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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 278 di venerdì 12 aprile 2024

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO MULE'

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 aprile 2024.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 80, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Antonio Ferrara, proclamato il 9 aprile 2024, ha dichiarato, con lettera pervenuta il 10 aprile 2024, di aderire al gruppo MoVimento 5 Stelle.

La Presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in data 10 aprile 2024, ha comunicato di aver accolto la richiesta. Benvenuto, dunque, al collega Ferrara.

Discussione della proposta di legge: Foti ed altri: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività (A.C. 1018-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1018-A: Modifica all'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per le loro attività.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 10 aprile 2024 (Vedi l'allegato A della seduta del 10 aprile 2024).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1018-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista ne hanno chiesto l'ampliamento.

La VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Fabrizio Rossi.

FABRIZIO ROSSI , Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge all'esame dell'Assemblea modifica la normativa vigente prevista per il cambio di destinazione d'uso dei locali utilizzati come sedi degli enti del Terzo settore al fine di disciplinarne l'applicabilità alle associazioni di promozione sociale che svolgono anche attività di culto, attraverso la definizione di criteri in materia di compatibilità urbanistico-edilizia. In particolare, il provvedimento, che si compone di un solo articolo, modifica l'articolo 71, comma primo, del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017, che consente di utilizzare sedi e locali a disposizione degli enti del Terzo settore per le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministro dei Lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.

Tale disciplina di favore, nata al fine di superare le difficoltà per taluni circoli e associazioni di trovare spazi adeguati a svolgere le proprie attività senza procedere al cambio di destinazione d'uso, è stata sovente invocata in modo strumentale da associazioni che, di fatto, hanno come funzione esclusiva o prevalente quella di gestire luoghi di culto in immobili privi dei requisiti urbanistici, strutturali e di sicurezza necessari per tale utilizzo.

La proposta di legge intende, dunque, introdurre una normativa, tenuto conto del suddetto utilizzo strumentale della disciplina di favore, che, per le organizzazioni ritenute portatrici di tale peculiare valore sociale, in linea anche con numerose giurisprudenze - amministrative e di legittimità - che, in più occasioni, si sono pronunciate in maniera negativa sul mutamento di destinazione d'uso, vuole dare, quindi, una finalità di un loro utilizzo quali luoghi di culto. Come, infatti, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare, anche un mutamento di destinazione d'uso meramente funzionale, ovvero senza la realizzazione di opere edilizie, può determinare una variazione degli standard urbanistici ed è in grado di incidere sul tessuto urbanistico della zona.

Il provvedimento all'esame, oggi, dell'Assemblea è stato oggetto di un'ampia attività istruttoria da parte della Commissione, che ha svolto audizioni di professori universitari, di organizzazioni del Terzo settore, nonché di rappresentanti delle comunità islamiche e della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. All'esito di tale attività conoscitiva, la Commissione ha apportato significative modifiche al testo originario della proposta di legge in esame. Mentre il testo originario, che riprende il testo di una proposta di legge presentata nella scorsa legislatura, disponeva la non applicabilità della citata disciplina di favore alle attività anche occasionali di culto di confessioni religiose non regolate, ovviamente, nei rapporti con lo Stato da intese stipulate ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, mentre il testo risultante dalle modifiche operate in sede referente prevede che la normativa contenuta nel codice del Terzo settore si applichi alle associazioni di promozione sociale che svolgono anche attività di culto, nel rispetto dei criteri in materia di compatibilità urbanistica ed edilizia individuati con decreto ministeriale, fatto salvo quanto previsto dagli accordi e dalle intese stipulate ai sensi degli articoli 7 e 8, terzo comma, della Costituzione. Tale decreto dovrà essere adottato dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'Interno e il Ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge.

Si prevede altresì un indirizzo, che il decreto tenga conto delle specificità delle modalità di esercizio delle diverse forme di culto, delle esigenze di sicurezza e accessibilità dei locali e dell'impatto delle relative attività sul tessuto urbano circostante e sui singoli edifici, anche con riguardo alla concentrazione oraria o giornaliera dell'afflusso di persone ai locali interessati, senza pregiudizio, però, per la libertà di culto, costituzionalmente garantita. Segnalo, infine, che sul testo dell'Assemblea si sono espressi favorevolmente la Commissioni affari costituzionali e la Commissione affari sociali, mentre la Commissione bilancio ha espresso il nullaosta.

In conclusione, la proposta di legge mira a superare fenomeni di aggiramento della normativa urbanistica edilizia concernente il cambio di destinazione d'uso da parte di associazioni che esercitano anche l'attività di culto, ferma restando la necessità di rispettare le garanzie costituzionali in materia di libertà religiosa nei termini affermati nella giurisprudenza costituzionale.

PRESIDENTE. Prendo atto che la rappresentante del Governo rinuncia ad intervenire.

È iscritto a parlare il deputato Iaria. Ne ha facoltà.

