Atto Camera
Risoluzione in Commissione 7-00873
presentata da
ANTONIO PALAGIANO
giovedì 24 maggio 2012, seduta n.638
La XII Commissione,
premesso che:
l'articolo 2, comma 463, della legge finanziaria per il 2008, l'ultima del Governo Prodi, finanziava con 20 milioni di euro un piano contro la violenza alle donne, piano che si concretizzava, oltre che nell'erogazione di risorse al Fondo contro la violenza sulle donne e di genere ed ai centri e alle associazioni specializzate, in una campagna di educazione al rispetto e alla dignità verso le donne, che avrebbe raggiunto le istituzioni locali, gli organi mediatici, le scuole, la pubblicità ed i programmi televisivi;
il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, uno dei primi provvedimenti adottati in questa legislatura dal Governo Berlusconi, ha provveduto all'azzeramento di detto Fondo per il sostegno alle donne vittime di violenza e per la prevenzione;
il piano finanziato dal Governo Prodi, riprendeva la legge organica contro la violenza sulle donne, varata all'unanimità dalla Spagna nel 2004. Una legge contro la violenza di genere che ha rivoluzionato il diritto penale e ha visto una riorganizzazione del sistema giudiziario. Si riconosce la violenza, anche quando avviene tra le mura domestiche, come problema sociale di cui le istituzioni devono farsi carico sia nella prevenzione sia attraverso misure sanzionatone. Non basta, infatti, inasprire le pene, ma è necessario un intervento integrato e multidisciplinare che tenga conto che all'origine della violenza sessista c'è la discriminazione della donna nella società;
un'attenta analisi delle statistiche può essere d'ausilio per capire la situazione: i numeri dicono che in Italia ci sono 14 milioni di donne vittime di violenza, di cui ben tre milioni la subiscono in ambito familiare, nel silenzio e nell'indifferenza. In Italia una donna su tre subisce violenza fisica e sessuale - soprattutto tra le mura domestiche: secondo le stime si tratta del 65 per cento dei casi - e un milione e 400 mila donne hanno subito uno stupro prima dei 16 anni; inoltre il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una volta violenza fisica o sessuale dal partner, attuale o ex, mentre il 24,7 per cento da un altro uomo. Tuttavia, il 96 per cento delle violenze non vengono denunciate;
i dati relativi a questi primi mesi del 2012, sono drammatici: dal 1o gennaio alla metà di maggio 2012 sono state uccise, da uomini, 59 donne. Quasi sempre per mano, di mariti, fidanzati o ex partner. Spesso la morte è giunta in seguito alla decisione delle vittime di interrompere una relazione;
nonostante questo, secondo dati Istat, solo il 18,2 per cento delle donne considera la violenza patita in famiglia un «reato», mentre il 44 per cento la giudica semplicemente «qualcosa di sbagliato» e ben il 36 per cento solo «qualcosa che è accaduto»;
l'«aggressività maschile», sottolinea l'Onu, «è la prima causa di morte e di invalidità per le donne tra i 16 ed i 44 anni di tutto il mondo»;
eppure, nonostante gli appelli, i proclami, i buoni intendimenti, non si è ancora riusciti a mettere fine alla violenza e all'abuso sessuale contro donne e bimbe, che rimangono una delle maggiori lesioni nell'ambito della sanità e dei diritti umani;
nonostante la sostanziale mancanza di risorse finanziarie statali dedicate, molti comuni ed enti territoriali continuano a svolgere in questo ambito un'attività importante;
un ruolo significativo, infatti, continua - seppur a fatica - ad essere svolto sul territorio da fondamentali presìdi quali i centri antiviolenza, la casa delle donne maltrattate, i centri di soccorso presso gli ospedali, e altro. Fortunatamente non poche amministrazioni continuano a finanziare questi centri proprio per segnalare l'importanza dell'intervento comune, e non di parte, sui temi della violenza alle donne;
non si comprende quanto ancora deve incrementare, per diventare «significativa», la violenza maschile contro le donne se non bastano i rapporti allarmanti di tutte le organizzazioni nazionali ed internazionali, insieme alla catena di omicidi e violenze quasi quotidiani, prima che le istituzioni pubbliche arrivino a riconoscerne la gravità e la portata politica eccezionale;
