PDL 1627-A - Allegato 2

FRONTESPIZIO

ALLEGATO

INDICE

RELAZIONI DELLE COMMISSIONI AL BILANCIO
Relazione al Bilancio Commissione: 07
Relazione al Bilancio Commissione: 08
Relazione al Bilancio Commissione: 09
Relazione al Bilancio Commissione: 12

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1627-A

ALLEGATO 2
RELAZIONI DI MINORANZA DELLE COMMISSIONI PERMANENTI

DISEGNO DI LEGGE

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 22 dicembre 2023 (v. stampato Senato n. 926)

presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(GIORGETTI)

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024
e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 e relativa nota di variazioni (1627/I)

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 22 dicembre 2023

(Relatori: GIORGIANNI, OTTAVIANI e PELLA )

NOTA: Relazioni di minoranza presentate nelle Commissioni permanenti sulle parti del disegno di legge di bilancio di rispettiva competenza.

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ALLEGATO 2
relazioni di minoranza delle commissioni permanenti

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INDICE

RELAZIONI DI MINORANZA PRESENTATE NELLE COMMISSIONI PERMANENTI AI SENSI DELL'ARTICOLO 120, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO, SULLE PARTI DEL DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO DI RISPETTIVA COMPETENZA

VII COMMISSIONE PERMANENTE ... Pag. 7

(Cultura, scienza e istruzione)
(per le parti di competenza)

VIII COMMISSIONE PERMANENTE ... Pag. 15

(Ambiente, territorio e lavori pubblici)
(per le parti di competenza)

IX COMMISSIONE PERMANENTE ... Pag. 21

(Trasporti, poste e telecomunicazioni)
(per le parti di competenza)

XII COMMISSIONE PERMANENTE ... Pag. 27

(Affari sociali)
(per le parti di competenza)

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VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)

VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024
e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (1627)
e relativa nota di variazioni (1627/I)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Manzi, Orfini, Berruto e Zingaretti

La VII Commissione,

esaminato, per le parti di competenza, il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e il bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (A.C. 1627) e le allegate Tabelle n. 14, 11 e 7;

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2024 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel secondo trimestre dell'anno il prodotto interno lordo (PIL) ha subìto un rallentamento e, secondo le prime stime dell'ISTAT, l'andamento nel terzo trimestre è rimasto stazionario. La crescita acquisita per il 2023 si stabilizza pertanto allo 0,7 per cento, ad un livello inferiore alle attese, mentre per il 2024 il paventato raggiungimento di una crescita del 1,2 per cento, come evidenziato dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NADEF) 2023, appare ottimistico e difficilmente raggiungibile. Le più recenti stime di organismi internazionali, infatti, collocano la crescita del PIL italiano per il prossimo anno tra lo 0,5 e lo 0,8 per cento;

tale andamento prefigura, pertanto, il primo vero arresto della crescita per due trimestri consecutivi a partire dal gennaio 2021, evidenziando l'esaurimento della spinta economica ereditata dalla precedente legislatura e tutta l'inefficacia delle politiche attuate dall'esecutivo in carica, a partire dall'incerto apporto alla crescita da parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) a seguito del rallentamento degli interventi e della rimodulazione dei programmi;

alcune delle misure previste in questo provvedimento costituiscono un pericoloso passo indietro i cui effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2024 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

l'evidenza empirica ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo. Al contrario, questa manovra di bilancio, di ammontare pari a 25,5 miliardi di euro, non contiene vere e proprie misure espansive – che si riducono a pochi interventi – mentre le fonti di finanziamento a deficit che ammontano ad oltre 15 miliardi di euro 2024 sono affiancate da preoccupanti tagli di spesa e riduzioni di entrate. Il tutto in un contesto dove il debito pubblico non diminuisce e la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico risultano molto elevati;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, con posizioni spesso conflittuali sui più importanti argomenti di discussione in seno alle istituzioni europee, in particolare in merito al processo di revisione del quadro della governance economica europea, la mancata decisione a tutt'oggi sulla ratifica dell'accordo di modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, stanno determinando una situazione di scarsa credibilità anche nel contesto internazionale;

inoltre, a pochi mesi dalla disattivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, e con in corso il processo di revisione del quadro della governance economica europea, sul fronte delle politiche di bilancio sarebbe al contrario necessario intensificare i colloqui nelle sedi istituzionali europee per conseguire una riforma che favorisca una crescita sostenibile per il nostro Paese in un contesto di equilibrio di bilancio, di investimenti e riforme e di equilibrio macroeconomico;

tenuto conto che nell'ambito del semestre europeo, il Consiglio ha approvato in luglio le sue raccomandazioni specifiche per Paese sui programmi nazionali di riforma 2023 e ha formulato pareri sui programmi di stabilità o convergenza aggiornati. Le raccomandazioni per l'Italia invitano, tra l'altro, il Paese ad assicurare una politica di bilancio prudente, limitando l'aumento della spesa primaria; utilizzare i risparmi dalla graduale riduzione delle misure di sostegno di emergenza connesse all'energia per ridurre il disavanzo pubblico, e qualora nuovi aumenti dei prezzi dell'energia dovessero richiedere nuove misure di sostegno o proseguire le esistenti, far sì che esse tutelino le famiglie e le imprese vulnerabili; preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e provvedere all'assorbimento efficace delle sovvenzioni del dispositivo e di altri fondi dell'Unione, in particolare per promuovere le transizioni verde e digitale; continuare a perseguire una strategia di bilancio a medio termine di risanamento graduale e sostenibile, combinata con investimenti e riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile; ridurre le imposte sul lavoro e aumentare l'efficienza del sistema fiscale, preservandone la progressività e migliorando l'equità; accelerare la produzione di energie rinnovabili aggiuntive; aumentare l'efficienza energetica, anche attraverso sistemi di incentivi mirati, rivolti in particolare alle famiglie più vulnerabili e agli edifici con le prestazioni peggiori; promuovere la mobilità sostenibile; intensificare le iniziative a favore dell'offerta e dell'acquisizione delle abilità e competenze necessarie per la transizione verde;

nel disegno di legge di bilancio in esame si ravvisano scelte incoerenti con i suddetti indirizzi, se non proprio controproducenti, sia sul fronte sociale e della crescita sostenibile sia con le scelte che stanno maturando in sede di Unione europea (UE); esattamente al contrario di quanto sarebbe necessario per il Paese, molte delle raccomandazioni espresse a livello europeo sono disattese, in particolare per quanto riguarda gli investimenti e riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile, l'adeguato assorbimento delle risorse europee, l'accelerazione sulla transizione verde e digitale, la riduzione delle imposte sul lavoro e l'aumento dell'efficienza del sistema fiscale, preservandone la progressività e migliorando l'equità, tutti elementi fortemente manchevoli nel disegno di legge di bilancio;