ANTONINO IARIA (M5S). Grazie, Presidente. Mi permetta solo in apertura di unirmi al cordoglio dei parenti della vittima, torinese e piemontese, della tragedia di Suviana, il signor Pavel Petronel Tanase. Chiaramente, ci uniamo al cordoglio delle altre vittime di questa bruttissima strage, ma, come parlamentare piemontese, ci tenevo a sottolinearlo.

Venendo, invece, a questa - io non so come definirla - proposta di legge, chiaramente di stampo meramente propagandistico-elettorale, che, tra l'altro, ha avuto un'evoluzione molto particolare perché è partita da una proposta di legge chiaramente anticostituzionale poiché andava a ledere la possibilità di professare la propria religione, come è sancito dalla nostra Costituzione. Quindi, era partita con questa modalità meramente e chiaramente propagandistica, perché Fratelli d'Italia e Lega si rincorrono forse su questo tema in modo da bloccare, in un certo senso, il pericolo dei professanti la religione islamica o altre religioni che possono incidere sulla sicurezza nazionale. Posso definire questo retaggio di razzismo - non so se la parola me la consentite - abbastanza squallido. Il testo è stato modificato, perché si sono accorti che adesso sono in maggioranza e, quindi, le leggi che devono portare in Aula devono avere un minimo di senso, però avete complicato ulteriormente la legge. L'avete complicata a tal punto che state andando a modificare questo famoso articolo 71, che permetteva alle associazioni di promozione sociale di andare in deroga alla destinazione urbanistica, ma voi confondete deroga alla destinazione urbanistica con deroga a tutti i regolamenti, a quelli di igiene, antincendio e strutturali, che tutti gli edifici devono seguire e che devono avere e che anche le associazioni di promozione sociale devono seguire. Quando un'associazione di promozione sociale, di qualunque tipo, prende un immobile e comincia la propria attività deve sottostare a queste regole. Quindi, da questo punto di vista, creare una proposta di legge fuffa che vada a definire dal punto di vista urbanistico la compatibilità di queste attività significa soltanto e semplicemente spostare la palla in tribuna, perché non sapete come uscire da questa figura che avete fatto, da questa bruttissima figura, penso anche a livello internazionale. Voi pensate che vi seguano soltanto i vostri elettori che dicono: non voglio la moschea sotto casa mia, ma vi segue anche parte del mondo. Tutto il mondo islamico segue questo tipo di idee che voi state portando al Governo del Paese Italia e, quindi, come italiano, io mi vergogno del fatto che voi ci rappresentiate in questa modalità, estremamente razzista, estremamente non rispettosa delle religioni altrui.

Allora, fatta questa breve premessa, abbastanza - permettetemi - diretta, andiamo sul punto fondamentale. Perché io intervengo da torinese? Perché nel 2021, come ex assessore all'urbanistica e al patrimonio, siamo riusciti, insieme alla Fondazione delle federazioni islamiche italiane e insieme al Governo marocchino, a trovare una nuova destinazione d'uso a una ex fonderia, un immobile in disuso da anni, che era abbandonato, che portava degrado nella zona della città dov'era inserito, e la Fondazione di cui ho parlato prima ha acquistato, tramite bando pubblico, questi immobili e ha proposto un bellissimo progetto di recupero. Adesso, se voi andate a parlare di compatibilità urbanistica, andate a vedere questo esempio torinese che i vostri deputati di Fratelli d'Italia, la Montaruli e anche il consigliere regionale Marrone, hanno portato come esempio di sfacelo per le condizioni della città di Torino (andate a vedere questo progetto). Io ve lo racconto, in breve. Questo recupero e questa rigenerazione urbana faranno sì che questa Fondazione permetterà di creare uno studentato, spazi a disposizione per la circoscrizione della città, spazi pubblici aperti, recupereranno l'immobile, che è un immobile di architettura industriale storica, anche importante per la città di Torino, gestiranno i giardini limitrofi e creeranno un'area che sarà utilizzata sia per l'attività di culto ma anche come spazio espositivo e associazionistico.

Poi, modificando questa legge, creando questo casino urbanistico e pensando di semplificare, andate a bloccare questo tipo di interventi. Questo progetto porterà anche - porterà, perché, per fortuna, non si fermerà nemmeno grazie al vostro impegno assurdo a bloccare questo tipo di progetti - ad avere, per esempio, uno studentato pubblico, stanze per gli studenti gestiti da Edisu, il cui presidente, tra l'altro, è un rappresentante di Fratelli d'Italia.

