XIX Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Martedì 5 dicembre 2023

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, nell'ambito dell'esame congiunto della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento efficace delle politiche economiche e alla sorveglianza di bilancio multilaterale e che abroga il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (COM(2023) 240 final e Allegati), della proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (COM(2023) 241 final ) e della proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/85/UE del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (COM(2023) 242 final ) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 3 
Giorgetti Giancarlo (LEGA) , Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 8 
Marattin Luigi (IV-C-RE)  ... 8 
Grimaldi Marco (AVS)  ... 9 
Borghi Claudio  ... 10 
Scerra Filippo (M5S)  ... 11 
Bagnai Alberto (LEGA)  ... 12 
Guerra Maria Cecilia (PD-IDP)  ... 13 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 14 
Giorgetti Giancarlo (LEGA) , Ministro dell'economia e delle finanze ... 14 
Mangialavori Giuseppe Tommaso Vincenzo , Presidente ... 17

Sigle dei gruppi parlamentari:
Fratelli d'Italia: FdI;
Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista: PD-IDP;
Lega - Salvini Premier: Lega;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Berlusconi Presidente - PPE: FI-PPE;
Azione - Popolari europeisti riformatori - Renew Europe: AZ-PER-RE;
Alleanza Verdi e Sinistra: AVS;
Noi Moderati (Noi con L'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) - MAIE: NM(N-C-U-I)-M;
Italia Viva - il Centro - Renew Europe: IV-C-RE;
Misto: Misto;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-+Europa: Misto-+E.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA
CAMERA DEI DEPUTATI
GIUSEPPE TOMMASO VINCENZO
MANGIALAVORI

  La seduta comincia alle 11.05

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la resocontazione stenografica e la trasmissione attraverso la web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, nell'ambito dell'esame congiunto della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento efficace delle politiche economiche e alla sorveglianza di bilancio multilaterale e che abroga il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (COM(2023) 240 final e Allegati), della proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (COM(2023) 241 final ) e della proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/85/UE del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (COM(2023) 242 final ).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, presso le Commissioni Bilancio riunite della Camera e del Senato, del Ministro dell'economia e delle finanze, onorevole Giancarlo Giorgetti, nell'ambito dell'esame congiunto delle proposte legislative relative alla riforma della governance economica europea.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori, invito i rappresentanti di ciascun gruppo della Camera e del Senato a comunicare alle rispettive presidenze, prima della conclusione dell'intervento del Ministro, i nominativi dei deputati e dei senatori del proprio gruppo che intendano intervenire.
  Saluto il collega Calandrini e cedo immediatamente la parola all'onorevole Ministro Giorgetti.

  GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Ringrazio i signori presidenti delle Commissioni di Camera e Senato e saluto tutti gli onorevoli colleghi, deputati e senatori.
  Sei mesi fa sono intervenuto in Parlamento per illustrare i contenuti della Comunicazione della Commissione europea del novembre 2022, che indicava gli elementi da considerare nella revisione del quadro delle regole di bilancio europee per favorire una riduzione realistica, graduale e duratura degli elevati debiti pubblici, accumulati anche per rispondere alle molteplici crisi che si sono verificate negli ultimi quattro anni, e promuovere al contempo una crescita sostenibile e inclusiva basata su investimenti e riforme, in particolare quelle necessarie a garantire le transizioni verde e digitale.
  A quella Comunicazione sono seguite le proposte legislative di modifica del quadro normativo vigente, attualmente oggetto di trattativa tra gli Stati membri.
  Rispetto agli orientamenti della Comunicazione, le proposte all'esame introducono alcuni cambiamenti che, alla luce delle posizioni espresse dagli Stati membri Pag. 4nei diversi comitati tecnici, la Commissione europea e successivamente, per quanto di loro competenza, le Presidenze di turno svedese e spagnola hanno ritenuto necessari per favorire il raggiungimento di un accordo tra Stati con situazioni di bilancio assai diverse tra loro.
  Tuttavia, come avete già avuto modo di valutare, anche attraverso le testimonianze degli auditi che mi hanno preceduto, la previsione di ulteriori vincoli rispetto a quanto proposto dalla Commissione europea potrebbe portare a un esito non pienamente conforme agli obiettivi della riforma stessa, così come delineati a partire dalla Comunicazione della Commissione medesima: vale a dire un assetto caratterizzato da semplicità e da un maggiore equilibrio tra gli obiettivi di crescita economica, di promozione della transizione ecologica e digitale, nonché di sostenibilità del debito pubblico.
  Negli scorsi mesi queste proposte hanno alimentato un intenso negoziato tra gli Stati membri, tenuto sia nell'ambito delle sedi istituzionali europee sia attraverso incontri bilaterali, negoziato che è ancora in corso e che – come potete apprendere anche dalle notizie di stampa – non ha finora portato alla definizione di un quadro condiviso.
  In vista degli incontri istituzionali previsti nei prossimi giorni a Bruxelles cercherò di fornire una rassegna delle principali innovazioni contenute nelle proposte legislative, evidenziando in particolare gli aspetti più rilevanti rispetto agli impegni formulati dal Parlamento nelle risoluzioni dello scorso mese di marzo.
  Le proposte legislative in esame introducono modifiche che rivedono il «braccio preventivo» e il «braccio correttivo» del Patto di stabilità e crescita, nonché alcuni aspetti della direttiva 2011/85/UE sui quadri di bilancio.
  In particolare, la proposta di regolamento COM(2023) 240 abroga e sostituisce il regolamento (CE) n. 1466 del 1997 sulla sorveglianza e il coordinamento delle politiche di bilancio degli Stati membri, il cosiddetto «braccio preventivo» del Patto.
  La proposta di regolamento COM(2023) 241 introduce, invece, modifiche al regolamento (CE) n. 1467 del 1997, che disciplina le procedure per la correzione dei disavanzi eccessivi, il cosiddetto «braccio correttivo» del Patto.
  La procedura di adozione di queste proposte da parte del Consiglio richiede l'unanimità per quanto riguarda il «braccio correttivo» e una maggioranza qualificata per quello «preventivo». Non potendosi, tuttavia, immaginare la revisione dell'uno senza quella dell'altro, è di fatto richiesta l'unanimità tra gli Stati membri.
  Veniamo adesso ai principali aspetti delle proposte legislative della Commissione europea, come ad oggi integrati o modificati alla luce del negoziato e delle proposte di compromesso della Presidenza spagnola.
  La proposta di regolamento che modifica il «braccio preventivo» del Patto conferma lo schema della Comunicazione che ho già avuto modo di presentare nel contesto di una precedente audizione parlamentare. Pur lasciando inalterati i limiti per il deficit e per il debito stabiliti nel Protocollo allegato al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la proposta rivede le procedure e il processo di convergenza verso tali parametri.
  In particolare, il nuovo schema prevede un indicatore operativo unico, ossia la «spesa primaria netta», che esclude i pagamenti per interessi e la componente della spesa primaria sensibile al ciclo economico, come quella legata ai sussidi di disoccupazione, ed è calcolata al netto delle variazioni discrezionali dal lato delle entrate.
  L'andamento dell'aggregato di spesa nell'arco temporale della programmazione di bilancio è definito in modo da assicurare che il rapporto debito/PIL si riduca in maniera sostenibile o rimanga su livelli prudenti e che, inoltre, il disavanzo sia inferiore al limite del 3 per cento.
