CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 ottobre 2023
176.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 4

GIUNTA PLENARIA

  Mercoledì 4 ottobre 2023. — Presidenza del presidente Enrico COSTA.

  La seduta comincia alle 15.15.

DELIBERAZIONI IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ

Richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità nel procedimento penale nei confronti di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti, pendente presso il Tribunale di Perugia (procedimento n. 2089/19 RGNR n. 311/20 RG GIP).
(Doc. IV-ter, n. 3).
(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Giunta riprende l'esame della richiesta in titolo, rinviato da ultimo il 27 settembre 2023.

  Enrico COSTA, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca il seguito dell'esame di una richiesta di deliberazione in materia d'insindacabilità che scaturisce da un procedimento penale promosso nei confronti di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti, pendente presso il tribunale di ordinario Perugia – Sezione Gip-Gup (procedimento n. 2089/19 RGNR – n. 311/20 RG GIP) (Doc. IV-ter, n. 3). Ricorda che nella seduta del 27 settembre scorso la relatrice, deputata Dondi, ha proposto alla Giunta di stabilire che i fatti all'origine del procedimento penale in esame concernono opinioni espresse dall'on. Sgarbi nell'esercizio della sua funzione di parlamentare.
  Chiede alla collega Dondi se desidera aggiungere altre considerazioni alla sua proposta.

  Daniela DONDI (FDI), relatrice, facendo seguito a una richiesta emersa nel corso della seduta precedente, desidera soltanto precisare che l'interrogazione a risposta scritta n. 4/01827 è stata materialmente depositata dall'on. Sgarbi il 5 dicembre 2018 e che, a seguito dei consueti controlli spettanti alla Presidenza della Camera, è stata pubblicata l'8 dicembre successivo.

  Carla GIULIANO (M5S), nel ringraziare l'on. Dondi per la relazione e per gli approfondimenti svolti, preannuncia il voto Pag. 5contrario del Movimento 5 Stelle alla proposta di insindacabilità. Pur rilevando che l'interrogazione a risposta scritta n. 4/01827 dell'on. Sgarbi presenta contenuti analoghi a quelli delle dichiarazioni oggetto di querela, ritiene di non potersi esimere dal sottolineare che il medesimo ex deputato abbia utilizzato espressioni ingiuriose nei confronti della querelante, dott.ssa Condemi. In proposito, ricorda come, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale, gli epiteti offensivi utilizzati dai parlamentari non sono mai coperti dall'insindacabilità ex articolo 68, primo comma, della Costituzione e che, pertanto, essi devono essere sempre sottoponibili al sindacato giurisdizionale della magistratura. Rileva inoltre che, anche a tutela della dignità e della serietà del Parlamento, la Camera non dovrebbe proteggere con lo scudo dell'insindacabilità le dichiarazioni ingiuriose dei deputati. Ciò, anche per limitare l'insorgenza di conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato che, almeno in casi estremi come quello oggi all'esame della Giunta, andrebbero evitati.

  Antonella FORATTINI (PD) nel ringraziare l'on. Dondi per la relazione e per gli approfondimenti svolti, preannuncia il voto contrario del Partito Democratico alla proposta di insindacabilità. A sostegno della posizione del proprio Gruppo evidenzia che: 1) i contenuti dell'interrogazione a risposta scritta n. 4/01827 (che aveva ad oggetto la ritenuta non autenticità della c.d. Tavola Doria attribuita a Leonardo da Vinci) sono diversi dall'oggetto delle dichiarazioni per le quali è stata sporta querela (che invece riguardavano l'asserita autenticità delle opere del maestro De Dominicis); 2) le espressioni usate dall'on. Sgarbi per criticare l'operato del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale e della Procura di Roma sono meramente offensive e denigratorie e, pertanto, non meritano la protezione della insindacabilità parlamentare.

  Devis DORI (AVS) sottolinea di essersi astrattamente convinto della insindacabilità delle dichiarazioni dell'on. Sgarbi dopo aver esaminato la più volte citata interrogazione a risposta scritta n. 4/01827. A suo avviso, infatti, essa tratta di una questione strettamente connessa con quella di cui ha parlato l'on. Sgarbi nel corso della trasmissione radiofonica I Lunatici del 2 dicembre 2018. Ritiene inoltre che sussista – data la prossimità delle dichiarazioni extra moenia alla presentazione del predetto atto di sindacato ispettivo intra moenia – quel nesso temporale che la Corte costituzionale considera necessario ai fini dell'applicabilità della prerogativa di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Tuttavia, poiché ritiene insuperabile il giudizio negativo sulla natura ingiuriosa ed offensiva delle espressioni utilizzate dall'on. Sgarbi, preannuncia che si asterrà dal voto.