Quindi, da questo punto di vista state creando anche un danno a un rappresentante del vostro partito torinese. Devo dire che, all'epoca, questo progetto è stato difeso - e lo dico con orgoglio - solo da noi del MoVimento 5 Stelle. Mi dispiace dirlo, ma anche il PD torinese è stato molto tiepido - forse perché c'erano le elezioni comunali del 2021 - ad andare a prendere una posizione decisa nel difendere questo progetto di recupero e questo, devo dire, lo sto riscontrando, purtroppo, anche adesso, cioè la silenziosità del sindaco di Torino e della sua giunta rispetto a questo pericolo imminente. Sono convinto, però, che, dal punto di vista culturale, non solo il MoVimento 5 Stelle si muoverà nel portare avanti la battaglia contro questa proposta di legge, ma si muoverà, penso, tutto un sistema culturale che non è soltanto legato alla religione islamica, ma è legato, spero, anche alla parte buona del Paese, alla parte intelligente del Paese, che voi in questo caso non state rappresentando, ma anche, penso, a parte dei vostri colleghi di partito e colleghi di coalizione. Mi sembra strano che nessuno intervenga a difesa di questa proposta di legge da parte di Forza Italia e Lega (forse avevano altro da fare).

Ma, come dicevo, alla fine, dal punto di vista tecnico, vi do anche un consiglio: se create un orpello dal punto di vista urbanistico-decisorio sulla compatibilità urbanistica di questo tipo di proposte di cambio di destinazione d'uso, non complicate soltanto l'utilizzo di questi luoghi come luoghi di culto, ma creerete complicazioni anche a tutte le altre imprese o associazioni del Terzo settore che vogliono aprire o prendere uno spazio, che magari non è utilizzato. Ma creando alcune destinazioni d'uso, che poi non sono compatibili con le loro attività, creerete un problema anche a queste associazioni del Terzo settore.

Quindi, da questo punto di vista, state creando un elemento che sicuramente presenta principi di incostituzionalità, state facendo una bieca battaglia elettorale, dicendo che avete fatto una legge che permette di bloccare il proliferare delle moschee, come se nelle moschee, tra l'altro, si facesse qualcosa di male: si prega, ognuno ha diritto di pregare la propria religione in Italia. Quando all'estero accade il contrario e non si può professare in maniera tranquilla la religione cattolica, interveniamo come Nazione nel cercare di difendere la possibilità di professare il culto cattolico, mentre, in Italia, diciamo che la religione islamica deve avere tutta una serie di regole particolari per essere professata.

Per concludere, sicuramente voi questo elemento lo venderete diversamente da quanto avete scritto nella legge, lo venderete come una grande battaglia identitaria della destra italiana, ma la verità è che voi state creando problemi ai comuni, alle associazioni del Terzo settore e a progetti, come quello di Torino, di rigenerazione urbana di uno spazio che, oltre a portare soldi nelle casse comunali, crea anche un indotto di lavoro e culturale nella zona che porterà sicuramente più integrazione nonché il miglioramento delle condizioni di vita e urbanistiche dell'area stessa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pulciani. Ne ha facoltà.

PAOLO PULCIANI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, quello che approda oggi in Aula per la discussione generale è la proposta di legge concernete la modifica dell'articolo 71 del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo del 3 luglio 2017, n. 117 che, come abbiamo già sentito dal relatore, verte in materia di compatibilità urbanistica dell'uso delle sedi e dei locali impiegati dalle associazioni di promozione sociale per la loro attività. In realtà, tale codice prende spunto, ingloba la precedente legge, la n. 383 del 2000, che recava norme sulla disciplina delle associazioni di promozione sociale.

Il testo originario della suddetta norma di legge escludeva dall'applicazione della citata disciplina di favore tutte quelle associazioni di promozione sociale che svolgevano attività, anche occasionali, di culto di confessioni religiose non regolate da intese stipulate ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della Costituzione. Invece, come sappiamo, il testo che oggi è risultante dalle modifiche apportate in sede referente, fatto sempre salvo quanto previsto dagli articoli 7 e 8 della Costituzione, prevede che la disciplina di favore in questione si applichi con rispetto dei criteri e delle disposizioni urbanistiche e di edilizia che saranno individuati con apposito decreto ministeriale.

Tale intervento, fatto in sede referente, fa sì che il novellato comma 1 dell'articolo 71 preveda l'attribuzione al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero della Salute e il Ministero dell'Interno e previe intese in sede di Conferenza unificata, del potere di adottare un decreto ministeriale volto ad individuare effettivamente i criteri di compatibilità urbanistica ed edilizia nel rispetto dei quali debba essere applicata la disciplina di favore anche alle associazioni di promozione sociale che svolgano attività di culto. Tale previsione appare coerente, infatti, con quanto più volte ribadito dal Consiglio di Stato che, ad esempio, con l'ordinanza n. 6176 del 2018, ha affermato che la qualità di associazione di promozione sociale, per la quale l'articolo 71 del decreto legislativo n. 117 consente l'insediamento nelle sedi di edifici con qualunque destinazione d'uso, non autorizza ad insediare un luogo di culto non occasionale o precario negli stessi luoghi.

