TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 83 di Mercoledì 14 novembre 2018

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA IN RELAZIONE ALLE CRITICITÀ CONNESSE AL CONFERIMENTO IN DISCARICA DEI RIFIUTI SPECIALI IN PROVINCIA DI BRESCIA

   La Camera,

   premesso che:

    i risultati e i dati pubblicati dall'Ispra per l'anno 2016 e ripresi dalla stampa nazionale e locale accertano che, nell'ambito della provincia di Brescia, sono stati conferiti rifiuti speciali in quantità oltremodo superiore alla media dei rifiuti conferiti nelle discariche delle altre province lombarde e in misura superiore ad un quinto di quanto conferito in tutti gli impianti d'Italia;

    nella provincia di Brescia, come risulta dallo studio, sono stati seppelliti in discarica nell'ultimo anno censito, il 2016, 2.578.169 tonnellate di rifiuti speciali, pari al 76,47 per cento di quelli interrati in tutta la Lombardia e pari al 21,3 per cento di tutti quelli conferiti in discarica in tutta Italia;

    se si confronta la provincia di Brescia con altre province, quali, ad esempio, Savona, Verona, Livorno, Terni, Taranto, che hanno le stesse criticità, risulta che la quantità conferita in discarica per chilometro/quadrato è più del doppio;

    inoltre, dalla lettura dei dati dello studio dell'Ispra si apprende che nella provincia di Brescia la media dei rifiuti seppelliti in discarica per chilometro/quadrato risulta essere di circa 13 volte superiore rispetto alla media delle altre province lombarde e di tutto il territorio nazionale;

    i detti conferimenti sono avvenuti negli anni recenti, mentre ancora non si sa quanti rifiuti e in quali siti siano stati dispersi sul territorio senza alcuna tutela ambientale prima della normativa del 1982;

    la provincia di Brescia rappresenta un contesto territoriale caratterizzato da una particolare pressione ambientale, determinata da un'alta presenza di impianti di trattamento e smaltimento rifiuti;

    a tal proposito, si ricorda la mozione presentata alla Camera dei deputati il 13 giugno 2017 da 13 parlamentari bresciani sull'emergenza connessa a discariche e rifiuti nella provincia di Brescia e sull'urgenza delle bonifiche, poi approvata all'unanimità il 6 dicembre 2017,

impegna il Governo:

1) a considerare, vista l'urgenza ambientale e sanitaria, l'adozione di iniziative, per quanto di competenza, volte a prevedere urgentemente una procedura di moratoria del conferimento dei rifiuti speciali destinati all'incenerimento e al conferimento in discarica in provincia di Brescia e il blocco di nuove autorizzazioni all'apertura di nuove discariche per i prossimi 5 anni, estendendo le misure previste dalla normativa nazionale più restrittive, come, ad esempio, il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, come precondizione per monitorare tutti i siti compromessi, sia quelli censiti sia quelli non ancora noti, al fine di implementare un piano generale di bonifica del territorio;

2) ad adottare iniziative per prevedere l'introduzione nel decreto legislativo n. 152 del 2006 di un criterio nazionale che consenta alle regioni di inserire nel proprio ordinamento il «fattore di pressione» per le discariche quale criterio obbligatorio per l'indicazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti, delegando il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, all'adozione di un decreto interministeriale che ne definisca principi e metodologia di calcolo.
(1-00057) (Nuova formulazione) «Muroni, Bazoli, Fornaro, Berlinghieri, Braga».

(4 ottobre 2018)

   La Camera,

   premesso che:

    sull'intero territorio nazionale insistono aree che presentano forti compromissioni delle matrici ambientali, quali aria, suolo e acqua, a causa di fonti di inquinamento che hanno agito, rispettivamente, prima che lo Stato italiano adottasse una legislazione ambientale di settore, oppure a seguito di condotte criminali, spesso rimaste senza responsabile, e comunque, in entrambi i casi, senza possibilità di richiedere alcun ristoro economico ambientale, con il risultato che si sono verificati, nel breve e medio termine, gravi danni ambientali;

    la grave situazione che si è prodotta nel corso dei decenni nella provincia di Brescia risulta eclatante a tale riguardo. I grandi ritardi con cui il nostro Paese ha adottato norme giuridiche di tutela ambientale e di limitazione delle emissioni industriali, che sono sostanzialmente giunte solo successivamente alla metà degli anni Settanta del secolo scorso, hanno penalizzato in particolare le aree maggiormente industrializzate, come appunto quella di Brescia;

    la provincia di Brescia conta 31 discariche attive di rifiuti speciali, su un totale di 665 impianti di vario tipo che trattano e recuperano rifiuti con diverse modalità;

    l'aumento della mortalità per patologie correlate all'inquinamento ambientale è ormai un dato noto;

    si ha, inoltre, notizia di un'epidemia di polmonite, che costituisce un unicum a livello mondiale, fra la provincia di Brescia e l'Alto Mantovano, iniziata nel mese di settembre 2018, con oltre 900 casi, e diffusione di legionella non ancora verificata nelle cause;

    dall'articolo di stampa «rifiuti, 40 milioni di tonnellate in viaggio per l'Italia» (https://www.ilfattoquotidiano.it) si evince che oltre 40 milioni di tonnellate di rifiuti valichino i confini regionali e il 12 per cento delle merci trasportate in Italia siano rifiuti (https://www.ilfattoquotidiano.it);

    in particolare, nel Nord Italia vengono trattati circa 130 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani e speciali con riduzione della sostenibilità della filiera, perdita di posti di lavoro per i territori privi di strumenti di gestione ed emissioni ingiustificate legate al trasporto dei rifiuti stessi per oltre 8 miliardi di chilometri (valore paragonabile al trasporto delle persone);

    il piano di depurazione per il lago di Garda, portato avanti da alcuni enti locali, prevede lo scarico degli effluenti nel fiume Chiese, già impattato da 16 depuratori e da altre fonti industriali e agrozootecniche (il lago di Garda riceve il carico eutrofico – azoto e fosforo in particolare – per il 70 per cento da fonti industriali e agrozootecniche, solo il 30 per cento da depurazione civile);

    occorre, altresì, predisporre una mappatura delle aree su tutto il territorio nazionale che possano essere state oggetto di inquinamento diffuso, o comunque di grave entità, in danno delle matrici ambientali prima che fosse adottata una disciplina organica in materia ambientale, in considerazione dell'assenza di uno specifico responsabile dell'inquinamento e dunque di un soggetto obbligato agli interventi di bonifica e ripristino ambientale,

impegna il Governo:

1) a valutare l'assunzione di iniziative, per quanto di competenza, per disporre una moratoria per quanto riguarda l'autorizzazione di discariche, di inceneritori e altre fonti di emissioni inquinanti in acqua, suolo ed aria ed in particolare, in territori con un elevato fattore di pressione ambientale come la provincia di Brescia, valutando di contenere i conferimenti dei rifiuti alle discariche e agli inceneritori con una logica di prossimità e sostenibilità, tenendo conto dell'introduzione del «fattore di pressione» che ha già avuto una positiva prima esperienza presso la regione Lombardia, nell'ambito del piano regionale di gestione dei rifiuti del 2014 e ulteriormente normato nel 2017;

2) ad assumere iniziative per rendere pubblico il referto epidemiologico della popolazione «in particolare delle aree più impattate», anche in considerazione dei contenuti del disegno di legge n. 535 e abbinati, recante «Disposizioni in materia di rete nazionale dei registri dei tumori», approvato dal Senato della Repubblica;

3) a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, per garantire la gerarchia nella gestione dei rifiuti in osservanza degli obblighi comunitari, per conseguire l'obiettivo di ridurre la quantità di rifiuto destinata alla discarica e all'incenerimento, anche valutando di modificare l'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, al fine di contenere il trattamento dei rifiuti urbani in impianti di recupero energetico provenienti da altre regioni e lo smaltimento dei rifiuti urbani avviati fuori dal territorio della regione dove sono prodotti, così come limitare al territorio regionale la provenienza dei fanghi di depurazione, in particolare, in aree impattate e con referto epidemiologico sfavorevole rispetto ad altre aree nazionali;

4) a interfacciarsi con gli enti locali e regionali per studiare l'epidemia di polmonite, anche in relazione a possibili fattori ambientali, e ad adottare iniziative per prevenire nuovi accadimenti del genere;

5) ad adottare iniziative, per quanto di competenza e d'intesa con gli enti locali, ai fini della realizzazione quanto prima di un nuovo ed efficiente sistema di depurazione per tutti i comuni gardesani;

6) alla luce della situazione della provincia di Brescia, a mappare il ruolo delle fonti emissive in aria, suolo e falde acquifere nelle realtà più critiche del nostro Paese, in modo da arrivare in tempi brevi alla riduzione delle pressioni e a un piano nazionale produttivo, per esempio per quanto riguarda la produzione dell'acciaio, individuata appunto tra le principali pressioni ambientali per la provincia di Brescia, produzione che deve essere resa maggiormente sostenibile.
(1-00073) «Zolezzi, Lucchini, Bordonali, Varrica, Vianello, Vignaroli, Eva Lorenzoni, Formentini, Donina, Businarolo, Romaniello, Termini, Benvenuto, Terzoni, Federico, Badole, Binelli, Daga, Deiana, D'Eramo, D'Ippolito, Ilaria Fontana, Gobbato, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Parolo, Raffaelli, Ricciardi, Rospi, Traversi, Valbusa, Dori».

(12 novembre 2018)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A PREVENIRE E CONTRASTARE LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

   La Camera,

   premesso che:

    la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, che ha scelto la data del 25 novembre e che ha invitato i Governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative a organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica;

    la violenza basata sul genere, inclusa anche la violenza domestica, come definita nella Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (la cosiddetta «Convenzione di Istanbul»), approvata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011, rappresenta una grave violazione dei diritti umani, che affonda le sue radici in una profonda, e persistente, disparità di potere tra uomini e donne e in un'organizzazione patriarcale della società che ancora oggi permea le pratiche e la vita quotidiana di milioni di uomini e donne in Italia;

    la riproduzione della struttura di genere tradizionale avviene attraverso rappresentazioni collettive fondate sugli stereotipi e il sessismo, che incidono nell'immaginario e nell'agire collettivo, creando le condizioni per una giustificazione e una perpetuazione della violenza maschile sulle donne;

    come ci dimostrano i dati più recenti diffusi dall'Istat con il Rapporto SDGs 2018 «Informazioni statistiche per l'Agenda 2030 in Italia», la violenza contro le donne nel nostro Paese è un fenomeno ampio, diffuso e strutturale;

    il rapporto evidenzia come «La violenza fisica e sessuale sulle donne e sulle ragazze è presente in tutti i Paesi e in gran parte dei casi l'autore è il partner. Nei casi più estremi la violenza contro le donne può portare alla morte. Nel 2012, quasi la metà di tutte le donne che sono state vittime di omicidio intenzionale in tutto il mondo è stata uccisa da un partner o da un familiare, rispetto al 6 per cento delle vittime di sesso maschile»;

    sempre i dati ci dicono che: «le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici»: nel 62,7 per cento dei casi, gli stupri dichiarati sono stati commessi da partner, nel 3,6 per cento da parenti e nel 9,4 per cento da amici; un'evoluzione confermata anche per quel che riguarda le violenze fisiche come schiaffi, calci, pugni e morsi, mentre gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali. Il 31,5 per cento delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subito, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Ha subito violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6 per cento delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2 per cento (855 mila) da partner attuale e il 18,9 per cento (2 milioni 44 mila) dall'ex partner. Il 24,7 per cento delle donne ha subito almeno una violenza fisica o sessuale da parte di uomini non partner: il 13,2 per cento da estranei e il 13 per cento per cento da persone conosciute. In particolare, il 6,3 per cento da conoscenti, il 3 per cento da amici, il 2,6 per cento da parenti e il 2,5 per cento da colleghi di lavoro. Tra le violenze sessuali subite dalle donne, le più diffuse sono le molestie fisiche;

