ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00202

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 195 del 01/07/2009
Abbinamenti
Atto 1/00233 abbinato in data 21/09/2009
Atto 1/00234 abbinato in data 21/09/2009
Atto 1/00236 abbinato in data 21/09/2009
Firmatari
Primo firmatario: GALLETTI GIAN LUCA
Gruppo: UNIONE DI CENTRO
Data firma: 01/07/2009
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
VIETTI MICHELE GIUSEPPE UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
VOLONTE' LUCA UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
COMPAGNON ANGELO UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
CICCANTI AMEDEO UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
NARO GIUSEPPE UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
RAO ROBERTO UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
OCCHIUTO ROBERTO UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
LIBE' MAURO UNIONE DI CENTRO 01/07/2009
DELFINO TERESIO UNIONE DI CENTRO 01/07/2009


Stato iter:
23/09/2009
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 21/09/2009
Resoconto GALLETTI GIAN LUCA UNIONE DI CENTRO
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 21/09/2009
Resoconto LANZILLOTTA LINDA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto TESTA FEDERICO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 21/09/2009
Resoconto PIZZA GIUSEPPE SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ISTRUZIONE, UNIVERSITA' E RICERCA)
 
PARERE GOVERNO 23/09/2009
Resoconto FITTO RAFFAELE MINISTRO SENZA PORTAFOGLIO - (RAPPORTI CON LE REGIONI)
 
DICHIARAZIONE VOTO 23/09/2009
Resoconto PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI
Resoconto GALLETTI GIAN LUCA UNIONE DI CENTRO
Resoconto FUGATTI MAURIZIO LEGA NORD PADANIA
Resoconto LANZILLOTTA LINDA PARTITO DEMOCRATICO
Resoconto VALDUCCI MARIO POPOLO DELLA LIBERTA'
Resoconto CAUSI MARCO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 21/09/2009

DISCUSSIONE IL 21/09/2009

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 21/09/2009

NON ACCOLTO IL 23/09/2009

PARERE GOVERNO IL 23/09/2009

DISCUSSIONE IL 23/09/2009

RESPINTO IL 23/09/2009

CONCLUSO IL 23/09/2009

Atto Camera

Mozione 1-00202
presentata da
GIAN LUCA GALLETTI
testo di
mercoledì 1 luglio 2009, seduta n.195

La Camera,

premesso che:

dalle considerazioni finali rese dal Governatore della Banca d'Italia Draghi, il 29 maggio 2009 emerge un'esortazione al Governo a non compiere ulteriori passi indietro nella direzione di una rinnovata promozione dei processi di liberalizzazione con specifico riferimento al settore dei servizi pubblici locali, laddove l'assenza di una disciplina e di un regime giuridico applicabili improntati ai canoni della tutela della concorrenza e della salvaguardia dei bisogni degli utenti ed, in particolare, il palese conflitto di interessi tra ente affidante e soggetto gestore, sono fonte di inefficienze e si traducono in costi più elevati sostenuti dalle famiglie e dalle imprese;

le simulazioni effettuate attraverso l'analisi del modello strutturale dell'economia italiana ed europea dagli uffici della Banca d'Italia evidenziano come una maggiore concorrenza nei settori meno esposti alla competizione economica internazionale - in prevalenza, i servizi - determinerebbe diffusi effetti virtuosi, quali, in particolare, diminuzioni dei prezzi e più elevati livelli di consumi, occupazione, investimenti e produzione;

secondo quanto riportato dalla relazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 16 giugno 2009, «I servizi pubblici locali costituiscono da anni una delle ultime roccaforti nelle quali il principio di concorrenza incontra diffuse resistenze e stenta ad affermarsi. Molti ambiti di mercato in tale settore sono caratterizzati dall'esistenza di monopoli naturali. Si tratta di un dato strutturale largamente riconosciuto, a fronte del quale, tuttavia, il ricorso alla concorrenza per il mercato quale meccanismo stimolatore di efficienza ha trovato nell'ordinamento ostacoli quasi insormontabili»;

in aperta contraddizione con le rigorose indicazioni provenienti dall'ordinamento comunitario dirette a favorire metodi di gestione dei servizi fondati, innanzitutto, sulle regole dell'evidenza pubblica, il ricorso, soprattutto nella prassi, a modalità di affidamento diretto dei servizi o, comunque, a forme di autoproduzione come l'in house providing, ha reso possibile il protrarsi di obiettive situazioni di preclusione ad ogni confronto concorrenziale, con tutto ciò che ne consegue, a detrimento degli utenti, sul piano dell'inefficienza e del progressivo scadimento della qualità e della quantità dei servizi offerti;

