XIX Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Resoconto stenografico



Seduta n. 47 di Lunedì 22 aprile 2024
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Colosimo Chiara , Presidente ... 3 

Audizione di Emiliano Fittipaldi, direttore del quotidiano «Domani» , nell'ambito del filone di inchiesta sulle vicende relative al cosiddetto dossieraggio di esponenti politici e del mondo economico.
Colosimo Chiara , Presidente ... 3 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 4 
Colosimo Chiara , Presidente ... 4 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 5 
Colosimo Chiara , Presidente ... 9 
D'Attis Mauro (FI-PPE)  ... 9 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 12 
Colosimo Chiara , Presidente ... 20 
Cantalamessa Gianluca  ... 20 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 22 
Cantalamessa Gianluca  ... 26 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 26 
Colosimo Chiara , Presidente ... 28 
La Salandra Giandonato (FDI)  ... 28 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 30 
Colosimo Chiara , Presidente ... 33 
Gasparri Maurizio  ... 33 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 34 
Gasparri Maurizio  ... 34 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 34 
Gasparri Maurizio  ... 34 
Colosimo Chiara , Presidente ... 34 
Gasparri Maurizio  ... 34 
Colosimo Chiara , Presidente ... 37 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Il Domani» ... 37 
Colosimo Chiara , Presidente ... 37 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Il Domani» ... 37 
Colosimo Chiara , Presidente ... 38 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Il Domani» ... 38 
Colosimo Chiara , Presidente ... 38 
Verini Walter  ... 38 
Colosimo Chiara , Presidente ... 41 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Il Domani» ... 41 
Colosimo Chiara , Presidente ... 44 
Bicchielli Pino (NM(N-C-U-I)-M)  ... 44 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 47 
Colosimo Chiara , Presidente ... 48 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 48 
Colosimo Chiara , Presidente ... 50 
Sallemi Salvatore  ... 50 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 50 
Colosimo Chiara , Presidente ... 52 
Piccolotti Elisabetta (AVS)  ... 52 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 55 
Colosimo Chiara , Presidente ... 56 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 57 
Colosimo Chiara , Presidente ... 61 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 62 
Colosimo Chiara , Presidente ... 62 
De Corato Riccardo (FDI)  ... 62 
Colosimo Chiara , Presidente ... 62 
De Corato Riccardo (FDI)  ... 62 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 64 
Colosimo Chiara , Presidente ... 64 
Serracchiani Debora (PD-IDP)  ... 64 
Colosimo Chiara , Presidente ... 65 
Serracchiani Debora (PD-IDP)  ... 65 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 68 
Colosimo Chiara , Presidente ... 69 
Rastrelli Sergio  ... 69 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 71 
Colosimo Chiara , Presidente ... 72 
Pittalis Pietro (FI-PPE)  ... 72 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 74 
Pittalis Pietro (FI-PPE)  ... 74 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 74 
Colosimo Chiara , Presidente ... 75 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 75 
Pittalis Pietro (FI-PPE)  ... 75 
Colosimo Chiara , Presidente ... 75 
Fittipaldi Emiliano , direttore del quotidiano «Domani» ... 75 
Colosimo Chiara , Presidente ... 76

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
CHIARA COLOSIMO

  La seduta comincia alle 14.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera.

Audizione di Emiliano Fittipaldi, direttore del quotidiano «Domani» , nell'ambito del filone di inchiesta sulle vicende relative al cosiddetto dossieraggio di esponenti politici e del mondo economico.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Emiliano Fittipaldi, direttore del quotidiano «Domani», nell'ambito del filone di inchiesta sulle vicende relative al cosiddetto dossieraggio di esponenti politici e del mondo economico.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera ed è aperta alla partecipazione da remoto dei componenti della Commissione. I lavori potranno proseguire in forma segreta a richiesta dell'audito o dei colleghi. In tal caso non sarà più consentita la partecipazione da remoto e verrà interrotta la trasmissione via streaming sulla web-tv. Per introdurre questa audizione ricordo a tutti che la presente inchiesta non è sorta per iniziativa della Commissione, ma scaturisce dalle sollecitazioni aventi carattere di urgenza che il dottor Melillo, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, e il dottor Cantone, Procuratore della Repubblica di Perugia, hanno Pag. 4ritenuto di rivolgere alla Commissione. In particolare, il dottor Melillo nel suo intervento ha avvertito la necessità di investire la Commissione della questione dei dossieraggi per corrispondere all'esigenza di venire incontro all'interesse pubblico a un'informazione completa e obiettiva capace di cogliere i fatti e i problemi. È opportuno altresì precisare che non è la prima audizione di un giornalista in questa Commissione e che non c'è alcun motivo di interrogatori come così è stato detto, ma è semplicemente un'audizione. Il dottor Fittipaldi, che voglio ringraziare per la cortesia e per la disponibilità, non ritiene di dover fare una relazione e quindi possiamo rivolgergli le domande direttamente, a meno che egli non voglia dire qualcosa in apertura.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Buongiorno a tutti. No, non voglio dire niente.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi, intendo porre una domanda che serve per inquadrare l'audizione. Sempre facendo riferimento all'audizione del dottor Melillo, è stata rimarcata la necessità che sulla vicenda dei cosiddetti dossieraggi esistono profili di responsabilità diversi rispetto a quelli penali, che possono essere amministrativi od omissivi sul piano dei controlli, e anche organizzativi. Ovviamente in questa Commissione si è aperta da tempo una riflessione sull'adeguatezza dei controlli interni, sull'efficacia delle policy, sulle responsabilità disciplinari e sull'assetto organizzativo che in effetti è stato un tema molto raccolto e attuato con misure da parte dalla stessa Procura nazionale attraverso i protocolli che ci ha illustrato il Procuratore. Volevo sapere, direttore, se a suo avviso non ritenga che questo riesame delle procedure e questa riflessione su quanto accaduto non debba essere fatta anche all'interno di un quotidiano, sia di quello che lei dirige, ma Pag. 5anche in generale nei quotidiani per quanto è emerso dalle indagini. Sinora sappiamo che un ruolo centrale nel giovarsi della esfiltrazione, se così vogliamo dire, delle informazioni giudiziarie coperte o meno dal segreto istruttorio, o comunque riservate, sia stato ad uso di alcuni quotidiani. È evidente che questo ci fa riflettere su una sorta di etica su cui vorremmo anche ragionare, ma in realtà, sul piano interno della vostra redazione, c'è stato un ragionamento, lei ha avuto modo con i suoi collaboratori e con le persone che lavorano con lei di fare una riflessione tesa a valutare se il comportamento tenuto dai giornalisti – che per ora hanno ricevuto questo invito a dedurre – ma in generale ripetutamente alcune modalità di informazioni massive che sono uscite da alcune banche dati e sono andate ai quotidiani, fosse conforme alle linee tecniche e professionali dettate in questo caso proprio dal direttore in rapporto con quelle fonti? Se sì – se ovviamente ci vuole dire quali siano state le riflessioni – le chiedo se nello specifico l'editore è intervenuto tramite lei sulla necessità di un cambiamento di rotta circa questa modalità di utilizzo di atti segreti.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». La domanda è particolare, nel senso che mi sorprende che la presidente di una Commissione faccia una domanda di questo tipo con un'inchiesta ancora aperta da parte della Procura di Perugia che fa accuse tutte da dimostrare – ricordo che i tre colleghi sono indagati per accesso abusivo agli atti in concorso con Striano e per violazione di segreto. L'altra cosa che è importante ricordare, visto che lei ha citato la mia responsabilità di direttore, è che io sono direttore da un anno. Il direttore responsabile di un giornale è sempre responsabile di quello che accade all'interno di una redazione, della pubblicazione di quegli articoli e della loro veridicità quando è in carica. Le responsabilità che sono state addossate ai miei colleghi Pag. 6vanno al 2018 al 2022. Ricordo che nel 2018 «Domani» nemmeno esisteva come giornale. Sono direttore dal 4 o dal 6 aprile, non ricordo, del 2023. Prima ero vicedirettore ad personam, senza alcuna responsabilità diretta sull'organizzazione del giornale, ma rispondo comunque alla domanda come se fossi stato direttore fin dal 2018, quando il giornale nemmeno esisteva. Io chiedo ai giornalisti d'inchiesta e ai giornalisti giudiziari, da quando sono direttore o quando facevo il giornalista d'inchiesta una sola cosa: chiedo di trovare delle notizie vere, di interesse pubblico, che hanno un impatto rilevante come diritto-dovere di pubblicare queste notizie sul giornale per la pubblica opinione. Quando i giornalisti e le giornaliste attraverso documentazione, riservata o pubblica – ricordo sempre che i giornalisti sono pagati per divulgare segreti che il potere economico o politico non vuole che vengono raccontati – mi portano queste notizie chiedo soltanto una cosa. Se la notizia è ben verificata, se la notizia è vera, di sentire sempre la controparte, nel senso che al «Domani» pretendo sempre, e me ne duole quando non avviene, che le persone in qualche modo protagoniste di quell'articolo vengano sentite, in modo tale da poter raccontare la loro versione dei fatti. Poi queste notizie devono essere immediatamente pubblicate e mai essere tenute in un cassetto. Veda, si è parlato di questa inchiesta con la definizione giornalistica che si chiama dossieraggio e quindi la cosa che a me ha molto colpito in negativo – e questo riguarda anche da come è stata raccontata da un pezzo della stampa – è che si è operata una trasformazione di notizie vere che abbiamo pubblicato sul nostro giornale, moltissime delle quali nulla c'entrano con Striano e con i rapporti che Striano aveva con alcuni dei nostri giornalisti in quanto fonte. Il dossieraggio è una parola che se andate a vedere sul vocabolario vuol dire costruire dei dossier su persone a fini di ricatto, quello Pag. 7è il dossieraggio. Se questo è accaduto, vedremo chi, per come e per quanto abbia deciso di utilizzare questa parola prima ancora dell'inizio dell'inchiesta. Altra cosa che volevo segnalare: il presidente mi ha chiamato qui e non sono nemmeno indagato. Non sono indagato, non so chi sia Striano, non so chi sia Laudati, non li ho mai visti né sentiti in vita mia. Non siamo stati ancora ufficialmente convocati e nemmeno avvertiti dalla Procura di Perugia sull'indagine sui nostri tre cronisti. Lo dite spesso voi oppure lo dicono spesso le persone indagate: lo abbiamo scoperto dai giornali e in questo caso è toccato a noi scoprirlo dai giornali, ma ufficialmente vi comunico che non abbiamo avuto ancora nessun tipo di avviso di garanzia da parte della Procura di Perugia. L'invito a comparire, poi diventato pubblico, è stato mandato al dottor Striano, ma non è un invito a comparire che è arrivato a noi. Non abbiamo avuto nessun tipo di interlocuzione ufficiale con il dottor Cantone e con la magistrata che si occupa di questa indagine, quindi immagino che l'invito a comparire che ho visto anch'io sia realistico. Ho scoperto delle accuse che sono state rivolte nei confronti del «Domani» prima dai giornali e successivamente da questo documento che però è arrivato direttamente al dottor Striano. Non sapendo nulla di Striano, fino ad agosto del 2023 mi pare, quando il nome di Striano è finito per la prima volta sui giornali dopo l'esposto di Crosetto e quindi dopo l'indagine che da Roma è finita a Perugia e quindi dopo la prima discovery che è stata fatta, ovviamente ho cercato di capire quali fossero i rapporti tra Striano e i miei colleghi. A quel tempo ero diventato direttore da due mesi e ho fatto i complimenti ai miei colleghi perché, a meno che qualcuno non abbia sbagliato e questo però non posso dirlo io, lo dirà lo sviluppo del processo di Perugia, quello che hanno fatto i miei colleghi è quello di cercare delle notizie, di trovare notizie rilevanti, scoop, di Pag. 8pubblicarle sul giornale, di vedere se quella notizia fosse verificata e fosse vera, di non prendere querele o se si prendono poi di vincerle. Mi picco del fatto che sia il sottoscritto sia gli altri indagati in vent'anni di professione non hanno mai perso una querela né civile né penale perché scriviamo cose vere. Quindi ho fatto loro soltanto i complimenti, quindi non ho inteso e non intendo cambiare nessun tipo di organizzazione del lavoro visto che i frutti del lavoro sono inchieste e notizie di interesse pubblico che vengono pubblicate su un giornale libero. Qual è il problema etico? Il problema etico ci sarebbe se io inventassi delle notizie diffamando delle persone che sia l'ultimo delle persone umili o il più potente dei politici – so benissimo che abbiamo delle responsabilità importanti come giornalisti nella vita democratica di questo Paese e abbiamo la possibilità di influire sulle persone. Non abbiamo mai diffamato nessuno, abbiamo sempre raccontato cose vere nella storia di questo piccolo giornale. Non vedo perché avrei dovuto cambiare modo di organizzare il lavoro in quest'anno in cui sono diventato direttore.
  Rispondo anche rispetto all'editore perché è stato tirato direttamente in ballo soprattutto dalla maggioranza e da alti esponenti del Governo. Carlo De Benedetti, che ha fondato questo giornale nel 2020, non sa nulla di questa vicenda, non sa chi sia Striano, non sa chi sia Laudati e, come me, nulla sapeva di questa vicenda fino ad agosto dell'anno scorso, poi è un editore che io conosco da 14 anni – perché prima lavoravo all'Espresso e lui era il proprietario del gruppo Espresso-Repubblica. Non mi ha mai detto, da quando sono direttore, ma anche prima, cosa scrivere, chi sentire, cosa fare, né si è mai interessato, se non ovviamente su quello che sarebbe uscito sul giornale, dato che è un editore libero e liberale. Il fatto che qualcuno abbia soltanto lasciato trasparire che il lavoro dei Pag. 9giornalisti del «Domani» e il mio lavoro possano essere stati in qualche modo condizionati dalle scelte di un burattino, ossia di De Benedetti, è offensivo per lo stesso De Benedetti ma è un'infamia anche per noi.

  PRESIDENTE. Grazie direttore per la risposta. Ovviamente è mio dovere fare l'indagine, per questo ho fatto questa domanda in premessa per capirne di più e la ringrazio per aver risposto. Ho ancora alcune domande, ma le farò dopo per lasciare spazio ai colleghi. La parola al vicepresidente D'Attis.

