PDL 842

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 842

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato RIZZETTO

Modifiche al codice penale in materia di reati contro gli animali

Presentata il 30 gennaio 2023

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Onorevoli Colleghi! — Le normative vigenti che concernono i reati contro gli animali sono gravemente inadeguate e carenti poiché non scongiurano efficacemente la commissione di efferati episodi di violenza nei confronti di tali esseri senzienti e portatori di diritti. Sempre più di frequente si apprendono casi di delitti nei confronti degli animali che restano, di fatto, impuniti e che generano, di conseguenza, l'ira e l'indignazione della quasi totalità dell'opinione pubblica con il rischio, tra l'altro, di una pericolosa deriva giustizialista.
È emblematico il caso verificatosi in Calabria, che ha visto protagonisti quattro ragazzi poco più che ventenni i quali, nell'estate 2016, hanno brutalmente ucciso un cane che viveva libero a Sangineto (Cosenza). Il povero animale è stato torturato a colpi di bastone e impiccato a un albero; inoltre, i suoi carnefici hanno realizzato un video del feroce delitto, per poi pubblicarlo su un noto social network. La diffusione del video ha provocato rabbia e indignazione in moltissimi cittadini che si sono recati a Sangineto, dove vivevano i quattro assassini del cane, per manifestare il loro sdegno e chiedere giustizia per la vittima indifesa. La nota trasmissione televisiva «Le Iene» è intervenuta con un servizio su tale caso, trasmesso il 24 ottobre 2016. I colpevoli sono stati poi stati condannati a un anno e quattro mesi, il massimo della pena prevista.
Il caso di Sangineto, purtroppo, non è rimasto un episodio isolato: le cronache, infatti, continuano a registrare casi di barbara uccisione di animali inermi, per motivi abbietti, futili e senza necessità.
È noto che la letteratura scientifica in materia ha stabilito che sussistono significative connessioni tra gli atti di violenza ai danni degli animali e lo sviluppo contestuale o futuro di disturbi della personalità di chi li commette. Dietro l'ingiustificata e violenta uccisione di un animale emerge la pericolosità per la società di chi si macchia di tali riprovevoli azioni, poiché è potenzialmente in grado di uccidere e di compiere indicibili delitti anche nei confronti delle persone: pertanto, è necessario adottare adeguati provvedimenti normativi in materia, in particolare, stabilendo pene efficaci e proporzionate.
Sul punto, bisogna prendere atto che l'Italia è rimasta indietro nella concreta adozione di misure per la tutela degli animali e anche la visione su cui si basa attualmente tale tutela risulta arretrata. Basti pensare che i reati di uccisione e maltrattamento di animali, inseriti dal legislatore penale, con la legge n. 189 del 2004, nel libro secondo (Dei delitti in particolare), fanno parte del titolo IX-bis rubricato «Dei delitti contro il sentimento per gli animali». Già da un siffatto titolo emerge che la normativa si basa su un'impostazione per la quale viene giudicata e punita la violenza contro gli animali non come disvalore in assoluto, ma rispetto al mero sentimento che può provocare nelle persone come conseguenza. Si tratta, quindi, di una visione antropocentrica per la quale a essere difeso e tutelato è l'uomo che, rispetto a tali reati, potrebbe provare rabbia e ribrezzo e non l'animale con la sua sofferenza, che è svilito poiché considerato oggetto rispetto all'interesse superiore dell'uomo.
A tale distorta visione su cui poggia la regolamentazione dei crimini contro gli animali si unisce l'adozione di misure normative a loro tutela talmente inadeguate da violare i princìpi etico-morali che governano l'attuale società e ben lontane dalla complessità che caratterizza quella che dovrebbe essere l'effettiva difesa giuridica di tali esseri. Ci si riferisce, in particolare, all'evidente inadeguatezza delle pene previste per i reati più gravi in loro danno, come l'uccisione e il maltrattamento. Nello specifico, l'articolo 544-bis del codice penale, rubricato «Uccisione di animali», prevede che «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni», mentre, il successivo articolo 544-ter, rubricato «Maltrattamento di animali», dispone che «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro». Ebbene, nonostante l'estrema gravità di tali condotte il legislatore non ha garantito un adeguato e proporzionato livello di deterrenza. Ciò è evidente se si considera che tali reati sono puniti con misure meno severe del reato di furto di un bene mobile, per il quale è prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni. Di contro, l'uccisione ingiustificata e crudele di un animale andrebbe punita nella medesima misura dell'omicidio colposo, considerando che ciò che si censura è la violenza sugli animali, nonché gravi condotte che preannunciano la pericolosità di chi le pone in essere anche per l'uomo.
Inoltre, sussistono abusi sugli animali che, sebbene non consentano l'imputazione per i delitti di cui al libro secondo, titolo IX-bis, del codice penale, costituiscono condotte gravi e deprecabili. Si tratta della fattispecie di cui all'articolo 727 del codice penale, che punisce l'abbandono di animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività, nonché la detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze. Anche tali condotte, punite con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro, non sono perseguite efficacemente in considerazione della brutalità dei comportamenti condannati.
Si ricorda che il riconoscimento degli animali quali esseri portatori di diritti è uno dei capisaldi della politica dell'Unione europea che ha visto due traguardi essenziali, la Dichiarazione universale dei diritti dell'animale, sottoscritta a Parigi il 15 ottobre 1978 presso la sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), e il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (nel testo previsto dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore dal 1° dicembre 2009) il quale, all'articolo 13, prevede che: «(...) l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti (...)».
La presente proposta di legge, pertanto, intende rimediare a taluni limiti della normativa vigente in materia prevedendo, all'articolo 1, la modifica della rubrica del titolo IX-bis del libro secondo del codice penale che, come rilevato, nel regolare i delitti contro gli animali non fa riferimento alla loro diretta tutela, ma alla tutela del sentimento dell'uomo per gli animali. Agli articoli 2 e 3 si prevedono, invece, modifiche agli articoli 544-bis e 544-ter del codice penale, aumentando la deterrenza delle pene, al fine di reprimere con maggior efficacia i reati ivi previsti in danno degli animali.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica della rubrica del titolo IX-bis del libro secondo del codice penale)

1. Al libro secondo del codice penale, la rubrica del titolo IX-bis è sostituita dalla seguente: «Dei delitti contro gli animali».

Art. 2.
(Modifiche agli articoli 544-bis e 544-ter del codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 544-bis, le parole: «da quattro mesi a due anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a cinque anni»;

b) all'articolo 544-ter, primo comma, le parole: «da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da cinque mesi a tre anni o con la multa da 10.000 a 40.000 euro».

Art. 3.
(Modifica all'articolo 727 del codice penale)

1. All'articolo 727, primo comma, del codice penale, le parole: «ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «a due anni e sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 25.000 euro».

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