PDL 1620-A-bis

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1620-A-bis

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( MELONI )

dal ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
( TAJANI )

dal ministro dell'interno
( PIANTEDOSI )

e dal ministro della giustizia
( NORDIO )

di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
( GIORGETTI )

e con il ministro della salute
( SCHILLACI )

Ratifica ed esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con l'ordinamento interno

Presentato il 18 dicembre 2023

(Relatore di minoranza: MAGI )

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Onorevoli Colleghi! – 1. Premessa. Ancora una volta – nell'arco di soli 14 mesi di governo, si tratta della quinta volta – l'Esecutivo presieduto dall'on. Meloni investe il Parlamento di un provvedimento che ha il dichiarato scopo di affrontare l'«emergenza immigrazione».
In questa sede e in via generale occorre ribadire che in Italia non c'è nessuna «emergenza immigrazione»: la Germania e la Francia, per esempio, registrano flussi migratori molto più consistenti dei nostri, soprattutto dalla rotta balcanica.
Il disegno di legge al nostro esame non ha niente a che fare con i termini effettivi ed empirici della questione migratoria ma è solo l'ennesima circostanza in cui la destra di governo passa all'incasso, nella sua strategia «imprenditoriale» basata sulla coltivazione ossessiva della paura.
I danni che questa linea, politica ed economica al contempo, hanno fatto da 20 anni a questa parte sono immensi e ormai sotto gli occhi di tutti. L'Italia ha rinunciato a forza-lavoro in settori gravemente deficitari (come la manodopera in alcune aree dell'industria e dell'artigianato e nei servizi alla persona), a gettito fiscale, a risorse previdenziali e a ripopolazione scolastica.
Tutto ciò per respingere la cosiddetta «sostituzione etnica», vera e propria menzogna storica, che trascura (e pretende di negare) fenomeni millenari, quali la mobilità delle popolazioni, il meticciato e le conclusioni scientifiche, ormai indiscutibili, dell'antropologia fisica e culturale.
Il rifiuto del migrante in quanto «diverso» è figlio di una voluta cecità di fronte alla realtà dei fatti e dell'incapacità di leggere il mondo.
Basterebbe dire che, negli Stati Uniti d'America, la politica opposta ha condotto – solo per fare un esempio, tra i milioni che se ne potrebbero addurre – due immigrati indiani (Satya Nadella e Sundar Pichai) a diventare amministratori delegati rispettivamente della Microsoft e di Google. Nessuno negli USA si sognerebbe di affermare che costoro siano il frutto della «sostituzione etnica».
D'altro canto e paradossalmente, proprio il Capo del Governo albanese, Edi Rama, in un'intervista al Post International del 24 novembre 2023, ha affermato: «Credo che non si possa discutere il diritto di ogni essere umano di questa terra di andare ovunque egli voglia e ovunque pensi di poter vivere meglio. Negarlo vuol dire distruggere l'anima stessa dell'umanità» (!).
Il provvedimento che viene licenziato per l'Assemblea dalle Commissioni riunite I e III ha poi molte aggravanti, legate a specifici motivi giuridici e tecnici. Esso configura un meccanismo di deportazione verso un Paese terzo di quanti vengono raccolti in stato di pericolo in mezzo al mare.
In un tripudio propagandistico, non privo di elementi di cattivo gusto, la Presidente del Consiglio dei ministri si è recata in Albania nell'agosto 2023 per stipulare con Edi Rama un patto per cui in una porzione di territorio albanese verrà riadattata una struttura di accoglienza per migranti richiedenti asilo, presso la quale questi ultimi saranno collocati, mentre la loro richiesta viene esaminata dalla autorità italiane. Come è stato efficacemente detto (v. G. Schiavone, audizione presso le Commissioni riunite I e III della Camera dei deputati, 10 gennaio 2024), si prefigura la costituzione di colonie detentive per stranieri.
Si tratta di un'iniziativa barbara, che già il Regno Unito ha tentato di percorrere, infrangendosi contro il netto annullamento della policy da parte della Corte suprema della Gran Bretagna (sentenza del 15 novembre 2023, resa all'unanimità, relatore Lord Reed). Ma la Corte costituzionale della stessa Albania risulta aver sospeso in via cautelare l'efficacia dell'accordo con l'Italia. Nessuna sorpresa se Ylva Johansson, la commissaria europea agli affari interni, abbia dichiarato (sia pure con un'affermazione sintetica) che il protocollo italo-albanese si colloca al di fuori della cornice giuridica dell'Unione europea.

