XVIII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Resoconto stenografico



Seduta n. 44 di Lunedì 20 dicembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boldrini Laura , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'IMPEGNO DELL'ITALIA NELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE PER LA PROMOZIONE E TUTELA DEI DIRITTI UMANI E CONTRO LE DISCRIMINAZIONI
Boldrini Laura , Presidente ... 2 
Francis Sahar , Direttrice Generale dell'organizzazione ... 3 
Boldrini Laura , Presidente ... 5 
Jabarin Shawan , Direttore Generale dell'organizzazione ... 5 
Boldrini Laura , Presidente ... 7 
Ehm Yana Chiara (Misto)  ... 7 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Orsini Andrea (FI)  ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Orsini Andrea (FI)  ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 8 
Billi Simone (LEGA)  ... 8 
Boldrini Laura , Presidente ... 9 
Fassino Piero (PD)  ... 9 
Boldrini Laura , Presidente ... 10 
Francis Sahar , Direttrice Generale dell'organizzazione ... 10 
Boldrini Laura , Presidente ... 11 
Jabarin Shawan , Direttore Generale dell'organizzazione ... 11 
Boldrini Laura , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Coraggio Italia: CI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Alternativa: Misto-A;
Misto-MAIE-PSI-Facciamoeco: Misto-MAIE-PSI-FE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Rinascimento ADC: Misto-NcI-USEI-R-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani: Misto-A-+E-RI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 19.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  L'odierna audizione sarà svolta consentendo la partecipazione da remoto, oltre che delle persone audite, anche delle deputate e dei deputati, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre 2020. Segnalo che è previsto anche l'interpretariato in simultanea per la lingua italiana e inglese.

Audizione, in videoconferenza, di rappresentanti delle ong palestinesi Addameer e Al Haq .

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'impegno dell'Italia nella comunità internazionale per la promozione e tutela dei diritti umani e contro le discriminazioni, l'audizione in videoconferenza di rappresentanti delle ong palestinesi Addameer e Al Haq. Anche a nome dei componenti del Comitato, saluto e ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori la dottoressa Sahar Francis, Direttrice Generale dell'organizzazione Addameer Prisoner Support and Human Rights Association, e il dottor Shawan Jabarin, Direttore Generale dell'organizzazione Al Haq. Saluto anche, collegato da remoto, il dottor Paolo Pezzati, policy advisor di Oxfam Italia.
  Segnalo che Addameer Prisoner Support and Human Rights Association è stata fondata nel 1991. È un'organizzazione non governativa che lavora a sostegno dei prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri sia israeliane sia palestinesi, offrendo loro assistenza legale gratuita e difendendone i diritti umani attraverso un attento monitoraggio, che include anche visite periodiche nelle diverse sedi carcerarie e campagne di sensibilizzazione.
  Il lavoro di advocacy di Addameer è rivolto principalmente alla comunità internazionale attraverso la pubblicazione di dichiarazioni e appelli urgenti per conto dei detenuti, informazioni fornite alle delegazioni internazionali e ai media, e la presentazione di rapporti alle Nazioni Unite nella direzione di cambio di politiche da parte del Governo di Israele.
  Sul versante palestinese, Addameer si impegna per la costruzione di una società libera e democratica basata sulla giustizia, l'uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani.
  Quanto ad Al Haq, è stata istituita nel 1979. È titolare di uno status consultivo speciale presso ECOSOC (Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite). È un'ong specializzata nella tutela e promozione dei diritti umani e dello Stato di diritto nei Territori palestinesi occupati. Al Haq documenta le violazioni dei diritti nei Territori, indipendentemente dall'identità dell'autore, e cerca di porvi fine avviando le giurisdizioni nazionali e internazionali.
  L'organizzazione, inoltre, conduce ricerche, prepara rapporti e svolge attività di advocacy presso organismi locali, regionali e internazionali, al fine di garantire che gli standard internazionali sui diritti umani si Pag. 3riflettano nelle leggi e nelle politiche palestinesi. Al Haq è membro, tra gli altri, della Rete euromediterranea per i diritti umani (EMHRN) dell'organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT) e della Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH).
  L'audizione odierna acquisisce particolare rilievo dal momento che le due organizzazioni che ospitiamo rientrano nell'elenco delle sei ong che il 22 ottobre scorso sono state designate dal Ministro della difesa israeliano, Binyamin Gantz, come organizzazioni terroristiche, ai sensi della legge nazionale antiterrorismo del 2016, con l'accusa di sottrazione indebita dei fondi destinati al finanziamento di progetti umanitari e di collaborazione sotto copertura per il Fronte popolare di liberazione della Palestina.
  La decisione assunta dal Governo israeliano ha sollevato le critiche non solo di diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani come Amnesty International e Human Rights Watch, ma anche di alcuni Governi – Italia, Francia, Regno Unito e lo stesso Dipartimento di Stato USA – e di rappresentanti delle organizzazioni internazionali.
  A titolo di esempio, ricordo che l'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell'UE, Josep Borrell, ha dichiarato che le sei organizzazioni incriminate sono inserite nei programmi di finanziamento dell'Unione europea e che, ad oggi, il Governo di Israele non avrebbe ancora fornito alcun tipo di risposta convincente circa l'operato di matrice terroristica delle ong. Da parte sua, l'Alta Commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, ha definito tale attacco una violazione delle libertà di associazione, di opinione, di espressione e di partecipazione attiva alla vita pubblica.
  Per quanto riguarda il Governo italiano, segnalo ai nostri ospiti che, dopo una prima dichiarazione ufficiale resa il 27 ottobre, il 30 novembre scorso, in risposta a un'interrogazione a prima firma della collega Ehm – e da me cofirmata – la Viceministra degli Esteri Marina Sereni ha espresso la preoccupazione del Governo italiano per la decisione presa dal Ministro della difesa israeliano e ha precisato che, oltre a svolgere una fondamentale opera nei Territori palestinesi, alcune di queste organizzazioni intrattengono fruttuosi rapporti con le nostre organizzazioni della società civile e con altri Paesi donatori per l'attuazione di importanti progetti di cooperazione.
  La Viceministra ha anche chiarito che le ong palestinesi coinvolte non ricevono fondi dalla cooperazione italiana, ma collaborano con ong italiane in progetti gestiti dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo. Pertanto, sulla base di un approccio condiviso da tutti i principali Paesi dell'Unione europea, il nostro Governo, nel quadro di un impegno convinto, anche in sede europea, per assicurare sostegno alla società civile e a tutela dei diritti umani, intende portare avanti un'azione di sensibilizzazione nei confronti delle autorità israeliane affinché vengano fornite prove più circostanziate a sostegno delle gravi accuse mosse alle organizzazioni, poiché le informazioni fornite finora da parte israeliana non appaiono sufficienti.
  Forniti questi elementi di contesto, mi fa piacere dare la parola alla dottoressa Sahar Francis affinché svolga il Suo intervento.

