ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/10640

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 497 del 07/10/2015
Firmatari
Primo firmatario: MURA ROMINA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 07/10/2015


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA delegato in data 07/10/2015
Stato iter:
31/05/2017
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 31/05/2017
ORLANDO ANDREA MINISTRO - (GIUSTIZIA)
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 31/05/2017

CONCLUSO IL 31/05/2017

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-10640
presentato da
MURA Romina
testo di
Mercoledì 7 ottobre 2015, seduta n. 497

   MURA. — Al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
   secondo un resoconto pubblicato da Ristretti Orizzonti, che ha reso nota una ricerca dell'Eurispes e dell'Unione delle camere penali italiane, l'Italia è una delle nazioni dove si registra il più alto tasso di errori giudiziari;
   il quadro è allarmante: false rivelazioni, indagini sbagliate e scambi di persona che hanno portato decine di persone a essere condannati al carcere per poi risultare, in un secondo momento, innocenti;
   dopo essere stati condannati al carcere, diventano vittime di ingiusta detenzione;
   gli errori giudiziari hanno un costo altissimo per lo Stato: la legge prevede infatti che vengano risarciti tutti quei cittadini che sono stati ingiustamente detenuti, anche solo nella fase di custodia cautelare, e poi assolti magari con formula piena;
   solo nel 2014 sono state accolte 995 domande di risarcimento per 35,2 milioni di euro, con un incremento del 41,3 per cento dei pagamenti rispetto al 2013;
   dal 1991 al 2012, lo Stato ha dovuto spendere 580 milioni di euro per 23.226 cittadini ingiustamente detenuti negli ultimi 15 anni. In pole position nel 2014, tra le città con un maggior numero di risarcimenti, c’è Catanzaro (146 casi), seguita da Napoli (143 casi);
   Eurispes e Unione delle camere penali italiane, analizzando sentenze e scarcerazioni degli ultimi 50 anni, hanno rilevato che sarebbero 4 milioni gli italiani dichiarati colpevoli, arrestati e rilasciati dopo tempi più o meno lunghi, perché innocenti;
   nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di errori non in malafede, che però non accennano a diminuire, anzi sono in costante aumento;
   sui casi di «mala giustizia» c’è un osservatorio on line, che dà conto degli errori giudiziari, mentre sulla pagina del Ministero dell'economia e delle finanze si trovano tutte le procedure per la chiesta di indennizzo da ingiusta detenzione –:
   quali iniziative intenda adottare, nel pieno rispetto del principio di autonomia della magistratura, per limitare il numero di errori giudiziari in Italia che, oltre ad aver distrutto la vita di numerosi innocenti, hanno provocato allo Stato italiano costi enormi nonché numerose condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo;
   se non ritenga doveroso intervenire con iniziative normative che limitino fortemente la custodia cautelare – e le altre misure restrittive della libertà – ai casi strettamente necessari nei quali è evidente la pericolosità sociale dell'individuo e sia palese l'indizio di colpevolezza dei soggetti per i quali si dispone il carcere. (4-10640)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 31 maggio 2017
nell'allegato B della seduta n. 807
4-10640
presentata da
MURA Romina

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante evidenzia come, secondo una ricerca dell'Eurispes e dell'unione delle camere penali italiane, l'Italia sia uno dei paesi dove si registra il più alto tasso di errori giudiziari, con ricadute negative anche per l'erario dello Stato a fronte delle ingenti somme liquidate a titolo di equa riparazione per ingiusta detenzione.
  Su tali premesse, chiede dunque a questo Ministero di conoscere quali iniziative si intendano adottare, pur nel rispetto dell'autonomia della magistratura, per limitare i casi di errore giudiziario, e se si ritenga opportuno intervenire, anche a livello normativo, per limitare il ricorso alla custodia cautelare ai soli casi in cui si appalesi l'evidenza della pericolosità sociale del soggetto da sottoporre a misura restrittiva e del quadro indiziario a suo carico.
  Va premesso che il rischio dell'errore è insito in ogni attività umana che comporta la formulazione di un giudizio. È, infatti, opinione generalmente condivisa quella secondo cui il pericolo dell'errore giudiziario sia ineliminabile, come comprovato dalla storia giudiziaria di ogni tempo e di tutti i paesi, non solo in Italia.
  Ed è proprio l'esigenza di giustizia che deriva da questa constatazione che ha indotto le legislazioni moderne a predisporre dei rimedi contro le decisioni ingiuste o manifestamente erronee.

