PDL 734

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 734

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
RAMPELLI, AMICH, CAIATA, CIABURRO, CIOCCHETTI, COLOMBO, COMBA, DE CORATO, GARDINI, LONGI, MAIORANO, MARCHETTO ALIPRANDI, MILANI, PIETRELLA, POLO, POZZOLO, ROSCANI, FABRIZIO ROSSI, TESTA, TREMAGLIA, VIETRI, VINCI

Disposizioni per la tutela e la promozione della lingua italiana e istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana

Presentata il 23 dicembre 2022

torna su

Onorevoli Colleghi! – La lingua italiana rappresenta l'identità della nostra Nazione, il nostro elemento unificante e il nostro patrimonio immateriale più antico che deve essere opportunamente tutelato e valorizzato.
La lingua e la letteratura italiane, che occupano il quarto posto tra quelle più studiate al mondo, costituiscono uno straordinario apporto dato dall'Italia alla cultura mondiale: di questo nostro patrimonio, che abbiamo ricevuto in eredità dal nostro passato e dalla nostra storia, dobbiamo essere consapevoli e dobbiamo, in particolare, imparare a considerarlo un bene comune a tutti noi cittadini italiani, che abbiamo di conseguenza il compito di custodirlo e di farlo conoscere.
Un patrimonio, infatti, non basta solo averlo, ma occorre saperne cogliere l'effettivo significato e valorizzarlo convenientemente.
Sono ormai anni che studiosi, esperti e istituzioni come l'Accademia della Crusca denunciano il progressivo scadimento del valore attribuito alla nostra lingua e segnalano l'importanza di una maggiore tutela dell'italiano e del suo utilizzo anche nella terminologia amministrativa da parte dello Stato, delle sue articolazioni territoriali e degli strumenti di diffusione culturale pubblici e a partecipazione pubblica, come la RAI. L'uso sempre più frequente di termini in inglese o derivanti dal linguaggio digitale è diventato una prassi comunicativa che, lungi dall'arricchire il nostro patrimonio linguistico, lo immiserisce e lo mortifica. Negli ultimi anni le parole prese a prestito dal mondo anglosassone sono diventate sempre più numerose, tanto da aver portato alla creazione del termine «itanglese» per definire l'intrusione di vocaboli inglesi nella nostra lingua che, spesso, rasenta l'abuso.
Secondo le ultime stime, infatti, dal 2000 ad oggi il numero di parole inglesi confluite nella lingua italiana scritta è aumentato del 773 per cento: quasi 9.000 sono gli anglicismi attualmente presenti nel dizionario della Treccani su circa 800.000 parole in lingua italiana.
Da un confronto tra gli anglicismi registrati nel dizionario Devoto-Oli del 1990 e quello del 2022, per esempio, si è passati da circa 1.600 a 4.000, il che porta a una media di 74 all'anno.
I fattori che hanno prodotto questo degrado sono fondamentalmente i seguenti: l'intrusione di gerghi dialettali appartenenti al cinema e alla televisione; l'uso indiscriminato dei neologismi provenienti dal linguaggio burocratico e scientifico; l'infiltrazione eccessiva di parole mutuate dall'inglese, che negli ultimi decenni ha raggiunto livelli di guardia.
Questi foresterismi ossessivi rischiano, però, nel lungo termine, di portare a un collasso dell'uso della lingua italiana fino alla sua progressiva scomparsa, e, in particolare, l'uso e l'abuso di termini stranieri rischiano di penalizzare l'accessibilità alla democrazia partecipata.
Da tempo la globalizzazione e il monolinguismo stereotipato che conducono all'inglese rappresentano un pericolo per le lingue locali.
In Francia e in Spagna lo hanno capito e hanno adottato provvedimenti, in Italia no. In Francia, ad esempio, la legge Toubon del 1994 ha reso obbligatorio l'uso della lingua francese nelle pubblicazioni del Governo, nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro, in ogni tipologia di contratto, nei servizi, nell'insegnamento nelle scuole statali e negli scambi commerciali; ogni cartello pubblicitario con uno slogan in inglese contiene per legge la traduzione francese; è la stessa Costituzione, a differenza di quella italiana, a sancire la difesa del francese quale lingua della Repubblica e a riconoscere al cittadino il diritto a esprimersi e a ricevere in francese ogni informazione.
La lingua italiana, paradossalmente, è più tutelata in Svizzera che da noi. La Confederazione svizzera, infatti, rappresenta un modello di plurilinguismo molto avanzato cui guardare come esempio in relazione al monolinguismo internazionale imperante basato sull'inglese. La Svizzera ha quattro lingue ufficiali e un ricco patrimonio di dialetti. Poiché l'italiano è parlato solo dall'8,1 per cento della popolazione ed è in minoranza rispetto al tedesco (63,5 per cento) e al francese (22,5 per cento), il Consiglio federale ha fatto della promozione dell'italiano una priorità. Nel progetto sulla cultura 2016-2020 ha stanziato fondi per rafforzare la presenza della lingua e della cultura italiane nell'insegnamento e nella formazione bilingue, anche attraverso una serie di manifestazioni culturali.
In Italia, invece, non esiste alcuna politica linguistica, anzi, il linguaggio della politica, nel nuovo millennio, si è anglicizzato sempre di più introducendo le parole straniere nelle leggi, nelle istituzioni e nel cuore dello Stato.
Oggi il plurilinguismo europeo è un vero valore da salvaguardare, soprattutto a causa del dominio internazionale della lingua inglese, ancora più negativo e paradossale poiché con la «Brexit» è uscita dall'Unione europea proprio la Nazione da cui quella lingua ha avuto origine. La funzione di una lingua internazionale ausiliaria è quella di rendere possibile la comunicazione tra persone di differenti nazioni che non condividono una stessa lingua, favorendo il dialogo e la cooperazione; essa dovrebbe essere proposta, però, come seconda lingua da apprendere e non come una lingua che sostituisca quella nativa.
Chi parla solo l'italiano oggi rischia il fallimento dell'incomunicabilità, ma il rischio ancora più grande è che si perda la bellezza di una lingua complessa e ricca come la nostra o che il suo «inquinamento» provochi una seria preoccupazione per il suo «stato di salute».
Non è solo una questione di moda, poiché le mode passano, ma l'anglomania si riflette nelle scelte di istituzioni come la scuola e l'università, con ripercussioni sull'intera società.
Alla luce di ciò, in un'ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria diventa quanto mai prioritaria la conservazione della lingua italiana. Si rende necessaria, come in Francia, una legislazione che tuteli il nostro patrimonio idiomatico sul piano economico, sociale, culturale e professionale nonché su ogni altro piano ritenuto importante. Non è più ammissibile che si utilizzino termini stranieri la cui corrispondenza italiana esiste ed è pienamente esaustiva.
La presente proposta di legge, con l'intento di tutelare il patrimonio linguistico italiano, garantisce l'utilizzo della lingua italiana nella fruizione di beni e di servizi, nell'informazione e nella comunicazione, nelle attività scolastiche e universitarie, nonché nei rapporti di lavoro e nelle strutture organizzative degli enti pubblici e privati.
Essa prevede, altresì, l'istituzione del Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana, concepito come un organismo di ausilio al Governo nazionale, in cui la componente politica e quella culturale e accademica possano confrontarsi nell'ambito delle rispettive competenze.
Si tratta di previsioni che rappresentano un argine al dilagare dell'utilizzo di termini stranieri al posto di quelli italiani e uno strumento per rimuovere le barriere linguistiche che limitano la partecipazione dei cittadini italiani alla vita collettiva.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Princìpi generali)

