ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00169

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 174 del 11/05/2009
Abbinamenti
Atto 1/00076 abbinato in data 11/05/2009
Firmatari
Primo firmatario: EVANGELISTI FABIO
Gruppo: ITALIA DEI VALORI
Data firma: 11/05/2009
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
DONADI MASSIMO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
BORGHESI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
CAMBURSANO RENATO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
BARBATO FRANCESCO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
CIMADORO GABRIELE ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
DI GIUSEPPE ANITA ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
DI STANISLAO AUGUSTO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
FAVIA DAVID ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
FORMISANO ANIELLO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
GIULIETTI GIUSEPPE ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
MESSINA IGNAZIO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
MISITI AURELIO SALVATORE ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
MONAI CARLO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
MURA SILVANA ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
ORLANDO LEOLUCA ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
PALADINI GIOVANNI ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
PALAGIANO ANTONIO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
PALOMBA FEDERICO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
PIFFARI SERGIO MICHELE ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
PISICCHIO PINO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
PORCINO GAETANO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
RAZZI ANTONIO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
ROTA IVAN ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
SCILIPOTI DOMENICO ITALIA DEI VALORI 11/05/2009
ZAZZERA PIERFELICE ITALIA DEI VALORI 11/05/2009


Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 11/05/2009
Resoconto EVANGELISTI FABIO ITALIA DEI VALORI
 
INTERVENTO PARLAMENTARE 11/05/2009
Resoconto ZACCARIA ROBERTO PARTITO DEMOCRATICO
 
INTERVENTO GOVERNO 11/05/2009
Resoconto PALMA NITTO FRANCESCO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (INTERNO)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 11/05/2009

DISCUSSIONE IL 11/05/2009

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 11/05/2009

Atto Camera

Mozione 1-00169
presentata da
FABIO EVANGELISTI
testo di
lunedì 11 maggio 2009, seduta n.174

La Camera,

premesso che:
il processo di sviluppo che ha conosciuto l'Occidente nell'età moderna ha comportato, tra le altre cose, come necessità ineludibile, l'affermazione del principio di libertà religiosa. Non è stato un processo semplice, lineare, né tanto meno breve; al contrario, è stato caratterizzato da conflitti spesso drammatici;

la necessità di definire i rapporti tra le diverse confessioni religiose, tra queste e le molteplici autorità religiose e, a loro volta, tra queste e le autorità civili ha segnato la storia d'Europa e non solo. La genesi degli Stati Uniti d'America, ad esempio, è partorita proprio dal viaggio di esuli costretti ad abbandonare l'Europa per motivi religiosi. È da un «fiore di maggio», il Mayflower, appunto, l'imbarcazione con la quale i padri pellegrini (pilgrim fathers) salparono il 6 settembre 1620 da Plymouth (Inghilterra) e raggiunsero gli attuali Stati Uniti a Cape Cod, che trae così origine la storia della principale potenza mondiale;

negli ultimi anni si è sviluppato un serrato confronto sulle radici dell'Europa, su quei tratti fondanti cioè che ne caratterizzerebbero l'identità. Tra queste radici, insieme con altre, non può non essere annoverato lo sviluppo delle diverse confessioni cristiane. Il luteranesimo e il calvinismo, così come, prima ancora, la riforma anglicana, hanno segnato, ad esempio, con particolare forza, la genesi del moderno Stato nazionale. Insieme alle confessioni cristiane, nello sviluppo della storia d'Europa, hanno però inciso anche la diffusione delle correnti ereticali, come quella delle «regole» monastiche. Lo stesso universalismo della Chiesa cattolica, prima nella tensione medievale con l'Impero e, nei secoli successivi, con lo Stato moderno, da cui sarebbe poi sorto quello nazionale, ha contribuito alla nascita dell'attuale mondo occidentale, dell'Europa di oggi. Nel processo di sviluppo e di modernizzazione che ha contraddistinto la storia d'Europa e dell'Occidente, l'affermazione dei margini di libertà, tra cui quella religiosa, da riconoscere al singolo individuo, è stata una costante di progresso e sviluppo;

