ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00660

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 329 del 11/11/2014
Firmatari
Primo firmatario: SCOTTO ARTURO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 11/11/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 11/11/2014


Stato iter:
IN CORSO
Atto Camera

Mozione 1-00660
presentato da
SCOTTO Arturo
testo di
Martedì 11 novembre 2014, seduta n. 329

   La Camera,
   premesso che:
    l'Argentina, dopo il default del 2001, ha offerto un concambio scontato ai suoi creditori, accettato dal 93 per cento degli stessi, mantenendo negli anni gli impegni assunti con i creditori e con gli organismi internazionali durante la fase di ristrutturazione del debito;
    il 29 maggio 2014 l'Argentina ha raggiunto un accordo con il «Club di Parigi», formato dai Paesi creditori del debito argentino, inclusa l'Italia, per il pagamento di quanto dovuto a partire dal 2015. L'accordo prevede che l'Argentina verserà 9,7 miliardi di dollari di debiti al «Club di Parigi» entro cinque anni, ma potrebbe essere protratto a sette qualora non vi siano sufficienti investimenti diretti in Argentina dai Paesi membri del Club, e prevede una riduzione dei tassi di interesse dal sette per cento al tre per cento;
    alla fine del mese di luglio 2014 l'Argentina ha avuto un default tecnico, a distanza di 13 anni dal precedente, che è stato la diretta conseguenza della sentenza del giudice distrettuale Thomas Griesa, del tribunale Federale di Manhattan, che a fine luglio 2014 ha dato ragione a NML Capital (della Elliot Management di Paul Singer che siede nel comitato dell’International Swap Derivatives Association, ISDA) ed Aurelius Capital Management (gestito da Mark Brodsky), due hedge fund in causa con l'Argentina;
    già nel 2013 il giudice Thomas Griesa emetteva sentenza di condanna nei confronti dell'Argentina a favore dei due fondi i quali chiedevano l'interno pagamento, ossia il 100 per cento, dei tango bond in loro possesso e non quanto stabilito dal concambio scontato offerto dall'Argentina. La sentenza veniva confermata dalla Suprema Corte di Washington nel maggio del 2014;
    il default del 2001 aveva comportato il mancato rimborso di quasi 100 miliardi di dollari, l'Argentina concluse nel 2005 e 2010 accordi di ristrutturazione del debito con una conversione in nuovi titoli pari a meno di un terzo del valore nominale originario dei bond, ovvero a un valore molto decurtato (cosiddetto haircut);
    i due hedge fund hanno al contrario, per fini puramente speculativi e strumentali, acquistato sul mercato secondario e dopo il default a un prezzo molto basso (non superiore al 20 per cento del valore nominale), bond argentini non ristrutturati per poi chiedere alla giustizia statunitense, rifiutando di aderire agli accordi di ristrutturazione (creditori holdout), il rimborso dell'intero valore nominale originario (1,33 miliardi di dollari, cui si aggiungono quasi 200 milioni di interessi). A fronte di ciò, il Governo argentino si è rifiutato di pagare capitali e interessi ai due fondi, per evitare di dover pagare allo stesso modo, secondo il principio del «pari passu», tutti gli altri creditori, così come previsto nelle clausole delle ristrutturazioni concordate, specificatamente la clausola RUFO, Rights Upon Futures Offerings, apposta sui titoli del primo default, impone all'Argentina di garantire agli obbligazionisti le stesse condizioni più favorevoli eventualmente concesse ad altri creditori. La clausola scadrà il 31 dicembre 2014;
    il giudice statunitense, in assenza di accordo negoziale tra le parti, ha accolto le richieste degli hedge fund, ordinando al Governo argentino, con sentenza convalidata dalla corte di appello di New York, di non pagare i 539 milioni di dollari di interessi dovuti ai creditori ristrutturati, cioè la maggioranza, che avevano la conversione in nuovi titoli, prima di aver ottemperato agli obblighi nei confronti dei due «fondi avvoltoi», prospettando la condanna per oltraggio alla Corte a causa della decisione di spostare in America Latina la gestione dei fondi detenuti nelle casse dell'agente finanziario dei creditori, Bank of New York Mellon. Il passaggio del pagamento delle cedole agli obbligazionisti ristrutturati non è avvenuto a causa del congelamento posto dalla sentenza del giudice Griesa la quale giudica il pagamento delle cedole «irregolare» in assenza di pagamenti accettati dai creditori holdout, ha fatto scattare automaticamente la dichiarazione di default selettivo essendo stato abbassato il rating dei bond argentini dalle società di rating;