  Dario IAIA (FDI) nel ringraziare l'on. Dondi per gli approfondimenti svolti, apprezza preliminarmente il richiamo della relatrice alla sentenza della Corte costituzionale n. 133 del 2018, in cui la Consulta sottolinea che non è da escludere, in astratto, che nel sistema costituzionale italiano l'insindacabilità possa coprire anche dichiarazioni rese extra moenia, non necessariamente connesse ad atti parlamentari ma per le quali si ritenga nondimeno sussistente un evidente e qualificato nesso con l'esercizio della funzione parlamentare. La citazione di questa pronuncia rafforza, a suo avviso, la proposta della relatrice nel senso della insindacabilità, posto che nel caso di specie sono rinvenibili anche alcuni specifici atti parlamentari dell'on. Sgarbi, che riguardano il caso concreto. Si riferisce in particolare, oltre che alla già citata interrogazione a risposta scritta n. 4/01827 del 2018, anche all'intervento per dichiarazioni di voto contrario in Aula del 18 ottobre 2018 sulla votazione finale dell'AC 843. Sottolinea anche l'importanza del contesto in cui l'on. Sgarbi ha rilasciato le dichiarazioni oggetto di querela: esse sono state rese a commento di un'accusa della Procura di Roma che è risultata poi del tutto infondata, tant'è che lo stesso on. Sgarbi è stato assolto perché il fatto non costituisce reato. Per tutte queste ragioni, anticipa il voto favorevole del Gruppo Fratelli d'Italia alla proposta di insindacabilità avanzata dalla relatrice.

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  Patrizia MARROCCO (FI-PPE) nel ringraziare l'on. Dondi per l'analitica relazione e per gli approfondimenti svolti, dichiara che il Gruppo di Forza Italia voterà a favore della proposta di insindacabilità avanzata dalla relatrice.

  Enrico COSTA, presidente, non essendovi altri interventi, pone in votazione la proposta della relatrice secondo la quale le dichiarazioni dell'on. Vittorio Sgarbi – oggetto del procedimento penale in corso presso il Tribunale di Perugia (procedimento n. 2089/19 RGNR – n. 311/20 RG GIP) – costituiscono opinioni espresse nell'esercizio della funzione parlamentare ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione.

  La Giunta approva la proposta della relatrice e dà mandato alla medesima di predisporre la relazione per l'Assemblea.

AUTORIZZAZIONI AD ACTA

Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti.
(Doc. IV, n. 1).
(Esame e rinvio).

  Enrico COSTA, presidente, ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzazione di captazioni informatiche nei confronti di Cosimo Maria Ferri, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV, n. 1). Tale domanda trae origine da un procedimento disciplinare promosso dalla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti dello stesso on. Ferri. Ricorda che, nella seduta del 27 settembre scorso, ha affidato l'incarico di relatore al deputato Pietro Pittalis. Gli cede quindi la parola per illustrare la questione alla Giunta.