  SAHAR FRANCIS, Direttrice Generale dell'organizzazione Addameer Prisoner Support and Human Rights Association. Grazie, presidente, per questa importante occasione offertaci di informarla sul caso che ci riguarda, essendo stati designati dal Ministro israeliano come organizzazione terroristica e successivamente avendo emanato il governatore militare dei Territori occupati un'ordinanza in cui ci definisce «organizzazione illegale». In effetti vorrei evidenziare in breve che questa decisione non cade dal cielo. Sopraggiunge dopo una lunga storia di violente campagne di calunnie e vessazioni non solo nei confronti della nostra organizzazione, ma di diverse organizzazioni della società civile palestinese che sono aggredite da gruppi della destra israeliana come NGO Monitor, UK Lawyers for Israel, UN Watch, Regavim, Im Tirtzu. Sono molte le associazioni israeliane di destra di questo tipo che sostengono il Governo nelle sue politiche di aggressione alle associazioni palestinesi, in particolare associazioni della società civile che si occupanoPag. 4 di diritti umani a livello internazionale e delle questioni di rendimento dei conti, cercando di fare giustizia per il popolo palestinese nell'ambito dei vari canali dell'ONU ed esperendo le vie di ricorso offerte dal sistema ONU, tra cui ovviamente la Corte penale internazionale. Sono sicura che il mio collega Shawan potrà dire anche di più su quello che Al-Haq e altre organizzazioni palestinesi stanno facendo a livello di rendimento dei conti nei confronti della Corte penale internazionale e del suo Ufficio del procuratore.
  Quanto a noi di Addameer, da più di venticinque anni, attraverso la rappresentanza legale dei prigionieri palestinesi nell'ambito del sistema militare israeliano che vige nei territori occupati, noi ci concentriamo sulle gravi violazioni che questo sistema realizza quotidianamente nei confronti dei palestinesi, che si tratti di torture, di maltrattamenti, di punizioni collettive, di detenzione amministrativa arbitraria, arresti di minori senza alcuna garanzia, nessuno standard di correttezza o sistema di tribunali militari. Ecco qual è il lavoro sul piano giuridico e dei diritti umani che Addameer svolge da quando noi siamo nati trent'anni fa.
  Altri colleghi si occupano dei minori detenuti e dei loro diritti nel contesto palestinese: è l'associazione Defense for Children. La Union of Palestinian Women Committees, si occupa di tutela delle donne nella nostra società, andando anche nelle zone rurali per dare strumenti alle donne per difendersi. Anche a livello interno, contro le violazioni commesse dall'Autorità palestinese e da altre parti nei confronti delle donne. C'è poi il Bisan Center for Research and Development, che si occupa di indagare e di studiare per sensibilizzare sulla situazione dei palestinesi e della nostra società sotto l'occupazione.
  La sesta organizzazione è la Union of Agricultural Work Committees, che si occupa di diritti degli agricoltori e sviluppo del territorio, soprattutto nell'area C, un'area molto delicata che ora nei piani israeliani sarebbe annessa a Israele, il che spiega come mai vengono prese di mira queste organizzazioni agricole. Si cerca di farle tacere e di chiuderle. In effetti, ciò che il Ministro israeliano cerca di fare quando ricorre al diritto civile israeliano contro di noi, alla legge antiterrorismo del 2016, alla fine è un'azione di annessione giuridica, perché stando al diritto internazionale Israele non può attivare il proprio diritto civile nei Territori occupati.
  Secondo il diritto umanitario internazionale, noi siamo soggetti al diritto umanitario internazionale, al diritto internazionale dei diritti umani e alle ordinanze militari israeliane, non all'ordinamento civile israeliano. Noi riteniamo che il ricorso all'ordinamento civile israeliano abbia una funzione molto importante per loro perché incide a livello internazionale, specie nei confronti dei donatori e delle organizzazioni internazionali che continuano a sostenerci quotidianamente, perché ciò permette agli israeliani di creare casi, intentare azioni nei confronti delle entità internazionali che continuano a sostenere le organizzazioni palestinesi. Contro di noi ovviamente hanno le ordinanze militari, come ho detto; ordinanze militari che si avvalgono dei regolamenti di sicurezza del 1945, quelli britannici, modificati dalle ordinanze militari. Con questi regolamenti il Governo militare può dichiarare illegale qualsiasi raggruppamento, e questo hanno fatto contro tutti i partiti politici palestinesi, contro i movimenti degli studenti, contro i sindacati e così via. È molto facile per loro dichiarare organizzazione illegale qualsiasi gruppo affermando che ci si fonda su informazioni segrete.
  Questo è un altro punto che vorrei sottolineare: occorre chiarire la questione della procedura giuridica applicabile nell'ordinamento israeliano: diritto civile o procedura delle ordinanze militari? In entrambi i casi, le informazioni segrete, i dossier segreti sono impiegati e presentati davanti a qualsiasi tribunale e a queste informazioni noi non possiamo accedere. Non possiamo esaminarle. Non possiamo difenderci in un giusto processo, a meno di non disporre di queste informazioni.
  Ultimamente abbiamo chiesto al governatore militare una modifica per accedere a queste informazioni segrete per poter Pag. 5fare appello. Finora però non ha risposto a questa richiesta. Abbiamo tempo fino a gennaio per fare appello, ma sulla nostra decisione pesa il fatto che si possa accedere all'informazione necessaria. A questo livello pensiamo che la parte israeliana non disponga di altre informazioni a parte quelle fornite ai Paesi europei a maggio in quel dossier segreto che il mese scorso è stato poi pubblicato e rivelato dai media israeliani, soprattutto Haaretz e +972 Magazine che hanno pubblicato il contenuto di questo dossier segreto che la parte europea ha dichiarato insufficiente per sostenere accuse così gravi contro la nostra associazione. Non ha ritenuto che costituisse prova contro un'organizzazione come la nostra.
  Perciò è importante per noi mettere in luce l'importanza di prendere decisioni più concrete a questo livello, soprattutto da parte degli Stati europei come l'Italia, la Francia, la Germania e altri Paesi che così a lungo hanno investito e puntato sulla società civile palestinese, vuoi attraverso progetti diretti, vuoi attraverso rapporti di cooperazione con organizzazioni locali e internazionali. Non penso che dovreste aspettare così tanto per ricevere più informazioni da parte israeliana. Se davvero si fondassero su ulteriori e più ampie informazioni, le presenterebbero. Perché aspettare oltre? È l'ora di prendere una decisione finale. Questa decisione del Ministro israeliano dovrebbe essere revocata e le ordinanze del governatore militare dovrebbero essere sospese, perché non ci sono prove sufficienti per accuse tanto gravi.
  Non starò a ripetere ciò che Lei ha inserito nella sua introduzione, presidente, sulla posizione dell'ONU e in particolare dell'Alta Commissaria e dei vari Relatori Speciali ONU. In particolare la Relatrice Speciale sulla situazione antiterrorismo ha detto chiaramente che si tratta di manipolazione della legislazione antiterrorismo a livello internazionale, se uno Stato democratico dichiara con tanta facilità sei associazioni per i diritti umani organizzazioni terroristiche senza avere un solido fondamento per accuse di questa gravità.
  Chiuderò con la richiesta che assumiate una posizione più energica per convincere il Governo italiano a dichiarare che non intende aspettare oltre le informazioni ulteriori, invitando quindi Israele ad annullare completamente i procedimenti che ha intentato nei nostri confronti. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, dottoressa, per quanto ci ha esposto. Adesso passerei la parola al dottor Shawan Jabarin e poi darei la parola ai colleghi per eventuali domande. Prego.

