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Resoconto dell'Assemblea

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XIX LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 125 di venerdì 23 giugno 2023

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LORENZO FONTANA

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BENEDETTO DELLA VEDOVA , Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 80, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali, adottata il 1° maggio 2023 (anno 2023) (Doc. XXV, n. 1) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2022, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2023, deliberata dal Consiglio dei ministri il 1° maggio 2023 (Doc. XXVI, n. 1). (Doc. XVI, n. 1).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione delle Commissioni riunite III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) sulla deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali, adottata il 1° maggio 2023 (anno 2023) e sulla relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all'anno 2022, anche al fine della relativa proroga per l'anno 2023, deliberata dal Consiglio dei ministri il 1° maggio 2023.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 22 giugno 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 22 giugno 2023).

Avverto che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

(Discussione - Doc. XVI, n. 1)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

Ha facoltà di parlare il relatore per la III Commissione (Affari Esteri), deputato Emanuele Loperfido, che interviene anche a nome del relatore per la IV Commissione (Difesa), deputato Roberto Bagnasco.

EMANUELE LOPERFIDO , Relatore per la III Commissione. Grazie, Presidente. Colleghi deputati, rappresentanti del Governo, recependo in pieno lo spirito della legge n. 145 del 2016, le Commissioni affari esteri e difesa, nell'ultima settimana, hanno svolto un ampio lavoro di riflessione sui contenuti dei provvedimenti in esame.

Oltre alle posizioni del Governo, esposte nelle comunicazioni rese dai Ministri competenti davanti alle Commissioni riunite affari esteri e difesa dei due rami del Parlamento, sono stati acquisiti ulteriori importanti elementi conoscitivi in occasione delle audizioni del Vice Ministro degli Affari esteri, onorevole Cirielli, che ringrazio, del Capo di Stato maggiore della Difesa e del comandante del Comando operativo di vertice interforze, anche loro da ringraziare per la forte collaborazione, nonché di accademici e rappresentanti di numerose organizzazioni non governative impegnate nell'attività di cooperazione allo sviluppo, tutela e promozione dei diritti umani. Queste interlocuzioni ci hanno consentito di valutare l'adeguatezza degli interventi di natura militare e civile, elencati nelle deliberazioni governative, rispetto agli interessi nazionali, così pure in relazione al sistema di alleanze e al posizionamento del nostro Paese nelle organizzazioni internazionali, e rispetto, ovviamente, ai partner di riferimento, tenendo sempre presente un principio fondamentale: il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale si fonda sul legame indissolubile tra sicurezza, crescita, sviluppo e promozione della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani, e si traduce in un approccio che considera tutto il ciclo della pace, con un'enfasi particolare sulla prevenzione dei conflitti. Ed è su questo che stiamo lavorando.

Limitando la mia illustrazione ai profili inerenti agli ambiti della Commissione affari esteri e difesa e rinviando, per ulteriori dettagli, al testo della relazione per l'Assemblea approvato nelle Commissioni riunite il 22 giugno scorso, mi preme evidenziare in particolare che la significativa presenza italiana nel quadro delle operazioni internazionali è orientata all'appartenenza del nostro Paese all'Unione europea e all'Alleanza atlantica, oltre che ancorata fortemente al multilateralismo imperniato sul sistema delle Nazioni Unite.

Al tempo stesso, la nostra partecipazione a grandi operazioni multilaterali serve anche a qualificare la nostra postura internazionale a fronte delle nuove sfide dell'ordine mondiale, a cominciare, ovviamente, dalla guerra di aggressione russa all'Ucraina ed alle sue implicazioni sugli equilibri geopolitici globali, con le quali siamo tutti chiamati a confrontarci con realismo e lucidità.

In questo quadro si individuano le priorità strategiche più immediate del nostro Paese, vale a dire Mediterraneo e Balcani, i cui equilibri sono profondamente toccati dalla crisi in Europa orientale. Con riferimento al Mediterraneo, le missioni mirano in particolare a contribuire alla stabilizzazione dei Paesi che si affacciano sulle sponde Sud ed Est, abbinando la componente civile e militare.

Va ribadito in questa sede che tali missioni e tali interventi concorrono a rafforzare, soprattutto in questo tempo di crisi e di incertezze, il profilo della nostra identità mediterranea. Essa deve continuare a caratterizzare il nostro modo di stare all'interno delle Nazioni Unite, dell'Alleanza Atlantica e della stessa Unione europea per far sì che tali organizzazioni continuino a perseguire un impegno comune nella lotta contro il terrorismo per una condivisione più equa e responsabile delle conseguenze del fenomeno migratorio, come di tutte quelle altre sfide, ad esempio le conseguenze del cambiamento climatico e i conflitti interetnici, che contribuiscono a rendere il Mediterraneo allargato un epicentro del disordine globale, come detto anche ieri nell'incontro tra la Presidente del Consiglio Meloni e la Presidente Metsola.

Con specifico riguardo al Mediterraneo e al Medio Oriente, il nostro Paese continua a sostenere con convinzione il processo di stabilizzazione in Libia sotto l'egida delle Nazioni Unite, consapevoli delle criticità dovute alla persistente presenza di milizie e combattenti stranieri, nonché della necessità di mantenere un'attenzione specifica sulla situazione umanitaria. In questo senso è auspicabile promuovere un più intenso coordinamento tra le autorità libiche e le agenzie coinvolte (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e Organizzazione internazionale per le migrazioni), volto a monitorare l'operato delle stesse autorità libiche e renderlo conforme agli standard internazionali in materia di diritti umani. Peraltro, è opportuno ricordare che gli interventi dell'Italia in Libia si inseriscono nel più ampio quadro delle iniziative promosse dall'Unione europea, con l'obiettivo di ridurre le interferenze di soggetti terzi che non condividono il nostro patrimonio di valori, fondato sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Sempre nel quadrante del Mediterraneo allargato prosegue inoltre, nell'impegno contro Daesh, il terrorismo di matrice fondamentalista attivo in Iraq, Siria, ma anche nell'Africa sahariana e centrale, dove desta particolare preoccupazione l'infiltrazione recente dei mercenari della Wagner.

Un altro Paese di prioritario interesse, in qualche modo connesso con il tema del fondamentalismo islamico, è sicuramente l'Afghanistan, dove il ritorno al potere dei talebani ha provocato un gravissimo deterioramento della situazione dei diritti umani, in particolare delle donne e delle ragazze. Anche in questo caso l'approccio del nostro Paese si attiene alla linea comune europea e, pertanto, se da un lato si continua a rigettare l'ipotesi di un riconoscimento delle autorità di fatto insediatesi a Kabul, dall'altro, prosegue un'interazione pragmatica, con lo scopo di facilitare l'attività di assistenza e spingere i talebani a migliorare le condizioni di vita della popolazione. Più in generale, l'impegno italiano nelle operazioni e missioni militari e civili dell'Unione europea è orientato ad un duplice obiettivo: rafforzare l'azione per la sicurezza del nostro Paese e sostenere la politica di sicurezza e difesa europea, per consentire all'Unione europea di incrementare la propria capacità di agire sulla scena internazionale.

Come è avvenuto per l'emergenza pandemica, la crisi ucraina ha reso una volta di più evidente come, dinanzi a minacce sistemiche, la compattezza e l'unità dell'Unione europea e degli Stati membri che la compongono siano condizioni essenziali per una risposta efficace. Senza una solida componente di sicurezza civile e militare l'effetto delle ingenti risorse spese dall'Unione europea nelle varie iniziative in zone di crisi risulta inevitabilmente depotenziato. Questo approccio, peraltro, è in linea con la bussola strategica approvata nel 2022, che l'Italia sostiene con convinzione, ossia il documento tramite cui gli Stati membri dell'Unione europea hanno fissato le indicazioni operative, con relative scadenze, per il rilancio della politica di sicurezza e difesa comune nei prossimi cinque e dieci anni.

Il consolidamento della politica di sicurezza e difesa dell'Unione europea contribuisce anche al rafforzamento della cooperazione NATO-Unione europea, ribadito nella terza dichiarazione congiunta NATO-Unione europea, sottoscritta il 10 gennaio scorso, in uno spirito di complementarietà che eviti duplicazioni e rafforzi il legame transatlantico. È nostro assoluto interesse continuare a promuovere una cooperazione sempre più stretta tra NATO e Unione europea in particolari ambiti come il contrasto alle minacce ibride, la mobilità militare e le esercitazioni congiunte, al fine di migliorare le best practice e l'interoperabilità.

Peraltro, benché l'aggressione russa all'Ucraina abbia determinato un inevitabile e progressivo rafforzamento della postura di deterrenza e di difesa sul fianco orientale, occorre ribadire in questa sede l'esigenza di mantenere inalterato l'impegno sul fianco Sud dell'Alleanza, incentrato geopoliticamente sull'Africa settentrionale subsahariana e sul Medio Oriente e caratterizzato da una minaccia più multiforme e complessa, dove instabilità politica, terrorismo e traffici illeciti di ogni tipo sono molto più difficili da affrontare militarmente con la logica della difesa collettiva e della deterrenza.

Passando ai Balcani occidentali, il completamento della transizione democratica e la loro progressiva integrazione nell'Unione europea rimangono fattori centrali e prioritari per il consolidamento della pace, della democrazia e della stabilità europea. In questo contesto, risulta essenziale il contributo fornito dalla missione NATO KFOR, di cui deteniamo attualmente il comando e di cui siamo i maggiori contributori per numero di effettivi dispiegati, al processo di normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo, che rappresenta la principale criticità nella regione.

Nell'ottica di un'assunzione crescente di responsabilità geopolitiche è altresì opportuno procedere rapidamente all'elaborazione del documento nazionale attuativo della strategia dell'Unione europea per l'Indo-Pacifico, al fine di consolidare il posizionamento dell'Italia nell'area a tutela della libertà di navigazione e contrastare, in sinergia con le altre democrazie, le minacce alla sicurezza dei mari e alle catene di approvvigionamento globale.

Per quanto concerne gli interventi di cooperazione allo sviluppo ed il sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, le risorse programmate per il 2023 ammontano ad un totale di 358.668.800 euro, in diminuzione rispetto al fabbisogno del 2022, fissato in 408.000.000, però tale diminuzione sconta il fatto che nel 2022 sono stati erogati 40 milioni di euro a titolo di reintegro nella disponibilità dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo del contributo di 110 milioni di euro erogato alla Tesoreria dello Stato ucraino quale sostegno al bilancio generale dell'Ucraina. Pertanto, poiché nel 2021 il fabbisogno era stimato in 343.800.000 euro, per il 2023, di fatto, si registra un leggero aumento.

Come emerso nel corso della citata audizione del Vice Ministro Cirielli, anche per il 2023 e in continuità con il recente passato, gli interventi sono incentrati soprattutto sull'area del Mediterraneo, del Medio Oriente e sull'Africa, con un'ampia tipologia di azioni finalizzate a rafforzare la sicurezza e la stabilità regionale e a sostenere i Paesi maggiormente impegnati nella lotta al terrorismo e al contrasto dei traffici illegali, nonché più esposti al fenomeno delle migrazioni irregolari, con un'attenzione prioritaria al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in particolare delle persone più vulnerabili.

L'obiettivo è intervenire sulle cause strutturali dell'instabilità, riconoscendo come pienamente legittimo il diritto a migrare, ma contrastando fermamente il fenomeno delle migrazioni forzate, cioè indotte da situazioni socio-economiche, ovvero da crisi politiche, tenendo sempre presente l'ambizioso piano Mattei, incentrato su investimenti significativi in piani infrastrutturali e di valorizzazione del capitale umano attraverso programmi di istruzione e formazione professionale, che vedrà il Governo Meloni sempre in prima fila. Le nuove missioni e i nuovi impegni operativi da avviare nel corso di quest'anno sono decisamente e pienamente coerenti con quelle esigenze di natura strategica che più volte le Commissioni parlamentari competenti hanno fatto proprie e sulle quali, nel recente passato, come in altre stagioni della nostra politica estera, si è sempre realizzata un'ampia convergenza di forze di maggioranza e di opposizione, confidando che questo possa rinnovarsi anche in questa fase.

Avviandomi alla conclusione, signor Presidente, l'onore di essere relatore di questo provvedimento mi porge l'occasione, da parlamentare eletto nel Friuli-Venezia Giulia, terra di grandi tradizioni militari, di rimarcare un forte e romantico legame con le Forze armate che hanno contribuito alla rinascita post terremoto, con uno sforzo al di là di quanto comandato.

Da pordenonese - sede della gloriosa Brigata corazzata “Ariete”, il cui forte legame, tale da essere elemento d'identificazione del territorio stesso nel mondo, ha portato, nel 2000, al conferimento alla Brigata “Ariete” della cittadinanza onoraria della città di Pordenone -, da alpino, da italiano, ci tenevo a fare gli auguri ai nostri soldati e alle loro famiglie per lo svolgimento di un ottimo lavoro, che sicuramente faranno, un esito positivo delle missioni che saranno autorizzate e assegnate, rassicurando che, dietro queste autorizzazioni, non vi è il solo Parlamento, la cui usuale ampia convergenza garantisce un forte mandato, ma la cui stessa forte convergenza simboleggia la forte e inossidabile fiducia che ogni cittadino italiano nutre nei confronti di ogni militare in divisa che, con orgoglio, porta il tricolore sul petto e rappresenta la volontà italiana, di ogni italiano, di pace e stabilità nel mondo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Padovani. Ne ha facoltà.

MARCO PADOVANI (FDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è opportuno anticipare e ricordare che il contesto internazionale rimane in gran parte caratterizzato da una congiuntura fluida e particolarmente instabile, che determina effetti diretti anche sulla nostra sicurezza nazionale. Il conflitto in Ucraina ha scosso in profondità le fondamenta stesse del sistema delle relazioni internazionali costruito nel secondo dopoguerra, con ripercussioni sistemiche di ampia portata. Dobbiamo essere consapevoli che l'Italia mantiene, come caposaldo della propria azione, l'appartenenza all'Unione europea e all'Alleanza atlantica, oltre al multilateralismo imperniato sul sistema delle Nazioni Unite.

In questo quadro, s'individuano le priorità strategiche più immediate del nostro Paese, vale a dire Mediterraneo e Balcani, i cui equilibri sono profondamente toccati dalla crisi in Europa orientale. Necessita, quindi, che l'azione esterna si espliciti tanto attraverso la realizzazione di missioni bilaterali quanto tramite la partecipazione a missioni di organizzazioni come Nazioni Unite, Unione europea e NATO, con l'obiettivo della tutela della pace e della sicurezza internazionali, in una cornice di collaborazione internazionale aperta ed inclusiva, alla quale il Governo Meloni sta ponendo la massima attenzione.

Un ambito fondamentale di operatività delle missioni internazionali italiane è proprio il Mediterraneo. Le missioni mirano, in particolare, a contribuire alla stabilizzazione dei Paesi che si affacciano sulle sponde Sud ed Est del Mediterraneo stesso, abbinando componenti civili e militari. In questo contesto, l'Italia sostiene convintamente il processo di stabilizzazione della Libia. Il Paese, infatti, attraversa una fase di stallo e, a fronte del sostanziale rispetto dell'accordo sul cessate il fuoco, sottoscritto a Ginevra il 23 ottobre 2020, permangono comunque criticità dovute alla continua presenza di milizie combattenti straniere nel Paese.

In un contesto di sicurezza, quindi, ancora volatile, la situazione umanitaria rimane critica. Benché i corridoi umanitari siano stati riaperti, perdurano ostacoli a un proficuo coordinamento tra le autorità libiche e le agenzie coinvolte, Alto commissariato ONU per i rifugiati e Organizzazione internazionale per le migrazioni.

Continua per l'Italia l'attività volta a perseguire la stabilizzazione della Tunisia, alla luce della grave crisi economico-finanziaria, in ragione non solo del rilevante interscambio commerciale, culturale e politico, ma anche nell'ottica dell'efficace gestione dei flussi migratori irregolari nel Mediterraneo centrale.

Un'importante attenzione ai Paesi del Medioriente è stata posta alla luce di importanti crisi geopolitiche internazionali, in un contesto reso ancora più complesso dall'impatto della guerra in Ucraina. Per quanto riguarda il Libano, la stabilizzazione passa anche tramite il sostegno delle Forze armate e di sicurezza. Pertanto, tutto ciò risulta prioritario per l'azione italiana. Infatti, la grave crisi economica, sociale e politica in corso nel Paese, aggravata dalla complessa gestione dei rifugiati siriani, rischia di produrre pesanti conseguenze sul piano migratorio e della sicurezza degli stessi Paesi europei.