  MAURO D'ATTIS. Buongiorno. Anche dando seguito a quello che ha detto, vorrei fare un elenco di quello che appare da questa situazione. In certo modo sono condivisibili le riflessioni che vengono fatte dal direttore di un quotidiano posto che ci sono anche dei limiti temporali. Abbiamo chiesto l'audizione del direttore in coincidenza di un'inchiesta che tra l'altro c'è stata riversata come Commissione antimafia e anche sulla base degli inviti a comparire che sono stati emessi dalla Procura. Ci sono circa una cinquantina di articoli che si basano su documentazione e dati forniti da Striano attraverso gli accessi abusivi perché di quelli stiamo parlando non di altre informazioni ritenute legittime. Qui il problema sono gli accessi abusivi. Il dottor Cantone nell'audizione dinnanzi alla Commissione ha evidenziato che è praticamente quasi sempre il giornalista Tizian a chiedere a Striano di fornirgli le informazioni estratte dalla banca dati in uso alla DNAA e alla Guardia di finanza. Già questo dal punto di vista logico, minimo, normale della persona comune tratta un argomento al limite della legalità perché vi è una consapevolezza di base. Quello che colpisce di più, direttore, è però il meccanismo di condivisione delle informazioni all'interno della redazione, per cui Striano, dalla quantità di file che vengono trasferiti con we transfer, con le annotazioni, con Pag. 10tutto quello viene anche pubblicato, sembra quasi uno di loro, cioè uno della redazione. Questo è quello che è apparso anche dal racconto che ha fatto in audizione il dottor Cantone di un'inchiesta che ovviamente avrà i suoi sviluppi. Sono infatti altri i giornalisti che pubblicano e che condividono i file e le informazioni. Striano di fatto diventa una risorsa a disposizione di tutta la redazione. Esempi ce ne sono tantissimi dove si vede questo utilizzo palese delle informazioni richieste a Striano. Per esempio, l'articolo firmato da lei e da Tizian e tre firmati da Tizian con Trocchia con una coincidenza temporale spaventosa anche per il contenuto – la Lega e i fedelissimi di Salvini. Poi quello di Attilio Bolzoni che riguarda Lagalla, proprio poche settimane prima che venissero chiesti a Striano e forniti a Tizian cinque estratti di dati fiscali dal sistema SIDDA della DNAA. Ovviamente tutte informazioni abusive perché se no non sarebbero state nell'inchiesta, nell'inchiesta non sarebbe stato contestato nulla. Anche Fierro firma l'articolo «Tutte le ombre sulla candidata PD-Cinquestelle per la Calabria» questo per aggiungere anche colori politici diversi, ma in realtà più per centrare l'argomento che non è una questione di parte ma è questa convivenza e condivisione costante. Striano fa anche altri accessi sulla banca dati SIVA per accertare l'esistenza di SOS. Utilizzano queste SOS, insieme a Tizian, Marconi e Faggionato. Come dicevo prima, quasi tutta la redazione praticamente si fornisce e si abbevera da queste informazioni abusive di Striano. Da solo lei firma soltanto un articolo, quello che riguarda gli affari del Covid del fedelissimo di Giorgetti e pochi giorni prima Tizian aveva estratto il file con la segnalazione sospetta proprio del personaggio politico oggetto dell'articolo. Anche qui una SOS abusivamente estratta.
  Al netto di quello che ha detto fino adesso la sua valutazione su una situazione di questo genere che si fornisce sostanzialmentePag. 11 in maniera costante di notizie estratte illegalmente – perché il punto è l'accesso abusivo a una banca dati rispetto a quello che la legge consente – la sua valutazione qual è? Per nostra informazione e per capire cosa sta accadendo – ha fatto bene a spiegare cosa dicono la Treccani o lo Zingarelli sul dossieraggio – però il significato alla parola dell'inchiesta non la dobbiamo dare qui ma la darà poi ovviamente l'inchiesta stessa – ha fatto bene comunque a darlo e condivido il fatto che lei l'abbia detto. C'era una strategia del giornale, per capire? Praticamente è una costante questa attività, della redazione del giornale, dell'editore. Già qualcosa ha detto sull'editore. L'accesso anzi la richiesta è sistematica a un soggetto che dice: «Aspetta che vado a vedere» e poi manda dicendo pure: «Guarda che ti ho mandato dei file e la parola chiave di questi file – uso il mio cognome – è D'Attis, cerca D'Attis e trovi tutto». Di questi atti, poi si vedrà se, come e quanto incidono dal punto di vista giudiziario, ce ne sono una marea, una quantità che ci fa capire che la redazione funziona su questo genere di flusso di informazioni. Tra l'altro informazioni che sono ad ampio spettro, massive e vengono dalle strutture dell'Antimafia. La domanda, che ci siamo fatti anche quando abbiamo ascoltato il Procuratore Cantone, a proposito del movente, che è uno dei temi che riguarda l'attività della Procura, è: che tipo di gratificazione ha chi lavora assiduamente con una redazione? Questo sembra quasi un impiego, ovviamente non sto dicendo retribuito, ma proprio a carattere quasi professionale e di impiego costante: uno che giornalmente, per mesi, scarica file e li manda sempre allo stesso giornalista. È una gratificazione di natura morale oppure addirittura Striano, da come appare – se ovviamente può rispondere su questo, perché è stato direttore nell'ultimo periodo – era quasi uno della redazione, nel senso che condivideva talmente tanto che Pag. 12la differenza tra il giornalista che va a prendere le informazioni e scrive e Striano, che prende le informazioni scompare, perché nelle carte è proprio riportata una messaggistica di collaborazione quasi funzionale e strutturata.
  Queste sono le valutazioni e le domande collegate che le facciamo anche perché vogliamo capirci di più perché noi siamo la Commissione antimafia, commissione parlamentare che è stata investita dal titolare dell'indagine e dal Procuratore nazionale antimafia ed è normale quindi che anche il presidente della Commissione, come tutti i suoi membri, facciano queste domande che sono le domande di logica minima che vengono fuori da quello che abbiamo sentito. Questo lo dico perché si è sorpreso dalla domanda che le ha fatto il presidente ma la presidente sta interpretando proprio il minimo che si possa che si possa chiedere in questi casi. Tutto il resto o lo chiederà la Procura rispetto a quello che ritiene di fare oppure potrebbe anche farlo la stessa Commissione antimafia per i poteri che la legge le fornisce, se e quando sarà mai necessario.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Cerco di rispondere per quanto possibile. Forse ho qualche tara io, ma a me col colpisce che non si capisca un punto che nelle democrazie liberali piuttosto chiave ossia quello che il rapporto tra la fonte e il giornalista è in qualche modo sacro. Un mese fa il Parlamento europeo a stragrande maggioranza ha votato un documento che si chiama Media Freedom Act che addirittura specifica che le istituzioni di un Paese, autorità politiche e giudiziarie, devono proteggere le comunicazioni tra le fonti, le comunicazioni tra la fonte e il giornalista e che ogni Paese membro dell'Unione europea deve fare il possibile per proteggere la segretezza del rapporto che c'è tra fonte e giornalista, per un motivo molto semplice. Se noi andiamo a caccia di fonti, se uno Stato va a caccia di fonti, sarà molto complicato per i Pag. 13giornalisti, d'inchiesta in particolare, ma direi per i giornalisti tout-court, continuare a ottenere informazioni segrete che in qualche modo possano nuocere al potere o all'interno di un equilibrio di poteri che deve essere in una democrazia liberale separato. Perciò la fonte viene tutelata in questo modo. Quindi anche la sua domanda a me colpisce perché in qualche modo sembra non far presente che io ho una difficoltà di base a rispondere: che Striano sia una fonte di Giovanni Tizian, in particolare, è una cosa che io posso dire perché intanto è stata già individuata su richiesta del potere esecutivo di questo Paese che ha chiesto, nella figura di Guido Crosetto, alla Procura di Roma, prima, e alla Procura di Perugia, dopo, ha chiesto non di querelare l'informazione di un articolo che tra l'altro ho firmato anche io, informazioni vere sui suoi compensi e si poteva dogliare che io l'avessi definito insieme a Tizian in gigantesco conflitto di interessi. Ha chiesto di individuare il possibile pubblico ufficiale infedele che aveva dato delle informazioni specifiche sui suoi compensi ai giornalisti. L'ha fatto del tutto legittimamente secondo le leggi attuali. Forse, secondo le future leggi europee, se dovessero mai diventare poi legge dello Stato, l'operazione sarebbe un po' più complicata. Ho quindi difficoltà a entrare adesso nel merito dei rapporti di una fonte che un giornalista deve obbligatoriamente tutelare, perché altrimenti finiremo di fare i giornalisti.
  Intendo comunque rispondere. La risposta è no ovviamente. Striano non faceva parte della redazione, Striano non aveva rapporti con altri giornalisti se non con quelli individuati. Non sono il difensore di Striano né voglio esserlo perché non ho la minima idea del comportamento di Striano rispetto alle cose che hanno poi anche detto il dottor Cantone e il dottor Melillo, quindi vedremo l'inchiesta. Lui si difende dicendo che non ci sono accessi abusivi, aveva la password per entrare, faceva atti Pag. 14di impulso e vedremo poi quale sarà la verità. Almeno dalle carte che vedo qui – poi ci saranno informative della finanza e ci saranno altre carte che dovranno essere studiate perché, ripeto, tutto questo è molto curioso per me perché siamo all'inizio di un'inchiesta giudiziaria di cui non sappiamo ancora nulla – le SIDDA, come sa, e la stragrande maggioranza dei documenti che lei citava, non sono notizie segrete, per la stragrande maggioranza sono ordinanze vecchie e stravecchie sulla criminalità organizzata. Sa che Tizian era stato sotto scorta fino a poco tempo fa perché si è occupato di 'ndrangheta. In Emilia-Romagna è stato sotto scorta per anni, ha fatto inchieste su inchieste su boss mafiosi, della camorra o di 'ndrangheta. Tutte queste SIDDA, quasi tutte queste citate, di cui posso parlare perché ci sono evidenti we transfer che sono arrivati da Striano, ricordiamolo a tutti, sono documenti pubblici, ordinanze vecchie, alcune molto datate. Gli altri due giornalisti che hanno avuto rapporti con Striano sono, secondo l'accusa, Nello Trocchia e Stefano Vergine. Anche qui ci sono delle evidenze documentali, nel senso che ci sono dei we transfer. Stiamo parlando di uno o due documenti che loro due hanno ricevuto. Nello Trocchia ha avuto dei documenti, non so se chiesti o direttamente mandati, su un boss albanese. Questi documenti erano vecchi di 4-5 anni, erano ordinanze che avevano anche le parti, non stiamo parlando di documenti segreti. La cosa curiosa che mi ha colpito molto è che anche Vergine, che pure aveva documenti non segreti, e Tizian, vengono accusati di reato continuato che, come lei sa benissimo, moltiplica per tre il rischio di carcere, perciò noi siamo colpiti dal fatto che i nostri colleghi rischino nove anni per aver pubblicato due di questi, alcuni articoli utilizzando forse una fonte per essere più precisi e per scrivere cose non sbagliate, avendo carte giudiziarie su un boss della mala albanese. Questi Pag. 15sono i tre cronisti che hanno, secondo Cantone, avuto rapporti. Quindi non so per quale motivo lei dice che nella redazione ci fosse un meccanismo sistemico. Il numero di articoli fatti, il numero di inchieste fatte in questi quattro anni al «Domani» sono parecchie centinaia e qua parliamo di inchieste che, secondo Cantone, sarebbero state fatte anche attraverso l'utilizzo dei dati, stiamo parlando di una decina. Questo anche per difendere il lavoro di tutti i colleghi del «Domani» che non hanno bisogno di Striano e come vedete da due anni continuiamo a fare inchieste su chiunque senza bisogno di Striano. Abbiamo altri Striano? Può darsi, può darsi che abbiamo altri Striano, ma non nel senso di persone che fanno accessi abusivi – e questa è l'accusa che fanno a Striano. Abbiamo persone all'interno degli apparati, dentro al Parlamento, alla maggioranza, all'opposizione, alle forze di polizia a cui normalmente i giornalisti di tutta Italia chiedono informazioni e chiedono verifiche per avere quelle informazioni? Certo che ce l'abbiamo. È possibile che queste fonti si muovano e diano informazioni riservate che non potrebbero dare? Certo che è possibile, e il giornalista che cosa deve fare se non pubblicare quelle informazioni? Sono vere quelle informazioni? Sì. Sono verificate? Al «Domani» le verifichiamo sempre. Hanno un interesse pubblico? Sempre, non facciamo gossip. Siamo, come qualcuno ha detto, attraverso le SOS, entrati nella vita delle persone dal punto di vista finanziario, nei conti correnti? Non funziona così, chi l'ha detto non sa nemmeno quali sono i documenti che aveva in mano la Direzione nazionale antimafia. Sono quasi tutti ordinanze, atti giudiziari, anche la SOS è un atto giudiziario fatto dalla UIF. Non è che si va a vedere il conto corrente dell'amante o di altro. Se so che c'è un'informazione finanziaria utile a una mia inchiesta, qui faccio l'esempio di Crosetto che secondo me è l'esempio più importante anche per Pag. 16spiegare come funziona un metodo giornalistico banale che funziona così in tutti i Paesi del mondo. Per esempio l'inchiesta su Crosetto non è partita da Striano e tantomeno da Tizian. L'inchiesta sui soldi di Crosetto che guadagna sulle consulenze, è partita dal sottoscritto. Perché mi sono occupato di Crosetto quando al tempo ero vicedirettore? Perché quando un giornalista o quando un giornale vede arrivare i nuovi potenti inizia, se fa il giornalista d'inchiesta, a occuparsi dei nuovi possibili ministri, dei nuovi possibili sottosegretari. Crosetto era uno dei fedelissimi, è attualmente uno dei fedelissimi del Presidente Meloni, parliamo dell'agosto del 2022. Ho fatto due o tre pezzi per raccontare come lui poteva diventare o ministro delle Attività produttive o ministro della Difesa. Ricordiamo tutti che lui stesso aveva detto che non poteva fare il ministro della Difesa – questo lo ha detto ad agosto o addirittura a settembre, prima delle elezioni, perché aveva un conflitto di interesse evidente, lui stesso l'ha detto. Ho fatto due o tre pezzi e qualche fonte, lo dico, all'interno di Leonardo, mi ha chiamato e mi ha detto: «Sai quanto guadagna Crosetto dal nostro gruppo, dalla nostra società? Ti leggo i contratti che Crosetto prende da noi, perché quelle che tu ipotizzi in questi pezzi – che ho fatto ad agosto e che non erano ancora quelli che poi Crosetto ha querelato – sono cifre molto significative». Che io avessi rapporti con fonti all'interno di Leonardo, di cui ovviamente non potrei mai fare il nome, perché non farei bene né il direttore né il giornalista, basta andare a vedere quello che ho scritto negli anni passati, anzi nei mesi passati. Ho scritto per esempio un articolo dove raccontavo qual era lo stipendio del figlio del sottosegretario Tabacci – quando al tempo c'era il Governo Draghi – il quale lavorava in Leonardo e quell'inchiesta che ho fatto sull'assunzione del figlio del sottosegretario, ha fatto sì che dopo un po' il Presidente Draghi levasse le deleghe Pag. 17al sottosegretario Tabacci, perché c'era un chiaro conflitto di interesse, in quanto il figlio del sottosegretario Tabacci lavorava nella divisione dell'aerospazio e Tabacci aveva le deleghe sull'aerospazio. La stessa fonte, sì, probabilmente la stessa fonte, mi ha dato le cifre che Crosetto prendeva da anni da Leonardo. Ed era molto interessante perché Crosetto aveva sempre detto che lui lavora per l'AIAD – sapete bene cos'è l'AIAD, cioè l'associazione di Confindustria – ma che lui lavorava gratis per l'AIAD. Poi avevo capito perché lavorava gratis perché per essere presidente dell'AIAD tu devi obbligatoriamente essere pagato, in qualche modo essere consulente, da una delle società legate all'AIAD, in questo caso Leonardo. Quando io ottengo – io Emiliano Fittipaldi, non altri, non Striano, non Tizian – queste cifre, proprio per verificarne la correttezza, perché la fonte non mi ha voluto dare i contratti che pure ho chiesto, ho, come fa qualsiasi giornalista che secondo me ha un minimo di coscienza etica e deontologica, verificato con tutte le fonti possibili e immaginabili se quelle cifre fossero vere oppure no e se ci fosse stato qualcuno che, all'interno di Leonardo, voleva darmi informazioni sbagliate, perché è chiaro che altrimenti si perdono le querele, si diffama e si fanno sciocchezze. Così è nata l'inchiesta su Crosetto. Tant'è vero che Crosetto ha annunciato una querela per diffamazione, che non ha mai presentato, poi ha cambiato idea e ha deciso di fare una cosa che potrebbe creare secondo me un pericoloso precedente. La Procura di Roma l'ha fatto anche sulla vicenda Renzi-Mancini, non discutendo del video famoso, ma cercando di trovare la fonte che aveva dato a Report il video stesso. Credo ci siano anche delle responsabilità della magistratura rispetto alla libertà di stampa in questo Paese, perché se c'è un ministro che chiede al potere giudiziario di identificare una fonte e il potere giudiziario la identifica e poi ringrazia lo stesso potere esecutivo Pag. 18che è «involved» nell'inchiesta, credo ci sia un tema piuttosto rilevante. Attenzione, Striano può aver commesso reati, può aver fatto le cose più turpi di questo mondo e va verificato, ma se i giornalisti fanno solo il loro mestiere, anche se hanno una fonte rilevante e importante, ma pubblicano queste notizie, su chiunque, destra, sinistra, centro – l'ha detto anche lei – qual è il problema? Dobbiamo smettere di dare notizie oppure dobbiamo smettere di trovare le fonti? Se ci fosse un disegno, il mandante sarebbe la questione chiave. Le mi ha chiesto del mandante. Il movente? E che movente ci può essere? Mi ha chiesto della gratificazione di Striano? Tutte le fonti la hanno, non so quale fosse – non lo conosco – la gratificazione di Striano, non so quale fosse l'interesse di Striano ad aver dato gli atti sui mafiosi e sui criminali. Può darsi che fosse una motivazione etica, può darsi che volesse dare una mano a un grande cronista o a due grandi cronisti che stavano raccontando una serie di vicende. Tutte le fonti hanno delle motivazioni quando stanno dando delle informazioni. Anche voi quando ha parlate con un giornalista che fa un retroscena sul Corriere della Sera, su Repubblica, sul Fatto quotidiano, avete una motivazione legata alla propaganda. Oppure alcuni si muovono per vendetta. Può darsi ci siano fonti che si muovano per vendetta e che vogliano colpire un gruppo dirigente dando un'informazione vera per poter distruggere quel gruppo dirigente e sostituirlo. Qual è il punto per un giornalista? Che può, deve sapere ovviamente quale possa essere il motivo per cui una fonte fornisca una notizia. È sempre molto difficile che una fonte lo faccia per un afflato etico oppure perché pensa che il mondo debba essere più giusto. In genere ha un suo interesse personale. Quello che deve fare il giornalista, sempre – almeno così insegna il giornalismo anglosassone – è cercare di capire se quella notizia è vera e se la fonte autorevole. In questo caso Pag. 19comunque Striano mi sembra che fosse piuttosto autorevole, era il capo delle SOS, non indagato. Ho seguito recentemente audizioni qui svolte di colleghi di Striano che lo hanno definito come uno dei più straordinari investigatori di questo Paese. Penso che i giornalisti debbano parlare anche con il diavolo. Certo se ho delle informazioni da un camorrista che vuole cercare di colpire un giudice, non lo pubblico, ma qui non stiamo parlando di questo. Qui stiamo parlando di notizie che non c'entrano nulla con la privacy, perché ricordo bene a tutti che Crosetto avrebbe dovuto pubblicare quelle informazioni finanziarie dopo una settimana che diventava ministro. Mi sembra che ancora si debba pubblicare la dichiarazione dei redditi, mi pare, e quindi non è che stiamo parlando del Watergate, ma anche se vogliamo parlare del Watergate non è che i due cronisti – e questo non è il Watergate, facciamo la radice quadrata, altrimenti cadiamo nel ridicolo – potevano avere quelle informazioni riservate su Nixon da una fonte che era il vicedirettore dell'FBI. Quelle informazioni erano stra-riservate molto più riservate di quelle che ha Striano. Erano informazioni super riservate che riguardavano segreti di Stato del presidente americano. Non è che i due cronisti del Washington Post hanno detto: «Attenzione adesso devo capire bene se possiamo o meno pubblicare informazioni». Hanno visto che erano vere, hanno visto che dovevano interessare il pubblico e hanno pubblicato, hanno vinto il Pulitzer, ci hanno fatto un film. Solo qui in Italia si rischiano nove anni di galera, di subire un processo e di essere interrogato dalla Commissione antimafia. Capisco che siate stati in qualche modo indotti dalla magistratura a chiamarmi perché siamo stati dipinti come una specie di centrale di dossier. Ma se si trasforma il giornalismo libero in dossieraggio, allora è molto preoccupante, ma non solo per «Domani», è preoccupante per tutti perché altrimenti Pag. 20allora è veramente complicato. Si colpiscono le fonti – voglio vedere adesso quali altre persone daranno informazioni riservate a noi o ad altri – si colpiscono i giornali liberi che si definiscono dossieratori per non so per quale motivo al mondo, in quanto hanno soltanto pubblicato notizie vere, non tenendosele nel cassetto e ricattando le persone a destra e a manca. Quello è dossieraggio: se tu non pubblichi, ma vai dal soggetto politico o vai dal soggetto economico o dal soggetto religioso, vai in giro con quell'informazione, dicendo: «Attenzione io non lo pubblico se tu mi dai questo o quest'altro», questo è dossieraggio. Questo problema morale ed etico finisce con la pubblicazione di notizie vere.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cantalamessa.