  SHAWAN JABARIN, Direttore Generale dell'organizzazione Al-Haq. Sono lieto di essere con voi. Grazie per questa occasione di parlarvi di questo tema importante. Sarò quanto possibile breve per darvi più tempo per le domande. Non sono stato sorpreso dalla decisione del Ministro della difesa e più tardi del comandante militare. Perché? Perché siamo sottoposti ad una campagna di calunnie, una campagna che dura ormai da tredici anni. In questa campagna ricorrono a tutti i mezzi, a tutti i metodi, anche i metodi mafiosi, come ad esempio le telefonate minatorie, corone funebri davanti alle porte dei colleghi che si espongono all'Aja e parlano al Tribunale penale internazionale, hackeraggio dei nostri computer, dei nostri server, invio di messaggi ai nostri partner e finanziatori che li invitano a tagliare i fondi ad Al-Haq. Usano ogni mezzo. Questo dal 2008 e anche da prima. Secondo noi ciò succede a causa della natura del nostro lavoro. Il nostro lavoro mira a far rendere conto, lotta contro l'impunità qui e in Israele, e cerca di perseguire i criminali di guerra. Ecco qual è il punto.
  Un altro punto è il nostro appello alla cooperazione internazionale per far rispettare i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale, senza complicità con i crimini internazionali. [Purtroppo la voce dell'oratore è calata tantissimo]. Noi questo lo facciamo apertamente e pubblicamente, senza nessun segreto. Noi agiamo così e continueremo a far questo. Penso che gli israeliani, prendendo queste decisioni, cercano di farci tacere, ma i nostri partner ci sostengono con energia e continuano a stare con noi. Tutti i nostri partner si comportano così. Io penso che capiscano il fine Pag. 6politico di queste azioni da parte dello Stato. È una dimostrazione di potenza dello Stato. Era l'ultimo strumento che avevano in mano e lo hanno usato, ma secondo noi hanno mancato il bersaglio perché non sono riusciti a smentire le nostre informazioni: pensate che dal 1979 ad oggi gli israeliani non hanno mai smentito una nostra informazione, e conoscono bene il livello della nostra credibilità, della nostra professionalità, perché hanno visto che tutte le porte si sono chiuse davanti a loro, quindi hanno raggiunto il livello della decisione politica di dichiararci terroristi. Questo noi non lo rispetteremo, non rispetteremo queste decisioni, non le attueremo e continueremo a fare il nostro lavoro per una sola ragione: lavorare nel campo dei diritti umani non è un reato. Per noi è una fede. In questo crediamo, lavoriamo per il futuro dei nostri figli. Ecco qual è la cosa principale. Sono sicuro che cercheranno di prosciugare le nostre risorse. Aggrediranno anche il sistema bancario, premeranno sui nostri finanziatori, sui nostri partner, affinché smettano di finanziarci. Stanno molto investendo su questo in questi giorni, stanno premendo su alcuni dei nostri partner.
  Un altro aspetto è che noi abbiamo avuto successo nella narrazione. Gli israeliani cercano sempre di apparire come uno Stato democratico, come uno Stato rispettoso dello Stato di diritto, ma non è così. Dalla nostra parte noi lo vediamo non solo come una potenza occupante, ma neanche come una potenza occupante ordinaria. Non è un'occupazione ordinaria, è un sistema di apartheid coloniale. Questo lo riconoscono le organizzazioni dei diritti umani di tutto il mondo. Specie le principali organizzazioni dei diritti umani sono tutte arrivate a questa conclusione, cioè che quello che vige in Palestina è un sistema di apartheid. Si tratta di un regime coloniale che si aggiunge all'occupazione. Ecco cos'è che rende furiosi, nervosi, gli israeliani. Cercano di farci tacere, di farci chiudere e di zittirci. Ecco ciò che affermiamo.
  Io li sfido a dimostrare una sola delle accuse che hanno nei loro dossier. Non hanno elementi, ripetono cose ridicole che nessuno Stato, neanche i loro amici più stretti, può prendere sul serio. La questione è qual è la posizione delle parti terze: difendere i diritti umani e lo Stato di diritto o no. È giunta l'ora di mostrare che voi non trattate Israele in modo eccezionale: quando arriva l'eccezione, cresce il pericolo per i princìpi del diritto internazionale e anche per la speranza nella mente delle persone.
  Noi lavoriamo in questo campo cercando di mantenere viva la speranza nella mente delle vittime, e questo è molto importante per la giovane generazione, per le loro menti. Immaginatevi se io, Sahar e altri colleghi domani organizzassimo una conferenza stampa e dicessimo alla nostra gente: «Ragazzi, smettete di credere nel diritto internazionale. È uno spreco. Gli Stati lo usano come un bastone nelle loro mani per picchiare questo o quel Paese, ma non Israele. Israele è un caso eccezionale, e va trattato diversamente».
  Se arrivassimo a questa conclusione a cui non vogliamo arrivare, come pensate che reagirebbero le persone? Noi non ci arriveremo perché crediamo fermamente nei princìpi dello Stato di diritto e del diritto internazionale, ma immaginatevi se si arrivasse alla conclusione che Israele è un caso eccezionale: «smettete di credere a tutte queste cose, fate come volete per proteggere i vostri diritti e per chiedere giustizia a favore delle vittime». Ecco qual è la questione. Questo per me è il pericolo per il futuro.
  È l'ora di prendere una posizione decisa. L'UE ancora non l'ha fatto, anche se sappiamo che ci sono istituzioni a livello UE che sostengono con forza i princìpi. Ci sono però altre istituzioni e altri dirigenti che prendono ordini da Tel Aviv, non dai propri Paesi, dalle proprie capitali. Abbiamo nomi, li conosciamo bene, e conosciamo il modo in cui agiscono, prima e dopo la loro nomina e nel corso del loro mandato. Questo è il momento della verità e dovete prendere una posizione forte. Noi ci rivolgiamo all'Italia affinché si schieri con forza a favore dello Stato di diritto, dei princìpi del diritto internazionale e prenda anche una forte posizione a favore della giustizia, a favore delle vittime, non solo per noi.Pag. 7
  Penso che se nessuno è chiamato a rispondere nessuna vera pace...

