XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Lunedì 29 gennaio 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 

Audizione dei consulenti della Commissione Nicola Picco e Laura Ricci:
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 2 
Ricci Laura , Professore ordinario di Urbanistica dell'Università La Sapienza ... 2 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 13 
Picco Nicola , Architetto, Consigliere di Confedilizia Venezia ... 13 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 23 
Iaria Antonino (M5S)  ... 23 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 25 
Ruffino Daniela (AZ-PER-RE)  ... 25 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 25 
Picco Nicola , Architetto, Consigliere di Confedilizia Venezia ... 26 
Ricci Laura , Professore ordinario di Urbanistica dell'Università La Sapienza ... 27 
Battilocchio Alessandro , Presidente ... 31

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BATTILOCCHIO

  La seduta inizia alle 12.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite l'impianto audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione in diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione dei consulenti della Commissione Nicola Picco e Laura Ricci.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei nostri consulenti, la professoressa Laura Ricci, professoressa ordinaria in urbanistica dell'università La Sapienza e dell'architetto Nicola Picco, consigliere di Confedilizia a Venezia, che ringrazio per la disponibilità.
  Come sanno i colleghi, io tengo molto a questa interazione con i nostri consulenti, e pertanto tra la fine del mese di febbraio e l'inizio del mese di marzo – ora che abbiamo diciamo portato avanti anche gli aspetti formali per l'individuazione dei consulenti indicati dai vari gruppi politici – vorremmo fare un punto con tutti voi, perché per noi è una occasione importante per uno scambio di esperienze e per darci un metodo di lavoro.
  Quindi partirei con la professoressa Laura Ricci, che ringrazio nuovamente per la disponibilità.

  LAURA RICCI, Professore ordinario di Urbanistica dell'Università La Sapienza. Buongiorno a tutti, grazie Presidente per questo invito.Pag. 3
  Approfitterei di questa prima audizione per richiamare alcuni punti del mio curriculum, soffermandomi in particolare su quelli che ritengo possano costituire un elemento di contributo ai lavori del Commissione.
  Come è stato detto, sono professore ordinario di urbanistica alla Sapienza, in particolare nel Dipartimento di pianificazione, design e tecnologia dell'architettura, e sono specialista in metodi e strumenti della pianificazione urbanistica, avendo appunto conseguito questo titolo presso una scuola di specializzazione della Sapienza. E dottore di ricerca in pianificazione territoriale urbana, sempre presso la Sapienza.
  Sono stata direttore del Dipartimento di pianificazione, design e tecnologia dell'architettura della Sapienza dal 2015 al 2021. Direttore di una scuola di specializzazione in beni naturali e territoriali della Sapienza, a tutt'oggi, dal 2021, sono coordinatore di un dottorato di ricerca in pianificazione, design, e tecnologia dell'architettura e dal 2017 anche direttore di un Master in capitale naturale aree protette.
  Il mio percorso curriculare all'interno dell'università è molto connotato da una stretta integrazione di quelli che sono i percorsi della ricerca, i percorsi formativi con la sperimentazione, e quindi con l'attività svolta anche presso Enti locali e pubbliche amministrazioni. In particolare, dal 1995 al 2012 sono stata Consulente generale per il Comune di Roma per il nuovo Piano regolatore, poi approvato nel 2008. Nel 2014 ho fatto parte della Commissione interistituzionale Ministero beni culturali e Comune di Roma per lo studio di un piano strategico per l'area archeologica centrale di Roma, e nel 2016 – questi sono degli elementi ancora più attinenti – ho svolto un'attività come componente del nucleo per la valutazione dei progetti per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie presso Pag. 4la Presidenza del Consiglio dei Ministri che era stato istituito, appunto, con Decreto del Segretario generale del 2016.
  I lavori di questo nucleo sono stati particolarmente interessanti, soprattutto perché si trattava di progetti delle città metropolitane e dei Comuni capoluogo di Provincia che avevano proprio ad oggetto il tema della riqualificazione e della sicurezza delle periferie. Erano 120 domande, all'interno delle quali c'erano almeno 10/15 progetti, quindi il lavoro è stato particolarmente intenso, ma ha dato certamente una visione importante su quelle che sono comunque le attività progettuali e propulsive degli Enti locali, e quindi è stato un passaggio a mio modo di vedere particolarmente interessante.
  Nel 2017 ho svolto anche l'attività di consulente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado della città e delle loro periferie, e in particolare ho collaborato alla stesura della relazione conclusiva che è stata approvata in Commissione il 14 dicembre del 2017 dalla Commissione, e di cui era relatore l'onorevole Morassut. E poi dal 2021 al 2022 ho fatto parte della Commissione per la riforma della normativa nazionale in materia di pianificazione del territorio, standard urbanistici e materia edilizia presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, nominata con Decreto ministeriale dell'11 novembre del 202.
  Sono membro del consiglio direttivo dell'Ente parco nazionale del Circeo dal 2020, e in questo momento mi occupo anche di alcune ricerche nell'ambito del P.N.R.R., in particolare il partenariato esteso 5, e lo spoke 8 che si occupa appunto di patrimonio culturale, e la mia linea tematica in particolare è proprio patrimonio culturale e rigenerazione urbana.
  Richiamo inoltre alcune delle tematiche di cui mi occupo nello specifico: l'innovazione del piano locale, urbanistico e Pag. 5quindi del piano Comunale, il progetto urbano e la nuova strumentazione per la rigenerazione urbana e la realizzazione di un nuovo welfare urbano attraverso proprio la costruzione della città pubblica, e il ruolo della città pubblica come asse portante della rigenerazione urbana.
  Avendo concluso questa prima parte, mi soffermerei ora su alcuni aspetti più tematici. Partirei proprio dal definire quella che è l'attuale condizione della città contemporanea, che presenta un connotato generalizzato di marginalità socio-economica, urbanistica, culturale e diseguaglianza sociale e povertà. Questo tipo di quadro della città contemporanea presenta una dimensione estesa territorialmente, anche indipendentemente da quelli che sono propriamente i confini comunali, in quanto ha perso in qualche modo il concetto di periferia così come tradizionalmente utilizzato ed è stato sostituito da una nuova e pressante questione urbana, che quindi fa riferimento a un connotato di marginalità economica e sociale, degrado edilizio, carenza di servizi generalizzato.
  Pensiamo, infatti, quanto spesso i centri storici delle nostre città sono proprio le parti più marginali, e quindi sono quelle più – tra virgolette – periferiche se, appunto, per periferiche intendiamo oramai non più un luogo lontano dal centro, ma invece una situazione di marginalità generalizzata.
