CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 8 novembre 2023
196.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. A.S. 615.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

   esaminato il disegno di legge in titolo, presentato dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie e collegato alla manovra di finanza pubblica, recante disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;

   rilevato che il disegno di legge intende assicurare un'attuazione uniforme e coordinata dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione, delineando una cornice normativa unitaria per l'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta;

   condivisi l'impianto e le finalità del disegno di legge;

   condivise le soluzioni prospettate con il disegno di legge, diretto a valorizzare il ruolo del Parlamento fin dalla prima fase di elaborazione delle intese e ad assicurare il dialogo con il sistema delle autonomie in sede di Conferenza Unificata;

   auspicato che tali soluzioni possano trovare una coerente esplicitazione nelle diverse fasi della procedura relativa alle intese, sì da promuovere il ruolo delle Camere e il dialogo con le autonomie territoriali;

   considerato che l'attuazione del regionalismo differenziato richiede la definizione di un punto di equilibrio tra il rafforzamento delle autonomie territoriali e la coesione economica, sociale e territoriale nazionale;

   sottolineato che il disegno di legge individua un significativo e apprezzabile bilanciamento tra le predette istanze, intervenendo tra l'altro sul trasferimento delle funzioni, l'attribuzione delle risorse finanziarie, la disciplina della ulteriore attribuzione di funzioni amministrative a enti locali, la durata delle intese e il loro monitoraggio, provvedendo inoltre ad assicurare i necessari equilibri finanziari e a garantire le Regioni che non abbiano sottoscritto intese;

   sottolineata, inoltre, l'opportunità che, su queste basi ampiamente positive, il disegno di legge possa valorizzare ulteriormente il dialogo e l'informativa tra Governo, autonomie territoriali e Parlamento fin dalla fase di predisposizione delle intese; possa chiarire le modalità di attribuzione agli enti locali delle funzioni amministrative trasferite alla Regione in attuazione dell'art. 116, terzo comma, Cost., in considerazione di quanto stabilito dall'art. 118 Cost.; possa perseverare nella disciplina relativa alla perequazione infrastrutturale e agli interventi speciali diretti a superare i divari territoriali, anche con riguardo al tema dell'insularità, oggetto della recente modifica dell'art. 119 Cost.;

   rilevato, in particolare, che il procedimento di approvazione delle intese disciplinato dall'articolo 2 del disegno di legge riserva alla Regione, coerentemente con il dettato costituzionale, l'avvio del procedimento per l'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia e al Governo il negoziato con la Regione ai fini dell'approvazione dell'intesa. Per una maggiore trasparenza e per la leale collaborazione, appare opportuno che prima dell'avvio del negoziato il Presidente del Consiglio dei Pag. 290ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie da lui delegato informi dell'atto di iniziativa la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

   rilevato, altresì, che il disegno di legge prevede, all'articolo 3, una procedura integrativa rispetto al quadro normativo delineato dall'articolo 1, commi da 791 a 801, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 («legge di bilancio 2023»), per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni («LEP») concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione, e dei relativi costi e fabbisogni standard, e, all'articolo 9, misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, individuando alcune fonti per le relative risorse; in tal modo sono ulteriormente valorizzate le esigenze unitarie e il superamento dei divari territoriali, in un apprezzabile bilanciamento dei principi della Carta costituzionale, a partire dall'articolo 5;

   valutata favorevolmente l'opportunità che la procedura che conduce all'intesa possa essere svolta con riguardo a ciascuna materia o ambito di materie riferibili ai LEP;

   considerato che l'articolo 4 del disegno di legge prevede che il trasferimento delle funzioni attinenti a materie o ad ambiti di materie riferibili ai LEP possa avvenire solo successivamente alla determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard per tali materie o ambiti di materie;

   considerato che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 220 del 2021 (il cui nucleo è ripreso dall'articolo 1, comma 2, del disegno di legge), ha valutato negativamente il perdurante ritardo dello Stato nel definire i LEP, i quali indicano la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, nonché «il nucleo invalicabile di garanzie minime» per rendere effettivi tali diritti (ex multis, sentenze n. 142 del 2021 e n. 62 del 2020) e in questa prospettiva rappresentano un elemento imprescindibile per uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari fra lo Stato e le autonomie territoriali (ex multis, sentenze n. 197 del 2019 e n. 117 del 2018);

   ritenuto opportuno, al fine di disciplinare i LEP con una normativa di rango uniforme, che alla legge – o atti con forza di legge, eventualmente attraverso lo strumento della delega al Governo – sia demandata non solo l'indicazione delle «materie» o degli «ambiti di materie» ad essi riferibili, ma anche l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, con salvaguardia delle attività e fermi restando gli esiti conseguenti all'attuazione delle disposizioni sulla determinazione dei LEP contenute nella legge di bilancio per il 2023 (articolo 1, commi da 791 a 801-bis);

   ritenuto opportuno che l'erogazione dei LEP avvenga secondo criteri di effettività e di efficienza nell'utilizzo delle risorse e che sia oggetto in tutte le Regioni di un'attività di monitoraggio;

   ritenuto opportuno che la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sia informata degli esiti del monitoraggio e che, in caso di criticità, possa adottare le necessarie raccomandazioni alle Regioni interessate,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:

   valuti la Commissione di merito, per le ragioni esposte in premessa, l'opportunità di:

    prevedere, nella definizione delle finalità per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, il rispetto dei principi di coesione economica, sociale e territoriale;

Pag. 291

    prevedere che, ai fini dell'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale sia effettuata con legge o con atto avente forza di legge, con salvaguardia delle attività poste in essere e fermi restando gli esiti conseguiti dall'attuazione delle disposizioni sulla determinazione dei LEP contenute nella legge di bilancio per il 2023 (articolo 1, commi da 791 a 801-bis);

    prevedere che, prima dell'avvio del negoziato per l'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie da lui delegato informi dell'atto di iniziativa della Regione la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

    prevedere che, sulla base degli esiti di un apposito monitoraggio sull'effettiva garanzia in ciascuna Regione della erogazione dei LEP, nonché sulla congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse a disposizione, la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti le necessarie raccomandazioni alle Regioni interessate al fine di superare le criticità riscontrate;

    prevedere, proseguendo secondo l'impianto e lungo le linee tracciate chiaramente dal disegno di legge, le disposizioni più idonee a: valorizzare ulteriormente il dialogo e l'informativa tra Governo, autonomie territoriali e Parlamento fin dalla fase di predisposizione delle intese; chiarire, in considerazione di quanto stabilito dall'art. 118 della Costituzione, le modalità di attribuzione agli enti locali delle funzioni amministrative trasferite alla Regione in attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione; precisare ulteriormente la disciplina relativa alla perequazione infrastrutturale e agli interventi speciali diretti a superare i divari territoriali; sviluppare la disciplina del monitoraggio sull'effettiva osservanza in tutte le Regioni dei LEP, erogati in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell'utilizzo delle risorse;

    non pregiudicare il sistema perequativo delle Regioni, indipendentemente dalla attribuzione o meno di forme e condizioni particolari di autonomia;

    prevedere la salvaguardia del principio costituzionale secondo cui la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità.