  (problemi di audio).

  PRESIDENTE. Abbiamo capito le sue parole, non La sentiamo più. Però vogliamo dire che abbiamo sentito fino alle ultime parole del Suo intervento. A questo punto direi di aprire con le domande, se ci sono. Speriamo di ripristinare il collegamento audio con il dottor Jabarin.
  Intanto chiedo ai colleghi che vedo collegati in remoto se intendono intervenire. C'è qualcuno che intende intervenire? Non vedo mani alzate. Sì, eccola. Collega Yana Ehm, prego.

  YANA CHIARA EHM(intervento da remoto). Grazie, presidente. Ringrazio moltissimo per questa audizione e per questa occasione e ringrazio anche gli auditi per la loro presenza e testimonianza. Non mi dilungo troppo sull'introduzione già fatta dalla presidente, che ringrazio ancora per questo impegno anche su questo fronte molto importante. Avrei due considerazioni brevi e poi due domande.
  La considerazione è che è fondamentale portare avanti questa battaglia perché, come già chiesto anche durante l'interrogazione fatta proprio in Commissione Affari esteri, riguarda non soltanto l'impegno sul fronte diritti umani e della cooperazione internazionale, che ha a che fare con il lavoro portato avanti dalle ong interessate, ma anche quella che è la nostra cooperazione e quella che ovviamente è anche la nostra immagine che portiamo avanti con molta importanza da tanti anni.
  Sicuramente l'interrogazione che ho fatto in Commissione ha dato una prima risposta. È anche comunque confermato che il Ministero degli esteri italiano ha a cuore la questione, che sta portando avanti con molta attenzione il caso che abbiamo appena discusso, ma ha altresì dimostrato che c'è ancora moltissimo da fare e ha altresì dimostrato il fatto che la questione è tutt'altro che risolta.
  Credo però anche che la risposta da parte degli attori, che riguarda non soltanto i Paesi nazionali, ma anche l'Unione europea e le Nazioni Unite, abbia dato un messaggio molto chiaro verso l'operato portato avanti, ma anche riguardo all'importanza che i diritti umani sono universali e devono essere applicati sempre. Questo vale per un Paese, vale per l'altro. Questo è fondamentale.
  Io per questo ho anche già dichiarato al termine dell'interrogazione – adesso lo ribadisco con molto piacere – che è importante che l'Italia prenda una posizione ben chiara, ben netta, a favore dei diritti umani, a favore del diritto internazionale, contro ogni tipo di discriminazione, che tra l'altro riguarda anche la cooperazione internazionale italiana stessa, che portiamo avanti con molto orgoglio e molto impegno.
  Ed ecco quindi che volevo proprio presentare nei prossimi giorni una risoluzione che chieda un impegno ben chiaro al Governo sulla questione. La sottoporrò agli altri colleghi e mi auguro che ci possa essere un voto e una sottoscrizione più trasversale possibile.
  Le mie domande sono due principalmente, ringraziando ancora per l'intervento. La prima: come abbiamo già sentito, parliamo in questo caso di due ong che operano da molto tempo sulla questione e nei Territori. Mi risulta comunque sorprendente, come avete detto anche voi, che da una parte ve lo aspettavate, non è una sorpresa, e dall'altra parte mi chiedo perché proprio adesso. C'è un motivo particolare? Ci sono delle motivazioni particolari che vedono in questo momento comunque questa azione?
  La seconda domanda riguarderebbe anche la preoccupazione del perché possa essere un pericoloso precedente e se vi è il rischio che questa designazione possa in qualche modo non solo essere non revocata – e questo sarebbe un gravissimo precedente – ma addirittura essere estesa anche ad altre ong che stanno operando in questo settore e che quindi metterebbero nuovamente a duro colpo tutti coloro che si stanno battendo per i diritti umani e per il diritto internazionale. Vi ringrazio.

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  PRESIDENTE. Grazie, deputata Ehm. Adesso è iscritto a parlare l'onorevole Orsini, prego.