Va ricordato che l'Italia è impegnata nei principali contesti internazionali per quanto concerne il terrorismo, al fine di promuovere azioni di forte contrasto, nonché attività di stabilizzazione tese ad evitare che aree liberate restino in condizioni di disagio socioeconomico tali da renderle vulnerabili a nuova penetrazione o reclutamento. Per quanto riguarda l'Afghanistan, il nostro Paese si attiene alla linea comune europea: da un lato, la linea di rigettare l'ipotesi di un riconoscimento del Governo impostosi nel Paese, dall'altro, prosegue un'interazione pragmatica con lo scopo di facilitare le attività di assistenza e di spingere i talebani a migliorare le condizioni di vita della popolazione.

Ciò nella consapevolezza che un completo isolamento dell'Afghanistan avrebbe conseguenze negative, sia per la popolazione, sia per la sicurezza e la stabilità internazionale.

Un altro fondamentale ambito dove si sviluppa la nostra azione italiana è l'impegno nelle operazioni in missioni militari e civili dell'Unione europea, orientato ad un duplice obiettivo: rafforzare l'azione per la sicurezza del nostro Paese e sostenere la politica di sicurezza e difesa europea, per consentire all'Unione europea di incrementare la propria capacità di azione sulla scena internazionale.

Anche in considerazione di questi scenari si pongono le 4 nuove missioni internazionali, che, come gruppo di Fratelli d'Italia, riteniamo rilevanti e significative. La prima, denominata EUMAM Ucraina, riguarda la partecipazione di un contingente italiano alla missione dell'Unione europea di assistenza militare a sostegno dell'Ucraina. Le altre hanno come teatro operativo di riferimento il continente africano. EUBAM Libia e EUMPM Niger sono missioni europee che promuovono il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario rispettivamente in Libia e in Niger. Infine, vi è la necessità di una missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Burkina Faso. Bene, quindi, impegnare annualmente quelle 153 unità che sono uno dei segni tangibili del supporto italiano.

Per quanto riguarda l'Ucraina, è giusto ricordare che nella richiesta di sostegno militare formulata dai Ministri degli affari esteri e difesa dell'Ucraina, con l'obiettivo di corrispondere alle attuali esigenze di formazione militare di base collettiva, vi è anche la formazione specializzata del personale ucraino in materia di medicina, logistica, protezione da agenti chimici, biologici e radioattivi, supporto ingegneristico, cybersicurezza e cyberdifesa, nonché la formazione di istruttori.

L'Italia contribuisce alla missione attraverso specifici moduli addestrativi, condotti sul territorio nazionale a beneficio del personale delle Forze armate ucraine, con possibilità di schierare personale nazionale di collegamento presso gli organi militari dell'Unione europea, presso i comandi delle forze dei Paesi in cui la missione insiste, nonché presso le locali rappresentanze militari nazionali. Tutto ciò è anche motivo di orgoglio per l'alta preparazione dei nostri uomini in divisa. La missione EUBAM Libia è una missione costruita con la decisione del Consiglio dell'Unione europea e ha come obiettivo quello di prestare assistenza alle autorità libiche nella creazione di strutture statali di sicurezza nel Paese nei settori della gestione delle frontiere, al fine di contribuire agli sforzi volti a smantellare le reti di criminalità organizzata coinvolte nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo. Chiari e precisi obiettivi che il Governo Meloni ha sempre manifestato come linea di condotta fin dal suo insediamento.

Tale missione ha, altresì, l'obiettivo di sostenere gli sforzi guidati dalle Nazioni Unite per la pace in Libia nei settori delle frontiere, dell'applicazione della legge e della giustizia penale. EUMPM Niger è una missione di partenariato militare condotta dall'Unione europea al fine di sostenere il Niger nella lotta contro i gruppi terroristici armati. Una missione volta a sostenere lo sviluppo delle capacità delle Forze armate del Niger al fine di rafforzare la capacità di contenere la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici armati, proteggere la popolazione del Paese stesso e assicurare un ambiente protetto e sicuro.

Infine, la missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Burkina Faso è finalizzata a sviluppare e rafforzare la capacità di difesa e sicurezza delle Forze armate del Burkina Faso. L'impegno consiste in attività di formazione, addestramento, consulenza, assistenza e supporto a favore delle forze di sicurezza e delle istituzioni governative, da svolgere sia in Italia che in Burkina Faso, con l'obiettivo strategico di incrementarne le capacità complessive. Con le 4 del 2023, l'Italia è ora impegnata complessivamente in oltre 40 missioni internazionali.

È giusto ribadire, quindi, che queste ulteriori missioni rappresentano un elemento fondamentale della politica estera italiana. Appare del tutto evidente, da un lato, la possibilità di contribuire alla stabilità dei Paesi in cui si interviene e dove l'Italia stessa vede i propri interessi nazionali in gioco e, dall'altro, la garanzia di mantenimento di un dialogo aperto con i Paesi dove avvengono. In questa ottica il Mediterraneo deve e dovrà essere priorità anche per evitare influenze di Russia e Cina. “Occorre stabilizzare le aree vicine all'Italia, in maniera strategica, la Libia è il pilastro della nostra azione diplomatica” ed il nostro Paese dovrà “mettere in atto la cooperazione con gli attori locali (…), anche in un'ottica di limitazione dei flussi migratori”. Queste parole guardano con lungimiranza e sono quelle utilizzate dai Ministri Crosetto e Tajani di fronte alle Commissioni riunite di Camera e Senato.

Sul piano diplomatico l'Italia continua il suo lavoro per stabilizzare anche la Tunisia, impegnata a mobilitare la comunità internazionale con il G7 e l'Unione europea, al fine anche di recuperare risorse per la prosecuzione delle attività, ma condizionate da riforme indispensabili. È giusto, sì, ricordare, ma anche apprezzare l'attività delle nostre Forze armate, le quali operano con la consapevolezza che le operazioni militari contribuiscono e stimolano la crescita del Paese, ma soprattutto promuovono la coscienza dell'importanza per l'Italia di assunzione di ruoli di sempre maggiore responsabilità anche in campo internazionale. Il risultato finale che l'Esercito raggiunge all'estero con i propri uomini e donne rappresenta uno stimolo alla stabilità e allo sviluppo, condizioni necessarie per riportare la speranza nelle aree del globo particolarmente martoriate. Significativa l'operazione Mediterraneo sicuro, di cui è stato deciso l'ampliamento sul piano strategico, operativo e tattico, a cominciare dall'allargamento dell'area di intervento, che passa dagli attuali 160.000 metri quadrati a comprendere la gran parte degli spazi internazionali marittimi del bacino del Mediterraneo. Ciò garantisce una strutturata presenza aeronavale, inclusi i mezzi subacquei, in tutti i settori più cruciali della regione, compreso anche il Mediterraneo orientale.

Particolarmente significativo in relazione all'esigenza di proteggere gli interessi nazionali è contribuire anche in questo caso alla stabilità internazionale. Tra i compiti da assolvere assumono particolare rilevanza la difesa delle linee di comunicazione marittime, il controllo del dominio subacqueo, la salvaguardia delle attività economiche di interesse in alto mare, la protezione delle flotte nazionali, mercantili e pescherecce. Non voglio dimenticare che, da più di mezzo secolo, uomini e mezzi dell'aeronautica militare sono impegnati da una parte all'altra del mondo per portare soccorso in caso di guerra o calamità naturali e per concorrere alla risoluzione di situazioni di crisi, missioni in terre lontane, che richiedono sforzi enormi da parte di equipaggi delle Forze armate operanti zone a rischio. Alcune di queste missioni sono state contrassegnate da estremi sacrifici ma, a fronte della dolorosa perdita di giovani equipaggi, le operazioni fuori area hanno permesso che migliaia di altre vite fossero salvate. Significative, ma soprattutto in direzione del percorso anticipato dal centrodestra e da Fratelli d'Italia, sono le parole pronunciate dai Ministri degli Affari esteri e della Difesa, Antonio Tajani e Guido Crosetto, sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali: ripensare l'approccio alle missioni stesse condotte dall'Italia, puntando sulla creazione di un sistema sinergico tra Ministeri, interlocutori nazionali, pubblici e privati, per creare sviluppo nei Paesi in cui operano i militari italiani.

È giusto, quindi, sostenere che le valutazioni delle missioni debbano basarsi sui risultati ottenuti, considerando, ad esempio, l'economia, la sicurezza interna, l'istruzione e la sanità, oltre l'aspetto prettamente militare. Come gruppo di Fratelli d'Italia, siamo particolarmente soddisfatti per il lavoro puntuale e preciso che il Governo sta attuando e predisponendo per il prossimo futuro, alla luce di una sinergia e di una cooperazione tra gli interventi militari e l'azione diplomatica, assolutamente necessaria in tutti gli scenari presenti. Solo così si potranno ottenere risultati ottimali certi in un contesto che vedrà la nostra Nazione vera protagonista.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gadda. Ne ha facoltà.

MARIA CHIARA GADDA (A-IV-RE). Signor Presidente, gentili membri del Governo, la delibera sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali si inserisce in un contesto globale ancora scosso dall'invasione da parte della Russia dell'Ucraina, iniziata il febbraio dell'anno scorso e della quale non percepiamo ancora segnali positivi per una sua risoluzione diplomatica. È una guerra letteralmente in trincea, di cui probabilmente vedremo gli effetti ancora nel corso degli anni. Il nostro Paese ha affermato fin da subito il pieno sostegno al popolo ucraino e condannato l'aggressione russa, in conformità con le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e del Parlamento europeo.

Anche in questa occasione la nostra politica estera è stata orientata al multilateralismo e alla ferma appartenenza dell'Italia all'Unione europea e all'Alleanza atlantica, con cui siamo già impegnati nella promozione della pace e della sicurezza in molteplici contesti internazionali.

L'invasione dell'Ucraina, come abbiamo visto e come hanno percepito anche i nostri cittadini, si ripercuote sugli equilibri mondiali e potrebbe influire su diverse crisi regionali e sicuramente acuisce la già esistente crisi energetica ed alimentare in atto, fattore di destabilizzazione in moltissime aree del pianeta. Anzi, le crisi alimentare e energetica sono spesso utilizzate come strumenti di destabilizzazione da parte di molti Paesi, a partire dalla Russia.

Alla luce di questo quadro in costante mutamento, il contributo del nostro Paese all'interno delle coalizioni internazionali non può certo venire meno. Anzi, l'Italia deve continuare ad essere un attore protagonista nello scacchiere internazionale e investire nella politica estera e nella cooperazione internazionale, come è stato anche recentemente con la leadership di Mario Draghi, una delle poche voci nazionali ad essere punto di riferimento per tutta l'Europa. L'Italia è stata attivamente protagonista nello sviluppo di una politica di sicurezza comune, durante il processo di approvazione della bussola strategica adottata a marzo 2022 dall'Unione europea, come ha ricordato il relatore, e del nuovo concetto strategico adottato dalla NATO a giugno 2022. L'Italia è stata però anche protagonista sul campo, con il comando annuale della missione NATO in Iraq, conclusasi qualche settimana fa, e con la guida della missione NATO in Kosovo, che andrà a scadere ad ottobre di quest'anno. Il Kosovo, ricordiamo, è stato purtroppo teatro di un drammatico incidente che a maggio ha coinvolto 11 militari italiani, le cui condizioni sono poi fortunatamente migliorate.

Mi consenta, Presidente, di rivolgere, a nome del gruppo di Azione-Italia Viva un ricordo, ma soprattutto un sostegno e una vicinanza a tutti i nostri militari, donne e uomini, che sono rimasti feriti nel corso di questi ultimi mesi e in questi anni nelle operazioni all'estero, perché a loro è doveroso dedicare un pensiero, soprattutto per chi ha perso la vita, impegnato proprio per la nostra sicurezza e a tutela delle popolazioni più fragili del mondo. È un sacrificio che per noi deve rappresentare un vincolo morale per la continuità del contributo del nostro Paese, come ha affermato il Presidente Mattarella nel 2019, in occasione dell'anniversario della strage di Nassiriya, quando ha ricordato che le donne e gli uomini presenti nelle diverse aree di conflitto sanno di poter contare sul concorde sostegno del popolo italiano. Sicuramente in quest'Aula i nostri contingenti, più di 11.300 uomini, divisi nelle più lontane parti del globo, possono contare sul nostro sostegno e sulla conferma di tutte le risorse che sarà necessario mettere in atto per fornire attività di formazione e strumenti. La partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali risponde alla convinzione che pace, sicurezza e diritti umani siano elementi indispensabili per la crescita e lo sviluppo economico di tutti i Paesi. In questa chiave l'impegno italiano non viene promosso esclusivamente al fine di risolvere conflitti regionali che però, purtroppo, si protraggono da anni in tante aree del Paese e che sono acuiti anche dagli effetti dei cambiamenti climatici, dalle carestie, dalla povertà diffusa, dalla diffusione del terrorismo internazionale che proprio fa leva sulla povertà e anche sulla mancanza di educazione e di formazione delle popolazioni. I nostri contingenti sono impegnati anche sul fronte della prevenzione e nelle attività di stabilizzazione, necessarie ad evitare il riemergere delle crisi. Non a caso il nostro contingente è impegnato anche nel sostegno alle popolazioni sulle questioni di vita quotidiana, legate alla sanità, all'accesso alle cure, alle politiche di prevenzione in senso più ampio. La presenza delle donne - lo ricorderò alla fine del mio intervento con un ringraziamento particolare - in questo è fondamentale.

Insieme, ovviamente, al rafforzamento della nostra presenza militare, io credo che il nostro Paese debba investire veramente in quella che oggi chiamiamo cooperazione internazionale, in quel cosiddetto Piano Africa, che è fondamentale per vedere in quel continente non soltanto un continente da aiutare, ma un continente su cui noi possiamo investire, in un'ottica di collaborazione, anche attraverso le capacità, le competenze delle nostre imprese, da un lato, ma anche del terzo settore, rimasto in quel continente anche nei mesi difficili della pandemia, che è presente anche in tantissimi contesti di guerra, dove la comunità internazionale, spesso, fatica ad arrivare, negli ospedali, nelle scuole, nella costruzione di quel percorso di presa in carico delle persone che deve essere, però, anche emancipazione. Quindi, dobbiamo portare avanti entrambi questi percorsi perché è nel loro interesse, ma è sicuramente nell'interesse anche del nostro Paese.

Un'attività, dicevo, quella dei contingenti militari e civili all'estero che, seppur svolta fuori i confini nazionali, è direttamente connessa alla salvaguardia dell'interesse nazionale. La diplomazia ha tante vie, sicuramente ci sono l'importanza e la necessità di attivare una diplomazia da parte del nostro Governo, in continuità con quello che il nostro Paese ha sempre fatto. Infatti, questo provvedimento che ci apprestiamo a votare la prossima settimana è in continuità con quanto fatto dai Governi precedenti, perché la politica estera necessita di stabilità, necessita di presenza del nostro Paese solida nel mondo, ma dobbiamo anche costruire e favorire tutto quel lavorio fa portato avanti dalla diplomazia dei popoli, che è portata avanti dalle imprese e dal terzo settore, proprio per costruire dei legami duraturi e di pace.

Vorrei ricordare, in modo particolare, come hanno fatto i colleghi precedendomi, l'impegno che i nostri contingenti, ma anche le nostre Forze dell'ordine, svolgono nel contrasto al terrorismo internazionale, in particolare di matrice fondamentalista. Il gruppo Daesh, radicato in alcune aree non soltanto del Medio Oriente, ma, purtroppo, anche nell'Africa occidentale e centrale, ha saputo promuovere azioni di proselitismo in tutte le aree del Pianeta, ponendo le sue basi proprio sulla povertà, sulla difficoltà delle persone, su quei conflitti regionali che hanno aggravato le condizioni di vita della popolazione e, purtroppo, è stato in grado di organizzare attacchi terroristici anche nel cuore dell'Europa tramite i suoi affiliati.

Oppure ricordo le attività di contrasto alla criminalità organizzata in ambito internazionale, che è, in parte, responsabile del fenomeno migratorio nel Mediterraneo. Tutte operazioni interconnesse con quelle svolte nel nostro Paese dalle Forze armate, dalle Forze dell'ordine e dai servizi di intelligence. Negli anni più recenti, i nostri contingenti sono stati impegnati anche su diversi fronti: sul fronte umanitario, nella risposta alle popolazioni di fronte alle catastrofi ambientali, anche nel nostro Paese, anche recentemente, rispetto ai fatti avvenuti nella Romagna, ma, soprattutto, nell'affrontare l'emergenza pandemica da COVID-19, che ha colpito in modo maggiormente acuto i Paesi più poveri, che, per tantissimi mesi, hanno vissuto ancora di più l'isolamento, la minore presenza anche di imprese, di cooperanti, che ha acuito tante volte le situazioni di difficoltà. E questo ha avuto ulteriori conseguenze sulla sicurezza e sulla stabilità di quelle aree. Un'emergenza, quella sanitaria, insolita per noi, per l'Europa e per i Paesi occidentali, che ha acuito la situazione in alcuni Paesi dove è già difficile l'accesso ai beni primari, l'accesso alle cure e l'accesso ai farmaci, che rappresentano un fattore quotidiano, determinante per la vita e per la morte delle persone. Per questo non dobbiamo mai scindere l'azione dei nostri contingenti con il contributo del nostro Paese alla cooperazione internazionale, in linea con gli indirizzi dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e con gli impegni che, come Paese, abbiamo assunto nel corso del tempo.