  Questo viene ad esito di un Processo di metropolizzazione che ha interessato e ha mutato profondamente le nostre città, in cui sostanzialmente tutti gli elementi – la non sostenibilità del sistema delle infrastrutture per la mobilità, l'alto consumo di suolo, la mancanza strutturale di spazi pubblici – si uniscono a un'altra serie di questioni molto importanti come l'aumento della popolazione mondiale o il disagio dovuto al climate change nelle aree urbane. Tutto questo va a sommarsi e a sovrapporsi, a stratificarsi con quelle che sono state definite da grandi Pag. 6urbanisti, in particolare da Giuseppe Campus Venuti le carenze strutturali, ma soprattutto le anomalie genetiche delle nostre città, che sono sorte e nate principalmente lungo il traffico, e quindi su infrastrutture private, per la mobilità privata, diversamente dalle grandi città europee che hanno, invece, visto un ruolo importante delle infrastrutture su ferro.
  Tutto questo trova un riscontro proprio nella privatizzazione dello spazio pubblico, e tutto questo fa sì che a questi aspetto fisico, strutturali, ambientali, socio economici si uniscono anche una crescente consapevolezza di insicurezza, di problemi di salute, dell'istruzione, del progresso tecnologico. E rispetto a ciò le risposte sono spesso anche conflittuali, nel senso che le grandi città, ma anche le città medie, richiedono proprio una attenzione specifica che faccia un po' anche una integrazione di quelle che sono le diverse competenze a livello interistituzionale e intersettoriale.
  Tutto questo richiede, certamente, la messa in campo di un nuovo welfare urbano che garantisca, quindi, a tutte le comunità insediate i diritti fondamentali alla casa, alla salute, all'istruzione, all'ambiente, alla mobilità pubblica, all'abitare, più in generale alla città, fornendo in questo risposte che devono essere necessariamente integrate, cioè istanze di rigenerazione ecologica ambientale, con quelle di rivitalizzazione sociale, con quelle di valorizzazione culturale ed economica della città. Ed è proprio qui che c'è la differenza che chiama in campo una nuova strategia, la strategia di rigenerazione urbana introdotta addirittura già nel 2007 dalla Comunità europea, che ci dice proprio che è una strategia che deve rivitalizzare aree problematiche, affrontando le questioni connesse al recupero degli ambienti naturali antropici, alla conservazione del patrimonio, alla integrazione sociale, all'occupazione e alle attività economiche nei contesti urbani, periurbani e rurali.Pag. 7
  Una strategia che fa riferimento, in particolare, a 12 priorità tematiche dell'agenda urbana europea del 2016, proprio ai fini di trovare soluzioni comuni per la rigenerazione delle aree urbane e per la messa in campo di best practices.
  Di queste 12 priorità, ne citerò alcune: la povertà urbana, gli alloggi a prezzo accessibile, l'adattamento ai cambiamenti climatici, la mobilità urbana, la transizione digitale. Tutto questo ci dà una dimensione della complessità che noi dobbiamo affrontare per mettere in campo una risposta, e quindi una complessità che non si può accontentare solamente di una dimensione urbanistica in termini fisico strutturali, ma che deve, invece, andare ad integrare tutti questi altri aspetti, ecologici, ambientali, ma anche sociali ed economici.
  Quindi questo segna una differenza fondamentale rispetto alle strategie di riqualificazione urbana degli anni novanta, perché non è più, appunto, una riqualificazione fisica, e tanto meno non è rigenerazione ciò che può interessare un singolo edificio. Rigenerazione è una visione ampia, territoriale, perché deve essere commisurata a questa dimensione estensiva anche territorialmente, ma anche così complessa della nuova questione urbana che ci presentano le nostre città.
  Ora in questo c'è un quadro europeo molto importante, arriviamo – ovviamente – su queste questioni a tutti i programmi, sulle smart city, le infrastrutture verdi, ma anche al green deal del 2019, e il just transition fund del 2021, e anche in particolare al programma horizon europe 2021–2027 a cui, tra l'altro, fa riferimento il Piano nazionale italiano 2021–2027, della cui stesura sono stata peraltro consulente, e che fa molto riferimento ai cinque cluster di horizon che sono, appunto, la salute, la sicurezza per la società, digitale, industria e spazio, clima, energia e mobilità, cibo, bio economia, risorse naturali, agricoltura e ambiente.Pag. 8
  Quindi diciamo una visione davvero complessiva non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, che chiama in campo, poi, anche, ovviamente, il P.N.R.R.. In particolare nella missione 5 voglio ricordare quella dell'inclusione e coesione, che dice proprio che si persegue l'obiettivo con la rigenerazione, e si chiama rigenerazione urbana e housing sociale il punto 2.2 che persegue l'obiettivo di rigenerare aree degradate puntando principalmente sull'innovazione del verde e sulla sostenibilità, ma anche la missione 1 con la digitalizzazione, l'innovazione e la competitività, la cultura e turismo come fattori chiave nei processi di rigenerazione.
  Quindi nelle maggiori città europee, diciamo nelle capitali, questi programmi di rigenerazione sono in movimento da molti anni, e finalizzati alla infrastrutturazione, alla digitalizzazione, alla difesa idrologica, alla mobilità sostenibile, alla riconversione energetica molto importante del patrimonio edilizio esistente in Italia, e così come sono anche presenti – e questo lo voglio dire come docente universitario – molti percorsi formativi sui temi della rigenerazione urbana.
  Mi piace ricordare che questa visione un po' a tutto tondo tra, come dicevo, ricerca, formazione, e attività di sperimentazione, mi ha portato nel 2017 a istituire un nuovo corso di laurea magistrale in architettura UE, quindi riconosciuto a livello europeo, proprio in rigenerazione urbana. Perché io ritengo che sia molto importante formare delle figure che sappiano, architetti in questo caso, dialogare e affrontare la complessità di queste questioni, che richiede una visione, come dicevo, integrata, quindi una concezione molto aperta e integrata.
  Ora perché in Italia, e vengo al tema diciamo conclusivo, perché in Italia abbiamo molte difficoltà nell'affrontare queste strategie di rigenerazione urbana? Direi nell'affrontarle a un Pag. 9livello concreto, cioè fattivo, vero, nel senso che rigenerazione urbana, come dicevo, non è semplicemente sostituire l'urbanistica con l'edilizia come molti provvedimenti fanno e quindi interessarsi di singoli edifici. Rigenerare vuol dire proprio interessarsi dei territori marginali in tutti i loro aspetti e quindi anche sotto un profilo ampio territoriale, e questo richiama in causa, da una parte, l'assenza in Italia di una legge per il Governo del territorio.
  Vi ricordo che la legge urbanistica italiana è una legge del 1942, molti sono stati in questi anni i tentativi e le proposte di riforma sia in sede parlamentare sia anche in sede di Governo, l'ultima appunto che ho citato è quella del Ministro Giovannini, presso il Ministero delle infrastrutture, che aveva chiuso i suoi lavori ma successivamente è terminata la Legislatura.