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ALLEGATO 2

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. A.S. 615.

SCHEMA DI PARERE, A FIRMA DELL'ONOREVOLE TORTO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

   esaminato, per quanto di competenza, l'Atto Senato n. 615, recante «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione»,

   premesso che:

    il testo in valutazione, che è stato presentato in data 23 marzo 2023 su iniziativa del Ministro per gli affari regionali e le autonomie ed è stato assegnato, in sede referente, alla Commissione Affari costituzionali, presenta criticità rilevanti, emerse anche durante le numerose audizioni presso il Senato della Repubblica, e nodi politico-tecnici che il corso dell'esame finora compiuto non ha compiutamente affrontato e risolto in modo accettabile;

    tra queste, l'elemento che desta più inquietudine del disegno di legge attuativo in esame è la sua pericolosa indeterminatezza. In luogo di vaghi e lacunosi accenni, infatti, si rileva la mancanza di un quadro articolato e preciso, volto a disciplinare con esattezza il processo e tutte le sue variabili. L'attuazione dell'autonomia differenziata, infatti, non può prescindere dal rispetto della coesione sociale del Paese ed anzi la solidarietà e l'unità dei diritti fondamentali esigibili dovrebbero comparire tra le finalità del disegno di legge. La temporaneità e reversibilità dell'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia dovrebbe costituire l'architrave attorno alla quale costruire la disciplina attuativa, se si vuol definire un insieme di regole efficace e flessibile anche per periodi di eventuale crisi o in caso di verifica di problematiche derivanti nella fase attuativa concreta. La definizione dei princìpi generali andrebbe pertanto riarticolata, mantenendo fermi il ruolo di indirizzo, controllo e coordinamento da parte dello Stato e del Parlamento e la necessaria omogeneità delle politiche pubbliche nei settori socialmente ed economicamente strategici e nel miglioramento della qualità dei servizi delle amministrazioni pubbliche. E questo non può verificarsi senza un raccordo operativo e puntualmente definito tra lo Stato – Parlamento compreso – e le Regioni, anche avvalendosi della Conferenza Unificata;

    una attuazione efficace dell'autonomia richiederebbe anche, tra i principi di unità preminenti ed invalicabili, quello di partecipazione dei cittadini alle politiche pubbliche onde evitare che i negoziati non tengano conto dei corpi sociali, dei cittadini, delle associazioni e delle imprese. La promozione di pratiche sostenibili e di solidarietà interterritoriale dovrebbe parimenti figurare tra gli elementi fondamentali ispiratori della norma in esame. Lo stesso processo di valutazione delle richieste di attribuzione di autonomia differenziata appare logico che venga subordinato alla preventiva approvazione di una legge dello Stato volta a definire la gradualità del processo, le regole di valutazione dell'impatto sulla redistribuzione tra cittadini in termini fiscali e di servizi, le modalità di intervento dello Stato in caso di necessità per interesse nazionale e le regole comuni volte a prevenire differenziazioni normative sul territorio che risultino disfunzionali per la solidarietà tra territori e la coesione socioeconomica nazionale. Una legge dello Stato ad hoc dovrebbe definire le regole della istruttoria preventiva su ciascunaPag. 293 funzione e materia, cui devono conformarsi le istanze delle Regioni interessate a richiedere l'autonomia, le regole di trasparenza e rendicontazione, le procedure obbligatorie di verifica della spesa e delle prestazioni erogate da tutte le regioni, a tal fine avvalendosi della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, della Banca d'Italia, della Ragioneria generale dello Stato e dell'Ufficio parlamentare di bilancio;

    l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione andrebbe subordinata alla piena definizione della cornice legislativa statale che determini, oltre ai LEP, i livelli essenziali delle prestazioni – per i quali deve essere assicurato lo stanziamento di risorse necessario a garantirne l'attuazione in concreto – anche le leggi concernenti i principi fondamentali per tutte le materie di legislazione esclusiva statale e di legislazione concorrente cui, in ogni caso, nessuna istituzione territoriale può derogare. Le intese andrebbero finalizzate al pieno superamento dei divari territoriali delle prestazioni, che devono essere effettivamente godute e garantite su tutto il territorio nazionale quale condizione preliminare per l'attribuzione di nuove funzioni e limite inderogabile per le relative negoziazioni. Nell'ambito della gradualità del processo, in questa fase, sarebbe stato saggio escludere dal possibile riconoscimento di ulteriori e particolari forme di autonomia alle regioni le materie di legislazione esclusiva statale, come le norme generali dell'istruzione e alcune delle materie di legislazione concorrente per le quali, un'ulteriore devoluzione comporterebbe un rischio di disarticolazione di diritti fondamentali delle persone e dello sviluppo economico unitario del Paese. Parallelamente la procedura di richieste di funzioni o compiti non associate ai LEP dovrebbe essere avviata solo successivamente all'approvazione di un disegno di legge finalizzato a determinare i parametri di efficienza, equità, solidarietà e coesione socioeconomica, alla luce dei quali valutare le modalità di delegabilità delle stesse, con particolare riferimento al confronto tra i costi e i benefici per la regione richiedente, per le altre regioni e per lo Stato, al fine di prevenire asimmetrie, inefficienze e difficoltà regolatorie per i cittadini e le imprese in termini di coordinamento normativo e amministrativo;

