XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

Resoconto stenografico



Seduta n. 25 di Lunedì 22 gennaio 2024

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 

Audizione di Pier Carlo Montali, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet:
Semenzato Martina , Presidente ... 2 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 2 
Semenzato Martina , Presidente ... 5 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 5 
Semenzato Martina , Presidente ... 5 
Morfino Daniela (M5S)  ... 5 
Montali Pier Carlo , amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet ... 5 
Semenzato Martina , Presidente ... 5 

Audizione di Antonella Faieta, vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV:
Semenzato Martina , Presidente ... 6 
Faieta Antonella , vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV ... 6 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Ascari Stefania (M5S)  ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 9 
Faieta Antonella , vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV ... 9 
Semenzato Martina , Presidente ... 11 
Faieta Antonella , vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV ... 11 
Semenzato Martina , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARTINA SEMENZATO

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e alla trasmissione diretta della web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che la seduta si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. Ricordo, inoltre, che i lavori potranno proseguire in forma segreta sia a richiesta degli auditi che dei colleghi, sospendendosi, in tal caso, la partecipazione da remoto, e la trasmissione sulla web-tv.

Audizione di Pier Carlo Montali, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione di Pier Carlo Montali, amministratore delegato della start up Security Watch Srl e ideatore del dispositivo WinLet creato per prevenire le aggressioni e la violenza contro le donne.
  A nome di tutti i commissari e di tutte le commissarie do il benvenuto al dottor Pier Carlo Montali, che è accompagnato dal collaboratore Fausto Jacopo Tognini a cui do il benvenuto.
  Nel ringraziarli per la disponibilità a intervenire ai nostri lavori, segnalo loro l'esigenza di contenere l'intervento illustrativo entro i dieci/quindici minuti per assicurare un congruo tempo per il dibattito con i commissari e le commissarie presenti o collegate da remoto.
  Anticipo inoltre che alle 15.17 dovrò prevedere una sospensione di questa audizione per riprenderla poi tempestivamente. Grazie.

