PDL 849

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 849

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa della deputata RUOCCO

Modifiche agli articoli 23, 53 e 97 della Costituzione in materia di princìpi generali della legislazione tributaria per la garanzia dei diritti del contribuente

Presentata il 2 luglio 2018

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Onorevoli Colleghi! — Lo scopo della presente proposta di legge costituzionale è quello di costituzionalizzare alcuni princìpi contenuti nella legge 27 luglio 2000, n. 212, cosiddetta «statuto del contribuente», affinché essi entrino nel patrimonio giuridico costituzionale del nostro Paese e costituiscano la base di un rinnovato rapporto tra il cittadino contribuente e l'amministrazione fiscale. I princìpi in parola sono quelli della semplicità, della trasparenza e dell'irretroattività delle norme tributarie, della buona fede e della collaborazione. Se attuati, essi si traducono in norme comprensibili per tutti, applicate in modo certo e senza interpretazioni arbitrarie o funzionali a mere esigenze erariali contingenti o ad uno specifico ciclo economico o finanziario del Paese. Ne beneficiano la compliance dei contribuenti, l'efficienza e l'equità del sistema tributario. In sintesi, tutto ciò che distingue una moderna democrazia basata sul «contratto sociale» da uno Stato di «polizia fiscale».
A ben vedere non si tratta di norme nuove perché il nostro ordinamento già le prevede. Esse sono infatti contenute nel citato statuto del contribuente, una normativa animata da ottime intenzioni, eppure costantemente disattesa. Che cosa non ha funzionato?
La risposta risiede nella natura derogabile dello statuto del contribuente, che è una legge di rango ordinario.
A dispetto della loro capitale importanza, i diritti di chi paga le tasse possono essere facilmente ignorati e aggirati da altre norme di legge attraverso il ricorso alla cosiddetta «procedura in deroga». Tale prassi, da parte dei Governi e delle maggioranze parlamentari di vario segno e colore, è divenuta così frequente e prevedibile da trasformare lo statuto del contribuente nello statuto delle deroghe, come un noto quotidiano economico ha salacemente osservato.
Sulle ragioni di questa mancata compiuta attuazione dei princìpi e delle prescrizioni dello statuto del contribuente occorre spendere alcune riflessioni.
In primo luogo, l'attuale sistema tributario è sempre più condizionato dalla continua ricerca di nuove forme di prelievo per fare fronte ai problemi posti dalla crisi fiscale dello Stato e il ricorso alle deroghe viene, sovente, giustificato con tali motivazioni, arricchite da dosi crescenti di allarmismo per la tenuta dei conti pubblici e per i crescenti fenomeni di evasione, elusione e frode fiscali.
Questo affanno, tuttavia, non giustifica minimamente l'accanimento nei confronti della generalità dei contribuenti ma, al contrario, in un'ottica più realistica, è una concausa dell'enorme inefficienza, inefficacia e iniquità del nostro sistema tributario. Sistema che si caratterizza sempre più per un'inammissibile arbitrarietà conseguente al ricorso ormai sistemico a un metodo legislativo casistico, che è oltre tutto causa di gravissime distorsioni dei princìpi e delle regole fondanti del diritto tributario.
È certamente più facile aumentare la pressione fiscale generale, sapendo che vi sono cittadini inermi che non possono sottrarvisi, piuttosto che impegnarsi nel duro e faticoso lavoro di contrasto della criminalità fiscale. Ne fornisce evidenza il fatto che l'economia sommersa ha raggiunto livelli inaccettabili per il nostro sistema democratico nonostante il ricorso alle continue deroghe e che il nostro sistema di riscossione ha conseguito un deficit di quasi 600 miliardi di euro quantunque non abbia affatto brillato nel rispetto della dignità dei comuni contribuenti. Non sembra che l'enorme mole di adempimenti, scadenze, leggi, decreti e regolamenti dal carattere estremamente complicato e spesso contraddittorio sia utile per favorire la compliance dei cittadini. Alla luce dei fatti e del buon senso appare invece evidente il contrario.
Ma vi è di più. Non si può infatti non rilevare che la disattenzione verso i diritti di chi paga le tasse è sistemica anche nelle relazioni con l'amministrazione fiscale e con gli incaricati della riscossione. Il fatto che i cittadini si vedano recapitare, a distanza di anni, atti di accertamento o cartelle esattoriali relativi a imposte già pagate è storia, purtroppo, di tutti i giorni. È innegabile che allo stato dell'arte l'onesto contribuente non riesca a ottenere una leale collaborazione da parte dell'amministrazione finanziaria, che pure dispone degli strumenti e delle risorse per verificare la tempestività e la correttezza dei pagamenti. Il ricorso ai servizi dei professionisti o alla tutela giurisdizionale, in simili casi, costituisce un danno ingiusto per quei contribuenti che hanno correttamente adempiuto alle obbligazioni tributarie e che devono invece addirittura sostenere dei costi per vedersi riconosciute le proprie ragioni. E questo danno è ancora più ingiusto per coloro che accettano di pagare due volte la stessa imposta per il timore di incorrere in sanzioni o pignoramenti.
Le contingenti esigenze di puro gettito hanno permesso all'amministrazione finanziaria l'esercizio di un potere di imposizione oltremodo discrezionale e spesso addirittura arbitrario, nel quale la legge è stata relegata a puro e semplice «feticcio» esteriore. Ciò è gravissimo, poiché in un corretto sistema tributario si dovrebbe invece senza esitazione alcuna tendere all'affermazione di princìpi e di regole stabili e duraturi, evitando, per contro, improvvisazioni normative la cui ratio è quella della pura e semplice massimizzazione del gettito erariale.
Di segno totalmente contrario è invece l'orientamento assunto dalla giurisprudenza di merito e di legittimità. Decisivo è stato il ruolo della Suprema corte che ha riconosciuto in questi anni allo statuto del contribuente la valenza di una norma sostanzialmente superiore rispetto alle altre disposizioni concorrenti, in quanto recante princìpi immanenti ed ermeneutici, ma soprattutto di rango costituzionale.
