CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 novembre 2023
201.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO
Pag. 196

ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale, nonché disposizioni in materia di termini legislativi. C. 1538 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XII Commissione,

   esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge C. 1538 Governo, approvato dal Senato, recante «Disposizioni in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale, nonché disposizioni in materia di termini legislativi»;

   preso atto che l'articolo 2 del provvedimento rinnova per ventiquattro mesi le deleghe concernenti la revisione dello strumento militare nazionale di cui alla legge n. 119 del 2022;

   osservato, in particolare, che si delega il Governo a procedere alla revisione della struttura organizzativa e ordinativa del Servizio sanitario militare, prevedendo la possibilità, per i medici militari e il personale militare delle professioni sanitarie, di esercitare l'attività libero-professionale intramuraria sulla base di convenzioni stipulate tra il Ministero della difesa, il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze e le regioni;

   osservato, altresì, che si delega il Governo a procedere all'istituzione di fascicoli sanitari relativi agli accertamenti sanitari effettuati nell'ambito di una procedura concorsuale di una qualsiasi Forza armata, prevedendo che ad essi sia riconosciuta validità in riferimento a ulteriori procedure concorsuali della stessa o di altra Forza armata,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

Pag. 197

ALLEGATO 2

7-00122 Ciancitto, 7-00145 Girelli, 7-00147 Zanella e 7-00157 Marianna Ricciardi, in materia di accessibilità ai servizi sanitari per le persone con disabilità.

PROPOSTA DI TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI

   La XII Commissione,

   premesso che:

    le cure dedicate alle persone con disabilità in ambito ospedaliero per patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa presentano numerosi punti critici, quali per esempio la presenza di barriere materiali, organizzative-gestionali e culturali;

    l'organizzazione mondiale della sanità (World Health Organization, WHO) stima che per le persone con disabilità sia raddoppiata la possibilità di trovare operatori e strutture inadeguati rispetto alle persone prive di disabilità, sia triplicata l'eventualità che venga loro negato l'accesso a cure sanitarie, quadruplicata la possibilità che vengano trattate senza rispettare la loro dignità;

    nonostante ciò, ad oggi non esistono rapporti, statistiche o banche dati ben strutturati che permettano di verificare l'appropriatezza delle cure ospedaliere delle persone con disabilità e di verificare l'esistenza, all'interno dei nosocomi, di misure cliniche, organizzative e architettoniche che consentano a questi pazienti di essere messi in condizione di poter usufruire delle cure più appropriate;

    il problema dell'adeguatezza delle cure ospedaliere delle persone con disabilità è dimostrato, almeno a livello europeo, dalle ricerche e dai report pubblicati dall'Associazione inglese Mencap che, nel 2007, ha avviato una campagna dal significativo titolo «Death by indifference» (morte per indifferenza). La campagna ha raccolto e documentato casi di singoli pazienti con disabilità deceduti non a causa di patologie, ma per carenze o trattamenti clinici non appropriati. Si è, quindi, instaurata una collaborazione con il Department of Health britannico che ha istituito un osservatorio sulla salute nella disabilità intellettiva;

    in Italia, la cooperativa sociale «Spes contra spem», si è posta dal 2006 il problema dell'appropriata gestione e cura delle persone con disabilità in ospedale: la riflessione e l'impegno civico su questo tema sono scaturiti dalla dolorosa vicenda di Tiziana, una giovane donna con grave disabilità ospite di una delle case-famiglia gestite dalla cooperativa, deceduta in ospedale. Il suo è apparso subito come uno di quei casi di decesso forse evitabile e, comunque, in cui la condizione di disabilità ha costituito un pregiudizio nell'accedere a cure, a una degenza ospedaliera e, in generale, a un trattamento umano pienamente rispettoso della persona. L'intero percorso ospedaliero di Tiziana e dei suoi caregiver è stato caratterizzato di mancate comunicazioni, disservizi, negligenze e inosservanze legate a una carenza di preparazione specifica nel trattamento di una persona nelle sue condizioni da parte del personale, oltre che da barriere e pregiudizi culturali stigmatizzabili e superabili;

    per superare quelle che potremmo definire «barriere sanitarie», la cooperativa sociale ha promosso nel 2013 la prima esperienza di «Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale», i cui obiettivi principali erano sensibilizzare le istituzioni politiche, sociali e sanitarie circa le problematiche connesse al ricovero ospedaliero delle persone con disabilità, nonché rivendicare e garantire il rispetto della loro dignità e il diritto alla cura su una base di eguaglianza e di non discriminazione, in coerenza con lo spirito della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità che, Pag. 198all'articolo 25, riconosce alle persone con disabilità «il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità», invitando gli Stati ad adottare «tutte le misure adeguate a garantire loro l'accesso a servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere [...]»;

    il presupposto da cui muove la Carta dei diritti è che «le persone con disabilità non hanno bisogni speciali, ma hanno gli stessi bisogni di tutte le soggettività empiriche, perché in realtà non sono persone speciali, ma persone umane che soffrono di alcune limitazioni», motivo per cui si è deciso di non promuovere nuovi diritti, ma di declinare e adattare alla casistica delle persone con disabilità i diritti enunciati dalla Carta europea dei diritti del malato;

    la stessa cooperativa ha realizzato, in partenariato con l'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con la fondazione Ariel e con il contributo della fondazione Umana Mente del gruppo Allianz, la prima «Indagine conoscitiva sui percorsi ospedalieri delle persone con disabilità», presentata il 1° aprile 2016, nel tentativo di fare luce sulla situazione dei percorsi ospedalieri a loro dedicati;

    dall'indagine sono emersi dati poco confortanti: solo in poco più di un terzo delle strutture (36 per cento) è previsto un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono fruire di prestazioni ospedaliere; solo il 16,8 per cento delle strutture ha un punto unico di accoglienza per le persone con disabilità; nessuna struttura ha mappe a rilievo per persone con disabilità visiva, mentre solo il 10,6 per cento delle strutture è dotato di percorsi tattili; i display luminosi per permettere la lettura a persone con disabilità uditiva sono presenti nel 57,8 per cento degli ospedali; solo il 12,4 per cento dei pronto soccorso ha locali o percorsi adatti per visitare pazienti con disabilità intellettiva, percentuale che sale al 21,7 per cento se si considerano invece gli ambulatori e i reparti delle strutture;

    l'analisi territoriale evidenzia che la percentuale più elevata di strutture con un flusso prioritario si riscontra nelle regioni del Centro (45,5 per cento), quella più bassa nel Mezzogiorno (19,4 per cento);

    l'indagine ha un suo indubbio valore descrittivo, non fosse altro perché rappresenta il primo e isolato tentativo di fare luce su una situazione di sicuro interesse collettivo. Da questo punto di vista il quadro «indiziale» che viene ricostruito evidenzia alcune luci, ma anche molte ombre che rendono necessarie ulteriori ricerche più strutturate, insieme a una maggior attenzione a livello organizzativo e culturale;