  PIER CARLO MONTALI, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Buongiorno a tutti. Inizio la mia relazione ringraziando di questo invito la presidente della Commissione, l'onorevole Semenzato, e salutando tutti i componenti della Commissione. Il mio scopo oggi è quello di dare un contributo partendo dalla mia esperienza, quindi racconterò cos'è WinLet, poi parlerò dei dati che abbiamo appreso da quando siamo sul mercato italiano. Infine, cercherò di dare spunti di riflessione, senza alcuna presunzione ovviamente, basati sulla mia esperienza nel settore, e cosa, secondo me, potrebbe fare lo Stato italiano per contrastare la violenza di genere grazie alle nuove tecnologie.
  Partiamo da cos'è WinLet. Da vari anni sono nel mondo delle start up digitali e tecnologiche, nel 2019 ho aperto la società Security Watch Srl insieme ad altri fondatori, tra cui il gruppo CIVIS SpA, Nicola Iberati e Antonino Foti. Il motivo per cui l'ho aperta è perché una sera, mentre andavo a correre a Milano, mi è capitato di ritrovarmi per caso in una zona buia in un momento in cui non c'era nessuno. In quell'attimo ho pensato di non sentire una particolare paura, ma subito mi sono chiesto: una donna potrebbe fare esattamente quello che stavo facendo io senza avere nessun timore?
  La risposta è stata lapalissiana e da quel momento ho iniziato a eseguire delle ricerchePag. 3 di mercato nel settore, smart personal security devices, cioè strumenti tecnologici per la sicurezza della persona. Ho visto che in Italia il mercato era assolutamente arretrato, ma anche in Europa e negli Stati Uniti non c'era un unico prodotto che raccogliesse tutte quante le nuove tecnologie sviluppate.
  Così nasce l'idea di WinLet. Un prodotto che abbiamo registrato e brevettato in tutta Europa e che prevediamo nel 2025 di commercializzare nel mondo. Il dispositivo è questo che vi faccio vedere, non so se si vede, però è uno smart device molto piccolo, meno di tre centimetri di lunghezza e di larghezza, ed è alto solo un centimetro e mezzo. È leggerissimo in quanto pesa meno di 100 grammi, il design è moderno, ma volutamente non appariscente. Può essere usato come bracciale, come ciondolo o come portachiavi. Come vedrete ha un cupolino di protezione che lo preserva dai colpi ed è composto da un unico panic button.
  Per spiegarne le funzionalità faccio sempre un esempio pratico. Immaginiamo che il nostro utente sia in strada e che venga avvicinato da un malintenzionato, il nostro utente premendo tre volte il panic button (ci metterà meno di 0,5 secondi) attiverà l'allarme WinLet. Quindi partirà una sirena piezoelettrica ad alta frequenza che raggiunge circa i 110 decibel. Stiamo parlando quasi della soglia del dolore nell'arco di cinque metri.
  Questo servirà ad allontanare il malintenzionato, ma anche a richiamare l'attenzione delle persone vicine. Poi il dispositivo si collegherà immediatamente, tramite bluetooth all'applicazione WinLet presente sul cellulare dell'utente, partiranno le notifiche SOS a tutti i referenti precedentemente selezionati, fino a un massimo di cento persone. Possono essere i genitori, il fidanzato, la fidanzata, gli amici.
  Il referente riceverà una notifica con un suono continuativo di allarme capendo quindi che si tratta di una situazione di emergenza. Aprendo la notifica il referente vedrà un messaggio di SOS da parte dell'utente e la sua posizione in tempo reale sulla mappa nel caso l'utente stesse scappando o muovendosi.
  Infine, il nostro partner investitore, il gruppo CIVIS SpA, con la sua centrale operativa professionale (aperta ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette, tutto l'anno), chiamerà immediatamente l'utente e in caso di mancata risposta o di effettivo pericolo la centrale contatterà le forze dell'ordine per farle andare sul posto con tutti i riferimenti dell'utente. Come potete vedere abbiamo raccolto in un'unica soluzione tre funzionalità importantissime: la sirena, le notifiche SOS e la centrale operativa.
  Un'altra funzionalità particolarmente apprezzata dai nostri utenti è l'allarme silenzioso. Viene utilizzata in particolar modo nei casi di violenza domestica ed è pensata per tutte quelle situazioni in cui non è utile attivare una sirena o ricevere telefonate perché potrebbe peggiorare la situazione. Allora premendo per tre secondi il panic button verranno inviate le notifiche SOS specificando che si tratta di un allarme silenzioso e, ovviamente, fornendo in tempo reale la posizione dell'utente.
  Infine, le ultime due funzionalità. La prima molto utile, che abbiamo visto essere una delle caratteristiche più apprezzate dai nostri utenti, è che il WinLet non va mai ricaricato. Questa, che può sembrare una banalità, è molto importante perché oggi tutti noi siamo circondati da smart device che necessitano continuamente di ricarica. Un dispositivo del genere, che, di fatto, si spera di non dover mai utilizzare, dopo qualche tempo verrebbe dimenticato e quindi risulterebbe inutile. Invece la nostra batteria di lunga durata, che garantisce tre anni di attività, permette al dispositivo di essere sempre carico e pronto all'utilizzo. Questo è possibile perché WinLet è sempre spento e si attiva solo in caso di emergenza. Questo anche a tutela della privacy dell'utente che quindi non ha neanche la sensazione di essere continuamente monitorato fosse solo che da un software.
  Inoltre, stiamo sviluppando l'ultima grande funzionalità, cioè la registrazione tramite smartphone. Salveremmo su un cloud protetto tutto quello che viene registrato dall'audio e dalla telecamera del cellulare, così che in caso di denuncia l'utentePag. 4 possa portare delle prove di quello che è effettivamente successo.
