ATTO CAMERA

RISOLUZIONE IN COMMISSIONE 7/00066

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 19
Seduta di annuncio: 67 del 13/03/2023
Abbinamenti
Atto 7/00007 abbinato in data 23/03/2023
Atto 7/00053 abbinato in data 23/03/2023
Atto 7/00057 abbinato in data 23/03/2023
Atto 7/00068 abbinato in data 23/03/2023
Approvazione risoluzione conclusiva
Atto numero: 8/00009
Firmatari
Primo firmatario: SPORTIELLO GILDA
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 09/03/2023
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
QUARTINI ANDREA MOVIMENTO 5 STELLE 09/03/2023
RICCIARDI MARIANNA MOVIMENTO 5 STELLE 09/03/2023
DI LAURO CARMEN MOVIMENTO 5 STELLE 09/03/2023


Commissione assegnataria
Commissione: XII COMMISSIONE (AFFARI SOCIALI)
Stato iter:
04/04/2023
Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO 04/04/2023
GEMMATO MARCELLO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SALUTE)
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 23/03/2023

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 23/03/2023

AUDIZIONE INFORMALE IL 23/03/2023

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 04/04/2023

IN PARTE ACCOLTO E IN PARTE NON ACCOLTO IL 04/04/2023

PARERE GOVERNO IL 04/04/2023

VOTATO PER PARTI IL 04/04/2023

IN PARTE APPROVATO (RISOLUZIONE CONCLUSIVA) IL 04/04/2023

CONCLUSO IL 04/04/2023

Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-00066
presentato da
SPORTIELLO Gilda
testo di
Lunedì 13 marzo 2023, seduta n. 67

   La XII Commissione,

   premesso che:

    la salute materno-infantile rappresenta un'area prioritaria della salute pubblica e, come cartina al tornasole, consente di valutare la qualità dell'assistenza sanitaria di un Paese;

    con l'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 sono state individuate dieci linee di azione complementari e sinergiche, per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza del percorso nascita, per il corretto ricorso al taglio cesareo e per realizzare una riorganizzazione dei punti nascita, da avviare congiuntamente a livello nazionale, regionale e locale;

    l'accordo fissa, come noto, in almeno 1000 nascite/anno lo standard per il mantenimento/attivazione dei punti nascita e prevede la «razionalizzazione/riduzione progressiva dei punti nascita con numero di parti inferiore a 1000/anno, prevedendo l'abbinamento per pari complessità delle unità operative ostetrico-ginecologiche con quelle neonatologiche/pediatriche»;

    la possibilità di punti nascita con numerosità inferiore e comunque non al di sotto di 500 parti/anno, potrà essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni legate alla specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate e con rilevanti difficoltà di attivazione dello Stam (servizi di trasporto assistito materno);

    la predetta razionalizzazione dei punti nascita deve tuttavia essere complementare, come esplicitato nell'accordo medesimo, a diverse e numerose azioni, tra le quali rilevano, in maniera sintetica:

     attivazione, completamento e messa a regime del sistema di trasporto assistito materno (Stam) e neonatale d'urgenza (Sten);

     autorizzazione ed accreditamento istituzionale delle strutture sulla base di differenti livelli di assistenza ostetrica e neonatale, che tenga conto delle risorse umane sulla base dei carichi di lavoro e delle varie figure professionali coinvolte nel processo assistenziale;

     adozione di una carta dei servizi per il percorso nascita;

     sviluppo di linee guida sulla gravidanza fisiologica e sul taglio cesareo e programma di implementazione delle linee guida;

     elaborazione, diffusione ed implementazione di raccomandazioni e strumenti per la sicurezza del percorso nascita;

     procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto;

     formazione degli operatori;

     monitoraggio e verifica delle attività;

     istituzione di una funzione di coordinamento permanente per il percorso nascita;

    l'Accordo fa altresì riferimento a:

     strategie di incentivazione/disincentivazione economica, incentrate su rimodulazione tariffaria e abbattimento oltre soglia di appropriatezza;

     adeguamento delle reti consultoriali;

     presenza di obiettivi specifici nella valutazione dei direttori generali, dei direttori di dipartimento e di U.O.C.;

