanza di trovare soluzioni rapide per l'interesse dei cittadini ma che, poi, si ripercuotono - senza il clamore della pubblicità mediatica - sui cittadini stessi sotto altre forme.Pag. 40
Di emergenze, purtroppo, ne dovremmo affrontare tante e se da subito non viene denunciato un comportamento ambiguo del Governo si rischia di creare una situazione di doppiezza molto dannosa.
Purtroppo abbiamo un esempio di questo comportamento proprio oggi, con il decreto-legge su cui abbiamo aperto la discussione sulle linee generali, almeno riguardo a due questioni per noi assolutamente non marginali.
La prima questione riguarda le disposizioni contenute nell'articolo 16, in materia di personale addetto alla protezione civile per fronteggiare l'emergenza rifiuti. Lascia, intanto, piuttosto perplessi la necessità di intervenire sul personale della pubblica amministrazione, quando è noto a tutti che il problema dei rifiuti campani non riguarda l'aumento del personale addetto, se non marginalmente, piuttosto in termini di migliore efficienza.
Meno che mai si può capire che senso e che giustificazione abbia aumentare il numero dei dirigenti pubblici. Provvedendo in questo modo - e qui sta la più grossa e inaccettabile contraddizione - si nega ogni principio di legittimità, trasparenza e correttezza procedurale: infatti, tra le altre cose, si stabilisce che vengano inquadrati dirigenti di seconda e prima fascia senza essere sottoposti a nessuna selezione concorsuale.
Ciò risulta essere in palese contrasto con le condizioni di eguaglianza previste dall'articolo 51, primo comma, della Costituzione per l'accesso all'esercizio nei pubblici uffici e con l'articolo 97, terzo comma, della Costituzione che riguarda l'accesso agli impieghi nella pubblica amministrazione mediante concorso.
Sorgono immediate alcune domande: intanto cosa ha a che fare l'inquadramento dei dirigenti pubblici con l'emergenza rifiuti? E ancora più forte, non è di soli pochi giorni fa l'annuncio del Ministro Brunetta che non sarebbero stati mai più assunti dirigenti della pubblica amministrazione senza concorso? Non sono state pubblicate contestualmente dallo stesso Ministro Brunetta le linee programmatiche del proprio Ministero che contengono i termini «merito» e «meritocrazia» quasi in ogni pagina?
Sembra allora profilarsi proprio quell'atteggiamento che non vorremmo diventasse un'abitudine per questo Governo: fare proclami in una direzione e, poi, utilizzare pretestuosamente situazioni emergenziali per agire nella direzione esattamente opposta.
Ancor più grave è la seconda questione sulla quale non possiamo non sollevare riserve e denunciare un comportamento inaccettabile da parte del Governo.
Nell'articolo 18 del decreto-legge si fa riferimento alla possibilità di derogare le norme contenute nel testo unico sulla sicurezza sul lavoro.
Questo è un provvedimento che preoccupa ancora di più, se rappresenta il primo atto di una tendenza espressa nei giorni passati dal Ministro Sacconi, che ha fatto della deregolamentazione, anche in materia di sicurezza, il proprio motto e la principale ricetta per la crescita della nostra economia.
Pur essendo assolutamente favorevoli alla semplificazione normativa, riteniamo che sulla sicurezza sul lavoro non ci possano essere deroghe di alcun genere. Non è possibile abbassare la guardia, quando ne va della vita delle persone che lavorano. La salute e la sicurezza sul lavoro di ogni uomo e di ogni donna non possono essere, quindi, subordinate ad alcuna altra esigenza, soprattutto considerando il fatto che la normativa italiana rappresenta uno dei migliori esempi, in questa materia, rispetto a tutti i Paesi europei, di certo ulteriormente migliorabile, ma non smantellabile (sono rilievi che, del resto, abbiamo già mosso nella nostra Commissione lavoro).
Risulta quindi ancor più stridente, se possibile, questa posizione del Governo, a pochi giorni da un'ennesima tragedia sul lavoro che, peraltro, ha coinvolto proprio una parte di dipendenti pubblici.
In conclusione, il senso di responsabilità nei confronti dei cittadini campani ci porta a non rallentare le decisioni che sono indispensabili per risolvere la crisiPag. 41dei rifiuti. Lo stesso rispetto e lo stesso senso di responsabilità chiediamo al Governo nei nostri confronti e, soprattutto, nei confronti di tutti i cittadini italiani, affinché non vincano solo le ragioni dei proclami, ma anche quelle della coerenza e del rispetto dei diritti fondamentali di tutti.
Chiediamo pertanto, ancora una volta, di stralciare dal decreto-legge in esame gli articoli 16 e 18 (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piffari. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente e colleghi, credo che non stiamo ponendo in discussione il fatto che si tratti di un'emergenza e che quindi vi sia la necessità di un decreto-legge: davanti agli occhi di tutti noi, tutti gli italiani, l'Europa e il mondo, le immagini della pattumiera nelle strade continuano a essere rilanciate e riviste.
Magari fosse solo un problema economico e di immagine, gravissimo ma tutto sommato riparabile.
Il problema vero è che stiamo affrontando una situazione che è diventata un'emergenza dal punto di vista igienico e sanitario, per tutta la popolazione della Campania.
Speriamo che ciò non degeneri in situazioni di effettiva emergenza sanitaria, ma l'arrivo della stagione estiva - e quindi del caldo - potrebbe spingere anche in tal senso. Speriamo che siano solo paure, ma vorremmo comunque essere già pronti ad evitare una situazione di questo tipo di emergenza.
Abbiamo visto situazioni di emergenza di ordine pubblico: è grave che le popolazioni, per difendere il loro territorio, vadano in tilt, in corto circuito, e si arrivi ad uno scontro con le forze dell'ordine. Non possiamo continuare a subire e a stare a guardare senza un'azione risolutiva.
Sicuramente l'intervento che occorre apprestare deve essere di coerenza, in prospettiva di una normalizzazione, di una soluzione definitiva, e quindi spesso, nel decreto-legge, si richiama la scadenza - proprio perché si tratta di un'emergenza e ed è necessario avere una data - costituita dalla data del 31 dicembre 2009. Dovrebbe essere sempre così.
Vi è una situazione di criminalità organizzata devastante, perché ancora non abbiamo esattamente neanche le dimensioni delle infiltrazioni anche in azioni che pare sembrino regolari e normali (quindi di finanza, di impresa), anche quelle sane che vogliono provare a fare queste azioni. Quindi, a volte, non sappiamo se è questa criminalità che organizza il dissenso oppure se è un effettivo disagio delle popolazioni.
Sono state individuate altre emergenze: quelle delle aree utilizzate come discariche, a volte, autorizzate con imprese non fedeli al proprio mandato. Molto spesso, invece, si tratta di discariche non autorizzate e, pertanto, si ha la necessità di una bonifica straordinaria. Nel provvedimento in discussione appaiono come compensazioni ambientali, ma ritengo che, rispetto ad altri siti dell'Italia, inquinati e danneggiati, in questo caso, le bonifiche vadano quanto meno inquadrate, perché vi sono effettivamente aree di degrado abbandonate a loro stesse, di cui non è facile individuare né la proprietà né l'autore dello scempio. Pertanto, non si tratta né di enti pubblici né privati.
Nel decreto-legge in oggetto, vi sono una serie di questioni che ci lasciano perplessi e che ci hanno portato a presentare emendamenti in Commissione ed anche in Aula. Innanzitutto, vi è la questione della superprocura. Sicuramente, un'azione necessaria in questo senso deve essere fatta ma, invece, si crea un'altra struttura e si sposta personale da una procura all'altra, pur avendo già di fatto strutture adeguate: potrebbero essere le procure antimafia di Napoli e di Salerno. Si crea, quindi, un sistema che non si chiude più a fine dicembre 2009, perché i processi, nel frattempo, verranno attivati e dovranno concludersi entro tale struttura (la superprocura). In questo modo, si aprePag. 42un altro capitolo di sovrapposizione di poteri e di attività, con una giustizia che si perde nei meandri e che non si concluderà. Tutto ciò ci rende perplessi: avremmo preferito che questo fosse introdotto in un canale già strutturato come sono - lo affermavo in precedenza - le due superprocure (le DIA) di Napoli e Salerno. Lascio, comunque, tale argomento all'intervento del collega Palomba che, sicuramente, è molto più bravo di me in questa materia.
Vi è un problema di deroga, in termini sia d'igiene sia di salute dei lavoratori, che non riusciamo a capire, a fronte di un'emergenza relativa alle «morti bianche» - le morti sul lavoro - che continuano: si tratta di uno stillicidio. Sappiamo che esse non si risolvono con una legge, dalla mattina alla sera, ma potremmo almeno arginarle. Invece, si va in deroga anche a materie di questo di tipo, senza specificarne bene i contenuti. Si va in deroga ad una serie di materie relative alla tutela dal punto di vista della salute. Si fa appello alla bella terra della Campania, al proprio utilizzo, ma si aumentano del 50 per cento, fino al dicembre 2009, i carichi inquinanti nei corsi d'acqua e nel mare. Perché, se il sistema di depuratori di acque della Campania, di Napoli, è uno dei più efficienti in Italia, non si deve avere il coraggio di garantire il rilascio alle acque anche di questi reflui, di queste acque pulite? Perché dobbiamo affrontare questioni di questo tipo con carichi inquinanti che sappiamo sfociare in rischi, anche di malattie tumorali o quant'altro? Non è, quindi, poca cosa prevedere, con una piccola norma, di aumentare, fino alla fine dell'emergenza, il carico inquinante nel rilascio delle acque, per portare il percolato dentro i depuratori. Già questa è una forzatura, ma va bene, perché, in questo modo, si riesce a controllare anche il percolato. Ma da lì, ad autorizzare con un decreto-legge, un rilascio dei carichi inquinanti nelle acque, in modo così forzato, ritengo che ci porti, nel tempo, a creare altre situazioni d'emergenza.
Vi è una situazione che ci rende un po' perplessi proprio in ordine alla modalità di reperire personale qualificato e dirigenti.
In questa formulazione, troviamo una situazione di stabilizzazione che va contro ogni logica: si stabilizza del personale (che non deve durare per l'emergenza) in barba alla meritocrazia, alle proprie specializzazioni e ai corsi! Siamo in emergenza, ci serve del personale dedicato e specializzato, e in funzione di ciò, esso dovrebbe essere selezionato e assunto, con contratti a tempo determinato al 31 dicembre 2009, così come prevede il decreto-legge. In realtà, si stabilizzano ancora dipendenti: è una moda e, quindi, non è un'emergenza, è una moda!
Oggi i giornali riportano quanto sta accadendo nel Veneto (cose già verificatesi in Calabria o in Sicilia): vi è questa tendenza a stabilizzare, probabilmente, amici della struttura, così come, dall'altra parte, vi è la voglia di fare uno spoil system di chi, probabilmente, non è amico della struttura. Mi riferisco a questa nuova formulazione della Commissione VIA, che viene ridotta da sessanta a cinquanta componenti. Tale modifica, anziché avvenire in modo naturale, ossia, alla scadenza del proprio mandato, avviene attraverso questo decreto-legge.
Ci ritroviamo, quindi, con una commissione che ha sette giorni di tempo per decidere e valutare questi progetti. Io non so se i tecnici che la compongono siano in grado, in sette giorni, di recuperare eventuali ulteriori approfondimenti tecnici o progettuali, qualora non fossero stati depositati agli atti. Di fatto, si tratta di una materia che, poi, proprio per l'emergenza, viene rimandata, dal punto di vista autorizzativo, a provvedimenti del Governo. Di conseguenza, non vedo il motivo per cui si debba «intaccare» tale struttura.
Allo stesso modo - attraverso un provvedimento di emergenza quale questo decreto-legge - il Governo interviene, di fatto, in enti ed organi molto più importanti e strategici per tutto il territorio italiano. Mi riferisco all'istituto faunistico, all'istituto per la difesa dell'ambiente marino.Pag. 43Vi sono passaggi - contenuti nei decreti-legge - relativi a materie che non c'entrano proprio per niente! Non so cosa c'entri l'istituto faunistico con il problema dell'emergenza rifiuti! Vogliamo forse, attraverso l'istituto faunistico, emanare regolamenti per cambiare le rotte degli uccelli? Non lo so! Si tratta di previsioni che non hanno senso all'interno del decreto-legge sull'emergenza rifiuti!
Spero che il Governo ci ascolti e che faccia uno sforzo - visto che vuole riportare, attraverso un «decretone», all'attenzione materie relative all'utilizzo delle forze dell'esercito e di deroga in termini di classificazione dei rifiuti (tra i quali anche quelli provenienti dagli incendi lungo le strade e le piazze) - per poter rivedere, anche in Commissione, con più tranquillità, una serie di questioni che non pretendiamo vengano accolte tutte.
Infine, credo che vada valutata con molta attenzione la questione della discarica di Chiaiano, un'area ad alta densità. È vero che questo risolverebbe il problema del 50 per cento circa dei rifiuti oggi non raccolti in Campania. Tuttavia, come per l'inceneritore nel caso di Napoli, il Governo potrebbe dare un mandato di un mese al sindaco (il quale probabilmente ha tante colpe per questi ritardi), ai sindaci, o al presidente della regione, al fine di individuare, comunque, eventuali alternative; se poi costoro non dovessero individuarle, è chiaro che, allora, il Governo prenderà i propri provvedimenti, però con molta attenzione a situazioni di questo tipo.
Ringrazio il Presidente ed i colleghi per avermi ascoltato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Pepe (PdL). Ne ha facoltà.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, i prossimi giorni saranno difficili, per lei, per il sottosegretario Bertolaso, ma soprattutto per Napoli e la sua provincia: arriva il caldo, e con il caldo, la paura di una nuova emergenza. Vi sono ancora migliaia di tonnellate di rifiuti per strada. Occorre fare presto!
Ho ascoltato le critiche dell'opposizione, ma io credo che il decreto-legge al nostro esame rappresenti l'ultimo treno, un treno che il Paese non può perdere. Qui si gioca la partita decisiva fra lo Stato e l'antistato, fra l'interesse pubblico e l'egoismo privato e fra la civiltà e la barbarie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18,10)

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, la Campania ha dimostrato in passato di non essere in grado di farcela da sola, ha bisogno di tutto il Paese. Ha bisogno dello Stato, ma di uno Stato, che sappia imporre la sovranità democratica in quel territorio martoriato, uno Stato che sappia innanzitutto spezzare i meccanismi dell'economia criminale e che sappia riformare una coscienza civile, soprattutto nelle giovani generazioni e nelle scuole, affinché nei loro temi gli scolari non parlino più del volto buono della camorra che si sostituisce allo Stato! Proprio alla scuola il Governo ha affidato la speranza. Il decreto-legge, infatti, prevede un programma di formazione e di sensibilizzazione ambientale rivolta alla scuola, alle famiglie e ai cittadini. Si tratta di un programma che ha funzionato in altri Paesi, soprattutto quando ha riguardato campagne importanti contro il fumo.
Ritengo che questo sia un punto qualificante del decreto-legge, il quale segna la fine di un ciclo, quello dei commissari delegati, e affida al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio il coordinamento della gestione dei rifiuti sino al termine del 2009. Ad egli è affidato il potere di individuare e attivare siti da destinare a impianti e discariche e a cui attribuire la qualifica di aree di interesse strategico nazionale. A tali aree viene estesa la punibilità prevista dal codice penale per chi vi si introduce arbitrariamente e ostacola il processo di gestione dei rifiuti.Pag. 44
Per quanto riguarda, poi, il ricorso alle Forze armate che ha suscitato forti critiche, i fatti avvenuti ieri presso la discarica di Savignano Irpino dimostrano il loro ruolo indispensabile nei controlli a difesa dei cittadini contro i rischi ambientali.
La storia dell'emergenza rifiuti, onorevoli colleghi, è una storia triste e terribile, fatta di troppe discariche illegali con rifiuti pericolosi. Secondo la Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti il trenta per cento di rifiuti industriali sparisce nel nulla. Il traffico di rifiuti si basa sulla falsificazione delle bolle di accompagnamento e i rifiuti industriali vengono declassati da pericolosi a non pericolosi. Duecentomila ettari di territorio sono stati inquinati nel corso degli ultimi anni e l'inquinamento non ha risparmiato i parchi nazionali e le aree protette.
Per tali motivi, ho salutato con soddisfazione l'articolo 11 del provvedimento che al comma 12 recita: «Al fine di realizzare idonee iniziative di compensazione ambientale e bonifica, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Sottosegretario di Stato, promuove la stipula di accordi (...)». Per gli interventi previsti dal presente comma, si prevede un finanziamento di 47 milioni per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.
È proprio ispirandomi a tale articolo che ho presentato un ordine del giorno, affinché una parte dei finanziamenti venga destinata al territorio della comunità montana degli Alburni, dove si trova il comune di Serre, un comune che ha pagato molto in termini ambientali. L'ordine del giorno chiede che una parte degli stanziamenti venga assegnata a quel territorio per il risanamento delle discariche abusive, per il completamento dell'orto botanico e per tutte le opere di risanamento ambientale, compreso il disinquinamento dei fiumi. Mi auguro che il Governo voglia accoglierlo con favore.
A Napoli in queste ore si respira un clima nuovo. Quella Napoli che ha il volto di Dio e il volto di Satana, come diceva Goethe, quella Napoli costretta a vivere nell'inferno dei rifiuti ora vive un momento di speranza e di fiducia. Signor sottosegretario, non deludiamola (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Mosca, iscritta a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritta a parlare l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, intervengo a nome della delegazione radicale presente in seno al Partito Democratico per condividere i principali punti di intervento di questo provvedimento, che individua, quali priorità operative, il reperimento e la costruzione di discariche e la costruzione di impianti di trattamento dei rifiuti, la cui assenza è stata la causa tecnica dell'emergenza in Campania, riconosciuta come tale già nel commissariamento del 1994.