2. Contenuto del protocollo Italia-Albania. Come ha chiarito il prof. Paolo Bonetti (audizione presso le Commissioni riunite I e III della Camera dei deputati, 9 gennaio 2024), il protocollo italo-albanese, alla luce di disposizioni legislative nazionali di esecuzione e delle altre norme legislative nazionali vigenti in esse richiamate (decreti legislativi n. 286 del 1998, n. 251 del 2007 e n. 25 del 2008), configura una cessione temporanea (per 5 anni) dell'uso di una porzione del territorio albanese, da adibirsi all'allestimento e alla gestione di due centri (un punto di crisi – hot spot – e un CPR), i quali saranno adibiti allo svolgimento di operazioni da parte di autorità italiane nei confronti di non oltre 3.000 stranieri all'anno, soccorsi in acque internazionali, che vi saranno portati da navi militari italiane e nei quali saranno soggetti alla legislazione italiana.
Considerato che l'afflusso dei migranti via mare dall'Africa ammonta annualmente a molte decine di migliaia di persone, già il tetto dei 3.000 reclusi in Albania appare in tutta la sua pochezza.
In ogni caso, secondo il protocollo nei centri allestiti verrebbero svolte (come il prof. Bonetti le ha riepilogate):

1) funzioni amministrative svolte dalle autorità di pubblica sicurezza:

trasporto ai centri albanesi degli stranieri soccorsi nelle acque internazionali;

trasporto degli stranieri in Italia o in altri Stati non appartenenti all'Unione europea;

identificazione e rilievi fotodattiloscopici;

informazione e accoglienza delle persone soccorse e dei richiedenti asilo;

presentazione ed esame delle domande di protezione internazionale;

inserimento dei dati dei richiedenti protezione internazionale nella banca-dati EURODAC entro 72 ore dalla presentazione della domanda;

determinazione dello Stato competente a esaminare la domanda di protezione internazionale;

decisione sulle domande di protezione internazionale e sua comunicazione agli stranieri;

adozione dei provvedimenti di trattenimento e proposta delle proroghe al trattenimento;

gestione dell'accoglienza e delle cure nell'ambito del punto di crisi;

gestione dell'accoglienza e delle cure nell'ambito del centro di permanenza per il rimpatrio;

adozione ed esecuzione di eventuali provvedimenti di respingimento;

adozione ed esecuzione di eventuali provvedimenti amministrativi di espulsione;

adozione ed esecuzione di eventuali provvedimenti di accompagnamento alla frontiera degli stranieri destinatari di provvedimenti di espulsione o di respingimento;

2) funzioni giurisdizionali:

giudizi di convalida dei provvedimenti di trattenimento e sulle richieste di proroga dei provvedimenti di trattenimento;

giudizi di convalida dei provvedimenti di accompagnamento alla frontiera degli stranieri espulsi o respinti;

procedimenti penali per i reati commessi nel centro di permanenza per il rimpatrio;

giudizi sui ricorsi contro provvedimenti di inammissibilità e di rigetto delle domande di protezione internazionale;

3) funzioni penitenziarie:

esecuzione di misure cautelari detentive o di pene detentive irrogate agli stranieri già trattenuti nel centro di permanenza per il rimpatrio allestito in Albania per i reati da loro commessi in tale centro.