    l'Istat ci dice anche che le donne sono uccise soprattutto nell'ambito familiare o da conoscenti. Nel 2016, nella metà dei casi l'omicidio di una donna è stato commesso dal partner o dall'ex partner (51 per cento), nel 22,1 per cento dei casi da parte di un parente, nel 6 per cento dei casi da un conoscente. Questi dati confermano ciò che era già ampiamente noto: per le donne l'ambito familiare è il meno sicuro. I recenti fatti di cronaca poi evidenziano una drammatica recrudescenza dei fenomeni delittuosi riconducibili alla violenza di genere;

    i costi sociali ed economici della violenza dimostrano che le risorse stanziate per la prevenzione comportano netti risparmi rispetto a quanto il sistema pubblico è costretto a spendere una volta che la violenza viene realizzata. Il rapporto dell'Eige (European Institute for gender equality), presentato l'8 ottobre 2018, stima che ogni anno, nel nostro Paese, la violenza contro le donne costa 26 miliardi di euro, in termini di perdita di produzione economica, del maggiore utilizzo di servizi e dei costi personali, per un costo totale di quasi 226 miliardi di euro nei 28 Paesi dell'Unione europea;

    anche le conseguenze sulla salute delle donne sono pesantissime. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità la violenza sulle donne rappresenta «un problema di salute di proporzioni globali enormi»;

    questa fotografia del fenomeno della violenza contro le donne è stata possibile anche grazie al lavoro, spesso volontario, di tante donne dei centri antiviolenza non istituzionali, che da sempre affiancano le donne maltrattate ascoltandole e accompagnandole nella costruzione di percorsi personali di fuoriuscita dall'esperienza di violenza;

    nella XVII legislatura è stato portato avanti un lavoro intenso e sistematico dal Parlamento e dai Governi che si sono succeduti. Non a caso, uno dei primi atti del Parlamento è stata la ratifica della Convenzione di Istanbul, il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione ha fatto emergere, tra le altre cose, la correlazione tra l'assenza della parità di genere e il fenomeno della violenza;

    in attuazione dell'articolo 5 della Convenzione, con il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, si è proceduto alla definizione di un piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere. Il piano, di durata biennale, è stato adottato con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri nel luglio 2015;

    partendo dall'esperienza maturata nell'attuazione del citato piano straordinario e nella convinzione che il raggiungimento della parità de jure e de facto sia un elemento chiave per sradicare la violenza contro le donne, il dipartimento per le pari opportunità, mediante la costituzione di un gruppo di lavoro istituito ad hoc, ha avviato un ampio e articolato processo di dialogo partecipato, finalizzato alla definizione delle linee strategiche e dei contenuti della proposta di un «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne» per il triennio 2017-2020;

    il piano nazionale, approvato nel novembre 2017 in Consiglio dei ministri dal Governo pro tempore, ripropone i tre assi strategici della Convenzione di Istanbul (prevenire, proteggere e sostenere, perseguire e punire), oltre ad un asse trasversale di supporto all'attuazione relativo alle politiche integrate;

    sul fronte della prevenzione, le priorità individuate riguardano il rafforzamento del ruolo strategico del sistema di istruzione e formazione, la formazione degli operatori del settore pubblico e del privato sociale, l'attivazione di programmi di intervento per gli uomini autori o potenziali autori di violenza, la sensibilizzazione dei mass media sul ruolo di stereotipi e sessismo. Quanto alla protezione e al sostegno alle vittime, la priorità è la presa in carico; seguono percorsi di empowerment economico-finanziario, lavorativo e di autonomia abitativa. Per quel che riguarda la repressione dei reati, le priorità sono: garantire la tutela delle donne vittime di violenza (compreso lo stalking) attraverso un'efficace e rapida valutazione e gestione del rischio di letalità, gravità, reiterazione e recidivi del reato, con procedure che siano omogenee ed efficienti su tutto il territorio nazionale, oltre che il più possibile condivise tra le varie forze dell'ordine; migliorare l'efficacia dei procedimenti giudiziari a tutela delle vittime di abusi e violenze e di delitti connessi alla violenza maschile contro le donne;

    nel piano si evidenzia anche la necessità di adottare strategie efficaci per prevenire e contrastare ogni forma di violenza che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro (violenza fisica, psicologica, sessuale) attraverso un percorso condiviso con le parti sociali;

    si dedica, altresì, una specifica attenzione ad alcune categorie vulnerabili, quali: i minori vittime di mutilazioni genitali femminili o minacciati di subire tale pratica; i minori costretti al matrimonio precoce/forzato; le vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo;

    a tal proposito, si ricorda che il 26 febbraio 2016 il Consiglio dei ministri del Governo pro tempore ha adottato il primo piano d'azione nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani per gli anni 2016-2018;

    in merito alle risorse, il decreto-legge n. 93 del 2013 aveva in principio disposto un incremento del Fondo per le pari opportunità di 10 milioni di euro, per l'anno 2013, vincolati al finanziamento del piano contro la violenza di genere, per gli anni 2014, 2015, e 2016, con la legge di stabilità per il 2014, era stato aumentato ulteriormente il fondo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni con vincolo di destinazione al piano antiviolenza; un ulteriore finanziamento di natura permanente era invece stato specificamente destinato, nell'ambito del piano, al potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e case rifugio e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza: a tal fine il fondo per le pari opportunità fu incrementato di 10 milioni di euro per il 2013, di 7 milioni di euro per il 2014 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. Inoltre, nell'esercizio finanziario 2017, il fondo ha subito un significativo incremento dovuto ad un rifinanziamento di circa 49 milioni di euro per il 2017, con la legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016). Nella legge di bilancio per il 2018, poi, il fondo per le pari opportunità viene rifinanziato per circa 45 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2018-2020;

    nel bilancio 2017 della Presidenza del Consiglio dei ministri pro tempore sul capitolo «Somme da destinare al piano contro la violenza alle donne», nel quale sono iscritti sia i fondi destinati al piano straordinario che quelli per i centri antiviolenza e le case rifugio, risultavano stanziate per il 2017 risorse per 21,7 milioni di euro e per il 2018, sempre al medesimo capitolo, risultavano stanziate risorse pari a 35,4 milioni di euro;

    in attuazione dell'articolo 1, commi 790 e 791, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e per il compimento degli obiettivi posti al paragrafo 5.4 «Soccorso» del piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017, sono state adottate le linee guida nazionali per l'assistenza socio-sanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso, che individuano e delineano un percorso dedicato, con l'obiettivo di garantire alle donne un'assistenza adeguata e una «presa in carico» che parte dal triage infermieristico e arriva fino all'accompagnamento e all'orientamento ai servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio di riferimento. Le linee guida nazionali sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 30 gennaio 2018;

    diversi sono stati i protocolli siglati dal Dipartimento per le pari opportunità volti a: creare, in collaborazione con l'Istat, una «banca dati sulla violenza di genere» finalizzata a fornire informazioni statistiche valide e continuative agli organi di Governo e a tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel contrasto alla violenza di genere; adottare, in collaborazione con l'Arma dei Carabinieri, un linguaggio ed una metodologia condivisa tra i soggetti che, a diverso titolo, operano sul tema della violenza di genere, in un'ottica di miglioramento e di raccordo delle azioni di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne; espletare, in accordo con l'Arma dei Carabinieri, corsi di formazione agli operatori del numero di pubblica utilità 1522 e al personale della Presidenza del Consiglio dei ministri, diretti a fornire un approfondimento del fenomeno della violenza di genere, analizzandolo sotto i suoi molteplici aspetti; promuovere, in accordo con il Ministero dell'interno, la formazione integrata e multidisciplinare degli operatori e delle operatrici delle parti coinvolte e di promuovere l'adozione di protocolli operativi in grado di migliorare gli interventi di prevenzione e protezione delle vittime;

    in un'ottica di prevenzione, è stato garantito il servizio fornito dal numero di pubblica utilità 1522, riconosciuto come strumento fondamentale di orientamento delle vittime di violenza di genere e di stalking, che fornisce informazioni puntuali all'utenza sui servizi pubblici e privati presenti sul territorio nazionale. Per promuovere il numero gratuito, sono state promosse diverse campagne di comunicazione, l'ultima delle quali realizzata nel 2017: «sbloccailcoraggio»;

    in occasione dell'undicesima Giornata europea contro la tratta degli esseri umani, il 18 ottobre 2017 è stata presentata la nuova campagna istituzionale, in onda sulle reti Rai, per la pubblicizzazione del numero verde antitratta 800 290 290;

    il 24 luglio 2017 è stato emanato dal Dipartimento per le pari opportunità un avviso pubblico finalizzato a promuovere e sostenere una serie di interventi progettuali, anche di carattere innovativo, come, ad esempio, quelli a supporto e protezione delle donne sottoposte a violenza cosiddetta economica;

    il 15 e il 16 novembre 2017, a Taormina, si è riunito il primo G7 delle pari opportunità: il summit G7 è stata un'importante occasione per discutere di politiche sociali e diritti delle donne e per affrontare i due principali temi: il rafforzamento delle misure contro la violenza sulle donne e l’empowerment femminile, specie sul versante economico;

    inoltre, sin dall'adozione della risoluzione del Consiglio di sicurezza 1325(2000) i Governi pro tempore, sostenuti dal Partito democratico, hanno condotto l'Italia a sostenere con forza l'Agenda donne, pace e sicurezza, in linea anche con i risultati delle conferenze internazionali di settore, a partire dall'innovativa quarta Conferenza mondiale sulle donne, tenutasi a Pechino nel 1995, varando, uno tra i pochi Paesi, il terzo piano d'azione nazionale italiano a conferma dell'impegno delle autorità italiane nell'attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in materia di donne, pace e sicurezza;

    sulla scorta delle indicazioni e dei principi della Convenzione, la legge n. 119 del 2013, la cosiddetta legge sul femminicidio, ha definito per la prima volta con chiarezza la centralità e la peculiarità della violenza compiuta entro le mura domestiche da chi ha vincoli familiari o affettivi con la persona colpita; ha, inoltre, introdotto profonde modifiche processuali a tutela della vittima e introdotto misure di sostegno per le donne e i minori coinvolti nella fase processuale – modalità protette per le testimonianze, gratuito patrocinio, dovere di comunicazione del giudice rispetto alle modifiche delle misure cautelari, processi più rapidi e l'estensione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica slegato dal permesso del marito, irrevocabilità della querela per le situazioni particolarmente gravi di stalking;

    per quanto riguarda la dotazione di strumenti «repressivi», di particolare rilievo appare l'introduzione di un'aggravante per gravi delitti violenti da applicare in caso di «violenza assistita», e cioè avvenuta in presenza di minori, con particolare riferimento al regime della querela di parte che è diventata irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate e aggravate. In tutti gli altri casi la remissione potrà avvenire soltanto in sede processuale, ma il delitto resta perseguibile d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità;

    si è agito, inoltre, introducendo importanti misure di prevenzione, quali l'ammonimento del questore anche per condotte di violenza domestica, sulla falsariga di quanto già previsto per il reato di stalking, e l'allontanamento – anche d'urgenza – dalla casa familiare e l'arresto obbligatorio in flagranza dell'autore delle violenze, e si è cercato di intervenire al fine di migliorare l'interazione tra chi subisce violenza e le autorità. Inoltre, i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e stalking sono stati inseriti tra quelli che hanno priorità assoluta nella formazione dei ruoli d'udienza ed è stato esteso il gratuito patrocinio;