  ANDREA ORSINI(intervento da remoto). Grazie, presidente Boldrini. Io ho esitato prima di chiedere la parola. Ho esitato perché, dopo quello che ho ascoltato, dopo aver sentito definire Israele uno Stato di apartheid, uno Stato estraneo al diritto internazionale, quando Israele è l'unica democrazia compiuta del Medio Oriente, quando Israele è – tendiamo a dimenticarcelo – la nazione dei sopravvissuti della Shoah, quando Israele è lo Stato che dal 1948 viene regolarmente aggredito, è lo Stato di cui si è negato e si continua a negare il diritto stesso di esistere, mi domando davvero che tipo di dialogo sia possibile con interlocutori di questo tipo.
  Quindi esiterei a porre delle domande, anche perché se dovessi porre delle domande, visto che si tratta di organizzazioni dei diritti umani, chiederei qualche notizia su come vengono rispettati i diritti umani nei Territori palestinesi, su come vengono rispettati i diritti umani a Gaza, su come il dottor Shawan prima parlava di criminali di guerra. Vorrei notizie sull'uso della popolazione civile di Gaza come ostaggio per proteggere le basi missilistiche, nella speranza di ritorsioni israeliane e quindi di creare delle vittime usando il sangue del popolo palestinese. Il popolo palestinese che è vittima: certo che è vittima, ma è vittima di una logica di chi non vuole la pace, di chi non vuole quella pace che il Governo israeliano e molti Governi arabi hanno dimostrato di voler perseguire anche attraverso la strada degli Accordi di Abramo.
  Io non conosco dossier segreti, non me ne occupo, non ho accesso a nessun tipo di segreti. Avrei voluto però sentire – questa domanda la voglio fare ai nostri ospiti – se sono in grado di smentire queste accuse, se sono in grado di smentire di avere rapporti, anche finanziari, con movimenti terroristici come il Fronte popolare per la liberazione della Palestina; se sono in grado di condannare il terrorismo in modo esplicito, senza dubbi, senza se e senza ma, il terrorismo contro la popolazione civile israeliana, i missili lanciati contro la popolazione civile israeliana, gli atti di violenza contro la popolazione civile. Chiedo se sono in grado di condannare le teorie secondo le quali Israele va spazzato dalla faccia della terra, gli ebrei vanno buttati in mare e poi il territorio della Palestina storica – come dicono loro – deve essere riconsegnato ed essere privato della presenza ebraica e israeliana.
  Sono in grado di smentire e condannare queste posizioni e quei comportamenti che ne conseguono? Sono in grado di condannare chi nel mondo palestinese li sostiene e chi, come l'Iran, finanzia questo tipo di posizioni? Tutto questo rientra nella loro visione o lo condannano esplicitamente? Questo sarebbe interessante sapere.
  Per il resto, presidente Boldrini, io La ringrazio per la Sua cortesia. Lei sa la stima che ho per Lei, ma forse dovremmo ragionare meglio sulla scelta degli interlocutori nei nostri Comitati. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Orsini. Sulla scelta dei Comitati c'è tutto e niente da ragionare, in quanto il Comitato fa delle proposte, le sottopone all'Ufficio di presidenza della Commissione e dunque è tutto fatto in modo molto trasparente e democratico. Il Comitato dei diritti umani è un luogo che esiste proprio per ascoltare chi vuole esporre dei casi di violazione dei diritti umani. Io penso che, nel rispetto del massimo pluralismo, noi stiamo facendo un'iniziativa che è coerente con quello che questo Comitato ha sempre fatto. Ma poi comunque di questo ne parleremo.

  ANDREA ORSINI(intervento da remoto). Presidente Boldrini, mi scusi, non volevo mettere in discussione la correttezza del Suo operato, che so essere ineccepibile. La mia è una valutazione di opportunità politica, non certo di correttezza personale o procedurale. Questo è fuori discussione.

