ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/05626/025

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 734 del 13/12/2012
Firmatari
Primo firmatario: BORGHESI ANTONIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 13/12/2012
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 13/12/2012
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 13/12/2012


Stato iter:
13/12/2012
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 13/12/2012
IMPROTA GUIDO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INFRASTRUTTURE E TRASPORTI)
Fasi iter:

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 13/12/2012

ACCOLTO IL 13/12/2012

PARERE GOVERNO IL 13/12/2012

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 13/12/2012

CONCLUSO IL 13/12/2012

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/05626/025
presentato da
BORGHESI Antonio
testo di
Giovedì 13 dicembre 2012, seduta n. 734

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2003 si è voluto modificare radicalmente la natura della Cassa depositi e prestiti, trasformandola in uno strumento attraverso il quale portare debito pubblico al di fuori del bilancio dello Stato, in una specie di nuovo ministero delle partecipazioni statali, un veicolo attraverso cui gestire vecchie e nuove (strategiche) partecipazioni in imprese italiane. Per attuare questo disegno, c'era bisogno di «de-pubblicizzare la Cassa» portando al suo interno soci privati in modo da non violare la normativa europea. Il Governo dell'epoca ha avuto bisogno delle fondazioni bancarie, enti apparentemente privati ma controllati politicamente e sui quali il Tesoro ha potere di influenza anche perché ne esercita la supervisione. Le fondazioni sono così entrate nel capitale della Cassa depositi e prestiti nel 2003, acquisendone, con un miliardo di euro, il 30 per cento del capitale;
    per accettare l'invito del Governo Berlusconi a contribuire alla nuova società per azioni, le fondazioni, consce del loro ruolo cruciale nel disegno del Ministro dell'economia e delle finanze dell'epoca, hanno strappato condizioni molto vantaggiose. Le azioni privilegiate in loro possesso davano un rendimento garantito del 3 per cento al di sopra dell'inflazione (come una obbligazione indicizzata) e attribuivano alle fondazioni il diritto di voto nelle assemblee straordinarie e ordinarie, diritto di prelazione nell'assegnazione degli utili e nella ripartizione del patrimonio sociale in caso di scioglimento della società, oltre ad assegnare loro l'indicazione del Presidente della CDP;
    il patto prevedeva anche una clausola di recesso (a partire da gennaio 2005 e fino al 2009, data poi prorogata a fine 2012, e adesso al 15 marzo 2013) che dava alle fondazioni la possibilità di uscire dal capitale della CDP se non fossero state persuase dalla partecipazione venendo rimborsate senza perdite significative. Insomma, si trattava di veri e propri strumenti di debito, con remunerazioni molto importanti, e, nonostante questa loro natura, in grado di attribuire potere di controllo alle fondazioni;
    alla sua nascita il patrimonio netto della CDP, ammontava a 3,5 miliardi mentre oggi vale 14,5 miliardi. Le fondazioni che hanno versato 1 miliardo e 50 milioni per sottoscrivere il loro 30 per cento di azioni privilegiate hanno riavuto tutti i loro soldi incassando in questi anni dividendi per 1 miliardo e 76 milioni senza muovere un dito;
    dal 2010 le azioni privilegiate delle fondazioni sono divenute convertibili in azioni ordinarie; la conversione dopo una proroga deve avvenire entro al fine del corrente anno. Il Tesoro da allora chiede alle fondazioni di pagare un conguaglio per la conversione, valutato fino a 5 miliardi, perché il valore di CDP è aumentato senza che le fondazioni si siano prese alcun rischio per gli investimenti intrapresi dalla Cassa. In effetti, le fondazioni sono state sin qui obbligazionisti molto ben remunerati e in grado di influenzare la governance della Cassa. Le fondazioni, dal canto loro, sostengono di dovere un conguaglio minimo;
    i commi da 3-bis a 3-decies dell'articolo 36 del provvedimento in esame, introdotti al Senato, recano disposizioni concernenti il futuro assetto azionario di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. In particolare, le norme individuano i meccanismi per la conversione in azioni ordinarie delle azioni privilegiate in circolazione, attualmente in possesso delle Fondazioni bancarie e disciplinano, in alternativa, le modalità di esercizio del diritto di recesso da parte degli azionisti privati;