considerato che: per quanto riguarda le parti di competenza della Commissione, con riferimento alla cultura e alla Tabella 14:

il provvedimento in esame modifica la disciplina relativa al cosiddetto tax credit cinema, prevede un aumento delle aliquote dei crediti di imposta; questa scelta, sicuramente positiva, appare tuttavia in palese contrasto con la ratio sottesa alla drastica riduzione riportata che porta da 750 a 700 milioni di euro annui il livello di finanziamento minimo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo;

la scelta di ridurre il Fondo, ampiamente criticata già nelle passate settimane da tutto il settore, appare quantomeno contraddittoria rispetto alle suddette norme che dispongono l'incremento delle aliquote e assolutamente insensata in quanto colpisce un settore strategico per il Paese, peraltro già in sofferenza da anni;

il taglio di 50 milioni è stato ridotto rispetto a quello precedentemente annunciato dal Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, che aveva paventato, in modo assolutamente improvvido e inopportuno, una riduzione di 100 milioni di euro, a conferma della totale miopia e improvvisazione che contraddistinguono tali decisioni;

considerato che, il provvedimento stabilisce che il Ministro della cultura possa disporre con propri decreti che una quota dei proventi conseguiti in occasione di concerti, mostre, manifestazioni culturali e altri eventi, dagli uffici del Ministero della cultura dotati di autonomia o, in accordo con i soggetti interessati, dagli enti controllati o vigilati dal medesimo Ministero, incluse le Fondazioni lirico-sinfoniche e i teatri nazionali, nonché dai teatri di tradizione, dalle istituzioni concertistico- orchestrali e dai musei accreditati al sistema museale al netto dei relativi oneri, sia versata all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnata nel corrispondente esercizio finanziario con decreti del Ragioniere generale dello Stato allo stato di previsione della spesa del Ministero della cultura, per essere destinata alla tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali;

non si comprende la ratio della suddetta disposizione che non solo dà al Ministro il potere di stabilire con decreto la quota dei suddetti proventi in una sorta di incomprensibile «prelievo forzoso» da soggetti che non sono – evidentemente – sullo stesso piano, ma li destina a una generica «tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali»;

a seguito della decisione di sopprimere, a decorrere dal 1° gennaio 2024, l'indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo, oggetto dello schema di decreto legislativo all'esame del Parlamento, non soltanto nulla è previsto dal disegno di legge a tutela di questi lavoratori, ma è altresì prevista una riduzione della dotazione finanziaria prevista dal programma «Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo dal vivo»;

stigmatizzando, con riferimento alla Tabella 14 (Stato di previsione del Ministero della cultura), che vengono operati tagli cospicui su diverse missioni e programmi;

la missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» è decurtata di 45.159.982 per il 2024, 44.190.064 per il 2025 e di 40.375.645 dal 2026;

visto che, è penalizzato l'intero settore del sostegno allo spettacolo dal vivo: -4.011.173 (2024), -3.994.584 (2025) e -1.649.801 (2026);

considerato, inoltre che, vengono tagliate sistematicamente in modo lineare, tutte le missioni;

considerato, inoltre, che per quanto riguarda l'università e la ricerca e i capitoli di riferimento alla Tabella 11:

le proteste degli studenti davanti le università, che si susseguono da molti mesi ormai, hanno fatto emergere, a partire dall'elevato importo degli affitti (cosiddetto «caro affitti»), l'enorme problema del costo degli studi e della necessità di implementare gli strumenti di welfare e i fondi per il diritto allo studio;

il problema del caro affitti e della mancanza di alloggi per gli studenti rappresenta una vera e propria emergenza che «discrimina» una parte significativa della popolazione giovanile, impossibilitata per ragioni economiche, a mantenersi agli studi, in palese contrasto con quanto previsto dalla Costituzione;

secondo il report «Universitari al verde», presentato il 7 novembre scorso da UDU e Federconsumatori alla Camera dei deputati, studiare è sempre di più un lusso riservato a pochi, specialmente se si decide di farlo lontano dalla propria città di residenza e, mediamente, uno studente spende per tasse universitarie, alloggio, pasti, trasporti (urbani ed extraurbani per chi è pendolare o fuorisede), materiale didattico e digitale, cultura, attività sociali, ricreative, sport e salute somme pari a 9.379 euro annui se in sede, 10.293 euro annui se pendolare e ben 17.498 euro annui se fuori sede;

la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022) ha previsto, a favore del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, lo stanziamento di 230 milioni per l'anno 2022, poi aumentato di ulteriori 100 milioni per l'anno 2022 dall'articolo 37 del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, per un totale di 330 milioni di euro, mentre la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) non ha previsto alcun rifinanziamento del suddetto Fondo, così come il presente disegno di legge di bilancio 2024;

la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio per il 2023) ha previsto uno stanziamento di 4 milioni di euro per il 2023 e 6 milioni di euro per il 2024 per il rifinanziamento del Fondo affitti studenti fuori sede, decisamente inferiore rispetto allo stanziamento previsto nella legge di bilancio 2021 (15 milioni) e insufficiente, quindi, rispetto alle effettive necessità della popolazione studentesca; il presente disegno di legge di bilancio non prevede nulla per il Fondo affitti studenti fuori sede;

inoltre, non è previsto inoltre alcun incremento del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68;

l'unico intervento sull'università, limitatamente alla sfera del diritto allo studio lato sensu, presente nel disegno di legge di bilancio riguarda l'istituzione del Fondo per l'Erasmus italiano con una dotazione pari a 10 milioni di euro (suddivisi in 3 per il 2024 e 7 per il 2025): una misura lontana dalle esigenze complessive del sistema universitario italiano (rapporto docenti/studenti/personale tra i più problematici d'Europa, basso numero di studenti e laureati, precariato, strutture insufficienti, Fondo di finanziamento ordinario limitato), ma anche da quelle dello stesso diritto allo studio (considerato il peso di 1,5 miliardi di euro a carico della contribuzione studentesca, l'assenza di servizi e alloggi);

considerato che il capitolo università e ricerca è il grande assente della manovra di bilancio, per il secondo anno consecutivo dall'inizio della legislatura;

il mancato adeguamento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca pubblici vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca (FOE) in rapporto alla spinta inflattiva ha già comportato uno sbilanciamento della spesa in conto corrente a discapito degli investimenti infrastrutturali per la ricerca e per il personale;

il diritto allo studio e le politiche per il welfare studentesco che dovrebbero rappresentare le priorità per il Paese e per il suo futuro sono i «grandi assenti» di questa manovra miope e poco lungimirante;

con riferimento alla Tabella 11 (Stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca), sono diversi i tagli lineari registrati: Ricerca e innovazione: -13.866.317 (2024); -10.500.000 (2025); -14.700.000 (2026); Ricerca scientifica e tecnologica di base e applicata: -13.866.317 (2024); -10.500.000 (2025); -14.700.000 (2026);