  Noi siamo sul mercato da fine 2021 e nel 2022 Amazon ci ha premiato come migliore start up in Italia e come Top 20 in Europa, consegnandoci l'Amazon Launchpad Innovation Awards. L'aspetto di cui andiamo più fieri è che negli ultimi diciotto mesi WinLet è intervenuto in più di trecento casi per aiutare o salvare persone da situazioni di pericolo. L'episodio che ha avuto maggiore riscontro sui media probabilmente è il caso delle due ragazze che a Milano, nella zona dei Navigli, sono state circondate da otto persone e grazie al dispositivo WinLet sono riuscite a liberarsi e a chiamare aiuto.
  Adesso veniamo al secondo punto, i dati. Mi immagino che in questa Commissione tutti conoscano perfettamente i dati Istat, quindi vi leggerò quelli che, secondo me, sono i più interessanti per capire le tendenze del nostro mercato degli smart device. Il 94 per cento degli allarmi WinLet proviene da donna, l'87 per cento degli utenti WinLet è donna. Tra gli uomini il 76 per cento è under diciotto, quindi giovanissimi. Il 78 per cento delle aggressioni in cui è intervenuto WinLet sono avvenute in strada. Nei luoghi chiusi, l'82 per cento delle aggressioni avviene in casa a causa del partner o di un familiare, molte volte i figli. Il rimanente dei luoghi chiusi sono per la maggior parte luoghi di lavoro, in particolar modo centri ospedalieri e scuole. Riscontriamo un continuo aumento dei casi di bullismo su ragazzi maschi giovanissimi nelle scuole. Quando dico giovanissimi intendiamo under sedici. Inoltre, notiamo un aumento importante degli acquirenti over sessantaquattro, che vedono WinLet come sostitutivo all'allarme di casa, che considerano troppo costoso.
  Infine, arriviamo all'ultimo punto, cioè cosa, secondo me, potrebbe fare lo Stato italiano per contrastare la violenza di genere utilizzando le nuove tecnologie. Io partirei facendo un cambio di paradigma. Si pensa solitamente che per aumentare la sicurezza in strada bisogna per forza aumentare il numero delle forze dell'ordine presenti sul territorio. Io penso di no. Penso che con le tecnologie così evolute e a un costo così basso come abbiamo oggi, il paradigma debba essere completamente capovolto. Dovrebbero esserci meno persone sul territorio e più tecnologia data ai cittadini. Mi spiego meglio. Se lo Stato avesse un dispositivo simile al WinLet, ovviamente non il WinLet, con sirena, con notifiche SOS e una centrale di Polizia sempre collegata, prevedendo un minimo di produzione, anche di solo diecimila apparati, il costo del singolo dispositivo sarebbe inferiore ai 10 euro, invece per una centrale operativa moderna l'investimento annuale sarebbe dagli 1 ai 2 milioni di euro.
  Io personalmente partirei donando il dispositivo statale a tutte le persone che hanno il coraggio di denunciare una violenza. Dopo di che si potrebbero allargare le donazioni a tutte le persone che in passato hanno subìto una violenza e successivamente a chi è impiegato in lavori a rischio, come gli operatori sanitari, gli insegnanti, gli autisti e tanti altri.
  Infine, permettetemi, se vogliamo pensare in grande si potrebbe produrre addirittura un milione di dispositivi da donare a tutte le donne che ne fanno richiesta, chiedendo però in cambio un abbonamento minimo di 1 euro al mese, così da dimostrare il loro effettivo interesse per il dispositivo. Dai calcoli che abbiamo fatto con la produzione di un milione di dispositivi il costo del singolo apparecchio scenderebbe sotto i 5 euro. E con una centrale operativa, con un costo massimo annuale di 2 milioni di euro come dicevamo prima, il costo per lo Stato per questa operazione sarebbe di circa 7 milioni di euro, che però verrebbe ampiamente ripagato dai ricavi degli abbonamenti che raggiungerebbero circa 12 milioni.
  Risulterebbe, quindi, un'operazione in profitto, oltre che socialmente utile. Lo Stato italiano diventerebbe così pioniere e innovatore di un nuovo modo di contrastare la violenza di genere e, permettetemi, innovatore anche nell'ambito tecnologico, dove l'Italia, ma l'Europa in generale, è sempre percepito in coda a Paesi come Stati Uniti e Cina.Pag. 5
  In più, io sono sicuro al 100 per cento che un'operazione del genere avrebbe una grandissima valenza politica e culturale, perché lancerebbe un messaggio molto forte per le nuove generazioni. Un messaggio che lo Stato è al loro fianco, lo Stato li difende, lo Stato è sempre presente con soluzioni concrete. Ovviamente questo tipo di operazioni possono e devono essere affiancate da progetti formativi e di sensibilizzazione, che però, come tutti sappiamo, hanno tempi di risultato di medio e lungo periodo.
  Per chiudere la mia relazione, visto che sappiamo tutti che, giustamente, lo Stato investe per la propria difesa più o meno 27 miliardi di euro all'anno, penso che investire una cifra dai 5 ai 10 milioni, come dicevamo, per la difesa personale dei propri cittadini sia veramente un investimento lungimirante, con un ritorno garantito che nessuna impresa o start up potrebbe mai fare. Ovviamente per realizzare un progetto del genere serve una certa esperienza del settore e capacità manageriali che si possono trovare sul mercato. Per quanto mi riguarda nel mio piccolo io posso mettere a disposizione di questa Commissione la mia esperienza e la mia dedizione per dare un contributo a questo compito, fermare, anche con le nuove tecnologie, la violenza di genere e, più in generale, la violenza verso la persona. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Montali, noi apprezziamo sempre le start up, anche per aver dato questa visione privata in tema di sicurezza. Non so se ci sono colleghi o colleghi commissari che vogliono intervenire per porre eventuali domande.
  Gliene pongo io una velocissima. Come si affronta il tema della privacy dei dati e tutto quello che poi l'utente deve collegare?