  La sostenibilità del debito è valutata in base alla metodologia della Debt Sustainability Analysis (DSA), adottata da tempo dall'Unione europea per i rapporti sulla sostenibilità del debito e ai fini della sorveglianza fiscale.Pag. 5
  Tramite la DSA la Commissione europea propone, all'inizio di ogni ciclo di pianificazione per i Paesi che superano i limiti stabiliti dal Trattato, una traiettoria tecnica che funga da base per la definizione dei percorsi di spesa netta alla base della programmazione pluriennale di bilancio.
  Nell'ambito delle trattative che hanno portato alla definizione della proposta legislativa della Commissione europea si è riuscito – come potete vedere nelle proposte di regolamento al vostro esame – ad evitare che la DSA suddivida gli Stati membri per categorie di rischio, come ipotizzato nella Comunicazione.
  La crescita dell'aggregato di spesa costituisce il parametro di riferimento utilizzato nella definizione e nella successiva valutazione dei Piani fiscali e strutturali di medio periodo.
  I Piani avranno una durata di quattro o cinque anni a seconda della durata naturale della legislatura, quindi nel caso dell'Italia il Piano avrà una durata di cinque anni.
  Il Piano, proposto dallo Stato membro, valutato positivamente dalla Commissione europea e approvato dal Consiglio Ecofin, definisce l'azione di politica fiscale degli Stati membri per gli anni della sua durata.
  I Piani contengono, quindi, un profilo di aggiustamento fiscale della durata minima di quattro anni, che ciascuno Stato definisce e concorda con la Commissione europea, per poi essere successivamente approvato dal Consiglio.
  La durata del Piano e quella del percorso di aggiustamento quindi possono differire. Il Piano ha sempre una durata di quattro o cinque anni in base alla durata naturale del mandato dei differenti Governi.
  Il percorso di aggiustamento definito nei Piani potrà essere più graduale e prolungato nel tempo, se accompagnato da un impegno dello Stato membro a realizzare investimenti e riforme ambiziosi che contribuiscano a innalzare la crescita potenziale e a migliorare la sostenibilità del debito pubblico. In questo caso, la durata del periodo di aggiustamento può essere estesa fino a sette anni.
  Dopo l'approvazione del Consiglio, i Piani non potranno essere di norma modificati. Tuttavia, la proposta legislativa supera l'eccessiva rigidità della Comunicazione, che avevo evidenziato in questa sede e che è stata rilevata anche dalle risoluzioni parlamentari, prevedendo la possibilità di apportare modifiche in presenza di circostanze oggettive che rendano impossibile l'attuazione del Piano oppure in caso di cambio del Governo. In tali ipotesi, una nuova analisi di sostenibilità del debito guiderà il nuovo percorso di consolidamento, mentre è ancora oggetto di discussione l'interazione tra quest'ultimo e l'aggiustamento residuo relativo al precedente Piano.
  La proposta definisce due clausole di salvaguardia, una nazionale e una europea, che permetterebbero di deviare dal percorso di spesa concordato per un tempo predeterminato ma rinnovabile, attivabili in caso – rispettivamente – di circostanze eccezionali con un profondo impatto sulle finanze pubbliche di uno Stato membro, e in questo caso la clausola sarebbe quella «nazionale», e di grave recessione economica nell'Unione europea, e in questo secondo caso la clausola sarebbe quella «europea».
  Rispetto ai contenuti della Comunicazione, la proposta legislativa e i successivi testi di compromesso presentati dalla Presidenza spagnola introducono alcune condizioni da considerare nella definizione del percorso di aggiustamento alla base dei Piani.
  L'aggiustamento di bilancio presentato nel Piano deve essere in ciascun anno, di regola, lineare e proporzionale alla correzione complessiva da attuare nell'orizzonte del Piano stesso, secondo la cosiddetta clausola no-backloading, e il rapporto tra il debito pubblico e il PIL alla fine del Piano deve essere inferiore a quello dell'anno precedente all'inizio del Piano medesimo.
  L'aggiustamento di bilancio minimo richiesto agli Stati membri con deficit superiori al 3 per cento del PIL sarà pari allo 0,5 per cento del PIL, in termini strutturali, finché l'eccesso di disavanzo non sarà riassorbito.Pag. 6
  I Piani costituiranno l'oggetto della sorveglianza economica, che continuerà a essere effettuata dalla Commissione europea e dal Consiglio nell'ambito del Semestre europeo.
  La sorveglianza, che si baserà sulle relazioni sullo stato di avanzamento dei Piani nazionali presentate annualmente dagli Stati membri, andrà a valutare la congruità dell'andamento della spesa primaria netta effettiva con i Piani approvati.
  Gli eventuali scostamenti dell'aggregato di riferimento rispetto ai Piani concordati saranno registrati in un apposito conto di controllo.
  Quanto al «braccio correttivo» del Patto, la proposta legislativa non modifica la procedura per i disavanzi eccessivi nel caso di superamento del limite del 3 per cento del deficit in rapporto al PIL. Viene invece rafforzata la procedura per mancata riduzione del rapporto debito/PIL, che viene attivata in caso di deviazione rispetto al sentiero di spesa concordato nel Piano, registrata sulla base dei dati consolidati dell'anno precedente.
  Sono in discussione possibili deviazioni dalla traiettoria di spesa, da registrare nel conto di controllo prima menzionato, entro un margine annuale e uno cumulato durante la durata del Piano. L'entità di tali margini è tuttora oggetto di negoziazione.
  Se tali margini vengono superati è previsto che la Commissione europea rediga un rapporto ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con il quale esaminare le deviazioni ed eventuali fattori rilevanti, e che, in caso di valutazione negativa, ciò conduca a una procedura di infrazione.
  L'apertura della procedura rimane subordinata all'analisi dei fattori rilevanti, non sostanzialmente modificati rispetto a quelli già previsti dalla legislazione vigente, salva la particolare attenzione al livello del debito.
  Nell'attuale testo, infatti, l'elevato rischio di sostenibilità del debito di uno Stato membro, calcolato in base alla DSA, rimane un fattore aggravante chiave, ma è stata mitigata l'automaticità della procedura rispetto al testo originario proposto dalla Commissione europea.
  L'incremento delle spese per investimenti per la difesa verrebbe, invece, considerato un fattore mitigante a giustificazione dell'eventuale deviazione dal percorso di spesa concordato, e questo rappresenta chiaramente un elemento di innovazione.
  Infine, la proposta di modifica della direttiva 2011/85/UE sui quadri di bilancio introduce innovazioni che rafforzano la titolarità nazionale, definisce più precisamente il ruolo e le funzioni degli enti di bilancio indipendenti – in Italia si tratta dell'Ufficio parlamentare di bilancio – in rapporto al nuovo quadro legislativo, incentiva gli Stati membri ad adottare una programmazione di bilancio più orientata al medio periodo, assicurando la coerenza tra gli obiettivi del bilancio annuale e la pianificazione di medio termine, e mira a promuovere la trasparenza dei bilanci pubblici, anche rispetto alle passività potenziali.
  Sebbene le proposte legislative della Commissione europea mettano da parte alcune delle regole che da più parti sono state ritenute eccessivamente onerose, come la riduzione di un ventesimo del debito in eccesso rispetto alla soglia prevista dai Trattati, una valutazione complessiva sulla coerenza della riforma rispetto agli obiettivi dichiarati e sulle implicazioni per gli aggregati di finanza pubblica richiede ancora la definizione di diversi aspetti.
  Ridurre l'elevato debito pubblico e i disavanzi eccessivi è un obiettivo del Governo ed è nell'interesse generale del Paese.
