XIX Legislatura

Commissioni Riunite (X Camera e 9a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 26 ottobre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy , Adolfo Urso, sulle prospettive industriali del sito siderurgico di Taranto (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati) :
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 3 
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 3 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 
Boccia Francesco  ... 8 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 8 
Boccia Francesco  ... 8 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 11 
Iaia Dario (FDI)  ... 11 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 12 
Turco Mario  ... 13 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Turco Mario  ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Turco Mario  ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Benzoni Fabrizio (A-IV-RE)  ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Evi Eleonora (AVS)  ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 14 
Urso Adolfo , Ministro delle imprese e del made in Italy ... 14 
Gusmeroli Alberto Luigi , Presidente ... 16 

(La seduta termina alle 15) ... 16

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Italia Viva - Renew Europe: A-IV-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA X COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ALBERTO LUIGI GUSMEROLI

  La seduta comincia alle 13.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv dei rispettivi siti istituzionali.

Audizione del Ministro delle imprese e del made in Italy , Adolfo Urso, sulle prospettive industriali del sito siderurgico di Taranto.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione presso le Commissioni riunite Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati e Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare del Senato della Repubblica del Ministro delle imprese del made in Italy, Adolfo Urso, sulle prospettive industriali del sito siderurgico di Taranto.
  Ringrazio il Ministro per aver sollecitamente risposto all'invito delle Commissioni e saluto i colleghi senatori e deputati, tra cui alcuni collegati in videoconferenza.
  Ringrazio anche il presidente De Carlo, che però non ha potuto essere qui perché indisposto.
  Do quindi la parola al Ministro Urso ringraziandolo ancora una volta per la sua presenza e ricordo a tutti che alle 15 iniziano i lavori dell'Assemblea e quindi i lavori delle Commissioni riunite dovranno concludersi.

  ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Grazie a lei, presidente, e ai colleghi e alle colleghe di queste Commissioni riunite per avere chiesto questa audizione, su quello che è sicuramente un asset di rilievo nazionale e internazionale del nostro Paese, cioè l'ex Ilva di Taranto. Che con i suoi oltre 60 anni di storia ha segnato l'epopea della siderurgia italiana, e certamente anche della siderurgia europea, sulla quale peraltro è nato il miracolo economico italiano e quindi la straordinaria capacità del nostro Paese di realizzare l'industria manifatturiera, che ancora è la seconda nel continente europeo dopo la Germania.
  Noi siamo pertanto consapevoli, e voi tutti che su questi argomenti avete scelto di operare all'interno delle Commissioni, di quanto importante sia oggi più che mai il settore siderurgico, anche per quanto riguarda la necessaria autonomia strategica europea, tanto più alla luce del contesto geopolitico e geoeconomico che abbiamo di fronte a noi e intorno alla nostra Unione europea.
  Proprio per questo, per quanto ci riguarda, ci muoviamo in coerenza con quanto fatto anche dai banchi parlamentari negli anni scorsi dall'opposizione, come peraltro dimostrano (qualcuno tra voi era presente con me) i nostri atti parlamentari, gli interventi, le risoluzioni che il mio gruppo e io stesso abbiamo presentato in quella sede appunto negli anni passati, per impostare quello che ritenevamo, e riteniamo assolutamente fondamentale come Governo, un chiaro progetto, un piano siderurgico nazionale che debba avere ricadute benefiche sui diversi settori dell'industria italiana, Pag. 4impegnati peraltro alla duplice importante sfida della transizione ecologica e digitale. Mi riferisco all'automotive, all'edilizia, agli elettrodomestici, alla nautica, alla cantieristica.
  Un Piano quindi che deve poggiare su una progressiva specializzazione degli impianti, ora sui cosiddetti prodotti lunghi (ovvero barre, rotaie, cavi, tubi e travi), ora sui piani (cioè le bobine, le lastre e i fogli), ora sugli acciai speciali per usi strutturali o anche altri usi. Su questi tre livelli, tre tipologie di impianti, si basa anche la competitività complessiva del settore siderurgico italiano.
  Per questo nella nostra strategia per il settore abbiamo ovviamente operato innanzitutto su quattro aree.
  In primis appunto su Taranto, cioè sull'unica acciaieria che produce acciaio primario, con tutto il ciclo dal minerale al prodotto finito – quando parlo di Taranto parlo ovviamente anche delle sue propaggini importanti e significative come quelle di Genova.
  La seconda area è ovviamente quella di Terni, dove lavoriamo per il consolidamento dell'ottimo lavoro svolto dal mio predecessore, cioè da Giorgetti, per il rafforzamento in questo caso della produzione di acciai speciali.
  Il terzo polo è quello di Piombino, con le enormi potenzialità in particolare sulle rotaie. Non soltanto per lo sviluppo inevitabile del mercato interno, ma anche perché può essere significativo per alcuni Paesi dell'Europa e del Mediterraneo.
  Quando si parla di rotaia ovviamente si parla anche delle appendici di barre e vergelle, in cui in questo polo di Piombino si può fare molto. Perché sino ad oggi il polo, e voi lo sapete, è stato sottoperformato in questi anni, lo dimostra anche la cassa integrazione erogata in questi anni, con operai che attendono da tempo il pieno impiego, e che oggi registra l'interesse, oltre che del soggetto già presente, di potenziali nuovi significativi investitori.
  Proprio su Terni e Piombino abbiamo convocato una riunione con la rappresentanza sindacale – a Piombino per il giorno 8 novembre, a Terni per il giorno 14 novembre – perché vogliamo illustrare anche a loro, giustamente a loro che lo chiedono, quali sono le prospettive per quanto riguarda la definizione dell'accordo di programma di Terni (e ce ne sono) e quali sono le prospettive per quanto riguarda lo sviluppo incrementale del polo di Piombino, e anche in questo campo abbiamo svolto un intenso lavoro.
  Da ultimo, ma primo per importanza di produzione, spesso purtroppo ce ne dimentichiamo, il supporto per quanto riguarda le acciaierie che in Italia sono soprattutto localizzate nel nord, che stanno portando avanti con grande impegno e con successo una svolta green senza precedenti.
  Noi siamo di fatto il sistema siderurgico più green d'Europa. Io stesso di recente ho partecipato all'inaugurazione del nuovo laminatoio Duferco a San Zeno Naviglio. Ma le prospettive di nuovi insediamenti sono particolarmente importanti, soprattutto perché parliamo di acciaierie green.
  Questo clima di un'impresa che con rinnovato orgoglio intende affrontare la sfida della transizione l'ho riscontrato anche nell'assemblea nazionale di Federacciai a cui ho partecipato, doverosamente.
  Quindi un Piano articolato che ci impegnerà e che impegnerà tutte le componenti nazionali, Stato e regioni interessate, in uno sforzo pubblico e privato che deve portare l'Italia a svolgere un ruolo guida in un mercato in forte cambiamento, che risente più di altri dei mutati aspetti e assetti geopolitici, ma assolutamente indispensabile e funzionale ai numerosi settori produttivi su cui il nostro Paese e la nostra Europa necessariamente dovranno puntare.
  Ricominciamo ovviamente da Ilva, da lì non possiamo prescindere, e ricominciamo ripercorrendo le tappe di una vicenda che dura da alcuni anni.
  Da dove siamo partiti? Dobbiamo esserne consapevoli tutti, colleghi.
  I commissari dell'amministrazione straordinaria ritennero nel gennaio del 2016 (credo che allora fosse in carica il Governo Renzi) di bandire una gara per la vendita dell'asset centrata su alcuni elementi di Pag. 5rilievo ambientale, industriale e ovviamente economico e produttivo.
  Nel gennaio del 2017, quindi un anno dopo, il Governo è cambiato – è il Governo Gentiloni –, la multinazionale indiana ArcelorMittal vince la gara pubblica per assumere il controllo in locazione dell'acciaieria. La vince pur in presenza di un'altra cordata, in questo caso pubblica e privata, in cui vi era anche Cassa depositi e prestiti.
  Nel luglio del 2018, appena insediato il primo Governo Conte chiede all'ANAC di indagare sulla regolarità della procedura di gara.
  Il 3 novembre dell'anno successivo, siamo nel 2019 – il Governo nel frattempo è cambiato, il Governo è il Conte 2 –, per decisione del Parlamento viene tolto lo scudo penale, atto considerato dalla maggior parte degli osservatori come politicamente decisivo per gli accadimenti che poi troveremo avanti. L'investitore ArcelorMittal rende noto a quel punto la propria intenzione di rescindere l'accordo e provvede a deconsolidare l'impianto.
  Il deconsolidamento dell'impianto comporta, come voi sapete, delle conseguenze molto significative per quanto riguarda la possibilità della società di approvvigionarsi, di bancare, e ottenere le risorse necessarie per l'attività produttiva.
  In quell'occasione io stesso intervenni in Aula e ricordo di aver detto esplicitamente che quell'atto, la rimozione dello scudo penale, avrebbe potuto comportare delle decisioni da parte dell'azienda, che poi si verificarono, cioè il disimpegno dell'azienda.
  Per poter trattenere l'investitore, ArcelorMittal, il Governo si adoperò nel nuovo contesto che si era creato e nel marzo del 2020 viene avviata una trattativa con gli investitori franco-indiani da cui nascerà Acciaierie d'Italia, con l'ingresso di Invitalia al 38 per cento, cosa che fu richiesta e sollecitata, e la sottoscrizione di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato.
  Era anche previsto in quel patto il possibile aumento al 60 per cento della presenza pubblica a condizione che si realizzassero alcune circostanze. Ma comunque anche in quel caso, secondo quanto definito allora, si sarebbe comunque perseverato nello sbilanciamento della governance.
  Questo è il quadro che ci siamo trovati davanti un anno fa ed è doveroso rendere conto di quello che abbiamo fatto, ovviamente, nel corso di quest'anno.
  Noi abbiamo cercato, in piena intesa con il Parlamento, di far sì che l'impianto potesse tornare ai livelli produttivi adeguati, non solo alla propria storia ma alla sostenibilità dello stesso e dei suoi importanti e significativi livelli occupazionali. Con la finalizzazione del timesheet, realizzata nel dicembre dello scorso anno, 2022, che consente allo Stato di assumere la governance e prevede il possibile ingresso di un altro attore industriale anche in partnership, cosa prima non possibile.
  Abbiamo anche sostenuto il rafforzamento patrimoniale di Acciaierie d'Italia con 680 milioni di euro, adottando i necessari provvedimenti legislativi. Peraltro un decreto-legge è stato sottoposto e poi convertito in legge da parte del Parlamento.
  Abbiamo inoltre fatto in modo che entro la fine di febbraio fossero rese disponibili le quote di certificati ETS gratuite spettanti alla società con significativi benefici finanziari, benefici stimabili nell'ordine di 250 milioni di euro.
  Abbiamo messo a disposizione di Invitalia un ulteriore miliardo di euro per sostenere eventuali esigenze finanziarie aggiuntive della società che si rendessero necessarie per raggiungere gli obiettivi produttivi per il 2023, che, come concordato tra i soci nel citato timesheet, dovrebbero raggiungere quest'anno i 4 milioni di tonnellate d'acciaio.