la nostra società fatica ancora a riconoscere pienamente il profondo disvalore della condotta maschile violenta - sessuale, fisica, psicologica - realizzata contro le donne, anche a causa della confusione creata da alcuni modelli che vengono sistematicamente proposti: «si tratta di una violenza sottile nuova per i parametri di riferimento estetici e di presunta affermazione sociale, ma vecchia per il modo di considerare la donna» (Fabio Roia, componente del CSM, 2009);
rispetto alla violenza contro le donne l'approccio è rimasto nell'ambito del diritto criminale - comportamenti previsti e puniti, una volta messi in atto, a posteriori, secondo le tipologie di reato: atti di violenza sessuale, percosse, lesioni personali, violenza privata, minacce, maltrattamenti, violazione degli obblighi di assistenza familiare e così via - compresa, in parte, anche la recente normativa che ha introdotto, pur lodevolmente, il reato di «stalking»;
peraltro va ricordato come il nostro ordinamento giuridico prevede che lo stupro non sia perseguibile d'ufficio ma solamente su istanza di parte;
poco o nulla è però pensato in ordine alle cause e alla situazione predisponente, in quanto gli interventi istituzionali sono rigidamente costretti nel quadro della sicurezza pubblica e del contrasto a comportamenti delittuosi;
quasi sempre, infatti, la violenza «di genere», viene relegata a mera questione riguardante il codice penale (inasprimento delle pene e aggravanti) e la sicurezza del territorio (assunzioni di carabinieri, vigili, forze dell'ordine, e altro);
individuare nuove modalità di protezione per le donne, o varare pene severe e punizioni esemplari, è stato fatto, ma non è bastato e non può bastare;
l'uguaglianza fra i sessi incontra un ostacolo insormontabile nella violenza quotidianamente perpetrata contro molte donne da parte di molti uomini, non può esistere pari opportunità per una democrazia paritaria se il fenomeno non viene considerato dalle istituzioni quale problema sociale grave, assumendosene la responsabilità attraverso un messaggio culturale e politico di contrasto e facendosi carico di azioni mirate in particolare alla prevenzione, oltre che alla doverosa repressione;
il Consiglio d'Europa, nel maggio 2011, ha elaborato un importante documento, la Convenzione di Istanbul in difesa delle donne - Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica, STCE n. 210 - uno strumento indispensabile che si basa su tre pilastri: prevenzione della violenza, tra cui anche sensibilizzazione nelle scuole sulla parità di genere, protezione delle vittime e condanna dei colpevoli. Il nostro Paese, però, non l'ha ancora né firmata né ratificata,
impegna il Governo:
a provvedere al rifinanziamento del Fondo contro la violenza sulle donne, istituito con la legge finanziaria per il 2008, al fine di garantirgli risorse adeguate agli obiettivi di competenza;
a garantire adeguate risorse, in raccordo con gli enti locali, per i centri antiviolenza e le case delle donne maltrattate, favorendo al contempo la presenza di specifici sportelli presso i pronto soccorso delle strutture ospedaliere;
a promuovere - attraverso il coinvolgimento di tutti i poteri pubblici competenti, centrali e territoriali, nonché delle scuole ed università - campagne di informazione, formazione e sensibilizzazione sulla questione eminentemente sociale e culturale della violenza contro le donne, e finalizzate alla prevenzione della violenza di genere, utilizzando sotto questo aspetto l'esperienza e la competenza delle organizzazioni di settore;
a farsi promotore e portatore nelle competenti sedi istituzionali europee della necessità di un programma incisivo e comune, rivolto in particolare ai giovani per mettere fine alle discriminazioni e alle violenze intrecciate al genere;
a varare un efficace piano organico e multidisciplinare di intervento, destinato a conoscere e affrontare la complessa problematica legata alla violenza sulle donne nei suoi vari aspetti, e che miri ad un cambiamento culturale e delle relazioni reciproche fra i generi in vari campi sociali;
ad accelerare le procedure volte all'apposizione della firma e alla successiva ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e alla violenza domestica, STCE n. 210.
(7-00873)
«Palagiano, Mura, Di Giuseppe».