  Più volte ho avuto modo di argomentare come il peso degli interessi che paghiamo sul debito pubblico abbia ormai raggiunto livelli elevatissimi, assorbendo risorse che potrebbero essere più utilmente destinate a interventi diretti a consolidare il nostro tessuto economico e sociale.
  In prospettiva, ridurre il debito pubblico consentirebbe di liberare maggiori risorse connesse agli oneri del relativo servizio e, allo stesso tempo, di ridurre il premio sul rischio che spinge verso l'alto i nostri tassi di interesse.Pag. 7
  Non bisogna però trascurare di ricordare che le esigenze di consolidamento dovrebbero essere compatibili con l'intento di favorire una crescita sostenibile e duratura dell'economia, che potrebbe essere ostacolata da vincoli eccessivi e regole troppo stringenti.
  Più in generale, continuo a ritenere che occorra tenere in debita considerazione le sfide che stiamo e dovremo continuare ad affrontare nei prossimi anni. Queste richiederanno, infatti, notevoli investimenti e le modalità del loro finanziamento non saranno neutrali.
  A fronte di questo orientamento, che abbiamo ripetutamente espresso nei comitati tecnici, alcuni Stati membri hanno invece formulato la richiesta di parametri aggiuntivi: dapprima sulla riduzione annua del rapporto debito/PIL e poi anche un aggiustamento fiscale che vada oltre il livello di deficit coerente con il saldo strutturale primario, tale da garantire una riduzione del debito secondo le metodologie della DSA.
  In risposta alle richieste avanzate dagli altri Stati, abbiamo espresso la nostra disponibilità a ricercare una soluzione che non sovrapponga ai vincoli ricordati, relativi alla spesa e al debito, ulteriori regole stringenti che potrebbero riproporre, se non addirittura complicare, uno schema che ha mostrato limiti e che le stesse istituzioni europee hanno dichiarato di voler superare.
  La fissazione di un ritmo di riduzione minima del debito e di un obiettivo massimo di deficit deve, per così dire, salvaguardare la prudente gestione del quadro di finanza pubblica nazionale, ma non dovrebbe trasformarsi in ulteriori regole che limitino in maniera eccessiva le politiche di bilancio dei Paesi europei.
  Il negoziato si è fatto più complesso sia per le esigenze degli Stati membri con bassi livelli di debito, che temono una riforma che possa lasciare uno spazio eccessivo all'espansione dei deficit di bilancio, sia per le evoluzioni politiche che hanno portato in alcuni Paesi a cambi di maggioranze di governo, sia infine per i possibili effetti sui bilanci delle pronunce di costituzionalità che potrebbero creare difficoltà ad accettare quelle che appaiono ai «rigoristi» come regole troppo permissive in materia di deficit.
  In questa situazione innegabilmente complessa, tenuto conto che il nuovo approccio proposto dalla Commissione europea richiede comunque un aggiustamento di bilancio molto sfidante per diversi Paesi, tra cui l'Italia, la posizione negoziale che stiamo tenendo è di disponibilità all'introduzione di salvaguardie sul debito e sul deficit, ma solo a condizione che esse non siano troppo stringenti e, come ho argomentato, non prevalgano di fatto sulla regola della spesa.
  In secondo luogo, abbiamo posto come condizione imprescindibile che la nuova governance economica dia sufficiente spazio agli investimenti per la transizione digitale ed ecologica e, nel primo ciclo di applicazione delle nuove regole, consenta a Paesi, come l'Italia, che hanno concordato ambiziosi programmi di ripresa e resilienza di poter accedere all'estensione del periodo di aggiustamento a sette anni. Ciò senza l'imposizione di ulteriori condizionalità, ma solamente in base all'impegno dello Stato membro a continuare lo sforzo di riforma e di investimento intrapreso con il PNRR.
  Sempre con riferimento al primo ciclo di applicazione delle nuove regole, abbiamo inoltre chiesto che il mantenimento degli sforzi legati all'implementazione del PNRR e l'utilizzo dei fondi europei nel 2025 e nel 2026 possano giustificare una modulazione degli sforzi fiscali annuali differente rispetto all'aggiustamento lineare previsto dalla clausola di no-backloading.
  In conclusione, abbiamo condiviso l'impostazione generale della nuova riforma della governance, che si incentra sull'obiettivo di assicurare che la dinamica del debito segua una traiettoria sostenibile. D'altro canto, le sfide che stiamo e dovremo continuare ad affrontare nei prossimi anni richiederanno notevoli investimenti e – come ho già avuto modo di dire – le modalità del loro finanziamento non saranno evidentemente neutrali rispetto alle regole di bilancio.Pag. 8
  Il pacchetto legislativo si compone di tre parti, ma l'accordo deve raggiungere un equilibrio complessivo.
  La sostenibilità delle finanze pubbliche non può essere raggiunta attraverso percorsi di aggiustamento eccessivamente rigorosi, perché questo danneggia i fondamentali di crescita e peggiora la dinamica del debito nel medio e lungo periodo.
  Il Governo è disposto a ricercare una soluzione, ma la stessa non deve tradursi in un sistema eccessivamente complesso e potenzialmente contraddittorio.
  L'Italia intende ridurre il debito in maniera realistica, graduale e sostenibile nel tempo, in un assetto che protegga e incentivi gli investimenti.
  Conclusivamente, ritengo che le regole fiscali e di bilancio non siano il fine, ma il mezzo. Il fine è la sostenibilità finanziaria, l'effettiva capacità di difesa del sistema di valori di libertà occidentali, la transizione ecologica che garantisca la sostenibilità ambientale. Il mezzo è un sistema di regole fiscali coerenti con queste finalità strategiche e che ne consentano la realizzazione. Saremo coerenti con questo approccio. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro Giorgetti. Do ora la parola ai deputati e senatori che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIGI MARATTIN. Buongiorno, signor Ministro. Ho quattro domande.
  La prima: ho capito male o la richiesta di escludere determinate categorie di spesa dal computo degli aggregati di finanza pubblica non è più una richiesta italiana?
  In altri termini, lei ci ha detto: l'accordo finora prevede che gli investimenti nella difesa non siano scorporati, ma siano un fattore mitigante. Mi pare d'aver capito che lei chiede, l'Italia chiede, il Governo italiano chiede che accanto a questo fattore mitigante ce ne siano altri due, cioè gli investimenti nella transizione digitale e nella transizione ecologica. Quindi, con riferimento a questi investimenti, si chiede non che siano scorporati ma che siano uno dei fattori mitiganti che comporta automaticamente l'aggiustamento da quattro a sette anni.
  Lei fa cenno di «sì» con la testa, però vorrei una conferma su questo.
  La seconda: capisco che gli altri due punti, oltre a questo, su cui lei ha qualificato la posizione negoziale sono due punti su cui mi verrebbe tanta voglia di darle ragione, ma non le posso dare ragione. Gli altri due punti sono così sintetizzabili: oltre al percorso di aggiustamento del debito che ha come strumento la spesa primaria netta, siccome non c'è fiducia sul fatto che su orizzonti così lunghi questo percorso lo portiamo avanti, ci viene chiesto comunque che sul deficit e sul debito o su uno dei due si consegna uno step annuale. Lei dice: parliamone, ma basta che non sia preponderante, altrimenti tornano i parametri del 3 e del 60 per cento. La voglia di darle ragione c'è.
  Ma chiuda gli occhi e diventi il Ministro dell'economia tedesco: lei si fiderebbe di un Paese che l'altro giorno ha chiesto come cortesia di buttare via un obiettivo del PNRR raggiunto l'anno scorso e già pagato?