L'azione di questo Governo sulle missioni internazionali, l'ho già ripetuto, si svolge in continuità con quanto fatto dai precedenti Esecutivi, in particolare quello guidato da Mario Draghi, e ha consentito al nostro Paese di avere una posizione inequivocabile e fortemente europeista ed atlantista fin dai primi giorni successivi all'invasione russa dell'Ucraina e su tutti gli altri dossier internazionali. Fra le nuove missioni, citiamo proprio il sostegno all'Ucraina in attività di formazione, in particolare, in campo medico e di protezione dagli attacchi chimici. L'impegno in Ucraina chiede una presenza maggiore da parte nostra in termini di capacità dell'Ucraina di preservare l'integrità del suo territorio.

Accanto a questo, come dicevo, noi dobbiamo fortemente investire sul continente africano e sul Mediterraneo. La missione in Libia è strategica da questo punto di vista - noi dobbiamo essere in prima linea nel ricostruire ed avviare un processo democratico in quei Paesi -, così come la missione in Niger, tesa a contenere la minaccia rappresentata da gruppi terroristici armati, e nel Mediterraneo, ovviamente, i Balcani occidentali. Le recenti tensioni in Kosovo non devono farci dimenticare i grandi progressi ottenuti in questi anni in quell'area, anche grazie al processo di integrazione europea che, oggi più che mai, va rilanciato, come recentemente affermato anche dal Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

Nel confermare, quindi, il sostegno del nostro gruppo parlamentare all'azione dei militari italiani impegnati in questi scenari internazionali e anche alle molteplici iniziative civili, caritatevoli, umanitarie, a quella diplomazia dei popoli che può essere tradotta anche nei cosiddetti Corpi civili di pace - mi avvio alla conclusione -, mi permetto, come dicevo prima, di rivolgere un ringraziamento particolare alla presenza femminile nei nostri contingenti, perché è strategica proprio nel legame, nel rapporto di fiducia che ogni giorno si può coltivare e portare avanti con le popolazioni più fragili del nostro Pianeta. Quindi, il ringraziamento del gruppo di Azione-Italia Viva agli uomini e alle donne delle nostre Forze armate.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI (FI-PPE). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signori Vice Ministri, vogliate consentirmi una premessa di carattere personale. Questa per me è la prima volta in cui prendo la parola in quest'Aula dopo la scomparsa del Presidente Berlusconi. Lo faccio con particolare commozione, proprio perché l'argomento è quello delle missioni internazionali e non posso non pensare a quante volte il leader di Forza Italia ci ha dato un'indicazione, un insegnamento fondamentale.

Quando la bandiera italiana sventola all'estero, quando ragazze e ragazzi con la nostra divisa rischiano la vita per la pace, per la sicurezza dei popoli, per l'onore dell'Italia, allora l'appoggio del Parlamento e del Paese deve essere unanime. Devono sentire, i nostri militari all'estero, di avere dietro le spalle un Paese unito, consapevole dell'importanza del loro ruolo, capace di tutelarli e di sostenerne l'azione. Un'azione, del resto, esemplare, come riconosciuto da tanti Paesi, che apprezzano, ed anzi richiedono, la presenza di contingenti italiani nei teatri di crisi e nelle zone più a rischio. Per questo, il Presidente Berlusconi ha sempre voluto che Forza Italia, in ogni caso, sostenesse con il voto questi impegni internazionali del nostro Paese, questo approccio multilaterale nell'ambito delle nostre alleanze internazionali, anche quando noi eravamo all'opposizione, anche quando le missioni erano decise da Governi molto lontani da noi. Io mi auguro che lo stesso spirito continui a guidare le scelte di tutti i gruppi politici in questo Parlamento, poiché sono parte di una comune assunzione di responsabilità verso la Nazione che riguarda tutti, maggioranza e opposizione.

Del resto, vi è una sostanziale continuità nelle linee di questo impegno internazionale e dei princìpi che lo ispirano: il multilateralismo, il soccorso umanitario, la legalità internazionale, basata sulle Nazioni Unite e sulle organizzazioni internazionali di cui facciamo parte, a partire dall'Alleanza atlantica e dall'Unione europea, la tutela della pace e il ripudio della forza come strumento di risoluzione dei conflitti, come dettato dalla nostra Costituzione. È una cornice valoriale sulla quale si fonda la nostra politica estera e una grande Nazione dell'Occidente ha il dovere di rimanere in questa cornice, che connota il nostro stesso modello di società e di civiltà. La continuità della politica estera è un dovere per classi dirigenti responsabili e all'altezza dei difficili compiti imposti da uno scenario internazionale in continua e preoccupante evoluzione. La nostra presenza a fianco della nazione Ucraina, nell'ambito della PESC, per contribuire ad addestrare personale militare destinato alla difesa della loro patria aggredita è uno dei fatti nuovi, forse più politicamente significativo, dell'impegno dell'Italia nelle missioni internazionali.

È importante sottolineare che l'impegno italiano è orientato alla difesa dell'integrità territoriale dell'Ucraina e alla tutela della popolazione civile e non contrasta con l'auspicio di una soluzione diplomatica della crisi ucraina che noi dobbiamo continuare a sostenere; una soluzione che, purtroppo, non sembra imminente e che si potrà realizzare solo se sarà evidente l'impossibilità per la Russia di piegare con la forza il diritto internazionale. Solo allora, la Russia potrà tornare ad occupare il ruolo che le spetta nella comunità dei popoli e nelle regole di un mondo multilaterale.

La geografia e la storia, onorevoli colleghi, collocano il nostro Paese al centro di un'area, quella del Mediterraneo allargato, sulla quale si concentrano molte delle linee di tensione del confronto internazionale. La spinta migratoria, l'integralismo islamico, il conflitto in Medio Oriente, le tensioni nel Caucaso, la politica della Turchia volta ad assumere un ruolo sempre più ampio, la presenza crescente della Russia e della Cina nell'area subsahariana, l'infinita crisi libica, la fragilità della Tunisia, i rinnovati motivi di tensione nei Balcani sono solo alcuni dei temi che fanno del Mediterraneo non soltanto la frontiera a sud dell'Europa, dell'Alleanza atlantica e dell'Occidente, ma anche un fronte delicato e complesso, non meno di quanto avviene ai confini orientali dell'Europa.

In tutto questo, il ruolo dell'Italia, che si esercita anche attraverso la presenza delle nostre Forze armate nelle aree di crisi e, parallelamente, in un forte e coerente impegno sul piano della cooperazione allo sviluppo, risponde sia ad una coerente scelta di valori sia anche ad una precisa tutela del nostro interesse nazionale.

L'Italia deve essere protagonista, consapevole del suo ruolo di media potenza regionale, in situazioni di crisi che ci riguardano direttamente e che potrebbero influenzare la nostra stessa sicurezza nazionale. In questo modo, la presenza delle nostre Forze armate adempie al duplice dovere che ci deriva dall'appartenenza alle Nazioni Unite e a quello della difesa della patria voluto dalla Costituzione. Penso, per esempio, alla situazione dei Balcani occidentali, della quale il Ministro Tajani si è occupato con importanti iniziative che hanno restituito al nostro Paese un ruolo da protagonista in quell'area. Penso alla crisi nel Kosovo, nella quale la presenza italiana, con ruoli di altissima responsabilità, è apprezzata da tutte le parti in causa e per tutte è stata ed è, oggi, garanzia di stabilità.

Mi piace ricordare che, dal 10 ottobre 2022, la KFOR è comandata dal generale di divisione Angelo Michele Ristuccia, che è il tredicesimo Comandante italiano alla guida della missione, e ho avuto personalmente l'onore di essere presente all'atto del suo insediamento alla guida della KFOR. Grazie alla professionalità sua, dei nostri uomini e di tutta la KFOR, il 29 maggio a Zvecan si è evitato un bilancio ben più tragico.

La stabilità nell'area, onorevoli colleghi, è nostro preciso interesse nazionale, anche nella prospettiva dell'allargamento in quell'area di NATO e Unione europea come l'Italia chiede da tempo. Guai se, viceversa, i Balcani diventassero teatro di nuovi conflitti nei quali la Russia potrebbe inserirsi, recuperando un antico rapporto con la Serbia.

Non possiamo dimenticare le tante tragedie balcaniche dell'ultima parte del Novecento, ma non possiamo neanche dimenticare che l'imperialismo panslavista russo, utilizzando la Serbia, è stato uno degli elementi che hanno portato allo scoppio della Prima guerra mondiale, la grande tragedia che ha sconvolto l'assetto dell'Europa centro-orientale, l'inutile strage, come la definì Papa Benedetto XV nel meraviglioso e purtroppo inascoltato appello ai popoli belligeranti, nel quale la Santa Sede chiedeva che “sottentri alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto”. E proprio questo - l'ho citato con le parole di Papa Benedetto XV - è il compito al quale oggi, un secolo dopo, sono dediti con grande professionalità e con grandi rischi e sacrifici i nostri soldati impegnati all'estero, che proprio nei Balcani e nel Kosovo svolgono una funzione così importante. Si tratta del più grande impegno internazionale del nostro Paese.

Non è meno importante sottolineare la crescente attenzione dell'Italia verso la sponda sud del Mediterraneo e voglio sottolineare, con particolare favore, il grande impegno diplomatico messo in campo in quest'area dal Ministro Tajani e dall'intero Governo.

Non per caso, le altre nuove missioni sottoposte quest'anno alla valutazione del Parlamento riguardano tutte il continente africano. Esse vanno a integrare la nostra presenza nell'Africa subsahariana a tutela dei Paesi che hanno scelto la strada dello Stato di diritto e che richiedono il nostro supporto, come il Niger, la Mauritania e il Burkina Faso, e a garanzia della stabilizzazione del Corno d'Africa, in particolare di un Paese strategico come la Somalia, che ha antichi e consolidati legami storici con l'Italia; in contrasto, infine, alla minaccia terroristica del Daesh.

Al tempo stesso, si conferma e si consolida la nostra presenza in Libia, essenziale per limitare almeno i danni in quel Paese ed evitare nuovi collassi della statualità e nuovi conflitti che rappresentano una diretta minaccia per il nostro Paese.

Il controllo del flusso migratorio in condizioni di rispetto per la vita e la dignità delle persone migranti, ma nel contrasto più fermo al traffico degli esseri umani, è una chiave di volta della nostra politica ed anche della nostra presenza in Africa e nel Mediterraneo. Si tratta di uno scenario molto difficile, nel quale il rispetto della vita umana e le ragioni del diritto non possono mai essere messi in contrapposizione, ma vanno coniugati in modo responsabile.

Così come ci riguarda direttamente quanto accade nel vicino Oriente. Per noi sono essenziali alcuni fattori, fra i quali voglio sottolineare: il diritto alla difesa e alla sicurezza di Israele, Paese amico e alleato dell'Italia e dell'Occidente, e lo sviluppo del processo di pace nel conflitto arabo-israeliano che nel solco degli Accordi di Abramo dovrebbe coinvolgere la popolazione palestinese; la stabilità del Libano, che è garantita da una forte presenza delle nostre Forze armate; il controllo della minaccia nucleare iraniana.

In questo contesto assistiamo a cambiamenti importanti e che suscitano più di qualche preoccupazione. Le politiche oscillanti dei Paesi del Golfo nei confronti dell'Iran e della Cina nascono anche dalla sensazione di un sostegno non del tutto affidabile da parte dell'Occidente e degli Stati Uniti, in particolare.

Il disastroso ritiro dall'Afghanistan ha lasciato il segno, ha ingenerato una sfiducia nella reattività del mondo libero che un anno fa potrebbe avere accelerato l'aggressione all'Ucraina e che oggi suggerisce a molti Paesi dell'area Mediorientale di cercare di costruire un nuovo sistema di sicurezza, nel quale l'Occidente rischia di essere lasciato ai margini. Anche per questo, il mantenimento della nostra presenza in Libano, in Iraq e in altri Paesi della regione è davvero così importante.

Onorevoli colleghi, sarebbe davvero troppo vasto ricordare tutti i teatri nei quali donne e uomini in divisa sono impegnati in compiti difficili e delicati. Ognuno lo meriterebbe, perché ognuno di essi è dimostrazione della professionalità, della sensibilità, della generosità e dell'impegno delle nostre Forze armate. A tutti loro va la nostra profonda gratitudine, il nostro rispetto e il nostro sostegno.

Le risorse impegnate a sostegno e a supporto delle missioni all'estero sono certamente significative e in un momento economico difficile è giusto considerare questo aspetto con grande oculatezza. Si tratta, tuttavia, di risorse fra le meglio investite nell'interesse collettivo. Naturalmente è impossibile quantificare anche in modo approssimativo un rapporto costi-benefici, ma l'immagine del sistema Italia che viene dai nostri militari all'estero è uno straordinario biglietto da visita per il nostro Paese e la funzione di garanzia svolta in zone strategiche per l'Italia previene conflitti e situazioni di crisi che avrebbero un altissimo costo anche economico per il nostro Paese. Anche per questa ragione, ancora una volta, dobbiamo dire grazie alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi in divisa. Voglio citare ancora una volta, concludendo, il presidente Berlusconi che scrisse: “L'Italia intera deve stringersi con gratitudine a loro e a tutti i loro colleghi in uniforme che difendono nel mondo la pace e la sicurezza. La loro dedizione, la loro professionalità e il loro coraggio fanno onore al nostro Paese e alla divisa che indossano”.

Anche nel suo nome e nel suo ricordo, Forza Italia sosterrà con grande convinzione questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

FABIO PORTA (PD-IDP). Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, siamo riuniti per discutere sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali per il 2023 in un quadro strategico per il nostro Paese che continua a essere condizionato dall'invasione russa dell'Ucraina, che non ha soltanto riportato un conflitto di natura tradizionale in Europa ma, così facendo, ha anche rimesso al centro dell'attenzione l'impiego fisico dello strumento militare in un conflitto tra Stati, per non parlare di tutte le sue conseguenze più ampie, che sono sotto gli occhi di tutti noi, sullo scacchiere globale.

In un contesto così complesso, così delicato e così volatile, il nostro Governo ribadisce, comunque, le linee guida che hanno ispirato il quadro delle missioni internazionali del nostro Paese negli ultimi anni.

Dobbiamo, però, rilevare - e lo facciamo, ovviamente, in quest'Aula parlamentare - come ci sia stato un notevole ritardo con il quale abbiamo ricevuto quest'anno le deliberazioni del Governo in proposito, un ritardo che, di fatto, ha limitato l'esercizio delle funzioni parlamentari di controllo e di indirizzo politico, in particolare per quanto riguarda le nuove missioni o quelle che vengono sospese prima di questo stesso passaggio parlamentare. Un ritardo che pone le Camere di fronte a uno stato, di fatto, irreversibile, su cui, ovviamente, non è possibile incidere retroattivamente, dato che stiamo parlando di missioni 2023 e siamo già a metà del 2023.

Pertanto, appare sempre più opportuno valutare un intervento di adeguamento della legge quadro sulle missioni, semplificando alcuni procedimenti infragovernativi e soprattutto garantendo la puntualità e la tempestività nella presentazione di tali deliberazioni all'attenzione delle Camere. A tale riguardo, non può non rilevarsi come, in merito a un intervento normativo sulla legge n. 145 del 2016, sia auspicabile una discussione parlamentare largamente condivisa tra tutte le nostre forze politiche.

Tornando alle missioni, la dimensione di riferimento per l'Italia, quella al cui interno insistono, cioè, i prevalenti interessi nazionali, rimane quella del Mediterraneo allargato. Un'area molto vasta, perché, alla fine, composta tanto dall'Europa continentale, compreso il mar Nero e l'area balcanica, quanto dal Medio Oriente, comprensivo di penisola arabica e Golfo Persico, e dall'Africa nella sua fascia settentrionale e subsahariana, che si estende dal Corno d'Africa fino al Golfo di Guinea, passando per il Sahel.

Accanto a questa sostanziale conferma in termini di linee di azioni e aree d'interesse definite oramai da qualche anno, emerge, poi, con chiarezza la sostanziale novità di questo 2023, cioè l'estensione delle aree di crisi all'area indo-pacifica, dove si prevede, anche per il nostro Paese, di mantenere una presenza navale.

Sono attualmente 9 le missioni svolte dall'Italia in ambito NATO, ben 13 quelle in ambito Unione europea e, infine, 8 quelle nel quadro delle Nazioni Unite. A queste, se ne aggiungono altre 2, che si svolgono in quello che potremmo definire un contesto di coalition of the willing, mentre le rimanenti 9, più Gibuti e Golfo Persico - non vere e proprie missioni, ma basi, impegni in prevalenza logistici -, sono esclusivamente nazionali.