  PIER CARLO MONTALI, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Noi su questo siamo stati molto attenti fin dall'inizio perché per noi era importante che il dispositivo WinLet fosse sempre spento. Quindi noi, di fatto, non raccogliamo i dati di dove è la persona in qualsiasi momento. Lo sappiamo solo ed esclusivamente nel momento in cui fa partire l'allarme, quindi fanno partire le notifiche verso tutti i referenti e verso la centrale operativa.

  PRESIDENTE. Onorevole Morfino, prego.

  DANIELA MORFINO. Sì grazie, buon pomeriggio a tutti. Vorrei porre una domanda al professor Montali, che ho ascoltato molto molto attentamente. Sebbene il dispositivo abbia veramente delle ottime caratteristiche e potrebbe rivelarsi utile in molti casi di stalking, la mia domanda è la seguente: come può questo strumento tutelare la donna quando, nonostante le reiterate denunce o le misure in atto, un soggetto intenzionato a commettere il delitto di femminicidio riesce comunque ad entrare in contatto con la vittima? Perché è questo il punto cruciale. Grazie.

  PIER CARLO MONTALI, amministratore delegato della start up «Security Watch Srl» e ideatore del dispositivo WinLet. Grazie della domanda. Ovviamente il WinLet non nasce per tutelare queste forme di violenza. Nel senso che è ovvia la difficoltà di fermare uno stalker con il nostro dispositivo. Il nostro dispositivo è pensato soprattutto per tutte quelle violenze che possono avvenire tra le mura di casa oppure casualmente per strada. Quindi si parla di aggressioni e quant'altro. Però la domanda, secondo me, è molto pertinente, perché con alcune semplici modifiche si potrebbe gestire anche il pericolo degli stalker. Ovviamente è necessaria una collaborazione con lo Stato, affinché sia la vittima, sia lo stalker abbiano un'applicazione che li geolocalizzati. In quel caso, secondo me, si potrebbe, in maniera molto semplice, immediata e anche poco costosa, mantenere sempre la distanza tra due persone. Dopo di che con un dispositivo simile al WinLet, in caso di avvicinamento si fa partire tutto quello che abbiamo detto, quindi la sirena, la chiamata ai carabinieri e quant'altro.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Se non ci sono altri interventi io ringrazio il dottor Montali e dichiaro chiusa l'audizione.