il principio di «libera Chiesa in libero Stato» è il risultato laico della possibile convivenza. In questo principio di convivenza non si ritrova l'affermazione di una presunta supremazia dello Stato che intende la libertà religiosa come sua concessione, ma il riconoscimento della reciproca libertà. Nello stesso tempo, questo principio di convivenza civile non si può declinare nel senso di intenderlo valido esclusivamente nei confronti di una chiesa o di una religione. La sua validità è necessariamente estesa, a meno che non la si voglia negare, a tutte le religioni. Non si può riconoscere la libertà religiosa solo per alcune religioni. Non può essere un Governo a decidere quali religioni hanno diritto alla libertà d'espressione e a quali, invece, questo diritto debba essere negato;

oggi uomini come Averroè sarebbero considerati forse come degli extracomunitari e magari correrebbero anche il rischio di essere respinti alla frontiera, eppure diversi secoli fa Dante Alighieri collocava proprio l'arabo Averroè nel limbo, in compagnia di sapienti e patriarchi, ricordandone il contributo decisivo allo sviluppo del pensiero occidentale, in particolare alla natura della connessione tra religione e filosofia;

nel nostro Paese, a più riprese, si è proposto di autorizzare dazi doganali, iniziativa che finisce per assumere connotati a dir poco paradossali quando è reiterata nei confronti di superpotenze come la Repubblica popolare di Cina e, contemporaneamente, magari, si richiede anche di alzare mura alle nostre frontiere per difenderci dalla minaccia dei flussi migratori, identificando così l'immigrazione come una minaccia sociale, oppure si propone di vincolare le cure sanitarie e l'istruzione scolastica al possesso del permesso di soggiorno. E come se non bastasse, si chiede al Governo di impegnarsi a bloccare la costruzione di luoghi di culto dedicati alla religione islamica: di limitare, cioè di mettere sotto tutela, la libertà religiosa. Secondo questa impostazione dovrebbe essere il Governo a riconoscere e accordare la legittimità di una confessione religiosa, concedendo, a sua discrezione, la possibilità concreta di professarla. In questo modo si chiede di tornare indietro nella storia, di mettere in discussione l'intero processo di modernizzazione che ha caratterizzato la sviluppo dell'Europa;

è, invece, necessario governare il cambiamento. Dalla fine del conflitto tra blocchi e tra ideologie si è ereditato un possibile conflitto di civiltà, nel quale l'identità religiosa riveste un ruolo molto più importante, soprattutto perché il processo di secolarizzazione, che ha caratterizzato e segnato la storia dell'Occidente, è ancora per larga parte estraneo alle altre civiltà con cui dobbiamo oggi confrontarci, in un mondo globale, in cui le distanze si sono di colpo annullate. Non si può, di conseguenza, pensare di governare il cambiamento, attuando politiche di contenimento e semplice difesa. Non possiamo rinchiuderci nel nostro mondo, alzando le barriere e sbarrando confini, sarebbe inutile e pericoloso. Bisogna, al contrario, sviluppare politiche d'integrazione in maniera seria e rigorosa;

rivendicare il principio di reciprocità, in tema di libertà religiosa, nei confronti dei Paesi e delle popolazioni, che non conoscono i principi della tolleranza e del libero arbitrio, cardini della nostra democrazia, è inutile e dannoso. Non si può pensare che nei confronti di altre culture ferme a sistemi sociali di carattere etnico e tribale, nei quali, ancora oggi, la religione assume i crismi di legge civile, secondo un impianto di carattere teocratico, il nostro Paese si debba adeguare a quei sistemi, negando, in mancanza di reciprocità, il rispetto e la libertà religiosa;

se dietro le legioni romane arrivavano strade e diritto, così come dietro gli eserciti napoleonici, oggi non è ancora chiara cosa sia arrivato dopo il nostro intervento militare in Paesi come l'Afghanistan o l'Iraq, il più laico dell'area mediorientale. Un paese nel quale, anche alla luce del necessario confronto tra culture, ancora oggi non si riesce a comprendere perché l'amministrazione Bush abbia deciso di intervenire militarmente, distruggendo uno dei pochi avamposti di laicità dell'intera area, con il risultato di dare vita ad un continuo scontro di carattere tribale e religioso che rischia di far precipitar indietro di secoli l'intero Paese;