Un quadro, dunque, che ricalca i numeri non solo del 2022, ma anche quelli degli ultimi anni, con un forte ancoraggio alle organizzazioni internazionali di riferimento, ma anche alla costante ricerca di una maggiore indipendenza del nostro Paese sulla scena internazionale.

Ovviamente, complice la guerra in Ucraina, le missioni in ambito Alleanza atlantica sono le più esigenti in termini di militari dispiegati e per la precisione, facendo riferimento al numero massimo, oltre 5.447, che equivale a quasi la metà dei nostri militari impiegati all'estero.

In un contesto così complesso e così volatile, appunto, è necessario ribadire che l'impegno italiano deve restare ancorato a un approccio alle crisi il più possibile europeo e nell'asse, ovviamente, dell'Alleanza atlantica, che correli l'intervento di carattere militare a iniziative civili tese alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, all'investimento in istruzione e cultura, alla protezione e alla promozione dei diritti delle donne, dei giovani e delle minoranze, e l'impianto della legge n. 145 del 2016, che sovrintende all'intervento di cui oggi stiamo parlando, rispecchia profondamente questa impostazione.

Noi del PD condividiamo, in continuità con quanto abbiamo sempre sostenuto riguardo al sostegno e al rafforzamento del dispositivo NATO nel fronte orientale, gli orientamenti di politica estera di difesa riguardo le missioni già in essere nell'area e, in particolare, ovviamente la nuova importante missione EUMAM Ucraina.

Il 2023 vedrà i militari italiani operare in 43 missioni, con una media di circa 7.500 unità e con l'impiego di un contingente massimo di poco inferiore a 12.000 unità, per un onere finanziario complessivo di 1,31 miliardi. Delle 43 missioni a cui l'Italia partecipa, 4 sono state lanciate o verranno avviate nel corso dell'anno e, di queste, 3 sono avviate dall'Unione europea, cioè EUMAM Ucraina, EUBAM Libya e EUMPM Niger, mentre la quarta è la missione bilaterale di supporto in Burkina Faso.

I numeri finali, dunque, riferiscono di 11.495 unità di personale al massimo e 7.777 unità in media dislocate all'estero. Per quanto riguarda le missioni di natura militare, il fabbisogno finanziario complessivo è pari a 1.421.755.776 euro, in diminuzione di circa 75 milioni di euro rispetto al totale del 2022.

Sono, dunque, le missioni già autorizzate negli anni precedenti e per cui è ora richiesto il voto parlamentare di proroga a definire il totale complessivo della spesa, che, per il secondo anno consecutivo, è di oltre 1,4 miliardi di euro.

Abbiamo già evidenziato, in un'analisi specifica, la crescita dell'impegno strutturale del nostro Paese nel quadrante dell'Europa orientale, in particolare per un maggiore coinvolgimento italiano nelle missioni NATO in funzione di deterrenza antirussa, con un aumento, sia dell'impegno economico, sia di quello operativo. La missione più costosa è il dispositivo aeronavale nazionale nel mar Mediterraneo. Parlo dell'operazione Mare Sicuro, nel cui ambito è inserita la partecipazione italiana alla missione per il 2023 con 25 unità di personale, con un aumento significativo, considerato che lo scorso anno erano, invece, 11. Si prevede, inoltre, l'impiego di 4 mezzi terrestri, per un complessivo fabbisogno finanziario di 10.778.000 euro. Facciamo notare, come ripetutamente emerso negli anni e denunciato da diverse organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite, come siano ormai innumerevoli le prove di torture sistematiche messe in atto dalle autorità a capo dei centri di detenzione, tra cui figura anche la guardia costiera libica.

A quanto detto, si aggiunga che la missione dell'FFM e diversi altri rapporti di organizzazioni internazionali hanno riscontrato da tempo fondati motivi per ritenere che il personale di alto rango della guardia costiera libica sia colluso con trafficanti e contrabbandieri, che sarebbero collegati a gruppi di milizie nel contesto dell'intercettazione e della privazione delle libertà dei migranti, sfociando, purtroppo spesso, in gravi violazioni dei diritti umani contro i migranti stessi.

A tal proposito, ancora una volta sottolineiamo la necessità di promuovere una concreta policy di quella cosiddetta accountability per soggetti che, pur rivestendo ruoli istituzionali, nel fragilissimo quadro politico libico sono stati riconosciuti dalla comunità internazionale colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani. Alla luce di tutto ciò, appare pertanto non più giustificabile la volontà del Governo italiano di rifinanziare, ancora una volta, la missione bilaterale di supporto alla guardia costiera libica, anche incrementando, come già evidenziato, le unità di personale impiegate. Diversamente, avrebbe più senso impegnare maggiori risorse e unità di personale nella missione che riguarda la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite in Libia, una missione politica speciale integrata che svolge ruoli delicatissimi, tra cui favorire il cessate il fuoco tra le parti, contribuire al contrasto alla proliferazione delle armi, alla promozione dello stato di diritto, alla protezione dei diritti umani e al monitoraggio di abusi e violazioni dei diritti umani, alla quale l'Italia partecipa oggi con una sola unità di personale.

Occorre evidenziare come, già dallo scorso anno, il Partito Democratico abbia chiesto un radicale cambiamento di approccio nella gestione di questa missione, inquadrandola in una cornice europea e non più solo bilaterale, anche rispetto alle scelte fatte da altri Paesi. Basti pensare, in tal senso, alla Germania che ha sospeso da tempo le attività di supporto bilaterale alla guardia costiera libica.

Alla luce di queste considerazioni, appare evidente come l'attuale configurazione di tale missione non offra alcun contributo efficace al consolidamento delle istituzioni della Libia né, tanto meno, al contrasto del traffico di esseri umani, meno ancora al rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo. Chiediamo, quindi, un reale impegno del Governo presso le sedi europee e bilaterali con la Libia, finalizzato alla chiusura immediata dei centri di detenzione in Libia, promuovendo forme di assistenza ai migranti e ai rifugiati ivi rinchiusi, attraverso una nuova policy che poggi sul rafforzamento delle procedure di reinsediamento, come previsto dall'Alto Commissariato per i rifugiati, sul rafforzamento dei corridoi umanitari, sul finanziamento di progetti di inclusione alternativi, come quelli già sperimentati in altri contesti.

Un ultimo riferimento è all'Africa che riveste un interesse strategico prioritario per la sicurezza dell'Italia che, oltre a dover gestire i flussi migratori provenienti da tale continente, deve affrontare il rischio di un rallentamento del processo di pacificazione e di consolidamento delle istituzioni politiche dell'area. È una situazione che potrebbe ovviamente essere terreno fertile per destabilizzazioni e influenze straniere nel continente, con inevitabili ricadute anche per la sicurezza del bacino del Mediterraneo.

Il dato più significativo, che riguarda l'analisi dell'impegno militare italiano in questo continente, è che, tenendo conto anche dell'avvio di nuove missioni nel 2023, l'Africa rimane l'area con il maggior numero di missioni - 21 in totale - anche se, dal 1° giugno, questo numero è sceso a causa della fine di 3 di queste missioni.

In merito, in particolare, al Sahel, occorre evidenziare come tale quadrante appaia quale vero confine meridionale dell'Europa, un'area che rappresenta il fianco Sud prioritario, caratterizzata da dinamiche di sicurezza che riguardano il nostro continente e l'Italia: una terra di passaggio per l'Africa occidentale costiera nonché una terra potenzialmente ricca, che offre buone opportunità per lo sviluppo proprio e per le stesse imprese italiane. Tuttavia, oggi il Sahel è aggredito da un jihadismo forte ed influente, da una presenza in crescita delle milizie russe della Wagner, in un contesto di estrema povertà in cui la Banca mondiale stima che, entro il 2050, 13,5 milioni di persone in più cadranno in povertà nei cinque Paesi del G5 Sahel (Burkina Faso, Mali, Mauritania, Niger e Ciad).

La presenza italiana in Sahel, nelle varie modalità in cui si realizza, è una chiara scelta di politica estera del nostro Paese, che il Partito Democratico ha sostenuto negli anni di Governo e confermato anche con l'apertura di rappresentanze diplomatiche nella regione, con la partecipazione a iniziative regionali, come il G5 Sahel, e con il significativo impegno di cooperazione internazionale verso quest'area, delineando così per la prima volta una presenza italiana in Africa occidentale con una modalità costruttiva e non avversativa. Non di meno, non può comunque non rilevarsi come debba restare alto l'impegno connesso, sul piano strategico, alla fondamentale azione a tutela dei diritti umani della popolazione civile, di migranti e profughi esercitata dalle organizzazioni internazionali che l'Italia sostiene convintamente. Allo stesso modo, auspichiamo l'attuazione di attività multilaterali di coalizione, di carattere europeo, nell'ottica della massimizzazione dell'efficacia del contributo italiano alla lotta al terrorismo e all'attività delle organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani, armi e droga e alla stabilizzazione del quadrante, anche attraverso un maggiore sostegno, anche economico, all'organizzazione del G5 Sahel, per la sicurezza della regione, tenendo presente, come sempre, la fragilità del quadro istituzionale e politico che caratterizza l'area.

Concludendo, abbiamo quindi 4 nuove missioni, una in Europa e le altre 3 in Africa. Quella in Europa - l'abbiamo già citata - è la European Union Military Assistance Mission in Ucraina che presenta, ovviamente, motivi di grande importanza per il nostro Paese, anche se il quadro informativo che ci è stato fornito ancora è modesto, perché, a causa della segretezza imposta dagli aiuti militari, non ci sono tutte le informazioni adeguate a una valutazione complessiva e completa. Poi, ci sono la missione in Libia - EUBAM Libya -, la missione in Niger e quella in Burkina Faso, oltre ad alcune missioni che, al contrario, termineranno quest'anno.

Segnaliamo la conclusione della partecipazione alla forza NATO e alla missione bilaterale di supporto delle Forze armate in Qatar, che era stata aperta a causa dei mondiali di calcio del 2022, e, a seguito del deterioramento delle condizioni di sicurezza, anche l'interruzione della contribuzione alle missioni UE in Mali e nella Repubblica Centrafricana.

Infine, mi sia consentito anche esprimere, a nome del gruppo Partito Democratico, la preoccupazione per il taglio delle risorse per il settore della cooperazione allo sviluppo, già approntato anche in legge di bilancio, che si sta ripercuotendo negativamente su tutti i soggetti che partecipano alla cooperazione italiana, ONG, imprese ed enti territoriali, che si sono visti notevolmente ridurre il loro ruolo di ponte, anche in termini di relazioni tra l'Italia e i Paesi del Sud del Mondo.

Particolarmente grave appare anche la riduzione degli aumenti previsti per l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, una decisione che toglierà, anzi, taglierà, se vogliamo essere più precisi, all'Agenzia 50 milioni di euro solo nel 2023.

Concludo, Presidente e colleghi, annunciando il voto favorevole del gruppo in relazione al provvedimento sulle missioni internazionali, con le considerazioni già esposte, esprimendo anche il ringraziamento, mio personale e del gruppo, ai nostri militari che, mentre discutiamo, stanno operando concretamente, con la loro capacità, con la loro grande umanità, in complessi teatri di crisi, per costruire la pace. Con la loro preparazione, compiono gesti quotidiani che riconciliano; sono operatori di pace e noi siamo orgogliosi di loro, perché rappresentano un'Italia che non si rassegna alla guerra, che cerca di superare i conflitti e che è impegnata in tutto il mondo a sostenere e a difendere la dignità di ogni donna e di ogni uomo per costruire una società più giusta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, signori membri del Governo, siamo chiamati anche quest'anno ad esprimerci su due aspetti cruciali della proiezione esterna del nostro Paese: quelli che concernono la presenza dei nostri soldati in teatri di crisi e le attività della nostra cooperazione allo sviluppo negli Stati che versano in situazioni di particolare difficoltà. La parte del leone, chiaramente, la fanno gli interventi militari, ed è logico che sia così, dati gli oneri logistici e di costi che occorre sostenere per mantenere oltremare un numero consistente di uomini e donne equipaggiati di tutto punto.

Presidente, è chiaro che in un mondo ideale, contrassegnato dalla pace e dallo sviluppo economico diffuso, non sarebbe necessario inviare soldati e cooperanti a stabilizzare, e il fatto che gli Stati Uniti stiano procedendo a ritiri selettivi dei quadranti che non rientrano più nei loro interessi primari ci costringe, oltretutto, ad assumere maggiori responsabilità.

Abbiamo ascoltato, nella fase di iter della deliberazione governativa sottoposta all'attenzione del Parlamento, molte autorità: i Ministri degli Affari esteri e della Difesa, innanzitutto, poi anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa e il Comandante del Comando di vertice operativo interforze. Ci hanno dipinto un quadro per nulla rassicurante, nel quale l'aggressione russa all'Ucraina ha determinato l'aggiunta di nuovi compiti rispetto a quelli che la protezione diretta dei nostri interessi nazionali avrebbe comportato. Ci è stato chiesto di concorrere alla rassicurazione dei nostri alleati e lo stiamo facendo con professionalità in tutti i domini delle azioni militari, con i soldati, con gli aerei e con le nostre navi. Ma siamo anche presenti dove crediamo sorgano le principali sfide che ci concernono più direttamente, quelle che si generano nel Mediterraneo allargato, che qualche collega ha voluto anche definire Mediterraneo allungato o, persino, Mediterraneo profondo, per farci rientrare anche l'Africa subsahariana.

Inviamo i nostri militari dove pensiamo siano minacciate la nostra sicurezza energetica e la tenuta dei nostri confini, che sono in realtà i confini dell'Europa intera, rispetto alla pressione migratoria. Cerchiamo di contrastare il terrorismo dove ancora dispone di basi sicure e di un proprio territorio, ma anche di portare stabilità ed un minimo di sviluppo in altre terre molto tormentate, perché sconvolte da guerre intestine ancora irrisolte. Le tensioni in Kosovo e in Bosnia sono sempre lì, a ricordarcelo.

Siamo grati ai nostri militari e ai nostri cooperanti per quanto fanno in contesti assai pericolosi e difficili. Ma è anche giusto interrogarsi sul modo migliore di assicurare che il nostro Paese resti agganciato ai teatri che corriamo a stabilizzare. Forse, per essere più efficaci, ci vorrebbe un maggior coordinamento interministeriale. O forse, andrebbe introdotto qualche incentivo mirato. Pare, infatti, che ci sia una grande domanda di Italia nei territori in cui interveniamo, una domanda che oggi resterebbe in gran parte insoddisfatta. Potrebbero, forse, sorgere rapporti internazionali più solidi e profondi, se alle missioni militari e a quelle della cooperazione si aggiungessero investimenti utili sia ai Paesi che li ricevono sia a noi, accrescendo la nostra competitività e depotenziando la pressione migratoria. Possiamo raccogliere di più di quello che seminiamo. Tutto ciò, naturalmente, è uno spunto per il futuro, che speriamo possa riservare maggiori opportunità di sviluppo economico e un minor bisogno di ricorso allo strumento militare.

Voglio approfittare di questo dibattito odierno per esprimere, ancora una volta, tutta la nostra gratitudine per quanto i nostri ragazzi e le nostre ragazze fanno sui teatri di crisi, sostenendo sacrifici che consentono a tutti noi italiani di vivere più sicuri e a tanti stranieri di avere la possibilità di costruire un avvenire degno di questo nome. Ancora grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lomuti. Ne ha facoltà.

ARNALDO LOMUTI (M5S). Grazie, Presidente. Non possiamo parlare delle missioni militari dell'Italia senza soffermarci sul conflitto russo-ucraino, non soltanto perché è motivo di forte preoccupazione per quanto riguarda la sicurezza dell'Europa e del mondo intero, non soltanto perché questo conflitto, ormai è chiaro, ha cambiato la geopolitica mondiale e anche l'impegno dell'Italia nelle sue missioni. Vede, Presidente, noi siamo preoccupati perché una di queste missioni riguarda l'addestramento delle Forze militari ucraine e l'incremento dell'impegno italiano nelle missioni italiane nel fronte orientale, in una funzione deterrente antirussa. Ebbene, Presidente, noi siamo preoccupatissimi, perché stiamo assistendo a un fatto: in questi ultimi mesi, è sempre più evidente un forte impegno militare dell'Italia in senso bellicista, ma non su decisione nostra, bensì su decisione europea, che obbedisce ad altre decisioni, le quali non sono certamente quelle continentali, o meglio non quelle del continente europeo, ma quelle degli altri continenti, come, ad esempio, gli Stati Uniti d'America. Dico questo, Presidente, perché siamo preoccupati di questa filosofia bellicista e del modo in cui questo Governo affronta un conflitto alle porte dell'Europa, perché la nostra tradizione è sempre stata quella della mediazione. Siamo sempre stati bravi nel fare questo. L'Italia non è brava a fare la guerra, non è brava a inviare armi, ma è brava a mediare. Grazie a questo Governo, si è capito che ormai l'Italia ha cambiato verso.

