CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 dicembre 2023
220.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
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GIUNTA PLENARIA

  Mercoledì 20 dicembre 2023. — Presidenza del presidente Enrico COSTA.

  La seduta comincia alle 9.05.

DELIBERAZIONI IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ

Richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità ex articolo 3, comma 7, della legge n. 140/2003, avanzata da Valentina Corneli, deputata all'epoca dei fatti, nell'ambito di un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso il Tribunale di Teramo (proc. n. 4367/2020 RGNR).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 6 dicembre 2023.

  Enrico COSTA, presidente, ricorda che tale istanza trae origine da un procedimento penale per diffamazione aggravata a carico della predetta ex deputata, che è pendente presso il tribunale di Teramo (n. RG 607/22 – 4367/2020 RGNR).
  Ricorda inoltre che, nella seduta del 22 novembre 2023, il relatore, on. Dori, ha illustrato la vicenda alla Giunta e che, il successivo 23 novembre, il Tribunale di Teramo ha comunicato di aver sospeso il procedimento in questione ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge n. 140 del 2003. Fa ancora presente che, nella seduta del 6 dicembre scorso, il relatore ha sintetizzato i contenuti della memoria inviata dall'on. Corneli. Chiede quindi al collega di intervenire e di formulare, se ritiene, una proposta di deliberazione.

