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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 11 di giovedì 29 maggio 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9,20.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Bonaiuti, Brancher, Buttiglione, Casero, Colucci, Cossiga, Cota, Crimi, Crosetto, Donadi, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Meloni, Rigoni, Roccella, Ronchi, Saglia, Soro, Stucchi, Urso, Valducci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (A.C. 6) (ore 9,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Ricordo che nella seduta del 28 maggio si è concluso l'esame delle proposte emendative.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 6)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 6).
Avverto che l'ordine del giorno Mura n. 9/6/25 è stato ritirato dai presentatori; avverto altresì che è in distribuzione la nuova formulazione dell'ordine del giorno Palagiano n. 9/6/17.
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Volpi n. 9/6/1, Moffa n. 9/6/2, Stradella n. 9/6/3, Paladini n. 9/6/4, Cimadoro n. 9/6/5 e Cambursano n. 9/6/6, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Borghesi n. 9/6/7. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Scilipoti n. 9/6/8, Barbato n. 9/6/9 e Razzi n. 9/6/10, mentre esprime parere contrario sugli ordini del giorno Zazzera n. 9/6/11 e Misiti n. 9/6/12. Il Governo esprime altresì parere favorevole sull'ordine del giorno Favia n. 9/6/13, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Rota n. 9/6/14. Il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Leoluca Orlando n. 9/6/15 e Touadi n. 9/6/16, mentre esprime parere contrarioPag. 2sugli ordini del giorno Palagiano n. 9/6/17 (Nuova formulazione), Donadi n. 9/6/18 e Di Giuseppe n. 9/6/19. Il Governo esprime altresì parere favorevole sull'ordine del giorno Costantini n. 9/6/20, mentre esprime parere contrario sugli ordini del giorno Giulietti n. 9/6/21, Aniello Formisano n. 9/6/22 e Messina n. 9/6/23.
Il Governo esprime parere favorevole inoltre sull'ordine del giorno Monai n. 9/6/24, mentre esprime parere contrario sugli ordini del giorno Palomba n. 9/6/26 e Piffari n. 9/6/27. Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Pisicchio n. 9/6/28, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Porcino n. 9/6/29 (Nuova formulazione). Il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Porfidia n. 9/6/30, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Beltrandi n. 9/6/31. Infine, il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Esposito n. 9/6/32 e Cota n. 9/6/33, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Di Pietro n. 9/6/34.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,30).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 6)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine del giorno n. 9/6/26 che reca la mia prima firma, di cui leggo brevemente il dispositivo: «impegna il Governo ad intervenire in maniera seria e concreta per risolvere in tempi brevissimi, così come più volte promesso, l'emergenza rifiuti nella regione Campania, e per evitare che tale emergenza possa ripetersi e coinvolgere altre regioni; a presentare un piano di interventi organici e strutturali finalizzati a risolvere definitivamente nel nostro Paese il rischio dell'emergenza rifiuti; a prendere le iniziative necessarie perché si affermi diffusamente su tutto il territorio una gestione nello smaltimento dei rifiuti razionale, incentrata sulla raccolta differenziata e su tutte le procedure eco-compatibili già da tempo in uso in molti altri Paesi europei».
Potrebbe sembrare che questo invito al Governo sia tratto da una delle sue dichiarazioni programmatiche. Oggi prendo atto che il Governo stesso è contrario al mio ordine del giorno n. 9/6/26 e, quindi, probabilmente non ritiene necessario adoperarsi per risolvere l'emergenza rifiuti, né diffondere la cultura della raccolta differenziata e dello smaltimento dei rifiuti. Prendiamo atto che il Governo, respingendo l'ordine del giorno in esame, non intende fare niente per risolvere l'emergenza rifiuti. Credo che il parere negativo sia frutto esclusivamente di una svista, perché, se così non fosse, dovremmo dubitare seriamente dell'effettiva volontà del Governo di risolvere tale problema.
Ministro Ronchi, mi aiuti a capire questo arcano e perché il mio ordine del giorno, sul quale ho chiesto al Governo un impegno nel senso adesso pronunciato, oggi non è stato accettato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, rimango un po' amareggiato e stupito per il fatto che il Governo non abbia accettato l'ordine del giorno Messina n. 9/6/23, che sostanzialmente contiene la richiesta di dare esecuzione, nei tempi e nei modi che il Governo e il Parlamento vorranno individuare,Pag. 3alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 31 gennaio 2008 in materia radiotelevisiva.
Da due giorni abbiamo discusso articolatamente, in quest'Aula, della necessità di non eludere la statuizione in materia radiotelevisiva che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha ufficializzato ripetutamente, non da ultimo il 31 gennaio 2008. Se il Governo, adesso, ci dice che non ha intenzione di dare attuazione alla sentenza getta un'ombra lunga e una sinistra prospettazione rispetto ad un impegno di adeguamento del nostro ordinamento interno a quei principi che dovrebbero costituire humus comune e fecondo di relazioni internazionali.
Mi auguro, pertanto, che il Governo maturi una diversa opinione sui doverosi atteggiamenti verso l'Unione europea. Se così non dovesse essere, confido che quanto meno l'Aula, nel voto che ci accingiamo ad esprimere, sia orientata nel senso di dare esecuzione alla sentenza, ancorché l'ordine del giorno Messina n. 9/6/23 lasci ancora indefiniti la modalità, i tempi e i modi con cui attuare la sentenza citata.

PRESIDENTE. Prego i colleghi che intendono intervenire sugli ordini del giorno di farlo ora durante il decorso del termine di preavviso per le votazioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine del giorno n. 9/6/31 a mia prima firma, con riferimento al quale il Governo ha espresso parere contrario. Insisterò perché venga messo ai voti, perché con il mio ordine del giorno ho voluto offrire al Governo la possibilità di risolvere la questione di Europa 7, senza mettere vincoli eccessivamente rigidi in ordine alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 31 gennaio 2008 (che, come ricordavo ieri, è interpretativa e non immediatamente esecutiva) e, al tempo stesso, dando al Governo la possibilità di trovare una soluzione che consenta di non spegnere alcuna rete e di assegnare ad Europa 7 le frequenze che la stessa non ha mai avuto.
Devo ritenere, pertanto, che il parere negativo sul mio ordine del giorno - sul quale, ripeto, insisterò per la votazione - è la conferma definitiva che il Governo non intende in alcun modo far farsi carico della questione sollevata dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee riguardante Europa 7.
Mi dispiace, ma questo ordine del giorno serviva proprio a stanare le intenzione dell'Esecutivo e mi auguro che, invece, i colleghi vorranno votarlo, come noi radicali del Partito Democratico, a nostra volta, voteremo l'ordine del giorno Messina n. 9/6/23.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Concia. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine del giorno n. 9/6/33 che riguarda l'articolo aggiuntivo 8.01 (Nuova formulazione) del Governo approvato nei giorni scorsi e che affronta il tema della parità di trattamento tra persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica per preannunziare che ci asterremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Vorrei richiamare l'attenzione del Ministro Ronchi sull'ordine del giorno n. 9/6/5, a prima firma Cimadoro. Signor Presidente, in questo ordine del giorno, ad un certo punto è previsto di attuare completamente la direttiva 91/676/CEE, la famosa «direttiva nitrati». Per chi non lo sapesse, questa direttiva ha causato e sta causando molti problemi per la nostra agricoltura, visto che nel 1991 era stata adottata in maniera particolare per l'agricoltura e per i terreni del Nord Europa. Questa direttiva, che ha avuto un percorso molto accidentato, sta producendo alcuni effetti. Già nel nostroPag. 4programma elettorale si era detto di dare mandato ai prossimi Ministri delle politiche comunitarie, delle politiche agricole e dell'ambiente di tentare di rivedere i parametri che questa direttiva impone.
Signor Ministro Ronchi, ho la sensazione che avere accettato incondizionatamente questo ordine del giorno e, in maniera particolare, questa direttiva creerà ulteriori problemi.
Quindi, pregherei anche il collega Cimadoro - non so se è presente in Aula - che è il primo firmatario di questo ordine del giorno, visto che abita in una zona particolare, nella pianura padana, dove questa direttiva, per il sistema di allevamento che abbiamo nelle nostre zone, crea - come dicevo prima - notevolissimi problemi, di considerare la possibilità di eliminare questa parte dall'ordine del giorno in questione, per dare la possibilità ai Ministri per le politiche europee, delle politiche agricole e dell'ambiente di rivolgersi alla Commissione europea a Bruxelles per tentare di riformulare i parametri di questa direttiva. È un problema ormai annoso, che in qualche maniera avevamo cercato di risolvere. Comunque, pregherei il signor Ministro di valutare la questione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, nel prendere atto che il Governo ha accettato il nostro ordine del giorno n. 9/6/2, nel quale è stato trasfuso il contenuto di un mio emendamento, intervengo - perché credo sia opportuno - per ribadirne ancora l'importanza. Mi appello alla sensibilità del Ministro Vito, affinché, in sede di legge comunitaria, non dimentichi l'impegno preso di trasformare la sanzione amministrativa in sanzione pecuniaria.
Tutto ciò è di vitale importanza per il mondo della pesca. Poiché un ordine del giorno, come si dice in gergo politico, non si nega a nessuno, non vorrei che fosse soltanto un non negare qualcosa a qualcuno. Vorrei che questo ordine del giorno fosse un impegno serio - così come verbalmente ne abbiamo discusso con il Ministro Vito - a trasformare realmente il regime sanzionatorio: da una sospensione dell'attività della pesca in sanzione amministrativa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dima. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIMA. Signor Presidente, mi riferisco ovviamente all'ordine del giorno di cui ha già parlato la collega Anna Teresa Formisano. Ringrazio il Governo per aver accolto questa nostra proposta e approfittando della presenza in Aula del ministro Ronchi, mi auguro che, in preparazione della legge comunitaria, venga accelerato l'iter delle norme necessarie per definire questo percorso. Avevamo sollecitato, insieme a tanti colleghi, soprattutto a quelli del sud che hanno avuto modo di sentire e ascoltare le marinerie in agitazione, di promuovere questo ordine del giorno proprio per stimolare l'attenzione del Governo. Alla luce di tutto ciò, siamo certi che in questa direzione il Governo favorirà il percorso volto a risolvere questa problematica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei invitare il Ministro e il Governo a riconsiderare il parere contrario sull'ordine del giorno Di Pietro n. 9/6/34, di cui sono firmatario, che in definitiva ha il solo scopo di impegnare il Governo ad adottare provvedimenti necessari a dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Chiederemo che questo ordine del giorno venga messo ai voti, ma il fatto che il Governo esprima parere negativo su un ordine del giorno che in definitiva sappiamo dalla prassi parlamentare è un impegno nonPag. 5così vincolante da costringere poi, parola per parola, a seguire l'articolato dell'impegno, mi pare abbia un significato politico non indifferente. Tutto ciò significa, a contrario, che il Governo non ha alcuna intenzione di prendere un provvedimento che dia attuazione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Ritengo di dover interpretare in questo modo il parere contrario del Governo e, quindi, lo invito veramente a dirci se non vuole dare attuazione alla sentenza della Corte, perché così almeno facciamo chiarezza su questo punto.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, onorevole Palomba, per quanto riguarda il suo ordine del giorno n. 9/6/26, il Governo la invita al ritiro, in quanto, come lei sa, sulla materia il Governo è già intervenuto nel recente decreto-legge nel pieno rispetto della normativa comunitaria. Ritengo, quindi, che le sue perplessità e le sue obiezioni possano essere così soddisfatte.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedono all'invito al ritiro formulato dal rappresentante del Governo.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, prendo atto, quindi, che non vi è una sostanziale divergenza rispetto all'invito rivolto al Governo e quindi ritiro il mio ordine del giorno n. 9/6/26.

PRESIDENTE. Sta bene.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA RONCHI, Ministro per le politiche europee. Signor Presidente, in merito all'ordine del giorno Cimadoro n. 9/6/5 il Governo ha espresso parere favorevole - intendo così replicare all'onorevole Dozzo - soltanto per quanto riguarda il dispositivo. Anche l'onorevole Beccalossi mi aveva sottolineato questa esigenza e spero così di essere venuto incontro alle vostre perplessità.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che il parere del Governo sull'ordine del giorno Cimadoro n. 9/6/5 è favorevole soltanto nella parte relativa al dispositivo.
Avverto che sono stati ritirati dai presentatori gli ordini del giorno Borghesi n. 9/6/7, Zazzera n. 9/6/11, Misiti n. 9/6/12, Rota n. 9/6/14, Palagiano n. 9/6/17 (Nuova formulazione), Donadi n. 9/6/18, Di Giuseppe n. 9/6/19, Giulietti n. 9/6/21, Aniello Formisano n. 9/6/22, Palomba n. 9/6/26 e Porcino n. 9/6/29 (Nuova formulazione).

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, avevo chiesto al Governo di riconsiderare la decisione - ho sentito rispondere ad altri interventi - perché volevo capire se con il parere contrario all'ordine del giorno in questione il Governo intende non dare attuazione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Allora, vorrei capire se vi è una correlazione diretta tra il parere contrario sul suddetto ordine del giorno e l'attuazione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee.

PRESIDENTE. Sta bene.
Rimangono dunque gli ordini del giorno Volpi n. 9/6/1, Moffa n. 9/6/2, Stradella n. 9/6/3, Paladini n. 9/6/4, Cimadoro n. 9/6/5, Cambursano n. 9/6/6, Scilipoti n. 9/6/8, Barbato n. 9/6/9, Razzi n. 9/6/10, Favia n. 9/6/13, Leoluca Orlando n. 9/6/15, Touadi n. 9/6/16, Costantini n. 9/6/20, Messina n. 9/6/23, Monai n. 9/6/24, Piffari n. 9/6/27, Pisicchio n. 9/6/28,Pag. 6Porfidia n. 9/6/30, Beltrandi n. 9/6/31, Esposito n. 9/6/32, Cota n. 9/6/33 e Di Pietro n. 9/6/34.
Onorevole Volpi, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/1, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole?

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che l'onorevole Moffa non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/2, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.

NICOLÒ CRISTALDI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, per parere favorevole si intende che l'ordine del giorno è stato accolto dal Governo?

PRESIDENTE. Certamente, non vedo come possa intendersi qualcosa di diverso.
Onorevole Stradella, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/3?

FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Paladini non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/4, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo atto che l'onorevole Cimadoro non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/5, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole limitatamente al dispositivo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Cambursano n. 9/6/6, Scilipoti n. 9/6/8, Barbato n. 9/6/9, Razzi n. 9/6/10, Favia n. 9/6/13, Leoluca Orlando n. 9/6/15, Touadi n. 9/6/16, Costantini n. 9/6/20, sui quali il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo atto che l'onorevole Messina insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/23, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Messina n. 9/6/23, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 459
Votanti 457
Astenuti 2
Maggioranza 229
Hanno votato
222
Hanno votato
no 235).

Prendo atto che il deputato Sarubbi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare.
Prendo atto che l'onorevole Monai non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/24, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione dell'ordine del giorno Piffari n. 9/6/27, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Piffari n. 9/6/27, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Pag. 7

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 470
Votanti 468
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato
231
Hanno votato
no 237).

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Pisicchio n. 9/6/28 e Porfidia n. 9/6/30, sui quali il Governo ha espresso parere favorevole.
Chiedo all'onorevole Beltrandi se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/6/31, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.

MARCO BELTRANDI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Beltrandi n. 9/6/31, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 480
Votanti 476
Astenuti 4
Maggioranza 239
Hanno votato
234
Hanno votato
no 242).

Prendo atto che i deputati Biasotti, Ruben e Scandroglio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Esposito n. 9/6/32 e Cota n. 9/6/33, sui quali il Governo ha espresso parere favorevole.
Prendo altresì atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Pietro n. 9/6/34, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Poiché, come lei potrà osservare, in sede di votazione vi sono parecchie luci rosse senza che al di sopra di quelle luci... chiederei la verifica delle tessere di votazione.

PRESIDENTE. Invito i deputati segretari a verificare che il voto sia espresso dal deputato titolare della scheda di votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Pietro n. 9/6/34, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 469
Votanti 448
Astenuti 21
Maggioranza 225
Hanno votato
209
Hanno votato
no 239).

Prendo atto che i deputati Ruben e Volpi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Mancuso ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno conttrario.
Così come deciso ieri dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, le dichiarazioni di voto sul disegno di legge di conversionePag. 8n. 6, inizieranno alle ore 10,45 con ripresa televisiva.
Sospendo pertanto la seduta.

La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 10,45.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 6)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che, a seguito della riunione dei presidenti di gruppo di ieri, è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e dei rappresentanti delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sardelli, al quale ricordo che ha sette minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, la conversione del decreto-legge di attuazione degli obblighi comunitari ed esecuzione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, decreto-legge presentato dal precedente Governo, ha avuto un percorso parlamentare complesso e contrastato, a nostro avviso per due ordini di ragioni: da una parte, un'impostazione molto burocratica e lobbistica degli organi di controllo e decisione della Commissione europea, con forti penalizzazioni per la nostra pesca e per gli interessi delle lobby delle multinazionali, che hanno regolamentato le normative sul cioccolato; questi sono gli esempi di quanto sia stata debole l'azione del precedente Governo rispetto alla Commissione europea.
Signor Ministro, l'Europa, di cui il nostro Paese è uno dei fondatori e dei principali contribuenti, non può annullare le specificità territoriali della nostra economia. Colpire le nostre aziende artigiane del cioccolato ed i nostri piccoli imprenditori del settore ittico di Mazara del Vallo, di Molfetta e di Salerno, significa aggredire le specificità economiche e territoriali del nostro Paese. Non è necessario che ricordi a voi che l'ossatura economica dell'Italia è costituita dalla piccola e media impresa.
Pertanto, noi del Movimento per l'Autonomia, che ci battiamo per difendere queste identità culturali ed economiche del nostro Meridione, chiediamo al Governo di riconsiderare, sia nella legge comunitaria che predisporremo il prossimo mese, sia nel rapporto quotidiano con la Commissione europea, maggiori spazi di autonomia per l'Italia. L'Europa non può e non deve essere una camicia di forza, né tantomeno uno strumento di lobby voraci, ma un terreno di confronto e un'opportunità di crescita per i diversi territori che la compongono. È quindi un impegno del nostro Governo nazionale, far rispettare i nostri territori e difendere le realtà locali che si vanno impoverendo.
Le parole chiave, a questo punto, devono essere la ricontrattazione e la riconsiderazione di competenze e ruoli dell'Europa, rispetto all'identità degli Stati membri. Certo, questo aspetto importante che ho sottolineato è stato sottostimato a causa della querelle che si è svolta in Assemblea sulla proposta emendativa presentata dal Governo per definire, dal punto di vista temporale, la validità delle licenze per l'emittenza. Abbiamo discusso a lungo se la proposta emendativa fosse finalizzata o meno a salvare una delle reti Mediaset, ma abbiamo perso l'occasione di affrontare il nodo vero del sistema pubblico e privato televisivo nazionale.
Se le azioni Mediaset hanno perso, in un anno, come affermava qualcuno in quest'Aula, più di un terzo del loro valore, se la televisione di Stato registra un calo di ascolti e una gestione inadeguata, con larghe fasce di inefficienze e sprechi, come pensiamo che l'attuale Parlamento possa affrontare la crisi, ormai evidente, del sistema televisivo? Voglio ricordare che tale settore muove un'economia intorno ai cinque miliardi di euro, coinvolge direttamente e indirettamente centinaia di migliaia di lavoratori e, con la pubblicità, accompagna e sostiene la crescita delle nostre imprese.Pag. 9
Rispetto a tali dati e alla crisi attraversata dal settore - anche per l'emergere di nuovi attori, quali appunto la televisione digitale - mi chiedo e vi chiedo quali sono le risposte che il Parlamento vuole dare, considerata l'importanza culturale ed economica del settore e considerato che la televisione di Stato ha un consiglio di amministrazione eletto in gran parte dalla Commissione parlamentare di vigilanza. Capite bene che il coinvolgimento è diretto.
In questo rinnovato clima politico, bisogna affrontare con determinazione questi nodi e quindi avere il coraggio di discutere di soluzioni concrete e innovative. Va ridimensionato il duopolio, portando Retequattro sul digitale o privatizzando una rete RAI o privatizzando tutta la RAI. Chiediamoci come possiamo immettere innovazione e competizione nel settore. Su un punto noi autonomisti siamo assolutamente d'accordo: o la RAI e il servizio pubblico si aprono ai territori, potenziando le reti regionali e dando spazio alle diverse identità e realtà territoriali, oppure la RAI svolge un servizio pubblico non degno di questo nome, che non ha ragion d'essere.
Siamo preoccupati per i venti di recessione che spirano verso l'Europa, che incideranno - ed incidono - sugli introiti della pubblicità e che potranno scatenare una crisi di dimensioni enormi in questo settore.
Egregi colleghi, i dati pubblicati ieri dall'ISTAT parlano ad alta voce di un'Italia povera, impoverita ed in grave difficoltà, di un preoccupante numero di famiglie che hanno difficoltà a sopravvivere, di un divario tra nord e sud che continua ad allargarsi e di una distanza sempre maggiore tra gli elettori e gli eletti. È tempo di scelte difficili e coraggiose. Questa sintonia tra maggioranza e opposizione, quindi, non può limitarsi ad un bon ton d'Aula - quando vi è - oppure a riforme istituzionali, ma deve trovare nelle questioni importanti del nostro Paese un terreno di confronto. Il sistema televisivo nazionale è un patrimonio: sia la RAI che Mediaset lo sono, come lo sono l'ENI, l'ENEL, la Finmeccanica, la FIAT, l'Alitalia, i pescatori di Molfetta, di Mazara del Vallo, gli artigiani del cioccolato o anche il mondo delle cooperative. Tali settori non vanno aggrediti con posizioni preconcette o pregiudiziali.
L'intesa bipartisan, quindi, non può servire a realizzare le riforme istituzionali, semplificando con un artificio legislativo il sistema politico e poi ritrovare nelle piazze e nelle strade quel conflitto che abbiamo sottratto al Parlamento; né possiamo utilizzare la televisione di Stato, perché i partiti conservino un consenso che stanno perdendo fra la gente. Quindi, meno nominati e più eletti, caro Presidente, anche rispetto alla prossima campagna elettorale europea.
Noi rappresentiamo il sud, che non è solo un territorio, ma uno spazio economico e sociale, occupato - come affermavo in precedenza - dagli artigiani del cioccolato, dai pescatori del sud, dalle famiglie monoreddito, che devono pagare sempre di più la benzina e il canone autostradale. Per tale motivo, noi chiediamo a questo Governo, nei prossimi mesi, più sud e più interesse per la povera gente e per i territori della nostra Italia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio dei ministri, anche se non è presente mi rivolgo a lei, perché in questo disegno di legge di conversione da approvare lei ha inserito norme che servivano - e che servono - a lei. Pertanto, è a lei che devo rivolgermi.
Solo pochi giorni fa lei, signor Presidente del Consiglio dei ministri che non c'è, ha chiesto la fiducia, sostenendo che «se po' fa'», cercando così di ammiccare sinuosamente ad una parte di questo emiciclo. In realtà, signor Presidente del Consiglio dei ministri, noi le diciamo in modo molto chiaro: «nun se po' fa'»! Non si puòPag. 10fare così! Lei non può pensare di continuare ad usare impunemente e spudoratamente le istituzioni per farsi fare le leggi che piacciono e servono a lei. Lei, signor Presidente del Consiglio dei ministri che non c'è, già nella scorsa legislatura ha abusato del suo ruolo e delle sue funzioni per piegare le leggi ai suoi interessi: allora di tipo giudiziario - con le famose leggi ad personam che le hanno permesso «zigzagare» fra i processi, fino a raggiungere l'impunità - ed oggi di tipo imprenditoriale, con almeno una «doppietta» di proposte emendative davvero significative: la «salva Retequattro» e la «pedaggio selvaggio» delle reti autostradali.
Tutti i suoi cantori, dentro e fuori il Parlamento, tutte le sue televisioni, i suoi giornali, tutti i suoi mass media in questi giorni si sono sgolati nel sostenere che la norma voluta dal Governo in materia radiotelevisiva non c'entrava - e non c'entra - nulla con la volontà di salvare Retequattro dai rigori della legge e da quelli della Comunità europea. Non era - e non è - vero e lo avete ammesso anche voi quando, alla fine, ieri avete dovuto ritirarla. La norma in questione, non solo non risolveva l'infrazione contestata dalla Commissione europea e non dava risposte alle decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee ma, anzi, ne aggravava la situazione.
Certo, il Governo, messo alle strette, scoperto con «le mani nella marmellata» ancora una volta, ha ritirato la proposta emendativa, con ciò dimostrando che ci aveva provato. Molti dell'opposizione hanno gioito per questa retromarcia e gridato vittoria. Io ci andrei cauto. Certo, abbiamo evitato un danno maggiore: quello di cristallizzare con una legge ciò che era, ed è, illegittimo ed immorale. Tuttavia, è certo che la questione di fondo non è stata risolta, perché la questione di fondo è questa: la Commissione europea, la Corte di giustizia delle Comunità europee ci hanno messo sotto infrazione, ci stanno dicendo che il nostro sistema radiotelevisivo non è corretto, è sbagliato e che siamo, e possiamo essere, sotto infrazione se non lo correggiamo.
Oggi stiamo approvando un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che, testualmente, reca il seguente oggetto: attuazione di obblighi comunitari ed esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. Quale migliore occasione per risolvere il problema che abbiamo in questa materia con la Corte di giustizia e con la Comunità europea! Voi avete tentato di risolverlo semplicemente aggirandolo. Adesso, messi alle strette, semplicemente non lo risolvete, ma il problema rimane. In altri termini, Retequattro rimane ad operare, come ha operato per tutti questi anni, ed Europa 7 rimane a non operare, come non ha operato in tutti questi anni, ed il sistema radiotelevisivo italiano rimane, ancora una volta, un sistema che viola la normativa europea.
Ancor più grave, a mio avviso, appare la decisione del Governo Berlusconi di approvare per legge semplici bozze, semplici schemi di convenzione autostradale siglati da ANAS. Vorrei ricordare, ancora una volta, che gli schemi di convenzione, una volta approvati, producono importanti riflessi in materia di contabilità pubblica e anche di pedaggi autostradali. Per questo è stato previsto che, affinché gli schemi di convenzione approvati dall'ANAS fossero validi ed efficaci - finora, così era previsto - occorreva che vi fossero il decreto interministeriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze, il parere dell'apposita Commissione della Camera e del Senato, il controllo della Corte dei conti, il controllo e la verifica del NARS, l'approvazione del CIPE: insomma, un momento pubblico di verifica per fare in modo che, nel momento in cui due società di capitali si mettono d'accordo, con riferimento ad un bene che è di proprietà dello Stato, sia lo Stato a verificare se, allo Stato stesso, interessi questo accordo, nei modi in cui è stato fatto. Voi avete previsto una norma che ha abdicato a tutto questo e che ha rimesso nelle mani di privati la scelta di quale pedaggio e del modo e delle caratteristiche con cui «pedaggiare» il sistema autostradale italiano.Pag. 11
Ma la cosa più grave è che avete compiuto una scelta doppia, perché in alcuni casi gli schemi di convenzione sono stati siglati dall'ANAS, in altri casi non lo sono ancora. Qual è il regime giuridico che si applica ad alcune concessioni, rispetto ad altre? È possibile fare una legge che applica, ad una stessa situazione, un diverso regime giuridico? Anche questo fa rilevare un profilo di incostituzionalità per l'irragionevolezza e l'irrazionalità di questa norma.
La verità è molto semplice, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo: il vostro Presidente del Consiglio è in conflitto di interessi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! E fino a quando il conflitto di interessi non si risolve, noi dell'Italia dei Valori non potremo mai sederci al tavolo del dialogo, né con lei, né con questo Governo, perché non sapremo mai, ogni mattina, quando si alza e si fa la barba, signor Presidente del Consiglio, se lei prende delle decisioni per gli italiani o per sé. Anzi, ogni volta che prende una decisione, vediamo che c'è sempre qualcosa che serve a sé. Lei utilizza strumentalmente la legislazione per introdurre, all'interno della legislazione stessa e di norme necessarie ed importanti, norme che servono a sé. Risolva il suo conflitto di interessi, signor Presidente del Consiglio, e poi potremo discutere se una norma può essere valida o meno.
Fino a quando ciò non avviene noi sappiamo una sola cosa: ancora una volta, anche in questa legislatura, lei si è presentato con la sua carta di identità, quella di salvare le sue reti, i suoi interessi e i suoi affari (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a sottoporre al voto della Camera ha collezionato una numerosa serie di forzature durante l'iter parlamentare che si è svolto fino a qui.
Una prima forzatura l'ha realizzata certamente il Governo Prodi, inserendo in un decreto-legge norme destinate a dare attuazione agli obblighi comunitari. È noto che la legge comunitaria affida al Parlamento e alle autonomie locali le competenze in materia di adempimento degli obblighi comunitari, dunque il ricorso ai decreti legislativi e, in particolare, ai decreti-legge deve rivestire un carattere assolutamente residuale ed eccezionale. A noi non pare che in questo caso ci fossero tali condizioni.
Ma numerose forzature ancora maggiori certamente sono state poste in essere dal Governo in carica. Esso è intervenuto nella fase di conversione - peraltro in un momento delicato, trattandosi della conversione di un decreto-legge che si colloca a cavallo di due Governi e di due maggioranze, pertanto avrebbe dovuto trattarsi di una fase di conversione «morbida» - con una serie di forzature, introducendo misure dirompenti in materie altamente sensibili. Mi riferisco, come è noto, ai temi delle concessioni autostradali e delle reti televisive.
Abbiamo assistito a un'operazione che è consistita nel fare scelte selettive di alcune censure provenienti dall'Europa al fine di precostituirsi degli alibi che consentissero di introdurre una normativa di elusione del regime della libera concorrenza. Paradossalmente, si è invocata la normativa comunitaria e la necessità di adeguare l'ordinamento nazionale a quello comunitario per rafforzare e per ingessare condizioni di monopolio, sia nel settore autostradale, sia nel settore televisivo.
Rivendichiamo all'opposizione, e alla nostra posizione in particolare, il merito di aver contrastato questa operazione, ottenendo anche risultati positivi. Per quanto riguarda la sanatoria delle convenzioni tra l'ANAS e le società concessionarie, introdotta surrettiziamente con una proposta emendativa del Governo, in deroga alle procedure ordinarie, non siamo riusciti ad espungerla dal testo del decreto-legge, ma quanto meno siamo riusciti a svelare l'arcano che si era cercato di introdurre tra le pieghe della norma. Viceversa, perPag. 12quanto riguarda la proroga che avrebbe consentito a Retequattro di continuare a trasmettere in chiaro, in violazione della sentenza della Corte di giustizia europea e delle pronunce del Consiglio di Stato, rileviamo con soddisfazione che l'opposizione è riuscita ad ottenere lo stralcio di tale proposta.
Credo che il risultato che abbiamo conseguito in questi giorni di dura battaglia parlamentare sia un risultato positivo per tutti, perché dimostra che un'opposizione che fa il suo dovere e il suo mestiere è benefica per tutti.
È benefica per il Parlamento perché, grazie a questo ruolo, il Parlamento recupera la sua funzione centrale nella dialettica democratica. Lungi dall'essere o dal diventare un ente inutile - come qualcuno auspicherebbe - torna ad essere il luogo della mediazione alta, vale a dire della mediazione della politica tra gli interessi di parte che si traducono in norme legislative, cioè in soluzioni di interesse generale.
Certo, l'operazione è più difficile quando qualcuno è portatore di interessi personali. Infatti, quando ciò accade, l'operazione di sublimare gli interessi di parte in interessi generali rimane viziata, e purtroppo - dobbiamo dirlo ancora una volta - l'ombra del conflitto di interessi è aleggiata continuamente, in tutta questa nostra discussione ed, in qualche modo, l'ha viziata ed ha viziato anche il risultato finale dell'operazione normativa. Tuttavia è merito dell'opposizione quello di avere, in qualche modo, contenuto questa tentazione dilagante del conflitto di interessi.
Il ruolo di un'opposizione che fa il suo mestiere è, però, benefico anche per la maggioranza, perché, colleghi, credo che un'opposizione vigorosa aiuti anche la maggioranza ad evitare sindromi di onnipotenza e di autosufficienza. Lo dimostra ciò che è capitato nei giorni scorsi in quest'Aula, quando la maggioranza ha rischiato di non avere il numero legale ed è stata battuta su una proposta emendativa (certamente una proposta emendativa civetta», anche dal punto di vista del riferimento per materia) su cui l'opposizione ha espresso voto contrario. Ebbene, tale inciampo causato alla maggioranza è stato, però, un'occasione che ha costretto la maggioranza al confronto, al confronto vero, sul merito dei problemi, abbandonando quella retorica del dialogo che è stata oggetto dei grandi dibattiti delle settimane precedenti.
Abbiamo sostituito alla retorica del dialogo e del «vogliamoci bene» il confronto dimostrando, amici della maggioranza, che non basta la forza dei numeri, che la forza dei numeri non è sufficiente nel confronto: ci vuole la forza della politica che è data dalla forza delle buone ragioni, della capacità di convincere e della capacità di spiegare le decisioni che poi si sottopongono alla verifica dei numeri.
La rivendicazione della forza della politica non tollera il sistema dei blitz permanenti, il sistema di ricorrere ai tentativi di fare le forzature, salvo poi arretrare nel momento in cui si viene scoperti. In sole due settimane abbiamo assistito al tentativo di una forzatura sulla norma relativa al patteggiamento che si sarebbe dovuta inserire nel pacchetto sulla sicurezza (di fronte alle reazioni dell'opposizione la norma è stata ritirata); abbiamo assistito al tentativo di inserire, in un decreto-legge, il reato di immigrazione clandestina (di fronte alla reazione dell'opposizione è stato spostato in un disegno di legge); poi c'è stato il tentativo della sanatoria per Retequattro, ritirato all'ultimo momento. Il sistema dei blitz - anche se poi, quando il blitz è contestato, si fa seguito, con un sorriso ingenuo, dicendo: mi sono sbagliato, mi pento e mi dolgo e cambio strada - è un sistema che rischia di mandare in corto circuito la dialettica parlamentare.
Infine, un'opposizione vigorosa, come quella svolta in questi giorni, fa bene anche alla minoranza, in quanto la rafforza nel suo ruolo di interlocutore indispensabile, di coscienza critica, di pungolo positivo e di sentinella del rispetto delle regole.Pag. 13
Colleghi, non siamo soddisfatti del risultato finale di questo provvedimento né del modo in cui ci si è arrivati.
È vero, il Governo ha ritirato quella parte dell'articolo aggiuntivo particolarmente contestata. Meglio tardi che mai! Lo avevamo chiesto all'inizio della discussione; meglio tardi che mai, ma comunque è stato tardi; meglio che mai, ma è stato tardi.
Rimane il dissenso, signor Presidente, sul veicolo che è stato utilizzato; rimangono norme non condivisibili; rimangono norme bisognose di approfondimento. Abbiamo dato al sottosegretario Romani la disponibilità a discutere della materia...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. ...in una sede più organica. Certamente permangono prevalenti ragioni per cui l'UdC voterà contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, si discute sull'attuazione di obblighi comunitari. Non intendiamo parlare solo di reti televisive o di autostrade, perché chi ci segue avrà modo di sentire questa mattina tutto e il contrario di tutto. La verità sta nel mezzo: a noi il testo uscito sembra equilibrato e per questo preannuncio il nostro voto favorevole, riservandomi di svolgere comunque qualche riflessione conclusiva. È nostra intenzione, però, ragionare sul nostro presente e sul nostro futuro nell'Unione europea, visto che stiamo parlando di obblighi comunitari.
Innanzitutto, rivendichiamo con orgoglio che, unici in quest'Aula, nella XIV legislatura abbiamo votato contro la Costituzione europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), carta presentata senza alcun principio, senza ricordare la famiglia naturale, senza neanche voler discutere sull'inserimento nel preambolo delle nostre radici cristiane. Per fortuna i popoli di altri due Paesi, Francia e Olanda, bocciarono quel testo e il Regno Unito, subito dopo, si adeguò. Lo scarabocchio senz'anima, quindi, morì lì.
Contrariamente a quanto accadde negli Stati Uniti d'America, dove quei Paesi prima si dotarono di una carta costituzionale per sapere cosa fare assieme e solo cinque anni dopo si dotarono della loro moneta unica, vale a dire il dollaro, nel nostro vecchio continente è successo esattamente il contrario. In mancanza di politiche serie, prima ci hanno imposto una moneta e dopo la congrega degli amici che detengono la finanza e che passano sopra la politica, vale a dire gli amici di Romano Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), disse: «ora che avete la moneta unica, arrangiatevi da soli su cosa fare». E, guarda caso, ci troviamo senza una costituzione che detti i principi fondamentali su come agire assieme in questo continente.
Adesso ci stiamo interrogando su cosa fare assieme, e abbiamo già visto che parte delle conquiste sociali europee è già persa, perché, non essendoci messi d'accordo su come arginare, ad esempio, beni che invadono il nostro continente, prodotti in Paesi dove è normale schiavizzare il lavoro minorile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), esponiamo i nostri artigiani e le nostre industrie a concorrenze talmente sleali che ci costringono, per non chiudere, a pagare stipendi da fame ai nostri operai e a far perdere potere d'acquisto ai nostri pensionati, che non riescono, a fine anno, neanche più ad avere i soldi per pagare il bollo dell'auto.
Queste sono le grandi conquiste, perché non siamo riusciti a difendere, né con dazi né con contingentamenti all'importazione dei prodotti che arrivano da quei Paesi, le nostre produzioni e le nostre conquiste sociali.
Ma siamo riusciti, visto che non abbiamo una Carta comune, a far danni anche a casa nostra, perché in Europa hanno ad esempio inventato le quote latte. Immaginatevi un agricoltore che un belPag. 14giorno si vede arrivare nella sua azienda agricola un uomo in divisa che gli impone di dimezzare la produzione del latte; e se domanda perché, chi lo ha chiesto o imposto, la risposta sarà che l'ordine arriva da un tribunale a duemila chilometri di distanza, salvo poi accorgersi che in Europa manca il latte!
Stessa identica scelta europea disgraziata è stata quella di pagare gli agricoltori per non produrre, per non coltivare nulla nei propri terreni, e accorgersi dopo che in Europa manca il grano. Vuol dire quindi che il pane costa di più e che chi controlla l'economia e che passa sopra la politica - sempre gli amici di Romano Prodi - hanno vinto un'altra volta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
In mancanza di regole certe, dobbiamo evitare in tutti i modi possibili che sia un supertribunale - la famosa Corte di giustizia delle Comunità europee - a sopperire a tali mancanze. Ci saranno anche, tra le altre cose, delle visioni politiche diverse tra le maggioranze temporaneamente formatesi nel Parlamento europeo e le maggioranze, che la penseranno in maniera diametralmente opposta, dei vari Paesi dell'Unione europea. Non possiamo consegnare le diatribe che si apriranno ad un tribunale, come dicevo prima, che è così lontano dalle nostre realtà.
Dovremmo quindi - è un suggerimento costruttivo - rivendicare in assoluto la centralità del nostro programma elettorale e dobbiamo anche cercare di non essere succubi degli indirizzi dell'Unione europea. Infatti, proprio l'altro ieri i rappresentanti all'Unione europea non avevano nient'altro di meglio da fare che convocarsi per parlare del problema dei rom. Non si convocano per capire come mai in Germania - viste le dinamiche che ho riferito prima - ci sono cinque milioni di disoccupati o perché nel nostro Paese ci sono quindici milioni di italiani che non riescono ad arrivare a fine mese. Se gli indirizzi sono questi, possiamo rivendicare un certo ruolo di autonomia di scelta all'interno di quest'Aula, che rappresenta la vera sovranità popolare del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Inoltre, segnalo una contraddizione. Molti concordano sui principi dell'Unione europea sulla libera attività, sul libero scambio, sugli impieghi e sulle professioni, nel nome della libera concorrenza ed al riparo da aiuti di parte. Ebbene, sappiamo che nel nostro Paese vi sono delle diversità di trattamento enormi tra regione e regione: lo denunciano i nostri amministratori locali, di qualsiasi colore politico. Il suggerimento è che, se vanno bene tour court i principi dell'Unione europea, dobbiamo garantire anche all'interno del nostro Paese questa nuova visione; dobbiamo quindi renderci conto che è necessario ed urgente approvare una riforma federalista del nostro Paese, per governare al meglio le funzioni in Italia prima che il sistema si blocchi e i presupposti ci sono già tutti.
Svolgo due considerazioni finali sul tema delle reti televisive o, per meglio dire, di Retequattro. Ci sembrano posizioni antistoriche, che ignorano l'evolversi della tecnologia. È bene infatti che si sappia che, a differenza di quanto accade con l'attuale sistema analogico, quando passeremo al digitale avremo centinaia e centinaia di nuovi canali a disposizione e ciò avverrà a breve. Fra un paio di anni, se si vorrà cercare Retequattro, lo si dovrà fare tra mille canali, non trenta! Quindi il problema non si pone e sapete benissimo tutti, perché abbiamo governato alternativamente, che chiudere una rete televisiva solo per far la guerra ad un avversario politico è antistorico: dunque abbiamo perso tempo per niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Tra l'altro sapete che le leggi ad personam sono frutto di un'invenzione vostra, perché qualsiasi legge approvata in Aula deve essere firmata dal Presidente della Repubblica ed esiste anche la Corte costituzionale, che ha il compito e l'obbligo di bloccarne l'applicazione se incostituzionale.
Dunque, se le leggi vengono applicate, vuol dire che esse sono leggi a tutti gliPag. 15effetti e che rispettano il diritto e la Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Infine, per quanto riguarda le autostrade, abbiamo ascoltato rilievi contro il fatto che si vanno ad approvare gli schemi di convenzione già sottoscritti con ANAS dalle società concessionarie. Ebbene, noi ci sentiamo tranquilli per questo nostro voto favorevole, poiché promuoveremo un'indagine conoscitiva sul passato e sull'applicazione futura delle norme che ci accingiamo ad approvare. Ma, dal momento che qualcuno ricordava che le concessionarie hanno molti soldi e non li spendono, tengo a ricordare che è da decenni che in questo Paese le concessionarie chiedono a mani giunte alla politica di poter investire per costruire qualcosa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà): vi sono reti autostradali ferme perché in questo Paese vi era una legge del 1971, che noi abbiamo abrogato, che vietava la costruzione di nuove autostrade! Se dunque la logica è quella di cambiare in meglio, faremo in modo che le concessionarie spendano questi soldi per dare risposte ai nostri cittadini, Pecoraro Scanio permettendo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, i deputati del Partito Democratico voteranno contro questo disegno di legge, poiché esso contiene norme in palese contrasto con i principi della buona amministrazione dello Stato, in quanto sono state introdotte modificazioni inaccettabili al testo del decreto-legge che era stato approvato dal precedente Governo.
Registriamo che i primi giorni di questa legislatura e di battesimo del Governo sono stati spesi per tentare un'inutile forzatura - come i miei colleghi hanno spiegato in questi giorni - finalizzata ad introdurre in modo artificioso e approssimativo questioni estranee al provvedimento in discussione, legate a interessi diversi da quelli della generalità degli italiani. Vi è stata una dissociazione pericolosa fra l'agenda del Paese e delle famiglie italiane e la priorità scelta dal Governo Berlusconi, così da non corrispondere alle straordinarie aspettative suscitate dal recente risultato elettorale.
Abbiamo dunque contrastato, con tono e in modo civili e con argomenti seri, il proposito di sottrarre il nostro Paese al rispetto di una sentenza della Corte di giustizia europea e, prima ancora, della Corte costituzionale, aggirando una procedura di infrazione e tenendo chiuso, ancora per quattro anni, il mercato delle frequenze televisive, così da ostacolare ogni tentativo di introdurre in questo settore un minimo di concorrenza.
È su questo punto che abbiamo espresso il nostro dissenso e la nostra opposizione, che vanno al di là del non rituale richiamo alla questione del conflitto di interessi. Quella del conflitto di interessi non è per noi una ossessione anacronistica: è un idea dello Stato democratico. Vorrei dire ai colleghi della maggioranza che vi torneremo con rigore e serietà, poiché non intendiamo rinunciare alle nostre ragioni, alla nostra idea della democrazia e alla nostra idea della legalità repubblicana. Non abbiamo rimosso questo problema, né ci rassegniamo a quell'idea un po' rozza della democrazia - ne abbiamo avuto un'eco anche recentemente - secondo la quale chi vince le elezioni può sottrarsi all'osservanza del diritto e dei suoi principi fondamentali.
Ma - come dicevo - al centro degli interventi dei tanti deputati del mio partito in questi giorni su questo tema, vi era piuttosto il tema di un mercato televisivo aperto, concorrenziale e contendibile, simile a quello che vi è in tutti i Paesi di consolidata democrazia liberale. Discutendo tali questioni, abbiamo dimostrato che è possibile un confronto non ideologico, non pregiudiziale e non rissoso e la nostra opposizione è servita a modificare in modo importante, ancorché non sufficiente,Pag. 16il profilo di questa norma: il Governo ha fatto un passo indietro e noi ne prendiamo atto con soddisfazione.
Vorrei sommessamente dire all'onorevole Romani che non celebriamo vittorie di Pirro né abbiamo esibito trofei, ma la prova non esaltante della sua maggioranza e del suo Governo dovrebbero suggerirgli un supplemento di umiltà e di riserbo, piuttosto che una ostentazione di discutibile forza (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Forse dovreste chiedere scusa agli italiani per avere ancora una volta ceduto - per un eccesso di furbizia, dice qualcuno - all'incontenibile pulsione di privilegiare, rispetto agli interessi generali, quelli che un giornale a voi molto vicino ieri ha definito «la roba del Capo».
È andata in modo diverso, ma noi non ci sentiamo appagati. Pensiamo che il Parlamento debba ritornare sul tema, perché è ineludibile una riforma seria del sistema radiotelevisivo italiano ed il superamento dell'anacronistico duopolio, perché occorre una decisa svolta che liberi la RAI dal peso opprimente dei partiti, perché occorre una grande iniezione di libertà nel settore della comunicazione in Italia, un settore che non è strategico solo per lo sviluppo economico, ma prima ancora per la crescita della nostra democrazia.
Con lo stesso spirito, i deputati del Partito Democratico hanno segnalato al Parlamento e all'opinione pubblica la brutale intrusione in questo decreto della orribile norma in materia di concessioni autostradali, che prefigura una sanatoria approssimativa, una forma - più che singolare, aberrante - di delega del Parlamento alle società concessionarie perché possano riempire le pagine di un contratto, fissando i contenuti della concessione in evidente contrasto con gli interessi dell'Amministrazione dello Stato. Sono contenuti pesanti che fanno ricchi, ricchissimi, pochi privilegiati e pesano - e peseranno ancora di più in futuro - sulle tasche di tutti gli italiani.
Anche di questo tema, di questa norma orribile si parlerà ancora in quest'Aula e - penso - anche fuori di quest'Aula. Signor Presidente, dobbiamo dire con franchezza che il comportamento del Governo in questa circostanza va in una direzione diversa da quella indicata dal Presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico. Sono apparsi evidenti molti segni di un'altra stagione che nessuno di noi pensava dover ritrovare, ed abbiamo visto una maggioranza parlamentare forte nei numeri, meno forte - non dico fragile - sul terreno della tenuta politica. Abbiamo colto in queste giornate più di un indizio di qualche malessere, di effetti non ancora espressi di una composizione frettolosa, e forse approssimativa, delle nuove alleanze di Governo. E questa mattina un'idea dell'Italia e dell'Europa espressa dall'onorevole Dussin ci fa pensare che con quella lettura avrete difficoltà a frequentare le cancellerie europee (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Noi sappiamo quanto è difficile governare l'Italia in questo tempo e sappiamo che è molto più difficile governare che fare una campagna elettorale e vincere le elezioni: incombono sul nostro Paese sfide terribili, dentro uno scenario che nel mondo intero interrogano le classi dirigenti e i Governi, producendo nuove divisioni, nuove conflitti ma anche nuove idee.
Per questa ragione, ci saremmo attesi un esordio di Governo di segno diverso. Non è stato, signor Presidente della Camera, un buon inizio per questa maggioranza, ma la posizione del Partito Democratico non cambia: noi non oscilleremo - come vorrebbero molti censori interessati - tra rissa e pasticci consociativi. Sapremo coniugare opposizione rigorosa sui contenuti dell'azione di governo e ricerca costante del dialogo, perché abbiamo fiducia nel dialogo. Riconfermiamo in questa circostanza il proposito di concorrere ad una nuova stagione della politica italiana per modernizzare la nostra democrazia, per renderla più efficiente, più stabile e più vicina alle grandi democrazie europee. Noi faremo la nostra parte, ma sarà indispensabile che anche la maggioranza faccia laPag. 17sua (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, oggi ci accingiamo ad approvare il primo provvedimento di questa nuova legislatura, che per noi del Popolo della Libertà è molto importante, non solo per lo schema politico inedito che è emerso dalle recenti elezioni, ma anche perché riteniamo che si sia chiusa una fase - quella delle quattro legislature precedenti - del muro contro muro, dello scontro ideologico tra due coalizioni. O meglio, lo abbiamo creduto sino a qualche giorno fa, quando il Presidente Fini, nel suo discorso di insediamento, ha cercato di stimolarci ad avviare una legislatura costituente e, con un atto di apertura verso l'opposizione, ha affermato che non è vero che siamo all'anno zero sulle riforme, anzi, ha indicato una strada: la stessa strada che l'opposizione aveva indicato nei due anni della legislatura precedente.
Lo ha dimostrato il Presidente Berlusconi, insieme al suo Governo, nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei Ministri di Napoli, quando ha fatto comprendere che l'Esecutivo vuole assumersi fino in fondo le proprie responsabilità dinanzi agli elettori italiani.
Walter Veltroni, leader dell'opposizione, fino al dibattito su questo provvedimento aveva molti meriti ai nostri occhi, perché sicuramente aveva avviato, con alcune scelte coraggiose, un percorso politico che ha rafforzato il bipolarismo italiano, ma adesso abbiamo l'impressione che con questo esordio stia facendo ombra al suo lavoro. Leggo a Veltroni una sua intervista a Libero del 9 febbraio, nella quale ha affermato: «La sinistra ha sbagliato con l'antiberlusconismo (...). Se anch'io oggi andassi in piazza a dire qualcosa contro Berlusconi a prescindere, strapperei applausi. Però poi non saprei che farmene, perché c'è una gran parte del Paese che non ne può più di queste liti». È questo il problema, caro Veltroni: voi dalla piazza siete venuti in Parlamento con un nuovo antiberlusconismo militante di cui, come tu stesso hai affermato il 9 febbraio su Libero, il Paese non ne può più, perché non è interessato a questi argomenti, bensì a ben altri!

