ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/06940

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 639 del 28/05/2012
Firmatari
Primo firmatario: SIRAGUSA ALESSANDRA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 28/05/2012


Commissione assegnataria
Commissione: I COMMISSIONE (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELL'INTERNO delegato in data 28/05/2012
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 28/05/2012

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-06940
presentata da
ALESSANDRA SIRAGUSA
lunedì 28 maggio 2012, seduta n.639

SIRAGUSA. -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:


la situazione dei centri di identificazione ed espulsione del nostro Paese è emergenziale, come già denunciato dalla Commissione ministeriale De Mistura nel 2007;


tale situazione si è aggravata a seguito dell'entrata in vigore delle norme, promosse dal precedente Governo, che hanno prolungato da 6 a 18 mesi il tempo di permanenza nei centri d'identificazione e di espulsione. Contribuisce ad un clima di rinnovata tensione anche l'utilizzo dei Centri di identificazione ed espulsione dopo la fine della detenzione penitenziaria, sempre al fine di quella identificazione che non si è riuscita a garantire nelle strutture carcerarie, con spostamenti da una parte all'altra del territorio nazionale, con la conseguente perdita di contatti, di opportunità di difesa legale, e di possibilità di cura;


la direttiva 2008/115/CE (cosiddetta direttiva rimpatri) impone di considerare le misure di privazione della libertà come estrema ratio, e dunque solo dopo aver esperito tutte le altre modalità di rimpatrio degli stranieri irregolari, con preferenza per il rimpatrio volontario; l'attuazione della direttiva in Italia, attraverso la legge n. 129 del 2011, costituisce una trasposizione parziale del dettato comunitario, ed andrebbe corretta integrando il quadro normativo nazionale con norme che prevedano anche il caso in cui risulti evidente l'impossibilità definitiva di rimpatrio a seguito della mancata identificazione (ipotesi prevista dalla direttiva comunitaria, ma non disciplinata dal legislatore nazionale). In questi casi, non appare conforme trattenere gli immigrati nei Centri di identificazioni ed espulsione, attraverso successive convalide, per un periodo superiore a sei mesi;


in data 24 aprile 2012, l'interrogante ha fatto visita al Centro di identificazione ed espulsione di contrada Milo, a Trapani, nell'ambito dell'iniziativa «LasciateCiEntrare», campagna di mobilitazione in Italia e in Europa contro le detenzioni amministrative;


il Centri di identificazioni ed espulsione si è presentato all'interrogante, e alla delegazione che l'ha accompagnata, come «un super carcere». Colpisce la situazione di estremo degrado strutturale e igienico e sanitario. Le stanze, sporche, maleodoranti e spoglie, contengono ognuna sei brandine, alcune fornite di lenzuola usa e getta e cuscini, altre invece sprovviste. I bagni, privi di porte, non hanno docce funzionanti. Gli impianti idrici sono difettosi, e la delegazione ha riscontrato mancanza d'acqua in uno dei padiglioni. I sistemi di condizionamento sono rotti e non vi sono televisori. La struttura è priva di sala mensa, e ai migranti, aperto un cancello, viene fornito un sacchetto di plastica con dentro il cibo, di cui lamentano la qualità e la scarsità, che viene consumato a terra. La distribuzione del cibo avviene in palese contrasto con la normativa vigente: il camioncino che li trasporta non è a norma, mancano i contenitori termici, sulle vaschette non è apposta la prevista etichetta con indicazioni sulla manipolazione e preparazione. I migranti sono costretti a consumare il cibo per terra. L'assurda disposizione degli spazi crea disagio e tensione e rende difficile la vita dei migranti ma anche quella delle forze dell'ordine. Nonostante le rassicurazioni del medico, che ha definito la situazione sanitaria «d'eccellenza», la delegazione ha riscontrato una evidente violazione del diritto alla salute, che si manifesta sia per la carenza di strumentazioni d'urgenza, sia per l'incuria a cui sono abbandonati i malati: un ragazzo col braccio lesionato aspetta da quattro mesi di essere visitato, un altro dovrebbe essere operato a un occhio, tre cardiopatici non ricevono l'assistenza necessaria. Il medico ha anche riferito che ci sono stati negli ultimi tempi ben 50 atti di autolesionismo e alcuni tentativi di suicidio;