  Per cui molti sono stati i tentativi e molti sono quindi gli studi e gli approfondimenti che noi abbiamo a disposizione, ma l'importante è proprio questo, cioè la rigenerazione urbana. L'intervento nelle nostre città ha bisogno di quegli strumenti per intervenire e non possono essere altro che strumenti di Governo del territorio, e quindi il Governo del territorio è materia concorrente, come sappiamo, e quindi è necessario che il Governo definisca una legge di principi a cui poi facciano riferimento le leggi regionali.
  In questi anni c'è stato un sovrapporsi di leggi regionali, ma senza un quadro di coerenza che invece è necessario definire, anche per dare la certezza del diritto alle tante innovazioni che sono state portate avanti attraverso la sperimentazione nei piani regolatori, soprattutto a partire dagli anni novanta, e garantire che questi strumenti aiutino proprio nella costruzione della città pubblica, che costituisce la matrice e la proiezione strutturale del welfare urbano delle nostre città.Pag. 10
  Rigenerare vuol dire costruire la città pubblica come ossatura portante, e questo noi lo possiamo fare attraverso alcuni strumenti che siano innovativi, nella consapevolezza del fatto che l'esproprio per pubblica utilità ha mostrato nel tempo – e ormai lo diciamo da tanto – tutti i suoi limiti proprio nella operatività.
  Io mi ricordo sempre che quando negli anni novanta abbiamo cominciato a lavorare sul piano regolatore di Roma, a livello del piano regolatore del '62 solamente il 20% delle aree standard a verde pubblico e a servizi pubblici era stata espropriata. Questo vuol dire che le nostre periferie sono rimaste senza quelle aree a verde pubblico, i cittadini sono rimasti senza i servizi e quant'altro, mentre per quei servizi che c'è un Decreto ministeriale del '68 che li rende obbligatori.
  Quindi è necessario ovviamente individuare le aree per gli standard, è necessario costruire la città pubblica con degli strumenti per cui l'urbanistica si preoccupi anche della sua attuazione. Quindi all'interno di una legge per il governo del territorio è necessario dare certezza del diritto alle tante sperimentazioni: parlo in particolare dei principi perequativi che danno riferimento agli ambiti di compensazione edificatoria, alla cessione compensativa per l'acquisizione degli standard, parlo anche del contributo straordinario che poi dal 2014 è diventato anche un articolo importante del D.P.R. 380 del 2001 attraverso, appunto, un emendamento al Mille Proroghe. Quindi parlo di questa strumentazione che non ha, però, un riconoscimento formale all'interno di una legge, anche se il Consiglio di Stato nel 2010 acclarando tutti i meccanismi attuativi innovativi e perequativi introdotti dal piano regolatore di Roma ha di fatto sancito l'applicabilità di questi strumenti.
  Ovviamente, dobbiamo fare in modo di modificare la forma dei piani regolatori, abbiamo i problemi che i cosiddetti diritti Pag. 11edificatori rimangano diritti a tempo indeterminato, laddove invece i vincoli espropriativi standard hanno una decadenza quinquennale, e quindi bisogna nella forma del piano affrontare questa grave problematica, che porta poi a costituire delle previsioni come dei veri e propri diritti rispetto ai quali quando le Amministrazioni provano ad eliminarli, ovviamente vanno incontro a dei ricorsi amministrativi.
  Quindi queste sono questioni anche dell'operare molto importanti, perché solo attraverso questi meccanismi noi riusciamo ad avere quelle risorse per costruire la città pubblica. Faccio altri esempi: gli oneri di urbanizzazione nel nostro Paese sono praticamente tra i più bassi in Europa, noi abbiamo delle forchette dal 5 al 15, là dove in Europa si va dal 25 al 40 e poi, non solo, come sapete abbiamo avuto per molti anni una legge dello Stato che diceva che gli oneri di urbanizzazione potevano essere utilizzati per la spesa locale. Fortunatamente, più di recente è stato reintrodotto, con la legge di stabilità del 2017, l'obbligo di utilizzarli per riqualificare e rigenerare le aree da cui questi oneri di urbanizzazione provengono. Proprio perché altrimenti non si costruisce la città pubblica, non si costruiscono i servizi, non si costruiscono le scuole, le strade, le fognature, l'illuminazione.
  Tutto questo ci richiede veramente un'attenzione molto particolare, e non solo c'è il tema delle leggi regionali che hanno molto modificato il quadro in un modo frammentario necessariamente in assenza di una legge quadro, ma c'è anche il tema che in molte delle proposte la rigenerazione urbana viene richiamata anche in virtù di interventi sull'esistente. Quindi noi interveniamo sull'esistente, e sul tema del consumo di suolo zero sono state molte anche le proposte di carattere settoriale che, francamente, secondo me, sviano quello che è l'obiettivo, perché la legge deve essere una legge di governo del territorio, Pag. 12che ci dia quindi strumenti per superare questa settorialità. Ce lo chiede anche l'Europa, perché l'Europa richiama in campo proprio nelle strategie di rigenerazione urbana questo coordinamento interistituzionale e intersettoriale necessario.
  Per esempio, anche in questa proposta a cui ho fatto riferimento dell'ultima Commissione presso il Ministero dei lavori pubblici vi era proprio un articolo che parlava dei principi della rigenerazione urbana e individuava anche quali fossero gli ambiti per la rigenerazione. Ma ovviamente l'intervento in questi ambiti avviene attraverso strumenti urbanistici riformati, e attraverso meccanismi attuativi riformati. Questo, a mio parere, è un nodo attraverso il quale eliminare questa diversa opportunità di sviluppo che hanno le diverse Regioni, attuando una omogeneizzazione ai fini di un migliore sviluppo, e ai fini veramente di garantire la messa in campo di queste strategie.
  In ultimo, un altro tema che mi sta molto a cuore è proprio quello degli standard urbanistici che certamente costituiscono una garanzia dei diritti. D'altra parte il Decreto ministeriale è del 1968, quando forti erano le richieste di diritti, in particolare proprio per la salute, per la scuola, e per tutti quei servizi di associazionismo e culturali che avrebbero dovuto garantire un diverso livello di vita.
  Ecco, io credo che gli standard siano un perno fondamentale, e credo che sia anche molto importante mantenere un aspetto quantitativo degli standard. Io stessa mi sono occupata della stesura – in questa proposta di legge a cui ho fatto riferimento per il governo del territorio – proprio di un articolo sugli standard urbanistici che innovava il Decreto, mantenendo però degli aspetti, dei riferimenti quantitativi, ovviamente variati, perché variate sono le condizioni al contesto della cittadinanza, e diverse sono le istanze. Sono stati quindi inseriti Pag. 13anche tutti quegli aspetti qualitativi, non solo prestazionali, per esempio ecologici, e che sono dei nuovi contenuti del piano urbanistico adeguati a garantire concretamente questa transizione ecologica.