  GIANLUCA CANTALAMESSA. Grazie presidente e grazie direttore per quello che ha detto fino adesso. Ritengo opportuno sempre contestualizzare il ragionamento perché, al di là dell'uso che ne ha fatto il giornale che lei dirige, quanto accaduto è aberrante, perché avere 4000 accessi abusivi su segnalazione di operazioni sospette in DNAA, credo possa essere considerato un vero e proprio attacco alla democrazia. Così come dico questo, aggiungo che la libertà di stampa in un Paese libero è una delle libertà fondamentali, quindi non si parla di libertà di stampa. Stiamo dicendo che ci sono dei giornalisti che stanno concorrendo in un reato. Naturalmente andrà visto tutto il procedimento, ma in questo momento non stiamo parlando di libertà di stampa, stiamo parlando di giornalisti che sono stati indagati. Quando abbiamo audito il dottor Cantone egli, di sua sponte, mi sembra di ricordare che non ci fu nessuna domanda al riguardo, parlando proprio della libertà di stampa fece un passaggio che fu bellissimo, perché disse che la libertà di stampa era sacrosanta quindi ci sta che Pag. 21un giornalista fruisca di alcune informazioni. È pericoloso laddove si dovesse verificare il caso che magari siano gli stessi giornalisti che danno degli input agli investigatori su dove andare a indagare. E lì non è più libertà di stampa, questo lo ha detto il dottor Cantone nella sua audizione. Viviamo in un momento nel quale gli unici ad aver avuto un ritorno – per carità assolutamente non economico, ma di immagine – sono quelli del vostro giornale per quello che sta emergendo fino ad oggi dalle cose, poi potrebbero cambiare. Quando ha fatto il passaggio secondo cui lei è direttore da un anno, per questo motivo abbiamo chiesto di audire anche l'editore perché lei giustamente ha detto che sta lì da un anno. Dato che ci potrebbero essere cose che riguardano un periodo anteriore al momento in cui occupava la direzione, per questo abbiamo chiesto anche l'audizione in Commissione dell'editore.
  Ciò detto vengo alla domanda. Da un'analisi effettuata attraverso il semplice incrocio degli accessi abusivi di Striano, secondo quanto emerge negli atti che ci ha fornito la Procura della Repubblica di Perugia, risulta che l'assoluta maggioranza di segnalazioni di operazioni sospette che sono state richieste dal giornalista Tizian al luogotenente Striano, riguarda politici cioè personaggi esposti politicamente. Questo, a nostro avviso, è un'anomalia perché se il luogotenente Striano è stato scelto come vostra fonte – vostra nel senso dei suoi giornalisti – in virtù delle sue capacità antimafia, del suo impegno in contesti antimafia e soprattutto della sua capacità di fornirvi informazioni sulle indagini di mafia, perché Striano era utilizzato come un call center per ricevere atti giudiziari e segnalazioni di operazioni sospette non sulla mafia, ma su esponenti politici? Alcuni esempi: il 15 settembre del 2020, lei unitamente a Tizian firma sul «Domani» l'articolo: «Dalla Lega soldi ai deputati. Giri di fondi sospetti». Dalla documentazione che ci ha fornito Pag. 22il dottor Cantone, emerge che il giornalista Tizian, in date precedenti alla pubblicazione dell'articolo, ha richiesto a Striano di avere le segnalazioni di operazioni sospette su vari parlamentari della Lega e altri soggetti collegati al suo entourage politico e professionale. Si trattava di numerose SOS, ma nessuna di queste riguardava la criminalità organizzata. Eppure il suo giornalista le ha chieste proprio a Striano, un finanziere antimafia. Continuo. Dello stesso tenore dell'argomento è l'articolo del giorno successivo, il 16 settembre del 2020: «Dal commercialista arrestato contanti alla Lega di Salvini», dove in modo esplicito si dice che sono stati consultati numerosi report dell'antiriciclaggio, ossia le SOS, anche in questo caso con soggetti che nulla hanno a che fare con le mafie. Eppure, anche in questo caso, la fonte è un investigatore dell'antimafia. Potrei continuare. Ancora a firma sua e di Tizian, il 19 settembre del 2020: «Così la Lega ha bruciato i 49 milioni che deve ridare» fa riferimento a documenti della UIF che contengono un elenco sterminato e ancora spulciando la lista della UIF, tutti elementi che indicano la consultazione di segnalazioni di operazioni sospette riguardo a soggetti esposti politicamente e non esponenti della criminalità organizzata. Potrei continuare con il caso di Fontana per le mascherine – poi assolto – e via dicendo. Le chiedo se dal suo punto di vista è normale la circostanza che ci si rivolga a consulenti esperti in antimafia per utilizzarli, qualcuno in malafede potrebbe dire solo verso alcune parti politiche, ma comunque più in generale, contro la politica. Grazie.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Grazie della domanda. Rispondo partendo dalle 4000 SOS che ha citato Cantone. Ovviamente non sono 4000 SOS, nemmeno Cantone pensa che abbiamo avuto 4000 SOS. 4000 SOS in 4 anni fanno 1000 SOS all'anno, 2 SOS al giorno. Se fosse Pag. 23veramente questo il numero di uno che doveva lavorare alle SOS come Striano tutti i giorni – perché lui lavorava alle SOS e faceva atti di impulso – propongo che Striano venga denunciato alla Corte dei Conti perché rubava lo stipendio, 4000 SOS sono un numero ridicolo, non alto, ma basso per chi lavorava sulle SOS. Le faccio soltanto un esempio. Quando facevo – adesso faccio il direttore – una analisi sul dottor Cantalamessa e mi metto a fare un'inchiesta su di lei, forse l'ho fatta in passato, può darsi che abbia fatto una ricerca e non ho trovato niente, perché le facciamo su chiunque, se lei ha avuto società, se lei ha avuto delle case, se lei ha avuto dei soci, io posso anche fare 50-60 ricerche su fonti aperte nella stessa giornata. Quindi due SOS al giorno è un numero molto basso. Ciò mi consente di fare una battuta rispetto a quello che ho letto sui giornali sui numeri, perché molte persone, anche esperti o giornalisti che fingono di essere tali, hanno raccontato questa vicenda. Ripeto, poi Striano sarà un criminale, sarà stato pagato dai servizi segreti russi e scopriremo che è il peggiore di tutti e si farà i suoi vent'anni di galera. Parlo però rispetto a quello che sappiamo finora. Il secondo punto è proprio quello che a me ha colpito nella scelta di Cantone, parlo della Procura di Perugia, cioè quello di indagare dei giornalisti per accesso abusivo e per aver avuto un rapporto con la fonte. Vedremo se ci sarà qualcuno che dice: «Mi accedi abusivamente perché ho bisogno di avere questa informazione?». Tizian, Trocchia e Vergine tra l'altro sono incapaci di accendere il proprio cellulare, non li vedo come straordinari hacker, poi vedremo, ripeto, non entro nel merito delle accuse. Sono qui per questo, è ovvio perché c'è un'accusa grave di questo tipo. Qui sto cercando soltanto di spiegare qual è il metodo di lavoro giornalistico, non posso entrare nel merito di un'inchiesta di cui non conosciamo ancora nulla. Lei ha citato una cosa di Cantone che ha colpito anche Pag. 24me perché egli ha detto – almeno così ho capito quindi se Raffaele Cantone ci sta ascoltando spero mi correggerà se sbaglio – che se avessimo avuto delle informazioni riservate che planavano, come ha detto qualche giornale, sulla nostra scrivania anche da un gruppo eversivo che dava informazioni riservate come una buca delle lettere – qualcuno ha scritto così – e noi le pubblicavamo, non era un problema. Però ricordiamoci di questo, non era un problema: quindi, anche se un gruppo eversivo dava delle informazioni vere non era un problema. Dove sorge il problema dal punto di vista giudiziario? Noi facciamo un'inchiesta autonoma e ho spiegato prima perché facciamo inchieste autonome. Ho fatto inchieste su tutti i ministri di Draghi, ho fatto inchieste sul PD, ho fatto anche inchiesta su Schlein, non ho trovato nulla altrimenti vi assicuro che l'avrei pubblicata perché ci picchiamo di fare inchieste su chiunque – poi la linea politica sapete bene qual è – ma notizie le diamo su chiunque, come si è visto, da Soumahoro alle ultime inchieste su Bari, non mi pare che nascondiamo le magagne della parte politica che ci è più simpatica. Se invece partiamo con una nostra inchiesta, su Crosetto per esempio, e poi facciamo noi le verifiche con le fonti – l'inchiesta era autonoma – non ho nulla contro la «buca delle lettere», attenzione: se un giornale, un media riceve un'informazione vera e verificata, ha tutto il diritto di pubblicare anche se arriva dal diavolo – qui sarei però molto attento – ma in questo caso io prendo il pubblico, ma qui no, qui facciamo inchieste autonome, verifichiamo con più fonti – e vi assicuro che non ce le hanno individuate tutte perché non ci sono per fortuna altri come Crosetto che hanno chiesto di indagare, informare e trovarcele – se noi verifichiamo le notizie che abbiamo avuto sul terreno da altre fonti, allora rischiamo di concorrere nel reato perché «istighiamo». Questo è rischiosissimo per me, perché così Pag. 25finisce la possibilità di verificare anche notizie riservate. È ovvio che ogni volta che cerchiamo di dare notizie corrette ai lettori cerchiamo di verificare con tutte le fonti possibili che abbiamo, anche fonti che hanno accesso a notizie segrete. Poi non so se ce l'hanno sopra la scrivania. Se la scrivania era di carta, se la SOS era di carta e quindi non c'è l'accesso abusivo, ma che cambia? Stiamo sempre parlando di quel documento riservato, al di là dell'accesso abusivo a sistema informatico. Cinquanta anni fa quelle SOS oppure quelle informazioni erano tutte quante sulla carta, probabilmente non staremmo parlando di nulla, perché quello che conta è l'informazione finale per l'ottica di un giornalista. Per voi no, è chiarissimo. Visto che però qui stiamo ragionando di mandanti, allora il mandante, secondo quello che ha detto Cantone, è chi chiede. I mandanti siamo noi se chiediamo verifiche per le inchieste, come ho già spiegato prima. Prima parlava dei leghisti su cui abbiamo fatto inchieste che poi hanno portato anche a delle condanne. Centemero è stato condannato, ma non solo per le nostre inchieste, è stato condannato su cose di cui abbiamo trattato, in primo grado, attenzione. I commercialisti della Lega su cui abbiamo fatto inchieste, parlo delle SOS che ci sono, sono stati tutti condannati. Gli unici che sono soltanto indagati, siamo noi. Per me è piuttosto stupefacente dover rispondere a chi dice: attenzione l'atto di richiesta di verifica di un'informazione che avete preso da qualche parte e voi volete verificare se è vero, potrebbe poi portarvi a nove anni di carcere, anche se quella notizia è vera. Per me da giornalista è complicato, sono preoccupato di una modalità di questo tipo, a meno che non si dimostri, attenzione, che io sono, io come «Domani», sono la parte finale di un grande complotto che vuole distruggere la democrazia italiana. Allora sì, certo, che c'è un problema. Ho sentito parlare in quest'aula di mandanti, non da parte vostra, Pag. 26ho sentito parlare di ipotetici mandanti e quando si è chiesto quali prove si avessero, si è risposto, a inchiesta ancora aperta, che non abbiamo prove però dalla mia esperienza personale di dossierato, in passato, nel 2006, non posso immaginare che non ci siano mandanti. Ho trovato particolare questo tipo di affermazione a inchiesta ancora aperta senza delle prove specifiche su reati molto gravi, anche delle ipotesi da «Notte della Repubblica». Può darsi che ci sia la «Notte della Repubblica», non da parte di «Domani» ovviamente, questo ve lo assicuro, non lo troverete mai, oppure se io dovessi scoprire, rispetto alle informazioni che adesso non ho ancora, che un mio giornalista ha fatto qualcosa contrario all'etica di cui parlavo prima, io prenderò provvedimenti immediati, io e il giornale: ad oggi non c'è nulla di questo.
  Circa le segnalazioni sospette sui politici: ho scoperto che Striano lavorava in Antimafia, Striano era un finanziere del Nucleo valutario. Non è che io vado da un politico per chiedere un'informazione su un emendamento o dal poliziotto. Per me la fonte è titolare di una serie di informazioni e quelle che ha a me importa pochissimo.

  GIANLUCA CANTALAMESSA. Non sta rispondendo alla mia domanda. Le chiedo se non ritiene sia anomalo che si ricorra a un finanziere, distaccato in Direzione nazionale antimafia, «esperto» dell'Antimafia per accessi o dossier, come vogliamo chiamarli, su personaggi politici. Non è strano andare in Direzione nazionale antimafia, per indagini in cui la mafia non c'entra assolutamente? Questa è l'anomalia.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Ho capito. Non ho la minima idea di quali sono i rapporti, ripeto, e anche se l'avessi non glielo direi, tra le richieste di Striano, Tizian e compagni. Non so se queste richieste siano Pag. 27vere o false. Una parte dei nomi che sono stati indicati da questo atto a comparire, l'unica cosa che abbiamo, come richieste fatte da Tizian e da «Domani», non sono mai state fatte da noi, quindi anche qui bisogna aspettare che ci sia un'indagine. Nell'accusa ci sono degli errori, ve lo dico in maniera chiara, ci sono degli errori perché proveremo che alcuni nomi è impossibile che siano stati chiesti da noi. Non abbiamo la minima idea, quindi non so quali siano i politici, ma qui non posso entrare nel merito. Io posso entrare nel merito invece del rapporto tra giornalisti e fonte. Se lei, Cantalamessa, ha un'informazione economica rispetto a un gruppo finanziario italiano che sta facendo un'operazione sporca, anche se lei è un politico e non lavora nell'economia e mi dà quell'informazione io me la prendo ben volentieri se si tratta di una informazione vera. Quindi a me che Striano lavorasse come finanziere, come DNAA, come portiere della Juventus non importa nulla: la cosa importante è che Striano e altri e qualsiasi fonte abbiano la possibilità di darmi informazioni e documenti credibili, verificati e veri di interesse pubblico. Non ho alcun interesse su che cosa faccia Striano, qual è il suo curriculum. Ciò non deve interessare il giornalista, deve sapere ovviamente che non ti stia dando una una fake news oppure che ti stia utilizzando per commettere cose come un colpo di stato, atti gravi, un atto terroristico, è ovvio che ci sono limiti deontologici che ci si deve porre. A me non importa che Striano lavorasse in quel momento, come dice qualcuno, per la DNAA o, come qualcun altro dice, che fosse distaccato ma in realtà lavorasse nel valutario e quindi le ricerche le faceva nel valutario. Così come per qualsiasi fonte. Quando ho fatto l'inchiesta sul Vaticano non è che avevo i preti che mi davano le informazioni, avevo altri soggetti a cui chiedevo informazioni su quello che combinavano lì dentro. In questo Paese siamo poco abituati al giornalismo Pag. 28d'inchiesta, perché lo si fa veramente in pochi, ma le fonti possono essere le più disparate, di tipologie diverse. A volte fonti che non pensi abbiano notizie importanti su Cantalamessa e invece ce l'hanno. A me interessa molto poco qual è il motivo, quindi la risposta è negativa.

  PRESIDENTE. Grazie, la parola all'onorevole La Salandra.

  GIANDONATO LA SALANDRA. Grazie direttore. Già nella prima domanda lei ha citato l'articolo 110 del codice penale. Provo a essere quanto più sintetico possibile, perché nell'essere sintetici si è chiari. Da quando lei è direttore del «Domani» quindi dal 6 aprile 2023, ho verificato, considerando quelle che sono le responsabilità del direttore responsabile, le vorrei chiedere quali sono i limiti e le cautele che ha eventualmente imposto ai suoi redattori nell'acquisizione delle notizie e dei documenti. Mi permetto soltanto di spiegare la domanda perché nel corso delle sue risposte mi sono permesso di appuntare alcune cose: a latere del tema del rapporto con il diavolo che può anche lasciare il tempo che trova, lei ha parlato di notizie di impatto rilevante e poi ha detto che i giornalisti sono pagati per rivelare segreti che il potere economico non vuole divulgare. Queste però erano informazioni sostanzialmente all'interno di specifiche banche dati, proprio all'interno dello Stato. Sul rapporto sulle fonti: posto il dovere dei giornalisti di verificare la veridicità dell'informazione, da quello che è emerso, almeno allo stato dell'arte, erano i giornalisti che chiedevano di avere quante più informazioni possibili da cui poi trarre la notizia. Mi sembra di comprendere che erano gli stessi giornalisti che compulsavano l'acquisizione di informazioni fisiologicamente oggetto di accessi illeciti. Cioè è il giornalista che concorre nell'accesso illecito. È questo che forse va un attimo chiarito. Lei ha perfettamente sul fatto che esistano professioni per cui Pag. 29lo stesso codice penale garantisce una certa segretezza: vale per i giornalisti, per gli avvocati, per i medici. Non uso la parola «grazie» però la possibilità che la sua testata e la sua figura contribuiscano alle attività della Commissione antimafia credo che possa dare un contributo, almeno ideale, perché proprio il tema delle fonti è questo, cioè ipotizziamo che io vedo su un giornale una mia cartella clinica. È giusto che il giornalista pubblichi magari una notizia, se è rilevante sapere che io in passato, faccio l'esempio su me stesso, abbia avuto dei problemi. Però io avrò anche il sacrosanto diritto di denunziare la struttura ospedaliera – stiamo parlando di notizie estremamente sensibili. Credo sia legittimo il diritto di un soggetto di denunziare la struttura o quantomeno chiedere all'autorità giudiziaria di accertare che cosa sia successo rispetto a notizie che sono sfuggite. Così come anche, posto il dovere del giornalista di verificare la veridicità della fonte, mi chiedo – considerando anche la sua attività di giornalista d'inchiesta sull'Espresso che ha investito anche l'attività politica della stessa Virginia Raggi, se non ricordo male – se il giornalista possa compulsare il compimento di un reato al fine di fare una notizia. Le chiederei queste cose perché quanto meno andando sulla Treccani – credo molto nelle parole – non credo nella parola mandante, però molte volte il dossieraggio è semplicemente la collazione di una serie di informazioni, documenti e atti per un committente. Poi il tema del ricatto può essere anche un effetto. In questo caso mi sembra che i giornalisti abbiano compulsato lo Striano al fine di avere quante più informazioni possibili rispetto a una notizia che veniva dopo e non prima. Le chiederei un'ultima cosa. Lei autorizzerebbe un suo redattore ad avere rapporti come quelli che sono stati intrattenuti con lo stesso Striano?