E un'altra cosa, Presidente: la prova che il Governo Meloni sia un Governo bellicista sta anche nel fatto che, obbedendo a questi ordini esterni - e riporto un altro fatto, che aggrava ancora di più la nostra posizione e il nostro ruolo in questo conflitto -: sta emergendo, dai vari giornali internazionali, ovviamente non quelli italiani, tranne qualche sporadico caso, che all'inizio del conflitto c'era già un piano di pace dettagliato, firmato e controfirmato dalle delegazioni russe e ucraine, successivamente stracciato da Zelensky perché, evidentemente, Washington e Londra avevano altri piani. Su questo, Presidente, noi chiederemo spiegazioni al Ministro Tajani, per quello che possono valere le sue risposte, ma, attenzione, non perché manchiamo di rispetto alla figura dell'istituzione che rappresenta Tajani, noi rispettiamo l'istituzione e anche un Ministero così importante. Semplicemente dico questo perché, Presidente, ormai è un luogo comune, la prima vittima nella guerra è la verità, eccezion fatta per questo Governo, perché una verità ce l'ha consegnata. Cioè noi abbiamo capito, in maniera concreta e preoccupante, che l'Italia non è assolutamente sovrana nel proprio Paese e soprattutto non è sovrana in Europa, come diceva Meloni. E questa mancanza, questa posizione - il buon Hegel parlava rapporto fra servitù e signoria -, questa assenza di sovranismo, le abbiamo capite da voi sovranisti. Questa è la verità che emerge dal conflitto russo-ucraino: l'Italia è serva dell'Europa, che, a sua volta, risponde ad altri ordini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Detto questo, Presidente, passerei a un'altra missione, quella che riguarda il flusso migratorio e la questione libica. La Meloni, a gennaio di quest'anno, si è recata in Libia per sottoscrivere un Accordo bilaterale, attraverso il quale si rafforza la fornitura da parte dell'Italia di motovedette e di aiuti per quanto riguarda la Guardia costiera libica. E fin qui noi ci siamo. Dov'è che non ci siamo, Presidente? E su questo abbiamo presentato anche un emendamento, che ci è stato rifiutato. Noi ci fermiamo dinanzi alle violazioni dei diritti umani. Non lo diciamo noi. C'è un prima e un dopo, e il dopo è segnato dal rapporto dell'ONU, un rapporto dettagliato, durato tre anni, in cui viene riportato, nero su bianco, e segnalato anche alla Corte de L'Aja, che la Guardia costiera libica, in cooperazione con la criminalità organizzata libica e i trafficanti umani, attua sistematicamente violazioni dei diritti umani e non soccorre i migranti in mare. In Commissione affari esteri abbiamo visto video raccapriccianti, addirittura di speronamenti da parte delle motovedette della Guardia costiera libica ai danni di chi sta cercando disperatamente di raggiungere le coste italiane. La Guardia costiera libica viola le leggi sul salvataggio e minaccia costantemente i nostri pescherecci italiani in acque internazionali.

Ecco, Presidente, con un emendamento che ci è stato rifiutato - perché per noi è importante rimanere lì, perché la nostra assenza determinerebbe un peggioramento della situazione - abbiamo chiesto semplicemente, in virtù del rapporto dell'ONU, di poter essere tranquilli e con la coscienza a posto sul fatto che i nostri aiuti materiali alla Guardia costiera libica non servano a violare i diritti dell'uomo. Per questo, abbiamo chiesto anche che le porte di quei centri di detenzione del Governo libico siano aperte a ispezioni, quantomeno per verificare lo stato in cui vengono lasciati quei detenuti che vengono presi dal mare, rimessi nei centri di detenzione e riavviano di nuovo il business dei flussi migratori.

Poi, infine, Presidente, parliamo della missione nel Burkina Faso. Anche questa è una missione che ha un prima e un dopo: il prima è l'Accordo siglato nel 2019, ma allora c'era un altro Presidente, che poi è decaduto grazie al golpe militare dell'attuale Presidente, Traoré, che si è insediato soprattutto grazie all'aiuto della famigerata forza mercenaria Wagner. Ebbene, Presidente, noi, anche a questo proposito, abbiamo presentato un emendamento, chiedendo semplicemente di verificare che il nostro impegno militare non acconsentisse alla violazione dei diritti umani, perché ci sono rapporti molto raccapriccianti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, ma anche di Amnesty International, che riportano che le attuali forze governative attuano dei massacri nei villaggi civili con forte presenza musulmana. Ecco, abbiamo semplicemente chiesto rassicurazioni affinché l'Italia non abbia la coscienza sporca. Presidente, anche sulla questione ucraina abbiamo presentato un emendamento che è stato bocciato, con il quale abbiamo chiesto proprio il minimo sindacale, semplicemente che l'addestramento delle forze ucraine non avvenga attraverso militari italiani nel territorio ucraino, nel territorio di guerra.

Tutti questi emendamenti sono stati bocciati e ci chiediamo, Presidente, allora quale sia l'indirizzo di questo Governo, quale sia la verità sull'indirizzo politico di questo Governo verso le missioni che ci apprestiamo ad approvare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mari. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MARI (AVS). Ancora una volta, il Parlamento si trova a deliberare con grande ritardo l'esame e l'autorizzazione delle missioni internazionali. Come ogni anno, affrontiamo il tema della partecipazione dell'Italia alle missioni militari, che è centrale, perché definisce il profilo della politica estera del nostro Paese e lo affrontiamo sempre di più come una discussione burocratica, quasi tecnica, quasi un rituale stanco, in cui il Parlamento viene chiamato a ratificare l'impianto delle missioni, spesso a prescindere dalla valutazione politica della loro efficacia, dall'efficacia della nostra presenza militare anche in merito a cosa effettivamente queste missioni hanno prodotto. Stiamo discutendo di finanziare la partecipazione di missioni che - come tutti sanno - sono in corso già da 6 mesi. Ogni anno, quindi, il Governo si presenta in quest'Aula per rifinanziare missioni che sono già abbondantemente in corso. Non è possibile continuare a discutere in questo modo di scelte prese altrove e che il Parlamento, di fatto, è chiamato solo a ratificare. Questo riguarda la dignità dei parlamentari, del lavoro in Commissione e di tutti quelli che lavorano ogni anno su questo provvedimento.

Andando ai contenuti, noi voteremo a favore di quelle missioni che - come dicevo - hanno prodotto risultati che valutiamo positivamente. L'intervento del Governo si concentra, nel complesso, nell'area africana, in Libia e in Niger in particolare, con ben 6 missioni in Libia e 3 in Niger e nell'azione di controllo delle frontiere. Le attività in Libia si focalizzano sul controllo e sul contrasto all'immigrazione illegale, potenziando la Guardia costiera libica affinché proceda a operazioni di intercettazione volte a riportare i migranti nei centri di detenzione. Aiutare la Guardia costiera libica, Presidente, sapendo di facilitare il ritorno di migliaia di persone in Libia, dove subiscono gravi e accertate violazioni dei diritti umani, rende l'Italia complice di questi crimini. La Libia è un Paese che presenta situazioni di insicurezza e instabilità, verso il quale non vanno, in alcun modo, sostenuti rimpatri o trasferimenti, inclusi quelli, particolarmente raccapriccianti, dei minori. Sono numerosi i report delle Nazioni Unite, confermati anche dalle testimonianze dei migranti che riescono a lasciare il Paese. Queste testimonianze riportano episodi di violenza, torture e riduzioni in schiavitù, che sono all'ordine del giorno nei centri di detenzione della Libia. Secondo fonti autorevoli, dal 2017 all'ottobre del 2022, sono stati 99.630 le donne, gli uomini e i bambini intercettati in mare e riportati in Libia, verso abusi e violenze. Ad attendere queste persone nei paesi africani, infatti, nella maggior parte dei casi, ci sono campi di detenzione, dove per mesi, se non per anni, vivono in condizioni inumane e spesso sottoposte a sevizie. Poi ci sono quelli che non vengono salvati, neppure dalla Guardia costiera libica che noi finanziamo. Le 441 morti documentate nei primi tre mesi del 2023 dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni sono probabilmente una sottostima del reale numero di vite perse nel Mediterraneo centrale.

Voteremo contro le missioni delle schede 16, 16-bis, 31, 46 e 47. In questa sede, dovremmo valutare l'efficacia delle missioni che il Governo propone di prorogare. Possiamo sicuramente affermare che, in questi anni, queste missioni non sono state efficaci, soprattutto non sono state sicuramente efficaci per il rispetto dei diritti umani.

L'immigrazione è un grande fenomeno strutturale con il quale noi, parte dell'Occidente cosiddetto sviluppato, più di altri nel mondo, dovremmo saper fare i conti, perché quei flussi migratori, che siano dovuti a guerre, spesso alimentate dalle potenze mondiali, che siano motivati dalla crisi climatica, che siano alimentati dalla disuguale distribuzione della ricchezza nel mondo, hanno tutti a che fare con la nostra responsabilità. Il Niger si trova in una particolare posizione geografica, che ne ha fatto un'importante crocevia per la circolazione di merci e persone nella regione del Sahel, nonché per gli scambi e i movimenti tra Africa subsahariana e Nordafrica. l'Unione europea e alcuni suoi Stati membri, tra cui l'Italia, negli ultimi anni hanno incrementato le loro azioni in Niger, le cui autorità nel 2015 hanno avviato politiche di controllo delle frontiere sempre più restrittive. Rendendo difficoltose le vie legali, è cresciuta, di pari passo, drammaticamente l'influenza dei trafficanti, che tutti diciamo di voler contrastare. I viaggi sono diventati più costosi e pericolosi, i migranti spesso vengono abbandonati nel deserto, senza acqua, cibo o mezzi di trasporto. Le tre missioni previste in Niger hanno come filo conduttore l'assistenza alle Forze armate locali, senza sufficienti garanzie circa l'effettivo rispetto dei diritti umani, e per questo voteremo anche contro le schede 20, 21 e 21-bis. Voteremo contro la missione in Mali (scheda 19) oltre che contro quella in Niger perché - come evidenziato anche durante le audizioni nelle Commissioni - le missioni condotte nella regione del Sahel, anziché contrastare il terrorismo di matrice jihadista, hanno finito per alimentare il fondamentalismo islamico. Voteremo contro la scheda 17, che proroga la partecipazione militare alla missione in Tunisia: solo nel primo trimestre del 2023, a 14.963 persone è stato impedito di lasciare la Tunisia via mare e sono state violentemente riportate indietro, contro la loro volontà. L'analisi del Paese non consente quindi di definirlo, in alcun modo, come Paese sicuro e come partner affidabile per la conclusione di accordi di rimpatrio con garanzie di pieno rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale.

Infine, la guerra in Ucraina, provocata dalla scellerata aggressione russa in evidente violazione del diritto internazionale, sta evidenziando la progressiva marginalizzazione del ruolo svolto dalle Nazioni Unite e dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Occorre constatare che la fornitura di equipaggiamento militare all'Ucraina si è rivelata fin qui del tutto inefficace rispetto all'ambizione dichiarata di creare migliori condizioni negoziali, e si rileva che questa ha invece indebolito il ruolo dell'Unione europea nella ricerca di una soluzione del conflitto.

Con riferimento alle proroghe relative agli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, va sottolineato che occorrono maggiori risorse e che va modificata la qualità della spesa. È previsto, purtroppo, un taglio di circa 50 milioni di euro dei fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo, che allontana ulteriormente l'Italia dall'obiettivo concordato in sede ONU di investire in tale attività almeno lo 0,70 per cento del prodotto interno lordo. Ascoltiamo annunci su un nuovo piano Mattei, ma anche questa scelta svela che la reale volontà sembra essere solo la riproduzione del vergognoso e inutile modello Libia in altri Paesi.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). Signor Presidente, colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, non ho molto da aggiungere alla puntuale relazione del collega Lomuti. Aggiungo e preciso solo alcune questioni che ci stanno particolarmente a cuore. Il MoVimento 5 Stelle, infatti, non è assolutamente e aprioristicamente contrario alle missioni militari all'estero nel loro complesso, però su alcune di esse nutriamo legittimi dubbi, forti perplessità e preoccupazioni. Per questo abbiamo chiesto al Governo garanzie e impegni precisi e puntuali come condizione per poter dare il nostro sostegno; garanzie e impegni che però, purtroppo, non sono arrivati.

Infatti ieri, nelle Commissioni riunite esteri e difesa, sono stati respinti tutti i nostri emendamenti e per questo ci siamo astenuti sulla relazione di maggioranza sulla totalità delle missioni. Nello specifico, per la nuova missione di addestramento delle Forze armate ucraine abbiamo chiesto al Governo di vincolare geograficamente il contributo del contingente nazionale impiegato esclusivamente al territorio nazionale e a quello degli Stati membri dell'Unione europea. Che cosa chiedevamo? Chiedevamo la garanzia che questa missione non consenta mai, in alcun modo, l'invio di addestratori militari italiani in Ucraina. Richiesta respinta. Il Governo non se l'è sentita di fornire questa rassicurazione, questa certezza, questa garanzia e ciò conferma che questa inquietante eventualità non è affatto esclusa.

Del resto, leggiamo nel testo delle deliberazioni sulle missioni che la missione EUMAM Ucraina opera nel territorio degli Stati membri finché il Consiglio UE non decida altrimenti. Per questo, come garanzia alternativa, abbiamo chiesto che, nel caso in cui il Consiglio dell'Unione europea, che ha avviato questa missione, proponga un giorno - ciò è possibile, è previsto dalla stessa deliberazione - di estendere l'attività di addestramento al territorio ucraino, il Governo venga quantomeno preventivamente qui in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), per ricevere dal Parlamento il mandato politico sul da farsi. Anche questa richiesta è stata respinta.

Quindi, sia chiaro a tutti, se tra qualche mese la NATO, diciamo, l'Europa deciderà che dobbiamo mandare i nostri addestratori militari in Ucraina, al fronte, questa decisione non passerà nemmeno al vaglio del Parlamento: quindi, i cittadini questo lo sappiano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Sempre su questa missione abbiamo chiesto che le attività di addestramento non si estendano anche ai piloti ucraini di F16, perché questo per noi - lo abbiamo sempre detto e lo ribadiamo - rappresenta un diretto coinvolgimento in un'ulteriore pericolosa fase di escalation. L'ennesima linea rossa che non doveva mai essere superata e che invece, eccoci qui, come volevasi dimostrare, sta per essere oltrepassata, come se nulla fosse. Ricordo che l'Italia, pur non avendo F16 per addestramento, ha gli M-346 Master, che sono famosi e noti per essere usati per l'addestramento avanzato e pre-operativo dei piloti di tutto il mondo e di tutti i velivoli di ultima generazione, dagli F16 agli F35.

Niente, anche questa richiesta è stata respinta. Ma rimaniamo in tema di guerra in Ucraina, però con altre missioni, ad esempio quella della NATO sul fronte orientale in funzione di deterrenza antirussa. Missione a cui l'Italia dà un contributo da sempre importantissimo, sia in termini di truppe e di mezzi che di impegno economico. Parliamo delle missioni dell'Esercito in Bulgaria, Ungheria, Slovacchia e Lettonia, delle missioni dell'Aeronautica in Romania e in difesa dello spazio aereo Est europeo e della missione della Marina in Polonia proprio davanti all'Enclave russa di Kaliningrad.

Cresce l'impegno economico, 314 milioni rispetto ai 216 milioni del 2022, di pari passo con l'incremento dell'impegno operativo, 3.400 uomini contro i 2.200 dell'anno scorso, 620 mezzi terrestri, 100 in più del 2022, e una trentina di aerei, il doppio dell'anno scorso. Noi abbiamo chiesto che l'aumento dell'impegno militare italiano nelle missioni NATO sul fronte orientale sia però accompagnato da un altrettanto speculare forte impegno diplomatico del Governo per una de-escalation e per una soluzione negoziale del conflitto, proprio come votò questo Parlamento.

Richiesta respinta, a conferma che questo Governo, al di là dei vuoti proclami di pace, non ha intenzione di correggere la sua linea bellicista, dettata, purtroppo, lo dobbiamo dire, da Washington e dalla NATO, che fin dall'inizio di questa guerra ha escluso a priori ogni possibile soluzione negoziale con la Russia, contemplando solo la sua sconfitta militare, nonostante il fatto che questo scenario sia ormai giudicato impossibile dai massimi esperti militari occidentali, se non con il coinvolgimento diretto della NATO, cioè con l'invio di truppe alleate al fronte, che Polonia e Paesi baltici stanno seriamente valutando - nonostante le rassicurazioni del Ministro Crosetto - e quindi con una guerra mondiale contro una potenza nucleare che non sconfiggerebbe Putin, ma cancellerebbe l'intera umanità.