al Fondo integrativo per la concessione delle borse di studio: -27.890.727 (per il 2024);

considerato che, risultano tagli anche per il settore dell'Alta formazione artistica e musicale (AFAM);

stigmatizzato che risulta ridotto il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), principale strumento devoluto al funzionamento stesso delle istituzioni accademiche: -29.737.500 (2024); -9.000.000 (2025); -12.800.000 (2026);

considerato che, con riferimento alle misure di competenza della Commissione riferite al settore della scuola e presenti nella tabella allegata 7, sono previste pochissime misure e, inoltre, assolutamente insufficienti a far fronte ai gravi problemi che affliggono il comparto;

il Governo prosegue nella politica dissennata, iniziata con la scorsa legge di bilancio – che ha operato importanti tagli che hanno pesantemente inciso sul settore dell'istruzione – di non dare alcun tipo di risposta concreta alle tante criticità che affliggono detto settore, a conferma di una chiara e incomprensibile volontà politica per la quale l'Istruzione non rappresenta una priorità del Paese;

la manovra non restituisce centralità all'istruzione pubblica poiché non stanzia risorse adeguate per innalzare le retribuzioni dei docenti, portandole al livello europeo, nonché per definire incarichi e progressione di carriera del personale scolastico, attraverso un incremento stabile, congruo e duraturo delle risorse stanziate per il rinnovo contrattuale;

visto che, nulla è previsto per il sostegno al diritto allo studio nella direzione di un'omogeneizzazione delle condizioni di accesso alla gratuità dei libri di testo nelle diverse aree del Paese, anche aumentando le risorse nazionali a tal fine destinate, fino all'estensione della gratuità dei libri a tutta la scuola dell'obbligo per le famiglie meno abbienti;

inoltre, nulla è previsto per garantire, in forma graduale e progressiva, la gratuità dei costi legati alla mobilità delle studentesse e degli studenti del sistema nazionale di istruzione nel tragitto dall'abitazione alla sede scolastica, anche attraverso l'istituzione di un fondo specifico finalizzato diretto a coprire i costi da essi sostenuti, sia per il trasporto scolastico erogato dagli enti locali sia per il trasporto pubblico locale;

nulla è previsto: a) per proseguire il lavoro avviato dai precedenti Governi per la ristrutturazione, il riammodernamento e la messa a norma e in sicurezza degli edifici scolastici; b) per rimodulare i parametri relativi al numero di alunni per classe, riducendone il numero, in modo che le eventuali risorse risultanti dalla riduzione della spesa per istruzione, conseguente al calo demografico, siano reinvestite nel medesimo settore a beneficio dei giovani e delle future generazioni; c) per riconsiderare le disposizioni relative al dimensionamento scolastico, al fine di sostenere la rete e i servizi scolastici e di evitare la conseguente riduzione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi, così da non penalizzare, inevitabilmente, le aree interne e il Mezzogiorno;

considerato, inoltre, che non risultano risorse strutturali per il contrasto della dispersione scolastica e della povertà educativa;

a causa di difficili condizioni economiche molte bambine, bambini, ragazze e ragazzi non hanno le stesse opportunità dei loro coetanei in situazioni economiche migliori: dai dati dell'ISTAT più recenti emerge che oggi, complice anche il post pandemia, più di 1,2 milioni di minori nel nostro Paese, pari al 15,5 per cento del totale dei bambini e delle bambine, vive in condizioni di povertà assoluta, ovvero di grave indigenza, condizione che determina un aumento della dispersione scolastica e della povertà educativa;

i recentissimi dati forniti dall'associazione Save the children ci raccontano la necessità di sostenere interventi progressivi che arrivino al riconoscimento della mensa come un servizio pubblico essenziale da garantire uniformemente su scala nazionale;

considerato che, non è stato preso in considerazione un emendamento che il gruppo del Partito democratico, anche in prima lettura al Senato, ha presentato per costituire un fondo a contrasto della povertà alimentare a scuola da destinare ai comuni, a favore di quelle famiglie che nel corso dell'anno scolastico non riescono a provvedere al pagamento delle rette previste per la fruizione del servizio di ristorazione scolastica ai propri bambini e alle proprie bambine;

visto che la mensa è un'occasione di socialità per i bambini e la garanzia di un pasto equilibrato e sano al giorno, è un'opportunità anche per implementare quello che è il servizio del tempo pieno a scuola;

considerato che, oltre ai mancati interventi e finanziamenti, la manovra prevede il definanziamento del Fondo per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica, del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e del Piano nazionale di formazione e realizzazione delle attività formative dei docenti,

con riferimento alla Tabella 7 (stato di previsione del Ministero dell'istruzione e del merito) sono diverse le missioni che subiscono tagli significativi: il Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione; il Fondo per la promozione della cultura umanistica, del patrimonio artistico, della pratica artistica e musicale e della creatività (-50.000 euro per il biennio); il Fondo (Buona Scuola) per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica (-6.500.000 (2025) -5.000.000 (2026); il Fondo per l'attivazione di corsi extracurricolari a indirizzo jazzistico nei licei musicali (-50.000 euro per il biennio); il Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali (-2.330.249 (2024), -34.650.000 (2025), -4.791.000 (2026));

considerati, inoltre, gravi i tagli rispettivamente operati al sostegno alle famiglie per il diritto allo studio (più di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025) e al Fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio (circa 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025),

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024
e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (1627)
e relativa nota di variazioni (1627/I)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Simiani, Braga, Curti, Ferrari e Scarpa

La VIII Commissione,

esaminato, per le parti di competenza, il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e il bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026;

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2024 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel secondo trimestre dell'anno il PIL ha subito un rallentamento e, secondo le prime stime dell'ISTAT, l'andamento nel terzo trimestre è rimasto stazionario. La crescita acquisita per il 2023 si stabilizza pertanto allo 0,7 per cento, ad un livello inferiore alle attese, mentre per il 2024 il paventato raggiungimento di una crescita dell'1,2 per cento, come evidenziato dalla NADEF 2023, appare ottimistico e difficilmente raggiungibile. Le più recenti stime di organismi internazionali, infatti, collocano la crescita del PIL italiano per il prossimo anno tra lo 0,5 e lo 0,8 per cento;

tale andamento prefigura, pertanto, il primo vero arresto della crescita per due trimestri consecutivi a partire dal gennaio 2021, evidenziando l'esaurimento della spinta economica ereditata dalla precedente legislatura e tutta l'inefficacia delle politiche attuate dall'esecutivo in carica, a partire dall'incerto apporto alla crescita da parte del PNRR a seguito del rallentamento degli interventi e della rimodulazione dei programmi;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro i cui effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2024 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