Pag. 6

  (La seduta sospesa alle 15.20 è ripresa alle 15.40)

Audizione di Antonella Faieta, vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'audizione di Antonella Faieta, vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV, cui do il nostro benvenuto.
  Ricordo che l'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa nasce a Roma nel 1988, quando le tre fondatrici decidono di combattere e portare allo scoperto il fenomeno della violenza sommersa, nascosta tra le mura domestiche. Nel tempo, il Telefono Rosa è diventato il maggior riferimento nazionale contro la violenza di genere grazie alle oltre sessanta volontarie e a una presenza capillare su tutto il territorio nazionale.
  Ha avuto un ruolo chiave per il riconoscimento dello stalking come condotta penalmente rilevante e ha gestito, per molti anni, il numero 1522. Oggi l'Associazione continua a gestire una linea telefonica di ascolto attiva ventiquattrore su ventiquattro, oltre ad assicurare un riconosciuto servizio di consulenza specialistica di tipo legale, oltre che psicologico, di mediazione linguistica e culturale, di sostegno alla genitorialità e di formazione professionale.
  Telefono Rosa è oggi un punto di riferimento delle istituzioni nazionali per la formazione degli operatori e anche di coloro che ricoprono ruoli decisionali di grandi soggetti pubblici e privati. Ha fondato una piattaforma e-learning, la prima a livello europeo, dedicata al tema della violenza di genere, E-LOVE, per uniformare e diffondere gratuitamente gli standard formativi di contrasto alla violenza. Attualmente il Telefono Rosa gestisce quattro centri antiviolenza, due case rifugio, due case in semiautonomia.
  Nel ringraziare la dottoressa Faieta per la disponibilità segnalo l'esigenza di contenere l'intervento illustrativo entro i dieci/quindici minuti per assicurare un congruo tempo per il dibattito con i commissari e le commissarie presenti o collegati da remoto. Do quindi la parola alla dottoressa Faieta. Prego.