1. La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica, che ne promuove l'apprendimento, la diffusione e la valorizzazione, nel rispetto della tutela delle minoranze linguistiche ai sensi dell'articolo 6 della Costituzione e della legge 15 dicembre 1999, n. 482.
2. La Repubblica garantisce l'uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino nonché in ogni sede giurisdizionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 111, terzo comma, della Costituzione.

Art. 2.
(Utilizzo della lingua italiana nella fruizione di beni e di servizi)

1. La lingua italiana è obbligatoria per la promozione e la fruizione di beni e di servizi pubblici nel territorio nazionale.
2. Gli enti pubblici e privati sono tenuti a presentare in lingua italiana qualsiasi descrizione, informazione, avvertenza e documentazione relativa ai beni materiali e immateriali prodotti e distribuiti sul territorio nazionale.
3. L'indicazione delle attività commerciali, dei prodotti tipici, delle specialità e delle aree geografiche di denominazione italiana, riportata in lingua straniera su merci destinate al mercato internazionale, deve essere accompagnata dalla corrispondente denominazione italiana. La Repubblica promuove con ogni mezzo la tutela delle denominazioni italiane negli Stati esteri.

Art. 3.
(Utilizzo della lingua italiana nell'informazione e nella comunicazione)

1. Ogni tipo e forma di comunicazione o di informazione presente in un luogo pubblico o in un luogo aperto al pubblico ovvero derivante da fondi pubblici e destinata alla pubblica utilità è trasmessa in lingua italiana.
2. Per ogni manifestazione, conferenza o riunione pubblica organizzata nel territorio italiano è obbligatorio l'utilizzo di strumenti di traduzione e di interpretariato, anche in forma scritta, che garantiscano la perfetta comprensione in lingua italiana dei contenuti dell'evento.

