CIMADORO. -
Al Ministro dell'interno.
- Per sapere - premesso che:
secondo l'articolo 39 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, denunciate ai termini dell'articolo precedente, alle persone ritenute capaci di abusarne;
in materia di detenzione delle armi, la disciplina dettata dall'articolo 39 è diretta al presidio dell'ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi dall'indebito uso e dall'inosservanza degli obblighi di custodia, nonché dalla commissione di reati che possano essere agevolati dall'utilizzo del mezzo di offesa;
qualora a carico del detentore emergano un insieme di elementi che, valutati globalmente, integrano il venir meno del necessario affidamento per continuare a detenerle, ciò determina la legittimità del provvedimento di divieto di detenzione;
stando a quanto stabilito dalla legge, dunque, nonostante il decreto legislativo n. 204 del 2011 abbia recentissimamente apportato rilevanti modifiche alle norme in materia di armi, l'unico titolare del divieto di detenzione di armi è, come si è già detto, il prefetto;
la giurisprudenza ha costantemente affermato che la misura si ricollega ad un giudizio ampiamente discrezionale in ordine alla capacità personale di abuso da parte dei soggetti detentori, e trova giustificazione tutte le volte che, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, non vi è la certezza della completa affidabilità del soggetto (Tar Campania, Napoli, sez. III, 21 febbraio 2002, n. 1066; Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisd., 11 ottobre 1999, n. 429);
tuttavia la decisione del prefetto deve essere supportata da adeguata istruttoria a volte con comunicazione di avvio del procedimento, il che fa spesso sorgere la necessità di adottare soluzioni temporanee;
secondo la giurisprudenza (Tar Puglia sent. n. 5361/04, TAR Lombardia, sent. 1250/2008) il pericolo di abuso delle armi richiede un adeguata valutazione non del singolo episodio ma anche della personalità del soggetto sospettato che possa giustificare un giudizio necessariamente prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità;
secondo la giurisprudenza, dunque, la mera denuncia all'autorità giudiziaria non è circostanza che da sola possa giustificare la revoca ovvero il diniego del porto d'armi;
dette cautele, peraltro, sono ancor più necessarie quando l'interessato esercita determinati tipi di professione, come ad esempio la guardia giurata -:
se e quali iniziative, anche normative, il Governo intenda assumere alla luce di quanto descritto in premessa, al fine di evitare che una semplice denuncia presentata all'autorità giudiziaria possa determinare automaticamente l'adozione di un provvedimento cosiddetto «di ritiro cautelare» di un'arma, specie nelle ipotesi in cui non ricorrano motivazioni tali da giustificare detto ritiro e qualora il detentore dell'arma eserciti un tipo di attività professionale strettamente connesso all'utilizzo delle armi. (4-12378)