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  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Parto dall'inizio. È chiaro che è quella l'accusa, quella di aver compulsato. Secondo Cantone sono state fatte delle richieste che per me sono delle verifiche di inchieste che erano già partite, questa è la differenza. Come faccio a fare un'inchiesta su Crosetto se non so cosa voglio scrivere di Crosetto, perché non c'è Giorgia Meloni nelle richieste che avremmo fatto a Striano? Curioso. Una donna politica su cui abbiamo fatto tra l'altro molte altre inchieste, come voi sapete bene, sulla sua famiglia e sui suoi rapporti. Come mai non c'è Giorgia Meloni se io volessi qualche modo andare a strascico? Per un motivo molto semplice, perché le fonti a volte ci arrivano direttamente, come ho detto prima, con una cartella e con una notizia sopra e io prendo il pubblico; altre volte l'inchiesta è una nostra idea, mettiamola così, parte da nostre considerazioni e nostre informazioni, come nel caso di Crosetto, come nel caso della Lega, con fonti che ci vengono a raccontare delle storie che spesso devono avere bisogno per essere pubblicate di carte e di verifiche, perché altrimenti non posso pubblicare soltanto una notizia che mi è arrivata per sentito dire, anche se so che è vera. Ho bisogno della carta, la famosa carta d'appoggio, in modo tale che con quel documento nel caso fossi querelato – e ahimè le querele sono sempre più sistematiche, anche temerarie – posso andare a difendermi. Quello il motivo per cui noi andiamo in giro a cercare, non solo noi di «Domani», ma chiunque va in giro a cercare carte in modo tale da difendere e da dimostrare al lettore che quello che sta dicendo è vero. Per me questo chiedere informazioni non è un reato. Per Cantone evidentemente potrebbe esserlo. Capisco che voi mi facciate questa domanda perché tutto parte dall'inchiesta di Cantone. Vedremo alla fine dell'inchiesta. Ovviamente andremo fino alla CEDU. Vi dico già che ci sono una serie di sentenze CEDU che dicono Pag. 31addirittura che anche se il giornalista sa – e noi in questo caso secondo me non lo sapevamo – che è un reato quello che viene compiuto, il giornalista fa soltanto il suo lavoro, sono sentenze CEDU, poi si verificherà se questo è reato oppure no, non possiamo dirlo adesso, non ho la minima idea se sia reato oppure no. Penso di no e che sia molto rischioso soltanto l'ipotizzarlo. Rispondo all'ultima domanda relativa al fatto se io abbia cambiato modo con i colleghi e miei giornalisti – già l'ho detto prima però, dato che ho detto che non ho cambiato modello di organizzazione – che mi portano notizie vere e verificate con fonti di cui non voglio sapere nemmeno il nome, perché c'è una sacralità delle fonti – ovviamente il direttore ha tutto il diritto di chiederlo, così come il giornalista per proteggere la fonte ha tutto il diritto di non dirlo – che mi danno una notizia vera e verificata d'interesse pubblico e non come dice lei la cartella clinica. Posso avere una cartella clinica in casi eccezionali ed estremi, cioè se un grande leader mentisse rispetto al suo stato di salute mettendo a repentaglio la sicurezza dello Stato in un periodo di guerra: allora al limite uno potrebbe dare una notizia di una malattia, se no sarebbe deontologicamente inaccettabile pubblicarla. Crosetto ha avuto tutto il diritto di denunciare. Una cosa è il diritto, un'altra cosa l'opportunità. Crosetto ha il diritto di dire attenzione questa notizia: lei l'ha definita super sensibile, ma non è che sono andato a vedere la cartella clinica di Crosetto o di un parente di Crosetto. L'informazione che abbiamo pubblicato e che mi è stata data, come ho detto, da dentro Leonardo, è un'informazione che deve essere pubblica per me – e qua non ci troviamo: per me è una intimidazione, in questo senso per me non c'è opportunità perché ogni querela e ogni esposto che fa un politico su una notizia vera pubblicata, per me è un'intimidazione, in altri Paesi non è accettata una cosa del genere dal Pag. 32punto di vista dell'opinione pubblica. Qua invece siamo in un andazzo e si vede anche in questi giorni che cosa succedendo, per cui tutto è illecito, e per la privacy e contro la libertà di espressione si può fare questo e altro. Penso che la decisione di Guido Crosetto, che è ministro e persona che stimo, in questo caso sia stata un errore di opportunità, mi ha sorpreso. Poi c'è l'obbligatorietà dell'azione penale, parlo della magistratura, che si è mossa di conseguenza, ha individuato, facendo un'inchiesta molto complicata, la fonte di questo giornale e poi ha costruito un teorema accusatorio che non riguarda ovviamente «Domani», o soltanto in parte, che bisognerà vedere se sia vero oppure no. Vi ricorderete come il caso sia stato raccontato qui in Antimafia e anche sui giornali. Se si parla di mercato sottobanco delle SOS, al mercato cosa succede? Le cose vengono comprate e vendute quindi vuol dire che, visto che in queste carte ci sono i giornalisti fondamentalmente, «Domani» ha comprato e venduto le SOS, e questo da un punto di vista deontologico sarebbe una vergogna. La pubblicazione e il racconto fatti anche dalla politica, perché Crosetto a un certo punto ha detto che bisogna vedere chi ha pagato i giornalisti, non con il condizionale ma con il presente in un'intervista al Corriere della Sera, sono offensivi e delegittimano la stampa che non ha mai pagato ovviamente nessuno – parlo almeno del sottoscritto, degli altri colleghi e tanto meno dell'azienda che nulla sapeva ovviamente delle nostre fonti. È chiaro che il diritto è una cosa, l'opportunità è un'altra, perché se tu dai una notizia vera, come noi abbiamo fatto, di rilevanza estrema – parliamo del ministro della Difesa che prendeva soldi dalla più importante industria della difesa – e poi veniamo addirittura accusati di aver comprato queste informazioni per cercare di non farlo diventare ministro, quando lui stesso diceva che non poteva diventare ministro della Difesa, è chiaro che è un'intimidazionePag. 33 alla stampa libera. Quindi il motivo per cui oggi vi sto parlando così è anche questo, al netto dell'inchiesta giudiziaria, per cui ho rispetto totale nei confronti di Cantone e dei colleghi di Perugia che stanno lavorando. Se ci sarà qualche collega che ha commesso degli errori gravi, mi spiego: se qualcuno dice «Voi avete violato il segreto?» «Sì», «Siete disposti a pagare per aver violato il segreto?» «Sì», perché chi viola il segreto per me è un buon giornalista, è un ottimo giornalista, questo vorrei che fosse chiaro. Se però mi si dice che voi siete la nuova P5 o peggio della P2, come ha detto il senatore Maurizio Gasparri, è una cosa che a me colpisce. Molto peggio. Il capo della P2 è uno che si chiama Licio Gelli che è stato condannato per aver fatto saltare la stazione di Bologna con 80 morti e noi qua parliamo di una vicenda che secondo il senatore Gasparri è peggio della P2. È chiaro che questo è un modo per delegittimare un'attività di inchiesta giornalistica che è peggio della P2. Secondo me nel rapporto che c'è tra la politica e la stampa libera, utilizzare una vicenda di questo tipo per colpire un piccolo ma battagliero giornale di opposizione non fa il buon nome della politica, al netto degli errori che ci possono essere stati, non lo sappiamo ancora, vediamo. Spero di avere risposto alle sue domande, per quanto potevo.

  PRESIDENTE. Grazie. Senza nemmeno farlo apposta il prossimo iscritto a parlare è il senatore Gasparri.

  MAURIZIO GASPARRI. A me piacciono i talk, partecipo spesso e spesso incrocio Fittipaldi con il quale c'è un franco scambio di idee su posizioni e valutazioni estremamente diverse. Farò la mia domanda alla fine, ma non voglio nemmeno allungare il brodo, anche perché dopo la mia domanda e la risposta devo fare altre cose di giornata, quindi mi piace questo Pag. 34talk. Voglio che resti agli atti quello che penso. Penso che questa vicenda, non del «Domani», ma la vicenda di Striano e della Procura antimafia sia peggio della P2 perché la Procura antimafia e antiterrorismo deve combattere, come si dice per l'appunto nella sua definizione, il terrorismo e la mafia. Non deve mettere un luogotenente a spartire non so se al suo giornale, non so se altrove – sono giornalista professionista dal 1985, conosco il segreto professionale, anzi lei ha parlato fin troppo, ci ha fatto queste dissertazioni, belle, piacevoli...

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Rispondo a domande.

  MAURIZIO GASPARRI. Non ci sono risposte, sono considerazioni, le sue rispettabilissime. Potrei chiederle che rapporti avevano lei e il suo giornale con Russo e con Cafiero De Raho? Questa è la mia domanda.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Nessuno.

  MAURIZIO GASPARRI. Mi faccia finire.

  PRESIDENTE. Vi prego di evitare il botta e risposta. Prima si fanno gli interventi, poi si danno le risposte.

  MAURIZIO GASPARRI. Ha già risposto. La domanda era questa. Detto questo, noi siamo convinti che questa vicenda sia grave perché la Procura, che deve combattere la mafia, nata come è nata in un contesto tragico della vita italiana, e che poi ha esteso le sue competenze al terrorismo, diventi una centrale dove avviene non il giornalismo di inchiesta, ma quello che mi sembra quello che alcuni giornali sembrano aver fatto: «Pronto?» invece di ordinare al bar i cappuccini «mi fate due strisciate Pag. 35sulla Casellati o su Fedez?». Questo non è giornalismo di inchiesta. Il giornalista di inchiesta è quello che va a cercare le notizie, che si consuma la suola delle scarpe, è quello che cerca con fatica un fatto e non grazie alla complicità con uno che ha l'accesso alle banche dati. Poi se questo Striano – c'è un'indagine in corso – l'abbia fatto per un fatto ideologico, lo abbia fatto a pagamento, lo abbia fatto perché ha sottovalutato la preziosità delle cose che smistava, io non lo so. Può darsi che l'abbia fatto per dabbenaggine o per malafede, non lo so. Potrei farle perdere tempo, io non ne ho molto, ma anche lei avrà cose da fare, deve fare il giornale, ma le faccio presente la simultaneità degli articoli: se la Moratti diventa potenziale assessore alla sanità in Lombardia viene fatta la ricerca sulla SOS. Una donna imprenditrice importante può darsi che non abbia pagato una rata di un mutuo, dico per assurdo ovviamente. Lo scandalo grave è quello della Procura, non si monti la testa, non è che lei sostituisce Licio Gelli o altri nella storia italiana, ma lo scandalo della Procura sì, perché la Procura nazionale antimafia e i toni che hanno avuto – non facevo ancora parte della Commissione ma ho seguito i lavori – lo stesso Melillo e altre autorità importanti venendo in Commissione giustificano la preoccupazione perché distoglie la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo dallo scopo prioritario. Questa è la preoccupazione, questo è grave, perché siamo in anni difficili di guerra e di vicende varie, si vorrebbe che quella Procura fosse impegnata esclusivamente in quell'attività e invece si viene a sapere che quello che è il capo delle SOS si mette a fare questa attività a beneficio non so di chi. Parlo con franchezza, ci conosciamo: Debenedetti è uno che fa militanza politica in questo Paese. Si è definito la tessera numero uno del PD quando ancora gli piaceva il PD, poi non gli è più piaciuto. Non è che lo contesto, io sono un militante politico, tutti possono fare Pag. 36militanza politica, pure Berlusconi era imprenditore e ha fatto il militante politico a un certo punto della sua vita. Come di Berlusconi si è detto di tutto e di più sui conflitti d'interesse, io penso che De Benedetti animi dei giornali per farne strumento di battaglia politica contro degli avversari, cosa che è legittima. Anche io ho fatto il giornalista e ho diretto giornali – meno importanti di quelli di De Benedetti – e poi nella lotta, se capita lo Striano che ti dà notizie sugli avversari, tutto fa comodo, ma non è inchiesta quella, sono fonti. Lei ha il segreto, ha già risposto che lei e il giornale non hanno nessun contatto con Cafiero De Raho e con Russo, che è un altro magistrato, quindi mi ha risposto. Prendo atto, mica mi aspettavo che dicesse di averlo visto l'altro giorno, ma è ovvio, però io faccio la domanda perché questa è una Commissione che fa delle domande. Ho finito, direttore. Noi siamo convinti che ci sia stata una degenerazione molto grave all'interno della Procura antimafia nelle modalità che accerteremo e definiremo e poi che ci sia un giornalismo che a volte si siede su fonti che con comodità, con la banca dati, da casa, dal Comando della Guardia di finanza, dalla Procura possono sfornare delle notizie che possono essere anche vere e fondate, parliamoci chiaro. È il modo di fare il giornalismo che è discutibile, che non è giornalismo di inchiesta, ma è un guardare dal buco della serratura e fare da buca delle lettere e utilizzare non lo so se con un disegno o per un fatto fortuito, perché se uno ha una notizia la pubblica, come si suol dire, però c'è un meccanismo anomalo, malato, in questo Paese su cui questa Commissione deve agire e agisce perché, essendo la Commissione antimafia, la direzione non è nella redazione del «Domani» è nella Procura antimafia. Voi siete un corollario di questa vicenda, un megafono, uno strumento. Non lo so se il dottor De Benedetti si diverte ad avere un passivo di 2-3 milioni l'anno – se li può permettere – per poter rompere Pag. 37le scatole a chi gli sta antipatico, non lo so. Le vicende penali le accerterà la magistratura penale, noi come Commissione dovremmo andare avanti perché dobbiamo tutelare e salvaguardare gli strumenti preposti alla lotta alla mafia e al terrorismo e non a distribuire notizie. Alla mia domanda ha già risposto, quindi non ho null'altro da chiederle. Mi dichiaro non soddisfatto, ma prevedevo la risposta, non sono meravigliato dalla risposta, con simpatia.

  PRESIDENTE. La parola al direttore. Ovviamente questo non è un talk, ma è la Commissione parlamentare antimafia dove deputati e senatori hanno tutto il diritto di fare domande e l'audito di rispondere. È meglio precisarlo in modo che resti agli atti della Commissione.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Il Domani». Rispondo subito. Se avessi rapporti con Russo e Cafiero De Raho, direi: non posso rispondere. Il no è una risposta non per coprire i rapporti che ci sono, ma è no e basta. Sulla questione del giornalismo d'inchiesta rientriamo nel talk, quindi non le rispondo e lasciamo perdere, perché abbiamo diverse idee, ma che mi si spieghi da un politico come si fa il giornalismo d'inchiesta, preferisco di no. Sulla preoccupazione antimafia sono d'accordo anch'io nel senso che è chiaro che l'evento...mi taccio, allora.

  PRESIDENTE. Senatore, io lavori li dirigo io. Prego, direttore.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Il Domani». La degenerazione è stata raccontata qui da due autorevolissimi esponenti della magistratura italiana, da Melillo e da Cantone, e mi sembra inevitabile che la reazione dei colleghi di centro, di destra e sinistra sia stata quella che è stata. Poi visto Pag. 38che è stata raccontata la «Notte della Repubblica» a inchiesta ancora aperta, può darsi che lo sia come ho detto. Io aspetterei – lei è un garantista, in Forza Italia siete garantisti da sempre. Però in questo caso specifico secondo me lo siete stati un po' meno, anche nei confronti degli indagati. Lei ha fatto qualche battuta su De Benedetti che si diverte, non si diverte. De Benedetti non è indagato, non ha nulla a che fare questa indagine, non gioca. Mi dispiace ma lei lo ha detto, è un giochino politico voler unire «Domani», De Benedetti, tessera numero uno del PD, Striano e quindi il puparo. È chiaro che l'intenzione delle sue battute è quella, senatore.

  PRESIDENTE. Direttore, termini, se no non ne usciamo.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Il Domani». Ho finito.

  PRESIDENTE. Do la parola al senatore Verdini.