Siamo consapevoli che per troppo tempo altre parole d'ordine hanno prevalso, risolvendosi, in assenza della contestuale predisposizione di discariche e di impianti di trattamento, nell'irresponsabile indicazione di obiettivi fuorvianti, che hanno lasciato affogare progressivamente la Campania in un mare di rifiuti. Il limite, però, di questo provvedimento è quello di essere improntato ad un decisionismo emergenziale, senza che vi siano spiragli che, quanto meno, prefigurino una prospettiva di soluzione strutturale tecnologicamente avanzata. Per essere più precisa, ho presente che discariche e termovalorizzatori sono soluzioni che possono essere considerate strutturali, ma, se facciamo il confronto con altri Paesi, tali soluzioni costituiscono la preistoria del trattamento dei rifiuti. Ad esempio, gli impianti di dissociazione molecolare operanti con successo in Islanda, negli Stati Uniti e in Giappone, non solo trattano i rifiuti, ma ne ricavano energia in quantità superiore ed in forma maggiormente utilizzabile rispetto al calore prodotto dagli inceneritori. Questa nuova tecnologia consente di trattare i rifiuti con performance che possono toccare punte del 90 perPag. 45cento di produzione di gas e del 10 per cento di residuo inerte in discarica contro circa il 50 per cento dei termovalorizzatori.
Faccio questo esempio perché non capisco come possa accadere che mentre il presidente della provincia di Gorizia, Enrico Gherghetta, può, giustamente e con lungimiranza, programmare lo smaltimento di rifiuti con questa innovativa tecnologia, in Campania, invece, all'ex presidente della provincia di Benevento, Carmine Nardone, è stato impedito, non da Bertolaso, ma dal prefetto Pansa, di provvedere in maniera analoga all'avvio dell'uscita dall'emergenza dei rifiuti in una prospettiva di ordinaria gestione degli stessi.
È, in buona sostanza, lo stesso approccio che questa maggioranza e il Governo perseguono sul nucleare, con l'annuncio della costruzione di modelli ormai superati, rischiosi e antieconomici, peraltro senza un piano strategico complessivo sull'energia. Tutto questo accade perché ci si ostina a legiferare, qualora si pongano, come è giusto che sia, degli obiettivi, avendo la pretesa di indicare anche i mezzi per raggiungerli, anziché lasciare alle tecnologie esistenti sul mercato il compito di raggiungerli. Ci si ostina, insomma, a procedere in modo illiberale. Sappiamo che in Campania non si producono più rifiuti che altrove, essendo i numeri al di sotto della media nazionale; sappiamo che in Campania non manca la competenza tecnica e che l'assenza di un efficiente sistema di gestione non dipende da un dato antropologico, come addirittura la Corte dei conti è giunta al punto di mettere per iscritto.
Sappiamo però che quell'ammasso indifferenziato dei rifiuti a cui oggi dobbiamo far fronte, ha il suo corrispettivo nell'ammasso indifferenziato di una classe politica la cui omologazione, questa sì antropologica, è la vera causa, al di là delle ragioni tecniche, dell'emergenza rifiuti in Campania; situazione rispetto alla quale noi radicali vogliamo oggi parlare di emergenza democratica, con una regione che rischia di divenire il laboratorio di una politica da riproporre poi sul piano nazionale.
Sarebbe stato un bene per Napoli, come diceva Marco Pannella nel 1993, abbattere il monumento a Nicotera o ai trasformisti ed innalzarne altri, dedicati a Spaventa e ad altri eroi della libertà; perché - ammoniva Pannella - o Napoli conquista un'altra storia subito, o altrimenti diventerà una città che rischia di non risollevarsi per decenni. Ed il punto a cui siamo giunti a quindic'anni di distanza, in assenza di un mutamento nel segno della libertà che auspicavamo, è esattamente questo: il rischio per Napoli e la Campania di non risollevarsi per decenni. Perché quelle parole furono pronunciate dopo che dal 1962, anno in cui per la prima volta si parlò di inceneritore, al 1975, la DC ebbe il controllo ininterrotto dell'assessorato alla nettezza urbana, cui seguì un controllo da parte dell'allora Partito Comunista Italiano dal 1975 al 1983, e poi del vecchio centrosinistra, fino al 1993, quando vennero istituiti quei consorzi obbligatori dei comuni che sono stati il fulcro di una politica centralistica; rafforzata poi con l'istituzione del commissario straordinario nel 1994, e che ha generato una rete clientelare e parassitaria di interessi politici, imprenditoriali, professionali e camorristici a cui nessuno si è potuto sottrarre, con una magistratura che - guarda caso - non si è accorta praticamente di nulla. Ma forse a Napoli le intercettazioni non hanno funzionato, o almeno non hanno funzionato fino a quando è stato annunciato il provvedimento in esame.
Certo, si propone una superprocura. Su questo, come radicali, siamo contrari; per questa ragione: il procedimento penale serve ad accertare responsabilità penali, non serve a governare fenomeni emergenziali. Indubbiamente la magistratura non ha saputo incidere su quanto stava accadendo sotto i suoi occhi, ma questo è un problema che non si risolve con la concentrazione di poteri, magari in deroga aPag. 46disposizioni costituzionali: lo si risolve con la sagacia investigativa, e con il rigore, e la volontà di rispettare la legge.
Colleghi - e mi rivolgo in particolare alla maggioranza - a volte in politica è bene ascoltare le parole degli scienziati, anche relativisti come Albert Einstein, che ci insegnano che non possiamo risolvere i problemi se non abbandoniamo il modo di pensare che li ha creati. E allora, di fronte ad un centralismo antidemocratico ed illiberale, vera causa strutturale dell'emergenza in Campania, e che il provvedimento in esame sostanzialmente conferma proponendo il consorzio unico e senza consentire spazi, spiragli per soluzioni alternative rispetto a quelle comunque avanzate, mi guardo bene dal proporre un decentramento obbligatorio. Ma riconoscere la facoltà, laddove uno dimostra di saperla esercitare nei limiti delle norme fissate per legge, alle amministrazioni locali di trattare i propri rifiuti sulla base di un piano di fattibilità, a tal fine ritenuto dallo stesso sottosegretario idoneo e senza oneri per lo Stato, mi pare non solo una forma di sano e virtuoso decentramento, ma anche una via più democratica e liberale alla soluzione del problemi dei rifiuti, nella sua fase emergenziale ed in quella ordinaria.
In un provvedimento zeppo di deroghe, non mi si potranno avanzare proprio su questo punto obiezioni legate ad impedimenti normativi, siano essi regionali o nazionali.
Noi viviamo nella patria di Machiavelli e a tutti noi a scuola hanno insegnato che i fini giustificano i mezzi. Noi radicali portiamo avanti con le forme della non violenza un altro principio: ed è che sono i mezzi a prefigurare i fini. Ed è proprio questo principio che dobbiamo tenere a mente di fronte alla quantità di deroghe che questo provvedimento introduce rispetto a norme tanto interne quanto europee, e di fronte alla militarizzazione del territorio: pur apprezzando il decisionismo, noi affermiamo che il rispetto delle regole è non una perdita di tempo, ma l'unico strumento affinché da un'emergenza non se ne generino altre. E che la logica per cui i fini giustificano i mezzi sia perversa lo dimostra quel che è accaduto nel corso dell'esame di questo provvedimento, con una maggioranza che, dopo aver effettuato tutte queste deroghe rispetto a norme che comunque attenevano alla materia dei rifiuti, non ha esitato ad introdurre norme su istituti che non hanno nulla a che fare con tale tema.
Per concludere, noi radicali diamo atto ai colleghi del Partito Democratico, alla Lega Nord, all'Italia dei Valori, all'UdC, oltre che ad alcuni colleghi del PdL, di aver votato una nostra proposta emendativa che prevede che il Governo presenti semestralmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni del decreto, in cui sia fornita dettagliata illustrazione dell'impiego delle risorse del Fondo per l'emergenza rifiuti in Campania e di ogni altro finanziamento destinato alle finalità del decreto, con distinta indicazione degli interventi per i quali le risorse sono state utilizzate. Finora, infatti, non vi è stata possibilità di effettuare una valutazione ufficiale del costo complessivo dell'emergenza e della gestione commissariale dal 1994 ad oggi, e ciò ha indubbiamente favorito quell'inefficacia che è stata denunciata dalla stessa Corte dei conti con la sua relazione degli inizi del 2007 sull'emergenza commissariale.
Lo stesso spirito con cui abbiamo presentato quell'emendamento ci spinge oggi a proporre un ulteriore miglioramento del provvedimento chiedendo - con il professor Aldo Loris Rossi - di limitare la produzione di rifiuti in discarica, disponendo la trattenuta degli imballaggi, che costituiscono il 40 per cento in peso e il 60 per cento in volume dei rifiuti prodotti, e di attivare subito quelle aree di insediamento produttivo che sono già attrezzate ed immediatamente disponibili, per realizzare impianti di compostaggio, selezione differenziata e stoccaggio dei rifiuti. Stiamo parlando, per la sola provincia di Napoli, di ben 320 ettari.
Per queste ragioni, ci auguriamo che siano accolti i nostri suggerimenti, cuiPag. 47abbiamo per il momento dato la forma di emendamenti al provvedimento in discussione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dionisi. Ne ha facoltà.

ARMANDO DIONISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, l'emergenza rifiuti della regione Campania richiede una forte assunzione di responsabilità del Governo, della maggioranza e dell'opposizione, per porre fine ad una difficoltà che coinvolge l'immagine dell'intero Paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18,30)

ARMANDO DIONISI. L'introduzione di un nuovo modello gestionale che abbandona quello fallimentare dei commissari delegati e prevede l'istituzione di un apposito sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è una scelta da condividere; così come è da condividere la scelta del capo della Protezione civile Bertolaso per la gestione di un'emergenza infinita, che perdura ormai dal 1994.
Il Parlamento oggi ha una grande occasione di confronto su un tema reale, per dare al Paese il segnale che la politica è in grado di offrire risposte concrete ad un'emergenza che mette in gioco la credibilità stessa dello Stato e il recupero di fiducia nei confronti dei propri cittadini.
Abbiamo il dovere di riportare la normalità dove l'emergenza è diventata la normalità. Per recuperare il senso della normalità in Campania è necessario compiere, con determinazione e fermezza, scelte difficili ed inevitabili, ricercando condivisione e responsabilità da parte delle amministrazioni locali e delle popolazioni. La situazione non è affatto migliorata nel corso dell'ultimo anno, e si è solo parzialmente attenuata per il lavoro svolto dal commissario De Gennaro (al quale va il nostro ringraziamento per le difficili condizioni in cui ha operato), che consentirà l'apertura dei siti di Sant'Arcangelo e Savignano.
Il provvedimento che stiamo discutendo, oltre all'individuazione di misure straordinarie per l'emergenza, affronta strutturalmente il problema della raccolta differenziata e la realizzazione di strutture di smaltimento e termovalorizzazione. Nello stesso tempo, esso prevede interventi compensativi per la bonifica ambientale e paesistica delle aree adibite a discarica. A mio avviso, gli interventi non possono essere generalizzati su tutto il territorio, ma al contrario debbono essere mirati nei territori dove saranno ubicati impianti e discariche. Ciò consentirebbe di ripristinare un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.
Il gruppo dell'Unione di Centro già in Commissione ha avuto modo di sottolineare alcune criticità che, a nostro avviso, il provvedimento presenta, e alcune questioni sollevate hanno trovato una risposta positiva. Per queste ragioni continuiamo a riproporre alcuni emendamenti in Aula, sperando che il Governo e la maggioranza siano attenti alle proposte che migliorino un provvedimento che sostanzialmente condividiamo.
L'inasprimento delle tariffe per le comunità che non si adegueranno agli standard di raccolta differenziata ci sembra una misura iniqua, che fa ricadere sui cittadini le responsabilità per inadempienze degli enti locali. L'istituto dei commissari ad acta va nella direzione di deresponsabilizzare le amministrazioni locali, mentre la fermezza e la determinazione più volte invocate dal Governo richiedono scelte più decise. Il provvedimento di commissariamento dei consigli comunali inadempienti mi sembrerebbe più adeguato ad un forte richiamo di responsabilità, così come riteniamo che l'affidamento ai sindaci del compito di fornire i dati sulla raccolta differenziata non tranquillizza sul raggiungimento dell'obiettivo.
La popolazione campana, alla quale oggi chiediamo senso di responsabilità, ha subìto per anni una gestione disastrosa deiPag. 48rifiuti, che ha prodotto danni al territorio e ingenerato effetti devastanti sulla credibilità delle istituzioni e della politica. La credibilità e il consenso si recuperano con provvedimenti che sanzionano chi sbaglia, e non facendo ricadere le responsabilità sui cittadini. La qualificazione dei siti di discarica come siti di interesse strategico nazionale e la presenza dell'esercito devono rappresentare un'opportunità per le popolazioni in termini di tutela della salute e una garanzia circa l'introduzione di rifiuti tossici e pericolosi, come abbiamo osservato in questi giorni. Vedere però i militari impiegati per svolgere funzioni di polizia è davvero un bell'esempio per un Paese moderno e civile, dove l'esercito può essere utilizzato anche con compiti diversi da quelli tradizionali, ma per casi ed emergenze che abbiano il carattere di eccezionalità: oggi, partendo dalla vicenda campana come provvedimento apripista, il Governo, con grande disinvoltura, intende utilizzare l'esercito nelle nostre città con compiti di polizia.
La richiesta di sicurezza della gente deve essere soddisfatta, ma le misure in esame appaiono approssimative e dettate dall'emotività, e sulla loro efficacia vi è molto da discutere. Ci sembra che la scelta più opportuna sia il rafforzamento degli organici di polizia con nuovi concorsi, recuperando personale addetto a compiti burocratici, investendo per migliorare le condizioni operative e prevedendo anche incentivazioni di tipo economico. Per far sentire la presenza dello Stato non si può militarizzare il Paese.
Da ultimo, voglio rappresentare la contrarietà del gruppo dell'Unione di Centro all'introduzione di una norma relativa all'organizzazione del Ministero contenuta in un decreto-legge che prevede misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza rifiuti in Campania: mi sembra un tentativo maldestro del Governo, che rischia di compromettere anche l'atteggiamento positivo che si è sviluppato nel dibattito in Commissione e in Assemblea. L'istituzione dell'IRPA, con il trasferimento delle funzioni dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente, dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica, nonché la modifica della composizione della commissione istruttoria per l'IPPC, è materia da trattare con grande cautela e delicatezza. Comprendo la fretta di recuperare i guasti devastanti prodotti dal «signor no», il Ministro Pecoraro Scanio, ma ci sembra più opportuno che il Governo adotti misure di riorganizzazione del Ministero con un provvedimento che potrà trovare nelle sedi parlamentari i necessari approfondimenti e confronti.
Per concludere, signor Presidente, ritengo che il decreto-legge in esame rappresenti l'occasione per consentire alla politica e alle istituzioni di recuperare credibilità; per la Campania esso rappresenta l'occasione di dimostrare l'autosufficienza nella gestione dei rifiuti; per le popolazioni l'apertura di una nuova stagione di speranza e di legalità. È una grande occasione per voltare pagina: non sciupiamola (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, la drammaticità del problema dei rifiuti di Napoli non deve conoscere distinzione tra forze politiche. Dobbiamo essere tutti concordi nel riaffermare la potenza e la maestà dello Stato in quei territori, e sul fatto che tale problema deve essere risolto. Lo Stato deve riaffermare la propria autorità prima di tutto con il dialogo e con il convincimento, ma, se ciò non fosse sufficiente, con il proprio prestigio e la propria autorevolezza.
Per tale ragione Italia dei Valori aveva offerto la collaborazione al Governo per migliorare il provvedimento in esame, ma la collaborazione suppone un'attitudine a voler ricercare la soluzione migliore e a voler tutelare l'interesse pubblico. Sotto tale profilo, la nostra collaborazione è subordinata al fatto che il Governo operi per tutelare gli interessi pubblici e non gli interessi privati che sono alla base di un clamoroso conflitto di interessi soprattuttoPag. 49tra il Premier, l'azione di Governo e l'interesse pubblico.
Signor Presidente, abbiamo dovuto registrare un crescendo di interventi che sono stati determinati quasi dall'ossessione di risolvere il più presto possibile posizioni di carattere personale, prevalentemente riferibili al Presidente del Consiglio.
Lo abbiamo verificato in tanti momenti e in tante fasi. Avevamo impostato la nostra campagna elettorale dicendo che la mancata risoluzione del problema del conflitto di interessi, ed il ritorno al Governo della stessa persona che di questi conflitti aveva permeato la propria azione di Governo nella legislatura precedente, durata cinque anni, avrebbero riproposto gli stessi problemi. Non abbiamo dovuto aspettare neanche una settimana, perché da subito, nel decreto-legge proveniente dal precedente Governo e relativo all'adempimento degli obblighi comunitari, è stato inserito surrettiziamente un emendamento «salva Retequattro»; non abbiamo fatto in tempo a guardarci intorno, che già ci trovavamo di fronte all'inizio di quello che sarebbe stato il segno dell'attuale Governo. Abbiamo fatto un'opposizione dura e strenua, con cui abbiamo costretto il Governo a ritirare quell'indecente emendamento, ma non è passato molto tempo prima che nel decreto-legge sull'Alitalia venissero inserite proposte emendative aberranti, che ne hanno stravolto la natura, che non passeranno al vaglio dell'Unione europea e che determinano con molta nettezza una forte inversione di tendenza rispetto a principi seri e importanti.
Sempre questa stessa sessione, signori del Governo, vi ha indotto, in un crescendo incredibile, ad avanzare proposte come quella della riapertura del patteggiamento, che - per fortuna - è stata bloccata al vostro stesso interno (non solo, dunque, da una nostra fiera opposizione). Adesso vorreste dare un'indicazione sui processi da celebrare: vorreste essere voi, che siete maggioranza al Governo e che quindi dominate anche il Parlamento, a dire quali processi devono essere celebrati dai giudici e quali non. Ovviamente, tra quelli che non si dovrebbero fare, perché sono ritenuti meno urgenti, vi sarebbero - guarda caso - quelli di stretto interesse del Presidente del Consiglio. Si manderebbe così a monte un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico su cui si basa l'indipendenza e l'autonomia della magistratura, quello dell'obbligatorietà dell'azione penale, che non può essere decisa dall'Esecutivo, ma che deve essere lasciata alla competenza di chi è titolare del potere giudiziario, del potere giudiziario stesso e di quei segmenti che concretamente, storicamente e temporalmente sono chiamati ad esercitare il potere giudiziario. State introducendo continuamente norme per il depotenziamento dell'azione della magistratura, e state parlando di intercettazioni da negare o da ammettere solo in casi assolutamente limitati, in tal modo impedendo in concreto l'esercizio dell'azione penale e realizzando un indulto di fatto (non vi bastava quello che avete varato nella precedente legislatura!).