    in ospedale è, infatti, tutto pensato spesso in funzione della malattia, non del malato e delle caratteristiche che quel malato può avere;

    occorre riflettere sull'importanza di insistere nella costruzione di un sistema che punti alla centralità della persona nei servizi di cura e assistenza e questa prima indagine nazionale può diventare senz'altro un punto di partenza per censire non solo la qualità dell'offerta di cura ma anche il suo livello di umanizzazione;

    come già rilevato dalla citata indagine della cooperativa «Spes contra spem», anche i risultati del più recente sondaggio condotto dall'Istituto Serafico di Assisi, rivolto a persone con disabilità, caregiver e associazioni, confermano il permanere di criticità: il 37,6 per cento degli intervistati segnala la presenza di barriere architettoniche, il 49,8 per cento enuncia l'assenza di percorsi specifici per pazienti con disabilità e il 36,7 per cento afferma di averli trovati raramente. Altre criticità emerse sono la mancanza di competenze del personale sanitario e socio-sanitario nella presa in carico dei pazienti con disabilità e le difficoltà di relazione e comunicazione tra l'équipe sanitaria e i pazienti o i loro caregiver. Inoltre, molti strumenti diagnostici (come le Tac, le radiografie e altro), risultano inaccessibili a persone che si muovono in sedia a rotelle o con disabilità cognitiva;

    l'inadeguatezza degli ospedali per i pazienti con esigenze particolari emerge nei suoi molteplici aspetti: spesso è un problema di accesso, di spazi per l'accoglienza dedicati,Pag. 199 di mancanza di sollevatori per spostare la persona con disabilità in posizioni adeguate per essere sottoposta a visite ed esami;

    c'è anche un problema di comunicazione perché c'è chi non parla, chi non si lamenta anche se ha dolore o tende a dimostrarlo in altri modi (una smorfia, un lamento, un irrigidimento o un rilassamento, etero o auto aggressività); una serie di innumerevoli sfumature che variano in funzione della disabilità: in questi casi, la comunicazione è spesso mediata da chi accompagna la persona con disabilità, ma anche chi ascolta dovrebbe essere preparato a comprenderne i messaggi verbali e paraverbali;

    un approccio adeguato potrebbe risolvere buona parte dei casi, senza ricorrere a sedazione, prevedendo, ad esempio, per le persone con disabilità, soprattutto se complesse, un percorso dedicato;

    criticità si riscontrano anche in campi specifici come quello oncologico in cui la qualità e l'appropriatezza delle cure risulta fondamentale in termini di sopravvivenza attesa; analizzando la letteratura, risulta evidente come i pazienti oncologici con disabilità non vengano inseriti nelle sperimentazioni cliniche e inquadrati in studi epidemiologici specifici. Queste difficoltà possono portare, tra l'altro, a diagnosi oncologiche non tempestive, precludendo anche la somministrazione di terapie precoci e personalizzate negli stadi iniziali della malattia;

    il tema è stato sottolineato, di recente, dalla Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato (Favo) nell'ambito di un capitolo specifico a cura del professor Vittorio Donato, nel 15° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato nel mese di maggio 2023, in occasione della Giornata nazionale del malato oncologico;

    occorre aumentare l'attenzione verso queste criticità e fornire soluzioni concrete per garantire la dignità, i diritti ed il benessere delle persone con disabilità, anche in un campo delicato e altamente specialistico come quello oncologico;

    nonostante i dati allarmanti, spiccano alcune buone pratiche che si distinguono per una presa in carico del paziente, a partire dalle sue esigenze e peculiarità, come il progetto «Il Fior di Loto» a Torino e il consultorio familiare diocesano «al Quadraro» a Roma, ambulatori che offrono servizi ginecologici e psicologici a donne con disabilità; nell'ambito delle cure ospedaliere, il progetto Pass (Percorsi assistenziali per soggetti con bisogni speciali), attivo in 14 ospedali della regione Toscana (decreto di Giunta regionale n. 666 del 2017), è una delle poche eccellenze nel campo dell'accessibilità dei servizi ospedalieri;

    e ancora, sono 20 in Italia gli ospedali che offrono un percorso dedicato a persone con disabilità, chiamato DAMA (Disabled advanced medical assistance): un progetto sperimentale, avviato nel 2000 presso l'ospedale San Paolo di Milano, che utilizza competenze e risorse già presenti, con una personalizzazione dell'intervento che tiene conto dei bisogni di ognuno e un importantissimo apporto dei volontari, appositamente formati e spesso a loro volta genitori di persone con disabilità;

    i sistemi verso i quali occorre orientare i protocolli di accoglienza e di cura sono quelli che presentano tutte quelle caratteristiche di facilitazione del percorso assistenziale per le persone con disabilità, declinandoli nei vari ospedali in cui sono presenti con specifici modelli organizzativi e tipologie di percorsi;

    tali modelli dovrebbero possedere, in particolare e tra gli altri, compatibilmente con le caratteristiche delle diverse strutture, i sottoelencati requisiti:

     (I) organizzazione dell'ambulatorio all'interno di un servizio di day service gestito da una équipe professionale costituita da un infermiere facilitatore, un medico anestesista, un medico internista, un chirurgo e un referente delle varie specialità mediche-chirurgiche;

     (II) accesso del genitore o del caregiver familiare al portale, predisposizione di un indirizzo e-mail o di un numero di telefono dedicati;

     (III) con riferimento al momento della presa in carico: contatto telefonico con Pag. 200il richiedente, interfaccia con le famiglie e il medico di medicina generale per la programmazione di indagini diagnostiche e prestazioni ambulatoriali semplici o complesse da eseguire in un unico tempo;

     (IV) adozione di strategie adatte ad accogliere il paziente e a formulare un piano di trattamento personalizzato;

     (V) eventuale organizzazione di percorsi chirurgici multidisciplinari;

    tra le esperienze virtuose, in particolare, figura il progetto DAMA, avviato nel 2014 presso l'Azienda ospedaliera di Cosenza, che ha avuto uno sviluppo rapido nella costituzione di un team multidisciplinare dedicato alla disabilità;

    in forma innovativa, i medici scelti sono stati identificati attraverso le indicazioni di compliance fornite dai pazienti e dalle loro famiglie e hanno condiviso un percorso formativo specifico. Si è prevista anche l'istituzione di una rete, l'utilizzo di una chat in cui i medici dialogano con le famiglie dei pazienti, nonché inizialmente un call center, che ha, però, chiuso durante il Covid, in cui lavoravano all'accoglienza pazienti con disabilità affiancati da associazioni di volontariato attivo;