  WALTER VERINI. Grazie presidente. Credo di avere sbagliato quando mi opposi alla audizione del dottor Fittipaldi in Ufficio di presidenza, perché ero contrario ad audire singoli giornalisti, proponendo al contrario di audire Federazione nazionale della stampa, Ordine dei giornalisti e magari altre associazioni che si occupano di deontologia della professione, di tutela della libertà di informazione insieme a quella della reputazione dei cittadini, l'equilibrio tra difesa della privacy e tutela della libertà di informazione. Però mi sbagliavo. Direttore, la ringrazio per quello che ha detto e in altra sede – non credo che sia questa la sede – proporrò che la sua audizione venga trasmessa o comunque venga acquisita dall'Ordine nazionale dei giornalisti, che ne faccia un testo di esame per coloro che danno l'esame da professionista, capitò anche a me di darlo – sono professionista anch'io come il mio coetaneo Pag. 39Gasparri dal 31 gennaio 1978 con un giornale che non c'è più che si chiamava Paese Sera. Lei stasera – poi arrivo alla domanda – ci ha dato una lezione, a me stesso che pure coltivo, sia pure non a livelli come i vostri, la professione, una lezione di giornalismo, una lezione di democrazia liberale, direi una lezione di Costituzione, di rispetto dell'articolo 21 della Costituzione, ci ha dato una lezione europeista. Lei ha citato il Media freedom act, ed è vero, ha citato anche sentenze CEDU che addirittura dicono che prevale l'interesse pubblico, su certi casi, a essere informati anche se i giornalisti pubblicano notizie che sono venute da reati commessi. Prevale la libertà di informazione, questa è una sentenza CEDU, che poi sarà acquisita e sarà diffusa. Al di là delle polemiche politiche che potremmo fare – sarebbe anche facile in queste ore e di questi tempi, sia nei nostri confronti, su tanti piani, ma anche nei confronti del Governo, sui temi dell'informazione, ma non è questa la sede – in una democrazia la stampa è un contropotere e chi in qualsiasi modo, volontariamente o meno, volesse intimidire e tacitare il contropotere dell'informazione commetterebbe un attentato alla Costituzione e alla democrazia, non dal punto di vista penale, ma certamente dal punto di vista politico. Tra l'altro, e chiudo davvero la piccola introduzione, perché ero veramente anche preoccupato? Nella scorsa legislatura mi capitò di coordinare in questa sede il Comitato – assieme agli altri Comitati c'era anche quello – che si occupava dei giornalisti minacciati dalle mafie. Uno solo dai neo-nazifascisti, Paolo Berizzi, l'unico giornalista europeo che viaggia sotto scorta perché non solo è stato minacciato, ma ha anche subito attentati da parte di organizzazioni neo-nazifasciste. Gli altri sono tutti vittime di intimidazioni e attentati da parte delle organizzazioni criminali. Uno di questi è Nello Trocchia, noi audimmo anche Nello Trocchia che si è occupato a lungo dei Pag. 40Casamonica, delle gesta di questa famiglia, e poi è stato vittima di intimidazioni, furti in abitazione. L'abbiamo audito: eravamo abituati ad audire in questa sede giornalisti minacciati dalle mafie, non giornalisti che fanno le inchieste, per capirci. Comunque ci eravamo opposti, e lei oggi secondo me ha dato, con stile e anche con profondità di argomenti, una lezione. Le domande sono queste e sono connesse al tema. Il tema è delicato, lei l'ha già detto, però vorrei che fosse ben chiaro. Il limite della tutela delle fonti, cioè le fonti per un giornalista sono sacre, se uno le rivelasse secondo me verrebbe meno al suo dovere. Lei pensa che se fosse chiesto da una Procura, davanti ai rischi per la sicurezza dello Stato, in questi casi magari ci possa essere una deroga al principio? È una domanda che può sembrare banale, però è giusto farla per far capire quanto la professione giornalistica non è al servizio di chi la pratica, ma è al servizio dei cittadini e quindi questo è il tema. La seconda domanda riguarda una questione che lei ha solo accennato. Lei è al corrente, ha visto, avrà modo di approfondire queste sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo? Perché, altrimenti, se le sentenze non si conoscono e non si diffondono – ed è compito anche di chi sta in Parlamento, non solo dei giornalisti – poi magari noi le leggi le facciamo male, facciamo male le audizioni, facciamo domande sbagliate. Siccome la legislazione europea e la giurisprudenza europea poi a ricaduta riguarda anche la vita del nostro Paese forse sarebbe il caso di conoscerla meglio. Infine, passo ad altri aspetti che riguardano la difesa del giornalismo d'inchiesta che è sotto attacco, non solo il «Domani», ma sono attaccati «Report» e altre trasmissioni televisive, che sono urticanti per tutti, a volte sono urticanti per la mia parte politica e a volte per parti politiche diverse, ma fanno il loro dovere civico, fanno giornalismo d'inchiesta. Lei non è dirigente dell'ordine, non è della FederazionePag. 41 nazionale della stampa, però ha diretto giornali, è un giornalista, pur giovane, ormai di lungo corso e autorevolezza. Cosa si può fare davvero perché la politica non veda il giornalismo non come un contro potere democratico, ma come una controparte da guardare con timore oppure da blandire. Quando e come si potrà avere un rapporto corretto tra la politica e il giornalismo? Le gogne mediatiche, poi la diffamazione, non pubblicare le intercettazioni e poi mettere i veti alla pubblicabilità di notizie: alla fine c'è il rischio che ci sia un rapporto squilibrato dove i poteri di questo Stato, che sono il potere esecutivo e il potere giudiziario, ma anche il potere legislativo, ma anche il giornalismo e l'informazione, rischiano di essere squilibrati. Un'ultima su una cosa che ho ascoltato. Si è parlato della Procura nazionale antimafia. Il senatore Gasparri, che adesso si è allontanato, ebbe a dire nel vivo delle polemiche che occorresse commissariare la Procura nazionale antimafia. Immagino fosse una boutade, perché è evidente che fosse una sgrammaticatura polemica, perché lui sa che non si poteva parlare di questa cosa. Melillo ci ha illustrato delle questioni. Vanno fatte inchieste anche sulla Procura nazionale, ma delegittimare un organismo che da sempre e anche oggi è in prima fila per il contrasto alle organizzazioni criminali credo possa essere rischioso e quindi lo eviterei.

  PRESIDENTE. La parola al direttore.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Il Domani». Le fonti, come dice lei, sono sacre. Se le fonti hanno permesso la pubblicazione di una notizia vera e importante, non rivelo la fonte anche a rischio di andare in galera. Non rivelo il nome della fonte, anche se abbiamo l'obbligo nei confronti dei magistrati di farlo, io non lo farei, salvo in due eccezioni. La prima è se la fonte mi ha tirato uno sgambetto, Pag. 42cioè mi ha dato informazioni farlocche che hanno dato vita a dossieraggi, cioè a dossieraggi, quelli veri, cioè informazioni false che hanno distrutto le persone, ovviamente lo farei. Ricordo ancora che a un certo punto Vittorio Feltri, per esempio, fece il nome delle fonti sulla famosa questione Boffo, dicendo quale era stata la catena delle informazioni perché quella era stata una notizia sballata che avevano pubblicato e quindi fece il nome della fonte, e secondo me Feltri fece bene. L'altra eccezione è che se una fonte ha delle informazioni, e non le ha date tutte, che permettono di salvare la vita o la sicurezza delle persone o dello Stato, in quel caso ovviamente io rivelerei la fonte, nel senso che c'è un interesse pubblico maggiore dell'interesse del singolo. In quel caso – stiamo parlando di casi rarissimi – è chiaro che il dovere di un giornalista è quello di salvaguardare l'interesse collettivo piuttosto che l'interesse della fonte. Stiamo ragionando soltanto in teoria, farei fatica a individuare un caso su che tipo di violazione farei, però, sì, nel caso ci fossero problemi di questo tipo lo farei.
  La questione della CEDU è fondamentale. Vedo adesso che ci sono sui giornali delle disquisizioni – per fortuna l'emendamento di Fratelli d'Italia sul carcere ai giornalisti è stato ritirato. C'è un altro emendamento di Costa che è in qualche modo legato alla questione e vedevo stamattina un lungo pezzo del Fatto quotidiano che ipotizza che possa essere accettato e quindi votato dalla maggioranza. Il mio consiglio da addetto ai lavori è quello di fare molta attenzione perché una legge che preveda il carcere per i giornalisti anche sospettati di avere avuto quella informazione, pur sapendo che quell'informazione veniva da un reato, potrebbe essere una legge che verrebbe poi bocciata in sede europea e andrebbe contro le nuove sentenze della CEDU. Lo dico umilmente. Rispetto alla domanda sulla conflittualità ormai ventennale che c'è tra la politica e la Pag. 43stampa, così come c'è tra la politica e la magistratura, è chiaro che ci sono stati – sarei intellettualmente disonesto – degli eccessi da parte del circuito mediatico-giudiziario soprattutto nel corso degli ultimi vent'anni. Sono state pubblicate intercettazioni che nulla avevano a che fare con le indagini, sono state pubblicate notizie che non erano di interesse pubblico e che hanno colpito politici o vip nel loro personale. Sono tutte cose a cui una cattiva stampa ci ha abituato e un periodo che fortunatamente è finito anche perché è stato legiferato – secondo me bene con la legge Orlando, male con la legge Cartabia – comunque un limite soprattutto alle intercettazioni private. Da qui però siamo passati da uno squilibrio a favore di un far west a un altro disequilibrio di un rischio-bavaglio sistemico da parte della stampa. L'intenzione addirittura di limitare le intercettazioni – che però non riguarda nemmeno solo la stampa – ma, meglio, l'intenzione del legislatore di costringere il giornalista a non pubblicare l'ordinanza di un magistrato ma di sintetizzarla, secondo me non è soltanto una questione orrenda da un punto di vista democratico, ma è anche pericolosa per l'indagato o l'imputato. È chiaro che è molto facile per il giornalista utilizzare parole sbagliate in un riassunto piuttosto che quello che scrive un magistrato: è come se mancasse un equilibrio liberale tra gli eccessi che ci sono stati e la reazione che c'è stata da parte della politica. Adesso siamo in una fase di restaurazione pesante. Non mandare in onda le repliche di Report che costano poco e fanno guadagnare tanto d'estate, è chiaro che dà la sensazione alla categoria, ma anche all'opinione pubblica, di una politica che non vuole sostenere o comunque accettare un giornalismo d'inchiesta libero. Non dico che chi sbaglia non debba pagare perché, come ho detto prima, abbiamo grandi responsabilità nei confronti delle istituzioni e delle persone comuni, ma è chiaro che i Pag. 44giornalisti parlano fondamentalmente della politica e non delle persone più umili: se c'è una richiesta sistemica e un attacco sistemico attraverso liti e querele temerarie, penali e civili, con richieste milionarie, un equilibrio e una dialettica normale in questo Paese tra politica e stampa non ci sarà mai. Quello che vedo è che però siamo molto lontani dal cercare tutti insieme un equilibrio sensato, la sensazione che da giornalista e da direttore è ancora quello di una rivalsa della politica sulla stampa. Non parlo soltanto del Governo e della maggioranza, parlo anche di tante inchieste che abbiamo fatto sul PD e abbiamo avuto reazioni spesso eccessive. Abbiamo querele da governatori del PD; pochi giorni fa Conte, del Movimento 5 Stelle, ha fatto un lungo attacco al sottoscritto e a «Domani» per avere scritto una cosa vera, mai querelata, quindi è chiaro che ogni volta che uno scrive qualcosa che non piace, se ogni volta la politica reagisce in questo modo, o attraverso un attacco personale o attraverso una querela o attraverso un esposto come quello di Crosetto per identificare la fonte, un equilibrio positivo non si troverà mai.

  PRESIDENTE. Grazie mille. La parola all'onorevole Bicchielli.

  PINO BICCHIELLI. Grazie presidente. Direttore Fittipaldi, volevo dirle che in questa seduta non stiamo facendo nessuna caccia alle fonti perché non è compito nostro e non è nostra intenzione, anzi personalmente, ma credo che anche molti colleghi apprezzino il lavoro che lei fa come giornalista d'inchiesta, però qui siamo stati investiti da una responsabilità e quindi con responsabilità proviamo a capire perché il nostro compito è quello di capire. Tra l'altro, come ha detto il presidente in apertura di questa audizione, non siamo stati nemmeno noi a sollecitare l'apertura di questa pratica. Non è Pag. 45assolutamente messa in discussione la libertà di stampa. Ritengo che questo sia un Paese dove la democrazia e la libertà di stampa sono garantite a tutti, non stiamo parlando dell'atteggiamento nei confronti della stampa. Prima ho sentito il collega che parlava di segretezza, ma la segretezza credo che valga sia quando riguarda amici nostri sia quando non riguarda amici nostri. I concetti devono essere sempre validi a prescindere dalla parte politica da cui arrivano. Sono d'accordo con lei, ad esempio, quando dice che siamo all'inizio dell'inchiesta e non possiamo assolutamente pensare che ci siano persone che vadano colpevolizzate. Da parte nostra non c'è nessun atteggiamento, credo che però questo dovrebbe valere sempre. Quando una persona viene indagata molte volte la troviamo sui giornali, ormai definitivamente condannata. Questo forse sì è un punto dolente. Su un'altra cosa sono d'accordo con lei, poi vengo alla domanda. La sua audizione di oggi è molto importante perché ci sta dicendo cose che onestamente a noi erano state dette diversamente. Praticamente ci dice che accedere a una SOS sia semplice, tanto non c'è niente là dentro. Ci è stato spiegato che accedere a una SOS sia una cosa complicatissima, non puoi conoscere la fonte della SOS, ci sono tutta una serie di passaggi e quindi questo, presidente, per questa Commissione è un fatto nuovo, perché tutti coloro che hanno responsabilità fino ad oggi sono venuti a spiegarci che il problema vero è che l'accesso alle banche dati riservate sia un fatto gravissimo. Di questo stiamo parlando non dei giornalisti. Tra l'altro Tizian è un giornalista, visto che siamo in Antimafia, che ha fatto dell'antimafia la sua ragione di vita e ha anche pagato personalmente per questo suo modo di essere e quindi a lui va tutta la nostra solidarietà. C'è un punto che a me preoccupa, poi vengo alla domanda specifica. Ho visto le carte ma non conosco l'inchiesta nel dettaglio. Quando vedo però che ci sono centinaia Pag. 46e centinaia di accessi in cui alcuni soggetti, tra cui i giornalisti del «Domani», invitano Striano a dare informazioni su tutta una serie di persone, quelle che vengono pubblicate sappiamo che sono state pubblicate e quindi sappiamo qual è l'iter: io ti chiedo una notizia, l'accesso è legale, l'atto è legale, viene pubblicato. La preoccupazione che ci stiamo ponendo è sapere cosa sia successo di tutti quegli altri accessi e di quegli altri nomi. Dove sono andati a finire, a cosa sono serviti? Non faccio dietrologia, è una domanda legittima, parliamo di migliaia e migliaia di accesso. Lei ha ragione, prima faceva riferimento alla dichiarazione di Cantone. Ognuno tenta di fare al meglio quello che fa. Parto da quello che ha detto Cantone quando è venuto qui. Ho preso il pezzo perché ritengo che sia importante riportarlo in audizione. Ha detto che se il giornalista però fa in modo che quella notizia venga individuata con criteri illeciti, se chiede a un funzionario pubblico di effettuare informazioni utilizzando strumenti illegali ritengo che sia concorrente nel reato. Questo non lo dice la Commissione antimafia, lo ha detto Cantone e noi da lì stiamo partendo per la riflessione e per capire come funziona il sistema. Qui non stiamo facendo il processo a qualcuno, stiamo tentando di capire come funziona il sistema per capire se effettivamente questo sistema era un dossieraggio, non è che stiamo dicendo che ne abbiamo la certezza. Lei sa benissimo che il contratto nazionale di lavoro giornalistico dà compiti specifici ai direttori di quotidiani, tra i quali quello più importante è una competenza del direttore a impartire indicazioni di carattere politico e anche indicazioni di carattere tecnico-professionale che deve avere il giornale e il rapporto dei giornalisti con le fonti e con le notizie che arrivano. Premesso che lei ha detto, e lo voglio ribadire, che nel periodo a cui noi ci riferiamo non era il direttore del «Domani», però è un giornalista autorevolissimo – all'epoca credo Pag. 47fosse il vicedirettore, se non sbaglio. Per capire il rapporto tra Striano o le fonti che arrivano illegalmente ad alcuni giornalisti, le chiedo se ci fossero delle direttive da parte del direttore dell'epoca sulla relazione tra i giornalisti e queste fonti e se ci fossero delle regole di ingaggio sulle modalità di acquisizione di queste informazioni. Venendo allo specifico, lei dice di non avere rapporti con Striano e non ho dubbi perché non ce ne sarebbe motivo, però ci sono i tre articoli famosi del 27, 28 e 29 ottobre dal titolo: «Così Crosetto ha incassato milioni di euro da Leonardo», «I 200mila euro di Crosetto», «Il ministro della Difesa ha preso altri 125mila euro», li conosciamo. Tutti questi tre articoli sono a firma sua e di Tizian. Almeno da quello che ci dice la Procura di Perugia, questi articoli hanno utilizzato come fonte informazioni coperte da segreto ricavate tramite accessi abusivi alle banche dati con comportamenti illegali da parte del responsabile SOS Pasquale Striano. Lei era a conoscenza che queste informazioni arrivavano da un accesso abusivo da parte di Striano oppure Tizian le ha gestite autonomamente?

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Parto dalla prima domanda. A proposito delle SOS, non ho mai detto che sia facile arrivare alle SOS, non ho la minima idea, perché non sono un esperto. Ho soltanto fatto una divisione rispetto al numero di SOS che venivano gestite, secondo la Procura, dal capo delle SOS. Lui faceva solo questo, quindi lui, almeno da quello che ho letto e anche delle interviste che ha rilasciato, non ne ha fatto 4 mila. Striano ha detto che erano 40 mila, ma non i documenti, solo le SOS, perché forse non voleva sembrare un fannullone. La dichiarazione l'ho fatta perché il numero di 4000 SOS che è stato definito dai giornali gigantesco, rispetto a uno che lavora alle SOS, e io non lavoro alle SOS, ma lavoro ai documenti e quando devo fare le inchieste ne apro...