Ed ancora, volete mettere i soldati sulle strade. Insomma, non sappiamo più come fronteggiare questa offensiva ossessiva del Governo, che continuamente ci mette di fronte a proposte che sono assolutamente sconvolgenti ed irritanti sotto il profilo costituzionale. Ecco perché è difficile mantenere quella collaborazione che in questo caso noi volevamo offrire e che saremmo ancora disposti ad offrire, riconoscendo la straordinaria importanza della soluzione del problema dei rifiuti, a condizione che voi riconsideriate alcune delle misure previste dal provvedimento in esame, che non rinforzano la complessiva azione di contrasto e di soluzione del problema, ma che addirittura la indeboliscono.
Noi avevamo offerto una collaborazione, e a questo proposito vorrei riprendere una notazione del collega Pili, che adesso non è presente, affinché ciò resti agli atti: egli ha affermato di essere stato contrario al fatto che i rifiuti potessero essere smaltiti anche in altre regioni diverse dalla Campania, come la Sardegna. Ci siamo pronunciati a favore della solidarietàPag. 50nazionale, di fronte ad un popolo i cui bambini non possono vivere e giocare in mezzo alla spazzatura, e, perciò, siamo stati favorevoli al fatto che in Sardegna venisse smaltita una certa quantità - compatibile con le situazioni sarde - dei rifiuti campani. Lo abbiamo confermato anche con il Governo Berlusconi, con l'ultimo carico effettuato dopo l'insediamento del Governo Berlusconi, perché per noi i rifiuti non sono né di destra né di sinistra, e la soluzione del problema dei rifiuti non è né di destra né di sinistra.
Quando vi è un problema serio da risolvere, quindi, non bisogna guardare in faccia, ma è necessaria una solidarietà nazionale, che si esprime anche nella collaborazione con le regioni. La nostra collaborazione, offerta fin dall'inizio sul problema dei rifiuti, però, viene gravemente minata dal comportamento complessivo del Governo, e verrebbe già minata anche dal fatto che nelle Commissioni di merito non sono stati accolti alcuni nostri importanti emendamenti, tesi non a bloccare la soluzione del problema, ma a renderla più effettiva ed efficace. Saremo costretti, quindi, a verificare, anche alla fine dell'esame del provvedimento in Aula, se votare o meno a favore del provvedimento stesso, alla luce del comportamento del Governo in rapporto ad alcune questioni cruciali che abbiamo posto, sulle quali adesso, signor Presidente, mi accingo ad addentrarmi, sia pure brevemente.
Si tratta di questioni tecniche, perché sulle questioni organizzative si è intrattenuto con molta efficacia il collega Piffari, al cui intervento mi richiamo, condividendolo totalmente. Vorrei soltanto aggiungere una notazione riguardante la discarica di Chiaiano. Signor Presidente, che Napoli debba avere una discarica non vi è dubbio, e che ogni provincia della Campania debba tendenzialmente avere una propria discarica non vi è alcun dubbio, ma il Governo tenga presenti anche le istanze delle popolazioni e degli enti locali rappresentativi degli interessi della popolazione. Proponiamo, perciò, che si dia al comune di Napoli il tempo - un tempo brevissimo - affinché esso individui una discarica alternativa in tempi fulminei, ad esempio in trenta giorni: lo faccia, perché altrimenti si rischia una grave lacerazione sociale. La soluzione di questo drammatico problema non può avvenire senza la collaborazione delle popolazioni. Occorre tuttavia attenzione, perché, nei confronti di una discarica praticamente all'interno del recinto della città, vi sono obiezioni serie, che mi pare debbano essere tenute presenti.
Mi soffermerò prevalentemente, signor Presidente, sui problemi ordinamentali, ossia su quelli che riguardano, da una parte, l'esatta formulazione della normativa penale e, dall'altra, lo stravolgimento di alcune regole istituzionali e costituzionali che, all'interno del decreto-legge in esame, è previsto, a mio giudizio in maniera gratuita, perché non vi è bisogno, per risolvere questo grave problema, di ricorrere a stravolgimenti costituzionali. Anzi, questa situazione, come dimostrerò, renderà più difficoltosa l'applicazione della normativa.
Signor Presidente, il primo punto su cui vorrei soffermarmi, riguarda l'articolo 2, comma 9, che individua una nuova ipotesi di reato - sia pure punita ai sensi dell'articolo 340 del codice penale, che prevede l'interruzione di pubblico servizio - che riguarda il frapporre ostacolo all'azione di gestione dei rifiuti. Siamo d'accordo sull'istituzione di questa nuova fattispecie penale, però vorremmo che fosse precisata meglio, perché altrimenti si esporrà facilmente ad una censura di illegittimità costituzionale. Vogliamo che questa disposizione rispetti maggiormente il principio di determinatezza della fattispecie penale, a tutela dei cittadini e anche dell'efficacia dell'azione di gestione dei rifiuti. Per esempio, cosa vuol dire l'ipotesi di rendere più difficoltosa l'azione di gestione dei rifiuti? È una fattispecie assolutamente indeterminata, per la quale sarebbe semplice per il difensore chiedere, e per il giudice disporre, la rimessione alla Corte costituzionale.
E poi di cosa stiamo parlando? La norma prevede «chiunque impedisce, ostacoli o rende più difficoltosa (...)». MaPag. 51come? Anche con l'espressione dell'opinione, con l'organizzazione di dibattiti o con la presenza delle persona nei luoghi? Cosa vuol dire? Sono necessari atti concreti o è sufficiente l'espressione dell'opinione? Credo che siano necessari atti concreti, pertanto noi diremmo: «atti diretti ad ostacolare». Crediamo anche che questi atti non possano essere pacifici, ma previsti esplicitamente come atti di violenza e di minaccia per opporsi alla gestione dei rifiuti. Vogliamo collaborare, rendendo migliore questo testo, perché ne riconosciamo la lacunosità e perché, una volta che sarà stata sollevata la questione di legittimità costituzionale e questa norma sarà stata spazzata via, mancherà uno strumento più efficace per risolvere il problema.
Passiamo agli aspetti più direttamente ordinamentali, cioè di ordinamento giudiziario. Sotto questo profilo, l'articolo 3, ai commi 1 e 2, desta insormontabili perplessità, soprattutto per quanto riguarda il comma 2, che lei, signor Presidente, conosce bene, così come il rappresentante del Governo. Si tratta del punto nel quale l'azione di contrasto della magistratura e soprattutto l'azione di giudizio viene ricondotta ad un unico giudice, che è giudice per le indagini preliminari e giudice dell'udienza preliminare, unificato a livello territoriale. Signor Presidente, questo va in contrasto chiaro e netto con il divieto costituzionale di istituire giudici speciali o straordinari. Questa fattispecie rientrerebbe nella specialità e nella straordinarietà, perché il giudice viene costituito ad hoc. Quando parlo di giudice, non mi riferisco al pubblico ministero, ma al giudice con funzioni giudicanti, che in questo caso viene costituito ad hoc e vale soltanto per un territorio e per un tempo determinati. Crediamo che questo non sia necessario ai fini di rendere più efficace l'azione di contrasto e di soluzione del problema dei rifiuti e riteniamo che questa normativa urti assolutamente contro il divieto costituzionale di istituire giudici speciali e straordinari.
Inoltre, si prevede che ci sia un unico giudice, benché ci siano due distretti di Corte d'appello a livello di regione Campania, e si attribuisce ad un tribunale in composizione collegiale la decisione sulle misure cautelari, stravolgendo sostanzialmente il principio della monocraticità del giudice. Abbiamo visto che il Governo sta proponendo la stessa soluzione anche in un altro caso, quando vuole attribuire ad un collegio di tre giudici la competenza sulle intercettazioni. Ci rendiamo conto che nei piccoli tribunali questo determinerà l'assoluta paralisi, a causa dell'impossibilità, per incompatibilità, per chi ha deciso anche per un solo atto di occuparsi successivamente dello stesso fatto?
Restando fermi al decreto-legge in esame, vi è da sottolineare che si tratta di una previsione irritante e irrituale, sotto il profilo costituzionale, che non aggiunge assolutamente niente all'efficacia dell'azione del Governo tanto più allorché unisce la inutilità, la pericolosità e l'incostituzionalità del comma 2 a una diversa formulazione del comma 1. Si tratta di un aspetto sul quale vorrei che il rappresentante del Governo prestasse attenzione, perché vogliamo collaborare con voi per rendere più efficace e più corretto il provvedimento. Prevedete l'istituzione della cosiddetta superprocura, che farebbe sì che, a livello di territorio campano, non opererebbero più le procure della Repubblica di Napoli e Salerno. Si tratterebbe di un'unica superprocura, anzi di un unico superprocuratore (il procuratore della Repubblica di Napoli) investito direttamente e personalmente di funzioni che anche lo stesso ordinamento giudiziario vigente prevede attribuite agli altri sostituti. Realizzate una deroga strepitosa all'ordinamento giudiziario che voi stessi, due legislature fa, avevate previsto: la funzione di collegamento e di coordinamento del pubblico ministero che attribuisce agli altri sostituti la trattazione dei processi. Voi affermate che si possa agire in deroga a questo principio, ma in questo caso il superprocuratore sarebbe investito non solo di poteri sovraumani ma anche di capacità sovraumane, dovrebbe fare tuttoPag. 52e avere a disposizione delle giornate di duemila ore per poter esercitare la sua funzione.
Signor rappresentante del Governo, noi con una proposta emendativa abbiamo previsto una diversa organizzazione della funzione inquirente in grado di consentire di attribuire e di concentrare in unico ufficio giudiziario inquirente i poteri di indagine anche su questi fatti. Abbiamo proposto di ricomprendere i reati in materia di gestione dei rifiuti tra quelli previsti ai sensi dell'articolo 51, comma 3, del codice di procedura penale, che sono deferiti alla competenza della direzione distrettuale antimafia. Voi dite che bisogna contrastare la criminalità organizzata? Benissimo, siamo d'accordo con voi. È sufficiente una semplice modifica grazie alla quale la competenza a trattare i reati di terrorismo, di criminalità organizzata e di gestione dei rifiuti vengano tutti attribuiti alla direzione distrettuale antimafia (sia quella di Napoli, sia di Salerno). Una volta svolta l'indagine, unificata a livello di struttura di direzione distrettuale antimafia, i giudici competenti per territorio decideranno e si tratterà di giudici diversi, non solo del giudice per le indagini preliminari (GIP) o del giudice dell'udienza preliminare (GUP) di Napoli. In questo modo, lasciando intatta la competenza dei collegi giudicanti a giudicare sui reati sui quali vi è stata l'indagine delle direzioni distrettuali antimafia, si avrà un criterio non solo di migliore distribuzione, ma anche di maggiore efficacia. Riteniamo che l'emendamento che abbiamo presentato consenta di unificare le indagini delle direzioni distrettuali antimafia, facendo rientrare quindi questa gravissima emergenza all'interno di una «normalità anormale» già prevista dall'ordinamento dall'articolo 51, comma 3 e dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale, che fanno riferimento a questa competenza. In questo modo consiglieremmo al Parlamento di non varare delle normative speciali, ma di apprestare, per la soluzione di questo grave problema, quegli stessi istituti ordinamentali che sono normalmente previsti per trattare i reati e i fatti di maggiore pericolosità e rilevanza.
Questo avverrebbe in tutto il territorio nazionale e - perché no? - ciò riguarderebbe le ecomafie, quindi avremmo un avvicinamento alla competenza in materia di criminalità organizzata.
D'altra parte la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, ha affermato - affermazione ripresa dal Presidente della Repubblica Napolitano - che il problema dei rifiuti tossici in Campania non nasce lì: muore lì ma è nato altrove, al nord o in altri posti. Quindi, si tratta effettivamente di una questione di gestione complessiva e collettiva di questo problema a livello generale. Pensateci. Pensate seriamente a questa ipotesi, che non vi depotenzia l'azione di concentrazione e di unificazione delle indagini a livello dello stesso organo, ma addirittura le tratta alla stessa stregua in cui vengono trattati i casi di maggiore rilevanza.
Inoltre, non siamo d'accordo sul fatto che tutti i casi precedentemente trattati debbano essere poi riallocati, sia a livello giudicante sia a livello requirente, sul piano del medesimo organo. Possiamo ancora capirlo se si tratta del livello inquirente. Invece, rendere inefficaci i provvedimenti cautelari già pronunciati, magari passati al vaglio del giudice del riesame, o persino quelli convalidati dalla Corte di cassazione, e riportare gli stessi in un'altra sede, dove occorrerebbe una nuova deliberazione, intanto contrasta con il principio genericamente chiamato il giudicato sui provvedimenti cautelari, il che non impedisce che vi sia un riesame ad istanza dell'interessato, il quale, in qualunque momento, può chiedere che la misura cautelare venga riesaminata, ma non si opera un'automaticità di decadenza dei provvedimenti di custodia o di altra misura cautelare, anche passati al vaglio di tutti i gradi di giudizio (fino alla Corte di cassazione) che quindi renderebbe più difficile l'azione di contrasto. Ci dovete dire in quale misura e in quale maniera il riesame automatico obbligatorio di tutte le misurePag. 53cautelari assunte renda più efficace, più spedita e più celere l'azione. In questo modo voi rendete l'azione molto più difficile e molto più complicata.
Anche la disposizione relativa al comma 7 dell'articolo 3, con cui si da l'indicazione al Ministero della giustizia di provvedere all'adeguamento degli organici della magistratura - rappresentante del Governo - è un puro flatus vocis. Tale misura complicherà la vita, a voi che la vorreste complicare con questo provvedimento, ma anche a tutti noi e quindi renderà complicata la vita della complessiva azione di contrasto in materia di rifiuti. Avete idea di quanto tempo ci vuole per modificare gli organici? Avete idea del tempo che ci vuole per spostare i magistrati, considerato il principio dell'inamovibilità? Ce l'avete un'idea del tempo che ci vuole? Temo che passi l'emergenza e che arrivi il tempo della fine dell'emergenza, della scadenza fissata al 31 dicembre 2009, senza che questi provvedimenti ordinamentali siano stati posti in essere, non per cattiva volontà, ma perché effettivamente una riforma ordinamentale di così vasta natura - che richiede aumenti di organici, spostamenti di magistrati e trasmigrazione di processi (una quantità enorme) da un ufficio ad un altro - vi renderà più complicata la vita. La complicherà non solo a voi, in qualità di Governo, ma a tutta la collettività nazionale. Ecco perché noi vi diciamo che non c'è bisogno di tale misura. Per ottenere efficacia da questi provvedimenti - considerato che vi sono anche i provvedimenti amministrativi - non è necessario ricorrere a misure stravolgenti dell'ordinamento giudiziario e dell'ordinamento costituzionale, che - guardate - ad un certo punto saranno sottoposte al vaglio della Corte costituzionale.
Se così accadrà, se in questo modo l'azione di contrasto sarà più difficile, la responsabilità sarà vostra, sarà soltanto vostra, perché vi abbiamo avvertiti con spirito collaborativo. Vi abbiamo detto: non complicate la vita a voi e a tutti noi. Riguardate, rivedete tale questione, che non è la più vitale e la più importante nella lotta e nel contrasto.
Potrei parlare, inoltre, del comma 8 dell'articolo 3, in cui voi prevedete che il sequestro preventivo dei siti possa essere posto in essere non soltanto quando ricorrono gravi indizi di colpevolezza, ma anche quando il concreto pregiudizio alla salute e all'ambiente non sia altrimenti contenibile. In questo modo introducete un elemento ulteriore rispetto alla valutazione che deve essere tenuta presente quando si emettono misure cautelari, come previste dagli articoli 273 e seguenti del codice di procedura penale.
Voi qui state inserendo un ulteriore requisito impeditivo dell'azione della magistratura e non un requisito che rende più spedito e più agevole il suo operato. Mi avvio alla conclusione, signor rappresentante del Governo, parlando dell'articolo 4, che prevede l'unificazione a livello di giurisdizione amministrativa di tutte le controversie che sono attinenti la complessiva azione di gestione dei rifiuti. Possiamo anche accettarlo non contestarlo: una giurisdizione vale l'altra. Però, anche in questo caso, dobbiamo rilevare che il comma 2 non si regge. In esso si prevede l'automatica decadenza di tutte le misure cautelari eventualmente assunte se non saranno convalidate nei 30 giorni. Ci rendiamo conto di quali inconvenienti straordinari, di quali ritardi, di quale inefficienza tutto questo determinerà? Ci rendiamo conto...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Palomba.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, mi accingo fulmineamente a concludere.
Ritengo il comma 2 un'altra di quelle disposizioni assolutamente incostituzionali che non vi è bisogno di lasciare e quindi, signori del Governo, pensate a sopprimere le parti che non rinforzano, ma rendono più debole la complessiva azione di gestione dei rifiuti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, l'emergenza rifiuti in Campania è un'emergenza regionale per i rischi che vi sono, soprattutto nell'imminenza della stagione calda, per la salute della popolazione e per possibili epidemie, ma diventa sempre di più un'emergenza nazionale, se pensiamo ai gravi danni che ha prodotto all'immagine dell'Italia e del nostro Paese la presenza dei rifiuti non rimossi nelle strade della regione Campania, i cassonetti incendiati, le immagini di guerriglia urbana che purtroppo sono state frequenti nei mesi scorsi.
Ma è un'emergenza che tutti devono avvertire la responsabilità di superare. Per questo motivo, onorevole sottosegretario, non ho gradito il comma 7-bis dell'articolo 9, che vieta il trasferimento presso altre regioni dei rifiuti in Campania: non in quanto tale pratica negativa dovesse continuare, ma perché in esso è presente una riserva mentale che non possiamo accettare.
Infatti, da parte del Governo, vi è quasi una sorta di insicurezza o un senso di sfiducia sull'efficacia stessa del provvedimento in esame.
Invece, qui si giocano le sorti dell'intero Paese.