    l'accordo prevede l'integrazione territorio-ospedale, per garantire la presa in carico, la continuità assistenziale, l'umanizzazione della nascita attraverso l'integrazione dei servizi tra territorio ed ospedale e la realizzazione di reti dedicate al tema materno-infantile sulla base della programmazione regionale;

    con l'istituzione del comitato Percorso nascita nazionale (CPNn) è stata data attuazione ad alcune delle predette azioni: la carta dei servizi per il percorso nascita, le linee di indirizzo per l'attivazione del trasporto in emergenza materno (Stam) e neonatale (Sten), la check list per la sicurezza del percorso nascita basata sul programma Oms, le raccomandazioni specifiche sulla salute neonatale e materna, i manuali di formazione; tra i documenti adottati, rileva inoltre:

     il protocollo metodologico per la valutazione delle richieste di mantenere in attività punti nascita con volumi di attività inferiori ai 500 parti/annui e in condizioni orogeografiche difficili;

     le linee di indirizzo per la definizione e l'organizzazione dell'assistenza in autonomia da parte delle ostetriche alle gravidanze a basso rischio ostetrico (Bro);

     le linee guida sulla gravidanza fisiologica e le linee guida sul taglio cesareo;

     il manuale sul sistema di valutazione della qualità dei punti nascita (Gins);

    nel mese di ottobre 2022 è stato pubblicato dal Ministero della salute il rapporto annuale sull'evento nascita relativo al 2021, rapporto che discende dall'analisi dei certificati di assistenza al parto (CeDAP) e che consente anche di fotografare la situazione dei punti nascita nel nostro paese;

    dai dati del predetto rapporto, relativi a 364 i punti nascita, si evince che le donne continuano a privilegiare gli istituti di cura pubblici ed equiparati dove partorisce l'88 per cento delle donne, mentre l'11,4 per cento nelle case di cura e solo lo 0,2 per cento in altra struttura di assistenza, al domicilio, e altro; il 62,8 per cento dei parti si svolge in strutture con alti volumi di attività (sopra i mille parti annui) ossia nel 35,1 per cento dei punti nascita totali e solo il 7,1 per cento dei parti ha luogo invece in strutture con meno di 500 parti annui;

    ovviamente questi dati sono molto eterogenei tra le diverse regioni e di fatto ci sono territori in cui le strutture private gestiscono in maniera estesa l'evento nascita;

    la donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 95,4 per cento dei casi il padre del bambino, nel 3,4 per cento un familiare e nell'1,2 per cento un'altra persona di fiducia e anche in questo caso si rileva una rilevante eterogeneità poiché la presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un'altra risulta essere influenzata dall'area geografica;

    si conferma il ricorso eccessivo al parto cesareo; in media, nel 2021 il 31,2 per cento dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali; in particolare, il taglio cesareo è effettuato soprattutto nelle case di cura accreditate dove è il 44,6 per cento dei parti, contro il 29,5 per cento negli ospedali pubblici e sono più frequenti tra le donne italiane (32 per cento) rispetto alle straniere (27 per cento); i dati evidenziano che nei punti nascita con meno di 800 parti annui, l'incidenza di parti cesarei è significativamente maggiore di quella che si osserva mediamente a livello nazionale (31,12 per cento): nelle strutture dove hanno luogo meno di 500 parti annui si ricorre ai taglio cesareo nel 34,48 per cento dei casi e il fenomeno è correlato anche alla maggiore concentrazione di strutture private nelle classi dei punti nascita di dimensioni ridotte;

    il ricorso ai parti cesarei rappresenta una notevole criticità non solo alla rilevante quantità ma anche per la notevole variabilità regionale e di fronte al 50,2 per cento della regione Campania come valore più alto, c'è il 19 per cento della regione Toscana come valore più basso;

    rispetto all'appropriatezza del ricorso al TC, nel 1985 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), basandosi su evidenze scientifiche, ha concluso che proporzioni superiori al 10-15 per cento a livello di popolazione non sono associate a una riduzione del tasso di mortalità materna e infantile; in Italia, il decreto ministeriale (DM) n. 70 del 2015 ha fissato la quota massima di tagli cesarei primari al 25 per cento per le maternità con più di 1.000 parti annui e al 15 per cento per quelle con volumi inferiori;