in data 11 maggio 2012, l'interrogante, accompagnata da un'altra delegazione, ha fatto visita al centro di identificazione ed espulsione Serraino Vulpitta di Trapani;


ciò che ha colpito sin da subito l'interrogante e la delegazione è la struttura che ospita il Centro di identificazione ed espulsione: una palazzina a tre piani in cui il centro è separato da una rete metallica dalla struttura della casa di riposo, ancora attiva per gli anziani. La differenza è visibile a occhio nudo. Alle finestre del Centro di identificazione ed espulsione ci sono inferriate strette e arrugginite. Quelle della casa di riposo sono adornate con vasetti di fiori. Più in generale si può dire che la struttura è inadeguata ad assicurare standard accettabili di sicurezza e condizioni di vita minimamente dignitose ai trattenuti. Nel corso della visita l'interrogante viene informata della prossima chiusura del centro per ristrutturazione, la struttura è fatiscente, in stato di degrado (specialmente quella abitata dai detenuti), mancano in quasi tutte le stanze i vetri delle imposte (esclusi gli uffici e la sala audizioni dove si riunisce la commissione territoriale). Per questa ragione i detenuti lamentano freddo e zanzare e appongono asciugamani e pezze alla finestre. Rispetto ai tempi di ristrutturazione della struttura, tuttavia, le informazioni sono contraddittorie. La direttrice ha informato la delegazione che gli ospiti sono 41, ma in realtà il numero potrebbe superare la cinquantina: il Centro di identificazione ed espulsione Vulpitta funziona anche come centro di transito di immigrati in attesa di essere rimpatriati in esecuzione di provvedimenti di respingimento, provvedimenti che non attesa vengano adottati e notificati nel rispetto delle norme di legge, e soprattutto dell'articolo 13 del regolamento «frontiere Schengen» che impone precisi oneri procedurali a garanzia dei diritti delle persone da allontanare dal territorio nazionale. 15 egiziani, probabilmente non identificati, sono stati rinvenuti il giorno della visita, chiusi in una piccola stanza, probabilmente in attesa del rimpatrio. Gli immigrati reclusi sono quasi tutti ex carcerati, alcuni richiedenti asilo, di nazionalità: tunisina, egiziana, marocchina, albanese, ivoriana, palestinese. Tra gli egiziani c'è un cristiano copto richiedente asilo e, nell'altro stanzone, un ivoriano anch'egli richiedente asilo; non si comprende perché siano stati trasferiti nel Centro di identificazione ed espulsione piuttosto che in un CARA. All'interno della struttura non c'è un refettorio e il catering è esterno: il cibo arriva tre volte al giorno. La distribuzione del cibo avviene in palese contrasto con la normativa vigente, mancano i contenitori termici, sulle vaschette non è apposta la prevista etichetta con indicazioni sulla manipolazione e preparazione. I migranti sono costretti a consumare il cibo per terra. Molti detenuti sono affetti da patologie, tra cui forti depressioni. Frequenti i gesti di autolesionismo e suicidio. I bagni sono rotti, perdono acqua, la scarsa igiene e promiscuità va a discapito della salute dei reclusi. Molti immigrati provengono da carceri di tutta Italia, molti non hanno un avvocato in Sicilia; chi adesso ha nominato un legale del foro di Trapani comunque non riesce ad essere adeguatamente difeso. Questo centro è diventato negli ultimi mesi un collettore per il transito di centinaia di tunisini irregolari in attesa di essere imbarcati sui voli da Palermo per Tunisi. Il prolungamento del periodo di trattenimento fino a diciotto mesi ha reso la situazione ancora più difficile anche per chi lavora nel centro: sia per gli uomini della cooperativa sia per le forze dell'ordine chiamate sempre più spesso ad intervenire per sedare tentativi di fuga e proteste. Proteste spesso innescate dalle precarie condizioni igienico-sanitarie e dalla scarsa qualità del cibo. Alcuni migranti egiziani hanno raccontato di aver fatto richiesta d'asilo, dicono che sia stata la prima cosa che hanno detto al loro arrivo, ma probabilmente gli è stato notificato contestualmente il provvedimento di espulsione. Soltanto così si riesce a giustificare la loro presenza all'interno del Centro di identificazione ed espulsione, Una procedura ad avviso dell'interrogante al limite del lecito che li costringerà a restare rinchiusi nel centro chissà per quarto tempo;