  Abbiamo sbloccato le istruttorie dei contratti di sviluppo creando le condizioni per gli ulteriori investimenti di decarbonizzazione, oltre a quelli relativi a investimenti industriali: cioè revamping di altoforno 5, assolutamente fondamentale per la competitività del sito industriale, come tutti riconoscono; interventi su altoforno 4, altri interventi di revamping; e anche ovviamente alla realizzazione del forno elettrico. Questo riguarda i contratti di sviluppo.Pag. 6
  Abbiamo introdotto anche la non punibilità, in caso di asset dichiarati di interesse strategico nazionale, per azioni che discendono dal rispetto delle prescrizioni dettate da provvedimento diretto a tutelare i beni giuridici protetti.
  Inoltre, nel recente decreto sugli asset strategici, abbiamo introdotto la possibilità di cessione degli impianti, ancorché viga il sequestro, consentendone la continuità operativa anche nel caso in cui la Corte di giustizia in terzo grado dovesse confermare la confisca degli impianti.
  L'acquisizione degli impianti e la conseguente patrimonializzazione può portare a una pronta bancabilità e quindi alla liquidità per l'azienda indispensabile per le manutenzioni e gli investimenti. Questo per supplire a quella decisione sul deconsolidamento, purtroppo, che ha reso non bancabili gli impianti, decisione presa appunto quando si realizzò l'evento che prima illustravo.
  Tutti questi atti li abbiamo fatti per rendere più agevole, se è possibile dirlo, alla società di operare. Rispetto al quadro che ci siamo trovati un anno fa, la società oggi può avere un quadro anche legislativo che le consente di operare al meglio nelle condizioni che noi tutti conosciamo di quel sito industriale.
  Agli sforzi normativi e al quadro che abbiamo realizzato, e che in alcuni casi abbiamo ricostituito, abbiamo accompagnato una precisa azione a livello europeo.
  Il nostro impegno, infatti, è indirizzato a una sempre maggiore competitività dell'acciaio continentale rispetto ai competitor globali, che spesso agiscono in regime che potremmo definire di concorrenza sleale. Maggiore competitività nell'acciaio europeo, che speriamo di perseguire anche con il nuovo regime CBAM, il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere che consente di distinguere sempre più – come doverosamente dovrebbe essere (anche per incentivare gli altri a percorrere la strada che l'Unione europea si è data) – fra acciaio verde e acciaio inquinante, con in prospettiva possibilità di riequilibrio in termini economici.
  Il quadro europeo è importante perché il problema ovviamente lo dobbiamo affrontare anche in quella sede se vogliamo rendere competitivo il sistema siderurgico italiano.
  Tornando a Ilva, dobbiamo purtroppo segnalare che in questi ultimi travagliati anni – non a caso ho fatto la ricostruzione di alcuni passaggi, quelli che ritengo decisivi –, la produzione si è attestata ben al di sotto delle performance storiche indispensabili per la sostenibilità occupazionale e di mercato di Ilva.
  Nel 2020 si sono prodotte appena 3,4 milioni di tonnellate. Nel 2021, quando le condizioni dell'acciaio in Europa erano particolarmente favorevoli ai produttori, le migliori condizioni di mercato, Acciaierie d'Italia ha prodotto appena 4 milioni di tonnellate. Nel 2022, lo scorso anno, in condizioni ovviamente nel frattempo diverse, questa produzione si è fermata a 3,1 milioni.
  Dieci anni fa erano 6 milioni e 200 mila le tonnellate prodotte, quindi esattamente il doppio di quante sono state prodotte lo scorso anno: da sei milioni e 200 mila – ci sono stati anche tempi migliori ovviamente, parlo di dieci anni fa –, a 3 milioni e 100 mila, la metà.
  Per quest'anno si teme una performance simile ben al di sotto dei 4 milioni per i quali si erano impegnati i soci a inizio anno, sia nel timesheet già citato sia pubblicamente nel primo tavolo di sistema con tutti gli attori che abbiamo convocato e realizzato il 19 di gennaio, quando appunto abbiamo, grazie al decreto sull'Ilva, creato un contesto del tutto diverso, o almeno così pensavamo.
  A quel tavolo hanno partecipato le amministrazioni locali: mi confronto spesso con il presidente della regione. In quel caso era rappresentato ovviamente e certamente anche il comune e i comuni interessati, così come tutti i sindacati, i rappresentanti dell'indotto e l'amministrazione di Acciaierie d'Italia. In quel momento, tra l'altro, ci dissero che erano impegnati a predisporre un vero piano industriale, siamo al 19 di gennaio.Pag. 7
  Da allora non abbiamo mollato, perché vi sono stati costanti e regolari incontri con le sigle sindacali, con i rappresentanti del settore metalmeccanico ai più alti livelli abbiamo fatti diversi incontri al nostro Ministero, e anche incontri bilaterali direttamente col socio privato ai massimi livelli: in data 30 novembre e 8 dicembre 2022, in quel momento eravamo presenti sia io che il Ministro Giorgetti; in data 27 dicembre il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ebbe lei stessa un colloquio; il 3 maggio del 2023, in questo caso il Governo era rappresentato dal Ministro Fitto, dal sottosegretario Mantovano e da me stesso. Questo per riferire degli incontri diretti bilaterali con l'investitore privato.
  Inoltre abbiamo avuto altri incontri con i vertici italiani di Acciaierie d'Italia, col presidente e l'amministratore delegato, mi riferisco per esempio agli incontri del 28 di aprile e del 25 di luglio.
  Nell'ambito di queste continue interlocuzioni, sia con i sindacati sia soprattutto con i rappresentanti dell'azionista privato e dell'azienda, all'interno di un lavoro di squadra si colloca quanto fatto dal Ministro Fitto in relazione alle sue specifiche responsabilità, significativa in questo campo, che riguardano la coesione, il PNRR e ovviamente la delega agli Affari europei. In questo caso, proprio per profilare una sinergia fra le risorse europee che sarà possibile impiegare in maniera organica e le risorse che il socio privato intende investire.
  Le interlocuzioni quindi proseguono e sarà nostra cura informare tutti, in primis il Parlamento, e oggi questa è una tappa fondamentale, per questo ho voluto essere chiaro anche sulle tappe precedenti, e i sindacati con i quali il Governo si è impegnato in un continuo confronto. Vi ho riferito del confronto sindacale che abbiamo in maniera continuativa presso il nostro Dicastero anche su questa tematica, certamente su questa tematica, ma anche il confronto fatto in sede di Palazzo Chigi. Mi riferisco all'incontro del 27 di settembre tra il Governo e le Confederazioni sindacali (in quel caso CISL, CGIL, UIL, l'UGL e l'USB), cui partecipai direttamente insieme al sottosegretario alla Presidenza del consiglio Alfredo Mantovano, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone e al Ministro per gli affari europei Raffaele Fitto.
  In quell'incontro a Palazzo Chigi il Governo ribadì la consapevolezza dell'urgenza degli interventi, l'impegno a dare soluzioni di prospettiva, concentrando la propria azione in modo prioritario sul completamento del percorso di decarbonizzazione, sulla positiva definizione delle procedure di infrazione in atto, sulla verifica del concreto impegno del socio privato al rilancio dell'impianto e sulla garanzia della sicurezza negli stabilimenti. Questione che, vi assicuro, mi preme in modo particolare, essendo in presenza di impianti importanti che hanno bisogno di una manutenzione continua.
  Successivamente, il 20 di ottobre, si è svolto un nuovo incontro con i sindacati per fare il punto sulle principali criticità che interessano gli impianti di produzione. Ed è stata definita in quell'incontro una roadmap del confronto in corso con l'azienda con due confini invalicabili e da scongiurare a ogni costo (questo è l'impegno del Governo ribadito in quella sede e che ovviamente io ribadisco in quest'altra sede, cioè nel Parlamento): la chiusura de facto, ovvero per inerzia, e la liquidazione dell'azienda.
  Mentre percorriamo questa strada dobbiamo garantire, lo riteniamo improrogabile, la salvaguardia degli impianti, la tutela della sicurezza sul lavoro e il raggiungimento dei livelli di produzione necessaria, cominciando dagli investimenti su AFO (altoforno) 5 che non sono più assolutamente rinviabili. Nonché il prolungamento di tutti gli strumenti sociali necessari per gestire questa fase di transizione.
  E l'impegno che ovviamente il Governo ha messo sin dall'inizio della Legislatura, in piena consapevolezza di quanto importante sia questo sito strategico siderurgico italiano, nel quadro della produzione siderurgica italiana che ci impegna anche negli altri tre asset che vi ho descritto (le acciaierie del nord, il polo di Piombino e quello di Terni). Ovviamente in questo caso lo Pag. 8dobbiamo in modo specifico alla città di Taranto, ai lavoratori e alle lavoratrici di Ilva, alle loro famiglie che hanno contribuito nei decenni – durante sessant'anni – alla storia della siderurgia italiana.
  Io credo che sia doveroso che proprio da lì si dia l'esempio di quello che deve essere un modello di transizione ambientale sostenibile, difficile ma certamente doveroso. Questo lo ribadisco anche in questa sede.