  Devis DORI (AVS), relatore, prima di illustrare il contenuto della sua proposta alla Giunta, evidenzia di avere invitato l'on. Corneli a interloquire con l'on. Meloni per verificare se vi fossero le condizioni per la remissione della querela, ma di non avere avuto riscontro da parte della ex deputata che ha portato il caso in esame all'attenzione della Giunta.
  Nel merito, ricorda che il procedimento penale presso il Tribunale di Teramo trae origine da una querela per diffamazione aggravata, che è stata sporta dall'on. Meloni nei confronti dell'on. Corneli per avere quest'ultima pubblicato sul proprio profilo Facebook – in data 22 luglio 2019 – un post Pag. 6dal contenuto asseritamente diffamatorio. Riferisce che, in base a quanto emerge dal decreto di citazione diretta in giudizio, il post in questione così recitava:
  «Torna all'attacco il pozzo di scienza della politica italiana. Signora Meloni, ragioniamo insieme perché sono certa che anche lei ce la può fare: 1) se conosce questa storia che racconta significa che il disonesto signore marocchino è stato scoperto e quindi pagherà per ciò che ha fatto; non è un'ottima cosa smascherare persone che magari in passato hanno fatto tante truffe senza essere scoperti?; 2) gli italiani che “stanno pagando tutto ciò” sono titolari di negozi e attività di ogni genere dove quei soldi vengono spesi, o producono i beni e i servizi che con quei soldi vengono acquistati. Ma lei avrebbe preferito tenerseli per lei, vero? Non a caso ha presentato quella proposta di legge per finanziare il suo 'bellissimo' partito; 3) nomadi, immigrati e condannati che hanno diritto al reddito (le regole sono stringenti: devono essere cittadini o stabili residenti, non condannati per mafia, terrorismo ecc.) se hanno da mangiare forse evitano di rubare e spacciare, e con le 3 offerte saranno costretti a lavorare. Che dice? È difficile da capire? O forse lei li vuole in strada a delinquere così da fare la sua squallida propaganda e magari costruire nuovi campi rom da milioni di euro. Le piacerebbe rimettere le mani sulla (Mafia) Capitale eh? Ahinoi, questa è la #destra e non cambierà».
  Evidenzia che il post dell'on. Corneli faceva seguito alle polemiche sorte dopo la scoperta di alcune truffe legate alla percezione del reddito di cittadinanza da parte di residenti stranieri in Italia e, in generale, alle critiche che l'on. Meloni aveva rivolto a tale forma di sussidio economico introdotto nel 2019.
  Rammenta ancora che, nella querela presentata il 6 agosto 2019 (che il legale dell'on. Corneli ha trasmesso alla Camera il 15 novembre scorso) l'on. Meloni giudica gravemente offensive le espressioni utilizzate nel post, in quanto rappresenterebbero «una aggressione alle capacità intellettuali della sottoscritta, le cui capacità intellettive non le consentirebbero di afferrare concetti semplici, se non guidata e illuminata da terzi». Gravissima e del tutto infondata, poi, ad avviso della querelante, sarebbe l'insinuazione circa l'asserita esistenza di un legame tra l'on. Meloni e la vicenda di Mafia Capitale, che peraltro costituirebbe un argomento completamente slegato da quello concernente il reddito di cittadinanza. In ogni caso – viene aggiunto nella querela – non sarebbe «in alcun modo consentito, pur nella veemenza della dialettica politica, ledere l'onore, il decoro e la reputazione altrui al punto di accostare, con volgarità gratuita e inaudita, un personaggio politico a una gravissima vicenda di natura penale, nonostante l'assoluta estraneità dello stesso anche alle sole indagini». Non sarebbe poi revocabile in dubbio che «la scriminante costituita dal diritto di critica politica è comunque subordinata al fatto che non trasmodi in attacchi di natura personale e che, qualora venga citato un fatto, non sia soverchiamente falso, utilizzando in questo caso i parametri del diritto di cronaca che prevedono anche la fondatezza della notizia». Si sottolinea, infine, «il sapiente accostamento (...) con una vicenda delittuosa gravissima, perpetrato con il massimo dolo».
  Dà conto del fatto che, invece, l'on. Corneli – nelle memorie depositate in giudizio e poi inviate alla Camera unitamente all'istanza di cui all'articolo 3, co. 7, della legge n. 140 del 2003 – sostiene come sia noto che la querelante e la querelata siano due parlamentari appartenenti a schieramenti politici avversi, che si scontrano quotidianamente sul piano politico. Pertanto, le affermazioni contenute nel post incriminato dovrebbero essere intese come «la naturale prosecuzione della suddetta dialettica politica già intrapresa all'interno del Parlamento» che giustificherebbe l'applicazione della prerogativa della insindacabilità di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione e, più in generale, della scriminante dell'esercizio del diritto di cui all'articolo 51 c.p. Nelle predette memorie, l'on. Corneli richiama anche la giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo la quale «l'immunità assicurata ai membri del Parlamento che esprimano opinioni nell'esercizio delle loro funzioni (...) trova applicazionePag. 7 sempre all'interno degli istituti parlamentari e, in presenza del cosiddetto nesso funzionale, anche all'esterno, ancorché vertendosi in tema di diffamazione, non siano rispettati i tre parametri che devono connotare l'esercizio del diritto di cronaca, il rispetto della verità, la rilevanza sociale e la continenza» (Cass. pen., sez. V, sentenza 26/11/2010, n. 2384).
  Fa presente come l'on. Corneli prosegua sottolineando che, «al di là dell'eccepita immunità, possa operare nel caso di specie altresì la scriminante del diritto di critica». Ed infatti, i termini utilizzati nel post incriminato costituirebbero semplicemente «una critica politica all'On. Giorgia Meloni, peraltro in risposta alle forti critiche operate dalla stessa Meloni su fatti imputati al M5S, e ritenute completamente false e pretestuose dall'On.le Corneli». La medesima on. Corneli mette poi in evidenza «la contraddittorietà delle dichiarazioni della Meloni» e asserisce di aver ironizzato «sul fatto che la stessa non capisse davvero o facesse finta di non capire chi aveva foraggiato il business dell'immigrazione non era stato il M5S con il reddito di cittadinanza, misura contro la povertà, ma altri, per interessi personali».
  Ricorda, infine, che il Tribunale di Teramo, con ordinanza adottata al termine dell'udienza del 23 novembre scorso, ha sospeso il procedimento in corso e ha trasmesso gli atti alla Camera ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 140 del 2003.