    la legge dello Stato risulta lo strumento più adatto a definire le modalità di una specifica istruttoria per ciascuna funzione nell'ambito di ciascuna materia, secondo metodologie condivise, trasparenti e validate da organismi tecnici nazionali, al fine di valutare le conseguenze del decentramento rispetto allo status quo per la Regione interessata e per il resto del Paese nella gestione a livello decentrato – anche in termini di efficienza ed efficacia – nella rapidità e nella qualità dei processi decisionali ai fini della coesione e della solidarietà sociale. Solo in tal modo si possono misurare preventivamente le richieste di accesso alla luce del loro impatto sulle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane. Al contrario, il testo non sfrutta il principio di gradualità nell'attribuzione delle funzioni e non è esplicito e dettagliato nel prevedere che vengano svolte verifiche puntuali prima di ogni passaggio successivo. I criteri di accesso delle singole Regioni alle competenze differenziate per ciascuna materia o ambito di materia, andrebbero delineati per via legislativa e sulla base di valutazioni qualificate ed analisi adeguate concedendole purché la modifica dell'attuale riparto di competenze sia motivato dall'interesse nazionale. Da questo, per organizzare l'intero processo, discende la necessità di individuare un numero massimo di materie o ambiti richiedibili, anche per evitare che si possa richiedere simultaneamente o persino concedere l'intero novero delle stesse. Trascurato appare l'aspetto del necessario coordinamento nazionale delle materie temporaneamente delegabili come quello del principio fondamentale di non discriminazione e non differenziazione territoriale nel godimento dei diritti e dei servizi relativi, affermati apparentemente ma poi privati di un concreto presidio legislativo di tutela;

    non è dato sapere chi – e come – è deputato a valutare la solidità finanziaria e la capacità amministrativa dei richiedenti in relazione alle funzioni di natura organizzativo-regolamentare,Pag. 294 nonché alle specificità regionali che motivano la richiesta. E neppure sono esplicitate linee guida di valutazione degli esiti attesi sia per la regione richiedente che per le altre regioni, al fine di evitare disparità tra territori in termini di risorse e strutture o maggiori oneri per i cittadini e le imprese e di garantire maggiore efficienza ed efficacia dei servizi su tutto il territorio nazionale. Manca nell'articolato una esaustiva disciplina delle procedure di verifica periodica e simmetrica dei servizi resi dalle regioni ad autonomia differenziata e quelli forniti dallo Stato e dalle regioni non differenziate, prevedendo che al monitoraggio delle risorse e del livello dei servizi sia ricollegata l'attivazione dei necessari poteri sostitutivi dello Stato al verificarsi di disparità, lesioni alla solidarietà o coesione sociale nazionale o inadempienze regionali. Non essendo costituzionalmente ragionevole che lo Stato si spogli della propria competenza in intere materie o settori, la norma di attuazione avrebbe dovuto definire: l'ordine di priorità negli ambiti attribuibili; il numero massimo di funzioni attribuibili in un dato periodo; i requisiti fondamentali per il mantenimento dei legami solidaristici tra cittadini residenti in regioni differenziate e non differenziate e tra i livelli di governo corrispondenti; l'individuazione degli strumenti di coordinamento tra Stato e regioni e regioni ed enti locali in riferimento alla differenziazione; i meccanismi di commisurazione del potere di spesa e delle fonti di finanziamento e i relativi meccanismi di responsabilizzazione delle amministrazioni interessate; i meccanismi e i requisiti atti a dimostrare, sulla base di affidabili dati ed indicatori economico sociali, i benefici per l'interesse nazionale derivanti dalla differenziazione ed in particolare di misurazione preventiva del miglioramento della situazione per le regioni non differenziate derivante dall'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione; il rapporto tra regionalismo differenziato e regionalismo a statuto speciale. In sostanza ogni richiesta di attribuzione andrebbe consentita previa dimostrazione del miglioramento della qualità dei servizi che possono essere offerti ai cittadini sul territorio nazionale, verifica della effettiva coerenza con i LEP nel progetto di richiesta delle funzioni e la corrispondente valutazione degli oneri a carico della finanza pubblica, nel rispetto del vincolo di garanzia del raggiungimento su tutto il territorio nazionale di una uniforme parità di accesso ai LEP;

    la richiesta di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia avrebbe come presupposto la maggior efficienza della gestione regionale del pubblico servizio collegato alla funzione di cui si richiede il trasferimento, senza effetti negativi per le altre regioni e per il libero esercizio dei diritti sociali e civili dei cittadini su tutto il territorio nazionale. Un obiettivo chiaro della richiesta dovrebbe essere la riduzione delle esistenti disparità regionali, maggiore responsabilizzazione dei decisori delle politiche pubbliche, equilibrio delle risorse di cui dispongono le varie aree del paese, efficienza nell'uso sociale delle risorse pubbliche, sostenibilità, verificabilità e gradualità del processo. E' quindi ragionevole ed essenziale che la regione richiedente sia in grado di assicurare una gestione migliore del livello attuale misurabile dei compiti richiesti senza ricadute pregiudizievoli per le altre regioni, alla luce del diritto ad usufruire del livello essenziale delle prestazioni connesse ai diritti civili e sociali in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, prevedendo espressamente – e puntualmente regolando – la sospensione del processo laddove si rendessero necessari interventi finanziari volti a superare l'emergere di eventuali sperequazioni;

    nel caso la richiesta di attribuzione abbia ad oggetto un consistente numero di funzioni, dovrebbe altresì esplicitare la necessaria gradualità dei relativi passaggi ed il Governo dovrebbe impegnarsi a trasmettere alle Camere una apposita relazione con cui valuta la capienza delle compartecipazioni regionali sui tributi statali, nonché la proiezione nel tempo dell'andamento del gettito tributario ai fini della sostenibilità di ogni trasferimento di funzioni, individuando le soluzioni idonee ad Pag. 295evitare svantaggi per le regioni con minor livello di tributi erariali maturati nel territorio regionale e disparità di trattamento dei cittadini nel territorio nazionale. Per questo va rilevata la mancanza di una esplicita clausola di solidarietà nazionale volta a garantire che nei casi di necessità, nel rispetto del principio di leale collaborazione di unità territoriale e ogni qualvolta ciò sia utile ai fini di preservare l'unità giuridica ed economica della Repubblica, ai fini della coesione sociale o a tutela del regionalismo solidale e cooperativo, lo Stato possa intervenire con legge ordinaria anche in una specifica competenza devoluta ad una regione ad autonomia differenziata e procedere se del caso con i provvedimenti amministrativi necessari ad evitare lesioni dei principi, a garanzia dei diritti e dell'eguaglianza dei cittadini;