  PRESIDENTE. Grazie. Ci sono degli interventi. Invito tutti a ricordare il termine delle ore 15. Senatore Boccia, prego.

  FRANCESCO BOCCIA. Grazie, presidente. Signor Ministro, la ringrazio, anche a nome del gruppo del Partito Democratico, per la disponibilità e per la presenza.
  Dalla sua relazione emerge un racconto probabilmente utile per gli storici, ma lei sa, quanto so io, che la storia la scrivono gli storici e non possiamo riscriverla noi che siamo parte integrante di una parte di questa storia. Lei è correttamente di parte, come richiamato, come sono io correttamente di parte.
  Evito di tornare indietro in quegli anni, altrimenti dovrei ricordare le forti divergenze che ci furono tra il 2016, il 2017 e il 2018. Non solo dentro gli stessi gruppi parlamentari, perché questa è una vicenda che tocca non solo la siderurgia italiana, tocca la carne viva di alcuni territori (di Taranto, di Genova, di Novi Ligure) e tocca anche la storia dell'acciaio in Italia. È tutto agli atti del Parlamento, quindi non ci tornerò su, perché basta andare sul sito della Camera per riguardare le posizioni assunte in Aula e anche nelle Commissioni di merito.
  Quindi vorrei parlare dell'oggi, chiedendole però di fare uno sforzo, signor Ministro. Di non far ruotare tutta la strategia industriale, che per la verità non abbiamo ascoltato, sullo scudo penale, perché sarebbe non solo come tornare indietro ma sarebbe come una fuga dalla realtà.
  Provo a spiegarmi, provo in pochissimi minuti a porre in evidenza i temi fondamentali, in questo momento, per il Partito Democratico. Quindi non torno indietro, perché se dovessi tornare indietro dovrei... intanto non abbiamo il tempo perché il presidente ha garantito che entro le 15 si termina.
  Il tema è così delicato che...