  Così ricostruite le posizioni delle parti, ritiene di dover formulare la sua proposta alla Giunta nel senso della sindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Corneli. Ritiene, infatti, che l'articolo 68, primo comma, della Costituzione non possa trovare applicazione nel caso di specie né in base ai parametri richiesti dal noto orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale né in forza dei criteri impiegati dalla Giunta per le autorizzazioni in materia di diritto di critica e di denuncia politica.
  In proposito, evidenzia preliminarmente che le censure che l'on. Corneli rivolge all'on. Meloni nel post del 22 luglio 2019 riguardano essenzialmente i seguenti aspetti e più precisamente il fatto che la medesima on. Meloni non avrebbe compreso che:
  1) i controlli previsti dalla legge istitutiva del reddito di cittadinanza sarebbero efficaci e cioè idonei a far scoprire possibili truffe ai danni dello Stato;
  2) i contributi finanziari erogati a favore dei beneficiari del medesimo reddito di cittadinanza avrebbero alimentato un circuito economico virtuoso, venendo spesi per l'acquisto di beni e servizi forniti da imprenditori italiani. Al riguardo, tuttavia, l'on. Meloni viene criticata per il fatto che avrebbe preferito impiegare dette risorse per finanziare il proprio partito;
  3) il pagamento del reddito di cittadinanza avrebbe consentito a «nomadi, immigrati e condannati» di avere a disposizione risorse sufficienti a vivere dignitosamente senza rubare. In proposito, però, l'on. Meloni è accusata di preferire che i predetti soggetti versino in condizioni di necessità e di indigenza al fine di poter costruire nuovi campi rom da milioni di euro e, conseguentemente, di poter illecitamente lucrare sulle relative commesse pubbliche, analogamente a quanto accaduto in relazione ai fatti noti alle cronache come «Mafia Capitale».
  Ciò premesso, ricorda che, con riferimento alle dichiarazioni diffamatorie, la Corte costituzionale ha ritenuto che l'insindacabilità ex articolo 68, primo comma, della Costituzione possa espandersi a opinioni espresse extra moenia, purché esse siano contestuali o successive ad atti parlamentari tipici (da ultimo sentenze n. 241 del 2022 e n. 133 del 2018) e sempre che sussista, «al di là delle formule letterali usate» (sentenze n. 333 del 2011 e n. 59 del 2018), una sostanziale corrispondenza delle opinioni espresse rispetto ai citati atti (sentenza n. 133 del 2018, n. 333 del 2011, n. 11 e n. 10 del 2000). La duplice correlazione temporale e contenutistica con gli atti parlamentari è, dunque, l'elemento che consente di ravvisare un nesso funzionale tra l'opinione espressa extra moenia e l'esercizio dell'attività parlamentare (ex plurimis, sentenze n. 241 del 2022, n. 133 e n. 59 del 2018; n. 114 del 2015; nel medesimo senso, già le sentenze n. 265, n. 264, n. 221 e n. 115 del 2014, n. 313 del 2013).Pag. 8
  Nel caso di specie, ritiene tuttavia che non sussista né la sostanziale corrispondenza delle opinioni espresse rispetto all'attività parlamentare precedentemente svolta né il nesso temporale. Infatti, con riguardo al primo aspetto, non gli pare siano rinvenibili negli atti e negli interventi parlamentari dell'on. Corneli affermazioni dal contenuto analogo a quello presente nel post incriminato e che ha riassunto in precedenza. Solo nell'intervento in Aula del 26 novembre 2018 e in quello del 19 febbraio 2020 (peraltro di gran lunga successivo alla data di pubblicazione del predetto post) emerge un generico riferimento a «Mafia Capitale», senza che però né l'on. Meloni né il partito di cui la medesima è Presidente sia accusato di specifiche connivenze o complicità con i soggetti condannati.
  Ferme restando, inoltre, le valutazioni di merito spettanti all'autorità giudiziaria, gli sembra che le affermazioni impiegate dall'on. Corneli siano difficilmente riconducibili al concetto di «critica e di denuncia politica», in quanto tali coperte dalla insindacabilità ai sensi all'articolo 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003. Infatti, ai fini della configurabilità dell'esimente in parola – che trova fondamento nell'interesse all'informazione dell'opinione pubblica e nel controllo democratico nei confronti degli esponenti politici e dei pubblici amministratori – viene innanzitutto richiesto dalla giurisprudenza di legittimità che l'elaborazione critica non trascenda «in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui» (Cassazione penale, sez. V, 14 settembre 2020, n. 31263) e che venga rispettata «la verità del fatto storico (...); sicché l'esimente non è applicabile qualora l'agente manipoli le notizie o le rappresenti in modo incompleto, in maniera tale che (...) ne risulti stravolto il fatto, inteso come accadimento di vita puntualmente determinato, riferito a soggetti specificamente individuati» (Cassazione penale sez. V – 27/11/2018, n. 7798).
  In definitiva, il diritto di critica politica consente, sì, l'uso di toni aspri e di disapprovazione anche pungenti, «purché però ciò avvenga sempre nel rispetto della continenza, da intendere come correttezza formale e come non superamento dei limiti di quanto strettamente necessario al pubblico interesse; trascende, quindi, i limiti del diritto di critica l'aggressione del contraddittore (sebbene compiuta in clima di accesa polemica) che si risolva nell'accusa di perpetrazione di veri e propri delitti o comunque di condotte infamanti, in rapporto alla dimensione personale, sociale o professionale del destinatario» (Cassazione civile sez. III – 12/04/2022, n. 11767).
  Nel caso di specie, invece, le accuse rivolte dall'on. Corneli nei confronti dell'on. Meloni relativamente all'inchiesta su «Mafia Capitale» gli appaiono oggettivamente prive di precisi riscontri, così come il coinvolgimento del partito di cui l'on. Meloni è Presidente, che viene indicato come destinatario di un'ipotesi di finanziamento ad hoc (asseritamente a discapito dei percettori del reddito di cittadinanza) e comunque come implicato negli affari di «Mafia Capitale».
  Alla luce delle considerazioni che precedono, propone alla Giunta di deliberare che le dichiarazioni espresse dall'on. Corneli nel post pubblicato sulla propria pagina Facebook del 22 luglio 2019 non costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare.