    il decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, in vigore dal 20 gennaio 2016, aveva recepito la direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che istituiva norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e istituito il Fondo destinato al ristoro patrimoniale delle vittime di reati intenzionali violenti, che era stato, dal Governo pro tempore, nel 2017, incrementato e alimentato dalle somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile;

    negli ultimi giorni della XVII legislatura, il Parlamento ha approvato la legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, che riconosce tutele processuali ed economiche ai figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti della vittima di un omicidio commesso da: il coniuge, anche legalmente separato o divorziato; l'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione è cessata; una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima. La medesima legge, inoltre, modifica il codice penale intervenendo sull'omicidio aggravato dalle relazioni personali. Rispetto alla norma vigente, che punisce l'uxoricidio (omicidio del coniuge) con la reclusione da 24 a 30 anni, il provvedimento aumenta la pena ed estende il campo d'applicazione della norma. Modificando l'articolo 577 del codice penale, infatti, è prevista la pena dell'ergastolo se vittima del reato di omicidio è: il coniuge, anche legalmente separato; l'altra parte dell'unione civile; la persona legata all'omicida da stabile relazione affettiva e con esso stabilmente convivente;

    con l'entrata in vigore poi della legge 17 ottobre 2017, n. 161, di riforma del codice antimafia, agli indiziati di stalking potranno essere applicate nuove misure di prevenzione e, in particolare, sarà applicabile la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, cui può essere aggiunto, se le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province. Quando le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee può essere imposto all'indiziato di atti persecutori l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. Infine, con il consenso dell'interessato, anche allo stalker potrà essere applicato il cosiddetto braccialetto elettronico, una volta che ne sia stata accertata la disponibilità. La riforma del codice consente, inoltre, l'applicazione agli indiziati di stalking anche delle misure di prevenzione patrimoniali;

    la prevenzione non può che partire dalla scuola. In tal senso, il 27 ottobre 2017 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca pro tempore ha presentato un Piano nazionale per promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione al rispetto, per contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze. Con il piano sono stati stanziati 8,9 milioni di euro per progetti e iniziative per l'educazione al rispetto e per la formazione delle e degli insegnanti. In particolare, 900.000 euro per l'ampliamento dell'offerta formativa, 5 milioni di euro (fondi Pon) per il coinvolgimento di 200 scuole nella creazione di una rete permanente di riferimento su questi temi. Altri 3 milioni di euro per la formazione delle e dei docenti. In attuazione del piano sono state emanate le linee guida nazionali per l'attuazione dell'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015 per la promozione dall'educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere;

    a sostegno di iniziative educative in ambito scolastico, il Dipartimento per le pari opportunità ha indetto un bando pubblico rivolto a tutte le scuole nazionali di ogni ordine e grado, che ha permesso di finanziare 90 istituti scolastici. Le risorse stanziate sono state di 5 milioni di euro;

    il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, di attuazione della legge n. 183 del 2014 (cosiddetto Jobs Act), sui temi di conciliazione lavoro-vita privata, ha introdotto il congedo per le donne vittime di violenza di genere che intraprendono percorsi di protezione. Le lavoratrici dipendenti del pubblico e del privato e anche le lavoratrici autonome che subiscono violenza, per motivi legati allo svolgimento di tali percorsi, hanno diritto ad astenersi dal lavoro per un periodo di tre mesi, anche non continuativo, interamente retribuito. È inoltre prevista la possibilità di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, nonché l'opportunità di trasformarlo nuovamente, a seconda delle esigenze della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno, nonché la facoltà, per le collaboratrici a progetto, di sospendere il rapporto contrattuale per motivi connessi allo svolgimento dei suddetti percorsi di protezione;

    questo lungo excursus è parso utile a dimostrare che moltissimo è stato fatto dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni, ma che la strada per sconfiggere definitivamente e culturalmente il fenomeno della violenza contro le donne è ancora lunga e attuale;

    dalla relazione finale, approvata all'unanimità, della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere (istituita nel mese di gennaio 2017 e istituita nuovamente il 16 ottobre 2018), emergono tantissime indicazioni e vuoti normativi da colmare. Una delle maggiori incongruenze evidenziate, e alla quale si chiede di porre rimedio, è la totale incomunicabilità tra procedimenti civili e penali e tra questi ultimi e il tribunale per i minorenni. Così spessissimo accade che un procedimento penale scaturito da una denuncia per violenza domestica proceda completamente staccato dal procedimento civile di separazione e affidamento dei figli. Ne consegue una frequente violazione della Convenzione di Istanbul poiché, anche quando un giudice ha accertato la violenza domestica, viene disposto l'affido condiviso;

    il 9 maggio 2018 il Consiglio superiore della magistratura ha adottato una risoluzione sulle linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica con l'obiettivo di fornire agli uffici giudiziari italiani, requirenti e giudicanti, gli indirizzi per meglio organizzare l'attività di indagine e i giudizi sui reati riguardanti la violenza di genere. Nelle linee guida si sottolinea che «La centralità del tema delle vittime di violenza di genere e domestica, ancor più se domestica, ancor più se minorenni, tanto nella veste di vittime che di testimoni, rende ineludibile l'esigenza di rafforzare la cooperazione interna al sistema giudiziario, in particolare quella tra procure ordinarie, tribunale civile e magistratura minorile»;

    il disegno di legge cosiddetto Pillon, in discussione al Senato della Repubblica, che propone una riforma in materia di affido condiviso, sembra porsi in aperto contrasto con quanto detto sopra. Un testo fortemente criticato, il cui contenuto viola la Costituzione e le Convenzioni internazionali. In particolare, l'obbligo di mediazione viola apertamente il divieto previsto dall'articolo 48 della Convenzione di Istanbul e rischia di mettere in pericolo le donne che fuggono dal partner violento. Così come occorre sottolineare la pericolosità dell'introduzione del concetto di alienazione parentale, che, presupponendo esservi manipolazione da parte di un genitore in caso di manifesto rifiuto dei figli di vedere l'altro, prevede di invertire il domicilio collocando il figlio proprio presso il genitore che esso rifiuta. Si contrasta così la possibilità per il minore di esprimere il suo rifiuto, avversione o sentimento di disagio verso il genitore che si verifichi essere inadeguato o che lo abbia esposto a situazioni di violenza assistita;

    troppo spesso poi le donne rischiano ancora di subire fenomeni di vittimizzazione secondaria, derivanti dal contatto insoddisfacente con il sistema di giustizia penale, vivendo così un ulteriore trauma psico-emotivo. È quindi importante favorire, attraverso strumenti normativi, buone prassi e la formazione mirata, integrata e permanente di tutti gli operatori coinvolti (anche sui contenuti della Convenzione di Istanbul), una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima di genere. Un ulteriore elemento di vittimizzazione secondaria di cui occorre tenere conto, è l'estrema durata del procedimento penale;

    purtroppo, ancora oggi, nei mondi che vengono a contatto con la violenza sulle donne, sono presenti molti pregiudizi. Pregiudizi che possono comportare un'errata valutazione del rischio da parte di uno degli operatori delle reti di protezione della donna vittima di violenza, con la conseguente mancanza di adozione di misure di protezione adeguate che possono avere come conseguenza un femminicidio. Troppo spesso, dalle cronache giudiziarie, emergono situazioni nelle quali il soggetto violento, trasformatosi in omicida di genere, non risultava sottoposto ad alcuna misura, pur avendo la donna più volte denunciato la situazione di violenza subita;

    la scelta di una donna vittima di violenza di affidare il racconto della propria storia alle forze dell'ordine va raccolta con capacità e professionalità: chiedere aiuto è un punto di arrivo che segna il passaggio tra il passato e il futuro. Per queste ragioni, chi accoglierà questo affidamento, e soprattutto il modo in cui lo farà, può segnare una grande differenza nel prosieguo del viaggio di rinascita della donna;

    per quel che concerne poi la trattazione prioritaria dei processi, fondamentale anche per evitare una vittimizzazione secondaria della parte lesa, le linee guida del Consiglio superiore della magistratura, anche in considerazione dell'espresso richiamo all'articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, operato dalla circolare 20458 del 17 novembre 2017, intervengono sul tema indicando che: «ferma restando l'insindacabilità della discrezionalità rimessa ai magistrati giudicanti e requirenti in ordine alle scelte processuali del caso singolo, appare in linea con l'indicazione consiliare ricercare modalità organizzative condivise, utili ad assicurare la trattazione prioritaria dei procedimenti e la protezione alla vittima anche in ambito processuale; l'ipotesi che le dirigenze degli uffici possano concordare previsioni generali relative ai casi in cui detta modalità di assunzione della prova si renda particolarmente opportuna»;

    sul piano della comunicazione viene ancora riservata poca attenzione al ruolo che i media possono avere per consolidare una coscienza sociale diffusa di condanna del fenomeno. Troppe volte, soprattutto nei casi di femminicidio, i media tendono a far passare un messaggio fuorviante e diseducativo, sia sul piano del linguaggio, che su quello della rappresentazione della notizia. Espressioni come «Amore malato», «eccesso di amore», «raptus» richiamano ad una sorta di giustificazionismo dell'azione violenta. Anche su questo punto la Convenzione di Istanbul interviene in maniera puntuale con l'articolo 17, prevedendo la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e di un'informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere;

    nell'era del web, la violenza, come è noto, corre anche in rete e le donne sono le principali vittime del discorso d'odio on line. Vox Diritti ha pubblicato di recente una Mappa dell'intolleranza, secondo la quale le donne sono ancora le più odiate in rete. In particolare, si rileva come la rete dell'odio si agita quando la cronaca registra casi di femminicidio e che il social network più attivo nel condividere l'odio verso le donne è Twitter, con oltre 1 miliardo di tweet sessisti rilevati (su un campione di oltre 2 miliardi complessivi);

    sulle politiche di genere e di contrasto alla violenza maschile sulle donne, si sta assistendo, nel nostro Paese, così come in molte parti del mondo, ad un pericoloso arretramento politico oltre che culturale il cui esito può essere molto pericoloso per i diritti delle donne;

    ci si trova di fronte ad un contesto politico in cui alle contraddizioni e resistenze abituali su come affrontare la dimensione strutturale e secolare della violenza contro le donne, si aggiunge una tendenza sempre più preoccupante a definire la gravità delle forme della violenza maschile in base alle appartenenze razziali e nazionali degli uomini violenti;

    ancora una volta sono i dati che vengono in aiuto. In data 27 settembre 2017, il Presidente di Istat Giorgio Alleva, nel corso di una audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, in merito agli autori della violenza sottolinea che: «gli stupri subiti dalle donne italiane sono stati commessi da italiani in oltre l'80 per cento dei casi (81,6 per cento), da autori stranieri in circa il 15 per cento dei casi (15,1 per cento)». E ancora che «è interessante sottolineare che il comportamento di denuncia delle italiane risulta cambiare notevolmente se l'autore della violenza sia straniero: la quota di vittime di stupro da un autore straniero che dichiara di aver sporto denuncia è infatti oltre 6 volte più alta rispetto al caso in cui l'autore è italiano. Per il tentato stupro, la differenza è ancora più marcata: la quota di donne che denunciano, nel caso di un autore straniero, è 10 volte più alta rispetto al caso in cui l'autore sia un italiano»;

    in tema di violenza maschile sulle donne, il «Contratto del governo per il cambiamento» sottoscritto dalle forze di maggioranza, si limita a circoscrivere quest'ultima alla sola violenza sessuale. Nessuna riflessione viene fatta sulla violenza fisica, psicologica, economica e sulle molestie sul luogo di lavoro. Un approccio duro e repressivo, quello scelto dall'attuale Esecutivo, che, secondo i presentatori del presente atto di indirizzo, rivela tutta la sua incapacità nel promuovere e proporre interventi adeguati e integrati che partano dalla prevenzione e arrivino ad elaborare progetti personalizzati di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita delle donne dall'esperienza di violenza subita;