  In altre parole, come si fa a garantire l'affidabilità dell'Italia quando noi tutti i giorni facciamo di tutto per confermare i peggiori stereotipi che all'estero hanno su di noi?
  Sulla vicenda del mercato tutelato, voi avete chiesto una cortesia rispetto ad un obiettivo del dicembre 2022, che ci hanno già pagato.
  E anche quando dice che l'aggiustamento non deve essere lineare, per i meno addetti ai lavori ciò vuol dire che lei l'aggiustamento lo sposta più avanti nel tempo. In pratica, lei sta dicendo ai suoi colleghi europei: io non faccio un aggiustamento costante nel tempo, ma lo faccio poco, pochissimo adesso e un sacco più avanti. Che è poi il modo in cui lei ha costruito la NADEF o anche la spending review, cioè con i tagli nel 2026.
  Come si fa ad acquistare credibilità quando tutte le vostre azioni pubbliche sono rivolte al «va be', poi vediamo»?
  La terza domanda è sempre su questa linea: Ministro, che facciamo col MES? Il Pag. 9Parlamento aveva votato il rinvio di quattro mesi e i quattro mesi sono scaduti. La Presidente del Consiglio ha detto che viene utilizzato come arma di trattativa su questo tavolo. Quindi, mi faccia capire: qual è la nostra posizione?
  Se la trattativa si chiude il weekend prossimo al Consiglio europeo ratifichiamo il MES, ma se non si chiude che facciamo? Perché c'è una scadenza, quella del 31 dicembre. Il 1° gennaio prossimo, se non entra in vigore il Trattato riformato, non entra in vigore il backstop bancario, quindi che facciamo?
  Infine, l'ultima domanda: io ho apprezzato, e apprezzerò ancora di più nel sentire il commento del deputato Bagnai e del senatore Claudio Borghi, quando ha detto che per noi è importante ridurre il debito. Anche ieri a Firenze mi sarebbe piaciuto sentire un po' di commenti su questo, ma è un'altra vicenda.
  Io lo apprezzo, ma per ridurre il debito secondo i dati attuali – e io le do per buono che noi arriviamo a meno 0,2 di avanzo primario quest'anno, come da legge di bilancio – questo Paese deve fare almeno due punti di avanzo primario nei prossimi quattro anni. Due punti di avanzo primario sono, mal contati, tra i 40 e i 50 miliardi di euro di minori spese, senza contare gli interessi, o di maggiori tasse.
  Ma lei e la sua maggioranza siete pronti a dire agli italiani che, regole fiscali o non regole fiscali, rigoristi o centrocampisti, questo Paese nei prossimi quattro anni deve tagliare 40 miliardi di euro di spese o aumentare le entrate di 40 miliardi di euro?

  MARCO GRIMALDI. Intanto esprimo la nostra solidarietà a Giorgetti, perché immagino non sia facile trattare di questi temi così delicati in Europa mentre il suo segretario di partito bombarda la «casa madre». Lo dico anche per quello che ricordava poc'anzi il deputato Marattin sul MES.
  Mi ero appuntato alcune sue impressioni. Mi scusi, giuro che non faccio lo stalker, ma rispetto alle cose che dice ogni tanto prendo appunti di quello che è il suo pensiero.
  Lei diceva che il meccanismo «salva-Stati» conviene all'Italia per almeno tre ragioni: mette in sicurezza un Paese dall'alto debito pubblico, protegge i titoli di Stato e il Trattato non presenta controindicazioni per l'Italia. D'altra parte, credo pesino anche le altre ragioni, cioè quelle di non sentirsi dire dagli omologhi europei: «ma quando approvate il salva-Stati»?
  Fatta questa premessa, se devo rispondere al collega Marattin credo che a breve ci sarà la ratifica e quindi tutta questa pantomima si chiuderà, dunque non sarà lo scontro Vannacci-Meloni-Salvini a pregiudicare questa discussione. Sono invece molto preoccupato in merito a che cosa intendiamo sullo scorporo di alcuni investimenti e su un'apertura che pure noi abbiamo fatto. Non so se l'ha sentita, ma noi abbiamo fatto un'apertura nei vostri confronti dicendo: «guardate che, se ci intendiamo, nessuno di noi vuole ritornare – a parte, forse, Marattin – al vecchio Patto di stabilità». Noi siamo disponibilissimi a discutere di quali spese vadano scomputate e pensiamo anche che alcune di esse costituiscano debito «buono» o, addirittura, generino piena e buona occupazione nell'ambito della transizione ecologica.
  Anche in questo caso, però, basta intenderci. Come lei sa, noi non condividiamo l'idea di un Paese che va a tutto gas contro il clima, né condividiamo l'idea di mettere 12 miliardi di euro su un ponte come quello sullo Stretto di Messina, mentre siamo assai disponibili a fare altro, ossia ad abbassare la bolletta energetica del nostro Paese o magari a evitare che in Sicilia ci si mettano dodici ore per andare da una parte all'altra. Insomma, ci sono tantissimi investimenti che possono essere anche parte di un ripensamento delle politiche industriali.
  Faccio adesso solo un accenno, perché non è questo l'oggetto della discussione, ma per sbloccare l'eolico off shore poi bisogna fare anche l'acciaio – e se lo si fa in Italia per noi è anche meglio – o discutere di quali porti utilizzare. Questo è solo per dirci che siamo assai disponibili a discutere di questi temi.Pag. 10
  Se ho compreso, la trattativa ormai non è più sullo scorporo, ma quasi su una sorta – come lo ha definito lei – di «fattore mitigante». D'altra parte, come lei sa noi non avevamo le posizioni di Crosetto, che continuava a battere i pugni chiedendo invece che le spese militari venissero in qualche modo spostate da questa discussione.
  Come lei sa, checché ne dicano alcuni pensatori della Lega, Altiero Spinelli pensava a un modello federale, e anche noi pensiamo a più integrazione e non a fare una corsa agli armamenti, quindi pensiamo che al massimo dovremmo invece ridiscutere di questa corsa agli armamenti cercando di abbassare quella previsione del 2 per cento sul PIL e far sì che quegli investimenti vengano fatti più a livello europeo.
  Insomma, tutto questo per dirle che per noi si possono fare dei patti, così come chiedono alcuni primi ministri di Paesi in cui ci sono maggioranze e opposizioni unite, a condizione che ci si intenda su quali sono davvero i fattori di indebitamento «buono» e che si individuino alcuni lessici comuni. Se poi alla fine entrambi diciamo che siamo d'accordo sulla transizione ecologica e su una svolta delle politiche green, basta che ciò non significhi ridipingere in un colore diverso le politiche che ci hanno mandato a sbattere o che comunque continuano a generare emissioni e fattori antropici.
  Era solo per calibrare anche la giusta apertura e darvi un punto di riferimento utile in questa discussione.

  CLAUDIO BORGHI. Altiero Spinelli, e cito dal Manifesto di Ventotene, dice che la metodologia politica democratica sarà un peso morto, quindi si troverà sicuramente molto a suo agio con delle regole che bloccheranno ogni possibilità di scelta da parte dei cittadini, nel senso che, vuoi che si scelga a destra vuoi che si scelga a sinistra, il risultato sarà che si deve tagliare e che pertanto si deve fare quello che qualcun altro vuole e non quello che gli elettori chiedono.
  Mi rendo dunque assolutamente conto, e condivido, che per chi storicamente ha sempre detto che tutto sommato la democrazia forse va bene solo a parole, questo riferimento possa essere molto utile.