con l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si è apparentemente tentato di procedere ad un complessivo riordino della materia mediante l'introduzione di una serie di disposizioni applicabili in via generale a tutti i servizi pubblici locali e prevalenti sulle relative discipline di settore con esse incompatibili;

nella realtà, si è trattato dell'ennesima occasione mancata: il decreto-legge n. 112 del 2008, non obbliga, infatti, l'ente affidante a ricorrere necessariamente all'esperimento delle procedure di gara, limitandosi a richiedere un generico onere motivazionale relativamente alle diverse scelte compiute in ordine alla modalità di affidamento della gestione del servizio: opzione, questa, che non risulta sufficiente a conseguire l'obiettivo annunciato, configurandosi come un argine debolissimo di fronte ad interpretazioni estensive della derogabilità della gara. Questo, invero, per almeno due ragioni: in primo luogo, per il carattere non vincolante dei contenuti del parere prescritto; in secondo luogo, per la scarsa legittimazione della stessa Autorità chiamata a valutare aspetti di tipo sociale (ad esempio, occupazionale) oppure ambientale o geomorfologico;

il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato Catricalà è stato ancora più esplicito nell'affermare che «[...] sono troppe le aziende pubbliche che svolgono servizi loro affidati dagli enti territoriali proprietari in palese conflitto di obbligazioni», lasciando intendere, neppure troppo velatamente, che il combinato disposto della proprietà e della gestione sostanzialmente pubblica è - in sé e per sé - fonte di distorsioni e che, pertanto, occorre «[...] restituire al mercato attività così rilevanti per la nostra economia»;

inoltre, a conferma di quanto la presunta riforma sia palesemente fallace e lacunosa, si registra il colpevole ritardo nell'emanazione delle disposizioni regolamentari da parte del Governo, nonostante la scadenza per l'adozione fosse stata fissata in 180 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione e, dunque, al 16 febbraio 2009: un ritardo che non è passato inosservato, al punto che la presidente Marcegaglia ne ha sottolineato la gravità nel corso dell'Assemblea di Confindustria, rilevando il fatto che le società pubbliche che gestiscono i servizi pubblici locali sono gli alfieri «dell'avanzata impressionante del neo statalismo» e che si sta assistendo all'insabbiamento della riforma nonostante le liberalizzazioni costituiscano uno dei pilastri da cui partire per ritornare a crescere;

sempre il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato poi, intervenendo ad un convegno presso l'Università Luiss, ha rivolto un accorato appello contro il tentativo in atto di portare indietro le lancette dell'orologio: «Non ci sono posizioni ufficiali del Governo né della maggioranza. Le dichiarazioni sono tutte nel senso che bisogna andare avanti nella concorrenza. Ma la verità è che ci sono molti interventi sporadici, ma significativi, che in Parlamento tentano di riportare indietro l'orologio»;

l'articolo 61 del disegno di legge recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» (A.C. 1441-ter-C), infatti, prevede un ampliamento della possibilità di affidamenti in house, nell'ambito del settore dei trasporti pubblici locali, compiendo un ulteriore passo indietro sul piano della concorrenzialità ed evidenziando una differente impostazione, se non addirittura, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, una certa ambiguità, della politica delle liberalizzazioni intrapresa dal Governo;

il rapporto Ocse sull'Italia 2009 sottolinea che, nonostante una serie di riforme avviate, l'Italia registra da anni una bassa crescita dovuta, in parte, ad un eccesso di regolazione, alla scarsa concorrenza in alcuni settori ed all'inefficienza del settore pubblico. Rileva, in particolare, l'Ocse nel citato rapporto che solo affrontando tali nodi strutturali sarà possibile «restaurare la fiducia nell'economia italiana», a partire dal settore dei servizi locali che rimane «largamente protetto e con eccessi di regole, talvolta anche a livello regionale». L'Ocse sottolinea, altresì, che e fondamentale «mantenere la strada delle liberalizzazioni», rammentando che i settori dove intervenire con urgenza sono quelli dei servizi e delle libere professioni. Nei servizi pubblici locali, soprattutto, l'Ocse ribadisce la necessità di progressi e l'esigenza di una «[...] piena e netta separazione tra gli interessi della proprietà dei servizi e i governi locali»;

l'Indice delle liberalizzazioni (IBL) 2009, diffuso dall'Istituto Bruno Leoni, conferma i ritardi dell'Italia sulla strada delle liberalizzazioni e del libero mercato. A livello generale, il valore registrato è risultato uguale a quello degli anni passatiti il che, fatalmente, non solo lascia il Paese in mezzo ad un vero e proprio guado, ma conferma anche lo sconcertante disinteresse del Governo e della maggioranza ad esprimere un'azione politica effettivamente riformatrice ed incisiva in un settore così strategico per il sviluppo del sistema-Paese ed il benessere della comunità;