Pag. 48

  PRESIDENTE. Solo per correttezza di informazione, direttore, 40 mila erano gli accessi alla SIDNA/SIDDA, che è un'altra cosa se no facciamo confusione anche noi.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Sì, sono diverse perché le SOS sono i documenti finanziari che vengono fatti da UIF e ovviamente dalle banche locali quando c'è una segnalazione di operazione sospetta e sono documenti «più segreti». Le SIDDA che la Procura ha individuato fondamentalmente nel passaggio da Striano a Tizian sono atti giudiziari, quasi tutti non segreti o tutti non segreti, perciò facevo questa differenziazione, visto che stiamo parlando di un'indagine che, oltre all'accesso abusivo, ha come reato finale per l'accesso abusivo la rivelazione di segreto. Non ho mai detto e non intendo dire che la gestione delle SOS sia una gestione semplice, ho soltanto detto che per chi lavora con le SOS – e lui stesso ha dichiarato che non ne aveva fatto 4000 perché se no non avrebbe fatto nulla da mattina a sera, ma ne avesse gestite molto di più per sviluppare gli atti di impulso – due SOS al giorno mi sembravano poche.
  Dove sono finiti i 40000 documenti e le SOS? Sicuramente non sono sulla mia scrivania, non ne ho la minima idea. Mi ha colpito e credo che abbia colpito anche voi – sempre rispetto al fatto che io capisco perché posso essere qui – che la magistratura non ha escluso che questa grande documentazione possa essere finita all'estero e possa essere stata addirittura un obiettivo dei servizi segreti di Stati esteri. Però ho anche visto che quando avete domandato se ci fossero stati rapporti tra Striano e servizi segreti italiani o esteri mi pare che la risposta sia stata negativa. Questo mi ha colpito perché è stato un hype molto importante, una cosa che poi è diventata apertura dei giornali per tre giorni, però nemmeno io posso escludere nulla, anche se io se facessi un articolo giornalistico non scriverei mai Pag. 49che possibili mandanti siano servizi cinesi oppure russi perché, non potendo escludere nulla, potrei anche dire che il mandante di Striano sia Papa Francesco, perché non potendo escludere nulla potrei scrivere qualsiasi cosa. Cercherei di stare sulle evidenze, sugli atti, quindi a questa domanda che lei mi pone e a cui non è riuscito a rispondere Cantone, non posso rispondere nemmeno io. Le dico con certezza che, almeno per quello che io so, non so che fine abbiano fatto.
  Sulla concorrenza del reato, è un dato di fatto, è chiaro che i miei colleghi sono concorrenti e che l'accusa è quella. Accusa che bisognerà dimostrare e io sono sicuro che i miei colleghi riusciranno a dimostrare la loro innocenza, ma non posso dire più di questo.
  Sul tema del mio predecessore, ero vicedirettore ad personam, il che vuol dire che non avevo alcuna responsabilità all'interno della redazione, come se fossi stato un inviato speciale che faceva le sue inchieste abbastanza in solitaria. Ho lavorato in passato anche con Tizian, con Trocchia, con Vergine. Escludo che ci fosse qualsiasi regola di ingaggio tra il direttore ed ex direttore, ma anche per quel che riguarda l'attuale direttore, con i giornalisti. Non esistono regole d'ingaggio, ognuno si muove con le sue fonti come meglio crede. La cosa importante è rispettare la deontologia, la cosa importante è che le notizie siano vere, la cosa importante è che vengano rispettate non soltanto la continenza e la veridicità, ma anche le persone con cui si scrive. Queste sono le regole di ingaggio, quello di fare il buon giornalismo.
  La risposta finale è quella forse più importante: no, non sapevo chi fosse Striano fino ad agosto 2023. Ho firmato quei pezzi, le ho spiegato prima perché ho firmato i pezzi, perché non avevo bisogno di Striano per firmare quei pezzi. Non c'è nessuna SOS che abbiamo utilizzato su Crosetto, non c'è Pag. 50nessuna particolare informazione finanziaria che lo stesso Crosetto non avrebbe già dovuto pubblicare una settimana dopo. Anche se ho firmato il pezzo insieme a Tizian, non conoscevo Striano perché non ho mai chiesto ai miei collaboratori e alle colleghe con cui firmavo quali fossero i nomi delle loro fonti e anche quando l'ho chiesto quasi sempre mi è stato risposto: «Fatti i fatti tuoi» che è quello che direi a qualsiasi collega che mi chieda il nome e la provenienza delle mie informazioni.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Senatore Sallemi.

  SALVATORE SALLEMI. Grazie presidente e buonasera direttore. Questa domanda l'avrei voluta fare all'inizio dell'audizione. È più che altro una mia curiosità scaturita da tutto ciò che è stato detto e che si è letto anche precedentemente. Esistono ovviamente dei limiti al diritto di cronaca nella nostra Costituzione, questi limiti vanno rispettati in qualunque modo si eserciti il diritto di cronaca. Le pongo una domanda anche perché lei ha parlato di liturgie che vanno rispettate nel mondo del giornalismo e le chiedo: ritiene deontologicamente corretto che un quotidiano utilizzi informazioni esfiltrate in maniera illegale – c'è un processo in corso ma si presuppone che siano state esfiltrate in maniera illegale dalla Direzione nazionale antimafia – e che non hanno nulla a che fare con la mafia per essere utilizzate in un articolo sui redditi nei confronti dei politici? Le chiedo se lei questo non lo ritenga deontologicamente scorretto. Questa è la mia domanda, direttore.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». A proposito di garantismo, lei usa la parola illegale, prima ancora che ci sia stato non solo un processo. Quelle sono le accuse della magistratura, anzi le accuse iniziali e non siamo Pag. 51nemmeno alla conclusione delle indagini. Anche qui se vogliamo essere garantisti, cerchiamo di esserlo fino in fondo. Non posso accettare la locuzione esfiltrazione illegale perché è scorretto proprio in termini giuridici perché non siamo nemmeno all'inizio dell'inchiesta. Quando la Cassazione dirà che è stata fatta un'esfiltrazione illegale e, attenzione, che la pubblicazione di quella esfiltrazione sia illegale, allora si potrà parlare di esfiltrazione illegale. Però le voglio rispondere. Sono stato accusato da uno Stato estero di aver pubblicato notizie che mettevano a rischio la sicurezza nazionale. Ho avuto un processo durato due anni, stiamo parlando del Vaticano. Ho avuto esattamente le stesse accuse da parte dei promotori di giustizia vaticani, ossia quelle di avere avuto in maniera illecita delle informazioni da parte di alcuni soggetti interni, con documenti riservati, che, ripeto, che siano cartacei o che siano digitali conta pochissimo, e che io li abbia pubblicati. Sono stato assolto per difetto di giurisdizione e l'unica cosa che le posso dire rispetto a quello che mi ha chiesto, perché non posso entrare nel merito di accuse fatte da un procuratore come Cantone ad altri colleghi delle quali non so nulla perché, come le ho detto, non lo conoscevo è che, sì, io lo rifarei. Rifarei esattamente quello che ho fatto al tempo, cioè trovare delle notizie segrete esfiltrate o no – che sicuramente queste persone non mi potevano dare, perché queste persone sono state condannate proprio per questo motivo, cioè perché mi hanno dato queste informazioni riservate. Sono informazioni di grande rilievo pubblico perché ho raccontato cose che se forse sapete o forse no, cioè come venivano buttati i soldi del Vaticano e i soldi della beneficenza per operazioni finanziarie spericolate e ho rischiato il processo, dove sono stato assolto. Anche lì consideravo una follia il fatto che il Vaticano di Papa Francesco mi avesse mandato a processo per avere pubblicato notizie vere Pag. 52sull'attico di Bertone. Quindi, sì, lo rifarei in modo tale che spero che lei abbia capito quale sia la mia idea deontologica – può darsi che sia diversa dalla sua – che si basa fondamentalmente soltanto su una cosa: di non fare male a nessuno per ottenere quell'informazione, prendere quell'informazione vera e di interesse pubblico, verificarla in ogni modo possibile e immaginabile, non pubblicarla se non è verificata e sentire sempre la persona – Guido Crosetto l'ho sentito mille volte prima di pubblicare quell'informazione, tra l'altro non stiamo parlando del Watergate, ma soltanto di compensi finanziari – e alla fine di pubblicarla e non tenerla nel cassetto. Se la tieni nel cassetto, allora diventi un volgare ricattatore e un dossieratore, se no nel resto del mondo questo si chiama giornalismo, anche se il pubblico ufficiale che ti ha dato quell'informazione ha commesso un illecito o un reato. A mio modestissimo parere, se il giornalista fa solo il suo mestiere, non è coda di nessun gruppo di potere eversivo – altrimenti la deve pagare e lì ci sono problemi veri, non penali, ma molto più seri – ha il dovere e il diritto di pubblicare quella notizia.

  PRESIDENTE. Grazie mille. È iscritta l'onorevole Piccolotti da remoto.

  ELISABETTA PICCOLOTTI. Innanzitutto vorrei ringraziare il direttore Fittipaldi per la sua audizione molto precisa e puntuale e, per quanto mi riguarda, esaustiva in tutti i suoi punti, tanto che forse alcune delle mie domande potranno sembrare ridondanti. Lo dico perché io sono tra coloro che in questa Commissione ha sempre sostenuto che ci fosse un profilo totalmente diverso tra i fatti che riguardano funzionari infedeli dello Stato che fanno accessi abusivi a database a cui non dovrebbero accedere – questa è una questione che può essere anche oggetto di analisi e approfondimento nella CommissionePag. 53 antimafia, anzi naturalmente deve esserlo – e quelli, del tutto diversi e secondo me in nessun modo sovrapponibili, che riguardano la libertà di stampa e la tutela della professione giornalistica che invece dovrebbe essere un profilo che questa Commissione farebbe meglio a non affrontare nella forma in cui invece discute degli accessi abusivi. Lo dico a partire dall'idea che per l'appunto anche le norme siano totalmente diverse e dirette a tutelare diversi diritti. Se da un lato in presenza di un accesso abusivo a un database informatico si mette al centro la tutela della privacy e della riservatezza della persona che è oggetto di queste ricerche, dall'altro invece, quando parliamo di libertà di stampa, la tutela che dobbiamo mettere al centro è quella della professione giornalistica e anche la tutela del cittadino che ha tutto il diritto di venire a conoscere informazioni e notizie soprattutto quando queste hanno grande rilievo pubblico e quando sono interessanti dal punto di vista del dibattito politico, pubblico e di attualità. Lo dico perché non è vero che la Costituzione ponga dei limiti alla libertà giornalistica che riguardano la modalità con cui si apprendono le notizie da parte dei giornalisti. Gli unici limiti che la nostra Costituzione pone alla professione giornalistica sono sostanzialmente tre: quello di presentare delle notizie che siano vere, quello di presentare delle notizie che abbiano un interesse pubblico e quello della continenza formale, che riguarda la modalità con cui vengono comunicate queste notizie. Non c'è nessun rilievo invece rispetto alla provenienza di queste notizie nel nostro ordinamento. Aggiungo, ma questo l'ha già detto il direttore Fittipaldi, che sta cambiando anche l'orientamento delle norme europee. Ci sono tante sentenze della Corte EDU, ci sono anche sentenze italiane. Ultimamente l'Europarlamento ha confermato l'accordo che si era trovato in Consiglio dell'Unione europea a dicembre che dice che sarà Pag. 54vietato ricorrere ad arresti, sanzioni, perquisizioni, software di sorveglianza intrusivi e altri metodi coercitivi per fare pressioni sui giornalisti e sui responsabili editoriali e costringerli a rivelare le loro fonti. Di conseguenza, cambia anche l'orientamento in Italia perché altrimenti io non saprei come leggere la recente approvazione di un punto di una mozione a mia prima firma alla Camera – c'erano anche tanti colleghi di questa Commissione – che recita così: «Impegna il Governo a intervenire sulla protezione delle fonti giornalistiche facendo in modo che il diritto dei giornalisti al silenzio sulle loro fonti non sia considerato un mero privilegio concesso o revocato sulla base della liceità o illegittimità della provenienza delle informazioni, ma invece che sia considerato un autentico attributo del diritto all'informazione». Quindi, come si vede, ci sono anche atti parlamentari sia europei sia italiani che dicono che i giornalisti hanno tutto il diritto di proteggere le loro fonti anche quando queste fonti potrebbero avere avuto le notizie in una maniera non perfettamente legale. Dico questo perché penso che siamo su un crinale molto pericoloso e che in qualche modo stiamo mettendo alla sbarra l'informazione e che questo accade ormai da troppi mesi in questo Paese. In realtà è accaduto più volte anche in passato ma ora questo problema si presenta in maniera ricorrente.
  Volevo sapere – è la mia domanda – quante querele sono arrivate al «Domani» in virtù del lavoro di inchiesta, se sono tante quelle che arrivano in generale dal potere politico e dal potere esecutivo, quante di queste lei giudica possano essere considerate querele temerarie – l'altro grande tema che si pone a livello europeo e anche italiano. C'è il caso di una perquisizione che avete avuto e che l'Ordine dei giornalisti ha giudicato grave. Volevo sapere se anche voi la giudicata grave e se pensate che sia in qualche modo una forma di pressione per impedire Pag. 55che il vostro lavoro di giornalisti si esplichi in tutta la sua libertà. Vorrei chiederle più in generale se anche questa inchiesta in cui vengono indagati dei giornalisti si possa configurare secondo lei come una forma di pressione che in qualche modo minacci il segreto delle fonti e minacci il giornalismo di inchiesta. Grazie.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Grazie. Inizio a rispondere partendo dall'ultima domanda. La stessa decisione della Procura di Roma di procedere come ha proceduto è un problema, un rischio per la libertà di stampa. Faccio un esempio banale: quali fonti, segrete ovviamente, possono con il cuore leggero parlare e dare informazioni, riservate ovviamente, – parlo anche fonti di Procura o di avvocati, che hanno comunque informazioni sensibili – e avvicinarsi a un giornale o a colleghi se possono pensare che qualcuno possa fare un esposto e chiedere alla Procura e al giudice di essere individuati se poi quella procedura viene effettivamente portata avanti? Un giornalista senza fonte? Il giornalismo, di inchiesta o no, deve riportare le notizie. Il giornalista tout-court senza fonti non è un giornalista, diventa semplicemente uno che prende le veline del potere, le passa oppure le commenta, è un opinionista. Abbiamo perso un po' il senso della notizia per cui ogni volta che uno fa un'inchiesta e dà una notizia sembra che abbia fatto qualcosa di rivoluzionario, in realtà dovrebbe essere alla base del mestiere, cosa che ahimè non sempre viene considerato.
  Sì, abbiamo decine di querele da quando siamo nati. Centinaia io e i miei colleghi quando eravamo all'«Espresso», parlo di centinaia nel corso della mia carriera. Adesso ovviamente come direttore responsabile arrivano tutte. Le ultime, ripeto, la querela della Presidente Meloni, la querela dell'uomo più fidato di Meloni, Gaetano Caputi. Lo abbiamo ovviamente contattato, Pag. 56come sempre, non ha voluto rispondere. Questa è un'altra pratica frequente e poco urbana, secondo me, cioè quella di non parlare con il giornalista che ti chiede di replicare alla costruzione della sua inchiesta che a volte può essere anche fallace, e poi di querelare subito dopo e non di rettificare. Attacchi di minacce ne arrivano in continuazione, da parte dell'esecutivo e della maggioranza, ma anche da parte dell'opposizione, insomma da parte del mondo politico. È così, perché è un modo con cui la politica, secondo me a volte anche in maniera efficace, si difende dal quarto potere cioè dalla stampa libera che cerca di dare informazioni. Dico in maniera efficace perché il numero di persone e di giornalisti che si espongono, visti i rischi che corrono anche gli editori, diminuisce ogni anno sempre di più. Non è un bene per la democrazia. Quindi sì, la situazione è questa, la considero drammatica per il sistema-Paese, e secondo me, ripeto, anche la richiesta di questa Commissione di audirmi e, come ha detto il senatore Gasparri che è andato via, tirare in ballo l'editore di un giornale di opposizione, non mi pare che sia una scelta che aiuti l'esercizio della libertà di stampa in modo tranquillo e sereno come dovrebbe essere.