Ce lo dice questa statuizione del Consiglio di Stato, ma, poi, ne citerò altre che sostanzialmente sono sulla stessa falsariga, ovvero distinguono l'esercizio di un'attività posta in essere da un'associazione con una propensione sociale o una propensione culturale rispetto al mero luogo di culto e di preghiera. Questo non lo dice questo Governo, non lo diciamo noi proponenti di questa legge, ma viene più volte riconosciuto in sede giurisdizionale amministrativa e, come vedremo, poi farò riferimento ad alcune sentenze della Corte costituzionale.

In altre parole, per l'ordinanza del Consiglio di Stato che ho citato, la presunzione di conformità urbanistica di cui all'articolo 71 non dovrebbe valere per lo svolgimento in via sistematica di attività di culto. In realtà, il tribunale amministrativo è intervenuto nello specifico nel fare una profonda distinzione tra queste due attività, delineando un perimetro ben preciso dell'ambito di applicazione della suddetta normativa. Ci sono altre sentenze amministrative a tal proposito, le cito quella del 27 gennaio del 2015 del TAR Veneto, che dice letteralmente, la riporto: “occorre distinguere il caso di (…) esercizio di un'attività associativa all'interno di un capannone industriale-artigianale, nel quale si svolgono (…) saltuariamente preghiere religiose”: questo viene distinto da quello che può essere un luogo dove chiunque, appartenente a una determinata religione, può andare a pregare. Una cosa sono l'uso e la possibilità di esprimere la propria preghiera o il culto all'interno della propria abitazione o, per il lavoratore, all'interno del proprio luogo di lavoro; un'altra cosa (è differente) è trasformare in centro di aggregazione e preghiera, aperto erga omnes, nei confronti di tutti, palestre, scantinati, garage, locali di qualunque genere e destinazione. Questa, lo ripeto, è la sentenza del TAR che ho appena citato. C'è una sentenza del Consiglio di Stato del 2013 che, sostanzialmente, ribadisce gli stessi principi, la sentenza n. 34812 del 2017, e così via. Ne potrei citare molte altre, ma mi fermo qui.

Qual è il principio? Il principio è che questa norma speciale, che in qualche modo interveniva per facilitare e non rendere eccessivamente burocratizzato l'accesso di associazioni con scopi benefici all'interno di locali o edifici che avessero una diversa destinazione d'uso, è stata sostanzialmente snaturata. Non era un fenomeno emerso in modo significativo negli anni scorsi, negli anni passati, nei decenni passati, al momento in cui c'è stata la legiferazione, ma prendiamo atto, anche da ciò che constatiamo nelle città, da ciò che ci viene detto dai sindaci, ma anche dai comitati di cittadini (abbiamo visto più volte in televisione programmi su questo), che aree, che avevano una destinazione residenziale o di qualunque altro tipo, improvvisamente diventavano luogo di pellegrinaggio - nemmeno fossero La Mecca - di centinaia, di migliaia di persone che andavano a pregare in quei luoghi, in varie ore del giorno, per più volte. Ecco perché anche nell'emendamento approvato in Commissione, laddove si delega il Governo e i Ministeri che ho citato a strutturare un regolamento di attuazione che tenga conto della quantità dei fedeli, del numero, delle condizioni ambientali in cui ci troviamo, della destinazione e della naturale vocazione del luogo nel quale eventualmente vengono poste in essere le funzioni religiose, ci sembra quanto mai appropriato. Anche l'esempio, Presidente, che ha posto poco fa il collega, onorevole dei 5 Stelle relativamente alla condizione che c'è a Torino, dove c'è una programmazione, è coerente con quanto stabilito da questo intervento.

Infatti, lì c'è una programmazione amministrativa, quindi immagino che ci siano destinazioni d'uso previste dal piano regolatore generale o da piani particolareggiati o da un intervento che è stato studiato, valutato e poi applicato. Quindi, esattamente quello verso cui questa legge vuole portare, esattamente la direzione che vogliamo ottenere con questa norma, perché ritengo che la chiarezza delle norme non solo aiuti gli italiani, ma possa aiutare anche coloro che sono non italiani o professano religioni diverse da quella cattolica, perché nell'interpretazione di norme o nell'assenza, anzi, di norme che in qualche modo disciplinino in modo puntuale delle cose, ecco che si apre la possibilità di utilizzare normative magari puntuali e di favore, create in altri tempi, in altri anni e per altre situazioni, per fare qualcosa di diverso da quello per cui erano state generate.

Quindi, questa norma non va in contrasto con la programmazione amministrativa o governativa o regionale rispetto alla gestione di luoghi di culto. Va esattamente in quella direzione, cioè noi diciamo che ci deve essere necessariamente una programmazione, una previsione, una concertazione con gli enti territoriali, con le regioni, con i comuni e, ovviamente, con il Governo. Infatti, l'articolo 5 del medesimo codice del Terzo settore, e mi richiamo sempre a quanto detto prima, individuava puntualmente le attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore possono svolgere, e non citava in alcun modo attività che rientrano direttamente in quelle di culto. Questo sempre per richiamare la coerenza di tale provvedimento rispetto anche alla legge che si va a modificare.