Con la sentenza n. 3407 del 2005, ad esempio, la Corte di cassazione ha confermato quanto già espresso nelle sentenze n. 7080 del 2004 e n. 17576 del 2002, affermando che i criteri generali introdotti dallo statuto dei contribuenti e attraverso di essi i valori costituzionali in senso ampio, sono stati interpretati direttamente dallo stesso legislatore; il giudice quindi, in sede di interpretazione e di applicazione delle norme tributarie, deve far riferimento allo statuto dei diritti del contribuente e risolvere eventuali dubbi ermeneutici nel senso conforme ad esso.
Nella stessa direzione si pone anche la sentenza successiva della sezione tributaria della Corte di cassazione n. 21513 del 2006 che, sia pur in tema di tutela di affidamento, asserisce che i princìpi statutari rivestono la natura di princìpi generali immanenti in tutti i tipi di rapporti di diritto pubblico sorti anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 212 del 2000. E la Corte compie anche un ulteriore passo in avanti stabilendo che le norme statutarie sono di «rango costituzionale».
Si è creata, pertanto, una divaricazione tra la valorizzazione dello statuto del contribuente da parte della giurisprudenza e le continue sue deroghe e violazioni da parte del Governo e del Parlamento. La costituzionalizzazione dei princìpi fondanti della legge n. 212 del 2000 mira anche a rimarginare questa ferita, vincolando al rispetto dei diritti fondamentali innanzitutto lo stesso legislatore ordinario e in via secondaria l'amministrazione finanziaria e gli altri enti impositori.
La presente proposta di legge costituzionale apporta delle modifiche essenziali al testo costituzionale.
Si prevede una modifica all'articolo 23 della Costituzione, l'articolo che stabilisce una delle condizioni delle prestazioni imposte: il diritto a non subire imposizioni tributarie o di altro genere se non in base alla legge.
La giurisprudenza ha individuato in questa disposizione una norma di garanzia, posta a difesa del cittadino contro interventi arbitrari da parte dello Stato e delle pubbliche amministrazioni.
La proposta di legge costituzionale aggiunge un comma a tale articolo, specificando che le disposizioni tributarie devono essere contenute esclusivamente in leggi il cui nomen iuris sia tributario, allo scopo di evitare il malcostume ricorrente di inserire norme all'interno di dispositivi di contenuto eterogeneo, sovente allo scopo di renderle poco intellegibili o non riconoscibili dai contribuenti: prassi parlamentare peraltro di dubbia legittimità costituzionale che conduce di frequente le opposizioni a sollevare «eccezioni di incostituzionalità» nei confronti dei provvedimenti interessati.
L'articolo 53 della Costituzione, nella sua formulazione vigente, dispone l'obbligo generale di concorrere alle spese pubbliche, collegandolo alla capacità contributiva di ciascun soggetto e ponendo a base del sistema tributario il criterio della progressività, riferito peraltro non ai singoli tributi, bensì al loro complesso.
La presente proposta di legge costituzionale si pone l'obiettivo di integrarne l'enunciazione, inserendo alcuni princìpi di tutela del cittadino-contribuente già contenuti nella legge n. 212 del 2000: la previsione che il sistema tributario sia informato a criteri di chiarezza e semplicità, il divieto di adottare disposizioni tributarie con effetto retroattivo, salvo che per le norme di interpretazione autentica, e quello di prorogare i termini di prescrizione e decadenza degli atti impositivi.
In questo ambito, una menzione particolare merita il riconoscimento del diritto di compensazione tra i debiti tributari e i crediti che il contribuente legittimamente vanta nei confronti della pubblica amministrazione. Una misura, quest'ultima, destinata a risolvere il paradosso dei tanti cittadini e imprese che in questi anni di crisi hanno sofferto il costo umano ed economico di fallimenti e di procedure esecutive a causa dei ritardi nei pagamenti, loro dovuti, da enti e amministrazioni pubblici di ogni grado. Si tratta di princìpi di giustizia e di equità che concorrono a una più compiuta definizione e delimitazione del concetto di capacità contributiva.
È manifesto, infatti, come il carattere retroattivo di talune disposizioni di aumento della pressione fiscale e il disconoscimento del diritto alla compensazione abbiano contribuito nel quadro di un sistema fiscale complessivamente iniquo e inefficiente ad alterare ulteriormente la corretta distribuzione del sacrificio fiscale tra le varie categorie di contribuenti, incidendo in misura abnorme su talune di esse, ben oltre la loro capacità di pagare le imposte.
L'ultimo articolo della Costituzione oggetto di modifica è l'articolo 97 che, nella formulazione vigente, stabilisce il principio del buon funzionamento e dell'imparzialità dell'amministrazione pubblica. Si tratta di una norma che ha, prima facie, un carattere programmatico attinente i profili organizzativi dell'azione pubblica. Tuttavia, essa è stata interpretata anche come la «regola aurea» dell'attività amministrativa: in base a questo articolo, i pubblici funzionari sarebbero tenuti ad assicurare il corretto e imparziale bilanciamento degli interessi pubblici o privati che sono chiamati a valutare.
Con la proposta di legge costituzionale si intende valorizzare questa norma anche sotto un profilo tributario, integrandola con alcuni princìpi previsti dalla legge n. 212 del 2000, quali il riconoscimento dei diritti del contribuente all'informazione, all'imparzialità, alla trasparenza, all'economicità delle attività procedimentali e al corretto contraddittorio.
Notevole è la portata dei princìpi della collaborazione e della buona fede, ai quali si fa appello di governare il rapporto tra fisco e contribuente. L'amministrazione deve comportarsi con lealtà e trasparenza, guidando e facilitando l'adempimento dei doveri da parte dei privati e rinunziando a incoerenze e arbitrarietà.
Se adeguatamente inseriti nel tessuto normativo, tali princìpi sono in grado di innescare definitivamente quel processo di semplificazione del sistema fiscale di cui si parla ininterrottamente da trenta anni, purtroppo senza altro esito che non quello dell'ulteriore complicazione. Ne scaturisce come logico corollario la norma di garanzia secondo cui «Le sanzioni tributarie non possono essere irrogate se la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando è costituita da una mera violazione formale senza alcun debito di imposta». Tradotta in termini precettivi, questa norma è uno stimolo a costruire un sistema tributario semplice, non soggetto a interpretazioni arbitrarie e di facile conformità.

