PDL 1254

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1254

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ALFONSO COLUCCI, AMATO, CONTE, FRANCESCO SILVESTRI, AIELLO, ALIFANO, APPENDINO, ASCARI, AURIEMMA, BALDINO, BARZOTTI, BRUNO, CAFIERO DE RAHO, CANTONE, CAPPELLETTI, CARAMIELLO, CARMINA, CAROTENUTO, CASO, CHERCHI, SERGIO COSTA, DELL'OLIO, DI LAURO, DONNO, D'ORSO, FEDE, FENU, ILARIA FONTANA, GIULIANO, GUBITOSA, IARIA, L'ABBATE, LOMUTI, LOVECCHIO, MORFINO, ONORI, ORRICO, PAVANELLI, PELLEGRINI, PENZA, QUARTINI, RAFFA, MARIANNA RICCIARDI, RICCARDO RICCIARDI, SANTILLO, SCERRA, SCUTELLÀ, SPORTIELLO, TODDE, TORTO, TRAVERSI, TUCCI, ZARATTI

Riduzione dei termini per la liquidazione del trattamento di fine servizio dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche e rivalutazione dei limiti di importo per l'erogazione rateale del medesimo trattamento

Presentata il 28 giugno 2023

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Onorevoli Colleghi! – Il trattamento di fine servizio (TFS) è un'indennità, omologa al trattamento di fine rapporto (TFR), corrisposta ai dipendenti pubblici statali assunti a tempo indeterminato prima del 1° gennaio 2001, che viene erogata secondo tempistiche che variano in base alle diverse cause di cessazione dal servizio e quindi della fine del rapporto di lavoro, a differenza di quanto avviene per i lavoratori del settore privato, dove il trattamento di fine rapporto viene erogato generalmente entro quarantacinque giorni dalla fine del rapporto di lavoro.
Nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione, il TFS viene erogato non prima di dodici mesi a partire dalla data della cessazione del rapporto di lavoro, in applicazione dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140.
La disciplina vigente prevede, altresì, che l'erogazione del TFS sia corrisposta in una unica soluzione se l'ammontare complessivo è pari o inferiore a 50.000 euro lordi; in due rate annuali se l'ammontare è compreso tra 50.001 euro e 100.000 euro lordi; in tre rate annuali se è pari o superiore a 100.001 euro lordi, ai sensi dell'articolo 12, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Ai sensi delle disposizioni vigenti, le amministrazioni d'appartenenza dei lavoratori interessati possono sommare, ai predetti termini, tempi ulteriori, necessari ai fini dell'istruttoria e del completamente dell'iter interno.
Sul punto è intervenuta la recente sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 23 giugno 2023. Ad avviso della Corte, tale differimento contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui il TFS costituisce una componente: il principio della giusta retribuzione, si sostanzia, infatti, non solo nella congruità dell'ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività dell'erogazione.
La disciplina, inoltre, nel combinato disposto delle norme che prevedono il differimento e la rateizzazione del TFS, introdotta nel 2010 per pressanti esigenze di finanza pubblica, ha anche «smarrito un orizzonte temporale definito», situazione non compatibile con i princìpi costituzionali che subordinano la legittimità delle norme dalle quali possa scaturire una restrizione dei diritti patrimoniali dei lavoratori a una rigorosa delimitazione temporale dei sacrifici imposti, i quali devono essere «eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso».
La disciplina vigente, pertanto, non rispetta più oggi né il requisito della temporaneità, né i limiti posti dai princìpi di ragionevolezza e di proporzionalità.
La presente proposta di legge, intende, conseguentemente, adempiere al monito della Corte costituzionale che ha invitato il legislatore a ricondurre a ragionevolezza la disciplina in questione, assegnando allo stesso uno spazio di discrezionalità in considerazione del rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporterebbe.
Allo stesso tempo, essa intende farsi carico anche delle esigenze di finanza pubblica, contemperando il necessario intervento riformatore relativo al differimento temporale della prestazione con le esigenze di contenimento della dinamica della spesa corrente e di equilibrio economico-finanziario del bilancio pubblico rappresentato dalla rateizzazione della stessa.
Sono ben noti gli oneri che una pronuncia diretta di incostituzionalità della Corte costituzionale avrebbe comportato, in quanto stimati all'inizio del 2023 dall'allora Presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), professor Pasquale Tridico, in circa 7 miliardi di euro l'anno.
Al 31 dicembre 2022, infatti, i dipendenti pubblici in Italia erano 3.241.000 e secondo l'ultimo Rapporto annuale dell'INPS nel 2022 sono stati liquidati ai dipendenti pubblici circa 8,781 miliardi di euro per TFS/TFR, un aumento dell'8,3 per cento rispetto al 2021. Tra il 1990 e il 2001, sono stati assunti circa 1,6 milioni di dipendenti pubblici. Si stima che la sentenza della Corte costituzionale riguardi ogni anno circa 150.000 soggetti. Pertanto, la presente proposta di legge si rivolge a una platea potenziale di circa 1,6 milioni di dipendenti pubblici, per una progressione annua di collocamento in quiescenza lavorativa di circa 150.000 unità.
Il comma 1 dell'articolo 1 riduce, quindi, a un terzo, dai vigenti dodici mesi a tre mesi, il differimento della liquidazione del TFS nel caso di diritto ad esso per raggiungimento dei limiti di età o di servizio.
Il comma 2, inoltre, stante l'esigenza di salvaguardia di cui all'articolo 36 della Costituzione derivante dalla natura retributiva e dalla funzione previdenziale del TFS, controbilancia l'attuale meccanismo di rateizzazione degli importi, stabilito con l'intervento emergenziale del decreto-legge n. 78 del 2010 e che rimane vigente, con il riconoscimento della rivalutazione monetaria maturata fino ad oggi.
Considerata, la recente dinamica inflazionistica, infatti, la rateizzazione finisce per incidere sulla stessa consistenza economica delle prestazioni.
Il comma 2 provvede conseguentemente a una rivalutazione degli importi previsti dalle vigenti soglie di 50.000 euro e di 100.000 euro, innalzandole, rispettivamente, a 63.600 euro e a 127.200 euro, utilizzando a tal fine l'andamento dell'indice di rivalutazione dell'Istituto nazionale di statistica per il periodo maggio 2010-maggio 2023.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 3, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, le parole: «dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi».
2. Alle lettere a), b) e c) del comma 7 dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole: «50.000 euro» e «100.000 euro», ovunque ricorrono, sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «63.600 euro» e «127.200 euro». La disposizione di cui al primo periodo acquista efficacia a decorrere dal 1° luglio 2023.

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