  PRESIDENTE. Grazie, ci sono ancora quattro iscritti a parlare. Mi inserisco per tornare agli inviti a comparire e, nello specifico, quelli che interessano a questa Commissione. Mi riferisco a documenti ovviamente liberi che abbiamo potuto leggere tutti e sui quali chiedo al direttore se ci sono delle informazioni che vuole rendere. Il primo in realtà è molto legato a una delle sue risposte. Nell'invito a comparire a Striano c'è il famoso riferimento ai tanti we transfer che vengono mandati da Striano a Tizian. A me personalmente hanno colpito due che mi chiedo se lei abbia avuto modo di approfondire o se se ne sia fatto un'idea. Uno è un commento scritto Pag. 57accanto all'invio di documenti SIDDA-SIDNA: «Aprili tutti, qualcuno non è il tuo». L'altro è: «Cerca Mulino Caputo», come se nell'interlocuzione tra lo Striano e il giornalista ci fosse una conversazione tale da dire: «Guarda tu quello che ti serve». Che interpretazione ne dà lei? Per noi è utile per capire il tipo di rapporto che c'era tra i due e che ha portato a questo invio. L'altro è sempre relativo a quello che emerge dagli inviti a comparire. Prima che lei assumesse l'incarico di direttore, quali erano i suoi rapporti con il giornalista Federico Marconi? Il riferimento è a pagina 5 dell'invito a comparire a Laudati in relazione al periodo di tempo intercorrente tra i giorni di poco antecedenti al 9 ottobre 2021 – data in cui Striano è venuto in possesso della bozza dell'articolo mandatogli verosimilmente da Marconi – e il successivo 26 ottobre 2021, periodo in cui Striano stesso manda in visione l'articolo a Laudati. Marconi venne mai a parlarle dell'articolo e del fatto che era stato, tramite Striano, sollecitato da Laudati a fare questo articolo? Oppure come andarono le cose, se ce lo vuole dire, perché a noi interessa, per arrivare al tema della Commissione, sapere quali fossero i rapporti con Laudati nella sua esperienza professionale ma anche in quella, se ce lo vuole riferire, dei suoi colleghi perché da qui sembrerebbe una cortesia, ma immagino che tale non fosse.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Questo messaggio «Aprili tutti, qualcuno non è il tuo» è del 2018, io ero un redattore ordinario dell'Espresso, quindi non è inviato a me, non so nulla di questo messaggio, non so cosa voglia dire. Immagino che sia semplice, cioè: «non aprirli tutti, qualcuno non è il tuo», può darsi che siano documenti riferibili a inchieste che non interessavano a Tizian ma a cose in più, non lo so, non ne ho la minima idea. «Cerca Mulino Caputo», del 2020, non so quale fosse il motivo, forse è un nome chiave per Pag. 58trovare nella ricerca PDF il nome che serviva. Credo che siano tutti criminali mafiosi e quindi non c'è nulla di politico.
  La cosa invece che riguarda Marconi è interessante perché è stata fatta una serie di ricostruzioni – anche da parte degli altri giornali e parlo del quotidiano «il Giornale» in particolare – del tutto sballate. Innanzitutto Marconi, a differenza di quello che scrive «il Giornale» non risulta indagato, abbiamo fatto una verifica ex articolo 335 c.p.p. presso la Procura di Perugia. A proposito di attenzione alla stampa, alle verifiche, al garantismo è stato quindi dato dell'indagato a un giornalista che non lo è. Marconi è un nostro collaboratore, lavora per Report e di tanto in tanto scrive anche per «Domani». Non sapevo nulla di questo articolo nel senso che al tempo – stiamo parlando del 2021 – ero, come ho già detto mille volte, un vicedirettore senza deleghe. Ho saputo di questo articolo, di cui non ricordavo nulla, credo di non averlo nemmeno letto, anche perché è un tema che non mi appassiona nemmeno tanto. Quindi ho ricostruito la faccenda dopo, perché – leggo quello che scrive l'accusa fatta direttamente a Striano e Laudati – si dice che le chat: «attestavano falsamente – sia Striano sia Laudati – che l'origine degli approfondimenti era da individuarsi nell'uscita di due articoli di stampa pubblicati il primo in data 9 ottobre 2021 dal quotidiano “il Messaggero”, a firma del giornalista Stefano Pettinari, e il secondo al quotidiano “Domani” in data 26 ottobre 2021, a firma del giornalista Marconi, quando invece specifici accertamenti sul contesto relativo al suddetto dossier pre-investigativo erano stati delegati dal medesimo Laudati a Striano a partire almeno dal 31 maggio 2021, ben prima dell'uscita dai predetti articoli e la pubblicazione dell'articolo del 26 ottobre 2021 era stata dallo stesso Laudati stimolata attraverso Striano tramite contatti di quest'ultimo con il giornalista Marconi. Lo Striano stesso, infatti, in data 9 ottobre 2021 aveva anticipato Pag. 59una bozza dello stesso articolo pubblicato il 26 ottobre 2021 al dottor Laudati». Ho chiesto ovviamente conto e ragione perché la cosa mi dava particolarmente fastidio, fastidio non da un punto di vista penale, ma dal punto di vista deontologico, per la sola idea di essere stati utilizzati, consciamente o inconsciamente, da un soggetto esterno per suoi interessi diretti, in questo caso per abuso d'ufficio, secondo Cantone che sta indagando su Laudati – mi riferisco alle carte. Non conosco il signor Laudati, mai sentito in vita mia. Marconi dice di non conoscere il dottor Laudati e confido che dica la verità, Marconi dice di non avere mai visto, sentito e conosciuto il dottor Striano, e se si verificasse un'evidenza diversa, ovviamente Marconi ne pagherebbe conseguenze con me, come vi ho detto; quindi, mi sembrerebbe molto strano che mi abbia mentito. Però ho chiesto al collaboratore Marconi di spiegarmi come nascesse quell'articolo. Attenzione questo lo dico e adesso lo spiegherò: questo non vuol dire, come ho già detto prima, che qualche fonte non possa, anzi lo fa in maniera sistemica, utilizzare per interessi personali un giornalista, un media, un telegiornale e a volte questo giornalista quegli interessi non li conosce. In questo caso l'accusa è che vi fosse un interesse specifico del dottor Laudati – ho visto che a sua spiegherà che non c'è stato nulla di che – perché non voleva che venisse fatta una speculazione edilizia vicino ad alcune sue proprietà immobiliari e che quindi questi articoli, quello del Messaggero e in particolare quello di Marconi, servivano per aprire un'inchiesta che doveva portare al blocco: insomma come se fossimo stati utilizzati. In questo caso però ci sono alcuni fatti – e qua mi riferisco a quello che mi è stato detto dal giornalista – che vanno un po' a cozzare con la ricostruzione che è stata fatta dalle carte, almeno per quel che riguarda «Domani», non parlo degli altri, perché, molto prima, almeno secondo le carte, che Pag. 60Laudati chieda a Striano, quindi a fine maggio, di adoperarsi su questa vicenda, c'è un comitato di quartiere attivo dall'inizio dell'aprile 2021, cioè da quando a Santa Severa e a Santa Marinella inizia a diffondersi la voce che un parco molto bello vicino a Santa Severa e il convento di proprietà di alcuni religiosi erano stati venduti a inizio marzo dall'Ordine dei frati minori. A quel punto, il 12 maggio 2021, quindi venti giorni prima che Striano iniziasse a lavorare su mandato, sempre secondo l'accusa di Cantone, a questa informazione, il comitato presenta un esposto ai carabinieri di Santa Marinella e successivamente scrive una lettera a Papa Francesco per chiedere di bloccare la vendita. Se voi leggete il pezzo che fa Marconi, vedete che abbiamo la lettera al Papa che viene mandata prima ancora che Striano faccia qualsiasi cosa. Lui spiega che il 31 maggio 2021, cioè lo stesso giorno, una rivista religiosa scrive un lungo articolo sulla vendita del convento in cui si ricostruisce tutta la vicenda e si dà notizia della lettera al Pontefice. Il primo giugno 2021 l'associazione Italia Nostra si schiera a favore del comitato, il primo giugno esce un articolo su Famiglia Cristiana sulle ruspe che minacciano il convento, negli ultimi giorni di giugno ci sono una serie di rapporti tra uno dei capi di questi comitati e Marconi per iniziare a sviluppare un'inchiesta che, come vedete, nulla ha a che fare con SOS, con informazioni riservate di carattere finanziario, eccetera. Il punto finale è: perché l'articolo finisce nelle mani di Laudati, dato che Striano lo dà a Laudati? Non ho la minima idea perché quell'articolo arrivi prima della pubblicazione, almeno secondo quanto affermato dal Procuratore Cantone. Quello che posso immaginare è che ci sia qualcuno all'interno della redazione che abbia voluto far leggere, cosa che i giornalisti fanno spesso con le fonti, per vedere se ci fossero state informazioni in più che si potevano ottenere rispetto a un'inchiesta che era già chiusa da Pag. 61settimane, prima di quando è stata pubblicata. La cosa grave che è stata fatta intuire da alcuni giornali come «Il Giornale» è che ci siamo fatti scrivere l'articolo dalla magistratura. Chiunque vada a leggere il pezzo di Marconi – stiamo parlando di un pezzo di cronaca bianca su una speculazione edilizia – vedrà che, dopo gli articoli, non solo nostri, ma di Famiglia Cristiana e del Messaggero e la lettera al Papa, quella speculazione edilizia è stata fermata dalla Regione Lazio, in considerazione di quel parco. Quindi bisognerebbe ringraziare i giornalisti che hanno fermato, almeno per ora, una speculazione edilizia che rischiava di distruggere decine di ettari di bosco. Tutte le notizie che sono state raccontate all'interno del pezzo di Marconi e anche all'interno degli altri pezzi vengono dall'esposto del comitato che cercava di bloccare la speculazione, dai frati francescani che sono stati lungamente intervistati e che raccontano qual era il profilo finanziario della società. Ci sono poi dettagli di visure camerali e catastali della società che compra questa attività e sono tutte informazioni che addirittura iniziano a circolare in rete molto prima che, secondo la Procura, Laudati e Striano inizino a lavorarci. Tutto questo non ha a che fare con «Domani» nel senso che Marconi non è indagato, Tizian lo è, ma non per questo, Marconi non conosce né Striano né Laudati, Laudati stesso ha detto di non conoscere nessuno dei giornalisti indagati – io sicuramente non lo conosco, ma non lo conoscono nemmeno Tizian, nemmeno Trocchia e nemmeno Vergine. Che poi abbiano utilizzato questo articolo che abbiamo pubblicato per cercare di aprire atti di impulso per tutele e per interessi personali può darsi che l'abbiano fatto, noi non sapevamo nulla.

  PRESIDENTE. Resta la domanda: se è vero che l'hanno ricevuto prima, come hanno fatto a riceverlo prima? Non spetta a lei la risposta, ci mancherebbe.

Pag. 62

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Non conosco il fatto in sé. Se io ho una fonte anche importante – l'ho avuta in passato, giudiziaria, un magistrato importante, sì – a cui chiedo informazioni riservate su un determinato fatto per un'inchiesta che parte da me, e lui ha altre informazioni segrete, è capitato che gli girassi il pezzo per vedere se quel pezzo fosse corretto o meno, o se avrei preso una querela se avessi scritto certe cose. Certo che è capitato, non vedo nulla di strano. Glielo ho letto al telefono. Quante volte avete chiesto di rileggere un'intervista, poi alcune volte vi dicono di sì, altre di no. La stessa cosa fanno a volte i cronisti giudiziari e investigativi con le proprie fonti. Che cosa poi ne faccia la fonte – in questo caso non avevamo la minima idea, almeno Marconi, io meno che mai – e che ci fosse un interesse privato in una battaglia comunque giusta e corretta che seguivamo perché era diventato affare di cronaca già ad aprile 2021, su questo non abbiamo la palla di cristallo.

  PRESIDENTE. Ci sono ancora quattro iscritti a parlare. L'onorevole De Corato, poi l'onorevole Serracchiani.

  RICCARDO DE CORATO. Intanto voglio ricordare al senatore Verini che quando sono usciti alcuni articoli sulla Gazzetta del Mezzogiorno, il suo intervento mi sembrò totalmente diverso rispetto a quanto ha detto poco fa in ordine alle notizie e che il suo approccio fosse stato di altro tipo e di altra natura.

  PRESIDENTE. Senatore Verini facciamo svolgere all'onorevole De Corato il suo intervento, poi potrà prendere la parola, anche perché in questo modo non rimarrebbe a verbale.

  RICCARDO DE CORATO. Faccio rilevare al nostro interlocutore che ritiene del tutto normale che alcuni giornalisti che tra parentesi sono indagati, divengano interlocutori di un ufficialePag. 63 della Guardia di finanza – che ha giurato fedeltà allo Stato – che ha attinto quelle notizie in maniera abusiva con 40 mila accessi. Lei lo ritiene del tutto normale. Le sembra del tutto normale? Se l'avesse fatto anche Striano sarebbe ancora peggio, ma qui sono stati evidentemente imbeccati da Striano. In ogni caso, è lo stesso. Questo è un pubblico ufficiale che ha giurato fedeltà alla Repubblica e che ha fornito notizie di dossieraggi che non poteva e non doveva dare, se non ai suoi superiori, cioè a chi gli aveva dato l'incarico di farlo e non a tre giornalisti del «Domani». Questa ovviamente non è una domanda: lei ha fatto una constatazione, io constato che a un giornalista del suo calibro sembra tutto tranquillo, cioè che un ufficiale della Guardia di finanza che viene indagato proprio per aver fatto queste cose dia notizie, o il contrario anche, perché non voglio pensare che sia stato Striano a chiamarvi, ma in entrambi i casi se uno ha una carica di quel genere non può e non deve, non dovrebbe, usiamo il condizionale, perché poi l'ha fatto, infatti è indagato. Questo per ricostruire la vicenda, poi ognuno ha evidentemente paradigmi diversi sulla concezione dello Stato e sul giuramento di fedeltà allo Stato, noi ne abbiamo alcuni, altri ne hanno altri. Ognuno poi fa il giuramento che vuole e pensa di poter giurare e poi di spergiurare perché fa esattamente il contrario di quello che ha giurato. Detto questo, premesso che lei ha avuto modo di farsi dare spiegazioni, come ci ha detto, da alcuni collaboratori per certi fatti emersi sulla questione del dossieraggio, lei esclude di aver incontrato il dottor Laudati? O ha avuto contatti con lui di altro tipo? Questa è la domanda. Esclude che anche i suoi collaboratori lo avessero incontrato? Magari poi sono state commentate le vicende del dossieraggio, in particolare quelle che riguardano il caso del ministro Crosetto. Questi contatti non ci sono mai stati almeno fino al giorno in cui è divenuta nota a Pag. 64tutti la posizione di indagato del dottor Laudati? La domanda è dunque se avete mai commentato e discusso delle vicende connesse alla questione del dossieraggio? Grazie.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Io personalmente non ho mai visto o sentito al telefono il dottor Laudati in vita mia. Ho chiesto a Giovanni Tizian, a Nello Trocchia, a Stefano Vergine e allo stesso Marconi, non indagato, se avessero mai visto o sentito al telefono, su Whatsapp, su Signal il dottor Laudati in vita loro prima, dopo e durante la vicenda definita, secondo me impropriamente, dossieraggio e la risposta è stata negativa.

  PRESIDENTE. Grazie mille, prego onorevole Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Grazie presidente. Intanto me lo consentirà, visto che ho ascoltato con attenzione tutti i colleghi, di fare un paio di piccole considerazioni per arrivare poi alla domanda. Effettivamente, rinfrescando un po' la memoria di noi tutti, è vero che qualcuno ha interessato la Commissione antimafia, ma lo dobbiamo alla presidente Colosimo perché all'affermazione che non è vero che abbiamo mai chiesto che se ne interessasse la Commissione antimafia, vorrei ricordare che infatti il ministro Nordio e qualcuno del centrodestra, anche di importante, avevano chiesto addirittura una Commissione parlamentare d'inchiesta, poi per fortuna la presidente ha ricordato loro che c'era già la Commissione antimafia e quindi, se avessero voluto, sarebbero dovuti venire qui. Lo dico perché se no sembra un altro mondo e non ci capiamo neanche tra di noi. Furono il ministro Nordio ed esponenti molto importanti del centrodestra e io non ho mai smesso di ringraziare la presidente di aver ricordato loro che esiste già la Commissione antimafia.

Pag. 65

  PRESIDENTE. Grazie onorevole Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Questo lo dico solo per chiarezza. Dopodiché vorrei anche precisare e mi aiuta un po' l'ultimo intervento del collega De Corato che tutte le cose cambiano secondo il punto di vista da cui le si vede. Il collega De Corato ricordava che quando c'è un segreto evidentemente c'è qualcuno che deve mantenerlo e, guarda caso, quelli che devono mantenerlo spesso giurano anche sulla Costituzione della nostra Repubblica. Lamentava il collega De Corato che lo facesse un tenente della Guardia di finanza, pensi se posso lamentarmene io quando lo fa un sottosegretario, per giunta con delega alla Giustizia. Lo dico perché ci sono anche sottosegretari che sono rinviati a giudizio proprio per rivelazione di segreto d'ufficio, pensi un po' in che mondo viviamo. Arrivo anche alla mia osservazione. Parlavo del punto di vista perché il problema che dovremmo avere noi tutti è quello che ci è stato posto dal dottor Melillo e dal dottor Cantone, i quali ci hanno detto che c'è un problema enorme nel sistema penale delle banche dati che fanno buchi da tutte le parti e che la facilità con cui si accede a quelle banche dati semmai sarebbe il problema che meriterebbe un'attenzione anche e soprattutto da parte della nostra Commissione. Sono certa che la presidente sta facendo tutto questo proprio perché vuole dare una mano al sistema penale e quindi a far sì che ci siano garanzie per tutti sul fatto che se ci sono dei segreti, quelli rimangano tali. Dopodiché se chi il segreto doveva tenerlo lo rivela il problema sarà di quello che nell'esercizio della propria funzione, svolta ovviamente in modo eticamente e anche deontologicamente corretto e dopo aver controllato la veridicità e la fondatezza della notizia, la divulga o il problema è di chi quella notizia l'ha data a monte e aveva un segreto da far rispettare? Il punto di vista da cui si vedono le cose cambia profondamente. Quando Pag. 66un treno arriva sempre in ritardo non è che il problema si risolve facendo sparire tutti gli orologi, ma si risolve probabilmente cercando di farlo arrivare puntuale. Questo è il punto di vista che oggi credo che il direttore Fittipaldi abbia voluto anche a noi fornire come punto di vista ulteriore. Cioè, attenzione, perché io di mestiere devo dare notizia e ho il dovere di verificare che sia vera, il dovere di verificare che sia fondata e il dovere di verificare che, come ci diceva lui, non ci siano almeno quei due casi che mi impongono di rivelare la mia fonte. Sul fatto che la fonte sia sacra e che noi qui non gli si possa chiedere certo di venir meno ai suoi obblighi anche deontologici, onestamente lo do per scontato, cioè do per scontato che non siamo qui per questo. Semmai siamo qui per dire che se c'è un problema legato alla rivelazione di segreti d'ufficio probabilmente tutti noi dobbiamo far qualcosa. Vorrei ricordare a questa Commissione che quando è stato audito il dottor Cantone, a domanda esplicita egli ha risposto che non siamo di fronte ad associazione a delinquere, non siamo di fronte a estorsioni, al momento non siamo di fronte a corruzioni, ma siamo di fronte a rivelazione del segreto d'ufficio. Il che impone un'ulteriore riflessione. Se così è e quindi non ci sono o non ci saranno le condizioni, perché lo accerterà l'indagine, di verificare che ci fossero dei passaggi illeciti resta la questione della fonte che abbiamo detto essere sacra, ma addirittura potrebbe accadere che siamo di fronte, qualora non vi fosse neanche la rivelazione del segreto d'ufficio, a un mero abuso d'ufficio che nel frattempo potrebbe anche essere stato eliminato, in virtù di ulteriori passaggi fatti alla Camera e al Senato. Dico tutto questo per dire che forse abbiamo un po' troppo anticipato i tempi, che ringrazio quindi il direttore Fittipaldi per le cose che ci ha detto. Le faccio anche una domanda. 40 mila non sono tante ma sa perché? Non perché ce lo ha detto lei, ma perché Pag. 67ce lo ha detto l'audito della scorsa volta, il vicequestore Puzzo, il quale ha dichiarato che se ne avessero fatte di meno si sarebbe arrabbiato e avrebbe verificato perché fossero state così poche perché ciò avrebbe significato che le persone che dovevano fare quegli accessi non avevano lavorato abbastanza. Il punto non è il numero, semmai la qualità delle stesse e la verifica ovviamente che si tratti di SOS dal cui matching risulti anche che ci sia qualcosa che ha a che fare con la Direzione nazionale antimafia perché in realtà quello che appare, anche sulla vicenda Crosetto, è che non fossero SOS né attinenti all'antimafia né al terrorismo, il che significa che forse, prima di fare qualche affermazione, anche in questa Commissione, dovremmo essere un pochino più cauti perché credo che non possiamo mettere in discussione la professionalità, l'etica e la deontologia del nostro audito, ma anche delle persone che fanno questo mestiere e lo fanno in modo intelligente e per fortuna proprio nell'esercizio di quella compensazione dei poteri che è stata ben spiegata da Verini. La domanda è questa: dottor Fittipaldi non so se lei sa che alla Camera stiamo esaminando il progetto di legge sulla cybersicurezza in cui sono stati introdotti degli emendamenti che riguarderebbero la divulgazione delle notizie e che in qualche modo inciderebbero, così come gli emendamenti che sono stati ritirati al Senato sulla diffamazione, sulla posizione dei giornalisti e sull'inasprimento delle pene che li riguardano. Perché il punto è anche un altro, che finora è punita la rivelazione del segreto non l'uso che se ne fa. Questo scatto di qualità degli interventi potrebbe incidere sul vostro lavoro. Penso che sia un errore, oggi lei ce ne ha dato le motivazioni, anche per dire che questo è un errore, ma penso anche di poterle dire di prestare grande attenzione a quello che c'è in quegli emendamenti perché si fa un salto di qualità circa la posizione del giornalista rispetto al potere e alla politica. Pag. 68Rispetto a ciò credo che le spiegazioni che oggi ci ha dato invitino noi tutti a non esagerare quando si dice uso e divulgazione perché nell'uso e nella divulgazione c'è anche il mestiere del giornalista che dà la notizia. Quando date la notizia, voi ne verificate la veridicità e la fondatezza, lo ha detto lei. Quindi, sul tema della fonte rimangono norme nazionali, costituzionali ed europee, da rispettare. Conferma questo?