  Pietro PITTALIS (FI-PPE), relatore, anticipa che lo scopo di questa relazione introduttiva è, per un verso, quello di illustrare sinteticamente ai colleghi come si è svolto, nella scorsa legislatura, l'esame della richiesta di autorizzazione all'utilizzo delle captazioni informatiche delle comunicazioni dell'on. Ferri proveniente dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (CSM) e, per altro verso, quello di provare a indicare sin d'ora di quale ulteriore margine di valutazione disponga la Camera in ordine alla medesima richiesta che la stessa Sezione disciplinare ha nuovamente inviato a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 157 del 20 luglio 2023.
  Per entrare subito in medias res, ricorda innanzitutto che con tale decisione la Consulta: 1) ha annullato la precedente deliberazione del 12 gennaio 2022 (Doc. IV, n. 10-A) con cui la Camera aveva negato l'autorizzazione all'utilizzo delle medesime captazioni informatiche; 2) ha dichiarato l'illegittimità della predetta deliberazione nella parte in cui essa motivava il proprio diniego sulla base del convincimento: a. che le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri fossero state effettuate dall'autorità giudiziaria – nell'ambito del diverso procedimento penale riguardante il dott. Palamara presso il tribunale di Perugia – non in maniera casuale, bensì in modo mirato/indiretto; b. e che, in quanto acquisite in tal modo, tali captazioni avrebbero necessariamente richiesto l'autorizzazione preventiva della Camera ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003 che, nel caso di specie, è mancata; 3) ha rinviato la questione alla Camera per una nuova valutazione circa la sussistenza degli altri presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della citata legge n. 140 del 2003. Segnala, peraltro, che – a quanto risulta – è la prima volta che la Corte costituzionale ha annullato una delibera della Camera chiedendo al contempo a questo ramo del Parlamento di esaminare una seconda volta la richiesta proveniente dall'autorità giudiziaria.
  In secondo luogo, rammenta che la richiesta della Sezione disciplinare del CSM trae origine da un procedimento disciplinare nei confronti dell'on. Ferri, che è stato Pag. 7avviato dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione e che è in corso di svolgimento presso la Sezione stessa (proc. n. 93/2019 RG). Come risulta dai capi di incolpazione trasmessi alla Camera, l'on. Ferri è accusato in sintesi: 1) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, lettera d), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 (recante Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati) poiché, in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità di magistrato, benché fuori ruolo organico della Magistratura in quanto parlamentare, teneva – insieme ad alcuni componenti del CSM e ad un altro parlamentare – un comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati componenti il Consiglio Superiore della Magistratura. Detto comportamento risultava idoneo ad influenzare, in maniera occulta, la generale attività funzionale della V Commissione dell'Organo di autogoverno, in ragione della circostanza che, nel corso di una riunione notturna tenuta nella notte del 9 maggio 2019 in luogo diverso dalla sede consiliare, egli – benché soggetto estraneo alla funzione ed all'attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato, in quanto Parlamentare – forniva un contributo consultivo, organizzativo e decisorio sulle future nomine di direttivi di vari uffici giudiziari; 2) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 1, comma 1, e all'articolo 2, comma 1, lettera d), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 (recante Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati) poiché, in violazione dei doveri di correttezza ed equilibrio, nella qualità e nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nel precedente capo di incolpazione, teneva un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei magistrati che avevano presentato domanda per il conferimento dell'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Egli infatti – benché soggetto estraneo alla funzione ed all'attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato – insieme ad alcuni componenti del CSM e ad un altro parlamentare precostituiva e concordava, fin nei dettagli, la strategia da seguire al fine di pervenire dapprima alla proposta di nomina e, quindi, alla successiva nomina di uno dei concorrenti per la funzione di Procuratore della Repubblica di Roma. E ciò, indipendentemente dagli eventuali meriti dei candidati; 3) dell'illecito disciplinare di cui all'articolo 3, lett. i) del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 (recante Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati), per avere – anche attraverso le condotte descritte nei precedenti capi di incolpazione – posto in essere un uso strumentale della propria qualità e posizione, diretto, per le modalità di realizzazione, a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste, quali la proposta e la nomina di uffici direttivi di vari uffici giudiziari da parte del Consiglio Superiore della Magistratura.
  In terzo luogo, sottolinea che il procedimento disciplinare in questione è stato avviato dalla Procura generale della Corte di cassazione a seguito della trasmissione – da parte dell'Autorità giudiziaria di Perugia – di un cospicuo numero di intercettazioni telefoniche e di captazioni informatiche di comunicazioni mediante c.d. trojan disposte nei confronti del dott. Palamara (magistrato all'epoca dei fatti nonché componente del CSM nella consiliatura dal 2014 al 2018) nell'ambito di un procedimento penale che vedeva imputato tale ex magistrato per corruzione (RGNR 2018/6652). Da quanto emerge dalla documentazione inviata, segnala che tale procedimento si è concluso nel 2023 con il patteggiamento della pena a un anno di reclusione, dopo che la Procura di Perugia ha derubricato il reato inizialmente contestato (corruzione) a traffico di influenze illecite (sentenza n. 1714/2023 del Tribunale di Perugia).
  In allegato alla richiesta inviata alla Camera, la Sezione disciplinare del CSM ha trasmesso: 1) gli atti del procedimento penale di Perugia nei confronti del dott. Palamara; 2) gli atti del procedimento disciplinare presso la Sezione disciplinare del CSM nei confronti dell'on. Ferri (cui sono allegati anche gli atti del procedimento disciplinare nei confronti del dott. Palamara, che hanno condotto alla destituzione di quest'ultimo dalla magistratura); 3) le Pag. 8intercettazioni telefoniche e le captazioni ambientali mediante trojan disposte nei confronti del dott. Palamara dal mese di marzo a quello di maggio del 2019. Al riguardo, segnala che agli atti risultano: 28 intercettazioni telefoniche «classiche» tra il dott. Palamara e l'on. Ferri e 4 intercettazioni ambientali mediante trojan, in cui si sente (ma non in tutti i c.d. progressivi) la voce dell'on. Ferri oltre che quella del dott. Palamara.
  Fa presente che, come precisato nella precedente legislatura sia pure all'esito di una intensa interlocuzione con la Camera, la Sezione disciplinare del CSM chiede di poter utilizzare solo le quattro captazioni informatiche mediante trojan e precisamente quelle:

   1) del 9 maggio 2019, progressivi da 7 (ore 00.07.09) a 37 (ore 01.03.38). Tale captazione ha ad oggetto i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara, un altro parlamentare e altri membri della passata consiliatura del CSM durante un incontro svoltosi presso l'hotel Champagne di Roma, ove alloggiava l'on. Ferri medesimo;

   2) del 21 maggio 2019, progressivi da 3 (ore 00.57.29) a 10 (ore 01.18.20). Tale captazione ha ad oggetto i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e un altro parlamentare in un luogo non precisato;

   3) del 28 maggio 2019, progressivi da 88 (ore 21.54.25) a 147 (ore 23.57.55). Tale captazione ha ad oggetto, prima, i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e un altro parlamentare in un ristorante di Roma, poi i dialoghi tra l'on. Ferri e il dott. Palamara in auto e successivamente i dialoghi tra diversi commensali a una festa;

   4) del 29 maggio 2019, progressivi da 1 (ore 00.00.25) a 13 (ore 00.24.45). Tale captazione ha ad oggetto, in parte, i dialoghi tra l'on. Ferri, il dott. Palamara e una ex componente laica del CSM e, in altra parte, i dialoghi tra l'on. Ferri e il dott. Palamara in auto.

  In quarto luogo ricorda che, nella scorsa legislatura, la Camera, su proposta della Giunta, ha rigettato la domanda del CSM in quanto ha ritenuto che le captazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri non potessero definirsi casuali, ma indirette/mirate. In proposito, rammenta ancora che, in base al combinato disposto di cui all'articolo 68, terzo comma, della Costituzione e agli articoli 4 e 6 della legge n. 140 del 2003, possono costituire oggetto dell'autorizzazione successiva della Camera le intercettazioni già eseguite nei confronti dei deputati, purché queste risultino meramente fortuite o casuali e non anche quelle che, sulla base di una serie di indizi, devono ritenersi effettuate per accedere in concreto, sia pure indirettamente, nella sfera delle comunicazioni del parlamentare (c.d. intercettazioni indirette/mirate): in tale ultimo caso, infatti, è necessaria l'autorizzazione preventiva della Camera di appartenenza, a pena di inutilizzabilità della prova.
  Nella precedente legislatura la Camera ha ritenuto di dover qualificare come «indirette» – e quindi come non meramente fortuite – le intercettazioni in questione, sulla base di alcuni parametri interpretativi offerti dalla giurisprudenza costituzionale in materia, che sembravano consolidati. Si riferisce in particolare ai seguenti princìpi.

   1) Il primo, secondo cui la richiesta di autorizzazione preventiva è necessaria, a pena di inutilizzabilità delle intercettazioni, «tutte le volte in cui il parlamentare è individuato in anticipo quale destinatario dell'attività di captazione; dunque, non soltanto quando siano sottoposti ad intercettazione utenze o luoghi appartenenti al soggetto politico o nella sua disponibilità (intercettazioni “dirette”), ma anche quando lo siano utenze o luoghi di soggetti diversi, che possono tuttavia presumersi frequentati dal parlamentare. La disciplina dell'autorizzazione successiva, prevista dall'impugnato articolo 6, si riferisce, per converso, unicamente alle intercettazioni “casuali” (o “fortuite”): rispetto alle quali, cioè – proprio per il carattere imprevisto dell'interlocuzione del parlamentare – l'autorità giudiziaria non potrebbe, neanche volendo, munirsi preventivamente del placet della Camera di appartenenza» (sentenze n. 390 del 2007 e n. 113 del 2010). Al riguardo, nel rinviare per i Pag. 9dettagli alla relazione della Giunta per l'Assemblea della scorsa legislatura (Doc. IV n. 10-A del 29 novembre 2021), si limita in questa sede a ricordare che:

   quanto alla prevedibilità della presenza dell'on. Ferri all'incontro del 9 maggio 2019, la Giunta della scorsa legislatura ha ritenuto che gli investigatori fossero pienamente consapevoli della presenza sua e di un altro parlamentare a tale incontro, perché avevano già ascoltato cinque conversazioni preparatorie dell'incontro stesso, captate dal medesimo trojan oppure intercettate telefonicamente. Da tali conversazioni preparatorie emerge con chiarezza che, tra la tarda serata dell'8 e le prime ore del 9 maggio 2019, si sarebbe svolto un incontro «nei pressi del CSM», al quale avrebbero partecipato anche «Cosimo». Tant'è che, con riferimento a una di queste conversazioni intercettate (la n. 8498 dell'8 maggio 2019, delle ore 19:13:07), è lo stesso Procuratore generale della Corte di cassazione a sottolineare che la stessa sia avvenuta nella «fase preparatoria della riunione del 9 maggio» e che in essa «si apprezza, con solare evidenza, la preventiva organizzazione della riunione stessa». A ciò aggiunge un altro dato che è stato ritenuto di fondamentale importanza dalla Giunta della precedente legislatura, e cioè la nota di istruzioni che il PM di Perugia ha inviato al comandante del GICO di Roma della Guardia di Finanza il 10 maggio 2019, proprio all'indomani dell'incontro all'hotel Champagne (cui hanno partecipato, tra gli altri, l'on. Ferri e un altro parlamentare). Con tale nota, il PM comunicava al GICO che «fermo restando (...) che non sono stati fissati limiti alla utilizzazione del trojan in modalità ambientale, stante quanto emerso anche dall'attività tecnica di intercettazione sull'indagato Palamara, si precisa che: laddove da elementi certi (dalle intercettazioni telefoniche o telematiche) in essere nei suoi confronti, vi emerga che Palamara sia prossimo ad incontrare un parlamentare (ad es. prenda un appuntamento direttamente con un parlamentare) o, conversando con un terzo, emerga con certezza la presenza di un parlamentare o altro soggetto sottoposto al regime autorizzatorio speciale, sarà vostra cura NON attivare il microfono, trattandosi in tal caso, ad avviso di questo PM, non più di intercettazione indiretta CASUALE di un parlamentare (...)». Eppure, nonostante tale nota del 10 maggio 2019, il GICO ha continuato a intercettare, anche successivamente, le comunicazioni tra il dott. Palamara e l'on. Ferri, e oggi la Sezione disciplinare chiede alla Camera proprio di autorizzare l'uso delle captazioni informatiche eseguite il 21, il 28 e il 29 maggio del 2019.
   quanto invece ai luoghi ove è avvenuta la captazione informatica, ritiene sufficiente evidenziare che l'hotel Champagne era la residenza romana dell'on. Ferri, ove cioè egli alloggiava abitualmente in occasione degli impegni parlamentari nella Capitale, e che pertanto si poteva certamente presumere essere frequentato dall'on. Ferri stesso.