E a proposito di vuoti proclami di questo Governo sull'importanza della cooperazione internazionale e delle iniziative a favore della pace e della stabilità nelle aree di crisi, non possiamo evitare di denunciare, anche in questa sede, così come abbiamo già fatto in sede di legge di bilancio, come i fatti smentiscano le parole. Infatti, le schede che sono a disposizione di tutti, le schede 48, 49 e 50 della relazione analitica sulle missioni, quelle riservate agli impegni concreti sul fronte della cooperazione, registrano un taglio complessivo di oltre 60 milioni di euro: meno 40 milioni per iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario, meno 17 milioni per gli interventi di sostegno ai processi di pace e meno 4 milioni e mezzo per la partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza.

Sostanzialmente, Presidente, si definanzia la cooperazione e si finanzia la guerra, questo state facendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi non possiamo avallare questo scenario, e quindi abbiamo presentato in Commissione emendamenti che impegnavano il Governo a compensare, attraverso futuri provvedimenti, questa diminuzione di risorse. Niente, richiesta anche questa respinta. Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, questi sono i fatti. Ci auguriamo che almeno su questo, almeno sul fronte della cooperazione, alle parole seguano fatti concreti e ci auguriamo che almeno su questo, benché nutriamo legittimi dubbi, il Governo abbia la decenza di rivedere la sua posizione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni - Doc. XVI, n. 1)

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Rosato ed altri n. 6-00033, Provenzano ed altri n. 6-00034, Pellegrini ed altri n. 6-00035, Chiesa, Zoffili, Orsini, Bicchielli ed altri n. 6-00036 e Fratoianni e Zanella n. 6-00037 (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Il rappresentante del Governo, anche al fine di esprimere il parere sulle risoluzioni presentate, si riserva di intervenire in altra seduta.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 411 - “Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30” (Approvato dal Senato) (A.C. 1134​) e dell'abbinata proposta di legge: Billi ed altri (A.C. 101​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1134: “Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30” e dell'abbinata proposta di legge n. 101.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 22 giugno 2023 (Vedi l'allegato A della seduta del 22 giugno 2023).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1134​ e abbinata)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore deputato Fabio Pietrella.

FABIO PIETRELLA , Relatore. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, membro del Governo, il 2 maggio 2023 il Senato ha approvato, in prima lettura, senza modificazioni, il disegno di legge presentato dal Governo il 16 dicembre 2022, recante modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, che, di fatto, riproponeva il testo del disegno di legge A.S. 2631, già presentato a maggio 2022 dall'allora Governo in carica.

Il disegno di legge è stato trasmesso alla Camera dei deputati il 3 maggio 2023 e assegnato alla Commissione X, che ne ha concluso l'esame senza apportare modifiche.

Le Commissione I, II, III, V, VI, VII, XI, XIII e XIV, competenti in sede consultiva, hanno espresso parere favorevole sul provvedimento. Si ricorda che l'iniziativa s'inquadra all'interno della riforma del sistema della proprietà industriale, prevista dalla Missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza. In particolare, la componente 2 della prima missione (M1C2) intende perseguire la finalità di digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, attraverso la riforma del sistema della proprietà industriale, volta, quindi, ad adattare la legislazione ai cambiamenti del sistema economico e a garantire che il potenziale di innovazione contribuisca efficacemente alla ripresa e alla resilienza del Paese.

Il disegno di legge, coordinato dal Ministero delle Imprese e del made in Italy, modifica diversi punti del vecchio codice del 2005. La principale novità è il ribaltamento del cosiddetto professor's privilege, cioè il passaggio dei diritti legati all'invenzione di ricercatori alle strutture di appartenenza, quindi, università, enti e centri pubblici di ricerca, istituti di ricovero e cura di carattere scientifico. Arriva anche il rafforzamento delle misure di contrasto alla contraffazione nelle fiere, una maggiore digitalizzazione degli adempimenti per le imprese interessate a brevettare, lo stop ai marchi che evocano denominazioni di origine protette, l'estensione dei controlli su invenzioni utili per la difesa del Paese.

Allineandosi a tutti i principali Paesi, con l'eccezione della Svezia, l'Italia interviene, dunque, sul professor's privilege, per dare più respiro all'attività di trasferimento tecnologico delle strutture pubbliche. Secondo dati della rete di startup Italian Tech Alliance, l'attuale sistema ha contribuito a dati catastrofici in termini di ricavi per licenza, per esempio, oltre 60 volte in meno del Regno Unito.

L'articolo 3 ribalta tutto, prevedendo che i diritti nascenti dall'invenzione spettino alla struttura di appartenenza dell'inventore, a meno che la stessa struttura non depositi la domanda o rinunci entro un tempo massimo di 9 mesi. In ogni caso, l'inventore ha diritto a una remunerazione non inferiore al 50 per cento degli introiti derivanti dallo sfruttamento economico, dedotti i costi sostenuti dall'università o centro pubblico in relazione al deposito della domanda di brevetto, di registrazione e di rinnovo.

Durante l'iter al Senato, anche su input delle associazioni industriali, è stata approvata una modifica per le situazioni di ricerca finanziata dai privati. Per salvare il principio dell'autonomia negoziale, in questi casi si fa riferimento ad accordi contrattuali da stipulare, tenuto conto le linee guida che saranno approvate con decreto del Ministero delle Imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministero dell'Università e della ricerca.

Il ribaltamento della tutela della proprietà industriale in questo campo darà una spinta notevole al trasferimento tecnologico e alla valorizzazione del lavoro scientifico delle nostre università.

In quest'ottica, l'articolo 4 consente agli atenei e alle strutture pubbliche di ricerca di dotarsi di un ufficio di trasferimento tecnologico per la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, anche attraverso la promozione di collaborazioni con le imprese.

Gli altri articoli del provvedimento intervengono direttamente su contrasto ai falsi e procedure di registrazione. La nostra Guardia di finanza potrà sequestrare prodotti contraffatti anche direttamente durante un evento fieristico, mentre attualmente gli oggetti nei quali si ravvisi la violazione di un diritto di proprietà industriale, salvo esigenze di giustizia penale, possono essere soltanto descritti e fotografati per costruire un elemento di prova.

Scatta, inoltre, la protezione provvisoria di disegni e modelli esposti nelle fiere ufficiali, consentendo al richiedente di rivendicare la cosiddetta priorità di esposizione. Per favorire la tutela del prodotto industriale, soprattutto a sostegno delle piccole e medie imprese, è poi introdotta la possibilità di pagare i diritti di deposito della domanda di brevetto, non solo contestualmente al deposito stesso, ma anche successivamente, entro un mese, mantenendo ferma la data di deposito, per evitare, in questo modo, che la domanda sia dichiarata irricevibile o, se i diritti vengono pagati tardivamente, la data di deposito sia posposta alla data di pagamento. Si interviene sulla digitalizzazione del deposito della domanda, cancellando l'obbligo di trasmissione di documentazione cartacea all'Ufficio italiano brevetti e marchi del Ministero da parte delle camere di commercio. Inoltre, in sede di rivendicazione della priorità, in alternativa al deposito della copia dei documenti, sarà consentita l'indicazione di codici identificativi presenti in banca dati, presso le quali l'ufficio italiano dei brevetti può direttamente verificare il contenuto del fascicolo.

L'articolo 8 rafforza il controllo preventivo sulle domande di brevetto utili per la difesa dello Stato. In particolare, l'ambito di applicazione del divieto di deposito della domanda, in assenza di autorizzazione ministeriale, si estende a due casi: se l'inventore lavora presso filiali italiane di imprese multinazionali, la cui capogruppo ha sede legale all'estero, oppure se ha ceduto l'invenzione oggetto del brevetto prima del deposito.

Mi faccia dire anche alcune altre misure, che secondo noi sono estremamente importanti: lo stop a segni evocativi e usurpativi di DOP e IGP (quindi, scatta il divieto di registrazione come marchi di segni evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e di denominazione di origine protetta), in base alla normativa statale dell'Unione europea, inclusi gli accordi internazionali di cui l'Italia o l'UE sono parte; in tema di design, la tutela temporanea nelle fiere; la doppia titolarità (brevetto italiano e UE possono quindi coesistere); l'innalzamento delle sanzioni quando si fa credere che l'oggetto sia protetto da brevetto, disegno o modello, topografia o che il marchio sia registrato (il minimo sale da poche centinaia di euro a 1.500); stop a segni e figure lesive dell'Italia (difendiamo il nostro marchio, i nostri investimenti, le nostre attività).

Per concludere, sono molto orgoglioso di essere relatore, come deputato, ma anche come uomo d'impresa di questo Paese, perché, attraverso questo provvedimento, andiamo a rendere il nostro Paese più moderno, più competitivo, più digitalizzato, meno attaccabile dai fake e tutti quegli strumenti utilizzati pedissequamente oggigiorno sui mercati internazionali. Credo che questo strumento renda orgogliosi tutti noi. Per questo, ringrazio i colleghi commissari, il Governo per questa procedura estremamente importante, di cui avevamo bisogno, ringrazio i funzionari e i colleghi commissari ancora (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che rinunzia.

È iscritto a parlare l'onorevole Billi. Ne ha facoltà.

SIMONE BILLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, membri del Governo, come ha già accennato il nostro relatore oggi, nella scorsa legislatura già il Ministro dello Sviluppo economico, cui allora faceva capo l'Ufficio italiano brevetti e marchi, che era guidato dall'allora Ministro Gianfranco Giorgetti, aveva inserito la riforma sulla proprietà industriale nel PNRR, poiché rientra tra gli obiettivi per promuovere e fungere da volano alla crescita economica per il nostro Paese.

Mi preme ricordare come l'Unione europea individui cinque macro obiettivi sulla proprietà industriale.

Il primo è migliorare l'accessibilità al sistema di protezione; il secondo, incentivare l'uso e la diffusione, in particolare da parte delle piccole e medie imprese, della proprietà industriale; il terzo, facilitare l'accesso ai brevetti e la loro conoscenza; il quarto, garantire un rispetto rigoroso della normativa per contrastare la contraffazione e la pirateria; il quinto e ultimo, rafforzare il ruolo dell'Italia nei consessi europei ed internazionali. Pertanto, Presidente, un moderno sistema di protezione della proprietà industriale rappresenta un elemento centrale nella definizione di una strategia di sviluppo e di politica industriale per promuovere la crescita economica di un Paese. Il Governo, quindi, ha inteso portare avanti, in continuità con il precedente Governo, la strategia italiana sulla proprietà industriale, con un piano triennale, per promuovere la cultura dell'innovazione e gli strumenti di tutela e valorizzazione della proprietà industriale.

Il piano italiano individua, quindi, alcuni macro-obiettivi, ripresi e sviluppati dalle indicazioni della Commissione europea, adattandole al contesto nazionale, che ho il piacere qui, oggi, di esporvi per completezza, in modo molto breve. Il primo macro-obiettivo è il miglioramento dell'accesso alla proprietà industriale, semplificando le procedure grazie anche all'aiuto dato dalla digitalizzazione. Il secondo macro-obiettivo è incentivare le imprese, soprattutto le nostre piccole e medie, e le università a sfruttare meglio le opportunità offerte dalla proprietà industriale. Il terzo macro-obiettivo vuole promuovere l'accesso e la conoscenza degli strumenti di proprietà industriale attraverso la verifica delle possibilità di accesso alla proprietà industriale stessa in situazioni di crisi, privilegiando gli accordi volontari e mettendo a disposizione le informazioni relative ai brevetti. Il quarto macro-obiettivo riguarda il miglioramento della lotta alla contraffazione e alla pirateria. Inoltre, con questo disegno di legge il Governo ha puntato a migliorare le procedure internazionali che hanno un impatto nel Paese, come, per esempio, il brevetto unitario e il Patent Cooperation Treaty.

Questi sono i numeri del 2021, per dare un quadro della situazione sulla proprietà industriale nel nostro Paese e sul lavoro svolto dal Ministero e anche dall'Ufficio italiano brevetti e marchi: si parla di circa 186.000 unità come il numero complessivo di depositi di domande e di titoli di proprietà industriale e di istanze ad essi collegate emessi dall'Ufficio italiano brevetti e marchi; si parla di 9.000 brevetti nazionali concessi, 11.000 brevetti nazionali depositati (vi ricordo che sono, invece, circa 9.000 nel 2017, con un trend di crescita nonostante la pandemia), circa 70.000 le registrazioni di marchio depositate all'UIBM (ricordo che, nel 2017, erano circa 60.000). Voglio, inoltre, ricordare i 218 marchi storici di interesse nazionale registrati, in totale, dall'istituzione del registro nell'aprile del 2020; o, meglio, 218 sono stati registrati nel 2021, in totale, ci sono state, dall'istituzione del registro nell'aprile 2020, circa 230 registrazioni. Nel periodo 2008-2019, quasi 185.000 sono stati i sequestri e 750 milioni i pezzi sequestrati con riferimento alla contraffazione, per un valore complessivo stimato di oltre 5 miliardi di euro sottratti al circuito illegale.

Quindi, questo disegno di legge svolge un ruolo molto importante per il progresso e per il miglioramento della protezione della nostra innovazione tecnologica. Vi ricordo che esso prevede 32 articoli, di cui voglio sottolinearvi molto velocemente le principali misure che mi preme valutare in questa fase. Innanzitutto, le invenzioni realizzate nell'ambito di università o enti pubblici, per le quali viene previsto che la titolarità di un brevetto spetti all'università o all'amministrazione a cui fa capo l'inventore. Degno di nota è il fatto che, negli Stati Uniti, il trasferimento delle attività finanziate dal Governo federale alle università e agli istituti di ricerca, il cosiddetto Bayh-Dole Act del 1980, viene considerato uno dei fattori chiave della crescita economica e tecnologica del Paese.

Voglio, inoltre, ricordare un altro importante sviluppo della normativa, che è la possibilità di pagamento dei diritti in modo tardivo, con eventuali soprattasse, chiaramente, come avviene nella maggior parte delle legislazioni dei Paesi europei; il rafforzamento del controllo preventivo sulle domande di brevetto utili per la difesa del Paese; il divieto di registrazione di marchi evocativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine. Inoltre, sono state approntate molteplici semplificazioni del deposito telematico e dei servizi digitali. Diverse, quindi, sono le norme di coordinamento e adeguamento delle procedure e le revisioni degli importi per rendere più esteso l'utilizzo del bollo digitale.

Presidente, cari colleghi, concludo, ringraziando i colleghi della Commissione attività produttive, di questa e della scorsa legislatura, per il lavoro fatto nel recepire i numerosi contributi da associazioni imprenditoriali, università ed esperti del settore. In particolare, ringrazio il relatore, l'onorevole Fabio Pietrella, ringrazio l'Ufficio italiano brevetti e marchi, per il certosino lavoro a supporto di questo disegno di legge e ringrazio, infine, il Ministero delle Imprese e del made in Italy ed il Ministro Adolfo Urso, per l'iniziativa governativa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

SARA FERRARI (PD-IDP). Grazie, Presidente. A nome del Partito Democratico, anticipo subito che la nostra posizione sarà di astensione su questo provvedimento, perché ne condividiamo certamente l'obiettivo, lo scopo di valorizzare la protezione delle idee e dei processi generati dalle innovazioni nelle produzioni made in Italy e i vantaggi competitivi per gli autori, ciò nonostante, in questo provvedimento non è stato accolto alcuno degli emendamenti che abbiamo presentato, sia in sede senatoriale che in questa Camera. Pertanto, il nostro sforzo di migliorare il provvedimento, sforzo che raccoglieva sia le risultanze della consultazione pubblica di 2 anni fa, che ha preceduto la stesura delle linee strategiche sia le audizioni che sono state fatte sia ancora gli autorevoli contributi di membri stessi del nostro gruppo, non ci può che portare a una posizione di astensione.

In particolare, non possiamo dirci contrari a questo provvedimento, perché, oltre a essere convinti che l'obiettivo sia lodevole, è evidentemente un testo - è stato detto anche da chi mi ha preceduto - che si ripresenta tal quale dalla legislatura precedente. Prevede semplificazione delle procedure, della tempistica, l'indirizzo verso la digitalizzazione delle procedure stesse e, abbiamo detto, questa riforma, prevista all'interno della Missione 1 del PNRR, si accompagna anche a più investimenti e incentivi per le imprese e gli enti di ricerca sulla proprietà industriale.

Voglio, però, rilevare che quello che il mio gruppo ha sottolineato con forza, con una serie di emendamenti, non è stato preso in considerazione, nonostante - e ve lo voglio leggere - il parere della Commissione, che andava proprio a raccogliere alcune proposte che noi avevamo avanzato. La VII Commissione, infatti, per quanto di competenza, ha espresso parere favorevole, ma con osservazioni, chiedendo di valutare l'opportunità di precisare che i contratti per attività per conto terzi siano esclusi dall'ambito di applicabilità della disciplina in esame, atteso che la proprietà intellettuale eventualmente generata nell'ambito dei contratti da ultimo richiamati deve essere, in via preventiva, regolata secondo intese fra le parti. Poi, invita a chiarire, al fine di non ingenerare possibili fraintendimenti in sede applicativa, che la disciplina in esame non si applichi alle invenzioni degli studenti e dei dottorandi, e su questo punto tornerò più approfonditamente.