il mercato elettrico, vantando il grado di liberalizzazione più elevato - già pari al 70 per cento nel 2008 e salito al 77 per cento nel 2009 - rappresenta un ottimo precedente per proseguire sulla strada delle riforme, grazie ad un percorso virtuoso iniziato con la privatizzazione dell'Enel; secondo l'Indice delle liberalizzazioni, inoltre, alcuni miglioramenti si sono verificati nel campo dei servizi idrici, dei servizi finanziari e del mercato del lavoro, ma - per il resto -, lo stesso indice registra un sostanziale immobilismo degli altri indicatori, dalla televisione al gas naturale, dalla pubblica amministrazione ai servizi postali, passando per il trasporto ferroviario, le telecomunicazioni, le professioni ed il trasporto aereo (rimanendo comunque da valutare gli effetti della «nuova» Alitalia e la «legittimità» del quasi monopolio che si è realizzato sulla tratta Roma-Milano);

nel settore del trasporto ferroviario, per esempio, come rilevato anche da una recente segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, convivono paradossalmente assetti concorrenziali aperti al mercato con profili tipici propri di un regime a monopolio di fatto: l'Italia, infatti, ha già attuato la liberalizzazione dal lato tariffario, con largo anticipo rispetto al termine ultimo del 2010 stabilito dall'Unione europea - tanto è vero che Trenitalia ha recentemente effettuato autonomamente aumenti dei prezzi -, ma il servizio continua ad essere attribuito a Trenitalia tramite affidamento diretto a negoziazione;

inoltre, per assicurare i servizi ferroviari di trasporto ordinario e al fine di procedere alla stipula dei nuovi contratti di servizio dello Stato e delle regioni a statuto ordinario con Trenitalia, il cosiddetto «decreto anti-crisi» ha stanziato 480 milioni per gli anni 2010 e 2011: in sostanza, Trenitalia ottiene risorse pubbliche e, al contempo, fornisce servizi a condizioni di mercato, con indiscutibili effetti lesivi per la concorrenza, inducendo altresì i passeggeri ad acquistare i servizi a prezzo libero, nonostante si tratti di servizi universali;

a dispetto di quanto evidenziato, però, gli enti locali perseverano nella creazione di nuove aziende che, occupando una moltitudine di persone, distribuendo incarichi a pioggia e gestendo milioni di utenti, contribuiscono alla formazione ed alla consolidazione di vaste aree di clientelismo politico-amministrativo;

secondo uno studio di Confindustria, accrescendo il grado di competizione nei servizi fino al punto di ricondurlo al livello della media dei Paesi dell'area euro, il PIL salirebbe dell'11 per cento, con metà dell'incremento nei primi tre anni;

il fallito tentativo della stagione delle cosiddette «lenzuolate» della XV legislatura è imputabile, in prima battuta, proprio alla mancanza di coraggio nell'abbattimento degli ostacoli regolatori alla concorrenza;

la necessità di contrastare gli effetti perniciosi della drammatica crisi economica in atto - con iniezioni, in dosi massicce, di vitalità economica - rende improcrastinabile la riapertura immediata del «fronte liberalizzazioni»: con l'avvertenza - scontata, ma necessaria - che i processi di privatizzazione e liberalizzazione non si trasformino, come spesso è accaduto in passato, in altrettanti trasferimenti a soggetti privati di rendite monopolistiche di fatto, provvedendo, per questa via, alla separazione netta tra la proprietà pubblica delle reti e la gestione dei servizi da parte di soggetti privati scelti tramite procedure di gara;

in un contesto internazionale segnato in profondità dalla recessione è fondamentale inaugurare quanto prima una nuova e più coraggiosa stagione di liberalizzazioni, così da permettere al sistema Paese di reggere l'urto della durissima competizione economica che si aprirà non appena emergeranno i primi segnali di ripresa a livello globale, ridurre i costi sostenuti dai cittadini, dalle famiglie e dalle imprese e fronteggiare i rischi di un crescita incontrollata dell'inflazione;
impegna il Governo
a reintrodurre il tema della liberalizzazione dei servizi pubblici locali tra le priorità dell'agenda politica, adottando iniziative per procedere, settore per settore, ad una sollecita e sistematica azione di rimozione degli ostacoli e dei freni che si frappongono al libero dispiegarsi della concorrenza tra gli operatori del mercato ed affrancando utenti e consumatori dall'insostenibile aggravio di costi sostenuti a causa di un sistema, espressione di una cultura politico-amministrativa conservatrice, che tende inequivocabilmente a preservare le rendite monopolistiche acquisite nel tempo.

(1-00202)
«Galletti, Vietti, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Rao, Occhiuto, Libè, Delfino».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

concorrenza

liberalizzazione del mercato