Riccardo Viale, in un editoriale pubblicato su Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa, ha ricordato il grave danno che l'emergenza rifiuti sta creando all'immagine dell'Italia all'estero e all'export dei nostri prodotti, e ha ricordato come Future-Brand, recentemente, pubblicando il nuovo indice sui brand-Paese, nel 2007 ha classificato l'Italia alla quinta posizione; nel 2005 l'Italia era al primo posto.
Ma dobbiamo cogliere - ed io voglio sforzarmi, onorevole sottosegretario, al di là di alcuni rilievi che formulerò - gli aspetti assolutamente positivi del provvedimento in esame.
È un provvedimento che ricalca il piano regionale dei rifiuti della regione Campania, elaborato dall'allora presidente Rastrelli nel 1996-1997, quando si prevedevano 5 o 6 termovalorizzatori in Campania, la raccolta differenziata, la realizzazione dei CDR: si prevedeva, insomma, quel ciclo integrato dei rifiuti che non è stato realizzato in questi anni, perché qualcuno ha ritenuto che si potesse chiudere il ciclo dei rifiuti senza realizzare i termovalorizzatori.
In Campania abbiamo dovuto subire, ad esempio, l'irrazionale scelta di realizzare gli impianti di CDR, che producevano il cosiddetto «combustibile da rifiuto»- si è verificato poi che tale non è, perché più che ecoballe sono balle di rifiuto indifferenziato - e, al tempo stesso, non si è provveduto a realizzare i termovalorizzatori.
Il provvedimento in esame, che ha approntato il Governo, fa tesoro di tutto quanto, in termini negativi, è avvenuto nella regione Campania.
Ho ascoltato con attenzione il dibattito: alcune riflessioni di parlamentari che hanno sollevato dubbi sulla superprocura, sull'utilizzo dell'esercito o su altre procedure che, in passato, hanno costituito il freno per la soluzione del problema dei rifiuti in Campania.
È un problema che riguarda ancora l'emergenza, perché, a distanza di quattordici anni, non abbiamo realizzato il ciclo integrato.
Pertanto, anche se da quattordici anni è iniziata l'emergenza con la nomina di commissari che poi si sono succeduti, ci troviamo ancora in questa condizione che dobbiamo superare.
Ma vorrei che questa emergenza, che non è legata ad un evento naturale, ad un cataclisma, ad un terremoto, ad un'alluvione, unisse molto di più di quanto non stia unendo, anche nel dibattito che è stato sviluppato in quest'aula.
Dobbiamo avvertire l'emergenza dei rifiuti in Campania, facendo leva sulla responsabilità dei campani, come una grande emergenza nazionale, che deve unire in uno sforzo di solidarietà l'intero Paese e le regioni dell'Italia.
Il decreto-legge in discussione affronta in maniera organica la questione: mi riferiscoPag. 55al coinvolgimento delle scuole per un'educazione corretta dei giovani allo smaltimento dei rifiuti domestici ed a quello, ad esempio, del Conai, per aiutare e potenziare la raccolta differenziata. Sarebbe, forse, il caso da parte del ministero indicare alcune linee guida per la raccolta differenziata che, soprattutto nelle grandi aree urbane, possano risolvere il problema della scarsa raccolta differenziata. In Campania, i piccoli centri sono un esempio di virtù; dove vi è la crisi nella raccolta differenziata e nelle grandi aree urbane, ad esempio, si potrebbe pensare al contenitore di condominio per responsabilizzare coloro che abitano nei condomini, ossia fare una raccolta differenziata attenta e scrupolosa, senza depositare i rifiuti per strada in maniera selvaggia, così come avviene adesso.
Il provvedimento in discussione prevede la realizzazione delle discariche. È questo il vero punto dolente, non giriamo troppo intorno alla questione. Le discariche hanno un impatto negativo sulle popolazioni, nessuno vorrebbe avere una discarica nel proprio territorio. Le discariche non sempre sono state gestite con oculatezza ed anche ciò che è avvenuto a Savignano - con i militari che hanno scoperto la presenza di sostanze radioattive in un compattatore di rifiuti - sottolinea come vi siano rischi gravi che devono essere evitati attraverso controlli accurati (e l'opera dell'esercito in questo senso è meritoria).
Signor sottosegretario, su questa vicenda ci vuole anche equilibrio. Non so se tutti siano a conoscenza della quantità di rifiuti che viene prodotta in un anno nella regione Campania. Ho a disposizione i dati del 2005: nell'intera regione Campania sono stati prodotti 2 milioni e 806 mila tonnellate di rifiuti; di questi, 180 mila nella provincia di Avellino, 114 mila a Benevento, 437 mila a Caserta, un milione e 615 mila a Napoli e 457 mila a Salerno. È evidente che, per rendere virtuoso il ciclo integrato dei rifiuti, dobbiamo passare ad una provincializzazione: ogni provincia deve essere responsabile dello smaltimento dei rifiuti prodotti, con una quota di solidarietà da parte delle altre province. Ciò, tuttavia, non può diventare una penalizzazione per le province virtuose: la provincia di Avellino si attesta già al 42 per cento in termini di raccolta differenziata e, in questo provvedimento, per quanto riguarda l'Irpinia, appaiono ben due discariche: oltre a quella di Savignano, che è stata messa in funzione, è prevista anche un'altra discarica ad Andretta.
Tuttavia, chiedo al Governo di ripensare, di riflettere su questa scelta, perché, quando il ciclo dei rifiuti andrà a regime, non sarà necessario attivare tutte le discariche previste. Questo è il punto debole, perché ritengo che dovremmo approvare un decreto-legge non come atto formale, ma un decreto-legge che poi venga attuato e che ci consenta di superare l'emergenza che ancora stiamo vivendo. Se il Governo non è nella condizione di realizzare le discariche altrove, questo decreto-legge diventerà un castello di sabbia che potrebbe crollare. Ci vuole poco, infatti, a colmare le discariche, se di discariche se ne fanno solo due, tra l'altro nelle province più piccole, e non si provvede ad attivare siti anche altrove. Guai ad essere forti con i deboli e deboli con i forti: daremmo un segnale estremamente negativo.
La provincia di Avellino è un bacino idrografico unico in Europa: con le sue oltre tremila sorgenti, dà acqua a 4 milioni e mezzo di persone nelle regioni Campania, Puglia e Basilicata. È stato fatto un grande investimento sul turismo ambientale che verrebbe fortemente compromesso da scelte sbagliate, le quali corrono il rischio di procurare un danno irreparabile.
Pertanto, nel ribadire la mia opinione positiva sul provvedimento che è oggetto della nostra discussione, non ho potuto non sottolineare alcune debolezze che ci fanno correre il rischio di non risolvere in maniera strutturale e definitiva la questione. Abbiamo presentato proposte emendative che possono correggere alcune distorsioni contenute in questo provvedimento e mi auguro che siano oggetto di una valutazione positiva da parte del Governo.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, non si può affrontare la discussione del provvedimento odierno senza procedere ad una breve cronistoria dell'emergenza rifiuti in Campania.
Si tratta di uno stato di emergenza dichiarato sin dal lontano 1994 e che, nelle lodevoli e quanto mai illusorie intenzioni dei proponenti, doveva in solo due mesi risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti solidi e urbani nella regione. Nel corso degli anni si sono poi succeduti ulteriori tentativi per uscire dalla gestione emergenziale, da ultimi i decreti-legge del 2006 e del 2007, fino ad arrivare alla liquidazione della gestione commissariale del 30 gennaio 2008. In quattordici anni, l'amministrazione regionale non ha saputo affrontare una questione che in altre regioni è stata affrontata e superata, con risultati diversi ma, comunque, superata.
Poiché, come diceva Prezzolini, «in Italia nulla è stabile, fuorché il provvisorio», si è trasformata in strutturale quella che doveva essere una momentanea emergenza, un risultato di cui avremmo fatto volentieri a meno. In Campania vi sono oltre 7 milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti non smaltiti, un territorio destinato per chissà quanto tempo a deposito di ecoballe, una produzione giornaliera di 7 mila e 500 tonnellate di rifiuti, dei quali solo una minima parte rientra nel ciclo della raccolta differenziata. A fronte di questa bomba ecologica, abbiamo avuto una lievitazione dei costi delle spese generali, passate da 16 mila euro nel 1999, a circa 1 miliardo e mezzo di euro rilevati dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle ecomafie.
Al di là delle promesse elettorali, quindi, si è giunti ad un punto di non ritorno e da qui la decisione di quest'ultimo disperato tentativo.
Il Presidente del Consiglio, nella sua terza visita a Napoli in venti giorni, ha affermato che il problema sarà risolto entro luglio, confermando il suo naturale ottimismo. Egli ha anche annunciato l'impiego di volontari coordinati dalla protezione civile per dare il colpo finale alla spaziatura di Napoli: una sorta di «angeli della spazzatura», alla stregua di quelli che per Firenze furono gli «angeli del fango».
Resta sempre il problema di dove, eventualmente, portare l'immondizia raccolta. Ecco perché, se da una parte accogliamo con favore l'apertura nella piana di Pustarza di Savignano Irpino della prima vasca della discarica che consentirà alle popolazioni avellinesi di tirare un sospiro di sollievo, dall'altra attendiamo altrettante buone notizie da Sant'Arcangelo Trimonte e, soprattutto, da Chiaiano che dovrebbero fornire entro una decina di giorni tutti gli elementi scientifici necessari per decidere se Napoli avrà, finalmente, la sua discarica, anche perché (occorre dirlo) le altre province sono un po' stufe di dover subire l'emergenza rifiuti di Napoli.
Occorre agire in fretta, quindi, cercando di limitare al massimo i tempi burocratici, anche perché, con l'aumentare delle temperature, aumentano anche i rischi di malattie per i cittadini campani, e non vorremmo aggiungere emergenza ad emergenza.
A proposto di rifiuti e salute, i colleghi della Lega non devono polemizzare con il Presidente della Repubblica, perché il trasferimento di rifiuti altamente tossici e pericolosi dall'industria del nord al territorio campano è stato confermato dalle Commissioni d'inchiesta parlamentari. Non si tratta di fantasie, di libri e film di successo: è la triste verità, come sono tristemente veri i 60 linfomi di Hodgkin riscontrati tra i residenti di Pianura e che il consulente della Repubblica, che ha aperto un'inchiesta sui rifiuti tossici in 20 anni, ha connesso con l'arrivo di grandi quantità di scorie e fanghi industriali.
A fronte di un possibile, ancorché scongiurabile, problema di salute pubblica vi è, invece, una concreta crisi che ha colpito il settore turistico e che i roghi d'immondizia appiccati anche negli ultimi giorni non aiutano certo a superare, anzi. Gli operatori turistici lamentano un calo del 50-60Pag. 57per cento delle prenotazioni, un danno inestimabile soprattutto in considerazione del fatto che, in tema di fidelizzazione del cliente, i nostri competitor francesi e spagnoli, soprattutto, sono molto più bravi: chissà quanto tempo occorrerà per far tornare le nostre destinazioni turistiche appetibili e ricercate.
Su tale punto, il sottosegretario Brambilla ha annunciato una cura decisa per restituire appeal al marchio Italia a partire proprio da Napoli, attraverso un uso più appropriato ed efficace dei fondi europei. Anche in questo caso saremo vigili, ma inflessibili osservatori.
Per non parlare, poi, delle conseguenze sul piano agricolo, con i nostri prodotti DOC e DOP già messi sotto accusa ancor prima di svolgere gli opportuni e necessari accertamenti sanitari.
Capisco, quindi, la fretta del Presidente del Consiglio che su tale battaglia si è esposto in prima persona, ma penso a chi, come noi campani, oltre alla faccia ci mette in mezzo anche qualcosa di molto più importante.
Occorre far presto, si diceva, e allora diciamo forte e chiaro al sindaco Jervolino di comunicare in tempi rapidi il luogo su cui costruire il nuovo termovalorizzatore a Napoli, senza perdere tempo in tatticismi che hanno solo l'obiettivo di far decidere il Governo, scaricando su altri una scomoda, ma propria responsabilità.
Nel merito, il contenuto del testo non è immune da osservazioni e noi dell'Unione di Centro abbiamo proposto delle modifiche. Ovviamente, vi sono alcune parti che hanno destato più clamore di altre: mi riferisco, in particolare, alla norma contenuta nell'articolo 3 che ha istituito una superprocura per l'emergenza rifiuti. Abbiamo presentato una proposta emendativa di tale disposizione, perché essa presenta alcune significative criticità.
Innanzitutto, la consideriamo una norma farraginosa e per questo in contrasto con lo spirito del decreto-legge, che ha una precisa finalità. La previsione della concentrazione in un solo ufficio giudiziario di tutti i procedimenti penali di ambito regionale nella specifica materia contrasta proprio con le finalità di celerità ed efficienza di intervento, che giustificano l'adozione di un provvedimento eccezionale ed emergenziale.
Questo articolo non ci convince per la sua indeterminatezza, in quanto non definisce compiutamente l'elenco preciso dei reati cui si riferisce. La valenza del principio di necessaria determinatezza della fattispecie legale, infatti, si apprezza ancora di più proprio in relazione ad un intervento normativo definito eccezionale ed emergenziale. Sono stati sollevati dei dubbi in materia di raccolta differenziata e non pensiamo che il pur lodevole piano di utilizzare i volontari e la distribuzione di sacchetti e campane per la raccolta possano di colpo fare invertire un trend che ha, purtroppo, origini culturali ancora prima che tecniche.
Debbo infine ricordare che, se da una parte l'Unione di Centro ha iniziato l'esame del provvedimento discutendo con spirito costruttivo, con l'intento di giungere in modo condiviso alla conclusione del dibattito, la decisione del Governo di introdurre elementi che prospettano una riforma strutturale di taluni organismi di protezione ambientale, che non hanno alcun collegamento con l'oggetto del decreto-legge in esame, ci ha lasciato un po' perplessi e contrari; altrettanto perplessi ci ha lasciato la decisione - ed è la seconda volta, dopo il decreto-legge sull'Alitalia - di utilizzare lo strumento del decreto-legge per modificare provvedimenti già all'esame dell'Aula, trasformando lo stesso decreto-legge, come annunciato dal Ministro Vito, in un emendamento, e rimandare il tutto in Commissione. Mi sembra un modo di agire poco ortodosso e ancor meno elegante.
Infine, una parola per i nostri militari, cui va un particolare ringraziamento: chiamati per ogni genere di emergenza, hanno risposto anche in questa occasione con abnegazione e professionalità, come dimostra il blocco a Savignano Irpino di due carichi di rifiuti con tracce radioattive, dopo un controllo in entrata dell'impianto appena aperto e controllato dai militari.Pag. 58
Concludo, signor Presidente, augurandomi e augurandoci di veder finalmente realizzato l'obiettivo di una buona e sana amministrazione o saremo ancora in questa Assemblea a discutere di un'eventuale ennesima proroga, disposta nei confronti di questo o di un altro commissario per la gestione dei rifiuti in Campania (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, fermo restando l'urgenza e l'immediatezza di porre definitivamente fine alla perenne emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, voglio esprimere numerose perplessità in merito ad un uso indiscriminato di deroghe e di poteri speciali affidati al capo del Dipartimento della protezione civile, per le quali non sembrano sussistere gli stessi presupposti di necessità e urgenza. Lo dimostra il fatto che è stato annunciato un nuovo decreto-legge, di cui non conosciamo ancora il testo.
Il problema è sentito da tutto il Paese; tuttavia, come abbiamo già sostenuto in Commissione, continuiamo a ritenere ingiuste e discriminanti le scelte relative all'occupabilità di alcune categorie di lavoratori: a fronte di disposizioni in deroga al decreto legislativo n. 165 del 2001, in ordine al procedimento di assunzione del personale pubblico-amministrativo (concorso per il personale non dirigenziale e nomina, invece, per l'area dirigenziale, da inserire nel ruolo speciale della protezione civile), non è dato, però, riscontrare disposizioni analoghe per altre categorie di lavoratori (penso ai disoccupati, agli inoccupati, ai precari), che ben potrebbero essere utilizzati nell'attività materiale di raccolta e smaltimento dei rifiuti, per la quale è invece previsto, a mio avviso inopportunamente, l'impiego delle Forze armate.
L'uso di queste potrebbe essere invece previsto per potenziare quelle attività di vigilanza e di controllo dei cantieri e dei siti in un'operazione di carattere informativo, quasi pedagogico, tesa a creare responsabilità, che aiuterebbe a rimuovere quegli ostacoli e pregiudizi presenti nella popolazione nei confronti del fenomeno rifiuti; un'azione utile, inoltre, per fare intravedere i vantaggi delle misure straordinarie dal punto di vista economico e sociale in termini di occupazione, di salute e di civiltà.
Esprimiamo ancora delle perplessità alla deroga alla normativa vigente prevista dagli articoli 15 e 16 sulle modalità di assunzione del solo personale amministrativo, che autorizza il sottosegretario di Stato preposto all'emergenza rifiuti e il Dipartimento della protezione civile a prorogare anche i rapporti di lavoro a tempo determinato e le collaborazioni coordinate e continuative di provenienza di altri enti, aziende pubbliche o private, stipulando all'uopo contratti di diritto privato, anche se della durata massima di un anno. Riteniamo inoltre incomprensibile, in particolar modo, la deroga prevista per l'applicazione della legge n. 241 del 1990 in materia di procedimento amministrativo, per la quale è sufficiente ricordare che gli interessi ambientali, paesaggistico-territoriali e della salute impongono una particolare regolamentazione del meccanismo, in relazione a pareri vincolanti, obbligatori e alle valutazioni tecniche. Riconosciamo che applicando questo procedimento ci sarebbe il rischio del blocco dell'attività, il cui ritardo può causare ulteriori danni alla salute dei cittadini, ma che può essere superato, così come prevede la legge, con i meccanismi sostitutivi dei pareri, i quali consentono di giungere in fretta alla conclusione del problema, ma che - mi preme sottolineare - rischiano di impoverire i poteri di verifica e controllo da parte dell'amministrazione locale, e annullano in particolar modo l'esigenza di assicurare la trasparenza, la partecipazione e la conoscenza degli atti da parte dei cittadini.