    con riferimento specifico alle patologie che colpiscono il cavo orale, si segnala l'introduzione della disciplina di «Odontoiatria speciale», definita nelle raccomandazioni Cliniche in Odontostomatologia pubblicate dal Ministero della salute come «la disciplina che si occupa della prevenzione cura e riabilitazione di soggetti che, anche solo temporaneamente, possono ritrovarsi in particolari condizioni», quali persone con disabilità intellettiva, sensoriale, persone affette da malattie che ne riducono la mobilità o la collaborazione e/o con patologie croniche invalidanti, esiti di traumi, malattie genetiche, malattie rare, persone con fragilità sanitaria, e persone con malattie che rendono il trattamento odontoiatrico critico;

    scopo dell'odontoiatria speciale è di consentire a tale tipologia di paziente di essere curato, compatibilmente con il quadro clinico e il grado di collaborazione, in maniera paragonabile per efficacia e qualità al resto della popolazione; ed è per questo che alcuni ospedali italiani, a partire dall'Ospedale San Paolo di Milano, hanno implementato all'interno delle strutture pubbliche di Odontoiatria, sia Ospedaliere che territoriali, servizi e ambulatori dedicati a questa attività;

    sempre presso l'Azienda ospedaliera di Cosenza, esiste una Unità operativa complessa di odontoiatria speciale che, associata al DAMA, ha evitato ai pazienti del territorio difficili e complessi viaggi fuori regione, creando correnti attrattive inverse. L'Unità ha sviluppato un approccio multidisciplinare in sedazione anestesiologica grazie al quale si eseguono nella stessa seduta in regime di day surgery più interventi di tipo oculistico, odontoiatrico, conservativo e riabilitativo o chirurgico pediatrico, rappresentando per la Regione Calabria l'unica forma di assistenza qualificata multilevel nel percorso ospedaliero dei pazienti con disabilità non collaboranti, i quali necessitano di approcci anestesiologici personalizzati e mirati per l'accesso alle cure;

    un'esperienza importante nell'ambito della cura della patologia dentale è, poi, quella sperimentata in Sicilia con l'Odontoiatria speciale riabilitativa nel paziente disabile (O.s.r.) presso il presidio ospedaliero S. Marta e S. Venera di Acireale (Catania);

    la citata O.s.r. già da 20 anni ha realizzato un percorso di approccio multidisciplinare alle cure della persona con disabilità, con una presa in carico totale del paziente e una attenzione ai protocolli di accoglienza, diagnosi e terapia, inizialmente con il supporto di sei odontoiatri, a cui si è aggiunta negli anni la presenza organica di un cardiologo, un anestesista, un fisioterapista, un riabilitatore e uno psicologo, garantendo ad oggi attività di reparto, attività fuori reparto (attività operatoria presso altre province), 2.262 visite e 911 interventi fuori sede;

    ad oggi, con efficienza ed efficacia, comprovata da numerosi riconoscimenti di enti e di singoli cittadini, sono stati curati dalla U.o.c. di Odontoiatria speciale riabilitativa di Acireale oltre 30.000 pazienti con Pag. 201disabilità e con bisogni speciali; sono stati evitati numerosi episodi di mobilità sanitaria passiva mentre, al contrario, si possono enumerare diversi casi (circa il 2,4 per cento dell'attività) di mobilità sanitaria attiva da fuori regione;

    il progetto nasce dalla consapevolezza che utenti caratterizzati dall'incapacità a collaborare alle cure odontoiatriche per deficit psicomotori o bisognosi di attenzioni speciali per le loro gravi malattie, necessitano di cure appropriate, con intendimento conservativo-riabilitativo (quindi non esclusivamente demolitivo in emergenza odontoiatrica), erogate in ambiente ospedaliero, in regime di ricovero breve o in regime ordinario e con la riserva di spazi fisici atti ad una loro decorosa accoglienza e di tempi assistenziali esclusivamente dedicati;

    la realizzazione in tutti i presidi ospedalieri di percorsi sanitari dedicati e agevolati per utenti con disabilità rappresenterebbe l'ideale di un modello di sanità realmente orientata alla risoluzione dei bisogni sanitari di una ampia categoria di pazienti e, in quanto soggetti particolarmente vulnerabili, dai costi sociali impegnativi; un modo di pensare al soggetto che porti l'organizzazione sanitaria a considerarli utenti come altri, superando le barriere di comunicazione e imparando ad interpretare e diagnosticare la malattia dai segni di alterazione comportamentale di un soggetto incapace di esprimersi (ansia, agitazione, auto o etero aggressività) e, al contempo, alleviare il dramma di una famiglia con un componente con disabilità fisica, psichica, intellettiva o sensoriale, costretta a ricorrere a servizi e strutture sanitarie non pronti al confronto con una utenza di questo genere;

    di fronte al disagio e alla sofferenza provocate dal contatto con l'ambiente o il personale sanitario, le famiglie spesso rimandano il più possibile il ricorso alle cure, con conseguente peggioramento delle loro condizioni e negazione del diritto alla salute. Le statistiche internazionali, infatti, mettono in evidenza che le persone con disabilità intellettiva presentano una mortalità evitabile del 49 per cento rispetto al 13 per cento dell'intera popolazione, nei confronti della quale hanno una aspettativa media di vita più breve di 13-20 anni;

    come accennato, un tale progetto avrebbe ricadute favorevoli anche in termini di un più razionale utilizzo delle risorse della sanità, di una riduzione del trauma che l'impatto con una organizzazione ospedaliera non preparata provocherebbe nella persona con disabilità e nei suoi familiari, nonché si otterrebbe un ritorno d'immagine per la nostra organizzazione ospedaliera capace di rapportarsi adeguatamente a ogni genere di paziente;

    tale forma di assistenza dovrebbe trovare nei livelli essenziali di assistenza (Lea) e nel sistema dei rimborsi a drg (Diagnosis Related Groups) una giusta collocazione all'interno del Servizio sanitario nazionale, anche nell'ottica di evitare pratiche affidate alla improvvisazione e totalmente prive di regolamentazione. Si ravvisa, infatti, oggi la mancanza in molte strutture speciali come gli Hub regionali di una accettazione dedicata ai pazienti affetti da disabilità nei percorsi di emergenza urgenza. In altre parole, la fase critica in cui si esprime la mancanza di governance nei percorsi ospedalieri è più grave negli accessi di emergenza del pronto soccorso dove con maggiore severità si evidenziano eventi sentinella sulla mancata capacità organizzativa e formativa del personale;

    a livello nazionale, la direttiva della Presidenza del Consiglio del febbraio 2022 invita le amministrazioni titolari delle riforme e degli investimenti contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ad attenersi, tanto nella fase di progettazione che in quella di attuazione delle stesse, a una serie di principi, tra cui quello della progettazione universale e quello dell'accessibilità;

    nonostante in Italia sia stata riconosciuta la Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale, siamo ancora lontani dal garantirne il pieno rispetto, anche se le buone prassi esistenti sono la dimostrazione che invertire la rotta è possibile;

    tutti i pazienti, indipendentemente dalla presenza di una condizione di disabilità, godono degli stessi diritti. È differente solo la modalità di fruizione di questi diritti Pag. 202ed è un dovere della società e delle istituzioni mettere tutti nelle condizioni di poterne usufruire, rimuovendo quelle barriere che vi si frappongono, come ricorda anche la nostra Costituzione;