Art. 4.
(Utilizzo della lingua italiana negli enti pubblici e privati)

1. Chiunque ricopre cariche all'interno delle istituzioni italiane, della pubblica amministrazione, di società a maggioranza pubblica e di fondazioni il cui patrimonio è costituito da pubbliche donazioni è tenuto, ferme restando le norme sulla parificazione delle lingue adottate dagli statuti speciali delle regioni autonome e delle province autonome di Trento e di Bolzano, alla conoscenza e alla padronanza scritta e orale della lingua italiana.
2. Le sigle e le denominazioni delle funzioni ricoperte nelle aziende che operano nel territorio nazionale devono essere in lingua italiana. È ammesso l'uso di sigle e di denominazioni in lingua straniera in assenza di un corrispettivo in lingua italiana.
3. I regolamenti interni delle imprese che operano nel territorio nazionale devono essere redatti in lingua italiana. Ogni documento comportante obblighi per il dipendente o disposizioni la cui conoscenza è necessaria al dipendente per l'esecuzione del proprio lavoro deve essere redatto in lingua italiana. I citati documenti possono essere accompagnati dalla traduzione in una o più lingue straniere.

Art. 5.
(Utilizzo della lingua italiana nei contratti di lavoro)

1. All'articolo 1346 del codice civile è aggiunto, infine, il seguente comma:

«Il contratto deve essere stipulato nella lingua italiana. Il contratto è tradotto in lingua straniera qualora una delle parti contraenti sia residente o cittadino in un Paese diverso da quello italiano».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai documenti ricevuti dall'estero o destinati all'estero.

Art. 6.
(Utilizzo della lingua italiana nelle scuole e nelle università)

1. Negli istituti scolastici di ogni ordine e grado nonché nelle università pubbliche italiane le offerte formative non specificamente rivolte all'apprendimento delle lingue straniere devono essere in lingua italiana. Eventuali corsi in lingua straniera sono ammessi solo se già previsti in lingua italiana, fatte salve eccezioni giustificate dalla presenza di studenti stranieri, nell'ambito di progetti formativi specifici, di insegnanti o di ospiti stranieri.
2. Le scuole straniere o specificamente destinate ad accogliere alunni di nazionalità straniera nonché gli istituti che dispensano un insegnamento a carattere internazionale non sono sottoposti agli obblighi di cui al comma 1.

Art. 7.
(Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana )

1. Presso il Ministero della cultura è istituito il Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana nel territorio nazionale e all'estero.
2. Il Comitato di cui al comma 1 è composto dal Ministro della cultura, o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante dell'Accademia della Crusca, da un rappresentante della società Dante Alighieri, da un rappresentante dell'istituto Treccani, da un rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da un rappresentante del Ministero dell'istruzione e del merito, da un rappresentante del Ministero dell'università e della ricerca, da un rappresentante del Dipartimento per l'editoria e l'informazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, da un rappresentante della RAI – Radiotelevisione italiana Spa e da tre membri del Parlamento, indicati d'intesa dai Presidenti delle due Camere. Ai componenti del Comitato non spettano gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati.
3. I componenti del Comitato sono nominati con decreto del Ministro della cultura.
4. Il Presidente convoca la prima riunione del Comitato entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti.
5. Il Comitato di cui al comma 1 promuove:

a) la conoscenza delle strutture grammaticali e lessicali della lingua italiana;

b) l'uso corretto della lingua italiana e della sua pronunzia nelle scuole, nei mezzi di comunicazione, nel commercio e nella pubblicità;

c) l'insegnamento della lingua italiana nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università;

d) l'arricchimento della lingua italiana allo scopo primario di mettere a disposizione dei cittadini termini idonei a esprimere tutte le nozioni del mondo contemporaneo, favorendo la presenza della lingua italiana nelle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione;

e) nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, forme di espressione linguistica semplici, efficaci e immediatamente comprensibili, al fine di agevolare e di rendere chiara la comunicazione con i cittadini anche attraverso strumenti informatici;

f) l'insegnamento della lingua italiana all'estero, d'intesa con la Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, di cui all'articolo 4 della legge 22 dicembre 1990, n. 401.

Art. 8.
(Sanzioni)

1. La violazione degli obblighi di cui alla presente legge comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da 5.000 euro a 100.000 euro.

torna su