È doveroso invece richiamare la responsabilità delle istituzioni, e in primis delle amministrazioni comunali, che devono essere maggiormente coinvolte anche in una simile situazione di emergenza, per spiegare agli abitanti le potenzialità ePag. 59l'importanza della raccolta differenziata, finalizzata al riciclaggio dei rifiuti, che è l'unico modo per coadiuvare alla risoluzione del problema ed evitare il ripetersi del collasso. Non è con l'uso esclusivo della forza che si ottiene la soluzione di questo tipo di emergenza, bensì con il coordinamento delle forze in campo, cittadini compresi, con l'informazione sui rischi e la partecipazione di tutti.
Infine, alla luce degli inammissibili incidenti sul lavoro di cui in questi giorni abbiamo notizia, non possiamo assolutamente derogare all'applicazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, eliminando quel minimo di garanzie per la salute e la prevenzione degli infortuni. Su questo tema non ci possono essere eccezioni: non possiamo permettere che il lavoro, già pesante, umile, diventi ancora più rischioso.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1145-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Ghiglia.

AGOSTINO GHIGLIA, Relatore. Signor Presidente, rinuncio alla replica e mi riservo, in seguito alla presentazione annunciata da parte del Governo di un emendamento, di intervenire nel prosieguo dell'esame del provvedimento. Per il momento, come detto, rinuncio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, intervengo per una replica breve ma - penso - doverosa. Ho ascoltato con interesse il dibattito di questo pomeriggio, che in molti punti ha ripercorso il tracciato di quello già seguito in Commissione. Si è trattato di un dibattito approfondito e che dà il senso di una partecipazione totale del Parlamento alla vicenda dell'emergenza rifiuti di Napoli, che è un'emergenza che viene sentita unanimemente come un problema nazionale; un problema che, fra l'altro, ci pone di fronte a questioni che ci fanno anche male come italiani, poiché questa vicenda è purtroppo assurta all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale in forme ovviamente tutt'altro che positive.
Come è stato più volte ripetuto, la realtà della Campania si è venuta a creare con il passare degli anni: questa emergenza, che dura ormai da 14 anni, è in realtà il frutto del fallimento tanto della gestione ordinaria da parte delle istituzioni locali quanto delle difficoltà incontrate nelle gestioni commissariali a causa del sovrapporsi di troppi ostacoli (e, in particolare, a causa della connessione con l'attività della criminalità organizzata, che purtroppo si registra troppe volte in quella zona). Al contempo, però, come dicevo, anche questo dibattito dà il senso di un Paese unito nella volontà di uscire da questa emergenza.
Questo decreto-legge persegue sostanzialmente due obiettivi: il primo è quello di intervenire con misure emergenziali ed immediate volte a risolvere la questione attuale; il secondo è invece quello di costituire un sistema che sia poi quello della gestione ordinaria, come è corretto che avvenga, e sulla scorta di quel principio dell'autosufficienza regionale nello smaltimento dei rifiuti che è stato ribadito più volte da una Corte costituzionale purtroppo inascoltata. Le risposte fornite da questo decreto, dunque, da una parte mirano a risolvere l'emergenza immediata, e dall'altra tendono invece a creare una situazione strutturale di normalità.
Su questa prospettiva, leggo una sostanziale condivisione. È evidente infatti che nel dibattito parlamentare le posizioni sono state molte e diverse, ma una serie di punti possono essere qualificati come sostanzialmente condivisi: la dichiarazione dell'emergenza; la designazione di un sottosegretario nella persona del dottor Bertolaso (fra l'altro da tutti stimato e apprezzato);Pag. 60l'individuazione delle discariche; la vicenda della compensazione; la prospettiva delle bonifiche; l'individuazione dei termovalorizzatori; la verifica della funzionalità degli impianti attuali e la possibilità della loro conversione. Queste sono vicende sulle quali sostanzialmente vi è un moto positivo e di unità.
D'altra parte, l'opposizione ha fatto notare una serie di criticità. In particolare, riassumendo in breve, una parte ha sottolineato come, a suo dire, vi sarebbero problemi di legittimità costituzionale soprattutto per quel che riguarda gli articoli 3 e 4, che derogherebbero dal principio del giudice naturale. Sotto questo profilo, credo che abbiamo le carte completamente in regola: come infatti è stato più volte chiarito dalla Corte costituzionale, in realtà il divieto di istituzione di giudici straordinari è inteso come riferito alla creazione di organi giudiziari specifici, il che non avviene; il divieto di istituzione di giudici speciali è interpretato in relazione al principio di unità della giurisdizione ed è dunque volto a limitare la costituzione di istanze giudicanti ulteriori rispetto alla magistratura ordinaria, il che, evidentemente, non avviene.
L'onorevole Damiano si è soffermato su quella serie di deroghe alla disciplina sulla sicurezza del lavoro, ma è opportuno ricordare, a tale proposito, che l'articolo 18 deroga in realtà a tre articoli che riguardano la prevenzione degli incendi ma salvaguardano esplicitamente i principi generali del testo unico sulla sicurezza; quello stesso testo unico che, tra l'altro, prevede esplicitamente un regime derogatorio per le Forze armate, le forze dell'ordine, per la Protezione civile, affidando la normativa specifica all'emanazione di un successivo decreto legislativo che in realtà non è stato ancora emanato. Anche sotto questo profilo, quindi, ritengo che le obiezioni possano essere in qualche modo superate.
Vi sono poi state - ed anche ciò è l'eco di molte discussioni avvenute in Commissione - obiezioni, o comunque sono stati posti interrogativi, a proposito dell'utilizzo delle Forze armate. Ma come ha rilevato uno degli intervenuti, proprio il caso di ieri del camion che trasportava rifiuti nei quali sono state poi rilevate tracce di radioattività dimostra, in realtà, che tale strumento, eccezionalmente previsto, ha anche una sua validità immediata, riscontrabile proprio da simile dato di fatto. Ma di tutto ciò avremo evidentemente modo di discutere e, come poco fa rilevava il relatore Ghiglia, avremo modo di discutere ancora in Commissione dell'emendamento che verrà presentato e che riguarda proprio l'utilizzo delle Forze armate nella conduzione e nella vigilanza degli impianti. Su questo punto vi è già, di fatto, una sorta di gentlemen agreement in base al quale immaginiamo una prosecuzione dell'esame, in particolare di questi aspetti, con un rinvio in Commissione.
Ciò detto, rimarco come sia comunque positiva da parte del Governo la valutazione del dibattito che si è impiantato, ed è ovviamente nostra intenzione portare presto in porto sicuro il provvedimento in discussione.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Damiano ed altri n. 1-00006, Cazzola ed altri n. 1-00012 e Delfino ed altri n. 1-00013 concernenti iniziative relative alla delega legislativa in materia di lavori usuranti (ore 19,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Damiano ed altri n. 1-00006 (Nuova formulazione), Cazzola ed altri n. 1-00012 e Delfino ed altri n. 1-00013 concernenti iniziative relative alla delega legislativa in materia di lavori usuranti (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che in data odierna è stata altresì presentata la mozione Paladini ePag. 61Donadi n. 1-00014 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Damiano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00006 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, vorrei ricordare che per affrontare nel modo più idoneo il tema dei lavori usuranti non lo dobbiamo considerare come un argomento a sé ed isolato, in quanto questo tema, di alto valore sociale, fa parte di un intervento organico del Governo Prodi che ha trovato una sua definizione nel Protocollo del 23 luglio 2007.
Tale Protocollo è intervenuto in modo coerente sul vasto tema delle pensioni e della previdenza, cercando di operare in una logica di modificazione - non la definirei di profonda riforma - della situazione precedente con l'obiettivo di rimuovere alcune situazioni di palese iniquità e ingiustizia nel funzionamento del medesimo sistema, anche a seguito di scelte compiute dal precedente Governo del centrodestra e nel tentativo, a mio avviso riuscito, di fornire una risposta ad alcuni interrogativi che da molti anni il Paese aveva avanzato, ad esempio a proposito dei problemi dell'equità pensionistica e del riconoscimento dell'alto valore del lavoro manuale e della fatica nel lavoro.
Ricordo che il Protocollo del 23 luglio ha operato, quindi, una serie di interventi tesi a rivedere la materia pensionistica in una logica di correzione, più che di destrutturazione, dell'impianto precedente, che del resto trae la sua origine fondamentale dalle grandi riforme degli anni Novanta, a partire da quella del 1995. Pertanto, in tale senso il Protocollo del 23 luglio si è mosso in primo luogo intervenendo su un problema sociale rilevante, vale a dire l'esigenza di adeguare i rendimenti pensionistici soprattutto per quella parte della popolazione, dei pensionati e delle pensionate, che godono ancora di trattamenti previdenziali molto bassi. Si pensi al fatto che a vantaggio dei pensionati che percepiscono pensioni fino a 700 euro lordi mensili è stata istituita una quattordicesima erogazione, pagata per la prima volta nell'ottobre dell'anno scorso e che verrà nuovamente pagata nel luglio di quest'anno. Si tratta di una misura strutturale, il cui valore è di circa un miliardo e 200 milioni di euro e che interviene con una cifra media, il prossimo luglio, di 400 euro a vantaggio di ciascuna persona, per un complesso di oltre tre milioni di pensionati. Tale misura ha anche tenuto conto di una profonda innovazione normativa, ossia quella di non considerare, per aver diritto a tale misura, il reddito familiare ma quello individuale, consentendo così a molte donne che potevano essere escluse da tali benefici di entrare a far parte del godimento della quattordicesima, che peraltro è stata anche equamente distribuita fra le categorie sociali. Infatti, ricordo che dei 3 milioni 100 mila pensionati che beneficeranno, grazie all'intervento del Governo Prodi, nel prossimo luglio di tale misura, il 60 per cento è costituito da lavoratori dipendenti e il 40 per cento da lavoratori autonomi.
In secondo luogo, il Protocollo del 23 luglio ha previsto il superamento del cosiddetto scalone Maroni come misura di equità, non tanto perché il legislatore abbia voluto interrompere quel naturale obiettivo di crescita dell'età pensionistica che ci consente, ovviamente, un allineamento con le situazioni presenti anche a livello europeo, ma per introdurre, con tale normativa, un adeguamento più dolce, più delicato e meno improvviso rispetto al cosiddetto salto di tre anni in una notte, che avrebbe provocato evidenti ingiustizie su un corpo relativamente ampio di lavoratori.Pag. 62
Accanto a ciò, oltre al superamento dello scalone è stata anche ipotizzata una misura in ordine ai lavori usuranti che, in qualche modo, rappresenta l'altra faccia della medaglia del superamento dello scalone, e che interviene precisamente come riconoscimento sociale e di diritto dell'accesso anticipato alla pensione per quei lavoratori che svolgano lavori particolarmente pesanti e che li abbiano svolti, nella fattispecie, per gran parte della loro vita lavorativa.
Inoltre, il Protocollo ha previsto un intervento di razionalizzazione degli enti previdenziali e assistenziali, naturalmente in una logica tesa a reperire risorse a vantaggio dell'equilibrio dei conti del sistema pensionistico. Vorrei anche in questa sede affermare che, al di là di quanto erroneamente, in più occasioni, è stato interpretato dai mezzi di comunicazione di massa, il Governo Prodi non ha mai inteso proporre il cosiddetto «super INPS», ma piuttosto, in consonanza con le deliberazioni della Commissione bicamerale sui temi della previdenza, un riassetto più razionale degli enti previdenziali e assistenziali in due poli - l'uno previdenziale, l'altro assicurativo - che faccia perno sui tre enti fondamentali: l'INPS per quanto riguarda le pensioni private, l'INPDAP per le pensioni pubbliche e l'INAIL per le questioni assistenziali dei lavoratori. Anche sotto tale profilo, abbiamo trasmesso il Protocollo al nuovo Ministro del lavoro.
Accanto a questo, il Protocollo ha provveduto ad introdurre finestre pensionistiche anche per quanto riguarda le pensioni di vecchiaia di uomini e donne al fine, tra l'altro, di un equilibrio del sistema pensionistico, nonché a disciplinare una materia lasciata, purtroppo, in eredità dal precedente Governo Berlusconi, che l'avrebbe dovuta regolare nel 2005. Dal momento che ciò non è avvenuto, abbiamo provveduto noi a disciplinarla: mi riferisco alla materia dei coefficienti di trasformazione, che ha come scopo fondamentale quello di allineare i rendimenti pensionistici al prodotto interno lordo, nella nuova revisione normativa prevista nel 1995 con l'introduzione del sistema pensionistico contributivo. Si tratta di previsioni alle quali si aggiungono anche le misure previdenziali per i giovani, la figurazione previdenziale figurativa piena per le giovani generazioni, la totalizzazione praticamente di tutti i contributi, le misure previdenziali per i lavoratori immigrati extracomunitari e l'annuncio di una normativa, che mi auguro che il nuovo Governo porti a compimento (ho ascoltato degli annunci in questa direzione che considero positivi), sul superamento del divieto di cumulo del reddito con le pensioni.
Quindi, quando ci riferiamo ai lavori usuranti non dobbiamo commettere l'errore di pensare ad una norma specifica, a sé, isolata da un contesto più generale, perché stiamo parlando, invece, di una norma organicamente inserita in un piano di intervento la cui sintesi trova compimento nel Protocollo del 23 luglio 2007. Vorrei ribadire l'alto valore sociale di tale norma, a cui ho già fatto cenno, perché sappiamo che, al di là del vecchio decreto Salvi, che introdusse una normativa molto parziale, per intervenire sul tema dell'usura e della fatica nel lavoro, per quanto concerne le lavorazioni più evidenti che vennero prese in considerazione (quali quelle nelle cave, nelle gallerie, nelle torbiere, e così via), era forse da più di un decennio che nel dibattito politico, sociale e culturale, nonché nella ricerca legislativa, il tema del lavoro usurante non trovava una sua definizione. Credo che lo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo Prodi, che non ha trovato un compimento, riassuma questo alto valore sociale perché, per la prima volta e in modo compiuto, si riconosce il valore della fatica nel lavoro. In esso vi è una rivalutazione del concetto del lavoro manuale in un tempo nel quale - lo sappiamo - purtroppo il lavoro manuale e la figura dell'operaio hanno subito una doppia svalutazione, sia sul piano sociale sia su quello della remunerazione; quindi, per questo la misura ha un alto valore sociale.
Vi è un altro elemento molto profondo che dovrebbe indurre il Governo, poiché laPag. 63delega è scaduta il 31 maggio scorso, a provvedere in modo urgente nel senso di applicare quello schema di decreto in modo integrale.
A nessuno sfugge, infatti, che i lavoratori che compiono per 35-38 anni un'attività particolarmente usurante nel luogo di lavoro, giunti ad un età di 57-58 anni, sono lavoratori provati dalla fatica e che, soprattutto, trovandosi in molti casi in una situazione di fatica abbinata ad una situazione di lavoro rischioso (pensiamo alla siderurgia e al recente caso della Thyssenkrupp), sono sottoposti a un rischio molto evidente. Consentire a questi lavoratori di andare prima degli altri in pensione, di fronte ad un riconoscimento oggettivo della fatica nel lavoro compiuto nell'arco di una vita o per un lungo periodo, è un fatto socialmente, moralmente e culturalmente molto importante, che va riconosciuto al mondo del lavoro. Non stiamo parlando di prepensionamenti facili e di scorciatoie, ma di far acquisire a questi lavoratori un diritto che si ricava dalla manifestazione, evidente e certificata, di un impegno faticoso nella propria attività. Questo vuole anche dire invitare le giovani generazioni a non scartare e a non escludere il lavoro manuale, ma a pensare che nel futuro esso avrà un riconoscimento sociale, di carattere retributivo ed anche pensionistico relativamente privilegiato, se vogliamo che il lavoro manuale nel nostro Paese non sia considerato di serie B, invisibile e semplicemente da evitare.
Penso, quindi, che questo sia un atto dovuto, per i motivi che ho spiegato. Abbiamo individuato alcune misure, attraverso una fortissima concertazione. So che alcuni critici nel centrodestra pensano - come ho letto nella mozione Cazzola ed altri n. 1-00012 - che vi sia stata una consultazione parziale. Se per consultazione parziale si intende - in ordine al lavoro notturno - un'obiezione critica da parte di Confindustria, può darsi che questa possa essere considerata una consultazione parziale, ma vorrei ricordare che la concertazione è il modo con il quale un Governo attua, con questo metodo, un confronto con le parti sociali: è indubbio che, con riferimento a tutte le normative formulate (penso alla complessità del Protocollo del 23 luglio), molto difficilmente si avrà il consenso di tutti.
Naturalmente, quando abbiamo provveduto ad eliminare la vecchia normativa sul lavoro straordinario (la sovracontribuzione del 1995), abbiamo avuto qualche resistenza dalle organizzazioni sindacali, ma questo non ci ha impedito di procedere. Così come può esservi qualche dubbio o qualche resistenza, da parte delle imprese, sui meccanismi che abbiamo individuato, ma vorrei ricordare che sono le stesse imprese che in molti casi pretendono per sé il diritto al prepensionamento e, al tempo stesso, invocano in termini generali, per l'impresa della porta accanto, l'innalzamento dell'età pensionistica per stare in equilibrio con i conti. Credo, quindi, che su questo punto sia stata realizzata un'altissima concertazione di carattere sociale. Del resto, abbiamo impiegato non solo sei mesi per la definizione del Protocollo del 23 luglio, ma altri sei mesi per trovare una perfetta sintonia tra la norma, la sua possibilità di applicazione, la sua razionalità e i filtri che vanno applicati e, soprattutto, le coperture previste nell'ambito del Protocollo del 1993.
Non stiamo parlando genericamente di lavoratori manuali, ma di quattro categorie di lavoratori, impegnati in mansioni particolarmente usuranti individuate dal cosiddetto decreto Salvi (lavori in galleria, in cave, in miniere, in cassoni ad aria compressa, lavori svolti da palombari, lavori ad alte temperature, lavori di asportazione dell'amianto). Stiamo parlando di lavoratori addetti alle linee di montaggio, la cosiddetta catena di montaggio (Charlot ci ha insegnato, già all'inizio del Novecento, che cosa significhi lavorare in una catena di montaggio). Stiamo parlando di conducenti di veicoli di capienza complessiva non inferiore a nove posti, adibiti al servizio pubblico di trasporto collettivo.