    tra le azioni indicate nell'accordo del 2010, come innanzi detto, vi è la necessità di garantire procedure di controllo del dolore nel corso del travaglio e del parto, nel rispetto della volontà della donna, attraverso la definizione di protocolli diagnostico-terapeutici condivisi per la partoanalgesia, e dando assicurazione dell'erogabilità di tale prestazione con disponibilità/presenza di anestesista;

    la declinazione dell'azione sulla partoanalgesia specifica che: «la tecnica di partoanalgesia deve essere effettuata secondo i principi di Ebm (medicina basata sull'evidenza), appropriatezza, sicurezza, efficacia, efficienza, economicità, e deve far parte di un percorso definito di accompagnamento alla gravidanza e al parto»;

    tuttavia, per la diffusione e la garanzia della partoanalgesia, le indicazioni ministeriali ritengono fondamentali la definizione dei requisiti organizzativi dei punti nascita, compreso i relativi volumi di attività poiché le principali difficoltà per la diffusione della procedura sono di natura organizzativa, in considerazione del fatto che il servizio può essere realizzato solo ove sia presente per 24 ore al giorno una équipe multidisciplinare competente, che comprenda l'anestesista rianimatore, il ginecologo, il neonatologo-pediatra e l'ostetrica/o;

    se per la mortalità materna il nostro Paese ha un tasso poco superiore ai Paesi Ocse, la mortalità neonatale, invece, si attesta su un valore che lo colloca tra i migliori paesi europei seppure, anche in questo caso, si rileva una certa eterogeneità regionale;

    l'Unità di terapia intensiva neonatale è presente in 119 dei 399 punti nascita analizzati nel rapporto e 95 Unità Tin sono collocate nell'ambito dei 140 punti nascita dove hanno luogo almeno 1.000 parti annui, mentre delle restanti 24 Uotin, 13 sono inserite in punti nascita che effettuano meno di 800 parti annui;

    un recente studio, dal titolo «La salute perinatale in Italia: i dati del Programma Nazionale Esiti (anni 2015-2020)», pubblicato sul Bollettino epidemiologico nazionale, volume 3 (2) 2022, dell'Istituto superiore di sanità, rileva dati interessanti con particolare riferimento alla qualità e all'appropriatezza dell'assistenza sanitaria offerta nei punti nascita (PN) italiani, meritevoli di attenzione per le criticità suscettibili di miglioramento;

    nello studio si sottolinea che, «nonostante gli sforzi compiuti in questi anni, il nostro Paese resta tra quelli con più alto ricorso al TC in Europa e con ampia variabilità interregionale, segno questo della permanenza in molti PN di condizioni di inappropriatezza nella pratica clinica, associate al rischio di ricadute negative sugli esiti materni e perinatali. Vi sono infatti consolidate evidenze sulle possibili complicanze a breve e lungo termine in caso di TC senza appropriata indicazione medica, e anche i dati dei flussi nazionali e quelli dell'Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) rilevano una maggiore morbosità e mortalità materna nelle realtà con proporzione di TC superiore alla media nazionale»;

    e sul versante dell'assistenza al parto vaginale, lo studio evidenzia ancora oggi in Italia un ingiustificato ricorso alle episiotomie, nonostante le evidenze provenienti da studi clinici controllati randomizzati abbiano dimostrato che la loro riduzione si associa a minore incidenza di traumi perineali e complicazioni materne;

    nell'ambito delle conclusioni lo studio rileva come, «benché il decreto ministeriale n. 70 del 2015 abbia fissato chiari riferimenti per il mantenimento dei Punti nascita, salvo comprovate motivazioni oro-geografiche, a distanza di oltre 10 anni dall'Accordo Stato-regioni gli standard non sono stati ancora raggiunti»;