  PRESIDENTE. Non necessariamente si finisce: riprendono i lavori dell'Assemblea.

  FRANCESCO BOCCIA. Sì, c'è Aula. Io tra l'altro ho la continuazione del dibattito su Ilva con il Ministro Giorgetti al Senato. È così importante questo tema che le due Camere in questo momento... è una coincidenza che siano arrivati nello stesso momento e alla stessa ora, però è un bene perché così affrontiamo il tema nei luoghi più solenni della nostra democrazia, cioè in Parlamento.
  Signor Ministro Urso, nell'incontro del 20 ottobre (così attualizziamo subito tutto) è stata confermata l'assenza di una strategia sulla continuità operativa dell'azienda. Intanto lei ha citato gli altoforni, le ricordo che il 3 non c'è più, è stato demolito, il 5 è in fase di terminazione, di chiusura, dell'1 e del 2 è prevista la fine della loro attività nel 2024.
  Nel 2023 la produzione scende, ora è a 3,4, temiamo scenda sotto i 3 milioni. Chiunque abbia fatto previsioni in questi anni è stato sistematicamente smentito dai lavoratori. Che non hanno acquisito strumenti particolarmente sofisticati previsionali, semplicemente vivendo lo stabilimento ogni volta negli anni che abbiamo alle spalle ci han detto alcune cose che erano in totale contrapposizione con quelle dell'azienda, che faceva altre previsioni. Al termine di ogni anno hanno avuto ragione purtroppo le previsioni dei lavoratori e non quelle dell'azienda.
  Temiamo che la riduzione prossima a 1,7 milioni possa caratterizzare l'anno venturo.
  Allo stato attuale, voglio ricordarlo ai colleghi tutti, 3500 dipendenti su un totale di 8200 dipendenti sono in cassa integrazione e ovviamente tutti noi sappiamo che l'azienda va avanti non grazie al socio privato, signor Ministro, grazie allo Stato. Pag. 9Perché non è mai accaduto nella storia industriale italiana che un impianto avesse un'immissione tale di risorse, dirette o indirette, e ancora qui oggi mentre noi parliamo dobbiamo essere consapevoli che senza l'intervento, puntualmente smentito da parte dell'azienda, di immissione attraverso le risorse che sostengono gli ammortizzatori sociali non ci sarebbe l'azienda.
  Dall'ultimo bilancio di Acciaierie d'Italia emergono debiti per 2 miliardi, signor Ministro, in gran parte verso altre società di ArcelorMittal. E questo è il tema.
  Quando nel 2018 viene firmato il contratto dei commissari, signor Ministro, i commissari dopo aver fatto un'operazione drammatica (i commissari che si sono succeduti, non sono sempre stati gli stessi) rimisero sul mercato ad una cordata – così ci diciamo le cose come stanno. Io fui tra quelli che non condivisero quella scelta, ma non perché avessi qualcosa sui nomi e cognomi, perché non si fa politica industriale sui nomi e cognomi – semplicemente perché le prospettive industriali dell'altra cordata con dentro Cdp (Cassa depositi e prestiti) consentivano a quello stabilimento, a quegli stabilimenti italiani, di essere gli unici stabilimenti in Europa. Non i sedicesimi, i diciassettesimi o diciottesimi.
  La politica industriale si fa anche in base alle strategie industriali, ma questa è storia e non dobbiamo scriverla né io né lei né i nostri partiti, lo faranno gli storici dell'economia.
  Quello che voglio dirle è che se i debiti oggi sono 2 miliardi, 2 miliardi e mezzo, e sono tutti infragruppo, dobbiamo chiederci che cosa è successo. Da quando fu data un'azienda – e quello scudo penale non c'entra nulla, signor Ministro –, fu rimessa sul mercato con magazzini pieni di materie prime e semilavorati e con un mercato che era molto chiaro, prima ancora che accadesse tutto quello che è accaduto, noi non siamo più stati in grado di capire i numeri, il magazzino, il costo delle materie prime, il costo dei semilavorati, perché sono tutti acquisti infragruppo. Non sappiamo quali sono i margini di contribuzione che ci stanno dentro il gruppo. E sfido chiunque a capire e mi auguro che il Governo queste informazioni possa darcele finalmente oggi. Noi chiediamo al Governo di dirci quali sono i margini infragruppo. Perché lei, che conosce il mondo industriale molto bene, sa bene che dipende tutto da come si gestisce un'azienda dentro una dinamica di un grande gruppo, stiamo parlando del gruppo leader al mondo. È un gruppo leader nel mondo. Se fa margini in giro per il mondo, se fa utili, e i dividendi li distribuisce, sono dividendi importanti, probabilmente potrebbe avere un approccio diverso rispetto a questa dinamica.
  Lo dico perché noi riteniamo che i provvedimenti finora adottati dal Governo abbiano invece, signor Ministro Urso, aggravato la crisi. Gran parte delle misure adottate hanno risposto esclusivamente alle richieste di ArcelorMittal. Il decreto-legge n. 2 del 2023 ha sbloccato 680 milioni, per garantire la liquidità dell'azienda, non per fare investimenti. Un provvedimento dello Stato per garantire la liquidità di un'azienda con un socio privato al 60 per cento, per questo votammo contro.
  Il Governo risponde: legittimamente; ma noi per questo lo contestiamo, alle richieste degli azionisti di maggioranza, non facendo in questo momento con questi provvedimenti (e poi sottolineo anche un'altra cosa), noi riteniamo, signor Ministro, gli interessi dello Stato, di Invitalia (e ora arriviamo a Invitalia), dei lavoratori, dei territori.
  Perché i provvedimenti che ha fatto il Governo Meloni, compreso il ritorno allo scudo penale, con l'articolo 9-bis del decreto-legge n. 69 del 2023 e la salvaguardia penale degli interventi di decarbonizzazione, sono risposte alle richieste dei privati. Non ci sono nei provvedimenti approvati dal Governo Meloni risposte alle richieste della parte pubblica Invitalia, e quindi Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), dei lavoratori e dei territori.
  Io penso, signor Ministro, che siate andati oltre: ha citato anche lei la continuità operativa anche nel caso in cui la Corte di giustizia dovesse confermare la confisca gli impianti, per cui siete andati oltre la ragione, oltre la Costituzione, oltre il buonsenso. È evidente che vi chiediamo su questo una risposta.Pag. 10
  Sul piano della riconversione, l'attuazione del Piano di decarbonizzazione che dovrebbe portare alla totale elettrificazione dell'area a caldo, lo dico ai colleghi della maggioranza, con un investimento di 5 miliardi, mentre incombe la scadenza del 2026 – e ricordo a tutti che incombe la scadenza del 2026, anno in cui finirà l'esenzione dello stabilimento di Taranto del sistema dell'Unione europea sui certificati verdi –, noi ci aspettavamo un'accelerazione dei processi di decarbonizzazione. Il miliardo stanziato dal Governo Draghi attraverso il piano PNRR, che obbligava a essere veloci perché i tempi del PNRR sono quelli che sono, sono stati cancellati con un tratto di penna.
  Glielo chiedo perché lei conosce molto bene le dinamiche interne al bilancio dello Stato.
  Dire che quell'investimento passa sull'FSC, in un contesto in cui non abbiamo ancora il quadro dell'FSC, perché su questo contestiamo le strategie del Ministro Fitto, è stato come dare uno stop e una frenata evidente al processo che invece stavamo spingendo tutti quanti. Ovviamente avremmo mantenuto le contestazioni sugli interventi fatti nei decreti che avete approvato, ma aver cancellato con un tratto di penna quel miliardo che andava, e voglio dirlo ai colleghi della maggioranza, al pubblico, perché la società che avrebbe gestito quel miliardo era al 100 per cento Invitalia.
  Qui si cancella quel miliardo dato nelle mani del pubblico e si sostituisce con 2 miliardi, 2,3, 2,5? , ce lo dirà il Ministro, che vanno direttamente nella disponibilità dell'azienda.
  Insomma, non è molto sovranista l'operazione che state facendo.
  Ma, al di là delle battute, a noi invece ci preoccupa che nel corso dell'audizione presso la X Commissione (in questa sede, signor presidente) del 17 ottobre del 2023 il presidente di Acciaierie d'Italia ha elencato una serie di criticità, che tutti conoscete e non vi ripeto perché siamo tra addetti ai lavori.
  Domanda secca. Signor Ministro, Invitalia (non Francesco Boccia, il gruppo Partito Democratico, i colleghi che sono qui) contesta con una lettera inviata al presidente e all'amministratore di Acciaierie d'Italia, con una serie di rilievi, tre cose.
  La prima, la mancata comunicazione al socio pubblico in merito allo stato della società siderurgica ai fini della valutazione del possibile esercizio dei propri diritti, ivi compresa la sussistenza dei presupposti per la possibile ammissione di Acciaierie d'Italia all'amministrazione straordinaria.
  Numero due, viene evidenziato il mancato aggiornamento dei piani di produzione dell'acciaio nonché delle comunicazioni relative alla situazione economico patrimoniale, i flussi di cassa a dodici mesi. Questa cosa, colleghi, noi l'abbiamo trovata gravissima: che fosse stata scritta e contestata, giustamente, da Invitalia che è azionista al 38 per cento.
  Terzo punto, viene sottolineato che l'11 settembre, e vengo alla fine, del 2023 il Ministro Fitto, signor Ministro Urso, avrebbe sottoscritto un memorandum con l'amministratore delegato di Acciaierie d'Italia e ArcelorMittal senza alcuna chiarezza sugli impegni finanziari.
  Per queste ragioni, signor presidente, il gruppo del Partito Democratico chiede al Ministro Urso, visto che Invitalia dice che il memorandum è avvenuto senza alcuna preventiva informazione al consiglio di amministrazione di acciaierie d'Italia dove siede Invitalia e senza alcuna comunicazione in merito nemmeno nelle sedute successive – perché il consiglio di amministrazione di Acciaierie d'Italia si è riunito – ho finito, signor Presidente – il 21 settembre e il 16 ottobre, e non è stata fatta nessuna comunicazione e noi siamo qui oggi, 26 ottobre, e abbiamo il dovere di dare una risposta per rispetto verso i lavoratori sul futuro degli stabilimenti siderurgici di Taranto, Genova e Novi Ligure –, se fosse al corrente dell'esistenza del memorandum, se le è stato trasmesso il memorandum prima di essere stato firmato dal Ministro Fitto, se può chiarire, se li conosce, i contenuti del memorandum. Chiediamo altresì se, e questo è un tema politico, la strategia che prevedeva che il socio pubblico passasse dal 38 per cento al 60 per cento è una strategia che è stata cancellata con un Pag. 11tratto di penna, perché il Governo ha fatto altre scelte. Ovviamente se dovesse essere così capite bene che si apre un'altra discussione politica non solo sugli assetti dell'azienda ma anche sulle strategie industriali.
  Restiamo preoccupati, e ho finito davvero presidente, sui numeri perché i numeri che lei ci ha dato purtroppo non coincidono con le previsioni che vengono fatte sui territori da chi purtroppo in questi anni non le ha mai sbagliate. Grazie.