    ai proclami securitari al momento non è seguita alcuna azione concreta, né in termini legislativi, né in termini amministrativi, e intanto la strage infinita di donne continua;

    la cabina di regia per dare impulso alle politiche in tema di violenza sulle donne che il Governo Conte ha ereditato è stata convocata dal Sottosegretario con delega alle pari opportunità solo qualche giorno fa e fino ad ora si sono sentite dal Sottosegretario Spadafora solo tiepide dichiarazioni;

    si sottolinea poi che le risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2018 ai centri antiviolenza e alle case rifugio, ripartite nel maggio 2018 in Conferenza Stato-regioni, ad oggi non risultano ancora essere state trasferite alle regioni. È invece importante che tali risorse vengano distribuite al più presto e che ciò avvenga in modo coerente e giusto, attraverso meccanismi che stabilizzino il sapere costruito in molti anni di ascolto delle donne delle loro esperienze, dei loro bisogni, desideri e volontà;

    nel disegno di legge di bilancio per il 2019, in merito allo stanziamento di risorse destinate al Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, si registra una decurtazione, per il triennio 2019, 2020 e 2021, di circa 500 mila euro l'anno. Stesso identico trattamento viene riservato al Piano nazionale antitratta di cui alla legge di stabilità n. 208 del 2015, che subisce una decurtazione pressoché identica a quella prevista per il Fondo pari opportunità. Anche il Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti e quello per gli orfani di femminicidio subiscono un ritocco al ribasso rispetto a quanto previsto dal «contratto di governo». Si interrompe così una tendenza di crescita nello stanziamento di risorse dedicate al tema, che i Governi a guida Partito democratico hanno sempre confermato;

    viene definanziata e lasciata «morire» la normativa sul congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, introdotta in via sperimentale dall'articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92: un'importante misura di civiltà e parità, voluta e apprezzata anche dai padri;

    il rischio, dunque, non è solo che si disperda il lavoro importante fatto nella XVII legislatura da Parlamento e Governo, ma che si possa assistere ad un vero e proprio passo indietro su questo tema,

impegna il Governo:

1) a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a rendere efficace il complesso sistema di strumenti e di tutele citati in premessa, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul;

2) ad assumere iniziative per proseguire nella strada tracciata dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni, attuando la strategia delineata dal Piano nazionale 2017-2020 e implementando e monitorando le linee guida nazionali per l'assistenza sociosanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso;

3) ad assumere iniziative per favorire il coordinamento tra processo penale, civile e procedimenti presso i tribunali per i minorenni, al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica;

4) a promuovere la parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, assumendo iniziative per destinare a tale scopo nuove risorse finanziarie;

5) a promuovere strumenti e procedure di valutazione del rischio di letalità per la vittima, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dai protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere e ai protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine con specifico riferimento a questa materia (ad esempio, il protocollo Eva);

6) ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, anche nell'ambito di specifiche provviste finanziarie destinate alla violenza di genere;

7) ad assumere iniziative per favorire modalità organizzative condivise, utili ad assicurare la trattazione prioritaria dei procedimenti e la protezione alla vittima anche in ambito processuale, così come indicato nelle linee guida del Consiglio superiore della magistratura;

8) ad adottare politiche volte a garantire la parità di genere e ad incrementare l'occupazione femminile, elemento quest'ultimo fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza;

9) ad assumere iniziative per dare attuazione all'articolo 17 della Convenzione di Istanbul;

10) a invertire la rotta intrapresa dal Governo adottando iniziative per eliminare i tagli e anzi incrementando le risorse destinate al Fondo per le pari opportunità, al Fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, al Fondo antitratta e in generale a tutte le politiche per la promozione della parità di genere e per la prevenzione ed il contrasto di ogni forma di violenza contro le donne;

11) a mettere in campo strategie efficaci per prevenire e perseguire ogni forma di violenza, fisica, psicologica e sessuale, che può affliggere le donne nel contesto di un rapporto di lavoro;

12) a promuovere, in sede internazionale, l'impegno dell'Italia affinché tutti i Paesi del G7 arrivino ad adottare un piano nazionale contro la violenza di genere;

13) ad adottare iniziative normative ed organizzative necessarie all'attuazione della legge n. 4 del 2018, volta a rafforzare le tutele per i figli rimasti orfani a seguito di un crimine domestico, al fine di renderla finalmente pienamente operativa;

14) in relazione all'istituendo «Tavolo di coordinamento per la creazione di una rete integrata di servizi di assistenza alle vittime di reato», a chiarire la natura (onerosa, gratuita o in regime di convenzione) e il contenuto della prestazione che si prevede di offrire agli utenti degli istituendi «centri di ascolto», all'uopo precisando modalità di selezione e remunerazione del personale che opererà in detti centri.
(1-00070) «Annibali, Boldrini, Gebhard, Anzaldi, Ascani, Bazoli, Benamati, Berlinghieri, Boccia, Bonomo, Bordo, Enrico Borghi, Boschi, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Campana, Cantini, Carla Cantone, Cardinale, Carè, Carnevali, Ceccanti, Cenni, Ciampi, Colaninno, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, De Filippo, De Luca, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Barba, Del Basso De Caro, Delrio, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Ferri, Fiano, Fragomeli, Franceschini, Fregolent, Gadda, Gariglio, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giorgis, Gribaudo, Guerini, Incerti, La Marca, Lacarra, Lepri, Librandi, Losacco, Lotti, Madia, Gavino Manca, Mancini, Marattin, Martina, Mauri, Melilli, Miceli, Migliore, Minniti, Mor, Morani, Morassut, Moretto, Morgoni, Mura, Nardi, Navarra, Nobili, Noja, Orfini, Orlando, Padoan, Pagani, Ubaldo Pagano, Paita, Pellicani, Pezzopane, Piccoli Nardelli, Pini, Pizzetti, Pollastrini, Portas, Prestipino, Quartapelle Procopio, Raciti, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Rossi, Rotta, Scalfarotto, Schirò, Sensi, Serracchiani, Siani, Topo, Ungaro, Vazio, Verini, Viscomi, Zan, Zardini».

(7 novembre 2018)

   La Camera,

   premesso che:

    la violenza sulle donne è un fenomeno sociale drammatico, difficile da quantificare; i dati disponibili ne evidenziano le enormi proporzioni: quasi sette milioni di donne hanno subito qualche forma di abuso nel corso della loro vita, come violenze domestiche, stalking, stupro, insulto verbale e violazioni della propria sfera intima e personale, che rappresentano spesso tentativi di cancellarne l'identità, di minarne l'indipendenza e la libertà di scelta;

    i numeri del femminicidio, forma estrema del fenomeno, sono inquietanti: negli ultimi 5 anni se ne registrano 774, una media di circa 150 all'anno; in Italia, ogni due giorni circa, viene uccisa una donna: nel 2016 ci sono stati 120 casi di femminicidio e anche nel 2017 la media è stata di una vittima ogni tre giorni; negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9 per cento) in famiglia;

    particolarmente allarmante, come anche attestato da più recenti fatti di cronaca, risulta in Italia l'aumento del numero e della ferocia dei reati di natura sessuale contro le donne, spesso minorenni e quindi più vulnerabili, da parte di stranieri irregolari, in quanto evidente conseguenza di una pregressa e carente gestione del fenomeno migratorio, ed altresì degli atti di violenza, di diversa natura, nei confronti delle donne finalizzati ad impedire alle stesse l'esercizio in Italia dei diritti e delle libertà a loro riconosciute dalla nostra Costituzione, la cui condivisione deve essere, invece, considerata fondamentale per un reale processo di integrazione;

    l'Italia ha firmato e ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta Convenzione di Istanbul, aperta alla firma l'11 maggio del 2011: si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza;

    la XVII legislatura si è caratterizzata per la ratifica della citata Convenzione di Istanbul, con la legge n. 77 del 2013, per l'introduzione di modifiche al codice penale e di procedura penale per inasprire le pene di alcuni reati, più spesso commessi nei confronti di donne, per l'emanazione del «Piano d'azione contro la violenza sessuale e di genere 2015-2017» e per l'adeguamento di stanziamenti per il supporto delle vittime;

    l'articolo 3 della legge n. 77 del 2013 precisa che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione contro le donne;

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 è stato adottato il piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e sulle donne, previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, con l'obiettivo di disegnare un sistema di politiche pubbliche che integri dal punto di vista degli interventi le previsioni di carattere penale contenuti nella legge;

    per tali finalità il decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, ha stanziato risorse per finanziare progetti territoriali e formazione al fine di dare attuazione agli interventi per la valorizzazione dei progetti territoriali, per la formazione degli operatori impegnati negli interventi, per il sostegno all'emancipazione delle donne maltrattate e alle iniziative di prevenzione culturale della violenza sessuale e sulle donne, soprattutto sul fronte dell'educazione e del recupero;

    nel dicembre 2017 è stato emanato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020. Il Piano si fonda su quattro linee di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, repressione dei reati, assistenza e promozione;

    tra le finalità del piano nazionale emerge quella di creare e mettere in esercizio una banca dati nazionale e informatizzata, come strumento determinante e completo per lo studio del fenomeno della violenza contro le donne e per la conseguente definizione di azioni e politiche di intervento attraverso il miglioramento della conoscenza di dettaglio, tanto per la tutela delle vittime quanto per la prevenzione e la repressione dei fenomeni stessi, nonché per il monitoraggio dell'incidenza dei suddetti interventi;

    ai sensi della Convenzione, è stato istituito un gruppo di esperti indipendenti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Group of experts on action against violence against women and domestic violence – Grevio), incaricato di monitorare l'attuazione della stessa da parte degli Stati aderenti; il Grevio è tenuto a pubblicare i report valutativi degli strumenti adottati dalle parti per attribuire efficacia alle previsioni contenute nella Convenzione;

    il 29 ottobre 2018 è stato trasmesso al Gruppo esperte sulla violenza del Consiglio d'Europa (Grevio) presso il Consiglio d'Europa, il rapporto delle associazioni di donne sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, che analizza la situazione italiana in materia di contrasto alla violenza sulle donne. Due i nodi principali all'interno di un contesto culturale italiano fortemente permeato da pregiudizi e stereotipi sessisti: la distanza tra le norme adottate e declamate e la loro applicazione in concreto, l'applicazione disomogenea nel territorio nazionale delle norme e dei finanziamenti per azioni/servizi in contrasto alla violenza contro le donne, con conseguente mancanza di tutela dei diritti delle vittime di violenza;

    nel marzo 2016 è stata approvata all'unanimità dal Consiglio d'Europa la risoluzione Systematic collection of data on violence against women, della prima firmataria del presente atto di indirizzo, sulla necessità di creare una banca dati sistematica secondo metodologie omogenee fra Paesi; basti pensare che allo stato attuale, nelle banche dati esistenti, non è stato ancora inserito il dato riguardante la relazione fra autore e vittima;

    la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna, adottata a livello internazionale nel 1979 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite ed entrata in vigore il 3 settembre 1981, ha istituito un comitato (Committee on the elimination of discrimination against women – Cedaw) con il compito di verificare lo stato di applicazione delle norme contenute nella Convenzione e che è composto da esperte nel campo dei diritti delle donne, provenienti da 23 Paesi ed elette a scrutinio segreto da una lista di candidature presentate dagli Stati firmatari della Convenzione;

    l'Italia ha ratificato la Cedaw il 10 giugno 1985 e aderito al Protocollo opzionale il 29 ottobre 2002;

    ogni Stato che ratifica la Convenzione, o vi aderisce, ha l'obbligo di presentare al Cedaw dei rapporti periodici in cui vengano illustrate le azioni compiute dallo Stato in questione per dare applicazione alle norme contenute nella suddetta Convenzione. Il primo rapporto va presentato entro un anno dalla data di ratifica, e successivamente, i rapporti vanno presentati ogni quattro anni;