  Enrico COSTA, presidente, non essendovi altri interventi, rinvia il seguito dell'esame della domanda in titolo alla prossima seduta, nel corso della quale si procederà a votare sulla proposta del relatore.

Comunicazioni del Presidente.

  Enrico COSTA, presidente, in relazione alla richiesta del GUP presso il Tribunale di Firenze di essere autorizzato a eseguire un sequestro di corrispondenza concernente i deputati Bonifazi, Boschi e Lotti di cui al Doc. IV, n. 2, comunica che:

   a) il Presidente della Camera ha autorizzato la proroga di 45 giorni del termine di cui dispone la Giunta per riferire in Assemblea. Il termine, così differito, scade dunque il 6 febbraio 2024;

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   b) come convenuto nella Giunta nella seduta di giovedì scorso, ha chiesto via PEC al predetto GUP di Firenze di trasmettere alla Camera anche la richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dei parlamentari indagati nonché la richiesta di sequestro probatorio avanzata dai pubblici ministeri nell'ambito dell'udienza preliminare. Ciò, al fine di consentire alla Camera di disporre di un più ampio quadro istruttorio utile a valutare la domanda di autorizzazione in questione.

Sui lavori della Giunta.

  Pietro PITTALIS (FI-PPE) riferendosi al dibattito svoltosi ieri in Assemblea in relazione alla proposta della Giunta sul caso delle intercettazioni telefoniche che hanno riguardato l'on. Ferri (Doc. IV, n. 1-A), giudica gravi e da non sottovalutare le dichiarazioni rese pubblicamente dall'ex giudice e Vicepresidente della Corte costituzionale, prof. Zanon, sulle ragioni che sarebbero alla base della sentenza n. 157 del 2023 della medesima Corte. Poiché si tratta di questioni che attengono direttamente alle prerogative dei parlamentari e che toccano anche l'operato della Giunta, è dell'avviso che esse vadano approfondite dalla Giunta medesima nelle forme, nei tempi e nei modi ritenuti più opportuni.