    tra la fine di luglio e metà agosto, il tribunale di New York aveva autorizzato al pagamento, «per una sola volta», ai sottoscrittori anche europei delle cedole su due titoli di diritto argentino in dollari e peso attraverso i pay agent JP Morgan e tre altri titoli attraverso la Citigroup, ma lasciava in sospeso i titoli di diritto americano e inglese in euro e dollari, bloccati nelle casse della Bank of New York Mellon e in portafoglio in prevalenza tra i risparmiatori italiani titolari di bond argentini;
    alla fine del mese di settembre 2014 l'Argentina, disattendendo le decisioni del giudice Griesa, ha deciso che i detentori di bond con giurisdizione argentina ricevessero il pagamento delle cedole dei tango bond depositando 161 milioni di dollari presso la banca locale Banco de Naciòn Fideicomisos che, a sua volta, li distribuirà ai bondholder, sollevando la Bank of New York Mellon, il precedente trustee che il Parlamento argentino ha deciso di rimuovere;
    il 29 settembre 2014 il tribunale di New York ha condannato l'Argentina per oltraggio alla Corte comminandole una multa di 50 mila dollari al giorno;
    la disputa legale sta producendo scompigli sui mercati finanziari internazionali perché non è chiaro se i detentori esteri dei bond argentini potranno accedere ai depositi accesi presso la banca argentina alla luce della sentenza del giudice Griesa che ha ritenuto illegale il comportamento dell'Argentina con l'approvazione della legge che consente di spostare la giurisdizione dei titoli fuori dagli Stati Uniti. Secondo fonti locali, gli obbligazionisti che non abbiano spostato la giurisdizione non potranno avere accesso alle somme a meno che non siano stati autorizzati dal giudice (come nel caso della filiale argentina della Citibank) perché ciò eluderebbe la sentenza del tribunale americano. Questo vale per la già citata Bank of New York Mellon, sia per la Euroclear e per la Cleartream, le due piattaforme europee attraverso le quali vengono autorizzati i pagamenti e che detengono nelle proprie banche dati i riferimenti relativi ai detentori dei titoli, senza i quali è impossibile per la banca argentina effettuare i pagamenti delle cedole;
    una alternativa, per ovviare a questa situazione di stallo, potrebbe essere quella di inviare la massa monetaria direttamente alla Banca di Francia per poi procedere ai pagamenti, al momento la maggior parte dei bondholder ha deciso di aspettare l'evolversi della situazione anziché modificare la giurisdizione dei titoli;
    il Governo argentino ha chiesto all'autorità di Borsa di Wall Street, la US Securities and Exchange Commission, di indagare sulle manovre che hanno portato al pagamento dei credit default swap per oltre un miliardo di dollari, incassati anche dalla Elliot Management e ha anche denunciato gli Stati Uniti davanti alla Corte Internazionale dell'Aja;
    a Ginevra il 29 settembre 2014 il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione proposta dall'Argentina, (unitamente alla Bolivia, all'Algeria, alla Cina, al Brasile, a Cuba, al Pakistan, alla Russia, all'Uruguay, all'Arabia Saudita, al Benin, alla Botswana, al Burkina Faso, al Cile, al Congo, alla Costa d'Avorio, al Costa Rica, agli Emirati Arabi Uniti, all'Etiopia, alle Filippine, al Gabon, all'India, all'Indonesia, al Kazakistan, al Kenya, al Kuwait, alle Maldive, al Marocco, al Messico, alla Namibia, al Perù, alla Sierra Leone, al Sudafrica, al Vietnam e al Venezuela), che ha ottenuto 34 voti a favore, 5 contrari (Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Giappone e Repubblica Ceca) e 9 astensioni (Austria, Corea del Sud, Estonia, Francia, Irlanda, Macedonia, Montenegro e Romania), tra cui l'Italia che, a nome del Consiglio dell'Unione europea, ha affermato che è fuori discussione la solidarietà europea verso i Paesi che hanno affrontato o stanno affrontando seri problemi economici e finanziari, stigmatizzando però l'inadeguatezza del luogo dove discutere temi relativi alla politica finanziaria internazionale;
    la risoluzione condanna le attività dei «fondi avvoltoio» e gli effetti negativi che il pagamento di tali fondi genera in termini di capacità del Governo di onorare gli obblighi in materia di diritti umani, inoltre sollecita tutti gli Stati a partecipare attivamente ai negoziati volti a istituire un quadro giuridico multilaterale per i processi di ristrutturazione del debito sovrano, così come indicato dalla risoluzione dell'Assemblea generale (n. 68/304), invitando gli Stati ad assicurare che tale quadro risulti pienamente compatibile con gli obblighi e gli standard internazionali a tutela dei diritti umani;