  D'altra parte, chiedo anche io al Ministro di chiudere gli occhi – come lo ha invitato a fare l'onorevole Marattin – e di pensare di sedersi al tavolo con un tedesco che ha fatto 860 miliardi di euro di fondi fuori bilancio. Ma come farà costui a fidarsi di questi «cattivoni» degli italiani?
  Ripeto: 860 miliardi di euro di fondi fuori bilancio e questo ha il coraggio di venire al tavolo da lei, a noi che abbiamo sempre cercato di fare tutto il possibile, e lei lo guarda negli occhi così, con la pazienza che la contraddistingue. Ma io veramente la ammiro, Ministro, perché fosse per me lei sa che io direi: «scusi, prima lei mette tutti i suoi 860 miliardi di euro sul conto e dopo facciamo un attimino di discussione su chi è fuori e chi è dentro al parametro del 60 per cento».
  Per cui, veramente, lode massima alla sua pazienza di fronte a chi arriva col «ditino» a farci la predica D'altronde, chi ha insegnato si ricorda che ogni tanto si trovavano gli studenti con i fogliettini, ma nel suo caso, invece del fogliettino, aveva probabilmente sotto il banco l'Enciclopedia Britannica, quindi veramente congratulazioni.
  Da parte mia, però, devo dire che secondo me – sebbene mi renda conto che ciò che uno vorrebbe è difficile da ottenere a un tavolo con altri che vogliono tutti una cosa differente e i desiderata sono una bella cosa – qui adesso con piccoli aggiustamenti stiamo tornando a quello che c'era prima, salve veramente piccolissime differenze.
  Certo, non c'è la parte della regola del ventesimo, ma quella parte era talmente assurda, visto soprattutto il livello di debito che è stato raggiunto adesso, che non è mai stata considerata un fattore vero e proprio, ma semplicemente in quel momento un delirio collettivo aveva pensato che si potesse ridurre il debito.
  Tenete presente che purtroppo l'Unione europea, tranne forse la parte situata a Est, è un'economia matura e le economie mature, mi spiace dirlo, sono destinate a evolvere verso un sistema ad alto debito. Il nostro futuro assomiglierà probabilmente Pag. 11più al Giappone che alla Nigeria, perché non possiamo immaginare di mantenere un sistema con parametri che sono costruiti su economie che erano in una crescita tumultuosa, di cui sinceramente non si vede il futuro. Tutti speriamo che ci sia, però ormai sono venticinque anni che speriamo. A un certo punto, a qualcuno dovrebbe forse cominciare a venire il dubbio che quella crescita, che poi in fondo è l'unico strumento reale per portare a una riduzione del debito derivante da un forte aumento del PIL, possa effettivamente avvenire.
  Per cui forse bisognerebbe anche avere un istante il coraggio di evitare di pensare sul breve periodo, di evitare cioè di pensare che se riusciamo ad avere un pochettino di flessibilità adesso, poi dopo capiranno. Fosse per me, guardi, preferirei veramente dire: «voi in questo momento siete molto fuori strada». Stiamo tornando in un sistema che è la brutta copia di quello precedente dove, sì, ci si dice che mitigheranno se investiamo qui o investiamo là, ma le cose normali che si devono fare, vale a dire lo scorporo degli investimenti, la golden rule, che era esattamente la sua idea iniziale, non si fanno. Che è poi il sistema giapponese: c'è uno tsunami? C'è da ricostruire? Ecco allora che si ricostruisce e si realizzano delle infrastrutture che sono migliori.
  Certo, non si buttano i soldi per nulla, come magari è stato nel caso del superbonus o di altre misure simili, tuttavia ricordiamo che quella spesa scriteriata, perché è stata una spesa scriteriata, ha comportato un calo del rapporto debito/PIL di 10 punti.
  Infatti, forse qua ci dimentichiamo che purtroppo quella NADEF, che ha visto un onorevole Marattin plaudente, registrata dal Governo Conte II con il Ministro del Partito Democratico, vale a dire Gualtieri, indicava per quest'anno un rapporto debito/PIL al 150 per cento.
  Com'è che invece siamo al 140 per cento? Perché abbiamo speso di più. Se avessimo speso meglio sarebbe stato certamente molto meglio invece che regalare soldi a poche persone, però alla fine il risultato è stato quello: abbiamo avuto più deficit riclassificato e, come risultato, meno debito.
  Per cui forse dovrebbero un po' capire in Europa, prima o poi, che questo sistema non funziona.
  Scusi, ma le chiedo, come ultimo spunto di riflessione, di ricordare ai colleghi tedeschi che diamine sarebbe successo se non avessero avuto i loro fondi fuori bilancio e se forzatamente avessero dovuto fare tutta l'austerità che chiedono agli altri, perché il risultato probabilmente non sarebbe stato lo stesso.

  FILIPPO SCERRA. Ministro, come diceva un membro del suo partito direi che, comunque vada, da quello che sembra, sarà un insuccesso, anche se lei dovesse realizzare quelli che sono i suoi propositi nella trattativa, che, a quanto capisco, è complicata.
  Facciamo un passo indietro, perché se guardiamo solo ai piccoli aggiustamenti che lei vuole evitare non riusciamo ad avere uno sguardo d'assieme. Facciamo dunque un passo indietro e cerchiamo di capire quali sono le sfide globali che attendono l'Europa e il nostro Paese. Stiamo parlando di transizione digitale ed ecologica, stiamo parlando – speriamo quanto prima possibile – del post-guerra in Ucraina, stiamo parlando di una serie di sfide di competitività a livello globale che aspettano il nostro Paese.
  Di fronte a tali sfide una proposta di questo genere, nella quale da quello che pare – ma è così – la traiettoria tecnica per la spesa ha un'efficacia vincolante, mentre secondo noi non dovrebbe averla, i parametri del 3 e del 60 per cento permangono, anche se scompare il riferimento alla riduzione di un ventesimo del debito, ma poi magari questo lo commenteremo.
  Non c'è una capacità fiscale a livello europeo: non si parla in alcun modo di questo quando era invece un argomento da porre sul tavolo delle trattative, perché noi dobbiamo ricordarci che siamo uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea, siamo la seconda potenza manifatturiera e siamo noi che dobbiamo guidare le trattative e non subirle, come invece pare.
  Non c'è altresì un modello di riferimento come quello di Next Generation EU, che poteva essere uno strumento da far Pag. 12diventare stabile e strutturale. Tutto questo nella trattativa non c'è.
  Non c'è neppure, da quello che si è evinto, una vera golden rule, cioè un vero scorporo degli investimenti produttivi dal calcolo del deficit.
  Si parla di fattori mitiganti riferendosi solo alla difesa, fra l'altro, quindi per noi questo è terribile, nel senso che per noi lo scorporo di investimenti nella transizione digitale ed ecologica e nella sanità erano le battaglie che dovevamo fare. Purtroppo non siamo riusciti a farle, né le stiamo facendo, quindi diciamo che il finale non sarà sicuramente buono.
  Che altro dirle? Su quelli che sono i possibili margini di trattativa, relativamente al «braccio preventivo» è ovvio che se ci dovesse essere la conferma di un aggiustamento annuo, che potrebbe essere dello 0,5 o dell'1 per cento addirittura, ma anche solo dello 0,5, questa sarebbe una sconfitta e ciò lo dobbiamo evitare nella maniera più assoluta. Anche il fatto che l'aggiustamento di bilancio debba essere lineare durante tutta la traiettoria è comunque qualcosa che noi vediamo negativamente, sempre per quanto riguarda il «braccio preventivo».