    in particolare, il comma 3-bis dispone le modalità con le quali CDP provvederà entro il 31 dicembre 2012 a determinare il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie. La conversione avverrà in particolare secondo i seguenti passaggi:
    in primo luogo (lettera a) sarà determinato il valore di CDP in due momenti diversi: alla data di trasformazione in società per azioni (ovvero al 12 dicembre 2003, secondo il combinato disposto del richiamato decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e del DM del 5 dicembre 2003) e alla data 31 dicembre 2012. Tale determinazione avverrà sulla base di perizie giurate di stima che dovranno tenere conto, tra l'altro, della presenza della garanzia dello Stato sulla raccolta del risparmio postale;
    successivamente (lettera b), verrà calcolato il rapporto tra il valore nominale delle azioni privilegiate e il valore di CDP alla data del 12 dicembre 2003 (data di trasformazione di CDP in società per azioni), come sopra determinato;
    infine (lettera c) dovrà calcolarsi il valore riconosciuto alle azioni privilegiate ai fini della conversione, come una quota – corrispondente alla predetta percentuale – del valore di CDP al 31 dicembre 2012;
    ai sensi del comma 3-ter, ove il rapporto di conversione delle azioni privilegiate in azioni ordinarie come sopra determinato non risultasse alla pari, i titolari delle azioni privilegiate potranno beneficiare di un rapporto di conversione alla pari (nel quale il valore nominale delle azioni privilegiate coinciderà col valore nominale delle azioni ordinarie) versando alla CDP un conguaglio di importo pari alla differenza tra il valore di una azione ordinaria e il valore di una azione privilegiata;
    ove i titolari delle azioni privilegiate non esercitino il diritto di recesso (comma 3-quater) entro il termine previsto dal successivo comma 3-sexies, ovvero nella finestra temporale compresa tra il 15 febbraio 2013 e il 15 marzo 2013, essi dovranno versare al Ministero dell'economia e delle finanze, a titolo di compensazione, un importo forfetario pari al 50 per cento dei maggiori dividendi corrisposti da CDP dal 12 dicembre 2003 per le azioni privilegiate per cui avviene la conversione, rispetto a quelli che sarebbero spettati per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio delle azioni privilegiate in ordinarie (ovvero per una partecipazione azionaria corrispondente alla percentuale di concambio);
    si prevede che (comma 3-quinquies) il predetto importo forfettario possa essere versato ratealmente: in una quota non inferiore al 20 per cento entro il 1o aprile 2013, e per la quota residua (l'80 per cento o una quota inferiore) in quattro rate uguali alla data del 1o aprile dei quattro anni successivi, con applicazione degli interessi legali;
    il periodo per l'esercizio del diritto di recesso (comma 3-sexies) decorre dal 15 febbraio 2013 e termina il 15 marzo 2013. Le azioni privilegiate sono automaticamente convertite in azioni ordinarie a far data dal 1o aprile 2013;
    le condizioni economiche (comma 3-septies) per la conversione di cui ai commi precedenti sono riconosciute al fine di consolidare la permanenza di soci privati nell'azionariato di CDP. Esse opereranno dunque solo ove i soci privati (le Fondazioni bancarie) decidano di mantenere la propria partecipazione in CDP. Di conseguenza, le norme precisano che i soggetti che esercitino il diritto di recesso vedranno applicate, quanto alla determinazione del valore di liquidazione delle azioni privilegiate, le vigenti disposizioni dello statuto della CDP. Si rammenta che l'articolo 9, comma 3 dello Statuto prevede che, in tutti i casi di esercizio del diritto di recesso, il valore di liquidazione delle azioni privilegiate risulta pari alla differenza tra la quota del capitale sociale per cui è esercitato il recesso (ovvero il valore nominale della partecipazione) e – con riferimento agli utili degli esercizi sociali chiusi sino al 31 dicembre 2008 compreso – e «l'extradividendo» percepito dalle azioni privilegiate (la differenza fra il dividendo effettivamente percepito e il «dividendo preferenziale», che in origine spettava per le azioni privilegiate in base al vecchio testo dell'articolo 30, comma 2, dello Statuto);