l'evidenza empirica ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo. Al contrario, questa manovra di bilancio, di ammontare pari a 25,5 miliardi di euro, non contiene vere e proprie misure espansive – che si riducono a pochi interventi – mentre le fonti di finanziamento a deficit ammontano ad oltre 15 miliardi di euro 2024 e sono affiancate da preoccupanti tagli di spesa e riduzioni di entrate. Il tutto in un contesto dove il debito pubblico non diminuisce e la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico risultano molto elevati;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, con posizioni spesso conflittuali con i più importanti argomenti di discussione in seno alle istituzioni europee, in particolare in merito al processo di revisione del quadro della governance economica europea, la mancata decisione a tutt'oggi sulla ratifica dell'accordo di modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, stanno determinando una situazione di scarsa credibilità anche nel contesto internazionale, a pochi mesi dalla disattivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita;

tenuto conto che nell'ambito del Semestre europeo il Consiglio ha approvato in luglio le sue raccomandazioni specifiche per Paese sui programmi nazionali di riforma 2023 e ha formulato pareri sui programmi di stabilità o convergenza aggiornati. Le raccomandazioni per l'Italia invitano, tra l'altro, il nostro Paese a: assicurare una politica di bilancio prudente, limitando l'aumento della spesa primaria; utilizzare i risparmi dalla graduale riduzione delle misure di sostegno di emergenza connesse all'energia per ridurre il disavanzo pubblico, e qualora nuovi aumenti dei prezzi dell'energia dovessero richiedere nuove misure di sostegno o proseguire le esistenti, far sì che esse tutelino le famiglie e le imprese vulnerabili; preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e provvedere all'assorbimento efficace delle sovvenzioni del dispositivo e di altri fondi dell'Unione, in particolare per promuovere le transizioni verde e digitale; continuare a perseguire una strategia di bilancio a medio termine di risanamento graduale e sostenibile, combinata con investimenti e riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile; ridurre le imposte sul lavoro e aumentare l'efficienza del sistema fiscale, preservandone la progressività e migliorando l'equità; accelerare la produzione di energie rinnovabili aggiuntive; aumentare l'efficienza energetica, anche attraverso sistemi di incentivi mirati, rivolti in particolare alle famiglie più vulnerabili e agli edifici con le prestazioni peggiori; promuovere la mobilità sostenibile; intensificare le iniziative a favore dell'offerta e dell'acquisizione delle abilità e competenze necessarie per la transizione verde;

nel disegno di legge di bilancio in esame si ravvisano scelte incoerenti con i suddetti indirizzi, se non proprio controproducenti, sia sul fronte sociale e della crescita sostenibile, sia con le scelte adottate in sede di Unione europea; esattamente al contrario di quanto sarebbe necessario per il nostro Paese, molte delle raccomandazioni espresse a livello europeo sono disattese, in particolare per quanto riguarda gli investimenti e le riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile, l'adeguato assorbimento delle risorse europee, l'accelerazione sulla transizione verde e digitale, la riduzione delle imposte sul lavoro e l'aumento dell'efficienza del sistema fiscale, preservandone la progressività e migliorando l'equità, tutti elementi fortemente manchevoli nel disegno di legge di bilancio. Inoltre, il provvedimento in esame contiene una serie di scelte penalizzanti per le fasce più deboli della cittadinanza; preoccupano in questo senso le insufficienti misure per fronteggiare l'andamento dell'inflazione e i tagli alla spesa pubblica che colpiscono in particolare la sanità pubblica, in rapida decrescita con il rapporto spesa sanitaria/PIL che scende al 6,2 per cento nel 2024 rispetto al 6,6 per cento del 2023, e il personale sanitario, già carente in ragione della mancanza di oltre 15.000 medici, con riflessi devastanti sull'aumento delle liste d'attesa; scarse le risorse per l'istruzione e quelle per la disabilità, mentre nulla è previsto con riguardo al riconoscimento di un salario minimo a tutela dei lavoratori più fragili;

considerato che:

la manovra di bilancio appare illusoria, insostenibile e scarsamente credibile;

per quanto concerne le materie di competenza della Commissione, si sottolinea, tra l'altro, che:

considerate le disposizioni della sezione I del disegno di legge, il comma 272 autorizza tra l'altro la spesa complessiva di 9,31 miliardi di euro per il periodo 2024-2032 al fine di consentire l'approvazione da parte del CIPESS entro l'anno 2024 del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina. Rispetto al testo originario, il nuovo testo approvato al Senato, prevede una riduzione di 2,32 miliardi di euro che sono posti a carico del Fondo per lo sviluppo e la coesione, ovvero vengono stornati dal Fondo quelle risorse delle regioni Sicilia e Calabria destinate ad investimenti e sviluppo del territorio;

complessivamente, l'onerosissimo progetto del ponte sullo Stretto, reso obsoleto dagli avanzamenti sopravvenuti in campo tecnico e scientifico, irrispettoso di ogni vincolo paesaggistico ed ambientale, cui non corrisponde né una visione generale delle reali esigenze di mobilità delle regioni del Mezzogiorno, né una valutazione delle conseguenze della costruzione del ponte per la logistica e per l'economia dell'intero Paese, prelude a contenziosi di ogni genere ma soprattutto distrae un ingente ammontare di risorse che, anche considerando la più che probabile fine ingloriosa del progetto, potrebbero invece essere utilmente investite nell'ammodernamento del sistema infrastrutturale del Sud d'Italia e di Calabria e Sicilia in particolare;

il comma 7 del disegno di legge interviene sul fondo di garanzia per l'acquisto della prima casa, differendo al 31 dicembre 2024 la possibilità di usufruire della garanzia a valere sul Fondo medesimo; manca tuttavia la predisposizione di una politica generale a sostegno del diritto all'abitare, non è previsto alcun rifinanziamento dei Fondi per l'affitto e per la morosità incolpevole, non sono individuate misure di sostegno ai mutuatari che sono stati maggiormente colpiti dall'incremento delle rate mensili del mutuo ipotecario, non sono previste risorse per un Piano di edilizia residenziale pubblica che possa far fronte alla grande richiesta di alloggi a canone sociale, soprattutto in un periodo di crisi come quello che viviamo; in questo senso, la manovra è largamente deficitaria;

nonostante le conseguenze della politica del Governo sul superbonus si siano dimostrate in questi mesi disastrose, nella manovra non viene individuata alcuna misura che venga incontro alle problematiche con cui imprese e cittadini si stanno confrontando: nessuna proroga per i cantieri aperti, nessuna soluzione per la gravissima questione dei crediti incagliati, nessuna rimodulazione degli incentivi edilizi, col risultato di lasciare lavoratori, famiglie e imprese senza colpa in gravi difficoltà e di porre in pericolo uno dei comparti principali della nostra economia, a cui governo e maggioranza non intendono dare risposte; ciò si accompagna all'assenza di una strategia di lungo periodo riguardante l'edilizia sostenibile che consenta da un lato la riqualificazione e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio del Paese e dell'altro di poter programmare gli investimenti senza timori di incertezze normative;