  PRESIDENTE. Adesso prima di cedere la parola volevo capire se c'erano degli altri iscritti, per capire i tempi. Allora onorevole Iaia, nell'alternanza tra maggioranza e minoranza. Prego.

  DARIO IAIA. Grazie, presidente. Un ringraziamento particolare al Ministro Urso per la chiarezza dell'esposizione.
  Noi riteniamo che i passaggi storici, a differenza di quanto rappresentato dal collega Boccia, siano importanti e fondamentali in merito a questa vicenda.
  Intanto chiariamo un aspetto che è evidente a tutti: ci troviamo di fronte a una problematica complessa, che riguarda un asset strategico italiano ed europeo di grande importanza. La ricostruzione storica e i fatti riportati dal Ministro Urso corrispondono assolutamente a ciò che è avvenuto a Taranto.
  Il passaggio fondamentale relativo a quello che è accaduto nel dicembre del 2019 non può essere sottaciuto o non può essere cancellato con un tratto di penna, così come si è fatto riferimento al miliardo rispetto al quale poi rappresenteremo anche dei chiarimenti.
  Nel dicembre 2019 è stata approvata una norma su proposta del Governo Conte 2: cancellazione dello scudo penale, che ricordiamo, noi siamo addetti ai lavori, non significa libertà di commettere reati all'interno di quello stabilimento ma significa non essere perseguiti nel momento in cui si sta ponendo un'azione che porta alla definizione di un'autorizzazione integrale ambientale.
  Quindi cancellazione dello scudo penale, quindi venir meno da parte dello Stato italiano a una garanzia e a un requisito fondamentale che si era messo sul tavolo e che era alla base dell'accordo con Mittal.
  Da lì nasce un contenzioso, perché questo è un altro passaggio Ministro che noi dobbiamo ricordare, un contenzioso pendente all'epoca dinanzi al tribunale di Milano, contenzioso che si definisce con questi famosi accordi o patti parasociali del marzo 2020 assolutamente svantaggiosi nei confronti dello Stato italiano. Ed anche nei confronti di quei lavoratori che noi sentiamo difendere spesso a parole ma non nei fatti, perché se poi andiamo a guardare quello che viene fuori da quei patti parasociali, non chiari eccetera, ricordiamo anche che vi sono a Taranto ancora oggi 3500 cassintegrati, dipendenti diretti di Acciaierie d'Italia, ma ci sono anche 1700 lavoratori di ILVA in AS (amministrazione straordinaria) non più garantiti dopo la sottoscrizione di quell'accordo del marzo del 2020.
  Quindi questo passaggio dello scudo penale risulta fondamentale perché ce lo ha detto chiaramente la settimana scorsa o dieci giorni fa il presidente Bernabè. Seduto al posto ora occupato dal Ministro Urso ci ha riferito come proprio in seguito a questo passaggio ha avuto luogo questo famoso deconsolidamento, Acciaierie d'Italia Taranto, Novi Ligure e Genova escono fuori dalla holding di Mittal, quindi non hanno più la copertura. Ricordiamo, si tratta di una società che non ha proprietà di uno stabilimento, è affittuaria di uno stabilimento, quindi non ha più bancabilità, non ha più credito bancario e si trova in una gravissima difficoltà finanziaria.
  Anche perché, ricordiamo, parliamo di una società con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro: 2 miliardi di euro di liquidità sono necessari per poter operare. Ora sfido chiunque, qualunque imprenditore, anche straordinario, con capacità sovrannaturali, a gestire una situazione di questo tipo senza poter accedere al credito bancario.
  Quindi questa situazione sicuramente determina delle conseguenze sia dal punto di vista finanziario per la società, sia dal Pag. 12punto di vista degli investimenti, sia dal punto di vista delle conseguenze nei confronti dei lavoratori.
  Accade che il Governo interviene in questo anno, perché questo è il pregresso. Il Governo Meloni si insedia un anno fa, il 22 ottobre 2022, quindi un anno e quattro giorni fa, e interviene con delle misure che noi riteniamo assolutamente adeguate e indispensabili per garantire il prosieguo dell'attività e della vita di questa azienda.
  Lo ha ricordato il Ministro Urso, 680 milioni per far fronte al caro-energia.
  Ma noi facciamo una semplice considerazione, il Governo ci mette le risorse, viene chiesto al Governo di mettere le risorse, queste vengono utilizzate dalla società per far fronte al caro- energia. Ricordo, si passa da 400 milioni, che era più o meno il consumo per l'energia di Acciaierie d'Italia, a un miliardo e 400 milioni, quindi un miliardo in più. Perché poi con le parole noi possiamo dire qualunque cosa, ma i numeri sono quelli e sono fissi, non possiamo cambiarli. L'aumento dell'energia ha determinato questa situazione, il Governo ci ha messo i soldi, 680 milioni, e ha fatto sì che questa azienda potesse sopravvivere.
  Perché la domanda che io mi faccio è la seguente: senza questi fondi, senza questi 680 milioni l'azienda sarebbe stata in grado di continuare a lavorare e di garantire l'occupazione? Io credo assolutamente di no.
  Il Governo è intervenuto in questo anno con un altro provvedimento importante che è stato richiamato dal Ministro Urso ed è quel provvedimento, presente nell'articolo 9-bis, che attiene alla prosecuzione dell'attività per le imprese strategiche in caso di sequestro e in caso di confisca.
  Anche su questo tante parole, ma io faccio una domanda. Quale privato verrebbe a investire a Taranto o in qualunque luogo d'Italia o d'Europa sapendo che quell'azienda è soggetta a una pena accessoria rappresentata dalla confisca, già inflitta dal tribunale di Taranto con una condanna, o con impianti sotto sequestro?
  Allora se si vuole garantire effettivamente la continuità dell'azienda e la continuità anche dei posti di lavoro, perché parliamo di 3500 cassintegrati, 1700 lavoratori di AS, 5000 dipendenti diretti più altri 5000 dell'indotto, quindi parliamo di oltre 15 mila lavoratori, se vogliamo garantire l'occupazione dobbiamo anche fare in modo che ci siano i presupposti. Per questo quell'intervento sul sequestro e sulla confisca è assolutamente fondamentale.
  Decarbonizzazione, tema del quale si parla tanto. Ricordo che le risorse del REPowerEU sono previste proprio per questa ragione. Sono 20 miliardi, 2 miliardi possono essere destinati a Taranto, quindi sono delle risorse che effettivamente possono farci andare nella direzione della decarbonizzazione.
  Condivido assolutamente la considerazione fatta dal Ministro Urso riguardo il revamping di AFO 5, perché anche su questo tanta demagogia e tanto populismo. Ma senza il revamping di AFO 5 e senza il rispetto delle norme in materia ambientale con il revamping di AFO 5 la realtà di Taranto è finita. Non c'è possibilità di prosieguo se si pensa che Taranto possa andare avanti soltanto con i forni elettrici quando verranno realizzati.
  Per cui, per quanto ci riguarda, signor presidente, prioritaria è l'ambientalizzazione dello stabilimento, la salvaguardia del lavoro, la sicurezza sul lavoro che deve essere garantita, la proroga degli ammortizzatori sociali e poi, per quanto riguarda il miliardo previsto per la società DRI Italia, non c'è stata nessuna sottrazione, non c'è stato nessun furto, i fondi per quanto riguarda la decarbonizzazione e per quanto riguarda la realizzazione dei forni elettrici saranno ben superiori rispetto al miliardo già previsto.

  PRESIDENTE. Richiamo ancora alla questione tempo: prima, ovviamente, non mi sembrava corretto interrompere – però l'intervento era di 15/16 minuti. Adesso siamo rimasti nell'ambito dei dieci, otto minuti, ma se tutti facciamo così non permettiamo al Ministro di rispondere. Quindi io vi chiedo veramente di autolimitarvi, magari concentrarvi sulla domanda secca ove possibile.
  Senatore Turco, prego.