Lo ripeto, la legge prevedeva, ed esplicitamente elencava, le organizzazioni che potevano essere agevolate nel non tenere conto della destinazione d'uso dei propri locali, della propria sede sociale, ed erano le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e ogni altro ente di carattere privato diverso da società costituite per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche, di utilità sociale e così via.

In questo preciso e dettagliato elenco non troviamo, in alcun modo, che si faccia riferimento a società o associazioni che abbiano come scopo precipuo, o comunque prevalente, quello dell'esercizio del culto e della preghiera. Se questo non c'era, probabilmente non era nell'idea dell'allora legislatore, però era necessario, visti gli escamotage determinatisi successivamente, intervenire in questo senso. Infatti, l'esigenza di intervenire con una legislazione puntuale su tale argomento scaturisce da un fatto fondamentale che ho già detto: negli ultimi anni, si è registrata una diffusa proliferazione di associazioni di promozione sociale che, in realtà, hanno come funzione esclusiva e prevalente quella di gestire luoghi di culto, in particolar modo per le comunità islamiche è stato detto, ma non svelo alcun segreto. Certamente non sono le uniche, ma sono sicuramente quelle più numerose.

Questo approfittando delle agevolazioni di cui al codice del Terzo settore che andiamo a modificare. Tutto questo in immobili che non hanno requisiti urbanistici, strutturali e di sicurezza. È ovvio che questa stessa problematica, si potrebbe contestare, potrebbe valere non solo per le associazioni di culto, ma anche per le altre associazioni. Teniamo però conto che la realtà che viviamo e che vediamo è che il 90 per cento delle associazioni con un carattere benefico, che hanno la sede legale in un luogo, eccetera, non riempiono, con centinaia o migliaia di persone, nello stesso orario, contestualmente, queste sedi, come invece accade e vediamo accadere continuamente, questo è un dato da cui non possiamo prescindere.

Non vi è dubbio alcuno, infatti, che la normativa in questione aveva ben altre finalità, l'ho già detto, quella di evitare complessità burocratiche e difficoltà nel reperimento di immobili per le associazioni culturali, sportive e tutte quelle che ho elencato che erano prive di scopo di lucro, ma, soprattutto, che erano società che intendevano favorire la partecipazione, la solidarietà, il pluralismo e la ricerca anche in campo etico e spirituale, ma con modalità e impostazioni distanti dalla mera attività di culto considerato come pratica religiosa, che è riservata unicamente ai credenti di una determinata fede.

C'è, infatti, già su questo, una sentenza, la n. 181 del 2013 del Consiglio di Stato, in cui lo stesso Consiglio di Stato dichiara l'impossibilità di qualificare proprio come associazione di promozione sociale un'associazione islamica che, anche se nello statuto conteneva elementi riguardo alla possibilità di favorire la conoscenza della lingua araba e della cultura islamica, di fatto faceva svolgere presso la propria sede attività di preghiera e di culto, precisando che le sedi e i locali di un'associazione di promozione sociale non possono essere oggetto di uso promiscuo tra attività di effettiva promozione sociale e attività di culto. Questo sempre la sentenza n. 181 del 2013 del Consiglio di Stato; non lo dice questo Governo, non lo dicono solo i proponenti di questa norma, lo dice un organo importante, giurisdizionale, quale il Consiglio di Stato. Quindi, cosa dice, sostanzialmente? Che una cosa è la promozione di una determinata cultura di un Paese, il confronto culturale e scientifico, altra cosa è l'esercizio legittimo, ma comunque riservato unicamente a una determinata categoria di fedeli, di appartenenti ad una comunità, che va lì con l'unico scopo di pregare e professare la propria fede.

Quindi, la trasformazione, cui abbiamo assistito, di chiese islamiche non possiamo far finta e considerare che sia solo un'ipotesi di un futuro distopico che immaginiamo, vado a terminare, perché garage, palestre, uffici, giardini, cortili e quant'altro, con la presenza costante e continua di innumerevoli persone, possono ingenerare fenomeni di crescente preoccupazione sociale, oltre che una violazione di numerose norme. Noi, in estrema sintesi, quindi, non vogliamo limitare la libertà religiosa. Chiunque è libero di professare assolutamente la propria religione, ma non deve poterlo fare a discapito della sicurezza, delle norme che presiedono all'urbanistica e soprattutto senza utilizzare escamotage giuridici, norme che sono state poste a tutela e ausilio di categorie associative che non hanno nulla a che vedere con i luoghi, sostanzialmente, di preghiera e venerazione.

