ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/17607

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 685 del 13/09/2012
Firmatari
Primo firmatario: JANNONE GIORGIO
Gruppo: POPOLO DELLA LIBERTA'
Data firma: 13/09/2012


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA SALUTE
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA SALUTE delegato in data 13/09/2012
Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-17607
presentata da
GIORGIO JANNONE
giovedì 13 settembre 2012, seduta n.685

JANNONE. -
Al Ministro della salute.
- Per sapere - premesso che:

nel 1996, a quasi vent'anni dalla riforma psichiatrica, si scoprì che esistevano ancora 63 strutture di cura psichiatrica aperte con 17.000 internati. Un decreto del Ministro pro tempore Bindi stabilì che andavano chiuse e riutilizzate o, se vendute, i soldi ricavati dovevano andare al progetto obiettivo sulla salute mentale. Oggi, la Commissione d'inchiesta del Senato presieduta da Ignazio Marino ha inviato le forze dell'ordine in 82 strutture e ha scoperto che molte sono inutilizzate. Il primo dato, è che i vecchi manicomi non esistono più, ma ci sono molte situazioni poco chiare. Si legge dalla relazione dei Nas: «Gli ambienti sono stati per lo più ristrutturati e riutilizzati dalle Asl anche per l'assistenza e cura dei malati psichiatrici. Dati in comodato d'uso gratuito. Dismessi e non utilizzati. Venduti o locati in tutto o in parte a comuni, università o privati e i relativi ricavi utilizzati anche per la creazione di strutture destinate ai malati psichiatrici». «Le somme derivate dalle vendite o locazioni, a volte, sono state versate direttamente nelle casse regionali, rendendo difficile una ricostruzione dettagliata del loro successivo utilizzo»;

secondo gli ultimi dati a disposizione del Ministero della salute che si riferiscono al 2009 il sistema di assistenza è diviso in due settori. L'attività residenziale, vale a dire comunità terapeutiche e case famiglia, dove i ricoverati vengono seguiti da uno staff di psichiatri e di personale infermieristico. Il ricovero in comunità terapeutica non può superare i 2 anni ed il numero massimo degli assistiti è di 20 persone. Alcuni numeri: 1.679 strutture, 19.299 posti, 30.375 utenti. L'attività semiresidenziale è gestita dai centri diurni dove il paziente va la mattina e la sera torna a casa. I numeri: 763 strutture, 12.835 posti, 32.030 assistiti. L'assistenza residenziale, quella dove il malato vive, nasconde spesso nelle strutture private convenzionate una riproduzione del vecchio manicomio. Non sempre le Asl sono in grado di effettuare controlli continui e stringenti. In molte strutture private convenzionate, come il Don Uva di Bisceglie, il manicomio è chiuso ma la comunità di recupero usa gli stessi metodi del passato;

la relazione dei Nas descrive una situazione che appare piuttosto lontana dai dettami della più recente normativa. Perché il decreto firmato nel 1996 dal Ministro della sanità pro tempore Rosy Bindi parla chiaro: «I beni mobili e immobili degli ospedali psichiatrici dismessi sono destinati alla produzione di reddito, attraverso la vendita o l'affitto, e i soldi destinati all'attuazione del progetto obiettivo Tutela della salute mentale». Ma non basta. «Le Regioni hanno due anni di tempo per chiudere i manicomi e realizzare centri diurni e case alloggio. Per quelle che non rispetteranno la legge sono previste le sanzioni: una riduzione dello 0.50 per cento del fondo sanitario regionale. A partire dal 1998 il taglio salirà al 2 per cento». Il motivo dell'ultimatum è che, con loro grande sorpresa, gli ispettori del Ministero, nel '96, avevano scoperto che gli «internati» erano ancora 17.068: 11.882 rinchiusi in 63 ospedali psichiatrici pubblici e 5.186 in 13 strutture private. Niente a che vedere con i 102.300 ricoverati nel 1956 ed i 78.538 «matti da slegare» nel 1978, anno in cui venne approvata la legge Basaglia. Oggi, in base ai dati di cui sopra, i manicomi non esistono più e i circa 60 mila pazienti psichiatrici sono gestiti, appunto, attraverso le strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche e private;