  PRESIDENTE. Va bene. Adesso passerei la parola al collega Billi, che ha chiesto di intervenire. Prego, deputato Billi.

  SIMONE BILLI(intervento da remoto). Buonasera a tutti. Io vorrei innanzitutto ricordare l'anniversario del «settembre nero», che è passato pochi giorni fa. Vi ricordo che era il 17 settembre del 1973 Pag. 9quando all'aeroporto di Fiumicino terroristi palestinesi lanciarono bombe al fosforo contro un boeing della Pan Am, dirottarono un aereo della Lufthansa, con quattordici ostaggi, e raggiunsero Kuwait City, dove si arresero. Il bilancio finale fu di trentadue morti e quindici feriti.
  I finanziamenti delle ong, per ritornare all'argomento di oggi, devono essere utilizzati per scopi nobili, come gli aiuti umanitari, e non devono servire alle organizzazioni terroristiche per fornire risorse alle loro azioni. Noi della Lega Salvini Premier stiamo con lo Stato di Israele, ribadiamo il suo diritto a esistere e a difendersi, e condanniamo fermamente tutte le organizzazioni terroristiche, in primis Hamas, e tutte le organizzazioni para terroristiche ad essa affiliate.
  Serve una netta condanna al terrorismo e non ci deve essere ambiguità al riguardo. Secondo noi della Lega Salvini Premier è inaccettabile che la Camera ospiti oggi organizzazioni accusate di essere collegate a doppio filo con il Fronte nazionale. Ripeto, il Fronte nazionale è un'organizzazione dichiarata terroristica dalla stessa Unione europea. Ospitando queste associazioni in Commissione si dà loro una sorta di legittimità, per noi totalmente inaccettabile. Per noi della Lega questa audizione non si sarebbe dovuta tenere, per evitare ripercussioni nei rapporti tra il nostro Paese e l'alleato Israele. Grazie ancora.

  PRESIDENTE. Bene. La ringrazio, onorevole Billi. Noi siamo qui per confrontarci con tutti. Il tema di oggi però è questo. Il fatto che degli organismi non governativi abbiano ricevuto questa notizia di reato, non giustificata... Reato gravissimo, perché «organizzazione terroristica» è una definizione molto pesante, e a detta di osservatori internazionali e di diversi Governi queste accuse non sono state motivate. Tra i Governi diversi che hanno sollevato la questione c'è anche il nostro. A me sembra che siamo pienamente in un ambito di legittimità e mi sembra giusto che questi temi vengano affrontati in modo aperto e trasparente, come ho detto.
  Qualcun altro chiede di intervenire? Presidente Fassino, prego.

  PIERO FASSINO. Solo per dire che tra le attività della Commissione Affari esteri c'è quella di sviluppare delle audizioni di carattere conoscitivo. È ovvio che nel momento in cui noi facciamo delle audizioni i contenuti degli interventi delle persone audite impegnano soltanto loro, non impegnano la Commissione. Audire non significa condividere. Questo deve essere molto chiaro e credo che dal punto di vista formale non ci siano ragioni per non fare l'audizione.
  Poi naturalmente ciascuno è libero di ritenere che le cose che sono state dette dalle due persone audite questa sera siano condivisibili oppure no. Io personalmente penso che le cose che abbiamo sentito, soprattutto da parte del dottor Jabarin, siano opinabili e discutibili, ma sono opinioni che impegnano lui e non impegnano la Commissione.
  Il Comitato dei diritti umani della Commissione ha giustamente il compito di raccogliere, facendo delle audizioni, informazioni ed elementi di conoscenza. Poi le valutazioni politiche si faranno in termini conseguenti nella Commissione, se la Commissione riterrà di dover ulteriormente affrontare il tema.
  Credo anch'io – lo dico ai nostri auditi palestinesi – che noi non daremo un contributo tutti insieme alla soluzione della questione israelo-palestinese, che è una questione complessa che si trascina da più di settant'anni, che ha avuto e ha passaggi complicati e difficili, come tutti sappiamo, semplicemente contrapponendo il bianco al nero. La complessità della vicenda israelo-palestinese sta proprio nel fatto che in quella terra, in Medio Oriente, non sono in contrapposizione una ragione – la ragione dei palestinesi – e un torto – il torto degli israeliani –, perché messa così non se ne esce.
  La complessità della soluzione israelo-palestinese sta nel fatto che sono presenti – e spesso in conflitto – due ragioni: è una ragione il diritto dei palestinesi a rivendicare di avere una patria e di veder riconosciuti la propria identità e i propri diritti, ivi compresi i diritti umani, ed è una ragione quella di Israele di chiedere di essere riconosciuto dai suoi vicini e di poter vivere Pag. 10riconosciuto nella sicurezza. Può sembrare paradossale, ma non lo è. È spesso molto più difficile trovare un punto di incontro tra due ragioni che non tra un torto e una ragione. Credo che di questo dovremmo tenere conto tutti. Grazie.