    il pari diritto all'accesso a cure di qualità è una questione di giustizia fondamentale ed ineludibile;

    il modo e il grado con il quale una comunità garantisce i diritti fondamentali delle persone con disabilità, e tra questi vi rientra certamente il diritto alla salute, sono una cartina di tornasole per verificare se nella società la giustizia abbia piena cittadinanza e, pertanto, della qualità umana di una società,

impegna il Governo:

   a) ad istituire un monitoraggio nazionale sull'adeguatezza e l'accessibilità alle cure negli ospedali italiani per le persone con disabilità, al fine di mappare le strutture ospedaliere in base agli ostacoli e alle possibili forme di discriminazione che le medesime persone incontrano per la cura di patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa, evidenziando punti di forza ed eventuali criticità con le quali esse si scontrano e, in base ai risultati del citato monitoraggio, ad assumere, in coordinamento con le regioni, le iniziative necessarie affinché tutte le strutture vengano adeguate per rendere effettivamente fruibile il diritto del paziente con disabilità ad essere accolto nelle strutture stesse;

   b) ad effettuare, altresì, un monitoraggio sull'attuazione dei progetti relativi alla ristrutturazione di edifici destinati a strutture sanitarie, con particolare riferimento agli interventi diretti all'abbattimento delle barriere architettoniche, previsti e finanziati dal PNRR, dagli accordi di programma e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione;

   c) ad assumere, sentite le regioni, le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte ad assicurare una rapida presa in carico dei pazienti con disabilità e a sviluppare un'adeguata rete di strutture sanitarie territoriali, in particolare nelle aree interne, volte ad assistere le persone con disabilità prevedendo modalità organizzative e gestionali che tengano conto delle peculiarità del paziente, in particolare attraverso:

    la predisposizione di un percorso dedicato per le persone con disabilità, da realizzare con il coinvolgimento del paziente e del suo accompagnatore, di percorsi e mappe tattili per le persone con disabilità visiva e display luminosi per persone con disabilità uditiva;

    l'individuazione di locali e spazi idonei alla visita medica di persone con disabilità intellettiva e cognitiva, sia nei pronto soccorso sia all'interno degli ospedali;

    l'identificazione di percorsi diagnostico-terapeutici rapidi e appropriati, che tengano conto della particolare accoglienza e delle cure speciali da riservare al paziente con disabilità, anche attraverso il reperimento di spazi adeguati;

    la predisposizione, su un unico livello, di locali privi di qualunque barriera architettonica che renda difficoltoso l'accesso;

    il reperimento di spazi dedicati all'accoglienza, osservazione e stabilizzazione presso il dipartimento emergenza ed urgenza e la disponibilità del servizio anestesia e rianimazione per la sedazione farmacologica dei pazienti non collaboranti agli esami clinico-strumentali e alle cure di emergenza;

   d) a promuovere l'attivazione di équipe multidisciplinari, in maniera uniforme sul territorio nazionale, che seguano il paziente nel suo percorso ospedaliero prevedendo il controllo domiciliare, operando in sinergia con i medici di medicina generale e con i pediatri;

   e) ad adottare iniziative volte ad assicurare una formazione specifica del personale sanitario e socio-sanitario affinché sia in grado di relazionarsi e di assistere correttamente la persona con disabilità, tenendo conto delle diverse disabilità, da realizzare anche in collaborazione con le università, inserendo tali temi sia nella formazione di base sia nell'ambito della formazione continua in medicina (Ecm) e con particolare attenzionePag. 203 anche alla formazione del personale interno ed esterno proveniente dal mondo delle associazioni e del volontariato;

   f) a sviluppare e sostenere, d'intesa con le regioni, in maniera uniforme sul territorio nazionale, l'attivazione di un servizio domiciliare erogato da personale formato per svolgere esami e prelievi, ove possibile, presso le abitazioni dei pazienti con disabilità;

   g) a promuovere un modello organizzativo che riduca quanto più possibile il numero di accessi alle strutture sanitarie da parte delle persone con disabilità;

   h) a garantire alle persone con disabilità, in condizioni di eguaglianza con le altre, la partecipazione agli screening oncologici, l'accesso ai percorsi diagnostici oncologici e il trattamento secondo specifici percorsi terapeutici mediante inserimento nelle reti oncologiche regionali;

   i) a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione di un «numero verde» attivo 24 ore su 24, da realizzare in collaborazione con i volontari delle associazioni di tutela delle persone con disabilità, dotato di un «protocollo di colloquio telefonico», dove l'operatore, preventivamente istruito a raccogliere e interpretare la segnalazione di una probabile malattia che si manifesta con l'aspetto di alterazioni comportamentali, raccolga i dati di primo inquadramento e si interfacci con l'ospedale, attivando i servizi appropriati alle situazioni – programmabili o di emergenza – e informando i familiari dei percorsi da seguire e delle figure professionali che prenderanno in carico il paziente al suo arrivo;

   l) a implementare, d'intesa con le regioni, una piattaforma gestionale e di raccolta dei dati epidemiologici e clinici relativi ai problemi di salute delle persone con disabilità, per valutare incidenza e prevalenza delle malattie, comprese le malattie neoplastiche, in modo da fornire un patrimonio di informazioni indispensabile per i percorsi di formazione del personale, per le équipes cliniche e per definire i migliori percorsi di prevenzione, diagnosi e cura, superando le difficoltà di accesso ai servizi sanitari e sociosanitari evidenziate in premessa;

   m) a promuovere l'adozione di linee guida nazionali, anche ai fini della realizzazione della piattaforma di cui alla lettera l), in modo da consentire un'organizzazione ed un'implementazione omogenea dei servizi richiamati in premessa, collegabili in una rete strutturata, a garanzia di appropriati livelli di assistenza, della qualità dell'accoglienza e della formazione del personale;

   n) a definire un modello organizzativo nazionale di riferimento per l'accoglienza e l'assistenza medica delle persone con disabilità, promuovendone l'implementazione, in modo uniforme a livello nazionale, anche attraverso la valorizzazione di progetti già consolidati e sperimentati quale il DAMA, oltre ad altre buone pratiche presenti nel nostro Paese, affinché siano garantiti tutti gli accomodamenti ragionevoli necessari per rendere accessibili ad ogni persona i percorsi di prevenzione, diagnosi e cura, sia a livello ospedaliero che territoriale;

   o) a valutare l'opportunità di istituire un fondo nazionale, in capo al Ministero della salute, di concerto con l'Autorità politica delegata in materia di disabilità, al fine di finanziare, in ciascuna regione, l'implementazione del modello organizzativo nazionale di riferimento per l'accoglienza e l'assistenza medica delle persone con disabilità;

   p) ad attivare, d'intesa con le regioni, iniziative volte alla migliore informazione alle persone con disabilità e ai familiari nei percorsi individuali, anche prevedendo il massimo coinvolgimento delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari;

   q) ad adottare iniziative volte ad eliminare ogni forma di privazione della capacità giuridica che non sia strettamente necessaria per il bene superiore della persona con disabilità, agevolando l'espressione del consenso libero e informato che dovrebbe essere sempre alla base di qualsiasi prestazione sanitaria, anche e soprattutto se rivolta alle persone con disabilità.