    si prevede, inoltre (comma 3-octies), che dal 1o aprile 2013 e fino alla data di approvazione da parte dell'assemblea degli azionisti CDP del bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2012, a ciascuna fondazione bancaria azionista di CDP sia concessa la facoltà di acquistare dal Ministero dell'economia e delle finanze, che è obbligato a vendere, un certo numero di azioni ordinarie di CDP; esso non può risultare superiore alla differenza tra il numero di azioni privilegiate già detenuto e il numero di azioni ordinarie ottenuto ad esito della conversione. Tale facoltà di acquisto è trasferibile a titolo gratuito tra le fondazioni bancarie azioniste di CDP;
    la facoltà di acquisto (comma 3-novies) di cui al comma precedente viene esercitata al prezzo corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012 (come calcolato ai sensi delle norme in commento). Tale importo può essere corrisposto al Ministero dell'economia e delle finanze in più soluzioni: una quota non inferiore al 20 per cento è versata entro il 1o luglio 2013, mentre la quota residua è corrisposta in quattro rate uguali, alla data del 1o luglio dei quattro anni successivi, con applicazione dei relativi interessi legali;
    le dilazioni (comma 3-decies) sono accordate dal Ministero dell'economia e delle finanze su richiesta dell'azionista e a fronte della costituzione in pegno di azioni ordinarie a favore del Ministero, fino al completamento dei pagamenti dovuti. Il numero delle azioni da costituire in pegno è determinato sulla base degli importi dovuti per i pagamenti dilazionati comprensivi degli interessi, tenendo conto del valore delle azioni ordinarie corrispondente al valore di CDP al 31 dicembre 2012. Il pegno di azioni non implica la sospensione del diritto di voto e del diritto agli utili, che comunque spettano alla fondazione concedente garanzia. In caso di inadempimento delle obbligazioni assunte, il Ministero dell'economia e delle finanze acquisisce a titolo definitivo le azioni corrispondenti all'importo del mancato pagamento;
    si consente, dunque, alle fondazioni bancarie di continuare a detenere azioni della Cassa depositi e prestiti, mediante il versamento rateale di un conguaglio risultante da un meccanismo vantaggioso di conversione delle azioni privilegiate in ordinarie, con l'effetto quindi che tali soggetti non dovranno restituire al Tesoro quota ben più onerosa degli extra dividendi incassati dal 2003 in poi, e potranno risalire, negli anni successivi oltre il previsto 20 per cento del capitale;
    in questo modo si incide con un provvedimento legislativo su un contenzioso amministrativo pendente davanti al Consiglio di Stato. Si tratta, fra l'altro, di norme del tutto slegate da contingenze particolari e cogenti, meritevoli di un adeguato vaglio nelle sedi proprie, anche per le notevoli implicazioni economiche e finanziarie che questo provvedimento determinerà;
    in base a questa procedura, la relazione tecnica di accompagnamento all'emendamento che ha disegnato la norma, segnala che la quota che le Fondazioni avevano inizialmente in cassa corrispondeva al 16,7 per cento dell'intero capitale. E che il costo di un eventuale conguaglio sarebbe di 550 milioni per salire al 20 per cento; 1,4 miliardi per arrivare al 25 per cento e di 2,230 miliardi per ritornare all'originario 30 per cento. I maggiori dividendi distribuiti sono calcolati in 480 milioni e quindi le Fondazioni dovranno rimborsare 240 milioni;
    le fondazioni bancarie, azioniste degli istituti di credito che negano credito alle PMI ed alle famiglie, continuano a ricevere favori dal Governo. La norma approvata dal Senato con il parere positivo del Governo aggira la valutazione dell’advisor Deloitte, secondo cui le fondazioni bancarie, che detengono il 30 per cento del capitale (azioni privilegiate) mentre il restante 70 per cento è detenuto dal Ministero dell'economia, sono tenute a pagare, per convertire le azioni da privilegiate ad ordinarie, cinque miliardi di euro;
    questi miliardi farebbero davvero comodo alle finanze pubbliche, in una situazione di così grave crisi. Viceversa si provvede a favorire le Fondazioni mentre i cittadini comuni devono pagare forti somme relative all'IMU. Nel frattempo per le fondazioni bancarie, la Cassa depositi e prestiti prevede perfino il versamento di comode rate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di presentare una relazione al Parlamento, affinché le Camere, secondo le disposizioni dei rispettivi Regolamenti, possano avviare una discussione sui risultati dell'applicazione delle disposizioni di cui in premessa, insieme ad una proposta programmatica sul ruolo futuro della Cassa depositi e prestiti.
9/5626/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi, Mura, Barbato.