preoccupa profondamente lo stato di attuazione del PNRR, che rappresenterebbe invece un fondamentale volano per la crescita del nostro Paese, in particolare sul fronte degli investimenti infrastrutturali e della tutela del territorio, dopo le rimodulazioni volute dal governo, il mancato raggiungimento di traguardi e obiettivi previsti, e i tagli ad interventi essenziali, in primo luogo alle risorse per la gestione del rischio alluvione e per la riduzione del rischio geologico, che oltretutto si accompagnano all'insufficiente stanziamento di risorse nella manovra di bilancio in questi campi;

in questo senso, è da rimarcare la colpevole assenza di misure significative adeguate a gestire gli effetti delle catastrofi idrogeologiche che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi mesi: insufficienti risorse a sostegno dei territori investiti da eccezionali avversità atmosferiche, in primo luogo di Emilia-Romagna, Marche e Toscana, alluvionati nel maggio scorso, poi della Lombardia e della Sardegna, e da ultimo della Toscana; l'insufficiente o mancato ristoro dei danni a favore delle popolazioni colpiti e del sistema delle imprese si accompagnerà così inevitabilmente, a causa delle scelte compiute dal governo e della maggioranza, alla inadeguata predisposizione di misure per la riduzione e la mitigazione del rischio idrogeologico, lasciando il nostro Paese ancora esposto in futuro;

un'ulteriore mancanza, anche all'esito della COP28, riguarda la definizione di politiche e l'individuazione di risorse adeguate a garantire il rispetto degli impegni internazionali presi dall'Italia per il clima e il contrasto del cambiamento climatico, a partire dal mancato impegno ad eliminare i sussidi ambientalmente dannosi attraverso un percorso che porti il Paese ad aprire finalmente la stagione dei sussidi ambientalmente favorevoli nello spirito di una transizione ecologica che era già necessaria ma che ora è ancora più urgente, e dalla mancanza di interventi adeguati a favore della transizione ecologica che, anche in questo caso, si accompagna al definanziamento operato in sede di rimodulazione del PNRR di numerosi progetti della Missione 2 relativa alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, alle energie rinnovabili e per la riduzione dell'inquinamento;

tutto ciò considerato,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporti, poste e telecomunicazioni)

IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporti, poste e telecomunicazioni)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024
e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (1627)
e relativa nota di variazioni (1627/I)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Barbagallo, Bakkali, Casu, Ghio, Morassut e Ghirra

La IX Commissione,

esaminato, per le parti di competenza, il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e il bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (A.C. 1627) e la Tabella 10;

premesso che:

l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2024 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel secondo trimestre dell'anno il PIL ha subito un rallentamento e, secondo le prime stime dell'ISTAT, l'andamento nel terzo trimestre è rimasto stazionario. La crescita acquisita per il 2023 si stabilizza pertanto allo 0,7 per cento, ad un livello inferiore alle attese, mentre per il 2024 il paventato raggiungimento di una crescita del 1,2 per cento, come evidenziato dalla NADEF 2023, appare ottimistico e difficilmente raggiungibile. Le più recenti stime di organismi internazionali, infatti, collocano la crescita del PIL italiano per il prossimo anno tra lo 0,5 e lo 0,8 per cento;

tale andamento prefigura, pertanto, il primo vero arresto della crescita per due trimestri consecutivi a partire dal gennaio 2021, evidenziando l'esaurimento della spinta economica ereditata dalla precedente legislatura e tutta l'inefficacia delle politiche attuate dall'Esecutivo in carica, a partire dall'incerto apporto alla crescita da parte del PNRR a seguito del rallentamento degli interventi e della rimodulazione dei programmi;

alcune delle misure previste in questa legge di bilancio costituiscono un pericoloso passo indietro i cui effetti potrebbero rendere ancor più incisivi i rischi al ribasso sull'andamento dell'economia, con un deterioramento dei conti pubblici a partire già dal 2024 che rischia di mettere in serio pericolo la solidità dei fondamentali dell'economia italiana;

l'evidenza empirica ci insegna che l'espansione del bilancio non si traduce automaticamente in un sostenuto aumento del prodotto, se le misure non sono adeguate a favorire la crescita potenziale nel lungo periodo. Al contrario, questa manovra di bilancio, di ammontare pari a 25,5 miliardi di euro, non contiene vere e proprie misure espansive – che si riducono a pochi interventi – mentre le fonti di finanziamento a deficit ammontano ad oltre 15 miliardi di euro 2024 e sono affiancate da preoccupanti tagli di spesa e riduzioni di entrate. Il tutto in un contesto dove il debito pubblico non diminuisce, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico risultano molto elevati;

gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, con posizioni spesso conflittuali con i più importanti argomenti di discussione in seno alle istituzioni europee, in particolare in merito alla mancata decisione a tutt'oggi sulla ratifica dell'accordo di modifica del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità (MES), e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, stanno determinando una situazione di scarsa credibilità anche nel contesto internazionale;

tenuto conto che nell'ambito del Semestre europeo il Consiglio ha approvato in luglio le sue raccomandazioni specifiche per Paese sui programmi nazionali di riforma 2023 e ha formulato pareri sui programmi di stabilità o convergenza aggiornati. Le raccomandazioni per l'Italia invitano, tra l'altro, il nostro Paese ad assicurare una politica di bilancio prudente, limitando l'aumento della spesa primaria; a utilizzare i risparmi dalla graduale riduzione delle misure di sostegno di emergenza connesse all'energia per ridurre il disavanzo pubblico, e qualora nuovi aumenti dei prezzi dell'energia dovessero richiedere nuove misure di sostegno o di proseguire le esistenti, far sì che esse tutelino le famiglie e le imprese vulnerabili; a preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e a provvedere all'assorbimento efficace delle sovvenzioni del dispositivo e di altri fondi dell'Unione, in particolare per promuovere le transizioni verde e digitale; a continuare a perseguire una strategia di bilancio a medio termine di risanamento graduale e sostenibile, combinata con investimenti e riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile; a ridurre le imposte sul lavoro e aumentare l'efficienza del sistema fiscale, preservandone la progressività e migliorando l'equità; ad accelerare la produzione di energie rinnovabili aggiuntive; ad aumentare l'efficienza energetica, anche attraverso sistemi di incentivi mirati, rivolti in particolare alle famiglie più vulnerabili e agli edifici con le prestazioni peggiori; a promuovere la mobilità sostenibile; a intensificare le iniziative a favore dell'offerta e dell'acquisizione delle abilità e competenze necessarie per la transizione verde;