Stiamo parlando di lavoratori notturni, siano essi impegnati in un lavoro a turni per l'intero anno lavorativo, siano essiPag. 64impegnati parzialmente, per quanto riguarda il lavoro notturno, per una parte delle notti nell'arco dell'anno lavorativo. Questi lavoratori conseguono in linea di principio il diritto al trattamento pensionistico anticipato di tre anni rispetto alle curve, che sono tendenzialmente in salita fino all'età di 61 anni, dell'insieme degli altri lavoratori. Quindi, è uno sconto perfettamente allineato con l'innalzamento dell'età pensionistica. La critica che ho sentito dal centrodestra, secondo la quale ci sarebbe una sorta di contraddizione tra questa normativa e l'innalzamento dell'età, è destituita di fondamento, perché è evidente che lo sconto si applica ai tetti che via via vengono conseguiti fino ai 61 anni, e quindi la normativa stessa si può definire plasticamente riferita a questo innalzamento.
Per quanto riguarda il lavoro notturno, abbiamo preferito trovare una soluzione che comprendesse una platea più ampia di lavoratori, piuttosto che una soluzione ristretta, per motivi molto evidenti. Per fare questo, e per trovare una perfetta corrispondenza tra la soluzione e l'esposizione finanziaria, prevista di circa 3 miliardi nel decennio a vantaggio di questa misura, abbiamo pensato, anche in questo caso, di proporre dei cosiddetti scalini.
La norma originaria prevedeva 80 notti, questo è vero, ma abbiamo provato, con il concorso dell'INPS e di tutti gli istituti, nonché con collaborazioni scientifiche ad hoc che esaminassero la materia, a rispondere a una domanda: se avessimo adottato il principio delle 80 notti lavorate in corso d'anno, quali sarebbero stati i lavoratori effettivamente coinvolti in questo beneficio? Signor Presidente, quasi nessuno. Le norme astratte non servono. Abbiamo badato a norme concrete e analizzato il lavoro concreto e l'organizzazione delle fabbriche nel lavoro a turni. Chi conosce le fabbriche sa che, se non vogliamo escludere intere platee di lavoratori tessili, chimici e metalmeccanici, la soluzione deve essere al di sotto delle 80 notti lavorate su base annua.
Dopo una serie di prove successive, abbiamo trovato, quindi, una misura, certificata dalla Ragioneria dello Stato come perfettamente compatibile con le risorse che abbiamo stanziato, che prevede non tre anni, ma soltanto un anno di sconto rispetto all'età prevista per coloro che svolgono un numero di giorni all'anno compreso tra 74 e 71, due anni per coloro che svolgono l'attività lavorativa nel periodo notturno per un numero di giorni compresi tra 72 e 77, e 36 mesi per coloro che superano i 77 giorni all'anno. Naturalmente, questo provvedimento si completa con la previsione delle modalità necessarie ad ottenere il beneficio, che - vorrei ricordarlo - decorre dal 1o luglio 2009, e non immediatamente, nel caso in cui il decreto legislativo, come mi auguro, venga, nelle sue attuali definizioni, fatto proprio anche dal nuovo Governo.
Quindi, l'operazione da noi svolta è congruente sotto il profilo sociale e del coinvolgimento reale dei lavoratori, sotto il profilo della distribuzione delle risorse e della certificazione della Ragioneria. Inoltre, vorrei anche aggiungere che mi sembrano non fondate le notizie secondo le quali questo provvedimento potrebbe - è capitato in passato per altri provvedimenti e di questo abbiamo fatto tesoro, a partire dalla Ragioneria dello Stato - consentire comportamenti collusivi tra imprese e lavoratori, al fine di conseguire illecitamente questo beneficio. Non è così: i filtri, le documentazioni richieste e le normative inserite nel decreto legislativo sono stringenti, e consentono di identificare la misura e il lavoratore in un range che rende la misura assolutamente compatibile fra numero di lavoratori e risorse previste, sapendo che questa misura, essendo collegata alla vita previdenziale individuale, può avere alti e bassi nel corso del periodo, ma a regime dà il risultato che ci aspettiamo.
Altrimenti, se dovessimo rimettere in discussione le modalità di questa misura, attraverso non ben definiti approfondimenti o andando verso una restrizione della platea, dobbiamo sapere che colpendo il lavoro notturno con l'aumento del numero di notti richieste, soprattutto se tornassero a essere ottanta, avremmo varatoPag. 65una misura che non avrebbe alcuna efficacia pratica ai fini del coinvolgimento dei lavoratori. Ribadisco, quindi, che l'equilibrio finanziario esiste e che la norma si inserisce in un protocollo organico sulle questioni previdenziali di forte socialità, che parla al Paese e che chiarisce l'esigenza di andare verso una soluzione di grande equità a vantaggio soprattutto di un lavoro manuale che ha bisogno di un riconoscimento sociale e culturale in Italia. Per questo, attraverso la nostra mozione, sottoscritta da centocinquantadue parlamentari del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori, chiediamo che il Governo ci renda noto, sulla base della previsione di applicazione del decreto entro fine anno, attraverso quali strumenti intenda applicare il provvedimento medesimo in modo urgente e integrale, perché attraverso questa misura noi possiamo sicuramente dare un messaggio molto importante al Paese.
Mi permetta un'ulteriore osservazione, signor Presidente. Nella mia attività precedente di Ministro ho sempre cercato di seguire una regola. Sicuramente ogni Governo ha la sua filosofia, altrimenti non sarebbero necessarie le elezioni. Il Governo di centrodestra non ha una filosofia di centrosinistra e io non mi iscrivo tra coloro che ritengono che tutto sia uguale; certamente no e lo stiamo vedendo. Nella attività di Ministro mi sono orientato in questi termini: quello che di buono il Governo precedente di centrodestra aveva realizzato - ho applicato una parte importante della legge Biagi - l'ho voluto continuare. Chiedo, mi auguro, che anche questo Governo sia in grado di continuare quello che di buono - sicuramente una parte esiste - il Governo Prodi lascia in eredità a questo Paese. Signor Presidente, tra quanto vi è di buono, le assicuro, vi è questo provvedimento che presenta un'utilità sociale molto rilevante e che pone fine ad una lunga discussione sul problema della fatica del lavoro manuale e operaio, che ha bisogno di un riconoscimento in questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Nella differenza dei ruoli di maggioranza e di opposizione, siamo tutti qui per collaborare al bene comune del popolo italiano.
È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00012. Ne ha facoltà.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la mozione di cui sono primo firmatario intende impegnare il Governo ad individuare gli strumenti legislativi necessari per risolvere entro l'anno la questione della tutela previdenziale dei lavoratori adibiti a mansioni usuranti. Nello stesso tempo, però, la mozione vuole dimostrare che non esistevano soluzioni diverse dal rinvio perché lo schema di decreto legislativo difeso validamente dall'onorevole Damiano, predisposto dal precedente Governo, non era condivisibile in alcuni aspetti significativi per l'equilibrio dei conti pubblici. Conosco e stimo l'onorevole Damiano da oltre trenta anni e mi fa piacere dialogare con lui nel mio primo intervento in questa Aula.
Penso che nella passata legislatura l'allora Ministro Damiano sia stato un buon Ministro di un cattivo Governo. Dando prova d'indubbia moderazione, che tra l'altro ha voluto rivendicare nelle parole conclusive del suo intervento, l'onorevole Damiano ha impedito che in materia di lavoro e di previdenza la maggioranza di centrosinistra facesse più danni di quelli che ha fatto.
Tutto ciò premesso, a mio avviso signor Presidente, purtroppo non corrisponde a verità la rappresentazione dei fatti che emerge dalla mozione illustrata dall'onorevole Damiano, nella quale viene praticamente sostenuto che lo schema di decreto legislativo sui lavori usuranti era privo di problemi perché concordato con le parti sociali e finanziato fino all'ultimo euro. Si tratta dunque di uno schema che aspettava solo di essere varato in via definitiva mentre, a dire del collega, l'attuale Governo ha preferito far scadere la delega, mettendo così a repentaglio la possibilità di tutelare adeguatamente i soggettiPag. 66protetti. L'onorevole Damiano ha voluto dare in questa sede anche una sua interpretazione della concertazione. Indubbiamente, la concertazione non può essere un fatto che porta tutte le parti interessate ad apporre la propria firma su un atto, ma consiste in molti atti - l'onorevole Damiano me lo consentirà per l'amicizia e la stima che ho rivendicato all'inizio del mio intervento - e non è possibile che la concertazione sia sempre una concertazione solo con alcuni mentre altri (significative parti sociali) si trovino e si siano trovate spesso a dissentire con l'azione del suo Governo.
In verità, la linea di condotta dell'attuale Governo è stata dettata dall'esigenza di valutare compiutamente alcuni degli aspetti della controriforma previdenziale del Governo Prodi, di cui alla legge n. 247 del 2007, più discutibili che problematici sul versante degli equilibri finanziari del sistema pensionistico. Quello che di buono, onorevole Damiano, è stato realizzato dal suo Governo non è la parte previdenziale - almeno a nostro modesto avviso, o secondo la mia modesta opinione - della legge n. 247 del 2007. Noi abbiamo dato, anche quando la mia parte politica era all'opposizione, un giudizio molto diverso delle norme sul mercato del lavoro - norme per le quali abbiamo espresso anche alcune critiche - rispetto alle disposizioni di carattere previdenziale.
L'onorevole Damiano certamente ricorderà che nella passata legislatura vennero rivolte dall'opposizione di allora pesanti critiche alla parte previdenziale del Protocollo del luglio 2007, poi recepita nella legge n. 247 di fine anno, in particolare proprio con riferimento alle norme riguardanti la disciplina dei lavori usuranti, che avevano completamente stravolto l'impostazione indicata in leggi precedenti, dalla cosiddetta riforma Amato del 1992, alla cosiddetta legge Dini del 1995, tanto che l'allora senatore Maurizio Sacconi (oggi suo successore al Dicastero di via Veneto) insieme al sottoscritto, che allora faceva il «portatore d'acqua», aveva predisposto e fatto acquisire dalle Commissioni di merito, che avevano esaminato il disegno di legge atto Camera n. 3178 un dossier molto critico, poi inviato alla Commissione europea e ad altre autorità europee e internazionali, esprimendo preoccupazione per gli effetti del provvedimento sull'evoluzione della spesa pensionistica. Faceva parte - se vuole, onorevole Damiano - del «cinema» che si fa in queste circostanze, però noi ci eravamo spesi parecchio su queste critiche, anche nel dimostrare gli elementi di insostenibilità che, a nostro avviso, vi erano nel Protocollo e nella legge che ha dato attuazione allo stesso Protocollo.
Innanzitutto non si comprende perché - visto che lei ha parlato in questa sede di equità sociale - diversamente dalle leggi precedenti, diversamente dalla cosiddetta legge Amato e dalla cosiddetta legge Dini - la cosiddetta legge Damiano tuteli solo i lavoratori dipendenti e non anche quelli autonomi adibiti a lavorazioni usuranti. Non si spiega perché per il riconoscimento delle tutele sia stato adottato, con la legge n. 247 del 2007, un criterio diverso da quelli precedentemente in vigore.
Mentre nei provvedimenti precedenti, compresa la normativa a favore dei lavoratori esposti ad amianto, che credo sia quanto di più usurante vi possa essere tra le possibili lavorazioni tutelate ed esaminate dal legislatore, il beneficio consistente in una riduzione dei requisiti per accedere alla pensione era connesso al solo numero di anni di esposizione, la legge Damiano, invece, ha individuato delle soglie - sette anni negli ultimi dieci nel periodo transitorio, la metà dell'attività lavorativa a regime - valicate le quali semel usuratus semper usuratus, si ottengono per sempre lo status di usurato e i relativi sconti sull'età pensionabile.
Vi era allora in noi la convinzione che, soprattutto a causa della disciplina dei lavori usuranti, la controriforma Damiano avrebbe avuto effetti molto gravi sui conti della previdenza obbligatoria, ben al di là dello stanziamento di 2,8 miliardi del prossimo decennio, come del resto era già avvenuto ed è già avvenuto con la legge sull'amianto che pure ha requisiti più severi, nel senso che per avere diritto allePag. 67tutele previdenziali consentite a chi è stato esposto ad amianto occorrono almeno dieci anni di esposizione e una certa concentrazione di particelle nell'atmosfera. Ebbene, non si è tenuto conto di quanto era avvenuto con la legge sull'amianto, i cui oneri sono lievitati nel tempo, facendo saltare tutte le previsioni, tanto che la relativa spesa raggiungerà nel 2025 ben 13 miliardi di euro l'anno.
Per farla breve, l'opposizione di oggi non dovrebbe meravigliarsi se la maggioranza di oggi volesse modificare una legge che aveva molto criticato quando era all'opposizione nella quindicesima legislatura. Ma non è questa la nostra intenzione, signor Presidente. Abbiamo più volte affermato - lo ha fatto il Presidente del Consiglio, lo ha ribadito il Ministro Sacconi - che non vogliamo cambiare le norme sulle pensioni, volute dal Governo Prodi anche se non le condividiamo. Questo per dire che non siamo qui, come è stato fatto dal Governo di centrosinistra durante la passata legislatura, per agire di ripicca, anche se riconosco che lei, signor Ministro, ha avuto in questo campo - e ne ha dato prova - un equilibrio che le va riconosciuto e che io ho riconosciuto anche in tempi non sospetti quando era Ministro.
Non abbiamo consentito, però, che in sede di decretazione delegata fossero forzate le stesse norme di delega contenute nella legge 24 dicembre 2007, n. 247. Di questo si tratta: eccesso di potere. Vi erano alcuni punti dello schema di decreto legislativo (n. 238) viziati da eccesso di potere che, a nostro avviso, devono essere approfonditi e modificati attraverso un confronto che questa volta coinvolga tutte e non solo alcune delle parti sociali.
In modo del tutto arbitrario - lei su questo non ha detto nulla, onorevole Damiano - è stato fissato al 2017 il termine del periodo transitorio, per il quale la norma di delega non si pronunciava, per il quale sono fissati requisiti più favorevoli: sette anni negli ultimi dieci, non i trentacinque o quarant'anni di cui lei ha parlato in questa sede, onorevole Damiano, al solo scopo di depotenziare il più possibile l'effetto dell'innalzamento del requisito anagrafico di anzianità, ancorché corretto dal passaggio dallo «scalone» al sistema dei gradini più quote.
Ecco perché non conveniamo con lei quando considera la disciplina dei lavori usuranti, per come è stata definita nella legge 24 dicembre 2007, n. 247 coerente con l'innalzamento dell'età pensionabile: soprattutto la disciplina del periodo transitorio è stata fatta apposta per questo dalle contraddizioni della sua maggioranza, onorevole Damiano, dalla maggioranza che lei aveva nella passata legislatura. La scelta di portare la disciplina prevista nel periodo transitorio sino al 2017, quando tutte le scadenze vanno a regime nel 2014 in quella legge, comporterà una vanificazione di un innalzamento addolcito rispetto allo «scalone» introdotto nella legge Maroni.
In maniera altrettanto arbitraria, si sono allargati i criteri previsti dalla legislazione vigente per la definizione di lavoro notturno, come lei ha qui ammesso, allargando la platea dei possibili utenti.
Per ammissione sua, in quest'Aula - poi figuratevi, le scelte saranno compiute con il realismo del caso e con criteri di opportunità - nessuno di coloro a cui viene riconosciuto di svolgere lavoro notturno, lavora secondo il criterio del numero di notti che sono previste dalla legislazione vigente. Tutti coloro a cui viene riconosciuto il beneficio per essere adibiti al lavoro notturno, stanno al di sotto dei requisiti previsti dalla legge. Poi figuratevi, siamo tutti qui a cercare di venire incontro alle esigenze della gente in carne ed ossa, ma affermare che in realtà si è forzata una norma di legge non significa dire il falso.
Quanto alle modalità di accertamento dell'esposizione a lavori usuranti, con conseguente riconoscimento delle tutele, è sufficiente non riportare opinioni mie o di chi la pensa come me, ma dare la parola al Servizio bilancio della Camera, che nella relazione allo schema di decreto delegato scriveva: «Al riguardo appare opportuno un chiarimento sulla possibilità, per gli enti previdenziali interessati, diPag. 68adempiere alle funzioni in esame nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disposte a normativa vigente». In buona sostanza, il Servizio bilancio della Camera intravedeva l'ipotesi di una probatio diabolica rispetto all'accertamento effettivo dei requisiti previsti dalla legge per riconoscere la sottoposizione a lavori usuranti.
Per concludere, formulo alcune brevi considerazioni sulla copertura finanziaria: è vero, vi è il «bollino» della Ragioneria generale dello Stato. La Ragioneria generale dello Stato - a cui va tutto il nostro rispetto, trattandosi, a mio avviso, di uno dei pochi, o comunque uno dei migliori «pezzi pregiati» della pubblica amministrazione - si è però limitata a certificare quante pensioni agevolate si potranno liquidare, sulla base delle risorse stanziate, a lavoratori ritenuti usurati. Ha fatto semplicemente una divisione: ha visto quale era lo stanziamento dell'anno, lo ha diviso per una cifra teorica (per quanto può aumentare la pensione media) e ha calcolato quante possono essere le pensioni finanziate con quelle risorse. E questa mia interpretazione dei fatti è così vera, che non ha garantito affatto che il numero di trattamenti sarà quello previsto, tanto che lo schema di decreto legislativo stabiliva persino una sorta di lista d'attesa per le pensioni in eccedenza, una scelta che poteva dare luogo ad un contenzioso infinito, in quanto non si può riconoscere un diritto e poi dire che non ci sono le risorse.
Ecco perché il Governo - che pure è sensibile al problema di una tutela particolare per i lavoratori adibiti a mansioni definite usuranti e che si impegna a risolvere tale problema entro l'anno (credo che il sottosegretario qui presente confermerà questa mia dichiarazione di fiducia che formulo all'azione del Governo) - ha dovuto prendersi il tempo necessario per correggere alcuni punti dello schema di decreto legislativo, che avrebbero creato ulteriori e più gravi problemi all'indispensabile equilibrio dei conti previdenziali (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paladini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00014. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il tema dei lavori usuranti è molto delicato, di rilevanza sociale e in Italia si trascina da molto tempo. È un tema su cui anche l'attuale Governo deve porre una particolare attenzione, considerato che sono tali tutte quelle professioni oggettivamente pericolose, non solo per l'alto rischio di infortuni, ma anche per i danni permanenti che possono arrecare alla persona umana, sebbene riconoscere a questa categoria di lavoratori una tutela previdenziale che consenta loro di esercitare il diritto al prepensionamento anticipato con requisiti inferiori rispetto a quelli previsti per la generalità dei lavori dipendenti, implichi un impegno economico non indifferente, e questo lo capiamo.