  Quindi il tema degli standard urbanistici ai fini di una reale politica non solo di individuazione, ma di acquisizione e di realizzazione dello standard, di possibilità di fruizione, è un tema fondamentale che la legge per il governo del territorio deve affrontare, affinché le periferie – e più in generale le aree urbane – possano davvero tornare ad essere l'oggetto precipuo di interesse di importanti strategie di rigenerazione urbana. Questo avviene già nelle maggiori capitali europee che hanno, magari, un quadro legislativo e normativo meno complesso del nostro, ma la complessità non vuol dire che non possa essere affrontata. La complessità deve anzi essere affrontata per dare poi delle soluzioni concrete. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie mille professoressa, è stata una relazione davvero interessante e piena di spunti. Io credo che veramente abbiamo toccato tantissimi temi, che ci danno l'idea del grande lavoro che abbiamo dinanzi. Noi chiaramente come Commissione per gli ambiti di nostra competenza proveremo a dare il nostro contributo concreto, anche avvalendoci della vostra preziosa collaborazione, in sinergia con voi. Passo ora la parola all'architetto Nicola Picco, Consigliere di Confedilizia a Venezia.

  NICOLA PICCO, Architetto, Consigliere di Confedilizia Venezia. Ringrazio il Presidente, e i membri onorevoli della Commissione, i presenti e i collegati.
  Come diceva la professoressa Ricci ritengo questa audizione una occasione principalmente di presentazione, e anche di indicazione di disponibilità rispetto a quanto eventualmente io Pag. 14possa dare come contributo. È una Commissione che ritengo senz'altro strategica, quindi importante, ma evidentemente anche in considerazione alle tematiche che sono trasversali e ampie e multidisciplinari io limito il mio intervento alle esperienze mie dirette e mi pongo ovviamente all'ascolto, come ho fatto io ora, dei colleghi che partecipano anche loro come esperti in audizione.
  Io faccio in realtà la professione a Venezia di architetto, però negli ultimi anni mi sono anche occupato molto, sia in termini di tempo che di impegno, ad attività ordinistiche e della fondazione degli architetti di Venezia con progetti anche del Consiglio Nazionale. Lo dico perché sarà utile poi all'interno della relazione ricordare alcuni progetti.
  In realtà proprio all'interno dei progetti del Consiglio Nazionale, anche io ho avuto nella precedente Commissione con il Presidente Causin e con l'Onorevole Morassut un paio di giornate di incontro con sopralluoghi a Venezia, e poi anche un'audizione con un ricercatore dell'università di Venezia.
  Negli ultimi sette anni ho avuto occasione di essere Presidente e amministratore di una società che cura la manutenzione urbana a Venezia, il patrimonio residenziale e le politiche abitative del Comune di Venezia. Qualche anno più in là nel tempo ho svolto tre anni di attività come amministratore in società dei trasporti veneziani, tenendo presente che i trasporti a Venezia vedono ovviamente acqua, ferro e gomma, e quindi una complessità interessante rispetto al territorio.
  Oggi continuo a lavorare con impegno e con piacere nella Fondazione e, come diceva il Presidente, dal 2017 sono anche Consigliere di Confedilizia a Venezia.
  Nel mio intervento affronterò diverse nature del degrado urbano, con sfumature magari un po' più contemporanee Pag. 15rispetto alle cose non dico note, ma insomma più conosciute dei temi che riguardano le periferie in senso stretto.
  Ho visto che anche il nome della Commissione in realtà è cambiato rispetto alla volta precedente, e già la professoressa Ricci ha accennato a degradi in altri contesti, non necessariamente nelle periferie. E, dicevo, sono situazioni che riguardano il carattere del costruito, agli aspetti sociali etc., ma dove forse un intervento può essere più efficace, perché in prospettiva sono temi che stanno diventando più drammatici.
  Cercherò di strutturare una decina di punti, provo a fare questa cavalcata, una maratona veloce, magari anche un po' didascalica. Li ho declinati in due macro, diciamo, temi. All'inizio, un po' di analisi del territorio, per gli elementi che mi interessano. Poi nella seconda parte, cercherò di illustrare un po' gli strumenti in senso ampio, non così specifico come nell'intervento della professoressa.
  Quindi per quanto riguarda la lettura del territorio io la prima parte cerco di raccontare città, comunità, popolazioni, la coesione sociale, la struttura, le infrastrutture, il commercio, i servizi, tutto davvero in rapidità.
  La qualità del costruito ha due scale, quella ampia, ma anche quella del decoro, quella della declinazione della manutenzione del decoro. Temi paralleli, anche toccando temi di degrado dovuti all'over tourism, che mi è caro ovviamente per questioni territoriali, e in generale sentire gli altri estranei all'interno del territorio.
  La seconda parte è quella degli strumenti, riguarda la cultura del costruito. In realtà la cultura della domanda, più che del costruito, quindi non dell'offerta, ma della domanda, e creare comunità che possano comprendere di più la qualità, quanto importante e rilevante sia la qualità dico dell'architettura,Pag. 16 ma in realtà evidentemente intendo l'architettura della città, non l'oggetto architettonico ovviamente.
  E anche l'importanza, come dicevo prima, della gestione, della manutenzione, dell'avere cura. Forme di riqualificazione, brevi cenni sul patrimonio pubblico e su quello privato, visto che un pochino me ne sono occupato, un po' come con l'Amministrazione pubblica e un po' anche con Confedilizia, con due sfumature decisamente diverse.
  Iniziando nel merito sulla lettura del territorio, evidentemente la città è fatta urbis e civitas, è fatta delle tre fasi dell'urbano, del costruito e ovviamente di cittadini, anzi storicamente la città non prescinde ovviamente da una riflessione politica. Proprio la geometria, nella città greca la scelta, la città è esattamente ciò che è espressione della politica della comunità o meglio della comunità, con riflessioni sulla comunità.
  Quindi questa commistione, cioè che la città di per sé non sia ovviamente il costruito, ma sia città e ci sia città costruita urbis, e civitas, e i cittadini, è ovviamente noto.
  Lo dico perché? Perché poi all'interno anche della declinazione della comunità, e quindi delle persone, e quindi intesa come organismo vivente proprio, vi è anche una distinzione all'interno delle popolazioni che abitano. Sono temi noti da molti anni, ma ovviamente la città è composta da diverse popolazioni, più o meno stanziali, quindi residenti, studenti, lavoratori, visitatori, quindi anche gente che temporaneamente sta lì ma ha anche pari diritti, anzi mi piace sottolineare, rispetto a chi ci risiede, la città ovviamente è di tutti ed è fatta da tutti.