nel disegno di legge di bilancio in esame si ravvisano scelte incoerenti con i suddetti indirizzi, se non proprio controproducenti, sia sul fronte sociale e della crescita sostenibile sia con le scelte che stanno maturando in sede di Unione europea; esattamente al contrario di quanto sarebbe necessario per il nostro Paese, molte delle raccomandazioni espresse a livello europeo sono disattese, in particolare per quanto riguarda gli investimenti e riforme atti a migliorare la produttività e ad aumentare la crescita sostenibile, l'adeguato assorbimento delle risorse europee, l'accelerazione sulla transizione verde e digitale, la riduzione delle imposte sul lavoro e l'aumento dell'efficienza del sistema fiscale, preservandone la progressività e migliorando l'equità, tutti elementi fortemente manchevoli nel disegno di legge di bilancio. Inoltre, il provvedimento in esame contiene una serie di scelte penalizzanti per le fasce più deboli della cittadinanza; preoccupano in questo senso le insufficienti misure per fronteggiare l'andamento dell'inflazione e i tagli alla spesa pubblica che colpiscono in particolare la sanità pubblica, in rapido peggioramento con il rapporto spesa sanitaria/PIL che scende al 6,2 per cento nel 2024 rispetto al 6,6 per cento del 2023, e rispetto ai numeri del personale sanitario, già carente in ragione della mancanza di oltre 15.000 medici, con riflessi devastanti sull'aumento delle liste d'attesa; scarse le risorse per l'istruzione e quelle per la disabilità, mentre nulla è previsto con riguardo al riconoscimento di un salario minimo a tutela dei lavoratori più fragili;

considerato che:

la manovra di bilancio appare illusoria, insostenibile e scarsamente credibile;

per quanto concerne le materie di competenza della Commissione, si sottolinea, tra l'altro, che:

considerate le disposizioni della sezione I del disegno di legge, l'articolo 1, commi 272-275, autorizza tra l'altro la spesa complessiva di 9,31 miliardi di euro per il periodo 2024-2032 al fine di consentire l'approvazione da parte del CIPESS entro l'anno 2024 del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina. Rispetto al testo originario, il nuovo testo approvato al Senato prevede una riduzione di 2,32 miliardi di euro che sono posti a carico del Fondo per lo sviluppo e la coesione, ovvero vengono stornati dal Fondo quelle risorse delle regioni Sicilia e Calabria destinate a investimenti e sviluppo del territorio. Complessivamente, l'onerosissimo progetto del ponte sullo Stretto, reso obsoleto dagli avanzamenti sopravvenuti in campo tecnico e scientifico, irrispettoso di ogni vincolo paesaggistico e ambientale, cui non corrisponde né una visione generale delle reali esigenze di mobilità delle regioni del Mezzogiorno, né una valutazione delle conseguenze della costruzione del ponte per la logistica e per l'economia dell'intero Paese, prelude a contenziosi di ogni genere ma soprattutto distrae un ingente ammontare di risorse che, anche considerando la più che probabile fine ingloriosa del progetto, potrebbero invece essere utilmente investite nell'ammodernamento del sistema infrastrutturale del Sud Italia e di Calabria e Sicilia in particolare;

il rifinanziamento del trasporto pubblico locale nella manovra, tra decreto fiscale e legge di bilancio, risulta largamente insufficiente in relazione alle necessità del Paese; non sono previsti interventi adeguati sulla continuità territoriale e per la mobilità sostenibile, né le risorse necessarie per un sostegno strategico per porti e aeroporti;

preoccupa profondamente lo stato di attuazione del PNRR, che rappresenterebbe invece un fondamentale volano per la crescita del nostro Paese, in particolare sul fronte degli investimenti infrastrutturali e della tutela del territorio, dopo le rimodulazioni volute dal Governo;

il differimento dei termini in diverse e significative misure del PNRR, non ultima quella relativa alle risorse da assegnare ai comuni, quelle relative alle agevolazioni sulle auto elettriche, sulle colonnine di ricarica, completamente assenti in alcune vaste aree del Paese, pone l'Italia in controtendenza rispetto ai più avanzati Paesi dell'Unione europea;

tutto ciò considerato,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

XII COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari sociali)

XII COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari sociali)

RELAZIONE DI MINORANZA

sul

DISEGNO DI LEGGE

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024
e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026 (1627)
e relativa nota di variazioni (1627/I)
(per le parti di competenza)

dei deputati
Quartini, Sportiello, Marianna Ricciardi e Di Lauro

La XII Commissione,

esaminato, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, il disegno di legge n. 1267, già approvato e modificato in Senato e recante il «Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026», per le parti di propria competenza;

esaminati gli stati di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, limitatamente alle parti di competenza, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, limitatamente alle parti di competenza, e del Ministero della salute;

evidenziato il grave ritardo con il quale il disegno di legge di bilancio è stato presentato alla Camera dei deputati, che sta impedendo nei fatti un esame approfondito delle disposizioni, onde evitare l'esercizio provvisorio di bilancio che recherebbe un grave danno all'economia del Paese;

esaminati, quanto alla spesa sanitari, i rilievi particolarmente critici della Corte dei conti, dell'ISTAT e dell'UPB proprio con specifico riferimento alla impostazione particolarmente recessiva della predetta spesa e comunque non risolutiva dei problemi conclamati del SSN;

premesso che:

quanto alle questioni in tema di salute:

il rinnovo del CCNL della dirigenza medica e sanitaria e comparto sanità, a valere sul fabbisogno sanitario nazionale che viene incrementato di 3 miliardi di euro per il 2024, 4 miliardi di euro per il 2025 e 4,2 miliardi di euro per il 2026, è un atto senz'altro dovuto che tuttavia lascia ben poche risorse per le altre necessità del SSN; le risorse per il CCNL avrebbero dovuto essere, quindi, ulteriori rispetto alle necessità conclamate e insoddisfatte del SSN;

particolarmente esecrabile è l'intervento sulle pensioni di buona parte dei dipendenti pubblici e, tra di essi, anche dei medici e sanitari iscritti alla Cassa per le pensioni ai sanitari (CPS), l'intervento postumo e riparatore sulle predette pensioni, effettuato in sede referente al Senato e conseguente ad una clamorosa protesta del personale sanitario e delle opposizioni tutte, rimane non solo insoddisfacente nel merito e nelle soluzioni adottate ma è vieppiù sconcertante nella misura in cui, a copertura di esso, si drenano ulteriori risorse al SSN;

il predetto incremento del FSN è del tutto insufficiente a soddisfare le necessità di salute dell'intero territorio nazionale, tenuto conto, peraltro, che per circa l'80 per cento, l'incremento è destinato a coprire le risorse necessarie per il rinnovo dei contratti del personale sanitario, non tiene il passo con l'inflazione e segna una netta diminuzione della spesa sanitaria in rapporto al PIL e come da modifiche introdotte in Senato l'incremento è stato ulteriormente ridotto di 84 milioni di euro per l'anno 2033, 180 milioni per l'anno 2034, 293 milioni per l'anno 2035 e di 340 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2036, per coprire la parziale «riparazione» della disposizione sulle pensioni dei sanitari;

al netto delle risorse necessarie al rinnovo del contratto di comparto, le rimanenti risorse sono di fatto destinate a foraggiare la sanità privata e la farmaceutica o comunque a finanziare misure non certamente strutturali ma di mero e temporaneo contenimento;

il piano del Governo per ridurre i tempi d'attesa rischia di essere drammaticamente fallimentare: l'incremento della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive del personale medico e sanitario non solo non risolve il problema della carenza di personale ma anzi criticizza ulteriormente le condizioni lavorative del personale in servizio;