Pag. 13

  MARIO TURCO(intervento in videoconferenza). Grazie, presidente. Io sarò molto sintetico e molto diretto, mi concentrerò soprattutto sulle domande, a cui spero che poi il Ministro possa fornire delle risposte.
  Innanzitutto vorrei ricordare al Ministro che giacciono sulla sua scrivania ormai diverse interrogazioni parlamentari che attendono una sua risposta. L'ultima depositata proprio ieri in Senato, proprio in merito alla questione di questo fantomatico accordo senza la partecipazione e senza il coinvolgimento di Invitalia. Spero che il Ministro su quelle domande e su quelle interrogazioni mi fornisca quanto prima una risposta.
  Ora il Ministro ha raccontato una storia, ma non ha raccontato un'altra storia, una storia che ha ad oggetto sequestri giudiziari. Ha ad oggetto delle sentenze di primo e secondo grado di condanna, un sequestro peraltro per disastro ambientale, quindi un pericolo di confisca che avverrà se in terzo grado verrà confermato, sempre per disastro ambientale. Delle sentenze di condanna della Corte di giustizia europea a cui il Ministro non ha fatto riferimento. Una possibile sentenza che potrebbe arrivare a breve, perché a novembre c'è un importante giudizio che pende ancora in Europa, attendiamo anche lì un responso. Un giudizio anche dato dall'ONU, che definisce la terra di Taranto una terra di sacrificio. E poi tante raccomandazioni, soprattutto dall'Organismo mondiale della sanità, che giudica elevati i livelli di inquinamento previsti dal decreto legislativo n. 127 del 2001.
  Questa è l'altra realtà, perché se noi nascondiamo questa realtà significa che il tema dell'Ilva, il tema di Taranto, il tema del dramma dei cittadini di Taranto non lo risolveremo mai, lo rinvieremo sempre in avanti senza risolverlo.
  Detto questo, io chiedo innanzitutto al Ministro una rettifica circa i 680 milioni che il Governo Meloni ha stanziato. Perché, attenzione Ministro, quei 680 milioni non sono stati destinati a rafforzare la dotazione patrimoniale di Acciaierie d'Italia, quelli sono soldi degli italiani, sono soldi anche dei cittadini di Taranto, quei 680 milioni sono stati dati solo per sopperire alla mancanza di liquidità dell'impresa e quindi sono soldi dati a titolo di prestito che dovrebbero rientrare nelle casse dello Stato.
  Quindi vorrei chiedere innanzitutto al Ministro di rettificare la sua dichiarazione che quelle somme sono ormai andate a fondo perduto ad aumentare la dotazione patrimoniale dell'impresa, quando invece quei soldi sono soldi di tutti che devono ritornare nelle casse dello Stato italiano.
  Detto questo poi vorrei chiedere a questo punto qual è il Piano del Governo non solo sull'impianto siderurgico ma soprattutto su Taranto. Perché quello che manca nella relazione del Ministro è parlare delle due tematiche care ai lavoratori, care ai cittadini di Taranto: cioè cosa ha fatto questo Ministro in questo anno, oltre ad aver reintrodotto lo scudo penale, che sarà sicuramente oggetto ed è stato già oggetto di attenzione da parte della Corte costituzionale, ma forse anche da parte della Corte di giustizia europea. Cosa ha fatto il Ministro, ma soprattutto il Governo nella sua interezza, con riferimento alla salvaguardia dell'ambiente, alla salvaguardia della salute dei cittadini di Taranto, dato che il Ministro si è preoccupato solo ed esclusivamente, in base alla sua relazione e a quello che ha riferito oggi, di salvaguardare gli impianti. E salvaguardare la salute e l'ambiente di Taranto, quando?
  Inoltre volevo chiedere al Ministro, con riferimento all'autorizzazione integrata ambientale, che è scaduta il 23 agosto, se per caso ha avuto la possibilità di leggerla quella richiesta di AIA di febbraio 2023, scaduta ad agosto 2023.
  Ora, se il Ministro parla di decarbonizzazione io vorrei capire meglio, in quanto nell'ambito del riesame dell'AIA non c'è nulla di decarbonizzazione, c'è solo una conferma di continuare a utilizzare un ciclo integrale a carbone per altri 12 anni. Per altri 12 anni! A fronte di questo aumento anche della produzione a 8 milioni noi non introduciamo nessuna misura di salvaguardia dell'ambiente e della salute.
  Quindi volevo chiedere al Ministro, a fronte del riesame dell'AIA se il Ministro Pag. 14ha avuto la possibilità di leggere il riesame e qual era l'intenzione del Governo. Perché la nostra forza politica, la forza politica che io rappresento, ha già detto no a quel riesame dell'AIA, così come ha detto no allo scudo penale, così come ha detto no a quel finanziamento di 680 milioni.
  E poi volevo chiedere al Ministro...

  PRESIDENTE. Senatore, ha detto che sarebbe stato brevissimo, però...

  MARIO TURCO(intervento in videoconferenza). Presidente, sono nei miei dieci minuti, lei mi ha dato dieci minuti, sono passati otto minuti...

  PRESIDENTE. Abbiamo detto di autolimitarci per permettere al Ministro di rispondere.

  MARIO TURCO(intervento in videoconferenza). Assolutamente. Ho dieci minuti, io li prendo tutti i dieci minuti e mi deve dare anche un altro minuto perché mi ha fatto perdere anche ulteriore tempo.
  Dopodiché vorrei chiedere al Ministro se conosce e se mi dettaglia le prescrizioni che Acciaierie d'Italia ancora non ha ottemperato, con riferimento all'autorizzazione integrata ambientale rilasciata nel 2017. Sono passati cinque anni, ci sono delle prescrizioni che Acciaierie d'Italia non ha ancora ottemperato con riferimento al passato, per cui volevo conoscere dal Ministro se avesse anche letto quelle prescrizioni e se avesse fatto a questo punto anche una valutazione di quali sono le mancanze.
  L'ultima domanda. Volevo anche sapere se il Ministro ci fornisce quali sono le soluzioni per gli oltre 5 mila cassintegrati di Ilva, che oggi sono presenti, e soprattutto per quei mille e quasi 500 lavoratori ex Ilva che il 23 agosto si attendevano anche una reintroduzione nel mondo del lavoro. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Onorevole Benzoni, mi ha chiesto un minuto. Giusto?

  FABRIZIO BENZONI. Avendo l'orgoglio, presidente, di dimostrare che alla Camera sappiamo essere telegrafici... Questo dibattito non può ignorare di aver letto i giornali ieri, quindi la Repubblica e il Giornale, rispetto a quanto il senatore Boccia già annunciava circa questa lettera di Invitalia. Quindi le mie domande sono davvero telegrafiche.
  La prima è chiedere al Ministro se è vero quanto si dice rispetto a questa lettera di Invitalia, quindi che Invitalia fosse all'oscuro di questo accordo fatto dal Ministro Fitto e come sia possibile. E se, invece, il suo Ministero e il MEF ne erano a conoscenza. Ma anche se ci può svelare i contenuti di questo memorandum che il Ministro Fitto ha firmato e quindi qual è la direzione verso cui ci si muove con questo memorandum, anzi se questo memorandum, può anche essere fornito alla Commissione e ai suoi membri. Grazie.

  PRESIDENTE. Onorevole Evi, anche lei se può essere telegrafica.

  ELEONORA EVI. Assolutamente telegrafica. Non mi dilungo nelle varie cose che volevo chiedere al Ministro rispetto alla situazione disastrosa dello stabilimento di Taranto, ma faccio una domanda molto precisa perché guardo al futuro.
  Domando, gli 800 milioni di euro previsti dal Just Transition Fund, che dovranno essere spesi entro il 2026 proprio per attività alternative economiche per il territorio, che fine hanno fatto? Se abbiamo prospettive e informazioni su questo. Grazie.

  PRESIDENTE. Allora cedo la parola al Ministro per la replica.