Vogliamo mettere ordine in questa disciplina. È un fenomeno che è emerso sicuramente in modo rilevante negli ultimi anni; ignorarlo o continuare a ignorarlo poteva creare problemi maggiori di quelli che già si stanno verificando. Credo che questo provvedimento, invece, vada nel senso della legalità e della legittimità, di porre regole costituzionalmente legittime, ragionevoli, appropriate, che sono esattamente quelle che potranno portare a individuare certamente luoghi di culto, certamente luoghi di preghiera, ma nell'ambito di un quadro che viene disegnato dagli organi preposti, e certamente, secondo me, anche a evitare che possano generarsi e aumentare conflitti sociali e territoriali molto gravi.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Scarpa. Ne ha facoltà.

RACHELE SCARPA (PD-IDP). Presidente, colleghe, colleghi, non concordo, com'è prevedibile, con quanto è appena stato detto. Penso che oggi noi stiamo discutendo di un provvedimento che è di fatto un travestimento, un'operazione mimetica di una misura il cui obiettivo ultimo è effettivamente limitare la libertà di culto di alcune confessioni religiose e che viene mascherata da asettica misura di carattere urbanistico. Partirei, dunque, dal vestito su cui questa proposta di legge viene cucita, ovvero il codice del Terzo settore, in particolare l'articolo 71.

L'articolo 71 prevede una disciplina agevolativa a vantaggio degli enti del Terzo settore in termini di deroghe al diritto comune circa l'utilizzo dei locali in cui svolgono le loro attività. Significa, sostanzialmente, che ogni ente del Terzo settore può svolgere attività, purché non di tipo produttivo, da articolo 71, nei locali del Terzo settore, a prescindere dalla compatibilità di questa attività stessa con la cosiddetta destinazione di utilizzo del locale in questione.

Quindi la ratio di questa norma, il design iniziale del codice del Terzo settore, di questo vestito, va nella direzione di facilitare gli enti del Terzo settore nell'utilizzo degli spazi, perché si riconosce il valore sociale loro e delle loro attività, che possono anche essere per legge, per prassi, attività di culto. Pertanto, è inattuale il riferimento alla pronunciazione del Consiglio di Stato del 2013, che è superata dal codice del Terzo settore stesso che è del 2017 e che esclude le sole attività produttive dall'articolo 71.

Le attività di culto non sono certamente attività di interesse generale, ma possono rientrare all'interno delle attività degli enti del Terzo settore, che possono essere spesso di ispirazione religiosa o comprendere momenti di preghiera all'interno delle loro attività. Quindi, il codice di settore immagina questa maggiore libertà perché riconosce e vuole massimizzare l'utilità sociale degli enti del Terzo settore. Solidarietà e sussidiarietà sono le forme bellissime del volontariato, dell'associazionismo, delle forme di aggregazione, delle reti delle cooperative, forme che, in realtà, come dicevo, spesso hanno ispirazione religiosa, spesso includono momenti di preghiera.

Io vengo dal Veneto, ed è una realtà che queste forme le conosce molto bene e le sa anche valorizzare. Ebbene, la proposta di legge che discutiamo oggi ha un design completamente opposto, va nell'altra direzione, rafforza la potestà pubblica e danneggia la libertà degli enti del Terzo settore e cerca di fare, in qualche modo, delle distinzioni. Perché? Il perché, io credo, vada ricercato nella stoffa di cui è fatto questo travestimento, l'intenzione, la sostanza che c'è dietro, oltre alle varie riformulazioni che ci sono state. La stoffa io l'ho intravista in quella che era la formulazione iniziale di questa proposta di legge e nella relazione che è allegata ad essa, che è molto esplicita. Visto che abbiamo un po'di tempo, che è breve, possiamo leggere la formulazione iniziale, come la maggioranza ha quindi pensato, prima di venire rimessa in riga da eminenti costituzionalisti, questa norma.