  ANTONELLA FAIETA, vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV. Grazie presidente. Grazie dell'invito all'audizione e grazie anche di questa presentazione, sulla cui scia io continuerò per inserirmi con il mio intervento.
  Come lei diceva, noi gestiamo vari centri antiviolenza, due case rifugio e case di semiautonomia. Volevo parlare un attimo della metodologia di accoglienza che abbiamo sviluppato dal 1988, è davvero tantissimo tempo, ahimè, ahinoi, io e tutte le involontarie, perché dobbiamo continuare con il nostro lavoro stante quella che è ancora la situazione attuale nel Paese.
  Come si svolge la nostra attività? Di solito, il primo contatto avviene, come ricordava lei, attraverso il telefono, poi le donne vengono accolte nei nostri centri. Nel centro antiviolenza le donne ricevono consulenza legale e psicologica. Noi abbiamo visto con l'esperienza che questo è il metodo migliore per accogliere la richiesta di aiuto che ci viene posta dalla donna. In primis voglio ricordare che l'accoglienza della donna avviene assolutamente nell'anonimato, questo è molto importante. In seguito, la necessità è quella di avere delle informazioni su quello che possono fare per uscire da quella situazione di violenze in cui si trovano. Poi occorre dar loro un sostegno psicologico per trovare la forza di affrontare poi il percorso che si troveranno davanti.
  Quindi viene loro spiegato, attraverso la consulenza psicologica, che cosa significa sporgere una denuncia, che cosa sarà il procedimento che ne seguirà, poi anche tutto dal punto di vista civile e dal punto di vista del tribunale per i minori, perché noi seguiamo le donne in tutto il percorso legale. Quindi sia nei procedimenti civili, sia per quelli che riguardano decadenza della potestà, limitazione della potestà nel Tribunale per i minorenni, quello che riguarda l'affidamento di minori e quello che è il procedimento davanti al tribunale penale, fino ad arrivare alla cassazione e infine al momento dell'esecuzione della pena, Pag. 7che è molto delicato per la vittima, come ben è stato compreso dal legislatore che, anche da ultimo, ha insistito sugli avvisi che devono essere dati alla vittima del reato nel momento in cui la misura cautelare o la pena viene ad avere termine.
  Voglio ricordare un'attività, da noi ritenuta molto importante, che svolgiamo ormai già dal 2003. Noi andiamo a parlare con i ragazzi e le ragazze nelle scuole. Abbiamo dei progetti. In particolare, il progetto che portiamo avanti tutti gli anni, che ha questo titolo «Le donne: un filo che unisce mondi e culture diverse», che ha inizio il 25 novembre di ciascun anno e termine l'8 marzo dell'anno successivo. Noi andiamo nelle scuole e parliamo ai ragazzi di tutte le problematiche che riguardano la violenza di genere.
  Parliamo anche di bullismo, parliamo di revenge porn. Cerchiamo di avere un contatto con loro, perché abbiamo capito che è molto importante il dialogo, far parlare i ragazzi e le ragazze, farli sentire loro stessi protagonisti. Gli incontri nelle scuole sono effettuati da avvocata e psicologa e i ragazzi e le ragazze, quindi gli studenti e le studentesse, svolgono in questo periodo questi incontri e poi realizzano dei video che saranno proiettati l'8 marzo e ci sarà una commissione di esperti che valuterà gli elaborati migliori. L'8 marzo poi c'è la premiazione.
  Questo a dire cosa? Un punto che per noi è fondamentale, quello dell'educazione, dell'educazione nelle scuole. Noi insistiamo che si dovrebbe parlare di queste tematiche già dalla scuola dell'infanzia, che ci deve essere un'educazione al rispetto, un'educazione alla relazione. Non bisogna aver paura, anzi bisogna cercare sempre di parlare con i ragazzi e le ragazze di tutte le problematiche relative alla violenza di genere, quindi l'educazione all'affettività e anche alla sessualità.
  Io vorrei ricordare questo. Se con una grande battaglia che è stata fatta nel 1996 da tutte le donne del Parlamento, senza differenza delle varie posizioni politiche, ma tutte unite, hanno cambiato il reato di violenza sessuale, arrivando all'individuazione del 609-bis come è adesso, dove noi andiamo a tutelare l'autodeterminazione della persona nell'ambito delle relazioni che riguardano la sfera intima, noi dobbiamo però poi insegnare ai ragazzi e alle ragazze cosa significa questo. Dobbiamo insegnare alle ragazze che loro hanno il diritto di scegliere sulla loro vita quello che vogliono, quello che sentono di fare. E dobbiamo insegnare, per contro, ai ragazzi che hanno il dovere di rispettare l'autodeterminazione della ragazza e quindi devono imparare che ci può essere il rifiuto. La ragazza deve imparare che può rifiutarsi e il ragazzo deve imparare che deve accettare il rifiuto e imparare il rispetto. Questo per noi è fondamentale. Quindi educazione.
  Voglio precisare questo. Noi riteniamo che non si sconfiggerà mai la violenza nei confronti delle donne se non arriveremo a un discorso di parità, perché il discorso della parità farà in modo che sarà riconosciuta la donna non come un essere subalterno, non come un essere su cui esercitare una forma di potere, ma come altra persona uguale con pari diritti e con pari dignità. Qui vengo a un punto fondamentale, che è essenziale. Se noi vogliamo fare un discorso di parità e un discorso di violenza nei confronti delle donne dobbiamo fare in modo che ci sia anche una possibilità economica. È un elemento strettamente collegato. Come è collegato il discorso culturale, il diritto allo studio di tutti i ragazzi, purtroppo c'è in Italia un grande abbandono scolastico, ma è importante che le ragazze capiscano, comprendano e siano sostenute nel loro percorsi scolastici, è importante che poi possano entrare nel mondo del lavoro.
  Su questo voglio ricordare che siamo state sentite dalla Commissione lavoro circa quindici giorni fa, in un'audizione, sono adesso all'esame tre proposte di legge, su cui noi concordiamo, dove viene proposta una riserva integrando la legge del 1999. Adesso senza entrare nei tecnicismi, una riserva nel primo comma e nel secondo comma. Il primo comma riservando dei posti di lavoro per le donne che hanno subìto la deformazione permanente del viso. E poi, invece, nell'altra fattispecie riservare Pag. 8posti di lavoro per le donne che hanno subìto violenza di genere.
  Noi riteniamo che sia molto importante che siano previsti anche degli sgravi contributivi, per quanto riguarda i privati, per l'assunzione delle donne vittime di violenza, perché questo può invogliare le imprese private ad avere forza lavoro utile nell'attività e nello stesso tempo con lo sgravio facilitarli pure nell'inserimento. Questa forma di attenzione è importante e noi riteniamo che sia anche una forma di prevenzione. Perché? Perché una delle modalità in cui si realizza la violenza nei confronti delle donne, soprattutto in ambito domestico, e quella di isolarle, quella di farle perdere il posto di lavoro, isolarle e quindi impedire loro la possibilità di integrazione nel lavoro. Una donna che si trova in una situazione di violenza se sa che denunciando avrà comunque una possibilità, una prospettiva di inserimento lavorativo, certamente ne sarà incoraggiata. Io ritengo che abbiano forza, noi vediamo le donne che accogliamo nelle nostre case rifugio, che si sono determinate a sporgere una denuncia e a lasciare tutto quello che avevano, devo dire che in quel momento dimostrano una forza enorme. Enorme perché ci vuole tanto coraggio ad affrontare questo salto, ad andare via con i propri figli, e con le proprie figlie, senza sapere che cosa poi avverrà domani, per quanto noi cerchiamo di essere accoglienti al massimo. Sapere, appunto, che ci sarà un sostegno economico. Io ho citato queste forme, però su questo c'è comunque da lavorare e ritengo che sia veramente fondamentale. Poi se parliamo di coraggio di denunciare dobbiamo anche dire che se una donna denuncia però poi ci deve essere tutto il sostegno da parte delle istituzioni e anche da parte di tutti gli operatori di giustizia che hanno contatti con la stessa, a partire dalle forze dell'ordine, a partire anche dai magistrati. Su questo voglio ricordare alcuni aspetti che noi vediamo ancora e su cui c'è da lavorare, nonostante ci siano stati degli interventi incisivi, importanti.
  Quando si parla di formazione noi abbiamo visto che ci sono i pool che si occupano come procura dei soggetti deboli, però è molto importante che non accada, come accade nella procura di Roma, che poi i magistrati e le magistrate che si devono occupare di violenza di genere non siano poi sommersi nelle loro attività, occupandosi di reati che non riguardano queste fattispecie.
  Quello che ha stabilito, ad esempio il Codice Rosso, di far sentire la donna entro i tre giorni e di svolgere delle indagini, non si può fare se non si ha abbastanza organico, se non si dà la possibilità materiale a questi magistrati di occuparsi di quelle materie. Siamo sempre lì, sono sommersi e riescono con molta fatica, con eccessiva fatica, a portare avanti il lavoro specifico per cui è costituito il pool. Quindi specializzazione e poi specializzazione anche nell'organizzazione, cioè di chi si occupa di quei reati. Se a livello statale, a livello sociale si vuole dare una risposta che sia concreta, lasciamoli lavorare, diamo loro questa possibilità. E dare loro questa possibilità significa, appunto, che tutto il personale debba avere una formazione specifica. Ad esempio, noi rileviamo che molte stazioni dei carabinieri o anche commissariati, nonostante siano loro stessi a fornire l'informazione sulla circostanza che ci si può rivolgere a un centro antiviolenza e avere un'assistenza legale, poi rimandano indietro la vittima di cui non viene presa la nomina. Quello, invece, è un momento importante. Una donna che si rivolge ad una stazione dei Carabinieri o a un commissariato e vuole nominare un legale, va seguita, agevolata in questo, non rimandata indietro. E questo che significa? Che quell'operatore di polizia o dei carabinieri che la rimanda indietro non è formato, non sa che passo ha fatto quella donna per arrivare fino lì.
  Un'altra questione, sempre per quanto riguarda il lavoro dei tribunali. Adesso io ho fatto un piccolissimo e velocissimo excursus, siamo arrivati nel momento, ahimè, in cui già il danno si è verificato. Però è importante che ci sia una risposta anche in quel senso. Quindi i tempi dei processi. I tempi devono essere giusti, ma bisogna fare in modo che arrivino con le indagini adeguate, complete, affinché poi in dibattimentoPag. 9 si possa giungere a una condanna. Per fare questo è importante che il magistrato o la magistrata che ha seguito la fase delle indagini, così come vuole il Codice Rosso che dice il magistrato deve sentire la donna nei tre giorni, segua poi quel processo. Se stiamo seguendo un processo di violenza sessuale non si deve far riferimento, come si fa adesso, all'Ufficio del Pubblico Ministero. È necessario che quel Pubblico Ministero, che ha istruito quel procedimento, sia poi presente nella fase dibattimentale, perché è quello che conosce l'indagine, quelle che sono state le difficoltà, i momenti critici o i momenti di forza di quell'indagine. Quindi che venga nel dibattimento e segua fino al termine, fino a che non si arriva al momento della sentenza. In questo modo anche la donna si sentirà sostenuta nel procedimento, sentirà veramente a fianco una figura, che è quella della Procura, che insiste per tutelare le sue ragioni, affinché poi il disvalore del fatto commesso si concretizzi attraverso una condanna che vada a reprimere l'attività delittuosa che è stata svolta. Io non so se ho approfittato troppo del mio tempo.