    a seguito dell'analisi del rapporto, a carattere quadriennale, presentato a Ginevra dal Governo italiano il 4 luglio 2017, il Cedaw ha pubblicato il «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», datato 21 luglio 2017, nel quale sulla base di diffuse criticità, ha esplicitato le proprie perplessità e indicato le lacune alle quali il Governo italiano dovrà provvedere e rispondere con un nuovo rapporto fra due anni;

    in particolare, il Comitato evidenzia che per l'Italia è necessario rafforzare la consapevolezza delle donne circa i loro diritti ai sensi della Convenzione e i rimedi a loro disposizione per denunciare le violazioni di tali diritti. Allo stesso tempo, si afferma anche che il Governo italiano dovrà impegnarsi a rendere fruibili le informazioni sulla Convenzione, sul protocollo facoltativo e sulle raccomandazioni generali del Comitato a tutte le donne, nessuna esclusa. Dal rapporto si evince che in Italia manca il coordinamento tra le varie componenti regionali e locali e una chiara definizione dei mandati e delle responsabilità. Il Comitato suggerisce di aumentare le risorse assegnate al Dipartimento per le pari opportunità e di istituire un Ministero ad hoc necessario per avviare, coordinare e attuare le politiche di uguaglianza tra uomini e donne;

    per una più incisiva prevenzione appare fondamentale intervenire nelle scuole, avviando con gli studenti un'attività interdisciplinare che conduca a riflettere sulle situazioni attuali e combatterle e a mostrare le continue e distorte costruzioni dei ruoli maschili e femminili. Solo instaurando un dialogo attivo su queste tematiche sarà possibile combattere e superare quei presupposti culturali che alimentano e incentivano la discriminazione tra i sessi e che, se non contrastati, continueranno a crescere;

    pertanto, sarebbe oltremodo auspicabile che sia garantita pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando diseguaglianze e barriere, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie;

    il triste fenomeno di violenza sulle donne si radica soprattutto nel contesto familiare, portando con sé, oltre alle drammatiche conseguenze che ormai sono sempre più frequentemente oggetto di cronaca, anche tutta una serie di situazioni paradossali che vedono il reo autore di violenza, anziché essere considerato indegno, in caso di morte della vittima, mantenere una serie di benefici economici successori legati allo status di coniuge, anche spesso a discapito dei figli;

    il Parlamento ha approvato la legge 11 gennaio 2018, n. 4, in materia di modifiche al codice civile, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani di crimini domestici;

    quando si parla di violenza contro le donne, più spesso ci si riferisce alla violenza fisica, sessuale, psicologica, ma si parla poco di una violenza altrettanto diffusa e lesiva quale la violenza economica, che rappresenta una forma di violenza difficilmente riconoscibile e poco denunciata e che, ancora prima di radicarsi nell'ambito familiare, comincia nella nostra cultura, dove la donna viene ancora oggi penalizzata da molti punti di vista, compreso il mondo del lavoro, determinando di fatto uno stato di subalternità economica, fisica e psicologica, con tutte le devastanti conseguenze che ne derivano;

    nella seduta del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2017, previa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata del medesimo giorno, è stato approvato il «Piano strategico nazionale contro la violenza maschile sulle donne (2017-2020)» che definisce la strategia complessiva per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, attraverso un percorso condiviso tra tutti gli attori istituzionali e non coinvolti nella tematica, secondo una logica di partenariato e di definizione di politiche integrate;

    il predetto piano è articolato secondo tre assi di intervento: prevenzione, protezione e sostegno, perseguire e punire congiuntamente a un asse trasversale di supporto all'attuazione (assistenza e promozione) nel cui ambito è prevista la costruzione di un sistema integrato di raccolta dati e una azione continua e puntuale di monitoraggio e valutazione;

    il 26 settembre 2018, si è svolta la prima riunione della cabina di regia politico-programmatica prevista dal Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020, convocata dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle pari opportunità, al fine di dare concreta attuazione al Piano strategico attraverso la stesura di un Piano operativo;

    parallelamente è stato istituito un comitato tecnico composto da delegati degli stessi Ministeri, regioni ed enti locali componenti della cabina di regia, integrato dalle principali associazioni ed organizzazioni di settore, che si è riunito il 29 ottobre 2018;

    nel 2017 è stato sottoscritto l'accordo tra il Dipartimento per le pari opportunità e il Consiglio nazionale delle ricerche per la realizzazione di un'indagine quali-quantitativa sull'offerta dei servizi di supporto alle donne vittime di violenza esistenti a livello nazionale, nonché di un'analisi valutativa dei processi attuativi del «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere» (2015-2017) e di quelli del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017-2020)»;

    complementare al citato accordo è quello sottoscritto nel 2016 tra il Dipartimento per le pari opportunità e l'Istat per elaborare una banca dati nazionale sul fenomeno della violenza e sulla conduzione di indagini sul tema;

    il 25 ottobre 2018, nel corso di una conferenza stampa tenuta presso il Ministero della giustizia, è stato presentato il disegno di legge per la tutela delle vittime di violenza domestica e sulle donne, cosiddetto «Codice Rosso», che sarà portato a breve in Consiglio dei ministri,

impegna il Governo:

1) ad assicurare che i finanziamenti stanziati annualmente siano erogati regolarmente senza ritardi e vincolati all'assunzione di impegni precisi, all'individuazione delle priorità e alla valutazione dei risultati ottenuti;

2) ad assumere iniziative, anche di tipo normativo, per compensare nel breve periodo le gravi lacune del sistema italiano evidenziate dal rapporto «Concluding observations on the seventh periodic report of Italy», secondo quanto segnalato in premessa;

3) a prevedere indicatori per la valutazione, da effettuarsi con cadenza annuale o comunque per ogni ciclo di finanziamento, dell'impatto degli stanziamenti per informare circa le future strategie di intervento, tramite la consultazione delle organizzazioni della società civile e dei centri antiviolenza;

4) a predisporre una sezione all'interno del sito del Dipartimento per le pari opportunità volta a rendere accessibile, in tempi rapidi, la rendicontazione completa delle attività finanziate con i fondi del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, nella quale le amministrazioni regionali e locali possano caricare direttamente e in autonomia la documentazione rilevante (delibere, risultati bandi, reportistica delle attività svolte da parte dei beneficiari dei fondi e altro), facendo sì che tali informazioni siano disponibili in formato «aperto» (open data), nonché uno strumento efficace e incisivo di segnalazione di materiale sessista che non si limiti esclusivamente all'ambito pubblicitario;

5) ad aggiornare la mappatura dei centri antiviolenza del Dipartimento per le pari opportunità, secondo la reportistica ricevuta da regioni e province autonome, anche al fine di stimare il fabbisogno reale dei centri antiviolenza per la loro sopravvivenza e il loro adeguato funzionamento, informando di conseguenza circa lo stanziamento necessario per assicurare servizi adeguati su tutto il territorio;

6) ad implementare tutti gli strumenti necessari per perseguire le priorità contenute nel «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2017/2020)», nonché a valutare di assumere iniziative in relazione all'ormai improcrastinabile necessità di superare il carattere di straordinarietà del piano stesso a favore di azioni non improntate all'eccezionalità, ma di carattere sistematico;

7) ad assumere iniziative per incoraggiare il settore privato, il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e i mass-media, nel rispetto della loro indipendenza e della libertà di espressione, a partecipare all'elaborazione e all'attuazione di politiche e alla definizione di linee guida e di norme di autoregolamentazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il rispetto della loro dignità, anche promuovendo una comunicazione improntata al pieno rispetto della dignità culturale e professionale delle donne e vietando forme di comunicazione che possano indurre una fuorviante percezione dell'immagine femminile;

8) ad assumere iniziative per introdurre, nell'ambito delle istituzioni scolastiche, anche contemplando il potenziamento dell'offerta formativa, percorsi e progetti mirati a garantire pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, con il coinvolgimento delle famiglie, al fine di superare ogni tipo di disuguaglianza e discriminazione, in tal modo educando le nuove generazioni alla parità tra uomo e donna e all'affettività, nonché a definire linee guida che forniscano indicazioni per includere nei programmi scolastici i temi dell'educazione alla legalità, del diritto all'integrità dell'identità personale e del contrasto alla violenza sulle donne e allo sfruttamento della prostituzione;

9) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, finalizzate a rendere obbligatoria una formazione specifica di tutti/e gli/le operatori/operatrici di giustizia (giudici, pubblici ministeri, appartenenti alle forze dell'ordine, operatori/operatrici dei servizi sociali, polizia penitenziaria, personale addetto alle case di accoglienza o case rifugio o comunità) per meglio affrontare e contrastare il dilagante fenomeno della violenza sulle donne e dello sfruttamento della prostituzione;

10) ad assumere iniziative normative finalizzate ad introdurre (in caso di condanna per omicidio di una donna) come pena accessoria la «indegnità» del reo rispetto agli eredi, affinché il giudice penale dichiari il condannato decaduto da ogni diritto ereditario in quanto «indegno a succedere», senza necessità di un'azione civile da parte degli eredi, nonché iniziative normative volte ad escludere, dall'applicabilità dell'istituto introdotto all'articolo 162-ter del codice penale relativo all'estinzione del reato per condotte riparatorie, i delitti che implichino violenza nei confronti delle donne e ad inasprire le pene per la violenza sessuale, con l'introduzione di nuove aggravanti e aumenti di pena per i soggetti più vulnerabili;

11) ad adottare iniziative normative finanziarie o ogni altra utile iniziativa di competenza, nel rispetto dell'articolo 16 della Convenzione di Istanbul, per sostenere programmi di trattamento per la prevenzione della recidiva degli autori di violenza, in particolare per i reati di natura sessuale, anche tramite centri di ascolto coordinati a livello nazionale;

12) ad assumere iniziative normative o regolamentari, volte a prevedere percorsi specifici in carcere per gli autori di reati di violenza sessuale sulle donne e di sfruttamento della prostituzione, inclusi interventi sulla disciplina concernente l'ordinamento penitenziario volti a rendere obbligatoria per i detenuti per reati contro le donne la destinazione di una percentuale del reddito generato da lavoro in favore del risarcimento delle vittime;

13) ad assumere iniziative volte a verificare l'attività del comitato tecnico composto da delegati dei diversi Ministeri competenti di cui in premessa, delle regioni e degli enti locali, componenti della cabina di regia;

14) ad adottare le iniziative necessarie a garantire, su tutto il territorio nazionale, che le vittime di reati, come lo sfruttamento della prostituzione, possano essere inserite in percorsi sociali al fine di rompere definitivamente il legame con gli sfruttatori;

15) ad assumere ogni più opportuna iniziativa, anche a scopo preventivo, avverso qualsiasi atto di violenza nei confronti delle donne volto ad impedire in Italia alle stesse l'esercizio dei diritti e delle libertà a loro riconosciute dalla Costituzione e per garantire che l'effettiva condivisione dei valori in essa sanciti sia un requisito fondamentale per un reale processo di integrazione.
(1-00074) (Nuova formulazione) «D'Arrando, Panizzut, Spadoni, Dadone, Ascari, Sportiello, Salafia, Piera Aiello, Barbuto, Businarolo, Cataldi, Di Sarno, Di Stasio, Dori, D'Orso, Giuliano, Palmisano, Perantoni, Saitta, Sarti, Scutellà, Cantalamessa, Bisa, Boniardi, Di Muro, Marchetti, Paolini, Potenti, Tateo, Turri, Bologna, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sarli, Trizzino, Leda Volpi, Boldi, Locatelli, Lazzarini, De Martini, Foscolo, Segnana, Tiramani, Ziello, Iovino, Carbonaro, Tuzi, Lattanzio, Testamento, Casa, Suriano, Di Lauro, Galizia, Bruno, Giordano, Giovanni Russo, Bilotti, Manzo».