  PRESIDENTE. Bene. Io penso che anche nelle democrazie a volte i diritti umani non vengono rispettati. Quindi è nostro dovere ascoltare chi lamenta l'abuso di questi diritti. Noi sappiamo bene che anche nel nostro Paese ci sono state circostanze in cui i diritti, per esempio, dei prigionieri – qui stiamo parlando di prigionieri – a Santa Maria Capua Vetere non mi sembra che siano stati rispettati. Quindi nulla osta al fatto che si possa fare un'audizione in cui ci siano dei soggetti che dimostrano, secondo il loro punto di vista, che in Israele e nei luoghi di detenzione dove ci sono palestinesi non vengono rispettati i diritti umani. Non è che in questo modo si afferma una realtà che è estranea alle democrazie. Basta guardare quello che è accaduto negli Stati Uniti con Guantanamo. La democrazia, anche se è sana, può avere poi delle manifestazioni che sono deviate. A me sembra che noi abbiamo tutta la necessità, invece, di fare chiarezza su una vicenda che chiara non è, perché queste sei organizzazioni che sono incriminate sono inserite nei programmi di finanziamento dell'Unione europea e alcune di loro sono anche ong con cui la cooperazione italiana ha lavorato.
  Quello che viene detto da queste persone merita rispetto, merita di essere ascoltato. Se noi vogliamo veramente agire in modo consapevole, dobbiamo sapere su quali basi queste organizzazioni sono state incriminate. Ad oggi non ci sono evidenze e dunque questi capi di accusa non sono stati circostanziati. È giusto o no riuscire ad avere delle prove? Quello che i nostri ospiti ci stanno chiedendo è di fare in modo che queste prove escano, che ci siano evidenze, perché altrimenti quanto sta accadendo non è più legittimo.
  A questo punto io vorrei passare la parola per la replica ai nostri ospiti. Darei la parola alla dottoressa Sahar Francis per una replica e poi in conclusione anche al dottor Jabarin. Prego.

  SAHAR FRANCIS, Direttrice Generale dell'organizzazione Addameer Prisoner Support and Human Rights Association. Grazie, presidente. Comincerò da una prima domanda. Come mai adesso, e se ciò potrebbe valere da precedente, e portare ad attacchi contro altre organizzazioni della società civile? La tempistica, a mio avviso, ha a che vedere con la questione della responsabilità, perché il nostro lavoro a livello internazionale e la decisione del procuratore del Tribunale penale internazionale di aprire un'indagine contro le violazioni israeliane dimostrano quanto noi siamo professionali in materia di raccolta di prove e quanto noi lavoriamo secondo gli standard internazionali quando si tratta di crimini di guerra, crimini contro l'umanità, commessi nei territori occupati.
  Se questo può essere un precedente, sì certo, questo è ciò su cui l'Alta Commissaria e tutti i Relatori Speciali in ambito ONU hanno richiamato l'attenzione nelle loro dichiarazioni. Se la comunità internazionale permette cose del genere ciò significa che altre democrazie, altri Paesi democratici del mondo, possono facilmente affermare che le organizzazioni umanitarie sono organizzazioni terroristiche. Dovreste guardare a cosa ha fatto la Cina il mese scorso quando ha dichiarato che Amnesty è un'organizzazione terroristica e ha chiuso i suoi uffici a Taiwan [in realtà a Hong Kong]. È la stessa cosa che sta cercando di fare Israele con i suoi attacchi alla società civile palestinese nei Territori occupati pur continuando a dire che loro sono l'unica democrazia della regione. Mi dispiace dirlo, ma è sempre più chiaro ormai anche alle organizzazioni israeliane come B'Tselem e altre organizzazioni per i diritti umani che, non solo nei Territori occupati, ma anche all'interno di Israele, all'interno delle frontiere di Israele, c'è sempre più legislazione discriminatoria nei confronti della comunità palestinese che ha la cittadinanza dello Stato di Israele. Ci sono le prove di una politica di apartheid e coloniale da parte di quello Stato. Non c'è il tempo adesso per discutere dell'intero conflitto israelo-palestinese, delle ragioni, dei torti e tutti i discorsi politici e legali, ma voglio sottolinearePag. 11 la questione della giustizia, perché sono avvocato. Alla fin fine io lavoro nei tribunali militari israeliani, e anche in quelli civili. Lo faccio da più di venticinque anni. Vi posso assicurare: venite sul nostro sito web www.addameer.org per leggere le informazioni giuridiche e le analisi giuridiche che stiamo pubblicando su questo sistema di tribunali militari. Capirete perché questo sistema non può essere visto come un sistema giudiziario, un sistema sulle cui decisioni possiamo fare affidamento.
  Un piccolo esempio di ciò che significa avvalersi di informazioni segrete contro qualcuno: due settimane fa noi abbiamo rappresentato un avvocato settantottenne arrestato dagli israeliani con l'accusa di essere coinvolto in attività di favoreggiamento di queste sei organizzazioni e altri addebiti: appartenenza e appoggio al FPLP (Fronte popolare per la liberazione della Palestina). In primo grado, il tribunale militare lo ha rilasciato su cauzione perché ha detto: «A causa della sua età, delle circostanze, a causa dei problemi che presentano le prove, abbiamo deciso di rilasciarlo fino alla fine del processo.».
  Il procuratore militare è però ricorso contro questa decisione. Il tribunale d'appello ha confermato il rilascio aumentando l'importo della cauzione. Il procuratore militare allora cosa ha fatto? Ha emanato un'ordinanza amministrativa militare di detenzione della durata di sei mesi fondandosi su informazioni segrete. Ecco come funziona da più di 55 anni questo sistema nei confronti del popolo palestinese. Ecco perché noi affermiamo che questo è un sistema discriminatorio di apartheid e non possiamo fidarcene. Ecco perché noi cerchiamo di raggiungere la comunità internazionale, soprattutto a livello ONU, in modo da costringere Israele a rispettare i diritti umani, il diritto internazionale, rispettare le decisioni prese a livello di Consiglio di Sicurezza e di Assemblea Generale che Israele non ha mai rispettato, non ha mai attuato nei Territori palestinesi occupati.
  L'accordo di Oslo con l'Autorità palestinese è sempre stato disatteso, e il fatto che Israele si permetta di dichiarare sei organizzazioni palestinesi registrate presso l'Autorità palestinese... Noi siamo sotto la giurisdizione dell'Autorità palestinese, che ha sede nell'area A, e gli israeliani pensano di avere il potere e la giurisdizione per dichiarare qualcosa su di noi come organizzazioni terroristiche. Che cosa rimane allora per la parte palestinese? Che cosa hanno lasciato al Governo palestinese, allo Stato palestinese, che pure era stato accettato a livello ONU come membro osservatore? Che genere di Stato palestinese e di autodeterminazione dei palestinesi abbiamo in mente, se Israele si comporta come padrona dell'intero territorio nell'area israelo-palestinese? Ecco perché è così importante considerare la questione nella prospettiva del rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani, senza che ci siano due pesi e due misure. Israele va trattato con lo stesso standard che si applica, nel diritto umanitario e nel diritto internazionale, a qualsiasi altro Paese che viola sistematicamente i diritti umani.