    le intese non possono recare in nessun caso, neppure indirettamente, limiti alla potestà legislativa del Parlamento e dovrebbero assicurare anche la partecipazione delle città metropolitane al processo decisionale ed organizzativo, essendo queste in termini di popolazione e socioeconomici degli aggregati essenziali delle varie regioni. Manca, in altre parole, la certezza di un processo razionale, controllato e reversibile, tanto più nel caso di richieste riguardanti più compiti o funzioni, regolato con legge dello Stato secondo un criterio temporale selettivo, sostenibile e graduale, a garanzia della sua gestibilità e della unitarietà del quadro giuridico. Diversamente, nel testo mancano disposizioni di principio inderogabili cui le regioni sono chiamate ad uniformarsi, così come manca una valutazione d'impatto, trasmessa preliminarmente alle Camere, che dimostri l'effetto positivo del trasferimento, in termini di effettività dei diritti civili e sociali e di fruizione dei servizi pubblici, sia nella regione richiedente che sul resto del territorio nazionale;

    si sarebbe potuto anche fare ricorso, prima dell'esame di ciascuna richiesta di intesa, ad una istruttoria ricognitiva condotta dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio, dalla Cabina di regia di cui all'articolo 1, comma 93 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 e dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, cosicché venissero indicate – e comunicate alle Camere – le singole funzioni svolte dalle Amministrazioni centrali nell'ambito delle materie che potenzialmente oggetto di trasferimento di singole funzioni alle regioni. In questa individuazione avrebbe potuto trovare spazio la indicazione di specifiche funzioni statali essenziali non trasferibili nonché le spese effettive sostenute dal Governo centrale, inclusi i costi fissi, a seguito dell'eventuale trasferimento. Questi stessi soggetti e la Ragioneria Generale dello Stato avrebbero potuto – in un quadro normativo più preciso di quello in esame – trovare adeguate metodologie analitiche per la definizione della spesa regionalizzabile, anche al fine di individuare criteri di valutazione e allocazione adeguati nel caso di servizi o funzioni non totalmente coincidenti col territorio della regione richiedente nonché criteri omogenei di esclusione della territorializzazione per la parte non regionalizzabile della spesa. Lo stesso vale, a competenze già attribuite agli enti territoriali, per le metodologie di verifica della capienza del gettito finalizzato al funzionamento dei singoli servizi trasferibili e la quantificazione della spesa associata a ciascuna funzione trasferibile, le risorse finanziarie assegnabili, gli elementi di variabilità nel tempo dei fattori che determinano la spesa, comprensivi delle variazioni attese nel numero dei beneficiari di prestazioni da garantire, nell'evoluzione demografica, nella variazione delle caratteristiche economiche delle famiglie, nel costo dell'erogazione, nel gettito, anche in relazione alla base imponibile e alla capacità di riscossione, nonché nella domanda dei servizi, anche con riferimento alle risorse necessarie a garantire le funzioni non collegate ai LEP;

    manca la previsione di una legge dello Stato con cui vengano individuate le funzioni fondamentali svolte dalle amministrazioni centrali nell'ambito delle materie rilevanti ai fini dell'autonomia differenziata, i criteri di valutazione degli effetti su tutte le regioni delle diverse modalità di finanziamento delle singole funzioni attribuibili alle regioni e delle conseguenti misurePag. 296 di riequilibrio da assumere, le modalità di garanzia di una adeguata programmazione di bilancio delle amministrazioni pubbliche nel loro complesso. Se l'obiettivo fosse stato quello di prevenire effetti distorsivi nel territorio nazionale, il disegno di legge avrebbe disciplinato o demandato ad apposita legge statale la determinazione delle misure volte ad evitare ed eliminare il verificarsi di aumenti della complessità del concorso tra livelli di governo, e la moltiplicazione delle strutture deputate alla realizzazione dei servizi e delle funzioni. Con il testo in esame non è chiamo se e come lo Stato, eventualmente su iniziativa del Governo o delle Camere, possa modificare unilateralmente gli elementi delle intese per far fronte in modo adeguato ad esigenze di rispondere in maniera tempestiva a necessità urgenti, sia di carattere nazionale che sovranazionale. Ci si priva quindi, irragionevolmente, di un meccanismo flessibile e ben chiaro, per rimanere nell'indeterminatezza che, in caso di necessità, può rivelarsi gravemente dannosa;

    il testo in esame, inoltre, non precisa i criteri e le modalità per il controllo della qualità dei servizi sull'intero territorio nazionale e l'impatto della innovazione che reca sulla spesa primaria netta del complesso delle Amministrazioni pubbliche, compreso l'impatto finanziario derivante dall'attribuzione di forme particolari di autonomia in determinate funzioni. Non contiene rimandi a metodologie uniformi di valutazione costante e calcolo delle risorse eventualmente eccedenti derivanti dalla dinamica delle entrate devolute alle regioni differenziate e le spese effettive relative alle funzioni trasferite. Non è quindi chiaro come, una volta partito il meccanismo descritto dal disegno di legge, si possano prevenire fenomeni di riduzione delle risorse per finanziare sul territorio nazionale le funzioni non trasferite o non trasferibili, con priorità per quelle di particolare rilevanza socio-economica, oppure una riduzione delle capacità di attuare sul territorio nazionale delle politiche di stabilizzazione del ciclo o di redistribuzione del reddito a fini di equità sociale. Le carenze della disciplina generale, compresi gli strumenti di rideterminazione periodica delle percentuali di compartecipazione al gettito erariale da parte del governo centrale, atte ad evitare inefficienze nei servizi o maggiori costi a carico dei cittadini di tutte le regioni, pongono rischi concreti in caso di future problematiche;