la migrazione non può essere considerata come un fenomeno eccezionale e contingente, una minaccia da limitare e contenere, ma come una condizione strutturale che può e deve diventare elemento di crescita e sviluppo collettivo;

una società multietnica è necessariamente fondata sul riconoscimento delle differenze interne e sulla capacità concreta di armonizzarle. Pensare di rifiutare un modello sociale multietnico e multirazziale significa porsi fuori dalla storia. La sfida della crescita e della competitività può essere affrontata e vinta esclusivamente da quelle società e da quei sistemi politici che, forti della propria identità, saranno in grado di produrre integrazione. In queste società non si può pensare di limitare la libertà religiosa;

pensare di vincolare l'esercizio della libertà religiosa può rappresentare un enorme pericolo, mentre potrebbe essere, se coadiuvata e sostenuta, un utilissimo strumento di confronto, di conoscenza e di integrazione. Le stesse moschee potrebbero diventare un luogo d'incontro, uno degli strumenti principali d'inserimento e d'integrazione: l'esempio della moschea realizzata qualche anno fa a Roma appare evidente;

l'Europa di oggi è una realtà multietnica e multireligiosa in progressiva espansione: un processo questo che sta creando anche diverse perplessità. Rispetto, ad esempio, all'ingresso della Turchia alcune nazioni europee, come la Francia, hanno manifestato forti dubbi. L'Italia è, invece, tra quelle nazioni che si sono espresse favorevolmente: il nostro attuale Presidente del Consiglio dei ministri vanta, a suo dire, ottimi rapporti con il Premier turco. Non appare sinceramente conciliabile che il Governo italiano da una parte prema a favore dell'ingresso della Turchia in Europa e dall'altro contemporaneamente si impegni per una moratoria per impedire la costruzione delle moschee sul proprio territorio;

è necessario rifiutare con forza l'idea che l'Islam e i mussulmani rappresentino un pericolo sociale: non è accettabile identificare nelle moschee centri di raccolta di estremisti islamici e luoghi destinati al terrorismo. Si sono già conosciuti i «ghetti» nella nostra storia, li abbiamo chiusi: non è possibile pensare di costruirne di nuovi;

la Costituzione sancisce il diritto di professare le proprie convinzioni, anche religiose, e, in particolare, l'articolo 3 prevede la non discriminazione in base a ragioni legate al sesso, alla razza, alla lingua, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali e, appunto, alla religione, e l'articolo 21 afferma il diritto per tutti di manifestare liberamente il proprio pensiero;

la libertà religiosa è garantita, nello specifico, dall'articolo 19, che stabilisce il diritto per tutti di professare liberamente la propria fede religiosa, e dall'articolo 20, che vieta l'introduzione di speciali limitazioni legislative o fiscali per le associazioni religiose;

i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose sono disciplinati dagli articoli 7 e 8 della Costituzione, relativi ai rapporti tra Stato e, rispettivamente, Chiesa cattolica e confessioni non cattoliche; i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non cattoliche (o acattoliche) sono regolati dall'articolo 8 della Costituzione, che sancisce il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose. È riconosciuta alle confessioni non cattoliche l'autonomia organizzativa in conformità a propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano, ed è posto il principio secondo il quale i rapporti delle confessioni con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze;

per quanto riguarda, poi, l'autonomia organizzativa delle confessioni diverse dalla cattolica, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 43 del 1988, ha chiarito che «al riconoscimento da parte dell'articolo 8, secondo comma, della Costituzione, della capacità delle confessioni religiose, diverse dalla cattolica, di dotarsi di propri statuti, corrisponde l'abbandono da parte dello Stato della pretesa di fissarne direttamente per legge i contenuti (...) questa autonomia istituzionale (...) esclude ogni possibilità di ingerenza dello Stato nell'emanazione delle disposizioni statutarie delle confessioni religiose». La Corte costituzionale ha, quindi, affermato il principio secondo cui il limite al diritto riconosciuto alle confessioni religiose dall'articolo 8 della Costituzione di darsi i propri statuti, purché «non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano», si può intendere riferito «solo ai principi fondamentali dell'ordinamento stesso e non anche a specifiche limitazioni poste da particolari disposizioni normative»;