dalle visite dell'interrogante emerge come nei Centri di identificazione ed espulsione siano reclusi molti ex detenuti che hanno scontato la pena senza essere identificati. La questione della mancata identificazione di chi è passato dal carcere, si configura a giudizio dell'interrogante come una doppia pena non prevista dalla nostra legislazione;



i migranti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione, pur essendo di fatto sottoposti a misure restrittive della libertà di circolazione, non possono, d'altro canto, avere accessi a nessuna delle attività che vengono previste, ad esempio, dall'ordinamento penitenziario: non è possibile nessuna attività lavorativa né formativa né, per il momento, ricreativa, con il risultato di dare vita a delle «polveriere» la cui difficilissima, se non impossibile gestione, è praticamente del tutto delegata alle forze dell'ordine e alle pochissime organizzazioni ammesse all'accesso;


come rilevato dal rapporto stilato dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato (approvato e pubblicato il 6 marzo 2012) la gestione dei centri di trattenimento degli stranieri sembra essere ancora del tutto orientata verso un approccio emergenziale, non rispettoso degli standard minimi previsti dalle norme interne e dalle convenzioni internazionali a tutela di tutte le persone migranti comunque private della libertà personale in vista del loro successivo allontanamento dal territorio nazionale;


il rapporto di Medici senza frontiere sui centri per migranti centri di identificazione ed espulsione, centri di accoglienza richiedenti asilo e centri di accoglienza (2010) rivela come: «Nei CIE convivono persone con status giuridici differenti e negli stessi ambienti si trovano vittime di tratta, di sfruttamento, di tortura, di persecuzioni, così come individui in fuga da conflitti e condizioni degradanti, altri affetti da tossicodipendenze, da patologie croniche, infettive o della sfera mentale, oppure stranieri che vantano anni di soggiorno in Italia, con un lavoro (non regolare), una casa e la famiglia o sono appena arrivati)»;


ad avviso dell'interrogante le politiche adottate dal precedente Governo in tema di immigrazione sono risultate inefficaci e lesive dei diritti dei migranti, in particolare, il prolungamento dei tempi di trattenimento ha comportato una profonda mutazione della funzione della detenzione amministrativa nei Centri di identificazione ed espulsione, che non appare più una misura finalizzata all'esecuzione dell'espulsione, ma si configura di fatto come una mera sanzione, particolarmente afflittiva, della condizione di irregolarità nell'ingresso o nel soggiorno nel territorio nazionale -:


se il Ministrointerrogato non ritenga, nell'ambito di un ripensamento complessivo delle politiche adottate dal precedente Governo in materia di immigrazione, di dover intervenire con urgenza affinché nei centri di identificazione ed espulsione di Trapani si superino le attuali, gravi criticità, nel rispetto dei diritti dei migranti trattenuti, a partire dall'immediato blocco del circuito carcere - Centri di identificazione ed espulsione - carcere;


se non ritenga altresì di dover intervenire presso la prefettura di Trapani per un superamento delle carenze igienico-sanitarie riscontrate, perché siano consentite umane condizioni di vita e perché sia garantito ai migranti il diritto alla difesa, garantendo in ogni caso la presenza di un difensore ed il rispetto del principio del contraddittorio nelle procedure di convalida del trattenimento;


se non ritenga di promuovere l'abrogazione dell'articolo 10 comma secondo, del Testo unico sull'immigrazione che, prevede i cosiddetti respingimenti differiti, trattandosi di norma ad avviso dell'interrogante di dubbia costituzionalità, che di fatto introduce una surretizia duplicazione del provvedimento di espulsione, la cui scelta risale esclusivamente alla discrezionalità delle autorità di polizia, e che anche per questa ragione appare in contrasto con la direttiva 2008/115/CE che esclude dal suo campo di applicazione soltanto i respingimenti immediati in frontiera e non anche i respingimenti differiti adottati dal questore in base all'articolo 10, comma 2, dopo l'ingresso irregolare o per motivi di soccorso, nel territorio dello Stato. (5-06940)