   2) Il secondo principio della giurisprudenza costituzionale cui ha fatto riferimento la Giunta della precedente legislatura è quello in base al quale, a prescindere dalla titolarità dell'utenza captata (che può appartenere anche a terzi, come nel caso in esame), ciò che conta è la concreta «direzione dell'atto di indagine» e cioè l'eventuale effettivo intento da parte degli investigatori di captare le comunicazioni del parlamentare. Ciò – afferma la Consulta – anche tenuto conto del fatto che «ove nel corso dell'attività di intercettazione emergano non soltanto rapporti di interlocuzione abituale tra il soggetto intercettato e il parlamentare, ma anche indizi di reità nei confronti di quest'ultimo, non si può trascurare l'eventualità che intervenga, nell'autorità giudiziaria, un mutamento di obbiettivi: nel senso che – in ragione anche dell'obbligo di perseguire gli autori dei reati – le ulteriori intercettazioni potrebbero risultare finalizzate, nelle strategie investigative dell'organo inquirente, a captare non più (soltanto) le comunicazioni del terzo titolare dell'utenza, ma (anche) quelle del suo interlocutore parlamentare, per accertarne le responsabilità penali. Quando ciò accadesse, ogni “casualità” verrebbe evidentemente meno: le successive captazioni delle comunicazioni del membro del Parlamento, lungi dal restare fortuite, diventerebbero “mirate” (e, con ciò, Pag. 10“indirette”), esigendo quindi l'autorizzazione preventiva della Camera, ai sensi dell'art. 4 [della legge n. 140 del 2003]». Per tale motivo – ha sottolineato la stessa Corte – «quando l'attività di captazione è articolata e prolungata nel tempo, la verifica della occasionalità delle intercettazioni deve farsi, di necessità, particolarmente stringente» (sentenza n. 113 del 2010).
   Che la Giunta della scorsa legislatura abbia attuato con scrupolo detti principi emerge chiaramente, a suo avviso, dalla relazione per l'Assemblea (si riferisce al già citato Doc. IV n. 10-A del 29 novembre 2021). Si limita in questa sede a ricordare che:

    a) le intercettazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri col dott. Palamara sono state eseguite per più di novanta giorni; quindi, per un lasso di tempo piuttosto esteso, che ha infatti richiesto numerosi provvedimenti di proroga da parte dell'autorità giudiziaria. Come ha anticipato, le intercettazioni telefoniche «classiche» che ha subito l'on. Ferri sono 28, cui si aggiungono le 4 captazioni ambientali di cui si chiede l'utilizzo nel procedimento disciplinare;

    b) negli atti giudiziari trasmessi, il rapporto tra il dott. Palamara e l'on. Ferri viene descritto come «di stretta frequentazione (...) non limitato alla mera appartenenza ad associazioni di magistrati, bensì ad altri contesti connotati quanto meno da elementi di opacità»;

    c) a seguito dell'intercettazione di alcuni dialoghi da cui emergeva la programmazione di un incontro con l'on. Ferri a casa del dott. Palamara – in occasione del quale quest'ultimo aveva chiesto ai familiari di non uscire dalle proprie stanze – il GICO commenta che si tratta «di certo di un percorso investigativo da approfondire»;

    d) dagli atti risulta che alcuni incontri tra il dott. Palamara e l'on. Ferri sono stati addirittura monitorati e fotografati, con servizi di osservazione e pedinamento, a conferma che i loro rapporti e le loro conversazioni erano oggetto di attenzione investigativa.

  Benché il materiale probatorio trasmesso deponesse chiaramente – ad avviso della Giunta – nel senso della non casualità delle captazioni delle comunicazioni dell'on. Ferri, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 157 del 20 luglio scorso, ha ritenuto invece che «gli elementi addotti dalla Camera dei deputati e dall'interveniente non sono idonei a dimostrare univocamente che i singoli atti e la complessiva attività di indagine svolta nel procedimento penale riguardante Luca Palamara fossero indirizzati ad acquisire al perimento probatorio anche i contenuti ricavabili dalle captazioni che hanno coinvolto l'on. Ferri: elemento, quest'ultimo, che solo consentirebbe in maniera univoca di qualificare come “indirette”, anziché “occasionali” le captazioni in parola». Nel sottolineare la necessità che «la valutazione delle circostanze fattuali dell'attività di indagine sia effettuata in modo complessivo e non atomistico, tenuto conto che l'individuazione dell'intento perseguito da parte dell'autorità procedente risulterebbe evidente solo ove si accertasse una strategia volta a penetrare nella sfera di ascolto del parlamentare», la Consulta ha affermato in particolare che:

   «quanto alla circostanza concernente la denunciata intensità dei contatti tra Palamara e l'on. Ferri, è ragionevole ritenere, al contrario di quanto asserito nella delibera impugnata, che la stessa non fosse particolarmente rilevante, non solo per la quantità, ma anche per l'oggetto delle comunicazioni, legato essenzialmente al loro ruolo nelle associazioni interne alla magistratura e privo di ogni connessione con ipotesi di reato»;