si suole addirittura ripetere che la libertà religiosa, giuridicamente intesa come «la libertà garantita dallo Stato ad ogni cittadino di scegliere e professare la propria credenza in fatto di religione», costituisce storicamente la prima libertà dei moderni. Espressione con la quale s'intende dire che il complesso delle libertà, facenti parte ormai del patrimonio comune dell'uomo contemporaneo, si viene costituendo nel divenire della storia dalla rivendicazione progressiva della libertà religiosa e dal suo graduale riconoscimento;

il fenomeno migratorio italiano, ormai pluridecennale, dai Paesi arabo-islamici ha portato con sé tematiche culturali e giuridiche che meritano alcune riflessioni. L'Islam è divenuta la seconda religione del nostro Paese, con più di un milione di fedeli, ma è anche forse l'unica comunità di credenti a non avere una rappresentanza ufficiale e riconosciuta, né ad aver sottoscritto un accordo d'intesa con lo Stato italiano tale da garantirle diritti e doveri costituzionali e giuridici, nonché consolidarne i rapporti con le istituzioni e la presenza pubblica;

l'11 settembre ha avuto l'effetto di creare una sorta di scontro di «civiltà», che ha portato all'identificazione del terrorismo internazionale con il variegato mondo islamico; la lotta al terrorismo, che costituisce più che mai un obiettivo prioritario per il mondo occidentale, per essere efficace, ha l'assoluto bisogno di respingere qualsiasi identificazione tra i gruppi di terroristi fanatici e il mondo arabo e musulmano;

in Italia, il problema che si sta presentando in questi ultimi anni con la comunità religiosa islamica coinvolge direttamente la natura della comunità stessa, poiché l'Islam non è un unicum religioso, ma si caratterizza per il suo volto multiforme, e le differenze si evidenziano non solo tra credenti provenienti da differenti realtà geografiche, ma si manifestano anche a seconda dei percorsi culturali, delle tradizioni locali, delle varietà linguistiche, ma soprattutto dell'integrazione con la società italiana, conseguente alla durata della permanenza nel nostro Paese;

è necessario intensificare azioni di intelligence e di controllo investigativo su elementi che hanno un potenziale di tipo terroristico, ma è, altresì, fondamentale stabilire relazioni e un sano e civile rapporto di convivenza con la comunità islamica presente nel nostro Paese, innescando processi di integrazione che dovrebbero essere alla base di ogni società democratica;

è necessario riaffermare, senza tentennamenti, il principio laico del rispetto della legge dello Stato, come fondamento della convivenza civile tra gli uomini, come riferimento di uguaglianza. A tale principio non possono essere permesse deroghe in nome di dettami religiosi. Anche per questo, l'istituzionalizzazione dei rapporti con le comunità islamiche può rivelarsi particolarmente utile, per procedere ad una progressiva secolarizzazione ed integrazione e, quindi, ad una sempre maggiore convivenza pacifica delle comunità islamiche presenti nel nostro Paese;

l'esigenza della sicurezza della popolazione non può e non deve essere trascurata: è un diritto che deve essere garantito e riconosciuto. Proprio per questo motivo non si possono marginalizzare le comunità mussulmane, con il rischio di farle confluire nell'alveo dell'estremismo. La necessità di promuovere politiche attive d'integrazione non confligge con la costruzione delle moschee;

dal 1999 ad oggi la popolazione mussulmana in Europa è quasi raddoppiata, passando da 12 a 20 milioni di abitanti: secondo un rapporto del Sisde del 2007 in sette anni in Italia il numero delle moschee è aumentato da 351 a 735. La costruzione delle moschee per le comunità islamiche riveste un'importanza cruciale, perché riflette lo sviluppo delle medesime comunità su temi come la gestione del potere, i diritti delle donne e, soprattutto, il ruolo dell'Islam nelle società occidentali. Si pensi, ad esempio, al minareto, da cui il muezzin chiama i fedeli alla preghiera, alla sua effettiva utilità nei Paesi occidentali, dove le leggi sull'inquinamento acustico ne impediscono l'attività, oppure alla sala principale, la cui costruzione ed ampiezza risponde, nelle mosche costruite in Occidente, anche alla decisione di permettere l'ingresso alle donne;