Si diceva che le disposizioni all'articolo 71 del codice del Terzo settore non si applicano alle associazioni di promozione sociale che svolgono, anche occasionalmente, attività di culto di confessioni religiose, i cui rapporti con lo Stato non sono regolati sulla base di intese. Durante l'attività conoscitiva in Commissione si sono accumulate, evidenziate da tutti gli autorevolissimi auditi, le numerosissime ipotesi di incostituzionalità di questa idea iniziale. Era incostituzionale perché faceva delle distinzioni tra APS in generale e APS che svolgono attività di culto; era incostituzionale perché faceva delle distinzioni tra attività di culto di confessioni religiose con o senza intesa - noi sappiamo che le due principali confessioni senza intesa sono gli evangelisti e la confessione islamica -, una discriminazione che è già stata censurata più volte dalla Corte costituzionale e, in almeno due occasioni, riguarda proprio leggi regionali di contenuto urbanistico. Cito la sentenza n. 52 del 2016: l'uguale libertà, riconosciuta a tutte le confessioni religiose, non può essere condizionata dalla sottoscrizione delle intese, menzionate nel comma 3, che hanno lo scopo di regolare i rapporti con lo Stato e non quello di limitarne l'uguale libertà. Era incostituzionale perché diceva, anche occasionalmente, con una formula giuridicamente debolissima, arbitraria e di difficile definizione, che cos'è l'occasionalità di un momento di preghiera. Fare una preghiera nel contesto di un'attività culturale rende un luogo di culto, si configura come attività di culto? Questo non era chiaro, tanto che era stato segnalato come incostituzionale; incostituzionale perché subordina l'esercizio di culto alla presenza di elementi oggettivi di tipo urbanistico o soggettivi di carattere legislativo. Incostituzionale perché è evidentissimo, colleghi, che c'è un bersaglio. Il bersaglio appare nelle prime sei righe della relazione introduttiva, con un'attenzione esplicita ed esclusiva ad una sola confessione religiosa. Citiamo, testualmente, di nuovo: per i proponenti, il design di apertura dell'articolo 71 del codice del Terzo settore viene utilizzato come grimaldello dalle comunità islamiche per insediarsi nel territorio italiano creando moschee, madrase, nella completa indifferenza delle istituzioni, in spregio alla legge e nella sostanziale impossibilità di intervenire da parte delle Forze dell'ordine. Sostanzialmente, rispetto al modello, al design più bello di tutti, che è quello della nostra Costituzione, questa proposta di legge, nella sua formulazione iniziale, era uno scarabocchio, era fatta davvero troppo, troppo male. Presentata nella scorsa legislatura, ripresentata identica in questa, andava corretta in qualche modo, era evidente dall'attività conoscitiva che andava fatto qualcosa, quindi arriviamo alla formulazione odierna, quella che discutiamo oggi. Fatto salvo quanto previsto dalle intese, rimane, di fatto, l'aspetto di discriminazione tra confessioni che hanno sottoscritto un'intesa e confessioni che non hanno sottoscritto intese.

L'articolo 71, pertanto, non si applica alle APS che praticano attività di culto, e lo decideranno i Ministeri competenti con dei decreti ministeriali, questo sostanzialmente si dice, ossia si demanda a un decreto ministeriale. Poi si elencano alcuni elementi di cui i Ministeri dovrebbero tenere conto - le esigenze di sicurezza e accessibilità, impatto sul tessuto urbano, concentrazione oraria e giornaliera dell'afflusso di persone -, tutte cose notoriamente facilmente misurabili nella quotidianità delle attività delle comunità religiose e culturali. Mi sembra veramente evidente che queste sono toppe su toppe, sono giri di parole, sono ricerche spasmodiche di una formula che annacqui a sufficienza da superare il tanto odiato test di costituzionalità. La stoffa, alla fine, però rimane quella: bisogna togliere il grimaldello alle comunità islamiche che si aggregano in forma di APS e che svolgono e organizzano, tra le altre cose, anche le attività di culto. E questo è il punto politico, al di là delle considerazioni giuridiche delle riformulazioni; il punto politico che penso vada affrontato alla radice, che non vada travestito da mera questione urbanistica, come si è tentato di fare in Commissione e anche qua in Aula di fatto.

Il tema reale da cui questa legge prende le mosse è il fatto che le religioni, che non hanno sottoscritto accordi o intese con lo Stato, hanno effettivamente difficoltà a trovare luoghi di culto nel nostro Paese. Quando si tratta della comunità islamica subentrano poi alcuni fattori: la diffidenza generalizzata, gli impedimenti burocratici; ci sono tante cose che portano a un'effettiva difficoltà di accesso oggettivo a nuovi luoghi di culto. Anche se - ce l'hanno detto i rappresentanti del Forum del Terzo settore in audizione -, cito di nuovo: non rileviamo il fenomeno indicato dai proponenti come largamente diffuso nelle nostre realtà - quindi, stiamo parlando di un qualcosa che è molto più rarefatto di quello che si vuole far credere - è vero che alcune rappresentanze o soggetti di varie confessioni religiose hanno adottato la normativa del Terzo settore per trovare un escamotage all'interno di questa regola, forzando di fatto una lettura, un'interpretazione. Una soluzione, questa, che hanno trovato per cercare di essere in qualche modo all'interno di un'interpretazione della regola, perché, a monte, le regole, per le confessioni senza intesa, sono molto complesse e di difficile applicazione. Questo non fa sì che quelle confessioni smettano di esistere. Intese o non intese quelle comunità religiose esistono, sono reali e forse bisognerebbe lavorare per accompagnare le più deboli ad una pienezza identitaria consona ai dettami della legge, anzi, diciamola meglio, le persone che si riconoscono in quelle confessioni, pur senza intesa, hanno diritto anche loro, libere ed eguali davanti alla legge, di professare liberamente la loro religione in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in pubblico o in privato il culto (articoli 8 e 19 della nostra Costituzione). Il nostro compito, dunque, sarebbe quello di vedere il vulnus che effettivamente esiste nella normativa attuale e chiederci come possiamo risolverlo e dovremmo farlo consapevoli dei tempi in cui viviamo. La conoscenza, il confronto, il dialogo tra culture diverse saranno sempre di più delle risorse indispensabili per affrontare le complessità in cui già siamo immersi, non è una cosa futura ma una cosa presente.