è evidente come, senza il superamento del tetto alla spesa per il personale, senza incentivi che rendano attrattivo il Servizio sanitario nazionale e senza un piano straordinario di assunzioni, si rischia di non ottenere alcun risultato, come peraltro confermato da un recente sondaggio della Federazione Cimo-Fesmed secondo cui il 58,5 per cento dei medici non è disponibile a lavorare di più per abbattere le liste d'attesa;

le misure per l'abbattimento delle liste d'attesa consentono alle regioni di avvalersi, oltre che delle prestazioni aggiuntive dei medici, anche delle strutture private accreditate, in deroga ai tetti di spesa per gli acquisti da privati come modificati dalla manovra all'esame;

l'apertura, dunque, a soluzioni privatistiche per abbattere le liste di attesa delle strutture pubbliche del SSN suggella le vere intenzioni di questo Governo a voler privatizzare la sanità e non fa altro che dare un ulteriore colpo di scure al nostro sistema sanitario pubblico e universalistico;

appaiono altresì antieconomiche le misure che modificano le modalità di distribuzione dei medicinali, laddove con la riduzione dell'incentivo di 28 centesimi a confezione per la vendita di farmaci generici equivalenti, anche per prodotti il cui brevetto è scaduto, la convenienza per chi vende sarà quella di piazzare il farmaco con il prezzo più alto;

il vincolo e non già l'aggiunta di risorse per l'aggiornamento dei LEA, oltretutto per la quota irrisoria di 50 milioni di euro per l'anno 2024, confermano la miopia di questo Governo che nulla aggiunge alle necessità insoddisfatte delle persone;

appare altresì critico l'aumento a 2.000 euro del contributo annuale richiesto per l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale per chi non ha diritto all'assistenza pubblica;

le «residuali» misure in materia di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e dell'assistenza territoriale sono inadeguate e imbarazzanti, in primis poiché consentono il reclutamento di personale da parte delle regioni solo a partire dal 2025 e poi perché finanziate nell'ambito delle risorse del FSN già ritenute insufficienti; anche per le cure palliative non si aggiungono risorse ma si vincolano quelle esistenti; ugualmente, il vincolo delle risorse sugli obiettivi riguarda le risorse del FSN esistenti e comunque il loro impiego sarà consentito solo dall'anno 2025;

quanto alle questioni in tema di politiche sociali:

le misure per il sostegno degli indigenti e per gli acquisti di beni di prima necessità, attraverso un incremento della dotazione del Fondo relativo alla Carta «Dedicata a te», rimangono misure del tutto insufficienti tenuto conto, peraltro, che non potranno ricevere il beneficio i percettori di altri sussidi; l'importo complessivo del sostegno, fissato per ogni famiglia in un valore pari a 382,50 euro e destinato solo all’«acquisto dei beni alimentari di prima necessità e ai carburanti/mezzi di trasporto, e non anche ai farmaci, ad esempio, rimane una misura carente e poco lungimirante delle effettive necessità delle famiglie indigenti che da quest'anno sono state private anche del reddito di cittadinanza»;

l'incremento della misura di supporto per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, calcolato per i nuclei familiari con un valore ISEE fino a 40.000 euro, contrasta con la concomitante misura che esclude i titoli di Stato e i prodotti finanziari di raccolta del risparmio, fino al valore complessivo di 50.000 euro, dal calcolo dell'ISEE; escludere i titoli di Stato dal calcolo ISEE è infatti una misura fortemente iniqua tenuto conto che l'ISEE serve per valutare in maniera equa e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere una medesima prestazione sociale agevolata; dunque non si comprende perché per accedere alle prestazioni sociali agevolate, come ad esempio agli asili nido, non si debba tener conto, ai fini reddituali, dei soldi investiti in prodotti finanziari; in questa maniera si mettono sullo stesso livello coloro che non possiedono alcun risparmio e coloro che lo posseggono e lo hanno investito in prodotti finanziari;

l'intervento che estende di un solo mese l'indennità all'80 per cento per congedo parentale per l'anno 2024, e in via strutturale solo nella misura del 60 per cento della retribuzione, rimane una misura timida e non risolutiva delle necessità delle famiglie;

confonde la diffusa re-istituzione dei Fondi già esistenti, come ad esempio l'istituzione del Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, già esistente, le cui dotazioni non solo rimangono insufficienti o invariate ma diventano prive di adeguate, eque e trasparenti regole di ripartizione;

emblematica della predetta confusione è l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, del Fondo unico per l'inclusione delle persone con disabilità che contempla, contestualmente, anche l'abrogazione dei seguenti Fondi: Fondo per l'inclusione delle persone con disabilità, Fondo per l'assistenza all'autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità, il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare, Fondo per l'inclusione delle persone sorde e con ipoacusia;

l'operazione di presunta «unificazione» di Fondi, destinando le predette risorse a talune finalità e demandando quindi a successivi decreti l'utilizzo del Fondo unico, appare scellerata nella misura in cui di fatto, in via strutturale, riduce le risorse che erano originariamente stanziate con i Fondi che si vuole abrogare e soprattutto perché azzera finalità e modalità di riparto precedenti, con il rischio concreto di sacrificare nel prossimo riparto necessità consolidate;

l'unificazione dei fondi per le persone con disabilità aveva oltretutto prodotto un incredibile ed ulteriore taglio alle risorse per i disabili ed il temporaneo ripristino, solo per l'anno 2024, fatto in sede referente al Senato, non sembra recuperare tutte le risorse in via strutturale;

considerato che:

per salvaguardare il Servizio sanitario nazionale, garantire una sostenibilità economica effettiva ai livelli essenziali di assistenza (LEA) e soddisfare in modo più efficace le esigenze di pianificazione e di organizzazione, nel rispetto dei princìpi di equità, di solidarietà e di universalismo, l'incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo (PIL) dovrebbe essere in linea con la spesa dei Paesi del G7 e, comunque, non inferiore alla media europea;