3. Illegittimità del protocollo. Sebbene – di per sé – la domanda di asilo politico non debba essere obbligatoriamente presentata nel territorio del Paese nel quale il richiedente vuole riparare (anzi, storicamente, l'asilo politico si può ben chiedere in un Paese di transito), appare evidente che la quantità e l'importanza delle procedure amministrative e giudiziarie che sono «esternalizzate» in territorio albanese sono tali che ben difficilmente esse potranno assumere la stessa qualità ed effettività che potrebbe garantire invece il loro svolgimento in Italia.
Da questo punto di vista, lo stesso onere finanziario previsto dalla relazione tecnica al disegno di legge di ratifica appare molto sottostimato. Il costo per il contribuente italiano dei viaggi di andata e ritorno di funzionari e giudici italiani costituirà una fonte di sperpero immenso di danaro pubblico, come pure è stato sottolineato dai membri dell'opposizione – in particolare, nella seduta del 16 gennaio 2024 – durante l'esame in sede referente.
Inoltre, garantire il diritto di difesa ai migranti in Albania sarà molto difficoltoso. Solo per evidenziare un aspetto tra i tanti, è ovvio che gli avvocati che si dovessero recare in Albania non atterrerebbero su suolo italiano e potrebbero essere trattenuti dai contatti con gli assistiti secondo la legge albanese. In definitiva, si prefigura una palese violazione dell'articolo 24 della Costituzione.
Ancora: come ha sottolineato il prof. Bonetti, la legge di esecuzione del protocollo prevede che saranno portati dalle navi militari italiane nei centri albanesi soltanto stranieri che saranno soccorsi nel mare internazionale. Senonché – una volta raccolti in mare – i migranti saliranno su navi italiane, cioè su territorio italiano. Il loro trasporto dall'Italia all'Albania senza il loro consenso si configura pertanto come una deportazione collettiva, in palese violazione dell'articolo 4 del Protocollo 4 della CEDU. L'Italia del resto è già stata condannata dalla Corte di Strasburgo precisamente per violazione di questo parametro (v. le sentenze Hirsi Jimaa del 2012 e J.A. del 2023).
Se il contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo è lampante (come stabilito dalle citate sentenze, compresa quella britannica), non meno evidente è quello con l'ordinamento dell'Unione europea.
Anzitutto si pone il problema della spettanza dei poteri normativi. L'articolo 3, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) stabilisce la competenza esclusiva dell'Unione europea in tema di trattati internazionali tra l'Unione medesima e i Paesi terzi, laddove vi siano atti legislativi europei che lo prevedono oppure si tratti di materie che inciderebbero sulla portata di tali atti. Tali concetti sono ripresi dall'articolo 216 del TFUE.
Il protocollo Italia-Albania incrocia pesantemente la materia delle direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE e quindi viola indirettamente gli articoli 3 e 216 del TFUE, come ha sottolineato la prof.ssa Chiara Favilli (audizione presso le Commissioni riunite I e III della Camera dei deputati, 8 gennaio 2024).
Inoltre, essendo le navi italiane territorio dell'Unione europea, vi si applicano anche le disposizioni della direttiva 2013/33/UE. Ai sensi dell'articolo 7 della predetta direttiva «i richiedenti possono circolare liberamente nel territorio dello Stato membro ospitante o nell'area loro assegnata da tale Stato membro. L'area assegnata non pregiudica la sfera inalienabile della vita privata e permette un campo d'azione sufficiente a garantire l'accesso a tutti i benefici della presente direttiva». Appare evidente che una situazione di reclusione in un compound in un Paese diverso da un Paese membro vìola l'articolo 7 menzionato e l'articolo 18 della Carta di Nizza e porterebbe alla disapplicazione del protocollo; con l'aberrazione pratica che, una volta liberato, il migrante si troverebbe in Albania, senza le garanzie apprestate dal diritto italiano ed europeo.
Inoltre, l'articolo 11 della direttiva 2013/33/UE prevede che i soggetti vulnerabili – tra cui i minori non accompagnati – possano essere ristretti nei CPR solo in casi eccezionali e come ultima risorsa, mentre il protocollo ne contempla la reclusione in via ordinaria con il solo limite – sul cui rispetto peraltro nessuno sa chi eserciterà il controllo – delle 3.000 presenze contemporanee.
Da questo punto di vista, emerge anche una disparità di trattamento – in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione – tra chi riuscirà a raggiungere le coste italiane e fruire delle ordinarie procedure di esame della domanda di asilo in Italia e chi invece sarà portato in Albania.
Laddove l'articolo 4 del disegno di legge di ratifica prevede che le disposizioni attuative delle direttive europee si applicano «in quanto compatibili» svolge un'operazione normativa illegittima, anch'essa suscettibile di disapplicazione diretta da parte del giudice, poiché – come pure ha sottolineato il prof. Bonetti in audizione – inverte la gerarchia delle fonti. I decreti legislativi del 1998 (testo unico sull'immigrazione) e del 2007 e del 2008 ripetono legittimazione dal diritto unionale e, ai sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, resistono alla forza di leggi successive, che dovessero contraddirli.
Occorre aggiungere che la collocazione in Albania di un centro di reclusione per migranti impedirà in larga sostanza ai parlamentari di esercitare una parte delle loro prerogative. È, infatti, noto che l'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario conferisce loro il diritto di visitare gli stabilimenti di detenzione senza autorizzazione del direttore e che tale facoltà – estesa inizialmente ai CPR per consuetudine applicativa trentennale – è oggi a essi applicabile ai sensi dell'articolo 19, comma 3, del decreto-legge n. 13 del 2017. In larga sostanza, il disegno di legge di ratifica vìola, quindi, i diritti dei parlamentari.
In sintesi e in conclusione, anche alla luce della fitta serie di funzioni pubbliche che si dovrebbero esercitare in territorio albanese, il protocollo italo-albanese si palesa disumano, illegittimo e per molti aspetti impraticabile.

Riccardo MAGI,
Relatore per la minoranza.

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