a Reggio Calabria, la provincia ha ceduto a titolo gratuito ai carabinieri l'ospedale psichiatrico del rione Modena. L'Arma ha ringraziato per il regalo e ha trasformato la struttura nella scuola allievi. A Napoli l'ex ospedale psichiatrico di via Liveri è chiuso e inutilizzato, stessa sorte per quello il «Leonardo Bianchi» di Capodichino. A Pistoia l'ospedale psichiatrico «Ville Sbertoli» ha chiuso i battenti nel 1996 e non li ha più riaperti. Stessa fine per l'ex convento dei domenicani di Colorno, in quel di Parma. In Liguria, la regione ha venduto l'ex di Cogoleto alla Fintecna Immobiliare e alla Valcomp per 13 milioni e 648 mila euro. Il ricavato non è stato reimpiegato per servizi di assistenza, ma per il ripiano del disavanzo sanitario regionale. Stessa fine dovrebbe fare lo storico «presidio sanitario per la tutela della salute mentale» di Quarto Genova, struttura in cui, tuttavia, vivono ancora 80 «cronici», la regione ha già cartolarizzato l'immobile, valore 16 milioni e 206 mila euro, acquirenti le stesse società di Cogoleto, ma nessuno vuole comprare gli edifici a causa della presenza dei malati, per questo la regione ha pensato bene di lanciare un'asta pubblica: quattro residenze sanitarie assistenziali con un'offerta al massimo ribasso. In Puglia, a Bisceglie, campeggia l'ex ospedale psichiatrico «Don Uva», che negli anni '90 accoglieva più di 2 mila ospiti. Nel '98 si erano ridotti a poco più di mille ma l'atmosfera non era proprio salubre: malati che si genuflettevano al passaggio del direttore, mentre i più audaci gli baciavano la mano: personale scarso, terapie immaginarie, molti decessi sospetti. Oggi la struttura si è rinnovata ma l'amministrazione ha deciso di chiedere la cassa integrazione a zero ore per i dipendenti;

il dottore Peppe Dell'acqua, salernitano, ha avuto subito la fortuna di iniziare a lavorare con Franco Basaglia nell'ospedale psichiatrico di Colorno a Parma. Nell'ottobre del '71, con il gruppo Basaglia, si è trasferito a Trieste partecipando all'esperienza di trasformazione e chiusura dell'ospedale psichiatrico. In 40 anni di lavoro si è dedicato alla programmazione e gestione dei servizi di salute mentale nel territorio, svolgendo nel contempo consulenze scientifiche in Italia ed all'estero. Collabora con l'Organizzazione mondiale della sanità insegna psichiatria sociale presso la facoltà di psicologia dell'università di Trieste. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche ed è tra i promotori del Forum salute mentale, avamposto per la tutela della legge n. 180 e la promozione delle buone pratiche in salute mentale; ha commentato così la situazione degli ospedali psichiatrici dopo il 1996: «In termine di tempi, di strategie e di risultati conseguenti alla chiusura, le differenze tra le Regioni appaiono evidenti nella loro insensata profondità. Diseguaglianze incomparabili, ingiustificabili rispetto all'uguale diritto costituzionale alla cura di ogni cittadino che abita il nostro paese, sono il frutto non desiderato delle scelte regionali che nel corso dei 20 anni successivi alla legge di riforma avevano già prodotto 20 diversi sistemi sanitari» -:

quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di dare concreta attuazione a quanto predisposto dalla legge «Basaglia», recuperando le strutture deputate a cura psichiatrica, in complessi utili alla società ed inserendo i malati, che si trovano ancora ricoverati, in protocolli di cura domiciliare o comunitaria, con la precisa finalità del reinserimento dei pazienti in ambiti in cui l'attenzione per la singola persona sia la priorità assoluta.
(4-17607)