  PRESIDENTE. Grazie, è molto chiaro quello che ha detto. Adesso passerei la parola al dottor Jabarin e poi chiuderei questa audizione. Grazie.

  SHAWAN JABARIN, Direttore Generale dell'organizzazione Al-Haq. Abbiamo da poco scoperto di essere stati infettati da uno spyware di Pegasus. Lo abbiamo riferito ai nostri partner, i Front Line Defenders e il Citizen Lab canadese, che loro riconoscono. A loro avviso, il Ministro della difesa all'epoca aveva fretta di dichiarare la nostra organizzazione terroristica. Un altro aspetto era il timore, da parte del Ministro, che il Tribunale penale internazionale potesse incriminare qualcuno di loro.
  Quando Lei prima ha detto che non mi sentiva, stavo dicendo che noi non siamo selettivi. Noi ci atteniamo allo Stato di diritto, nel quale crediamo. Che decida il Tribunale penale internazionale se i palestinesi hanno commesso reati come crimini di guerra oppure no. Gli israeliani hanno paura, e perché? Dopo tutto è un tribunale internazionale: che faccia giustizia. Quando sproniamo i palestinesi ad adire il TPI, per prima cosa gli diciamo: «Ragazzi, il Tribunale penale internazionale agisce in due direzioni, non Pag. 12solo per aiutarvi a dare addosso agli israeliani, quindi ricordate che se anche voi commettete reati soggetti alla sua giurisdizione, sarete perseguiti.». Questo è ciò che diciamo a tutti i palestinesi. A proposito del fatto che non siamo selettivi, andate sul nostro sito web a vedere cosa facciamo e cosa diciamo riguardo alla situazione dei diritti umani nei Territori occupati, compresi i reati commessi dai palestinesi.
  Un'altra cosa è che io non sono un politico. So tante cose. Ad esempio che non sono i palestinesi ad occupare Israele. Che non sono dei palestinesi in uniforme ad uccidere i bambini israeliani e i civili ovunque nel mondo. Se questo fosse un conflitto militare sarebbe un crimine di guerra. Siccome non è un conflitto armato, siamo in tempo di pace, ed è ormai una pratica diffusa in ogni Paese, allora è un crimine contro l'umanità. È molto semplice, ci basiamo sul diritto internazionale.
  Invito l'onorevole Orsini e l'onorevole Billi a venire in Palestina a vedere con i propri occhi, a incontrare le vittime di entrambe le parti. Fatelo, vi prego. Siamo pronti ad accogliervi, a rispettare le vostre conclusioni finali, ma non si può dire di essere una vittima e allo stesso tempo commettere crimini sotto questo titolo. Bisogna chiamare le cose con il loro nome. Noi non difendiamo nessun partito politico. Difendiamo le vittime, e siamo per la giustizia a favore delle vittime. Cerchiamo di mantenere la speranza nelle menti delle giovani generazioni, per il futuro. I palestinesi hanno il diritto alla libertà e al rispetto dei loro diritti, compreso quello fondamentale all'autodeterminazione, che è anch'esso un diritto umano.
  Un altro tema è che senza la giustizia non sarà possibile una pace reale, una pace sostenibile. Senza un'attribuzione di responsabilità non ci sarà giustizia. Io, la mia organizzazione, i miei colleghi continueremo a batterci per la giustizia, per l'attribuzione di responsabilità e coopereremo con il Tribunale penale internazionale. Anche se ci chiudono, se ci arrestano, se ci fanno qualsiasi cosa, continueremo perché per noi quello di batterci per i diritti umani e difendere lo Stato di diritto e la giustizia per le vittime non è un semplice posto di lavoro. Ecco perché continueremo. Io non rispetterò la decisione israeliana che ci incrimina.
  Non l'attuerò, non la rispetterò. Il nostro punto di riferimento è il diritto internazionale, i suoi standard, i suoi valori e i suoi princìpi. Questa è la questione, questi sono i nostri criteri e i nostri punti di riferimento.
  Invito tutti a schierarsi a favore della giustizia e dello Stato di diritto. Chi ci attacca e ci incrimina cerca di lasciarci senza risorse, di zittirci e di zittire tutti i nostri partner, gli italiani, gli spagnoli, tutti i partner che abbiamo. Perché hanno paura del sistema della giustizia internazionale? Non entrerò nella discussione politica se condanniamo questo o quello. Andate sul nostro sito web, leggete quello che scriviamo. Gli israeliani non hanno mai contestato le nostre informazioni o le nostre analisi legali. Mai. Per questo hanno optato per una decisione politica. Io ti dichiaro organizzazione terroristica, ed è fatta. I terroristi non possono definire terroristi gli altri. Grazie.

  PRESIDENTE. Bene, la ringrazio. Ringrazio anche gli interpreti per il lavoro. Dichiaro chiusa questa audizione.

  La seduta termina alle 20.05.

Gli interventi in lingua straniera sono tradotti a cura degli interpreti della Camera dei deputati.