  PRESIDENTE. Io ringrazio la dottoressa Faieta. Non so se ritiene di aver concluso, magari intanto sentiamo i colleghi commissari e commissarie per alcune domande. Vedo l'onorevole Ascari. Prego onorevole.

  STEFANIA ASCARI. Grazie, presidente. Vorrei ringraziare sentitamente l'avvocata Antonella Faieta, il Telefono Rosa, per l'importante contributo che ci hanno dato. Vorrei ricordare il contributo da loro dato nello scrivere il Codice Rosso e, soprattutto, per il contributo da cui è scaturita la legge Saman Abbas. È bene, infatti, rendere noto alla Commissione femminicidio che grazie a un'intuizione dell'avvocata è nata poi questa importante legge che dà un permesso di soggiorno immediato alle vittime di costrizione e induzione al matrimonio. Grazie al lavoro di sinergia di avvocati, associazioni, familiari delle vittime e tutti gli operatori che ruotano attorno al fenomeno della violenza di genere si può arrivare a una legge il più possibile condivisa. Quindi un sincero grazie.
  Volevo fare una domanda riguardo al contatto con gli studenti. Lei citava la legge per l'inserimento delle donne vittime di violenza in circuiti di inserimento lavorativo, perché la stessa Convenzione di Istanbul prevede la violenza economica tra le forme più subdole di violenza; le chiedo: per quanto riguarda l'aspetto culturale, lei ritiene che debbano essere inseriti in modo sistemico e continuativo dei percorsi, come diceva lei, di educazione alla legalità, ai sentimenti, alla socialità, all'affettività? Purtroppo nel nostro Paese viene uccisa una donna ogni due giorni e ancora oggi manca questa rivoluzione culturale. Quindi le vorrei chiedere cosa ne pensa in proposito.
  Così anche sulla tematica delle archiviazioni, del fortissimo numero di archiviazioni presente purtroppo all'interno delle procure. Se ritiene che ci sia ancora oggi un limite di formazione, proprio di credibilità da parte delle donne vittime di violenza e soprattutto se ritiene che la conflittualità oggi venga travestita da sindromi improponibili per additare le donne vittime di violenza di essere alienanti e, a prescindere, colpevoli. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Farò io due domande velocemente. Una, volevo capire la modalità pratica di individuazione delle scuole, in quale ordine di scuole fate gli interventi formativi, e anche la modalità e la lunghezza di questi interventi. Se sono lasciati alla libera autonomia dei singoli istituti, quanto durano, a chi si rivolgono eccetera. Se poi c'è anche una sorta di governance del monitoraggio di questi interventi. Dopo di che, il tema è inserimento e reinserimento delle donne nel mercato del lavoro, se voi vi approcciate anche alla parte formativa per quelle donne che nel mercato del lavoro non sono mai entrate e necessitano di individuare le loro competenze. Grazie.

  ANTONELLA FAIETA, vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV. Partendo da quest'ultima domanda, noi andiamo nelle scuole superioriPag. 10 e sono delle adesioni che adesso arrivano volontariamente. Il progetto è nato nel 2003, quindi lo abbiamo proposto inizialmente a delle scuole, e devo dire che adesso abbiamo veramente tante richieste con il passaparola nella provincia di Roma.
  Noi abbiamo dei collegamenti con altre regioni. Ad esempio, l'ultima giornata la facciamo con dei collegamenti da remoto, siamo arrivate ad avere oltre duemila studenti e studentesse collegati. Questi progetti li abbiamo sviluppati in Sicilia, in Basilicata, in varie regioni. Poi c'è tutto il dépliant riassuntivo. Quindi sono le scuole che aderiscono e si avvia come tempi dal 25 novembre, sono vari incontri che hanno una durata di due ore con psicologa e avvocata; ogni incontro ha un tema, un argomento che viene trattato.
  In questo mi riallaccio alla domanda dell'onorevole Ascari. Noi riteniamo che sia importante, ma i nostri sono interventi che vengono fatti da un'associazione come la nostra di volontariato, riteniamo che si possano inserire proprio nei programmi di studio, a partire veramente dalla scuola dell'infanzia, con un'impostazione adatta ai bambini. Insegnare il rispetto, insegnare l'educazione alla relazione, veramente pensiamo che possa essere un argomento da inserire nelle scuole. Nella nostra attività andiamo a trattare anche i singoli reati. Abbiamo visto, ad esempio, che non c'è una consapevolezza da parte dei giovani su quelle che sono le loro responsabilità, a partire dall'imputabilità, che sono imputabili dal quattordicesimo anno di età. Quindi anche una responsabilizzazione rispetto agli agiti violenti, che si sviluppano non soltanto tra uomo e donna, ma anche tra gli stessi ragazzi, tra le stesse ragazze e ragazze. Quindi comprendere che cos'è il bullismo, comprendere che cos'è il revenge porn. Quello che noi pensiamo sia importante, con questo sviluppo altissimo tra ragazzi e ragazze di vivere la loro vita nei social, è riportarli nella relazione tra persone, nel contatto del vivere quotidiano e nella relazione diretta. Imparare a rispettarsi, a rispettarsi nel loro essere ognuno una entità diversa e accettarsi l'uno con l'altro. Riconoscere che la relazione con l'altra persona non può passare attraverso l'imposizione del proprio volere, bensì attraverso un momento di comunione, riconoscere che con l'altro si può crescere, andare avanti e non mortificarsi. Questo è importante.
  Io come avvocata svolgo un discorso tecnico con i ragazzi, noi abbiamo inventato questa modalità, realizziamo la simulazione di un processo durante gli incontri, in modo che arriviamo a comprendere, quando parliamo di stalking, se chi interpreta il ruolo della vittima capisce come si sente la vittima, chi quello dello stalker capisce che cos'è l'agire dello stalker. E poi, attraverso il processo, si arriva anche alla condanna di quel comportamento che ha un disvalore sociale. Ma se ci fossero delle figure all'interno nella scuola, che venissero proprio codificate, potrebbero affrontare queste tematiche con le parole giuste, fin da quando sono piccoli, da quando, ripeto, sono in età prescolare. Insomma, bisogna sempre porre al centro l'individuo, la bambina, il bambino, e trovare il linguaggio giusto. Affrontare questi temi è fondamentale.
  Il problema delle archiviazioni, mi diceva l'onorevole Ascari. Questo tema è collegato con quello che dicevo prima della formazione, che i processi devono avere delle indagini congrue e per svolgere delle indagini per reati di violenza di genere è importante che ci sia la formazione. Io dico sempre non ho mai visto un marito che prima di picchiare la moglie abbia convocato un'assemblea di condominio. Questo è normale.
  Questo tipo di reati si svolgono nell'oscurità dell'ambiente domestico, dove l'uomo si sente libero di agire la sua violenza come vuole perché lì ha campo libero. Bisogna che quando si svolgono le indagini si sia formati, il magistrato sappia. Esistono tutte le modalità per capire la credibilità della vittima, è importante che la vittima sia messa in primo piano, poi ci sono modi per svolgere le indagini. Insomma, tutta una modalità che conosciamo noi che ci occupiamo di questi reati. Quindi bisogna che siano formati.
  Noi abbiamo visto troppe archiviazioni, abbiamo visto procedimenti che partivano Pag. 11da una richiesta di archiviazione dove abbiamo fatto la nostra opposizione come avvocati della parte lesa, che si sono conclusi con sei anni di detenzione, confermati in Cassazione. Ci rendiamo conto? Un reato che poi arriva a una sentenza di condanna confermata in primo, secondo e terzo grado e che partiva con una richiesta di archiviazione da parte della Procura. Questo non deve succedere, perché significa dare un senso di impunità a chi agisce violentemente nei confronti delle donne.
  È una tematica importante e strettamente collegata con la formazione, come quella del conflitto. Relegare a una situazione di conflitto quelli che sono i drammi della violenza domestica è veramente qualcosa che non si può più accettare che avvenga nelle aule di giustizia. Sono situazioni che avvengono soprattutto nei tribunali civili e nei tribunali per i minorenni. Non si può chiedere, presidente, a una donna che è stata picchiata fino a qualche giorno prima di dimenticare di essere la donna che ha subìto violenza e di trovarsi davanti al suo carnefice e dire: «Lei adesso è qui presente come madre e non come moglie». Ma quello è l'uomo che ha agito violenza, vogliamo parlare della violenza? Mi ha picchiato davanti ai miei figli. Non si può, in nome di una bigenitorialità, di un principio di bigenitorialità. Noi dobbiamo pensare al rispetto dell'interesse del minore. Quello deve essere al centro. Il padre se ha agito in maniera violenta, se ha recato un danno ai minori facendoli assistere alla violenza, deve prima interrogarsi sul suo agire violento e sul danno che ha provocato, poi potrà rivendicare di essere genitore, perché quello che deve essere al centro è l'interesse del minore. Quindi relegare a un discorso di conflittualità quella che, invece, è una situazione di violenza, crea dei danni enormi, legittima il comportamento del violento e reca danni grandissimi ai minori.