    a livello globale, vi è consenso unanime nel ritenere che in casi di emergenza il TC sia una pratica salvavita per madri e neonati, e che tale pratica vada eseguita solo in presenza di indicazioni cliniche e, in Italia, la proporzione di TC primario è diminuita notevolmente rispetto ai tassi dei primi anni duemila, quando si attestava intorno al 40 per cento; tuttavia sono pochi i Punti nascita che rispettano gli standard previsti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015: nel 2020, se si escludono dalle analisi i PN con meno di 500 parti/anno, solo il 10 per cento dei PN con volumi inferiori ai 1.000 parti e il 63 per cento di quelli con volumi superiori a 1.000 presentano proporzioni in linea con gli standard;

    analogamente, la forte variabilità nel ricorso all'episiotomia rilevata tra regioni e tra PN conferma modalità assistenziali diversificate, non solo per quanto concerne il ricorso al TC, ma anche nell'assistenza al parto vaginale; le indagini campionarie sul percorso nascita, coordinate periodicamente dall'Iss in Italia a partire dagli anni '90, hanno registrato una diminuzione nel ricorso all'episiotomia: dal 69 per cento dei parti vaginali nel 2002 al 42 per cento nel 2010-2011; tuttavia, anche in questo caso l'indicatore registra nel 2020 a livello regionale valori mediani che variano dall'1,4 per cento della Valle d'Aosta a oltre il 30 per cento della Sicilia, e in molti PN continua a rappresentare una pratica troppo frequente rispetto a quanto raccomandato;

    non esistono motivi clinici a giustificazione di tale variabilità, che può essere letta esclusivamente quale indizio di inappropriatezza, dal momento che il ricorso all'episiotomia di routine è associato a un aumento del rischio di perdita ematica post partum, di infezione e deiscenza della ferita, di risultati estetici insoddisfacenti e di lacerazioni perineali gravi nei parti successivi;

    le differenze rilevate nelle analisi in base alla cittadinanza delle donne sono meritevoli di riflessione e l'osservazione effettuata rimanda alle condizioni di minore tutela in cui le donne migranti si trovano spesso a vivere a causa di deprivazione socioeconomica, mancanza di supporto familiare, barriere linguistiche e culturali e rientro anticipato al lavoro, che le espongono a un maggior rischio di complicanze ed esiti negativi per la salute;

    nonostante la legge italiana preveda l'accesso all'assistenza gratuita in gravidanza e al parto per tutte le donne, il periodo perinatale continua a rappresentare un momento di vulnerabilità di cui le politiche di accesso ai servizi sociali e sanitari devono tener conto, visto che in Italia il fenomeno migratorio rappresenta da tempo un elemento strutturale della società;

    l'Unicef e l'Oms raccomandano l'allattamento esclusivo per i primi sei mesi di vita poiché favorisce lo sviluppo sensoriale e cognitivo e protegge i bambini dalle malattie infettive e croniche;

    con la dichiarazione congiunta Oms/Unicef sull'allattamento al seno del 1989 sono stati individuati i 10 passi per il successo dell'allattamento al seno ed indicano che ogni punto nascita e di assistenza al neonato dovrebbe, tra le altre cose: definire un protocollo scritto per la promozione dell'allattamento al seno da far conoscere a tutto il personale sanitario appositamente addestrato ed informare le donne già durante la gravidanza aiutandole ad allattare al seno entro mezz'ora dal parto e praticare il rooming-in, permettere cioè alla madre (rispettando la sua volontà) e al bambino di restare insieme 24 ore su 24 durante la permanenza in ospedale, incoraggiare l'allattamento al seno a richiesta; tra i 10 passi vi è anche la necessità di favorire gruppi di sostegno all'allattamento al seno ai quali le madri possano rivolgersi dopo la dimissione dall'ospedale o dalla clinica;

    nella nuova serie di The Lancet dedicata all'allattamento e pubblicata a febbraio 2023 si evince che, nonostante siano ormai comprovati i benefici per la salute materno infantile sia nei Paesi ad alto reddito sia in quelli a basso reddito, meno del 50 per cento di bambini e bambine in tutto il mondo viene allattato secondo le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms);