    peraltro, nel corso dell'esame sinora svolto, non sembra che siano stati previsti strumenti correttivi precisi immediatamente efficaci, da parte dello Stato, degli effetti distorsivi derivanti dal verificarsi di fenomeni di proliferazione di normative differenziate, frammentazione dei centri di responsabilità, intervento e controllo, aumento dei costi, anche indiretti, di adempimento per cittadini ed imprese e difficoltà di coordinamento ed integrazione a livello nazionale. Né si rinvengono criteri di analisi degli effetti sui costi fissi, sul trasferimento eventuale di risorse umane e strumentali verso e tra regioni ad autonomia differenziata. In mancanza di regolazione normativa non sono indicate misure di conoscibilità del parallelo effetto sulla efficienza dello Stato e delle amministrazioni delle regioni non differenziate, sull'ammontare delle risorse perequate e sui servizi dei comuni ai cittadini, nonché sugli effetti per le risorse del bilancio statale in relazione all'evoluzione dei fabbisogni. Tali elementi, riferiti alle ricadute su tutto il territorio nazionale e non soltanto nella regione richiedente, andrebbero invece ricompresi e valutati nelle relazioni tecniche e negli atti di impulso delle richieste di autonomia;

    trasferire funzioni in assenza di una chiara disciplina applicabile alla valutazione degli effetti del trasferimento di funzioni di natura organizzativo-regolamentare, considerando anche le eventuali necessità di riorganizzazione e coordinamento dei servizi statali o delle regioni non differenziate e le conseguenti ricadute sugli oneri di adempimento per i soggetti operanti in più regioni, appare altrettanto azzardato. Per gli ambiti di materia non riferibili ai diritti civili e sociali, la legge dello Stato dovrebbe determinare nel dettaglio le procedure di verifica periodica e simmetrica e di valutazione degli effetti del Pag. 297trasferimento, l'evoluzione delle risorse nel tempo, anche per le amministrazioni pubbliche non ricadenti nelle regioni differenziate, individuando le misure dinamiche di compartecipazione, perequazione, intervento, anche unilaterale in caso di urgenza, e correzione, a titolo sostitutivo, da parte dello Stato volte a conseguire il pari trattamento dei cittadini sul territorio nazionale ed evitare la compressione delle risorse disponibili per i territori non differenziati;

    a fronte di un testo che non statuisce in modo netto che l'attribuzione di ulteriori condizioni particolari di autonomia possa avvenire solo in termini temporali progressivi, sulla base di criteri definiti a monte da una legge dello Stato, ci si pone l'interrogativo su quali siano esattamente le modalità di intervento a correzione di eventuali disfunzioni e distorsioni riscontrate nelle fasi attuative delle intese. Manca persino l'indicazione che gli atti di iniziativa prevedano l'attribuzione, ogni volta, di singole ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Ciò pregiudica la consapevolezza dell'esame e riduce alla radice i necessari approfondimenti su decisioni che – una volta prese – assumeranno carattere pluriennale. Se tutti si augurano che i benefici possano essere pluriennali andrebbe però evitato che siano i danni ad essere pluriennali e per ottenere questo sarebbe opportuno che la norma risultante dall'esame del Parlamento sull'attuazione dell'autonomia differenziata sia esaustiva e contempli tutte le diverse possibilità che questo meccanismo può innescare in termini giuridici, economici e sociali;

    le prime accortezze andrebbero assunte sin dall'esame preliminare dei vari ministeri competenti sulle materie richieste dalle regioni. In caso di avviso negativo del competente ministero la negoziazione andrebbe sospesa su compiti o funzioni relativi a materia o ambito di materia per cui è espressa la contrarietà e dovrebbe essere inviata apposita relazione alle Camere. Allo stesso modo, nel caso di valutazione favorevole con osservazioni e condizioni, la negoziazione dovrebbe essere condotta sulla base delle condizioni poste e tenendo conto delle osservazioni espresse, anch'esse da comunicare al Parlamento. In caso di funzioni connesse a materie o ambiti di particolare complessità o rilevanza, il termine temporale dell'istruttoria andrebbe notevolmente ampliato: si pensi a istruzione, sanità, energia, ambiente e altre materie trasversali o socialmente assai sensibili. Per questo appare cruciale che l'atto o gli atti d'iniziativa di ciascuna regione possono avere ad oggetto unicamente specifici compiti o funzioni negli ambiti di singole materie, cioè che la richiesta di autonomia sia circoscritta, rispetto al testo che appare generico e generalizzante, foriero quindi di asimmetrie applicative del tutto inopportune. Le istruttorie positive dovrebbero avere come esito un graduale trasferimento di singole funzioni nell'ambito delle specifiche materie ed indicare passaggi obbligatori di verifica anche degli effetti prodotti dalla differenziazione su altre regioni. Tuttavia nel testo non vi è traccia di un approccio ordinato, graduale e verificabile nel tempo. Manca, soprattutto, l'organizzazione legislativa di una fase sperimentale, temporalmente delimitata, nella quale l'autonomia è esercitata su un circoscritto novero di funzioni o servizi connessi a singole materie così da prevedere una conseguente fase di verifica dei risultati raggiunti ai fini della eventuale prosecuzione del trasferimento di funzioni e compiti per il rimanente periodo;

    il testo è carente ed azzardato proprio nel non voler prevedere un passaggio a titolo sperimentale onde monitorane gli effetti prima di renderlo, eventualmente, strutturale per il decennio che è l'arco di tempo che individua il disegno di legge. Né il testo elenca materie, individuate con legge dello Stato, per le quali è richiesto il necessario coordinamento, gestione e controllo nazionale e per le quali può essere richiesta soltanto l'attribuzione di specifici e limitati compiti nell'ambito di un novero fissato con legge dello Stato. Manca altresì la disposizione che, almeno inizialmente, la richiesta di autonomia non possa riguardare materie sensibili per le quali si ritiene necessario l'indirizzo statale e neppure che successivamente, per tali ambiti, il trasferimentoPag. 298 possa essere solo parziale. Elemento che costituisce un altro aspetto tecnicamente – e politicamente – assai imprudente del disegno di legge in esame;