  Quindi, come dicevo in realtà anche prima, la carenza dei servizi, sanità e trasporti, tema gravissimo nelle periferie, in prospettiva lo è anche per i centri. Lo spopolamento di quella porzione di popolazione rende grave, ripeto in prospettiva, non Pag. 17è ancora accaduto in forma estrema, e poi ovviamente meno sanità, meno trasporti dedicati, meno ragazzi nelle scuole, numero di classi, è un corto circuito che non fa altro che sfavorire esponenzialmente la permanenza degli abitanti, dunque la comunità della città.
  Adesso non voglio spostare il tema delle periferie al centro, però siccome i temi sono paralleli ne vale la pena. Venezia poi in particolare ha per questioni fisiche un limite del centro rispetto a quella che viene chiamata terraferma da noi, e quindi vi è anche questa differenza esasperata, fisicamente marcata. Non è tema centrale, ma secondo me vale la pena che la Commissione se ne occupi, noi in questi giorni abbiamo 35 mila posti letto in città insulare: 35 mila posti letto nel settore alberghiero, 50 mila nell'extra alberghiero, a fronte di 49.000 abitanti, peraltro con una progressione spaventosa. Vi sono quindi 35.000 di alberghiero e 50.000 di extra alberghiero, extra alberghiero vuol dire quelli che erano una volta bed & breakfast, da noi la normativa regionale non prevede più i bed & breakfast, si chiamano locazione turistiche, temi noti anche nazionalmente.
  Peraltro l'estensione della parte extra alberghiera insiste nella parte residenziale della città e quindi non nella parte ricettiva, cioè non hotel, ma case, e dal 2016 a oggi mi pare che siano raddoppiati i numeri dei posti letto. La cosa si sfuma un po' in funzione del territorio, quindi quando si esce in terraferma sfuma un pochino, ma diciamo che il suo eccesso lo raggiunge nella città insulare.
  Insomma alla fine questo scollamento tra i concetti di città, a quelli che accennavo prima, che sentiamo fortissimo anche nelle periferie, ma anche nei centri storici. È una città che alla fine non è più presidiata nel senso anche qui largo del termine, evidentemente meno drammatiche di ciò che succede nelle Pag. 18periferie, ma oggi i centri storici, quanto meno il mio, è in mano a borseggiatori e allo spaccio, perché comunque il presidio della comunità è un pochino più debole, l'appartenenza e sentirsi parte della città è un pochino più debole.
  Prima di parlarvi della seconda parte, che era quella degli strumenti, mi preme di sottolineare il fattore di scala, nel senso che è vero che ci sono tematiche di carattere strutturale e infrastrutturale importanti, ma ci sono temi che riguardano la manutenzione ordinaria. Ne accennavo prima, il decoro, le piccole cose che rileva moltissimo nel degrado. Non dico che gli esempi noti degli agglomerati residenziali, Scampia, Caivano etc., non siano dovuti forse a una architettura sociale che in quel momento si pensava corretta e forse non lo era, ma c'è una grossa componente anche nella manutenzione dei luoghi. Questo vale in periferia, e vale ovviamente anche in centro. È nota, ma la dico solo perché è suggestiva, la teoria delle finestre rotte: è quell'esempio in cui due macchine vengono parcheggiate in due posti, una nel Bronx, e una a Palo Alto. Una in tre giorni viene distrutta e aggredita, l'altra rimane intatta. Non rappresenta una verità assoluta ovviamente questa teoria, però insomma per dare l'esempio che alcuni esempi di qualità del dettaglio rilevano anche nella micro criminalità quanto meno.
  Sugli strumenti, partirei dal tema della cultura sul costruito. Al di là delle operazioni del merito della riqualificazione, che senz'altro sono necessarie, mi preme precisare il ruolo della formazione quale elemento fondativo per gli abitanti. C'è un bellissimo progetto, arrivato alla quinta edizione che si chiama «Abitare il paese», fatto dal Consiglio Nazionale Architetti, ma in realtà in assoluta sinergia con i territori, con sessanta ordini nazionali, e insieme alla fondazione Raggio Children che ha cercato di trasmettere ai ragazzi la cultura della domanda, poi di riflesso anche alle famiglie ovviamente, e quindi la consapevolezzaPag. 19 dell'architettura come bene collettivo. Quindi questi ragazzi fanno visite, studiano la loro scuola anche come elemento diciamo di architettura, fanno dei sopralluoghi nei luoghi importanti delle città, e ciò accade in sessanta città in Italia. Vanno in luoghi strategici, che hanno valenza urbanistica in città, musei, teatri, e tentano anche di raccontare come vedono la città futura e in qualche maniera l'obiettivo è, appunto, l'attivazione, come vengono chiamati all'interno di questo progetto, attivazione di comunità educanti, cioè invitare bambine e bambini insieme agli adulti, tutor, insegnanti, amministratori ad attivare riflessioni e azioni per costruire e rinnovare proprio la comunità stessa, cioè dare cultura.
  I temi sono: relazioni, benessere, accoglienza, la bellezza in sé, la cura, il rispetto, e in qualche maniera ovviamente anche la storia, il tutto in ambiti anche ludici di gioco che aiutano la comprensione.
  Forse è stato detto anche prima, rendere le città, e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, e duraturi e sostenibili è uno degli obiettivi della agenda 2030 esattamente in un obiettivo. Tralascio i numeri, ma sono importanti, di questo progetto, che però vi posso lasciare un documento, ma è un esempio ovviamente, è per puntare, per dare evidenza di quanto la formazione, infatti l'ho trattato come primo strumento, di quanto la formazione possa essere utile, al di là dell'aspetto sociale di per sé, ma anche utile alla rigenerazione e alla creazione di cultura per avere cura della propria città e consapevolezza.
  Ho detto prima ma lo preciso: quando parlo di architettura, parlo di architettura della città, non dell'oggetto ovviamente, bello o brutto che sia, ma è questione di funzioni strategiche dell'architettura, dell'oggetto della città.Pag. 20
  In realtà anni fa c'era un tentativo di scrivere una legge quadro sulla qualità architettonica, poi so che nel 2021 erano state scritte delle linee guida. In realtà l'obiettivo di questa attività e di questo articolato era molto collegato a un tema molto caro alla città e agli architetti, ossia quello di legare e di ritenere indispensabile il valore dell'architettura senza altro, ma con lo strumento del concorso, che è molto trascurato, anche se devo dire che negli ultimi anni un pochino, qualche segnale nuovo lo abbiamo intravisto, forse grazie anche alla digitalizzazione, di alcuni sistemi hanno forse alleggerito i tempi e quindi hanno aiutato questa forma di progettazione attraverso il concorso. Ovviamente vale soprattutto per il pubblico.