    il 9 settembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha approvato l'impegno di redigere entro la prossima sessione dell'Assemblea generale nel 2015 un testo multilaterale — protocollo o convenzione — di adempimenti obbligatori in materia debitoria, da ratificare e diventare, così vincolante per i firmatari;
    i fondi speculativi stanno applicando la stessa identica strategia contro la Repubblica Democratica del Congo, la quale ha dovuto pagare al fondo di Paul Singer la cifra di 67 milioni di dollari su fondi statali rastrellati sul mercato secondario ad un valore di 15 milioni di dollari. La Repubblica Democratica del Congo è uno dei Paesi più poveri del pianeta;
    il Fondo monetario internazionale a fronte della vicenda argentina, che si trascina da tempo a causa di una legislazione internazionale piena di falle, ha recentemente proposto due riforme: la prima prevede la modifica della clausola «pari passu» (uguale trattamento), così da escludere l'obbligo di pagare gli investitori holdout; la seconda è data dall'introduzione di una «clausola di azione collettiva» che, nel caso in cui un Paese finisca in default e cerchi di ristrutturare il suo debito, lega tutti gli investitori a una decisione presa da una larga maggioranza che rappresenti il 75 per cento dei creditori. Ad oggi, il debito ristrutturato rappresenta il 93 per cento dei 95 miliardi di debito su cui è stato dichiarato il default nel 2001;
    la volontà dell'Argentina di onorare i propri debiti secondo gli accordi stipulati è certa ed è stata più volte manifestata sulla stampa internazionale attraverso articoli a pagamento, oltreché dimostrata dall'atteggiamento tenuto a seguito del default;
    a tale disponibilità va dato immediato e concreto seguito, a tutela primaria degli interessi nazionali, dato l'apprezzamento dei nostri investitori per l'accordo di ristrutturazione, che è messo a rischio dall'applicazione della sentenza del giudice Griesa e, soprattutto, dal principio del «pari passu», e dalle conseguenze che il default selettivo di fine luglio potrebbe avere sulla stabilità finanziaria internazionale e, quindi, su quella di Paesi esposti come l'Italia;
    in data 10 luglio 2014 il Presidente del Consiglio indirizzava una lettera alla Presidenza argentina con la quale esprimeva «...la vicinanza del governo italiano agli sforzi argentini e la disponibilità ad approfondire nelle sedi europee e internazionali i diversi aspetti della vicenda...»;
    a parere dei firmatari della presente mozione sarebbe opportuno partecipare ai lavori di un gruppo informale di Paesi, quali la Francia, il Brasile, e il Messico, che stanno sostenendo la posizione argentina per cercare una soluzione negoziata;
    sarebbe auspicabile manifestare al Governo degli Stati Uniti la preoccupazione del nostro Paese per le conseguenze della sentenza del giudice Thomas Griesa non solo sull'Argentina, ma sull'intero complesso dei soggetti creditori e della sostenibilità finanziaria internazionale del sistema del debito sovrano;
    è fondamentale, e non più rinviabile, proporre nelle opportune sedi internazionali (OCSE, «Club di Parigi», G20) l'avvio e la rapida conclusione di una regolamentazione delle modalità di accesso al mercato secondario dei debiti sovrani da parte dei fondi privati speculativi, e, soprattutto, sull'introduzione di soglie minime di adesione ad eventuali accordi di ristrutturazione che valgano «erga omnes» e che siano inappellabili per i singoli creditori o gruppi di creditori o loro rappresentanze societarie e delle fondazioni,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative a tutela dei molti interessi nazionali coinvolti nella vicenda narrata in premessa a tutela della prevalenza del diritto e degli organismi internazionali in materia di debito sovrano;
   a far proprie le proposte di riforma suggerite dal Fondo monetario internazionale, promuovendole e sostenendole nelle sedi europee, visto il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, nonché nei consessi internazionali e presso l'OCSE, il «Club di Parigi», l'ONU e il G20.
(1-00660) «Scotto, Paglia».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

risoluzione

debito

finanze internazionali