LUCA VOLONTÈ. Voi chi?

ITALO BOCCHINO. Quindi, accade che, anziché costruire una sana forza socialdemocratica e riformatrice, vi siete dovuti piegare alla logica del vostro alleato Di Pietro e al suo antiberlusconismo militante, alla sua demagogia populista, al suo giustizialismo spesso a senso unico (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
A Veltroni e a tutti i deputati del Partito Democratico consiglio di leggere un articolo di Franco Debenedetti, pubblicato su Il Sole 24 ore dell'altro ieri (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). So che vi innervosisce, non cito la parte su Retequattro, ma quella in cui Debenedetti vi spiega che la vera origine del Partito Democratico sta nell'abbandono dell'antiberlusconismo. Scrive Debenedetti: «C'è da chiedersi che senso abbia, per chi ha lavorato alla costruzione del Partito Democratico, contendere a scrittori di libelli e al partito di Di Pietro il loro piccolo e redditizio monopolio giustizialista; che vantaggi ci siano per il Partito Democratico di ritornare al girotondismo del 2001-2006, e al radicalismo del 2006-2007. Del Partito Democratico, della sua identità e della sua strategia, la fine dell'antiberlusconismo preconcetto è il punto di partenza».
Credo che siate scivolati su questa buccia di banana, nel senso che avete creato un nuovo soggetto politico che partiva dall'esigenza di superare gli errori del passato e al primo provvedimento arrivato in quest'Aula ripetete invece gli errori del passato, facendovi risucchiare dalla logica del «grillismo dipietrista» e, facendo questo, rischiate di indebolire la legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).Pag. 18
Noi avevamo sentito dire a Veltroni, in campagna elettorale, che volevate superare gli steccati, poi scopriamo che avete fatto una battaglia per due giorni contro la destra xenofoba e i fatti del Pigneto, mentre noi li condannavamo severamente, e oggi si scopre che l'autore di quei fatti dice: «Ma come, io ho il tatuaggio di Che Guevara e voto per la sinistra!» Non si superano così gli steccati ideologici (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Dobbiamo superare l'ipocrisia: mi rivolgo ad un altro soggetto dell'opposizione, il mio caro amico Vietti dell'UdC, che oggi ha scoperto che vi è l'ombra del conflitto di interessi di Silvio Berlusconi. Caro Michele, quando eri sottosegretario a via Arenula di Silvio Berlusconi, il sole del potere ti accecava a tal punto da non farti vedere l'ombra del conflitto di interessi di Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)?
Nella vita bisogna essere coerenti. Vi chiediamo coerenza: la chiediamo al Partito Democratico - che aveva detto «stop» all'antiberlusconismo militante - e a chi era accecato dal sole del potere e oggi scopre l'ombra del conflitto di interessi.

GABRIELE CIMADORO. Entra nel merito!

ITALO BOCCHINO. Noi, con voi, vogliamo approvare le riforme costituzionali; vogliamo riscrivere i Regolamenti dei due rami del Parlamento; vogliamo approvare la riforma fiscale, introdurre il quoziente familiare e far pagare meno tasse agli italiani (Commenti di deputati del gruppo Italia dei Valori); vogliamo varare il pacchetto-sicurezza per rendere più sicuri i cittadini; vogliamo abolire l'ICI e vogliamo compiere scelte chiare di politica estera all'insegna dell'europeismo, dell'atlantismo e del multilateralismo; vogliamo risolvere i problemi dei rifiuti in Campania; vogliamo affrontare con serietà il problema dell'immigrazione; vogliamo rendere la RAI un vero servizio pubblico; vogliamo rispondere all'ISTAT, che ieri ci ha detto che vi sono tante famiglie italiane a rischio povertà. Rispondiamo con l'abolizione dell'ICI, con la detassazione del lavoro straordinario, con la riduzione della pressione fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Voi dovete rispondere su questi argomenti e non venire a parlare ancora una volta di Silvio Berlusconi e delle sue televisioni! Avete questo dovere nei confronti degli italiani.
Vi sono dati allarmanti sull'immigrazione: l'ISTAT ci dice che il 94 per cento dei reati compiuti da extracomunitari è commesso da clandestini. Ciò significa che è saggio l'impianto della legge Bossi-Fini, secondo la quale in Italia si deve venire, avendo un posto di lavoro, una casa dove dormire e un datore di lavoro e rispettando le nostre leggi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Rispondete a questo ad inizio legislatura e non venite a raccontarci (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)... Comprendo il vostro nervosismo, perché capisco chi ha cercato di cambiare la sinistra italiana e si trova «zavorrato» dal giustizialismo da quattro soldi. Comprendo questo vostro disagio (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e comprendo il disagio di un uomo intelligente come Walter Veltroni, che ci aveva detto di volere andare alle elezioni da solo e poi, per paura del «grillismo», si è dovuto legare a Di Pietro: oggi ne paga le conseguenze e le pagherà per tutta la legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Noi vogliamo quello di cui ha bisogno l'Italia: una maggioranza decidente e un'opposizione costruttiva nella sua azione di controllo. Sappiamo che la maggioranza decidente c'è e ci sarà per cinque anni. Purtroppo, da qualche giorno, ci rendiamo conto che probabilmente non c'è un'opposizione capace di esercitare quell'azione di controllo che le spetta, nell'ambito di un Parlamento finalmente bipolare. State pagando l'errore di non essere andati da soli alle elezioni per avere qualche punto percentuale in più (tanto, perdere con nove oPag. 19con tredici punti percentuali di differenza non avrebbe cambiato nulla) (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Avete ucciso nella culla un progetto politico che poteva davvero portarvi verso una sana socialdemocrazia europea (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questo abbraccio mortale, caro Veltroni, vi obbliga adesso all'antiberlusconismo, al giustizialismo, al lavorio per lo sfascio e per la demagogia e non per la costruzione di un'Italia migliore e condivisa, così come vogliamo noi. Avete dimostrato anche scarso europeismo. Vi siete accorti che il decreto-legge di cui parliamo porta la firma (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)... Spero che mi sarà consentito recuperare il tempo.

FILIPPO ASCIERTO. Lasciate parlare!

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Bocchino.

ITALO BOCCHINO. Avete dimostrato scarso europeismo. Vi siete accorti che il provvedimento in esame porta le firme di Prodi e della Bonino? Con i nostri Ministri, a partire da quello per le politiche europee, abbiamo tutelato l'Italia da possibili infrazioni verso le quali la vostra politica estera ci stava portando in questi anni (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Sappiate che, se volete ancora un'Italia divisa e rissosa, dedita allo scontro ideologico e alla demonizzazione dell'avversario, noi non ci stiamo.
L'Italia nei prossimi cinque anni dovrà essere più rispettata all'estero, più sicura, più competitiva economicamente e più solidale con i cittadini deboli. Noi faremo questo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ITALO BOCCHINO. ...e se voi continuerete a mettervi di traverso ne risponderete sicuramente agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale, per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.

(Coordinamento formale - A.C. 6)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, le chiedo per cortesia che il deputato segretario di settore verifichi le schede di votazione, controllando che i colleghi votino ciascuno al proprio posto.

PRESIDENTE. Prego gli onorevoli segretari di verificare che i voti siano espressi unicamente dai titolari e che, quindi, non vi siano tessere senza la presenza dei corrispettivi deputati.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 6)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.Pag. 20
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 6, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» (6):

Presenti 536
Votanti 532
Astenuti 4
Maggioranza 267
Hanno votato 282
Hanno votato no 250
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Vedi votazioni).

Prendo atto che il deputato Ronchi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Cesare Marini ha segnalato di essersi erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, immagino per fatto personale.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, vorrei che l'onorevole Bocchino mi facesse la cortesia di restare in Aula solo per dirgli con la stessa amicizia con cui lui si è rivolto a me: caro Italo per la verità la mia sensibilità al conflitto di interessi era risalente anche all'epoca del Governo. Forse lei non ricorda che, quando il mio Ministero rifiutò di dar corso alle rogatorie internazionali a carico del Presidente del Consiglio, il sottoscritto minacciò le dimissioni ed era talmente affezionato al sole del potere che, alla fine, ottenne che il Ministero desse corso alle rogatorie. Solo a quel punto rimase al suo posto. Quindi, la mia sensibilità sul tema del conflitto di interessi è assolutamente a prova di bomba (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

Sull'ordine dei lavori (ore 11,45).

FIAMMA NIRENSTEIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, poiché il nostro Paese e le nostre istituzioni considerano la pace e la libertà come nostri obiettivi fondamentali, ho chiesto la parola, nonostante sia convinta che la questione sia ben presente alla vostra coscienza, per suscitare l'interesse del nostro Parlamento nei confronti della visita che il Presidente iraniano Ahmadinejad compirà in Italia, probabilmente a partire dal prossimo 2 giugno, per partecipare alla conferenza della FAO.

PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Nirenstein. Prego i colleghi di prestare attenzione o di lasciare l'Aula.

FIAMMA NIRENSTEIN. Ahmadinejad non è un ospite come tutti gli altri. Una sua visita accende i riflettori di tutto il mondo non solo nel campo della diplomazia internazionale, ma in quello della responsabilità morale e politica. Tutto il mondo ci guarda nel momento in cui Ahmadinejad ci fa visita e sarebbe veramente un peccato se questa visita si trasformasse per Ahmadinejad in un'occasione mediologica, in cui possa fare pubblicità alle sue tesi e al suo modo di vedere il mondo.
L'Iran è un Paese diverso per svariate ragioni che attengono alla cultura dell'odio che promuove e ai finanziamenti che forniscePag. 21ai movimenti terroristici; si tratta di un Paese che arma e che si arma. L'Iran, anche se ha un grosso budget di affari con il nostro Paese, con la Germania e con l'Europa intera, pone dei problemi morali molto importanti. La sua politica è imperialista nei confronti del mondo arabo e del mondo occidentale e sin dal 2005 con trattati, con budget, con summit molto bene delineati, Admadinejad ha disegnato una precisa politica di espansione.

PRESIDENTE. Onorevole Nirenstein concluda, la prego.

FIAMMA NIRENSTEIN. Questi sono i motivi che, insieme alla denuncia dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica - secondo la quale Ahmadinejad non ci fornisce le notizie richieste sulla costruzione degli ordigni atomici sul suo stesso suolo nazionale - ci spingono ad affermare che non soltanto attraverso l'ottima iniziativa del Governo di non incontrare i membri della delegazione iraniana ma da parte di tutti i nostri politici, degli intellettuali e del nostro popolo ci deve essere un atteggiamento di riprovazione e di forte attenzione nei confronti di questa visita (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ALESSANDRA MUSSOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, ritengo sia importante - anche se in questo momento vi è molta confusione in Aula - riprendere ciò che è stato affermato ieri nell'intervento dell'onorevole Minniti: parlando della sua preoccupazione, della preoccupazione della sinistra per questo clima di violenza e intolleranza, ha affermato che ognuno deve fare la sua parte. Allora, cominci lei, onorevole Minniti e chieda scusa per i fatti del Pigneto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Discutiamo in Aula non solo della rissa della Sapienza, che va condannata, ma chiediamo un'informativa al Governo anche sui fatti del Pigneto. Voi vi nascondete dietro la vostra intolleranza e non capite che esiste un disagio sociale da parte dei cittadini. Quel cittadino, con Che Guevara tatuato, ha detto: «sono di sinistra e questo quartiere fa schifo». È così che avete perso le elezioni. Ognuno deve fare la sua parte e non vi nascondete dietro la vostra discriminazione. Onorevole Minniti chieda scusa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo per chiederle di farsi interprete...

PRESIDENTE. Pregherei i colleghi di prestare un po' di attenzione

GIORGIO LA MALFA. Alla luce della questione sollevata dalla collega Nirenstein vorrei pregarla di rappresentare al Governo la richiesta che venga resa al Parlamento un'informativa urgente sulla visita di Admadinejad e sulle conseguenti reazioni. Le chiedo se le fosse possibile trasmettere questa richiesta al Governo.

PRESIDENTE. Onorevole La Malfa, sarà mia cura riferire al Governo quanto espresso da lei e dall'onorevole Nirenstein.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 12 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 11,50, è ripresa alle 12.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

Pag. 22

(Iniziative del Governo con riferimento alla mostra-convegno «Cannabis tipo forte» in programma nella città di Bologna - n. 2-00018)

PRESIDENTE. L'onorevole Galletti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00018, concernente iniziative del Governo con riferimento alla mostra-convegno «Cannabis tipo forte» in programma nella città di Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, a Bologna dal 30 maggio al 1o giugno di quest'anno è in programma la quarta mostra-convegno della cannabis medicinale industriale, denominata «Cannabis tipo forte». L'evento si svolgerà al Palanord di Bologna, una struttura comunale che viene concessa appositamente dal consiglio comunale e dalla giunta del comune di Bologna per svolgere questa iniziativa. Visitando il sito Internet dell'evento è facilmente intuibile lo spirito che accompagna questa fiera, che di scientifico ha veramente poco, poiché in esso si definisce il progetto «Cannabis tipo forte» un irresistibile mix di allegria, spensieratezza, follia e militanza cannabica.
Basti pensare che l'ideatore dell'evento è Fabrizio Cinquini che è già agli arresti domiciliari, in questo momento proprio, per la seconda volta per coltivazione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Non si comprende davvero per quali motivi l'amministrazione comunale debba mettere a disposizione spazi pubblici per lo svolgimento di questo tipo di manifestazioni, che, celandosi sotto pretesi contenuti scientifici ed effetti terapeutici della cannabis, in realtà promuovono e favoriscono la cultura dello «sballo».
Certamente così non si aiutano le famiglie e gli educatori a tenere lontani i nostri giovani dal consumo delle sostanze stupefacenti. Si richiede al sottosegretario quali provvedimenti urgenti si intenda adottare per verificare che questa manifestazione si svolga nel pieno rispetto della legge, e se non si ritenga opportuno assumere iniziative educative volte a contrastare un messaggio diseducativo, piuttosto che scientifico, che promuove in realtà il marketing della droga.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senatore Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, dai dati forniti dalla prefettura di Bologna e dal Ministero dell'interno risulta che sono stati già condotti appositi approfondimenti per l'edizione 2008 della mostra-convegno eco-tecnologico della cannabis medicinale e industriale denominata «Cannabis tipo forte 2008» giunta alla quarta edizione.
È vero che il patron di questa iniziativa, nominato dall'onorevole Galletti, attualmente è agli arresti domiciliari per vicende collegate a reati sugli stupefacenti, ma questa volta non compare come organizzatore perché in questa circostanza la richiesta di autorizzazione al settore attività produttive e commerciali del comune di Bologna è stata avanzata da un certo Michele Dagres, nato ad Atene il 26 giugno 1972, risultante residente a Bologna in via Bergami 13, legale rappresentante di una società che si chiama Tipo forte srl con sede a Strettoia di Pietrasanta, in provincia di Lucca.
Il comune di Bologna si è limitato a una mera presa d'atto della manifestazione, sulla base delle vigenti disposizioni regolamentari, che prevedono per tali eventi un regime di silenzio assenso, fermo restando l'obbligo di comunicazione da parte dell'organizzatore. Il 22 maggio si è tenuta una riunione di coordinamento delle forze di polizia, nella quale sono stati predisposti specifici servizi di vigilanza all'esterno della struttura, con impiego di personale in divisa, nonché servizi di controllo affidati agli uffici investigativi della polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza. In occasione dell'inaugurazione di una mostra a Bologna - proprio la scorsa settimana - sugliPag. 23oggetti personali di Papa Giovanni Paolo II mi sono premurato, anche personalmente, di sensibilizzare tutte le autorità bolognesi sulla delicatezza del caso.
La consistente presenza delle forze dell'ordine è dettata non solo dalla necessità di assicurare il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, ma anche finalizzata a garantire la corretta applicazione delle norme vigenti in materia di stupefacenti. Se non esistono, infatti, nella normativa attuale, restrizioni alla vendita di cartine e narghilè, la cessione a qualsiasi titolo e in qualsiasi quantità di sostanze stupefacenti, come la cannabis ed i suoi derivati, integra il reato di spaccio previsto dall'articolo 73, primo comma, del testo unico 9 ottobre 1990, n. 309 e comporta sanzioni di carattere penale. Nondimeno, anche la detenzione delle predette sostanze richiede l'intervento delle forze dell'ordine per la determinazione della destinazione di dette sostanze. Qualora la detenzione sia finalizzata ad uso personale, il consumatore sarà oggetto di sanzione amministrativa. Diversamente, se rivolta alla cessione a terzi, lo spacciatore verrà denunciato all'autorità giudiziaria per l'avvio del procedimento penale.
Viene chiesto, inoltre, quali iniziative educative di prevenzione il Governo intenda assumere per fronteggiare fenomeni come quelli evidenziati dall'interpellante e, in particolar modo, per contrastare messaggi altamente diseducativi e che promanano dal business dello «sballo» e dal proliferare di vere e proprie marche di sostanze non definibili droghe in senso tecnico, sotto il profilo giuridico, ma in qualche caso, dal punto di vista farmacologico attive e pericolose per la salute della persona.
Quanto tali sostanze siano pericolose lo dimostra poi la cronaca. Perché quando leggiamo che persone ubriache o sotto gli effetti degli stupefacenti causano incidenti stradali, anche mortali, e l'opinione pubblica si indigna, c'è anche da domandarsi come si sia potuto arrivare a sostenere in alcune sedi che drogarsi è lecito e che il tossicodipendente, in quanto tale, non dovrebbe essere colpito da nessuna sanzione, dal momento che è pericoloso per sé e per gli altri. Il Governo, dunque, come è noto, si è schierato con chiarezza nella costante riaffermazione del principio che l'assunzione delle droghe è un'attività vietata, illecita e punita amministrativamente, con sanzioni incisive, tutte rivolte, però, a favorire il recupero e la riabilitazione del tossicodipendente. Questa è la chiave di impostazione del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 e della recente legge 21 febbraio 2006, n. 49 che ha suscitato tante polemiche - devo dire anche infondate - perché - ribadisco per l'ennesima volta - come è noto, il tossicodipendente in Italia è sottoposto soltanto a sanzione amministrativa e a nessuna sanzione penale.
Diverso è il caso di altri Paesi europei. Come avete letto, adesso, due giovani italiani, dopo essere stati arrestati in Grecia e messi in carcere, rischiano di rimanere in quel Paese, dove, come in Francia e negli Stati Uniti, è previsto il carcere anche per chi fuma lo spinello, non per chi spaccia la droga. Noi, invece, abbiamo scelto la strada della diversificazione: sanzioni amministrative per i tossicodipendenti, sanzioni penali per gli spacciatori ma naturalmente dicendo e ribadendo con chiarezza che non vi è il diritto a drogarsi e che drogarsi è comunque un illecito. La legge del 2006 viene applicata puntualmente dalla giurisprudenza, senza incertezza e tale interpretazione giurisprudenziale conferma la bontà dell'impostazione normativa, che è stata introdotta nel nostro ordinamento.
In tutto il contesto delle politiche antidroga, un impulso ulteriore sarà dato grazie alla ricostituzione del dipartimento per le politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che due anni fa era stato abrogato. Negli ultimi due anni l'Italia non ha avuto alcun dipartimento, alcun centro che potesse fare da coordinamento tra gli esperti internazionali del problema, che sono importantissimi (il collegamento con le Nazioni Unite, con Lisbona, con l'Agenzia di Vienna), le politiche di repressione dello spaccio del Ministero dell'interno e lePag. 24politiche di prevenzione, informazione e di recupero delle scelte della collettività. Il predetto dipartimento era stato smantellato. Ricostituiamo il dipartimento per le politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, perché venga dato un ulteriore impulso alle iniziative di educazione e di rieducazione presso le scuole. È chiaro che il concetto di prevenzione parte dalla famiglia, parte dalle scuole, parte dalle società sportive. Il messaggio da portare all'attenzione degli studenti dovrà essere chiarissimo: drogarsi fa male e danneggia non solo chi assume le droghe, ma anche gli altri.
Insomma, siamo una società che giustamente afferma: «Non si può inquinare l'ambiente»; se qualcuno inquina un fiume, viene penalmente sanzionato: se non si può inquinare l'ambiente, non si capisce perché dovrebbe essere lecito che gli individui si inquinino «dentro», cioè con la droga inquinino se stessi, a livello tale da essere pericolosi per loro, autodistruggendosi, ma distruggendo anche gli altri.
Basti pensare, come ho già accennato, agli incidenti stradali in cui sono coinvolti - e ne sono responsabili - soggetti che hanno assunto sostanze stupefacenti ed alcool. Da questo punto di vista, testimonianza immediata dell'attenzione del Governo alla tematica è il decreto-legge n. 92 del 2008, recentemente emanato in materia di sicurezza pubblica e ora all'esame del Senato, che ha rivisto la disciplina sanzionatoria della guida in stato di ebbrezza, sotto l'influenza di sostanze stupefacenti e dell'omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, da soggetto che guida ubriaco o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. In questa ottica, potrebbero anche essere elaborate ipotesi normative volte a diversamente disciplinare, in particolari contesti e fasce orarie, la somministrazione di alcolici e superalcolici. Credo che se possiamo immaginare una norma attesa dall'opinione pubblica, è proprio quella dell'inasprimento delle pene per chi causa, con la sua condotta, la morte di pedoni o automobilisti, che rimangono appunto vittime di persone che si pongono alla guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o di alcol.
Approfitto dell'occasione per informarvi anche che ho inteso accelerare l'iter regolamentare della norma che impone, per tutti coloro che svolgono attività pericolose (penso agli autisti e ai piloti d'aereo, per esempio) il test obbligatorio: se ne parlò un anno fa, dopo l'incidente di un pulmino che si ribaltò, causando la morte di molti bambini che erano a bordo; la legge c'è già da dieci anni, manca il regolamento attuativo; c'è una commissione che sta approfondendo il tema: bisogna accelerare, perché a quasi un anno da quell'incidente, per le solite lungaggini burocratiche e amministrative, non è ancora stata applicata la norma che prevede questi test per i lavoratori a rischio, ma bisogna assolutamente applicarla.
Punteremo sull'educazione, coinvolgendo in una capillare attività formativa e informativa presso le scuole sia il personale del Servizio sanitario pubblico, sia quello del privato sociale, sia gli operatori delle forze dell'ordine. Naturalmente, in questa ottica sarà essenziale anche la sensibilità e il coinvolgimento delle amministrazioni locali. Il messaggio che drogarsi fa male dovrà essere capillarmente diffuso anche attraverso l'uso dei media, in primo luogo attraverso il mezzo televisivo, che per la sua diffusività potrà diventare il veicolo di una buona e corretta informazione.
Ricordiamo peraltro che per contrastare le forme di istigazione, agevolazione e pubblicizzazione dell'uso delle sostanze stupefacenti, il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 già contiene alcune norme che, se concretamente applicate, costituiscono uno strumentario efficace anche in un'ottica di prevenzione. Si pensi, per esempio, alle norme che sanzionano penalmente l'agevolazione dell'uso di sostanze stupefacenti, nonché l'istigazione o l'induzione all'uso delle stesse, ma si pensi anche ad una norma, finora scarsamente applicata, che punisce amministrativamente le attività di propaganda pubblicitaria di sostanze stupefacenti.Pag. 25
Sono norme che dovranno avere un maggiore impulso applicativo, potendo servire a contrastare efficacemente fenomeni quali rave party, dove è evidente il messaggio istigatorio all'uso delle droghe. A Modena, quattro giorni fa, un locale - la notizia è apparsa sui giornali locali - aveva pubblicizzato un incontro serale sulla diffusione della canapa, della cannabis, delle culture andine, naturalmente equivocando sul fatto che il messaggio sulla cannabis era finalizzato soltanto alle sue proprietà curative e non al fatto di drogarsi. Devo dire però che, sollecitate, le autorità preposte hanno preannunciato controlli e quel gestore, saggiamente, ha rinunciato all'iniziativa: ha detto che vi era stato un equivoco e ha quindi soprasseduto spontaneamente all'iniziativa stessa.
Tuttavia, è chiaro che sarà necessario - probabilmente ciò avverrà con il decreto-legge riguardante la sicurezza - pensare anche ad interventi normativi calibrati soprattutto sulla normativa in tema di pubblicità, che potrebbe essere estesa anche ad attività strumentali rispetto all'assunzione di sostanze stupefacenti. Infatti, per quanto concerne la problematica connessa alla liceità o meno delle sostanze esposte e messe in vendita durante l'iniziativa, infatti, si rappresenta che essa, effettivamente, è comune anche agli esercizi commerciali denominati smart shop - presenti a Bologna, Riccione e Rimini - in ordine ai quali, di recente, sono state diffusamente riportate notizie dagli organi di informazione. Il Resto del Carlino - il giornale più diffuso nelle regioni centrali d'Italia - ha dedicato due pagine intere, perché uno di questi locali era stato aperto esattamente davanti a una scuola, con una bella vetrina, dove potevano essere acquistati prodotti denominati oppio liquido o popper, di cui venivano pubblicizzati gli effetti, sempre giocando sul filo del rasoio. In tali negozi, infatti, le sostanze sono vendute attualmente in modo libero, perché i gestori sostengono che si tratta di sostanze non vietate, in quanto non inserite nella tabella degli stupefacenti. Esse, tuttavia, sono presentate come tali.
In tale prospettiva, quindi, da un lato è necessario inserire man mano nelle tabelle - come ha affermato Garattini l'altro giorno - sostanze che hanno sicuramente effetti nocivi sulla salute ma, soprattutto, dovrà essere fortemente contrastato il messaggio di tali «empori furbi» o «negozi furbi»- come si chiamano loro - che trasmettono alla clientela, con il loro corredo di utensili, informazioni non corrette e prodotti dai nomi ammiccanti. Da un lato, infatti, si avvalora la percezione di compiere comportamenti dal sapore trasgressivo, nella certezza di non incorrere in alcuna sanzione, e dall'altro si lascia che i giovani avventori sperimentino, in un contesto di apparente legalità, additivi alternativi con caratteristiche di contiguità con l'universo delle droghe illegali.
In tale modo, si accredita l'idea che esistono droghe lecite, con effetti del tutto simili a quelle vietate, con le quali aggirare ed eludere comodamente gli stringenti vincoli della normativa sugli stupefacenti, alimentando una nuova cultura alternativa dello sballo legale. Si diffonde, quindi, l'idea di una sostanziale innocuità delle sostanze stupefacenti, il cui consumo a certe condizioni potrebbe essere considerato una pratica lecita e condivisibile. Tuttavia, vi sono sentenze - il procuratore Guariniello è intervenuto in merito - ed anche patteggiamenti, perché nella normativa attuale i casi sono due: o veramente le sostanze che vengono vendute in questi negozi sono stupefacenti e incorrono nei rigori della legge o si tratta di truffe in commercio, perché vengono «spacciate» agli avventori come droghe, mentre magari sono acqua fresca e ciò comporterebbe il reato di truffa in commercio.
È evidente che è necessario intervenire dal punto di vista normativo, sia inserendo tali sostanze nelle tabelle - ad esempio, il popper dà alterazioni, anche se momentanee, dello stato di coscienza - sia con una normativa ad hoc, che, com'è proibita la pubblicità del tabacco (è proibita per le sigarette), proibisca anche tali formule subdole. Attenzione,Pag. 26richiamo l'onorevole Galletti e gli altri colleghi: è abbastanza inutile che famiglia, scuola, società sportive, Parlamento e Governo richiamino i giovani sulla pericolosità dell'uso delle droghe, se poi gli spacciatori - indirettamente o direttamente - e il mercato della droga riescono, attraverso queste manifestazioni, negozi ed attività di pubblicizzazione, a diffondere nei giovani l'idea che ci si possa drogare - o avvicinarsi alla droga - senza avere conseguenze negative.
Pertanto, da una parte abbiamo attivato immediatamente tutte le attività sinergiche di controllo da parte delle forze dell'ordine e dell'autorità sanitaria, chiedendo naturalmente la collaborazione anche degli enti locali e, dall'altra, le iniziative normative contenute già nel decreto-legge sulla sicurezza permettono agli operatori di intervenire con certezza giuridica nel contrastare tali fenomeni anche dal punto di vista penale.