  Un'altra proposta di legge che vi cito, perché ha alcuni elementi interessanti, è invece una di Confedilizia che tenta di coinvolgere in maniera attiva i proprietari nella rigenerazione urbana. Lo ha detto la professoressa: ad ogni Legislatura si va avanti con la questione di rigenerazione urbana, con tentativi di scrittura di norme etc., è un tema difficile.
  Qui sottolineo solo il ruolo che, attraverso gli accordi ovviamente, pubblici e privati, attraverso le perequazioni che venivano citate prima il privato possa contribuire certamente al suo sviluppo, ma soprattutto al beneficio pubblico che va ben inquadrato all'interno degli accordi, e ci deve essere una strategia evidentemente, non caso per caso.
  Questa proposta di legge ha un articolato molto stretto, io ho evidenziato le parti interessanti, direi che caso mai lo mettiamo agli atti se qualcuno ha interesse.
  Prima durante la relazione della mia collega ho sentito l'interesse sugli standard, in realtà non è un tema che io conosco particolarmente, però ho avuto modo di leggere che la questione se anche la sicurezza urbana in qualche maniera Pag. 21possa essere uno standard urbanistico, è all'interno di un saggio che avevo letto su Spazio Urbano. Una volta i regolamenti erano fatti di divieti e oggi sono fatti di prestazioni, però magari questa cultura degli standard qualitativi hanno rilevanza e ovviamente la sicurezza ha rilevanza in termini di trasporti, di spazi pubblici, però che l'obiettivo sia la sicurezza come standard potrebbe essere un tema interessante.
  In realtà il collega di Padova che ha scritto questa cosa lo declina anche negli A.T.O., cioè nella legislazione ovviamente locale, perché sono diverse ovviamente le norme, ma quella locale veneta è interessante.
  Chiudo con un cambio, diciamo, di scala anche qui. Nella mia esperienza professionale, direi che anche i regolamenti comunali in qualche maniera cercano di correggere alcuni squilibri. Da noi c'è una fortissima relazione tra le attività commerciali e i regolamenti edilizi, cioè magari succede anche in altre città, ma anche i regolamenti per l'apertura delle somministrazioni di bar e ristoranti, dopo la liberalizzazione attuata con i decreti Bersani, seguono dei punteggi per le aperture.
  I punteggi prevalentemente puntano su attività Friendly del ristorante, sugli orari, l'assenza di slot, posti all'interno del ristorante dove la mamma possa fare un breve pit stop per allattare, spazio per i passeggini. Tutto questo è codificato con un punteggio, e si arriva a un punteggio 200 solo grazie se tu garantisci l'abbeveramento per i cani, lo spazio esterno per i passeggini, norme veramente strane per un regolamento edilizio, però le cito. Forse sempre per esperienze locali ha avuto molto sviluppo da noi il controllo di sorveglianza e vicinato, che è un altro livello, è associativo, non è più istituzionale, in realtà è una reazione al fatto che quel controllo non è più naturale e quindi lo devi costruire attraverso una forma, però diciamo ha Pag. 22avuto molto successo questo tema, è stato anche audito il responsabile di questo progetto qui durante la scorsa Commissione.
  Mi permetto di dire anche una cosa sui bandi pubblici per la residenza: molto social housing, poco ERP oggi. Non è un giudizio, ma è un dato di fatto quanto meno del nostro territorio. Il social housing avviene con bandi specifici, gli ultimi 7–8 con requisito sotto i 40 anni, coppie, non occorre che siano sposati, redditi tra i 10.000 e 30.000. Quindi è un tipo di offerta di case, mantenendo comunque la parte dell'emergenza abitativa, che va verso giovani coppie, alla fine è questo, per le giovani coppie.
  Non possiamo però non ricordare che va declinato ovviamente in funzione anche della questione demografica e anagrafica, cioè ovviamente la popolazione anziana, e quindi ci sono esperienze di coabitazione con sistemi tecnologici anche di supporto per anziani che fanno fatica ad avere la casa accessibile in tutte le sue forme e convivono.
  Nel privato e nella riqualificazione privata il tema ovviamente è il frazionamento della proprietà, lo sappiamo. Un altro tema nel privato relativo alla possibilità di affittare invece a residenti o a patti territoriali concerne il problema della questione della garanzia della tutela anche del proprietario. Il tema è quindi la morosità, e quindi la paura di non essere pagati che ferma il proprietario a dare l'alloggio a residenti.
  Quindi abbattimento IMU, canoni concordati etc., potrebbero correggere questa cosa. Mi sembra che il Piano casa proposto recentissimamente, abbia dei valori importanti, sono anche nuovi, perché io a mia memoria non ricordo piani casa sul patrimonio pubblico. A Venezia abbiamo fatto recentemente un grosso nuovo investimento, e leggendo i comunicati sia Pag. 23dell'ordine degli architetti, del Consiglio Nazionale degli Architetti, sia di Confedilizia mi sembra che sia visto con ottimismo.
  Chiudo sulla qualità del progetto declinata in tutte le sfumature, quindi la qualità del costruito, la qualità della manutenzione, coltivare la cultura della qualità. La qualità come standard degli strumenti, la qualità della merceologia che si vende, perché anche questo a Venezia è un tema, ma penso in tutti i centri, e forse anche in terraferma. Vi è poi la qualità dell'offerta temporale, la qualità differenziata del patrimonio pubblico, come abbiamo visto.
  Infine, faccio notare come anche un'infrastruttura di carattere importantissimo come il Mose abbia inciso nella riqualificazione, anche se questo è un tema ovviamente unico rispetto ad altre realtà. La salvaguardia rispetto alle esondazioni dell'acqua ha cambiato sostanzialmente il valore del patrimonio edilizio a Venezia, per tutti i negozi e anche per le residenze al piano terra che erano le meno qualificate, e oggi sono diventate le più richieste.
  E quindi anche interventi di carattere di infrastrutture così importanti hanno ovviamente rilevanza, senza citare gli esempi storici delle esondazioni a Firenze del 1966 che hanno comportato costruzione di alloggi in maniera un po' scomposta e quindi da gestire, ma il tema è che anche queste rilevano. Grazie.

  PRESIDENTE. Bene, grazie mille architetto. Lascio ora la parola ai colleghi che hanno chiesto di intervenire, partendo dal collega Iaria. Poi la collega Ruffino.

  ANTONINO IARIA. Buongiorno a tutti. Saluto la professoressa e saluto anche il collega. Grazie della loro bella presentazione, anche dei loro spunti.