(12 novembre 2018)

   La Camera,

   premesso che:

    come si evince dai recenti fatti di cronaca, la violenza contro le donne sta sempre più assumendo i tratti di una grave emergenza. Essa rappresenta la manifestazione più grave e brutale della disparità storica nei rapporti di forza tra i generi, nonché un'evidente violazione dei diritti umani;

    la violenza di genere, come affermato dal già Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, affligge tutte le etnie e tutte le classi sociali e «non conosce confini né geografia, cultura o ricchezza»;

    l'articolo 1 della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993 sull'eliminazione della violenza contro le donne descrive questo tragico fenomeno come «ogni atto di violenza fondato sul genere che abbia, o possa avere, come risultato un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata»;

    la Convenzione del Consiglio d'Europa del 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, sottoscritta dall'Italia nel settembre 2012, che rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante in materia, definisce la violenza contro le donne come «una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali fra i sessi»;

    le vicende di cronaca riportano, con sempre maggiore frequenza, episodi delittuosi commessi nei confronti di donne molestate, minacciate, violentate, stuprate ed uccise e che vivono in un contesto di paura e disagio per le strade, nei mezzi pubblici e persino nel proprio contesto domestico;

    i dati recenti sono sempre più preoccupanti: la violenza è una tra le prime cause di morte per le donne di età compresa tra i 16 ed i 44 anni; ogni anno più di cento donne sono uccise per mano di chi aveva promesso di amarle, con una media di una donna uccisa ogni 3 giorni;

    la circostanza che desta maggiore preoccupazione è che gli autori delle violenze più gravi (violenza fisica o sessuale) sono, in prevalenza, i partner attuali o gli ex partner;

    spesso le vittime, afflitte dalla violenza subita ed in condizioni di manifesta fragilità, hanno difficoltà di interlocuzione con il personale impiegato nelle strutture di pubblica sicurezza, non sempre specificamente formati per gestire tali delicate situazioni con l'approccio necessario; mentre è evidente che nei momenti immediatamente successivi alla violenza subita, l'ascolto da parte di personale dotato della necessaria professionalità rappresenta uno strumento prezioso, se non imprescindibile, per aiutare le vittime a ricominciare a vivere con serenità;

    dal momento in cui una donna trova la forza per denunciare la violenza subita deve poter contare su un'adeguata assistenza da parte dello Stato che in questa partita gioca un ruolo cruciale. Infatti, alle donne che hanno subito una violenza, nonché ai parenti delle vittime di femminicidio, è importante garantire un'adeguata assistenza psicologica fornita dal personale medico altamente qualificato e scelto direttamente dall'ordine preposto;

    il percorso di recupero e di superamento psicologico, oltre che fisico, dei danni subiti dalle vittime delle violenze è ulteriormente ostacolato dalla lunghezza del processo;

    un meccanismo di tutela efficace delle vittime di violenza che sarebbe opportuno prevedere, appare costituito dalla modifica dell'articolo 347 del codice di procedura penale, al fine di disporre l'obbligo per la polizia giudiziaria di riferire al pubblico ministero entro ventiquattro ore le notifiche di reato acquisite se riguardano violenza sessuale, maltrattamenti, atti persecutori e lesioni aggravate; stabilire l'obbligo per il pubblico ministero di concludere le fasi delle indagini preliminari entro e non oltre 45 giorni, al cui esito vi deve essere l'obbligo, in caso di sussistenza di gravi indizi, di richiedere l'emissione della misura interdittiva che disponga il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nonché di comunicare con la stessa, attraverso qualsiasi mezzo (articolo 282-ter del codice di procedura penale), e, infine, prevedere l'obbligo per il giudice per le indagini preliminari, in caso di sussistenza di gravi indizi e ove sussistano le esigenze cautelari previste dal codice di procedura penale, di emettere entro il termine perentorio di 5 giorni dalla richiesta un'ordinanza cautelare per i casi di cui all'articolo 282-ter del codice di procedura penale;

    in passato sono state poste in essere diverse iniziative positive e meritorie nella direzione del rafforzamento delle misure di tutela contro la violenza sulle donne; non ci si può esimere, a tal riguardo, dal dare atto di quanto realizzato durante il IV Governo Berlusconi, quando, per la prima volta, è stato posto in essere un piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, finanziato con oltre 18 milioni di euro e teso a realizzare una strategia di contrasto su scala nazionale, con l'obiettivo di ottenere una positiva collaborazione tra i centri antiviolenza delle regioni, il numero verde 1522 e le diverse professionalità esistenti nelle fila delle forze dell'ordine;

    con la tipizzazione del reato di stalking, avvenuta nel 2009, il Governo e il Parlamento hanno dimostrato un adeguato livello di attenzione all'individuazione di strategie di contrasto e di prevenzione della violenza, realizzando un importante passo in avanti nel sistema legislativo;

    il decreto-legge n. 11 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 2009, oltre a prevedere il reato di stalking nell'ordinamento italiano, ha introdotto ulteriori interventi in materia di violenza sessuale; il provvedimento, in particolare, ha introdotto l'arresto obbligatorio in flagranza per la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo, nonché disposizioni volte a rendere più difficile ai condannati per taluni delitti a sfondo sessuale l'accesso ai benefìci penitenziari, tra cui le misure alternative alla detenzione. La medesima legge ha, inoltre, consentito l'accesso al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente previsti, a favore della persona offesa da taluni reati a sfondo sessuale. Il decreto-legge n. 11 del 2009 ha poi previsto, quale aggravante speciale dell'omicidio, il fatto che esso sia commesso in occasione della commissione del delitto di violenza sessuale, di atti sessuali con minorenne e violenza sessuale di gruppo, nonché da parte dell'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa;

    sempre nell'ambito delle numerose attività portate avanti durante i Governi Berlusconi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne, a partire dal 2009, ogni anno (dal 12 al 18 ottobre) nelle scuole, di ogni ordine e grado, sono state organizzate iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull'intolleranza razziale, religiosa e di genere, al fine di creare delle occasioni concrete di riflessione sui temi del rispetto, della diversità e della legalità, con l'obiettivo di coinvolgere studenti, genitori e docenti;

    con il protocollo d'intesa, siglato il 15 gennaio 2009, tra il Ministro per le pari opportunità e il Ministro della difesa è stata istituita, presso il Dipartimento per le pari opportunità, la sezione atti persecutori dei carabinieri: si tratta di una task force composta da 13 carabinieri (uomini e donne) impegnati nelle strategie di prevenzione e di contrasto dei reati di stalking e di violenza contro le donne;

    con il protocollo d'intesa, siglato il 3 luglio 2009, tra il Ministro per le pari opportunità e il Ministro dell'interno sono state adottate misure volte a consentire una specifica preparazione delle forze di polizia nel contrasto dei reati di violenza contro le donne;

    l'impegno del Governo Berlusconi non si è, peraltro, limitato al territorio nazionale: il 9 e 10 settembre 2009 si è tenuta a Roma la prima Conferenza internazionale sulla violenza contro le donne, su iniziativa della Presidenza italiana del G8, ai cui lavori hanno partecipato oltre 20 Stati. Dalle conclusioni della Presidenza è emerso un impegno formale al rafforzamento della cooperazione internazionale nel contrasto alla violenza sulle donne e alla violazione dei loro diritti umani;

    tuttavia, la situazione odierna è ben diversa rispetto agli impegni profusi dai Governi Berlusconi; l'attività dell'attuale Esecutivo appare ai firmatari del presente atto di indirizzo deficitaria e lacunosa e si sta compiendo un grande errore nell'interrompere il percorso virtuoso avviato dall'ultimo Governo Berlusconi, che aveva ottenuto risultati notevoli nel contrasto alla violenza sulle donne sulla base del consenso e della proficua collaborazione di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, nonché col sostegno e la preziosa ed attiva collaborazione dei membri del mondo dell'associazionismo dei centri antiviolenza;

    sebbene siano trascorsi oltre cento giorni dall'insediamento dell'attuale Esecutivo, ad oggi non si ravvisa una strategia chiara e finalizzata a contrastare il fenomeno della violenza sulle donne. Infatti, l'approccio scelto dal Governo, come si può evincere dal «Contratto di Governo per il Cambiamento», appare ai firmatari del presente atto di indirizzo esclusivamente securitario e repressivo e le misure proposte appaiono tutte in evidente contrasto con quanto prescritto dalla Convenzione di Istanbul, cui l'Italia è vincolata;

    sarebbe sufficiente considerare che nel giorno dell'insediamento del nuovo Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri, nel suo discorso alle Camere, non ha mai nominato, neanche una volta, gli episodi tragici che hanno coinvolto le donne uccise per mano maschile; una conferma di questa carenza di sensibilità è rappresentata dal fatto che nella compagine governativa è assente la figura del Ministro per le pari opportunità e nel Consiglio dei ministri le donne sono appena cinque;

    questa superficialità nell'affrontare un tema che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, dovrebbe rappresentare una priorità per le istituzioni è il risultato evidente della scarsa attenzione che questo Governo dedica a questa tematica;

    relativamente agli interventi economici, nella legge di bilancio per il 2019 le somme stanziate per il fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità subiscono una decurtazione di circa 1,8 milioni di euro per il triennio 2019, 2020 e 2021 e il fondo per le vittime di reati intenzionali violenti destinato anche agli orfani per crimini domestici subisce una decurtazione rispetto agli anni precedenti;

    nonostante il 10 maggio 2018 la Conferenza Stato-regioni abbia espresso l'intesa sul riparto del «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità per il 2018», ad oggi non risulta che le risorse siano state trasferite alle regioni, generando, in questo modo, evidenti problematiche per tutte quelle strutture che quotidianamente svolgono un lavoro importante a favore delle donne;

    nella XVII legislatura, la prima tranche dello stanziamento del fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità del 2013-2014 è stata trasferita alle regioni solo nell'autunno del 2014 e, una volta che la somma è arrivata nelle casse regionali, nella maggior parte dei casi se n'è persa traccia. Come documentato da Actionaid Italia, di trasparenza nella distribuzione ce n'è stata ben poca, tanto che a novembre 2015 solo per dieci amministrazioni era possibile consultare la lista delle strutture beneficiarie dei fondi, di cui solo cinque – Veneto, Piemonte, Sardegna, Sicilia e Puglia – hanno pubblicato on line i nomi di ciascuna struttura e i fondi ricevuti;

    la Corte dei conti, con deliberazione 5 settembre 2016, n. 9/2016/G, critica severamente la gestione ordinamentale amministrativa e finanziaria delle politiche pubbliche contro la violenza; nello specifico «passando al finanziamento specificamente destinato al potenziamento delle strutture destinate all'assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli, deve farsi presente che del tutto insoddisfacente è risultata la gestione delle risorse assegnate per gli anni 2013-2014, le uniche ripartite nel periodo all'esame. Le comunicazioni degli enti territoriali all'autorità centrale si sono rilevate carenti e inadeguate rispetto alle finalità conoscitive circa l'effettivo impiego delle risorse e all'esigenza della valutazione dei risultati»;

    per quanto riguarda più propriamente gli interventi di natura legislativa, si sta assistendo soltanto a parole vuote, retoriche e tanta indifferenza, mentre la strage delle vittime della violenza continua incessante;

    nel 2014, grazie ad una puntuale proposta emendativa di Forza Italia è stata scongiurata l'abolizione della carcerazione preventiva per il reato di stalking prevista, inizialmente, nel disegno di legge in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria;

    la scarsa attenzione al tema è stata, altresì, dimostrata con la riforma del codice penale, approvata con la legge 23 giugno 2017, n. 103, che, tra le varie misure, reca disposizioni in materia di estinzione del reato per condotte riparatorie e introduce, attraverso l'articolo 162-ter del codice penale, la possibilità per uno stalker di estinguere il suo reato pagando una somma decisa dal giudice, anche se la vittima è contraria e rifiuta il denaro;