PRESIDENTE. L'onorevole Galletti ha facoltà di replicare.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, vorrei ringraziare il sottosegretario Giovanardi per aver colto quest'occasione per illustrarci il suo programma di mandato sulle droghe. È stato interessante per l'Aula.
Mi dichiaro parzialmente soddisfatto, devo dire, poco soddisfatto e molto insoddisfatto. Sono soddisfatto per l'attenzione che il sottosegretario ha posto a questo evento, quando dice che vi sarà una vigilanza in quella manifestazione, da parte di polizia e carabinieri, molto forte. Questo lo davamo per scontato.
Sono però molto insoddisfatto per il messaggio che verrà dato a Bologna. Visto che conosco molto bene senatore Giovanardi, avrei voluto vedere cosa avrebbe fatto lui se, nella sua città, Modena, il comune avesse autorizzato una manifestazione di quel genere. Quella manifestazione, infatti, è esattamente il contrario di quello che l'onorevole Giovanardi ci ha detto nella seconda parte del suo intervento.
Noi saremo sempre al suo fianco nella battaglia contro la droga, senza distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, affidandoci allo slogan «drogarsi fa male con qualsiasi cosa». È questo il messaggio che vogliamo mandare alle famiglie. Tuttavia, per tornare al problema, le ricordo che quella manifestazione reca questo slogan: «un irresistibile mix di allegria, spensieratezza, follia e militanza cannabinica». Questo è lo slogan di quella manifestazione. Pertanto, alle famiglie arriverà il suo messaggio - con le pagine di giornale che diranno «drogarsi fa male» - e, in contemporanea, mia figlia di quindici anni, a Bologna, potrà recarsi a questa manifestazione, dove ci sarà gente che le spiegherà che, invece, drogarsi non fa male. Cosa dirò a mia figlia? Che ha ragione lei, sottosegretario, o che ha ragione Cinquini, dagli arresti domiciliari? Sarà difficile spiegare questo.
Avrei voluto un intervento forte del Governo sul comune di Bologna, affinché quella manifestazione si vietasse. Quella manifestazione, infatti, è svolta in luoghi pubblici, non è tenuta da un privato che paga la sala o lo spazio pubblico e, come contribuenti, ci costerà due volte: da una parte, per lo spazio pubblico, e dall'altra, per le forze dell'ordine che verranno impegnate in quei tre giorni di manifestazione, e non avremo ottenuto alcun risultato. Noi saremo presenti a quella manifestazione, dal primo all'ultimo giorno, con dei tossicologi esperti, medici, e faremo avere una relazione su quello che viene esposto - e, a nostro avviso, anche venduto (poi lo proveremo) - in quel tipo di manifestazione. Ci aspettavamo, da questo Governo, un segno di discontinuità verso il passato che, davvero, in questo, non vedo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Questa si chiama malafede assoluta!

GIAN LUCA GALLETTI. Allora proibiscila!

Pag. 27

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Io non sono il comune di Bologna, parla con i tuoi amici (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico).

EMANUELE FIANO. Allora, vogliamo andare avanti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 12,25)

(Orientamenti del Governo in merito all'introduzione nel sistema fiscale di misure a favore dei nuclei familiari, anche a seguito della petizione popolare sottoscritta da oltre un milione di cittadini - n. 2-00025)

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di illustrare l'interpellanza urgente Casini n. 2-00025, concernente orientamenti del Governo in merito all'introduzione nel sistema fiscale di misure a favore dei nuclei familiari, anche a seguito della petizione popolare sottoscritta da oltre un milione di cittadini (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, ringrazio il Governo. La nostra interpellanza urgente prende spunto da una straordinaria iniziativa - che era stata prima anticipata, nella manifestazione del FAMILY DAY dell'estate scorsa, e che poi ha preso avvio, fin dai primi mesi dell'autunno, organizzata dal Forum delle associazioni familiari - «Firma per un fisco a misura di famiglia». Il testo della petizione, che ha raccolto qualcosa di più di 2 milioni e mezzo di firme in pochi mesi, chiede di introdurre, finalmente, in Italia un sistema fiscale basato non solo sull'equità verticale, ma anche sull'equità orizzontale. Il reddito imponibile, dunque, deve essere calcolato non solo in base al reddito percepito, ma anche in base al numero dei componenti la famiglia, con un sistema di deduzioni al reddito pari al reale costo di mantenimento per ogni soggetto a carico, sulla base delle scale di equivalenza indipendenti.
Come è noto, certamente, a tutti noi e, sicuramente, al nuovo Governo, il Presidente della Repubblica, qualche giorno fa, incontrando gli organizzatori di questa petizione (il Forum delle famiglie), ha trasmesso un messaggio all'Assemblea, con le firme di sottoscrizione, sottolineando la necessità che il Parlamento affronti i temi delle politiche della famiglia con urgenza.
Così ha fatto il Presidente Gianfranco Fini, condividendo pienamente le considerazioni del Capo dello Stato e trasmettendo la petizione alle Commissioni competenti.
Per l'ennesima volta l'ISTAT - che più di una volta era intervenuto nel corso dell'anno solare 2007 sul tema della difficoltà delle famiglie, del crollo dei redditi e del problema drammatico di arrivare alla fine del mese - ha reso noti i suoi dati; gli ultimi ci informano che tali difficoltà riguardano il 34,7 per cento delle famiglie italiane, mentre il 59,5 per cento ha una certa difficoltà a giungere alla fine del mese.
Anche in base a tutto questo abbiamo presentato la nostra interpellanza e chiediamo al Governo se non ritenga, a fronte anche degli impegni presi dalla maggioranza e dal Popolo della Libertà in campagna elettorale, di inserire tra gli obiettivi prioritari del Governo, a partire dal testo del DPEF, i contenuti della petizione popolare del Forum delle famiglie.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, nelle risposte alle interpellanze devo innanzitutto ricordare a me stesso e ai colleghi i limiti e gli ambiti in cui il Governo si muove in costanza della Costituzione vigente.
Come è noto nel Titolo V, articolo 114, essa dichiara che la Repubblica è costituitaPag. 28da Stato, regioni, province e comuni, ognuno dei quali si trova a pari livello costituzionale. Pertanto, nel nostro Paese il Governo ha le sue competenze e gli enti locali hanno le loro; agirebbe in senso contrario alla Costituzione un Governo che intendesse imporre agli enti locali decisioni sulle quali essi sono totalmente e completamente autonomi. Più di una moral suasion, come si suol dire, un Governo non può fare.
Per ciò che riguarda l'interpellanza in esame, invece, è vero che è la prima volta che ci confrontiamo in Parlamento su determinati argomenti, e forse sarebbe meglio inquadrare la domanda specifica svolta dall'interpellante in un discorso più generale. Infatti, si sta parlando di misure a favore della famiglia e non sarebbe male ricordare che per questo Governo e per questa maggioranza quando si parla di famiglia si intende la famiglia così come scolpita dalla Costituzione laica e repubblicana, che parla di una società naturale fondata sul matrimonio. Questo è ciò che intendiamo per famiglia, ferma restando, naturalmente (lo abbiamo detto mille volte), l'esaltazione, la valorizzazione e la difesa dei diritti individuali in ogni forma di convivenza, con attenzione all'evoluzione giurisprudenziale rispetto a situazioni paragonabili a quella della famiglia. Ricordo la sentenza della Corte di cassazione di pochi giorni fa che, giustamente, ha paragonato il maltrattamento della convivente a quello della moglie. Il soggetto di cui vogliamo parlare è però quello che ho indicato e credo che l'attenzione nostra, ma spero dell'intero Parlamento, sia rivolta ai contenuti delle politiche più che a questioni ideologiche, quali quelle che hanno affaticato la scorsa legislatura (i Dico e altre formule simili).
Poco tempo fa l'onorevole Bindi mi chiedeva di un'intervista che avevo rilasciato al Corriere della sera in cui riconoscevo una serie di provvedimenti positivi adottati dal precedente Governo e aggiungevo che se il precedente Governo avesse pubblicizzato di più alcune misure a favore della famiglia, rispetto al dibattito su altre forme di matrimonio, di serie A o di serie B, il dibattito stesso forse ne avrebbe guadagnato, come ne abbiamo guadagnato noi. Così non è stato, e credo che adesso sia necessario il concorso di tutti per mettere a fuoco la situazione.
Richiamo i noti dati dell'ISTAT che sono stati pubblicati recentemente, nonché il libro di Piero Angela: entrambi denunciano una situazione familiare che fra denatalità da una parte e difficoltà economiche dall'altra mette davvero a rischio la sopravvivenza di questo istituto fondamentale per la nostra società.
Attualmente la normativa in vigore è piuttosto complessa e frastagliata. C'è una serie di provvedimenti, di cui ricordo quelli più importanti nel campo delle detrazioni.
Sono previste, ad esempio, la detrazione di 800 euro per figlio - 900 per i figli minori di tre anni - e l'aumento delle detrazioni a 220 euro per i figli portatori di handicap; è stato aumentato di 200 euro l'importo base della detrazione nel caso di un contribuente con più di tre figli, per ogni figlio, compresi i primi tre; vi è l'ulteriore detrazione per carichi di famiglia pari a 1.200 euro per famiglie con almeno quattro figli.
Sono tutte iniziative normative dei precedenti due anni, e si sommano ad altre iniziative degli anni precedenti, ed hanno come soggetto la famiglia, che naturalmente è destinataria anche di altri provvedimenti.
Nel primo decreto-legge varato da questo Governo esistono almeno tre misure che riguardano direttamente i problemi delle famiglie italiane. Mi riferisco, in primo luogo, alla misura relativa all'ICI: ci siamo detti tantissime volte che la prima casa è un bene primario per le famiglie; lo è nel momento in cui la acquistano, ma anche nel momento in cui, nell'evoluzione della situazione familiare nel tempo, il mantenimento della casa può diventare un problema se tale bene fondamentale è gravato da imposte.
È prevista, poi, la rinegoziazione dei mutui, un altro problema che riguarda particolarmente non soltanto le giovani coppie ma anche tutti coloro che hannoPag. 29pensato ad una stabilizzazione familiare attraverso l'acquisto di un alloggio e che sono stati messi in grave difficoltà dall'aumento del costo dei mutui.
La stessa misura della detassazione degli straordinari è indirettamente un aiuto per quel problema - ricordato dall'ISTAT - noto come il problema della quarta settimana, cioè la difficoltà delle famiglie, a causa della situazione determinatasi negli ultimi anni, ad affrontare, con il loro reddito, problematiche complesse, specialmente quando vi sono figli da mantenere.
Il problema principale è quello di riportare ad unitarietà tutte queste politiche attraverso un progetto complessivo. Non ho difficoltà a dire che abbiamo apprezzato l'iniziativa del Forum delle famiglie e le indicazioni fornite, anche quella di utilizzare come strumento la deduzione più che la detrazione, per arrivare ad un più equo ed efficace intervento nei confronti delle famiglie.
Ribadisco - è previsto dal programma di Governo, e vogliamo arrivarci naturalmente con la gradualità necessaria - che il raggiungimento di una vera equità fiscale è affidato ad una complessiva riforma del sistema, sostanzialmente attraverso lo strumento del quoziente familiare, che va applicato e realizzato, che abbia alla base, come soggetto imponibile, non più l'individuo, ma il nucleo familiare in quanto tale.

PRESIDENTE. L'onorevole Volontè, ha facoltà di replicare.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, mi spiace dichiararmi insoddisfatto, e francamente sono un po' in imbarazzo, ma non voglio neanche sembrare ironico. Mi aspettavo una risposta al quesito, che era semplice: abbiamo intenzione o no di inserire il tema, sottoposto, attraverso la petizione, alla firma di milioni di persone, che è diventato il tema della proposta di legge e dell'impegno di Governo sul quoziente familiare, all'interno del Documento di programmazione economico-finanziaria di quest'anno? La risposta non c'è, e di fronte ad una mancanza di risposte non si può che rimanere sconcertati.
Aggiungo, però, che ho avuto l'onore - io semplice deputato - di avere come collega l'onorevole Giovanardi, e non mi sarei mai aspettato, oggi, di ascoltare l'elenco di quelle misure - nei confronti delle quali continuo ad avere personalmente una posizione critica - che - come hanno voluto le circostanze - sono state introdotte nel sistema fiscale degli ultimi due anni dall'attuale Vicepresidente della Camera (che oggi presiede l'Aula) onorevole Bindi. Invece ho sentito qui che c'è stato un grande apprezzamento.
Io stesso, avendo avuto l'onore di presiedere quel gruppo parlamentare, ricordo che abbiamo più volte criticato il Governo Prodi per l'utilizzo del sistema delle detrazioni, che avrebbe portato ad un depauperamento delle famiglie proprio a causa della crescita, poi, delle spese per le addizionali regionali e comunali.
È una cosa che poi è avvenuta: su questo abbiamo sostenuto una battaglia, non senza una qualche presa d'atto della situazione non politica, ma economica, che si stava svolgendo nel Paese. Bene ha fatto l'onorevole Giovanardi a ricordare come questi dati dell'ISTAT erano stati in qualche modo anticipati da altri rapporti che lo stesso ISTAT aveva pubblicato durante tutto il corso del 2007 (ho imparato anche questa cosa, e ne do atto all'amico e sottosegretario Giovanardi). Rimango della mia opinione, evidentemente, e la mia opinione non è solo che si sta parlando in questa interpellanza, come ci ha ricordato il sottosegretario Giovanardi, delle famiglie fondate sui matrimoni. Mi sarei aspettato che invece di citare il libro di Piero Angela citasse ciò che ha anticipato e ha commentato i dati dell'ISTAT del 2007, vale a dire il libro di Pierpaolo Donati, che ha avuto qualche critica anche dallo staff dell'allora Ministro Bindi, proprio perché cercava di analizzare alcune difficoltà che avevano le famiglie nella prospettiva dei prossimi anni.
Non penso che siano sufficienti i provvedimenti sull'ICI, seppure importanti, già anticipati nel 40 per cento dal GovernoPag. 30precedente, perché il provvedimento sull'ICI è un provvedimento che non tiene conto, evidentemente, non solo del testo dell'interpellanza, ma anche dei carichi familiari; anche l'importante provvedimento sui mutui non tiene conto di quello che era l'oggetto di questa interpellanza; così pure il tema degli straordinari, importantissimi, ma le detassazioni valgono per i single come per i padri di famiglia, con la differenza che i padri di famiglia e le madri di famiglia, per prendere più soldi, devono stare più tempo fuori casa: forse non è il massimo degli aiuti alle famiglie!
Dunque, siamo in presenza di una domanda che non ha avuto una risposta. Ricordo oggi - è stato reso noto qualche minuto fa - un dato interessante: nei primi quattro mesi l'extragettito è di 800 milioni di euro (non chiedo che siano destinati al primo passaggio importante del quoziente familiare, non lo potevo chiedere perché non sapevo quale fosse l'extragettito).
Concludo questo mio intervento, nella perplessità generale di questo mio commento, tornando a chiedere al sottosegretario che ha la delega per le politiche familiari, l'onorevole Giovanardi, stimato collega di questo Governo, di tenere conto, invece, di questo dato: 800 milioni di euro di extragettito sono una parolina. Chiediamo all'onorevole Giovanardi una parolina: che suggerisca una parolina al Ministro dell'economia, perché ci sia dentro il DPEF quella parolina che stava all'inizio del programma elettorale del PdL, all'inizio del programma elettorale dell'attuale maggioranza, di un'ampia maggioranza, che ha preso un ampio numero di consensi mettendo al primo posto il quoziente familiare.
Ho chiesto e chiedo all'onorevole Giovanardi di fare questo sforzo - non di coerenza personale, perché è chiaro che questa c'è e auspichiamo tutti che si mantenga nel tempo - per poter mettere nel DPEF - se non al primo punto, veda lui in quale - l'impegno a introdurre il quoziente familiare, cioè a introdurre quella formulazione che, in qualche modo, raccoglie in maniera coerente lo sforzo che negli ultimi due anni ha interessato maggiormente il Forum delle famiglie e che ha portato tale Forum e due milioni e mezzo di persone prima nella piazza San Giovanni, poi a presentare una petizione.
Era così difficile questa domanda? Penso che non sia una domanda difficile, che non sia uno sforzo difficile e che, se dovessero fare questo, il sottosegretario Giovanardi e questo Governo avranno tutto il contributo positivo non solo di una discussione generale, ma anche di una proficua collaborazione parlamentare.
Sul perché non sia stata data una risposta, lascio all'Aula tutte le possibili deduzioni, tutte le possibili riflessioni che ognuno di noi possa o voglia fare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Sarubbi).

(Iniziative per la messa in sicurezza dell'autostrada A7 Genova-Serravalle Scrivia - n. 2-00016)

PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00016, concernente iniziative per la messa in sicurezza dell'autostrada A7 Genova-Serravalle Scrivia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il motivo per cui, insieme ai colleghi del gruppo del Partito Democratico, ho presentato questa interpellanza urgente discende dall'estrema attualità delle questioni che oggi voglio sottoporre all'attenzione del Governo, e soprattutto dall'esigenza che le iniziative necessarie per porre rimedio alla situazione di criticità e pericolo, che periodicamente si ripropone lungo il tracciato dell'autostrada A7 Genova-Serravalle Scrivia, vengano prese immediatamente in considerazione e trovino una risposta adeguata, prima che l'attualità della cronaca venga superata, e con ciò magari si possa ritenere che non sussista più l'urgenza di dare seguito alle iniziative necessarie.Pag. 31
Voglio infatti preliminarmente ricordare quanto accaduto in data 21 maggio scorso a Serravalle Scrivia: un grave incidente stradale in cui ha perso la vita un giovane conducente di un'autocisterna di nazionalità turca, ennesima vittima di incidente sul lavoro cui va il nostro pensiero, precipitato da un viadotto, con conseguente emergenza ambientale determinata dallo sversamento nel sottostante torrente Scrivia delle sostanze nocive e infiammabili trasportate, con chiusura precauzionale delle prese dell'acquedotto Acos, che serve i comuni a valle dell'incidente, in particolare il comune di Novi Ligure, con successiva dichiarazione di non potabilità dell'acqua fino al 25 maggio. Tutto ciò non riveste carattere di eccezionalità. Infatti, benché i livelli di incidentalità rilevati sul tronco autostradale, secondo i dati forniti dal Ministero delle infrastrutture il 1o agosto 2007, in occasione del mio precedente atto di sindacato ispettivo in materia, non siano da considerare gravi, in realtà, a causa delle caratteristiche e della tortuosità del tracciato, ormai vetusto e non corrispondente alle attuali moderne esigenze di mobilità delle persone e delle merci, ed essendo il torrente Scrivia fonte di approvvigionamento primaria degli acquedotti dei comuni rivieraschi, gli incidenti che si sono succeduti nell'ultimo decennio hanno sempre causato disagi e allarme igienico-sanitario, oltre a vittime e feriti, allorquando venivano coinvolti veicoli per l'autotrasporto di merci e sostanze tossiche e nocive, precipitate nelle acque del torrente che affianca praticamente tutta la tratta autostradale oltre l'Appennino e ne è attraversato mediante ponti e viadotti, come quello in cui è avvenuto l'incidente del 21 maggio scorso.
Per non riandare ad episodi anche molto lontani nel tempo, come il caso dell'inquinamento da fenolo nel 1978 con chiusura degli acquedotti per circa un mese, solo dal 2002 sono stati ben nove i casi in cui i carichi inquinanti trasportati da vari automezzi sono finiti nelle acque sottostanti in vari punti del tracciato, sia sul territorio ligure sia su quello piemontese, con ripetute ordinanze dei sindaci per la non potabilità delle acque.
Nonostante nel frattempo siano state realizzate molte opere di difesa delle prese di captazione delle acque, e siano state anche attivate modalità di approvvigionamento alternative ed integrative che, soprattutto in caso di emergenza, si sono rivelate efficaci per garantire i servizi socio-sanitari e per le attività produttive, permane una situazione di grave disagio e pericolosità che va affrontata urgentemente per due ragioni. La prima, dichiarata e fondamentalmente socio-economica e ambientale per un territorio di quasi 100 mila abitanti, è quella di ridurre al minimo i rischi di potenziale inquinamento idrico causato da incidentalità stradale, che permane nonostante gli interventi realizzati in passato dai comuni e dalle aziende di gestione del servizio idrico integrato.
L'altra ragione concerne la sicurezza della circolazione stradale e l'efficienza di un'infrastruttura autostradale, la vecchia Camionale, che risale al 1936 - fu la prima in Italia - e proprio perciò fu realizzata con criteri costruttivi oggi superati e non più consoni allo sviluppo urbanistico successivamente intervenuto in Valle Scrivia. Bisogna ricordare che in quell'area, a partire dagli anni Sessanta, si è realizzato uno sviluppo industriale importante, con l'insediamento di grandi complessi produttivi (soprattutto nei settori metallurgico, metalmeccanico e dolciario), di aree logistiche collegate al sistema dei porti liguri, di grandi centri commerciali come il più recente outlet di Serravalle Scrivia. Perciò, i flussi di traffico si sono notevolmente ampliati e - nonostante nel frattempo sia stata realizzata l'autostrada A26, che, partendo da Voltri, dirige verso il nord del Piemonte e Milano passando sotto il Turchino - la A7, che passa sotto i Giovi, rimane il collegamento fondamentale fra l'area padana e la Liguria, soprattutto in direzione del centro e del sud d'Italia.
Ecco perché l'autostrada A7, oltre ad essere diventata un collo di bottiglia nelPag. 32quale, in corrispondenza del nodo di Genova, si riversa quotidianamente un flusso veicolare sempre più insopportabile, rappresenta ormai anche simbolicamente un esempio di opera autostradale superata dai tempi: essa richiede dunque una drastica ristrutturazione, nei limiti delle condizioni geomorfologiche e di urbanizzazione date, e vanno per essa previste regole di utilizzo atte a minimizzare i rischi che permangono, in particolare per il traffico pesante, nonostante gli interventi realizzati anche di recente (risagomatura di gallerie, pavimentazione speciale ad altissima aderenza, installazione di nuovi pannelli segnaletici e di tutor e box autovelox per il controllo della velocità, nonché, soprattutto, svolgimento di più efficaci e intensi controlli da parte della polizia stradale).
Perciò, signor sottosegretario, è necessario che il Governo, anche prendendo spunto dall'ultimo drammatico incidente, faccia proprie le istanze che provengono dalle comunità locali e di cui si sono fatti interpreti gli assessori regionali alle infrastrutture delle regioni Piemonte e Liguria, che le hanno chiesto un incontro in questi giorni, nonché il sindaco di Novi Ligure, che le ha appena inviato una lettera nella quale sono riassunti i provvedimenti richiesti, a cominciare dal divieto di transito per i mezzi pesanti che trasportano sostanze nocive pericolose (da trasferire preferibilmente su rotaia o su percorsi autostradali alternativi) e dalla messa in sicurezza del tracciato attraverso modifiche sostanziali nei punti critici, soprattutto in corrispondenza degli attraversamenti dei centri abitati. Si richiede, in particolare, un intervento del Governo nei confronti della società Autostrade per l'Italia, che ha in concessione il tronco autostradale: ciò a maggior ragione, signor sottosegretario, dopo che, con l'articolo aggiuntivo inserito in sede di conversione del decreto-legge n. 59 del 2008, è stata di fatto introdotta una sanatoria delle convenzioni sottoscritte dalle società concessionaria autostradali, con un adeguamento dei pedaggi dal quale vi è perciò da attendersi una risposta adeguata alle esigenze del miglioramento dell'efficienza e della sicurezza dei tratti autostradali in concessione.
Pertanto - e mi avvio a concludere - con la presente interpellanza urgente chiediamo, signor sottosegretario, quali iniziative il Governo intenda promuovere con la società Autostrade per l'Italia, che gestisce la A7, anche in relazione agli obblighi convenzionali che fanno capo alla stessa, per realizzare interventi risolutivi atti a migliorare la percorribilità dell'autostrada, provvedendo, in particolare, a realizzare le opere necessarie per eliminare le situazioni di maggior criticità, soprattutto in corrispondenza di viadotti, ponti e curve pericolose disseminati in molti tratti dell'arteria e negli attraversamenti urbani; quali provvedimenti intenda assumere, in particolare, affinché i trasporti di sostanze pericolose possano avvenire in condizioni di maggiore sicurezza, a tutela dell'ambiente e della salute della popolazione, valutando l'opportunità di vietarne il transito in quel tronco autostradale e di renderne obbligatorio il trasporto su rotaia; se non ritenga infine utile convocare con urgenza un tavolo di concertazione locale - questo è quel che le chiedo - con la società Autostrade per l'Italia e con gli enti locali e le regioni Piemonte e Liguria, per assumere i provvedimenti conseguenti e per affrontare la situazione infrastrutturale dell'area interessata, anche alla luce dei progetti in atto in campo stradale, autostradale e ferroviario.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Mario Mantovani, ha facoltà di rispondere.

MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, signori colleghi e colleghe, intervengo per la prima volta in quest'Aula e quindi chiedo sin d'ora scusa qualora dovessi imbattermi in qualche imbarazzo.
L'interpellanza parlamentare n. 2-00016 dell'onorevole Lovelli ed altri pone il problema della realizzazione di interventi risolutivi atti a migliorare la percorribilità dell'autostradaPag. 33A7 Genova-Serravalle gestita dalla concessionaria Autostrade per l'Italia Spa.
Per quanto concerne la possibilità di realizzare nuovi interventi al fine di eliminare le situazioni di maggiori criticità, si concorda naturalmente con l'osservazione degli interpellanti che una decisione in tal senso debba scaturire, come richiesto, da un tavolo collegiale, cui partecipino le istituzioni regionali e locali, coordinato auspicabilmente dal prefetto di Genova.
Peraltro, la società concessionaria si è già resa disponibile con la regione Piemonte e con la regione Liguria a partecipare ad un eventuale tavolo di concertazione mirato al miglioramento della sicurezza sulla rete autostradale ligure. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per quanto di competenza, conferma la propria disponibilità a promuovere tale iniziativa.
Per quanto attiene alle osservazioni in merito ai trasporti eccezionali e alle merci pericolose, premesso anzitutto il richiamo al rigoroso rispetto delle disposizioni normative in materia di circolazione, si rileva che il transito di detti mezzi è contenuto in apposite in fasce orarie con tassativa esclusione delle ore di punta e che i mezzi eccedenti in sagoma la larghezza di 3,50 metri e/o l'altezza di 4,30 metri vengono utilizzati unicamente nelle ore notturne.
Circa il divieto prospettato dagli interpellanti al trasporto di merci pericolose, si deve osservare che tale interdizione non può prescindere da uno studio approfondito circa l'esistenza di possibili itinerari alternativi ovvero da un dirottamento su rotaia di cui andrebbe preliminarmente verificata la fattibilità.
In tale ottica, il Ministero, attraverso le proprie strutture competenti, conferma la propria disponibilità alla partecipazione ad un eventuale tavolo di concertazione con tutti i soggetti interessati.
Peraltro, sul tema del trasporto di merci pericolose lungo la A7 la società concessionaria dichiara di aver posto particolare attenzione. Ne è testimonianza la partecipazione attiva ed il contributo di esperienza manifestate anche nella partecipazione al progetto DAGOT, organizzato dalla regione Liguria e sponsorizzato da Autostrade per l'Italia, sotto il patronato del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Nel corso di questo progetto sono state prospettate diverse soluzioni tecniche per il tracciamento ed il riconoscimento dei mezzi che trasportano merci pericolose, ma è emersa in modo sostanziale la necessità di dare vita ad una agenzia nazionale o addirittura europea che possa avviare tutte le attività di prevenzione e gestione nell'ambito di temi della logistica così delicati.
La possibilità di operare un incisivo trasferimento dei transiti delle merci pericolose dalla A7 alla A26 - comunica l'ASPI - è di fatto fortemente limitata dalla consistente presenza in valle Scrivia di insediamenti di trasformazione di prodotti petroliferi ed industriali in genere, meta ed origine di tali merci.
Un altro rilevante elemento ostativo è generato dalla comprensibile problematicità di veicolare un'ulteriore quota delle merci pericolose attraverso il tratto urbano dell'A10, posto tra le intersezioni con l'A7 e con l'A26 che, come è noto, si snoda in adiacenza ad un tessuto urbano ad alto insediamento.
Sull'implementazione del livello di sicurezza lungo l'autostrada A7, si rappresenta che, nonostante le caratteristiche geometriche della strada che si sviluppa in un contesto morfologicamente tormentato, negli ultimi anni c'è stata un'intensa attività per migliorare le condizioni di sicurezza, con interventi specifici, quali: la rigenerazione di 35 mila metri quadri di nuova pavimentazione, pari a chilometri 35 di autostrada; la posa in opera di elementi di grip road di massima aderenza, in cinque curve tra i chilometri 86 e 123; la nuova segnaletica con particolari accorgimenti (visual) nelle curve più strette; il controllo della Polizia stradale su sagome e velocità dei mezzi pesanti; infine, l'installazione di 15 nuovi pannelli a messaggio variabile per le informazioni in entrata.
A seguito dei risultati positivi registrati sulle numerose tratte della rete autostradalePag. 34in cui ha già trovato applicazione, è stato previsto inoltre l'impianto di un Tutor lungo la carreggiata sud dell'A7 nel tratto tra Busalla e Bolzaneto. Sul rimanente tracciato dell'A7, nel corso del corrente anno, si procederà alla messa in opera del sistema Tutor in ulteriori cinque tratte (due discendenti e tre ascendenti).
A seguito di tutti gli interventi realizzati, la società concessionaria fa conoscere che, confrontando il dato consuntivato a tutto il 2007 con i valori registrati nel 2002, i tassi di mortalità e di incidentalità globale sulla A7 (numero di decessi e numero di incidenti ogni 100 milioni di chilometri percorsi) sono diminuiti, rispettivamente, del 33 per cento e del 26 per cento recentemente.
Naturalmente la A7, per la particolare tortuosità del tracciato e la frequenza di gallerie, resta un'autostrada che consente, ai mezzi pesanti in particolare, pochi margini di recupero rispetto agli errori alla guida, a distrazioni o ad inadeguate condizioni dei pneumatici o dell'impianto frenante; cause che, dalle prime risultanze, sembrerebbe all'origine anche del recente incidente mortale, da lei citato nell'interpellanza, avvenuto il 21 maggio scorso al chilometro 85 poco prima dello svincolo di Serravalle Scrivia che è stato il primo segnalato nel medesimo chilometro dal 1o gennaio 2007.
Mi premurerò, comunque, di prendere nota e atto della missiva del sindaco di Novi Ligure e di operare in proposito.

PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli ha facoltà di replicare, per dieci minuti.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario della risposta, per la quale mi dichiaro parzialmente soddisfatto. Sarò completamente soddisfatto se poi vi sarà un'iniziativa che chiedo ora in modo più stringente e ritengo che il sottosegretario, non adesso ma con i fatti, potrà darci una risposta definitiva.
La ricostruzione della situazione pregressa che riguarda quel tratto di autostrada è stata fatta in modo oggettivo; si tratta di dati che conoscevamo in parte e che sono anche conseguenti alle sollecitazioni e alle prese di posizione assunte nel corso degli anni che hanno portato la società gestrice a realizzare gli interventi che lei, sottosegretario, ha ricordato in quest'Aula. Naturalmente, ciò vale anche per il fatto che, date le caratteristiche di quel tracciato autostradale, è evidente che, se non c'è una modifica strutturale importante, la criticità che riguarda in particolare il transito dei mezzi pesanti continuerà a permanere.
È evidente, infatti, che, nel luogo dove è avvenuto l'ultimo incidente, in cui lei rilevava che non erano avvenuti incidenti analoghi nel corso di quest'anno (un punto che conosco naturalmente molto bene, con limiti di velocità e altri fattori che portano in genere ad un rallentamento del traffico), la perdita di controllo di un mezzo pesante ha conseguenze molto gravi. Da questo punto di vista, pertanto, vorrei risollecitare il Ministero, nella persona del sottosegretario, affinché venga affrontata in modo deciso la questione della regolamentazione del passaggio e del traffico dei mezzi pesanti, che oggi - con la regolamentazione che lei ha ricordato - avviene in determinate fasce orarie. Ciò non toglie che l'incidente, nel momento in cui avviene, comporta determinate conseguenze, per le ragioni spiegate in sede di illustrazione della mia interpellanza urgente.
L'ordinanza che disciplina il transito delle merci pericolose, pertanto, va affrontata. Naturalmente, ho ben presenti le questioni riguardanti il passaggio all'interno del centro abitato di Genova, che sarebbero determinate dallo spostamento integrale delle merci sulla A10 verso la A26. Ciò va tenuto in considerazione, ma si tratta di un problema da riaffrontare, anche nell'ambito della criticità del nodo di Genova. A monte di questa situazione esistente nella parte piemontese, infatti, deve essere affrontato decisamente il progetto della gronda di Genova, unitamente alle questioni che lei avrà tempo di approfondire nel corso della sua attività.
Lei ha manifestato disponibilità a partecipare ad un tavolo collegiale e coordinatoPag. 35dal prefetto. Intanto, vorrei ricordare che il punto di vista è ligure e piemontese. Nel caso della criticità che ho sottolineato, esso è soprattutto piemontese; bisogna quindi decidere se effettuare la convocazione del tavolo presso la prefettura di Genova o quella di Alessandria. Il problema non è questo, ma riguarda il fatto che il tavolo deve essere convocato. Più che una disponibilità a partecipare, pertanto, le chiedo la disponibilità a convocare il tavolo: sia convocato il tavolo, si affrontino a quel livello - fra le due regioni, le due province e gli enti locali rivieraschi e la società Autostrade - le problematiche e si metta sul tavolo anche il complesso dei progetti che, in materia autostradale, stradale e ferroviaria, incidono su quell'area. Questa sarebbe un'occasione importante, perché consentirebbe di avviare anche un programma strategico e infrastrutturale molto sentito nella zona.
In conclusione, le chiedo di convocare il tavolo con molta urgenza, perché il problema è oggi alla nostra attenzione. Non mancherà, certamente, la disponibilità anche dei parlamentari provenienti da quell'area a dare un contributo. Penso che non si debba perdere l'occasione per affrontare una volta per tutte una questione che è molto sentita dalla popolazione e che, purtroppo, ogni volta che accadono incidenti, causa conseguenze molto negative.

(Iniziative urgenti in relazione all'annunciata soppressione di venti treni intercity ed eurocity da parte di Trenitalia - n. 2-00022)

PRESIDENTE. L'onorevole Sani ha facoltà di illustrare l'interpellanza urgente Ceccuzzi n. 2-00022, concernente iniziative urgenti in relazione all'annunciata soppressione di venti treni intercity ed eurocity da parte di Trenitalia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

LUCA SANI. Signor Presidente, insieme ad altri quaranta deputati del Partito Democratico abbiamo presentato l'interpellanza urgente Ceccuzzi n. 2-00022 perché mossi dalla preoccupazione ed anche dalla contrarietà rispetto alla soppressione di venti treni che si preannuncia con l'entrata in vigore del prossimo orario di Trenitalia, a partire dal 15 giugno prossimo.
I tagli di cui si fa menzione sono provvedimenti già annunciati e che, comunque, erano stati sospesi grazie ad un proficuo confronto fra il precedente Governo e la regione Toscana, basato anche su impegni concreti. Da questo punto di vista, la regione Toscana ha dato la propria disponibilità ad investire 10 milioni in più sulla linea tirrenica, oltre ai 30 milioni già impegnati sui treni regionali, con l'obiettivo di migliorare la qualità del servizio ed ottenere un incremento consistente della popolazione pendolare, dagli attuali 200 mila ai 500 mila passeggeri, con effetti positivi, in primo luogo, sul traffico, sulla qualità di vita degli utenti e anche sull'ambiente.
Per questo motivo la regione Toscana ha partecipato a quel tavolo, chiedendo una sospensione, assumendo impegni concreti e chiedendo anche di rinviare provvedimenti simili fino all'entrata in funzione dell'alta velocità, prevista da qui ad un anno.
Inoltre, come dicevo prima, vi è stata anche un'iniziativa positiva del precedente Governo non solo di carattere politico, attraverso l'attivazione del tavolo, ma anche con l'adozione del decreto-legge dell'8 aprile scorso, in cui si prevedono 80 milioni di euro per garantire e assicurare la continuità dei servizi per i primi mesi del corrente anno.
Rispetto a questo, quindi, vogliamo conoscere quali iniziative intenda assumere il Governo alla luce dei tagli annunciati, per impedire che ciò avvenga o quanto meno per individuare le possibili soluzioni alternative.
Sia chiaro: tutti noi siamo favorevoli ad una riorganizzazione dei servizi ferroviari, se però sono indirizzati all'efficientamento del servizio, all'innalzamento della qualità offerta agli utenti e, soprattutto, se ciòPag. 36avviene - come si era avviato a fare - in accordo ed in cooperazione con e tra le regioni interessate.
Il programma di tagli che, invece, viene posto alla nostra attenzione, per come viene attuato, ha solo l'obiettivo di recuperare economie e penalizzerà fortemente alcune stazioni. In Toscana si tratta delle stazioni di Arezzo, Chiusi, Siena, Grosseto, Livorno, Massa e Prato, con - come si può capire - un impoverimento complessivo dell'offerta ferroviaria nella nostra regione e con un'ulteriore perdita di quantità del servizio. Ci aspettiamo, quindi, iniziative importanti rispetto al recupero di una situazione già difficile per il trasporto ferroviario in Toscana.
Confesso anche una forte preoccupazione - lo devo dire - per i provvedimenti che questa mattina sono stati annunciati. Si tratta di una preoccupazione legata ai tagli che si prevedono sull'intero sistema infrastrutturale del Paese contenuti nel decreto fiscale. Sono dei tagli a trecentosessanta gradi (dalle strade al sistema ferroviario) che ci preoccupano, perché rimaniamo convinti che la crescita del Paese dipenda molto anche dalla modernità del proprio sistema infrastrutturale e in particolar modo dall'offerta di mobilità. Crediamo anche che, attraverso un sistema della mobilità moderno ed efficiente, si affermi anche il principio delle pari opportunità tra i cittadini nella società di oggi, soprattutto per i giovani con riferimento alla possibilità di raggiungere i luoghi di studio e di lavoro e nel contempo rimanere legati ai territori di provenienza. Pensiamo al riguardo che l'investimento nel sistema ferroviario a garanzia dei servizi, l'innalzamento della qualità dei trasporti possano consentire all'intero sistema Paese di fare un passo in più nella direzione dell'ammodernamento della qualità della mobilità al pari degli altri Paesi europei. I contenuti del decreto fiscale, da questo punto di vista, ci preoccupano molto e per questo siamo interessati a conoscere quali sono le iniziative che il Governo intende assumere.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Mario Mantovani, ha facoltà di rispondere.

MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, colleghe e colleghi, onorevole Ceccuzzi, per quanto riguarda l'interpellanza presentata, prima di esprimere una valutazione sul piano di Trenitalia Spa di procedere alla soppressione di alcuni collegamenti ferroviari nel territorio della regione Toscana (da Firenze a Grosseto e da Arezzo a Prato) ma che coinvolgono anche altre regioni italiane, si forniscono alcuni dettagli sulla questione così come ci si è presentata all'insediamento del nuovo Governo. Il 14 marzo del 2008 era stato sottoscritto un accordo tra il Ministro dei trasporti pro tempore e l'amministratore delegato di Trenitalia Spa. Tale accordo individua un perimetro di servizi di trasporto ferroviario di media e lunga percorrenza mantenuti in esercizio - ancorché caratterizzati da risultati economici negativi - a fronte dello stanziamento di 104 milioni di euro disposto dalla legge finanziaria 2008 (articolo 2, comma 252). Esso costituisce una soluzione - per così dire - «ponte», nelle more cioè dell'espletamento dell'indagine conoscitiva prevista dall'articolo 2, comma 253, della legge finanziaria 2008, e della conseguente ridefinizione del perimetro dei servizi di utilità sociale da regolare con contratto di servizio.
L'accordo include, in linea di massima, i servizi intercity-notte, intercity e assimilabili; tuttavia considerato il budget disponibile nonché le alternative di trasporto esistenti, sia intra-modali che inter-modali, esso non comprende i servizi prestati sulla cosiddetta «rete forte» (Milano-Napoli Torino-Venezia, Bologna-Padova-Venezia) ed include alcuni Eurostar che, per fermate e velocità commerciale, sono riconducibili a servizi intercity (Roma-Perugia, Roma-Lecce, Roma-Taranto, Roma-Reggio Calabria).
Oltre a quanto contenuto nell'accordo di cui sopra, è tuttora vigente il contratto di servizio che disciplina - per quanto quiPag. 37rileva - l'erogazione degli Espressi notte. Nelle scorse settimane Trenitalia ha dato comunicazione, nel corso di specifici incontri, di alcune variazioni previste dal prossimo 15 giugno. Alcune limitate modifiche riguardano servizi inclusi nell'accordo del 14 marzo scorso e interferiscono, in particolare, con treni a circolazione periodica che a giugno prossimo avranno già esaurito il numero annuo di giorni di circolazione previsti. Su tali rimodulazioni, tra l'altro, sono tuttora in corso verifiche e approfondimenti con l'impresa ferroviaria.
Ulteriori e più consistenti variazioni risultano, altresì, programmate per i servizi in autonomia commerciale. Tenuto conto che - come è emerso in alcuni incontri tecnici anche con la regione Toscana - soprattutto queste ultime risultano provocare le criticità più elevate, lo scorso 20 maggio questo dipartimento ha chiesto a Trenitalia di formulare una proposta di rimodulazione di breve periodo che consenta di evitare almeno le soppressioni maggiormente impattanti.
In sostanza, l'obiettivo è di inserire nel perimetro dell'accordo del 14 marzo scorso - nelle more della compiuta individuazione dei servizi di utilità sociale ex comma 253 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2008 - ulteriori servizi attualmente non inclusi in quanto relativi alla cosiddetta «rete forte».
Quanto sopra - salvo che non vengano stanziate ulteriori risorse ad hoc - a valere su altri servizi attualmente oggetto di contribuzione statale, pur con l'obiettivo primario di contenere il più possibile l'impatto sull'utenza e, dunque, tenendo conto, in primo luogo, del fattore di carico e/o dei risultati economici in rapporto al numero dei viaggiatori.
Quanto agli ulteriori riferimenti contenuti nell'atto ispettivo in oggetto relativamente ai servizi regionali si osserva che, a fronte della rilevata carenza di fondi e allo scopo di definire il fabbisogno di risorse necessario a garantire il mantenimento dell'attuale livello dei servizi, è stato a suo tempo attivato un tavolo tecnico tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia e delle finanze e Trenitalia Spa. A seguito dell'emanazione del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 60, il Ministero dell'economia e delle finanze sta effettuando approfondimenti e verifiche in ordine ai lavori del predetto tavolo.
Riguardo alla richiesta contenuta nell'atto ispettivo di convocare il tavolo di concertazione con Trenitalia e le regioni sull'argomento della soppressione dei collegamenti intercity previsti, si informa che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, senatore Altero Matteoli, rispondendo prontamente alle sollecitazioni che sono pervenute dalle amministrazioni locali nonché dalle realtà produttive, ha assunto la determinazione di affrontare personalmente la questione.
A tale scopo il Ministro Matteoli incontrerà oggi stesso l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. In tale incontro verranno esaminate tutte le ipotesi possibili atte a risolvere il problema, che rischia di produrre conseguenze altamente penalizzanti per le città colpite dai tagli. Si aprirà, quindi, un confronto che coinvolgerà anche gli enti locali che, da parte loro, già hanno espresso la disponibilità ad intervenire su tutti i fronti.

PRESIDENTE. L'onorevole Ceccuzzi ha facoltà di replicare.

FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare il sottosegretario, senatore Mantovani, al quale rivolgo anche gli auguri di buon lavoro, dal momento che ci ha detto che è la prima volta che viene in questa aula. Purtroppo, però, non possiamo dichiararci soddisfatti della sua risposta, perché avremmo voluto rassicurazioni in merito alla convocazione del tavolo.
Il tavolo di concertazione è decisivo per risolvere il problema dei treni soppressi, dal momento che la questione è già stata posta nel tavolo che si è svolto, prima del passaggio da un Governo all'altro, per esaminare le proposte avanzate dalla regione Toscana. È necessario che quelle proposte vengano esaminate e che sianoPag. 38discusse e concertate anche con altre regioni, perché più regioni, in cooperazione tra di loro, possono costruire un «piano tampone» che ci consenta di arrivare alla fine di quest'anno e perlomeno al 2009, quando entreranno in funzione i servizi di Alta velocità e si libereranno binari, quindi infrastrutture sulle quali si potranno organizzare servizi alternativi rispetto alla soppressione degli intercity.
Non è in discussione da parte nostra la libertà commerciale di Trenitalia di organizzare un piano industriale votato all'efficienza, all'economicità e - aggiungo io - anche all'innalzamento della qualità del servizio, del quale molti comitati di pendolari (ve ne sono ben undici in Toscana) da tempo denunciano condizioni carenti dal punto di vista igienico, del comfort delle carrozze, del riscaldamento durante l'inverno e dell'aria condizionata durante l'estate; condizioni assolutamente disagevoli in termini di organizzazione anche per quanto riguarda il mancato rispetto della puntualità degli orari.
Quindi, siamo favorevoli che Trenitalia abbia un proprio piano industriale votato all'efficienza, ma se la categoria commerciale degli intercity dovesse essere superata, perché ritenuta ormai non più rispondente a criteri di redditività ed anche di rispondenza del servizio per gli utenti, tra l'Eurostar Alta velocità e il servizio regionale, è evidente che dovranno essere pensate categorie di servizi di lunga percorrenza su tratti interregionali che coprano questa carenza.
Non sarebbe accettabile che, nel momento in cui entra in vigore l'Alta velocità, interi territori restino disagiati. Lo ha detto molto bene l'onorevole Sani prima di me e si potrebbe fare un lungo elenco di città capoluogo di provincia, che non riguardano solo la Toscana, e anche di stazioni importanti, che non sono capoluogo di provincia, ma attorno alle quali, come la stazione di Chiusi - che conosco bene - si è sviluppato a partire dal dopoguerra anche un distretto economico intorno al treno.
Dunque la riconversione posta in essere da Trenitalia - naturalmente con risorse pubbliche, perché, come sappiamo molto bene, con le sole risorse reperite sul mercato Trenitalia non potrebbe sopravvivere - deve essere ovviamente modulata dal Governo con gradualità.
Avremmo rivolto la stessa istanza al Governo Prodi qualora fosse stato ancora in carica. Lo abbiamo fatto nella scorsa legislatura.
Inoltre vorrei sottolineare una contraddizione: il decreto-legge 8 aprile 2008 n. 60, che lei citava poc'anzi, stanzia 80 milioni di euro per il trasporto ferroviario regionale, ma il decreto-legge pubblicato ieri sulla Gazzetta ufficiale che abbiamo appena avuto l'onore di leggere, taglia le risorse per 300 milioni di euro ed oltre, sopprimendo alcuni commi della legge finanziaria 2008, in particolare, il comma 304 e 305 dell'articolo 2. Tali risorse erano destinate al trasporto pubblico regionale, e in particolare, all'acquisto di mezzi tra cui i treni.
Quindi, da questo punto di vista, non si può invocare da parte del Ministero la compatibilità delle risorse entro le quali riorganizzare questo servizio, perché evidentemente si è fatta la scelta immediata, a pochi giorni dall'inizio di questa legislatura, di decurtare 300 milioni di euro dal trasporto pubblico regionale.
In conclusione, chiediamo di ripartire da dove era arrivato il Governo Prodi: si riunisca immediatamente questo tavolo e si sospendano i tagli all'intercity - quelli soppressi non sono alcuni, come lei ha detto ma, purtroppo, sono 20 e potrei citare questo elenco dolorosissimo per milioni di pendolari - e si lavori non solo sulla regione Toscana ma sull'intero territorio nazionale, affinché Trenitalia predisponga un piano industriale fino al 2009 in cui tra gli Eurostar Alta velocità e il trasporto pubblico regionale vi sia una categoria di treni che garantisca la transizione. Dopodiché è evidente che anche le lunghe percorrenze interregionali è probabile che passino al lavoro delle Regioni.
Infine, chiederemo nei prossimi giorni di ripensare a questi tagli perché tra di essi vi sono anche contraddizioni molto forti che riguardano lo stesso MinistroPag. 39delle infrastrutture e trasporti, il quale - noi lo abbiamo apprezzato - si prende cura della Grosseto-Fano, annuncia di volerci aiutare a velocizzare l'iter, che ci preoccupa molto, e poi, però, vengono tagliate risorse sulla Grosseto-Fano - poche, in verità, sei milioni di euro - che erano la leva alla quale avevamo pensato per coprire un mutuo che avrebbe garantito la cantierabilità di un lotto di Arezzo, che non è soltanto la prosecuzione della strada Grosseto-Fano, ma ha una funzione di tangenziale decisiva per quella città.
Ripensateci: noi presenteremo immediatamente proposte emendative, perché ci sembra una contraddizione molto grave.

(Problematiche relative alle procedure di selezione per l'accesso all'università - n. 2-00004)

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PdL) ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00004, concernente problematiche relative alle procedure di selezione per l'accesso all'università (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, accolgo il suo invito ad essere molto breve, anche perché non amo il vaniloquio.
Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, so che è un momento non facile per le nostre istituzioni scolastiche e universitarie, travagliate da una crisi senza precedenti e anche da confusione. Tuttavia, la invito comunque a non sottovalutare questo problema.
Vede, la storia dei problemi legati ai test di ammissione alle nostre facoltà mediche è una storia antica, una storia spesso scritta dai tribunali amministrativi regionali, dai pubblici ministeri, e qualche volta è stata scritta anche dai carabinieri e dalla guardia di finanza. È la storia degli avvilimenti e delle disillusioni di molti giovani, i quali nel Paese hanno avviato un dibattito sul problema più generale del diritto allo studio. Ogni anno, signor sottosegretario, su settantamila candidati, solo poco più di seimila vengono promossi. I test di ingresso non sono in grado di accertare se i promossi saranno medici migliori dei bocciati. «Il vero medico è colui che ha voglia di curare i malati e stare vicino al dolore»: queste sono le parole del mio maestro, Franco Mandelli, che è un ematologo di fama internazionale e che, probabilmente, non avrebbe superato i quiz predisposti dai suoi tecnocrati.
Vede, signor sottosegretario, è arrivato il momento di riformare l'intera materia e anche il corso formativo dei nostri medici. Non c'è tempo: dobbiamo dare un segnale immediato; si potrebbe fare, per esempio, una riforma alla francese. Però, nel poco tempo che ci resta fino ai prossimi test, che avverranno nel mese di settembre, possiamo fare due cose: introdurre una graduatoria nazionale degli aventi diritto all'accesso alle facoltà, in modo da evitare discriminazioni e difformità di giudizio, e ampliare il numero degli aventi diritto, sulla base non solo delle capacità di assorbimento delle facoltà, ma anche valutando il numero dei professionisti necessari.
Signor sottosegretario, so che lei non è competente in questa materia, ma deve agire di concerto col Ministero della salute. Non è vero che vi sono troppi medici in Italia: nei prossimi otto anni mancheranno medici in settori strategici del Paese (nei pronto soccorso, nelle rianimazioni); mancheranno medici per affrontare le nuove patologie emergenti, legate all'immigrazione, anche perché il numero dei posti assegnati alle singole facoltà è determinato sulla base degli iscritti all'ordine dei medici: anch'io sono iscritto all'ordine dei medici di Roma, ma non esercito più, come non esercitano più molti altri. Quindi, è il caso di rivedere il numero dei posti da assegnare alle singole facoltà: basterebbe questo segnale. Poi, dovremo affrontare anche il problema del numero chiuso nelle facoltà.
Concludo, rispettando l'impegno prima assunto, e lo faccio con la parole di una ragazza, una delle tante che è stata esclusa. Costei mi ha scritto: «Da piccola sognavo di fare il medico, ma non avevoPag. 40fatto i conti col fatto di vivere in un Paese dove i sogni sono a numero chiuso».

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Mario Pepe, si comunicano i seguenti elementi di risposta.
Riguardo l'opportunità di limitare le facoltà a numero chiuso, si ricorda che la normativa di riferimento in materia è la legge 2 agosto 1999, n. 264, che, all'articolo 1, comma 1, lettera a), indica quali corsi debbano essere programmati a livello nazionale, in conformità alla normativa comunitaria vigente ed alle raccomandazioni dell'Unione europea, che determinano standard formativi tali da richiedere il possesso di specifici requisiti di qualità.
In merito, poi, alla programmazione locale, quest'amministrazione, al fine di arginare il fenomeno della proliferazione dei corsi a numero chiuso, in attuazione dell'articolo 7 del decreto ministeriale 31 ottobre 2007, n. 544, avente ad oggetto i requisiti minimi per l'attivazione dei corsi di studio da parte degli atenei, ha attivato, per l'anno accademico 2008/2009 una procedura volta ad accertare la sussistenza dei requisiti richiesti dall'articolo 2 della citata legge n. 264 del 1999. Tale procedura è articolata su due livelli: il primo prevede un'apposita relazione favorevole del Nucleo di valutazione di ciascun ateneo sulla presenza dei requisiti predetti; il secondo consiste nell'esame, da parte del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario, delle richieste di attivazione dei corsi corredate dalla suddetta relazione. L'iter si conclude con l'emanazione di un decreto ministeriale.
Per quel che concerne l'esigenza di poter valutare la reale preparazione dei candidati, la costituenda commissione, incaricata della formulazione dei quesiti, sarà formata, come del resto è avvenuto anche negli anni accademici precedenti, non solo da docenti universitari, ma altresì da docenti della scuola secondaria superiore e predisporrà i test facendo riferimento ai programmi parte integrante del decreto che definisce le modalità e i contenuti delle relative prove di accesso: ciò consentirà di verificare realmente la preparazione degli studenti.
Circa l'opportunità di introdurre la graduatoria nazionale degli aventi diritto all'accesso alle facoltà degli anni accademici 2005/2006 e 2006/2007, questa è già stata predisposta a livello sperimentale, limitatamente al solo corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria, il cui minor numero di partecipanti alla prova di ammissione ne rendeva più semplice la gestione.
Tuttavia, la complessità della procedura, ma soprattutto la poca affidabilità, da parte degli studenti, nelle scelte delle sedi, che ha comportato nuovi e molteplici scorrimenti della graduatoria di merito, con il conseguente slittamento delle relative immatricolazioni ad anno accademico inoltrato, hanno messo in luce i limiti della graduatoria medesima, inducendo l'amministrazione a non rinnovare, per il momento, la sperimentazione. Sono tuttavia allo studio nuovi sistemi che consentano di superare le difficoltà predette.
In merito si precisa che la legge n. 264 del 1999 citata, già stabilisce che il numero di posti a livello nazionale deve essere determinato «sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo» e, pertanto, l'amministrazione, per legge, opera nel senso auspicato dall'interpellante, al quale si assicura che la complessa e delicata materia dell'accesso programmato continua ad essere oggetto di attenta valutazione.
Si comunica, infine, che con decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, sono state disciplinate le «Norme per la definizione dei percorsi di orientamento all'istruzione universitaria e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica, per il raccordo tra la scuola, le università e lePag. 41istituzioni per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica, nonché per la valorizzazione delle qualità dei risultati scolastici degli studenti ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea universitari ad accesso programmato».
Pertanto, gli istituti di istruzione secondaria superiore statali e paritari, nell'ambito della propria autonomia amministrativa, didattica, organizzativa e di ricerca, tenendo conto dei piani di orientamento predisposti dalle province, assicurano il raccordo con le università, anche consorziate tra loro, e le suddette istituzioni di alta formazione, al fine di realizzare specifici percorsi di orientamento di autovalutazione delle competenze; percorsi che, insieme alle attività di formazione e sviluppo, sono oggetto di previsione nel piano dell'offerta formativa e nel piano annuale delle attività di formazione in servizio.
Per la progettazione, la realizzazione e la valutazione dei citati percorsi e le relative iniziative, i soggetti coinvolti (istituti di istruzione secondaria superiore, università, istituzioni di alta formazione) stipulano specifiche convenzioni, anche con la partecipazione di altre istituzioni, enti, associazioni, imprese, rappresentanze del mondo del lavoro e delle professioni, che vogliano fornire il loro apporto con proprie risorse tecniche, umane, finanziarie, attrezzature e laboratori.
Il decreto in parola prevede anche l'istituzione di una commissione nazionale paritetica Ministero della pubblica istruzione e Ministero dell'università e ricerca, al momento non ancora unificati, con la partecipazione di una rappresentanza territoriale dei comuni, province e regioni, al fine di monitorare, in raccordo con l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell'istruzione (Invalsi) e con l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), le attività svolte ed i relativi risultati, esponendoli in una apposita relazione annuale, insieme a proposte per il potenziamento e lo sviluppo del raccordo tra i soggetti interessati.
Le amministrazioni, inoltre, avvalendosi della commissione, tenuto conto della programmazione territoriale, annualmente formulano un piano nazionale per l'orientamento e la valorizzazione della qualità dei risultati scolastici, indicandone priorità, progetti ed iniziative da realizzare e risorse disponibili. La commissione in parola opera senza alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica.

PRESIDENTE. L'onorevole Mario Pepe (PdL) ha facoltà di replicare.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sensibilità, comunque, signor sottosegretario, continueremo a stimolarla e a sorvegliarla su questo problema.

PRESIDENTE. Secondo quanto preannunziato, considerata l'ora, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,45 con lo svolgimento delle ulteriori interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 13,40 è ripresa alle 14,45.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Bonaiuti, Brancher, Casero, Colucci, Cota, Crimi, Donadi, Gelmini, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Martini, Ronchi, Saglia, Soro, Stucchi, Urso, Valducci, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Misure per l'adeguamento strutturale e per il rilancio dell'arsenale militare di Taranto - n. 2-00005)

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di illustrare la sua interpellanzaPag. 42urgente n. 2-00005, concernente misure per l'adeguamento strutturale e per il rilancio dell'arsenale militare di Taranto (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, l'arsenale militare marittimo di Taranto fin dal 1889 nella sua storia secolare è sempre stata una realtà fondamentale di supporto del Ministero della difesa per l'approntamento e la manutenzione del naviglio militare.
L'arsenale riveste perciò un'importanza strategica per l'attività operativa della Marina. L'arsenale di Taranto è, altresì, uno stabilimento industriale di grande importanza per il Paese ed è una rilevante realtà socio-economica per la città, con i suoi 2 mila dipendenti civili e militari e 400 lavoratori metalmeccanici dell'indotto.
Negli ultimi anni la capacità operativa e occupazionale dell'arsenale di Taranto è andata incontro ad una progressiva ed inarrestabile crisi a causa della drastica riduzione di risorse finanziarie assegnate al Ministero della difesa nei bilanci di esercizio e, soprattutto, per la conseguente mancanza di radicali interventi di ammodernamento e messa a norma di strutture e tecnologie divenute ormai non più adeguate.
La situazione si è particolarmente aggravata alla fine del 2005, allorquando l'autorità giudiziaria ha disposto il sequestro di aree interne alla struttura militare non idonee ad ospitare le fasi lavorative a causa di carenze igieniche e sanitarie e di inosservanza delle norme del decreto legislativo n. 626 del 1994. Il provvedimento giudiziario ha comportato il collocamento in cassa integrazione di circa 400 lavoratori. Inoltre, l'inchiesta dell'autorità giudiziaria risulta essersi allargata ad asserite irregolarità nello svolgimento delle procedure di appalto, che ha comportato via via la sostanziale inattività delle maestranze alle dirette dipendenze dello stabilimento. La traduzione di tale impasse è emblematicamente rappresentata dallo stallo dei lavori di ammodernamento previsti per l'arsenale, anche in presenza di risorse finanziarie già impegnate - anche se parzialmente - nel 2006 e nel 2007 dalle rispettive leggi finanziarie e da destinarsi per l'ammodernamento e la messa in sicurezza. Ora, il ritardo dei lavori di ammodernamento e della sua messa a norma potrebbe ulteriormente compromettere la vita dello stesso arsenale di Taranto. I conseguenti provvedimenti che potrebbero essere assunti ulteriormente dalla direzione provinciale del lavoro e dall'autorità giudiziaria, dopo le più recenti prescrizioni al bacino in muratura Benedetto Brin con un sommergibile al suo interno, e il blocco delle attività in corso ipotizzato dalla direzione, potrebbero causare ulteriori e spiacevoli ripercussioni, come il dirottamento in altre strutture arsenalizie italiane dei lavori sul naviglio da assegnare a Taranto che, come è noto, nel programma lavori del 2008 sono pari a 26 milioni di euro, di cui 13 per l'unità navale e 13 per la messa a norma del bacino galleggiante G052.
Onorevole sottosegretario, sento anche il bisogno di rappresentarle che il frazionamento delle competenze nell'ambito dell'organizzazione della difesa e la complessità delle procedure non consentono la celerità degli interventi che la situazione richiederebbe.
Perciò si auspica l'istituzione di un'autorità o di un commissario delegato che possa snellire le procedure e l'iter dei lavori, provvedendo all'attuazione del programma di opere già messo a punto dai competenti organi del Ministero della difesa e del commissario delegato.
Intanto, nell'urgenza dell'emergenza, mi permetto di suggerire di considerare le risorse operative di cui dispone lo Stato maggiore della difesa, a partire dall'VIII gruppo del Genio campale dell'Aeronautica militare. Lo stesso gruppo, per le competenze e le professionalità che possiede, sarebbe in grado di intervenire tempestivamente e per un breve periodo per un'accelerazione e per il riavvio dell'impianto fermo, auspicando, anche in questo caso, che la catena decisionale dell'Interforze garantisca questa operazione temporale.Pag. 43
Grandi sono le preoccupazioni della comunità jonica, che mi sono permesso, con gli altri colleghi firmatari, di rappresentare in questa interpellanza urgente. Sono state rappresentate da manifestazioni di protesta civile, messe in atto dai lavoratori dello Stato e dai metalmeccanici, dall'importante intervento del prefetto di Taranto, dagli ordini del giorno dei consigli comunali congiunti, insieme a quelli provinciali, di Taranto e di Brindisi, dai parlamentari e dai sindaci. Pertanto, onorevole sottosegretario, si formulano le seguenti richieste: se il Ministro intenda attivare quelle procedure atte ad evitare il blocco delle lavorazioni all'interno dell'arsenale di Taranto; se intenda attivare misure straordinarie, quali la nomina di un commissario delegato o un'authority, per lo snellimento del complesso iter dei lavori e utilizzare nel frattempo, se fosse possibile, nell'urgenza dell'emergenza, l'VIII gruppo del Genio campale dell'Aeronautica militare; se ritenga di dover confermare l'impegno assunto al tavolo istituzionale per Taranto per il rilancio dell'arsenale militare marittimo di Taranto, rimarcandone il ruolo pubblico e la centralità operativa dell'intera area industriale della difesa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, la delicata e complessa situazione in cui versa, ormai da molti anni, l'arsenale di Taranto è una delle questioni di maggiore importanza che il Dicastero sta affrontando con attenzione ed impegno, che speriamo possa essere rapidamente decisivo, nella consapevolezza piena sia della rilevanza che gli arsenali rivestono quali strutture strategiche di supporto delle forze navali e quali importanti realtà socio-economiche del Paese, sia per le possibili ricadute sotto il profilo occupazionale del personale civile impiegato nell'area industriale della difesa.
In via preliminare, si deve evidenziare, infatti, che l'efficienza degli arsenali, in virtù della loro basilare funzione di supporto tecnico-logistico della Marina militare, costituisce un elemento essenziale per il buon funzionamento della flotta, la cui manutenzione in esercizio postula, proprio per la sua complessità e specificità, la disponibilità di adeguate risorse umane, finanziarie ed infrastrutturali.
È di tutta evidenza che l'arsenale di Taranto costituisce uno strumento essenziale per l'operatività della Marina militare e, quindi, per la sicurezza della nazione. Come noto, fin dal 1889 e sino ai giorni nostri questa infrastruttura militare è destinata ad assolvere alle preminenti funzioni istituzionali di mantenimento in efficienza delle unità della flotta. Ciò è vero soprattutto oggi, in relazione al continuo impiego di unità navali della Marina militare in operazioni per l'assolvimento di compiti istituzionali in campo nazionale ed internazionale.
Gli intensi impegni operativi sostenuti dalla Marina militare nell'ultimo decennio, sia nel bacino del Mediterraneo che al di fuori di esso, in relazione alla partecipazione a missioni internazionali e per la garanzia della sicurezza dei mari con la vigilanza delle attività marittime ed il controllo dei traffici e dell'immigrazione clandestina, hanno comportato una progressiva e precoce usura delle navi.
Conseguentemente, si è avuto un incremento delle esigenze di ricorso ad attività di manutenzione straordinaria presso gli arsenali della Marina militare, anche in aggiunta a quelli in ordinaria programmazione, ed in particolare presso l'arsenale di Taranto, sia per le sue rilevanti potenzialità che per la sua naturale vicinanza alle più importanti aree operative. È proprio dalla base di Taranto, infatti, che normalmente opera l'aliquota di maggiore consistenza della flotta.
Queste considerazioni devono dunque far riflettere sulla natura dell'arsenale militare marittimo, che è un'importante realtà che non può e non deve essere considerata un semplice stabilimento industriale. Infatti esso, pur attuando lavorazionePag. 44di tipo industriale, deve prioritariamente rispondere ad esigenze peculiari connesse alla sicurezza nazionale nonché a requisiti di riservatezza, di tempestività e di flessibilità di impiego. È questo il motivo, tra l'altro, per cui gli stabilimenti di lavoro del comparto rientrano a pieno titolo nell'area operativa della Forza armata, e per cui dovrebbe essere considerata l'opportunità di una specifica normativa gestionale.
Nel tempo, pur corrispondendo alle esigenze di efficienza dello strumento navale, la situazione generale degli arsenali è stata caratterizzata da un progressivo degrado delle infrastrutture e dell'impiantistica, nonostante gli sforzi da sempre perseguiti dalla Marina militare. Inoltre, già dai primi anni duemila, la Marina aveva predisposto vari piani di ammodernamento degli arsenali, purtroppo non andati a buon fine per i mancati finanziamenti ad essa destinati. A fine 2007, la Marina, in sintonia con la sopravvenuta disponibilità programmatica di risorse finanziarie, ha approntato un piano di contingenza per la messa a norma ed il risanamento strutturale degli arsenali, che per il solo arsenale di Taranto ha impegnato circa 14 milioni di euro nel 2007 e circa 17 nel 2008, ed ha richiamato l'esigenza di finanziamenti anche per i prossimi esercizi finanziari.
La Marina, inoltre, ha sollevato il più generale problema di un globale efficientamento del sistema arsenalizio, cui il Governo intende dare concreta risposta con una politica di adeguamento urgente dell'intero settore, all'interno del quale garantire il ripristino delle condizioni di piena operatività dell'arsenale di Taranto.
In tal senso, si è recentemente deciso di anticipare i termini del mandato conferito al Comitato area industrie difesa per presentare le linee d'azione sulle quali confrontarsi con tutti i soggetti interessati, ai fini dell'avvio di una soluzione definitiva ed organica per l'intero settore industriale della difesa.
Con riferimento alla nota questione della sospensione dei lavori dell'arsenale di Taranto, che è stata oggetto di recente anche di attenzione da parte degli organi di stampa, essa è conseguente a vari provvedimenti adottati nel tempo dall'ispettorato del lavoro, a seguito di verifiche svolte in alcune officine dell'Arsenale nel periodo maggio-giugno 2007, e da ultimo sul bacino navale Brin nell'aprile 2008.
Su tale specifica problematica, peraltro, è intervenuta anche l'Avvocatura generale dello Stato, che con una nota del 9 maggio del corrente anno indirizzata anche alla procura della Repubblica presso il tribunale di Taranto e all'ispettorato del lavoro ha inteso evidenziare che le attività di adeguamento degli impianti sono già in fase di avanzata definizione, e che significativi finanziamenti per il corrente anno sono stati già destinati, come precedentemente esposto. È ovvio che altri finanziamenti dovranno essere assicurati nei prossimi esercizi finanziari per dare piena consistenza al programma predisposto dalla Marina militare. D'altra parte è necessario evidenziare che le normali procedure amministrative, in ossequio alle norme della contabilità generale dello Stato, per l'effettiva esecuzione dei lavori comportano tempi assai lunghi, dell'ordine di decine di mesi, che vuol dire anni.
Nel tempo, l'impostazione operativa di continuare a svolgere le necessarie attività manutentive alla flotta contemporaneamente agli interventi di adeguamento strutturale, è stata resa via via più difficoltosa dalla progressiva interdizione di parti sempre più consistenti dello stabilimento.
In questo quadro, e considerate le predette tempistiche in gioco, sono in corso iniziative tese a pervenire ad un'equilibrata e concreta programmazione dei lavori di adeguamento e di messa a norma, in grado di contemperare le esigenze istituzionali dell'arsenale con le imprescindibili esigenze di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
Chiarito quanto sopra, e dovendo considerare in tutta la sua valenza l'operatività dello strumento navale, la difesa ritiene necessario attivare con immediatezza ulteriori urgenti misure.Pag. 45
Innanzitutto, si è già dato avvio alle misure più impellenti per fronteggiare l'emergenza della sospensione delle lavorazioni industriali a Taranto, accelerando la prosecuzione del piano di intervento già iniziato dalla Marina e in particolare degli interventi per la messa a norma di infrastrutture ed impianti che richiedono anche il ricorso a procedure straordinarie e a mirate misure normative in via di definizione.
Quale prima misura intesa a rendere ancora più spediti gli interventi più urgenti è stato disposto l'impiego prioritario di risorse lavorative del Genio campale dell'Aeronautica militare, chiaramente nei limiti delle disponibilità del corpo. Sono inoltre in corso - relativamente all'attivazione di misure straordinarie per la nomina di un commissario delegato o un'altra autorità - gli opportuni approfondimenti al fine di valutare se la previsione di una specifica autorità gestionale possa assolvere il compito con maggiore efficacia, snellendo ulteriormente il complesso iter procedurale dei lavori di adeguamento dell'arsenale di Taranto per il ripristino delle condizioni minime di agibilità.
Quanto al paventato blocco delle lavorazioni, oltre alle considerazioni già espresse, il Dicastero, con massima attenzione alla salvaguardia occupazionale dei lavoratori e con l'auspicio di poter effettuare gran parte - se non la totalità - delle medesime a Taranto, ha disposto la limitazione della dislocazione delle unità per le quali era stato previsto lo spostamento dei lavori presso altre sedi, sospendendo quelle delle navi Espero e De la Penne. Per Nave Espero, a fini cautelativi per la salvaguardia dei relativi finanziamenti, saranno avviate procedure ad evidenza pubblica, ipotizzando alternativamente l'esecuzione della sosta a Taranto o in altra sede e rinviando l'assunzione della relativa decisione a dopo l'estate. Per Nave De la Penne, i cui lavori sono programmati per il prossimo esercizio finanziario, la relativa decisione dovrà essere presa in concomitanza con quella di Nave Espero, onde avviare le relative gare di appalto. Il trasferimento di attività presso altri arsenali è pertanto limitato - e in via eccezionale - al solo sommergibile Gazzana la cui programmazione, specie per quanto ha tratto con gli interventi in bacino di carenaggio, non è più procrastinabile e pertanto dovrà essere svolta in altra sede.
Infine, avendo riguardo alla possibilità di confermare l'impegno assunto dal tavolo istituzionale per Taranto, si conferma che il Ministero della Difesa, che vi ha sempre partecipato e intende parteciparvi ancora nel futuro, lo ritiene uno strumento indispensabile per il coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici interessati. In tale sede, le esigenze finanziarie per l'arsenale dovranno necessariamente essere ricomprese fra quelle di massima precarietà per il capoluogo ionico, con l'assunzione di soluzioni il più possibile condivise al fine di raggiungere rapidamente i risultati auspicati.
In generale, si reputa indispensabile destinare ulteriori risorse finanziarie alla specifica esigenza dell'arsenale di Taranto, per sostenere ed accelerare il piano di risanamento, in coerenza con l'effettiva capacità di impiego degli stanziamenti e conformemente alle misure ipotizzate ed estese anche ai prossimi anni. In definitiva, si assicura il fermo proposito del Dicastero di garantire l'attuazione delle misure più idonee alla sollecita ripresa e alla riqualificazione delle lavorazioni all'interno dell'arsenale di Taranto. Ciò sarà intrapreso nel pieno rispetto delle norme anti-infortunistiche, nell'interesse legittimo dei lavoratori dipendenti e nell'ottica del mantenimento e del rilancio di una struttura di rilevante importanza per la Marina e per l'area industriale della Difesa in generale, consci del rilevante impatto socio-economico che essa ha sul territorio che, da sempre, la ospita.