  PRESIDENTE. Io ringrazio la dottoressa Faieta. Le chiedo, se possibile, di inviare a questa Commissione il materiale che possa essere utile ai relativi approfondimenti. Come sempre, dottoressa, io considero questa audizione in vista dei tanti lavori che questa Commissione sta affrontando e affronterà in maniera specifica nei prossimi mesi.

  ANTONELLA FAIETA, vicepresidente dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono Rosa ODV. Scusi se l'interrompo presidente, ma proprio perché ritengo che il lavoro di questa Commissione sia essenziale e veramente molto importante, volevo mettere un accento su questo. Si sta informatizzando molto il processo, anche il processo penale, e questo è un discorso che riguarda anche l'intelligenza artificiale. Noi dobbiamo avere un'attenzione fondamentale che ci sia un'impostazione del rispetto della parità di genere, e quindi che non si incorra in situazioni che possano creare danno rispetto alla lotta che facciamo nella violenza. Le faccio un esempio molto semplice, ma che è indicativo. Se io assisto una donna vittima di violenza, ad esempio vittima di stalking, che faticosamente per sottrarsi all'azione violenta dello stalker è riuscita a far perdere le tracce di sé, non è possibile che con la richiesta del 335, che significa informarsi sullo stato del procedimento (il Codice Rosso su questo ha portato delle modifiche favorevoli alla vittima per avere il prima possibile lo stato del procedimento), sia poi costretta a indicare la propria residenza altrimenti non può avere l'informazione. Significa che non sappiamo di che cosa stiamo parlando.
  Se noi dobbiamo mettere le donne in casa rifugio per farle sparire, poi non è possibile che sia l'istituzione stessa che le costringa a dire il loro indirizzo, perché poi quello sarà un dato che potrà vedere il difensore dell'imputato, oppure che se vanno di nuovo presso un operatore di polizia a fare un'integrazione di denuncia, le si costringa a dire dove si trovano, l'indirizzo della nuova residenza. La formazione significa comprendere fino in fondo in che situazione si trovano queste donne. Quindi tutto, anche quando si parla di informatica nel processo, bisogna che sia realizzato con un occhio a cosa sia la lotta alla violenza. Scusi se ho approfittato, ma mi sembrava importante.

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  PRESIDENTE. Ha fatto bene, dottoressa Faieta. Infatti le dicevo che consideriamo questa audizione come l'avvio di un percorso comune e quindi la risentiremo in molti altri aspetti. Io ringrazio la dottoressa Faieta e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15