Credo che questo Governo debba compiere, comunque, uno sforzo con senso di responsabilità per accogliere, semmai, una grande eredità e non far cadere nel nulla tutto il lavoro svolto dal precedente Governo Prodi. Ritengo che questo sia il punto essenziale ed importante. Il Governo Prodi, dopo un lungo ed estenuante periodo di concertazione con le parti sociali era giunto a predisporre la legge 24 dicembre 2007, n. 247, con il quale si dava attuazione al Protocollo d'intesa del 23 luglio 2007, delegando, all'articolo 1 comma 3, il Governo ad adottare i decreti legislativi che salvaguardassero tutti i lavoratori - lo ripeto - tutti i lavoratori.
Il fatto che tale delega oggi sia scaduta non significa che si debba voltare pagina ed ignorare un problema così delicato e veramente importante per la nostra società. Non bisogna tralasciare l'evidente relazione tra lavoro usurante e gli elevati rischi a questo connessi. Non a caso, nel decreto sono state specificate le mansioni particolarmente usuranti - che richiamano anche la tabella A del decreto legislativo 11 agosto 1993, la n. 374 - in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano,Pag. 69sotto il profilo dell'incidenza stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità e delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività, con riferimento particolare alle componenti socio-economiche che le connotano.
Signor Presidente, ritengo che questo provvedimento sia rilevante, soprattutto in relazione ad alcune categorie - di cui non ho sentito parlare in questa sede da nessuno dei due schieramenti che mi hanno preceduto - nell'esercizio delle proprie funzioni e professionalità come, ad esempio, le forze dell'ordine. Queste ultime si trovano in un'evidente relazione tra lavoro usurante e gli elevati rischi a questo connessi. Addirittura, tali categorie sono state escluse a priori dalla possibilità di rientrare nelle categorie dei lavori usuranti. Credo che bisognerà porre una condizione ad una situazione su questo tema. Ritengo, inoltre, che tale condizione crei una sperequazione all'interno delle stesse categorie, specialmente per coloro che espletano turni relativi notturni ed anche per l'atipicità del servizio (e tali categorie ce l'hanno dentro, ne sono connotate essenzialmente).
Attualmente, esistono addirittura, tra i vari contratti nazionali, condizioni più favorevoli per alcuni lavoratori rispetto ad altri. Credo che il Governo debba impegnarsi per far sì che, in fase di esercizio della delega, vengano rappresentati ed estesi i trattamenti più favorevoli a tutte quelle categorie di lavoratori che sono stati esclusi e che, soprattutto, dovrebbero - e devono - rientrare in questo provvedimento.
I lavori usuranti - è vero - costano, ma non sono un problema del singolo. Qui non siamo di fronte a facili prepensionamenti, ma a lavori considerati usuranti e, quindi, devono essere adeguatamente riconosciuti e non possono non esserlo. Non siamo di fronte a condizioni parziali - è questo l'errore che molte volte si compie - ma a persone che per tutta la loro vita (o parte di essa), lavorano in condizioni particolari e che devono, quindi, essere considerate.
Non solo, un'altra questione deve essere sottolineata: i lavori usuranti sono connessi anche ad un altro problema molto importante, cioè quello della sicurezza sui luoghi di lavoro. Le morti bianche, infatti, ne sono un esempio e, poiché il numero delle morti per infortunio sul lavoro supera di gran lunga la media europea, il nostro Paese non può continuare a piangere vittime innocenti, travolte da terribili incidenti sul lavoro, e la politica e le istituzioni che le rappresentano non possono continuare ad apparire disorientate, timide ed impotenti di fronte a tali stragi. Non sono più sufficienti gli appelli e le generiche assunzioni di responsabilità. Vogliamo che ogni giorno diventi un bollettino di guerra? È questo che vogliamo? No, questo non può accadere in un Paese civile e democratico come il nostro e una Repubblica che, come sancisce l'articolo 1 della nostra Carta costituzionale, si fonda sul lavoro non può sicuramente prevedere ciò.
Occorre una tutela più sostanziale, in grado di assicurare la salute, la sicurezza e la dignità dei lavoratori in un modo più efficace, e nel modo più efficace possibile.
I temi della salute e della sicurezza devono essere considerati delle priorità e, quindi, essenzialmente, dev'essere fatto un lavoro per questo. Il testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che individui compiti, obblighi e responsabilità civili e penali per le aziende, non basta!
Si deve lavorare per promuovere definitivamente e per far crescere in maniera radicata nel Paese la cultura di responsabilità - ripeto, la cultura di responsabilità - ma di responsabilità sociale delle imprese, dove, al centro della visione strategica d'impresa, vi sia la volontà delle grandi, piccole e medie imprese di gestire efficacemente le problematiche di impatto sociale ed etico affinché, al loro interno e nelle zone di attività, di conseguenza, si realizzi il passaggio da una responsabilità singola o individuale ad una responsabilità collettiva. Sicuramente, ciò accompagnerebbe le istituzioni e le organizzazioni pubbliche e private in un percorso diPag. 70costruzione condivisa dove le giuste istanze economiche devono coniugarsi con le attenzioni sociali e ambientali nell'ottica di uno sviluppo sostenibile.
Ma non bastano solo le misure preventive, occorre un intervento efficace del Governo nazionale, volto ad intensificare i controlli cui sono deputati Stato e regioni, delineandone però, in modo specifico, le rispettive competenze ed evitando, così, inutili sovrapposizioni - il nostro è il Paese delle sovrapposizioni - e, quindi, questo è un tema essenziale e centrale, da non sottovalutare.
È importante, oggi, che il Governo si impegni, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, ad attuare gli strumenti necessari affinché la delega prevista dalla legge n. 247 del 2007 possa essere esercitata entro il 31 dicembre 2008, non solo per la tutela dei lavoratori usuranti, ma per la salvaguardia dei princìpi di responsabilità sociale dell'impresa, per l'aumento delle risorse destinate alla formazione (altro tema che, nel nostro Paese, è sottovalutato), e per recepire in materia di lavoro notturno il trattamento più favorevole ai lavoratori già presenti in alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro. Ed è per questo motivo che oggi, con questa mozione, chiediamo l'impegno del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero rassicurare - sia lei, signor Presidente, che i colleghi - che cercherò di essere molto più sintetico rispetto a chi mi ha preceduto.
Intervengo in merito alle mozioni in discussione, che riguardano un tema molto delicato, da un lato perché coinvolge lavoratori che sono soggetti ogni giorno, nella loro vita quotidiana, ad attività a rischio per la loro incolumità psicofisica, dall'altro lato perché i Governi che si sono succeduti in questo Paese, da tanti anni cercano di definire cosa sia un lavoro usurante, e questo sulla pelle dei nostri cittadini.
Tutto è cominciato nel 1992, per poi proseguire, nel 1995, con la riforma Dini. Precedentemente ho sentito accusare il precedente Governo Berlusconi di non essere stato solerte nell'agire in questa materia. Ricordo soltanto che, dal 1995, dove la riforma Dini prevedeva la definizione dei lavori usuranti in accordo con i sindacati (e, in mancanza di un parere dei sindacati, doveva essere lo stesso Ministero ad assumere decisioni al riguardo), si è dovuto aspettare il 1999 per avere, finalmente, una prima bozza di definizione.
Ma arriviamo al tema attuale, cioè il protocollo Welfare. In ordine a tale aspetto siamo molto in dubbio su quanto è stato fatto dal precedente Governo per due motivi. Il primo riguarda il fatto che questa conformità di vedute fra tutte le parti sociali non ci sembra così veritiera, in quanto leggo le dichiarazioni di un importante esponente di Confindustria, Bombassei, il quale dice: il provvedimento è elettoralistico; dopo tre mesi di silenzio del Ministro del lavoro, l'ex Ministro Damiano ci ha fatto vedere un testo molto diverso da quello che avevamo discusso nell'ambito dell'osservatorio che avrebbe dovuto varare questo importante provvedimento.
Si va ad incidere pesantemente sul futuro dei nostri lavoratori con delle promesse che sono difficili da mantenere anche a livello finanziario, perché se è vero che è stato fissato un tetto di spesa, è altrettanto vero che non è ancora ben chiaro il numero dei lavoratori interessati dal provvedimento. Ciò, come sottolinea ancora Bombassei, espone i conti pubblici a gravi rischi, in quanto ogni previsione risulta scarsamente attendibile.
Posso capire che gli esponenti politici del precedente Governo dovessero presentarsi all'elettorato con delle riforme concrete che cercassero di portare un vantaggio ai cittadini, ma credo che, concluso il periodo di campagna elettorale, si debba tornare a ragionare sulla base dei contiPag. 71reali del nostro Paese e non portare avanti delle promesse che non possiamo mantenere.
Per tale motivo, ritengo che il Governo debba riproporre una consultazione reale con le parti sociali, come sottolineato dai colleghi, e che quindi si possa giungere ad una soluzione della questione. Noi della Lega Nord, ad esempio, teniamo molto a considerare particolarmente usuranti lavori quali quello svolto dalle forze dell'ordine che operano sul territorio (quelle sul territorio, non quelle chiuse negli uffici): se non è lavoro usurante quello e lo è, invece, quello del conducente di autobus, vi è qualcosa che non funziona all'interno della proposta del precedente Governo.
La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio i colleghi per avermi ascoltato (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccuzzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCUZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei introdurre il mio intervento partendo dalla definizione stessa, dal termine lavori usuranti: sono i lavori che per la loro natura determinano nel lavoratore un progressivo logorio fisico e un deterioramento dell'organismo.
Dopo tanti tentativi andati a vuoto negli anni passati, il Governo Prodi ha varato nel mese di aprile la disciplina sui lavori usuranti, in attuazione del Protocollo del welfare. Sono convinto che la normativa debba essere approvata per gli impegni presi con le parti sociali, e che debba essere approvata senza ulteriori modifiche.
Entro, quindi, nel merito. Il testo ha in origine definito dei criteri, quali: l'attesa di vita al compimento dell'età pensionabile; la prevalenza della mansione usurante; la mancanza di possibilità di prevenzione; la compatibilità fisico-psichica in funzione dell'età; l'elevata frequenza degli infortuni, con particolare riferimento alle fasce di età superiore a 50 anni; l'età media della pensione di invalidità; il profilo ergonomico; l'esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici.
Occorre fare una distinzione, il cui confine è veramente labile (semmai ne esistesse uno), tra usura intesa in senso fisico e usura intesa dal punto di vista psicologico. È certo innegabile l'esistenza di entrambe le tipologie, ma credo sia prioritario definire una lista di lavori assolutamente usuranti dal punto di vista fisico, indipendentemente dal possibile prolungato stress psicologico: lavori in galleria, cave e miniere, lavori in cassoni ad aria compressa, lavori svolti da palombari, lavori ad alte temperature, lavoratori addetti alle linee di catena e conducenti di veicoli di capienza complessiva non inferiore a nove posti adibiti al servizio pubblico di trasporto collettivo.
Quanto al lavoro stressante dal punto di vista psicologico, il campo d'azione è davvero enorme: potenzialmente qualsiasi lavoro è psicologicamente stressante ed usurante, proprio per una caratteristica intrinseca del concetto di lavoro. Ci si è posti il problema dell'individuazione di uno o più criteri che fossero oggettivamente riconoscibili come i giusti parametri da utilizzare per inquadrare anche tale tipologia di lavori usuranti.
I lavori che coinvolgono più o meno pesantemente il fisico del lavoratore sono da considerare usuranti. I lavori psicologicamente stressanti vanno valutati tenendo conto di altri fattori, ad esempio gli orari lavorativi : lavorativi notturni, lavoratori impegnati in lavori a turni, lavoratori impegnati per l'intero anno lavorativo.
Come affermavo nella mia introduzione, il Governo Prodi, in fase di conclusione del suo mandato, ha consegnato all'attuale Governo questo importante provvedimento a vantaggio dei lavoratori e delle imprese. Esso è stato approvato e certificato, sotto il profilo dei costi previsti dal Protocollo sul welfare, dal Consiglio dei Ministri, dalla Conferenza Stato-regioni e dalla Commissione lavoro della Camera; mancava solo il parere della Commissione lavoro del Senato.
Tale provvedimento riconosce, finalmente, che la fatica nel lavoro dà diritto alle persone adibite a lavori usuranti ad anticipare la data della propria pensione.Pag. 72
È un decreto importante, perché sancisce il principio che i lavori non sono tutti uguali. Abbiamo il dovere di chiudere una vicenda ormai aperta da oltre dieci anni; è un patto dovuto al Paese, una misura che si inserisce in un complesso di misure che guardano alla sicurezza.
È il testo più avanzato nella legislazione europea! Anticipare la pensione, quando si fa per tutta la vita un lavoro molto faticoso e rischioso, vuol dire diminuire anche il numero degli infortuni e degli incidenti mortali sul posto di lavoro. È una misura che deve assolutamente essere condivisa. L'approvazione di questa delega è fondamentale; non vorremmo che questi tre miliardi di euro, che interessano i lavoratori che svolgono attività faticose sotto tutti i punti di vista, andassero verso un'altra direzione, non fossero spesi per una misura di grande utilità sociale. È assolutamente necessario che questa normativa moderna e civile venga immediatamente approvata. Vogliamo che il Governo non lasci cadere questa delega; sarebbe un vero e proprio delitto, se ciò accadesse!
Vorrei terminare con una considerazione di ordine più generale. A scorrere le ricostruzioni cronologiche del sistema pensionistico, si viene colti da una leggera vertigine. C'è stato un tempo in cui l'età legale per la pensione di vecchiaia, uguale per uomini e donne, era posta a 65 anni; era il 1919 e quello fu persino considerato un passo in avanti nella costruzione di un sistema di diritti prima inesistente. Il fascismo mantenne quel limite fino al 1939, consentendo un'uscita anticipata dal lavoro, sottoposta, però, a pesanti disincentivi; solo alla vigilia della guerra e in calo di consensi, lo ridusse a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne. Ora siamo all'inizio di un nuovo secolo, ma ascoltando le parole della maggioranza, di chi mi ha preceduto, sembriamo tornare sempre più spesso alla casella del «Via», come nel Monopoli. Ma questo non è un gioco di società (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, oggi abbiamo cominciato una discussione, certamente preziosa, su un tema delicato, al quale dobbiamo tutti attenzione, non solo per le considerazioni svolte dai colleghi in precedenza, in particolare dal collega Cazzola, ma anche in considerazione del fatto che il lavoro nel nostro Paese, in questi giorni, ma ormai da alcuni anni, è sottoposto anche allo stress continuo delle tragiche notizie che riceviamo per quanto attiene ai temi della sicurezza e degli incidenti sui luoghi di lavoro.
È indubbio che i lavori particolarmente faticosi sono ulteriormente esposti per quel che riguarda il rischio della salute e della sicurezza dei lavoratori. Abbiamo immaginato - e di questo ringraziamo il collega Cazzola, per aver predisposto il testo della mozione - un intervento che sollecita il Governo a non trascurare questo adempimento, in particolare a sostegno di una maggiore tutela di quel mondo dei lavoratori che non possiamo non considerare particolarmente debole per condizioni pratiche ed effettive. Siamo tutti chiamati ad una presa di posizione e ad una sollecitazione su questo tema, che, come giustamente osservavano prima alcuni colleghi, si trascina ormai dal 1992. Si tratta di una scelta che, senza ovviamente farsi condizionare dalle decisioni emergenziali, deve tener conto della tutela necessaria per i lavoratori addetti alle attività particolarmente faticose e pesanti.
Il decreto legislativo che individua i lavori specificatamente gravosi, i cui addetti possono andare in pensione anticipatamente, senza incorrere nel meccanismo degli scalini e delle quote, era stato presentato dal precedente Governo, dal Ministro Damiano, e approvato, per quanto attiene ai pareri che sono dovuti da parte delle Commissioni parlamentari, solamente dalla Commissione lavoro di questa Camera, e non aveva ricevuto il parere del Senato.
Il rischio quindi era quello di far scadere i termini della delega, che eranoPag. 73previsti al 31 maggio, senza aver condotto in porto le norme attuative. La copertura era stata individuata dalla Ragioneria generale dello Stato nell'ordine di circa 3 miliardi 800 milioni di euro nel corso dei dieci anni. Abbiamo quindi immediatamente attivato, per quanto attiene alle nostre competenze, la Commissione, e l'Ufficio di presidenza della Commissione ha formalmente chiesto al Ministro Sacconi di intervenire sul tema, non facendo scadere la delega. Gli impegni che il Ministro Sacconi ha preso pubblicamente ci hanno confortati, stante il fatto comunque che non vi era un veicolo legislativo che consentisse formalmente di prorogare la delega. Credo però che le mozioni in esame e questo dibattito troveranno certamente il Governo attento all'esigenza della proroga, o comunque a un intervento e a un riesame della questione nell'arco di questo anno; infatti, l'impegno che abbiamo chiesto tutti insieme al Governo è di poter addivenire ad una decisione e quindi ad un'approvazione del nuovo decreto legislativo, in conseguenza necessariamente di una nuova delega, e che si possa non dover attendere altri anni per avere una risposta positiva.
Detto questo, però, non possiamo non tener conto delle criticità che si sono manifestate su questo argomento, ed in particolare quelle relative al decreto legislativo che, come abbiamo visto, ha avuto una sua vicissitudine, nella predisposizione e nell'approvazione. Su tali criticità il Parlamento, quando il Governo gliene darà la possibilità attraverso una proposta, dovrà lavorare; il Governo, in particolare dovrà riattivare il filo della discussione con le parti sociali, perché i nodi da sciogliere non sono pochi.