    contro tale misura, il gruppo di Forza Italia ha condotto una vera e propria battaglia, presentando una proposta di legge diretta ad escludere la possibilità di estinzione per condotte riparatorie, ai sensi dell'articolo 162-ter del codice penale, del reato di atti persecutori, che il Governo ha successivamente deciso di fare propria con un emendamento al decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172;

    una delle principali ragioni che ha spinto il legislatore a introdurre la specifica incriminazione di «atti persecutori» (articolo 612-bis del codice penale) è stata proprio la necessità di assicurare una risposta sanzionatoria adeguata di fronte a condotte persecutorie spesso devastanti per la personalità dei soggetti passivi;

    la fattispecie criminosa di cui all'articolo 612-bis del codice penale prevede un limite edittale massimo di cinque anni di reclusione; la suddetta soglia è necessaria per consentire l'applicazione delle misure cautelari coercitive a carico degli stalker, al fine di evitare la protrazione dei comportamenti persecutori che, il più delle volte, possono sfociare in atti di violenza nei confronti delle donne;

    nel corso della XVII legislatura, con decreto ministeriale del 31 agosto 2017, sono stati, altresì, determinati gli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti, prevedendo una somma di 7.200 euro per il reato di omicidio, 8.200 euro (in favore dei figli della vittima) per omicidio commesso dal coniuge o da persona che è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa e 4.800 euro per la violenza sessuale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità. Questi importi, oltre ad essere totalmente inadeguati, risultano offensivi della dignità di chi purtroppo, ancora oggi, è costretto a subire violenza;

    la cabina di regia interistituzionale, istituita con decreto del 25 luglio 2016 del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento con delega alle pari opportunità, con riferimento alla quale non si è avuta conoscenza né del numero delle riunioni, né delle politiche attuate, nella XVIII legislatura sembrerebbe essere stata convocata soltanto una volta dal Sottosegretario con delega alle pari opportunità;

    la violenza di genere costituisce un chiaro ostacolo alla piena partecipazione delle donne alla vita sociale, economica e politica del Paese;

    appare indispensabile la realizzazione di un quadro giuridico completo, finalizzato a proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, grazie a misure di prevenzione, di tutela in sede giudiziaria e di sostegno alle vittime;

    è altresì opportuno che il legislatore prenda in considerazione il fatto che oggigiorno la violenza presenta molteplici sfaccettature e una dimostrazione di ciò è l'allarmante crescita di episodi di diffusione sul web di immagini e video privati sessualmente espliciti, contro la volontà delle persone ivi riprese, fattispecie lesive che conseguono effetti nefasti sulla psiche delle vittime che arrivano, troppo spesso, anche a gesti estremi, come il suicidio;

    il fenomeno del «sexting» sta assumendo le dimensioni di una vera e propria piaga sociale, spesso collegata a quella del cyberbullismo, del quale rappresenta una delle forme più lesive e del quale sono vittima soprattutto le donne;

    collegato al precedente fenomeno, anch'esso in preoccupante espansione e spesso devastante, è quello del cosiddetto «revenge sexting o porn», per mezzo del quale la pubblicazione e la divulgazione, attraverso strumenti informatici o telematici, di contenuti intimi ed espliciti avviene a scopo di «vendetta»;

    il «revenge porn» spesso segue la fine di una relazione sentimentale e viene utilizzato come strumento di diffamazione con finalità ritorsive nei confronti delle vittime, prevalentemente donne, e, anche in questi casi, le conseguenze, non solo psicologiche ma anche sociali, sono devastanti;

    partendo dal presupposto che solo con un profondo mutamento culturale si potrebbe combattere in modo efficace il fenomeno della violenza di genere, è necessario mettere in campo iniziative, anche in sede legislativa, volte a porre un freno all'incontenibile fenomeno di violenze che, purtroppo, ancora oggi molte donne sono costrette a subire,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere le opportune iniziative volte a implementare e migliorare le attività di contrasto alla violenza contro le donne, affinché ogni sua manifestazione possa essere perseguita in modo efficace e tempestivo;

2) ad informare il Parlamento sui costi della violenza, in termini economici, sociali e sanitari, al fine di avere un quadro il più chiaro possibile su cui intervenire attraverso gli opportuni strumenti legislativi;

3) ad assumere iniziative per prevedere un intervento nelle scuole con programmi mirati di formazione agli studenti per prevenire la violenza nei confronti delle donne, anche declinati su un corretto utilizzo del web, mirato anche alla consapevolezza di quelle che possono essere le conseguenze drammatiche, evitando un suo utilizzo, spesso superficiale, errato;

4) ad assumere iniziative di competenza volte a provvedere rapidamente all'erogazione alle regioni delle risorse, ripartite in Conferenza Stato-regioni il 10 maggio 2018, nonché a garantire ulteriori stanziamenti da erogare ai centri antiviolenza e alle case rifugio, per evitare la loro chiusura, e ad eliminare le disparità regionali e locali concernenti la disponibilità e la qualità dei servizi di protezione per tutte le donne vittime di violenza;

5) ad assumere le opportune iniziative al fine di garantire le misure volte a prevenire e proteggere le donne dalla violenza, in particolar modo con riferimento agli strumenti inerenti alle misure cautelari, le quali rappresentano un forte elemento dissuasivo per tutti quegli uomini che intendono porre in essere atti spregevoli nei confronti delle donne;

6) ad effettuare una ricognizione sul numero degli ordini di allontanamento e degli ordini di protezione applicati annualmente dai tribunali in Italia e, in particolar modo, sui tempi di attuazione;

7) ad adottare iniziative volte ad incrementare l'occupazione femminile come elemento fondamentale di emancipazione e liberazione da ogni tipo di violenza, intesa soprattutto quale strumento di inclusione sociale;

8) a rendere note le attività svolte, gli obiettivi raggiunti e il numero delle volte in cui si siano riuniti la cabina di regia interistituzionale e l'osservatorio e a divulgare le politiche nazionali proposte, nonché le buone pratiche che sono state condivise tra i territori, mediante l'operato della cabina di regia;

9) ad assumere le opportune iniziative al fine di stanziare risorse adeguate destinate alla formazione del personale impiegato nelle strutture di pubblica sicurezza, chiamato ad interagire con le donne che hanno subito maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate, per incentivare una cultura sociale e giudiziaria orientata alla tutela della vittima;

10) a prevedere opportune iniziative volte a promuovere percorsi di assistenza e di supporto psicologico per le donne che hanno subito una violenza e per i parenti delle vittime di femminicidio, nonché specifiche iniziative per incentivare l'inserimento delle vittime di violenza nel mondo del lavoro;

11) ad intraprendere le opportune iniziative di competenza per accelerare i procedimenti giudiziari con tempi certi per lo svolgimento delle indagini, stabilendo: l'obbligo per la polizia giudiziaria di riferire al pubblico ministero entro ventiquattro ore le notifiche di reato acquisite se riguardano violenza sessuale, maltrattamenti, atti persecutori e lesioni aggravate; l'obbligo per il pubblico ministero di concludere le fasi delle indagini preliminari entro e non oltre 45 giorni, al cui esito vi deve essere l'obbligo, in caso di sussistenza di gravi indizi, di richiedere l'emissione della misura interdittiva che disponga il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, nonché di comunicare con la stessa, attraverso qualsiasi mezzo (articolo 282-ter del codice di procedura penale); infine, l'obbligo per il giudice per le indagini preliminari, in caso di sussistenza di gravi indizi e ove sussistano le esigenze cautelari previste dal codice di procedura penale, di emettere entro il termine perentorio di 5 giorni dalla richiesta un'ordinanza cautelare per i casi di cui all'articolo 282-ter del codice di procedura penale;

12) ad adottare iniziative per aumentare gli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti, determinati dal decreto ministeriale del 31 agosto 2017, al fine di garantire una somma equa ed adeguata per tutte le vittime di reato di omicidio e di violenza sessuale, eliminando ogni tipo di discriminazione;

13) ad adottare le opportune iniziative normative, al fine di prevenire qualsiasi atto di violenza sulle donne, volte ad introdurre nell'ordinamento una nuova fattispecie di reato per chiunque pubblica o divulga attraverso strumenti informatici o telematici immagini o video privati sessualmente espliciti, comunque acquisiti, realizzati o detenuti, senza il consenso delle persone ivi rappresentate;

14) ad intraprendere le opportune iniziative volte a sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni ad un utilizzo consapevole degli strumenti informatici e telematici ed in particolar modo dei social network.
(1-00075) «Carfagna, Gelmini, Versace, Zanella, Marrocco, Bartolozzi, Siracusano, Aprea, Bergamini, Calabria, Fascina, Fiorini, Gagliardi, Labriola, Mazzetti, Milanato, Polidori, Porchietto, Ravetto, Ripani, Rossello, Ruffino, Saccani Jotti, Santelli, Elvira Savino, Spena, Tartaglione, Maria Tripodi, Vietina, Occhiuto, Mulè, Bagnasco, Battilocchio, Cappellacci, Casciello, D'Attis, Fasano, Fatuzzo, Germanà, Giacometto, Marin, Napoli, Novelli, Palmieri, Pella, Perego Di Cremnago, Pettarin, Pittalis, Rosso, Rotondi, Ruggieri, Sarro, Silli».

(12 novembre 2018)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   FORNARO e EPIFANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il gruppo turco Toksoz, dopo aver acquisito l'azienda dolciaria Pernigotti nel 2013 ed essersi impegnato a mantenere la produzione in loco, intende attuare un piano di completa chiusura dello stabilimento sito nel comune di Novi Ligure (Alessandria), come formalmente comunicato alle organizzazioni sindacali;

   tale azienda, simbolo del made in Italy nel settore dolciario, dal 1860 produce i noti gianduiotti;

   è stata fissata per questa settimana la riunione plenaria sulla Pernigotti presso il Ministero dello sviluppo economico –:

   quali iniziative intenda adottare al fine di salvaguardare l'azienda e i lavoratori e le lavoratrici dello stabilimento di Novi Ligure (Alessandria), con riferimento inoltre alla tutela del made in Italy rispetto a iniziative di delocalizzazione parziale o totale della produzione, con riduzione dell'italianità del prodotto al solo brand, come nel caso della Pernigotti.
(3-00321)

(13 novembre 2018)

   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LO MONTE, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MARCHETTI, MATURI, MORELLI, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SASSO, SEGNANA, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZANOTELLI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. – Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:

   l'eccezionale maltempo che nelle ultime settimane ha colpito il Paese dal Trentino all'alto Piemonte, dalla Liguria al Veneto, fino al Sud Italia, ha provocato danni al sistema produttivo italiano per centinaia di milioni di euro;

   si pensi, per fare qualche esempio, al fermo di Luxottica negli stabilimenti di Agordo, Cencenighe, Pederobba e Sedico; all'acqua alta eccezionale a quota 156 centimetri a Venezia, che ha determinato danni agli esercizi pubblici stimati in circa 20 milioni di euro; ai danni in Friuli Venezia Giulia, che, con riferimento alle sole infrastrutture pubbliche, sono stati quantificati attorno ai 500 milioni di euro; ad aziende del nuorese, cui il vento ha scoperchiato capannoni e locali agricoli, provocando la morte di diversi capi bestiame; al basso Lazio, dove le immagini di Terracina e delle aziende di Fondi e Sperlonga dopo l'ondata di maltempo hanno suscitato grande attenzione mediatica per l'entità dei danni provocati; in Sicilia, dove 94 giorni di pioggia intensa in nove mesi hanno messo in ginocchio l'intero settore agricolo; al cedimento della parte superiore della diga del porto a Rapallo; ai negozi, ai ristoranti, alle strutture balneari completamente distrutte sul lungomare ligure; ai macchinari rovinati, alla merce deteriorata, alle pulizie straordinarie e alla chiusura forzata delle attività –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda promuovere per aiutare il settore produttivo delle regioni più colpite dal maltempo.
(3-00322)