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ALLEGATO 3

7-00122 Ciancitto, 7-00145 Girelli, 7-00147 Zanella e 7-00157 Marianna Ricciardi, in materia di accessibilità ai servizi sanitari per le persone con disabilità.

TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI APPROVATO DALLA COMMISSIONE

   La XII Commissione,

   premesso che:

    le cure dedicate alle persone con disabilità in ambito ospedaliero per patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa presentano numerosi punti critici, quali per esempio la presenza di barriere materiali, organizzative-gestionali e culturali;

    l'organizzazione mondiale della sanità (World Health Organization, WHO) stima che per le persone con disabilità sia raddoppiata la possibilità di trovare operatori e strutture inadeguati rispetto alle persone prive di disabilità, sia triplicata l'eventualità che venga loro negato l'accesso a cure sanitarie, quadruplicata la possibilità che vengano trattate senza rispettare la loro dignità;

    nonostante ciò, ad oggi non esistono rapporti, statistiche o banche dati ben strutturati che permettano di verificare l'appropriatezza delle cure ospedaliere delle persone con disabilità e di verificare l'esistenza, all'interno dei nosocomi, di misure cliniche, organizzative e architettoniche che consentano a questi pazienti di essere messi in condizione di poter usufruire delle cure più appropriate;

    il problema dell'adeguatezza delle cure ospedaliere delle persone con disabilità è dimostrato, almeno a livello europeo, dalle ricerche e dai report pubblicati dall'Associazione inglese Mencap che, nel 2007, ha avviato una campagna dal significativo titolo «Death by indifference» (morte per indifferenza). La campagna ha raccolto e documentato casi di singoli pazienti con disabilità deceduti non a causa di patologie, ma per carenze o trattamenti clinici non appropriati. Si è, quindi, instaurata una collaborazione con il Department of Health britannico che ha istituito un osservatorio sulla salute nella disabilità intellettiva;

    in Italia, la cooperativa sociale «Spes contra spem», si è posta dal 2006 il problema dell'appropriata gestione e cura delle persone con disabilità in ospedale: la riflessione e l'impegno civico su questo tema sono scaturiti dalla dolorosa vicenda di Tiziana, una giovane donna con grave disabilità ospite di una delle case-famiglia gestite dalla cooperativa, deceduta in ospedale. Il suo è apparso subito come uno di quei casi di decesso forse evitabile e, comunque, in cui la condizione di disabilità ha costituito un pregiudizio nell'accedere a cure, a una degenza ospedaliera e, in generale, a un trattamento umano pienamente rispettoso della persona. L'intero percorso ospedaliero di Tiziana e dei suoi caregiver è stato caratterizzato di mancate comunicazioni, disservizi, negligenze e inosservanze legate a una carenza di preparazione specifica nel trattamento di una persona nelle sue condizioni da parte del personale, oltre che da barriere e pregiudizi culturali stigmatizzabili e superabili;

    per superare quelle che potremmo definire «barriere sanitarie», la cooperativa sociale ha promosso nel 2013 la prima esperienza di «Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale», i cui obiettivi principali erano sensibilizzare le istituzioni politiche, sociali e sanitarie circa le problematiche connesse al ricovero ospedaliero delle persone con disabilità, nonché rivendicare e garantire il rispetto della loro Pag. 205dignità e il diritto alla cura su una base di eguaglianza e di non discriminazione, in coerenza con lo spirito della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità che, all'articolo 25, riconosce alle persone con disabilità «il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità», invitando gli Stati ad adottare «tutte le misure adeguate a garantire loro l'accesso a servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere [...]»;

    il presupposto da cui muove la Carta dei diritti è che «le persone con disabilità non hanno bisogni speciali, ma hanno gli stessi bisogni di tutte le soggettività empiriche, perché in realtà non sono persone speciali, ma persone umane che soffrono di alcune limitazioni», motivo per cui si è deciso di non promuovere nuovi diritti, ma di declinare e adattare alla casistica delle persone con disabilità i diritti enunciati dalla Carta europea dei diritti del malato;

    la stessa cooperativa ha realizzato, in partenariato con l'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con la fondazione Ariel e con il contributo della fondazione Umana Mente del gruppo Allianz, la prima «Indagine conoscitiva sui percorsi ospedalieri delle persone con disabilità», presentata il 1° aprile 2016, nel tentativo di fare luce sulla situazione dei percorsi ospedalieri a loro dedicati;

    dall'indagine sono emersi dati poco confortanti: solo in poco più di un terzo delle strutture (36 per cento) è previsto un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono fruire di prestazioni ospedaliere; solo il 16,8 per cento delle strutture ha un punto unico di accoglienza per le persone con disabilità; nessuna struttura ha mappe a rilievo per persone con disabilità visiva, mentre solo il 10,6 per cento delle strutture è dotato di percorsi tattili; i display luminosi per permettere la lettura a persone con disabilità uditiva sono presenti nel 57,8 per cento degli ospedali; solo il 12,4 per cento dei pronto soccorso ha locali o percorsi adatti per visitare pazienti con disabilità intellettiva, percentuale che sale al 21,7 per cento se si considerano invece gli ambulatori e i reparti delle strutture;

    l'analisi territoriale evidenzia che la percentuale più elevata di strutture con un flusso prioritario si riscontra nelle regioni del Centro (45,5 per cento), quella più bassa nel Mezzogiorno (19,4 per cento);

    l'indagine ha un suo indubbio valore descrittivo, non fosse altro perché rappresenta il primo e isolato tentativo di fare luce su una situazione di sicuro interesse collettivo. Da questo punto di vista il quadro «indiziale» che viene ricostruito evidenzia alcune luci, ma anche molte ombre che rendono necessarie ulteriori ricerche più strutturate, insieme a una maggior attenzione a livello organizzativo e culturale;

    l'ospedale è spesso pensato in funzione della malattia, non del malato e delle caratteristiche che quel malato può avere;

    occorre riflettere sull'importanza di insistere nella costruzione di un sistema che punti alla centralità della persona nei servizi di cura e assistenza e questa prima indagine nazionale può diventare senz'altro un punto di partenza per censire non solo la qualità dell'offerta di cura ma anche il suo livello di umanizzazione;

    come già rilevato dalla citata indagine della cooperativa «Spes contra spem», anche i risultati del più recente sondaggio condotto dall'Istituto Serafico di Assisi, rivolto a persone con disabilità, caregiver e associazioni, confermano il permanere di criticità: il 37,6 per cento degli intervistati segnala la presenza di barriere architettoniche, il 49,8 per cento enuncia l'assenza di percorsi specifici per pazienti con disabilità e il 36,7 per cento afferma di averli trovati raramente. Altre criticità emerse sono la mancanza di competenze del personale sanitario e socio-sanitario nella presa in carico dei pazienti con disabilità e le difficoltà di relazione e comunicazione tra l'équipe sanitaria e i pazienti o i loro caregiver. Inoltre, molti strumenti diagnostici (come le Tac, le radiografie e altro), risultano inaccessibili a persone che si muovono in sedia a rotelle o con disabilità cognitiva;