  Per quanto riguarda invece il «braccio correttivo», lei diceva che non è automatica l'apertura della procedura per i Paesi con un debito superiore al 60 per cento che non rispettino il percorso di bilancio concordato.
  Mi faccia capire bene, Ministro, se c'è l'automatismo o meno di questa procedura, perché anche questo aspetto è molto importante.
  Vi è poi una questione sulla quale dovremmo batterci: quando si parla di squilibri macroeconomici, noi sul tavolo della trattativa lo portiamo il fatto che ci sono Paesi che hanno elevati surplus di partite correnti e questo lo dobbiamo considerare come uno squilibrio macroeconomico di cui discutere e di cui, per esempio, la Germania deve dare conto nelle trattative, perché anche loro hanno i loro squilibri?
  Per il resto che dire, Ministro? Con le sfide che ci attendono noi vediamo scenari molto cupi e, comunque vada, da quello che lei ci ha raccontato siamo convinti che non sarà un buon segnale per il nostro Paese.

  ALBERTO BAGNAI. Ringrazio il signor Ministro per l'esposizione svolta e l'autorevolezza con la quale difende nelle sedi internazionali posizioni di buonsenso. Non si può che convenire circa il fatto che le regole devono essere un mezzo e non un fine. Questo feticismo delle regole, questa inversione mezzi-fini purtroppo in passato ha provocato qualche inconveniente, su cui poi torneremo, né si può non convenire con il principio che lei ha espresso, secondo cui occorre comunque tutelare la crescita.
  Ora, purtroppo, questo tipo di argomenti di buonsenso spesso si presta nel dibattito nostrano a strumentalizzazioni, quindi anche a tale riguardo va rivolto un elogio alla sua pazienza per doversele vedere recapitate e doverle sopportare.
  Io sono sempre a disagio quando in un dibattito e in un contesto che lei cerca di mantenere a livello europeo si insinua il provincialismo, quel provincialismo italiano che è fatto di due strane tendenze apparentemente opposte: da un lato, la venerazione del proprio campanile e, dall'altro, la denigrazione sistematica del proprio Paese.
  Forse dovremmo essere un pochino più equilibrati nel considerare quello che siamo e quello che facciamo e che cosa rappresentiamo nel panorama europeo. Ma questo proprio a livello banale.
  È parte dell'architettura istituzionale europea che i processi che lei deve gestire a Bruxelles siano influenzati dalle dinamiche elettorali nazionali dei singoli Stati membri, quindi tutta una serie di riferimenti a eventi non di ieri ma di due giorni fa sono abbastanza incongrui, perché se dovessimo fare la lista delle esternazioni sopra le righe fatte nei diversi Paesi in materia economica e delle aggressioni al nostro Paese assolutamente ingiustificate e non basate sui dati perderemmo troppo tempo.
  Non sono così convinto, però, che in Europa tutti vogliamo cose differenti, non sono cioè convinto che ci siano ventisette posizioni negoziali diverse. Quindi sarebbe in qualche modo interessante per noi sapere,Pag. 13 nella misura in cui lei ovviamente può dircelo, data la delicatezza del momento, in che modo sta articolando la politica di costruzione di un fronte del buonsenso, nella misura in cui se ne possa in questa sede parlare.
  Io, per sprovincializzare la discussione e a sostegno della sua indicazione, vorrei ricordare che nell'ultimo World Economic Outlook del mese di aprile di quest'anno c'è una figura, la numero 3.3, che tutti sono in grado di andare a reperire e probabilmente quasi tutti in grado di comprendere – «quasi», direi –, la quale dimostra che politiche aggressive di tagli alla spesa in realtà fanno aumentare il rapporto debito/PIL.
  Io non ci sto a far strumentalizzare la posizione del nostro partito – della mia personale chi se ne importa, ognuno può esternare quello che desidera – come la posizione di un partito «spendaccione» o contrario alla prudenza fiscale.
  Il fatto è che vi è un'ovvia aritmetica del debito. Per chi ama le formule, perché lo fanno sentire più intelligente, c'è il rapporto del Fondo monetario internazionale in cui questo aspetto viene chiarito con delle belle formule, ma si può chiarire anche in modo molto più semplice nel senso che «tre mezzi» fino a prova contraria è minore di «due uni», ossia che 1,5 è minore di 2, così almeno capiscono anche i colleghi che amano le formule. C'è dunque un'evidente problematica derivante dal fatto che politiche di tagli aggressivi possono avere effetti controproducenti proprio sul rapporto debito/PIL. Quindi la vorrei ringraziare per il fatto di portare questa preoccupazione in quelle sedi.
  Noi questa roba qui l'abbiamo sperimentata, nel senso che abbiamo ancora commentatori, sedicenti professori senza pubblicazioni scientifiche che vanno in giro per la presentazione dei loro libri, questi personaggi in cerca di editore, a dire che durante la stagione di Mario Monti il rapporto debito/PIL è diminuito: il rapporto debito/PIL è invece aumentato.
  Allora qui le vorrei chiedere una cosa, ma proprio in punta di piedi e con grande rispetto anche per le convinzioni e per le religioni di tutti.
  Qui si parla di scorporare investimenti di un certo tipo, quindi green and digital, però noi abbiamo avuto l'opportunità di ascoltare pochi giorni fa, in un convegno internazionale organizzato dall'associazione A/simmetrie, Wolfgang Münchau, che ci ha parlato della Germania.
  E ci ha detto con grande trasparenza e onestà intellettuale che la Germania ha bisogno, esattamente come noi, peraltro, di investimenti tradizionali: in altri termini, manca la copertura telefonica, mancano le strade e i treni arrivano sistematicamente in ritardo, perché hanno dei problemi anche su quel tipo di infrastruttura. Sono cioè le infrastrutture della prima rivoluzione industriale che sono in difficoltà in quel Paese.
  Allora la domanda che le faccio, anche alla luce delle problematiche politiche che sono state toccate prima dal collega Borghi, è la seguente: si può intravedere una possibilità per cui questa golden rule – che, lo ricordo, è l'esclusione degli investimenti dal computo dei vari rapporti – possa essere estesa a cose un pochino meno alla moda ma un pochino più utili per la produttività reale del Paese, per le imprese che devono recapitare dei beni dal punto A al punto B e vogliono farlo su qualcosa di diverso da una mulattiera?
  Lei mi ha perfettamente inteso, quindi mi fermo qui. Grazie, Ministro.

  MARIA CECILIA GUERRA. Mi scuso per essere arrivata in ritardo a causa di un disagio nella circolazione dei treni, ma ho seguito la discussione dall'automobile e dalla metropolitana, considerato che purtroppo oggi i trasporti sono molto problematici.
  Ho seguito anche gli interventi dei colleghi e mi sembra che siano stati giustamente sollevati temi che riguardano anche le posizioni che il nostro Paese prenderà in Europa con riferimento ad altri temi oltre a questo. Richiamo, come elementi fondamentali, la necessità che l'Europa affronti in modo comunitario i grandi temi della transizione ecologica e digitale, come si era iniziato a fare con il PNRR, nonché il tema irrisolto ma cruciale di un budget europeo Pag. 14come si deve per gestire queste transizioni e altre sfide importanti.
  Ma volendo restare invece proprio alla discussione specifica e alle cose che lei ha detto – alcune altre probabilmente le ha dette e mi sono sfuggite, perché il contesto veramente non era amichevole – volevo capire meglio una questione.