Chiede, poi di valutare l'opportunità di novellare il comma 4 al fine di ridurre, per quanto possibile, il termine attualmente pari a sei mesi, entro cui la struttura di appartenenza dell'inventore è tenuta a comunicare la volontà di depositare la domanda di brevetto, qualora all'invenzione, effettuata da ricercatori, collaborino studenti o dottorandi.

Vengo a specificare meglio quali sono stati gli emendamenti proposti dal mio gruppo, sia al Senato sia alla Camera, che riguardano innanzitutto l'articolo 1, dove si chiedeva che non costituissero oggetto di registrazione come marchio d'impresa i prodotti agroalimentari tradizionali e, poi, soprattutto, l'articolo 3; gli articoli 3, 4 e 5 sono quelli - di cui si è già parlato prima del mio intervento - che spostano dal ricercatore all'ente la proprietà. All'interno dell'articolo 3 il mio gruppo aveva chiesto che la norma fosse estesa agli enti che afferiscono al sistema sanitario nazionale o regionale, a partire dalle aziende ospedaliere universitarie, ma l'emendamento non è stato accolto.

Sempre all'articolo 3, un altro emendamento chiedeva di distinguere nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto a favore di terzi tra i contratti di sviluppo e ricerca e, appunto, i contratti per attività per conto terzi. Chiedeva, poi, che la disposizione del capoverso rubricato “Art. 65” del comma 1 prevedesse di non applicare la disposizione quando l'invenzione industriale è fatta da studenti o da ricercatori. Chiedeva, poi, una tempistica di deposito dell'invenzione e dell'istruttoria dimezzata, oltre a tutta una serie di modifiche formali. Interveniva, ancora, sull'articolo 4 rispetto al contrasto alle pratiche di Italian sounding: proponeva, infatti, di aggiungere che ai fini del contrasto delle condotte di cui al comma 2 della legge, l'operatore che importa, esporta, trasporta, detiene per vendere, offre o pone in vendita, distribuisce, consegna o mette altrimenti in circolazione prodotti agricoli o alimentari provenienti da un Paese diverso da quello di vendita deve riportare l'indicazione precisa e a caratteri ben chiari del Paese o del luogo di fabbricazione o di produzione o altra indicazione che valga ad evitare qualsiasi errore sull'effettiva origine dei prodotti. Per “effettiva origine” si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale. Anche questa proposta è stata bocciata.

Voglio, allora, leggere l'intervento del collega, senatore Crisanti, fatto al Senato, dove, con la sua esperienza e competenza nel campo, ci illustra alcune problematiche. Se riconosce la positività di questo provvedimento nella semplificazione normativa, nel rafforzamento della protezione dei marchi e nell'introduzione della digitalizzazione delle procedure, segnala però delle problematiche che riguardano, come dicevamo prima, gli articoli 3, 4 e 5, in cui viene normato il trasferimento della titolarità dell'invenzione industriale dall'inventore, che è identificato come dipendente, all'istituzione, in questo caso università o enti di ricerca. Dice il collega Crisanti: Chiaramente noi siamo d'accordo in principio su questo concetto, perché è giusto che i risultati di una ricerca realizzata con fondi pubblici in istituti e università pubblici in qualche modo ritornino alla collettività. Tuttavia, a nostro avviso, questo disegno di legge contiene delle ambiguità; in modo particolare, non valorizza il contributo degli studenti e, cosa ancora peggiore, ne ignora le esigenze formative.

Quanto alla valorizzazione, gli studenti sono la componente più creativa, ma allo stesso tempo più vulnerabile delle nostre università e dei nostri centri di ricerca. Spessissimo hanno contribuito o contribuiscono all'invenzione industriale e figurano tra gli autori di brevetti, dando, quindi, un contributo fondamentale. Gli studenti, però, non sono dipendenti: pagano le tasse, eppure in questo provvedimento sono equiparati ai dipendenti. A nostro avviso, le disposizioni che si applicano ai dipendenti non si dovrebbero applicare agli studenti, ai quali dovrebbe rimanere la titolarità per la loro quota parte. Questo ne aumenterebbe la forza contrattuale e le opportunità una volta lasciata l'università. Continua, ancora, il collega: Penso che siamo tutti d'accordo sul fatto che uno studente, se ritarda la tesi o è messo nelle condizioni di non pubblicare una scoperta scientifica, ne trae un danno grave. Questa legge crea le condizioni proprio perché ciò accada. Il disegno di legge concede all'università nove mesi per esercitare l'opzione per presentare la domanda di brevetto, un periodo lunghissimo per uno studente: un laureando può tranquillamente rimandare la laurea, ma un dottorando deve completare in tre anni, e nove mesi sono il 25 per cento del suo tempo. È chiaro, quindi, che il disegno di legge in esame, così com'è impostato, è in conflitto con le esigenze degli studenti. Negli altri Paesi europei le esigenze degli studenti prevalgono su quelle della proprietà intellettuale, per cui quello che stiamo creando è un unicum, ma non finisce qui. Infatti, nel caso in cui l'università non optasse per la protezione dell'invenzione industriale, nulla è previsto per quanto riguarda i tempi che il ricercatore deve utilizzare per presentare la domanda, mettendo quindi lo studente in una situazione di completa dipendenza e incertezza. L'ultimo articolo, poi, non prevede alcun finanziamento per l'attuazione di questo disegno di legge. Ebbene, se si trasferisce la titolarità, si trasferiscono anche gli oneri legati alla domanda di deposito dei brevetti. Sono state fatte tante audizioni, ma non ci è stato detto quanto costa un brevetto. Il collega precisa, poi, che si tratta di circa 12.000 euro a brevetto, dopo tre anni, di 50.000. Si tratta di costi importantissimi che le università, allo stato attuale, evidentemente, non sono in grado di affrontare.

Il disegno di legge, poi, prevede l'istituzione di un ufficio di trasferimento tecnologico con risorse proprie. E, qui, voglio intervenire con una annotazione personale. Io ho avuto l'onore e il privilegio di istituire nella mia regione, da assessora alla ricerca, un hub per l'innovazione che sostanzialmente fa un passo ulteriore rispetto ai centri di trasferimento tecnologico delle singole istituzioni. Li accorpa in un organismo nel quale è rappresentato anche il mondo dell'industria che poi quel trasferimento tecnologico lo deve scaricare a terra e, dove, soprattutto, logiche spesso diverse di ragionamento tra il mondo della scienza e il mondo delle imprese, delle industrie, hanno bisogno di trovare luoghi di dialogo e comprensione reciproca. In chiave bidirezionale la scienza ha bisogno di sapere meglio cosa serve all'industria e l'industria stessa ha bisogno di sapere su che cosa sta lavorando e può lavorare per lei la ricerca scientifica. Quindi, il tema qui sollevato del rafforzamento degli uffici di trasferimento tecnologico deve poi essere messo in campo con reali risorse, altrimenti questi passaggi di innovazione rischiano di non avere la giusta valorizzazione, come è già stato segnalato da molti degli auditi. Diceva, quindi, il collega che: un ufficio di trasferimento tecnologico è una cosa seria, ha bisogno di competenze finanziarie e tecnico-scientifiche, nonché di conoscenze del mondo finanziario e industriale. E, quindi, conclude: Il rischio è che questo provvedimento contenga molti aspetti velleitari. Concludo con le sue stesse parole: noi abbiamo tentato in qualche modo di modificare il contenuto di questo disegno di legge attraverso una serie di emendamenti che ritenevamo migliorativi, nessuno dei quali, però, è stato preso in considerazione e, pertanto, non posso che ribadire, come è stato fatto appunto al Senato, la posizione di astensione del Partito Democratico.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antoniozzi. Ne ha facoltà.

ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il disegno di legge n. 1134 si inquadra all'interno della riforma del sistema della proprietà industriale, prevista dalla Missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza. In quest'area di intervento si inseriscono due misure relative alla proprietà industriale: la riforma del sistema della proprietà industriale, volta ad adattare la legislazione ai cambiamenti del sistema economico e a garantire che il potenziale di innovazione contribuisca efficacemente alla ripresa e alla resilienza del Paese; l'investimento nel sistema della proprietà industriale, il cui obiettivo è sostenere il sistema della proprietà industriale e accompagnarne la riforma.

Gli obiettivi della riforma sono: rafforzare il sistema di protezione della proprietà industriale; incentivare l'uso e la diffusione della proprietà industriale, in particolare da parte delle piccole e medie imprese; facilitare l'accesso ai beni immateriali e la loro condivisione, garantendo, nel contempo, un equo rendimento degli investimenti; garantire un rispetto più rigoroso della proprietà industriale; rafforzare il ruolo dell'Italia nei consessi europei e internazionali sulla proprietà industriale.

La sua implementazione legislativa prevede la modifica del decreto legislativo n. 30 del 2005 e dei relativi provvedimenti attuativi, per disciplinarne almeno la revisione del quadro normativo, per rafforzare la tutela dei diritti di proprietà industriale e semplificare le procedure, il rafforzamento del sostegno alle imprese e agli istituti di ricerca, il miglioramento dello sviluppo di abilità e competenze, l'agevolazione del trasferimento di conoscenze e il rafforzamento della promozione dei servizi innovativi.

Con riferimento agli investimenti che accompagnano la riforma, la misura comprende un sostegno finanziario per progetti di imprese e organismi di ricerca concernenti la proprietà industriale, come misure relative ai brevetti, progetto proof of concept e il potenziamento degli uffici per il trasferimento tecnologico, nel rispetto degli orientamenti tecnici sul principio di non arrecare un danno significativo, mediante l'uso di un elenco di esclusione, e il requisito di conformità alla pertinente normativa ambientale dell'Unione europea e nazionale.

Il primo traguardo corrisponde alla entrata in vigore di un decreto legislativo di riforma del codice della proprietà industriale e pertinenti strumenti attuativi. L'indicatore qualitativo del raggiungimento del traguardo è costituito dalle disposizioni che indicano l'entrata in vigore del nuovo codice della proprietà industriale e dei relativi provvedimenti attuativi. Il calendario indicativo per il conseguimento è il terzo trimestre dell'anno 2023.

Il secondo obiettivo, invece, è quello di finanziare almeno 254 progetti aggiuntivi, sostenuti da opportunità di finanziamento connesse alla proprietà industriale da destinare a imprese e a organismi di ricerca. Il calendario indicativo per il conseguimento è costituito dal quarto trimestre dell'anno 2025. La descrizione dell'obiettivo è la seguente: almeno 254 progetti aggiuntivi.

Il testo che esaminiamo oggi è già stato approvato al Senato lo scorso 2 maggio e, per capire la ragione della riforma, è bene brevemente ricordare il contesto internazionale ed europeo in cui si inquadra la proposta.

I diritti di proprietà intellettuale sono regolati da un complesso di norme adottate a livello internazionale, europeo e nazionale. A livello europeo, l'articolo 118 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabilisce che, nell'ambito dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure per la creazione del diritto dell'Unione in materia di proprietà intellettuale, al fine di garantire una protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale dell'Unione e per l'istituzione di regimi di autorizzazione, di coordinamento e di controllo centralizzati a livello di Unione.

Oltre ai diritti relativi alla proprietà industriale, nel quadro normativo europeo sui diritti di proprietà intellettuale è inserita la disciplina del diritto d'autore, che intende garantire che gli autori, i compositori, i registi e gli altri artisti ricevano un compenso per le loro opere e che esse siano tutelate. Gli strumenti predisposti dall'Unione in attuazione di tale norma tengono conto degli accordi internazionali rilevanti in materia e dei relativi obblighi stabiliti nell'Accordo di Berna, nella Convenzione di Roma, nell'Intesa di Madrid, nell'Accordo dell'Aja, nonché nell'Accordo dell'Organizzazione mondiale del commercio sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio.

Venendo più nello specifico dell'articolato, l'articolo 1 integra il disposto dell'articolo 14, comma 1, lettera b), del codice della proprietà industriale, che vieta di registrare come marchi i segni idonei ad ingannare il pubblico, estendendo tale divieto ai segni evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine protette in base alla normativa statale o dell'Unione europea, inclusi gli accordi internazionali di cui l'Italia o l'Unione europea sono parte.

L'articolo 2 introduce nel codice la protezione temporanea dei disegni e dei modelli che figurano in un'esposizione ufficiale o ufficialmente riconosciuta tenuta nel territorio dello Stato o di uno Stato estero con il quale si abbiano accordi di reciprocità di trattamento.

Con l'articolo 3, modificato dal Senato, il disegno di legge, ribaltando l'approccio in vigore relativamente alla titolarità delle invenzioni di ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca, stabilisce che i diritti nascenti dall'invenzione spettino alla struttura di appartenenza dell'inventore, a meno che la stessa struttura non ne abbia interesse.

L'articolo 4 introduce nel codice un nuovo articolo 65-bis, che consente alle istituzioni universitarie e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica, agli enti pubblici di ricerca, ovvero agli IRCCS, di dotarsi di un ufficio di trasferimento tecnologico, con la funzione di promuovere la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, anche attraverso la promozione di collaborazioni con le imprese.

L'articolo 5, inserito dal Senato, modifica l'articolo 59 del codice, che prevede che, qualora che per la medesima invenzione siano stati concessi allo stesso inventore un brevetto italiano e un brevetto europeo, valido in Italia, o un brevetto europeo con effetto unitario, il primo cessi di produrre i suoi effetti. L'articolo in esame modifica tale disposizione, prevedendo che il brevetto italiano mantenga i suoi effetti e coesista con il brevetto europeo, anche in caso di successivo annullamento o decadenza di quest'ultimo.

L'articolo 6, inserito dal Senato, aumenta il minimo e il massimo edittale della sanzione applicabile a chiunque apponga su un oggetto parole o indicazioni non corrispondenti al vero, tendenti a far credere che l'oggetto sia protetto da brevetto, disegno o modello oppure topografia o a far credere che il marchio che lo contraddistingue sia stato registrato.

L'articolo 7 modifica e integra la disciplina sulle condizioni di ricevibilità della domanda di brevetto, consentendo il differimento del pagamento dei diritti di deposito per la domanda di brevetto per invenzione o modello di utilità entro un mese dalla data di presentazione della domanda stessa.

L'articolo 8 reca norme finalizzate al rafforzamento del controllo preventivo sulle domande di brevetto utili per la difesa dello Stato e, a tal fine, apporta modifiche alla relativa disciplina, prevedendo, da una parte, la riduzione dei termini per l'esercizio del controllo preventivo ministeriale su tali domande, ma, dall'altra, l'estensione delle casistiche da sottoporre a controllo preventivo.

L'articolo 9 estende da 2 a 4 anni la durata in carica della commissione dei ricorsi avverso i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi.

L'articolo 10 riduce da 40 a 30 il numero minimo di giorni intercorrenti tra la convocazione delle parti e la relativa udienza di trattazione presso la commissione ricorsi.

L'articolo 11 prevede che siano opponibili ai terzi gli atti che trasferiscono o modificano i diritti inerenti a una domanda o a un brevetto europeo iscritti nel registro dei brevetti europei.

L'articolo 12 interviene sulla disciplina del deposito delle domande e delle istanze presentate a norma del codice della proprietà industriale, disponendo la soppressione dell'obbligo di trasmissione di documentazione cartacea all'UIBM e la semplificazione delle modalità di accesso e di utilizzo del deposito telematico.

L'articolo 13 interviene sulle modalità procedurali attraverso le quali è rivendicata la priorità del deposito di una domanda volta ad ottenere un titolo di proprietà industriale.

L'articolo 14 sopprime la commissione a cui compete l'espressione di un parere circa l'esistenza dei requisiti di validità per le nuove varietà vegetali propedeutici alla registrazione del diritto di privativa al Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste che, dunque, si prevede esprima direttamente il proprio parere vincolante.

Il disegno di legge in esame, all'articolo 15, include esplicitamente tra i soggetti legittimati a proporre opposizione avverso una domanda o registrazione di marchio il Ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste quale autorità nazionale competente per le DOP e le IGP agricole, alimentari, dei vini, dei vini aromatizzati e delle bevande spiritose, in assenza di un consorzio di tutela riconosciuto.

L'articolo 16 modifica l'articolo 191 del CPI fissando un termine univoco in materia di proroga dei termini dei procedimenti presso l'UIBM.

L'articolo 17 modifica il termine di presentazione dell'istanza di reintegrazione dei diritti di proprietà industriale fissandolo ad un anno dalla scadenza del termine non osservato.