le moschee e la loro costruzione portano con loro un alto valore simbolico e possono essere proprio per questo uno strumento di concreta integrazione. Basti pensare al fatto che sono proprio gli immigrati di seconda e terza generazione ad osare di più. Secondo Zulfigar Husain, segretario onorario di una nuova moschea di Manchester, «limitarsi ad importare l'architettura tradizionale delle moschee equivarrebbe a una mancanza di rispetto verso il nuovo contesto, sarebbe un po' come tagliarsi fuori dalle società in cui si vive»;

secondo Paul Bohm, un architetto tedesco che sta lavorando alla costruzione della nuova moschea di Colonia, «negli ultimi cinquant'anni i mussulmani residenti in Germania dovevano nascondersi a pregare negli scantinati o nelle aree industriali abbandonate. Molti tedeschi non li hanno mai considerati parte della loro società. Un edificio che riconosca alla religione islamica la stessa dignità di altre religioni è di grande aiuto all'integrazione». Sempre secondo il progetto dell'architetto tedesco, sostenuto dalle nuove generazioni di immigrati mussulmani, in aperto contrasto con le generazioni precedenti, l'ingresso della moschea sarà comune per uomini e donne. Al riguardo Bohm sottolinea: «sono processi che richiedono tempo. Ai tempi di mio padre in chiesa le donne sedevano in alto, nei matronei e gli uomini in basso»;

i processi di integrazione richiedono tempo e strumenti adeguati: in questa ottica la costruzione di nuove moschee potrebbe rivelarsi finanche utile. L'integrazione sostenibile è l'unica strada percorribile per pensare ad un'Europa del futuro più ricca e competitiva, con un elevato grado di coesione e sicurezza interna;

non è realistico progettare politiche di sviluppo fondate sulla paura, imporre vincoli fondati su differenze di razza e religione per il riconoscimento dei più elementari diritti civili, limitare l'accesso ai servizi anagrafici, alla sanità, alla formazione, riservare servizi pubblici per una sola parte della cittadinanza, vincolare la libertà religiosa: tutto questo non può che portare a forme di ghettizzazione e di marginalizzazione e, quindi, inevitabilmente allo scontro ed all'insicurezza collettiva,
impegna il Governo:
a un costante impegno di contrasto al terrorismo internazionale, anche attraverso una politica estera mirata allo sviluppo della cooperazione con i Paesi dell'area mediorientale, con quelli in cui siamo stati chiamati ad interventi militari di carattere umanitario, e, in particolare, con l'Afghanistan;

a sostenere, in quest'ottica, gli sforzi che la nuova amministrazione statunitense ha messo in campo nel processo di distensione attivato con diversi Stati mediorientali e con lo stesso Iran;

a promuovere gli accordi necessari con la comunità islamica in Italia in modo da riaffermare diritti e doveri costituzionali e giuridici e consolidarne i rapporti con le istituzioni e la presenza pubblica;

a promuove le necessarie azioni di integrazione dei cittadini mussulmani nel nostro Paese, affinché possano condividere lo spirito della Costituzione, nel pieno rispetto della libertà religiosa;

a conciliare in maniera coerente la propria politica estera con gli impegni e le scelte che si assumono sul territorio nazionale, per evitare contraddizioni che esporrebbero il nostro Paese ad inevitabili contraccolpi sullo scenario internazionale;

ad investire le necessarie risorse per attivare politiche attive di carattere culturale, e non solo, con lo scopo di sviluppare una sempre maggiore coesione sociale ed identificazione collettiva, anche dei cittadini non comunitari residenti nel nostro Paese, nelle istituzioni rappresentative e nei processi democratici che danno corpo nel nostro Paese alla sovranità popolare.

(1-00169)
«Evangelisti, Donadi, Borghesi, Cambursano, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

cattolicesimo

convivenza

gruppo religioso

intervento militare

islam

liberta' di religione

migrazione

religione

restrizione all'importazione

storia dell'Europa

terrorismo

trattamento sanitario