   «l'interpretazione che la Sezione disciplinare ha dato della nota del 10 maggio 2019, con la quale il Pubblico ministero presso il Tribunale di Perugia intimava agli operatori di polizia giudiziaria di non attivare il microfono in caso di constatata partecipazione di un parlamentare alle conversazioni di Palamara, ben può essere spiegata in chiave meramente precauzionale; ciò tanto Pag. 11più in quanto la stessa nota contiene anche un'indicazione uguale e contraria, e cioè quella di mantenere attivo il microfono ove la presenza di parlamentari apparisse fortuita»;

   «Quanto, poi, alle vicende relative alla captazione delle comunicazioni intercorse nella riunione svoltasi nella notte tra l'8 e il 9 maggio 2019, va considerata la circostanza, dedotta dalla Sezione ricorrente, che l'ascolto di esse è avvenuto in un momento successivo all'emersione del contenuto asseritamente “predittivo” quanto alla presenza dell'on. Ferri».

  Sottolinea, invece, che la Corte costituzionale ha rigettato uno degli argomenti portanti posti alla base della richiesta della Sezione disciplinare del CSM e cioè la convinzione secondo cui la natura indiretta/mirata delle intercettazioni dovesse essere esclusa per il fatto in sé che, nel procedimento penale di Perugia, l'on. Ferri non è mai stato iscritto nel registro degli indagati. Sul punto, infatti, rileva la Corte, che «la ricorrenza dell'intento (...) di attingere direttamente alle conversazioni del parlamentare non presuppone necessariamente la qualità di indagato dello stesso». D'altra parte, in più occasioni, la stessa Corte di cassazione (sez. VI) ha affermato che «in tema di intercettazioni di comunicazioni di cui siano parte soggetti investiti da mandato parlamentare è da ritenere necessaria, ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 140 del 2003, la previa autorizzazione della Camera di appartenenza indipendentemente dalla circostanza che il parlamentare sia persona sottoposta a indagine, persona offesa o persona informata sui fatti, anche quando vengano posti sotto controllo gli interlocutori abituali del medesimo parlamentare (...)» (sentenza n. 49538 del 2016).
  Così ricostruita la vicenda, ribadisce che, con la sentenza n. 157 del 2023, la Corte costituzionale – avendo escluso la natura mirata/indiretta delle captazioni informatiche nei confronti dell'on. Ferri – ha annullato la deliberazione con cui la Camera, sulla base di tale presupposto, aveva negato l'autorizzazione alla Sezione disciplinare del CSM. Al contempo, la Consulta ha statuito che la Camera stessa debba procedere a una nuova valutazione della richiesta della medesima Sezione disciplinare, in particolare per ciò che attiene alla «sussistenza dei presupposti ai quali l'utilizzazione delle intercettazioni effettuate in un diverso procedimento è condizionata, ai sensi dell'art. 6, comma 2», della legge n. 140 del 2003.
  Con una tecnica processuale che appare inedita, la Corte ha rimesso la questione alla Camera per un nuovo esame della richiesta del CSM, ma ha escluso che tale richiesta possa essere rigettata sul presupposto, già ritenuto infondato dalla Consulta, che le intercettazioni ai danni dell'on. Ferri siano qualificabili come indirette/mirate e, come tali, insuscettibili di un'autorizzazione successiva ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2003. Su tale precipuo aspetto si è infatti formato il c.d. giudicato costituzionale e pertanto, benché egli non condivida le motivazioni della sentenza n. 157/2023, segnala ai colleghi che, sul punto, non è più possibile rimettere in discussione le conclusioni cui è pervenuta la Corte, almeno ai fini della prosecuzione della procedura in esame e salvo che, in teoria, non dovessero emergere nuovi elementi talmente significativi da modificare la ricostruzione del quadro probatorio finora emerso.
  Pertanto, la prima questione che a suo avviso la Giunta deve affrontare consiste nel definire l'ambito di ulteriore valutazione spettante alla Camera ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140/2003. Ciò, anche considerato che, nei casi in cui giungano richieste di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni già eseguite nei confronti di un parlamentare, il compito preponderante della Camera di appartenenza è proprio quello di stabilire se tali intercettazioni siano state disposte in maniera casuale/fortuita o se invece, pur essendo effettuate su dispositivi appartenenti a terzi, siano state finalizzate in concreto ad accedere nella sfera delle comunicazioni del parlamentare medesimo.
  Alla luce della giurisprudenza costituzionale e dei precedenti parlamentari in Pag. 12materia, gli sembra che i margini di apprezzamento della Camera siano ancora significativi. Si riferisce, in particolare, alla necessità che la Camera valuti i due seguenti requisiti che, allo stato, si limiterà solo a introdurre, con l'intenzione di approfondirli nel corso del dibattito che saranno dedicati alla questione. Si tratta più specificamente:

   1) in primo luogo, dell'obbligo di motivazione – che incombe sull'autorità giudiziaria richiedente – in ordine alla effettiva «necessità» di utilizzare le intercettazioni nel procedimento a quo. Al riguardo ricorda che, in base all'articolo 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003, l'autorità giudiziaria può chiedere di utilizzare le intercettazioni nei confronti del parlamentare solo qualora lo «ritenga necessario». Su questa base, la Corte costituzionale ha precisato che «la valutazione circa la sussistenza, in concreto, di tale necessità spetta indubbiamente all'autorità giudiziaria richiedente, la quale è però tenuta a determinare in modo specifico i connotati del provvedimento e a dare adeguato conto delle relative ragioni, con motivazione non implausibile, nella richiesta di autorizzazione ad eseguirlo, così da porre la Camera competente in condizione di apprezzarne compiutamente i requisiti di legalità costituzionale» (sentenze n. 188 del 2010 e 74 del 2013). L'articolo 6 della legge n. 140 del 2003 – prosegue la Corte – «non assegna al Parlamento un potere di riesame di dati processuali già valutati dall'autorità giudiziaria; consente, tuttavia, alle Camere di verificare che la richiesta di autorizzazione sia coerente con l'impianto accusatorio e che non sia, dunque, pretestuosa. A tal fine, la Camera alla quale appartiene il parlamentare le cui conversazioni siano state captate deve accertare che il giudice abbia indicato gli elementi su cui la richiesta si fonda – ovvero, da un lato, le specifiche emergenze probatorie fino a quel momento disponibili e, dall'altro, la loro attitudine a fare sorgere la necessità di quanto si chiede di autorizzare – e che la asserita necessità dell'atto sia motivata in termini di non implausibilità» (sentenze n. 188 del 2010 e 74 del 2013).

   2) in secondo luogo, dell'obbligo, da parte dell'autorità giudiziaria, di trasmettere alla Camera «copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni» (articolo 6, comma 3, della legge n. 140 del 2003). Con tutta evidenza, si tratta di un obbligo – quello della completezza della trasmissione degli atti istruttori – che è strettamente connesso col primo cui ho appena fatto cenno: infatti, solo rappresentando compiutamente e integralmente il compendio probatorio raccolto, l'autorità giudiziaria richiedente può consentire alla Camera di appartenenza del parlamentare, in spirito di leale collaborazione, di apprezzare – oltre che la natura casuale o meno delle intercettazioni eseguite – anche la «continenza» dell'atto richiesto nel rapporto tra le esigenze investigative e l'altrettanto rilevante esigenza di limitare, nell'ambito della effettiva «necessità», la lesione di fondamentali prerogative costituzionali spettanti al Parlamento e ai singoli parlamentari.

  Fa presente che, quelli appena esposti, sono i primi spunti di riflessione che ha ritenuto opportuno offrire alla Giunta. Naturalmente, al fine di individuare la migliore soluzione da proporre all'Assemblea, sarà determinante il contributo al dibattito di ciascun collega. Ciò, tenuto conto del fatto che – al di là di quanto emerso a seguito delle intercettazioni – sono oggi in discussione alcune delle più rilevanti prerogative costituzionali dell'istituzione parlamentare all'interno del nostro sistema democratico.
  Conclude ringraziando gli Uffici per lo straordinario lavoro di supporto tecnico-giuridico fornito alla Giunta.

  Enrico COSTA, presidente, non essendovi altri interventi, comunica che provvederà, ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera, a invitare l'on. Ferri a fornire i chiarimenti che ritenga opportuni, personalmente in audizione innanzi alla Giunta o tramite l'invio di note difensive. Si riserva pertanto di convocare la Giunta in una prossima seduta per svolgere la suddetta audizione, ove richiesta.

  La seduta termina alle 16.20.