    è invece essenziale, per evitare confusione tra cittadini ed operatori socioeconomici, che lo Stato mantenga comunque i poteri di intervento e i compiti di indirizzo, coordinamento e controllo anche successivamente al trasferimento, così come che la richiesta di autonomia individui come prioritari il coordinamento con le regioni e la sostenibilità amministrativa e gestionale per una equilibrata differenziazione rispettosa della coesione nazionale. Per governare un processo trasparente ed ordinato, sarebbe stato opportuno prevedere che l'atto o gli atti d'iniziativa di ciascuna Regione non potessero in ogni caso riguardare contemporaneamente materie quali istruzione, salute, lavoro, beni culturali ed invece riguardare singole forme o singole condizioni di esercizio di compiti ed attività amministrative nell'ambito di materie o all'interno di specifici ambiti di materie. Che, quindi, la richiesta fosse circoscritta e non si configurasse come un generale spogliamento dei poteri legislativo dello Stato – delle assemblee parlamentari – in ambiti vasti, con l'effetto di rendere confusa ed inintellegibile la disciplina normativa di istituti uguali dentro al territorio nazionale. Le Camere dovrebbero comunque essere informate tempestivamente dal Governo circa i propri intendimenti riguardo all'avvio e alla conduzione delle fasi negoziali e delle singole fasi del negoziato e dovrebbe essere dato prontamente e costantemente conto ai cittadini tramite la pubblicazione, sul sito della regione e su quello della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei verbali delle riunioni e dei documenti allegati;

    andrebbe assicurata, in ogni fase, a livello regionale e nazionale, la partecipazione civica attraverso il dibattito pubblico, secondo i principi di governo aperto, trasparenza, integrità e digitalizzazione per il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni nella definizione, attuazione e valutazione del processo negoziale e della fase applicativa e decisionale. Nel caso della richiesta di specifiche funzioni in più materie o ambiti andrebbero adottati più schemi di intesa a cadenza temporale tale da consentire istruttorie complete separate. Andrebbe previsto che lo schema è corredato da una relazione che dimostra il rispetto delle condizioni e dei parametri costituzionali di riferimento, il conseguimento della solidarietà tra territori, la sostenibilità amministrativa, finanziaria e normativa del passaggio di competenze secondo un cronoprogramma graduale ed ordinato che garantisca unitarietà gestionale per cittadini ed imprese ed efficaci meccanismi di coordinamento a livello ultraregionale e statale, e che dà conto delle negoziazioni intercorse, nonché da una relazione tecnica, prevedendo più passaggi tra Governo e Parlamento e coinvolgendo comunque le deliberazioni delle commissioni di merito, oltre al voto dell'Assemblea, in termini temporali congrui. Andrebbe inoltre sempre ammesso – in modo chiaro – il referendum di cui all'articolo 75 della Costituzione, affinché il voto popolare possa sancire le decisioni politiche. Meccanismi temporali più realistici e passaggi procedimentali più accurati migliorerebbero certamente la qualità delle decisioni e la consapevolezza delle conseguenze che possono comportare;

    il disegno di legge dovrebbe per questo contenere le disposizioni necessarie alla prevenzione dei fenomeni di disomogeneità della regolazione e frammentazione delle competenze amministrative e legislative nonché le modalità di reversibilità e rinegoziabilità dell'intesa su iniziativa dello Stato nel corso della durata dell'intesa stessa, sulla base delle risultanze di un efficace sistema di controllo nazionale e lo schema di intesa definitivo dovrebbe essere accompagnato dal parere del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, vista la rilevanza amministrativa e finanziaria degli adempimenti connessi al passaggio di competenze;

    il disegno di legge dovrebbe inoltre recare dettagliatamente le modalità applicative dell'intesa – consentendo quindi la piena emendabilità di questi aspetti applicativi – nonché regolare preventivamente il rapporto tra norme statali e regionali su ogni materia durante l'intesa e al termine Pag. 299della stessa. Andrebbe inoltre esclusa la possibilità di porre la questione di fiducia sul disegno di legge da parte dello stesso Governo che ha dapprima negoziato l'intesa e redatto poi il disegno di legge. A valle, mancano disposizioni di verifica obbligatoria e periodica dell'adeguata attuazione dell'ulteriore autonomia su cui è raggiunta l'intesa durante l'intero periodo di validità della stessa, le modalità di monitoraggio, coinvolgimento e informativa alle Camere circa gli esiti della verifica per le singole materie o ambiti, le modalità ed i termini temporali delle misure da adottare qualora vengano riscontrati problemi attuativi, nonché le condizioni per la sospensione temporanea dell'intesa ovvero di cessazione anticipata in caso di reiterazione e persistenza delle problematiche stesse, con particolare riferimento a quelle concernenti l'interesse nazionale, i diritti fondamentali e la tutela uniforme sul territorio nazionale dei diritti civili e sociali e delle relative prestazioni;

    il trasferimento delle funzioni andrebbe effettuato soltanto dopo la approvazione con legge dello Stato di clausole sospensive o risolutive unilateralmente attivabili, previa diffida ad adempiere, dallo Stato in caso di inadempienza regionale nello svolgimento dei compiti o funzioni richieste o di interesse nazionale. Sulla parte attuativa, le ipotesi di sospensione e cessazione appaiono confuse e lacunose mentre non si prevede che ciascun Ministero, la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato dispongano, anche autonomamente, le verifiche periodiche di propria competenza e gli esisti comunicati alle Camere. Né è chiaramente disciplinato il ruolo delle Camere relativamente a cessione o sospensione delle intese, anche parzialmente. Anche in questo caso la lacuna è foriera di problemi ulteriori laddove dovesse svilupparsi, nella fase applicativa, una controversia tra Stato e Regione. A tal fine, in aggiunta al già previsto potere sostitutivo del Governo ai sensi dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, sarebbe stato opportuno garantire la prerogativa della legge dello Stato di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva statale ma conferite alle regioni in ogni momento quando lo richieda la tutela dell'interesse nazionale, ferma rimanendo la preminente tutela dei principi fondamentali della Costituzionale. Si tratta di una prudente formula di flessibilità laddove determinate situazioni in futuro dovessero richiedere un intervento sollecito dello Stato, anziché lasciarla all'incertezza applicativa;

    non solo il Parlamento ma anche le osservazioni di importanti organismi ed istituzioni tecniche appaiono pericolosamente marginalizzate dall'impostazione del testo in esame, che avvia un processo di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, senza curarsi di disciplinare con attenzione, flessibilità, saggezza e prudenza un meccanismo che non andrebbe messo incautamente in moto senza sapere come governarlo in concreto nelle diverse evenienze possibili;