La riapertura, quindi, di un dialogo sul tema dei lavori usuranti è una necessità che non può essere elusa. Nella precedente legislatura, come abbiamo detto, si è costruito un dibattito, non possiamo non sottolineare però il fatto che esso è stato condizionato da una maggioranza politica - quella che sosteneva il Governo Prodi - che aveva in sé numerose contraddizioni. Analizzando quindi la tempistica di tale intervento legislativo, il decreto, non avendo ottenuto i pareri prescritti, in particolare quello del Senato, non ha potuto avere un'approvazione definitiva. In base al Protocollo sul welfare del 23 luglio 2007 le concrete modalità di attuazione della nuova disciplina venivano affidate ad un'apposita commissione composta da Governo e parti sociali. Da notizie facilmente desumibili dal dibattito pubblico su questi argomenti, è risultato che quella commissione si è riunita fino a novembre e non siano vi sono poi più state convocazioni, fino a che il Governo ha presentato alle parti un testo sostanzialmente diverso rispetto all'esito del lavoro della commissione.
Altri aspetti sicuramente discutibili, sui quali era necessaria a nostro avviso una diversa formulazione del decreto legislativo in virtù delle norme che erano prescritte dalla delega, riguardano ad esempio la questione dell'allargamento della platea dei lavoratori considerati in orario notturno, laddove la legge vigente stabilisce un minimo di 80 notti all'anno. Lo schema legislativo ha rimodulato tale limite, in un arco che va dalle 64 alle 78 notti. Anche a tale proposito bisognerebbe poi valutare - lo farà sicuramente il Governo - qual è l'impatto del dispositivo; ma è indubbio che non si tratta di una questione di carattere ideologico: si tratta della sussistenza di una norma che stabilisce che tale status può esser riconosciuto solo laddove siano presenti le 80 notti. Quanto alla durata del periodo transitorio, i colleghi hanno già approfondito il tema.
Ma vi sono almeno due questioni politiche rilevanti che teniamo a sottolineare. La prima è relativa all'esclusione delle forze dell'ordine: oggi noi chiamiamo le forze dell'ordine ad uno sforzo ulteriore - lo abbiamo già fatto tante volte in passato - per la tenuta dell'ordine pubblico nel nostro Paese; pure, non riconosciamo loro la possibilità che chi ha effettivamente svolto mansioni con orari di lavoro particolarmente impegnativi acceda alla qualifica di lavoratore usurato. Peraltro, è necessario tener conto dei risvolti economico-finanziari di questa disciplina.Pag. 74
In secondo luogo, devo dire che non comprendiamo la motivazione per cui si è decisa una disparità di trattamento fra lavoratori subordinati e lavoratori autonomi, pur in presenza del medesimo tipo di attività usurante. A far la differenza è la natura contrattuale e non l'attività svolta: il che nasconde evidentemente un approccio ideologico all'argomento. Così, a titolo meramente esemplificativo, dalla platea dei destinatari del provvedimento sono esclusi i lavoratori autonomi operanti nell'autotrasporto. Tutto ciò profila perfino qualche dubbio di costituzionalità.
In conclusione, oltre a richiamarmi alle considerazioni svolte dai colleghi della maggioranza, quale presidente della Commissione lavoro non posso non sottolineare che la Commissione ha ritenuto all'unanimità di porre questa questione all'attenzione del Governo: e lo facciamo oggi attraverso mozioni che, se anche non sono convergenti, comunque pongono una medesima questione, e cioè che la delega sia prorogata - sia pur non per tempi eccessivamente lunghi: noi pensiamo alla fine di quest'anno - in modo che il Governo possa rivedere la materia, dando così una risposta ad una questione che attende soluzione dal 1992. Tutto ciò naturalmente deve essere fatto considerando, da un lato, gli equilibri di bilancio, ma, dall'altro, anche la fatica del lavoro: una fatica che - come dicevo prima - deve essere riconosciuta, e deve esserlo non da un punto di vista meramente ideologico, ma da un punto di vista reale, guardando alle mansioni che sono effettivamente svolte, sia dai lavoratori dipendenti, sia dai lavoratori autonomi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, senatore Viespoli.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, intervengo in maniera estremamente rapida - riservandomi però di esprimere successivamente il parere sulle mozioni - solo per raccogliere taluni degli spunti emersi nel dibattito e per esprimere sin d'ora una posizione chiara da parte del Governo. Noi siamo perfettamente consapevoli dell'importanza della questione che stiamo discutendo e siamo consapevoli che ad essa occorre dare una risposta: intendiamo dunque evitare che la delega resti inattuata e desideriamo invece - come è emerso anche nel dibattito - determinare le condizioni per una proroga che consenta di affrontare le questioni ancora aperte.
Mi consentirete di esprimere un concetto con chiarezza: noi non abbiamo l'ossessione di demolire; abbiamo l'ambizione di costruire. E questa ambizione di ricostruire si traduce nell'esigenza di affrontare - come correttamente è stato richiamato, ad iniziare dall'onorevole Damiano - una vicenda, quella che riguarda il valore del lavoro, che è di tali dimensione e portata che necessita di una riflessione che sia la più approfondita ed aperta possibile.
Si parla di equità; credo che oggi fare equità e muoversi su un terreno di equità significhi tener conto di un'esigenza di compatibilità finanziaria che non è solo una questione meramente di carattere finanziario, perché l'equità oggi è l'equità sociale e generazionale. In un Paese nel quale si registra una chiarissima divaricazione rispetto alla spesa sociale, in tema previdenziale questa attenzione e questo rigore contengono essi stessi un elemento di carattere sociale, perché mirano a collocare correttamente le risorse nel quadro, possibilmente, della critica che abbiamo rivolto al Protocollo sul welfare e nel quadro di recupero di un'equità generazionale che, purtroppo, ancora non riusciamo a raggiungere e ad avvicinare.Pag. 75
Con questo spirito affronteremo l'ulteriore prosieguo del dibattito parlamentare, nella consapevolezza - e concludo - che riaprire il dialogo su questa vicenda e su questa materia e farlo in un quadro concertativo che da più parti è stato sottolineato più ampio rispetto al passato corrisponda ad un'esigenza giusta e corretta. È verissimo che il lavoro del Protocollo e poi degli atti normativi che l'hanno concretizzato è frutto di concertazione, però credo sia arrivato il momento in cui tutti dobbiamo interrogarci sulla concertazione, sugli attori e sui soggetti della concertazione, e su quelli che bisogna ulteriormente coinvolgere in un dialogo che deve essere quanto più rappresentativo degli attori sociali e quanto più tale da evitare che si determini, come in alcuni casi si determina, una differenziazione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo.
Concludo quindi il mio brevissimo intervento ribadendo che, anche alla luce delle sollecitazioni che sono emerse dal dibattito parlamentare, il Governo si muoverà per fare in modo che quanto prima vi sia la possibilità di inserirsi in procedimenti legislativi per determinare la concretizzazione dell'obiettivo di prorogare i termini e consentire l'esercizio della delega, con gli approfondimenti necessari per un provvedimento che sia sostenibile sul piano finanziario e su quello sociale.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Per fatto personale (ore 21,05).

AMEDEO LABOCCETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. La ringrazio, signor Presidente. Ho grande stima per la sua persona, per la sua storia personale e per la sua cultura. Ella viene dalla storia democristiana di questo Paese, e De Gasperi ebbe a dire tanti anni fa in quest'Aula, rivolto ai banchi di destra: «cominciamo a conoscerci meglio». Mi permetto, allora, di dire alla Presidenza, alla sua persona ma, soprattutto, agli amici del centrosinistra: «cominciamo a conoscerci meglio». È vero infatti che sono un esordiente, ma conosco le regole della politica e, soprattutto, le regole del vivere civile. Non mi sarei mai permesso di chiedere la parola prima di un altro collega, se non fossi stato autorizzato dal collega e dalla Presidenza (cosa che ho fatto nel corso del dibattito che si è sviluppato fino a poco tempo fa).
Pertanto vorrei pregarla, signor Presidente, visto che Ella ha avuto la possibilità e l'amabilità di seguire ciò che definisco un chiarimento, un equivoco fra me e l'onorevole Margiotta; tale chiarimento si è svolto pochi minuti fa al di fuori dell'Aula ed esso è intervenuto fra me e il collega Margiotta. Per quanto mi riguarda ritengo la questione chiusa e superata.
Signor Presidente, la prego di confermare, se lo ritiene, in Assemblea se il colloquio al quale Ella ha assistito poc'anzi si è svolto nei termini che ho inteso riportare.

SALVATORE MARGIOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, intervengo solo per confermare rapidamente che in effetti è stato facile chiarire con il collega Laboccetta lo spiacevole equivoco che si era determinato e che non trova un colpevole né in lui né in me.

PRESIDENTE. A beneficio dei presenti - che non sono molti, ma intendo farlo lo stesso - leggo l'articolo 36, comma 2 del Regolamento: «È consentito lo scambio di turno tra i deputati (...)».
Pertanto, l'onorevole Laboccetta può scambiare il proprio turno di intervento con l'onorevole Margiotta. Tuttavia, si tratta di uno scambio di turno. Conseguentemente, chi accetta lo scambio di turno prende il posto che aveva l'altro deputato e perciò non come voi avetePag. 76ritenuto, vale a dire che si scalava solo di un posto. In realtà, si retrocede fino al punto in cui si trova il deputato con cui è stato effettuato lo scambio di turno. Tenetelo a mente per eventuali, futuri scambi di turno di intervento. Nessun dolo da parte di alcuno, ma solo un equivoco che è stato felicemente chiarito.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per le questioni regionali (ore 21,08).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato della Repubblica in data 12 giugno 2008 ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per le questioni regionali il senatore Chiurazzi, in sostituzione della senatrice Bianchi, dimissionaria.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 17 giugno 2008, alle 11:

1 - Informativa urgente del Governo sul tragico incidente sul lavoro verificatosi in provincia di Catania, che ha causato la morte di sei persone.

(ore 15)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile (1145-A).
- Relatore: Ghiglia.

3. - Seguito della discussione delle mozioni Damiano ed altri n. 1-00006, Cazzola ed altri n. 1-00012, Delfino ed altri n. 1-00013 e Paladini e Donadi n. 1-00014 concernenti iniziative relative alla delega legislativa in materia di lavori usuranti.

La seduta termina alle 21,10.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ALESSANDRO BRATTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1145-A

ALESSANDRO BRATTI. Prima di entrare in una disamina del decreto io credo sia importante avere un quadro generale della situazione nel nostro Paese riguardo alla gestione dei rifiuti e alcuni dati recenti rispetto all'illegalità ambientale relativa a questo settore.
La produzione nazionale di rifiuti urbani si attesta, nell'anno 2006, a 32,5 milioni di tonnellate con un incremento, rispetto al 2005, superiore al 2,7 per cento (quasi 860 mila tonnellate).
Tra il 2000 ed il 2006 la produzione nazionale è cresciuta del 12,3 per cento circa.
Nell'ultimo anno l'aumento più consistente, a differenza di quanto riscontrato nelle precedenti rilevazioni, si osserva per il nord Italia la cui produzione cresce del 3 per cento circa, a fronte di incrementi, per il Centro ed il Sud, rispettivamente pari all'1,8 per cento ed al 2,9 per cento circa.
Mettendo in relazione la produzione dei rifiuti urbani con i principali indicatori socio-economici, quali consumi delle famiglie e prodotto interno lordo, si evidenzia, dal 2004 in poi, un incremento più sostenuto della produzione dei rifiuti urbani rispetto al PIL ed alle spese delle famiglie. In particolare, il prodotto interno lordo cresce, tra il 2003 ed il 2006, del 3,2 per cento circa e le spese delle famiglie del 2,9 per cento, a fronte di un incremento percentuale della produzione dei rifiuti urbani dell'8,3 per cento circa.
Tali dati evidenziano la necessità di interventi concreti che si collochino semprePag. 77più alla fonte, agendo sulla progettazione dei prodotti, sui cicli di produzione e sulla promozione di consumi sostenibili.
Una risposta positiva alle pressioni esercitate dai rifiuti sull'ambiente è data dalla raccolta differenziata che, nel 2006, raggiunge, a livello nazionale, una percentuale pari al 25,8 per cento della produzione totale dei rifiuti urbani.
La situazione appare, tuttavia, decisamente diversificata passando da una macroarea geografica all'altra; infatti, mentre il Nord, con un tasso di raccolta pari al 39,9 per cento, raggiunge, in pratica, con un anno di anticipo, l'obiettivo del 2007, il Centro ed il Sud, con percentuali, rispettivamente, pari al 20,0 per cento ed al 10,2 per cento, risultano ancora decisamente lontani da tale obiettivo.
L'analisi dei dati relativi alla gestione dei rifiuti urbani, nell'anno 2006, mostra, ancora, una riduzione del ricorso alla discarica Il ricorso alle altre forme di gestione appare abbastanza stabile: l'incenerimento registra una diminuzione dello 0,1 per cento, mentre il trattamento meccanico biologico ed il compostaggio da matrici selezionate aumentano, rispettivamente, dello 0,6 per cento e dello 0,2 per cento.
Lo smaltimento in discarica, che nell'arco del quinquennio esaminato passa dal 59,5 per cento al 47,9 per cento, si conferma la forma di gestione più diffusa. L'incenerimento vede crescere, nel 2006, del 3,1 per cento, la quota di rifiuti trattati. Allo stato dell'arte esistono 50 impianti di cui 7 nel Sud e 5 al Centro e il resto al Nord (Lombardia e Emilia 13 e 8 rispettivamente).
La quantità totale di rifiuti speciali prodotta in Italia nel 2005 è pari a oltre 107,5 milioni di tonnellate, di cui 55,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, 5,9 milioni di tonnellate di rifiuti speciali pericolosi e circa 46 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e demolizione.
La produzione di rifiuti speciali risulta essere maggiore al Nord con una percentuale del 62,1 per cento; il Centro ed il Sud si attestano, rispettivamente, al 16,7 per cento e al 21,2 per cento. Tale situazione è riconducibile alla maggiore concentrazione di impianti produttivi nel nord del Paese.
In sintesi il nostro Paese si è sempre caratterizzato per l'arretrato sistema di gestione dei rifiuti e si dimostra un Paese a tre velocità sia per quel che riguarda la percentuale di materia recuperata che la dotazione impiantistica Sono ancora cinque le regioni in grave difficoltà nella gestione dei rifiuti (Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia), ma anche in alcune Regioni del Nord è necessario al più presto realizzare una dotazione impiantistica idonea per evitare un'eventuale emergenza (Piemonte, Liguria, Trentino, Toscana).
È estremamente grave il quadro sulla gestione dei rifiuti speciali e pericolosi. Ben 26 milioni di tonnellate di rifiuti speciali sono scomparsi nel nulla nel 2004, mentre al coinvolgimento delle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa da parte delle ecomafie, negli ultimi anni, si è aggiunto il ruolo centrale del resto del Paese, considerato finora poco interessato dal fenomeno e teatro invece di imponenti smaltimenti illeciti operati dalla criminalità ambientale. Sparisce nel nulla una montagna di rifiuti speciali alta poco meno di duemila metri.
I clan dell'ecomafia salgono a 239 (36 in più rispetto allo scorso anno) e il loro giro d'affari stimato per il 2007 si attesta sui 18 miliardi e 400 milioni di euro (quasi un quinto del business totale annuo delle mafie) pur contraendosi rispetto all'anno precedente di circa 4,4 miliardi di euro.
Il bilancio dell'anno appena trascorso descritto nel Rapporto Ecomafia di Legambiente è di 83 reati contro l'ambiente al giorno: oltre 3 reati all'ora. Gli illeciti accertati dalle forze dell'ordine nel corso del 2007 sono 30.124, il 27,3 per cento in più rispetto al 2006; le persone denunciate 22.069, con un incremento del 9,7 per cento; i sequestri effettuati 9.074 (più 19 per cento rispetto al 2006). La Campania occupa stabilmente il primo posto nella classifica dell'illegalità ambientale, seguita dalla Calabria. In queste due regioni si concentra il 30 per cento degli illeciti registrati in tutta Italia. Al terzo posto siPag. 78trova la Puglia, seguita dal Lazio e dalla Sicilia. La prima regione del Nord come numero di infrazioni è la Liguria. Alla dimensione globale dell'ecomafia è dedicata un'ampia sezione del Rapporto: dall'Italia escono rifiuti verso Hong Kong, la Tunisia, il Pakistan, il Senegal, la Cina, ed entrano rifiuti dalla Croazia, dalla Serbia, dall'Albania.
I reati accertati dalle forze dell'ordine nel 2007 per violazione alla normativa sui rifiuti sono oltre 4800, il 36 per cento dei quali commessi nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Per illegalità nel ciclo dei rifiuti è sempre in testa la Campania, dove lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, spesso di provenienza extraregionale, si è sommato alla catastrofica gestione commissariale di quelli urbani. Un balzo in avanti colloca, invece, il Veneto al secondo posto (era sesto lo scorso anno), confermando lo spostamento verso nord del baricentro di questi traffici, non solo come zona di procacciamento degli scarti industriali smaltiti illegalmente nelle regioni centrali e meridionali d'Italia ma anche come sito finale. La Puglia mantiene saldamente il terzo posto dello scorso anno, e il Foggiano si conferma una terra dove si scaricano illegalmente nei terreni agricoli i rifiuti prodotti dal centro nord, scorie sempre più spesso spacciate per compost.
Il fatturato dell'ecomafia indica, però, un'inversione di tendenza: diminuisce il giro d'affari relativo sia alla gestione illecita dei rifiuti, sia all'abusivismo edilizio (meno 1,4 miliardi di euro nel primo caso; circa 136 milioni di euro in meno per il mattone illegale). Una contrazione attribuibile all'efficacia dell'attività di prevenzione e repressione messa in campo dalle forze dell'ordine, in particolare dal comando tutela ambiente dei Carabinieri e dal Corpo forestale. Il 2007 detiene, infatti, il record di inchieste contro i trafficanti di veleni. Grazie all'applicazione dell'articolo 260 del Codice dell'ambiente, che introduce il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, sono 96 le indagini condotte fino a marzo 2008 (ad oggi le inchieste sono 103). L'azione di contrasto sviluppata grazie all'introduzione di questo reato è stata davvero impressionante: dal gennaio 2002 al marzo 2008 sono state 600 le ordinanze di custodia cautelare emesse, 2.196 le persone denunciate, 520 le aziende coinvolte.