(13 novembre 2018)

   LORENZIN. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nelle previsioni economiche di autunno 2018 pubblicate la scorsa settimana, la Commissione europea, da un lato, evidenzia che il mercato del lavoro ha recuperato i livelli precedenti la crisi; dall'altro, che la crescita economica non si accompagna ad una crescita dei salari, un fenomeno questo nuovo e che merita di essere attentamente valutato;

   gli indicatori macroeconomici in Europa mostrano che i salari non stanno seguendo i guadagni di produttività, ma questi ultimi sono cresciuti molto di più e che la quota dei salari sul prodotto interno lordo si è ridotta progressivamente negli ultimi 15 anni, mentre si è accresciuto il fenomeno dei cosiddetti working poor;

   in Italia questi fenomeni sono ancora più accentuati – nonostante qualche debole segnale di ripresa in alcuni comparti – con una stagnazione salariale che rischia di penalizzare soprattutto i giovani e le donne;

   questo Governo ha inteso affrontare il tema salariale limitandosi al settore dei cosiddetti rider, senza però conseguire nessun risultato tangibile e senza volere affrontare la questione salariale nel suo ambito più generale, continuando lo sviluppo di un percorso di analisi e proposte sulle trasformazioni del mercato del lavoro e sulle conseguenti politiche di accompagnamento promosso dal precedente Governo;

   le stesse organizzazioni delle parti sociali hanno più volte richiesto misure che fossero finalizzate ad accompagnare il processo di riforma delle relazioni industriali verso il nuovo modello da loro negoziato, che ha l'obiettivo di rafforzare il decentramento della contrattazione collettiva, accompagnare i processi di trasformazione del lavoro in atto, collegare retribuzioni a produttività;

   nulla di ciò né sul piano della formazione, né sul piano fiscale, né sul piano delle politiche attive appare prioritario nella manovra di bilancio, dove a parere dell'interrogante vi è solo una discutibile azione di redistribuzione del reddito fatta a debito del Paese e delle prossime generazioni –:

   quali siano le iniziative che il Governo intende promuovere per accrescere i consumi e sostenere la crescita, non avendo rafforzato sia la detassazione dei premi di produttività, che avrebbe aumentato il salario dei lavoratori e delle lavoratrici, sia ridotto il costo del lavoro per le imprese.
(3-00323)

(13 novembre 2018)

   RUGGIERI, GELMINI, OCCHIUTO e MULÈ. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta. – Per sapere – premesso che:

   in questi giorni è apparso sul web un filmato che ritrae il portavoce del Presidente del Consiglio dei ministri, Rocco Casalino, discutere con una classe di giovani ed esprimere pensieri di totale disprezzo nei confronti degli anziani e delle persone affette da sindrome di Down;

   il portavoce del Presidente del Consiglio dei ministri ha affermato quanto testualmente riportato: «da bambino, da sempre, i vecchi mi fanno schifo. E tutti i ragazzi down (...) mi danno fastidio». E ancora: «Non ho nessuna voglia di relazionarmi a loro, nessuna voglia di aiutarli, poveretti che gli è capitata ’sta cosa ma non voglio occuparmene»; fino al paragone agghiacciante: «è come se fa schifo il ragno (...) io provo fastidio (...) è imbarazzo, non so come spiegarlo, non voglio perderci tempo»;

   il portavoce ha commentato il filmato, rilanciato dai media, lamentando la mancata verifica del contenuto e del contesto in cui è stato girato e specificando che, intervenendo ad un corso di giornalismo, fece quella che definisce una «recita» poiché gli era stato «esplicitamente chiesto di provocare gli studenti»;

   tra le dichiarazioni rilasciate da Casalino si annovera una vecchia intervista rilasciata al programma Le Iene, in cui vi è un chiaro riferimento xenofobo e, in tempi più recenti, un messaggio audio trapelato quest'estate in cui dichiara di aver «saltato» il Ferragosto in considerazione del crollo del Ponte Morandi di Genova, per non parlare degli attacchi rivolti ai funzionari del Ministero dell'economia e delle finanze, che alcuni mezzi di informazione hanno definito «di stampo mafioso» e che non rientrano certamente nei compiti di un portavoce;

   quanto appena riportato desta forti preoccupazioni circa l'effettiva adeguatezza di un soggetto che si lascia andare a dichiarazioni piuttosto gravi e sconcertanti e che riveste un ruolo fondamentale circa la credibilità dell'attuale Governo –:

   se il Governo, alla luce di quanto richiamato in premessa, non ritenga deplorevoli le dichiarazioni rilasciate in più occasioni dalla persona che attualmente ricopre un ruolo istituzionalmente rilevante, quale quello del portavoce, quali iniziative si intendano intraprendere e se non si ritenga opportuno che Casalino presenti le proprie dimissioni.
(3-00324)

(13 novembre 2018)

   BAZOLI, MORANI, VERINI, VAZIO, FERRI, ANNIBALI, MICELI, BORDO, ENRICO BORGHI, FIANO e ANDREA ROMANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'Italia è al 46mo posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere, decisamente staccata dai maggiori Stati membri dell'Unione europea;

   molti giornalisti italiani sono ancora sotto protezione permanente e rafforzata della polizia dopo le minacce di morte proferite, in particolare, dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti;

   in questo clima non aiutano di certo le preoccupanti dichiarazioni del Ministro interrogato, il quale è anche responsabile della vigilanza sull'Ordine dei giornalisti, di sostanziale condivisione e giustificazione rispetto ai pesantissimi insulti rivolti ai giornalisti da parte del Vice Presidente del Consiglio dei ministri Di Maio e di altri suoi colleghi di partito;

   gli insulti si riferiscono fondamentalmente all'atteggiamento che i giornalisti avrebbero riservato ai politici del MoVimento 5 Stelle, in particolare a Virginia Raggi, sindaco di Roma; peraltro, il Ministro interrogato deve ancora chiarire i suoi rapporti con l'avvocato Lanzalone, arrestato per corruzione, resi pubblici da un articolo pubblicato il 4 settembre 2018 sul quotidiano Il Tirreno, dal quale si apprendeva che – dalla richiesta di archiviazione dell'indagine sulle irregolarità nella gestione dell'azienda pubblica dei rifiuti Aamps di Livorno – lo Studio Lanzalone & partners aveva intrattenuto sin dalla fine di dicembre 2015, per il comune di Livorno, un rapporto di collaborazione non occasionale tra l'allora avvocato Alfonso Bonafede e l'avvocato Lanzalone;

   rispondendo in Senato a un'interrogazione sui suoi rapporti con il citato avvocato il Ministro interrogato, infatti, aveva sostenuto: «Negli ultimi sei anni non ho avuto alcun rapporto professionale con l'avvocato Luca Lanzalone»;

   ad oggi non abbiamo ancora una risposta dal Ministro interrogato che faccia definitivamente chiarezza sulle discrepanze emerse in merito alla vicenda esposta;

   il gruppo del Partito democratico, sin dall'inizio della XVIII legislatura, ha depositato una proposta di legge sulla diffamazione anche a tutela dei giornalisti dalle querele temerarie –:

   quali iniziative il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare al fine di agevolare ogni iniziativa, anche normativa, atta a difendere a libertà di stampa e la sicurezza e la libertà dei giornalisti, nel rispetto del dettato costituzionale, e se non ritenga, inoltre, di dover fare urgentemente chiarezza in merito agli effettivi rapporti professionali intercorsi con l'avvocato Lanzalone nel 2016, quando era già deputato della Repubblica.
(3-00325)

(13 novembre 2018)

   ALAIMO, MACINA, DIENI, BALDINO, BERTI, BILOTTI, BRESCIA, MAURIZIO CATTOI, CORNELI, D'AMBROSIO, DADONE, FORCINITI, PARISSE, ELISA TRIPODI e FRANCESCO SILVESTRI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare e a valutare la performance con riferimento all'amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative in cui si articola e ai singoli dipendenti;

   nei Paesi più evoluti, la valutazione della performance della pubblica amministrazione, sia nel pubblico che nel privato, assume un ruolo chiave per il conseguimento del benessere economico e sociale;

   allo scopo di valutare la qualità del lavoro della pubblica amministrazione e dei suoi dirigenti, il decreto legislativo n. 150 del 2009 ha istituito l'organismo indipendente di valutazione nominato in ogni amministrazione pubblica dall'organo di indirizzo politico-amministrativo;

   l'organismo indipendente di valutazione monitora il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni; garantisce la correttezza dei processi di misurazione e valutazione; propone, all'organo di indirizzo politico-amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l'attribuzione ad essi dei premi;

   di recente, in base a quanto previsto dalla «riforma Madia», il Dipartimento della funzione pubblica ha istituito, con il decreto ministeriale del 2 dicembre 2016, l'elenco nazionale dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione della performance, la cui iscrizione è condizione necessaria per poter partecipare alle procure comparative con le quali si perviene alle nomine degli organismi indipendenti di valutazione;

   l'iscrizione all'elenco è subordinata al possesso di requisiti generali (cittadinanza italiana, comunitaria, godimento dei diritti civili e politici, non aver riportato condanne penali) e di professionalità (essere in possesso di laurea specialistica, magistrale, di comprovata esperienza professionale di almeno cinque anni, maturata presso pubbliche amministrazioni o aziende private, nella misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale);

   nonostante l'intervento della «riforma Madia», ad avviso degli interroganti non si è riuscita ad eliminare la forte discrezionalità che sussiste nella scelta dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione, in quanto sono stati fissati dei requisiti molto deboli, i quali non sono in grado di assicurare la professionalità dei componenti;

   la composizione di tali organismi, infatti, non appare esaudire i principi fondamentali di trasparenza, indipendenza ed imparzialità a cui essi sarebbero chiamati, soprattutto in ordine ai criteri di provenienza e selezione –:

   se, a fronte della contraddittoria posizione dell'organismo di vigilanza per non pochi aspetti coincidente con l'organismo sottoposto alla sua valutazione, il Ministro interrogato ritenga adeguata la vigente disciplina in ordine agli organismi indipendenti di valutazione e se i risultati conseguiti possano considerarsi soddisfacenti a fronte dei principi ispiratori.
(3-00326)

(13 novembre 2018)

   MELONI, LOLLOBRIGIDA, RIZZETTO, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   è necessario tutelare, con opportuni e chiari provvedimenti normativi, gli idonei inseriti ancora nelle graduatorie vigenti di concorsi pubblici;

   l'efficacia delle graduatorie e delle assunzioni va urgentemente prorogata al 31 dicembre 2019, ferma restando la vigenza delle stesse fino alla completa assunzione dei vincitori e, per gli idonei, l'eventuale termine di maggior durata della graduatoria ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

   si tratta delle graduatorie presso tutte le amministrazioni pubbliche, soggette a limitazioni delle assunzioni, ivi comprese quelle vigenti presso i Corpi di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di allinearle a quelle formatesi a seguito delle procedure concorsuali di cui all'articolo 67-ter, commi 5 e 6, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (concorso Ripam per la ricostruzione), già prorogate al 31 dicembre 2019, ai sensi dell'articolo 1, comma 716, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   per quanto riguarda i forestali, si è ancora in attesa di una riforma organica del Corpo forestale dello Stato; anche per questo Corpo sarebbe opportuno prorogare l'efficacia della graduatoria del concorso pubblico, per esami, per la nomina di 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale – serie concorsi n. 94 del 29 novembre 2011 –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative volte a disporre la proroga delle graduatorie in questione a tutela degli idonei.
(3-00327)

(13 novembre 2018)