    problematiche di assoluta rilevanza sono state rilevate dai sindacati dei lavoratori e dalle associazioni delle categorie produttive sia in ordine a profili specifici che sull'impianto complessivo. I contesti di crisi nazionale ed internazionale più recenti hanno insegnato che un potere centrale incisivo in termini di coordinamento ed operatività serve tanto quanto una cornice normativa unitaria e che la frammentazione indebolisce l'Italia di fronte ai suoi competitori internazionali e polverizza i centri decisionali e le responsabilità, situazione molto pericolosa nei casi di emergenza socioeconomica;

    inoltre, come riportato da numerosi organi di stampa, sul tema si è espresso in prima persona il Governatore della Banca d'Italia, in una lettera inviata al presidente del CLEP, Comitato LEP, con cui mette in guardia su «i rischi per il bilancio pubblico, incluso il possibile impatto sul governo della spesa nel suo complesso». Anche dove vengono indicate, le «prestazioni» collegate ai LEP, il Governatore sottolinea come queste si mostrino «nella maggioranza dei casi formulate in termini troppo generici, in buona parte riconducibili a mere petizioni di principio» il cui contenuto pratico «rimane in larga parte Pag. 300indeterminato». «Da un'impostazione di questo tipo – conclude – sembra conseguire un'interpretazione (restrittiva) del mandato del Comitato volta a limitarlo a una ricostruzione sistematizzata della legislazione vigente, senza entrare nelle possibili declinazioni operative delle disposizioni connesse con diritti civili e sociali.». Un giudizio grave che si aggiunge alle dimissioni date da quattro insigni componenti del Comitato nel luglio del 2023;

   in conclusione, quello che si deve rilevare è che il sistema concepito, seppure declinato in maniera dettagliata in alcuni suoi aspetti, appare privo di un quadro normativo di misure altrettanto puntuali volte ad intervenire in caso di malfunzionamento dello stesso. In mancanza tutti gli elementi descritti e in assenza di correttivi sufficienti nella fase istruttoria in corso, dal disegno di legge trasmesso al Senato, appare un quadro approssimativo di incertezza ordinamentale che l'Italia non può permettersi in questa fase e pertanto,

  per i motivi sopra esposti formula

PARERE CONTRARIO.

Pag. 301

ALLEGATO 3

Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. A.S. 615.

SCHEMA DI PARERE, A FIRMA DELL'ONOREVOLE DE LUCA

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali, esaminato, per quanto di competenza, l'Atto Senato n. 615, recante «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione»,

   premesso che:

    si può essere favorevoli ad una possibile attribuzione ad alcune regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ma la formulazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per quanto possa apparire incerta e indeterminata, non può essere interpretata ed attuata in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, a partire dal principio di unità e indivisibilità della Repubblica e dal connesso principio di uguaglianza di fronte alla legge, e nell'accesso ai beni e servizi essenziali che costituiscono l'oggetto dei diritti civili e sociali che, come esplicita appunto l'articolo 117, lettera m), «devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»;

    prima di procedere a qualsiasi trasferimento di ulteriori competenze a una o più regioni, occorre che siano determinati e concretamente attuati tutti i LEP attinenti all'esercizio di diritti civili e sociali;

    come hanno ben spiegato Giuliano Amato, Franco Bassanini, Franco Gallo e Alessandro Pajno, nella lettera con cui hanno motivato le loro dimissioni dal cosiddetto «Comitato tecnico per la determinazione dei LEP», se si dovesse procedere alla determinazione dei soli livelli essenziali relativi alle materie potenzialmente oggetto di autonomia differenziata, vi sarebbe il rischio che alla fine manchino le risorse per finanziare anche i LEP relativi alle materie di competenza esclusiva dello Stato (che non possono essere trasferite alle regioni): il disegno di legge all'esame di questa commissione non contiene alcuna garanzia in ordine alla previa determinazione ed attuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che, ai sensi dell'art.117, lett.m), devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

    il disegno di legge del Governo si limita a disporre per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Ma determinare i LEP non equivale a garantire i LEP, come invece espressamente richiesto dall'articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione perché per renderli effettivi occorre garantirne il finanziamento e nel DDL non c'è alcuna traccia di risorse individuate per finanziare i nuovi LEP;

    diretta conseguenza di questa scelta del Governo è l'impostazione dell'attività del «Comitato tecnico per la determinazione dei LEP». Il Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, in una lettera inviata al presidente del Comitato afferma che anche laddove vengono indicate le «prestazioni» collegate ai LEP si dimostrino «nella maggioranza dei casi formulate in termini troppo generici, in buona parte riconducibili a mere petizioni di principio» il cui contenuto pratico «rimane in larga parte indeterminato». «Da un'impostazione di questo tipo sembra conseguire un'interpretazione (restrittiva) del mandato del Comitato volta a limitarlo a una ricostruzione sistematizzata della legislazione vigente, senza entrare nelle possibili declinazioni operative delle disposizioni connesse con diritti civili e sociali.»;

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   rilevato che:

    il ddl Calderoli, al nostro esame, è una legge ordinaria che si presenta come una legge quadro che definisce le modalità di un'eventuale attuazione all'art.116, terzo comma: la legge quadro non esclude la possibilità di conferire alla potestà legislativa esclusiva di una o più regioni anche materie che è invece del tutto irragionevole che siano disciplinate in maniera differenziata. Dall'attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia il provvedimento in esame dovrebbe sicuramente escludere le norme generali sull'istruzione; la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali; il commercio con l'estero; la tutela e sicurezza del lavoro; l'istruzione; le professioni; la tutela della salute; i porti e aeroporti civili; le grandi reti di trasporto e navigazione; l'ordinamento della comunicazione; la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; la previdenza complementare e integrativa; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

   considerato che:

    l'AS 615 non prevede un ruolo adeguato ed utile del Parlamento. Tale ruolo andrebbe rafforzato in tre fasi: 1) nella fase iniziale di negoziato tra la Regione e lo Stato con l'approvazione di un atto di indirizzo da parte delle Camere; 2) nella fase in cui lo schema di intesa preliminare arriva in Parlamento prevedendo vincolanti deliberazioni parlamentari, precedute da una adeguata attività istruttoria delle Commissioni parlamentari competenti per materia e della Commissione bicamerale per le questioni regionali ; 3) nella fase finale in cui il disegno di legge contenente lo schema di intesa definitivo deve essere esaminato dalle Camere prevedendo che l'intesa allegata sia emendabile, non solo nella parte del ddl, ma anche nella parte dell'intesa e che in sede di esame del disegno di legge ciascuna Camera possa formulare richieste di nuova negoziazione dell'intesa corredate dell'indicazione degli indirizzi e dei criteri cui la negoziazione dovrà attenersi; 4) l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale sia effettuata con legge o con atto avente forza di legge;