La risposta potrebbe essere quella di un Paese veramente laico, libero e democratico, che, quindi, risponde alla sfida dell'integrazione, oppure potrebbe essere quella di un Paese che sceglie di ostacolare la formazione di piccole nuove moschee nei nostri territori e che sceglie, dunque, di privarsi di interlocutori preziosi. In questo momento storico, avere rapporti con le comunità islamiche che si aggregano principalmente attorno ad identità nazionali passa anche inevitabilmente dall'avere un rapporto con gli imam. Non me lo sono inventato io, ce l'ha spiegato la comunità di Sant'Egidio. Dialogo e incontro, dunque, non divieto, e non è vero che la formulazione attuale della proposta di legge è chiara e puntuale in questo senso e che incentivi la regolarizzazione di queste realtà. Mi sembra semplicemente un'altra formulazione dell'intento e della solfa iniziale, un divieto.

Quindi, le comunità fisiche organizzate in dialogo con le istituzioni, con il territorio e con le altre comunità religiose sono elementi preziosi per evitare le radicalizzazioni dettate da spinte della storia che sono più grandi di questa proposta di legge. Togliere i luoghi di culto significa accompagnare in silenzio le giovani generazioni di musulmani alle forme estreme del culto sul web. Lo sanno bene le comunità cattoliche che ogni giorno lavorano con queste comunità islamiche, sull'impulso, peraltro, del documento di Abu Dhabi di Papa Francesco.

Perché dovremmo ostacolare questo lavoro che, secondo me, è prezioso? Questo non è chiaro. Consideriamo la realtà del nostro Paese. Noi non siamo la Francia, dove ci sono grandi periferie, megalopoli in cui intere comunità di stranieri sono sostanzialmente ghettizzate. Le nuove conformazioni sociali, culturali e religiose di altre confessioni religiose e di stranieri in generale nascono, crescono e si aggregano all'interno dei nostri quartieri. Noi dovremmo sforzarci di non concepire questa cosa come un problema o un motivo di tensione ma di considerarla per quello che effettivamente è, cioè una risorsa che finora ha consentito - dove si è voluto farlo, ovviamente - di avviare dialoghi strategici e interventi che sono stati sia pacifici sia pacificatori. Il nostro Paese ha una ricchezza unica e sarebbe anche ora di valorizzarla: sono le risorse umane, sociali, di fede ed etiche che vogliono lavorare, coerentemente con il momento storico, a una sempre maggiore integrazione. Sono proprio loro a dirci che hanno un disperato bisogno di interlocutori.

Tutto ciò che si fa nella direzione di ammorbidire i rapporti, di darvi contenuto e prospettiva, evita le tensioni, evita le radicalizzazioni, evita quel tuffo nell'incognito che è la violenza e rafforza la coesione sociale. Se noi ostacoliamo le procedure per ottenere regolarmente e in trasparenza luoghi di culto, rimane poi soltanto il web, il virtuale che diventa reale nel momento in cui manca la comunità, in cui manca un luogo fisico. Se noi non vogliamo regalare le giovani generazioni nate e cresciute in famiglie di cultura islamica alle fascinazioni deculturate dell'Islam, allora dobbiamo impostare un design, con la nostra attività legislativa, che si perfezioni aiutandoli a comprendere e a osservare la legge italiana in maniera costruttiva, non strappando fili ma, appunto, cucendo relazioni. Di questa stoffa io vorrei che fossero fatte le nostre discussioni, più simile a quella della nostra Costituzione e meno simile alla chiacchierata da bar quale è, di fatto, la relazione con cui viene introdotta questa proposta di legge. Quello che si sta cucendo sul codice del Terzo settore è un vestito brutto e disfunzionale, che viene attaccato, in modo posticcio, a qualcosa di bello che è, invece, il codice del Terzo settore, e al quale noi non possiamo che opporci perché non solo rischia di non produrre effetti ma, se ne produrrà, rischia di fare danni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1018-A​)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e la rappresentante del Governo rinunciano a intervenire in sede di replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

(Annunzio di questioni pregiudiziali di costituzionalità - A.C. 1018-A​)

PRESIDENTE. Avverto che, a norma dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, sono state presentate, prima dell'inizio della discussione, le questioni pregiudiziali di costituzionalità Alfonso Colucci ed altri n. 1, Simiani ed altri n. 2, Bonelli ed altri n. 3, che saranno esaminate e poste in votazione prima di passare all'esame degli articoli del provvedimento.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 15 aprile 2024 - Ore 10:

(ore 10, con votazioni non prima delle ore 14)

1. Discussione del disegno di legge:

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). (C. 1752-A​)

Relatori: OTTAVIANI, PELLA e TRANCASSINI.

La seduta termina alle 10,25.