PRESIDENTE. L'onorevole Patarino, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, noi - un gruppo di parlamentari di diverso orientamento politico - abbiamo deciso, unaPag. 46decina di giorni fa, di sottoporre all'attenzione del Governo tramite un'interpellanza urgente una situazione assai delicata che riguarda il territorio ionico, già angustiato da altri problemi, come quello ambientale, che riguarda non solo l'ILVA, ma anche la Cementir e la raffineria: tutti problemi per i quali Taranto e la provincia pagano un pesante prezzo in termini l'occupazione. È un territorio che è angustiato anche da una crisi di carattere economico dovuta, oltre che al dissesto del comune di Taranto, anche ad un'altra serie di problemi che è inutile elencare.
Come ha potuto constatare, io ed altri colleghi - anche dell'opposizione - ci siamo rivolti al Ministro La Russa, ricevendo già qualche segnale incoraggiante, per informarlo dei rischi che si correvano a Taranto: se infatti l'arsenale avesse visto partire alcune unità della Marina, avrebbe immediatamente potuto chiudere i battenti. Avendo avuto assicurazioni dal Ministro, abbiamo capito che vi era qualche segnale di attenzione e di buona volontà da parte del Governo. Anche nella sua relazione, onorevole sottosegretario, riscontriamo analoga attenzione e buona volontà e la ringrazio per la puntualità, nonché per la complessa visione che lei ha voluto dare della situazione relativa all'arsenale e per le soluzioni che ha indicato, che per quanto ci riguarda possiamo ritenere soddisfacenti, anche se abbiamo qualche dubbio.
Se una delle soluzioni dovesse essere, onorevole sottosegretario, quella di affidare non già ad una authority o ad un commissario, ma al Genio dell'Aeronautica il compito di effettuare quei lavori di ammodernamento e di risanamento, non corriamo il rischio che l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici possa interferire e chiedere conto e, in tal caso, invece di accelerare l'iter (cosa che ci sta particolarmente a cuore), non corriamo il rischio di allungare i tempi e che quindi obiettivamente Taranto perda la speranza di veder tornare quell'arsenale cui lei stesso ha dato l'importanza che merita? Noi abbiamo soltanto questa preoccupazione e ci auguriamo che non sia fondata. Pertanto, affidiamo all'attenzione del Ministero - e alla sua attenzione e alla sua sensibilità, sottosegretario - proprio la possibilità di scegliere la strada migliore, ossia quella che porti a soluzione il più velocemente possibile il problema che ci sta tanto a cuore (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).

(Orientamenti del Governo in merito all'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare ed all'indicazione della relativa sede nella città di Foggia - nn. 2-00021 e 2-00024)

PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze urgenti Bordo n. 2-00021 e Cera n. 2-00024, concernenti orientamenti del Governo in merito all'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare ed all'indicazione della relativa sede nella città di Foggia, che vertono sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).
L'onorevole Bordo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00021.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, dopo che la città di Parma fu scelta come sede dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, si pose la necessità di attivare le procedure perché l'Italia avesse una sua Agenzia nazionale. Nei primi mesi del 2005 a Foggia fu costituito un comitato tecnico-scientifico, del quale facevano parte l'università e le istituzioni locali, per sostenere la candidatura del capoluogo dauno a sede dell'Autorità stessa.
La candidatura di Foggia a sede dell'Autorità è stata condivisa qualche mese fa dal Governo Prodi e dal centrosinistra, perché vi sono tante ragioni che giustificavano la scelta di indicare Foggia quale sede dell'Autorità nazionale: la rilevanza della produzione agricola e agroalimentare; la presenza in Capitanata del più grande pastificio della Barilla, dopo quello di Parma; l'imminente apertura del più grande impianto nel sud di trasformazionePag. 47del pomodoro; la presenza di centri di formazione e di ricerca di eccellenza; il fatto, inoltre, che la produzione agricola foggiana è pari a quella dell'intero Molise o dell'intera regione Basilicata. Infine, la regione Puglia ha individuato nella provincia di Foggia la sede ideale per il distretto agroalimentare regionale.
Con la legge finanziaria per il 2008 il Governo Prodi istituì l'Autorità nazionale per la sicurezza alimentare con sede a Foggia destinando, tra le altre cose, risorse per 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e un contributo di un milione e mezzo di euro per l'anno 2010.
Sempre il Governo Prodi, successivamente, con il decreto-legge «mille proroghe» trasformò l'Autorità per la sicurezza alimentare in Agenzia nazionale sempre con sede a Foggia, attribuendo dunque alla Capitanata, all'intera provincia e alla regione Puglia un ulteriore riconoscimento.
Nei giorni scorsi, invece, abbiamo assistito - e letto - ad una girandola di dichiarazioni espresse da alcuni esponenti del Governo e della maggioranza di centrodestra. Ha parlato il portavoce del Ministro dell'agricoltura, si è espresso qualche parlamentare della Lega Nord, tutti si sono affannati nel dire che non vi erano e non vi sono le condizioni perché Foggia possa essere confermata come sede dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare e che invece sarebbe stato più opportuno e giusto che la sede dell'Agenzia nazionale fosse trasferita a Verona.
Inoltre, nei giorni scorsi sui giornali locali è circolata la notizia che il Governo avrebbe addirittura scelto di sottrarre le risorse che il Governo Prodi aveva previsto per il funzionamento dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare con sede a Foggia, destinando tali risorse per la copertura finanziaria necessaria per il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, varato dal Governo Berlusconi e recante misure urgenti in materia fiscale.
Tutto ciò ha evidentemente prodotto sconcerto e disagio a Foggia, in Capitanata e in Puglia. Pertanto le chiedo, signor sottosegretario, innanzitutto di sapere se volete confermare l'istituzione dell'Agenzia nazionale e la sede di Foggia, così come scelse il Governo Prodi, e se è vero che le risorse che furono destinate con la legge finanziaria per il 2008 sono state invece sottratte per fare fronte alla copertura di spesa che avete previsto con il decreto-legge che reca, appunto, misure urgenti in materia fiscale.

PRESIDENTE. L'onorevole Cera ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00024.

ANGELO CERA. Signor Presidente, gentile sottosegretario, ritengo necessario ricordare a me stesso prima ancora che a voi tutti una delle regole importanti, ancorché non scritte, che ha da sempre informato la corretta gestione della cosa pubblica per assicurare la continuità, sia in senso legislativo sia in senso amministrativo. Tutto ciò è ancora più vero se riguarda scelte lungamente ponderate e poi condivise, opzioni che tra l'altro rappresentano, prima ancora che un risarcimento verso aree trascurate e neglette, soprattutto il riconoscimento di una naturale vocazione di un determinato territorio.
Signor Presidente, stando ad alcune notizie diffuse da organi di stampa nazionali e locali i recenti provvedimenti, adottati a Napoli dal Consiglio dei ministri il 21 maggio scorso, colpirebbero con tagli clamorosi l'agricoltura e tutto il comparto agroalimentare, settori tra i più dinamici dell'economia.
Nello specifico, tra di essi figurerebbe la sostanziale abolizione dell'Agenzia per la sicurezza alimentare localizzata a Foggia, città individuata dal Consiglio dei ministri del 27 luglio 2007 come sede per l'Authority, quale referente del Comitato per la sicurezza alimentare costituito presso il Ministero della salute.
A tanto si è giunti a seguito di un lungo cammino durante il quale una pluralità di enti e di istituzioni si sono pronunciati in favore della opzione Foggia, oltre a tutte le autorità locali. Molti sono stati gli esponenti politici di spicco che hanno indicato Foggia quale sede dell'Authority: CarloPag. 48Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica, Livia Turco, Ministro della salute, Gianni Alemanno, Ministro delle politiche agricole, Paolo De Castro, Ministro delle politiche agricole ed altri del mondo della ricerca agricola e dell'associazionismo (ne ricordo alcuni: Natale di Fonzo direttore nazionale del comitato per la ricerca agricola, Onofrio Giuliano vicepresidente nazionale di Confagricoltura, Giuseppe Politi, Paolo Tesori Cocci ed altri che non starò a citare).
La loro forte convinzione è maturata su alcuni dati di fatto incontrovertibili quali la rilevante produzione agricola ed agroalimentare, nonché la presenza di importanti centri di formazione e di ricerca. Infatti, la base strategica del comitato si occuperà degli additivi negli alimenti e nei mangimi, della salute dei vegetali, di OGM, di prodotti dietetici, di pericoli biologici ed altri interventi sulla salute e sul benessere degli animali.
Onorevole rappresentante del Governo, definanziare i 2,5 milioni di euro che servono per mettere in funzione l'agenzia - almeno queste sono le notizie che giungono dai giornali nazionali - significa decretare la morte di una bella e grande prospettiva di riscatto per la città e la provincia. Volevo ricordare al Governo nazionale di centrodestra che da qualche settimana la provincia di Foggia, dopo quarant'anni, è ritornata ad essere governata dal centrodestra, per cui questo potrebbe essere il primo regalo in negativo che si fa a se stessi, ove l'ipotesi dovesse divenire realtà. Potrebbe trasformarsi, quindi, in un sogno mai realizzato.
Non si comprende se ciò che ha fatto il Governo significa rinunciare tout court ad una sede nazionale dell'agenzia. Voglio ricordare che l'Italia ospita la sede dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare a Parma, ma l'Unione europea ha più volte chiarito che ciò non esonera l'Italia dal dotarsi di una sua agenzia. Più verosimilmente, la mossa del Governo appare il primo tassello di un disegno più ampio rivolto proprio a portare a Parma, o al massimo a Verona, anche la sede dell'agenzia nazionale, lasciando a Foggia, sede peraltro di una delle facoltà di agraria più importanti del Meridione e dell'istituto zooprofilattico del Meridione, soltanto competenze marginali.
È questo - chiedo agli amici del Governo - il dazio che i foggiani, i pugliesi e il Mezzogiorno devono pagare per aver votato «a mani basse» Berlusconi e la sua maggioranza? È l'offensiva lanciata dalla Lega a quella che era parsa una conquista destinata ad aprire una stagione nuova per Foggia, sia per l'immagine della città, sia per un maggiore sviluppo della ricerca scientifica?
Mi preoccupa l'affermazione del collega Fabio Rainieri che, all'indomani della sua elezione a Montecitorio, ha definito la sede nazionale dell'Authority per la sicurezza alimentare a Foggia «una follia senza senso». Tale affermazione conferma l'orientamento della politica di una componente di questo Governo che favorendo eccessivamente le regioni del nord finisce con il risultare penalizzante nei confronti del sud. Non è chiaro, inoltre, se i tagli suddetti siano stati effettivamente adottati a Napoli, se siano il frutto di scelte già operate dal Governo o se si abbia fretta di provvedimenti che starebbero maturando in altre sedi, nello specifico il Ministero dell'economia e delle finanze per far quadrare i conti dello Stato.
Occorre infine ricordare che l'Authority ha già una sede disponibile a Foggia di circa 600 metri quadrati attrezzati e già cablati presso il rettorato della locale università degli studi. Si tratta dunque di una risposta immediata, a dimostrazione di un contesto moderno e adeguato a ospitare un simile ed importante organismo.
Infine, voglio ricordare alla Lega Nord che tanto più si aggredisce il sud, tanto più in noi meridionali si radicalizza un'urgentissima questione meridionale da porre al Governo nazionale. Al Ministro Luca Zaia voglio ricordare che egli è Ministro della Repubblica italiana, non di una parte sola, ma di un'Italia unita.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, onorevole Francesca Martini, ha facoltà di rispondere.

FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, in risposta a quanto richiesto dagli onorevoli deputati nelle due interpellanze alle quali, per analogia di contenuto, si risponde congiuntamente, ritengo necessario precisare ulteriormente e preliminarmente il quadro storico che ha condotto all'istituzione dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare.
Il decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito dalla legge n. 244 del 30 novembre 2005, in materia di misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria, ha istituito presso il Ministero della salute il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare, organo tecnico consultivo competente in materia di sanità veterinaria e di sicurezza degli alimenti.
L'effettiva istituzione del Comitato è intervenuta con il decreto interministeriale, dei Ministri della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, del 26 luglio 2007, con lo specifico compito di agire in stretta collaborazione con l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, per il coordinamento delle funzioni previste dal regolamento del 18 gennaio 2002, n. 178, in materia di rischio nella catena alimentare.
La legge finanziaria per il 2008 ha apportato modifiche a tale assetto istituzionale, poiché l'articolo 2, comma 356, ha previsto che il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare assuma la denominazione di Autorità nazionale per la sicurezza alimentare, con sede istituzionale presso il Ministero della salute e soltanto sede operativa a Foggia. A tale scopo è stato determinato a favore del Ministero stesso, per lo svolgimento delle attività e il funzionamento della suddetta sede, uno stanziamento di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, nonché di 1,5 milioni di euro per l'anno 2010.
Successivamente, con l'articolo 11 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, la già citata norma della vigente legge finanziaria è stata sostituita ulteriormente da una nuova previsione che trasforma la predetta autorità in Agenzia per la sicurezza alimentare. Per la suddetta Agenzia, con sede a Foggia e posta sotto la vigilanza del Ministero della salute, sono stati stanziati i finanziamenti originariamente previsti, rimettendo ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri le norme relative all'organizzazione e al funzionamento.
Allo stato attuale, non è ancora intervenuta la predetta normativa di attuazione per l'istituzione dell'Agenzia presso la città di Foggia. Il Comitato nazionale per la sicurezza alimentare continua la propria attività istituzionale per il perseguimento delle finalità e degli obiettivi assegnati.
In tale situazione, che - lo ribadisco - è tuttora in corso di definizione in sede amministrativa, il Governo provvederà ad un'attenta valutazione della questione al fine di adottare le definitive determinazioni al riguardo, anche previa consultazione degli enti locali interessati, per il migliore perseguimento di due fondamentali obiettivi, la salvaguardia della sicurezza alimentare e la tutela della salute pubblica.

PRESIDENTE. L'onorevole Bordo ha facoltà di replicare, per la sua interpellanza n. 2-00021.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, non sono per niente soddisfatto della risposta ricevuta dal sottosegretario per il lavoro, la salute e le politiche sociali, per due ordini di ragioni. La prima ragione è che il sottosegretario non ha risposto affatto alla domanda che ponevo nell'ultima parte della mia interpellanza, relativa al fatto che volevo sapere se corrispondeva alla realtà il fatto che il Governo Berlusconi avesse deciso di sottrarre i soldi previsti per il funzionamento dell'Agenzia per coprire il decreto-legge recante misure urgenti in materia fiscale.Pag. 50
Su questo punto non è stata fatta chiarezza e, quindi, ho motivo di ritenere che, evidentemente, le notizie circolate nei giorni scorsi sono assolutamente fondate, cioè che il Governo ha intenzione di sottrarre le risorse che il Governo Prodi aveva messo a disposizione per il funzionamento dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare con sede a Foggia. Se così non fosse, infatti, il sottosegretario per il lavoro, la salute e le politiche sociali, nella risposta resa alla mia interpellanza urgente, non avrebbe avuto nessuna difficoltà nel dire che i soldi previsti dal Governo precedente sono rimasti e che non intendono sottrarli.
Inoltre, il sottosegretario, nel rispondermi, ha affermato che si sta valutando attentamente con i Ministeri competenti l'opportunità o meno di confermare a Foggia la sede della Agenzia nazionale. Ciò, dunque, conferma ulteriormente le preoccupazioni che abbiamo già avuto modo di esprimere nei giorni scorsi a Foggia, nel nostro territorio, ed anche attraverso questa interpellanza in quest'Aula del Parlamento.
Dunque, non ho nessuna fiducia che il Governo possa confermare ciò che noi abbiamo previsto che si realizzasse a Foggia. Non ho fiducia perché non ci sono ragioni per le quali si debba ancora effettuare una valutazione attenta prima di decidere in modo definitivo, anche perché lei, nella sua risposta, ha ripercorso la storia di questi anni, che ha portato il Governo a individuare Foggia come sede dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare. Quindi, vi è già stato un percorso piuttosto lungo che ha portato a quella determinazione, che voi adesso, nascondendovi dietro «l'attenta valutazione», molto probabilmente volete mettere in discussione.
Non ho fiducia che voi manterrete la sede a Foggia anche per altre ragioni. L'attuale Ministro delle politiche agricole e forestali, Zaia, dichiarò il 7 novembre del 2006: la mia è una continua battaglia contro le lobby del sud, che non perdono occasione per fare pressione sul Governo e cercare di prendere tutto il possibile, salvo poi dimostrare di non saper utilizzare le risorse per creare ricchezza.
Luca Zaia rilasciava questa dichiarazione quando Francesco Rutelli affermava di essere favorevole all'indicazione di Foggia come sede della Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare. Come ricordava già il collega Cera, illustrando la sua interpellanza, un parlamentare della Lega Nord Padania dichiarò il 17 aprile all'ANSA (ore 16, 40) che portare a Foggia la sede dell'Authority alimentare italiana è una decisione a dir poco priva di ogni buonsenso e che quindi sarebbe stato necessario portare la sede dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare al nord. Con queste posizioni è evidente che noi della Capitanata, noi cittadini della provincia di Foggia, non possiamo assolutamente stare tranquilli anche perché Luca Zaia quando faceva queste dichiarazioni non era ancora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali era soltanto un amministratore della regione Veneto. Oggi è il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e, quindi, è appeso a questo Governo così come il suo gruppo parlamentare, che è determinante ai fini della tenuta di questa maggioranza di Governo. Ciò significa che se il gruppo della Lega Nord Padania insistesse per far cambiare opinione a questo Governo si creerebbero tutte le condizioni per portare la sede dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare da Foggia al nord.
Noi parlamentari del sud, della Capitanata e della Puglia, se questo fosse l'orientamento del Governo, faremo una battaglia di opposizione durissima nel Parlamento e anche nei nostri territori, perché non è pensabile che con le scelte di questo Governo si possano creare, ancora una volta, le condizioni per mortificare ancora di più la Capitanata, la Puglia e tutto il Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Cera ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-00024.

Pag. 51

ANGELO CERA. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatto della risposta data dal sottosegretario. Sono molto preoccupato di una risposta che non vi è stata e che mi pone in una condizione di sfiducia e di ansia interiore soprattutto allorché il sottosegretario ha parlato di «attenta rivalutazione». Ma di che cosa? Di un qualcosa che il Meridione, la Capitanata, ha meritato e non perché gli è stato regalato qualcosa ma perché è il primo produttore di grano d'Italia; difatti, il nostro Tavoliere offre all'economia italiana la più vasta e variegata produzione agroalimentare. Di che cosa dovremmo avere paura? State attenti - lo dico agli amici della Lega Nord Padania - che si potrebbero verificare momenti di altissima tensione su questo tipo di problema. Un problema sul quale non faremo sconti a nessuno e state attenti - perdonatemi sono un moderato e Dio sa quante volte devo misurare le cose che dico! - che dalle nostre parti la disperazione non porta sul mercato i fucili ma ben altre cose. È la disperazione dei tanti giovani che hanno ripreso a fare le valigie e che ritornano a vedere il proprio paese natio solo dopo tantissimi anni perché vanno a lavorare al nord. Abbiamo l'obbligo di trattenere quella gente dalle nostre parti, di tenerli con noi, di fargli lavorare la terra. Attenti amici della Lega - lo dico al Governo nazionale - la questione Meridionale non può essere più derogata da alcuno. Da oggi, visto e considerato che questa è la risposta, è la prima esigenza nazionale.
Per tale motivi nel sentirmi assolutamente scontento di una risposta che non vi è stata, dico agli amici sia del centrodestra sia del centrosinistra della provincia di Foggia, di alzare gli scudi perché da questo momento siamo in «rampa di lancio» per chiedere quelle cose che rappresentano la normalità.
L'agricoltura è un patrimonio di tutta la nazione, ma a Foggia vive momenti di grande esaltazione che non vivono altre province e altre regioni d'Italia. Noi, per chiedere ciò che ci spetta, non formeremo la «lega», ma siamo fortemente determinati a difendere, per così dire, ciò che è nelle cose, e le cose dicono che la sede dell'Authority dell'alimentazione a Foggia è un fatto normale per un Governo normale. Diventa una cosa eccezionale quando in un Governo si trovano persone che sono contro il Mezzogiorno.

(Iniziative per assicurare il servizio di verbalizzazione e trascrizione degli atti processuali e per provvedere ai pagamenti dovuti a favore delle società del consorzio Astrea - n. 2-00023)

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti ha facoltà di illustrare l'interpellanza urgente Tenaglia n. 2-00023, concernente iniziative per assicurare il servizio di verbalizzazione e trascrizione degli atti processuali e per provvedere ai pagamenti dovuti a favore delle società del consorzio Astrea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, sappiamo tutti come l'efficienza del servizio della giustizia sia uno dei problemi di particolare rilievo ed attualità. Si tratta inoltre di uno dei problemi sul quale sembra che ci sia una convergenza di intenti tra opposizione e maggioranza. Tuttavia sappiamo che, al di là delle parole, il servizio della giustizia è erogato effettivamente grazie ad una serie di fattori ad esso funzionali. Uno di essi è sicuramente l'attività di verbalizzazione e trascrizione degli atti processuali, che peraltro è normativamente regolata in quanto prevista dalla legge.
Dal novembre del 2006 è stato aggiudicato, con un unico lotto, l'appalto al consorzio Astrea. Si trattò di una misura necessaria a centralizzare il servizio, quindi ad omogeneizzare la regolamentazione dei vari contratti dei vari servizi, e quindi anche a conseguire notevoli risparmi di spesa. Da qualche giorno giunge un grido di allarme da parte di tutti gli uffici giudiziari perché detto servizio risulta in parte sospeso - in alcune sedi giudiziarie - mentre in altre il consorzioPag. 52Astrea minaccia di sospenderlo in quanto non sono stati effettuati i pagamenti per i servizi già resi per la prima parte dell'anno in corso. Eppure risulta che dal 3 aprile 2008 è stata impegnata la relativa spesa proprio per questo periodo di tempo.
È evidente che l'interpellanza che abbiamo presentato serve a chiedere al Governo e, quindi, al Ministro della giustizia se ha accertato le ragioni per cui si sono verificate queste irregolarità che hanno impedito il pagamento, e quali misure intenda adottare per garantire il regolare svolgimento di questo servizio, laddove soprattutto risulta che alcune società del consorzio hanno provato (e comunicato) già al Ministero di aver regolarmente pagato gli stipendi e i contributi ai dipendenti. Quindi il problema presenta due risvolti, perché da un lato si interrompe il regolare svolgimento dei processi - infatti si sa che con l'introduzione del nuovo codice di rito il dibattimento nei processi presenta una spiccata oralità, quindi il servizio di verbalizzazione e trascrizione è essenziale - dall'altro, vi sono anche le esigenze di alcune di queste società che in realtà devono pagare i propri dipendenti, che hanno regolarmente lavorato e pagato i contributi previdenziali.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, onorevole Ferranti, ci troviamo di fronte ad una serie di gravi inadempienze contrattuali da parte del consorzio Astrea. Si deve premettere - in risposta all'interpellanza - che per il servizio di trascrizione degli atti dibattimentali dell'ufficio GIP è previsto un compenso annuale, per i servizi base, pari a 23 milioni e 400 mila euro.
Detto importo, in base all'articolo 8 del contratto stipulato il 5 maggio 2006 con il consorzio Astrea, può essere adeguato in aumento o in diminuzione, in rapporto alle pagine prodotte, avendo come riferimento un numero di pagine annuali pari a 6 milioni e 500 mila e con un margine di tolleranza, in più o meno, pari al 10 per cento.
Nel corso del primo anno del rapporto contrattuale con il consorzio Astrea è stato raggiunto un numero di pagine inferiori a 6 milioni e 500 mila ed un margine di tolleranza del 10 per cento. Inoltre, nei primi cinque bimestri, le pagine risultanti dal portale informatico, istituito per la rilevazione dei dati necessari al fine di procedere ai pagamenti in favore del consorzio, non erano formate da millecinquecento caratteri come, invece, era previsto dal capitolato. Di conseguenza, l'amministrazione ha proceduto ad effettuare i necessari conguagli, che hanno portato ad una riduzione del pagamento pari a 3 milioni e 164 mila euro rispetto al corrispettivo annuale previsto.
Oltre a ciò, si deve far presente che gli uffici giudiziari hanno evidenziato, nell'esecuzione del contratto, numerosi disservizi, costituiti soprattutto dal ritardo nella consegna dei verbali degli atti dibattimentali e dell'ufficio GIP. Tali disservizi, risultanti dal portale di rilevazione sopra indicato, hanno generato degli scostamenti dai livelli di servizio concordati tali da comportare una contestazione di penalità pari a 4 milioni e 95 mila euro.
Poiché il contratto prevede che l'importo totale delle penali non possa comunque superare il dieci per cento del corrispettivo complessivo, l'importo delle stesse è stato limitato al 10 per cento della somma erogata per il servizio base nel primo anno contrattuale e cioè un milione e 981 mila euro, corrispondenti appunto al 10 per cento dell'importo complessivo erogato in favore del consorzio Astrea, pari a 19.811.310 euro.
Si deve poi segnalare che nel frattempo è pervenuta al Ministero una dettagliata nota della procura generale di Torino, che nel trasmettere copia dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso nei confronti dei rappresentanti di una delle società consorziate, indagati per i reati di cui agli articolo 355 e 356 del codice penale, ha sottolineato gravissime ePag. 53reiterate violazioni del contratto e del relativo capitolato, aventi ad oggetto, tra l'altro, il mancato pagamento dei contributi previdenziali in favore dei dipendenti.
La stessa procura generale di Torino, in considerazione di quanto abbiamo detto, ha segnalato l'applicabilità, nella specie, delle penali previste nel contratto e ha richiesto all'amministrazione di non procedere ad ulteriori pagamenti in favore del consorzio Astrea fino all'avvenuta dimostrazione, da parte di quest'ultimo, della intervenuta regolarizzazione dei rapporti di lavoro dipendente e dell'estinzione di tutte le obbligazioni retributive e contributive, con liberazione dell'amministrazione dagli obblighi derivanti dalla solidarietà passiva previsti dalla legge.
L'intera vicenda è stata inoltre sottoposta al vaglio dell'Avvocatura generale dello Stato. Tale organo, a seguito dell'esame della documentazione trasmessagli dal Ministero, si è espresso nel senso che i pagamenti a favore del consorzio Astrea potranno essere effettuati subordinatamente alla presentazione, da parte di questo, della documentazione attestante gli avvenuti versamenti delle retribuzione e dei contributi in favore del personale. Tali documenti, richiesti al consorzio in data 28 aprile 2008, non sono stati ancora integralmente prodotti.
Va inoltre precisato che, a dire del consorzio, i conguagli effettuati dall'amministrazione rispetto al canone preventivato e l'applicazione delle penali hanno generato una situazione di difficoltà economica delle imprese ad esso aderenti, tale da non consentire loro di far fronte integralmente al pagamento degli stipendi e dei contributi.
Dalla situazione sopra rappresentata è derivata l'interruzione totale nell'erogazione del servizio da parte del consorzio Astrea. Pertanto, il Ministero ha provveduto a comunicare a tutti i presidenti di corte d'appello le modalità operative da adottare per far fronte, nell'immediatezza, a tale situazione di emergenza. Nel frattempo, sono proseguiti, senza sosta, i contatti con l'Avvocatura generale dello Stato al fine di trovare una soluzione ottimale alle varie problematiche.
Si fa presente, inoltre, che nel corso di un incontro tenutosi il 23 maggio 2008, il consorzio Astrea ha chiesto all'amministrazione di procedere al pagamento del saldo riguardante il periodo 1o-15 gennaio 2008, pari a 587.332 euro, sulla base della documentazione prodotta, pur se incompleta, nonché al pagamento della prestazione resa nel bimestre 16 gennaio-15 marzo 2008, sulla base del solo impegno di richiedere apposita fideiussione bancaria o assicurativa.
I rappresentanti del Ministero, manifestando perplessità sulla soluzione prospettata, si sono riservati di interpellare l'avvocato dello Stato delegato, il quale - sentito per le vie brevi - ha escluso la possibilità di effettuare i predetti pagamenti sulla base della mera richiesta di fideiussione. Ha manifestato, inoltre, serie perplessità sull'eventualità di procedere al pagamento di quanto dovuto per il periodo 1o-15 gennaio 2008, tenuto conto dell'incompleta documentazione prodotta, proponendo, invece, di acquisire una fideiussione ulteriore, pari a 3 milioni di euro, rispetto a quella contrattualmente prevista, a garanzia proprio delle obbligazioni contrattuali, con particolare riferimento all'adempimento degli obblighi retributivi e contributivi.
Tale soluzione, ancora in attesa di riscontro, se accettata dal consorzio, consentirebbe di superare l'ostacolo costituito dall'impossibilità - asserita dal consorzio stesso - di pagare i dipendenti in conseguenza del blocco dei pagamenti da parte del Ministero (blocco, peraltro, imposto dal quadro giuridico così come sopra delineato).
Per converso, nell'ipotesi contraria, e cioè in caso di mancata accettazione di tale proposta, resterebbe percorribile la sola strada costituita dalla risoluzione del contratto stipulato il 5 maggio 2006, ai sensi degli articoli 37, lettera c) del decreto ministeriale 28 ottobre 1985 e 136 del decreto legislativo n. 163 del 2006.Pag. 54
Peraltro, anche in vista della prossima scadenza del contratto, fissata per il 15 novembre 2008, sono già stati predisposti dall'amministrazione gli atti di gara necessari per la stipula di un nuovo contratto. La competente direzione generale del Ministero della giustizia si sta adoperando per accelerare detta procedura, per far sì che, in caso di risoluzione del contratto in essere, si possa in ogni caso garantire il servizio, con il nuovo contratto, già a partire dal 15 settembre 2008, e quindi alla ripresa dell'attività giudiziaria dopo la sospensione per il periodo feriale.
Per completezza di esposizione, si segnala che in caso di risoluzione, il servizio non avrebbe la prevista copertura contrattuale per un periodo di circa due mesi ed in relazione ad esso, se necessario, il Ministero provvederà ad impartire a tutte le corti d'appello le opportune istruzioni per garantire comunque il servizio medesimo.
Con riferimento, infine, al quesito specifico da lei formulato, si fa presente che l'amministrazione non può procedere ad alcun pagamento parziale nei confronti delle società consorziate che risultano avere regolarmente corrisposto le retribuzioni ai dipendenti e versato i prescritti contributi previdenziali. Esse, infatti, sono soggetti giuridicamente diversi dal consorzio Astrea che, invece, ha stipulato il contratto con il Ministero della giustizia, assumendo, in via diretta, la qualità di parte e quindi precisi diritti nonché obbligazioni contrattuali. È pertanto ovvio, nel caso di specie, che qualsiasi pagamento effettuato in favore di singole società consorziate avverrebbe in assenza di un titolo di giustificazione ed esporrebbe di conseguenza l'amministrazione a prevedibili conseguenze, anche di natura contabile.