per superare la sperequazione esistente sul territorio nazionale, si poteva intervenire affinché, in sede di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, avessero il giusto peso gli indicatori ambientali, socio-economici e culturali e l'indice di deprivazione economica, così da tener conto delle carenze strutturali presenti nelle regioni o nelle aree territoriali di ciascuna regione;

si poteva rivedere il criterio di calcolo per la definizione del numero di posti letto in ragione delle esigenze epidemiologiche e della riorganizzazione territoriale, comunque assicurando un numero di posti letto di degenza ordinaria non inferiore alla media europea, pari a circa 500 per 100.000 abitanti, e un numero di posti letto di terapia intensiva non inferiore a 25 per 100.000 abitanti;

per salvaguardare realmente il SSN, doveva superarsi il tetto di spesa per l'assunzione di personale, consentendo, nelle more del predetto superamento, che la spesa per il personale sanitario, a livello regionale, venisse incrementata di un importo pari ad almeno il 30 per cento (attualmente è al 10 per cento);

per abbattere le liste di attesa le regioni si poteva prevedere l'adozione un piano operativo, con la specificazione degli obiettivi da raggiungere, dei modelli organizzativi prescelti, dei tempi di realizzazione, di un dettagliato cronoprogramma e della destinazione delle risorse, con uno specifico monitoraggio da parte del Ministero della salute e una conseguente penalizzazione in caso di mancata attuazione;

poiché l'accesso alle prestazioni in intramoenia rappresenta sempre più spesso una tappa obbligata a causa delle lunghe liste di attesa e delle inefficienze del SSN, per abbattere le liste di attesa si dovrebbe intervenire in maniera decisa sulla libera professione intramoenia per garantire la necessaria trasparenza alle prestazioni sanitarie erogata in regime libero-professionale nelle strutture pubbliche;

occorreva rendere effettivo e inderogabile l'obbligo di pubblicazione, sui siti istituzionali, dell'attività intramoenia prevedendo che la stessa venisse autorizzata solo a condizione che: non comporti un incremento delle liste di attesa per l'attività istituzionale; non contrasti o pregiudichi i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale o regionale; non contrasti o pregiudichi gli obiettivi aziendali;

per ovviare all'utilizzo inappropriato delle risorse del SSN, salvaguardare il SSN pubblico e universalistico e rendere equilibrato il rapporto pubblico/privato, occorreva riordinare il sistema dell'autorizzazione, accreditamento e stipulazione degli accordi contrattuali per l'esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie e rendere uniformare sull'intero territorio nazionale il sistema di rilevazione del fabbisogno territoriale e gli elementi essenziali da ricomprendere all'interno degli accordi contrattuali, garantendo la necessaria trasparenza e un efficace piano di controlli;

tenuto conto che attualmente i soggetti della sanità integrativa sono tenuti a riservare solo il 20 per cento alle prestazioni non comprese nei LEA, per salvaguardare il SSN pubblico e universalistico si poteva intervenire sulla sanità integrativa ed invertire le predette percentuali prevedendo che le prestazioni non comprese nei LEA fossero pari all'80 per cento, mentre le prestazioni comprese nei LEA ed erogate da strutture pubbliche fossero pari al 20 per cento;

si poteva incrementare il FSN al fine di mantenere e potenziare gli ambulatori e servizi di continuità assistenziale sul territorio, intercettando i bisogni di salute dei cittadini, fornendo loro prestazioni ed esami di base, deflazionando così l'attività ed il carico dei reparti di pronto soccorso; occorreva altresì ampliare la rete di consultori esistenti sul territorio, in modo proporzionato alla popolazione, per rispondere adeguatamente ai bisogni della popolazione e garantire il rispetto dei LEA;

per rafforzare la protezione, la promozione e il sostegno dell'allattamento al seno e per garantire il necessario supporto al post partum, si potevano prevedere le risorse utili ad assicurare il personale adeguato, a cominciare dall'assistenza fornita dalle ostetriche;

occorreva aumentare la capacità di risposta del SSN nella presa in carico delle persone con cronicità, nell'assistenza psicologica, psicosociologica e sanitaria dei malati oncologici e per le cure palliative;

per il potenziamento dei servizi di salute mentale dovevano essere stanziate risorse ben più rilevanti che non il timido incremento di 5 milioni di euro operato con il cosiddetto «decreto anticipi» per il bonus psicologico e dovevano essere ripristinati i 25 milioni che i governi precedenti avevano destinato nel post-pandemia per il predetto bonus;

nell'ottica di garantire la fornitura di farmaci e sostanze altrimenti difficilmente reperibili perché fuori produzione, ritenute non competitive, o la cui richiesta supera momentaneamente la disponibilità, si poteva istituire un'azienda farmaceutica pubblica che fosse in grado di rispondere in tempi brevi alle necessità dei suddetti tipi di farmaci;

per il disagio delle famiglie occorreva rendere strutturale ovvero rifinanziare in maniera congrua e puntuale i fondi per la morosità incolpevole e per l'accesso alle locazioni, introducendo anche le opportune agevolazioni fiscali per le spese di assicurazione del rischio di mancato conseguimento del canone di locazione;

per i lavoratori dipendenti si poteva ampliare, in via permanente, a due mesi e all'80 per cento, l'indennità per il congedo parentale da usufruirsi entro il sesto anno di vita del figlio ed elevarlo ulteriormente per il lavoratore genitore di figlio con disabilità grave;

sul congedo di maternità si poteva fare un passo in avanti coraggioso, allineandosi ad altri paesi europei ed incrementando da 5 a 8 mesi il periodo di congedo di maternità obbligatorio, rendendolo parimenti usufruibile da entrambi i genitori;

quanto al sostegno alle persone con disabilità si poteva estendere l'esonero contributivo per le assunzioni ed incrementare la dotazione del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili; parimenti si potevano incrementare le risorse del Fondo per il caregiver familiare, del Fondo «Dopo di noi» e del Fondo per la vita indipendente e del Fondo di solidarietà comunale impiegato per coprire il trasporto scolastico per gli alunni con disabilità;

per tutelare i lavoratori fragili e non fare distinguo odiosi tra dipendenti pubblici e privati, si doveva consentire in via permanente il lavoro agile ai lavoratori pubblici e privati e consentire l'equiparazione al ricovero ospedaliero dell'assenza dei lavoratori fragili che non possono svolgere le loro mansioni lavorative in modalità di lavoro agile;

al fine di ridurre i divari territoriali, contrastare la dispersione scolastica e l'abbandono precoce, nonché prevenire processi di emarginazione sociale, occorrerebbe che le risorse del Fondo solidarietà comunale siano utilizzabili per l'assunzione in deroga a tempo indeterminato di assistenti sociali da parte dei Comuni, sino al raggiungimento del rapporto 1 a 6.500 abitanti e per la medesima finalità occorrerebbe incrementare le risorse per le assunzioni medesime,

DELIBERA DI RIFERIRE
IN SENSO CONTRARIO.

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