L'articolo 18 riduce da 8 a 7 il numero dei componenti della commissione d'esame di abilitazione per l'esercizio della professione di consulente in proprietà industriale e riduce da 18 a 12 mesi il periodo obbligatorio di tirocinio ai fini dell'ammissione all'esame di abilitazione. L'articolo 19 include le domande internazionali designanti e aventi effetto per l'Italia tra i riferimenti che devono essere tenuti in considerazione per valutare la novità del brevetto. L'articolo 20 precisa il termine finale di durata del brevetto per invenzione industriale e per modello di utilità, prevedendo che esso coincida con l'ultimo istante del giorno corrispondente a quello di deposito della domanda.

L'articolo 21 interviene sugli articoli 61 e 81 del codice della proprietà industriale al fine di abrogare le previsioni inerenti ai certificati complementari di protezione disciplinati dalla legge n. 349 del 1991, già abrogata dall'articolo 246 del medesimo codice, per i quali si stabiliva una durata maggiore rispetto a quella quinquennale prevista dalla disciplina europea.

L'articolo 22 abroga il comma 3 dell'articolo 129 del codice, consentendo il sequestro delle merci contraffatte esposte in Fiera.

L'articolo 23 novella l'articolo 138 del codice per prevedere che debbano essere resi pubblici, mediante trascrizione, ai fini della opponibilità di fronte ai terzi, anche gli atti che estinguono i diritti su titoli di proprietà industriale nonché le sentenze di fallimento di soggetti titolari di diritti sui titoli di proprietà industriale.

L'articolo 24 precisa che con l'esame delle domande per i diritti di proprietà industriale su invenzioni e modelli di utilità sono accertati la conformità dell'oggetto della domanda e i requisiti di validità di cui agli articoli 46, 48 e 49 del codice e la verifica di sussistenza degli stessi per le invenzioni, in ogni caso, e per i modelli di utilità, nei soli casi di brevettazione alternativa, è da condurre all'esito della ricerca di precedenza nel tempo, quindi di anteriorità. Con riguardo a quest'ultima si sopprime l'attuale previsione che rinviava ad un decreto ministeriale la disciplina della ricerca della anteriorità ai fini della verifica di sussistenza dei requisiti di validità. Si esplicita, quindi, la previsione per cui in ogni caso l'ufficio verifica che l'assenza di tali requisiti non risulti assolutamente evidente sulla base delle stesse dichiarazioni e allegazioni del richiedente oppure sia certa alla stregua del notorio.

L'articolo 25 sostituisce il comma 1 dell'articolo 178 del codice, stabilendo due ipotesi nelle quali non opera il termine di 2 mesi dalla presentazione dell'opposizione alla domanda di registrazione di un marchio entro il quale l'UIBM deve comunicare alle parti l'opposizione stessa.

Poi, ci sono gli articoli 26, 27 e l'articolo 28, in cui si introduce, tra le cause di estinzione del procedimento di decadenza o nullità del marchio, la rinuncia allo stesso.

Ci sono, ancora, gli articoli 29, 30, 31 e 32, che sono noti a coloro che hanno seguito questo provvedimento.

Nel concludere, non posso non ringraziare i colleghi della X Commissione, che hanno lavorato con assiduità a questo provvedimento, e il relatore, onorevole Pietrella, che è stato artefice di una grande e appassionata azione che oggi avviamo a conclusione in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia e del deputato Billi).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola Balzani dell'Istituto comprensivo Simonetta Salacone, di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

È iscritto a parlare l'onorevole Cappelletti. Ne ha facoltà.

ENRICO CAPPELLETTI (M5S). Grazie, Presidente. Anche il MoVimento 5 Stelle guarda con favore a questo provvedimento. Elencherò, durante il mio intervento, le motivazioni per cui guardiamo con favore, non evitando però di sottolineare anche alcune criticità, con l'auspicio che possano essere affrontate in un provvedimento successivo oppure con un atto di normazione secondaria. A seguito di questo provvedimento, infatti, dovranno essere emanate delle linee guida, rispetto alle quali alcune di queste criticità potrebbero essere colmate.

Tra i motivi per cui guardiamo con favore questo disegno di legge, il primo è che va sicuramente nella direzione dell'interesse delle imprese. Consideriamo che sia fondamentale per le imprese la tutela dei beni materiali, quali le idee, i marchi e i prodotti dell'ingegno. La tutela di tutto ciò è un sicuro stimolo alla crescita e all'innovazione. Abbiamo bisogno di crescita e di innovazione, tanto più se consideriamo che il primo risultato macroeconomico conseguente alle politiche di austerità imposte al Paese dalla legge di bilancio del Governo Meloni ha comportato un dato, che conosciamo tutti, il crollo del 7,2 per cento della crescita industriale, che ha fatto ripiombare praticamente la manifattura italiana al periodo più buio della crisi COVID. Questo dato è particolarmente eclatante se pensiamo che siete arrivati al Governo del Paese con il vento in poppa, in quanto negli ultimi due anni in cui la Meloni non è stata al Governo il prodotto interno lordo è cresciuto quasi dell'11 per cento, riducendo il debito pubblico di quasi il 10 per cento. Questo grazie, chiaramente, alle politiche attive del MoVimento 5 Stelle. Partiamo da qui, da un meno 7,2 per cento rispetto al quale bisogna porre rimedio.

Per guardare nel merito della questione, noi siamo a favore di questo provvedimento perché va nella direzione giusta, cioè conferire maggiori tutele e opportunità, ma la tutela del made in Italy, ovviamente, non può fermarsi qui. Occorrono altri interventi strutturali per permettere al nostro apparato industriale di tenere il passo con le sfide dei nostri tempi, a partire dal ripristino di Transizione 4.0, di cui, ahimè, si avverte in maniera fin troppo evidente la mancanza.

Il secondo motivo per cui guardiamo con favore al provvedimento è perché si colloca nel solco del PNRR. Questo disegno di legge è all'interno della riforma del sistema della proprietà industriale prevista dalla Missione 1 del PNRR, Componente 2, Investimento 6.

Lo cito perché questo è un obiettivo da raggiungere entro il 30 settembre 2023, non solo con l'entrata in vigore delle modifiche al codice della proprietà industriale che stiamo discutendo, ma anche con la predisposizione dei pertinenti decreti attuativi. Insomma, un ritardo di questo disegno di legge equivale a un ritardo nel PNRR.

Ora, chiaramente non è nostra intenzione rallentare l'iter del PNRR; al contrario.

Peraltro, sappiamo bene che il PNRR è già gravato da una gestione da parte del Governo che tutto si può definire meno che attenta al rispetto delle scadenze. La nostra è un'opposizione ferma, ma costruttiva, perché orientata all'esclusivo interesse dei cittadini. E l'interesse dei cittadini, ora più che mai, è che il PNRR trovi piena, corretta e rapida attuazione. Per questo, il nostro contributo rispetto al provvedimento è stato del tutto costruttivo, a partire dal numero esiguo di emendamenti presentati, che è stato veramente ridotto al minimo e orientato esclusivamente ad un miglioramento del testo, anche sulla base di quanto emerso nel ciclo di audizioni che si sono tenute al Senato.

Il terzo motivo per cui guardiamo favorevolmente al provvedimento attiene a considerazioni di merito: l'Italia ha una grande necessità di tutelare più di 1.500 prodotti DOP, IGP, in base alle indicazioni geografiche, prodotti tipici italiani che spesso vengono copiati con nomi simili. Tutti ricordiamo i casi del Parmesan cheese o del Prosek, per fare qualche esempio conosciuto. Da queste pratiche di imitazione dei prodotti nazionali discende un danno enorme per la nostra economia e per l'immagine del nostro Paese nel mondo.

A proposito di danno all'immagine del nostro Paese nel mondo, Presidente, mi consenta di fare un brevissimo inciso: tutti ricordiamo il video promozionale “Open to Meraviglia” voluto dal Ministro del Turismo, Santanche', per la promozione dell'Italia e del made in Italy nel mondo. Tutti sappiamo che è stato un boomerang clamoroso e incredibile, essendo stato un video che nei fatti ha promosso, a spese degli italiani, un altro Stato, cioè la Slovenia e il suo vino, quello sloveno. Ebbene, apprendiamo ora che l'azienda che si è aggiudicata quella nefasta campagna promozionale - guarda caso - era un'importante cliente del Ministro. Questo chiaramente ci spiega molte cose; per le altre, comprese quelle che contengono risvolti penali, spero ci possa essere un esaustivo chiarimento del Ministro in Parlamento il prima possibile. Detto questo, tornando al provvedimento in discussione, con riferimento alla riduzione del danno di immagine al nostro Paese, valutiamo favorevolmente naturalmente anche l'introduzione del divieto di registrazione di marchi evocativi o usurpativi di indicazioni geografiche tipiche e di denominazioni di origine protetta, così come valutiamo favorevolmente il fatto che i diritti nascenti dalle invenzioni realizzate da personale di ricerca vadano in prima battuta alle rispettive strutture accademiche di appartenenza, in analogia con quanto già avviene nella quasi totalità dei Paesi europei.

Bene, dunque il superamento del cosiddetto professor's privilege. Poi valutiamo favorevolmente il nuovo ruolo di tutela del Ministero dell'Agricoltura, in assenza dei consorzi di tutela per la salvaguardia delle denominazioni di origine tipiche e delle indicazioni geografiche. Infine, naturalmente, valutiamo con favore il rafforzamento delle misure di contrasto alle contraffazioni nelle fiere e nelle esposizioni temporanee.

Detto questo, sussistono tuttora criticità, ne cito un paio - non si possono fare le nozze con i fichi secchi -: secondo i dati dell'Ufficio europeo dei brevetti, le domande di brevetto ricevute sono in crescita, ne sono state ricevute oltre 193.000 nel 2022, ma dall'Italia ne sono pervenute solo il 2,5 per cento. Questo dato colloca l'Italia all'undicesimo posto nella classifica per le domande di brevetto, dietro agli Stati Uniti (con quasi il 25 per cento), alla Germania (con quasi il 13 per cento), al Giappone (con l'11 per cento), alla Cina (con il 10 per cento), alla Francia (con il 5,6). Se la riforma del codice della proprietà industriale contribuirà all'aumento dei brevetti vorrà dire che questo provvedimento avrà colto nel segno e chiaramente ne saremo tutti lieti, ma è bene ricordare che nulla è stato fatto in termini di copertura finanziaria; questo provvedimento è ad invarianza finanziaria, nonostante il fatto che il percorso di registrazione di un brevetto notoriamente costi una cifra significativa e ragguardevole che potrebbe mettere in difficoltà più di qualche ateneo. Questo vanificherebbe, di fatto, gli obiettivi di questo provvedimento.

Seconda criticità: noi crediamo che abbia un fondamento la tesi secondo la quale in questo provvedimento si trascurano completamente coloro che obiettivamente dovrebbero essere al centro dell'attenzione della politica. Sì, parlo degli studenti. Sono di fatto ignorati sia quelli di laurea che quelli di dottorato che quelli di specializzazione, nonostante il fatto che siano proprio loro a dare un contributo sostanziale alla creazione di proprietà industriale.

Spiace, dunque, che questa legge non intervenga per valorizzare il loro potenziale contributo creativo. È di tutta evidenza, infatti, che gli studenti non sono dipendenti degli atenei e dovrebbero essere diversamente considerati con riferimento al riconoscimento dei diritti derivanti dalle loro invenzioni. Auspichiamo, dunque, che questa questione possa essere affrontata con un provvedimento ad hoc ed eventualmente tenuta in debita considerazione dal Governo in fase di normazione secondaria. In conclusione, Presidente, questo provvedimento, che ha ricevuto un generale apprezzamento da parte delle categorie produttive e anche dalle università, porta a compimento un percorso già avviato nella precedente legislatura, come è già stato detto.

Nella precedente legislatura un identico testo era già stato presentato in Senato come collegato alla manovra di finanza pubblica. L'esame di quel provvedimento non si concluse allora solo per la fine anticipata della legislatura. Il testo è sicuramente migliorabile e per fare questo avremmo voluto, anche qui, alla Camera, dare il nostro contributo per aiutare a superare alcune criticità. Avremmo voluto, ad esempio, proteggere meglio il patrimonio agroalimentare italiano quale volano dell'economia nazionale. Avremmo voluto maggiormente tutelare il consumatore affinché potesse procedere ad acquisti più salutari e sicuri, specialmente per quanto riguarda la consapevolezza della provenienza dei prodotti e l'esattezza delle informazioni.

Queste nostre proposte non sono state condivise in fase emendativa in Commissione e ne prendiamo atto. Valutiamo comunque favorevolmente nel suo insieme questo disegno di legge, sia per la sua portata in termini di potenziale stimolo alla crescita e all'innovazione delle nostre imprese sia perché si colloca, come è stato detto, nel solco del PNRR. Benché migliorabile, dunque, ne condividiamo i contenuti e gli obiettivi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1134​ e abbinata)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, con lettera in data 22 giugno 2023, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro):

"Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, recante disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, di agricoltura, di sport, di lavoro e per l'organizzazione del Giubileo della Chiesa cattolica per l'anno 2025" (1239) – Parere delle Commissioni II, III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XII, XIII e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Scotto ed altri n. 1 e Alfonso Colucci ed altri n. 2, riferite al disegno di legge n. 1238, di conversione del decreto-legge n. 48 del 2023, recante misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro.

Secondo quanto convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo del 21 giugno, l'esame e la votazione di tali questioni pregiudiziali e delle eventuali ulteriori questioni pregiudiziali che dovessero essere presentate saranno iscritti all'ordine del giorno della seduta di lunedì 26 giugno, a partire dalle ore 20.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldino. Ne ha facoltà.

VITTORIA BALDINO (M5S). La ringrazio, signor Presidente. Intervengo in quest'Aula per portare la voce dei miei cittadini, concittadini, conterranei che sono preoccupati per l'ennesimo disastro ambientale annunciato.

Sto parlando di quanto accaduto ieri in località Scala Coeli, in provincia di Cosenza, dove insiste una discarica di rifiuti speciali. A causa di un guasto o di un incidente, per cui sono ancora in corso accertamenti, c'è stato un riversamento di percolato in un torrente, che si riverserà sul fiume Nicà e, quindi, andrà direttamente a mare con tutte le conseguenze del caso, sia a livello turistico sia a livello agricolo e di allevamento. Ricordo che in quella zona vi sono diversi allevamenti e aree agricole ed è una zona a grande vocazione turistica, senza contare i danni che la reazione chimica del percolato a contatto con l'acqua può causare nell'ambiente, sprigionando CO2, estremamente dannosa, per tutti coloro che respireranno - e non si sa per quanto tempo -quell'aria, che sarà inquinata. Perché dico, Presidente, che si tratta di un disastro annunciato? Perché il MoVimento 5 Stelle, le associazioni ambientaliste che operano sul territorio - prima tra tutte il circolo “Nicà” di Legambiente - e gli agricoltori del territorio hanno a più riprese denunciato la situazione precaria di quella discarica, che non doveva insistere e che, anzi, è soggetta addirittura ad un ampliamento, contro il quale il MoVimento 5 Stelle si è opposto, portando la vertenza anche in seno alla Commissione europea con la nostra eurodeputata Laura Ferrara, ricevendo anche le invettive della società proprietaria di quella discarica con accuse di bieco populismo e frasi fatte. Evidentemente, Presidente, non era populismo, non era allarmismo sterile, non erano frasi fatte e il nostro allarme si è rivelato purtroppo fondato.

Cosa bisogna fare adesso? Intanto, abbiamo chiesto che il Ministro Pichetto Fratin attivi immediatamente il reparto ambientale marino, quantomeno per circoscrivere il più possibile i danni con le forze speciali a disposizione. Presidente, ho letto dichiarazioni del presidente della regione, Roberto Occhiuto, che adesso punta il dito e parla di precisa responsabilità. Ma dov'era il presidente Occhiuto quando noi abbiamo denunciato più volte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Ha fatto orecchie da mercante e adesso punta il dito! Troppo facile puntare il dito adesso, Presidente. Ringraziando i magistrati e le Forze dell'ordine, intervenuti ieri, e i cittadini, a cui manifestiamo solidarietà, noi chiediamo, se ci sarà un procedimento penale, che la regione si costituisca parte civile. Chiediamo di abbandonare questa logica delle discariche, per abbracciare quella dell'economia circolare per il rispetto dell'ambiente, per la tutela degli ecosistemi e, soprattutto, per la tutela degli abitanti, dei cittadini di quella zona, che troppo caro hanno pagato il prezzo di politiche antistoriche e miopi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 26 giugno 2023 - Ore 11:

1. Discussione sulle linee generali della proposta di legge:

CENTEMERO ed altri: Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle start-up e delle piccole e medie imprese innovative mediante agevolazioni fiscali e incentivi agli investimenti. (C. 107​)

e dell'abbinata proposta di legge: STEFANAZZI ed altri. (C. 1061​)

Relatore: CENTEMERO.

(ore 13)

2. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

S. 685 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro (Approvato dal Senato). (C. 1238​)

(ore 20)

3. Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):

S. 685 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, recante misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro (Approvato dal Senato). (C. 1238​)

La seduta termina alle 12,25.