PRESIDENTE. L'onorevole Ferranti, ha facoltà di replicare.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, mi dichiaro sostanzialmente soddisfatta della risposta e delle iniziative che sono state adottate. Mi auguro che da parte del Ministero vi sia, in questa nuova fase contrattuale, di nuova gara, una particolare attenzione ai soggetti che parteciperanno alle gare e, quindi, ai requisiti di consistenza economico-patrimoniale, come anche a quelli relativi alle pendenze penali a carico degli amministratori. Non è la prima volta che nell'ambito della giustizia tali servizi vengano affidati a società che nascondono momenti di particolare perplessità, solo per utilizzare un eufemismo.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Discussione del disegno di legge: S. 4 - Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, recante misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo (Approvato dal Senato) (A.C. 1094) (ore 15,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, recante misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1094)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente della IX Commissione, onorevole Valducci, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARIO VALDUCCI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento - che riguarda la conversionePag. 55in legge del decreto-legge n. 80 del 2008 sul trasporto aereo - si compone di tre disposizioni, che brevemente esporrò. Esse riguardano l'erogazione di una somma pari a 300 milioni di euro in favore di Alitalia Spa, per consentire alla compagnia di far fronte ai propri pressanti fabbisogni di liquidità. L'importo viene prelevato dalla contabilità speciale 1201, utilizzata per la gestione del Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica.
Ai sensi del comma 2, tale somma dovrà essere rimborsata entro il trentesimo giorno dalla cessione della quota del capitale di Alitalia da parte del Ministero dell'economia, ovvero entro il termine massimo del 31 dicembre 2008. A tal fine, si prevede l'applicazione dei tassi di interesse adottati dalla Commissione europea.
Il comma 3 prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, gli atti e i pagamenti posti in essere dalla società siano equiparati a quelli indicati dall'articolo 67 del regio decreto n. 267 del 1942, recante «Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa».
In particolare, tale norma prevede che in relazione a imprenditori dei quali sia stato dichiarato il fallimento, non siano soggetti all'azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore, purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare l'equilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili, che abbia i requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile.
Questo è il contenuto del provvedimento che oggi è all'esame del Parlamento. Ricordo che il decreto-legge in oggetto è stato varato dal Governo Prodi il 23 aprile 2008, sentita in qualche modo anche la maggioranza allora uscita dalle urne - ma non ancora assolutamente insediata - e che è stato approvato all'unanimità dal Senato.
Vorrei aggiungere che stiamo parlando di un'azienda quotata in borsa, un'azienda che vive un lungo periodo di difficoltà economico-finanziaria e - proprio per ripercorrere rapidamente questo lungo periodo di difficoltà finanziaria - ricordo che stiamo parlando di interventi (mi riferisco solo a quelli più recenti) che il Governo e lo Stato hanno dovuto compiere, nel 1997, per ben 2.750 miliardi di lire. Il Governo italiano - l'azionista - intervenne per far fronte ai gravi problemi economici e finanziari della compagnia aerea, la quale doveva essere messa in equilibrio in base ad un piano industriale presentato in occasione di quell'esborso finanziario di 2.750 miliardi di lire (tanti soldi, anche se lire) e che - trovandosi, purtroppo, oggi Alitalia in condizioni similari - non ha avuto il successo sperato. Ovvero, probabilmente, quel programma industriale non è stato applicato come doveva essere applicato.
Nel 2004 vi fu un'ulteriore garanzia da parte dell'azionista - lo Stato - nei confronti della società, per garantire un finanziamento del mercato di circa 400 milioni di euro. Parliamo, quindi, di una compagnia, di una società che è vitale per il nostro Paese e centrale per l'economia e il sistema produttivo del nostro Paese, ma che ha un inizio di gestazione di questa crisi che arriva da molto lontano.
Ritengo di poter dire che oggi, 29 maggio, siano poche le responsabilità che possiamo addebitare all'attuale Governo rispetto alla situazione in cui versa la società. Al riguardo, vorrei ricordare che solo il 15 maggio - quindi, due settimane fa - il Governo è entrato nella pienezza dei suoi poteri attraverso la fiducia dei due rami del Parlamento e che, solo dopo questa data, l'azionista è venuto a conoscenza di una situazione economico-patrimoniale e finanziaria che, nel primo trimestre 2008, ha generato quasi la metà delle perdite generatesi nell'intero anno 2007.Pag. 56
Si tratta di perdite assolutamente imprevedibili nel momento in cui è stato varato il decreto-legge che oggi è in discussione qui alla Camera ed imprevedibili anche fino alla data in cui vi è stato il passaggio di consegne dal precedente all'attuale Governo, tanto che lo stesso Governo è stato costretto ad adottare un nuovo decreto-legge (che oggi - solo oggi, ricordo - abbiamo avuto la possibilità di leggere nella Gazzetta Ufficiale) e ha dovuto necessariamente prevedere cambiamenti rispetto al decreto-legge che oggi stiamo discutendo in Parlamento. L'alternativa, infatti, sarebbe stata la mancata approvazione dei conti della società, la dichiarazione dello stato di insolvenza e l'apertura di una procedura concorsuale.
Pertanto, ho voluto ricordare queste cose perché credo che vi debba essere la massima responsabilità di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, affinché questo argomento che stiamo affrontando oggi in Aula non sia un argomento di strumentalizzazione politica. Sarebbe una grave irresponsabilità, da parte di tutto il Parlamento, un atteggiamento di questa natura, che cerchi di individuare - magari nell'attuale Governo - la responsabilità d'inerzia rispetto ad una situazione che ho cercato qui di ricordare, anche se brevemente, e che non penso sia addebitabile interamente all'attuale Governo.
Ritengo, inoltre, che il lavoro svolto dalla nostra Commissione, grazie anche all'impegno dell'opposizione, abbia portato ad un risultato importante: avere la data dell'audizione del Ministro Tremonti, il quale verrà a riferire alle Commissioni competenti il 18 giugno. Mi sembra di poter dire che un mese di lavoro sia il minimo necessario per arrivare alla definizione di una prospettiva di rilancio di questo settore e di quest'azienda.
Al riguardo, data la delicatezza della situazione, vorrei ricordare anche l'appello di non cominciare a prevedere future procedure d'infrazione da parte dell'Unione europea.
Ricordo che quando la Francia, la Germania e gli altri grandi Paesi europei hanno avuto delle proprie aziende in difficoltà economiche e finanziarie hanno provveduto senza dubbi e senza timori a finanziarle per sostenerle, anche andando contro le direttive europee. Non dobbiamo quindi aver timore di fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per far sì che questa azienda, ma soprattutto il trasporto aereo in Italia, possano avere un rilancio.
Non voglio qui dire che sia l'unica, ma sicuramente una delle cause del risultato fortemente negativo del primo trimestre del 2008 sta anche nel fatto che vi è stato il trasferimento dei voli dall'aeroporto di Malpensa all'aeroporto di Fiumicino. L'Italia - non l'aeroporto di Malpensa o quello di Fiumicino, ma l'Italia - ha perso nel primo trimestre il 25 per cento dei propri passeggeri, che hanno scelto di prendere in scali aeroportuali franco-tedeschi i voli intercontinentali che prima venivano presi dagli aeroporti del nord del nostro Paese. Non dobbiamo fare l'errore di mettere in contrapposizione Alitalia con Malpensa: penso che siano due problemi che riguardano il nostro assetto del trasporto aereo, che devono però essere tenuti separati.
Come dicevo, il Governo ha dovuto quindi adottare un nuovo decreto-legge che prevede dei cambiamenti rispetto a quello che oggi discutiamo in quest'Aula; soprattutto esso prevede modifiche sui tempi di restituzione della somma erogata, che non sarà soltanto il minor termine tra l'eventuale venir meno della proprietà dello Stato ed il 31 dicembre 2008, ma anche quello della cessione o della perdita del controllo effettivo da parte del Ministero dell'economia, che rappresenta un elemento importante. Allo stesso modo, un altro elemento importante aggiunti è quello di poter utilizzare il finanziamento ponte a tassi di mercato - ed è stato aggiunto nel nuovo decreto-legge, un incremento dell'1 per cento - per far fronte alle perdite che comportino una diminuzione del capitale versato e delle riserve al di sotto del minimo legale. È quindi un decreto-legge che indubbiamente va ad incidere sul quadro attuale - ho spiegatoPag. 57quale sono stati i passaggi temporali che hanno costretto il Governo ad intervenire in tale direzione - modificandolo.
Ho premesso di voler sottrarre la questione di Alitalia, del trasporto aereo e di Malpensa alla contrapposizione tra maggioranza e opposizione perché penso, come è stato ricordato più volte, che le questioni di Alitalia e dei rifiuti di Napoli siano due emergenze del nostro Paese, che dovrebbero essere affrontate con responsabilità dell'intera classe dirigente. Devo dire che con rammarico ieri ho assistito in Commissione al voto contrario sul decreto-legge in discussione, da parte delle opposizioni, che si sono appellate a motivazioni che non sono riuscito a spiegarmi. Come ricordavo, infatti, è stato un obbligo per il Governo intervenire nel Consiglio dei ministri di Napoli con il provvedimento in vigore da oggi, per evitare che Alitalia fosse possa posta in stato di insolvenza e incorresse in una procedura concorsuale.
Tuttavia ciò che voglio qui ricordare al Governo è di compiere oggi, domani e nei prossimi giorni una riflessione sul fatto che si stia discutendo il provvedimento in Parlamento e che sia stato pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale un provvedimento necessario, perché, pur considerando - data la delicatezza dell'argomento - che è giusto che il Governo mantenga un operoso silenzio in questa fase, vale la pena forse di valutare l'opportunità che il provvedimento prosegua il suo iter in questo ramo del Parlamento. Proprio per quanto ho ricordato, il Governo è stato costretto a intervenire con il nuovo provvedimento.
Quindi l'appello che rivolgo in questa sede al Governo è di valutare - so che domani ci sarà un Consiglio dei ministri - se ci sarà la necessità, magari, di ulteriori nuovi provvedimenti, di ulteriori nuove azioni da parte del Governo, assolutamente legittime e necessarie.
Voglio ricordare che qualsiasi decisione verrà presa dal Governo, sarà necessario fare come si sta facendo a Napoli: presa una decisione, condivisa con le parti sociali, non bisogna tentennare nel portarla avanti con decisione e con rigore, se vogliamo che il trasporto aereo rimanga bandiera nazionale; se vogliamo, come abbiamo detto, che il trasporto aereo sia e rappresenti, anche in futuro, un momento strategico del nostro sistema economico produttivo, anche per continuare a sviluppare e far crescere la nostra economia.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Mi riservo di intervenire nel proseguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crosio. Ne ha facoltà.

JONNY CROSIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'esame del decreto-legge relativo al prestito ponte di 300 milioni di euro a favore dell'Alitalia arriva in Aula accompagnato dall'urgenza riservata a un paziente moribondo. È doveroso ricordare che la vicenda Alitalia è il risultato di circa vent'anni di strategie aziendali errate che hanno portato una delle più prestigiose compagnie aeree al mondo all'attuale declino e al possibile fallimento.
Alitalia da troppi anni giustifica i conti in rosso o la mancanza di risultati positivi, e quindi la propria inefficienza, imputando questo dissesto a una serie di tragici eventi internazionali (attentati terroristici, crisi petrolifere ed altro), senza mai affermare con serietà che tra le principali cause di crisi vi è la mancanza di una valida strategia industriale, commerciale e occupazionale.
Al dissesto finanziario complessivo concorrono sicuramente più fattori concomitanti fra di loro: la ridotta produttività (il grado di efficienza di Alitalia, infatti, è il più basso d'Europa, mentre i costi di gestione sono i più alti di tutto il settore europeo del trasporto aereo); la mancanza di strategie (il vettore è cresciuto in un regime di monopolio e si è trovato impreparato ad affrontare le nuove regole del mercato); il costo del lavoro (Alitalia ha sottoscritto accordi sindacali favorendoPag. 58più l'effetto immagine che l'economia di gestione; il grado di redditività, infatti, si raggiunge solo dopo il 90 per cento dei posti venduti).
Un altro fattore determinante per il complessivo dissesto finanziario è sicuramente il prevalere di politiche impostate sulla posizione dominante e non sulla cultura del prodotto. Risulta assolutamente antindustriale l'opzione del doppio hub, alla luce del fatto che il 70 per cento dei biglietti venduti è venduto in Lombardia. In considerazione di tutto questo, Alitalia, dal 1996, ha totalizzato perdite nette superiori a tre miliardi di euro.
La Lega Nord Padania, pertanto, ha sempre avuto un atteggiamento fortemente critico nei confronti di Alitalia, proprio a causa dell'inefficienza e dell'incapacità dell'azienda di competere in un mercato aperto alla concorrenza. In questo frangente, però, il nostro movimento farà sicuramente prevalere la responsabilità e il buon senso per affrontare questo provvedimento, ma il buon senso e la responsabilità dovranno accompagnare il Governo in un'azione forte e determinata per il futuro dell'aeroporto di Malpensa.
Non chiediamo un favore per Malpensa o per un singolo territorio, ma l'impegno del Governo ad un'azione in grado di rilanciare il mercato dei trasporti aerei in tutto il Paese; e l'impegno ineludibile del Governo, lo attenderemo, preciso e determinato, con l'accoglimento dell'ordine del giorno che il nostro gruppo ha presentato.
A seguito dell'abbandono di Malpensa da parte di Alitalia, lo scalo milanese ha perso in un solo mese il 31 per cento del traffico; parallelamente, Fiumicino ne ha recuperato solo l'11 per cento. Vuol dire che se non si fa nulla, su base annua l'Italia perderebbe 3 milioni e 800 mila passeggeri, ovvero circa 3,8 miliardi in meno sul prodotto interno lordo, con un mancato incasso per l'erario di 1,9 miliardi. Dobbiamo assolutamente recuperare il traffico su Malpensa, lasciando lo scalo milanese libero di lavorare e trattare con le compagnie, per far tornare in Italia il traffico che si è spostato su altri hub europei. Tutto questo, onorevoli colleghi, a beneficio dell'intero Paese. Vogliamo che sia il mercato il regolatore delle rotte, non lo Stato: un mercato che preme alle porte del nord, con richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare nuovi collegamenti e a incrementare il numero delle frequenze su Malpensa. Non va poi dimenticato che l'Expo 2015 è stata assegnata alla città di Milano: appuntamento al quale non ci si può sicuramente presentare con un aereoporto di serie B. Questi, onorevoli colleghi, sono tutti segnali che il Governo deve tenere presenti e che il sistema Paese deve capire.
Concludo, signor Presidente, ribadendo che la Lega Nord ha sempre assunto una posizione critica nei confronti di Alitalia. Come movimento politico, rivendichiamo di aver riportato il dibattito sulla questione della compagnia di bandiera e dell'aereoporto di Malpensa nelle sedi parlamentari. Il segnale politico che chiediamo con forza al nuovo Governo, è che possa fornirci una prospettiva, che sarà sicuramente valida, sia per la compagnia di bandiera sia per il nostro aeroporto di Malpensa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sulla vicenda Alitalia con un certo tremore e preoccupazione, avendo per lungo tempo in altri ruoli vissuto direttamente tante vicende della nostra società di bandiera.
Ho detto «con tremore» perché sono convinto che il tempo a disposizione per una soluzione positiva di una vicenda che ormai si trascina da circa dieci anni si sia alquanto ridotto. Il consiglio di amministrazione della società ci ha reso edotti che i conti sono peggiori di quelli che erano previsti, e che la liquidità scarseggia. Inoltre, sappiamo che tra pochi giorni scadrà il termine fissato dalla Commissione europea per i necessari chiarimenti in ordine alla legittimità del prestito proposto. Dunque, i problemi si stanno aggravando. Inoltre, credo debba essere tenuto contoPag. 59che il clima interno alla società, e in particolare fra le lavoratrici e i lavoratori, è molto teso e preoccupato, e che costoro si interrogano sul loro futuro: sono migliaia e migliaia di persone e di famiglie. Il decreto-legge all'esame della Camera dei Deputati infatti è stato adottato nella convinzione che il prestito ponte potesse essere sufficiente per garantire liquidità all'Alitalia per il tempo necessario per vedere comparire la tanto promessa, soprattutto in campagna elettorale, cordata italiana.
Un'attesa, questa, simile a quella di Godot, che ha contribuito a fare in modo che Air France ritirasse la sua offerta di acquisto di Alitalia: un'offerta che presentava molti problemi e certamente era da negoziare e rivalutare, ma che fino ad oggi è stata l'unica che abbiamo potuto vedere in campo. La cordata, infatti, non c'è ancora, né la si intravede; inoltre, se c'è, è sicuramente sottotraccia. Intanto, però, le difficoltà economiche continuano ad aumentare e si macina debito.
In questo contesto, se guardiamo al decreto-legge che dispone il prestito ponte, viene immediatamente all'attenzione che questo prestito viene computato nel conto capitale. Come ciò sia possibile (è proprio per questo profilo che noi voteremo contro), se non si tratti di una ricapitalizzazione impropria e se non vi saranno ragioni per ulteriori rilievi comunitari, lo vedremo nei prossimi giorni. Noi abbiamo però un sospetto rispetto a questa dimensione: ci sembra un gioco di prestigio contabile che opera quella che, in un senso mondano, potremmo chiamare la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Alitalia non può più infatti, sotto alcuna condizione, usufruire di aiuti di Stato, e noi dobbiamo saperlo: occorre dunque cercare altre soluzioni.
Soprattutto, poi, della crisi Alitalia restano aperti i nodi strutturali (sui quali abbiamo sentito dire poco o nulla), vale a dire- la crisi patrimoniale, la crisi di liquidità, la mancanza di un piano industriale. Quanto continua a mancare è proprio questo: un piano industriale e una cordata credibile che sia in grado di affrontare tutte queste questioni.
Sono dunque convinto che non si possano oggi mettere in campo espedienti che finirebbero solo per aggravare la situazione; occorre che la nostra compagnia di bandiera entri in una situazione totalmente nuova che determini elementi di trasparenza, senza negare una riflessione sulla cosiddetta legge Marzano. Ciò infatti potrebbe consentire di sapere esattamente qual è la situazione e di capire come intervenire e forse sarebbe utile anche per far emergere questa cordata che rimane nascosta. Si tratterebbe insomma di quell'assunzione di responsabilità che con questo decreto non si non vuole compiere.
Per tutte queste considerazioni, preannuncio che noi voteremo contro questo provvedimento, auspicando però che in tempi brevi le promesse fatte in campagna elettorale - promesse che hanno fatto fuggire l'unica possibilità che vi era in campo - divengano esplicite, in modo che il Parlamento le possa giudicare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione del presidente Valducci, che si somma alla documentazione che il Governo ha fatto pervenire alle Commissioni competenti, rafforza in noi la conclusione che nel Governo, sulla vicenda Alitalia, regna la confusione. Ne avevamo purtroppo avuto sentore in maniera limpida già in campagna elettorale, ma in questi giorni ciò emerge con chiarezza.
Il Governo Prodi aveva varato un prestito ponte di 300 milioni di euro: un prestito ponte, non un aumento di capitale; un prestito, com'è noto, prevede una restituzione. Quel prestito ponte era stato strutturato per consentire il completamento di un'operazione di mercato - di mercato, presidente Valducci! - che avrebbe consentito alla nostra ex compagniaPag. 60di bandiera di essere salvata per i capelli dal mercato stesso, proprio da quel mercato che sta tanto a cuore alla maggioranza di Governo. Quella soluzione portava infatti ad un accordo strutturale con Air France-KLM.
Quanto è successo in campagna elettorale è sotto gli occhi di tutti, ma ciò che è stato proposto in un decreto che è poi arrivato in Parlamento con enorme ritardo - a noi è stato possibile visionare l'articolazione del decreto molti giorni dopo la sua adozione da parte del Consiglio dei Ministri - ci fa all'improvviso prendere atto di quanto sia lontana da una visione di mercato l'attuale impostazione del Governo.
Di fatto, si dimenticano i problemi aziendali di Alitalia e si fa finta che Alitalia sia un'azienda sana. Alitalia è invece un'azienda che non sta più sul mercato da molto tempo e che ha scontato tutte le contraddizioni del nostro sistema. Essa è infatti l'unica - tra le grandi compagnie europee - ad avere un numero di macchine e di aeromobili numerosissimo ed indifferenziato, tanto da rendere costosissima la manutenzione, costosissima ed onerosissima la formazione del personale, nonché in molti casi impossibile la sostituzione di aeromobili che tra loro non sono assolutamente compatibili.
Tutto ciò avviene per effetto delle politiche degli ultimi anni, che sono legate ad una visione che non ha mai avuto la forza - tranne nei diciotto mesi che abbiamo alle spalle - di considerare la nostra ex compagnia di bandiera come una compagnia che, in realtà, poteva essere salvata solo dal mercato.
La proposta che abbiamo ritrovato in Commissione bilancio e in Commissione trasporti trasforma quel prestito ponte, che costituiva l'ultimo passo di un percorso relativo ad un'azienda ormai non più in grado di stare con le proprie gambe sul mercato, in un aumento di capitale. Ma come viene aumentato il capitale? Lo si fa togliendo risorse alle imprese! In pratica, si tagliano fondi alle piccole imprese per finanziarie il deficit insanabile di Alitalia: così si tagliano 205 milioni dall'istituzione del Fondo di competitività e sviluppo e 85 milioni dal Fondo di finanza di impresa. Ma siccome ciò non bastava, si è completata l'opera recuperando dieci milioni di euro dall'accantonamento del Ministero della solidarietà sociale. Tremonti infatti, avendone tagliati già altri 44 per la copertura del decreto che presto sarà oggetto di confronto anche in quest'Aula, poiché erano rimasti accantonati altri dieci milioni per l'ex Ministero della solidarietà sociale ha completato l'opera dirottandoli su Alitalia.
Quei 300 milioni, dunque, non solo non sono un prestito, ma di fatto rappresentano un aumento di capitale a fondo perduto. Infatti, conoscendo in realtà quali sono le condizioni dell'impresa, al comma 4 dell'articolo 4 del decreto recante misure urgenti in materia fiscale si mettono già le mani avanti e si prevede che «In caso di liquidazione dell'Alitalia - Linee aeree italiane Spa, il debito di cui al presente articolo è rimborsato solo dopo che sono stati soddisfatti tutti gli altri creditori, unitamente e proporzionalmente al capitale sociale».
Stiamo in realtà aumentando il capitale sociale di un'azienda che prevediamo finirà, probabilmente, in amministrazione straordinaria! Non so se il grado di responsabilità delle amministrazioni centrali, le quali hanno fino in fondo il dovere di prendere in considerazione una serie di passaggi, sia stato sollecitato in queste ore. Noi troviamo intanto assolutamente fuori luogo le modalità. Siamo inoltre convinti che non sarà sfuggito né al Ministero dell'economia e delle finanze, né a quello delle infrastrutture e dei trasporti il fatto di aver deciso di andare contro la Commissione europea: infatti, quell'aumento di capitale non sarà mai autorizzato. Se tutto ciò rappresenta quindi l'«antipasto» di una campagna d'autunno contro la Commissione europea, probabilmente si poteva prendere come cavia un'altra vicenda, non una che rischia di far pagare al nostro Paese un prezzo troppo alto.
Il presidente Valducci ha chiesto una sorta di assunzione di responsabilità bipartisan,Pag. 61ma l'assunzione di responsabilità si realizza quando si condividono alcune riflessioni, alcuni ragionamenti.
Ma quando arrivano dei decreti-legge «blindati» già in Commissione per i quali, nel momento in cui si chiede il rinvio dell'esame del provvedimento in modo da ragionarci su per almeno ventiquattr'ore, viene risposto che non vi sono alternative, o così oppure si vota, ma di quale atteggiamento bipartisan stiamo parlando?
Sulla questione Alitalia, lo dico con grande rispetto per le posizioni della Lega, il Parlamento deve sforzarsi di disgiungere la vicenda Malpensa. Da tale punto di vista, le posizioni della Lega in ordine alle condizioni in cui versa l'azienda Alitalia rappresentano spunti che devono farci meditare sulla differenza fra Malpensa e Fiumicino e soprattutto sugli investimenti infrastrutturali che sono stati compiuti, negli ultimi dieci anni, proprio a favore di Malpensa.
Il paradosso di tutta la vicenda è che, mentre alla fine della campagna elettorale si esprimeva, di fatto e indirettamente, un «no» all'opzione Air France e quindi al rilancio anche del relativo progetto, nelle stesse ore si inauguravano con sette, otto e perfino dieci anni di ritardo gli ultimi anelli di collegamento tra Malpensa e il resto del Paese. Questa è la grande contraddizione di fondo, che viene messa ancora più a nudo dalla vicenda Alitalia.
Ci auguriamo che vi sia in Assemblea il tempo e la forza di affrontare fino in fondo le cause che hanno portato Alitalia a non essere più oggetto dell'interesse di Air France. Con grandi sforzi il Governo Prodi aveva portato Air France ad un passo dall'acquisto di Alitalia. Per comprare Alitalia e rilanciarla sono necessari due miliardi di euro, non 300 milioni di finanziamento ponte, in realtà poi trasformati in aumento di capitale. Servono due miliardi, uno per ripianare le perdite e l'altro per rilanciare la compagnia. Non vi è gruppo industriale in Italia, banche comprese, in grado di assumere un onere così complesso.
Si deve ripartire da tale convinzione di fondo, sapendo che quell'azienda non è in grado di stare in piedi, che perdeva un milione di euro al giorno nel 2007 e oggi ne perde un milione e mezzo. Il Governo deve avere l'umiltà di riconoscere che il progetto relativo ad Air France, voluto fortemente dal Governo Prodi, fosse l'unico pervenuto. Non abbiamo mai detto che fosse l'unico progetto possibile, ma solo che si trattava dell'unico pervenuto non dal cielo ma dal mercato, del libero mercato.
Vi è stato solo ciò, nient'altro, se non le promesse elettorali e il grande «minestrone» che ha portato Alitalia ad essere confusa con Malpensa (devono consentirmelo i colleghi della Lega, perché ad un certo punto si sono intrecciati i destini di Malpensa con quelli di Alitalia) e il pasticcio appare evidente con il decreto-legge in esame e con la trasformazione di 300 milioni di euro da finanziamento ponte - ribadisco per l'ultima volta che un finanziamento prevede la sua restituzione e ciò era quanto previsto dal Governo Prodi nella scorsa legislatura - in un contributo a fondo perduto che le piccole imprese, quelle che vogliono crescere, e in parte i contribuenti italiani, daranno ad Alitalia, azienda di fatto già «decotta».