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    l'inadeguatezza degli ospedali per i pazienti con esigenze particolari emerge nei suoi molteplici aspetti: spesso è un problema di accesso, di spazi per l'accoglienza dedicati, di mancanza di sollevatori per spostare la persona con disabilità in posizioni adeguate per essere sottoposta a visite ed esami;

    c'è anche un problema di comunicazione perché c'è chi non parla, chi non si lamenta anche se ha dolore o tende a dimostrarlo in altri modi (una smorfia, un lamento, un irrigidimento o un rilassamento, etero o auto aggressività); una serie di innumerevoli sfumature che variano in funzione della disabilità: in questi casi, la comunicazione è spesso mediata da chi accompagna la persona con disabilità, ma anche chi ascolta dovrebbe essere preparato a comprenderne i messaggi verbali e paraverbali;

    un approccio adeguato potrebbe risolvere buona parte dei casi, senza ricorrere a sedazione, prevedendo, ad esempio, per le persone con disabilità, soprattutto se complesse, un percorso dedicato;

    criticità si riscontrano anche in campi specifici come quello oncologico in cui la qualità e l'appropriatezza delle cure risulta fondamentale in termini di sopravvivenza attesa; analizzando la letteratura, risulta evidente come i pazienti oncologici con disabilità non vengano inseriti nelle sperimentazioni cliniche e inquadrati in studi epidemiologici specifici. Queste difficoltà possono portare, tra l'altro, a diagnosi oncologiche non tempestive, precludendo anche la somministrazione di terapie precoci e personalizzate negli stadi iniziali della malattia;

    il tema è stato sottolineato, di recente, dalla Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato (Favo) nell'ambito di un capitolo specifico a cura del professor Vittorio Donato, nel 15° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato nel mese di maggio 2023, in occasione della Giornata nazionale del malato oncologico;

    occorre aumentare l'attenzione verso queste criticità e fornire soluzioni concrete per garantire la dignità, i diritti ed il benessere delle persone con disabilità, anche in un campo delicato e altamente specialistico come quello oncologico;

    nonostante i dati allarmanti, spiccano alcune buone pratiche che si distinguono per una presa in carico del paziente, a partire dalle sue esigenze e peculiarità, come il progetto «Il Fior di Loto» a Torino e il consultorio familiare diocesano «al Quadraro» a Roma, ambulatori che offrono servizi ginecologici e psicologici a donne con disabilità; nell'ambito delle cure ospedaliere, il progetto Pass (Percorsi assistenziali per soggetti con bisogni speciali), attivo in 14 ospedali della regione Toscana (decreto di Giunta regionale n. 666 del 2017), è una delle poche eccellenze nel campo dell'accessibilità dei servizi ospedalieri;

    e ancora, sono 20 in Italia gli ospedali che offrono un percorso dedicato a persone con disabilità, chiamato DAMA (Disabled advanced medical assistance): un progetto sperimentale, avviato nel 2000 presso l'ospedale San Paolo di Milano, che utilizza competenze e risorse già presenti, con una personalizzazione dell'intervento che tiene conto dei bisogni di ognuno e un importantissimo apporto dei volontari, appositamente formati e spesso a loro volta genitori di persone con disabilità;

    i sistemi verso i quali occorre orientare i protocolli di accoglienza e di cura sono quelli che presentano tutte quelle caratteristiche di facilitazione del percorso assistenziale per le persone con disabilità, declinandoli nei vari ospedali in cui sono presenti con specifici modelli organizzativi e tipologie di percorsi;

    tali modelli dovrebbero possedere, in particolare e tra gli altri, compatibilmente con le caratteristiche delle diverse strutture, i sottoelencati requisiti:

     (I) organizzazione dell'ambulatorio all'interno di un servizio di day service gestito da una équipe professionale costituita da un infermiere facilitatore, un medico anestesista, un medico internista, un chirurgo e un referente delle varie specialità mediche-chirurgiche;

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     (II) accesso del genitore o del caregiver familiare al portale, predisposizione di un indirizzo e-mail o di un numero di telefono dedicati;

     (III) con riferimento al momento della presa in carico: contatto telefonico con il richiedente, interfaccia con le famiglie e il medico di medicina generale per la programmazione di indagini diagnostiche e prestazioni ambulatoriali semplici o complesse da eseguire in un unico tempo;

     (IV) adozione di strategie adatte ad accogliere il paziente e a formulare un piano di trattamento personalizzato;

     (V) eventuale organizzazione di percorsi chirurgici multidisciplinari;

    tra le esperienze virtuose, in particolare, figura il progetto DAMA, avviato nel 2014 presso l'Azienda ospedaliera di Cosenza, che ha avuto uno sviluppo rapido nella costituzione di un team multidisciplinare dedicato alla disabilità;

    in forma innovativa, i medici scelti sono stati identificati attraverso le indicazioni di compliance fornite dai pazienti e dalle loro famiglie e hanno condiviso un percorso formativo specifico. Si è prevista anche l'istituzione di una rete, l'utilizzo di una chat in cui i medici dialogano con le famiglie dei pazienti, nonché inizialmente un call center, che ha, però, chiuso durante il Covid, in cui lavoravano all'accoglienza pazienti con disabilità affiancati da associazioni di volontariato attivo;

    con riferimento specifico alle patologie che colpiscono il cavo orale, si segnala l'introduzione della disciplina di «Odontoiatria speciale», definita nelle raccomandazioni Cliniche in Odontostomatologia pubblicate dal Ministero della salute come «la disciplina che si occupa della prevenzione cura e riabilitazione di soggetti che, anche solo temporaneamente, possono ritrovarsi in particolari condizioni», quali persone con disabilità intellettiva, sensoriale, persone affette da malattie che ne riducono la mobilità o la collaborazione e/o con patologie croniche invalidanti, esiti di traumi, malattie genetiche, malattie rare, persone con fragilità sanitaria, e persone con malattie che rendono il trattamento odontoiatrico critico;

    scopo dell'odontoiatria speciale è di consentire a tale tipologia di paziente di essere curato, compatibilmente con il quadro clinico e il grado di collaborazione, in maniera paragonabile per efficacia e qualità al resto della popolazione; ed è per questo che alcuni ospedali italiani, a partire dall'Ospedale San Paolo di Milano, hanno implementato all'interno delle strutture pubbliche di Odontoiatria, sia Ospedaliere che territoriali, servizi e ambulatori dedicati a questa attività;