  Io vi parlo in collegamento da remoto proprio da un quartiere di Torino, che ha avuto un esempio di quelle riqualificazioni,Pag. 24 chiamiamole spot, che hanno utilizzato i fondi europei, però non legate a una pianificazione più ampia per la riqualificazione delle periferie.
  Poiché si è parlato chiaramente di pianificazione, e si è parlato di ambiti, la mia domanda è: qual è l'ambito migliore per fare una pianificazione vera che riesca a gestire la rigenerazione urbana nelle periferie, ma anche nelle città stesse? Perché effettivamente molte volte si lavora per progetti spot che identificano un'area sulla quale si fa un intervento anche in deroga ai piani regolatori, perché i piani regolatori sono vecchi e ingessati e le trasformazioni in quel caso richiederebbero molto tempo. Però di per sé magari si perde una pianificazione oggettiva, che non è solo quella edilizia, ma anche sociale, della rete viaria e altro. Quindi la mia domanda è semplice, e secondo molti l'ambito provinciale di pianificazione può essere l'ambito corretto per fare progetti che abbiano una relazione tra le diverse idee di sviluppo, attraverso proposte che tutte le grandi città fanno e che anche le aree urbanizzate fanno.
  Non limiterei nessun tipo di proposte, è chiaro che ci vuole sicuramente una modalità più leggera per poter avviare, dal punto di vista regolatorio, progetti di rigenerazione urbana. Però ci va anche una pianificazione di ambito più ampio, per riuscire ad avere chiaramente delle pianificazioni che abbiano un senso, che siano guidati da linee guida importanti, tipo consumo di suolo.
  Perché è inutile che una città come Torino, faccio un esempio, attui delle politiche di consumo di suolo mentre i Comuni limitrofi queste politiche non le attuano. Quindi se c'è un'idea che si debba andare verso questa riduzione del consumo di suolo con, sicuramente, modalità che non siano estremiste da una parte e dall'altra, bisogna fare in modo che i piani Pag. 25di ambito provinciale siano veramente stringenti e possano indirizzare questa politica.

  PRESIDENTE. Grazie al collega Iaria. Prego, onorevole Ruffino.

  DANIELA RUFFINO. Grazie Presidente, e buongiorno a tutti. Ho trovato molto interessanti le due relazioni, soprattutto se penso al tema dei centri storici di cui mi sto occupando in Piemonte.
  Effettivamente sono zone particolari, ma spesso abbandonate. E se penso alla riduzione del consumo del suolo dovrebbero essere delle porzioni di territorio prese in considerazione e in qualche modo valorizzato. Credo che il disagio, soprattutto per quanto riguarda i giovani, come dire si sviluppi proprio in quegli anfratti, perché effettivamente i centri storici dispongono di moltissimi angoli e anche di moltissime porzioni di abbandono. Quindi la rigenerazione sarebbe un tema quanto mai importante, che dovrebbe essere portato all'attenzione delle Amministrazioni, magari anche di quelle più distratte e non solo quelle delle grandi città, perché le periferie non si trovano solo nelle grandi città, ma anche nei medi centri, anzi direi che c'è uno sviluppo importante in questo senso.
  Quindi credo che di questo aspetto dovremmo tenere molto conto, e riuscire anche a dare importanti suggerimenti ai Sindaci. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Ovviamente sono stati toccati tantissimi temi di estremo interesse, e quindi già vi preannuncio che dovremo approfondire in prossime occasioni tutta una serie di spunti. In particolare il tema generale di una legge sul governo del territorio – che ponga anche un po' di argine a questo pullulare disorganico delle normative regionali – credo che sia Pag. 26una cosa assolutamente importante. Evidenzio anche il tema degli standard urbanistici e il tema degli oneri di urbanizzazione, e molto interessante è anche l'avere ribadito il fatto che la rigenerazione non può essere rigenerazione di un edificio, ma si deve parlare di una rigenerazione complessiva, che abbia una valenza territoriale.
  Faccio una domanda puntuale: la professoressa ha parlato di una cosa molto interessante, ossia che anche in ambito universitario è stato lanciato un percorso di formazione sulla rigenerazione urbana. Mi interessava sapere qual è stata la risposta da parte degli studenti, sia in termini di partecipazione che in termini di progettualità.
  Se non ci sono altre domande, anche da parte dei colleghi collegati, passerei la parola ai nostri consulenti per la loro replica.

  NICOLA PICCO, Architetto, Consigliere di Confedilizia Venezia. Intervengo sulla prima domanda, che mi sembrava anche una osservazione che condivido.
  Nella mia esperienza, per quanto io faccia l'architetto e non il pianificatore, ciò che è successo in Veneto dal punto di vista delle leggi regionali, e quindi di derivazione ovviamente nazionale, sono tutti interventi sui fabbricati.
  Anche la riqualificazione energetica evidentemente, per quanto fondamentale, ha una bassa strategia urbana. Devo dire che il principio che il documento del Sindaco tracci degli obiettivi che possono portare accordi e sviluppi, mi sembra ovviamente interessante.
  Da noi la questione metropolitana dal punto di vista della pianificazione non è molto efficace, o comunque non è uno strumento utile, ma su questa domanda lascerei la risposta alla collega.Pag. 27
  Il secondo tema era sui centri storici, e ovviamente condivido che sia una attenzione da porre alla Commissione. La terza domanda era specificamente per la collega, e quindi lascio a lei la risposta.

  LAURA RICCI, Professore ordinario di Urbanistica dell'Università La Sapienza. Grazie. La prima domanda mi consente di specificare una questione di carattere generale, che è stata affrontata in termini sintetici. A mio modo di vedere, uno dei connotati fondamentali della rigenerazione urbana è la dimensione fortemente interscalare, cioè la rigenerazione urbana è una strategia necessariamente integrata e interscalare, e quindi diciamo per questo deve coinvolgere diversi livelli istituzionali. Quindi deve avere un connotato di interistituzionalità, ponendo alla base anche delle proposte di legge per il governo del territorio, attraverso processi di copianificazione.
  Quindi è molto importante definire questa interscalarità, perché chiaramente noi abbiamo la necessità di una concezione strutturale del sistema di pianificazione, e quando noi parliamo di una nuova forma del piano parliamo, appunto, di un piano strutturale e di un piano operativo. È chiaro che quando parliamo di qualcosa di nazionale dobbiamo cercare di immaginare le specificità e le diversità, però è altrettanto chiaro che la dimensione strutturale della pianificazione di area vasta, per esempio del piano provinciale a cui faceva riferimento l'onorevole, è la scala per definire alcuni elementi di struttura che poi devono trovare ulteriori elementi di approfondimento, di sviluppo e di articolazione a livello della pianificazione urbanistica locale.