  Mi sembra che siamo giunti a un punto difficile della trattativa e anche le alleanze che si possono stabilire sono un po' «ballerine». C'è un punto che, secondo me, è assolutamente pregiudiziale: non entro adesso nel dibattito sul fatto che si potesse fare meglio o peggio, sull'austerità e via elencando, che sono tutti temi certo importantissimi, ma volevo farle una domanda più precisa.
  Siccome talvolta viene attribuito a qualche esponente del nostro Governo l'idea di dire che sarebbe meglio semmai tornare alle regole precedenti, io credo che questa sia una cosa da evitare nel modo più assoluto. Perché è vero che le regole precedenti non sono mai state applicate con rigore, ma credo che il contesto sia cambiato e ritornare a ipotesi di riduzione del debito – non – di un ventesimo all'anno della differenza fra il nostro debito e il 60 per cento sarebbe sicuramente una situazione da bancarotta immediata.
  Però ci sono due aspetti che secondo me sono fondamentali in quella proposta, o meglio nella proposta originaria della Commissione europea, che vanno ripresi, e mi chiedo se questa sia anche la sua ispirazione nella trattativa. Praticamente è la stessa cosa vista da due profili distinti, cioè considerare che i Paesi sono molto diversi e soprattutto hanno uno spazio di azione per le politiche fiscali molto differente. Mi sembra che questo fosse uno degli elementi positivi della impostazione iniziale, che ha l'incognita di una trattativa con la Commissione europea, che è sempre ovviamente problematica e questo lo sappiamo, ma che però non si irrigidisce – come invece mi sembra sia la posizione sostenuta, in particolare, dalla Germania – rispetto a parametri e regole fisse che mal si attagliano a contesti completamente diversi.
  Fermo restando l'impegno che viene comunque richiesto su un arco di tempo più ampio rispetto a quello che si era inizialmente ipotizzato, volevo capire se questo è un punto dirimente non tanto nell'ipotesi di un ritorno al passato, che credo sia veramente forse l'ipotesi più deleteria fra tutte quelle che stanno venendo fuori, quanto nell'ottica di una posizione che recuperi quel margine di flessibilità, giustificato appunto dalla situazione specifica dei singoli Stati, senza irrigidimenti ma con percorsi ovviamente seri per come sono stati tecnicamente definiti.
  Sulla questione dello scorporo, certamente uno scorporo esplicito di spese importanti, come gli investimenti nel digitale e nella transizione ecologica, poteva essere la via migliore, sebbene un'altra mi sembra che sia più praticabile, da quello che ho capito, però lei magari mi dà un'informazione di tipo diverso, sebbene da quello che lei stesso ha detto mi è sembrato che non sia più quella all'ordine del giorno. Certo forse bisogna capire meglio se è possibile invece declinare in un modo ancora più preciso l'allungamento del periodo di rientro da quattro a sette anni, che è una modalità alternativa per tener conto in definitiva della stessa cosa, cioè della possibilità che un piano credibile di investimenti anche in questo campo da parte del Paese X possa dare garanzie di un sostegno alla crescita e quindi ammorbidire nel tempo gli obiettivi di riduzione del debito pubblico.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Giorgetti per la replica.

  GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie a tutti i colleghi che sono intervenuti in un dibattito su una questione cruciale e strategica.
  Posso assicurare a chi mi ha invitato a tenere gli occhi chiusi che terrò, invece, gli occhi ben aperti.
  Come ho avuto modo di dire, l'accordo si fa trovando altri ventisette Stati membri che sono d'accordo con te, perché l'accordo passa dall'unanimità. Quindi voi capite quanto sia complicato, oltre alla complessitàPag. 15 degli argomenti di tipo macro e contingente che abbiamo ascoltato, contemperare i diversi interessi, le diverse situazioni, alcune delle quali negli ultimi tempi si sono ulteriormente irrigidite nelle posizioni.
  Detto questo, cercherò di spiegarvi il ragionamento alla base della nostra posizione tesa ad arrivare a un accordo ragionevole, che sicuramente non sarà quello che abbiamo in mente noi perché, lo ribadisco, dobbiamo metterci d'accordo in tanti.
  La prima questione fa riferimento al tema centrale sul quale abbiamo battuto tantissimo, cioè gli investimenti.
  Noi abbiamo insistito sul tema degli investimenti perché riteniamo che l'Italia e l'Europa – la vecchia Europa, senatore Borghi – non possano immaginare di essere competitive nel contesto globale senza investire.
  Altrove, dove ci sono sistemi più sbrigativi in termini politici, gli investimenti vengono decisi sbrigativamente. In altri contesti di grandi Paesi, dove la democrazia, come la intendiamo noi, funziona, i grandi programmi di investimenti sono finanziati dal bilancio federale. L'Europa deve decidere che cosa fare.
  Il ragionamento che io ribadisco qui è che, se l'Europa decide in qualche modo di raccogliere le grandi sfide politiche sul piano strategico – che ho prima descritte –, quali la difesa delle libertà che noi conosciamo, non può allora prescindersi dalle spese per la difesa, mi dispiace onorevole Grimaldi. O ancora: se vogliamo la sostenibilità del pianeta e andiamo in giro in tutto il mondo a dire che noi europei vogliamo la sostenibilità del pianeta e vogliamo essere pionieri e dimostrare agli altri come si fa a mantenere il pianeta salubre – tant'è vero che abbiamo visto che in sede di COP 28 aiutiamo anche i Paesi poveri, che forse hanno un'altra esigenza più immediata, quella sostanzialmente di sopravvivere, perché muoiono di fame –, allora dobbiamo avere rispetto di queste finalità che dichiariamo e costruire delle regole fiscali di bilancio che siano coerenti, che permettano di prendere decisioni in questo senso, altrimenti soffriamo di una contraddizione logica, che è quella, appunto, che fa portare all'Italia sul tavolo questa prima richiesta.
  Sulla golden rule si dice che siamo in arretramento, e così rispondo anche all'onorevole Bagnai.
  Non ci sono soltanto gli investimenti alla moda, giustamente ci sono anche altri tipi di investimenti. Ma proprio per la coerenza che ho appena elencato, mentre sugli altri investimenti «brutti», quelli «sporchi», non c'è condivisione e non c'è l'assunzione di una finalità strategica a livello europeo, noi diciamo che se l'Europa decide di aiutare l'Ucraina nel difendere i valori occidentali, se l'Europa decide di accedere alla sfida del cambiamento climatico, su questi investimenti non può allora dirci che ci deve essere un atteggiamento di tipo diverso. Mentre sugli investimenti, pur lodevoli, che raccomanda l'onorevole Bagnai, siccome questa condivisione non c'è posso accettare che ci vengano contestati.
  Questa è la posizione logica e coerente che assume l'Italia ed è il motivo per cui rispetto a questo tipo di posizioni un risultato lo abbiamo ottenuto fino ad oggi, nel senso che la difesa è entrata come fattore mitigante nel momento in cui c'è una deviazione rispetto agli obiettivi, mentre prima non c'era.
  Ho letto recentemente anche delle dichiarazioni della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che addirittura si è spinta oltre, e questo mi fa piacere perché vuol dire che, magari, nel corso del negoziato la difesa verrà considerata ancora meglio.
  Per quanto riguarda invece gli investimenti nel digitale e nel green noi abbiamo chiesto e continuiamo a sostenere che sia inderogabile l'automatismo dell'estensione del Piano di aggiustamento da quattro a sette anni, per tener conto delle decisioni che i Paesi hanno già condiviso e contrattato con la Commissione europea. Basti vedere in proposito il PNRR, proprio sui temi del digitale e del green che, come sapete, sono due pilastri fondamentali dello stesso PNRR.