    sempre presso l'Azienda ospedaliera di Cosenza, esiste una Unità operativa complessa di odontoiatria speciale che, associata al DAMA, ha evitato ai pazienti del territorio difficili e complessi viaggi fuori regione, creando correnti attrattive inverse. L'Unità ha sviluppato un approccio multidisciplinare in sedazione anestesiologica grazie al quale si eseguono nella stessa seduta in regime di day surgery più interventi di tipo oculistico, odontoiatrico, conservativo e riabilitativo o chirurgico pediatrico, rappresentando per la regione Calabria l'unica forma di assistenza qualificata multilevel nel percorso ospedaliero dei pazienti con disabilità non collaboranti, i quali necessitano di approcci anestesiologici personalizzati e mirati per l'accesso alle cure;

    un'esperienza importante nell'ambito della cura della patologia dentale è, poi, quella sperimentata in Sicilia con l'Odontoiatria speciale riabilitativa nel paziente disabile (O.s.r.) presso il presidio ospedaliero S. Marta e S. Venera di Acireale (Catania);

    la citata O.s.r. già da 20 anni ha realizzato un percorso di approccio multidisciplinare alle cure della persona con disabilità, con una presa in carico totale del paziente e una attenzione ai protocolli di accoglienza, diagnosi e terapia, inizialmente con il supporto di sei odontoiatri, a cui si è aggiunta negli anni la presenza organica di un cardiologo, un anestesista, un fisioterapista, un riabilitatore e uno Pag. 208psicologo, garantendo ad oggi attività di reparto, attività fuori reparto (attività operatoria presso altre province), 2.262 visite e 911 interventi fuori sede;

    ad oggi, con efficienza ed efficacia, comprovata da numerosi riconoscimenti di enti e di singoli cittadini, sono stati curati dalla U.o.c. di Odontoiatria speciale riabilitativa di Acireale oltre 30.000 pazienti con disabilità e con bisogni speciali; sono stati evitati numerosi episodi di mobilità sanitaria passiva mentre, al contrario, si possono enumerare diversi casi (circa il 2,4 per cento dell'attività) di mobilità sanitaria attiva da fuori regione;

    il progetto nasce dalla consapevolezza che utenti caratterizzati dall'incapacità a collaborare alle cure odontoiatriche per deficit psicomotori o bisognosi di attenzioni speciali per le loro gravi malattie, necessitano di cure appropriate, con intendimento conservativo-riabilitativo (quindi non esclusivamente demolitivo in emergenza odontoiatrica), erogate in ambiente ospedaliero, in regime di ricovero breve o in regime ordinario e con la riserva di spazi fisici atti ad una loro decorosa accoglienza e di tempi assistenziali esclusivamente dedicati;

    la realizzazione in tutti i presidi ospedalieri di percorsi sanitari dedicati e agevolati per utenti con disabilità rappresenterebbe l'ideale di un modello di sanità realmente orientata alla risoluzione dei bisogni sanitari di una ampia categoria di pazienti e, in quanto soggetti particolarmente vulnerabili, dai costi sociali impegnativi; un modo di pensare al soggetto che porti l'organizzazione sanitaria a considerarli utenti come altri, superando le barriere di comunicazione e imparando ad interpretare e diagnosticare la malattia dai segni di alterazione comportamentale di un soggetto incapace di esprimersi (ansia, agitazione, auto o etero aggressività) e, al contempo, alleviare il dramma di una famiglia con un componente con disabilità fisica, psichica, intellettiva o sensoriale, costretta a ricorrere a servizi e strutture sanitarie non pronti al confronto con una utenza di questo genere;

    di fronte al disagio e alla sofferenza provocate dal contatto con l'ambiente o il personale sanitario, le famiglie spesso rimandano il più possibile il ricorso alle cure, con conseguente peggioramento delle loro condizioni e negazione del diritto alla salute. Le statistiche internazionali, infatti, mettono in evidenza che le persone con disabilità intellettiva presentano una mortalità evitabile del 49 per cento rispetto al 13 per cento dell'intera popolazione, nei confronti della quale hanno una aspettativa media di vita più breve di 13-20 anni;

    come accennato, un tale progetto avrebbe ricadute favorevoli anche in termini di un più razionale utilizzo delle risorse della sanità, di una riduzione del trauma che l'impatto con una organizzazione ospedaliera non preparata provocherebbe nella persona con disabilità e nei suoi familiari, nonché si otterrebbe un ritorno d'immagine per la nostra organizzazione ospedaliera capace di rapportarsi adeguatamente a ogni genere di paziente;

    tale forma di assistenza dovrebbe trovare nei livelli essenziali di assistenza (Lea) e nel sistema dei rimborsi a DRG (Diagnosis Related Groups) una giusta collocazione all'interno del Servizio sanitario nazionale, anche nell'ottica di evitare pratiche affidate alla improvvisazione e totalmente prive di regolamentazione. Si ravvisa, infatti, oggi la mancanza in molte strutture speciali come gli Hub regionali di una accettazione dedicata ai pazienti affetti da disabilità nei percorsi di emergenza urgenza. In altre parole, la fase critica in cui si esprime la mancanza di governance nei percorsi ospedalieri è più grave negli accessi di emergenza del pronto soccorso dove con maggiore severità si evidenziano eventi sentinella sulla mancata capacità organizzativa e formativa del personale;

    a livello nazionale, la direttiva della Presidenza del Consiglio del febbraio 2022 invita le amministrazioni titolari delle riforme e degli investimenti contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ad attenersi, tanto nella fase di progettazione che in quella di attuazione delle stesse, a una serie di principi, tra cui quello della Pag. 209progettazione universale e quello dell'accessibilità;

    nonostante in Italia sia stata riconosciuta la Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale, siamo ancora lontani dal garantirne il pieno rispetto, anche se le buone prassi esistenti sono la dimostrazione che invertire la rotta è possibile;

    tutti i pazienti, indipendentemente dalla presenza di una condizione di disabilità, godono degli stessi diritti. È differente solo la modalità di fruizione di questi diritti ed è un dovere della società e delle istituzioni mettere tutti nelle condizioni di poterne usufruire, rimuovendo quelle barriere che vi si frappongono, come ricorda anche la nostra Costituzione;

    il pari diritto all'accesso a cure di qualità è una questione di giustizia fondamentale ed ineludibile;

    il modo e il grado con il quale una comunità garantisce i diritti fondamentali delle persone con disabilità, e tra questi vi rientra certamente il diritto alla salute, sono una cartina di tornasole per verificare se nella società la giustizia abbia piena cittadinanza e, pertanto, della qualità umana di una società,

impegna il Governo:

   a) ad istituire un monitoraggio nazionale sull'adeguatezza e l'accessibilità alle cure negli ospedali italiani per le persone con disabilità, al fine di mappare le strutture ospedaliere in base agli ostacoli e alle possibili forme di discriminazione che le medesime persone incontrano per la cura di patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa, evidenziando punti di forza ed eventuali criticità con le quali esse si scontrano e, in base ai risultati del citato monitoraggio, ad assumere, in coordinamento con le regioni, le iniziative necessarie affinché tutte le strutture vengano adeguate per rendere effettivamente fruibile il diritto del paziente con disabilità ad essere accolto nelle strutture stesse;

   b) ad effettuare, altresì, un monitoraggio sull'attuazione dei progetti relativi alla ristrutturazione di edifici destinati a strutture sanitarie, con particolare riferimento agli interventi diretti all'abbattimento delle barriere architettoniche, previsti e finanziati dal PNRR, dagli accordi di programma e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione;

   c) ad assumere, sentite le regioni, le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte ad assicurare una rapida presa in carico dei pazienti con disabilità e a sviluppare un'adeguata rete di strutture sanitarie territoriali, in particolare nelle aree interne, volte ad assistere le persone con disabilità prevedendo modalità organizzative e gestionali che tengano conto delle peculiarità del paziente, in particolare attraverso:

    la predisposizione di un percorso dedicato per le persone con disabilità, da realizzare con il coinvolgimento del paziente e del suo accompagnatore, di percorsi e mappe tattili per le persone con disabilità visiva e display luminosi per persone con disabilità uditiva;

    l'individuazione di locali e spazi idonei alla visita medica di persone con disabilità intellettiva e cognitiva, sia nei pronto soccorso sia all'interno degli ospedali;

    l'identificazione di percorsi diagnostico-terapeutici rapidi e appropriati, che tengano conto della particolare accoglienza e delle cure speciali da riservare al paziente con disabilità, anche attraverso il reperimento di spazi adeguati;

    la predisposizione, su un unico livello, di locali privi di qualunque barriera architettonica che renda difficoltoso l'accesso;

    il reperimento di spazi dedicati all'accoglienza, osservazione e stabilizzazione presso il dipartimento emergenza ed urgenza e la disponibilità del servizio anestesia e rianimazione per la sedazione farmacologica dei pazienti non collaboranti agli esami clinico-strumentali e alle cure di emergenza;

   d) a promuovere l'attivazione di équipe multidisciplinari, in maniera uniforme sul Pag. 210territorio nazionale, che seguano il paziente nel suo percorso ospedaliero prevedendo il controllo domiciliare, operando in sinergia con i medici di medicina generale e con i pediatri;

   e) a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a promuovere, nel rispetto dell'autonomia universitaria, una formazione specifica del personale sanitario e socio-sanitario affinché sia in grado di relazionarsi e di assistere correttamente la persona con disabilità, tenendo conto delle diverse disabilità, da realizzare anche in collaborazione con le università, inserendo, limitatamente ai professionisti sanitari, tali temi sia nella formazione di base sia nell'ambito della formazione continua in medicina (Ecm), e con particolare attenzione anche alla formazione del personale interno ed esterno proveniente dal mondo delle associazioni e del volontariato;

   f) a sviluppare e sostenere, d'intesa con le regioni, in maniera uniforme sul territorio nazionale, l'attivazione di un servizio domiciliare erogato da personale formato per svolgere esami e prelievi, ove possibile, presso le abitazioni dei pazienti con disabilità;

   g) a promuovere un modello organizzativo che riduca quanto più possibile il numero di accessi alle strutture sanitarie da parte delle persone con disabilità, favorendo pertanto la presa in carico e le cure domiciliari;

   h) a garantire alle persone con disabilità, in condizioni di eguaglianza con le altre, la partecipazione agli screening oncologici, l'accesso ai percorsi diagnostici oncologici e il trattamento secondo specifici percorsi terapeutici mediante inserimento nelle reti oncologiche regionali;

   i) a valutare l'opportunità di prevedere l'istituzione di un «numero verde» attivo 24 ore su 24, da realizzare in collaborazione con i volontari delle associazioni di tutela delle persone con disabilità, dotato di un «protocollo di colloquio telefonico», dove l'operatore, preventivamente istruito a raccogliere e interpretare la segnalazione di una probabile malattia che si manifesta con l'aspetto di alterazioni comportamentali, raccolga i dati di primo inquadramento e si interfacci con l'ospedale, attivando i servizi appropriati alle situazioni – programmabili o di emergenza – e informando i familiari dei percorsi da seguire e delle figure professionali che prenderanno in carico il paziente al suo arrivo;

   l) a implementare, d'intesa con le regioni, una piattaforma gestionale e di raccolta dei dati epidemiologici e clinici relativi ai problemi di salute delle persone con disabilità, per valutare incidenza e prevalenza delle malattie, comprese le malattie neoplastiche, in modo da fornire un patrimonio di informazioni indispensabile per i percorsi di formazione del personale, per le équipes cliniche e per definire i migliori percorsi di prevenzione, diagnosi e cura, superando le difficoltà di accesso ai servizi sanitari e sociosanitari evidenziate in premessa;

   m) a promuovere l'adozione di linee guida nazionali, anche ai fini della realizzazione della piattaforma di cui alla lettera l), in modo da consentire un'organizzazione ed un'implementazione omogenea dei servizi richiamati in premessa, collegabili in una rete strutturata, a garanzia di appropriati livelli di assistenza, della qualità dell'accoglienza e della formazione del personale;

   n) a definire un modello organizzativo nazionale di riferimento per l'accoglienza e l'assistenza medica delle persone con disabilità, promuovendone l'implementazione, in modo uniforme a livello nazionale, anche attraverso la valorizzazione di progetti già consolidati e sperimentati quale il DAMA, oltre ad altre buone pratiche presenti nel nostro Paese, affinché siano garantiti tutti gli accomodamenti ragionevoli necessari per rendere accessibili ad ogni persona i percorsi di prevenzione, diagnosi e cura, sia a livello ospedaliero che territoriale;

   o) a valutare l'opportunità di istituire un fondo nazionale, in capo al Ministero della salute, di concerto con l'Autorità politica delegata in materia di disabilità, al fine di finanziare, in ciascuna regione, l'implementazionePag. 211 del modello organizzativo nazionale di riferimento per l'accoglienza e l'assistenza medica delle persone con disabilità;

   p) ad attivare, d'intesa con le regioni, iniziative volte alla migliore informazione alle persone con disabilità e ai familiari nei percorsi individuali, anche prevedendo il massimo coinvolgimento delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari;

   q) ad adottare iniziative volte ad eliminare ogni forma di privazione della capacità giuridica che non sia strettamente necessaria per il bene superiore della persona con disabilità, agevolando l'espressione del consenso libero e informato che dovrebbe essere sempre alla base di qualsiasi prestazione sanitaria, anche e soprattutto se rivolta alle persone con disabilità.
(8-00033) «Ciancitto, Girelli, Zanella, Marianna Ricciardi, Vietri, Lancellotta, Ciocchetti, Furfaro, Ciani, Malavasi, Stumpo, Quartini, Sportiello, Di Lauro».