    Save the children ha definito la violenza ostetrica come «un insieme di comportamenti che hanno a che fare con la salute riproduttiva e sessuale delle donne, come l'eccesso di interventi medici, la prestazione di cure e farmaci senza consenso o la mancanza di rispetto del corpo femminile e per la libertà di scelta su di esso»;

    i risultati dell'indagine sull'Italia svolta dal centro collaboratore dell'Oms dell'istituto Burlo Garofalo di Trieste su 4824 donne che hanno partorito da marzo 2020 a febbraio 2021 – nel periodo più duro della pandemia – pubblicati il 29 giugno 2022 sull'International Journal of Gynecology & Obstetrics, è emerso che, su 3.981 soggetti che hanno affrontato il travaglio, il 78,4 per cento non ha potuto essere assistito dal partner, il 39,2 per cento non si è sentito totalmente coinvolto nelle scelte mediche, il 24,8 per cento non si è sempre sentito trattato con dignità, mentre il 12,7 per cento ha dichiarato di aver subito abusi;

    secondo quanto emerge dai dati del Cedap 2021, in Italia, l'88 per cento, dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, l'11,4 per cento nelle case di cura e solo lo 0,2 per cento altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, e altro); tuttavia esistono differenze regionali: la scelta di partorire presso il domicilio è più frequente nella provincia di Trento (1,09 per cento), di Bolzano (1,09 per cento); seguono Veneto (0,46 per cento), Emilia-Romagna (0,36 per cento), Friuli Venezia Giulia (0,25 per cento) e Piemonte (0,19 per cento); nella maggior parte delle regioni la percentuale dei parti registrati come avvenuti a domicilio è pari a 0 per cento e questo, in parte, dipende anche dal regime di rimborsabilità o meno;

    nel periodo post-partum la donna dovrebbe essere supportata nell'allattamento esclusivo al seno, nell'accudimento del bambino e per sostenere l'adattamento al nuovo ruolo di madre; la donna vive infatti un travolgimento della sua vita psichica e fisica e nel 70 per cento dei casi può accadere che il drastico cambiamento ormonale che segue il parto determinino il baby blues o, nel caso più serio, la depressione post partum; inoltre è cambiata nel tempo anche la rete di supporto che affianca la donna dopo la nascita del figlio e spesso potrebbe ritrovarsi senza riferimenti; dopo il parto è dunque necessario ricevere l'adeguato sostegno per almeno i 3 6 mesi successivi, favorendo la continuità assistenziale al domicilio della donna e la presenza di una figura che la accompagni,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a:

    a) verificare e monitorare l'effettiva attivazione, il completamento e la messa a regime del sistema di trasporto assistito materno (Stam) e neonatale d'urgenza (Sten) per ogni punto nascita del territorio nazionale, assicurandone l'attivazione ove carente;

    b) verificare che in relazione all'autorizzazione ed accreditamento istituzionale delle strutture, sulla base di differenti livelli di assistenza ostetrica e neonatale, siano effettivamente assicurate e adeguatamente formate le risorse umane necessarie, tenendo conto dei carichi di lavoro e delle varie figure professionali coinvolte nel processo assistenziale, ovviando ad ogni eventuale carenza attraverso gli strumenti normativi di competenza;

    c) verificare e monitorare se e come le aziende sanitarie: abbiano definito e adottato la carta dei servizi specificamente dedicata al percorso nascita; quali azioni abbiano implementato per favorire l'integrazione tra il territorio (consultori) e il punto nascita; se abbiano definito percorsi assistenziali differenziati a seconda della eventuale presenza e del conseguente livello di rischio della gravidanza, favorendo la gestione delle gravidanze fisiologiche presso i consultori, l'utilizzo dell'«agenda della gravidanza», cioè di una cartella gravidanza-parto-puerperio integrata;

    d) verificare e monitorare se e in che maniera le regioni, e dunque le aziende sanitarie, abbiano adottato e diano attuazione alle linee guida sulla gravidanza fisiologica e sul taglio cesareo, alle raccomandazioni e agli strumenti per la sicurezza del percorso nascita elaborati su impulso del comitato Percorso nascita nazionale (CPNn), prevedendo esplicite azioni penalizzanti in caso di mancato adeguamento;

    e) verificare e monitorare nei punti nascita, garantendone la diffusione, l'esistenza di tutte le procedure assistenziali, farmacologiche e non, per il controllo del dolore il corso di travaglio-parto;