  ADOLFO URSO, Ministro delle imprese e del made in Italy. Cercherò di rispondere alle vostre domande, anche se non in maniera coordinata perché alcune domande sono sovrapposte sullo stesso argomento.
  Per quanto riguarda il memorandum sottoscritto dal Ministro Fitto a nome del Governo, perché riguarda ovviamente le materie di sua competenza sull'utilizzo delle risorse europee: si tratta di una tappa ovviamente, non è un accordo. L'accordo dovrà venire. È semplicemente una tappa di un percorso, che tra l'altro, come prima ho descritto, ha avuto diverse interlocuzioni sia Pag. 15con il privato sia con tutti gli altri attori, che poi potrà diventare reale quando ci sarà un contratto.
  Che cosa quel memorandum dice? Sostanzialmente dice come noi vogliamo impiegare le risorse per portare avanti, appunto, in parallelo le risorse pubbliche, attraverso i fondi europei destinati, con l'intervento da parte del privato. Ma è una tappa, un'interlocuzione che è iniziata ovviamente per quanto ci riguarda a inizio di Legislatura e che va avanti per raggiungere un'intesa che possa dare maggiore garanzia a tutti sull'utilizzo delle risorse pubbliche e private per il raggiungimento dei livelli produttivi e soprattutto, lo sottolineo, ambientali su cui siamo tutti impegnati.
  Per quanto riguarda la domanda che si è ripetuta sui 680 milioni di euro, ricordo a me stesso innanzitutto che l'ingresso dello Stato attraverso Invitalia in questa compagine azionaria è stato deciso quando si dovette riparare in qualche modo alle conseguenze della cancellazione di quello che è stato erroneamente chiamato scudo penale: in quel momento per cercare di trattenere ArcelorMittal un altro Governo decise l'ingresso dello Stato attraverso Invitalia e di sottoscrivere dei patti parasociali che comunque avrebbero legato allora e per sempre le mani dello Stato rispetto al socio privato.
  In conseguenza di quello, all'inizio di questa Legislatura noi abbiamo deciso quanto recato con il «decreto Ilva». Ciò al fine di consentire all'impresa di andare avanti nonostante la impossibilità per lei di bancare, perché non ha la proprietà degli impianti, e col deconsolidamento da parte di ArcelorMittal, cioè fuori dal suo gruppo della partecipazione azionaria e quindi di Acciaierie d'Italia, come conseguenza l'impresa a fronte del caro-energia e di tutti i debiti che si erano accumulati non era in condizione di proseguire. Noi abbiamo deciso di utilizzare 680 milioni di euro, che non sono a fondo perduto, anzi è previsto in quel provvedimento che lo Stato può convertire in capitale, in ogni momento, quei 680 milioni di euro. E con i patti parasociali, che sono stati ridefiniti in quel contesto, abbiamo in qualche misura liberato le mani allo Stato che invece prima erano legate anche per il futuro. Quindi la possibilità che quelle risorse siano riconvertite in capitale sociale c'è nella norma di legge, che resta tale.
  Per quanto riguarda il miliardo di euro relativo al DRI è stato deciso solo per ragioni contabili di utilizzare le risorse del Fondo di coesione piuttosto che quelle del PNRR, che per i tempi molto rigidi che tutti voi conoscete non avrebbe dato garanzia di poter essere spese compiutamente per la realizzazione dell'opera, così fondamentale appunto, nei tempi previsti. Quindi è stato un atto di responsabilità per evitare che poi quelle risorse in qualche misura avessero un effetto boomerang per i conti dello Stato, ove non fossero state impiegate in maniera compiuta nei tempi prescritti. Quindi è stata una scelta di responsabilità da parte del Ministro Fitto, condivisa dal Governo.
  Per quanto riguarda l'AIA, è stata completata ad agosto, e questo credo che sia un fatto importante, ovviamente ciò comporta anche il fatto che noi in parallelo siamo assolutamente convinti di procedere sulla strada della decarbonizzazione come previsto si faccia, doverosamente, con la realizzazione del forno elettrico, e su questa strada andremo avanti.
  Le prescrizioni che erano previste per il raggiungimento dell'AIA sono state tutte ottemperate o con misure dirette o con misure alternative. L'unico aspetto che per noi resta aperto è il certificato antincendio.
  Per quanto riguarda invece i revamping, è possibile fare revamping anche per quanto riguarda AFO 1 e AFO 2, le tempistiche previste sono di sei mesi, in tre mesi è possibile fare revamping sia di AFO 1 che di AFO 2, con un costo per AFO 1 di 40 milioni di euro e per AFO 2 di 60 milioni di euro. Io potrei darvi anche alcuni dati, ove lo riteniate e se c'è il tempo, su quello che noi contiamo siano le risorse necessarie.
  Per quanto riguarda l'installazione di due forni elettrici di nuova generazione da 2 milioni di tonnellate, che ovviamente sono fondamentali per la decarbonizzazione, in sostituzione di AFO 1, 2 e 4, per produrre altri 4 milioni di tonnellate e portare a 8 il totale – che è ovviamente l'obiettivo ideale tornare a produrre 8 milioni di tonnellate decarbonizzate –, il costo è di 200 milioni l'uno circa. Pag. 16Alla fine l'ordine si potrebbe realizzare in un massimo di tre anni.
  L'installazione di un forno elettrico per la produzione del preridotto, e quindi di interesse di DRI, questo ovviamente potrebbe anche essere raddoppiato con l'installazione di un secondo forno elettrico. In questo caso si parla di un periodo di tempo di due anni e mezzo, dobbiamo stare molto attenti sulla tempistica e quindi sull'utilizzo delle risorse.
  Il nostro impegno è sicuramente quello di completare il progetto di riconversione ambientale del sito per raggiungere obiettivi di produzione che siano sostenibili per un'azienda che deve stare sul mercato. Ovviamente siamo consapevoli, lo dicevo all'inizio, non solo per i dati che ci hanno fornito i sindacati ma per quelli che abbiamo comunque appreso, che l'obiettivo dei 4 milioni di tonnellate non sarà possibile più raggiungerlo quest'anno, che è un obiettivo minimo che ci eravamo dati insieme all'azienda quando abbiamo iniziato questo percorso quasi un anno fa.
  In merito al fatto se fossi al corrente dell'accordo, io ho appreso ovviamente di questa intesa, che è un piano di lavoro e non un contratto, un accordo che è stato firmato dal Ministro Fitto su mandato ovviamente del Governo nel suo complesso e che ora dobbiamo misurare rispetto alle risposte che l'azienda darà nelle prossime settimane e che, ovviamente, poi saranno portate all'attenzione dell'azienda innanzitutto e dei soci ma anche del Parlamento e tanto più dei sindacati, con cui abbiamo stabilito e preso impegno in quella sede una interlocuzione continuativa per tenerli informati dello stato delle trattative che sono in corso. Io credo e mi auguro che giungano in porto nel migliore dei modi.
  Voglio rassicurare il Parlamento che noi abbiamo piena consapevolezza, come dicevo all'inizio, di quanto strategico sia il settore della siderurgia, impegnato in una riconversione produttiva senza precedenti e in cui le industrie italiane hanno dimostrato di saperlo fare forse meglio di altre industrie europee, essendo l'industria italiana la più green d'Europa in questo momento, e credo che questo ci possa confortare.
  Siamo impegnati che alla fine di questo percorso vi sia un piano siderurgico nazionale che porti e valorizzi tutta la produzione italiana, quella che certamente si può e si deve esprimere a Taranto e in Liguria, ma anche quella che si può e si deve esprimere a Terni, a Piombino e nelle acciaierie del Nord. Su questa strada sappiamo che non si può procedere, lo dico nel rispetto delle idee di ciascuno che ho sempre avuto, semplicemente dicendo no questo, no questo, no quest'altro, no quest'altro ancora, perché bisogna anche definire cosa c'è in alternativa rispetto al no. Quando c'è un semaforo rosso, mi hanno abituato sin da piccolo, poi c'è anche un semaforo verde. Quindi noi siamo su questa strada nella consapevolezza che si possa e si debba percorrere. Per questo sin dall'inizio della Legislatura abbiamo, a nostro avviso, ristabilito delle condizioni che non sono solo per chi oggi è azionista di ArcelorMittal, ma per chiunque, comunque e a prescindere, quindi per un'azienda così complessa e importante impegnata in una fase di riconversione ambientale.

  PRESIDENTE. Grazie al Ministro. Dobbiamo assolutamente chiudere perché non c'è preavviso di voto e stanno per iniziare i lavori in Assemblea. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione in titolo.

  La seduta termina alle 15.