  Carla GIULIANO (M5S) la richiesta dell'on. Pittalis la lascia perplessa sotto diversi aspetti. In primo luogo, non le pare che la Giunta possa ritenersi competente a sindacare o ad approfondire le dichiarazioni pubbliche rese da un ex giudice della Corte costituzionale. Al riguardo, sottolinea peraltro che le discussioni che si svolgono in camera di consiglio dovrebbero avere carattere di riservatezza, proprio a tutela della garanzia della piena libertà di confronto tra i giudici nonché dell'autonomia e dell'indipendenza della Corte medesima. In secondo luogo, evidenzia che la Consulta ha già diramato un comunicato stampa in cui chiarisce la propria posizione in ordine alle affermazioni del prof. Zanon.

  Marco LACARRA (PD-IDP) condivide le preoccupazioni del collega Pittalis. Ritiene che il Parlamento, in quanto istituzione, debba approfondire in via generale la questione di cui si sta discutendo, mentre non vede specifici profili di competenza spettanti alla Giunta per le autorizzazioni.

  Devis DORI (AVS) condivide le preoccupazioni del collega Pittalis conseguenti alle affermazioni dell'ex giudice Zanon; di tali preoccupazioni ritiene di essersi già fatto interprete nel corso del proprio intervento nella seduta di ieri in Assemblea. Crede che il tema centrale da affrontare sia quello della leale collaborazione tra le Istituzioni. È inoltre convinto che occorra far quadrato sulla tutela delle prerogative dei parlamentari, ove esse siano poste in dubbio da altre Istituzioni. Giudica necessario affrontare la questione, anche se vanno valutate le modalità più opportune con cui agire.

  Laura CAVANDOLI (Lega) nel ringraziare l'on. Pittalis per aver posto la questione alla Giunta, ritiene opportuno che se ne discuta in Ufficio di Presidenza. Al riguardo poi auspica anche una interlocuzione con la Presidenza della Camera, posto che sono in discussione prerogative che riguardano la Camera medesima come Istituzione.

  Dario IAIA (FDI) ringrazia il collega Pittalis per aver posto la questione. Al riguardo, sottolinea in primo luogo come, a suo avviso, la Giunta abbia già lavorato correttamente nella scorsa legislatura, quando ha ritenuto che le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri non fossero casuali ma indirette. In secondo luogo, è dell'avviso che, di fronte alle dichiarazioni rese pubblicamente dal prof. Zanon, non si possa fare finta di nulla. Nel condividere la proposta dell'on. Cavandoli di esaminare la questione in Ufficio di Presidenza per verificare quali possano essere le modalità più idonee per approfondire il tema nel rispetto delle competenze istituzionali, evidenzia che non vi è alcuna volontà di confliggere con gli altri poteri dello Pag. 10Stato, ma solo quella di rivendicare il rispetto delle prerogative del Parlamento. Ciò, nell'ambito di un confronto costruttivo e di una interlocuzione rispettosa, ma chiara, con gli altri organi costituzionali.

  Enrico COSTA, presidente, ritiene opportuno accogliere la proposta dell'on. Cavandoli di demandare all'Ufficio di Presidenza la valutazione di eventuali iniziative da assumere. In proposito, la Giunta non gli sembra estranea alla questione di cui si sta discutendo, non foss'altro perché la Giunta medesima ha reso a suo tempo un parere all'Ufficio di Presidenza in ordine alla costituzione nel giudizio per conflitto di attribuzione sollevato dalla Sezione disciplinare del CSM; giudizio che ha costituito l'oggetto delle dichiarazioni del prof. Zanon. Pur nel doveroso rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della Corte costituzionale, ribadisce l'opportunità che l'Ufficio di Presidenza approfondisca la tematica di cui si è discusso.

  La seduta termina alle 9.35.