  Quando abbiamo appunto lavorato a questa legge per il governo del territorio, io ho immaginato ovviamente la rigenerazione, che è una strategia precipua del piano urbanistico locale. Ma, al tempo stesso, la medesima proposta si fa portatricePag. 28 di questa dimensione strutturale della pianificazione, per cui non abbiamo più elementi di conformità, ma più che altro elementi di coerenza.
  Quindi, diciamo, la rigenerazione urbana può essere impostata, ovviamente, tra gli obiettivi come una strategia importante a livello territoriale, soprattutto per quelle parti di territorio dove non c'è un Comune di particolare rilevanza in termini proprio di consistenza e quant'altro. Pertanto in questo caso la dimensione strutturale della pianificazione territoriale può sostituire, anche, la dimensione strutturale del piano locale, del piano urbanistico. E quindi fare proprie alcune strategie, e alcuni indirizzi importanti per la pianificazione operativa comunale.
  Questo proprio per garantire il massimo del coordinamento tra le diverse realtà. Quindi questo è un tema, e secondo me la risposta è che, a mio modo di vedere, il piano urbanistico è quel piano che ci garantisce il quadro delle coerenze per il governo delle dinamiche di trasformazione sui territori, e questa è la parte diciamo proprio sostanziale.
  Questo non vuol dire che, ovviamente, essendo la rigenerazione una strategia peculiarmente interscalare, questo tipo di strategia possa essere declinata con competenze e prerogative diverse dai diversi piani.
  Dicevo, appunto, che nella proposta di legge ci sono dei principi per la rigenerazione urbana, e poi c'è la possibilità di individuare nella parte operativa dei piani locali e ambiti di rigenerazione urbana, che quindi sono quelli deputati a fare interventi di ristrutturazione urbanistica. Cioè la ristrutturazione urbanistica ai sensi della legge 457 del 1978 è una categoria di intervento che rifà l'impianto, cioè può fare l'impianto daccapo di una parte della città, e questa è la rigenerazione.Pag. 29
  Ovviamente sono molto d'accordo con il tema dei centri storici. Voglio chiarire quello che ho detto all'inizio sul tema della questione tra assetto urbano e periferia. Cioè, a mio modo di vedere, questa Commissione ha come oggetto precipuo la periferia, ma dal momento che la città contemporanea presenta alcune caratteristiche peculiari, per cui noi abbiamo condizioni di marginalità sociali, economiche, morfologiche, funzionali anche in quelli che tradizionalmente individuavamo come i luoghi della maggiore qualità e cioè i centri storici, in realtà noi oggi parliamo di una nuova questione urbana che è una questione estesa all'intero territorio comunale nelle sue diverse parti, e indipendentemente se stai lontano dal centro storico o sei addirittura nel centro storico. Quindi se noi consideriamo il fattore del degrado o della marginalità, un fattore che conclama una condizione di perificità non più una condizione geografica territoriale o almeno non esclusivamente. Quindi in questo senso parlare di periferie vuol dire aprire una grande attenzione alla questione delle città nelle varie dimensioni, e con le varie specificità.
  Per esempio, una delle cose interessanti è che come Commissione abbiamo messo a punto tutta una serie di criteri per individuare la qualità delle proposte rispetto a una strategia di rigenerazione. Alcune di quelle questioni, dal momento che ci ho lavorato, le potremmo anche riprendere, perché il collega prima diceva: «Mettiamo la sicurezza tra gli standard». È chiaro che quando parliamo di servizi, secondo me alcune cose sono interessanti come criteri indicatori di qualità rispetto a tanti fattori, noi abbiamo servizi materiali e immateriali. E quindi è chiaro che quei servizi per le comunità, quelle forme di attivazione, di partecipazione della popolazione etc. etc., sono dei servizi immateriali, e sono sempre servizi importanti.Pag. 30
  Io lascerei francamente agli standard questo ruolo importante di garanzia di alcuni diritti, attraverso una individuazione fisico-strutturale sul territorio di alcune dotazioni che sono necessarie per garantire elevati livelli di qualità della vita per i cittadini.
  Per esempio, e allacciandomi anche a quello che diceva prima il collega, il tema dell'edilizia residenziale pubblica è un tema notevolissimo. C'è anche il diritto all'abitare, è un diritto del nostro welfare urbano che dobbiamo cercare e anche per questo i meccanismi attuativi di carattere perequativo, l'apposizione compensativa, cioè ottenere aree pubbliche è fondamentale anche, quindi, per l'edilizia residenziale pubblica.
  Ora, per esempio, secondo me avere messo l'edilizia residenziale pubblica nelle aree a standard è una cosa che quando uno non sa come affrontare una questione, la affronta in un'altra. Cioè, io capisco alcuni momenti di particolare difficoltà, però questo secondo me riduce le aree agli standard urbanistici, che invece sono un'altra cosa, e invece abbiamo certamente bisogno di una grande strategia per l'abitare, ma che sia una strategia per l'abitare sociale, per l'abitare di necessità. Questa è la mia opinione.
  Rispondendo alla domanda del Presidente Battilocchio, questo corso universitario per i primi due anni è stato solamente in lingua italiana, e quindi non era un percorso internazionale. Noi lo abbiamo voluto nella classe di architettura, che è una classe particolarmente vincolante tra tutte le classi di laurea perché deve avere il riconoscimento europeo, e quindi è abbastanza rigida nell'individuazione delle materie e nella sua impostazione.
  Però, nonostante questo, abbiamo avuto un buon valore di media, perché noi avevamo una possibilità di ingresso fino a 70 Pag. 31posti, mi pare, e i primi anni siamo stati sui 55/60, perché chiaramente questa cosa deve prendere piede.
  Dopo di che però, una cosa che abbiamo fatto è stato di aprire un secondo percorso in lingua inglese, e su questo non ci bastano i numeri. Ovviamente anche i numeri del percorso in italiano sono in crescita, però diciamo che è evidente che in Europa vi sia una maggiore sensibilità culturale sul tema della rigenerazione.
  C'è quindi una maggiore attenzione da parte degli studenti stranieri a venire a frequentare, però siccome poi c'è sempre un rapporto docente–studente non possiamo allargare più di tanto il numero. Però stavamo proprio pensando di implementarlo perché c'è veramente una grandissima richiesta.

  PRESIDENTE. Grazie. Abbiamo toccato tantissimi temi, e quindi come ho già detto vi preannuncio che dovremo approfondire tutta una serie di aspetti che nel corso delle vostre relazioni sono stati toccati, perché io credo che soprattutto su alcune tematiche sia necessario fare un approfondimento per fornire ulteriori spunti ai colleghi che all'interno delle varie Commissioni di merito si occupano poi di queste tematiche. Quindi vi ringrazio per la vostra presenza, e soprattutto per la vostra disponibilità ad essere presto nuovamente con noi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.35.