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, sono un po' turbato nell'intervenire sull'argomento in esame perché da tanto tempo seguo la vicenda: la crisi della nostra compagnia di bandiera viene da lontano, veramente da lontano.
La mia preoccupazione è che non vi sia stata, almeno negli ultimi undici anni, alcuna inversione di tendenza.
In questi undici anni la nostra compagnia di bandiera ha chiuso il bilancio in attivo soltanto due volte e, quindi, la mia preoccupazione è che si vada lentamente verso il «disastro». Inoltre, devo constatare che, nonostante il nuovo Governo e la nuova maggioranza siano composti da pochi partiti (come pure l'opposizione e il nuovo Parlamento da pochi gruppi), il centrodestra, con due partiti soltanto, haPag. 62una posizione diversificata sull'argomento. Per esempio, il relatore afferma chiaramente che Malpensa e Alitalia sono due questioni diverse che occorre separare, mentre la Lega le mantiene strettamente collegate. Si tratta di una contraddizione che secondo me comporterà delle conseguenze, come sempre accade.
Tali conseguenze risiedono nel fatto che, in fondo, la politica di partito si intromette sempre nel mercato e nella gestione di una grande azienda che è stata, ed è ancora, un punto di riferimento per milioni di italiani, soprattutto all'estero.
L'onorevole Crosio diceva che il Governo si deve impegnare a sviluppare il mercato, ma si deve rilevare che il mercato dei passeggeri italiani costituisce il secondo mercato europeo con 82 milioni di passeggeri nello scorso anno. Siamo, dopo la Germania, il più grande mercato europeo - è un fatto che dobbiamo tenere in mente - ma l'unico dei quattro grandi Paesi dell'Europa ad avere oggi, a distanza di sette o otto anni da quando un'altra compagnia era in difficoltà, una compagnia che arranca e rischia di finire in amministrazione controllata.
Alitalia trasporta circa 25 milioni di passeggeri l'anno, a fronte degli 82 milioni di passeggeri del mercato italiano. Gli altri grandi Paesi, l'Inghilterra con la British Airways, la Germania con Lufthansa e la Francia con Air France, trasportano almeno dal 70 all'80 per cento del proprio mercato.
La crisi dipende solo da Alitalia, cioè dal personale, dai piloti, dal personale di ruolo? Io credo che dipenda dal contesto più generale, dal «sistema Italia» che non riesce a reggere il confronto con gli altri Paesi europei moderni. Air France - sono d'accordo su questo - ha accusato una grave crisi, simile a quella di Alitalia nel periodo in cui quest'ultima, invece, era forte. Ebbene, in tale periodo Air France è stata gestita dallo Stato francese ed ha ottenuto non 3 miliardi di euro come Alitalia in undici anni, ma cifre ben maggiori.
Tuttavia, essendo la Francia uno Stato moderno e avendo una classe dirigente diversa dalla nostra, sia politica, sia amministrativa, ha posto al vertice della società un management di grande livello nel periodo in cui questa era a maggioranza pubblica ed usufruiva del finanziamento dello Stato.
Ciò ha permesso la rinascita: 14 miliardi di euro immessi in quella occasione hanno portato a livello attuale Air France, che ha cominciato a privatizzare ed è riuscita a diventare un'azienda leader, mentre in quegli anni era la metà di Alitalia.
Alitalia è stata anche sfortunata perché la crisi peggiore l'ha avuta in questo periodo, quando c'era una campagna elettorale politica. Ha subito anche questo trauma. Ma, in genere, quando un'azienda si ammala, quando un ente non va bene, si va a vedere perché, si approfondiscono le cause e chi ha la responsabilità interviene. Lo Stato, che prima era azionista di maggioranza, ora è di maggioranza relativa, non è mai intervenuto. Possibile che si sia sempre intervenuto tagliando il personale fondamentale, quello addetto alla manutenzione, il personale di volo, e non si è mai pensato che in fondo è il management, il gruppo dirigente della società che dovrebbe lasciare immediatamente, mettersi la giacca e andare via? In altri Paesi se ne vanno via da soli.
In questo caso quando la società ha perso meno di quello che era preventivato si è dato il bonus. Si è perduto, non so, il 35 per cento di quanto si pensava di perdere? Si sono premiati. Più o meno c'è un grande dirigente ogni trenta dipendenti. Abbiamo addirittura sostituito un amministratore delegato, negli ultimi anni, che aveva portato l'Alitalia a quel disastro concedendogli un premio enorme. Quando c'è una società in dissesto l'amministratore delegato non solo se ne deve andare, ma deve pagare i danni! In questo caso l'abbiamo addirittura premiato. Abbiamo fatto lo stesso, per la verità, anche con le ferrovie, dove tutto lo Stato paga, che sono in perdita: noi, per un anno e mezzo di amministrazione, all'amministratore delegato paghiamo diversi milioni di euro di buonuscita.Pag. 63
È il «sistema Italia» che evidentemente non va bene, perché il disastro che i dirigenti adducono come causa non è l'unica; certo, il 2001 è stato un anno terribile per tutte le compagnie, e certamente l'Alitalia, che già cominciava a non andar bene, ha avuto una scossa. Ma non è questa la sola causa: è stata la scelta del doppio hub ad essere davvero la causa rovinosa.
Caro amico della Lega Nord, è vero che in Lombardia c'è un numero di oltre 40 milioni di passeggeri sul totale di 82, ma è anche vero che ci sono sette aeroporti che fanno concorrenza a Malpensa. Solo l'8 per cento dei milanesi va a Malpensa. Quando, come Paese, non siamo riusciti a fare in modo che a Linate rimanesse solo la navetta per Roma, mentre è diventato un aeroporto che faceva concorrenza a Malpensa, poi non ci possiamo lamentare che Malpensa non andasse bene. Malpensa andava bene, perché vi trasferivano i passeggeri del sud che partivano per l'America e per il nord (Commenti del deputato Volpi). Basta vedere la relazione tecnica su questo punto.
Allora è evidente che i sette aeroporti crescono: Venezia, Bergamo, Bologna, Caselle. Perché da Bologna o da Venezia dovrebbero andare a Malpensa per partire per l'Oceania o per le Americhe del nord e del sud?
Prendono un aereo qualunque (adesso si sono liberati i cieli non solo in Europa, ma anche nel mondo, in America e tra l'America e l'Europa) della Lufthansa, British oppure Air France, e vanno dove vogliono.
Air France continua ad avere aiuti di Stato. Non è vero che non li riceve più. Air France riceve fondi e viene sovvenzionata per tutti i voli diretti verso i territori d'oltremare.
Senza considerare le compagnie low cost, e capirete perché parlo del «sistema Italia». Le low cost solo in Italia hanno la libertà di fare ciò che vogliono: atterrano a Ciampino, a Linate, dove gli pare. Se, però, andate a Barcellona con una compagnia low cost, come Ryanair, che noi paghiamo con aiuti di Stato, atterrate sui Pirenei, a cento chilometri da Barcellona. Quindi, è una presa in giro il fatto che costano meno. Oppure provate ad andare a Londra e non atterrerete certo a Heathrow o a Gatwick, ma a Luton, a 120 di chilometri di distanza. Noi invece le facciamo atterrare negli aeroporti principali, anzi le stesse compagnie hanno chiesto Fiumicino e a Milano succede la stessa cosa.
Allora, questo sistema Paese va difeso. Ryanair, per esempio, ha molti piloti dipendenti italiani assunti in Lussemburgo, che sono lavoratori in nero, e noi non diciamo nulla. Ripeto: lavorano in Italia come lavoratori in nero. È ovvio, quindi, che questa compagnia va avanti bene.
Gli aeroporti italiani non le fanno pagare nulla, anzi pagano Ryanair e le altre società di questo tipo. Per andare a Londra da una qualunque città italiana - ne posso citare quattro o cinque - l'aeroporto paga. Il bilancio dell'aeroporto è territoriale - in genere gli aeroporti sono regionali o pagati dai comuni - e noi paghiamo Ryanair.
Alitalia si è trovata in campagna elettorale proprio nel momento in cui si stava operando la scelta del partner, scelta che viene da lontano quando Alitalia era forte.
Un tempo è stata tentata la fusione con KLM, quando questa compagnia non versava in buone condizioni e noi eravamo molto più forti. Il «sistema Italia» ha impedito anche questo. L'intromissione della politica ha impedito quella fusione, tanto che, dato che quelle sono persone che dicono le cose chiaramente, ad un certo punto hanno preferito pagare 250 miliardi di penale e andarsene.
Lo stesso ha fatto poi Air France, dopo che, in qualche misura, aveva cominciato ad avviare un processo di fusione con Alitalia, con scambio del 2 per cento delle quote e con la presenza dei rispettivi amministratori delegati nei propri consigli d'amministrazione. Però, abbiamo molti lacciuoli e non sappiamo individuare le responsabilità.
Una responsabilità, però, l'abbiamo individuata. La trattativa con Air France - come diceva l'amico Boccia - era l'unicaPag. 64offerta che veniva dal mercato italiano (adesso sono tutti contro i «mercatisti»). Il mercato aveva dato questo risultato in un concorso libero. Ebbene, in quel momento si è detto «no», perché si affermava che vi fosse l'italianità da salvaguardare. Questa è una responsabilità precisa.
D'altra parte, Air France, vista la situazione e i profondi disaccordi in Italia, ha ritenuto preferibile avere il benestare dal Governo che avrebbe vinto le elezioni prima di andare avanti. E il Governo che ha vinto le elezioni ha detto «no», assumendosi una grandissima responsabilità, perché quel «no» è pesantissimo. Poi ha cercato di vedere come fosse possibile recuperare. Ha trattato con il Governo in carica, affermando che altrimenti le cose sarebbero andate male per la compagnia e ha chiesto perentoriamente 300 milioni di euro, un prestito ponte, perché sosteneva di avere una cordata italiana che potesse sostituire Air France.
Questa è stata la questione e noi lo sappiamo. Queste questioni sono chiarissime, basta rileggere gli articoli di stampa e riascoltare i servizi televisivi di quel momento. L'Alitalia è stata sfortunata perché si è trovata nel momento del cambio di legislatura. Con altri tre o quattro mesi dello stesso Governo Prodi si sarebbe avuto il completamento di questa vicenda e saremo oggi in una condizione completamente diversa. Più i giorni passavano e maggiormente peggiorava la situazione, abbiamo impiegato molto tempo per affrontare la vicenda perché in Italia ci sono tanti lacci e lacciuoli e l'offerta iniziale di 0,9 euro ad azione è arrivata a 0,35 perché l'Alitalia, nel frattempo, comprometteva la sua credibilità.
I trasferimenti da Malpensa a Fiumicino - in questo non concordo con il relatore - non hanno determinato l'aumento delle perdite, tutt'altro. Il problema è un altro. Il problema è che la credibilità di Alitalia sul mercato dei passeggeri è crollata. Se vi è qualcuno che si intende di queste questioni - non dico tanto, ma almeno per sentito dire come i tour operator - sa che nessuno prenota per l'estate prossima. Le prenotazioni che vengono effettuate ora sono quelle per l'estate, per le ferie imminenti in Italia e all'estero. Chi si fida di un'azienda che potrebbe andare in crisi come è avvenuto per tante altre piccole aziende italiane ad estere? Si va, quindi, sul sicuro, ci si affida alle compagnie stabili. È chiaro che la diminuzione dei voli internazionali non è dovuta al fatto che i cittadini della Val Padana prendevano altri vettori perché ciò avveniva già prima. I passeggeri che passavano per Malpensa erano i meridionali. È chiaro che non c'entra nulla questa questione. C'entra la scarsa credibilità che ha avuto il vettore in questi ultimi tre o quattro mesi. È ovvio che è necessario e indispensabile per il bene di Malpensa e della stessa compagnia di bandiera separare le due questioni.
Sugli aspetti finanziari della vicenda interverrà il collega Favia, ma io voglio sottolineare che abbiamo detto «no» con dispiacere a questo provvedimento perché non sappiamo su cosa ci dobbiamo pronunciare oggi. Esiste un decreto che prevede un prestito-ponte - di quello stiamo discutendo - che non è valido più, perché esiste un altro decreto che prevede un'altra cosa. Perché devo votare questo decreto se ne esiste un altro? Stiamo discutendo di un provvedimento che, allorché domani arriverà in discussione l'altro, mi costringerà ad affermare di essermi sbagliato: questi 300 milioni che prima erano restituibili adesso non sono più restituibili e andranno al patrimonio. Ma sono tutti e due validi o no? Che cosa sono oggi, in questo momento, a quest'ora, i 300 milioni? Sono un prestito-ponte o sono un pezzo del patrimonio dell'Alitalia? Tutti e due i provvedimenti sono vigenti e per questo io non so di cosa stiamo parlando. Tanto valeva, forse, ritirare il primo decreto per presentare delle proposte emendative al nuovo e affermare: partiamo dal nuovo e lasciamo perdere questo. Si tratta di una presa in giro e come fa l'onorevole Boccia, ci domandiamo: ma da dove si sono presi questi soldi?
Successivamente parleremo anche della questione dell'ICI dove si è svuotato l'investimento infrastrutturale del Mezzogiorno,Pag. 65(1,3 miliardi di euro) destinato alle infrastrutture per le regioni Calabria e Sicilia (le due regioni povere dove afferma l'ISTAT la popolazione guadagna un terzo di quella del milanese dove abita l'onorevole Crosio) ed è stato destinato a spesa corrente.
Questo è quanto dobbiamo avallare. Io sono certo che gli italiani ci vedono e ci giudicheranno, e ritengo che la questione vada affrontata in termini un tantino diversi da quelli con i quali la si sta affrontando adesso. Pertanto noi non possiamo approvare un provvedimento di questo genere. Ritengo che questo decreto-legge non abbia alcuna ragione di essere. Occupiamoci allora dell'altro provvedimento, nei confronti del quale, al momento della discussione in Assemblea saremo degli osservatori ed anche dei censori - se vi sarà necessità - soprattutto in materia di finanziamento. Si potrebbe verificare infatti l'eliminazione di investimenti a favore delle piccole aziende, queste sì produttive, sia della Valle Padana sia di tutto il Paese, che verrebbero sacrificate per realizzare questo piccolo investimento patrimoniale. Di questo si tratta perché in merito al decreto-legge di oggi è come se non ci fosse una compagnia. Inoltre il Governo, azionista di maggioranza, non ci informa in modo completo per cui noi dobbiamo decidere a scatola chiusa.
Forse oggi con l'euro si può pensare che si tratti di una piccola cifra, ma in realtà stiamo parlando di 600 miliardi di lire - ci saremmo spaventati di più se la cifra fosse stata indicata in lire - appartenenti a cittadini, che vengono messi in un calderone e non sappiamo per quale fine, perché il Governo ancora non è in grado di dircelo. Prendo atto con soddisfazione che la nostra pressione - quella da parte dell'Italia dei Valori, del Partito Democratico e dell'UdC ha fatto sì che il Governo si decidesse a venire a riferire in Parlamento il 18 giugno prossimo sul futuro di Alitalia. Ma noi prima di dare 600 miliardi dovremmo sapere perché li diamo, qual è il progetto e che cosa vogliamo fare. Dobbiamo sapere se vogliamo rilanciarla, se la vogliamo commissariare, se vogliamo metterla di nuovo sul mercato, riniziando la procedura. Diteci cosa volete fare! Se è tutto nascosto, e se ancora non si sa nulla, e se ancora vengono richieste altre compensazioni da quelli che devono entrare nella cordata - come è accaduto ieri - allora ce lo dovete dire.
Noi qui non stiamo ad occhi chiusi, quindi non si può votare a favore del decreto-legge in esame, anche se - come ho detto all'inizio - sono molto turbato e molto preoccupato per i ventimila dipendenti di Alitalia. Se andate a vedere il rapporto tra dipendenti, di volo e di terra, rispetto alla stessa Air France si riscontra che l'Alitalia appare sbilanciata in un senso. Perché l'Air France intendeva cambiare piloti ed altro? Perché voleva metterci i francesi. Era questo il punto. E doveva anche aumentare il personale. Air France, lo ricordo, trasporta 75 milioni di passeggeri mentre Alitalia 24. Il rapporto riguarda 11 mila o al massimo 18 mila dipendenti di Alitalia, contro i 105 mila di Air France; eppure quest'ultima è un'organizzazione che rende utili, mentre l'Alitalia è gestita sempre con metodi per i quali paga sempre «Pantalone».
Su questo sono d'accordo con l'onorevole Crosio, perché questi signori - dirigenti e amministratori di Alitalia, compreso però qualcuno dei vostri che oggi gestisce Malpensa e Linate - erano abituati al fatto che tanto paga «Pantalone»: se perdiamo o se non perdiamo, tanto il bonus ce lo diamo (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lovelli. Ne ha facoltà.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, stiamo discutendo un provvedimento per il quale forse si sarebbe potuto pronosticare, all'inizio del suo iter, un'approvazione abbastanza tranquilla, o condivisa.
Si tratta di un decreto-legge che è intervenuto in una fase di passaggio da un Governo all'altro, approvato dal Governo Prodi, di fatto in accordo con la maggioranzaPag. 66che sarebbe subentrata a seguito del risultato elettorale. Quindi, potremmo dire che in quella fase il decreto-legge era frutto di un gentlemen agreement tra le forze politiche della vecchia e della nuova maggioranza. Potremmo anche osservare che quando il Presidente del Consiglio si è presentato in quest'Aula per ottenere la fiducia, ha improntato il suo discorso programmatico ad uno spirito di ampia collaborazione e di dialogo, facendo riferimento anche alle vicende che riguardano proprio il trasporto aereo nazionale e il futuro della nostra Alitalia. Anche per questo direi che nel passaggio parlamentare che già si è avuto nell'aula del Senato, vi è stata effettivamente un'approvazione unanime del decreto-legge.
Ora il problema è che, nel frattempo, il Governo ha cambiato le carte in tavola. Signor sottosegretario, siamo contenti di averla presente in qualità di sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze, se l'interlocuzione oggi deve essere - come io credo - a quel livello. Dobbiamo ricordarci che l'argomento Alitalia è entrato nel pieno della campagna elettorale dopodiché Berlusconi aveva tenuto un profilo molto basso nei mesi precedenti, in attesa che si concretizzasse effettivamente l'accordo con Air France. Anzi, prima della campagna elettorale, abbiamo sentito le dichiarazioni sostanzialmente favorevoli a questo accordo persino da parte dell'onorevole Bossi. In seguito, è accaduto che le la Lega Nord Padania ha alzato il tiro su Malpensa e ha prevalso la linea di cavalcare la «tigre» Alitalia o, se vogliamo, la «tigre» Alitalia-Malpensa abbinata. Una scelta molto pericolosa e molto rischiosa ma che, evidentemente, si era calcolato potesse pagare nelle urne del nord. E così è stato. Si potrebbe osservare che in realtà nel nord ha pagato più alla Lega Nord Padania che al Popolo della Libertà ma questo è un problema che non ci riguarda.
Così siamo passati da un «no» ad Air France, proclamato in campagna elettorale, ad un «no» di Air France ad Alitalia, che è stato dichiarato, evidentemente dopo poco tempo, dalla società francese. Oggi ci troviamo senza avere reali carte in mano da giocare. Quindi, il decreto-legge del 23 aprile 2008, n. 80, era inevitabile ma, intanto, la situazione che oggi dobbiamo esaminare è completamente cambiata.
Anzitutto è cambiata riguardo alla cordata italiana, preannunciata in campagna elettorale, alla quale, leggendo i giornali, si è lavorato alacremente fino a poco fa. Diciamo che, con probabilità, vi si sta ancora lavorando alacremente: semmai osserviamo che sta cambiando il manovratore di questa cordata. Infatti sino a poco tempo, il dottor Bruno Ermolli, su incarico del Presidente del Consiglio si stava occupando in prima persona della questione. Abbiamo chiesto in Commissione di avere informazioni circa la natura di questo incarico fiduciario affidato al dottor Bruno Ermolli ma non abbiamo avuto risposta. Leggiamo sui giornali di questi giorni che la palla è passata decisamente in mano al Ministro dell'economia e delle finanze e ritengo che questo sia anche il motivo per il quale il sottosegretario Vegas è presente oggi tra noi.
In realtà, il motivo è anche abbastanza facilmente comprensibile, perché nel frattempo le riserve di Alitalia - le riserve finanziarie - si sono esaurite; inoltre, non solo è proceduta una tendenza che era già in atto da tempo (quella che è stata qui ricordata: è una compagnia che perde da uno a due milioni di euro al giorno), ma anche la crisi petrolifera internazionale e l'aumento vorticoso del prezzo dei carburanti hanno inciso, naturalmente, anche da questo punto di vista, sui bilanci di Alitalia, come stanno incidendo, per la verità, sui bilanci di tutte le compagnie aeree mondiali.
Tuttavia, questo era un fatto comunque prevedibile già precedentemente. Ciò che è mancato è altro, in questa prima fase dell'attività del Governo, ed è quello che segnaliamo e addebitiamo all'inerzia del Governo attuale: abbandonata la strada precedente, alcuna procedura nuova è stata avviata per trovare un partner ad Alitalia. Infatti, non può essere considerata una procedura quella del tutto informale e sotterranea condotta dal dottorPag. 67Bruno Ermolli, tanto è vero che lo stesso CdA di Alitalia ha negato che potesse avere titolo per entrare in possesso dei documenti da esaminare per una due diligence. Non ve n'è nessun altra, perché non è stata attivata formalmente.
È utile osservare in questo momento che l'altra notte il consiglio di amministrazione di Alitalia ha approvato il bilancio 2007, con una perdita che si avvicina al mezzo miliardo di euro, e sarebbe interessante sapere come il consiglio di amministrazione di Alitalia ha potuto assumersi tale responsabilità, considerato che il decreto-legge n. 93, che reca la data del 27 maggio 2008, è stato effettivamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il giorno dopo, cioè il 28 maggio 2008; quindi, in quel momento, il consiglio di amministrazione ha formalizzato un atto - l'approvazione del bilancio - per il quale era necessaria la copertura di un nuovo atto legislativo, che di fatto desse il «via libera» a quella procedura, ma il decreto-legge è stato pubblicato il giorno dopo.
Questo è un passaggio che richiederebbe qualche spiegazione, ma ciò che comunque richiede una spiegazione è il fatto che il decreto-legge del 27 maggio 2008, n. 93, pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale, trasforma il «prestito-ponte» previsto dal decreto-legge alla nostra attenzione oggi, in un decreto-legge che, di fatto, è di ricapitalizzazione temporanea della compagnia. Di ciò, tra l'altro, hanno parlato abbondantemente altri prima di me e non mi soffermo più di tanto. Quindi, osservo che oggi siamo, o meglio saremmo chiamati ad approvare un decreto-legge mentre ve ne è già un altro pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, efficace a tutti gli effetti.
Inoltre, dopo aver partecipato a due sedute di Commissione dedicate a questo argomento (notando un certo imbarazzo tra i colleghi della maggioranza nell'affrontare la questione) e avendo oggi ascoltato le motivazioni e la relazione del relatore, che è anche presidente della nostra Commissione, devo dire che le motivazioni con cui egli oggi ha cercato di riproporre le ragioni di un dialogo e di un'apertura all'opposizione non mi convincono; non mi convincono, non perché siamo alieni dall'idea di avere un dialogo, e di averlo in modo costruttivo, ma perché non ci sono fatti nuovi. Il sottosegretario Cosentino, in Commissione, è intervenuto e non ci ha portato alcun elemento nuovo e reale.
Oggi, come ho ascoltato dall'intervento del relatore, mi pare, in modo un po' ironico, che l'operoso silenzio del Governo prosegua.
Naturalmente, auspichiamo che l'operoso silenzio del Governo dia operosi risultati, ma non vi sono novità che ci consentono di dare un giudizio diverso da quello che abbiamo già espresso in Commissione. D'altronde se - come immagino abbiamo fatto tutti - abbiamo letto oggi i giornali e i quotidiani, le analisi che emergono sono abbastanza chiare.
Mi riferisco, in particolare, all'articolo pubblicato oggi da Il Sole 24 Ore: esso è molto efficace e mi sembra si presti ad una difficile replica da parte di chiunque. Scrive Franco Locatelli su Il Sole 24 Ore (vorrei ricordarlo, perché mi sembra un riassunto molto valido): «Il piccolo rimbalzo in borsa del titolo della compagnia non deve suscitare illusioni: è amaro dirlo, ma per Alitalia il tempo è tempo scaduto. La campagna elettorale è finita e i nodi stanno venendo al pettine ancora più prepotentemente del previsto. Alitalia è in cima alla lista: i conti sono peggiori del previsto, la liquidità scarseggia e il clima interno è di alta tensione; l'autorizzazione del prestito-ponte da parte di Bruxelles è una via tutta in salita, la cordata italiana stenta a decollare, ma quel che davvero conta è che di un partner internazionale non si vede nemmeno l'ombra. Dire che ormai la compagnia di bandiera boccheggia è dire poco e immaginare che in queste condizioni abbia ossigeno per superare l'estate è una pia speranza».
Di fronte a tale analisi, sarebbe utile conoscere le valutazioni del Governo per capire se questa impietosa radiografia della realtà possa avere controindicazioni o soluzioni positive. Io osservo - avviandomi a concludere - che, in realtà, èPag. 68proprio tale analisi della situazione a dirci quanto veramente brutto sia l'inizio proposto dal Governo in questa materia per la sua attività di legislatura. Ciò anche perché, andando ad approfondire il contenuto del nuovo decreto-legge - che esamineremo quando sarà il momento - scopriamo che la copertura finanziaria (che, fra l'altro, riguarda nello stesso provvedimento le misure per l'ICI, come quelle per Alitalia) viene trovata, andando a raschiare il fondo del barile, negli investimenti e negli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria per il 2008, proprio in materia di mobilità e infrastrutture.
In altri termini, il primo atto di questo Governo, che si presenta come il Governo «del fare» e il Governo «dell'agire» di fronte all'immobilismo della precedente legislatura, è quello di cancellare gli stanziamenti di Fintecna, destinati con l'ultima legge finanziaria ad opere infrastrutturali nel Mezzogiorno d'Italia, dopo aver preannunciato l'avvio delle procedure per il ponte sullo stretto di Messina che, a questo punto, non si sa con quali finanziamenti potrà iniziare (d'altronde, è di ieri l'intervista dell'ex Ministro Lunardi, che lanciava un grido d'allarme proprio su questo argomento) e, poi, di cancellare voci significative e importanti, come il trasporto pubblico locale, i finanziamenti per la sicurezza stradale, i finanziamenti - non so se l'avete già notato - per l'autotrasporto.
In altri termini, noi abbiamo affrontato una legge finanziaria nel pieno di una manifestazione e di uno sciopero nazionale, che ha bloccato il Paese nel settore dell'autotrasporto, perché mancavano i fondi per incentivare lo sviluppo del settore, per aiutarne anche la riconversione e l'ammodernamento.
Il primo atto che pone in essere il nuovo Governo - che ha cavalcato quella protesta - è cancellare i fondi. Aspetto che vi sia una reazione adeguata di fronte a tale iniziativa, ma questo è il punto: noi vogliamo far volare Alitalia e mettiamo a terra i trasporti del nostro Paese, cancellando le misure già contenute nella legge finanziaria in vigore, che dava un contributo fondamentale.
Pertanto, noi siamo per contribuire, ma il Governo ce ne deve dare il modo; non ce lo sta dando: l'audizione in Commissione del Ministro Tremonti, prevista per il 18 giugno, si svolgerà troppo tardi, perché questo decreto-legge decade il 23 giugno. Cosa ci verrà a raccontare il Ministro Tremonti il 18 giugno? Per quella data, sarà già successo qualcosa di nuovo. D'altronde, questo qualcosa di nuovo ce l'ha lasciato capire il relatore, oggi, dicendo che potrebbe accadere che l'iter di questo provvedimento non vada fino in fondo; potrebbe essere abbandonato. È, infatti, probabile che il Governo si riunisca quanto prima per decidere il da farsi. Dunque, ce lo dovete dire: non possiamo iniziare un dibattito generale su un argomento così importante per il futuro del trasporto aereo, della compagnia nazionale e dei suoi dipendenti, e non avere le notizie che il Governo non ci fornisce.
Questo è il motivo per cui il nostro atteggiamento per l'esame parlamentare di questo provvedimento è, naturalmente, negativo ed è anche il motivo per cui preannunciamo un voto contrario.
Auspichiamo, peraltro, che l'operoso silenzio del Governo venga allo scoperto e ci fornisca gli argomenti per esaminare questo provvedimento, facendo in modo che il dibattito che svolgiamo sia utile per definire gli indirizzi volti a garantire il futuro della compagnia. Ciò è indispensabile per una compagnia che non porta solo il marchio del Paese in giro per il mondo, ma, soprattutto, deve rispondere ad un'economia nazionale, alla cittadinanza che si avvale dei suoi servizi e deve corrispondere ad un'esigenza di modernizzazione del Paese che passa anche di qui.
Pertanto, questa è la nostra valutazione sulla questione. Auspichiamo veramente che il dibattito parlamentare ci dia la possibilità, alla fine, di giungere ad una valutazione di merito più adeguata sul provvedimento che, in questo momento,Pag. 69risulta non approvabile da parte del nostro gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, sono nuovo di quest'Aula, ma francamente sono sbalordito da questo approccio, che è un approccio di soluzioni pasticciate e imposte a colpi di maggioranza da parte, appunto, della maggioranza che sostiene questo Governo.
Abbiamo concluso proprio oggi l'esame del decreto-legge «comunitario», chiamiamolo così, in cui sono state imposte soluzioni non condivisibili; ora ci troviamo a discutere della conversione di un decreto-legge che rasenta, a mio giudizio, la fantascienza.
Tutti chiamiamo questo prestito recato dal decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, «prestito-ponte». Sarebbe bene chiedersi: ponte verso cosa? Poteva essere un ponte verso l'acquisto da parte di Air France - un momento di respiro per la trattativa con i sindacati e con il Governo - o forse, come meglio ha detto il mio collega Misiti, un ponte verso la cordata che era stata preannunciata in campagna elettorale dopo la vittoria delle elezioni (ricordiamo che il decreto-legge è successivo alla vittoria delle elezioni e che, quindi, vi è stata, come dire, una sorta di richiesta da parte del nuovo Governo in pectore); quindi, forse, una soluzione ponte verso una cordata che ancora non ci è dato di vedere.
Ecco quindi che ci troviamo costretti ad esprimere un giudizio contrario sul provvedimento (tra l'altro, avevamo anche proposto in Commissione una soluzione più di buonsenso) perché ci troviamo in un contesto completamente diverso rispetto a quello in cui è nato il decreto-legge di cui si sta parlando. Esso prevedeva la restituzione praticamente immediata da parte della società, abbondantemente rifinanziata e ricapitalizzata da quello che sarebbe stato - o avrebbe potuto essere - l'acquirente. Oggi, invece, il decreto-legge in discussione è soltanto il presupposto di un altro decreto-legge: ecco perché parlo di soluzione pasticciata. Bene ha detto poco fa l'onorevole Misiti affermando che, se il Governo avesse voluto fare le cose per bene, avrebbe dovuto ritirare il provvedimento e adottarne un altro migliore rispetto al decreto-legge n. 93 del 27 maggio 2008, pubblicato il 28 maggio, nel quale, come dirò tra poco, vi sono cose assolutamente incoerenti: c'è tutto e il contrario di tutto. Avevamo chiesto in Commissione il ritiro del decreto-legge o, quanto meno, che ci fosse dato sapere quale fosse il progetto del Governo. Ci è stato risposto - e di questo ringraziamo il presidente relatore della Commissione - che il 18 giugno il Ministro Tremonti verrà in quella sede a riferire, ma probabilmente ci illustrerà il programma del Governo attinente alle competenze della nostra Commissione; forse, ci dirà anche (se non lo si sarà già saputo) qual è il futuro di Alitalia, ma in un tempo troppo tardo per la corretta discussione del decreto-legge, che diventa assolutamente inutile e da ritirare. Diverso sarebbe stato se il Governo fosse venuto ad esporci le proprie intenzioni molto prima del 18 giugno.
Riguardo al progetto, a nostro modestissimo avviso ci sono soltanto tre strade possibili per Alitalia: il fallimento, stante la situazione attuale; l'indizione di una nuova gara, come fece correttamente il Governo Prodi (una gara che aveva trovato un esito positivo che, a nostro avviso, è stato vanificato da un atteggiamento elettorale forse un po' troppo disinvolto); infine, come è stato ricordato in quest'Aula, un rilancio da parte dello Stato, che ovviamente dovrebbe rendersi acquirente in toto della compagnia, parimenti a quanto avvenuto in altri Stati. Non ci sembra che siano soluzioni complesse da adottare da parte del Governo, il quale avrebbe ben potuto dirci subito se intendeva acquistare e rilanciare la compagnia o indire una nuova gara essendovi questa cordata della quale troppo si è parlato (tra l'altro, ci sarebbe da discutere su come sia possibile parlare di cordata quando nonPag. 70c'è nemmeno una gara, come se non ci fossero potenziali altri acquirenti; ma si sa che il regime concorrenziale a qualcuno sta stretto!); oppure, come dicevo, il Governo, azionista di maggioranza relativa, potrebbe anche decidere per il fallimento. Non ci sembra così complicato, rispettando la dignità di questo Parlamento, venire a rappresentare le proprie intenzioni.
Questa, però, è la situazione e ciò ci impedisce di votare a favore della conversione di un decreto-legge che diventa oggi completamente diverso rispetto al momento in cui è stato emanato. Inoltre - cosa ancor più grave - esso diventa la base per l'articolo 4 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, in cui, al comma 1, si dà atto della sussistenza del prestito e addirittura ci si dà la pena di definirne il tasso di interesse; al comma 3, poi, si dice che tali somme non rappresentano più un prestito, ma vanno imputate a patrimonio (si ipotizza a riserve, perché per essere destinate a capitale ci vorrebbe una delibera assembleare).
Al comma 4 si tenta di tutelare il consiglio di amministrazione, dichiarando la totale postergazione di queste somme in caso di fallimento; dopodiché, si dice che, invece, in caso di esito positivo di una cessione, questa posta patrimoniale torna ad essere un'obbligazione, con una disinvoltura veramente censurabile. Parimenti, mi sento di condividere con il collega Lovelli l'interrogativo se quello del consiglio di amministrazione sia stato un comportamento corretto e non sul filo del falso in bilancio, per aver utilizzato, senza una facoltà in tal senso, delle somme che, nel momento in cui sono state appostate a riserve, erano in realtà un'obbligazione della società. Credo che questo comportamento, come minimo, possa essere considerato estremamente disinvolto.
Censuriamo il fatto che, come è stato detto (ma voglio soltanto ricordarlo), il decreto-legge, che contiene la trasformazione a patrimonio di queste somme e altre norme di spesa, abbia utilizzato altre poste per finanziare questi che - ci si consenta di dirlo - sono fondi bruciati.
Si tratta di poste che erano state previste per finanziare i danni del terremoto nella mia regione, le Marche, e in Umbria; fondi destinati alla infrastrutturazione, come è stato detto, del Mezzogiorno, che ne ha particolare bisogno: mi riferisco specialmente alla Calabria e alla Sicilia.
Mi preme sottolineare, in particolare, che bruciare 600 miliardi del vecchio conio (che fanno più effetto), ossia 300 milioni di euro (che sono già andati a coprire perdite, nonostante le manovre per tentare, in qualche modo, di farli rivivere in futuro), senza un progetto chiaro, sottoposto a questo ramo del Parlamento e ovviamente anche al Senato, è l'ennesima soluzione pasticciata, che non possiamo assolutamente condividere.
Ci chiediamo anche - e mi avvio a concludere - se questo tipo di manovra non sia un cosiddetto aiuto di Stato, che ci sottoporrà ad una censura da parte dell'Unione europea. Di fatto, senza adempiere agli obblighi previsti dalla gestione delle società quotata in borsa - qualche giornale oggi lo censura - con questa appostazione a patrimonio di 300 milioni di euro, lo Stato è salito, se non al 100 per cento del capitale sociale (perché manca la delibera di aumento del capitale sociale), ad una partecipazione molto vicina. Credo che ci siano anche degli adempimenti Consob, che forse non sono stati svolti.
Intanto, da quello che ci è dato sapere, Alitalia sta perdendo le rotte; sta, quindi, perdendo appeal sul mercato.
Ci sia consentito di dire, signor presidente della Commissione, signor rappresentante del Governo, che, avendo voi avuto sufficiente tempo per decidere cosa fare di Alitalia, trovarci oggi in quest'aula a dover decidere di convertire in legge un decreto-legge che brucia 300 milioni di euro, senza un progetto, sottraendoli ad investimenti produttivi, è un'attività meritevole di censura e, quindi, assolutamente meritevole del voto contrario alla conversione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto volentieri gli studenti e i professori della scuola mediaPag. 71«Pietro Ardito» di Lamezia Terme, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Signor Presidente, pochi ma onorevoli colleghi, stiamo affrontando una questione che temo venga ristretta solo nell'ambito di un'analisi di tipo finanziario. E invece, signor Presidente, penso che noi si stia analizzando una questione politica. Infatti, era politico il comportamento che la maggioranza oggi alla guida del Paese ha assunto nelle settimane conclusive della campagna elettorale appena passata, quando la vicenda di Alitalia diventò la pietra dello scandalo della gestione economica del precedente Governo secondo chi si apprestava a vincere la campagna elettorale. Inoltre, la vicenda fu oggetto di una trattativa politica per chiedere al Governo ancora in carica di individuare in un decreto-legge la possibilità di un «prestito ponte» per la compagnia che andava sostanzialmente fallendo. Infine, è del tutto evidente come sia politico e politicamente speso l'atteggiamento di chi da più di un mese fa credere al Paese, come ha già fatto durante la campagna elettorale, che esisteva una cordata industriale pronta a rilevare la nostra compagnia di bandiera e come questa ipotetica possibilità fosse preferibile alla trattativa che il Governo precedente aveva in corso con Air France (ricordo le affermazioni del Premier Silvio Berlusconi quando lodava il comportamento dei sindacati che avevano fatto fallire la trattativa con Air France; ci sono i testi sulle agenzie). Questa cornice politica - che fa da sfondo all'atteggiamento che ebbe la maggioranza attuale nel corso della campagna elettorale e al silenzio odierno della stessa maggioranza, salvo il decreto-legge la cui conversione è in discussione oggi - fa da contorno ad un silenzio complessivo sulla vicenda della politica industriale che è sottesa a questa crisi, su cosa sta succedendo del trasporto aereo in questo Paese, su cosa potrebbe succedere al nord se la crisi di Alitalia coinvolgesse e trascinasse con sé la crisi dell'aeroporto di Malpensa. Penso che tali questioni siano sottaciute perché le soluzioni non sono pronte, al contrario di quello che si è detto in campagna elettorale.
Prima di tutto vorrei sostenere la tesi di fondo che l'Europa non concederà legittimità al cosiddetto «prestito ponte», richiesto come tale da questa maggioranza al precedente Governo in campagna elettorale e che si trasforma oggi, col decreto-legge fiscale i cui effetti si combinano con questo provvedimento in fase di conversione e oggi in discussione in Aula, in una ricapitalizzazione della compagnia Alitalia. Ritengo - e anzi sono pronto a scommettere - che qui ci sia una giocata, diciamo così, a poker da parte del Governo, un rischio, un bluff: l'ipotesi, intanto, di concedere ancora qualche mese di vita ad una società il cui fallimento è molto vicino, in attesa di un'eventuale vertenza con l'Unione europea sulla illegittimità del prestito che ripatrimonializza l'azienda, e, in attesa di ciò, portare avanti l'approfondimento di altre ipotesi.
Siamo di fronte ad una compagnia aerea in crisi ventennale. Alitalia ha chiuso in perdita diciannove esercizi negli ultimi vent'anni.
Nel 2007 ha perso un milione di euro al giorno (nel 2006 erano 2 milioni: alcune operazioni di svecchiamento e di svalutazione economica della flotta hanno prodotto qualche risultato). Da agosto, le cose sono peggiorate rapidamente: ce lo mostra la valutazione della liquidità che la compagnia aveva a disposizione, che nel luglio 2007 era pari a 600 milioni di euro, nel dicembre dello stesso anno era scesa già a 377 milioni, per poi giungere a 280 milioni nel gennaio 2008, a 180 nel febbraio, e a 90 nel marzo (il dato di marzo è poi stato fatto risalire con la liquidazione delle partecipazioni in Air France). Ma la situazione risulta ancora più grave se considera che, a fronte di questa disponibilità di liquidità lorda, vi è un debito a breve termine di 140 milioni di euro. Insomma, in altri casi avremmo una società che deve portare i libri in tribunale.Pag. 72
A fronte di questa così grave situazione finanziaria e di liquidità, vi è però un altro aspetto da considerare, e cioè la crisi della politica industriale dell'azienda. Alitalia non intercetta la crescente domanda di voli che emerge dall'Italia: mentre infatti da molti anni il numero dei passeggeri annui della compagnia si aggira intorno ai 25 milioni, il numero di voli annui effettuati dagli italiani è esploso dai 42 milioni nel 2000 agli 82 milioni nel 2007, grazie anche alle nuove compagnie aeree e al mercato dei voli a basso costo. La situazione è insomma in peggioramento.
A fronte di queste questioni, di questa politica industriale che non risponde più ad un mercato che tira, di un'evidente crisi di liquidità finanziaria, a fronte di tutto questo vi sono anche questioni che riguardano il territorio e che voglio qui sottolineare. Non so se nelle prossime settimane si terrà un Consiglio di ministri all'interno dell'aeroporto di Malpensa: in fatto di politica industriale, credo poco alle questioni prettamente simboliche, mentre credo molto ai dati di fatto. Che cosa sta accadendo nell'aeroporto di Malpensa? E che cosa potrebbe accadere di fronte di una crisi della compagnia? Quali atti il Governo intende mettere in campo per risolvere tale questione? Ho saputo che oggi il Ministro per le politiche agricole Zaia ha comunicato che, per operare in sinergia con le esigenze di salvaguardia dei prodotti agricoli e di tutela dell'immagine del nostro Paese, occorrerebbe che nei nostri aerei si utilizzasse cibo derivante dalle filiere della produzione agricola italiana: temo che questo sia un po' poco rispetto ai problemi che dobbiamo risolvere.
I colleghi della Lega Nord - penso in particolare al collega Roberto Cota, presidente del gruppo in questa Camera - si sentono un po' a disagio. Da molti anni infatti tuonano contro «Roma ladrona» e contro uno Stato che, a loro dire, deve rifondere i danni che l'amministrazione centrale ha prodotto: così pure da molti anni affermano che i soldi concessi ad Alitalia in tutti questi anni sono stati soldi persi. Però, fra il 2001 e il 2006, erano loro al Governo quando il Governo Berlusconi coprì con un miliardo di euro - se non vado errato - il finanziamento degli ammanchi di bilancio di questa compagnia.
Roberto Cota oggi ha affermato che per il futuro bisognerà smettere di concedere fondi pubblici alla compagnia di bandiera, che d'ora in avanti dovrà muoversi sul mercato.
Però il Paese ha bisogno di risposte, onorevole Cota. È la seconda volta, in pochi anni, che chiedete al Governo di mettere soldi in questa compagnia senza pretendere - e senza quindi ottenere, proprio voi colleghi della Lega che fate della difesa del Nord la bandiera del vostro impegno politico - alcuna risposta in questo campo. Infatti, non c'è alcuna risposta - ci sarebbe forse stata (ma non saprei dirlo con certezza) con Air France - sul futuro del rapporto tra la compagnia di bandiera e, per esempio, il mercato del trasporto aereo del Nord. Non ci può essere questa risposta, perché il Governo e la maggioranza stanno chiedendo al Parlamento di finanziare una ripatrimonializzazione dell'azienda in assenza di un qualsiasi piano industriale.
Neanche la Lega, che oggi sostiene che questi sono gli ultimi 300 milioni di euro per la compagnia di bandiera, sa a cosa serviranno tali risorse. Nessuno di noi lo sa! Non siamo di fronte ad un apporto di capitale che serve ad introdurre un periodo in cui un nuovo piano industriale ci trasmetterà l'idea di una nuova modalità di approccio nei confronti del mercato da parte di Alitalia. Non lo sappiamo: il Governo è silente, da quando è in carica è silente! Non sappiamo nulla sulla cordata di cui Silvio Berlusconi ha parlato in campagna elettorale, non sappiamo nulla sulle intenzioni del Governo circa la politica industriale che questo eventuale salvataggio potrebbe determinare.
Il presidente della provincia di Milano ha giustamente affermato nelle scorse ore che il Governo ha cambiato le carte in tavola sul decreto-legge relativo al prestito ponte per Alitalia, trasformando un finanziamento in un ennesimo aumento di capitale che servirà solo a mantenere inPag. 73vita il carrozzone. Siamo di fronte - e lo dico da milanese - ad un'emergenza sia per Alitalia sia per Malpensa. Le due vicende devono essere viste in parallelo; in parallelo si possono anche non sovrapporre, se il Governo comunicasse al Parlamento di avere un piano per il rilancio di Malpensa e per un suo ruolo che prescinda dalla crisi, forse inevitabile e definitiva, di Alitalia. Ma così non è! Noi abbiamo solo la richiesta - fiscale e meccanica - di una ricapitalizzazione del patrimonio di Alitalia. A fronte della crisi di Alitalia, registriamo un aumento percentuale della perdita di passeggeri di Malpensa: la crisi di Alitalia si riverbera cioè sostanzialmente in misura molto maggiore sul nord del Paese, sullo scalo di Malpensa piuttosto che su quello di Fiumicino. Si sommano due crisi per produrre una situazione veramente penalizzante per il mercato, per l'economia e per il tessuto produttivo e sociale della regione che afferisce all'aeroporto di Malpensa.
Il Governo precedente aveva messo in campo una nuova istituzione: il «tavolo per Milano», cui afferivano le presidenze degli enti locali e il Governo. La priorità del Nord era infatti ben presente nei nostri programmi di lavoro. Quel tavolo è stato rispolverato dal Governo attuale: «il tavolo per Milano», presso il quale siedono il presidente della regione Lombardia, il sindaco di Milano, il presidente della provincia e il Governo, si faccia ora carico - insieme alla società degli esercizi aeroportuali di Milano, di Malpensa e di Linate ed insieme alle autorità locali - di ragionare non solo sulla crisi di Alitalia, ma anche su quella di Malpensa.
Nell'area di cui sto parlando si pone un problema economico, di mercato ed occupazionale. Insomma, siamo di fronte ad una richiesta non motivata, ad una mancanza di spiegazioni, ad un silenzio rumoroso del Governo - non credo operoso, presidente Valducci -, ad un silenzio che nulla dice al Paese, al Parlamento e a noi che siamo i rappresentanti dei cittadini in quest'Aula su quali siano le opzioni che Alitalia ha di fronte.
Non sappiamo se tali somme servano semplicemente per verificare se alcune delle opzioni che avete pensato di mettere in campo siano ancora percorribili, né quale futuro attende Alitalia, né il destino delle società che sono collegate al funzionamento della compagnia di bandiera come l'aeroporto di Malpensa o la SEA. Pertanto è necessario che l'opposizione esprima e faccia sentire chiaramente, in Assemblea e anche di fronte alla modifica che avete voluto introdurre rispetto al contenuto del provvedimento presentato al Senato, il proprio dissenso rispetto a quanto state mettendo in atto.
Avete raccontato delle frottole in campagna elettorale. Al momento non vi è alcuna cordata. Necessitate di tempo solo perché non avete una soluzione e di fronte ad un Governo silente, che non ha soluzioni, che non ha in mente un piano industriale e non sa cosa fare, in assenza di una cordata, l'opposizione farà sentire chiaro e forte il proprio parere negativo in ordine al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame.

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti dell'istituto tecnico commerciale A. Gentili di Macerata, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.

ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, stiamo discutendo un decreto-legge che ormai appare essere un provvedimento un po' figlio di nessuno. Formalmente stiamo discutendo un provvedimento varato dal Governo Prodi, ma nei fatti il decreto-legge ha visto la luce dopo le elezioni politiche ed è stato caldeggiato e persino quantificato dall'allora Presidente del Consiglio in pectore che ora è il Presidente del Consiglio in carica e da oggi, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, il provvedimento attualmente in discussione è persino superato dalle disposizioni e dalle norme contenute nell'articolo 4 del decreto-legge n. 93.Pag. 74
Qualcuno forse ha dimenticato negli ultimi giorni tali elementi di dettaglio, ma questa è la storia del provvedimento in esame. Esso interviene sulla condizione finanziaria di Alitalia che, come hanno affermato tanti colleghi che hanno preceduto il mio intervento, è ormai al fallimento. La nostra compagnia di bandiera, dal 2000 al 2007, ha chiuso tutti i bilanci in rosso, tranne che nel 2002, accumulando perdite per circa tre miliardi e 700 milioni di euro. Dal 1997 ad oggi Alitalia ha ricevuto aiuti dallo Stato per 3 miliardi di euro: la ricapitalizzazione di 2 mila e 750 miliardi di vecchie lire del 1997, gli 893 milioni di aumento di capitale nel 2002, il prestito di garanzia di 400 milioni di euro del 2004, fino ai 300 milioni di euro che sono in discussione al momento.
Nonostante queste iniezioni di enormi risorse pubbliche anche nel 2007 Alitalia ha chiuso il bilancio in rosso con una perdita di 496 milioni di euro e nel primo trimestre del 2008 la situazione si è ulteriormente aggravata, perché Alitalia ha registrato una perdita prima dell'imposta pari a 215 milioni di euro. Ciò significa che la società perde 2,4 milioni di euro al giorno. A fine marzo 2008 la posizione finanziaria netta era negativa per un miliardo e 351 milioni di euro e il patrimonio netto della società già allora era ridotto a 96 milioni di euro. Un tale ritmo di perdite comporta che, ad oggi, il patrimonio netto di Alitalia è probabilmente azzerato. Una qualunque altra società domani porterebbe i libri in tribunale.
Il Governo Prodi aveva sostenuto una prospettiva chiara per Alitalia, che si era concretizzata nell'ipotesi di cessione ad Air France-KLM. È stata un'ipotesi molto discussa, oggetto di un confronto anche duro, prima e durante la campagna elettorale. Oggi una simile ipotesi non rientra più nel campo e nel novero delle soluzioni possibili. È un peccato perché si trattava di una possibilità seria che aveva una sua logica industriale e una propria solidità finanziaria, indicando una prospettiva chiara per la società.
Essa consisteva nell'ingresso in uno dei più grandi gruppi mondiali di trasporto aereo in una società leader, con le spalle larghe, tali da permettere al patrimonio aziendale rappresentato da Alitalia e alle migliaia di lavoratori - del cui futuro stiamo discutendo - di affrontare gli anni a venire con molte più speranze di quanto, purtroppo, questi lavoratori, le loro famiglie e l'intero Paese abbiano oggi per quanto riguarda la situazione di Alitalia.
Quella prospettiva non c'è più e ognuno, però, deve assumersi le proprie responsabilità di fronte al Paese per quanto è accaduto. Devono farlo i sindacati che in quel passaggio hanno fatto valere, per l'ennesima volta, il peso politico che hanno costantemente svolto nell'evoluzione di Alitalia, ma deve assumersi le proprie responsabilità la destra che oggi governa il Paese che, all'epoca, accusò il Governo Prodi di voler svendere la compagnia ai francesi. Si trattava di un'accusa, lasciatemelo dire, un po' surreale; infatti, se ritorniamo agli anni in cui Berlusconi ha governato il Paese, i numeri ci dicono che, tra il 2001 e il 2006, il valore delle azioni Alitalia crollò dell'85 per cento: il valore della società crollo dell'85 per cento!
Sono numeri che ci dicono qualcosa su chi è in condizione di scagliare la prima pietra quando si parla di ipotesi di svendita della compagnia. La verità è una sola: Alitalia per Berlusconi e per la destra è stata un utile strumento di campagna elettorale, come la difesa dell'italianità contro i francesi, la cordata di banche e imprenditori in nome dell'orgoglio nazionale per salvare la società e tutto ciò che abbiamo ascoltato durante la competizione elettorale.
Molti di noi, devo dire, hanno seguito anche con interesse il giro delle «sette chiese», raccontato dagli organi di informazione, da parte di Bruno Ermolli, consigliere di amministrazione Fininvest e uomo fidato di Berlusconi che è andato in giro per l'Italia a contattare imprenditori e soggetti finanziari per dare vita alla cordata.
Il punto è però che, ad oggi, di questa cordata non c'è traccia. La fantomatica cordata non si è materializzata. I giornaliPag. 75sono pieni di indiscrezioni, di elenchi ufficiosi, ma nessuna proposta è stata formalmente ed ufficialmente avanzata per quanto riguarda il futuro imprenditoriale della nostra compagnia di bandiera.
Non sappiamo come andrà a finire la «telenovela» della cordata, ma una questione la vogliamo porre sin da ora, signor Presidente. Non ci stiamo occupando di una trattativa privata tra amici; stiamo parlando di un pezzo di patrimonio pubblico e di una società a partecipazione statale. Allora, qualunque passo dovesse esserci in futuro nella direzione di cessione di azioni di Alitalia, semmai si materializzerà una cordata, dovrà seguire nella massima trasparenza tutte le procedure ad evidenza pubblica previste dalle normative nazionali ed europee. Guai se il Governo seguisse scorciatoie in contrasto con tali normative.
Bisogna tener conto del fatto che oggi vi sono soltanto due dati ufficiali. Il primo è quello che l'onorevole Bruno Tabacci ha ribattezzato il «lodo Ermolli», ossia il regalo - così deve essere definito - che è stato fatto ad Autostrade per l'Italia e ai Benetton, azionisti di riferimento di quella società e, stando ai rumors degli organi di informazione, possibili soci di questa fantomatica cordata, confezionato con il molto discusso articolo aggiuntivo al disegno di legge di conversione del decreto-legge per l'attuazione di obblighi comunitari che abbiamo da poco approvato (non noi, naturalmente).
Il secondo dato ufficiale su cui dobbiamo discutere è l'erogazione di risorse di 300 milioni di euro prevista dal decreto-legge. Il decreto-legge, già in partenza, mostrava profili critici dal punto di vista della compatibilità con la normativa comunitaria; era un sentiero molto stretto. Si trattava di un prestito, ma con quali garanzie di restituzione da parte della società vicina al collasso finanziario? Un prestito ponte verso cosa, visto che ad oggi nulla di concreto si profila all'orizzonte della società? Quali erano e quali sono le possibilità che questo strumento passi l'esame della Commissione europea?
Ma il punto, oggi, è che quel prestito ponte, contenuto nella norma al nostro esame, è stato radicalmente trasformato e superato dal decreto-legge n. 93 del 2008. Il Governo Berlusconi sostanzialmente ha cambiato le carte in tavola e il prestito ponte del decreto-legge n. 80 è stato modificato dall'articolo 4 del decreto-legge fiscale che - mi passi l'espressione, Presidente - con un senso di humor un po' discutibile è denominato «sviluppo dei servizi di trasporto aereo». Ora, parliamoci chiaro, di sviluppo in quel decreto non c'è traccia. L'unica certezza è che con il nuovo decreto-legge il prestito ponte potrà essere patrimonializzato; vale a dire che dal prestito ponte si passa ad un prestito a fondo perduto.
È una soluzione pasticciata che ha una sapore molto vecchio di assistenzialismo, perché vengono sacrificati 300 milioni di euro dei contribuenti per dare ossigeno ad una società che ha le prospettive testé descritte, non molto favorevoli stando ai numeri, una società per la quale il Governo ad oggi non sa che pesci prendere. Questa è la realtà che emerge anche dal dibattito odierno. 300 milioni di euro dei contribuenti, inizialmente assegnati al Fondo per la competitività, al Fondo per la finanza di impresa e persino all'ex Ministero per la solidarietà sociale, vengono utilizzati per rinviare il commissariamento di Alitalia.
Il Governo di destra, cioè, questo Governo così apprezzato - lasciatemelo dire - per esempio da tante associazioni di impresa, ha preso i soldi destinati alle piccole e medie imprese, alla loro competitività, al loro rafforzamento finanziario, ha preso quelle risorse e le sta trasferendo in quella che rimane una delle grandi aziende di Stato. Questo è il dato di fatto che ad oggi emerge dal combinato disposto del decreto-legge n. 80 e delle normative introdotte dal decreto-legge n. 93.
Tutto ciò con buona pace di una serie di soggetti. Il primo è la Lega Nord. Gli amici della Lega Nord in campagna elettorale avevano detto cose ben precise per quanto riguarda Alitalia, Malpensa e il grado di interesse che loro nutrivano ePag. 76nutrono nei confronti della compagnia di bandiera, pari a zero. Quel grado di interesse pari a zero oggi si trasforma, per necessità, nel trangugiare (questa è l'espressione che ha utilizzato il capogruppo della Lega Nord) questo decreto-legge, alla faccia dei proclami pre e post-elettorali. Tutto ciò avviene con buona pace - lasciatemelo dire - di tante vestali del libero mercato che, quando governava il centrosinistra, erano pronte a dispensarci lezioni di liberismo, di mercato, di competizione, e in questi giorni - salvo lodevoli eccezioni - osservano un rigoroso silenzio. Credo che dobbiamo sottolineare anche questo aspetto con forza.
Concludo, signor Presidente. Così non va, non può andare; così non ci incamminiamo su una strada seria che guardi al futuro della nostra compagnia di bandiera. Il Governo deve dire al Paese che cosa ha intenzione di fare con Alitalia e deve farlo rapidamente, deve venire in Parlamento, in quest'Aula, con sollecitudine, con la massima trasparenza a dire che cosa ha intenzione di fare per il futuro di Alitalia. Noi oggi discutiamo una soluzione transitoria che non risolve i problemi, li rinvia, ma i nodi verranno al pettine.
La campagna elettorale è finita, come ha scritto giustamente Franco Locatelli su Il Sole 24 Ore di oggi. Ora, mi permetto di aggiungere, è venuto il tempo che chi governa questo Paese, chi ha conquistato la guida del nostro Paese, anche con una serie di riflessioni e di proposte sulla vicenda di Alitalia e di Malpensa, si assuma fino in fondo le proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei partire dal senso del provvedimento che è stato sottoposto alla nostra valutazione: il Governo uscente, il 23 aprile, ha fatto sostanzialmente un'apertura di credito nei confronti dell'Esecutivo che stava per insediarsi. Lo dico perché in Commissione ci è stato persino rimproverato che quel provvedimento - che non si sa se proseguirà il proprio iter - portasse la firma del Ministro dell'economia e delle finanze del precedente Governo. Certo, il Governo uscente avrebbe potuto, diciamo così, staccare la spina e lasciar fare al futuro Governo, che sosteneva di avere la cordata, e farla esplicitare.
È stata scelta una strada diversa, che credo sia l'unica dettata dalla responsabilità, cioè quella che fa sì che si debba dar credito ad un Esecutivo e al suo capo, che aveva condotto una campagna elettorale agitando l'imminenza di una cordata italiana.
Abbiamo letto di russi, di familiari, di acquirenti a debito e, da ultimo, anche della possibilità che le non solidissime Ferrovie dello Stato divenissero azioniste di Alitalia. Come si sa, tutto è stato preferibile ad Air France, l'unico soggetto che, per la verità, aveva manifestato un concreto e formale interesse per la nostra compagnia di bandiera.
Tuttavia, chi si accinge a governare un Paese merita sempre credito, soprattutto se, dopo le elezioni, finito il tempo della propaganda, persevera nel sostenere che esistono soluzioni alternative e migliori, capaci, di volta in volta, di difendere - come è stato ricordato negli interventi precedenti - l'italianità, l'occupazione e Malpensa.
Ci troviamo certamente di fronte ad un atto dovuto del Governo precedente, perché nessuno - soprattutto in un confronto più civile, come quello che abbiamo voluto costruire e che vogliamo continuare a costruire - può partire dal presupposto che, per mesi e mesi, si sia scherzato su questo tema, sulle sorti occupazionali di tanti lavoratori, sul destino di un grande scalo come Malpensa, sul futuro di una compagnia come Alitalia.
Il Governo Prodi, quindi, ha utilizzato un fondo rotativo, accedendo all'idea di erogare un prestito ponte di 300 milioni di euro, un credito garantito, come diranno, forse incautamente, le parole dell'onorevole Silvio Berlusconi.Pag. 77
Si tratta di una cifra ingente, come è stato riconosciuto, ma è nulla se si riferisce al buco nero di Alitalia, il cui indebitamento ha ormai raggiunto 1,4 miliardi di euro, a seguito di 3,7 miliardi di perdite, che si sono accumulate dal 1997 ad oggi. È però una boccata d'ossigeno che avrebbe avuto senso solo se utilizzata per formalizzare, per dare corpo ad un progetto e ad un'ipotesi di intervento. Si tratta di una misura tampone, quindi, tutta basata sul presupposto che qualcosa avvenga o stia per avvenire.
È una misura che soltanto così si reggerebbe in piedi, sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista tecnico.
Ed infatti, il Servizio bilancio della Camera, nel dossier di documentazione sul provvedimento, lo illustra usando queste parole: «Nulla da osservare per il profilo della quantificazione, nel presupposto del rispetto del termine di rimborso del prestito disposto dal provvedimento. Non si dispone di elementi per valutare profili finanziari connessi ad eventuali questioni di compatibilità con l'ordinamento. Si rileva inoltre che, da notizie di stampa, risulterebbe in fase di predisposizione una norma concernente la fattispecie in esame, volta a modificare in parte la disciplina relativa al prestito in favore di Alitalia», che però non è chiaramente disponibile agli uffici.
Si aggiunge: «In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che la norma non reca una vera e propria clausola di copertura finanziaria, in quanto stabilisce che all'erogazione in favore di Alitalia S.p.A. del prestito, per un importo pari a 300 milioni di euro, si faccia fronte a valere sulle disponibilità di tesoreria giacenti sulla contabilità (...), pertanto l'operazione non ha evidenziazione nell'ambito del bilancio dello Stato. Al riguardo, si segnala che il provvedimento non sembra contemplare l'eventualità di una mancata restituzione del prestito e dei connessi interessi al più tardi entro il 31 dicembre 2008, cui potrebbero conseguire effetti negativi non già in termini di saldo netto da finanziare, ma di indebitamento netto e fabbisogno. Stante l'assenza di una relazione tecnica, appare opportuno acquisire l'avviso del Governo in ordine agli effetti che potrebbero determinarsi a carico della finanza pubblica nell'ipotesi di una mancata restituzione, nonché riguardo ai possibili rimedi atti a scongiurare tale eventualità o, quanto meno, a compensarne le ricadute negative sulla finanza pubblica».
In altre parole, questo viene detto sul provvedimento in esame e non sul contenuto del decreto fiscale.
Dobbiamo porre attenzione all'Europa e, anche se non esiste al momento un problema di copertura, il Governo dovrebbe chiarire come intende garantire questo prestito dicendo anche come intende rilanciare l'Alitalia.
A tali quesiti si poteva rispondere in molti modi, si poteva agire sul sistema delle garanzie provando a rafforzare le ipotesi di una possibile cordata di acquirenti e di un connesso piano industriale oppure si poteva seguire la strada che si è scelta rispondendo in Commissione Bilancio, per voce del sottosegretario per l'economia e le finanze Giorgetti, che il prestito non è più tale ma diventa un contributo al patrimonio netto contenuto all'articolo 4 del decreto-legge n. 93, impropriamente intitolato - almeno per quanto riguarda il contenuto di questo articolo - «Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie». Il prestito diventa un contributo. Ora, 300 milioni sottratti alle importanti finalità che sono state ricordate possono essere anche un nulla o comunque una cifra ragionevole rispetto alla soluzione di una crisi che ha messo in circolo le cifre da me richiamate precedentemente. Sono però un'enormità di fronte al nulla che il Governo propone e al pasticcio che si sta preparando e rispetto al quale, oggi, si comprendono soltanto alcune conseguenze, purtroppo abbastanza prevedibili.
La prima conseguenza è che, al di là dei tempi e dei modi, per l'Alitalia si apre la via del commissariamento e quindi del probabile smembramento. Con l'articolo 4 del decreto-legge che ho richiamato si riconosce, di fatto, che l'operoso silenzio,Pag. 78di cui parla il ministro Scajola, è «al momento» inconcludente. Questo operoso silenzio in verità si accompagna - come è stato ricordato - all'imbarazzato silenzio di altre forze politiche della maggioranza che nel corso di queste ore, «trangugiando» o meno, non hanno speso una parola sulla questione di Malpensa, che appariva capitale in campagna elettorale.
Quando affermo «al momento», richiamo un fatto non secondario perché, come ha ricordato il collega Misiani, si stanno perdendo 2,4 milioni di euro al giorno. In questo momento si esplicita che non si sa se una cordata si presenterà, ma sicuramente le cordate di cui s'è parlato in campagna elettorale erano assolutamente inventate, altrimenti anche il Governo avrebbe avuto interesse a venire in Aula per spiegare in che direzione si sta muovendo. Non credo che anche al Governo piaccia particolarmente proporre in Aula e prima ancora in Commissione le ipotesi di un'erogazione al buio. In verità se cordate vi saranno - voglio ancora nutrire qualche speranza - saranno nuove cordate che si formeranno nei prossimi giorni; quelle di cui si è parlato fino a ieri sicuramente non esistono.
Tra l'altro sarebbe stato davvero interesse di tutti, del Paese, del Governo stesso, indicare alcune linee guida sulle quali intendeva muoversi nella costruzione di questa cordata. Vorrei ricordare, inoltre, che se dovesse emergere una cordata, la possibilità di nuovi acquirenti, questi dovrebbero, in ogni caso, passare attraverso la procedura di evidenza pubblica, che richiederebbe ulteriori mesi. Tutto ciò avverrebbe in un periodo nel quale il tempo è denaro se, come è vero, i 300 milioni che saranno erogati riusciranno a coprire, sì e no, 125 giorni di esercizio della compagnia di bandiera. Per questo non si comprendono le dichiarazioni lasciate trapelare, o comunque non smentite dal Governo in queste ore, secondo le quali si afferma che per Alitalia vi sarebbe ancora la disponibilità di liquidità sufficiente a far fronte a un intero anno.
La seconda conseguenza è - sono meno cauto di alcuni colleghi - che sicuramente l'Europa interverrà e ritengo che questo sia anche nel calcolo del Governo: si vuole fare intervenire l'Europa per dare all'Unione europea la colpa dell'incapacità di affrontare la vicenda.
La terza questione che appare ormai evidente è che questi 300 milioni saranno inghiottiti dal buco nero del debito di Alitalia, come è stato ricordato, facendo venir meno 205 milioni a interventi per la competitività, 85 milioni per la finanza d'impresa e 10 per la solidarietà sociale.
Da questo punto di vista è davvero singolare il silenzio da parte delle categorie produttive e delle rappresentanze di interessi che, in questa fase, appare assordante. Questo si prevede - lo possiamo capire dalle carte - in ordine alla copertura finanziaria prospettata.
Sarebbe davvero interessante sapere, anche soltanto per ragioni di curiosità storica, quali garanzie abbia avuto la Lega - quella delle manifestazioni per la difesa di Malpensa - in ordine a questo tema, perché altrimenti non si comprende veramente quale sia la ragione di questo sacrificio, di questo silenzio e di questo evidente imbarazzo. Credo che su questo tema il Governo sarà chiamato a dare risposte chiare, non tanto dall'opposizione che naturalmente farà la sua battaglia, ma dalla dittatura dei fatti che nei prossimi giorni si imporranno: il correre del tempo; l'aumento dell'esposizione di Alitalia; il venir meno di qualsiasi credibilità delle ipotesi sulle quale si reggeva la campagna elettorale.
Credo che almeno da questo punto di vista il Governo potrebbe contribuire a dare un elemento di chiarezza. Ci faccia capire su che cosa dobbiamo pronunciarci: se dobbiamo farlo su questo decreto-legge, che in realtà (come ci è stato spiegato) non c'è più, oppure su quello che sarà presentato. Chiedo pertanto che almeno questo passaggio, dal punto di vista dell'iter parlamentare, riacquisti nitidezza, e che ognuno si assuma con chiarezza le proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, l'intervento finanziario sull'Alitalia, del quale stiamo discutendo, viene presentato in continuità ed in coerenza con quello previsto dal Governo Prodi: ciò è vero solo dal punto di vista formale. In realtà, attraverso la presentazione posticipata di un ulteriore decreto-legge, che ancora non è in discussione, non ci si limita alla conferma della cifra, allora stabilita come prestito-ponte, ma si interviene sulle logiche e le modalità di assegnazione di questa importante entità finanziaria, modificando strutturalmente la natura stessa del provvedimento precedente. È opportuno anzitutto ricordare a questo proposito che il Presidente Prodi ha assunto l'impegno di finanziare un prestito straordinario alla società Alitalia quando le elezioni politiche si erano già svolte, dunque ci si trovava in una particolare situazione, sia dal punto di vista istituzionale sia da quello politico, resa ancora più delicata dal fatto che l'esito delle elezioni aveva modificato il quadro politico. Non va allora affatto trascurato e sottovalutato, soprattutto ai fini della nostra discussione odierna, che il provvedimento di prestito straordinario fu deciso, pur in regime di disbrigo di affari correnti, proprio perché la richiesta di effettuarlo era stata formulata anche dalla parte politica che aveva vinto le elezioni e che non era ancora nel pieno delle sua prerogative istituzionali.
Il carattere d'urgenza dell'intervento causato dalla crisi finanziaria dell'azienda in questione ha reso possibile questa intesa politica all'insegna di un gentlemen agreement. Allora a quale titolo, non formale si intende, ma nel campo dei comportamenti bipartisan, si consente al nuovo Governo di intervenire cambiando, senza concordare o preannunciare, la natura del provvedimento che invece aveva ispirato il primo in una logica di collaborazione? A quale scopo soprattutto? Già il tema della finalità dell'erogazione si poneva di fronte al prestito definito per l'appunto ponte. Ma ponte verso che cosa? Quale prospettiva industriale, di mercato e sociale veniva avvantaggiata da quella erogazione finanziaria?
Erano quesiti aperti allora e, tuttora, hanno bisogno di trovare una risposta. A maggior ragione queste domande appaiono fondamentali oggi di fronte al cambiamento del decreto-legge.
Quali sono le motivazioni che hanno indotto il Governo a trasformare un'operazione finanziaria, già in sé impegnativa, in un'operazione di merito, ma senza esplicitare la strategia complessiva? Prima di affrontare brevemente questo decisivo aspetto, vi è un punto che va chiarito.
Nei giorni scorsi il Senato è stato chiamato a votare ed ha espresso parere favorevole sul finanziamento ad Alitalia. Ma su che cosa il Senato ha votato? Sul decreto-legge originario di Prodi. Su cosa, invece, siamo chiamati a votare noi? Come ho detto all'inizio dell'intervento, siamo chiamati a pronunciarci solo in apparenza sul decreto-legge Prodi. Questo, infatti, - lo ripeto - è stato integrato nella forma e nella sostanza da un nuovo decreto-legge che lo modifica sostanzialmente. Quello su cui in definitiva siamo chiamati a pronunciarci è un nuovo provvedimento, diviso in capitoli separati, uno dei quali non è ancora votazione: come se fossero due operazioni distinte ed autonome. Non è così: infine è un provvedimento unico.
Ma ciò che va ascritto alla procedura non nasconde né esaurisce i problemi di merito che il provvedimento provoca. Con questo decreto aggiuntivo, infatti, il Governo trasforma, di fatto, il cosiddetto prestito «ponte» in una vera e propria ricapitalizzazione. Non sfugge a nessuno la differenza tra prestito e ricapitalizzazione, non sfuggono le implicazioni politiche e finanziarie di tale decisione, come non sfuggono le implicazioni di strategia industriale. Insomma, a questo punto, il problema che si pone, signor rappresentante del Governo, non è di forma ma di merito. Qual è la strategia del Governo italiano sulla azienda Alitalia? È di questo che dobbiamo discutere. Di questo è arrivato ilPag. 80momento di discutere. Abbiamo alle spalle una campagna elettorale all'insegna della cordata. Siamo reduci dal fallimento di una trattativa con un partner, siamo reduci da un consiglio di amministrazione dell'azienda che ha confermato il disastro finanziario della Alitalia che, in tre mesi, si è mangiata l'intera dotazione finanziaria del prestito o ricapitalizzazione che sia.
È difficile credere che sia possibile discutere a questo punto di 300 milioni a fondo perduto senza discutere delle sorti dell'impresa. Va chiesto, dunque, al Governo di riferire sul piano industriale di rilancio, sugli assetti proprietari previsti e possibili, sulle conseguenze per l'azienda Italia di queste scelte. Non anticipo ovviamente alcuna opinione di merito sul piano industriale in ordine alle rotte, ai piani di riorganizzazione o alle collegate politiche-aeroportuali inerenti i destini dei grandi scali italiani, per i quali occorre un piano unitario e non, certo, contrapposizioni localistiche, né sugli assetti di capitale ovvero sulla natura dell'eventuale cordata, la qualità del partner industriale, e il nuovo equilibrio tra finanziatori e gestori. Voglio solo evidenziare che per come il Governo ha formulato il nuovo intervento, non solo siamo a rischio evidente di infrazione per aiuti di Stato, ma ci stiamo avviando più verso il campo della nazionalizzazione che della privatizzazione.
Questa benedetta cordata, c'è poi? È arrivato il momento di saperlo. So bene per esperienza che non si trovano ad ogni angolo di strada imprenditori interessati e in grado di affrontare una sfida di queste dimensioni, soprattutto se devono tirar fuori soldi loro, e, pertanto, non mi sono stupito che ci volesse un po' di tempo. Tempo allungato anche dalle esigenze elettorali. Ma so anche, per la stessa esperienza, che c'è un limite temporale oltre il quale la formazione di un patto di sindacato in grado di presentarsi al mercato globale e competervi - perché di questo si tratta - altro che di azienda nazionale! - o c'è o non c'è. Continuare con gli effetti annunci è dannoso per le prospettive industriali e per reggere la prova dei mercati. È dannoso anche dal punto di vista delle aspettative dei consumatori che sono, ovviamente, attratti da una concorrenza sempre più agguerrita, dannoso anche dal punto di vista dei lavoratori e del destino di migliaia di famiglie.
Suscitare speranze è quasi un dovere della politica e della stessa economia, ma suscitare illusioni è pubblicità ingannevole che va stigmatizzata. E, allora, se ho inteso bene anche le ultime riflessioni svolte dal presidente della Commissione, credo sia giusto chiedere al Governo che, anziché forzare sulle votazioni, anticipi le eventuali audizioni previste e ci dica che cosa intende fare sull'intera azienda Alitalia.
Su questo discuteremo, con le responsabilità che competono alle scelte che hanno carattere primario per lo sviluppo economico del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Morassut. Ne ha facoltà.

ROBERTO MORASSUT. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il decreto-legge che il Governo propone, modificato rispetto al testo del precedente Governo, e che converte a patrimonio netto il prestito-ponte ad Alitalia di 300 milioni, trova la netta opposizione del gruppo del Partito Democratico, come è stato già detto da altri colleghi.
In questa posizione vi sono varie motivazioni legate al merito del decreto-legge in esame e alle modalità con cui viene sottoposto all'Assemblea. Sono motivazioni che convergono tutte nella preoccupazione generale sul destino della compagnia di volo nazionale, che da troppo tempo vive nell'incertezza; è un'incertezza che ricade sempre più rovinosamente sui lavoratori, sui quadri tecnici e professionali della compagnia, e che produce una consistente e progressiva perdita di quote di mercato per Alitalia.
Siamo contrari al decreto-legge in esame perché snatura il significato e l'obiettivo del prestito-ponte, erogato dal precedente Esecutivo dopo la dipartita di Air France dalla trattativa per Alitalia, e perché svuota di significato, di fatto, anchePag. 81questo dibattito. Questa somma viene trasferita nelle disponibilità del capitale azionario, in funzione evidentemente di una benevola valutazione del decreto-legge in esame da parte delle autorità europee ed in attesa di una non certa restituzione da parte dei futuri soggetti azionari, che subentreranno - non si sa né quando, né come - alla guida della compagnia.
A parte il fatto che tutto ciò costituisce un modo di procedere pasticciato, realizzato per approssimazioni successive, non si può accettare che si chieda al Parlamento un voto su un testo svuotato del suo significato originario. Si avanza «a fari spenti», almeno davanti al Parlamento, o si lavora, più probabilmente, per preparare la strada ad una soluzione, senza che vi sia un chiaro quadro di riferimento, su un tema che è da tempo al centro dell'attenzione e delle preoccupazioni dell'opinione pubblica, come il futuro di Alitalia , che non è solo, ancora oggi, la compagnia nazionale di volo, ma che, in quanto tale, è anche una delle realtà economiche decisive per lo sviluppo economico del Paese e, in qualche modo, rappresenta uno dei simboli dell'identità nazionale.
Anche qui sorge il problema della centralità del Parlamento, che, gentile Presidente, vogliamo mettere in rilievo anche a lei, come supremo garante del ruolo e della dignità di questa Assemblea. Vogliamo conoscere quali siano le reali intenzioni del Governo: non è tollerabile una linea fatta di azioni isolate, senza conoscere il quadro complessivo della politica che il Governo ha intenzione di promuovere per superare la crisi di Alitalia e per rilanciare l'azienda.
Durante la campagna elettorale il Partito della Libertà si è battuto di fatto contro la libertà e contro il mercato, facendo di tutto per allontanare l'unico partner in quel momento disponibile e credibile, Air France-KLM, ed evocando l'esistenza di una cordata nazionale di fatto già pronta ad assumere la guida della compagnia. Da allora non si è saputo e non si è capito più nulla; direbbe il poeta: «si ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo». Un gran vociare di imprenditori, di cordate, di gruppi, ma nulla che faccia comprendere le linee di fondo di una politica e di un piano industriale. È questo che non va. Non è possibile assistere a questo balletto, a queste incertezze, ed anche ad un'azione del Governo, così attiva in realtà, nell'entrare tanto direttamente nella dinamica del mercato, per costruire, incoraggiare - allo stato attuale in modo velleitario - o, viceversa, demolire i protagonisti della partita.
Non vorremmo che dall'oscurità di questa situazione emergesse sempre più esplicitamente il nesso tra l'approvazione degli schemi di concessione autostradale, stabilita con il voto di stamani sul decreto-legge precedentemente sottoposto alla nostra attenzione, e gli scenari in fieri su Alitalia.
Questa vicenda, sommata a quanto già discusso e votato nelle ultime ore alla Camera riguardo alle televisioni e alle autostrade, tocca uno dei punti centrali della tenuta unitaria e democratica del Paese: il tema delle reti e delle infrastrutture portanti della nazione.
Un sano, europeo e moderno sistema di esercizio dei servizi di rete nel campo del trasporto, delle comunicazioni, dell'energia, dell'acqua, delle utility locali o regionali deve saper contemplare un pieno rispetto del mercato, un quadro di regole forti delle autorità pubbliche, un'efficace capacità di controllo e strumenti di tutela per gli utenti e per i cittadini.
Tutto ciò contrasta con quello che stiamo vedendo. Tutto il contrario di quello cui abbiamo assistito in quest'Aula in questi giorni, con la presentazione dei decreti-legge contenenti articoli decisivi sull'emittenza radiotelevisiva, sulle concessioni autostradali ed ora su Alitalia. Ancora una volta, al mercato la destra sostituisce la sua ideologia, accompagnata da una condotta reale in cui unisce miope protezionismo e intervento diretto del mercato: un vizio antico in cui non vi è nulla di liberale, nulla di europeo, nessuna distinzione tra politica ed economia.Pag. 82
Qual è, ad esempio, nel quadro più generale della politica del trasporto aereo, la posizione del Governo sul tema strettamente legato al futuro di Alitalia - com'è stato ricordato poc'anzi anche dai colleghi del gruppo del Partito Democratico - dell'equilibrio tra i due hub internazionali del nostro Paese, Fiumicino e Malpensa? Lo dico non solo da romano: quanto tempo ancora si deve assistere a questo confronto tra Roma e Milano, che, senza una linea strategica chiara, senza una vera politica del trasporto aereo nazionale, rischia di approfondire il solco tra il nord e il centrosud dell'Italia e di aggiungere un altro elemento grave di divisione tra le realtà economiche, finanziarie, industriali e turistiche principali del Paese, che occorre, invece, far convergere?
Fiumicino e Malpensa possono collaborare efficacemente come poli trainanti di una ritrovata centralità del Paese, come cuore del Mediterraneo, sempre più centro di riferimento di nuovi flussi economici internazionali tra est e ovest, nord e sud, se sostenuti anche da una forte compagnia di trasporto aereo, rinvigorita da un rilancio industriale in cui sia dato con chiare regole un ruolo centrale al mercato. Al momento della trattativa con Air France, si ricorse da parte dei partiti dell'attuale maggioranza ad argomentazioni demagogiche: si tirò in ballo astrattamente l'italianità della compagnia, illudendo l'elettorato sull'ormai certo interesse di gruppi imprenditoriali nazionali ad investire sul rilancio dell'azienda. Ora si annaspa, almeno apparentemente o, in realtà, si opera senza consentire i giusti elementi di lettura per costruire alleanze, le cui convenienze sono tutte da interpretare.
In tutto questo, ci chiediamo dove sia il vero interesse nazionale e, cioè, l'interesse e la convenienza del mondo del lavoro, dell'impresa e dell'economia nazionale, che partecipa direttamente, o per indotto strategico, al destino della compagnia di bandiera. Personalmente, come deputato eletto a Roma, sono preoccupato particolarmente del destino di Alitalia. Da troppo tempo, stiamo assistendo ad un allontanamento da Roma e ad uno svuotamento di quelle che un tempo furono le grandi compagnie dei servizi pubblici nazionali. Non è certo la rivendicazione di un ruolo, ormai superato, della centralità che la capitale dovrebbe avere come sede dei comparti principali della pubblica amministrazione o dei sistemi aziendali ad esso collegati. L'economia romana ha brillantemente affrontato questo difficile passaggio storico da anni, diversificando e modernizzando la propria economia. Resta, però, il fatto, che siamo di fronte non alla trasformazione di un soggetto - la compagnia di volo nazionale - che un suo peso, comunque, nel panorama del mondo del lavoro a Roma lo ha, ma al rischio concreto di un crollo senza prospettiva.
Il sindaco Alemanno, nel corso della campagna elettorale, garantì anche a nome del suo partito che la fuoriuscita di Air France avrebbe lasciato spazio ad una soluzione italiana capace di rassicurare migliaia di lavoratori e di famiglie romane sul mantenimento del proprio posto di lavoro e, attraverso questo, cercò di garantire anche un impegno sul futuro dell'aeroporto di Fiumicino. Ciò è importantissimo per il sistema imprenditoriale romano e laziale e, più in generale, del centrosud, che ha grande necessità, proprio per la diversificazione in atto del tessuto produttivo romano, di un sistema infrastrutturale moderno e aperto al mondo, proprio per superare i limiti del vecchio meccanismo incentrato sul ruolo rigido della pubblica amministrazione. Si è trattato evidentemente - anche in questo caso è bene ricordarlo in quest'Aula, che ha visto l'onorevole Alemanno deputato e Ministro - di false promesse, di bugie che hanno tradito la fiducia degli elettori.
Anche in Campidoglio è piombato il silenzio ed è un errore se, come si è detto nei giorni scorsi, si vogliono rappresentare gli interessi di tutti romani, se si vuole dare un carattere civico alla propria amministrazione e non, come invece appare sempre più chiaro, trasformare Roma nella filiale delle decisioni di un Governo dominato dal ruolo politico della Lega Nord Padania.
Durante i quindici anni di governo capitolino del centrosinistra, non sonoPag. 83mancati, quando è apparso necessario, elementi di dialettica anche con i Governi «amici», se questo era utile per affermare le giuste ragioni di una dignità non campanilista, ma nazionale, della capitale. Il caso Alitalia, in questo senso, è esemplare, dunque, anche per ciò che accade e accadrà a Roma nei prossimi mesi.
Pertanto, signor Presidente, onorevoli colleghi, per tutte queste ragioni, il nostro voto contrario è al tempo stesso un richiamo al Governo affinché, al più presto, sottoponga al Paese e al Parlamento una proposta d'insieme, aperta al mercato, che fughi ogni tipo di incertezza e consenta a tutti una chiara lettura dei processi in corso ed una decisione del Parlamento trasparente e pubblica.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1094)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Giovanni Roberto Di Mauro.

PRESIDENTE. Comunico che in data odierna è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Giovanni Roberto Di Mauro: «Onorevole Presidente, essendo deputato all'Assemblea regionale siciliana, dichiaro di optare per tale ultima carica, e rassegno pertanto le dimissioni da deputato nazionale».
Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Di Mauro dal mandato parlamentare.
Avverto che l'accertamento del candidato subentrante, ai fini della sua proclamazione a deputato, sarà effettuato dalla Giunta delle elezioni.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 3 giugno 2008, alle 15,30:

Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

La seduta termina alle 18,30.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl n. 6 - odg 9/6/23 459 457 2 229 222 235 52 Resp.
2 Nom. odg 9/6/27 470 468 2 235 231 237 52 Resp.
3 Nom. odg 9/6/31 480 476 4 239 234 242 52 Resp.
4 Nom. odg 9/6/34 469 448 21 225 209 239 52 Resp.
5 Nom. ddl n. 6 - voto finale 536 532 4 267 282 250 38 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.