  Ma con grande serenità e fermezza, qualcuno deve dimostrarmi l'incoerenza rispetto a questo tipo di posizione e perché Pag. 16essa non possa essere accettata. E continueremo con questo tipo di approccio.
  È chiaro che, come ha osservato l'onorevole Marattin, i tedeschi, ma non soltanto i tedeschi, tanti altri, dicono: «abbiamo approvato il Piano a sette anni, avete già preso un sacco di soldi a debito per il PNRR, questo vuol dire che in qualche modo cercate di fare i furbi». Rispetto a questa vicenda del debito, cosa possiamo rispondere, onorevole Marattin?
  La risposta è: serietà. E la serietà implica una cosa, ossia prendere impegni che si possano mantenere e non prendere impegni che nessuno, in questo Paese, potrebbe mantenere.
  Allora di fronte a delle regole «sfidanti» – si chiamano così –, noi in qualche modo possiamo anche accedere, mentre rispetto a regole impossibili da mantenere io non credo che, per serietà, si possa dire di sì.
  In secondo luogo, sempre per serietà e siccome siamo in una Repubblica dove è il Parlamento che alla fine prende la decisione finale su questi argomenti, il Ministro, o anche il Presidente del Consiglio, non può andare a prendere impegni che poi il Parlamento in qualche modo non ratifica o non intende ratificare, come è avvenuto per altre vicende.
  Quindi è giusto, ed è il motivo per cui siamo qui anche in questa audizione, che un confronto col Parlamento ci sia, perché la decisione finale non la prende il Ministro dell'economia e delle finanze, la prende il Parlamento della Repubblica italiana.
  E vengo così al terzo tema, quello del MES, che si collega a questo anche per le altre ragioni che ho appena elencato.
  Qui qualcuno confonde, giacché quello che è sottoposto all'attenzione del Parlamento, anche della mia come parlamentare, e di tutti voi, non è il «salva-Stati», perché il «salva-Stati» è stato approvato tanti anni fa, adesso semmai è il «salva-banche». Sono due cose un po' diverse, quindi non è il «salva-Stati», è il «salva-banche». Sarà il Parlamento a dire se quell'accordo negoziato dal Governo italiano all'epoca sia da approvare o non approvare.
  Vedo in proposito talune ricostruzioni giornalistiche, ma qui nessuno ha ricattato mai nessuno, noi non ricattiamo proprio nessuno, non è che se ci fate questo noi facciamo quell'altro.
  C'è una oggettiva correlazione tra la linea di credito precauzionale del MES e il rispetto del Patto di stabilità e crescita, questa cosa è scritta e quindi qualcuno tra di voi, mi sembra di aver letto così nella risoluzione, dice: «attenzione, se il Patto di stabilità è impossibile da raggiungere è evidente che al MES sulla linea di credito precauzionale non ci arriveremo mai, se invece il Patto di stabilità diventa ragionevole può darsi che il MES diventi...» Non lo so, sto cercando di interpretare quella che è la risoluzione presentata in Parlamento e approvata, ma che una correlazione tra MES e Patto di stabilità ci sia sta nei fatti.
  Per quanto concerne la riduzione del debito, che essa possa avvenire soltanto attraverso l'austerità di bilancio purtroppo non sta nei termini di realtà.
  La riduzione del debito, onorevole Marattin, si fa anche, ma non soltanto, con manovre restrittive e tagliando le spese, ma ahimè il rapporto debito/PIL si riduce con la crescita, con l'aumento del PIL o con la riduzione, al limite, del peso degli interessi, se il contesto dei tassi di interesse generali in qualche modo è destinato a diminuire.
  Perché la posizione italiana è stata quella di dire che noi una valutazione di una salvaguardia sulla riduzione del debito ragionevole siamo disposti ad accettarla? Perché nelle nostre proiezioni la riduzione dell'1 per cento del rapporto tra debito e PIL già dall'anno prossimo potrebbe verificarsi. Si sarebbe verificata se non ci fosse l'eredità del superbonus, che sì ha «pompato» il PIL in certi anni, ma ci ha lasciato il debito contabilizzato dall'Eurostat ancora oggi da pagare nei prossimi quattro anni. Quindi se io escludo il fattore superbonus che arriva dal passato, nei prossimi quattro anni naturalmente il debito pubblico italiano già oggi, senza fare niente, diminuirebbe statisticamente di quattro punti percentuali, ossia esattamente di un punto percentuale all'anno.Pag. 17
  La riduzione di un punto percentuale all'anno del debito non fa dunque paura all'Italia, ma certo si deve iniziare quando gli effetti e i fumi del superbonus si siano in qualche modo esauriti.
  Noi abbiamo quindi questo tipo di posizione. Naturalmente a livello negoziale abbiamo portato tutte le considerazioni che ho ascoltato relativamente alla reciprocità con gli altri Paesi, anche con riferimento alle regole concernenti lo squilibrio macroeconomico, in particolare quelle relative al surplus commerciale della Germania, e ognuno porta quelli che sono i suoi punti di forza dimenticandosi dei punti di debolezza.
  Però dobbiamo anche essere realistici per capire quanti in qualche modo condividono a livello europeo il nostro posizionamento e la nostra interpretazione delle situazioni e quanti, invece, hanno un atteggiamento molto più ancorato ai principi di frugalità o, come si suole dire, di rigidità. Ci sono tantissimi Paesi dell'Est che, non avendo conosciuto il welfare negli anni del socialismo o del comunismo, hanno anche debiti pubblici assai modesti, perché, non avendo in qualche modo contabilizzato questi tipi di debiti, hanno un problema e dei vincoli relativamente al debito che sono molto diversi rispetto ai nostri. Quindi abbiamo delle situazioni totalmente diverse su cui un compromesso e un punto di convergenza diventa assai complicato.
  Andando a concludere, vengo al contributo fornito dall'onorevole Guerra.
  L'interpretazione originaria della Comunicazione, cioè vestire su misura di ogni singolo Paese, tenendo conto delle specificità di ogni singolo Paese, il percorso di rientro rispetto agli obiettivi, ovviamente è condivisibile, ma è esattamente l'approccio negato in radice dai Paesi cosiddetti «frugali». Tant'è vero che tutto questo tipo di approccio oggi è in qualche modo non dico bilanciato ma soverchiato, accerchiato da altri indicatori, altri target, altre salvaguardie.
  Il rischio vero è che venga fuori un sistema totalmente incomprensibile anche a noi addetti ai lavori, ma sicuramente all'opinione pubblica.
  Io penso che invece, soprattutto quando si decidono cose così importanti, dalle quali discendono conseguenze che sotto il profilo sociale hanno un impatto incredibile, bisogna anche sforzarsi di trovare delle regole trasparenti e semplici che siano comprese.
  Quindi se lei mi dice che le regole precedenti sono assolutamente peggiori, io le dico sì, in astratto sì, però le dico anche che noi non possiamo accettare tutto quello che ci viene in qualche modo proposto. Siamo assolutamente convinti della ragionevolezza della nostra posizione, perché noi non siamo andati lì a fare i matti, e l'abbiamo dimostrato anche con due manovre di bilancio assumendoci delle responsabilità e assumendo anche delle decisioni coraggiose e credo politicamente sensibili, però non ci si può chiedere di andare non semplicemente contro gli interessi dell'Italia ma, a nostro giudizio, anche contro l'interesse dell'Europa.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e tutti i colleghi che sono intervenuti e che sono stati oggi qui presenti con noi. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.15.