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

1. All'articolo 23 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le leggi e gli atti aventi forza di legge che non hanno oggetto tributario non possono contenere disposizioni di carattere tributario, fatte salve quelle strettamente inerenti all'oggetto della legge medesima».

Art. 2.

1. All'articolo 53 della Costituzione sono apportare le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, di chiarezza e di semplicità»;

b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«Le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, fatta salva l'adozione di norme di interpretazione autentica.
I termini di prescrizione e di decadenza per la notifica degli atti impositivi non possono essere prorogati.
L'obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione, nei limiti stabiliti dalla legge».

Art. 3.

1. All'articolo 97 della Costituzione sono aggiunti, infine, i seguenti commi:

«I procedimenti amministrativi in materia tributaria si ispirano al principio del buon andamento dell'amministrazione in modo che siano garantiti i diritti fondamentali del contribuente all'informazione, all'imparzialità, alla trasparenza, all'economicità delle attività procedimentali e al corretto contraddittorio preventivo.
I rapporti tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede.
Le sanzioni tributarie non possono essere irrogate se la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando è costituita da una mera violazione formale senza alcun debito di imposta.
È considerato errore scusabile l'inadempimento del contribuente causato dalla lesione del legittimo affidamento sulla correttezza e sulla coerenza degli atti e dei comportamenti dell'amministrazione finanziaria».

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