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Sì, lo confermo nel senso che il Media freedom act è stato fatto proprio perché non tutti gli Stati membri hanno lo stesso rispetto del rapporto tra potere e giornalismo. Ci sono legislazioni molto diverse da Stato a Stato. Qui in Italia è ancora previsto il carcere per la diffamazione, cosa che avevo percepito che anche la maggioranza volesse finalmente eliminare, perché è una barbarie di tempi andati, invece poi c'è stato un emendamento che per fortuna è stato ritirato. Adesso c'è il tentativo, tra l'altro da parte di un membro dell'opposizione, di inserire un emendamento che possa superare il vulnus che c'è qui. Il caso dossieraggio lo chiamano il caso «Domani»: siamo indagati per il concorso, quindi non capisco nemmeno quale sia il senso dell'emendamento, perché nel caso il magistrato voglia punire una condotta considerata criminale insieme a quella del pubblico ufficiale, c'è già la possibilità di farlo. Se ho ben capito, ma devo leggere meglio l'emendamento, si vuole dare la possibilità al magistrato di colpire il giornalista anche se non in concorso qualora sia consapevole che la notizia è frutto di un reato. Questo è un emendamento che secondo me a Bruxelles non verrebbe preso con applausi e tappi di champagne. Penso che gli strumenti legislativi per colpire la diffamazione ci siano già, perché la diffamazione è un reato e non penso che i giornalisti debbano restare impuniti quando diffamano e colpiscono soggetti di ogni tipo. Il tema è – a proposito di quelli Pag. 69che utilizzano l'iper garantismo come lo definisco io e la riforma della giustizia – che spesso e volentieri sono i politici che finiscono sui giornali e che finiscono attaccati e/o criticati, non le persone normali. Sui giornali e sui media, e me ne dispiace perché dovremmo raccontare molto di più il Paese reale, si raccontano le fortune e le sventure dei politici. Quindi la politica vuole colpire con una nuova legge i giornalisti, non levando il carcere, come tante volte maggioranza e opposizione hanno promesso, ma inserendo nuove norme che arrivano fino a tre anni o a sei – adesso non ricordo – e sono totalmente in dissenso rispetto alla filosofia che è stata votata a stragrande maggioranza – ho letto bene il Media Freedom Act approvato l'11 aprile scorso. Se dovessi dare un consiglio a un'Aula che non ne ha bisogno sarebbe di leggere molto bene quello che c'è scritto, ma il Parlamento farà quello che sovranamente riterrà di fare.

  PRESIDENTE. Grazie mille. La parola al senatore Rastrelli.

  SERGIO RASTRELLI. Grazie presidente, non me ne vorrà il direttore Fittipaldi se sarò molto più diretto, anzi – e non se ne dolgano i colleghi Verini e Serracchiani – personalmente sono poco interessato ad ascoltare lectio magistralis sui confini della diffamazione, sui rapporti tra le fonti o sulla evoluzione della giurisprudenza sovranazionale, quanto piuttosto a chiedere le cose molto più dirette, contributi molto più specifici su fatti, assegnati alla competenza della Commissione, che, a nostro avviso, hanno una gravità disarmante. Quindi le sono grato, insieme ai colleghi della Commissione, per la sua presenza, per la sua disponibilità a essere audito e non a essere interrogato – non è questa la sede di un interrogatorio – e a volte anche per la sua disarmante franchezza, rispetto alla modalità di approccio a talune questioni che abbiamo sollevato. Il primo Pag. 70passaggio che devo ribadirle con estrema trasparenza è che sono sorpreso della sua sorpresa, rispetto alle domande della presidente o di alcuni commissari, nel senso che sono personalmente sorpreso che lei si sorprenda di questa inquietudine che pervade la Commissione, quando vi è stata la profanazione di uno dei luoghi simbolo della lotta al terrorismo e alla mafia nel nostro Paese. Cioè una sede, la Direzione nazionale antimafia, la stessa che fu voluta da Falcone, che ha visto protagonisti dei pubblici ufficiali che erano non soltanto adusi alla sistematica violazione del proprio mandato, ma che, almeno presuntivamente, perché ci atteniamo alle contestazioni che sono state elevate, erano sistematicamente al servizio di determinata stampa, erano al servizio, su commissione, di determinata stampa. È chiaro che siamo alla presunzione, sono tutti aspetti che andranno chiariti in sede giudiziaria, ma noi in sede parlamentare abbiamo il dovere di approfondire determinati temi e quindi con la stessa franchezza che ha utilizzato lei nelle risposte finora le chiedo delle cose dirette che non attengono soltanto al rapporto tra il giornale da lei diretto e il luogotenente Striano – perché su questo ha già in qualche modo risposto. Mi interessa capire dei dettagli di cornice che, se me lo consente e non si adonta, riguardano anche la sua persona, nel senso che lei ha detto di essere stato indicato come direttore responsabile da vicedirettore senza delega – se ho compreso bene – in una data intorno all'aprile del 2023. Mi interessa personalmente capire quale successione degli eventi abbia portato a questa nomina, in modo particolare capire se il contratto che legava la testata al precedente direttore, Stefano Feltri, fosse in scadenza naturale, se ci sia stata una accelerazione legata alla sua individuazione come direttore responsabile – considerando che si tratta di una individuazione particolarmente prestigiosa – se, naturalmente ove mai ne sia a conoscenza,Pag. 71 conosca le logiche che hanno portato a questo avvicendamento, a meno che non sia fisiologico nei tempi con la scadenza naturale del contratto del precedente direttore. E, credo che sia legittimo chiederglielo per ragioni di trasparenza, le chiedo se nella scelta o tra le scelte dell'editore possa aver influito, sempre che vi sia sovrapponibilità temporale, la presenza delle prime tracce di questa vicenda giudiziaria e in modo particolare la circostanza che intorno a quel periodo era emerso che tre dei giornalisti del «Domani» fossero indagati. Quindi vorrei capire se c'è una qualunque forma di collegamento tra la individuazione della sua persona e quanto stava accadendo all'esterno.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Sono sorpreso un'altra volta, mi sorprendo troppe volte. Una domanda del genere mi sorprende nel senso che evidentemente lei non è aduso ai cambi di direzione nella stampa. Il mio contratto, per esempio, non ha un termine, non è che c'è scritto quanto duri il mio contratto. Non ha un termine perché posso essere licenziato dell'editore domani mattina, così come tutti i direttori italiani, non c'è bisogno che il contratto arrivi a conclusione, semplicemente perché non c'è una conclusione. Non ho mai chiesto né all'ex direttore né all'editore, vecchio e nuovo, quali fossero i motivi di una scelta di questo tipo, quindi non so perché è stato deciso di cambiare direttore. Molto banalmente il vicedirettore, come capita tantissime volte, diventa direttore. È successo ad «Avvenire» poco tempo fa, sono stati cacciati, licenziati o sostituiti i direttori in testate di destra e di sinistra. Però è chiaro che la domanda vuole collegarsi allo scandalo e quindi le dico che nell'agosto del 2023 non si sapeva nulla di questo scandalo, nel senso che le prime informazioni sull'indagine su Striano sono state rese pubbliche nell'agosto del 2023 e che i giornalisti fossero indagati si è saputo nel febbraio Pag. 72del 2024, Feltri è stato sostituito dal sottoscritto il 4 o il 6 aprile del 2023, quindi alla sua domanda posso rispondere che non c'è alcuna connessione e le date lo dimostrano sia rispetto all'esistenza delle indagini in sé, che sono di agosto del 2023, sia all'individuazione della indagine sui miei tre cronisti che è del febbraio del 2024. Il cambio di direzione è avvenuto molto prima.

  PRESIDENTE. Grazie mille. L'ultimo iscritto a parlare è l'onorevole Pittalis.

  PIETRO PITTALIS. Grazie presidente. Intanto ringrazio il dottor Fittipaldi perché finalmente qualcuno, con l'onestà intellettuale che gli va riconosciuta, ha confermato quello che denunciamo da tempo e cioè questo rapporto tra la libera stampa e la magistratura che non sempre si muove sul crinale delle normali relazioni tra soggetti. Siamo stati spettatori di anticipazioni di arresti, di avvisi di garanzia, anticipazioni di fatti coperti dal segreto istruttorio, tutto questo sicuramente ad opera di bravissimi giornalisti – nessuno ne mette in discussione la professionalità – ma sono altri i diritti e gli interessi che sono messi in discussione e in violazione di precise norme non solo del nostro codice penale e di procedura penale, ma di valori e principi che sono scritti in Costituzione. Lei ha fatto chiarezza su questo, richiamando anche il suo rapporto con un autorevole magistrato al quale, se non ho capito male, lei stesso inviava anche gli articoli affinché giustamente non uscisse qualche notizia di troppo o qualche errore nel contenuto dell'articolo. Torno proprio su questo aspetto ovvero su quanto la presidente ha richiamato in una sua domanda, perché è questo aspetto che a me interessa e chiedo a lei una sua valutazione. Guardi, da garantista le assicuro che prendo solo come punto di riferimento il dato storico che a me interessa Pag. 73sottoporre alla sua attenzione, anche con l'augurio che i giornalisti del «Domani» possano uscire senza alcuna responsabilità rispetto ai fatti che vengono loro ascritti. Anzi, proprio come lei ha ricordato, mi riferisco al giornalista Marconi che non è neppure indagato, quindi la questione mi rende ancor più sereno perché ritengo che anche senza la presenza dell'interessato – per me che ho sempre un sacro rispetto anche per gli indagati – la questione si potrebbe porre in termini, non di correttezza, perché qui non stiamo assolutamente facendo l'analisi di un capo di imputazione perché non ci sostituiamo né alla magistratura requirente né vogliamo trasformare la Commissione antimafia in un'aula di dibattimento, ma mi interessa conoscere il punto di vista su questo aspetto. Nell'invito a comparire proprio con riferimento all'articolo pubblicato sul quotidiano «Domani» il 26 ottobre del 2021, a firma del giornalista Federico Marconi, si mette in evidenza come specifici accertamenti sul contesto relativo al dossier pre-investigativo erano stati delegati da Laudati a Striano a partire dal 31 maggio 2021, quindi ben prima dell'uscita dell'articolo che ricordo è del 26 ottobre 2021. Questo è il punto che voglio sottoporre alla sua attenzione: era stata dallo stesso Laudati stimolata la pubblicazione, attraverso Striano, tramite i contatti di quest'ultimo con il giornalista Marconi. Lo Striano stesso difatti, in data 9 ottobre 2021, aveva anticipato una bozza dello stesso articolo, poi pubblicato il 26 ottobre 2021, al dottor Laudati. Tale richiesta comportava poi la genesi dell'atto d'impulso. Stiamo parlando di cose serie, non di cose stravaganti. Atto d'impulso inviato in data 1° febbraio 2022 dal Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, dottor Federico Cafiero De Raho, al procuratore distrettuale di Roma. Lascio ogni considerazione al riguardo: al di là della capacità del giornalista di attingere dalla fonte, non stiamo parlando della fonte, quanti Pag. 74giornalisti ci intervistano e ci chiedono, qui stiamo parlando di organi di una istituzione come l'antimafia dove si distoglie il membro della polizia giudiziaria dallo svolgimento di funzioni proprie, perché qui le notizie venivano richieste. Questo rapporto in questo caso del magistrato e del giornalista, non le pare – per quanto sia insopprimibile il diritto dei giornalisti di critica e di libertà di informazione – che debba trovare un limite anche nella liceità del modo in cui la informazione si acquisisce? Non vede in questa attività posta in essere dal magistrato in concorso con il giornalista qualcosa che travalica il limite del diritto a informare e quindi la funzione di raccolta delle informazioni per essere poi diffuse alla collettività? Volevo avere in proposito il suo punto di vista e se avesse elementi in relazione alla questione specifica. Ripeto che il tutto poi si risolve con la segnalazione al procuratore distrettuale di Roma da parte del dottor Cafiero De Raho. Sono una serie di fatti che non vanno visti isolatamente, ma sono tra loro concatenati e questo dal mio punto di vista è davvero inquietante su una certa – lo riferisco in termini più generali – possibile collusione tra istituzioni e settori della stampa del nostro Paese. Guarda caso, con iniziative che sono sempre rivolte contro – non lo dico a lei direttore e non lo dico per il suo quotidiano – o tirando per la giacchetta esponenti del centrodestra. Grazie.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». In questo caso specifico non c'è nessun politico di mezzo.

  PIETRO PITTALIS. Lo dicevo in generale.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Lei ha fatto una domanda molto precisa. Speravo di avere risposto prima, avendo letto tutta la ricostruzione dell'articolo di Marconi. Ripeto – rispondo alla sua domanda, ma questa è Pag. 75una mia considerazione personale – se Laudati ha compiuto un abuso d'ufficio utilizzando Striano per costruire un pacchetto per utilizzare noi e inventarsi che quella cosa lì era partita – parlo dell'atto d'impulso – pagherà, si farà un processo e si vedrà se Laudati ha sbagliato oppure no. Se verrà condannato avrà sbagliato Laudati. Non credo che sia stato ancora interrogato dalla Procura.

  PRESIDENTE. La sua audizione è stata fissata, ma non è andato.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». Non è andato, quindi io non posso rispondere al posto di Laudati. La certezza su cui posso rispondere è che la commistione che lei ipotizza tra il giornalista Marconi e Laudati non esiste, non c'è.

  PIETRO PITTALIS. Non l'ho ipotizzata io, l'ha ipotizzata il dottor Cantone!

  PRESIDENTE. Collega Pittalis, la prego. Evitiamo il botta e risposta. Gli atti li abbiamo letti.

  EMILIANO FITTIPALDI, direttore del quotidiano «Domani». La ha ipotizzata Cantone e io le sto dicendo che da quel che io so il dottor Marconi non aveva alcun rapporto né con Striano né con Laudati e che il dottor Marconi non è neanche indagato, a proposito di garantismo. Per quanto riguarda la questione etica che lei mi poneva, le faccio un esempio chiaro che conosciamo tutti. «Il Giornale» pubblicò un'intercettazione segreta di una conversazione tra l'onorevole Fassino e Consorte sulla famosa compravendita della banca («Abbiamo una banca!»). Anche se Berlusconi è stato condannato in primo grado – giudizio poi finito in Cassazione – per aver ascoltato e autorizzatoPag. 76 la pubblicazione di quell'intercettazione, riservata e grave poi finita sul suo giornale di famiglia – tant'è vero che Paolo Berlusconi, al tempo editore, ha pubblicato quell'intercettazione e ha pagato 80 mila euro di danni all'onorevole Fassino – penso che i giornalisti del «Giornale» abbiano fatto bene il proprio lavoro, perfino in un caso che lei onorevole conosce bene, perché è di Forza Italia, in cui l'editore era Presidente del Consiglio e ha utilizzato un'intercettazione che gli è arrivata sulla sua scrivania e di ciò ha autorizzato – lo dice la Cassazione – la pubblicazione.
  Questo per farle capire cosa penso del giornalismo libero e cosa pensano evidentemente anche i colleghi del «Giornale» che al tempo hanno deciso di pubblicare quella intercettazione riservata, ottenuta in quel modo, contro un nemico del loro editore.

  PRESIDENTE. Grazie mille. Non ho altri iscritti a parlare. Permettetemi di ringraziare il direttore Fittipaldi per le risposte e per il tempo che ci ha dedicato. Voglio altresì ringraziare tutti i componenti della Commissione per le domande che hanno permesso di svolgere questa audizione. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.05.