  Come noto, il codice di procedura penale disciplina sia l'istituto della riparazione per l'ingiusta detenzione sia l'istituto della riparazione dell'errore giudiziario, rispettivamente agli articoli 314 e seguenti e 643 e seguenti, entrambi ispirati dalla necessità di assicurare un ristoro alla vittima.
  Nei procedimenti di risarcimento del danno per ingiusta detenzione ed errore giudiziario, unico legittimato passivo è il Ministero dell'economia e delle finanze, mentre il Ministero della giustizia viene notiziato circa l'esistenza di tali procedimenti dalla Avvocatura dello Stato, onde fornire un'eventuale ausilio istruttorio.
  A fini statistici e di monitoraggio, il Ministero della giustizia provvede, inoltre, ad acquisire periodicamente i dati relativi al numero delle condanne subite dal Ministero dell'economia e delle finanze e dei relativi esborsi finanziari.
  La costante interlocuzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, che provvede a liquidare gli importi riconosciuti all'esito dei relativi giudizi, consente a questa amministrazione di svolgere, nei casi di notevole rilevanza economica, i doverosi compiti di segnalazione e controllo.
  L'attività di monitoraggio si realizza anche attraverso le ispezioni ordinarie che si susseguono periodicamente nelle diverse sedi giudiziarie. Nel corso di esse si sottopone ad un approfondito scrutinio tutta l'attività svolta dai magistrati, requirenti e giudicanti, anche al fine di individuare eventuali detenzioni indebite a causa di un'ingiustificata protrazione delle stesse successivamente alla scadenza del termine cautelare, ovvero nei casi di assoluzione, al termine di un eventuale processo di revisione, di soggetti precedentemente in vinculis.
  Mi preme, dunque, rassicurare l'interrogante che il fenomeno è costantemente monitorato da questo Ministero e non solo per le evidenti ricadute sull'erario dello Stato, nella piena consapevolezza della particolare delicatezza della materia che investe, più in generale, il corretto espletamento del servizio giustizia.
  Nell'esercizio delle mie prerogative, ho promosso l'azione disciplinare nei casi in cui sono state riscontrate obiettive violazioni di legge dovute a grave ignoranza o negligenza inescusabile, tanto in ipotesi di indebita protrazione della custodia cautelare, quanto nel caso in cui la misura restrittiva sia stata adottata sulla base di una ricostruzione erronea dei fatti, ovvero di una errata valutazione degli elementi processuali, a causa di macroscopica negligenza o di grave ignoranza.
  In presenza dei necessari presupposti, si è sempre immediatamente proceduto a contestare ai magistrati le specifiche violazioni disciplinari, anche in seguito all'attivazione di ispezioni mirate, volte a individuare profili di responsabilità a seguito di esposti scaturiti dal riconoscimento di errori giudiziari o di ingiusta detenzione.
  La sensibilità del Governo e del Ministero che rappresento al tema sollevato con l'atto di sindacato ispettivo in esame è, poi, dimostrata dall'azione normativa posta in essere nel corso di questa legislatura.
  Il disegno di legge di riforma del codice penale e del codice di procedura penale, appena approvato dal Senato, risponde alla pressante esigenza, generalmente avvertita, di recuperare il processo penale ad una durata ragionevole che, oltre ad essere oggetto di un diritto delle parti, è condizione essenziale perché possa dirsi attuato il giusto processo. Secondo questa direttrice di riforma si sviluppano le proposte di modifica della normativa penale, sia sostanziale che processuale, senza però che venga perso di vista lo stretto raccordo tra una maggiore efficienza del sistema e il mantenimento, se non anzi il rafforzamento, delle garanzie dei diritti, specialmente dell'imputato.
  Prima ancora di tale iniziativa di riforma complessiva del sistema, diversi sono stati gli interventi normativi improntati ad un ripensamento, in senso ulteriormente restrittivo, della possibilità di applicazione della custodia in carcere.
  In linea con i precedenti normativi (decreto-legge n. 78 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2013; decreto-legge n. 92 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 117 del 2014) e con l'obiettivo di riaffermare la funzione di extrema ratio attribuita dal sistema alla custodia in carcere, la legge n. 47 del 2015 ha introdotto importanti novità in materia di misure cautelari, intervenendo sui presupposti applicativi di tutte le misure personali ed operando, in senso restrittivo, sulle connotazioni che devono assumere le esigenze cautelari di cui alle lettera b) e c) dell'articolo 274 codice di procedura penale, a partire dal nuovo requisito dell'attualità dei pericoli di fuga e di reiterazione.
  Per effetto della novella, è necessaria la sussistenza di un pericolo non solo «concreto», ma anche «attuale» sia con riferimento al pericolo di fuga che a quello di reiterazione del reato. Simmetricamente, un ulteriore intervento sulle richiamate disposizioni consiste nell'inserimento della seguente proposizione conclusiva: «le situazioni di concreto e attuale pericolo non possono essere desunte dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede» (nella lettera c) si precisa che tale preclusione valutativa opera «anche in relazione alla personalità dell'imputato»).
  La residualità della restrizione carceraria è, inoltre, perseguita da un lato valorizzando e favorendo il ricorso a soluzioni alternative (quale l'applicazione congiunta delle altre misure coercitive e degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'articolo 275-bis codice di procedura penale); dall'altro, intervenendo sulle disposizioni del codice che, in relazione ad alcuni titoli di reato ed al ricorrere di specifiche condizioni, sancivano una presunzione di adeguatezza della sola misura inframuraria, precludendo al giudice una valutazione discrezionale circa l'individuazione della misura più appropriata. Nel nuovo testo del comma 3 dell'articolo 275 c.p.p. – che tiene conto dei numerosi interventi della Corte costituzionale – la presunzione assoluta di adeguatezza della sola custodia in carcere è stata mantenuta, oltre che per il delitto di cui all'articolo 416-bis codice penale, solo per le ulteriori ipotesi associative di cui agli articoli 270 e 270-bis (concernenti, rispettivamente, le associazioni sovversive e quelle aventi finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico).
  Il complesso degli interventi normativi sopra richiamati, in linea con quanto auspicato dall'interrogante, contribuisce ad innalzare il livello di efficienza del servizio giustizia e a delineare un sistema complessivo delle misure restrittive della libertà personale particolarmente garantista, che vede la custodia cautelare in carcere come strumento residuale, contribuendo a contenere, di riflesso, anche il rischio di ingiusta detenzione.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

carcerazione

errore giudiziario