   rilevato, in fine, che il disegno di legge in esame:

    non risolve il problema della specificazione delle funzioni in cui si articola ogni materia: il trasferimento a una o più regioni può (e deve) riguardare solo specifiche funzioni e mai un'intera materia;

    non contiene il principio della revocabilità delle condizioni particolari di autonomia conferite a una o più regioni: la revoca dovrebbe essere una revoca che può essere disposta dal solo Stato, senza alcun accordo con la Regione interessata (trattandosi di una revoca a tutela dell'interesse nazionale e dei diritti dei cittadini della regione che si dimostra incapace di esercitare le competenze che ha ottenuto ex 116, terzo comma);

    anche in tema di strumenti perequativi di cui all'articolo 119 Cost., è gravemente manchevole, visto che l'articolo 9 ha mera natura programmatica e ricognitiva, senza dunque alcuna effettiva capacità di produrre un'efficacia giuridica immediata. Infatti, disporre l'unificazione degli strumenti di finanziamento esistenti, seppure semplificandone l'accesso, non ha effetti aggiuntivi in termini di risorse finanziarie e di conseguenza compensativi delle ripercussioni del riconoscimento di ulteriori forme di autonomia ad alcune Regioni,

  esprime

PARERE CONTRARIO.

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ALLEGATO 4

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026. A.S. 926.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

   esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge n. 926 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026);

   visto l'articolo 75, comma 1, che, in attuazione dell'accordo della Regione Sicilia con il Governo del 16 ottobre 2023, determina gli importi da attribuire alla Regione stessa a decorrere dal 2024, quale concorso dello Stato all'onere assunto dal predetto ente territoriale in relazione all'aumento del finanziamento regionale alla spesa sanitaria nel proprio territorio;

   visto l'articolo 75, comma 2, che, in attuazione dell'accordo delle Province autonome di Trento e di Bolzano con il Governo del 25 settembre 2023, determina gli importi da attribuire a ciascuna Provincia autonoma per gli anni dal 2024 al 2027 a compensazione delle minori entrate derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'accisa sui prodotti petroliferi ad uso riscaldamento, in relazione agli anni dal 2010 al 2022;

   visto l'articolo 76 che reca, per le Regioni colpite dal sisma del 2016, la proroga, all'anno 2026, della sospensione del rimborso delle anticipazioni di liquidità acquisite dai predetti enti territoriali per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione e la proroga dei vincoli per l'utilizzo, anche negli anni 2024, 2025 e 2026, dell'avanzo di amministrazione da parte degli enti interessati dalla sospensione;

   visto l'articolo 77 che, nelle more dell'individuazione dei LEP e dell'attuazione del federalismo regionale, prevede la concessione di un contributo alle regioni a statuto ordinario per il ripiano del disavanzo di amministrazione accertato al 31 dicembre 2021 in dieci esercizi a decorrere dal 2023, in presenza di determinate condizioni e previa sottoscrizione di un accordo con il Governo;

   considerato che il predetto contributo, dell'importo complessivo pari a 20 milioni di euro, deve essere utilizzato prioritariamente per il ripiano della quota annuale del disavanzo e che ciascuna Regione interessata è tenuta a sottoscrivere, entro il 15 febbraio 2024, un accordo con il Governo con il quale si impegna ad assicurare risorse proprie pari alla metà della quota annuale di contributo, da reperire attraverso una serie di misure elencate nella norma e da definire nel dettaglio con l'accordo stesso, che vanno dall'aumento di imposte e canoni alla razionalizzazione e contenimento della spesa, specie con riferimento alla struttura amministrativa e al personale;

   visto l'articolo 78, che assegna alle Regioni a statuto ordinario contributi per investimenti diretti nel limite complessivo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028, specificando le tipologie di opere che possono beneficiare delle suddette risorse, ossia opere di messa in sicurezza degli edifici e del territorio, di interventi di viabilità e per la messa in sicurezza e lo sviluppo di sistemi di trasporto pubblico – anche con la finalità di ridurre l'inquinamento ambientale – nonché di interventi per la rigenerazione urbana e la riconversione energetica verso fonti rinnovabili;

   visto l'articolo 84, finalizzato a dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionalePag. 304 n. 71 del 2023, recante un monito al legislatore ad intervenire tempestivamente sulla disciplina del Fondo di solidarietà comunale, al fine di superare la compresenza all'interno di un medesimo Fondo – ritenuta dalla Consulta non compatibile con la Costituzione – tra componenti perequative «speciali», riconducibili al quinto comma dell'articolo 119 Cost., e forme perequative «generali», riconducibili al terzo comma dell'articolo 119;

   considerato in particolare che, in base al predetto monito della Consulta, le componenti perequative speciali devono trovare allocazione in appositi e distinti fondi, non potendo innestarsi nell'ambito del fondo perequativo relativo ai comuni, rivolto ai territori con minore capacità fiscale per abitante;

   preso atto che, recependo tale monito della Corte, all'articolo 84 viene istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, un Fondo speciale per la rimozione degli squilibri economici e sociali e per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, denominato Fondo Speciale Equità Livello dei Servizi;

   visto l'articolo 88, comma 7, che determina il concorso alla finanza pubblica del comparto delle regioni a statuto ordinario per gli anni dal 2024 al 2028, pari a 350 milioni di euro annui, disciplinando le modalità di ripartizione dello stesso tra le regioni e di versamento dell'importo stabilito per ciascun ente all'entrata del bilancio dello Stato;

   preso atto che il predetto contributo dovrà essere ripartito tra le regioni, in sede di autocoordinamento, entro il 30 aprile 2024 e che, in assenza di accordo tra le regioni, il riparto è effettuato, entro il 31 maggio 2024 in proporzione agli impegni di spesa corrente risultanti dal rendiconto generale 2022 o, in caso di mancanza, dall'ultimo rendiconto approvato, al netto tuttavia delle spese correlate ai settori diritti sociali, politiche sociali e famiglia e tutela della salute,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.