    f) attivare un efficace processo di monitoraggio e verifica della sussistenza di tutti i requisiti, anche complementari, che i punti nascita devono possedere in relazione al volume dei parti;

    g) considerare in ogni caso, tra i criteri idonei per l'attivazione di un punto nascita, la posizione geografica e la lontananza da altri punti nascita, consentendone l'attivazione in caso di zone disagiate senza tuttavia sacrificare alcuna garanzia di sicurezza;

    h) adottare strategie di incentivazione/disincentivazione economica, incentrate sulla rimodulazione tariffaria e sulla modifica dei Drg ovvero su il diniego nell'accreditamento nel caso di superamento della soglia di appropriatezza, al fine di ridurre l'eccessivo ricorso al taglio cesareo e alla pratica dell'episiotomia;

    i) assicurare l'integrazione territorio-ospedale, per garantire la presa in carico, la continuità assistenziale, l'umanizzazione della nascita attraverso l'integrazione dei servizi tra territorio ed ospedale e la dotazione di personale idoneo alla presa in carico;

    l) a potenziare la rete dei consultori familiari ai quali già il progetto obiettivo materno infantile (Pomi) del 2000 aveva assegnato un ruolo strategico e centrale nella promozione e tutela della salute della donna;

    m) rafforzare il percorso nascita attraverso la valorizzazione della figura professionale dell'ostetrica/o e ovviando alla carenza di risorse ostetriche al fine di garantire un'assistenza sicura e qualificata nei punti nascita, dando attuazione in tutto il territorio nazionale alle linee di indirizzo per la definizione e l'organizzazione dell'assistenza alle gravidanze a basso rischio ostetrico (Bro);

    n) attivarsi con ogni mezzo ritenuto idoneo affinché nei punti nascita le donne siano adeguatamente informate sia per gli aspetti legati al parto sia per quelli relativi ai loro bambini, con particolare attenzione all'allattamento naturale all'accudimento del proprio bambino, avendo cura di cogliere in maniera attenta e tempestiva qualsiasi criticità correlata al post-partum;

    o) nell'ambito delle politiche di accesso ai servizi sociali e sanitari, rimuovere ogni ostacolo che possa danneggiare l'assistenza delle donne e famiglie migranti nei punti nascita e nei consultori, avendo cura di assicurare la necessaria mediazione culturale;

    p) rimuovere le barriere strutturali e sociali che impediscono o rendono difficoltoso l'allattamento e ad incentivare l'allattamento, comunicando con più efficacia sull'importanza per la salute materno-infantile a breve e lungo termine, promuovendo comportamenti sociali positivi nei confronti dell'allattamento e creando percorsi di accompagnamento all'allattamento per tutte le donne;

    q) in riferimento alla cosiddetta «violenza ostetrica», avviare, sostenere e facilitare programmi di formazione intesi a migliorare la qualità dell'assistenza alla maternità, incentrati soprattutto sull'assistenza rispettosa come componente essenziale di un'assistenza di buona qualità;

    r) in riferimento al parto a domicilio, disciplinare in maniera uniforme sul territorio nazionale l'assistenza al travaglio e parto fisiologico in ambiente extra-ospedaliero, prevedendo anche un rimborso per le spese sostenute da chi sceglie di avvalersi di questa possibilità;

    s) incentivare l'adeguato sostegno alla donna, per almeno i 3 mesi successivi al parto, favorendo la presenza di una figura che accompagna la donna in tutte le ore della giornata, supportandola nell'allattamento esclusivo al seno, nell'accudimento del bambino e nell'adattamento al nuovo ruolo di madre;

    t) favorire, sulla base delle evidenze scientifiche, il parto vaginale dopo taglio cesareo (VBAC – vaginal birth after caesarean), riducendo i rischi in termini di mortalità materna e perinatale, in considerazione dei gravi danni causati dai tagli cesarei multipli;

    u) favorire la presenza di un accompagnatore a scelta della donna, che possa permanere in ospedale durante tutta la degenza.
(7-00066) «Sportiello, Quartini, Marianna Ricciardi, Di Lauro».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

malattia

sanita' pubblica

prima infanzia